Beesness Settembre/Ottobre 2024

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Anno XIV - N° 5 2024 € 5,00
Marco Baldassari
“SMART LUXURY MADE IN ITALY”
Chef Andrea Berton
“L’ARTE DELLA PERFEZIONE”
Andrea Quadrio Curzio
“IL BENESSERE COME MISSION”
Massimiliano Di Silvestre “IL LIFESTYLE SECONDO BMW”

IN AUTUNNO SI ALZA IL SIPARIO SULLA MODA

Inauguriamo questo nuovo numero di Beesness con l’intervista alla Chef Andrea Berton, allievo di Gualtiero Marchesi, decano della cucina stellata e non solo. Ci racconta degli inizi della sua carriera che lo hanno condotto al successo, in primis con l’apertura parecchi anni fa del ristorante a Porta Nuova a Milano, che ha ottenuto quasi subito una Stella Michelin.

In merito al settore della moda, vi invitiamo a leggere l’intervista a Marco Baldassari, CEO di Eleventy, un marchio che ha introdotto il concetto di “smart luxury”, ovvero come saper unire l’eccellenza della lavorazione artigianale italiana dei capi a uno stile elegante e contemporaneo.

Trovate anche i reportage sulle sfilate e le presentazioni della Fashion Week milanese dei brand Elisabetta Franchi, Hogan, Santoni, Rene Caovilla, Kiton e tanti altri.

Nella sezione auto motive, non perdete l’intervista a Massimiliano De Silvestre, AD di BMW Italia, che sottolinea come il marchio tedesco stia diventando sempre più un brand lifestyle, grazie alle partnership con Santoni e con AC Milan.

Il rombo dei motori risuona anche con Ducati e le sue potentissime moto al World Ducati Week, organizzato a Misano, dove 94mila persone si sono date appuntamento per le prove in pista, gli incontri con i piloti e per poter ammirare il nuovo modello della Panigala V4. Anche Triumph non è da meno, con il Triumph Club Milano, che ha recentemente festeggiato il dodicesimo anno di attività. I capisaldi del club si esprimono nella creazione d’interazione, nello spirito di unione e nel desiderio di incontrarsi liberamente tra soci.

Nella sezione dedicata alla bellezza, Andrea Quadrio Curzio ci illustra lo sviluppo delle terme, che partendo da Bormio, hanno raggiunto New York.

Infine, vi suggeriamo di visitare il Victoria Beach, appena riaperto e ristrutturato a Menaggio, sul Lago di Como.

Concludiamo con le nostre apprezzate rubriche dedicate al retail e al franchising.

Auguriamo una buona lettura e vi diamo appuntamento al prossimo numero, speriamo per voi ricco di novità interessanti.

Giovanni Bonani Direttore Responsabile

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Foto copertina: Niccolò De Giorgio

Giovanni Bonani

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Cisalfa, Dellovo Scarpe, Uniqlo, DM, Lidl, Stefania Calugi Tartufi, Panificio Longoni, Batist, Mazzei Architects, Como Calcio

Olga Urbani e sua maestà il tartufo

Una firma dell’imprenditoria femminile, tra riconoscimenti aziendali e vocazione

Carne sintetica:

Hogan: un’icona di stile da capo a piede

Il nuovo concetto di sportswear delle collezioni PE 2025 46

Caovilla Gallery: il video progetto per i 90 anni di artigianalità Il viaggio delle preziose calzature tra storia e sogno 48

Santoni Donna PE25 e Santoni Riviera Ispirazione all’estate italiana 50

Daniele Giovani Design

Mai più senza le iconiche slingback dall’estetica vintage ............ 52

Automotive

Terme, il benessere diventa esperienza

Intervista ad Andrea Quadrio Curzio: un modello di business tra sostenibilità e innovazione

Massimiliano Di Silvestre

Sfide e scenari futuri per l’automotive targato BMW ................ 54

Panigale V4: style, sofistication e performance

Tripudio di Ducatisti alla WDW 2024, per la nascita della nuova

32° Forum di Scenari Immobiliari

“Collezione Giorgio Baratti” presentata alla Biennale dell’Antiquariato di Firenze

Si dice baritono ma si chiama certezza...

Intervista a Gian Luca Bauzano Una lunga carriera dal giornalismo al web, passando da moda e spettacolo

Inaugurato il Victoria Beach di Menaggio

UNA PARTNERSHIP VOLTA A VALORIZZARE L’UNICITÀ DEL TERRITORIO ITALIANO E A PROMUOVERE LE ATTIVITÀ OUTDOOR, CELEBRANDO I 130 ANNI DELLA FONDAZIONE.

Cisalfa Sport, azienda italiana leader nella vendita dei migliori prodotti di abbigliamento, calzature e attrezzature sportive, conferma per il secondo anno consecutivo la propria partnership con Touring Club Italiano. Nata dalla condivisione di valori quali l’amore per il territorio italiano, la valorizzazione delle sue bellezze naturali e del suo inestimabile patrimonio artistico e culturale, questa collaborazione desidera promuovere un concetto di viaggio etico, responsabile e sostenibile, oltre che uno stile di vita attivo e a contatto con la natura. A partire da quest’anno, Cisalfa Sport e TCI racconteranno alcune delle più affascinanti località del nostro Paese, attraverso itinerari suggestivi ed experience locali: un’occasione unica per ispirare le persone ad avvicinarsi alla natura e alle attività all’aria aperta. Per raggiungere ed esplorare questi luoghi straordinari, il giusto equipaggiamento si rivela fondamentale. L'ampia gamma di prodotti affidabili, performanti e versatili dei migliori brand da trekking e outdoor disponibili da Cisalfa Sport, ne fanno un punto di riferimento per tutti gli amanti della natura, degli sport all’aria aperta e del viaggio, offrendo soluzioni funzionali per ogni necessità. Proprio quest’anno, Touring Club Italiano celebra il suo 130° anniversario : un viaggio straordinario che, in oltre un secolo di attività, ha appassionato generazioni allo studio e alla conoscenza dell’Italia, trasformando il viaggio in un’esperienza di scoperta e di arricchimento culturale.

I BEST SELLER P/E 2024 DELLOVO: ELEGANZA E TRADIZIONE DELLO STILE MADE IN ITALY

Dellovo – brand di calzature da uomo che incarna l’eleganza dello stile italiano e il “saper fare” dell’antica tradizione campana – nasce da una storia di famiglia, fatta di tradizione e lavoro artigianale che ha come obiettivo offrire a tutti l’opportunità di indossare scarpe Made in Italy a filiera corta dalla qualità elevata.

La produzione, interamente italiana, è radicata sul territorio campano nei famosi distretti calzaturieri e pellettieri di Aversa, Carinaro e Napoli, che vantano oltre 700 anni di storia e una specializzazione nelle produzioni di alta qualità. Il Made in Italy e la filiera corta trovano espressione nelle scarpe allacciate, nei mocassini, nelle loafer e nelle scarpe sportive da uomo delle collezioni Dellovo.

Ogni collezione riscuote grande successo e anche per la stagione Primavera Estate 2024 i modelli best seller sono stati apprezzati per la comodità, la morbidezza e l’eleganza ma soprattutto per l’originalità, i colori e la ricercatezza del loro design.

TERMINI DAVANTI A UNA FOLLA ENTUSIASTA DI OLTRE 200 CLIENTI

UNIQLO Roma Termini, il secondo store UNIQLO nella città di Roma, segna un ulteriore passo verso l'espansione nel Paese, dopo l'apertura del primo negozio in Italia in Piazza Cordusio a Milano nel 2019, l’inaugurazione di UNIQLO Via del Corso in Galleria Alberto Sordi lo scorso aprile e l’apertura del punto vendita in Gae Aulenti a Milano lo scorso maggio. Lo store presenta la filosofia LifeWear del marchio - capi di abbigliamento per tutti i giorni, di alta qualità, progettati per migliorare la vita quotidiana delle persone - una selezione di abbigliamento uomo, donna, bambino e neonato distribuiti su 1 piano per un totale di 960 metri quadrati e 60 dipendenti. La cerimonia del taglio del nastro ha visto la partecipazione del Sindaco di Roma

Capitale Roberto Gualtieri, Mark Barnatovic - COO UNIQLO Italia, Sébastien De Rose - COO Grandi Stazioni Retail, Claudia Campone - Fondatrice e CEO di Thirtyone Design + Management, Iwamura Kenshi - General Manager UNIQLO Roma, Beatrice Alasotto - Store Manager UNIQLO Roma Termini. Il negozio UNIQLO Roma Termini è uno spazio di design unico nel suo genere che offre un continuum visivo sulla stratificazione della città, in un incontro tra elementi contemporanei e storici dove il passato e il presente si fondono elevando il DNA giapponese del brand. All’interno sarà possibile trovare servizi esclusivi come il sistema automatizzato di Click & Collect, che consente ai clienti di ritirare in store i propri ordini effettuati sul sito in modo rapido e autonomo.

NUOVA SEDE MILANESE PER LO STORE DM, DA VIA GIAMBELLINO SI SPOSTA IN PIAZZA NAPOLI

La più grande catena commerciale europea di drugstore si è spostato da via Giambellino a Piazza Napoli 11. Un punto strategico per geometrie e raccordo delle linee 90 e 91, 50 e 14 che dal quartiere Giambellino e Lorenteggio portano un continuo afflusso di persone. L'identità di dm sarà percepibile immediatamente osservando l’esterno del punto vendita grazie al nuovo layout con colori vivaci e immersivi. La potenza della transizione del gradiente di colore, tipico dell’insegna, sarà percepita su tutta la facciata del negozio per garantire una riconoscibilità continua del marchio a livello internazionale. Il punto vendita internamente sarà caratterizzato da un ambiente armonico, suddiviso in “isole” per ciascuna categoria di prodotto. Il frazionamento degli spazi e l’utilizzo di scaffali più bassi, che garantiscono una panoramica ottimale del negozio, sono pensati per agevolare la customer journey, e facilitare così i clienti durante l’esperienza di acquisto. Il negozio, decimo a Milano e 87esimo in Italia , coprirà una superficie di vendita di 410 mq, il doppio rispetto al punto vendita precedente , su un unico livello e sarà pronto ad accogliere la clientela mettendo a disposizione oltre 15.000 referenze in continua evoluzione. All’interno sarà possibile trovare la proposta unica di dm: più di 600 marche, di cui 26 sviluppate in house (come Balea, dmBio, alverde, babylove, Mivolis) dedicate alla cura della persona e della casa, al food bio, all’infanzia e agli animali. Con la nuova apertura si aggiungeranno 9 nuovi collaboratori alla squadra , composta da oltre 900 dipendenti dell’insegna in Italia, per garantire sempre un’eccellente esperienza customer care. Il negozio accoglierà la clientela dal lunedì al sabato, dalle ore 9:00 alle ore 20:00. Oltre ai servizi che accomunano tutti i punti vendita dm , per garantire un’esperienza di shopping che mette la persona al centro di tutto, i clienti troveranno a disposizione anche l’area dedicata al servizio di stampa fotografica direttamente da smartphone.

APRE A LIVORNO IL TERZO LIDL, DA UN PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE DELL'EX FORNACE DEL CANACCINI

Lidl continua a puntare sullo sviluppo della propria rete vendita in centro Italia e inaugura oggi il suo terzo supermercato a Livorno, alla presenza dell’Assessore al Lavoro e alle Attività Produttive Federico Mirabelli . L’inaugurazione del nuovo punto vendita, sito in Via di Collinaia, tra la Scopaia e la Leccia, conferma il ruolo centrale del capoluogo toscano nei piani di sviluppo dell’Azienda, dove ad oggi è presente con 6 supermercati. Il nuovo supermercato si estende su un’area vendita di circa 1.000 mq ed è stato realizzato con metodi di costruzione mirati a ridurne il più possibile l’impatto ambientale e a massimizzarne l’efficienza energetica . Lo store, infatti, nasce da un progetto a consumo di suolo zero, conseguente alla ricostruzione dello stabile dell'ex fornace del Canaccini. Il nuovo supermercato si presenta alla clientela livornese con un look moderno e funzionale , tramite un format di vendita che rispecchia i più recenti standard aziendali. A disposizione di tutti i clienti vi è anche l’App Lidl Plus per smartphone : il programma fedeltà 100% digitale che rende la spesa ancora più conveniente e veloce, offrendo numerosi vantaggi e coupon sconto. Scaricando Lidl Plus, sarà quindi possibile avere sempre con sé la propria carta fedeltà e beneficiare di offerte dedicate in store e presso i partner dell’Azienda , per esempio per avere uno sconto sui biglietti del cinema o sulla bolletta della luce. Inoltre, grazie alla funzione Lidl Pay, è possibile pagare la spesa tramite l’App, semplicemente scansionando il proprio QR-code personale alla cassa. Il nuovo store ha portato all’assunzione di 10 nuovi collaboratori di Lidl Italia. Lo store offre oltre 130 posti auto e la massima flessibilità di servizio, garantita dai seguenti orari di apertura: dal lunedì al sabato dalle 8:00 alle 21:30 e la domenica dalle 8:00 alle 21:00.

SI ESPANDE IL POLO DEI TARTUFI DI AVM GESTIONI: ITALIAN FINE FOOD ENTRA NEL

CAPITALE DI STEFANIA CALUGI TARTUFI, UNA PARTNERSHIP

Il fondo di Private Capital Italian Fine Food , promosso da AVM Gestioni SGR S.p.a. Gestore EuVECA Società Benefit con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze regionali del food Made in Italy, ha perfezionato nei giorni scorsi l’acquisizione dell'80% di Stefania Calugi Tartufi. Stefania Calugi Tartufi nasce nel 1987 quale eredità di una lunga e consolidata tradizione familiare tra le colline samminiatesi, uno dei territori italiani più importanti per la produzione di tartufo. A soli 18 anni Stefania apre il primo laboratorio, dedicato sia al mercato del fresco che alla trasformazione in prodotti conservati, riuscendo nel corso degli anni, a raggiungere l’eccellenza nella ricerca e nella trasformazione dei tartufi e ad aprirsi anche al mercato estero consentendo un importante salto dimensionale. Dal piccolo laboratorio artigianale di soli 67 mq, oggi Stefania Calugi ha costruito un’azienda di oltre 1500 mq con 25 dipendenti, di cui 16 donne . Con l’acquisizione di Stefania Calugi Tartufi, che segue in ordine di tempo e nello stesso settore l’acquisizione di Savini Tartufi, AVM prosegue il percorso nella creazione di un campione del fine food italiano , su cui realizzare tutte le potenzialità del settore, massimizzando le sinergie tra le diverse eccellenze e fornendo un supporto in termini di know-how strategico e finanziario. In base agli accordi con AVM Gestioni, Stefania Calugi mantiene l’incarico di Amministratore Delegato di Stefania Calugi Tartufi, che conserverà anche tutta l’attuale organizzazione e struttura aziendale.

PANIFICIO

DUE NUOVE APERTURE

DEL SUO PRIMO PANIFICIO E IL LANCIO DELLA COMBO RITORNO A SCUOLA, PER RIPRENDERE L’ANNO CON DOLCEZZA ED ENERGIA

Un rientro carico di novità per il Panificio Longoni, che nei mesi scorsi ha lavorato incessantemente, per inaugurare la nuova stagione e lanciare la prima combo Ritorno a Scuola: un’idea salutare e golosa per la colazione o la merenda, composta da un Cookie o una fetta delle torte Longoni insieme a uno dei succhi firmati Marco Colzani , veri e propri frullati di frutta in tantissime varietà. Altra importantissima novità: Longoni raggiunge quota 8 negozi in città con l’attesissima apertura del nuovo panificio in via Cagnola 6, a pochi passi dall’Arco della Pace e dal Parco Sempione , in una delle zone più verdi e suggestive. Oltre a panificio di quartiere, è il luogo ideale per colazioni e pranzi, da gustare tra i comodi tavolini ma soprattutto per l’asporto nelle pratiche bag, perfette per una pausa all’aperto. Le vetrine del nuovo panificio si riempiranno fin dal mattino di fragranti sfoglie e lievitati, per il pranzo o una merenda salata , ci saranno focacce pugliesi, focacce farcite con vegetali di stagione e con una selezione speciale di salumi e formaggi di filiera, e la focaccia margherita alla pala. Immancabili anche le torte da forno e i biscotti di pasta frolla, oltre a dolci stagionali e da ricorrenza. I clienti troveranno anche l’olio EVO e la linea di pasta da farine integrali dell’azienda agricola Pane Terra di Davide Longoni, insieme alle confetture Jam Session, frutto di un progetto di filiera condiviso con gli amici e colleghi del gruppo Breaders. Nel frattempo, il primo storico Panificio Davide Longoni in via Tiraboschi 19 ha riaperto dopo un restyling completo degli spazi interni . L’offerta rimane invariata, è sempre possibile godersi una colazione dolce o salata, oppure un pranzo con il shoku-toast, focacce di ogni tipo, fino all’aperitivo accompagnato da vini naturali e taglieri.

BATIST, IL TUO ALLEATO PER CAPELLI SEMPRE AL TOP!

Hai un appuntamento last minute, ma i tuoi capelli non sono pronti? Sei stanca di lavarti i capelli un giorno sì… e l’altro pure? Grazie a Batist dry shampoo, avrai sempre una piega perfetta e profumata, anche quando non hai tempo o voglia di lavarti i capelli. Batist , brand di proprietà dell’azienda fiorentina Ludovico Martelli, oltre alle versioni Batist dry shampoo Classico, Volume, Castano Chiaro, Biondo, Castano Scuro, Tropical, Floral; amplia la propria gamma con tre nuove referenze profumate: Batist dry shampoo Sweet Berry, Batist dry shampoo Pink Temptation e Batist dry shampoo Apple Boost. Batist dry shampoo Sweet Berry è il prodotto ideale per dare ad acconciature e messe in piega un dolce profumo fruttato di ciliegia e frutti rossi.

Batist dry shampoo Pink Temptation è prefetto per le occasioni più dolci, grazie alla sua piacevole fragranza a base di note vanigliate, una tentazione irresistibile per dare un tocco sweety ad ogni look.

Batist dry shampoo Apple Boost, incredibilmente fresco e delicato, grazie alla mela verde che rende i capelli leggeri e profumati, a prova di call last minute.

Grazie agli effetti dell’amido di riso, tutti i prodotti Batist ravvivano il tono dei capelli donando un effetto “mat” di assoluta pulizia. Alla gamma attuale si aggiungono anche le travel size, da 75ml nelle amatissime profumazioni: Batist dry shampoo Floral e Batist dry shampoo

Tropical oltre al già presente Classico. Il formato travel size consente di essere portato ovunque, anche in aereo, per un look sempre al top!

SOCIETÀ SC ENGINEERING SRL E NEXUS ENGINEERING SRL

Mazzei Architects, sotto la guida dell'architetto Valerio Mazzei, continua il suo percorso di crescita accogliendo nel proprio Gruppo le società SC Engineering e Nexus Engineering, consolidando la propria presenza nel settore dell’ingegneria strutturale e impiantistica e potenziando la propria offerta di servizi integrati. SC Engineering srl, fondata nel 2021 dall’ingegnere Salvatore Campisi e dal perito Salvatore Sava, si è rapidamente affermata nel settore dell’ingegneria impiantistica, contribuendo allo sviluppo della Regione e collabora con enti pubblici e privati per la realizzazione di progetti innovativi e sostenibili. Nexus Engineering Srl, azienda specializzata in ingegneria strutturale, fondata nel 2024 e guidata dall’ingegnere Edoardo Sicilia, ha già dimostrato un grande potenziale grazie alla competenza del suo team e all’approccio innovativo ai progetti strutturali. Con l'integrazione di queste due società, Mazzei Architects consolida la propria identità come Gruppo unito e sinergico, che valorizza le competenze dei nuovi partner, rafforzando ulteriormente la capacità di offrire soluzioni progettuali innovative. L'architetto Valerio Mazzei, CEO di Mazzei Architects, ha dichiarato: "La firma di questi accordi rappresenta una tappa fondamentale nel nostro percorso di rafforzamento del Gruppo. L'espansione nel Sud mira a renderci un punto di riferimento per il territorio, offrendo servizi di progettazione di alta qualità e sostenibilità, senza dimenticare anche la nostra vocazione internazionale." L’ingegnere Salvatore Campisi, CEO di SC Engineering, ha aggiunto: "L'area siciliana svolge un ruolo cruciale per potenziare lo sviluppo economico e sociale della Regione. Questo accordo valorizza le sue straordinarie risorse e la nostra volontà di contribuire al suo progresso." Edoardo Sicilia, CEO di Nexus Engineering, ha commentato: “Siamo entusiasti di entrare a far parte di questo Gruppo. Il nostro obiettivo è fornire soluzioni strutturali innovative che affrontino le sfide tecniche e ambientali, contribuendo a progetti sempre più efficienti e sostenibili.” Grazie a queste acquisizioni, Mazzei Architects conta ora di un team di circa 60 professionisti distribuiti in quattro sedi strategiche: Milano, Parma, Torino, Catania e Salsomaggiore, ed è proiettata verso nuove sfide e opportunità nel panorama nazionale e internazionale.

MERCURY/13 ANNUNCIA IL NUOVO TEAM DIRIGENZIALE DI F.C. COMO WOMEN. LE NOMINE DI ELENA MIRANDOLA E MAURO FERRARA: I NUOVI CEO E COO.

F.C. Como Women è lieta di annunciare la nomina del suo nuovo team dirigenziale, con decorrenza dal 19 agosto. Questo cambiamento fa parte della strategia di Mercury/13 e riflette l’impegno della Società nell'introdurre talenti innovativi nel settore sportivo, commerciale e del digital media, incorporando professionisti di alto profilo con nuove e fresche prospettive e comprovata esperienza professionale. Elena Mirandola entra a far parte di F.C. Como Women come CEO, portando con sé un background distintivo nei settori digital media, marketing e tecnologia. Riconosciuta come leader internazionale del settore, arriva a Como dopo aver ricoperto dal 2021 il ruolo di Managing Director in Alkemy Spa. Nata a Padova, ha sviluppato la sua carriera professionale in Italia, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti, Malesia e Singapore. Ha lavorato su progetti di trasformazione digitale per Emirates, Avis e Nike, accumulato esperienza in agenzie digitali. Nel 2020, è stata Director of Business Development in Expedia Group per l'Asia Pacific. Nominata InspiringFifty nel 2021, è attiva nell’empowerment femminile con European Women On Board (EWOB). Con una solida esperienza manageriale nell’ambito dell'organizzazione operativa e della gestione della sicurezza di eventi sportivi, Mauro Ferrara assume il ruolo di COO di F.C. Como Women. Nel 2000 ha iniziato un percorso professionale con F.C. Internazionale, fino alla qualifica di delegato alla sicurezza e responsabile organizzativo dell'evento partita allo stadio. Dal 2014 ha gestito le infrastrutture sportive del Club nel centro sportivo di Appiano Gentile. Nel 2018 ha rivestito la carica di Sport Facilities Director per A.C Milan. Dal 2019 a oggi ha inoltre ricoperto i ruoli di Direttore Organizzativo e Delegato all’evento stadio per Spezia Calcio Srl, di Amministratore Delegato per GIS-srl e infine di Head of General Service per EMG. L’obiettivo condiviso è portare il calcio femminile, e nello specifico il F.C. Como Women, allo status di un business a tutti gli effetti e dimostrare al mondo che una squadra femminile può autosostenersi senza dipendere dalla squadra maschile. In un’ottica commerciale identificare sponsor e partners che comprendano e crecano nei valori e nella portata del progetto, disposti a contribuire al successo di questa missione.

