Banca di Credito Cooperativo del Friuli Centrale - periodico di economia, cultura e sport anno XVIII - n°2 - dicembre 2015
molte persone in un solo cuore
GIUSEPPE GRAFFI BRUNORO PRESIDENTE BCC DEL FRIULI CENTRALE
BCC FRIULI CENTRALE
COOPERAZIONE E COMUNITÀ Dopo oltre 7 anni di crisi sembra che ci sia qualche lieve refolo di fiducia in una ripresa che, per quanto sicuramente diversa da ciò che avevamo conosciuto come “crescita economica”, consente di guardare al domani con meno ansia. I numeri dimostrano che le cooperative, quelle vere, hanno retto l’urto della contrazione economica; hanno mantenuto (spesso incrementato) i posti di lavoro, hanno continuato a fornire servizi a imprese e famiglie (soprattutto nei territori in ritardo di sviluppo), hanno garantito un’iniziativa imprenditoriale a scopo sociale in ambiti, come il welfare e i servizi pubblici di interesse generale, rispetto ai quali lo Stato e le pure forze di mercato sono sempre meno in grado di fornire risposte esaustive ed inclusive. In tutto il Mondo, compresa l’Italia, si moltiplicano le esperienze di cooperazione per la produzione di beni e servizi di interesse collettivo: che siano nel settore della cura della persona, dell’assistenza socio-sanitaria, della gestione dei beni storico-culturali o del riuso di patrimoni pubblici inutilizzati o sequestrati alle organizzazioni criminali. E in questo processo,
oltre al modello cooperativo, riprende vigore anche il concetto di Comunità. In passato, il ruolo economico delle Comunità è stato solido e ben radicato. Si pensi alle latterie e alle cooperative di consumo dei nostri paesi, alle cooperative di utenza (produzione elettrica) o la gestione di beni strumentali di specifiche comunità di produttori. Poi però le Comunità sono state gradualmente sostituite; prima dall’intervento totalizzante della mano pubblica e poi dall’espansionismo dei mercati liberalizzati e globalizzati. La Comunità è stata considerata un freno alla modernità, un ostacolo alla libera realizzazione degli individui, che si sentivano condizionati dal peso della tradizione. Il processo di liberazione dell’individuo dai vincoli della Comunità ha però comportato il pagamento di un prezzo di cui ci siamo accorti solo con il passare del tempo. Le Persone, divenute individui singoli, privi del sostegno delle reti sociali che ne avevano accompagnato l’ingresso nella modernità, si sono scoperte sole e fragili. L’individualismo di massa e la soggettivizzazione di bisogni e desideri, finalizzati esclusivamente a cercare le condizioni più favorevoli allo sviluppo di una società dei consumi, hanno condotto ad una situazione di incertezza e precarietà, che si riflette negativamente sulla stessa propensione al consumo con esiti paradossali per lo stesso modello economico “mercatista” che l’aveva promossa. Oggi il tema della Comunità torna in auge perché sentiamo che la vulnerabilità delle nostre vite ha raggiunto il livello d’allarme. La sensazione di fragilità e di impoverimento, unita alla convinzione che il singolo individuo non ha le risorse per affrontare da solo le difficoltà, si sta traducendo nella ricerca di una dimensione di nuova socialità. Il senso di Comunità al quale oggi si aspira non è certamente la rinuncia all’auto-realizzazione dell’individuo quanto, piuttosto, la prospettiva di un “vivere diversamente”, in cui la produzione di beni e servizi di qualità si colloca all’interno
di un paradigma produttivo in cui le relazioni sociali contano. Il nome che si associa a questa trasformazione è ancora in corso di elaborazione: economia sociale, economia civile, economia della condivisione, economia collaborativa, sharing economy, peer-to-peer economy. Ogni definizione mette in luce un aspetto che si giudica prevalente. Ma tutte indistintamente contengono il riferimento ad una Comunità di Persone proattive che condividono e co-producono beni economici, rimettono in circolo competenze individuali, beni comuni, beni pubblici, risparmi delle famiglie, e altre risorse tangibili o intangibili scarsamente utilizzate, con l’obiettivo di rispondere, con senso di partecipazione e responsabilità, a bisogni veri: pensiamo al bisogno di welfare sostenibile e di sanità personalizzata, alla silver economy (l’economia di una società che invecchia), ai gruppi di acquisto, al consumo equo e solidale, all’agricoltura a basso impatto ambientale e quella dei farmalimenti (in cui il prodotto agricolo è pensato come elemento del processo di miglioramento del benessere fisico), ai servizi di comunità, all’inclusione sociale dei nuovi cittadini, alla gestione dei beni comuni (per quanto ci riguarda, il risparmio nella sua accezione collettiva, ma non dimentichiamo quelli ambientali e culturali, su cui il Friuli si gioca una parte consistente del proprio sviluppo futuro). Temi apparentemente diversi, che tuttavia si riassumono in un nuovo patto tra istituzioni e Cittadini (magari riuniti in cooperative), in cui questi ultimi fanno valere il proprio ruolo di soggetto di sviluppo e non solo di oggetto di politiche. Per far emergere il valore di un impegno sociale che non supplisce ad un settore pubblico in ritirata, ma introduce un nuovo paradigma per la produzione di beni e servizi di interesse sociale. E così facendo sostiene la “ricostruzione” del senso di Comunità.
Buon Natale Felice Anno nuovo
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