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Accademia di Architettura di Mendrisio Anno Accademico, 2016-2017
! ! ! ! Il ruolo dell’effimero nella città le celebrazioni temporanee alla ricerca di un senso di comunità
! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! Beatrice Nespega
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Relatore Matteo Vegetti
Introduzione
! Negli ultimi anni la configurazione della città si è trasformata. L’effetto prodotto dalla globalizzazione si traduce in un profondo mutamento del locale. I flussi di persone, le merci e le informazioni hanno radicalmente trasfigurato i territori ridisegnando nuove configurazioni spaziali e disarticolando gli assetti precedenti. Come sostiene Anna Lazzarini “l’esperienza paradigmatica del nostro tempo è la mobilità”1. Fin dall’antichità gli esseri umani si sono naturalmente divisi in coloro che si insediavano sul territorio per coltivarlo, divenendo in questo modo stanziali e coloro che si dedicavano alla pastorizia nomade. Nell’epoca contemporanea, con l’avvento della globalizzazione e delle nuove tecnologie, si assiste ad un significativo ritorno ed incremento del nomadismo, costretto o meno. Tale fenomeno determina effetti non solo sulla metrica spaziale e temporale della città, ma anche sul sistema economico e sulle relazioni sociali. In particolare muta l’immagine della città, come spazio limitato e per questo abitabile, in cui la delineazione dei confini e della forma urbana ne definiscono l’identità. Secondo Zygmunt Bauman “la trasformazione nasce dagli effetti prodotti da un duplice movimento: da un lato, è nelle grandi aree urbane che si concentrano le funzioni più avanzate del capitalismo, il quale si rilocalizza secondo una logica a rete in cui i nodi strutturali sono appunto i centri globali. Dall’altro lato, le città diventano oggetto di nuovi, intensi flussi di popolazione e di una profonda redistribuzione.”2 Si è assistito gradualmente alla trasformazione della polis in cosmopolis, dove i confini urbani si sono dissolti. La città non è più un’entità introversa, ma si estroflette permettendo l’arrivo e la partenza delle popolazioni.3 Il punto di partenza di questo processo incontrollato si può ricollocare all’inizio del Novecento epoca in cui la progettazione della città si affidava a sistemi di analisi in senso funzionalista-tecnologico. L’applicabilità di tali principi astratti a differenti situazioni, si contrappone alle dinamiche della città attuale che tende ad un ordine spaziale meno rigido e più flessibile. 1 Anna
Lazzarini , Un mondo in movimento, in Paolo Perulli (a cura di), Terra mobile, Atlante della società globale, Piccola Biblioteca Einaudi, 2014, p.218. 2
Mauro Magatti, Bauman e il destino delle città globali, in Zygmunt Bauman (a cura di), Fiducia e paura nella città, Bruno Mondadori, 2005, pp.XII. 3
si veda Anna Lazzarini , Un mondo in movimento, in Paolo Perulli (a cura di), Terra mobile, Atlante della società globale, Op. cit, pp.213-221.
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Come può l’architettura della città reagire a tali cambiamenti? Questa analisi parte da un recente studio: Ephemeral Urbanism, cities in constant flux realizzato dagli architetti Rahul Mehrotra e Felipe Vera ed esposto alla 15° Mostra Internazionale di Architettura: La Biennale di Venezia. La ricerca attuata riconosce come la cultura contemporanea sia diventata sempre più nomade e ci sia sempre più il bisogno di ambienti che si possano adattare alle condizioni generate dai flussi umani. L’analisi del fenomeno degli insediamenti urbani transitori, che negli ultimi anni si sono sempre più intensificati, si è tradotto nella necessità di costruire grandi strutture che possano ospitare interi settori di popolazione che risiedono in città anche solo per qualche mese l’anno. In risposta a questa avvenimenti è necessario ripensare alla città come una struttura che si adegui alle diverse esigenze sociali, nonostante questa condizione sia in contraddizione con il concetto di città come entità sedentaria. La ricerca mostra come il fenomeno, legato a diverse situazioni e coinvolgente ogni ceto sociale, sia generato da cause spesso incontrollate. Oggi si sviluppano sempre di più città istantanee che poi scompaiono altrettanto rapidamente. Questi episodi hanno dato luogo a nuove terminologie come relief urbanism, deadline urbanism o event urbanism. Lo spazio pubblico urbano fa da teatro a questi eventi collettivi. Esso non può più essere considerato come luogo di deliberazione e decisione politica, ma assume significati diversi che lo differenzia dall’agorà. Gian Paolo Torricelli in Potere e spazio pubblico scrive che “queste manifestazioni delle temporalità urbane rappresentano la moltitudine di soggetti[che viene] in qualche modo chiamata a mettersi in relazione con la città […] Poiché luogo di manifestazione sociale […] lo spazio pubblico […] è anche il luogo […] delle rappresentazioni alternative del governo della città.”4 Il caso studio che ho analizzato in questo testo, Burning Man festival, esempio di evento artistico basato sul principio della radical self expression, è tra i più rappresentativi eventi della controcultura americana. Lo studio della struttura fisica, economica e sociale di questa megacittà temporanea, oltre che rappresentare una critica dello spazio pubblico contemporaneo, ci pone di fronte ad una lettura completa, diversa e nuova della società odierna. Partendo dal concetto di temporalità dell’architettura nella città contemporanea ed analizzando quei casi in cui lo spazio viene allestito per ospitare eventi, sia nella dimensione urbana che in quella extraurbana, questo elaborato vuole porre enfasi sull’importanza di avere una visione organica nella
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Gian Paolo Torricelli, Potere e spazio pubblico urbano, dall’agorà alla baraccopoli, Academia Universa Press, 2009, p.17.
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progettazione della città che viene analizzata come relazione tra forma spaziale e processi economici, sociali e culturali.
! 1. La seconda globalizzazione: il cittadino nomade
! Secondo la tesi definita da Jacques Attali in L’homme nomade, oggi si assiste ad un nuovo processo di nomadizzazione, per comprendere il quale è necessario ripercorrerne le origini. Egli sostiene che il nomadismo, attività che ha segnato la storia del genere umano, sia stato interrotto da una breve parentesi costituita dalla condizione sedentaria, funzionale allo sviluppo della civiltà industriale e dello Stato-nazione. Secondo J.Attali “la grande invenzione dell'uomo sedentario è lo Stato.”5 I nomadi non sono gestiti da un apparato statale in quanto, non essendo legati ad un territorio, non necessitano di un esercito stabile e di una struttura organizzativa che ne garantiscano la difesa. Le popolazioni nomadi sono state da sempre denigrate dai sedentari che le hanno presentate come barbare e pericolose. La diffidenza, nata dal sentimento di paura nei confronti del diverso, dello straniero, spesso facilmente si è trasformata in ostilità. Nell’era dell’interconnessione globale, nuove forme di neo-nomadismo sono tornate, facendo pressione sulla struttura economica, sociale e giuridica degli stati fondati su un’idea di sedentarietà sempre meno contemporanea. Si assiste alla creazione di nuove categorie sociali. In un primo gruppo vengono inseriti tutti colori ai quali il movimento viene imposto dal bisogno e dalla necessità, come i rifugiati ed in generale i migranti. In un secondo gruppo rientrano invece coloro che, per lavoro o per piacere, trovano nello spostamento una condizione privilegiata per allargare le proprie conoscenze e migliorare le proprie capacità intellettuali e fisiche. Zygmunt Bauman individua, in questo contesto, due tipologie di persone: i turisti e i vagabondi.6
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«I turisti stanno in un luogo o si muovono come vogliono. Abbandonano un porto quando nuove opportunità, non ancora sperimentate, chiamano altrove. I vagabondi sanno che non staranno a lungo in un posto, per quanto possa loro piacere, perché dovunque si fermino non sono accolti con entusiasmo. I turisti si muovono perché trovano che il mondo alla loro portata è irresistibilmente attraente, i vagabondi si muovono perché trovano che
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Fabio Gambaro intervista a Jacques Attali, Il futuro è dei nomadi, Repubblica,13 febbraio 2004. ( http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/02/13/il-futuro-dei-nomadi.html) (consultato il 6 gennaio 2017) 6
Queste tipologie di viaggiatori sono proposte da Zygmunt Bauman nella sua opera Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Edizioni Laterza, Bari 1999, cap.4.