Aiutiamo le aziende più ambiziose a superare gli obiettivi di business e ad incrementare la cultura digitale.

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ANDREA BERTON: UN ASSO NEL PANORAMA CULINARIO INTERNAZIONALE

Andrea Berton nasce in Friuli nel 1970. Inizia la sua avventura in cucina a Milano nella brigata di Gualtiero Marchesi in Via Bonvesin de la Riva. La sua formazione prosegue nei migliori ristoranti del mondo: prima da Mossiman’s a Londra, poi all’Enoteca Pinchiorri a Firenze, e infine al Louis XV di Montecarlo sotto la guida di Alain Ducasse.

Dal 1997 al 2001 si impegna come Chef alla Taverna di Colloredo di Monte Albano, guadagnando la sua prima stella Michelin. Dopo questa importante conquista torna da Marchesi come Executive Chef del gruppo. Nel 2005 inizia la collaborazione con il Ristorante Trussardi alla Scala dove ottiene numerosi riconoscimenti quali la prima stella Michelin nel 2008 e la seconda stella nel 2009, le tre Forchette dal Gambero Rosso nel 2010 e tre Cappelli nella guida dell’Espresso nel 2011. Nel 2012 decide di dedicarsi a consulenze nel posizionamento, nell’ideazione e nello sviluppo di progetti di ristorazione di qualità. Con un gruppo

di soci a settembre 2012 apre Pisacco, Ristorante e Bar, e, nel luglio 2013, DRY Milano, Cocktail&Pizza.

Il ritorno alla “sua” cucina avviene con l’apertura del Ristorante Berton dove lo Chef presenta “piatti moderni” con una valorizzazione degli ingredienti di base, e la rivelazione di alcuni ingredienti poco conosciuti. Inaugurato nel dicembre 2013, il Ristorante che porta il nome dello Chef si caratterizza per una cucina dove i sapori sono sempre riconoscibili al palato. Grande importanza all’interno del menu ha il brodo che, nobilitato a piatto vero e proprio, rappresenta la massima sintesi dell’ingrediente principale di ogni piatto. A riprova della grande dedizione e professionalità dello Chef, nel novembre 2014, a neanche un anno dall’apertura del suo Ristorante, Berton ottiene una Stella Michelin.

Oggi lo Chef è impegnato in molteplici attività di consulenza a livello internazionale, con un focus nel settore dell’ospitalità.

Qual è stato il momento o l'evento che ha acceso la sua passione per la cucina? La passione è nata quando ero ragazzo, attorno agli otto o nove anni. Mi piaceva vedere mia madre cucinare e osservare la trasformazione degli ingredienti, anche se non era particolarmente brava. Inoltre, mio padre mi portava spesso al ristorante, e preferivo stare davanti alla cucina a guardare i cuochi, anziché sedermi a tavola. Questi piccoli eventi hanno acceso in me il desiderio di approfondire e fare della cucina una professione.

Ci sono stati mentori o figure ispiratrici nel suo cammino?

Il mio primo mentore è stato Gualtiero Marchesi. Ho iniziato a lavorare con lui nell'89, e mi ha fatto capire l'importanza del nostro mestiere. Anche Alain Ducasse è stato fondamentale per la mia crescita, specialmente sul fronte manageriale.

Quali sono state le sfide più grandi nel suo percorso per diventare uno chef stellato?

Non si tratta di fare cose straordinarie, ma di svolgere bene il proprio lavoro e affrontarlo con naturalezza. Ho sempre cercato di rispettare la qualità, la creatività e l’originalità, esprimendo me stesso e accogliendo anche gli spunti dal mio team.

In che modo cerca di innovare e distinguerti nel panorama culinario contemporaneo?

L'innovazione è parte del nostro lavoro. Ad esempio, quando ho aperto il mio ristorante, ho introdotto un menù basato sui brodi, una novità per l'epoca. Il brodo, normalmente relegato a ingrediente di preparazione, è diventato il protagonista dei miei piatti.

Qual è la filosofia dietro la scelta del luogo per il suo ristorante?

Quando ho deciso di aprire il ristorante, cercavo un luogo nuovo, senza una storia pregressa, che mi rappresentasse. Ho scelto Porta Nuova a Milano, una zona moderna e in crescita, che sentivo affine alla mia visione.

Qual è il ruolo di uno chef oggi, oltre alla

preparazione del cibo?

Oggi, lo chef deve essere anche un comunicatore e promuovere la qualità del "Made in Italy". In passato, il cuoco restava dietro le quinte, ma oggi siamo ambasciatori del turismo gastronomico e della cultura culinaria.

Come riesce a mantenere un equilibrio tra tradizione e innovazione nei suoi piatti?

La tradizione è fondamentale per capire da dove veniamo, ma bisogna saperla evolvere. Le preparazioni devono essere attuali, leggere e digeribili, rispettando le cotture e la reazione dei prodotti, ma adattandole al nostro tempo.

Come vede il futuro della gastronomia e quali tendenze domineranno nei prossimi anni?

Penso che il cibo diventerà sempre più centrale nella vita delle persone. Oggi, tutti sono più interessati e curiosi del mondo gastronomico rispetto al passato. Il futuro sarà legato alla qualità a tutti i livelli.

Quali sono le sue tre canzoni preferite?

Una delle mie canzoni preferite è "Cu’mmé" di Mia Martini e Roberto Murolo, che ho usato per chiedere a mia moglie di sposarmi. Mi piace molto anche la canzone “Il più grande spettacolo dopo il Big Ben” di Lorenzo Cherubini per l'energia che sprigiona nelle sue canzoni. L’ultima, direi “Cold Heart” di Elton John e Dua Lipa.

OLGA URBANI E SUA MAESTÀ IL TARTUFO

Vera e propria sentinella ecologica oppure, se preferite, sentinella dell’ambiente, sua maestà il Tartufo è una vera e propria risorsa territoriale per una politica economica di sviluppo sostenibile. E non è finita qui dal momento che tale pregiato fungo essendo un altissimo prodotto culturale è divenuto un volano formidabile nelle variegate forme di turismo gastronomico. Di fronte siede Olga Urbani, imprenditrice nel settore del food, titolare di un’azienda di tartufi e funghi porcini. Tailleur chiaro e sorriso luminosissimo, come il sole, nel 2012 è stata insignita della ‘Mela D’Oro’ quale riconoscimento assegnato dalla “Fondazione Bellisario” a coloro che si sono distinte nella professione con onorato impegno. Inoltre nel 2022 è stata nominata “Cavaliere del Lavoro” dal Presidente Sergio Mattarella. Un titolo prestigioso che attesta l’impegno nel dare forza alla economia ed alla società italiana, contribuendo alla crescita civile dell’Italia ed al suo credito nel mondo. Chicca dolce, anzi dolcissima, insieme al cugino Giammarco è quella di occuparsi dello sviluppo della “Urbani Truffles Usa”. Vera e propria sede elegante dell’azienda nonché centro gastronomico del tartufo, leader indiscussa in tutti gli States, oltre che per il tartufo anche dei prodotti tartufati e funghi porcini con seguito delle successive filiali di Los Angeles, San Francisco, Las Vegas, Chicago. Ma… oltre all’imprenditoria c’è di più visto il suo impegno costante nei confronti del

sociale, di cui si è resa paladina tanto d’aver istituito la “Fondazione Paolo Urbani” per giovani cuochi, collaborando con l’Università dei Sapori, nonché altri istituti di settore. Un egregio gesto per il quale ogni anno vi sono in dotazione borse di studio per giovani che diventeranno ‘chef del tartufo’, con seguito di vari programmi formativi e numerosi eventi. Ma non è finita poiché nel 2000, insieme ai figli, tale ‘capitana’ istituì la Onlus “Fondazione Giulio Loreti”, insieme a suo fratello Sandro Loreti, con obbiettivi primari d’offrire assistenza medica. Assistenza totale nelle varie sue sfaccettature, per coloro non in grado di sopperire ai costi delle cure. Una donna a cui non manca inoltre l’amore totale per i bambini, tanto d’aver fatto costruire un orfanatrofio in Cambogia, ed un altro in Perù.

Ci vuol parlare della sua azienda?

“Certamente. L’azienda è stata fondata dalla mia famiglia nel 1852, e quindi siamo arrivati al 172° anno! Vicino a Norcia, nella Valnerina, la zona viene ricordata anche per essere stata martoriata dal terremoto, ma è anche famosa per essere altissima zona tartufigena. Purtroppo tartufi italiani se ne trovano sempre meno… i più forti in assoluto sono gli spagnoli, mentre prima c’erano i francesi. Ebbene sì, abbiamo perduto tale primato e quindi per sopperire, abbiamo creato l’azienda ‘Truffleland’ che produce alberi da tartufo, atta nel reintegrare tale produzione naturale. È

stato un nostro preciso dovere far sì che possa ritornare ad avere il suo primato, come anni addietro. Lo sa che ricordo sempre mio padre quando dai mercati tornava con centinaia di chili di tartufi? Adesso se ne scoviamo 4, 5, Kg… è grassa! Ed è un vero peccato.”

Tuttavia avete sopperito in merito. “Certo! È stato un vero e proprio dovere piantare nelle zone evocate al tartufo. Chiaramente esiste tutto un procedimento in merito con tanto di analisi del terreno che misura i vari fattori. Se tali fattori rientrano nei parametri, piantiamo. Logicamente in precedenza, grazie ad un attento processo di laboratorio viene fatto un lavoro di ‘micorrizazione’ delle spore del tartufo nelle radici della pianta, permettendo di raccoglierne in notevole quantità. Pertanto non solamente coltivazione, bensì una vera e propria piantagione che, tra l’altro, fa bene al pianeta, risparmiando in emissioni di CO2. Non trova anche lei che questo sia un progetto virtuoso?”

Adesso è ancor più chiaro il quadro in cui opera la Presidente del Gruppo Aziendale dirigendo ed amministrando vari settori, gestendo le pubbliche relazioni, nonché l’immagine aziendale con seguito di affari legali e societari. Perbacco che grinta, questa spaventa! Ma in realtà non è così visto l’enorme impegno sociale che affianca. Proseguiamo domandando in quali regioni operano. “In tutta Europa, in Italia con l’Umbria in primis visto che ha creduto altamente nel nostro progetto creando la prima filiera al mondo del tartufo. Filiera che la Regione Umbria finanzia per alcuni lavori della terra, sì d’impiantare poi in loco. E con piacere osservo che molti, molti giovani, si stanno avvicinando alla ‘tartuficoltura’, scienza nuova! Decisamente redditizia. È stato bello vedere tantissimi ventenni che non hanno lasciato il loro paese rimanendo qui a coltivare. Lo sa che un ettaro può dare fino a 100.000 Euro l’anno? Un ettaro! Se ne fai due… tre… quattro… cinque!”

Nella sua frenesia professionale, non ha mancato di creare ‘L’accademia del Tartufo’ ed ancora il Museo! “Inizierei dal Museo voluto per ricordare la figura di mio padre; un grande uomo, di idee estremamente moderne, nonché grandissimo creatore. Questo per raccontare una storia di famiglia che, da terre isolate, lontane, dall’ Umbria, riuscì ad arrivare su tutte le tavole più prestigiose del mondo, esportando tale cibo italiano. Sììì, ritengo che grazie al suo operato sia stata creata una delle più belle bandiere italiane all’estero. Di questo ne sono estremamente fiera e lavoro giorno, e notte..., per cercare di meritarmi quanto ho ricevuto, sentendo proprio il bisogno di dover restituire un po’ della mia fortuna.” Beh… fortuna assieme ad estro ed ingegno in quanto persino ideatrice della “Urbani Worldwide Travel and Tours”. Semplicemente… mannaggia ma come fa a venirgli tutto così facile? organizzando dei “Meravigliosi Viaggi nel mondo del tartufo”, ed ancora la “Scuola

Internazionale del Tartufo”, situata nel suggestivo parco protetto della Valnerina, sulle rive del fiume Nera; la “Confraternita del Tartufo” capace di riunire personaggi famosi all’insegna del buon gusto, per non parlare poi delle “Aste del tartufo” quale oggetto di curiosità in ogni parte del globo.

Signora, quanto sessismo esiste nel suo ambiente?

“Molto, moltissimo. Moltissimo che si combatte con il dialogo e l’umanità. L’umanità è fondamentale poiché spiazzante dal momento che non se lo aspettano che proprio tu lo sia! In parole povere, cercando di conquistare il cuore delle persone laddove non esiste cultura. Purtroppo questa c’è negli alti livelli manageriali dove le donne però non ci sono o perlomeno pochissime. Già, tranne che nella mia azienda ove il 70% dei dipendenti sono presenze femminili, con molte, molte di loro, posizionate in ruoli apicali.”

Innegabile venire investiti da tale sensibilità.

“Rispondo che questo lo sento sulla mia pelle; nel corso della vita per affermarmi ho dovuto lottare e soffrire non poco, tanto che spesso mi chiamavano PaolaPaolo era il nome di mio padre - mentre io, voltandomi, cortesemente: “Olga, prego!”

Decisamente ferma e decisa, nel reciproco rispetto.

“Conosco bene questa lotta per l’affermazione ed è giusto far da trampolino di lancio portando le più meritevoli ‘in alto’

Sappiamo che lo scorso 2023 al “Premio Semplicemente Donna” è stata insignita nel settore “Imprenditoria per il sociale.”

“Si, mi emozionai pure ascoltando tutte quelle storie tragiche dominate da eroine incapaci di piegarsi. Ricordo ancora quei momenti segnati dalle vittime di femminicidio… episodi ancora troppo presenti, e quindi mi ritengo! Ci

riteniamo, fortunate unendomi a tutte le altre nell’esserne qui a parlarne”.

Concordiamo perfettamente facendo nostre le sue parole non mancando tuttavia di domandarle come mai in America il tartufo è così apprezzato. “Ah… si, le racconto una cosa curiosa. Deve sapere che iniziammo ad esportare il tartufo ad inizi del ‘900, ma quando il mio bisnonno partì per l’oltreoceano si trovò a constatare che per gli americani quello era il loro… ‘ice-cream’! Esatto, gelato alla cioccolata, quindi, trovandosi spiazzato, scrisse a suo fratello di volersene ritornare in Italia! Fatto sta che mio nonno: “Nooo, tu devi spiegare loro che è tartufo buono, gradevolissimo, venuto appositamente dall’Italì! E quindi, poco a poco, tale mercato si aprì alla diffusione dell’educazione gastronomica”.

Binomio cioccolato - tartufo. Good?

“Altroché! In special modo con le basi di vaniglia e di cioccolata, si sposa magnificamente sia sul tartufo nero, che bianco! Non è una novità che il tartufo renda tutto speciale! Proprio ieri, appena di ritorno da New York, un grande chef ha cucinato un ‘granbrulè’ con tartufo bianco sopra: ebbene, una prelibatezza più unica che rara!

Quanto è stata gratificata d’entrare a far parte delle “Most Powerful Women” di Fortune Italia, che individua 50 profili di donne di successo sinonimo d’espressione delle migliori energie femminili? Detto papale papale: in quale rapporto si contano oneri e onori?

“Onori troppi a mio avviso, oneri infiniti dal momento che la testa non smette mai di pensare. Ho anche due figli e quindi sento moltissimo la responsabilità di avviarli nel mio mondo. Mondo difficilissimo in cui i valori sono decisamente troppo pochi. Dove le iene sono sempre in agguato per sbranarti. Però ho insegnato loro, e continuo ad insegnargli, l’importanza di questi benedetti valori che debbono venire prima di tutto e, scusi il gioco di parole, anche prima di coloro che vogliono azzannarti!”

CARNE SINTETICA:

Dopo l’esplosione, si fa per dire, dell’auto elettrica (e magari in alcuni casi neanche tanto per dire), dopo le considerevoli spinte per il rinnovo Green delle abitazioni (sul quale incombono nubi assai complottiste stante l’immenso giro d’affari che si creerebbe peraltro solo in Europa unico continente al mondo ecologista almeno per adesso), dopo l’immensa levata di scudi contro l’uso alimentare della polvere di insetti (sul cui uso gastronomico abbiamo già scritto), dato che non ci vogliamo far mancare nulla ecco, prepotentissima, un’altra rivoluzionaria novità che farà sicuramente parlare molto di sé e cioè la carne sintetica.

Ma quando nasce l’idea di riprodurre la carne in vitro e non da allevamento?

Pare che i primi esperimenti sulla riproduzione delle cellule in vitro risalgono al 1912, quando il premio Nobel Carrell mette un piccolo tassello di muscolo cardiaco di pollo in una soluzione nota solo allo scienziato inventore, tassello

che è poi sopravvissuto per anni, al Rockefeller Institute. L’esperimento allora, chiaramente, fece davvero colpo nella comunità scientifica.

Anche se l’idea di coltivare la carne in vitro fu profetizzata circa novant’anni fa da Frederick Edwin Smith nel suo libro “The world in 2030 A.D” (“non sarà più necessario arrivare alla stravagante lungaggine di allevare un bue al fine di mangiare la sua bistecca”) è nel 1971 che viene eseguita la coltivazione delle prime fibre muscolari in vitro di fibre muscolari da Russell Ross. Delle cellule di muscolo liscio derivato dall’aorta di una cavia sono coltivate per otto settimane in coltura cellulare. Le cellule mantengono la morfologia del muscolo liscio in tutte le fasi della loro crescita, addirittura in più strati sovrapposti ma, in effetti, non vanno poi molto avanti come qualità. Successivamente, nel 1995, Willem Van Eelen un ricercatore ed industriale olandese deposita un brevetto che, letteralmente,

sconvolge il mondo scientifico della proliferazione cellulare in vitro della carne e del pesce ma, in barba alle più rosee ed ottimistiche previsioni di Van Eelen, l’ottimizzazione del prodotto ancora non soddisfa.

Questo brevetto però ha la caratteristica di accelerare in maniera esponenziale la corsa alla ricerca per la coltivazione cellulare ad uso alimentare: nel 1998 Jon F. Vein deposita il brevetto US 6.835.390 B1 per “la produzione di tessuto di carne ingegnerizzato per il consumo umano” mentre dal 1999 al 2002 la stessa Nasa, per permettere agli astronauti nello spazio di avere a disposizione cibo senza restrizioni da coltivare in vitro in previsione di un possibile viaggio verso Marte (4 anni la durata della gita), anche lei si avventurò in una sperimentazione che però poi si fermò in quanto per legge i prodotti sperimentali si possono analizzare ma non assaggiare. Da allora, partendo dal siero fetale di bovino (che non aveva dato mi risultati

sperati in quanto anche carissimocirca 1000 dollari il litro-) si passa, di anno in anno, al methanococcus per trasformare il gas naturale in proteine alla elettrostimolazione tipo forni a microonde nel 2009 per far crescere la carne sintetica fino ad arrivare, nel 2013, allo Chef Richard McGeown che fa saltare in padella un piccolo, preziosissimo dischetto di carne bovina coltivata al costo stratosferico di 330.000 dollari.

Evidentemente ancora non c’eravamo con il prezzo.

Per amor di brevità non staremo qui ora a ricordare, dal 2013 ad oggi, tutto l'excursus dell’ottimizzazione della ricerca per ottenere la carne sintetica a prezzi migliori.

Basti pensare che Future Meat Technologies è riuscita a passare dalle centinaia di migliaia di dollari per un pezzetto di carne al costo di meno di 4 dollari per 100 grammi di pollo coltivato in vitro.

Pensate che pare si fosse interessato anche il celebre Kentucky Fried Chicken! Peraltro gli investimenti stanno crescendo e piovendo a pioggia sulle varie società impegnate nel progetto carne sintetica anche perché, si sa, l’umanità sta crescendo numericamente in maniera esponenziale e la ricerca scientifica di cibo a basso costo peraltro senza impatto ambientale comincia ad essere sempre più stringente ed impellente.

Quindi si fa imperativo il bisogno di sfamare l’umanità, sempre più numerosa, con mezzi cosiddetti “artificiali” che non ci costino però, in maniera esponenzialmente troppo alta, più della tradizionale carne coltivata sia come investimenti monetari che come impatto sulla natura. Andiamo ora ad analizzare però, in soldoni, come si dovrebbe produrre questo nuovo alimento proteico.

Questo alimento è ancora, chiaramente, in fase di sviluppo e produzione su scala ridotta e i costi di fattibilità sono molto elevati, mentre la carne tradizionale è relativamente economica, ma allo stesso tempo i costi ambientali e sanitari associati alla sua produzione e consumo sono molto elevati.

A differenza della carne tradizionale infatti, questo prodotto ha il potenziale per ridurre la dipendenza dagli allevamenti intensivi di animali.

Questo significa che ci sarebbe una riduzione sostanziale nell’utilizzo di acqua e risorse alimentari necessarie per l’allevamento di animali. Inoltre, la carne sintetica potrebbe ridurre la diffusione di malattie zoonotiche come la peste suina africana o il COVID-19. D’altra parte, la carne tradizionale è una fonte importante di proteine e di altri nutrienti essenziali per la salute di tutti gli uomini (a tacer dei vegetariani, vegani e fruttariani chiaro). La carne sintetica quindi è prodotta utilizzando tecniche di ingegneria cellulare. In pratica, si prelevano alcune cellule animali, come cellule staminali o cellule muscolari e si fanno crescere in laboratorio in un ambiente controllato. Poi si forniscono loro le sostanze nutritive necessarie per farle crescere e

moltiplicarsi.

Le cellule si coltivano su un supporto tridimensionale chiamato Scaffold, che può essere costituito da materiali naturali o sintetici. Una volta che le cellule hanno raggiunto la giusta densità, vengono “allenati” per sviluppare le proprietà desiderate della carne, come il sapore, la consistenza e il contenuto di grasso. La carne viene quindi raccolta dal Scaffold e lavorata per creare prodotti alimentari come hamburger, polpette, salsicce e altro ancora. Il processo di produzione di questa carne è ancora in fase di sviluppo e sperimentazione, ma molte aziende stanno lavorando per perfezionare la tecnologia e portarla sul mercato a prezzi competitivi. Dal punto di vista nutritivo, la carne sintetica non contiene antibiotici o ormoni, che si utilizzano di solito nell’allevamento di animali. Ad ogni modo potrebbe contenere meno grassi saturi rispetto alla carne tradizionale, il che potrebbe renderla una scelta più salutare per il consumo umano. La questione dell’eticità della carne sintetica è, attualmente, un argomento di grande dibattito in corso e non esiste una risposta univoca o definitiva. Da un lato, la carne sintetica potrebbe essere vista come etica poiché non comporta la sofferenza degli animali e non ha un impatto negativo sull’ambiente come l’industria zootecnica tradizionale. D’altra parte, alcuni potrebbero sostenere che la carne sintetica non sia etica perché richiede comunque l’uso di cellule animali per la sua produzione.

