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Fortuna o Talento?
/Recensione CI VORRÀ PIÙ FORTUNA O PIÙ TALENTO?
Una domanda chiave per poter ripartire dopo l’emergenza del Covid-19.
A cura della Redazione Forse entrambe le cose. In tempi difficili come questo viene spontaneo interrogarsi a proposito della fortuna, della sfortuna e del proprio talento frenato da una situazione imprevista. Nel libro, l’autore espone la strategia per favorire la fortuna nella vita e nel lavoro. Quella che ha permesso a molte persone inizialmente “sfortunate” di partire da una situazione di povertà e di arrivare a livelli altissimi in termini economici e di risultati. Il 70% dei miliardari sono partiti da zero. Come hanno fatto? Quali sono i punti essenziali della loro mentalità? Qual è la mentalità che crea “fortuna” e quella che crea “sfortuna”? Il viaggio continua dando la parola a esperti psicologi. Cosa hanno da dire sulla fortuna e sul talento? La parte spirituale si interroga sulla visione delle culture e religioni mondiali marcando la distinzione tra fede in se stessi (essenziale), quella nel soprannaturale (quanto aiuta veramente?) e la differenza con la superstizione. Il talento è un dono prezioso. Una capacità di cui non abbiamo merito. Una dote innata. È ciò che ne facciamo che determina il nostro valore. Va scoperto, va fatto fruttare. Nessuno può rubare il tuo talento, ma a causa del tuo talento possono ostacolarti per invidia e gelosia. Talvolta per ignoranza o per paura, come nel caso di genitori verso i figli. Il talento è un dono così grande che può intimorire chi lo riceve e chi lo osserva in te. Gli invidiosi possono ingannarti al punto da farti credere di non averlo. “Una gran quantità di talento viene sprecata nel mondo per mancanza di un po’ di coraggio” osserva lo scrittore del XVIII secolo Sydney Smith. Ogni giorno manda nei loro cimiteri uomini sconosciuti la cui timidezza ha impedito loro di compiere il primo sforzo. Il punto è, che per fare qualsiasi cosa al mondo che valga la pena di fare, non dobbiamo ritrarci tremanti e pensando al freddo e al pericolo, ma tuffarci ed attraversare la mischia al meglio che possiamo. Troppe volte il nemico del nostro talento siamo noi stessi. Scoprire il proprio talento è una grande responsabilità, un dovere verso noi stessi, verso la società e verso Dio che ce l’ha donato. Nella parabola evangelica l’unico che ha ricevuto un solo talento va a nasconderlo sotto terra proprio per paura dell’autorità del padrone che glielo aveva donato. Sfiducia in se stesso e in ultima analisi proprio nel donatore, che è Dio. Proprio quello che ha ricevuto meno talenti di tutti non crede nemmeno in quell’unico che ha ricevuto. Il termine ebraico “kikkar”, generalmente reso “talento”, di solito indica nelle fonti talmudiche un peso per oro e argento. Esattamente 34,29 chili d’oro. Un enorme valore. Oggi troppi si accontentano di una vita mediocre perché hanno nascosto il loro talento sotto la terra dell’incredulità, della paura, della mancanza di autostima, delle delusioni, della mancanza di fede. Secondo il predicatore Ben Herbster “Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare”. Uno spreco, ma anche un atto di egoismo. I talenti ci sono donati per il bene degli altri, non per la nostra vanità. E così chi pensa di essere umile negando di avere talenti, in realtà è un pigro, una “palla di sterco”, come la Bibbia chiama l’indolente, che priva gli altri del dono ricevuto. Pensiamo spesso al talento come a qualcosa di eccezionale.