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il mondo alla loro portata è inospitale, fino ai limiti della sopportazione. I turisti viaggiano perché lo vogliono; i
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vagabondi perché non hanno altra scelta sopportabile.»7
Tra questi due estremi si inserisce la categoria costituita dalle persone che, sebbene siano ancora sedentarie, vivono tutte le forme del nomadismo virtuale attraverso il computer, il cellulare, la televisione ed internet. La nuova tecnologia, finalizzata a favorire il nomadismo individuale, agevola l’individuo a praticare ovunque attività che normalmente sono considerate sedentarie come divertirsi, lavorare e informarsi.8 Il viaggio del cittadino contemporaneo si compie su due piani paralleli, distinti che in certe circostanze si intersecano in maniera produttiva: il virtuale ed il reale. Entrambi questi componenti hanno contribuito a trasformare la visione che l’individuo ha rispetto al mondo che lo ospita. Di conseguenza, si è andata a creare un nuova società di viaggiatori, una società polivalente e multietinica, difficile da etichettare a causa della sua eterogeneità che la caratterizza, ma che certamente rappresenta i tempi che corrono. “Simmel e più recentemente Sennet hanno immaginato l’anonimato e il contatto casuale tra estranei come parte della sostituzione di tradizionali legami familiari e di parentela con nuovi legami di associazione civica”9 La seconda globalizzazione è quell’esperienza che il nomade si trova a vivere mentre percorre una serie di percorsi possibili in un mondo senza confini, labirintico10. Come nel passato, il cittadino nomade fa proprio il principio di de-territorializzazione, senza stabilizzarsi in un luogo determinato, formalizzando così una precarietà spaziale e temporale nella vita di tutti i giorni. A tale proposito Bertrand Badie scrive in La fine dei territori, Saggio sul disordine internazionale e sulla utilità sociale del rispetto che “la perdita del referente territoriale [è] compensata da un inserimento che risponde a logiche che trascendono le frontiere e le limitazioni geografiche. La decisione di partire, il luogo in cui recarsi, la maniera di ritrovarsi e di organizzarsi, sono, nella maggior parte dei casi, organizzate da nuove solidarietà di cui si fanno carico strutture familiari, di villaggio, tribali o reli-
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Zygmunt Bauman, Dentro la Globalizzazione, Le conseguenze sulle persone, Edizioni Laterza, Bari 1999, p.103.
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si veda Manuel Castells, La nascita della società di rete, Università Bocconi editore, Milano 2003-2004, pp.22-23.
9 Ash Amin 10
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e Nigel Thrift, Città, ripensare la dimensione urbana, Il Mulino Saggi, Bologna 2005, p.188.
si veda Paolo Perulli, Terra mobile, Atlante della società globale,Op.cit., p.240.
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giose.”11 Il paradosso delle politiche contemporanee è quello di essere sempre più locali in un mondo governato da dinamiche sempre più globali12. All’interno di questo contesto nell’ambito architettonico e urbanistico, il nomadismo si manifesta in diverse versioni e presenta una varietà di approcci, sia originali che derivati da correnti dominanti. Queste differenti tipologie di insediamento sono oggi marginali ma forse annunciano il futuro. Giovanni Attili afferma che “in questo passaggio d’epoca […] milioni di individui partecipano in forme diverse e irriducibili, a processi di dislocazione individuale e collettiva […] La figura del nomade che irrompe e chiede visibilità nella scena contemporanea, mette in crisi l’unitarietà dei riferimenti, l’automazione dell’abitare moderno […] trasforma il problema abitativo in un problema di co-abitazione […] recuperando così la sua valenza originaria di messa in relazione […] Recuperare il senso dell’abitare nel mondo, nel suo senso più ampio e originario significa suggerire percorsi urbanistici in grado di superare la mortifera normalizzazione prodotta dal pensiero moderno”13. Bisogna quindi riconoscere che sarà necessaria la progettazione di nuovi spazi architettonici che rispondano ai cambiamenti introdotti dall’era della globalizzazione e assecondino nuove forme abitative.!
! 2. La città statica e la città cinetica
! «When cities are analyzed over large temporal spans, ephemerality emerges as an important condition in the life cycle of every built environment»14
! Dai tempi dell’uomo primitivo la tecnologia delle strutture trasportabili e smontabili è notevolmente migliorata grazie alle nuove ricerche scientifiche. L’architettura nomade si riscontra nelle abitazioni di emergenza ma anche nelle infrastrutture per spettacolo le cui dimensioni possono essere notevoli.
11
Bentrand Badie, La fine dei territori, Saggio sul disordine internazionale e sulla utilità sociale del rispetto, Asterios, Trieste 1996, pp.130-131. 12
si veda Manuel Castells, The information Age: Economy, Society and Culture, vol.II, The Power of identity, Blackwell, Oxford 1997, p.61. 13
Giovanni Attili, Rappresentare la città dei migranti, Jaca Book, Milano 2008, pp.15-22.
14
Rahul Mehrotra e Felipe Vera, Ephemeral Urbanism, learning from Pop-up cities, in Daniel Ibañez Nikos Katsikis (a cura di), Grounding Metabolism, New Geographies 06, Harvard University Press, 2014, 2014, p.123.
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Durante il Novecento sono stati sviluppati numerosi prototipi al fine di risolvere le problematiche causate dai disastri naturali e dai cambiamenti delle condizioni climatiche. Ancora oggi questi avvenimenti stanno sempre di più spostando intere masse verso destinazioni involontarie, dove è evidente l'importanza di costruire rifugi temporanei e strategie che ne consentano l’ospitalità. Le città temporanee costruite nelle Filippine, Haiti, Cile e molti altri luoghi a seguito di un disastro naturale, costituiscono i più recenti esempi dimostrativi. Oltre ai disastri climatici in molte località del mondo anche le tensioni politiche contribuiscono allo spostamento di persone dai loro siti di origine e alla creazione di campi profughi nelle periferie e lungo le frontiere in tutto il mondo. Sono veri e propri quartieri, alcune volte intere città che sulle cartine geografiche non esistono, eppure vi abitano milioni di persone. I casi più eclatanti, tuttavia, sono quelli di Dabaad, nel nord-est del Kenya, che attualmente ospita 500.000 persone, i campi di Breidjing in Ciad, dove vivono 200.000 persone, e quello Yarmouk nella periferia di Damasco in Siria dove dal 1957 hanno trovato rifugio coloro fuggono dalla guerra israelo-palestinese. Sorprendentemente, questi campi detengono solo una piccola frazione del 45 milioni di persone che, secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), sono attualmente sfollate in tutto il mondo. Franco la Cecla in Contro l’urbanistica descrive le favelas come “spazi di transizione e quartieri in costante trasformazione. Ricorderebbero, secondo alcuni studiosi, lo spazio teorizzato da Deleuze e Guattari, uno spazio nomadico e rizomatico.”15 Marc Augè, studioso di dinamiche di globalizzazione-esilio, spiega come il fenomeno dell’accampamento generi emergenti forme di governance mondiale. Nonostante questi campi nascano come risposta ad una necessità causata da uno stato di emergenza e di crisi, avviene sempre in modo più frequente che progressivamente questi assumano un carattere di permanenza divenendo centri di una nuova società. La precarietà che caratterizza la vita all’interno dei campi con il trascorrere del tempo lascia spazio a soluzioni di sempre maggiore sedentarietà, tuttavia la normalizzazione dell’emergenza non viene associata ad una regolarizzazione amministrativa e legale. Secondo Giorgio Agamben, che si riferisce alla crisi che l’Europa del primo dopoguerra ha vissuto di fronte all’apparire dei rifugiati, [il campo] “è un pezzo di territorio che viene posto fuori dell’ordinamento giuridico normale” [...] “E’ un ibrido di diritto e di fatto”16. Questi campi sono
15
Franco la Cecla, Contro l’urbanistica, Einaudi, Torino 2015, p.110.