Nella discussione, e a gamba tesa, si sono inseriti gli scettici, quelli che la accolgono senza troppo entusiasmo (forse per il sapore o per l’effettivo rapporto nutritivo?) e gli allarmisti, preoccupati per gli eventuali effetti a lungo termine sulla salute umana dell’uso di carne sintetica come sostituto della carne tradizionale. Il dibattito è appena iniziato ed è possibile che col passare del tempo e l’avanzare della tecnologia, possa diventare un importante argomento di discussione mondiale. Una grossa porzione dell’opinione pubblica poi vede la carne sintetica come un’alternativa sostenibile alla carne animale, poiché la produzione di

quest’ultima richiede meno terreno, acqua ed emissioni di gas serra rispetto alla produzione di carne tradizionale. Inoltre, la carne sintetica può essere prodotta senza l’uccisione di animali, il che la rende una scelta attraente per i vegetariani e i vegani (quelli non assolutamente canonici o assolutisti chiaro).

Slow Food, dal canto suo però, tuona assai significativamente contro la carne coltivata in laboratorio.

“Dal 1960 a oggi la produzione di carne è aumentata di cinque volte e, secondo la FAO, potrebbe raddoppiare entro il 2050”, riportando che si producono “45 milioni di tonnellate nel 1950, 30 milioni nel 2018 e 500 milioni nel 2050” recita in un documento ufficiale seguitando: “Il problema di un’eccessiva produzione di carne non si risolve passando dagli allevamenti intensivi ai laboratori ma si affronta analizzando con onestà il modello che ha originato questa distorsione e intervenendo per modificarlo radicalmente”.

Passare dunque dagli allevamenti intensivi alla “carne sintetica” per Slow Food è come “passare dalla padella alla brace”. Perché il cibo è cultura, oltre che carburante per l’organismo, perché la produzione di carne in laboratorio richiede grandi quantità di energia, oltre al fatto che molti aspetti della produzione stessa sono sconosciuti, perché le aziende si nascondono dietro al segreto industriale.

Peraltro, particolare da non sottovalutare, I principali soggetti che puntano ai laboratori sono inoltre gli stessi che dominano la filiera della carne, con le stesse logiche di guadagno e monopolio. Altre ragioni per il no? Le monocolture sono sempre più diffuse, a danno della fertilità del suolo, i fertilizzanti chimici e i pesticidi inquinano, le lavorazioni ad alto contenuto di sale favoriscono malattie cardiovascolari, ipertensione e alcune forme tumorali. C’è però chi anche afferma che la carne sintetica non sarebbe poi così tanto meno impattante per il pianeta stante il costo energetico per la produzione ed anche per la salute stante il fatto che I pericoli potenziali interessano le quattro fasi della produzione di cibo a base cellulare: la selezione delle cellule, la produzione,

la raccolta e la trasformazione. In particolare, i rischi secondo gli esperti consultati da FAO e OMS riguardano la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica oltre alla necessità di una particolare attenzione sull’uso di componenti come fattori della crescita e ormoni usati nei bioreattori e su come queste molecole attive possono interferire con il metabolismo o essere associate, come già su esposto, allo sviluppo di alcuni tipi di cancro.

In questo contesto va peraltro ricordato che l’Unione Europea ha vietato dal 1996 l’uso di ormoni nell’attività di allevamento e produzione della carne ed è quindi improbabile che l’EFSA lo possa approvare nell’ambito della produzione a base cellulare.

Pensate poi che in Italia, la Coldiretti, ha presentato un disegno di legge che vieta la produzione, la commercializzazione e l’uso di cibo artificiale che dovrà ora essere discusso e poi approvato dal Parlamento,

con la raccolta da parte della Coldiretti di mezzo milione di firme di cittadini, oltre 2mila comuni che hanno deliberato spesso all’unanimità, tutte le regioni di ogni colore politico e di esponenti di ogni schieramento che hanno sostenuto la proposta in modo Bipartisan arrivando ad affermare ufficialmente “Non ci faremo mangiare dal cibo di Frankenstein”...

Ecco tutto questo, oltre alla notizia che i più grandi investitori del pianeta, Bill Gates primo fra tutti, pare stiano investendo in milioni di ettari per la coltivazione di prodotti agricoli (forse per mangimi di alta qualità per allevamenti di carne di lusso?), mi fa tornare alla mente un famosissimo e distopico film di tanti anni fa intitolato appunto “2022 i Sopravvissuti” (la data ci fa già venire i brividi) girato nel 1966 con Charlton Heston ed un fantastico Edward G. Robinson (che morirà, come il suo personaggio, appena dopo finito il film) nel quale si presentava un pianeta terra

devastato dall’inquinamento selvaggio con la natura distrutta ed una temperatura costante di 30 gradi ovunque ed una esplosione demografica di miliardi e miliardi di esseri umani.

Ebbene la soluzione per la sopravvivenza constava nel dolce suicidio assistito arrivati ad una certa età ed un’umanità divisa tra i poveri (la massa) e i ricchissimi (gli unici a potersi permettere cibo naturale, carne, verdure ed abitazioni di lusso con acqua corrente ed aria condizionata).

Quasi tutta l’umanità quindi, nel film appunto, si ciba di gallette di vario colore che si scoprirà, alla fine del film, essere derivate dai cadaveri dei soppressi e non, come dalle fonti ufficiali, dal plancton marino...

La data c’è. Le condizioni ancora non sono così estreme ma, chiediamoci: sarà questo il nostro futuro?

Ai posteri l’ardua e (speriamo) non orrida sentenza...

NASCE DIVÌ COMPANY, LA START UP MADE IN MURGIA

Nel paniere della nuova realtà, la pizza e la classica Pugliarè si uniscono all’innovativa linea Sport & Salute a marchio I-Bum, il volto iperproteico, lowcarb e gluten free della bakery factory pugliese.

Dall’unione di tre imprenditori amici, già alla guida di realtà pugliesi di successo operative nella panificazione di alta qualità, nasce DIVÌ Company More than Pizza , la start-up con sede a Gravina di Puglia , nel cuore dell’Alta Murgia, che promette di rivoluzionare il mondo della bakery tradizionale con l’ideazione di prodotti unici nel loro genere, creati con materie prime eccellenti e metodologie nuove che vanno ben oltre la semplice pizza.

Christian Divella , Domenico Polini e Michele Andriani sono i soci fondatori

che hanno unito esperienze, know-how e competenze complementari tra loro per dare vita a DIVÌ Company, un ambizioso progetto che vuole portare la bakery a livelli di assoluta eccellenza con prodotti fuori dal comune, in grado di soddisfare ogni esigenza nutrizionale con l’asso nella manica del gusto, sempre in cima alle priorità e carattere distintivo dell’azienda. Ricerca, sviluppo e sostenibilità sono i must di casa Divì che, con forme, concetti e ricette classiche e innovative, intende conquistare fette del mercato convenzionale tuttora in forte crescita, e altri segmenti con un target preciso rivolti a clienti alla costante ricerca di novità. Panificati della tradizione pugliese e nazionale e proposte innovative che nascono con l’ambizione di soddisfare tutti i palati, grazie a un’ampia proposta di prodotti dalle caratteristiche organolettiche, di salubrità, di storia ed esperienze senza precedenti.

La pizza, orgoglio nazionale sempre più famoso e apprezzato in tutto il mondo, resta la grande protagonista e sempre più lo sarà all’interno della progettualità della Company di Gravina in Puglia. La pizza è presente anche nel logo della neo costituita società e vuole rappresentare l’immagine di tre amici che concepiscono un’idea, un’unione e un progetto che ruota realmente attorno a una pizza, sinonimo di convivialità, condivisione e amicizia.

Insieme a quest’ultima, tra i prodotti di altissima qualità figurano panificati da frigo +4 gradi, frozen e a temperatura ambiente, tra cui pucce, pinse artigianali, focacce tipiche, panini, piadine, panificati iperproteici, con basso quantitativo di carboidrati, senza glutine o con impasti speciali gustosi, leggeri e adatti ad ogni esigenza. Prodotto di punta, insieme alla pizza e alla linea wellness, si conferma la Pugliarè , la piccola di casa, a base quadrata, dall'identità e dal gusto inconfondibili, che sarà presto disponibile in nuove e gustose ricette che andranno ad affiancare quella tradizionale e gourmet, e anche in versione Gluten Free. Seguirà a breve anche il lancio di I-Bum Sport & Salute, la nuova linea proteica

e iposodica small/lowcarb, ideale per lo sport e per la dieta che, con delle ricette ancora più mirate a determinate esigenze nutrizionali, sarà possibile trovare presto anche nelle farmacie con una linea Pro. La linea è un’assoluta novità in quanto le proteine (intorno al 25%) e le calorie (poco più del 10%) presenti vengono create in modo totalmente naturale, con proteine vegetali come ad esempio i legumi, senza l’ausilio della chimica e in alcuni casi anche con un mix di farine a km zero, il tutto con la garanzia di un ottimo gusto.

Tutti i prodotti sono stati creati grazie alla collaborazione con partner strategici e alla presenza all'interno del progetto Divì di un mulino con macina a pietra, ideato per la lavorazione, in particolar modo, dei legumi e per la loro trasformazione, che permetterà di creare mix di farine personalizzati, sia per le industrie che per il food service, un segmento a cui l'azienda rivolgerà sempre più attenzione. Prodotti quanto più naturali, compatibilmente con le esigenze legate a conservazione sicura e capacità produttiva su grandi volumi. Ispirata da una filosofia etica e sostenibile, l’azienda si è impegnata a sviluppare e utilizzare sfarinati contenenti proteine vegetali, scartando l'utilizzo di fonti animali. Questo approccio consente di mettere a punto prodotti in linea con le esigenze di una dieta più consapevole ed ecologicamente sostenibile. La scelta di utilizzare farine integrali e di legumi, ad esempio, è un ulteriore segno dell’impegno per la salute e il benessere dei consumatori. Tali farine, infatti, contengono preziosi nutrienti, tra cui proteine, aminoacidi e fi bre, che contribuiscono a una dieta equilibrata

e promuovono il benessere generale. Particolarmente responsabile verso l’ambiente, l’azienda adotta misure concrete per garantire la sostenibilità delle proprie attività e diventare sempre più green, a partire dalla riduzione dell'impatto ambientale dei processi produttivi fino alla gestione responsabile delle risorse. Fondamentale continuerà ad essere anche quella parte irrinunciabile di artigianalità che ha, fin dall’inizio, contraddistinto i processi produttivi. L’elemento umano resta per l’azienda di vitale importanza e, per questa ragione, tutti i suoi panificati sono rigorosamente stesi a mano.

La linea classica di prodotti Divì, dopo un restyling del packaging, è già in distribuzione nella GDO e nell’Horeca , in Italia, Grecia, Olanda, Belgio, Svezia, Romania, Francia e a breve anche in Spagna, Polonia ed Emirati Arabi.

IL MANAGEMENT DIVÌ

Grazie all’impegno e alla partecipazione attiva dei tre soci, DIVÌ Company si presenta come nuovo player forte e solido nel mercato dei panificati di alta qualità , con una distribuzione omnichannel e un’offerta merceologica fuori dal comune. La volontà infatti è quella di crescere sia nel mercato Ho.Re. Ca sia in quello della GDO, in Italia come all’estero, in modo diverso e innovativo, e ciò è testimoniato dalla grande attenzione rivolta alla divisione Ricerca e Sviluppo.

Michele Andriani , grazie all'esperienza maturata in numerosi anni nell'attività molitoria e al lavoro svolto negli ultimi due nell'ambito della special bakery, alla nuova Divì apporta l'innovativa linea

a marchio I-Bum, insieme a Pugliarè, autentico fiore all’occhiello del nuovo corso aziendale. Michele è il riferimento dell’area commerciale, nazionale ed estera, oltre che il responsabile della ricerca e dello sviluppo tecnologico nella formulazione delle ricette e dei prodotti speciali in costante evoluzione.

Domenico Polini , CEO di Divì, discendente insieme a suo fratello dell’ultracentenaria Azienda Agricola Polini , vera istituzione del territorio, con un mulino a macinazione a pietra di proprietà, si innesta nel progetto di controllo di filiera e di sviluppo di mix dedicati ad alte performance, mediante la trasformazione di materie prime di eccellenza, frutto delle ricerche del laboratorio interno.

L’utilizzo e la trasformazione di materie prime a km 0 è, infatti, uno dei principali obiettivi della start-up e Domenico ne è il garante.

Christian Divella , proveniente da una famiglia che nei decenni ha spaziato dal mondo della panificazione a quello della distribuzione, ha guidato la sua Divì Puglia in un percorso evolutivo che in pochi anni ha trasformato l’azienda in una realtà di successo come espressione del territorio, pugliese e di una italianità marcata, grazie all'uso e alla valorizzazione di materie prime di altissima qualità. Christian arricchisce il paniere di DIVÌ Company con il prodotto da forno Pugliarè, fresca di successo e gradimento all’edizione 2023 di Tuttofood Milano. A lui sono affidate anche tutte le attività di marketing, comunicazione e sviluppo strategico.

Il progetto è in continuo sviluppo: nuove partnership di assoluto valore, che saranno comunicate a breve, comprovano come l’unione delle idee e delle forze per un fine comune sia senza dubbio una delle ricette del successo dell’intero territorio, a cui Divì è indissolubilmente e sentimentalmente legata, per storia, passione e tradizione dei tre soci fondatori.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE DONNE DEL VINO

L’ingresso di Stefania Saccardi in qualità di Socio Onorario

A cura di Carla Cavicchini

Una bevanda millenaria quella del vino, capace di svolgere un ruolo cruciale nella storia e culture d’ogni epoca. Simbolo d’alto misticismo nell’Eucarestia Cristiana, un bel bicchiere di ‘rosso’ o di ‘bianco’ rallegra armoniosamente banchetti e festività scaldando piacevolmente l’atmosfera.

De resto come non evocare ‘Dioniso’ detto anche ‘Bacco, gaudente “Dio greco della vite e del vino”, che incarna forza vitale, abbaglio ed energia della natura, dando vita ad una più che feconda stagione.

Eccoci quindi, qui, ‘brilli di sole e di luce” nel parlare dell’Associazione Nazionale “Le donne del Vino”, figure altamente dinamiche, aperte all’innovazione, che viaggiano, si informano, partecipando regolarmente a fiere nazionali ed internazionali. Creature che col tempo si sono distinte per azioni finalizzate allo sviluppo sostenibile dei territori agricoli a salvaguardia del patrimonio dei vitigni autoctoni rari e dei vigneti storici. Particolarmente distinte nelle attività di ‘charity’, tempo addietro a Firenze hanno tenuto l’interessante convegno “Donne, vino e salvaguardia dell’identità culturale del territori del vino”.

Un momento prestato anche all’entrata di Stefania Saccardi, Vicepresidente della Regione Toscana divenuta “Socio Onoraria Associazione Nazionale Donne del Vino “che sorpresa, sorridente e felice…

“Beh…che dire, una cosa arrivata inaspettatamente dove è un grande onore nonché estremo piacere farne parte. Tra l’altro proprio la presenza femminile per il buon vinello gode d’una sensibilità particolare, estremamente attenta nel creare prodotti di qualità nel fare vini buoni, ottimamente ben esportati, che portano il nome in tutto il mondo. E questo soprattutto in considerazione che sono estremamente attente alle tematiche della sostenibilità più di altre aziende riguardo a fattori etici, sociali ed ambientali. Pertanto, una consapevolezza da guardare con attenzione e gran piacere. L’invito? Quello senza dubbio di sensibilizzare le nuove generazioni, responsabilizzarle nel lasciare un territorio ed ambiente migliore di come l’abbiamo trovato, o, quantomeno, di ben conservarlo, tramandandone bellezza e qualità.”

Prima ha fatto ridere tutti prima osservando: “Mah… io qui non

so cosa farò dal momento che tutte loro sono bravissime!”

“Esatto, non solamente per “Le donne del vino”, ma anche per il mondo dell’agricoltura in generale, che sicuramente lo dimostra ogni giorno grazie all’alta qualità, e grazie anche al fatto che il nostro Buy-Wine, ‘vanta’ un buon 50% di biologico, dimostrando notevole attenzione in merito.”

Abbiamo partecipato ad un convegno in cui si è parlato anche del ruolo di “sentinelle culturali dei produttori del vino nei ruoli in cui operano.”

“Certo, alla fine parliamo della vocazione che ogni agricoltore porta dentro di sé. La responsabilità nel produrre nonché l’essere custode del territorio; colui che del territorio si occupa e preoccupa, conservandolo e tramandandolo a chi verrà dopo. Quindi un legame molto forte che esiste tra terra agricola e la conservazione delle nostre terre, dei nostri paesi.”

Che poi sono anche le nostre! “Tombola”!

MARCO BALDASSARI, CEO ELEVENTY

Il concetto di "smart luxury” all’insegna di artigianalità

ed ecosostenibilità

Dottor Baldassari, come è nata l'idea di creare Eleventy e qual è stata l'ispirazione principale dietro il marchio?

L'idea di creare Eleventy è nata dalla mia lunga esperienza nel settore della moda come agente, un ruolo che mi ha permesso di lavorare a stretto contatto con numerose aziende del settore e di avvicinarmi sempre di più al mondo “di prodotto”. Ho sempre sognato di creare qualcosa che potessimo chiamare "nostro". Così, nel 2007, ho fondato Eleventy insieme a Paolo Zuntini; due anni dopo si è unito a noi Andrea Scuderi come partner e Operations Executive.

Quali sono stati i principali obiettivi e valori che voleva trasmettere con Eleventy fin dall'inizio?

Fin dall'inizio, Eleventy ha avuto l'obiettivo di creare un marchio che unisse l'eccellenza dell'artigianato italiano a uno stile contemporaneo ed elegante, introducendo il concetto di "smart luxury". I nostri valori fondamentali includono l’attenzione ai dettagli e al progresso ed il rispetto per la tradizione italiana. Ci impegniamo a sostenere il commercio italiano collaborando con i migliori laboratori del paese, mantenendo viva la tradizione del Made in Italy.

Come si è evoluta Eleventy dal momento della sua fondazione fino ad oggi? Quali sono stati i momenti più significativi di questa crescita?

Eleventy si è evoluta notevolmente dalla sua fondazione, crescendo da un'idea milanese a un marchio globale riconosciuto in tutto il mondo. Sicuramente l’apertura dei primi negozi all'estero è stata una tappa fondamentale, poiché ci ha permesso di raggiungere un pubblico più ampio e di consolidare la nostra presenza nei mercati internazionali.

Potrebbe raccontarci qualcosa di più sulla nuova collezione che avete presentato alla Milano Fashion Week di giugno? Quali sono state le principali ispirazioni e temi di questa collezione?

La collezione uomo SS25 è stata un tributo all'eccellenza artigianale italiana. In un'epoca in cui la normalità sta riaffiorando, il ritorno al bel vestire secondo Eleventy si manifesta attraverso la riscoperta della camicia e del cravattino, abbinati alla giacca sartoriale. La collezione ha però enfatizzato anche l'activewear, sviluppando il concetto di “active travel” e introducendo capi eleganti e funzionali con inserti in tessuto tecnico, perfetti per ogni occasione.

Marco Baldassari

Può descriverci il suo processo creativo quando lavora ad una nuova collezione?

Da dove prende ispirazione e come si sviluppano le idee?

Il processo creativo per una nuova collezione è collaborativo e dinamico ed inizia sempre con un’attenta fase di ricerca e ispirazione. Traggo ispirazione da arte, architettura, viaggi e dalla tradizione italiana. Una volta individuati i temi principali, il team si riunisce per un brainstorming e successivamente passiamo alla fase di disegno.

Il tema della sostenibilità è sempre più centrale nel mondo della moda. Come si inserisce Eleventy in questo contesto?

Quali sono le vostre iniziative per ridurre l'impatto ambientale?

La sostenibilità rappresenta per noi un valore fondamentale e l’impegno a sostenere il commercio italiano è una parte essenziale dei nostri principi di produzione. Tutte le nostre collezioni sono disegnate e realizzate interamente in Italia, collaborando con le migliori fabbriche e i migliori produttori tessili italiani. La nostra missione è valorizzare le tradizioni italiane secolari con un approccio moderno.

Quali sono i progetti futuri per Eleventy?

Avete in programma nuove collezioni, collaborazioni o espansioni in nuovi mercati?

Abbiamo in programma di ampliare la nostra presenza a livello internazionale, aprendo nuovi negozi in mercati strategici per consolidare la nostra posizione globale. Stiamo lavorando intensamente allo sviluppo delle collezioni, mantenendo sempre al centro i nostri valori di qualità e progresso. Il nostro obiettivo è offrire ai nostri clienti esperienze uniche e rafforzare il brand nel settore del lusso.

Come ricevete il feedback dai vostri clienti e come influisce sulle vostre future creazioni?

I feedback dei nostri clienti sono fondamentali per noi, perché ci permettono di comprendere meglio le loro esigenze e le loro preferenze. Utilizziamo questi feedback per migliorare prodotti e

collezioni, garantendo che siano sempre in linea con le aspettative del nostro pubblico.

Quali consigli darebbe ai giovani designer che vogliono intraprendere una carriera nel mondo della moda?

Ai giovani designer consiglio di coltivare la passione per il loro lavoro, di investire nella formazione continua. È importante anche accettare le critiche costruttive e imparare dai fallimenti. Ogni fallimento può essere un'opportunità per migliorare e crescere professionalmente. Osservare le tendenze del mercato e ascoltare i feedback dei clienti sono altrettanto fondamentali per il successo.

LA RIVOLUZIONE COMINCIA NEL TUO ARMADIO

Marina Spadafora insegna

A cura di Carla Cavicchini

Indice puntato nei confronti delle cose dannose e superflue è il mantra della stilista Marina Spadafora, insegnante in varie Accademie italiane ed estere. Qualche nome? Direttore dei “Programmi Master”, dello ‘Ied’ dell’Accademia del Lusso, ed altre ancora.

In occasione del convegno ‘L’alfabeto della sostenibilità’, tenuto in quel di ‘Pitti Filati’ a Firenze, non mancava d’osservare l’importanza della stagionalità della moda, soffermandosi poi sull’artigianato quale vera e propria forza della nostra bella Italia, altamente competente soprattutto nel settore del lusso.

