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di Sesto al Reghena
L’Abbazia Benedettina di Santa Maria di Sesto al Reghena
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Umberto Trame Prof. Arch.
Rappresentazione del Paradiso – Particolare
Rappresentazione dell’Inferno – Particolare
Vista del complesso abbaziale da sud
“Abbazia di Sesto Castel murato. Luogo bello così di sito, come di Fabriche” Girolamo di Porcia - 1567
L’Abbazia e il luogo sacro
Forse può sembrare superfluo dirlo: ma il complesso abbaziale di Sesto al Reghena è prima di tutto un luogo sacro. Mi sono convinto di questo frequentando il luogo fin dai primi anni ’90 in relazione agli studi condotti e alle mostre allora predisposte. Ogni volta che si arriva a Sesto e, attraversata la Torre-Porta, si entra nell’area abbaziale, un tempo completamente murata, una sorta di aura ti invade. È la prima sensazione che si ha nell’entrare nel campus abbaziale e che si ripete ogni qual volta vi arrivi. Non dipende dal proprio stato d’animo, ma da quello che esprime il luogo. In realtà tutto questo è indicibile. Tuttavia mi sono convinto per esperienza diretta che Sesto è anzitutto un luogo sacro. Non sono molti i luoghi che posseggono questo sentimento: qualche basilica paleocristiana, qualche cimitero isolato, pochissimi luoghi della religiosità cristiana. Ma Sesto è prima di tutto questo e da qui bisogna partire per descrivere il luogo.
Il Complesso Abbaziale Benedettino
Fondata alla metà dell’VIII secolo; distrutta o gravemente danneggiata dalle incursioni ungare del X secolo; ricostruita e rinnovata a lato dell’antica chiesa a partire dalla cripta, dal soprastante coro e dal sistema absidale, secondo i caratteri del romanico, tra il XI e il XII secolo, l’abbazia di Sesto non si discosta dai caratteri dell’architettura monastica benedettina, concepita per lo più come un complesso edilizio fortificato, dotato sia di tutte le funzioni necessarie alla vita claustrale (chiesa, chiostro, residenza dell’abate, sala del capitolo, dormitorio, refettorio, cucina, ….), che di quelle necessarie all’accoglienza civile (foresteria, cancelleria, ospizio e ospedale,....). Queste ultime pur appartenendo al complesso murato, risultano esterne all’area claustrale, disposte attorno ad una piazza di uso pubblico. Anche a Sesto il modello permane. Il complesso abbaziale è ancor oggi circondato da un fossato che lo separa dal borgo e che testimonia, assieme alla torre d’ingresso e ai resti delle mura, come in origine questo fosse un luogo fortificato. Torri e mura sono rappresentati nell’iconografia quattro-cinquecentesca dell’abbazia e nei pochi documenti rimasti si fa spesso menzione ai restauri delle parti fortificate. Dell’intero complesso pochi sono gli edifici rimasti, in parte trasformati e ristrutturati. Ma il sistema è ancora nettamente percepibile. Attorno alla piazza per così dire “pubblica” interna al complesso abbaziale si articolano gli edifici principali. Ad ovest si eleva il palazzo cosiddetto della Cancelleria, a nord il Campanile ed il portale rinascimentale che lo collega alla loggetta, al portico d’ingresso alla Basilica e al Palazzo Abbaziale (oggi Sede del Comune). Oltrepassato il portale rinascimentale,
S. Giovanni Evangelista assunto in Cielo – Parete ovest del transetto sinistro
Planimetria dell’area e piante della chiesa con indicati i vari luoghi che la compongono Vista generale del fronte sud con in primo piano la traccia della primitiva chiesa e, sul fondo, il retro della Residenza Abbaziale (oggi Comune).
Morte della Vergine – Parete sud del Tiburio Lignum Vitae – Parete sud del transetto
a nord, un parco sorge nell’area dove si elevavano una parte degli edifici monastici, oggi completamente scomparsi. Furono pure abbattuti nel tempo gli edifici posti a sud della chiesa, forse una parte di un chiostro e altre abitazioni, cosicchè noi vediamo oggi la chiesa isolata, priva dei volumi dei chiostri che le si addossavano. Del primitivo nucleo architettonico longobardo rimane solo la traccia della piccola chiesa rettangolare triabsidata, evidenziata in superficie dai restauri contemporanei, a sud della chiesa.
La decorazione pittorica
Il complesso abbaziale sestense conserva importanti testimonianze pittoriche di epoca romanica, gotica e rinascimentale. L'affresco più antico è un San Michele (metà del XII sec.) nel salone sovrastante l'atrio. Altri frammenti di pittura romanica compaiono su alcuni pilastri dell'atrio (Visitazione, Assunzione, San Cristofaro e altri Santi); alla metà del XIII sec. risalgono invece l'Arcangelo Gabriele affrescato nella lunetta della facciata occidentale e l'adiacente San Benedetto e il drago. Ma l'impresa pittorica di gran lunga più rilevante fu quella di decorare l'intera zona presbiteriale con un organico ciclo di affreschi di scuola giottesca, che prevede numerose scene relative alle Storie della Vergine, di San Giovanni Evangelista, di San Pietro, di San Benedetto, affiancate da un maestoso Lignum Vitae. Da ricordare inoltre alcuni riquadri isolati che trovano posto sui pilastri della navata e sulla retro-facciata, un mirabile Trionfo della morte nell'atrio, nonché una lunetta con busto di San Benedetto staccata dalla facciata ovest. II ciclo giottesco, presumibilmente
Il vestibolo di ingresso alla chiesa con gli affreschi del Paradiso (sulla destra) e dell’inferno (sulla sinistra). La piazza dell’Abbazia di Sesto con (a partire da sinistra) il Campanile, l’Arco di ingresso al parco, la Loggetta e il Portico di ingresso alla Chiesa e la Residenza Abbaziale (oggi Comune). Sul fondo la attuale Canonica.
L’interno della chiesa Abbaziale Incoronazione della Vergine – Catino absidale
eseguito tra il secondo ed il terzo decennio del XIV secolo è opera di una equipe di frescanti formatasi in occasione dell'attività padovana di Giotto. Tra la seconda metà del Trecento e la metà del secolo successivo si registrano interventi non trascurabili, ma per così dire di tono minore, e bisognerà attendere i decenni a cavallo tra XV e XVI secolo per imbatterci in operazioni di più grosso respiro, quando si interverrà nell'atrio con la rappresentazione su vaste superfici di affollate raffigurazioni illustranti la “gloria del Paradiso” (Sulla destra per chi entra) e di fronte le “pene dell'Inferno”, tradizionalmente attribuite ad Antonio da Firenze.