16
Giorgio Agamben, Che cos’è un campo, in Mezzi senza fine, Bollati Boringhieri, Torino 1996, p.37.
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dunque agglomerati in una condizione di extra-territorialità dal punto di vista sociale, giuridico e geografico. In Il pianeta degli slum, Mike Davis ritrae questi insediamenti urbani espulsi dall'economia formale mondiale. Egli prevede che le città del futuro “saranno in gran parte costruite di mattoni grezzi, paglia, plastica riciclata, blocchi di cemento e legnami di recupero [...] [dal] miliardo di cittadini che abitano gli slum postmoderni.”17 Il transitorio e l’incerto non sono tuttavia fattori collegabili esclusivamente ai flussi migratori dei rifugiati. Altre forme di pellegrinaggio, di carattere celebrativo, religioso e non, si stanno sempre più diffondendo. Il caso preso in esame alla Biennale è quello del Kumbh Mela il più grande raduno religioso pubblico Hindu che si svolge ogni dodici anni ad Allahabad, India. Osservando dall’alto come questa celebrazione si insedia nella zona periferica della città, si può rilevare come la nuova infrastruttura si inserisca nella struttura urbana preesistente. Poiché è situata in una località geograficamente dinamica, i suoi confini cambiano a seconda dell’espansione dei fiume Gange e Yamuna durante il periodo dei monsoni. Questa dinamica imprevedibile ha necessitato di un piano di urbanizzazione che possa adattarsi rapidamente a tale condizione. Nel giro di poche settimane vengono tracciate le strade e costruite le abitazioni di diversa tipologia e materiale. Rahul Mehrota spiega come il sistema a griglia sia stato il meccanismo che ha favorito diverse modalità di abitare temporaneo all’interno di in un’organizzazione rigida e razionale: “Unlike other cities where the grid are repetitious in a way that erases originality and identity, the basic idea of Kumbh Mela provides for unique, open areas with camps that are constructed without preconceived internal regulation”. Ad ogni sotto-comunità viene assegnato un campo che può essere organizzato liberamente. “The temporary condition of Kumbh Mela space does not remove individuality.”18 L’installazione realizzata per esporre la ricerca richiama i fabbricati del Kumbh Mela, i cui materiali sono principalmente corda, bambù e stoffa. Questa Popup megalopoli ospita da 5 a 7 milioni di persone che si riuniscono per 55 giorni. Le strutture che vengono costruite sono di tipo low-tech e utilizzano i materiali delle industrie locali. Una volta finita la celebrazione, tutta la città viene smonta-
17
Mike Davis, Il pianeta degli slum, Feltrinelli, Milano 2006, p.24.
18
Rahul Mehrota e Felipe Vera, Kumbh Mela, Mapping the Ephemeral Megacity, Hatje Cant Harvard University South Asia Institute, Ostfildern 2015, p.74.
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ta rapidamente e la maggior parte del materiale utilizzato per la sua costruzione viene immagazzinato o viene reciclato. Senza vedere le fotografie del Kumbh Mela si potrebbe faticare a credere che un complesso di tale vasta scala sia stato costruito in un tempo così breve anche utilizzando tutti gli strumenti tecnologici attuali. E’ proprio nella sua reversibilità, non solo fisica ma anche immateriale, che si ritrova la potenza di questo evento. Il settore amministrativo e governativo si ispira alle esperienze delle istituzioni preesistenti. Tutta l’area del Kumbh Mela diventa una città autonoma gestita da diverse agenzie governative che hanno potere giuridico esclusivamente per la durata del festival. La temporaneità dello spazio pubblico è un elemento che caratterizza le città indiane in occasioni di eventi, fiere e celebrazioni, ma è anche causata da questioni economico-sociali o climatiche. Queste parti di città vengono definite cinetiche in quanto lo spazio pubblico non è definito nè spazialmente né temporalmente. Dallo studio di questi eventi R. Mehrotra individua nei paesaggi urbani contemporanei due forme di città: statica e cinetica19: “Fluida, dinamica, mobile e temporanea, spesso strategia di sopravvivenza, la kinetic city ricicla le proprie risorse, imponendo una presenza con mezzi molto limitati”20 La prima, intesa come ambiente permanente e costruito, è un’entità stabile, mentre la seconda è la città di natura temporanea in continuo movimento; costruita con materiali riciclati, non percepita necessariamente in termini architettonici, la città cinetica si fonda sull’idea di un’urbanizzazione che si proietta verso una maggiore sensibilità verso l’aspetto sociale. Non bisogna considerarla necessariamente la città dei poveri che può ospitare popolazioni in casi di emergenza, come potrebbe essere suggerito dalla maggior parte delle immagini esposte, infatti essa consiste in una qualsiasi occupazione temporanea dello spazio che rende possibile utilizzi che precedentemente erano difficili da immaginare in situazioni urbane affollate. R. Mehrotra la definisce come un'urbanizzazione indigena o bazaar-like urbanism che, con la sua particolare logica locale, reagisce ai bisogni di una parte della popolazione in stretta relazione al luogo in essa vive. Il rapporto tra queste due entità è affine e allo stesso tempo contrastante. 19
si veda Rahul Mehrotra, Felipe Vera, Philipp Nicole Barr, Ephemeral Urbanism: cities in constant flux, in “Domus", India, 054, 13 settembre 2016. 20
Rahul Mehrotra, Metropoli liquide. Un bazaar chiamato Mumbai, in Adriana Tortoriello (a cura di), in “Eddyburg”, febbraio 2013. (http://www.eddyburg.it/2013/02/metropoli-liquide-un-bazaar-chiamato.html) ( consultato il 6 gennaio 2017)
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Per quanto da una lato la città cinetica si differenzia da quella statica per la sua condizione urbana elastica e favorevole all’adattamento, dall’altro lato ricicla riadattando le norme che regolano la città statica per favorire nuove condizioni e possibilità mai esplorate prima.
! 2.1 La città contemporanea
! Lo studio della città cinetica ci permette di capire ed avere una visione più chiara delle città contemporanee e del continuo cambiamento a cui queste sono sottoposte. Queste nuove forme di insediamento possono essere lette come una reazione contro l’urbanizzazione delle economie post-liberali, in cui il rapporto tra pubblico e privato viene riconfigurato a favore di pochi. Nella nuova organizzazione territoriale la città compatta è venuta meno favorendo sempre più frequentemente l’ampliamento della stessa. La città contemporanea è una città che distribuisce nel suo vasto territorio i servizi che un tempo erano localizzati nel centro. Appare come un “sistema di polarità”21 disperse nello spazio che distinguono le aree commerciali da quelle residenziali ed industriali connesse attraverso vaste arterie stradali. Il risultato consiste nella creazione di luoghi isolati a seconda della loro funzione e nell’abolizione del limite tra città e campagna. In questa continua espansione della città è impossibile distinguere il centro dalla periferia e per questa ragione si puó parlare di “città infinita”22 dove la crescita incontrollata ha generato la costruzione di edifici che appaiono simili tra di loro. Jane Jacobs, nei i suoi scritti, ha criticato la visione funzionalista della progettazione della città definendola “anti-urbana”23, ponendo in primo piano la necessità di ripensare allo spazio pubblico come spazio di socialità e di pluralità. Si riferisce alle metropoli americane come Los Angeles, dove “l’automobile elimina a poco a poco le ragioni per usare una zona rendendola così meno animata.”24 Come spiega Marc Augè nel suo testo Tra i confini. Città, luoghi, interazioni “le grandi città si distinguono immancabilmente per il fatto di possedere una rete di strade autostrade e tangenziali, vie
21 Anna
Lazzarini , Cosmopolis, in Paolo Perulli (a cura di), Terra mobile, Atlante della società globale, Op. cit, p.228.