“L’educazione all’acquisto in virtù delle giuste leggi è basilare –spiega – tenendo ben alto il principio che l’etica deve abbracciare l’estetica, producendo meno e quindi investendo meno in quanto l’invenduto rappresenta un altissimo tasso di materiale da svendere, che si ripercuote ovunque, facendo male in tutti i sensi. Pertanto, è basilare puntare sulla buona qualità del tessuto nell’ambito della moda, sì proprio la moda, che tutto può essere meno che frivola! e che… guarda caso, dà anche da mangiare!”

Obbligo aggiungere da parte nostra che in tale settore, trainante, è prevista una crescita d’un buon 11% rispetto allo scorso anno, raggiungendo un valore stimabile di circa 6 miliardi di euro.

Signora Spadafora, prima davanti al folto pubblico che la seguiva con grande interesse non ha mancato di parlare delle vittime che lavoravano ad Acca, in Bangladesh.

“Esatto, Fashion Revolution è un movimento di tutela e salvaguardia, nato appunto dopo la tragedia scorso 2013. Una fabbrica crollata, portando con sé ben 1.138 vittime e ferendone 2.500. Decisamente il più grande disastro nel mondo della moda che, conseguentemente, ci ha posto una domanda: “Chiediamoci chi ha fatto i nostri vestiti prima di comprarli”, domandiamoci se per i bassi prezzi è valsa la morte di quella moltitudine di vite umane”.

Lei si occupa da molti anni di artigianato avendo commissionato persino lavori a donne africane, con donazioni di macchine per cucire ed altro ancora, per manufatti di gran pregio.

“Si, i progetti con gli artigiani del mondo li faccio da sempre e quest’anno, essendo il decimo anno di ‘Fashion Revolution’, metteremo l’enfasi su tali realtà artigiane italiane da rivitalizzare e valorizzare ancor più”.

In quali paesi operate?

Marina Spadafora

L’ultima missione è stata in Nigeria verso un gruppo di 2000 donne alle quali è stato insegnato a cucire. Io ho lavorato con le 50 migliori e quattro di queste sono venute nel nostro paese per un progetto creato appositamente per loro. Decisamente una bella forma di riscatto assieme ad una ‘Ong’ che si occupa di povertà e bambini bisognosi”.

Quanto vi supporta l’Unione Europea?

“È molto responsabile, anche poiché tale nuova strategia è stata impostata seguendo una proposta di legge che abbiamo fatto di 60 Ong tra cui appunto: “Fashion Revolution – Alfabeto della sostenibilità.”

Come inquadra la moda fashion e luxury?

“Luxury dovrebbe essere più attenta all’etica: non a caso abbiamo appreso che vari marchi molto costosi talvolta fanno produrre in scantinati, calpestando i diritti dei lavoratori. Quanto al “Fast-Fashion”, mi batto per far smettere queste grandi produzioni che inquinano non poco in tanti paesi del mondo”.

In precedenza, ha osservato di usare possibilmente un solo filato senza mescolarlo ad altri.

“Oggigiorno le tecnologie di riciclo dei filati funzionano bene quando un capo è monofibra. Quindi sono da preferire i naturali rispetto ai sintetici, quest’ultimi ricavati dal petrolio. Dal petrolio vergine che è una risorsa non rinnovabile, tanto che una volta lavato il capo può rilasciare sostanze nocive nella lavatrice”.

Quindi il tessuto non buono fa male a tutti i tipi di epidermide?

“In particolar modo quando viene tinto con tinture piene di metalli pesanti. Metalli che possono essere assorbiti dalla nostra pelle e che possono arrecare patologie estremamente pesanti sull’essere umano”.

Ed allora qual è il filato migliore?

“La canapa”.

Entriamo nei particolari del passaporto digitale?

“Lo dice la parola stessa, si tratta d’un

passaporto che racconta tutta la filiera di un capo di abbigliamento. Se è una maglietta di cotone, andremo dal capo di cotone alla creazione del filato, del tessuto, della manifattura, sino alla vendita stessa”.

E allora assistendo a tale protocollo chi non investe in moda sostenibile cosa rischia?

“Che tra qualche anno perderà una grossa fetta di fatturato poiché i clienti sono sempre maggiormente orientati verso prodotti, materiali di tale genere”.

Il suo pensiero sulla delocalizzazione.

“La delocalizzazione è stata senz’altro figlia della grande avidità di profitto delle aziende. Personalmente mi baso sulle 3

‘P’: persone, profitto, pianeta. E quando il profitto è il driver principale persone e pianeta ne soffriranno altamente. E guarda caso il profitto in tutto il mondo è stato il re degli ultimi anni. Morale: le delocalizzazioni sono grandi forme di sfruttamento dove è mancata una voce altisonante, fenomeno che ha creato enormi profitti. E questo è profondamente ingiusto”.

Non ha mancato d’osservare l’importanza del reinvestire.

“È stato fatto uno studio che per pagare un salario dignitoso ai lavoratori tessili dei paesi del Sud – Est Asiatico, basterebbe una quota del prezzo di acquisto di un capo tra l’1 ed il 4%. Ecco, tale percentuale dovrebbe essere riassorbita dai brand rivedendo il proprio margine di profitto senza essere aggiunta al prezzo finale al consumatore”.

Cambiare “Made in Italy” solamente in ultima fase, cosa significa?

“Che mettere l’etichetta “Made in Italy” quando in Italia è stata fatta solamente la confezione di un capo è un fattore mendace. Ogni fase è importante… la coltivazione della fibra, la creazione del filato e del tessuto, considerando inoltre che tintura e stampa sono decisamente fasi impattanti per l’ambiente. Di conseguenza la provenienza è fondamentale in quanto se fatta da noi scattano le opportune garanzie-regole, se invece estera dilaga

il Far-West, creando bombe ecologiche”.

Presumiamo che con alcuni colleghi il clima non sia poi così cordialissimo a differenza d’altri che seguono le sue idee.

“Beh… si, è ovvio, segnalo tuttavia che con Vivienne Westwood, come sappiamo scomparsa, esisteva un’ottima sintonia, come del resto anche con Stella Mc Carthy, Heidi Fischer che considero fantastica ed altre ancora che pongono attenzione al pianeta. Sa che in Italia ‘Oviesse’ è risultato il gruppo più virtuoso per quanto riguarda l’indice di trasparenza da parte di Fashion Revolution? Come? Fornendo appunto tutte le informazioni richieste a differenza di altre! E adesso cara Carla dalle sempre mille domande ho un treno che mi aspetta!

Un secondo per l’ultimissima la troviamo! Il suo ultimo libro “La rivoluzione comincia dal tuo armadio”.

“Giusto, libro scritto con Luisa Ciuni dove analizziamo i problemi delle industrie dando delle risposte facili e pratiche per uscire da situazioni decisamente non trasparentissime”.

Una domanda che tocca tutte noi fanciulle. È giusto via via fare una buona pulizia dell’armadio?

“Assolutamente fondamentale. ‘Humana Vintage’ è un’associazione estremamente virtuosa facente capo a molte città italiane tramite vendita d’abiti usati; con i profitti finanziano progetti nel Sud del mondo volti alle varie forme di educazione, sanità, agricoltura. Pertanto, donandoli a loro siamo al sicuro”.

Non resta che aggiungere… Invito ben raccolto!

Nell'HQ di Bonaudo S.p.a. , a Cuggiono (MI), immersi nel Parco del Ticino, siamo condotti nel cuore dell’operatività di un’azienda da oltre 100 anni leader nella produzione e lavorazione di pellame per brand di lusso

BONAUDO E IED FIRENZE

Pellame di eccellenza per fashion designer del futuro

A cura di Laura Lamarra

Percorriamo lo stabilimento dove la pelle grezza viene scaricata, selezionata, per spessore e qualità, conciata, tinta, per rispondere ai desiderata delle maison di moda, asciugata, ammorbidita, rifilitata, rifinita e “confezionata” per destinazioni d’uso: abbigliamento, accessori (calzature, borse ecc.) ed interior design.

Si respira artigianalità, esperienza, maestria e passione. Il settore conciario è ancora molto impregnato della mano dell’uomo. L’innovazione tecnologica aiuta, ma conoscenza e competenza sono centrali nella realizzazione di prodotti di alta qualità. “Le pelli vengono passate manualmente, ad una ad una, da un macchinario all’altro, dalle stesse mani degli artigiani incaricati di avviare e usare le macchine”, afferma Cécile Lorin, Sustainability Manager di Bonaudo “Nessuna azione è solo meccanica, l’operatore esperto agisce come un “grande chef”, sempre alle prese con una nuova “ricetta”. Siamo molto attenti ai trend del mercato, ogni brand richiede personalizzazioni, dunque spetta alla maestria e all’esperienza umana realizzare, ad esempio, la nuance perfetta richiesta; identificando gli ingredienti giusti, come in una ricetta”.

Eccellenza: materie prime di alta qualità, 100% Made in Italy. Sei tipologie di pellame trattate: vitello, vitellino, agnello, montone, cervo e capra. Prodotti e filiera, dalla lavorazione della materia prima al prodotto finito, tracciati e 100% Made in Italy

Andrea Nardi, Annamaria Nelli collezione “La Bellezza della Linea Curva nel Design”
Anna Piovesan collezione Blossom, brand Core

(stabilimenti a Milano, Verona, Montebello e Santa Croce). Un plus per le aziende moda che solo l’Italia offre. “Nel panorama internazionale siamo punto di riferimento dell'industria conciaria italiana e asset fondamentale per il Paese. Puntiamo da sempre all’eccellenza, frutto di competenza consolidata e specializzazione nella concia di pelli, e abbiamo rapporti consolidati con quasi tutti i brand del lusso”, dichiara Lorin. “Curiamo molto i dettagli: dai materiali selezionati, alla lavorazione, mix di alta artigianalità e uso di macchinari innovativi per rispettare parametri ambientali”.

Conceria e sostenibilità: non un ossimoro

Tra le varie, l’azienda vanta: Certificazione Ecologica Ecopelle per pelli prodotte a bassissimo impatto ambientale e LWG Gold. Responsabilità sociale ed etica ed economia circolare sono principi applicati e garantiscono processi produttivi rispettosi dell'ecosistema e del benessere delle persone. Molti gli investimenti in studio e ricerca per produrre pelli senza metalli, ottimizzare il processo produttivo e migliorare l'ambiente di lavoro: consumi elettrici e di riscaldamento ridotti al minimo, grazie all'isolamento termico degli edifici; illuminazione naturale per il lavoro diurno; ventilazione naturale senza consumo di energia elettrica; impianto di riscaldamento performante con materiali isolanti che riducono gli sprechi energetici; illuminazione, lampade e led ad alta efficienza energetica; motori delle macchine controllati da inverter, per consumare solo l'energia necessaria; ampie aree verdi coperte per assorbire l'anidride carbonica; razionalizzazione del trasporto merci per ridurre il consumo di carburante in trazione.

La visita prosegue nello showroom, con Alessandro Iliprandi, 30 anni alla guida dell’azienda , e le collezioni delle studentesse neolaureate del Corso di Laurea Triennale in Fashion Design “Da sempre investiamo in strutture e persone. Ai giovani guardiamo con attenzione e ci impegniamo a creare una Legacy”, dichiara Iliprandi. “L’eccellenza artigianale millenaria del Made in Italy si preserva solo se trasmessa alle nuove generazioni. Gli artigiani di grande esperienza fanno crescere le molte figure junior impiegate, innescando un circolo virtuoso di crescita a beneficio di tutti. Perciò abbiamo accolto con entusiasmo la collaborazione con IED Firenze”.

“Una partnership, aggiunge Andrea Nardi, Academic Manager IED Firenze , che favorisce il dialogo tra creatività delle nuove generazioni e qualità e tradizione delle aziende dei distretti nazionali, stimolando lo sviluppo di soluzioni innovative e sostenibili, in risposta alle esigenze del mercato. Le studentesse hanno realizzato gli elaborati di tesi con i pellami e il supporto esperienziale di Bonaudo. Un’occasione unica, per giovani promesse dell’industria fashion, di esprimere creatività, stile artistico e know how appreso negli studi, vederne la realizzazione concreta, personalizzata e coerente con l’idea prototipale, grazie all’eccellenza Bonaudo”.

www.bonaudo.com www.ied.it/firenze

Agnese Ferrario collezione Deco-mod, brand ANFERR
Martina Nardi brand WOMN, collezione di accessori Primavera/Estate 2025

KITON: UN RITORNO ALLA TRADIZIONE

Nuova collezione

ricca di nuove e vibranti sensazioni

A cura della Redazione

Preparare la valigia, riporre delicatamente gli indumenti all’interno della foggia e chiudere la cerniera senza che si inceppi sono gesti che portano con sé la tenerezza di una partenza e l’euforia che accompagna da sempre le nuove avventure. Il viaggio più bello di tutti, quello più carico di significato e di emozione, è però quello che ci riporta a casa, ai profumi e ai luoghi in cui siamo cresciuti e che riassaporiamo con un grado di consapevolezza maggiore di quando siamo partiti.

Nella sua nuova collezione, Kiton, eccellenza italiana nel mondo, torna alla tradizione con le immagini più vivide e le sensazioni più vibranti assorbite durante i viaggi in giro per il mondo, assaporando le origini dalle quali proviene con uno spirito lucido, consapevole, adamantino. Il risultato è Homecoming, il secondo capitolo di A Grand Journey che Kiton ha inaugurato all’inizio dell’anno con la consueta attenzione ai dettagli e alle suggestioni, mettendo le basi per un itinerario che, attraverso luoghi, eventi e momenti iconici, riesce a intercettare l’interesse e l’emozione di un pubblico attentato da sempre all’eleganza e alla raffinatezza.

“Kiton viene da una tradizione napoletana che, per definizione, è sempre stata una spugna. Apprendiamo e apriamo le menti, ma non abbandoniamo mai le nostre origini alle quali torniamo sempre con

rinnovato entusiasmo e scoperta”, spiega Maria Giovanna Paone, che ha pensato a una collezione che affondasse le radici nella tradizione con l’eleganza, la freschezza e l’attenzione alle materie prime che Kiton ha sempre garantito. Trasformare le suggestioni, gli impulsi e le bellezze che vediamo e assorbiamo nelle nostre trasferte ci permette di guardare quello che abbiamo con occhi nuovi, partendo da colori famigliari come il blu del mare, il marrone della terra e l’arancione dei tramonti. Questi toni rustici e terrosi, che ci ricordano le sfumature di certi quadri di Vermeer e di Klimt, giocano con le stampe e i materiali dando vita a tessuti morbidi, lucenti e dinamici che riflettono un DNA elastico, sempre pronto ad adattarsi alle occasioni più disparate senza mai rinunciare all’eleganza e alla raffinatezza. Insieme a grafiche accattivanti e pittoriche, che rievocano i paesaggi impressi nella memoria di certi viaggi lontani, la collezione combina diversi materiali, come i cashmere, le sete e i cotoni, dando vita a un guardaroba esclusivo che, nelle sue varianti di colore e di peso, esplode in tutto il suo splendore con un’attenzione minuziosa ai dettagli e ai particolari. Dai piccolissimi occhi di pernice che permettono di evidenziare la trama e la lucentezza delle superfici ai pattern declinati in diverse fantasie ormai diventate dei veri e propri marchi di fabbrica di Kiton.

In questo viaggio alla riscoperta di tradizioni e radici, le linee sono uniformi e gentili, armonizzate alla perfezione con le giacche dalla costruzione sartoriale, asciutte sulla spalla e più morbide sul corpo, ma anche con le cinte a nastro che evidenziano le stampe dei cotoni preziosi e delle sete. Tra parei in cotone dello stesso colore del mare e della terra e i raffinati costumi, trovano però posto anche le iconiche borse a secchiello, a metà strada tra l’estrema rigidità e l’esuberante morbidezza di certi accessori, e delle sacche più strutturate in camoscio finissimo che ben si sposano con i volumi larghi e comodi dei pantaloni, perfetti tanto per affrontare un lungo viaggio quanto per uscire la sera senza mai rinunciare a quella nota di glam che è sempre gradita e apprezzata. Che l’esperienza del viaggio sia acquisita non solo attraverso i colori e le sensazioni ma anche attraverso il comfort è, d’altronde, un’idea che trova conferma nelle silhouette e nelle vestibilità studiate ad hoc per non risultare dure e impettite. Il risultato è una collezione libera, che si adatta alle esigenze più diverse e alle occasioni più lontane, senza rinunciare a must-have intramontabili come il doppiopetto in cashmere, elegante e distinto anche se portato sbottonato, a mo’ di spolverino. La miscela con il folklore e quel fervore tutto napoletano regalano, poi, un calore che, a prescindere da quanto sia lontana la meta, non dimentica mai i sapori di casa, il loro vigore e la loro vibrante energia, riconoscendo la fortuna di poter contare su un patrimonio tanto ricco e sincero.

La collezione Kiton Donna PrimaveraEstate 2025 verrà presentata in esclusiva a Palazzo Kiton, la storica sede milanese di Via Pontaccio 21 che diventerà, per l’occasione, la cornice di un’iconica mostra ispirazionale che racconterà A Grand Journey. Il fulcro di tutto è, appunto, il ritorno a casa, rappresentato simbolicamente da un molo dove le idee, i capi e i colori molleranno gli ormeggi e attraccheranno nel segno del rispetto e della tradizione insieme “agli incontri che faremo e l’accoglienza con cui li riceveremo”, come tiene a sottolineare Maria Giovanna Paone. Simbolo di un calore e di uno spirito tutto napoletano, elegante e cortese.

ABOUT KITON

Kiton è un brand che rappresenta l’eccellenza dell’alta sartoriale italiana.

Fondata da Ciro Paone a Napoli nel 1968, l’impresa celebra la preminenza assoluta della qualità promuovendo il motto “il meglio del meglio +1”: l’amore e la passione per il bel vestire si uniscono al desiderio di realizzare creazioni artigianali in cui l’antica tradizione sartoriale napoletana è interpretata con uno sguardo innovativo.

Cinque siti produttivi in Italia, circa 800 dipendenti di cui oltre la metà sono artigiani, Kiton ha conseguito un costante percorso di crescita consolidando la propria presenza distributiva grazie ai 73 mercati serviti e alle 60 boutique monomarca.

PESERICO TRA SOGNO E LIBERTÀ

Presentate le nuove collezioni

Aurea e Donna SS2025

A cura della Redazione

“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)

Il sogno come spazio creativo privilegiato, un non-luogo senza tempo in cui il passato si scioglie nel presente per dar vita a una visione aerea del futuro, intessuta di una leggerezza luminosa e rivelatrice.

Il concept della collezione Aurea SS25 si dipana in una dimensione onirica che non separa dalla matericità del mondo reale ma piuttosto la permea, traducendosi in precisi contenuti stilistici: linee fluide, trame pervase di luce, layering che assottigliano o condensano la tattilità dei tessuti, riflessi metallici che si traducono spesso in delicate tracce iridescenti.

I volumi vengono modulati con stropicciature, mani contrapposte – strati di organza alternati ad altri, più sottili, di chiffon –e preziosi intrecci manuali. Le superfici si increspano mosse da paillettes e da esili fili metallici, presenti anche nel tricot attraverso l’iconico Punto Luce, o si ornano di sinuosi ricami Cornely.

Dominano i toni neutri e rilassanti del brand: Bianco Nuvola

e Mandorla, Sabbia di Quarzo e Beige Ambrato si alternano alla sobria eleganza dell’Ebano e alla vitalità del Giallo Solare, mentre il rosa Aurora e l’azzurro Cristallo completano la palette attingendo ancora una volta all’evanescenza del sogno. Ogni cambiamento, ogni obiettivo nasce da un’idea, che plasmandosi attraverso ostacoli e imprevisti dà forma a infinite possibilità, lasciando una scia nel mondo e una traccia indelebile nell’animo di chi l’ha avuta. Il risultato di questa tensione dialettica fra reale e ideale può essere sorprendente. Come la vita di Geraldine Cobb (1931-2019), aviatrice americana che sognava di diventare astronauta e che, con audacia e determinazione, permise alle donne di essere ammesse alle missioni spaziali della Nasa negli anni ‘60, in un periodo di emancipazione e grandi conquiste sociali. Musa ispiratrice della collezione SS2025 Donna di Peserico, Cobb fornisce la chiave di lettura di un lessico sofisticato e universale che passa attraverso il vestire. L’Azzurro Atmosfera e il Blu Spaziale si contrappongono al Rosa Aurora e al Giallo Solare, in una combinazione vivida che richiama gli elementi della natura e dell’universo. Alla vitalità del Verde Acquatico e Sorgiva si alternano le sfumature calde del Beige Ambrato e del Cappuccino, innestando un senso di calore e

accoglienza estiva. Il contrasto con tonalità più fredde come il Grigio Lunare e il Blu Spaziale aggiunge profondità e un tocco di mistero alla palette, creando un equilibrio intrigante tra estati luminose e notti stellate.

Le lavorazioni invitano all’autoespressione: il lusso understated del Punto Luce, signature del marchio, accende i filati con una sottile catena diamantata, mentre le paillettes celebrano l’estate improvvisando bagliori gioiosi su maglie a rete. I tessuti tecnici si innestano sulle fibre naturali con discrezione e sapienza per dare tridimensionalità a capi stropicciati dall’attitude dinamica, o per rendere più funzionali i completi sartoriali in lino nylon; rinforzano le sahariane di cotone, danno un atout versatile alle pregiate lane di Loro Piana. A completare la collezione, resche di lino viscosa e lino seta per suits sartoriali cedevoli al tatto, ma anche righe lurex, ricami di paillettes e tessuti metallici dalle texture luminose. In un gioco di opposti che è sinonimo di libertà.

ELISABETTA FRANCHI CELEBRA L’EMPOWERMENT FEMMINILE

Elisabetta Franchi presenta la collezione "The Femme Paradox". Dieci anni di sfilate raccontate da una collezione capace di esprimere con forza lo stile e la femminilità del brand, celebrando la bellezza nella sua complessità.

Venti passerelle, ma con una visione sempre chiara, portata avanti con dedizione e cura. In perpetua evoluzione , Elisabetta Franchi abbraccia il cambiamento, creando un legame autentico con il futuro. La collezione 8S25 esplora l' energia del contrasto tra bianco e nero, tra forza e

dolcezza. La donna in passerella è sicura di sé e sensuale, esprime le sue idee con determinazione , ed incarna l'elevazione più pura dell'empowerment femminile. Le giacche strutturate e i pantaloni maschili convivono armoniosamente con tessuti romantici come il pizzo, e dettagli come fiocchi e fiori. La giacca è la protagonista assoluta, rappresentando la perfetta sintesi della collezione. Abbinata a pantaloni dal taglio maschile o indossata sopra abiti iper-femminili, definiti da dettagli provenienti dalla corsetteria e dalla

lingerie, incarna il dualismo della collezione. I tessuti maschili sono accostati a materiali delicati come tulle e organza di seta. La trasparenza del tulle esalta il corpo femminile, il bianco e il nero dominano, ma la vera sorpresa sono il cacao, che si avvicina al nero con la sua profondità, e il color curry, una tonalità più vivace, che spezza la cartella colori, rappresentando i contrasti della donna in passerella.