22
Ibidem, p.229.
23
Jane Jacobs, Vita e morte delle grandi città saggio sulle metropoli americane, Einaudi Editore, Torino 1969, p.19.
24
Ibidem, p.330.
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di grande scorrimento e di collegamento con gli aeroporti. Non è più possibile, dunque, pensare alle grandi città senza considerare la loro rete di aeroporti, stazioni ferroviarie e autostazioni.”25 M.Augé definisce questi spazi “del viaggiatore [...] non luoghi [...] spazi che non creano né identità, né relazione, ma solitudine e similitudine.”26 Questo modello insediativo, funzionale rispetto al movimento dei flussi e alla circolazione veloce, limita le interazioni e gli incontri. Si assiste così ad un generale impoverimento dell’esperienza urbana e la città, intesa come polis, diventa difficile da riconoscere. Se i confini esterni si sono sempre più rarefatti i confini interni si sono moltiplicati.27 La città, privata delle fortezze difensive, appare quindi come un luogo pieno di pericoli. Insieme alla suburbanizzazione e alla perdita del centro, l’autoconfinamento e la recinzione si rivelano le soluzioni più efficaci per garantirsi la protezione dalle minacce nelle aree urbane. Si edificano così ambienti isolati, si privatizzano gli spazi pubblici in modo da proteggere comunità omogenee per cultura e ceto sociale ed evitare il loro contatto con il diverso. La forma più diffusa di autosegregazione è la gated community. Questa tipologia ha trovato ampia diffusione negli Stati Uniti, per poi propagarsi globalmente.28 Tuttavia l’auto segregazione contribuisce solo ad accrescere il senso di paura. Come afferma Z.Bauman “l’architettura della paura e dell’intimidazione si riversa negli spazi pubblici delle città trasformandoli instancabilmente in aree strettamente sorvegliate.”29 Georg Simmel è stato uno dei primi sociologi ad aver analizzato come l’urbanizzazione modifica i contenuti delle relazioni intersoggettive.“L’accelerazione e l’eterogeneità delle relazioni, costruzione di barriere a difesa delle proprie emozioni private [...] la vita di relazione nella metropoli si ridisegna all’insegna del riserbo, della superficialità della diffidenza e dell’avversione nei confronti di chi non fa parte della propria cerchia.”30
25
Marc Augè, Tra i confini. Città, luoghi, interazioni, Bruno Mondadori, Milano 2007, p.7.
26
Marc Augè, Non luoghi, introduzione a una antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 1993, p.95.
27
si veda Anna Lazzarini , Bordering, in Paolo Perulli (a cura di), Terra mobile, Atlante della società globale, Op. cit, p.231.
28
si veda Zygmunt Bauman, Fiducia e paura nella città, Bruno Mondadori, Milano 2005, p.50.
29
Zygmunt Bauman, Fiducia e paura nella città, Op cit., p.51.
30
Fabio Berti, Per una sociologia della comunità, FrancoAngeli, Milano 2005, p.28.
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Questo sentimento sfocia nella progettazione dello spazio urbano che diventa così vittima della globalizzazione dove i luoghi pubblici ostacolano l’interazione umana.“La comunità ci manca perché ci manca la sicurezza.”31 Tuttavia questa modalità di controllo sull’organizzazione degli spazi urbani post-moderni, non rappresenta in modo completo la ricchezza e la complessità dell’esperienza urbana al tempo della globalizzazione. Nella cosmopolis si svolgono diverse attività che sono in grado di reinventare lo spazio urbano conferendogli nuovi fini. Come spiega Giovanni Attili “l’insorgenza nomade contemporanea finisce col moltiplicare tali opportunità, offrendo inusitati panorami in cui coesistono modalità d’uso dello spazio e ritmi temporali assolutamente dissimili […] modalità che restituiscono l’immagine di una città in continua, veloce e imprevedibile evoluzione, lontano dalla fissità dei contesti e delle relazioni che invece costituivano il presupposto irrinunciabile di ogni pianificazione sociale.”32
! 2.2 Rapporto simbiotico
! Tra la manifestazione fisica della città statica e di quella cinetica è possibile riconoscere un rapporto molto più ricco di quanto non si pensi; esse si attraggono e si rifiutano allo stesso tempo creando, con ciò, uno stato di equilibrio ed amalgama che si riflette nell’economia informale fra città statica e città cinetica. R.Mehrota afferma che “in quest'ultima, l'imprenditoria è un processo autonomo, una dimostrazione della possibilità di fondere formale e informale in un rapporto simbiotico. Infatti numerosi servizi informali, come servizi bancari, trasferimento di fondi, corrieri, bazaar elettronici, stimolano la nascita di reti e rapporti all'interno della comunità, [rapporti che] permettono di utilizzare abilmente la città statica e le sue infrastrutture al di là dei margini prestabiliti.”33 Queste reti stabiliscono una sinergia che dipende dall'integrazione reciproca senza ricorrere a strutture formalizzate, inoltre nuovi servizi innovativi vengono a crearsi sfruttando il potenziale non utilizzato delle infrastrutture esistenti. La città cinetica si fa tramite tra la saggezza locale ed il mondo
31
Zygmunt Bauman, Voglia di comunità, Laterza, Bari 2007.
32
Giovanni Attili, Rappresentare la città dei migranti, Op.cit., p.31.
33
Rahul Mehrotra, Metropoli liquide. Un bazaar chiamato Mumbai, in Adriana Tortoriello (a cura di), in “Eddyburg”, febbraio 2013 (http://www.eddyburg.it/2013/02/metropoli-liquide-un-bazaar-chiamato.html) ( consultato il 6 gennaio 2017)
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contemporaneo il quale, attraverso la città statica, tenderebbe a ricodificare tale saggezza in un ordine scritto macro-morale. Attraverso la creazione di nuove relazioni, la città cinetica usufruisce e reinterpreta i luoghi della città facendo prevalere l’infrastruttura sociale rispetto a quella fisica. Diventano quindi luoghi senza un utilizzo specifico e di carattere effimero i cui confini non si dissolvono ma si riproducono.
! 3. Urbanismo effimero
! Lo studio e la mappatura dei casi di città effimere svolto dagli architetti R. Mehrotra e F. Vera, oltre che riflettere sulla necessità di prevedere simili spazi ad uso temporaneo in tutte le nostre città, rappresenta anche un’efficace strumento per poter ipotizzare scenari futuri. Il carattere innovativo della ricerca risiede nella sua interdisciplinarità e nell’abilità di collegare tra di loro esperienze riguardanti svariati campi di ricerca ed inserite in diversi contesti geografici, culturali e linguistici. Nonostante la loro natura eterogenea, è stato comunque possibile suddividerle in diverse categorie a seconda del loro scopo e delle loro caratteristiche strutturali e morfologiche. Queste tipologie di insediamenti riguardano una vasta gamma di casi che vanno a toccare non solo i temi già citati precedentemente, come quelli della religione, della transazione e delle soluzioni di emergenza, ma si affiancano anche a quello dei campi militari e delle estrazioni delle risorse naturali che necessitano di un’accurata progettazione sia a livello logistico che tecnico. Le città temporanee, differentemente da quelle permanenti, si costituiscono di una serie di elementi che sono strutturati al fine di rispondere ad uno scopo e ad un contesto specifico, ma allo stesso tempo sono accomunate dalla certezza, o almeno dall’aspettativa, che un giorno verranno smantellate. “In queste situazioni la reversibilità obbliga, una volta esaurito lo scopo, ad effettuare il ripristino dello stato di fatto: limitazione che finisce per liberare il progetto dalle costrizioni legate all’idea di durata, sperimentare e favorire la ricerca di soluzioni adatte alle circostanze.”34
! ! ! ! ! 34
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Pierluigi Nicolin, Cos’è questo, l’architettura, in Lotus International, n. 115, 2002, p.30.