A completare il look tacchi vertiginosi, a punta, in vernice e borse dalle linee essenziali e moderne. Morbide e versatili, sono perfette per diverse occasioni d'uso: dal giorno, su un look più maschile, alla sera soprattutto nella versione slim da portare sottobraccio.

Ogni capo racconta una storia di sottile seduzione , potere e raffinatezza.

TWINSET, LA TRADIZIONE CHE DIVENTA INNOVAZIONE

Leggerezza e femminilità per la donna contemporanea

A cura della Redazione

Light and clean. Chic and feminine. La collezione Spring Summer 2025 di Twinset parla con leggerezza di femminilità declinata in quello stile di vita che le convezioni estetiche riassumono nei termini che definiscono le donne contemporanee. Ma i vestiti che la compongono dicono molto di più. Dicono, ad esempio, che sono parte di un progetto concreto del vestire che nasce da esperienza, competenza e savoir faire, caratteristiche di un marchio che grazie alle conoscenze dei materiali ha applicato la tecnologia agli strumenti tradizionali e li ha resi adatti a ottenere un prodotto che trasforma la tradizione in un autentico esempio dell’innovazione. Con la sua capacità di «fare maglia» Made in Italy, Twinset lega la qualità al prezzo ritornando a quel concetto di «moda democratica» insista nel significato stesso di prêt-à-porter, espressione della moda che unisce l’estetica del design all’etica della produzione industriale e costruisce un rapporto equo con il costo.

Nascono così le lavorazioni che, per la collezione SS 2025, trasformano la maglieria in una elaborazione sottile di lavorazioni in pizzo. Ed è proprio il pizzo il primo aspetto della leggerezza che caratterizza la collezione e che si declina nel suo significato di trasparenza sulle petite robe noir che dialogano con le minigonne e i micro-top il cui aspetto richiama le tecniche di lavorazione manuale. Così come leggerezza esprimono i capi in maglia con le stampe disegnate a mano dagli esperti maestri di Como.

Trasformista e coerente, quando lascia la maglieria la leggerezza si declina anche in abiti in crêpon di seta con stampe manuali o a tinta unita, prima di diventare aerea sulle balze in pizzo di abiti corti e fluttuanti che regalano il sensuale movimento scomposto dell’irregolarità. Ma è ancora la leggerezza che si trasforma in semplicità quando riesce a creare una giacca in tessuto che si dota di una cappa sovrapposta e va a completare gli shorts con la cintura gioiello ricamata con perline. E infine, la stessa leggerezza racconta la femminilità. Abiti lunghi in viscosa mettono in evidenza i loro colori forti per scivolare lungo il corpo sfiorandone le forme e le linee e dar vita a un movimento che parte dallo sviluppo di un taglio sartoriale preciso.

Il risultato è una collezione pensata per vestire la contemporaneità senza mistificazione e senza confondere la moda con il lusso. Ma anche senza concettualismi e con un’estetica non aggressiva che esprime una bellezza naturale, possibile, non urlata. Una bellezza che racconta il sogno realizzabile, che crea empatia, non frappone distanze e non costruisce barriere ma si propone come la rappresentazione di un’aspirazione realizzabile. Ecco perché la collezione SS 2025 di Twinset è composta da abiti che vestono la quotidianità di donne sempre più protagoniste di una vita reale e che esprimono quella femminilità preziosa e autentica che, ancora una volta, la leggerezza rende di una sorprendente e affascinante estetica non artefatta.

HOGAN: UN’ICONA DI STILE DA CAPO A PIEDE

Il nuovo concetto di sportswear

delle collezioni PE 2025

A cura della Redazione

La Primavera/Estate 2025 afferma Hogan come brand di un lifestyle moderno e internazionale. La collezione evoca sensazioni e nostalgia delle coste italiane anni ’80, un omaggio allo stile di vita di quegli anni, al relax delle feste in riva al mare. Punto di partenza della stagione sono la libertà e il desiderio di evasione a lungo associati alle celebri estati, con richiami alla cultura ‘Italo Disco’ dei club più esclusivi.

Le iconiche sneakers e il nuovo range di calzature sono il punto focale dei look ready-to-wear, insieme a nuove e raffinate borse: lo stile urban-chic guarda all'eleganza rilassata dell’estate. Ogni modello è frutto di lavorazioni artigianali applicate a design innovativi, interpretati attraverso il prisma del lusso di tessuti e pellami di altissima qualità e valore. La collezione rilegge i codici classici dello sportswear americano, ridefinendoli attraverso l’eleganza dello stile italiano, in una delicata palette washed-out. La formalità sartoriale è rivisitata grazie a un approccio effortless e destrutturato. Sneakers e scarpe da barca sono caratterizzate dall'elemento tattile del suede, oppure da suole completamente avvolte in morbida pelle. La versatilità rilassata delle nuove borse contraddistingue tutta la collezione, riflettendo lo spirito easy-chic degli outfit estivi. La colonna sonora ‘Italo Disco’ anni Ottanta è da sempre sinonimo di un tempo e un luogo definiti da spensieratezza, sogni e amore: la collezione di questa stagione si rifà a questo spirito, dove la nostalgia lascia spazio a una nuova estate ancora da vivere.

COLLECTION HIGHLIGHTS

Le morbide texture dei materiali e le tonalità delicate della collezione evocano il look & feel della riviera. Scarpe e borse sono realizzate in denim o pelle indaco, con un leggero effetto washed che richiama l’erosione del mare; completi in denim délavé sono impreziositi da cristalli che rimandano ai riflessi del sole sulla superficie dell’acqua; i tocchi di rosso strizzano l'occhio alle bibite di una volta, così come ballerine e borse - decorate da borchie lucide - ricordano le cromature dei ventilatori.

La collezione di iconiche sneakers Hogan - con la loro estetica moderna dal gusto artigianale - si arricchisce di elementi inediti: rivisitate su suole hi-top e low-top, rivestite in morbida pelle o suede, sono presentate nel modello barca con frange o sneaker tradizionale. Le nuove ballerine Hogan sono ultrasoft, costruite su una struttura a isola sia nella classica versione flat che con tomaia stringata extra-light. Le sneakers Hogan 86er, presentate per la prima volta questo inverno, sono proposte con applicazioni che disegnano una nuova H, in versione scamosciata monocromatica rosso pop o pelle silver.

Eccellente versatilità per la collezione borse, rappresentata dalla nuova Hogan Hocket bag - un’inedita fusione tra il design hobo e l’intramontabile secchiello. Presentata in diverse dimensioni e lavorazioni, in pelle o suede, con nappine oversize che ne esaltano il senso di movimento, è caratterizzata dal nuovo H-charm cromato: segno distintivo che ritroviamo su borse, calzature e ready-to-wear, a sottolinearne il senso di coerenza estetica.

CAOVILLA GALLERY: IL VIDEO PROGETTO

Rene Caovilla, storica Maison riconosciuta in tutto il globo come eccellenza del Made in Italy in termini di artigianalità unica e inconfondibile, celebra 90 anni di storia attraverso un video progetto che narra il DNA delle calzature gioiello in un viaggio spazio-temporale onirico.

“L’Arte di Far Sognare”. Il claim del brand prende vita proprio all’interno di una galleria d’arte, per dar modo di ammirare la realizzazione di un’opera come la calzatura Rene Caovilla. Il progetto dal titolo “Caovilla Gallery” è stato realizzato nel cuore liberty di Milano, all’interno della galleria d’arte contemporanea Visaterna

e presso l’Head Quarter di Venezia. Rene Caovilla celebra così le proprie creazioni, passando dall’ispirazione al fatto a mano, dalle radici dell’attività al sogno, dalla storia alla contemporaneità, dalle mani dei maestri artigiani ai piedi delle donne, attraverso una campagna che racconta i quattro elementi fondamentali per la realizzazione di un paio di calzature Rene Caovilla:

Serpent : Il serpente, nobile e potente, simbolo di vita e di rinascita, di immortalità, avvolge sinuosamente le caviglie delle donne in tutto il mondo.

Venice : Crocevia di popoli e culture, custode di bellezza e autenticità. Venezia è

Ispirazione ed emozione, estasi e memoria. Un’alchimia, quella nata tra il brand e la città, sottile e perfetta, destinata a rinnovarsi.

Art : Sei linee disegnano una scarpa, oltre 200 passaggi la modellano, la plasmano, la decorano. L’arte della calzatura diventa linguaggio universale: celebrata, ammirata, tramandata.

Stardust : Le stelle sono a un passo. “Più in alto di così non si può andare” disse il Cavalier René Caovilla. Il dettaglio inconfondibile - la suola polvere di stelle - esprime il valore di eccezionalità laddove il sogno si traduce in forma.

L’intrigante serpente, la magia di Venezia, l’eccezionale savoir-faire, l’iconico scintillio: il segreto è svelato. Da queste fondamenta, nasce un’arte da contemplare, da interpretare, da indossare.

La collezione P/E 2025 ripropone, in quest’anno di celebrazioni, i best seller: il Cleo sandal, la Cinderella (pump, slingback, ballerina), la Veneziana (pump e slingback), il Chandelier sandal e il Margot sandal. Tutti modelli che hanno segnato la storia della Maison.

Agli evergreen si aggiungono le new entry. La famiglia di calzature Bloom è un omaggio alla primavera; una rivisitazione d'archivio dal sapore vintage caratterizzata da corolle vivaci, ricami hand made in pizzo e pelle, suola verde e tacco azzurro. Debuttano anche il sandalo Braid , caratterizzato da un design pulito e da un'elegante treccia che percorre lateralmente il collo del piede nelle nuance del rosso, blu e argento; il romantico Fairy sul quale si posano, in doppia grandezza, leggere farfalle con micro-cristalli applicati a mano; il modello Trigold (tacco 105) destinato a diventare un must have combina al meglio i tre colori dell'oro: giallo, bianco e rosa.

Viene introdotto anche "Soul", il nuovo tacco chunchy. Design contemporaneo, diverse altezze e massimo comfort per questo tacco che sarà sempre più presente nelle stagioni a venire.

Infine, la collezione Bridal propone per la P/E 25 una varietà di modelli creati per le future spose dalle personalità più variegate: flat, tacchi confortevoli e stiletto dalle altezze vertiginose.

SANTONI DONNA PE25 E SANTONI RIVIERA

A cura della Redazione

La collezione Santoni Donna Primavera/Estate 2025 evoca i ricordi di un’estate caratterizzata da una calda luce dorata riflessa sulle onde che lambiscono le coste delle Marche. Santoni Riviera, racchiudendo in sé l’energia vibrante e il calore dell’estate italiana, è un invito a custodire quel sogno adriatico fatto di giornate spensierate, tramonti infiniti e notti di raffinata eleganza. Per la PE 2025, la maestria artigianale che caratterizza ogni prodotto Santoni assume nuove forme e pattern manifestandosi al massimo in Serpentine, una collezione di calzature eleganti e raffinate di varie altezze, che vede protagonisti i sandali con tacco alto. Serpentine , in tonalità bronzo o multicolor, evoca i riflessi del crepuscolo sulla sabbia e sul mare, mentre nella versione in satin e cristalli rispecchia il cielo notturno. Eleganti tote completano la collezione.

L’iconica Double Buckle di Santoni è protagonista nel sandalo Virna dove un sofisticato design di cinturini incrociati abbraccia elegantemente il piede. Virna è presentato in due altezze di tacco: alto, perfetto per look serali o audaci, e kitten heel che dona un tocco di stile alla quotidianità. La Sibille , l’essenziale decolleté e slingback, viene presentata per la PE 2025 in morbida pelle e camoscio dalle tonalità vivaci. Impreziosito dal dettaglio ispirato all’iconica doppia fibbia, tono su tono, il modello aggiunge un tocco di eleganza a qualsiasi outfit. Infine, ad ulteriore conferma del valore iconico della Double Buckle, i nuovi slingback a punta

valorizzano il look delle occasioni speciali, con linee eleganti che attraggono lo sguardo verso la sua seducente silhouette. Immancabile in ogni collezione Santoni, il mocassino Carla si presenta questa stagione in morbida pelle di vitello metallizzata e non foderata. Realizzato artigianalmente con un’attenzione meticolosa ai dettagli e pensato per essere straordinariamente versatile, il Carla ha una linea elegante data dalla tradizionale mascherina e impuntura in rilievo. La suola in cuoio è rifinita con l’iconico Arancio Santoni, mentre la costruzione Goodyear reverse garantisce un effetto morbido e flessibile, quasi privo di peso.

In linea con la spensieratezza dell’estate italiana, la DBS Oly rappresenta l’espressione più autentica del lato sportivo di Santoni. Unendo funzionalità e massima qualità, la sneaker è presentata sia in finiture metalliche che in nappa. Il design ispirato al tennis presenta il dettaglio caratteristico della Double Buckle, preso in prestito dalle calzature formali e trasformato in elemento casual-moderno. La sottile suola in gomma enfatizza ulteriormente il fascino retrò. Con la collezione Onda si esprime appieno l’immaginario della collezione Santoni Riviera: raffinati modelli, in varie altezze, perfetti per lunghi pranzi estivi che si trasformano in notti eleganti e sofisticate. Caratterizzata da cinturini che imitano dolcemente le onde dell’Adriatico che si infrangono sulla riva, la collezione è presentata in una gamma di colori in nappa e pelle specchiata che richiamano le tonalità marine, ed in cristalli scintillanti che evocano la luce del sole che si riflette sull’acqua.

La collezione accessori reinterpreta le borse del brand con nuovi colori, materiali pregiati e dimensioni. Il disegno Vela, che evoca la drammaticità delle rocce che punteggiano la costa delle Marche, è un vero tributo al territorio. La Pluto Soft , presentata in una nuova dimensione, più versatile, incarna invece un’eleganza sofisticata e giocosa. La borsa è rifinita da dettagli di cuciture a vista che esprimono il vero senso di alta artigianalità e disinvolta eleganza del brand. Santoni, Makers of beauty, for the art of living. Made in Le Marche, Italy.

DANIELE GIOVANI DESIGN

Mai più senza le iconiche slingback dall’estetica

vintage

Femminili, confortevoli e di gran classe, le slingback pensate dal designer milanese Daniele Giovani sono décolleté con tacco dalla spiccata connotazione bon-ton. Contraddistinte da un cinturino che lascia il tallone scoperto e da una punta, diventano icone della donna borghese d’oltralpe e dell’eleganza femminile già a partire dalla seconda metà del Novecento.

Per questa estate il brand di calzature Made in Italy Daniele Giovani Design ha proposto diverse slingback da abbinare ad abiti dall’eleganza senza tempo. Piacciono a chi segue la moda e ama lo stile classico ma anche a chi ama essere minimal. Diverse le varianti proposte, dai colori pastello fino all’oro. Per non passare inosservata, in ufficio e in occasioni mondane, si puoi sempre puntare su una nuance brillante e inusuale - come l’arancione o il verde – per trasformare il tuo guardaroba in una travolgente tavolozza di colori. Daniele Giovani ama la donna che non disdegna i contrasti che mixano a piacimento il design senza tempo delle slingback ad alcuni

pezzi arditi visti in passerella.

Due gocce di profumo, un paio di orecchini pendenti e - voilà - sarai pronta per rendere ogni abbinamento un tripudio di ricercatezza tradizionale e di innovazione contemporanea.

Le luxury shoes firmate Daniele Giovani Design per la prossima primavera estate 2024 esprimono intense note di eleganza grazie a un raffinato e ricercato appeal.

È il tributo a una donna romantica, seduttiva, che ama dettare il suo stile glamour scegliendo un’eccellenza del Made in Italy.

“Poesie a colori” è un tuffo nel passato dell’eclettico designer milanese, un carillon che ruota lieve, l’allegria dei colori e delle luci che si “mescolano” in una danza, l’incanto e la magica seduzione di ricordi lontani che riaffiorano. Quel fascino sottile che il tempo non scalfisce, che immagina, crea, regala “poesie”.

“Attraverso i colori, che creano una connessione tra corpo e mente, riusciamo a identificarci, a rappresentare la nostra personalità ma anche vivere “poetiche” ed intense emozioni”, dice il Designer che ha

A cura della Redazione

scelto di creare una collezione di slingback, décolleté, sandali, sabot, sneakers, flat, realizzate artigianalmente nel distretto calzaturiero delle Marche. E qui che sapienti mani si uniscono a materiali pregiati per creare modelli ricchi di dettagli unici. Daniele Giovani, alla sua terza collezione, ha voluto questa volta giocare con un’incantevole palette di tonalità pastello e accese per un’esplosione di colore, emozione e gioia. Dalle nuance più delicate, dal nude e celeste chiaro alla vivacità del fucsia, del verde, dell’azzurro, dell’orange. Immancabile la preziosità dei laminati che da sempre caratterizzano la griffe. Tacchi alti e seduttivi ma anche bon ton. Modelli per ogni tipo di occasione dove c’è bisogno di farsi notare con classe… È attraverso la sua vena cromatica, le tinte, i toni, le tonalità, le sfumature e le forme che Daniele Giovani ama esprimere femminilità, identità, personalità, regalare emozioni, suggestioni, sensazioni. Daniele Giovani è nato una sera di maggio a Milano. Da sempre innamorato della creatività della moda e della bellezza dell’architettura. Così come il tacco di una seducente scarpa può creare magia e diventare parte integrante del corpo di chi le indossa, l’architettura rappresenta per il designer il suo “io” che si confronta con il mondo esterno. Entrambe le considera un prolungamento di sé stesso. Laureato in “Fashion Design” al Politecnico di Milano, ha potuto studiare e approfondire la cultura progettuale del design. Dopo aver conseguito la Laurea Magistrale in “Strategia e comunicazione della marca, moda e design” alla IULM di Milano ha arricchito il suo sapere con la parte “immateriale” della moda legata al concetto di brand. Ricercando una sintesi tra le sue due passioni, moda e architettura, ha quindi frequentato il Master Universitario in “Accessory Design” al Politecnico di Milano, dove per la prima volta ha fatto uno schizzo della sua prima scarpa. “Un’emozione tale che mi ha fatto capire quello che poi sarebbe stato” racconta lo Shoes Designer. “Le mie creazioni sono il risultato di una personale visione e interpretazione dello stile “milanese”, basato su quel mix di elementi disomogenei che sanno creare nuovi e accattivanti linguaggi di moda”. Così nei suoi progetti si ritrova una fusione tra passato e presente, estro e tradizione artigianale, dove l’innovazione poggia su tracce antiche”.

MASSIMILIANO DI SILVESTRE

Presidente, quali sono le principali strategie e obiettivi a lungo termine che BMW Italia intende perseguire nei prossimi cinque anni per consolidare la propria posizione sul mercato? Negli ultimi anni abbiamo lavorato intensamente sulla ridefinizione della nostra strategia in modo da riprenderci la leadership del mercato, posizionare i nostri brand come lifestyle, migliorare la redditività nostra e dei nostri partner concessionari, bilanciare il rapporto tra tecnologia e umanesimo, avere un approccio ambidestro che ci consentisse da un lato di performare sul mercato delle propulsioni tradizionali e dall’altro di entrare da protagonisti nel mondo della mobilità elettrica. È stato un percorso importante e costellato di significativi successi sia in termini quantitativi che qualitativi, ma non possiamo considerarlo concluso. Per questo motivo credo sia indispensabile continuare a lavorare su questi temi per consolidare i risultati

A cura di Christian Gaston Illan e Luca Sardi

conseguiti e per portare a compimento il percorso nei prossimi 5 anni con la stessa passione, determinazione e intensità. Viviamo in uno scenario incerto e che muta rapidamente, come abbiamo avuto modo di vedere dal 2020 in avanti, e questo rende ancora più determinante avere una strategia chiara e un approccio solido al mercato. La capacità di leggere lo scenario competitivo anticipando tendenze e trovando soluzioni innovative è stata decisiva e ci consentirà di affrontare gli anni a venire con altrettanto successo confermando l’Italia tra i primi sei mercati del BMW Group per le auto e tra i primi 4 nelle moto.

In che modo BMW Italia sta integrando la sostenibilità nelle sue operazioni aziendali e nella sua catena di fornitura?

Quali sono le iniziative più significative in tal senso?

Dal punto di vista del BMW Group noi siamo fermamente convinti che il tema della sostenibilità sia inscindibile dall’adozione di un modello di businesss

circolare che interessi tutta la catena del valore: dall’approvvigionamento energetico che deve essere “green” fino al recycling del prodotto al termine del ciclo di vita, coinvolgendo tutta la supply chain. Detto questo noi abbiamo obiettivi precisi e misurabili che si sintetizzano in due dati: entro il 2030 vogliamo ridurre le emissioni complessive di CO2 del 40% rispetto al 2019 e nel 2050 vogliamo diventare carbon neutral. Come BMW Italia stiamo contribuendo al processo impegnandoci sia dal punto di vista ambientale (la nostra sede di San Donato, ad esempio, è alimentata esclusivamente da energia green da fonti certificate) che implementando tutti i processi che favoriscano la circolarità del business che lavorando con la nostra rete di partner per ridurre l’impatto in termini di emissioni delle concessionarie. Anche in questo senso, la circolarità del processo è fondamentale per raggiungere risultati concreti e consistenti.

BMW ha recentemente lanciato diversi

modelli innovativi. Quali sono le prossime uscite su cui BMW Italia sta puntando per il mercato italiano?

Il 2024 è stato un anno molto intenso dal punto di vista dell’offensiva di prodotto. Abbiamo rinnovato completamente la gamma MINI con l’introduzione della nuova Countryman e della nuova MINI Cooper. Ed entro fine anno arriverà la Aceman. Per BMW abbiamo introdotto sul mercato, solo per citare i modelli principali, la nuova BMW X2, la sesta generazione della BMW Serie 5 Touring e tra poco lanceremo la nuova BMW Serie 1. Arriveranno anche versioni supersportive come la M5 nelle due carrozzerie Touring e berlina. E la nuova BMW X3 è attesa per fine anno. Tutti quelli che ho citato sono prodotti con grande appeal e potenzialità per il mercato italiano, in grado di coprire segmenti di mercato diversi e una clientela con esigenze differenti. In questo senso devo dire che la gamma ci sta aiutando a ottenere risultati di vendita davvero importanti. Per le due ruote, l’introduzione dello scooter

elettrico CE 02 ha segnato una rivoluzione nella mobilità urbana con un riscontro di pubblico davvero importante che fa da contraltare al successo del nuovo GS che resta il leader incontrastato di mercato in Italia, non dimenticando la M 1000 XR che amplia la gamma supersportiva.

Quali sono le principali sfide che BMW

Italia deve affrontare per promuovere l'adozione di veicoli elettrici e come si sta preparando a superarle?