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3.1 Festival Urbanism: effimero urbano e extraurbano
! « Non religious cultural celebrations are also on the rise. Increasing in the scale as well as frequency, they do cause the erection of temporary structures within and outside of urban areas »35
! Bernard Tschumi “affascinato dal fatto che la metropoli possa essere generatrice di inaspettate manifestazioni culturali e sociali” si è interrogato su “come poter incoraggiare tali sovvertimenti urbani.”36 Il carattere mutevole dell’evento mette in crisi il significato di solidità ed eternità dell’architettura mettendo in rilievo l’importanza di considerare nuovi assetti che possano rispondere a ogni situazione. Secondo B. Tschumi spazio, evento e movimento costituirebbero la chiave d’interpretazione per l’architettura. Le aree urbane ed extraurbane sono luoghi ideali per poter comprendere come il progetto effimero si inserisca nel contesto contemporaneo. Eventi come fiere, sagre, feste e spettacoli all’aperto, nella loro natura temporanea, forniscono esempi di spazi altamente flessibili e dinamici, inoltre prevedono la trasformazione sia di paesaggi rurali che di tessuti urbani preesistenti. Il progetto effimero sperimenta il riallestimento di spazi esistenti ampliandone le potenzialità e trasforma l’ambiente creando un nuovo rapporto tra la sua dimensione permanente e la sua riconfigurazione temporanea. In queste occasioni la città si riorganizza e si attiva intorno all’evento stesso. Attraverso l’analisi della crescita del tessuto urbano, si può riconoscere come megaeventi e spettacoli itineranti d’interesse globale stiano trasformando l’usuale funzione del tempo e dello spazio nelle città. Le strade e i percorsi vengono modificati acquisendo nuovi significati. Gli spazi privati diventano pubblici. Queste aree vengono recuperate, delimitate, allestite per servire da palcoscenico ad una serie di attività fuori dal normale. Allo stesso modo si introduce una nuova dimensione temporale, non misurata in giorni ed ore, ma scandita dalle attività stesse dell’evento.37 Secondo B. Tchumi l’evento sconvolge “l’ordine della struttura spaziale che riflette la struttura su cui la società si fonda, per dare un senso radicalmente nuovo all’espressione culturale” dove il !
35
Rahul Mehrotra e Felipe Vera, Ephemeral Urbanism, learning from Pop-up cities, in Daniel Ibañez Nikos Katsikis (a cura di), Grounding Metabolism, New Geographies 06, Op.cit., p.125. 36
Bernard Tschumi, Architettura e Disgiunzione, Pendragon, Bologna 2005, p.11.
37
si veda Alessandro Falassi, Festival: Definition and Morphology, Time Out of Time: Essays on the Festival. Ed.Albuquerque: University of New Mexico Press, 1987, p.4.
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“détournement costituisce un concetto chiave che sta a designare il conseguimento di uno stato di abbandono mentale, di un distacco dalla realtà per poterle riattribuire nuovi valori.”38 Le Expo sono interessanti esempi di riconfigurazione temporanee del territorio. Alcune strutture realizzate in queste occasioni, nate per essere effimere, sono poi rimaste divenendo l’emblema della città; mi riferisco al caso della Tour Eiffel di Parigi e al padiglione della Germania di Ludwig Mies van der Rohe. Il progetto di Renzo Piano per l’Expo di Genova del ’92 invece ha previsto un nuovo assetto della città, assetto che si è stabilizzato. Queste esperienze sono un’occasione per poter sperimentare nuovi modelli architettonici temporanei che instaurano un nuovo rapporto tra architetti ed artisti. Lo scopo dell’arte non è di aggiungere decorazione bensì di realizzare “grandi sculture abitabili, un misto tra architettura e scultura.”39 Storicamente i festival hanno favorito occasioni di scambi sia sociali che commerciali. Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento del numero di celebrazioni a livello internazionale. La mostra di R.Mehrotra alla Biennale di Venezia cataloga in questa categoria festival come: Exit in Serbia, Coachella in California, Glastonsbury festival, Fuji Rock in Giappone e tanti altri.! Alcuni di questi sono stati riscoperti e reinventati da tradizioni locali, mentre altri sono stati ideati come conseguenza delle nuove realtà sociali, politiche ed economiche. Questa recente proliferazione del fenomeno si può relazionare in parte alla necessità delle comunità di riaffermare la loro identità. Spesso questi eventi hanno portato dei benefici incoraggiando la popolazione, che solitamente è dispersa nella città diffusa, a riunirsi. Per Michail Bachtin, la festa è associata alla collettività. Coloro che partecipano al Carnevale non costituiscono solo una folla, ma le persone fanno parte di un sistema organizzato in un modo diverso da quello socioeconomico e politico. “[Il Carnevale] non è una reazione individuale a tale o talaltro fenomeno comico isolato. Il riso carnevalesco appartiene in primo luogo, a tutto il popolo [...] è ambivalente: scoppia di allegria ma è contemporaneamente beffardo, sarcastico.”40 Il successo di questi eventi sta nel creare un’occasione culturale, che attrae una grande quantità sia di artisti che di turisti nel luogo che li ospita facendo registrare veri e propri record di pubblico proveniente da tutto il mondo. Spesso l’evento stesso è l’attrazione per cui il turista decide di visitare un determinato luogo, divenendo così un potenziale di sviluppo per le economie locali. Il turismo ed 38
Michele Costanzo, Bernard Tschumi l’architettura della disgiunzione, Testo & Immagine, Torino 2002, p.14.
39
Germano Celant, Architettura, arte, ambiente, in Temporary, Lotus International, n.122, 2004, p.75.
40
Michail Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare: riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Einaudi, Torino 2001, p. 15.
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14
il festival sono entrambi fenomeni transitori che si manifestano in limitate realtà spaziali e temporali. Si costituiscono di una serie di rituali che generano delle nuove realtà ed offrono nuovi modi di esplorare il mondo. “Occorre considerare le fiere, questi meravigliosi luoghi vuoti ai margini della città, che si popolano una o due volte l’anno in baracche”41, eteropie in relazione alla futilità del tempo, una specie di luoghi utopici effettivamente realizzati “che si trovano al di fuori di ogni luogo, per quanto possano essere effettivamente localizzabili.”42 Michel Foucault è stato il primo ad aver coniato il termine eteropia nell’ambito filosofico e definisce i luoghi eterotopici come una sorta di contro-luoghi che rappresentano ed entrano in relazione con gli altri spazi contraddicendoli allo stesso tempo. Le eteropie sono di varia tipologia ed accomunate dal principio di universalità che riconosce che ogni cultura le produce. Le eteropie di crisi, che caratterizzavano la società antica, sono state sostituite da quelle di deviazione, per gli individui che non si conformano alla norma. Si definiscono eteropie i luoghi legati al viaggio come il treno, l’aeroporto, l’hotel, i centri commerciali che sono spazi isolati che non rappresentano nessun luogo, in quanto sono privati di riferimenti geografici. Sono spazi pianificati che prevedono un sistema di apertura e chiusura che le rende penetrabili e isolati allo stesso tempo. Secondo M.Foucault la nave, tradizionale architettura nomade, è l’eteropia per eccellenza. I festival e i villaggi vacanze rientrano nella categoria che sovverte la tradizionale percezione del tempo in quanto connessi ad un periodo festivo, passeggero. Il simbolico e l’immaginario nei processi culturali globali possono diventare pratica sociale: non solo fantasia, fuga o passatempo elitario, ma forma di azione che coinvolge la società in modo diretto e ricco di interazioni proficue.43 E’ così che la dimensione del festival può mantenere l’immaginazione come pratica sociale che è divenuta parte del lavoro mentale quotidiano44. Il festival può divenire lo strumento attraverso cui
41
Michel Foucault, Spazi altri: i luoghi delle eteropie, in Salvo Vaccaro (a cura di), Mimesis, Milano 2001, p.29.
42
Ibidem, p.24.
43
Giulia Agusto, I festival tra impatto sul territorio e luogo di espressione per l’immaginario collettivo,in Tafter Journal, 02, 2008. ( http://www.tafterjournal.it/2008/01/16/i-festival-tra-impatto-sul-territorio-e-luogo-di-espressione-perlimmaginario-collettivo/) ( consultato il 13 gennaio 2017) 44
!
si veda Arjun Appadurai, Modernità in polvere, Biblioteca Meltemi, Milano 2001.
15
l’immaginazione può ritrovare “una comunità di sentimento, un gruppo che inizia ad immaginare e sentire cose collettivamente.”45
! 4. Caso studio: Burning Man festival
! Ogni anno si riuniscono migliaia di persone nel deserto del Nevada per raggiungere Black Rock City, una città effimera che vive solo alcuni giorni per celebrare il Burning Man festival. Questa celebrazione è nata nel 1986 da un semplice raduno tra amici durante il solstizio estivo nella città di San Francisco. Nel corso del tempo questo avvenimento, divenuto sempre più popolare, è stato trasferito in una vera e propria città che ancora oggi è in continua evoluzione. Ogni anno il numero di partecipanti è aumentato, nel 2016 ne sono stati registrati circa 70.000. Una volta concluso il rituale dell’ultima sera, in cui viene bruciata una gigantesca effigie di legno, l'Uomo che Arde, tutto sparisce senza lasciare traccia del passaggio umano. Alcuni aspetti del Burning Man si rifanno ad antiche tradizioni celtiche come Wicher Man e raduni di massa come la Festa di Santa Fe in Messico in cui il Zozobra, una grande marionetta, viene bruciata per distruggere le preoccupazioni e le difficoltà dell’anno passato. Il festival può essere considerato un esperimento di comunità in una condizione estrema ed inusuale. La comunità di Black Rock City si basa su alcuni principi fondamentali che sono stati decisi dagli organizzatori 46. Ogni partecipante dev’essere tecnicamente equipaggiato di tutto, dal cibo all’acqua, al pronto soccorso, all’attrezzatura da campeggio necessaria per sopravvivere in condizioni meteorologiche estreme. Non sono graditi spettatori, occorre essere tutti partecipanti offrendosi volontari per la gestione dei servizi primari della città o di un campo a tema e partecipando alle esperienze che questi offrono. Tutti sono artisti e sono incoraggiati a condividere la propria creatività attraverso qualsiasi attività. E’ così che in questo ambiente in continuo stimolo si amplifica la creatività individuale in una dimensione collettiva.
! ! ! ! 45 A.Appadurai, 46
!
Modernità in polvere, Op.cit., p.22.
si veda http://burningman.org/culture/philosophical-center/10-principles/ (consultato il 6 gennaio 2017)
16
4.1 Gift economy
! Attraverso un sistema di gift economy si è incentivati a regalare incondizionatamente senza aspettarsi nulla in cambio. Le uniche cose che sono in vendita sono ghiaccio e caffè i cui profitti vanno a coprire le spese per costruire l’infrastruttura della città, tutti gli altri scambi avvengono attraverso il dono ed il baratto. Questo è l’elemento che conferisce a Black Rock City unicità ed una dimensione utopica. L’economia del dono si rifà ai modelli di società primitive, economicamente autosufficienti come le comunità di Indiani del nord America che, attraverso il modello sociale potlatch, condividevano beni alimentari tra tutti i membri della tribù47. Come spiega Angelo Picchierri nel paragrafo Reciprocità, dono e solidarietà “nella seconda metà del XX secolo [queste categorie criticano] radicalmente le teorie della modernizzazione attraverso modi efficaci di soddisfare i bisogni.”48 Egli spiega come tali modalità, a differenza di quanto si possa pensare, possono diventare un “formidabile fattore di sviluppo economico.”49 L’esempio di condivisione gratuita di risorse nella società contemporanea è Internet, grazie al quale si ha principalmente uno scambio di informazione a beneficio di tutti. Lo scambio che la rete offre nell’era digitale, equivalente al paradigma del dono, si basa sui rapidi trasferimenti ai quali i “beni informatici” (file musicali, informazioni, dati, programmi, ect) sono sottoposti. Se allo stesso modo si possono considerare i social network come strumenti che permettono la costruzione di una rete di relazioni e di una comunità, il dono consisterebbe nella capacità di dare vita a relazioni tra le persone. Internet ha comunque ampliato la comunità globale del Burning Man ed ha contribuito alla sua evoluzione. Tutti i partecipanti, una volta tornati a casa, mantengono tra di loro relazioni a livello locale. Questo ha permesso non solo lo sviluppo di una comunità radicata in un territorio, ma anche la diffusione della filosofia del festival. E’ così che in Europa e nel mondo vengono organizzati eventi basati sugli stessi principi per sentirsi parte della comunità dei burners anche se ci si trova lontani dal deserto del Nevada.
47
si veda Marcel Mauss, Saggio sul dono, Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 2016. 48 Angelo
Picchierri, Reciprocità, dono e solidarietà, in Paolo Perulli (a cura di), Terra mobile, Atlante della società globale,Op.cit., p. 207. 49
!
Ibidem, p.208.
17
Gli strumenti del social-networking sono la base per la riuscita del festival, oltre che a creare una rete di relazioni, permettono di pianificare ed organizzare le installazioni, i campi a tema e gli eventi previsti. Dopo il disastro portato dall’uragano Kathrina, attraverso la creazione di un network è stato inoltre possibile creare un’associazione Burners Without Borders, costituita da un gruppo di volontari. L’intento è quello di portare i principi e le abilità costruttive al di fuori del festival collaborando per ricostruire ciò che viene distrutto dalle catastrofi naturali.50
! 4.2 La città utopica del XXI secolo
! « From a planning standpoint, Burning Man is important because it reveals the dramatic extent to many see the camp as “the ideal city” of the twenty-first century »51.
L’area dove si trova Black Rock City, può essere considerata a tutti gli effetti una città con una struttura organizzativa in cui regna un’anarchia di fondo basata su pochi principi, in cui ognuno decide il proprio ruolo e scopo. Hakim Bey, filosofo e scrittore statunitense, nel suo saggio T.A.Z. (The Temporary Autonomous Zone, Ontological Anarchy, Poetic Terrorism) del 1991, definisce questi luoghi come zone temporaneamente autonome, dove per un certo periodo di tempo ci sono regole diverse da quelle che esistono altrove, che trasgrediscono le normali strutture di controllo sociale. Doherty Brian descrivendo la sua esperienza scrive: “It did seem to be a functioning anarchy for the two days I was there, people living and getting along without enforced laws”.52
! L’insediamento è stato pianificato in spazi ben distinti. Il progetto venne richiesto quando, nel 1997, la zona del Black Rock Desert divenne terreno della contea di Washoe, Nevada. L’evento, che diventava ormai sempre più popolare, necessitava di un piano che garantisse sicurezza, le strade dovevano essere abbastanza ampie da permettere l’accesso di camion, ambulanze e vigili del fuoco. E’ così che la comunità temporanea di tende e roulotte si è evoluta nel tempo in una città temporanea altamente pianificata e perfettamente funzionante. 50
si veda http://www.burnerswithoutborders.org/contribute (consultato il 19 gennaio 2017)
51
Nader Vossoughian, The Temporary City: Camps, Cowboys, and Burning, in Hunch. n 13, 2009, p.119.
52
Doherty Brian. This Is Burning Man: The Rise of a New American Underground, Little, Brown and Company, New York 2004.
!