Mi piace ricordare che noi siamo stati precursori della mobilità elettrica nel mercato premium. Nel 2011 lanciavamo il brand BMW i e nel 2013 con la BMW i3 presentavamo un’idea rivoluzionaria di mobilità sostenibile con materiali innovativi, un approccio olistico alla produzione e ciclo di vita della vettura e una tecnologia all’avanguardia in termini di digitalizzazione e materiali secondari. Oggi a distanza di un decennio, abbiamo una strategia chiara e una gamma di prodotti molto importante che copre il

90% dei segmenti di mercato in cui siamo presenti con 18 modelli già disponibili per i nostri clienti. Grazie a questa strategia e offensiva di prodotto, siamo leader di mercato in tema di elettromobilità rispetto ai nostri competitor tradizionali. È evidente che si tratta di un percorso che deve traguardare un periodo medio lungo. Per questo noi continuiamo ad investire su tutte le forme di propulsione purché altamente efficienti, adottando un approccio pragmatico e non dogmatico che tenga conto dell’evoluzione del mercato, delle normative e delle scelte dei clienti. In questo senso, crediamo che anche l’idrogeno rappresenti una ulteriore possibile soluzione ed entro il 2030 presenteremo un modello BMW a idrogeno di serie. Chiaramente sia per la mobilità elettrica che per quella a idrogeno, un ruolo importante lo giocano le infrastrutture, ma, grazie anche ai fondi resi disponibili dal PNRR, siamo confidenti che il Paese possa dotarsi di una rete di ricarica in grado di rendere

queste alternative di mobilità sempre più percorribili e interessanti. Noi da parte nostra continueremo a investire in ricerca e sviluppo per offrire sempre le tecnologie più avanzate sul mercato senza mai perdere il DNA dei nostri brand: piacere di guidare e gioa per BMW e go-kart feeling per MINI.

In relazione alla partnership con il Milan, quali sono gli obiettivi principali di questa collaborazione e quali benefici vi aspettate di ottenere?

Tre anni fa abbiamo iniziato un percorso insieme ad AC Milan fondato sui temi della leadership, della comunicazione innovativa e della responsabilità sociale d’impresa. E su questi presupposti continueremo a lavorare anche in futuro. Abbiamo fatto cose molto importanti insieme, mettendo in relazione le nostre business community, lavorando sulle piattaforme social per promuovere la mobilità sostenibile, creando esperienze uniche per gli amici dei due brand, supportando il lancio di

nuovi prodotti ed anche creando una campagna di sensibilizzazione sui temi della diversity e dell’inclusione sociale che abbiamo chiamato “+Diversity is more” per prendere posizione dopo che si erano verificati alcuni episodi di razzismo in alcuni stadi in Italia e in Europa. Ma non ci siamo fermati qui. Abbiamo creato un progetto sul tema della disabilità con la onlus Insuperabili, nato da un’idea della nostra associazione di concessionari per testimoniare come l’inclusione non solo sia possibile ma che, attraverso lo sport, sia realizzabile. E abbiamo molti progetti cui stiamo lavorando anche per la prossima stagione.

Quali sono le iniziative di marketing più innovative che BMW Italia ha pianificato per il 2024 e 2025? Quale impatto vi aspettate che abbiano?

Guardi mi piace farle solo un esempio perché chiarisce molto bene anche quello che raccontavo all’inizio dell’intervista relativamente al nostro approccio strategico. Parlo della nostra House of BMW nata con l’ambizione di comunicare i valori della marca attraverso le esperienze fatte su un terreno relazionale aperto all’esplorazione di nuove sensibilità e capace di dialogare costantemente con tutti gli interlocutori. È stata ed è tuttora il laboratorio avanzato per prepararci alle opportunità del nuovo mercato, rendendo il rapporto con il Cliente moderno e sostenibile da tutti i punti di vista.

La prima House of BMW in via Verri è nata nel 2021 dall’esigenza di riequilibrare il rapporto tra hi-tech e hi-touch, tra digitale e reale, tra innovazione e relazione. Qui abbiamo imparato il linguaggio del mondo della moda e del lifestyle, inserendoci in modo organico nella vita del Quadrilatero di Milano e posizionandoci in modo esclusivo. La House of BMW 2.0 di via Monte Napoleone 12 (nata ad aprile del 2023) ha rappresentato un concetto evolutivo della prima esperienza ed è stata sin da subito un successo in termini di relazione e di numeri.

Quest’anno con la presentazione del progetto BMW Neue Klasse che mostrava la nostra visione della mobilità del futuro,

abbiamo avuto oltre 65 mila visitatori. Se guardiamo invece al numero totale di visite dall’apertura ad oggi siamo a oltre 250 mila persone. Questo luogo ha avuto un impatto determinante per posizionare il brand BMW nel mondo lifestyle. Nella House abbiamo parlato e continuiamo a parlare di circolarità, mobilità, cultura, inclusione sociale, innovazione, digitalizzazione, gusto, moda, stile. Questa esperienza resterà un cardine anche della nostra visione e approccio di mercato dei prossimi anni come elemento identitario e differenziante. Stiamo lavorando ad un concetto differente che ci permetta di non perdere il patrimonio di relazioni e valori che abbiamo acquisito, facendolo evolvere. Una sfida impegnativa e affascinante.

Come BMW Italia intende rafforzare le sue relazioni con i partner commerciali e quali nuove collaborazioni sono in programma?

Il rapporto con la nostra rete dei concessionari è molto solido e basato su una relazione di partnership che ci ha consentito negli ultimi anni di cambiare in modo radicale l’approccio al mercato. Grazie a questa strategia condivisa focalizzata sulla centralità del cliente e delle sue esigenze e grazie alle performance commerciali nostre e dei dealer, negli ultimi due anni l’intera rete di BMW Italia ha chiuso bilanci in attivo con una redditività crescente, molto più elevata della media del mercato. Partendo da questo spirito costruttivo, abbiamo deciso di essere mercato pilota in Europa per il brand MINI in tema di modello di agenzia. Una vera e propria rivoluzione nel processo di vendita, con una crescente influenza della parte digitale, ma con una immutata centralità del concessionario che resta partner strategico del business e della relazione con il consumatore. Abbiamo iniziato il primo gennaio 2024 e stiamo costantemente migliorando sia la gestione dei sistemi che l’approccio complessivo anche attraverso l’introduzione di un nuovo concetto di retail, che abbiamo denominato Retail. Next, che trasforma la concessionaria in

un luogo caldo e accogliente, più simile ad una casa che ad un tradizionale negozio, adottando un approccio lifestyle simile a quello degli showroom di moda, dove conta l’esperienza di brand e dove ogni dettaglio è importante Questo progetto risponde all’esigenza del BMW Group di offrire una proposta differenziante al mercato e alla volontà di portare la customer experience ad un nuovo livello. Il lavoro di consolidamento della rete e di adeguamento ai nuovi standard coinvolge in questa fase 41 Outlet di Vendita ed Assistenza nel 2024.

BMW è sinonimo di innovazione tecnologica. Quali nuove tecnologie stanno per essere introdotte nei vostri veicoli per migliorare l'esperienza del cliente?

Come ricordavo poco fa, nel mese di aprile abbiamo presentato al pubblico italiano e internazionale, la nostra visione della mobilità del futuro con la Neue Klasse, una vera e propria rivoluzione. Con l’arrivo della “Neue Klasse”, a partire dal 2025, proporremo sul mercato una gamma di vetture (6 in 24 mesi) elettriche, digitali e dal design rivoluzionario che indicheranno chiaramente quale futuro immaginiamo per la mobilità individuale. Il termine “Neue Klasse” si richiama ad un concetto sviluppato da un designer italiano, Giovanni Michelotti, negli anni Sessanta per BMW quando inventò il segmento delle berline sportive rilanciando l’azienda. Analogamente, la nuova gamma, in arrivo a partire dal 2025, offrirà prodotti prevalentemente elettrici, in cui il concetto del design che segue l’esperienza di guida troverà la sua massima espressione. Questo significa che l’automobile è pensata sin dall’inizio per il cliente e vuole interpretare le sue esigenze. Introdurremo moltissime innovazioni, tra cui il BMW Panoramic Vision che proietterà tutte informazioni chiave sull’intera larghezza del parabrezza e diventerà un vero e proprio schermo dove poter consultare in modo immediato tutte le informazioni utili al viaggio e all’entertainment di bordo nella massima sicurezza.

Ci può fornire alcuni dati relativi alle performance di vendita di BMW Italia nel 2024 e come queste si confrontano con gli obiettivi aziendali?

Il primo semestre del 2024 ha fatto segnare risultati molto positivi per BMW Italia. Numeri che rappresentano un viatico importante rispetto ai volumi previsti per l’intero anno. Nei primi sei mesi, infatti, il BMW Group nel nostro Paese è cresciuto dell’8,4% rispetto al pari periodo del 2023, raggiungendo le 44.483 unità dei brand BMW e MINI di cui 2457 elettriche (+34,1%). Eccellente la performance del brand BMW che con 37.436 vetture vendute ha conseguito una crescita del 22,3% e raggiunto una quota nel mercato premium del 27,8% (+3,3 punti vs 2023). BMW Motorrad si è confermato brand numero uno nel mercato delle due ruote con 10.844 unità vendute (+3,1%). Confermata anche la leadership nel segmento oltre 500cc e, grazie al lancio del nuovo scooter CE02, è stata raggiunta la prima posizione nel

Come BMW Italia si sta adattando alle nuove normative europee in materia di emissioni e quali sono le principali sfide normative che state affrontando?

Come BMW Group siamo convinti che tutte le forme di propulsione (benzina, diesel, ibrido, elettrico) purché altamente efficienti possano contribuire alla sostenibilità ambientale. Questo approccio ci ha consentito nel 2023 di continuare a ridurre le emissioni: con 102,1 grammi per chilometro di CO2 abbiamo raggiunto un dato significativamente inferiore all'obiettivo fissato per noi dall'Unione Europea che era di 128,5 grammi per chilometro. In questa ottica il mercato italiano ha fatto e continua a fare la sua parte, contribuendo significativamente al raggiungimento degli obiettivi.

Quali sono le principali iniziative sociali e comunitarie che BMW Italia ha intrapreso

di recente e come contribuiscono al miglioramento del benessere sociale?

Noi crediamo che creare valore sociale condiviso sia un dovere per le aziende come la nostra che sono leader sul mercato. Pensiamo che impegnarsi per dare un contributo per risolvere o per dare una risposta ai principali temi sociali sia una grande responsabilità, ma anche una grande opportunità per contribuire ad un futuro diverso. Il programma di responsabilità sociale d’impresa SpecialMente di BMW Italia è nato alla fine del 2014 proprio per questo. È “il cappello” di tutte le nostre attività di Corporate Citizenship. Attività che hanno visto e vedono coinvolti direttamente non solo i manager dell’azienda, ma tutti i collaboratori, i concessionari, i partner, gli amici dei nostri brand BMW, MINI e Motorrad. Ma soprattutto che interagiscono con persone, iniziative ed associazioni meravigliose. Capaci di fare la differenza. Cultura, intercultura, inclusione sociale, sostenibilità e

mercato elettrico delle due ruote.

promozione dei giovani talenti sono i nostri pilastri strategici. Alcune delle iniziative contenute in SpecialMente sono state avviate più di vent’anni fa, come la Scuola SciAbile di Sauze d’Oulx. Altre sono nate più di recente come il sostegno al progetto Insuperabili che abbiamo sviluppato insieme alla nostra rete di concessionari. Ma mi piace ricordare anche il Tortellante di Modena con il brand MINI o Diversamente Disabili e i Bambini delle Fate sostenuti da BMW Motorrad. Con il brand MINI, da sempre vicino al mondo dei giovani, abbiamo avviato tre anni fa una collaborazione con la Scuola di Sostenibilità di Mario Cucinella. Qui aiutiamo i progettisti del futuro, attraverso un percorso formativo ad imparare a disegnare un mondo più sostenibile in termini di materiali, soluzioni, idee innovative. Ma l’elenco è ancora più ampio ed è possibile trovare tutte le informazioni sul nostro sito www. specialmente.bmw.it.

PANIGALE V4: STYLE, SOFISTICATION E PERFORMANCE

Tripudio di Ducatisti alla WDW 2024, per la nascita della nuova superbike

World Ducati Week (WDW), l’appuntamento mondiale che ogni due anni unisce, in una grande famiglia, appassionati ducatisti, piloti ed establishment, ha registrato, nel week-end 26-28 luglio a Misano, numeri da record: oltre 94.000 presenze . Un’esplosione di emozioni forti e opportunità: Test rides, Ducati Talks, Stuntman Show, Ducati Parade, conclusasi al Bagno Samsara Beach a Riccione per festeggiare 10 anni di Scrambler, sino alla Notte dei Campioni, un mega party con la premiazione di Francesco Bagnaia, vincitore di Lenovo Race of Champions, davanti ad Andrea Iannone e Mark Màrquez, la musica di Dj famosi, Fargetta e Rudeejay, e lo spettacolo pirotecnico.

“Il World Ducati Week, dichiara Claudio Domenicali, Amministratore Delegato Ducati , è l’evento che meglio di qualunque altra cosa incarna la missione del nostro marchio di offrire esperienze memorabili ai nostri appassionati, create intorno a moto

A cura di Laura Lamarra

speciali, che sono una combinazione magica di tecnologia e bellezza in puro stile sportivo italiano. I numeri di questa edizione sono straordinari e sono una dimostrazione che l’amore verso Ducati nel mondo non è mai stato così forte. Voglio ringraziare ogni singolo partecipante di questa edizione, ma anche tutto lo staff composto in gran parte da dipendenti Ducati che, come al solito, hanno lavorato duramente per rendere possibile questa esperienza incredibile. Grazie anche a tutta Ducati Corse e in particolare ai piloti, gli eroi del WDW, che si sono messi a disposizione dei fan e ci hanno regalato uno spettacolo unico al mondo come la Lenovo Race of Champions. Davvero incredibile la prestazione raggiunta dalla nuova Panigale V4: il giro veloce in qualifica è separato di appena 3.2 secondi dal record della pista in gara della MotoGP, che appartiene a Francesco Bagnaia con 1.31.8. Altrettanto incredibile la determinazione con cui Pecco ha dimostrato di essere ancora una volta il migliore, in una gara in cui tutti avevano esattamente la stessa moto”.

Panigale V4, novità del WDW, come nasce il progetto?

“La nascita di una nuova superbike , dichiara Claudio Fonti, Project Manager Veicolo Ducati , è sempre un momento chiave, perché è l’anima della Ducati. Una bella sorpresa pensata per tutti i nostri appassionati”. E prosegue: “Il progetto della settima generazione delle Superbike Ducati è stato molto sfidante, perché partivamo da una base già molto performante, a cui abbiamo aggiunto migliorie e aggiornamenti per aumentare le prestazioni, ma anche la facilità di guida in pista. Il nostro obiettivo è infatti quello di rendere più agevole l’utilizzo del veicolo in pista ad ogni categoria di rider, dall’amatore al professionista. Approccio perfettamente allineato a quanto svolto da Ducati Corse in Moto GP dove vediamo sempre più rider su moto Ducati nelle prime posizioni.”

Quali sono le caratteristiche distintive di questo nuovo modello?

“I principali driver che guidano i nostri progetti

sono: style, sofistication e performance. La Panigale v4 è la prima superbike realizzata con un approccio integrato: lo sviluppo dello stile è partito sin da subito in modo completamente ingrato con quello dell’aerodinamica e della tecnica della moto. Fin dalla redazione dei primi bozzetti, tutti questi elementi hanno lavorato insieme, in parallelo, per ottenere, per la prima volta, un design integrato. Prima i profili alari e aerodinamici sembravano applicati sull’esistente, qui invece è tutto molto più integrato ed armonioso”.

Panigale v4 definita “meraviglia ingegnerizzata” perché?

“La sensazione che proviamo guardandola è di meraviglia. É il frutto di passione, cura e attenzione con cui abbiamo sviluppato ogni singolo componente. Amiamo così definirla: “meraviglia Ingegnerizzata”. “Siamo partiti con questo approccio, che valorizza stile e tecnica in modo integrato, ma senza abbandonare gli obiettivi di miglioramento delle prestazioni. La componente prestazionale è partita

da un’evoluzione molto importante degli pneumatici. Ora i piloti hanno la possibilità di posticipare notevolmente la frenata, anticipare l’apertura del gas e incrementare sensibilmente gli angoli di piega. La base meccanica era già ottima, ma eravamo giunti a un limite tecnico che non ci consentiva di sfruttare appieno la capacità delle nuove gomme. Da Ducati Corse abbiamo ricevuto un input preciso, modificare la base meccanica e sviluppare un forcellone bi-braccio. Una richiesta importante per il brand Ducati, da sempre molto legato al mono-braccio. Abbiamo agito con metodo: chiedendo a Ducati Corse di sviluppare dei concept di forcellone, sino a identificare il miglior forcellone mono-braccio e il miglior bi-braccio, li abbiamo confrontati sui muletti di Panigale v4 MY’24 e confrontati durante delle comparative eseguite con diversi driver, dall’amatore al professionista. Tutti i giudizi sono stati concordi, sia per tempi su giro, dati oggettivi, sia per feeling di guida e facilità d’uso. Il forcellone è caratterizzato da una rigidezza laterale sensibilmente

ridotta e permette ora di sfruttare al meglio le performance delle gomme. Il forcellone realizzato è molto scavato, leggero e ha aperture laterali importanti: è una vera opera d’arte”. Anche il telaio anteriore è stato completamente ridisegnato e sviluppato in maniera coerente rispetto a quanto fatto al retrotreno. E prosegue: “Il motore, della Panigale v4 è l’evoluzione della Desmosedici Stradale, di cui mantiene le principali caratteristiche, albero motore controrotante, distribuzione desmodromica di ultima generazione, potenza invariata, 216 cavalli, omologata Euro 5+, ma il consumo è ridotto, il peso più leggero, meno un kilo rispetto alla versione precedente, e l’impianto di raffreddamento è più generoso e performante”. Il pacchetto della base meccanica è completato dai nuovi cerchi forgiati in lega leggera di allumino con design derivato dal mondo delle corse e peso ridotto; dal nuovo set sospensioni Öhlins accoppiate al sistema gestione elettronica semi attivo Smart EC 3.0 e alle nuove pinze freno anteriori Brembo HYPURE.

Tante le novità anche a livello di elettronica, dichiara Marco Rocchetta, PM elettronico Ducati Moto. “Il cruscotto, con superficie frontale non più in plastica ma in vetro, è altamente tecnologico, utilizza l’innovativa tecnologia Optical Bonding, degli smartphone, per garantire visibilità in qualsiasi condizione di illuminazione e un’estetica racing, ha layout orizzontale, per aumentare il numero di informazioni da visualizzare, e altezza invariata, per non ostacolare la vista del pilota in carena. La dashboard è multifunzionale e il set informativo è arricchito con dati sullo stato del veicolo e sulla performance. Migliorati anche i controlli elettronici, per garantire semplicità di guida e performance dall’amatore ai top rider. Insieme a Bosch, abbiamo realizzato un sistema di frenata combinata specifico per la pista che attua in automatico il freno posteriore quando il rider agisce sull’anteriore aumentando decelerazione e stabilità della moto. Infine, in collaborazione con 2D, abbiamo introdotto un nuovo sistema di data logging, DDL (Ducata

Data Logger), per la registrazione dei dati, con GPS integrato e possibilità di scaricare i dati via Wi-Fi”.

Migliorare ancora di più le prestazioni. Ma come si fa quando i livelli sono già così alti?

“Siamo molto soddisfatti di questo lavoro di squadra, durato circa 3 anni e mezzo, che ha visto coinvolti moltissimi professionisti di Ducati Corse, R&D di Ducati Motor e il “Ducati Design Center”, dichiara Fonti. “Progredire ancor di più? Bella domanda (sorride), è difficile ma penso che, grazie a quest’ottimo lavoro di squadra fra “Corse “e “Motor” e continuando ad investire in ricerca e sviluppo, sarà possibile ottenere risultati molto interessanti”.

TRIUMPH CLUB MILANO

Non solo passione per le moto

Tutto inizia sui social grazie al thread dal titolo: “R.A.T Milano” creato sul Forum “Triumphchepassione”, che dal lontano marzo 2012 è divenuta una community sempre più numerosa di appassionati motociclisti Triumph . Una data che decreta anche la nascita del Triumph Club Milano, (TCM), fondato da un gruppo di amici che da sempre si incontra regolarmente ogni settimana per una birretta.

Il desiderio di convivialità e la passione per la buona cucina e per i viaggi con le proprie moto, porta i fondatori a strutturare il club, sia da un punto di vista organizzativo, sia di visibilità. Le molte iniziative organizzate sul territorio, riassunte nel calendario riportato sul sito www.triumphclubmilano.eu, e sul gruppo Facebook “TriumphClub Milano” lo spirito intraprendente e coinvolgente dei fondatori del Club, attraggono sempre più curiosi ed appassionati e il numero dei membri si incrementa.

“Siamo cresciuti tantissimo, afferma il Presidente, Francesco Martinelli, detto “Martello”, non solo a Milano, ma anche alle zone limitrofe. Oggi il nostro club è una grande realtà italiana, punto di riferimento, e tra le prime in Europa - nel panorama Triumph, riconosciuta fino a Hinckley. Il percorso è stato graduale: nel 2014 abbiamo avviato il tesseramento, l’anno successivo eletto il primo direttivo e nel 2016 costituito l’Associazione.”

Con sede a Milano, l’Associazione TCM ha finalità di: diffondere li patrimonio di cultura motociclistica e i valori propri del Club; promuovere l’utilizzo della moto per spostamenti piacevoli, cavalcando un mezzo che fornisce sensazioni che solo la moto può assicurare; far incontrare, tramite la moto, persone diverse per età, provenienza, professione ed abitudini, per viaggiare e sentirsi parte del Club; organizzare incontri con le proprie moto per favorire dialogo, confronto e senso di

A cura di Laura Lamarra

appartenenza a una grande famiglia, oltre a sostenere iniziative benefiche e sociali, ed essere per tutti i Triumphisti un punto di riferimento nel mondo Triumph. Lo spirito accogliente del Club, la sua vivacità e il forte senso di fratellanza, hanno trovato piena esplosione nel 12°anniversario, festeggiato lo scorso giugno nella splendida location South Garage a Milano. Un party in cui non sono certamente mancati: buon cibo, bella gente, musica e intrattenimento e soprattutto le protagoniste della serata; le “dannate” moto inglesi Triumph.

MODERN CLASSIC, VINTAGE, ADVENTURE O ROADSTER, PURCHÉ TRIUMPH!

“Festeggiare il 12° anniversario con i tanti membri del club e amici è stato per noi un momento importante e motivo di orgoglio”, afferma Marco Sgotto , membro del consiglio direttivo. E aggiunge: “quando è stato creato il club non immaginavamo che saremmo diventati un punto di riferimento per gli appassionati Triumph. Tanti Triumphisti si avvicinano al TCM per entrare a far parte di una community che condivide passione, aggregazione e voglia di macinare km in sella alle nostre amate moto.”

LIBERTÀ, UNIONE, FRATELLANZA, VOGLIA DI STARE INSIEME, PASSIONE PER LE MOTO TRIUMPH: SONO I CAPISALDI DEL TCM.

“Far parte del club, commenta Melis Yalvac, membro del consiglio direttivo, consente di accedere ai tanti benefici, in termini di servizi, convenzioni ed iniziative sul territorio. Grazie alla nostra di rete di partner convenzionati, in costante crescita, il Club dà accesso a offerte e sconti riservati ai soci su un’ampia gamma di prodotti (abbigliamento, caschi, accessori, ottica, gomme, ricambi moto, kit manutenzione ecc.)”.

Mauro Tresca , per tutti “Maurone”, vicepresidente del club, aggiunge: “oltre ovviamente alla possibilità di condividere meravigliosi viaggi in moto ed eventi. Dai viaggi, alle grigliate, ai City Tour, ai Night Rally, giri in notturna, con destinazione segreta, rivelata ai partecipanti solo all'arrivo

a destinazione, solitamente un ristorante, dove la passione per la moto si abbina a quella del buon cibo, sino ai mega party per festeggiare gli anniversari dalla fondazione”.

Andrea Tessera , tesoriere del club, dichiara: “e poi c’è il Twinning , un moto-tour emozionante di 3 giorni che coinvolge anche altri Club della penisola. Quest’anno si è tenuto nel Lazio ed è stato un evento che ha coinvolto oltre ai Club presenti l’anno scorso - Triumph Club Milano, Brigata Triumph (Roma), Sezione Palermo e Triumph Club Napoli, Treviso Triumph Team e Club Triumph Emilia-Romagna, per la prima volta, anche il Triumph Club Terre D’Otranto! Oltre al prestigioso patrocinio di Triumph Motorcycle Italia, un segno tangibile del riconoscimento della nostra passione per il marchio inglese”

“Infine, anche quest’anno”, commenta Giuseppe Di Carlo, detto “Zena” e segretario del club, “il TCM è pronto a partecipare in massa insieme ai gruppi del Twinning a Eicma 2024, evento fieristico di grande richiamo internazionale, per un settore, quello del motociclo, che registra numeri in costante crescita, anche in termini di indotto”.

Il TCM in numeri:

• 12 anni insieme

• 85 viaggi & ride

• 112 night rally

• 11 city tours

• +220 soci (2022)

• 3.000 circa iscritti al gruppo Facebook

• + 350 Moto

www.instagram.com/triumph_club_milano/

QC TERME, IL BENESSERE DIVENTA ESPERIENZA

Intervista ad

Andrea Quadrio Curzio: un modello di business tra sostenibilità e innovazione

A cura di Christian Gaston Illan

Durante l’Intervista con Andrea Quadrio Curzio, si è discusso della fondazione di QC Terme, iniziata nei primi anni 2000 con il recupero di stabilimenti termali a Bormio, e del successivo sviluppo di un modello industriale incentrato sul benessere. La strategia aziendale punta su ricerca e innovazione, con l’obiettivo di creare un’esperienza memorabile per i clienti, superando le loro aspettative, come dimostrato dall’introduzione di elementi innovativi. I progetti futuri includono l’espansione a New York e Milano, oltre all’apertura di nuovi centri in Nord America, Parigi e Lago di Como. Si è anche parlato dell’impegno per la sostenibilità e delle collaborazioni con marchi prestigiosi come Cantine Ferrari e Venchi. Infine, sono stati assegnati compiti specifici per portare avanti queste iniziative, con scadenze definite per l’apertura dei nuovi centri e lo sviluppo di progetti internazionali.

Come è nata l'idea di fondare QC Terme? Quali sono state le motivazioni e le ispirazioni iniziali dietro questo progetto?

L'idea di fondare QC Terme è nata intorno all'inizio del 2000. Dopo che io e mio fratello Saverio avevamo pensato di recuperare alcuni stabilimenti termali ereditati a Bormio da nostro padre, che erano rimasti abbandonati, abbiamo iniziato a restaurare gli

immobili. Poco dopo, abbiamo pensato di creare un modello che avremmo replicato ed esportato. Le motivazioni principali erano il recupero di una proprietà e l'intenzione di creare un modello industriale di benessere, non solo artigianale, per garantire una maggiore durata e validità tecnica del progetto.

QC Terme ha conosciuto una crescita notevole negli ultimi anni. Quali sono stati i fattori chiave che hanno contribuito a questo successo?

Il successo è derivato dalla nostra capacità di intuire, comprendere il desiderio di stare bene delle persone. Abbiamo puntato sulla bellezza e magia dei centri, tenendo un taglio “poetico” per migliorare le esperienze dei nostri ospiti, facendoli sentire speciali e non semplici clienti. Questa attenzione alla qualità dell'esperienza ha aumentato la nostra rilevanza e ha contribuito alla crescita.

Come descriverebbe la tipologia di clientela di QC Terme ed in che modo vi assicurate che ogni cliente abbia un'esperienza memorabile?

I nostri clienti cercano momenti di gratificazione e qualità di

Andrea Quadrio Curzio

vita basata sulla bellezza dei luoghi e sulla gradevolezza dei percorsi. Assicuriamo un'esperienza memorabile superando le loro aspettative, offrendo esperienze uniche come una sauna in un tram o una vasca immersa in un cinema con effetti speciali. La nostra capacità di innovare e di essere all'avanguardia nella ricerca e sviluppo contribuisce notevolmente a questo.

Ci può anticipare qualcosa sui vostri progetti futuri? Avete in programma nuove aperture o lanci di nuovi servizi?

Stiamo raddoppiando il centro di New York e aprendo uno smart hotel a Milano. In primavera, apriremo a Salsomaggiore all'interno delle Terme Berzieri e prevediamo sviluppi in Nord America, Parigi, Mandello del Lario e Svizzera. Abbiamo in programma progetti significativi che matureranno tra il 2025 e il 2026.

La sostenibilità è un tema sempre più centrale. Come si impegna QC Terme a essere un'azienda sostenibile? Potrebbe darci qualche esempio concreto delle vostre iniziative in questo ambito?

Abbiamo ridotto quasi completamente l'uso del PET e adottiamo pratiche di sostenibilità ambientale come il recupero dell'energia e l'efficienza energetica.

Utilizziamo sistemi chiusi per ottimizzare le risorse come l'acqua e migliorare la nostra efficienza energetica, il che non solo aiuta l'ambiente ma rappresenta anche un'opportunità economica.

Avete collaborazioni o partnership con altre aziende o enti? Se sì, come contribuiscono queste collaborazioni al vostro business?

Collaboriamo con aziende storiche come Cantine Ferrari e Venchi, oltre che con artisti (da ultimo con Pietro Terzini, Jacopo di Cera, Paolo Galetto, Lorenzo Pietrantoni) e con enti. Abbiamo anche partnership con uffici di promozione turistica delle località in cui siamo presenti. Queste collaborazioni contribuiscono al nostro business ampliando la nostra rete e aumentando la visibilità dei nostri centri.

Pre Saint Didier
Bormio
Roma Chamonix
San Pellegrino
Garda
Torino
Milano

32° FORUM DI SCENARI IMMOBILIARI

Focus sui temi European Outlook 2025 e rigenerazione urbana

A cura di Laura Lamarra

L’Italia sarà leader dell’area UE nella crescita di mercato nel biennio 2024-2025, con un fatturato immobiliare stimato in +3,4% entro la fine di quest’anno e +5,7% il prossimo. É ciò che emerge dall’ “ European Outlook 2025” presentato da Scenari Immobiliari in occasione del 32° Forum a Rapallo.

“Il periodo più difficile per l’immobiliare europeo e italiano dovrebbe essere vicino alla conclusione”, ha dichiarato Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari. Aggiungendo: “le prospettive sono positive, a cominciare dal settore residenziale, dove la domanda è forte e la discesa dei tassi spingerà le compravendite. Stabile la domanda di uffici, soprattutto nuovi e continua l’interesse per il settore dell’ospitalità. Sempre positiva la logistica mentre rimane la crisi nel settore commerciale, anche se in attenuazione”.

Segno + anche per le compravendite residenziali , stimate in: 700mila nel 2024 e circa 760 mila scambi nel 2025, +36% rispetto al 2020, di cui oltre il 90% riguarda case vecchie. Le abitazioni nuove o di migliore qualità, che non richiedono interventi di riqualificazione, sono di conseguenza interessate da quotazioni in rialzo.

In crescita anche i prezzi di vendita: + 3,1% a livello nazionale, ma nelle grandi città le variazioni saranno più significative:+6,9% a Milano, +6,5% a Venezia e +6% a Roma. Seguono Bergamo

(+5,2%), Bologna (+5,1%) e Napoli (+5%).

In crescita anche le seconde case ad uso turistico, spinta sia dalla domanda di investimenti per la locazione breve, che dalle richieste di chi trasforma la casa vacanza in una residenza primaria.

Segnali positivi anche per il mercato alberghiero con una presenza sempre più significativa delle catene internazionali e investimenti nei cinque stelle urbani e nei resort al sud.

In ripresa anche il settore terziario, con un +3,7% di fatturato nel 2025. Gli spazi di qualità A e sostenibilità ambientale guidano la domanda. Preferibili i complessi nuovi progettati anche per una migliore condizione di lavoro dei collaboratori. Milano sempre capofila, ma aumenta l’attenzione per gli investimenti nella capitale.

In crescita anche la logistica. Specie al centro sud. Gli investitori sono attivi, anche se i rendimenti sono in calo. In calo il settore commerciale, specie nel retail delle aree suburbane, e stabile nel complesso la GDO.

Grande valore aggiunto dai progetti di rigenerazione urbana : si stima in 8,7 miliardi di euro il valore aggiunto immobiliare di Milano e in 22 miliardi euro quello di Roma , con creazione di valore sociale rispettivamente per 20 e 47 miliardi di euro. Sono solo alcuni dei dati del Report “Rigenerazione - focus Milano e Roma”, realizzato da Scenari Immobiliari in collaborazione con Urban UP | Unipol, presentato.

“Nella realizzazione di questo Rapportoafferma Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari - ci siamo posti l’obiettivo di individuare uno strumento di misurazione economica del valore sociale, indiretto e indotto, derivante dalle operazioni di rigenerazione urbana. Per farlo, siamo partiti dall’analisi e approfondimento dei risultati ottenuti nel contesto delle grandi città italiane, e in particolare di Milano e Roma, realtà rappresentative di modelli dei processi

di rigenerazione urbana nazionale, influenzati dalle specificità territoriali, economiche e sociali e dalle modalità operative delle rispettive governance pubbliche, di due procedure di approccio che sintetizzano l’eterogeneo scenario di rigenerazione che ha interessato, sta interessando e interesserà, con tempi, modalità e finalità differenti, l’intero territorio nazionale. il risultato è uno strumento di stima, basato su un processo concettuale condivisibile e misurabile, che permette agli attori del real estate e agli stakeholder di quantificare, verificare e comparare autonomamente le ricadute sociali derivanti dalle loro attività nel breve, medio e lungo periodo”.

“È dal 2021 - commenta Giuseppe Lobalsamo, direttore immobiliare del

Gruppo Unipol - che lavoriamo con Scenari

Immobiliari per studiare e approfondire il tema della rigenerazione nelle periferie urbane, dapprima concentrandoci sulla Regione Lombardia e dallo scorso anno ampliando l’analisi al territorio nazionale. L’esito del rapporto presentato oggi ci dimostra quanto non esista una definizione universale di rigenerazione urbana applicabile indistintamente a qualunque città e quanto occorra invece calare ogni intervento nella peculiarità del contesto in cui insiste. Questo è ciò che cerchiamo di fare negli ambiti in cui lavoriamo, disegnando progetti sartoriali che partono dall’ascolto delle esigenze di chi abita il territorio mantenendo un costante dialogo con la pubblica amministrazione” www.forumscenari.it

GIORGIO BARATTI”

LA “COLLEZIONE

PRESENTATA ALLA BIENNALE

DI FIRENZE

A buon intenditore poche parole! Tanto che Fabio Obertelli - curatore della “Collezione Giorgio Baratti” - colpisce per l’alta padronanza del suo mestiere di buon esperto in materia, presentando con la sua bella voce suadente, un curriculum di tutto rispetto, osservando tuttavia…

“Sì, laureato in ‘Storia dell’Arte’, nonostante il mio profilo sia ibrido vista la laurea anche in ‘Economia’ nonché anche in ‘Gestione dei Musei’, facendo scuola di specializzazione. Quindi specialista in beni storici artistici presso l’Università di Macerata, tenendo presente che agisco su due fronti: uno più gestionale ed uno più storico artistico”. Realtà quindi che si possono ben amalgamare.

“Pensiamo che le direttive del “Ministero della Cultura” - da dieci anni circatendono ad individuare proprio dei profili che debbono gestire le realtà

museali, con duplicità di competenze sia gestionali che storico-artistiche, poiché inevitabilmente quando ci si approccia ad una realtà museale importante quale certi musei italiani, insieme ai tantissimi internazionali, automaticamente vengono descritte le risorse finanziare nonché quelle umane, finanziarie, patrimoniali, maturando di conseguenza una concezione a 360° di valorizzazione in un’ottica di lungo periodo. Quindi strategica, ove inevitabilmente le sole competenze storico-artistiche non possono essere considerate esaustive in tal senso. Basilare pertanto agire su due fronti”.

Il ghiaccio è rotto. Rotto per l’affascinante mondo dell’antiquariato volto alla raccolta e commercio non solamente d’opere antiche, bensì anche di libri, mobilia varia, ed oggetti dall’eterno fascino. Un fascino che si perpetua da centinaia

Fabio Obertelli

e centinaia d’anni, dove già per i nobili di allora era doveroso esporre nelle proprie abitazioni antichi reperti di natura religiosa. Interessante conoscere che in epoca medievale gli antichi manoscritti, copiati dai monaci amanuensi d’origine greca e latina, erano ricercatissimi. E se nel Rinascimento, ‘Fior fiore delle culle’, veniva nutrito un grande interesse verso i ‘Codici’, nel Lazio - a Roma in particolare -, gli scavi - purtroppo non cessati stante i ‘tombaroli’ ancora esistenti - erano tutti protesi alla ricerca dei resti dell’antica civiltà, sì d’essere ahimè spesso e volentieri esportati per mero commercio.

Rientrando nei ‘ranghi’ dal momento che a breve nella città dantesca si ripeterà la 33° Biennale Internazionale dell’Antiquariato a Palazzo Corsini dal 28 settembre al 6 ottobre, viene spontaneo chiedere ad Obertelli da quanti anni la frequentano.

“La prima edizione in cui tale galleria (Baratti) ha partecipato è quella del 2019, slittata poi causa pandemia nel 2022 e la prossima edizione 2024. Quindi la terza. Perché siamo una presenza fissa? Semplicemente perché è una manifestazione prestigiosissima, il più importante evento fieristico col ‘master’ nel senso stesso del termine, ove si respira antiquariato di grande qualità con rinomati maestri che godono d’appeal anche per le realtà museali internazionali. Pensiamo inoltre alla ‘Galleria degli Uffizi’ che da qualche anno ha attivato una politica di acquisizione di grandi opere, risultante più importanti ed interessanti per loro, proprio dagli antiquari della Biennale.”

Inevitabile chiedere cosa esporrete. “Anticipo che sarà esposto un bellissimo quadro-ritratto di Lavinia Fontana, che è l’ultima aggiunta quale grande riscoperta fatta dalla prof.ssa Vera Fortunati: la più importante studiosa di Lavinia Fontana. Fortunati, docente all’Università di Bologna, curatrice della mostra monografica dedicata a Lavinia sempre a Bologna, è la massima autorità scientifica di questa artista, capace di riscoprire

in un quadro della nostra collezione un importante ritratto della Fontana, eseguito proprio da lei stessa. Seguirà la notevole tela inedita di Louis Finson, la “Maddalena Penitente”, studiata e riscoperta dal prof. Giovanni Papi, ed ancora altre opere già portate in altre edizioni. Vogliamo tuttavia focalizzarci su tali riscoperte dal momento che nel corso di questi due anni sono state la novità per la nostra collezione- curatela, dal momento che tutti i giorni curiamo le nostre collezioni confrontandoci con i più importanti critici storici sia su scena nazionale che internazionale.”

La volta precedente avevate due stand. “Anche stavolta, saremo nella stessa posizione permettendo di conseguenza una sezione espositiva di grande respiro, la più importante a livello di metratura all’interno della Biennale. Un modo quindi di poter osservare l’ampio catalogo di opere spazianti dal XV° al XIX° secolo, focalizzandoci principalmente sul Rinascimento, Maniera e Barocco”.

Maastricht a suo avviso che rilevanza possiede?

“Maastricht è la fiera e l’evento di riferimento, che annualmente va a regolare le tendenze di mercato, prospettive, andamento, che possono andare a delinearsi e profilarsi. Quindi un importante termometro annuale che permette di avere un focus sul settore dei migliori master nonostante tenda ad essere un evento spurio integrato con ampie e importanti realtà che si occupano di arte contemporanea. Pertanto vede la sua natura un po’ diversificata rispetto all’evento fiorentino che si contraddistingue per la purezza in quanto legato proprio alla storia della pittura antica d’eccellenza”.

La “Collezione Giorgio Baratti “quante gallerie possiede?

“Questa di Milano, in Via Bigli n.11, dove stiamo parlando, la sede fiorentina a Palazzo Frescobaldi, ed ancora una a Goito - in provincia di Mantova - “Villa La Giraffa” che funge da stock per le

tantissime opere possedute; non a caso parliamo di più di 1000 dipinti con oltre 200 sculture nonché decine e decine di mobili di gran valore”.

Effettivamente tra un caffè e buoni cioccolatini ammiriamo i numerosissimi quadri disseminati ovunque assieme ad altre opere statuarie che colpiscono per la profondità degli sguardi. Ed ancora centinaia di cataloghi in lingua varia posti a noi di fronte che è sempre un piacevole sfogliare. Quanto alla ‘Sindrome di Stendhal’ è ancora presto per farsela venire visto che abbiamo ancora tanto da chiedere a Fabio Obertelli.

Nel frattempo Giorgio Baratti, proprietario dall’occhio ben vigile ed attento, accoglie i clienti non mancando via via nelle pause lavorative di soffermarsi nella stanza adiacente con fare benevolo verso le due giovani e belle signorine alla scrivania: Carolina, che si occupa di Social Media Manager, e Benedetta invece nelle vesti di Gallery manager.

Riprendiamo osservando che il loro è un mercato decisamente di nicchia chiedendo qual è la loro clientela fissa. “Sicuramente gli Stati Uniti, che inevitabilmente essendo una economia che mantiene una crescita senza arresti e senza particolari problematiche particolari all’orizzonte, è anche una economia culturalmente più affine alla cultura del “Vecchio Occidente”, il cuore pulsante di quella che era poi la culla della pittura antica, dell’arte antica. Quindi gli States, proprio per queste affinità anche intellettuali, e le nuove economie che si vogliono affacciare al collezionismo d’arte antica europea, vedendo in questo una sorta di prestigio culturale, una validazione di successo che stanno ottenendo a livello economico. Pensiamo ai progetti che fanno gli Emirati Arabi Uniti, progetti che anche di certi musei privati cinesi, dove l’acquisto di opere d’arte antica-europea, rappresenta la chiave strategica per l’affermazione d’uno status, che solamente certi beni quali i dipinti dei grandi maestri europei possono dare”.

Quindi nell’immaginario collettivo americano, oltre ad Hollywood c’è altro. “Assolutamente, in quanto l’America può considerarsi la culla di importanti collezioni che nel corso del ‘900 si sono formate dando luogo ad importantissime realtà museali, quali il “Norton Simon” ed ancora il “Getty Museum” di Los Angeles. Non a caso quest’ultimo è la più importante realtà museale al mondo per disponibilità economica per le acquisizioni di opere d’arte in ogni angolo della terra; non a caso proprio la collezione di Giorgio Baratti in passato ha avuto l’opportunità di vendere alcune opere inserendo un proprio quadro anche nella collezione del ‘Getty’. È con piacere racconto che un quadro della nostra collezione è stato acquistato dal ‘Metropolitan’ di New York. Pertanto esiste un dialogo interessante con la realtà americana riguardante sia il lato museo sia quello del collezionismo privato”.

I vostri punti di forza nonché di orgoglio nell’esporre nella città medicea. “Sicuramente la grande varietà e capacità di saper raccogliere opere che provengono da scuole pittoriche differenti quale emblema di culture artistiche diverse. Possono essere in un certo qual modo rappresentative della multiforme inventiva artistica propria della cultura pittorica italiana, a differenza delle altre nazioni che tendono a parlare di pittura spagnola, pittura francese, e che come sappiamo per storia, avevano concentrato tutto presso la Reggia di Versailles. Quindi, inevitabilmente, tutti gli artisti andavano a Parigi, mentre la storia pittorica italiana è fatta di scuole locali quali quella genovese, veneziana, napoletana, ed altre ancora. La nostra collezione vanta l’unicità di poter rappresentare in maniera più o meno completa tutte queste grandi scuole che hanno dato fama e forma, profilando quella che è la pittura italiana nei secoli.”

Francamente siamo affascinati da cotanta cultura dal momento che lei si esprime da vero e proprio docente. E chissà se lo è stato…

“Effettivamente mi hanno chiesto anche d’insegnare ma nella vita non è che si può fare tutto. Ho fatto quindi le mie scelte in estrema convinzione felice d’averle realizzate”.

Ultima domanda e poi la lasciamo. Le cornici hanno un importante valore nel racchiudere il quadro?

“Certo! La cornice è un elemento fondamentale, non solamente abbellitivo ed ornativo nel senso etimologico. Non certamente qualcosa di superfluo, bensì quel qualcosa che va ad integrarsi con l’opera. Quindi, inevitabilmente, deve saper valorizzare e capire con chi va a fondersi, diventando un tutt’uno di successo. Un grande problema che oggi riguarda il mercato è la capacità di comprensione di questo elemento visto che molto spesso si tende a sottovalutarlo preferendo magari cornici più moderne. Praticamente si tende a volerla rendere contemporanea pensando che questa possa essere maggiormente in linea col nostro tempo. E quindi alcune cornici barocche, magari, risultano un po’ più pesanti, al di fuori di quella che è la linearità anche estetica che la nostra cultura tende a prediligere. Bisogna però pensare che un quadro del ‘600 si fonde in maniera perfetta con questo tipo di cornice... talvolta anche molto esuberante, ricca di dettagli, particolareggiata, proprio perché l’animus di entrambi verte verso un finale comune che risponde al nome di stupore, che altro non è la caratteristica imprescindibile dell’arte barocca. In sostanza bisognerebbe agire verso quella mentalità che segue il periodo dell’opera da trattare; fondere assieme queste due concezioni”.