18
Il processo iniziale, che comprende il trasporto di strutture e materiali da costruzione sul luogo, si serve delle tecnologie contemporanee ed un sistema organizzativo, composto prevalentemente da volontari, suddiviso in diversi dipartimenti. Ad ognuno di questi è assegnato un compito ben preciso e necessario per la buona riuscita del festival.53 Si è creato un ambiente di funzionari pseudo-pubblici, ma non una gerarchia di potere. I piani progettati dall’architetto Rod Garret, sin dalla prima proposta, hanno previsto un sistema circolare ruotante intorno ad un’area centrale, chiamata la Playa, che diventa un grande parco riservato alle attività collettive. L’anello interno, chiamato Esplanade, è una delle strade principali che delimita la città dalla Playa. Center Camp è una piazza circolare che ospita al centro una grande infrastruttura in cui si organizzano i servizi pubblici, quali centro medico, centro informazioni e distributori del ghiaccio e di caffè. Al di la di quest’area si sviluppa la trama residenziale dell’ accampamento, costituita dall'intreccio di percorsi concentrici e percorsi radiali. Infine un immenso spazio espositivo per le istallazioni artistiche si estende fungendo da recinto pentagonale che delimita l’intera città. Già dal primo schizzo traspare la volontà di posizionare il fantoccio di legno al centro in modo che tutti possano percepirlo come punto di riferimento all’interno della città. La trasformazione della struttura in un semicerchio è stata la risposta ad una necessità di orientamento e sicurezza che il cerchio non poteva permettere. Le strade concentriche sono denominate in ordine alfabetico mentre quelle radiali, numerate in senso orario, confluiscono sempre nella Playa. E’ evidente la similitudine tra Black Rock City e la struttura concentrica della Città giardino di Ebenezer Howard. Sono progetti di città del futuro che vogliono esprimere una nuova società posta in alternativa globale. In entrambi i casi l’idea di creare una comunità autosufficiente è stato il fattore determinante nella progettazione del loro insediamento. Stéphane Malka, architetto francese partecipante al festival del 2012, in un intervista per “Domus”, descrive Black Rock City come il più recente esempio di utopia sociale dalla creazione del primi Kibbutz in Israele. E’ una città fatta di cupole geodetiche, robot, strutture gonfiabili e case mobili in cui si crea un atmosfera che ricorda l’Instant City del gruppo d’avanguardia Archigram, che trae ispirazione dalla tecnologia al fine di creare una nuova realtà.54
53
si veda Kathetin K.Chen, Enabling Creative Chaos: The organization behind Burning Man Event, University of Chicago Press, 2009. 54
!
http://www.domusweb.it/en/news/2013/01/30/malka-loopcamp.html (consultato il 21 gennaio 2017)
19
Larry Harvey, co-fondatore del festival, spiega come questo sistema aiuti a favorire le interazioni sociali ed a generare così un senso di comunità.55 Nella città effimera è vietato circolare con qualsiasi automobile comune. Il mezzo di locomozione più usato è la bicicletta. Le automobili d’arte, dette “veicoli mutanti” nel gergo del Burning Man, fungono da mezzi di trasporto pubblico. Il sistema di strade, principalmente pedonali, si distribuisce offrendo una grande varietà di spazi dove poter sostare e ritrovarsi. Gli spazi sono animati dai campi a tema e dalle installazioni artistiche. Vertical Camp56 è un esempio di accampamento temporaneo costruito da un gruppo di designer che hanno riutilizzato delle impalcature per creare una struttura a torre per ospitare una decina di campeggiatori in singoli appartamenti privati. Vertical Camp sfida gli altri partecipanti a prendere in considerazione un’insediamento compatto in una città in cui domina un insediamento a bassa densità. Altre tipologie di accampamento invece replicano quartieri tradizionali in cui la “casa” è orientata verso la strada con un portico che invita ad un’interagire con i passanti. A Black Rock City l’accampamento funge sia da spazio privato che da luogo di aggregazione, in cui la vita privata e pubblica si intersecano. In quanto fenomeno di insediamento urbano è necessario analizzare Burning Man inserito nel suo contesto west-americano. Los Angeles e Las Vegas, città che rappresentano una certa società americana, sono state decisive per il suo sviluppo. In particolare il concetto di theme park e l’idea di città vista come monumento al sistema autostradale vengono ripresi e ribaltati. 57 Black Rock City mette in discussione ed allo stesso tempo esagera la spettacolarizzazione che caratterizza la nostra epoca che “derealizza la realtà.”58 Doherty Brian, infatti, afferma : “The experience provides so much more than any one person can see, do, or be. Burning man is not an event or a a happening or a theme park or an arts festival, though it has aspects of all those.”59 55
si veda Marcus Fairs, Burning Man "needed urban design because it's a city" says founder Larry Harvey, in “Dezeen”, agosto 2015 ( https://www.dezeen.com/2015/08/25/burning-man-needed-urban-design-because-its-acity-says-founder-larry-harvey/ ) (consutato il 12 gennaio 2017) 56
si veda http://journal.burningman.org/2010/08/black-rock-city/building-brc/vertical-camp-creative-urbanism/ (consultato il 19 gennaio 2017)
57
il testo di Robert Venturi, Denise Scott Brown, and Steven Izenour, Learning from las Vegas,The MIT Press, Cambridge 1972, si pone come presa di coscienza del paesaggio urbano americano e come manifesto di una nuova generazione di architetti che volta le spalle all’esperienza del Movimento Moderno.Cercano di rappresentare Las Vegas, città dell’eccesso,caotico accumulo di casinò e hotel privo di un disegno complessivo, cercando un modo inedito di concepire gli spazi urbani, le forme, e il linguaggio simbolico dell’architettura. 58
Marc Augé, Disneyland ed altri nonluoghi, Bollati Boringhieri, Torino 1999, p.24.
59
Doherty Brian. This Is Burning Man: The Rise of a New American Underground, Op.cit.
!
20
E’ un luogo consapevole della crisi dello spazio pubblico americano che si pone come città simulata ideale che contiene tutti gli elementi immaginari del luogo. Steven T. Jones, nel suo testo The Tribes of Burning Man: How an Experimental City in the Desert Is Shaping the New American Counterculture, descrive il fenomeno del Burning Man come tra i più rappresentativi eventi di controcultura americana. Egli riconosce come la comunità dei burners rappresenti un caso di tribalismo post-moderno caratterizzato da un ritorno ai valori arcaici che riconosce un legame con l’immaginario contemporaneo. La diffusione di queste nuove tribù contemporanee è sempre più frequente come descrive Michel Maffesoli, sociologo francese, in Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne. Queste non si costituiscono al fine di conseguire uno scopo specifico, ma la loro ragione d’essere è il “desiderio di un presente vissuto collettivamente [e] porta a sperimentare dei nuovi modi di essere”60. La forma di festività che caratterizza il Burning Man può essere relazionato al Carnevale nella tradizione medievale e rinascimentale di cui parla M. Bachtin (citato precedentemente). In entrambe le situazioni le persone si liberano dalle “barriere insommortabili della loro condizione, del loro lavoro, della loro età, e della loro situazione familiare”61 che li separa nella vita “normale”. Durante il Carnevale “l’ideale utopico e il reale si [fondono] provvisoriamente nella percezione carnevalesca del mondo, unica nel suo genere”62. La neo tribù di burners si costituisce di un insieme di individui connessi da un ethos comune che gli permette di svolgere azioni collettive, benché effimere. “In opposizione alla stabilità indotta dal trialismo classico, il neotribalismo è caratterizzato dalla fluidità, dai raggruppamenti puntuali e dallo sparpagliamento; è così che possiamo descrivere lo spettacolo della strada nelle megalopoli moderne.”63 La pianificazione della città si equilibria tra un sistema rigido, pianificato e predefinito ed una progettazione più improvvisata e creativa. Quest’efficiente design offre la possibilità di creare un paesaggio surreale di cui far esperienza attraverso l’immaginazione.
! 60
Michel Maffesoli, Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne, Angelo Guerini e Associati, Milano 2004, p.125. 61
Michail Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare: riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Op.cit., p.15. 62
Ibidem, p.14.
63
Michel Maffesoli, Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne, Op. cit, pp. 126-127.
!
21
Conclusione
! Il Burning Man festival è un caso estremo di comunità auto-organizzata, affascinante da analizzare, in cui la totale libertà si incontra con il senso di comunità e di responsabilità civica. Nonostante essa presenti caratteristiche simili ad una “vera” città, non può essere però considerata tale. Si tratta di un insediamento temporaneo che si è sviluppato per coloro che si prendono del tempo libero dalla vita di tutti i giorni per poter vivere questa esperienza. Le realtà e le problematiche delle città permanente qui si presentano solo a livello superficiale. Tuttavia lo scopo di Black Rock City è quello di andare incontro alle esigenze primarie dei suoi cittadini in un luogo del tutto inospitale ed il modo in cui ha trovato una risposta a tali problematiche potrebbe essere istruttivo per gli urbanisti anche altrove. Il senso di comunità è incrementato dalla partecipazione attiva di tutti i cittadini che sentono di poter avere un’influenza sulla collettività. La speranza per gli organizzatori è che tutti i partecipanti possano tradurre questa esperienza nella loro vita quotidiana. Il potenziale dei festival urbani ed extraurbani è quindi quello di poter contribuire a migliorare l’immagine della città, integrando le comunità e riqualificando lo spazio pubblico che consente agli individui di stare insieme senza fondersi in un unicum perdendo la propria individualità.64 Come afferma Fabio Berti in Per una sociologia della comunità “la comunità è possibile solo a partire da un modello educativo che possa rappresentare una sintesi tra la capacità di essere se stessi e la disponibilità sociale, l’autonomia, la responsabilità e la creatività personale.”65 Infine l’analisi dei fenomeni transitori, governati da complessi meccanismi economici, sociali e politici riflette sulla necessità di ripensare a qual è il ruolo dell’architettura oggi. I casi analizzati in questo elaborato mettono in luce come “le installazioni provvisorie possano essere usati come efficacissima forma di coinvolgimento degli abitanti delle città […] e sottolineano come le strade costituiscano una delle più preziose risorse urbane.”66 “La definizione di architettura come spazio e, contemporaneamente, evento ci riporta a questioni politiche e più previamente alla questione dello spazio collegato ad una pratica sociale.”
64
si veda Anna Arendt, Vita activa : la condizione umana, Bompiano, Milano 1991.
65
Fabio Berti, Per una sociologia della comunità, FrancoAngeli, Op.cit., p.28.
66
Jeff Rison, L’urbanistica per le persone, in Domus, The Smart City, novembre 2014, p.11.
!
22
“Il rapporto di forma e funzione […] deve essere sostituito dallo sviluppo delle azioni che si svolgono dentro ed intorno agli edifici […] dalla dimensione propriamente sociale e politica dell’architettura.”67
! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! 67
!
Bernard Tschumi, Architettura e Disgiunzione, Op. cit, p.23.
23
Bibliografia
! Bibliografia cartacea
! Jacques Attali, L’uomo nomade, Fayard, Parigi 2003 ! Giovanni Attili, Rappresentare la città dei migranti, Jaca Book, Milano 2008 ! Marc Augè, Tra i confini. Città, luoghi, interazioni, Bruno Mondadori, Milano 2007 !
Bentrand Badie, La fine dei territori, Saggio sul disordine internazionale e sulla utilità sociale del rispetto, Asterios, Trieste 1996
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Zygmunt Bauman, Dentro la Globalizzazione,Le conseguenze sulle persone, Edizioni Laterza, Bari 1999
! Zygmunt Bauman, Fiducia e paura nella città, Bruno Mondadori, Milano 1999 ! Fabio Berti, Per una sociologia della comunità, FrancoAngeli, Milano 2005 !
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https://eplanning.blm.gov/epl-front-office/projects/nepa/64350/77938/87250/Burning_Man_SRP_2016_Stipulations_esign.pdf (consultato il 12 gennaio 2017)
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! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !
25
Indice
! Introduzione………………………………………………………………………………………….1 ! ! 1. La seconda globalizzazione: il cittadino nomade…………………………………………………3 ! ! 2. La città statica e la città cinetica…………………………………………………………………..5
2.1 La città contemporanea……………………………………………………………….…9
!
2.2 Rapporto simbiotico……………………………………………………………………11
! ! 3. Urbanismo effimero………………………………………………………………………………12 ! 3.1 Festival Urbanism: effimero urbano e extraurbano…………………………………….13 ! ! 4. Caso studio: Burning Man festival……………………………………………………………….16 ! 4.1 Gift economy……………………………………………………………………………17 ! 4.2 La città utopica del XXI secolo…………………………………………………………18 ! ! Conclusione…………………………………………………………………………………………22 ! ! Bibliografia………………………………………………………………………………………….24 ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !
1.
2.
3.
The New Gypsies di Iain McKell Molti viaggiatori New Age, hanno abbandonato i loro vecchi furgoni per dei carrozzoni trainati da cavalli prendendo esempio dalle antiche usanze gitane, come testimoniano queste foto raccolte nel libro The New Gypsies, di Iain McKell, edito da Prestel Publishing. Al tempo stesso dispongono di tutte le piÚ moderne tecnologie come l’energia solare, i telefoni cellulari e i computer portatili.
4.
5.
Una donna con il suo bambino in viaggio dalla Macedonia alla Serbia.
Gruppo di rifugiati di guerra siriani in viaggio.
6. Facebook relationships
7. Itinerari aerei nel mondo
8.
9.
Bredjing,campo profughi sudanese, vicino al confine con il Sudan, il Ciad
Dadaab, campo profughi in Kenya
10.
11.
Campo profughi siriano
Esempio di baraccopoli sorto nella periferia estrema della cittĂ . Copertina del testo Il pianeta degli slum Mike Davis.
12.
13.
Venerdì Santo nella Plaza Mayor di Cuenca, Spagna.
Los Vàsquez, Cile
14.
15.
Ganesh festival, India.
Qoyllur Riti, Peu.
16.
17.
Kumbh Mela, vista aerea.
Le tende al Kumbh Mela servono un gran numero di usi, dal dormire, mangiare al socializzare. Sono di diversa dimensione e tipologia ed inserite all’interno di una semplice struttura funzionale a griglia.
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Kumbh Mela, vista della strada, 2013.
20. Mappa Kumbh Mela, febbraio 2013.
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22. Il padiglione per la mostra Ephemeral Urbanism, cities in constant flux realizzato dagli architetti Rahul Mehrotra e Felipe Vera, costruito con gli stessi materiali che vengono utilizzati al Kumbh Mela.
23. Mappatura urbanismo effimero.
24. Il grafico mette a paragone diversi casi di urbanismo legato a festival religiosi e non. I fattori presi in considerazione sono la durata, l’estensione e il numero di visitatori che prevede.
25. Pannelli esposti nella mostra Ephemeral Urbanism, cities in constant flux, riguardanti le celebrazioni temporanee.
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I siti che Black Rock City ha occupato nel tempo.
Tutte le strade portano al “Uomo che arde�.
26. Rod Garret, primo schizzo della pianta della città, una struttura circolare ruotante intorno ad una grande area centrale di ritrovo.
27. Trasformazione della pianta in un semicerchio per avere una migliore visuale verso il fantoccio di legno e quindi una maggiore capacità di orientamento all’interno della città.
28. Ebenezer Howard, Garden-city, 1902, in Garden Cities of Tomorrow.
29. architetto S.Bickels, kibbutz layout sistema di zoonizzazione.
30. Pianta di Black Rock City del 2016.
31. Vista della cittĂ da un drone, 2013.
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Center Camp.
Vertical Camp.
36. photos by Philippe Glade, Black Rock City, NV: The Ephemeral Architecture of Burning Man, in cui ha documentato esempi di architettura effimera della cittĂ dal 1996 al 2010
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Vista aerea notturna, settembre 2001.