A questo punto storditi da cotanta cultura, il proprietario Giorgio Baratti non ce ne voglia vista la nostra idea di catturare Fabio Obertelli incellophanandolo ben bene per poi caricarcelo sulle spalle... verso la fuga!

D’altronde, proprio la saggezza popolare Toscana avvistando qualcuno di valore è solita dire... A TROVALLO!!!

BARITONO

MA SI CHIAMA CERTEZZA...

Simone Piazzola, una carriera lunga

un ventennio

A cura di Marco Chingari

Nella genesi di un cantante lirico intervengono moltissimi fattori e variabili che, nell’accezione puramente matematica del fenomeno, darebbero seri grattacapi anche ad un Einstein nella formulazione di un’equazione esaustivamente accettabile date le variabili atte a descrivere tutte le doti che deve assommare un artista lirico per arrivare sul palcoscenico con spolvero vocale e scenico. Questo nella fenomenologia della crescita di un cantante lirico di portata artistico-vocale medio normale. Poi ci sono le eccezioni ed i fenomeni. Parliamo quindi di talenti fuori dalla norma comune, di voci, come ebbero a dire di Pavarotti, baciate da Dio, di nature veramente così spudoratamente dotate da far pensare che la metempsicosi non sia una bufala ma una certezza: ebbene questo è il caso del Baritono Simone Piazzola.

Statura e voce gigantesche, colore brunito e caldo del suo mezzo vocale, espressività e fraseggio nel suo canto che ricordano la più bella poesia enunciata da un grande attore, musicalità fuori della norma sono le caratteristiche che fanno di Simone veramente un fuoriclasse nel e dell’agone lirico.

Contattiamo dunque il nostro amico telefonicamente dato che, oltre ad esse di origine veneta, lo è anche come residenza.

Simone buondì. Grazie innanzitutto di averci concessa questa intervista.

“Buongiorno a tutti! Ma ci mancherebbe!!! Per me è un piacere ed un onore!”

Simone tu comprenderai che i nostri lettori vorrebbero conoscerti meglio... cominciamo dall’inizio: come è nata questa passione per l'opera lirica e come hai scoperto di possedere questo talento vocale?

“Guarda la mia genesi vocale sembra una storia tratta da un romanzo d’appendice ma, ti assicuro, è tutta vera.

Allora, non ci crederai, io mi appassionai all’opera lirica alla verdissima età di tre anni…”

Addirittura!!!

“Eh sì! Ma lasciami dire. Tu devi sapere che io da piccolo ero vivacissimo, un vero e proprio diavolo scatenato. La povera mia mamma non sapeva mai come fare a calmarmi, insomma la facevo davvero impazzire.

Una volta però, magicamente, mentre io mi davo alla pazza furia, in televisione, ospite della Raffaella Carrà apparve il grande tenore

Mario del Monaco che, ospite della famosa show girl, cominciò a cantare la canzone “Un amore così grande”.

Ebbene, improvvisamente, già dopo le prime note, io mi bloccai estasiato a bocca aperta, fermo, immobile, quasi ipnotizzato da quella meravigliosa e dotatissima voce drammatica.

Chiaramente mia madre non credeva ai suoi occhi e, furbescamente, come solo le donne sanno esserlo, da quel giorno usò la musica lirica come arma impropria per calmarmi…”

Incredibile!!! Ma fu la voce di Del Monaco a fare questo effetto o anche le altre e l’opera in generale?

“No anche l’opera in generale. Però devo confessarti che a me, la voce di del Monaco, fa un effetto davvero devastante.”

Cioè?

“Eh sappi che ancora adesso, se, che ne so, io ascolto in auto la voce di quel grande tenore, perdo completamente il senso della realtà e, ti devo confessare ob torto collo, qualche volta ho anche rischiato un incidente d’auto per colpa sua!!!”

Caspita!!! Ma ti prego continuiamo con la tua storia che ci pare avvincente…

“Allora succede questo: io comincio a cantare, imitando i miei beniamini lirici, da bambino. Un giorno, all'età di appena otto anni, durante un picnic a Novezza, piantai un ramo di albero per terra e, mimando come se avessi davanti un improbabile microfono esclamai - Adesso dalla Scala di Milano ascoltate il grande cantante Simone Piazzola! - e, a cascata, improvvisai tutto il mio repertorio fatto di canzoni napoletane, O sole mio in testa, ed anche qualche aria d’opera chiaramente appresa ad orecchio dai dischi.

Mia madre, imbarazzata alquanto mi lasciò fare, anche perché, tutto sommato, avendo una voce assai dotata (pensa, avevo un imposto lirico già da bambino) la gente apprezzava assolutamente queste mie esibizioni.

Dopo il mio improvvido siparietto, arrivò una signora matura che chiese a mia madre quanti anni avessi perché davvero

ero molto dotato vocalmente. A sentire che avevo appena otto anni la signora si infervorò e disse alla mia mamma che, appena mi sarei sentito pronto, lei mi avrebbe dato volentieri lezioni di canto.”

Incredibile!!! E avevi appena otto anni! “Aspetta. Io cominciai a studiare con questa signora, che si rivelò essere il soprano Alda Borelli Morgan con un curriculum di tutto rispetto (aveva cantato con i più grandi cantanti lirici del passato nei grandi teatri), alla tenerissima età di 11 anni!”

Davvero strepitoso!! Credo che nel passato, se non sbaglio, pochi cantanti erano in grado di cantare in cosi giovane

età, come il Soprano Mirella Freni che riusciva a cantare la traviata a dieci anni… “Assolutamente sì!!! Ma ti dirò di più. Dopo pochi anni di studio davvero intenso con la mia Maestra che accompagnò la mia carriera fino all’ultimo prima di morire, mi capita di ricevere una proposta “indecente” di probabile scrittura lirica: il Rigoletto come, appunto, Rigoletto… e questo alla tenerissima età di appena 18 anni!”

Beh davvero strabiliante… e?

“E niente, io non solo accetto, ma mi fingo diciannovenne per sembrare un po' più grande ma, pensa, debuttare in un’opera che fa tremare i polsi a baritoni di consumata esperienza ad appena 18 anni…”

Assolutamente una follia! E come è andata?

“Guarda andò benissimo. Eravamo a Narni ed io sostituii un collega malato dopo un’audizione con il regista Paolo Baiocco che ancora ringrazio per la fiducia accordatami.

E questo fu solo l’inizio.

Ben presto mi cimentai nei concorsi lirici e vinsi lo Sperimentale di Spoleto, il Concorso Maria Kraia a Tirana, arrivai secondo al Concorso Voci Verdiane di Busseto e, dulcis in fundo, già in carriera, vinsi il secondo posto nel Concorso Operalia di Placido Domingo che mi aprì definitivamente le porte della grande

carriera.”

Beh non c’è che dire un gran bel excursus. Senti a beneficio dei giovani ed inesperti cantanti lirici che ci leggono, spiegaci in che consiste il tuo metodo di studio e la tua tecnica di canto.

“Guarda io ascolto sempre, con un occhio imitativo ed un altro di profonda stima e rispetto, ai tre baritoni di riferimento che sono Ettore Bastianini, Renato Bruson e Piero Cappuccilli.

E proprio come loro io prediligo la famosa e quasi oramai sconosciuta antica tecnica italiana che si basa sull’attacco vocale dalla prima all’ultima nota di un punto preciso

nell’arco palatale, punto che si trova, a seconda delle nature vocali e fisiche, all’incirca al centro del palato. Ecco quando la voce la si pensa lì poi, naturalmente, viene proiettata verso i risuonatori e sfrutta ogni oncia di riverbero acustico, con la grande qualità di rendere il canto fluido, morbido e facilissimo.”

Mi sembra molto chiaro anche se, per metterlo in pratica, magari serve molto studio ed abnegazione no?

“Ah certo che si! A proposito poi di studio, una volta che la tecnica vocale risponde in maniera quasi automatica, per quanto riguarda la preparazione delle opere io sono assolutamente maniacale. Ne sa qualcosa il Maestro Giuseppe Vaccaro il mio preparatore musicale nonché il Basso Giacomo Prestia il mio attuale vocal coach.”

Cioè?

“Allora io prima faccio una ricerca pedissequa sull’opera che devo interpretare, leggo l’opera letteraria o teatrale dalla quale il compositore ha tratto la sua composizione, poi passo allo studio matto e fiscalissimo dello spartito con il rispetto più assoluto delle indicazioni musicali del compositore stesso e poi, una volta fatto tutto questo, comincio a cantare per mettere in pratica col canto quello che ho appreso per creare il personaggio.”

Beh sappiamo bene cosa significa. E, dobbiamo dire, che tutto quello che ci hai spiegato fino ad ora fa di te un professionista serissimo.

Ma andiamo avanti.

Quest’anno, con Traviata, opera che hai cantato centinaia di volte, festeggerai i primi vent’anni di professione. Che somme tiri sulla tua vita e sulla tua carriera?

“Guarda pur non avendo avuto mai vita facile devo dirmi davvero soddisfatto per quello che ho fatto finora e spero di esserlo anche in futuro…”

Perché spero?

“Perché il mondo dell’opera sta cambiando in maniera esponenziale e, credo senza nessun tipo di contrasto polemico, non necessariamente in meglio.”

Addirittura.

“Si assolutamente. Allora oggi sei un numero e, purtroppo, si decide sui social e sulle cosiddette “mode” chi deve cantare nei teatri in Italia o all’estero. Poi c’è anche il fatto che quando si arriva ai quaranta anni ti cominciano a dire che sei vecchio e non sei più una novità. Questo è molto grave perché, purtroppo, nei posti dirigenziali dei teatri alcune volte siedono dei personaggi che badano solo all’aspetto fisico ma se poi un artista che loro scelgono, o per troppa inesperienza o perché ha una tecnica vocale deficitaria o perché, semplicemente la voce non è per quel repertorio, si rovina non importa. Ma così si creano carriere che poi, drammaticamente, finiscono dopo appena una manciata di anni.”

Beh è un fosco panorama davvero.

“Beh senti l’opera lirica è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità, ed è un gran bene chiaro, ma siamo sicuri che poi, all’atto pratico, i teatri siano in grado di rispettare questo immenso riconoscimento?”

Che vuoi dire?

“Voglio dire che assistiamo ad un regresso qualitativo sia come qualità degli spettacoli che anche come produzioni registiche. Io non sono contrario alle regie moderne, anzi, ma devono essere rispettose ed in linea con il volere del compositore e non travisarne assolutamente il senso tanto da scadere nell’incomprensibile e nel volgare. Poi, ed in Italia il fenomeno si fa davvero pesante, anche questo uso smodato dello straniero che occupa, percentualmente, la maggior parte delle scritture nei nostri teatri lasciando a casa tanti bravi connazionali che languono nella disoccupazione e vedono lavorare magari artisti non solo non italiani ma anche non proprio all’altezza del compito. Io sono convinto che ci sia posto per tutti e che tutti, i meritevoli chiaro, debbano ed abbiano diritto di lavorare.

A questa situazione si aggiunga il sentore che ho da tempo di un vero e proprio strapotere di alcune potentissime agenzie liriche che, praticamente, decidono di fatto carriere ed ingaggi e, magari, anche qualche “interruzione carrieristica” coatta volta a

distruggere il tal a talaltro cantante…”

Ma quindi, per finire, alla luce di questi fatti che mi stai raccontando, tu come vedi il tuo futuro professionale?

“Carissimo che ti devo dire? Io ho sempre lottato per affermarmi e sto lottando ancora per rimanere sulla breccia. Spero di non cadere vittima sacrificale tra color che son sospesi dalla professione in maniera, come su detto, “coatta” ma, ti posso fin da ora assicurare, che lotterò sempre sino allo sfinimento perché amo profondamente questo lavoro, anzi questa meravigliosa arte, e niente e nessuno potrà mai distruggere quello che tanto

faticosamente ho costruito in tanti anni di durissima ed abnegante carriera…”

Lasciamo dunque Simone Piazzola immerso in questi foschi pensieri non consoni al livello della sua arte e della sua straripante umanità. Di sicuro la meritocrazia, ultimamente, non sta certo brillando nei gangli professionali italiani in generale, ma lo scoprire che anche il fantasmagorico mondo dell’opera possa cadere vittima della cecità intellettuale nel non riconoscimento naturale del vero talento ci fa pensare davvero tanto…ed è un pensiero che non fa bene né all’Opera Lirica, né all’Italia tutta intera...

INTERVISTA

A GIAN LUCA BAUZANO

Una lunga carriera dal giornalismo al web, passando da moda e spettacolo

A cura di Christian Gaston Illan

Nel corso della sua lunga carriera, come ha visto evolvere il giornalismo, soprattutto nell'ambito della moda e della cultura? La digitalizzazione ha cambiato il modo in cui si raccontano queste realtà?

Ho iniziato giovanissimo a occuparmi di giornalismo e verso la fine degli anni Ottanta a firmare su Il Giornale, ancora direttore Indro Montanelli. Ho avuto così la possibilità unica di vivere la trasformazione del “fare giornalismo” sul campo, grazie all’incontro con penne prestigiose attive in quell’epoca. Come lo potevano essere oltre a Montanelli anche Guido Vergani o Camilla Cederna. In parallelo si è verificata la trasformazione degli strumenti di lavoro: macchina da scrivere, computer sino ad arrivare oggi con il digitale. Il cambiamento è indicato dalla trasformazione del Corriere della Sera, quotidiano dove ora lavoro da decenni, passando da quotidiano cartaceo a vero e proprio Sistema Corriere allargato sulle piattaforme digitali più diverse: social, on line, eventi streaming tv radio. I nuovi mezzi hanno influenzato profondamente il modo di comunicare. Anche quello legato a cultura e moda: queste vivono da sempre di contenuti scritti e ancor più di immagine. Se la digitalizzazione ha reso più immediato il racconto attraverso le immagini postate, il mondo web e le dirette social fatto vivere

in prima persona gli eventi, offrendo un accesso allargato, la fruizione e la lettura non hanno però più avuto una mediazione che offrisse spunti di riflessione dati da professionisti del settore. Lo scopo dei media, in particolare del giornalismo scritto. Suggerire non significa chiedere di sposare un’opinione ma di aprirsi a un confronto. Moderato e costruttivo. Non una lotta per avere ragione, come spesso oggi accade attraverso i social. Prendiamo a esempio una sfilata: le immagini viste in tempo reale possono dare forse delle suggestioni forti, ma necessitano anche di una mediazione da parte di chi segue quel determinato settore, per far arrivare anche i contenuti che sono il Dna creativo di quel progetto. La sovra-informazione a volte non significa miglior informazione.

Lei è noto per aver raccontato il mondo della moda, della musica classica e dello spettacolo. Come riesce a conciliare questi tre ambiti così diversi tra loro? Ci sono punti in comune che li legano? Sono tre ambiti all’apparenza lontanissimi. In realtà non è così. Si basano tutti e tre su espressioni creative. La creatività è una, ma si può esprimere nelle maniere più differenti. Fondamentale sentirsi liberi con la mente e senza pregiudizio alcuno “passando” da un mondo all’altro. Una “attitude” che permette di approcciare un

Gian Luca Bauzano in un ritratto by Rankin

direttore d’orchestra, un attore, un regista, ma allo stesso tempo anche uno stilista o un designer senza barriere, preconcetti. Anzi l’incontro si può trasformare in una condivisione di esperienze. Non capita spesso, ma capita. Creare collegamenti tra mondi differenti è uno stimolo continuo per trovare punti di vista nuovi per raccontare un personaggio

Milano è da sempre un centro nevralgico per la moda e la cultura. In che modo la tradizione milanese ha influenzato il suo lavoro e il suo modo di raccontare la moda e la musica?

Milano è fulcro sia della cultura sia della moda ed è la mia città. Vi sono nato, è avvenuta la mia formazione universitaria in parallelo a quella professionale. Ma la Milano dove sono cresciuto non esiste quasi più. Quella che si vede oggi è frutto di cambiamento e trasformazione. Non sempre positivi. La tradizione milanese, quel pragmatismo che ha fatto grande questa città e dato voce a intellettuali e avanguardie, esiste ancora, ma sembra in parte aver cancellato una certa memoria che invece andrebbe preservata. Non in maniera sterile e legata al rimpianto, ma come elemento di confronto e di sviluppo. La città oggi ha subito una trasformazione verso l’internazionalità. Ma le basi sono state gettate nel secondo dopoguerra. E successivamente da figure uniche. Ne ho conosciute e frequentate molte e attraverso loro, i loro ricordi e testimonianze compreso a fondo cosa significasse la “milanesità”.

Oltre a Montanelli, Guido Vergani, Camilla Cederna, figure come Giulia Maria Crespi, la creatrice del Fondo Ambiente Italiano; Federico Zeri e Philippe Daverio; il mio primo lavoro è stato come assistente del manager di Rudolf Nureyev; il mondo della musica mi ha permesso di fare incontri unici, come quello con Biki, la sarta nipote di Puccini che inventò lo stile di Maria Callas e condividere momenti indimenticabili con la grande grande e vera amica del soprano greco, la contessa Carla Nani Mocenigo. Attraverso queste figure, io ero ancora un giovane uomo, ho avuto la fortuna di capire Milano nella sua interezza e profondità. Queste esperienze hanno fatto sì che nel

tempo, affrontando molti temi dalla moda alla cultura e allo spettacolo, questo bagaglio prezioso di conoscenze mi abbia spesso guidato. Un prezioso tesoro che, ancora sottolineo, va preservato.

La moda è spesso percepita come effimera, mentre la musica classica ha una connessione profonda con la tradizione. Come riesce a mantenere vivo l'interesse del pubblico per questi due mondi apparentemente così distanti?

La moda è effimera solo all’apparenza, ma così non è, mentre dal canto proprio la musica classica pur vivendo di talenti unici alle sue spalle ha un ingranaggio complesso al pari del dietro le quinte della

moda. Questa dà lavoro a molte persone e crea un indotto economico enorme in Italia e nel mondo. Ciò che si vede sotto i riflettori tuttora sembra raccontarli come universi immutati. Ma non è così. La moda è oggi più pragmatica e il mondo della finanza ne è parte assolutamente preponderante rispetto al passato, come dal canto proprio la Musica ha scelto la strada delle cosiddette <contaminazioni> in modo da raggiungere un pubblico sempre più ampio. Entrambi i cambiamenti hanno fatto sì che la percezione via via stia cambiando.

La sua carriera l'ha portata a seguire da vicino grandi eventi come la Prima della Scala e le principali sfilate di moda. Quali

Milano, 7 dicembre 2023, Serata Inaugurale Stagione Teatro alla Scala / Courtesy Max Montingelli

sono stati i momenti più memorabili di questi eventi?

Gli eventi diventano memorabili quando c‘è un elemento che li rende tali. E questo elemento di solito è l’elemento umano. A volte capace di creare davvero dei momenti unici, dove le immagini non bastano a trasmettere totalmente l’energia di quegli istanti. Partendo dalla moda la sfilata di Dior by John Galliano nel 2007 alle Orangerie di Versailles per i 60 anni di storia del marchio con le top model più importanti del mondo come Carla Bruni, Naomi o Linda evangelista; la sfilata di Gianfranco Ferrè a Milano alla

Triennale con una collezione che evocava Marie Antoinette; Vivienne Westwood che sfila per la prima volta a Milano ospite di Trussardi nell’ex stabilimento Motta prima della chiusura là dove si confezionavano i Panettoni, simbolo di Milano. La musica, per me è legata al Teatro alla Scala e ad alcune serate indimenticabili. E anche qui sono le persone. Lady D e Carlo negli anni Ottanta in palco reale alla Scala per assistere a Turandot di Puccini, spettacolo con la regia di Franco Zeffirelli. Ho poi avuto occasione di conoscere personalmente Carlo, ancora principe di Galles a Firenze uomo di grande

tempra come lo fu sua madre Elisabetta. Di lei ricordo l’arrivo alla Scala nel 2000 per un concerto in suo onore in occasione della sua visita ufficiale in Italia, all’uscita della sovrana una spontanea standing ovation la salutò. E ancora le grandi prime scaligere in occasione dell’apertura di stagione il 7 dicembre, vissute sempre sul campo per raccontare ciò che accadeva nel teatro con ospiti unici: vi sono passati dal figlio di Kennedy con la moglie coppia di rara bellezza ed eleganza, alla serata in cui parteciparono tutti gli stilisti italiani ognuno con un ospite d’eccezione come le top model dell’epoca, eravamo negli anni Novanta. Ma il racconto potrebbe ancora continuare.

Lei ha lavorato con figure leggendarie come Indro Montanelli. Cosa ha appreso dai suoi esordi con lui, e come questi insegnamenti la guidano ancora oggi nel suo lavoro?

Rigore, serietà, umiltà ed entusiasmo. Su tutto garantire che ciò che veniva scritto avesse fonti certe e rispondesse a dati oggettivi.

Nel suo percorso ha esplorato molto il legame tra arte e moda, ad esempio curando mostre internazionali. Come vede il futuro di queste collaborazioni tra moda, arte e cultura?

Oggi più che mai il rapporto tra moda e cultura, in particolare attraverso mostre protagonisti stilisti e creatività sono diventate mezzo fondamentale per comunicare e far capire come i due mondi possano dialogare. Già in passato prima che divenissero così frequenti ho curato mostre delle quali protagonista era proprio questo dialogo. Come numerosi progetti protagonista il mitico creatore degli abiti scultura Roberto Capucci. Nel 2001 “Roberto Capucci. Creatività al di là del tempo” presentata a Venezia all’Arsenale in occasione dei 50 anni dalla nascita della moda italiana, mostra poi allestita nel 2002 a Tokyo al Park Hyatt Ozone Hall; fece seguito poi “Lo Stupore della Forma” a Villa Panza a Varese, dialogo tra la collezione d’arte contemporanea Panza e le creazioni di Capucci, esposizione in collaborazione con il Fai, Fondo Ambiente Italiano e Vogue Italia. Recentissima nel

Milano, Teatro alla Scala, Green Carpet Fashion Awards / Courtesy Alfonso Catalano

2021/2022 è stata “Metafore. Roberto Capucci: Meraviglie della Forma”, progetto realizzato con la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e la Fondazione Capucci. Quest’ultimo progetto è rappresentativo della sinergia che può nascere tra diverse istituzioni, attraverso le quali raccontare la moda, diffondere la storia di un Paese che nel caso dell’Italia è strettamente legata alla moda e al made in Italy dal secondo dopoguerra motore trainante dell’economia. La mostra <Metafore>, infatti, è stato un progetto ospitato e voluto dalla Triennale di Milano; prendeva spunto dalla biografia che avevo scritto sul grande creatore e dal titolo <Roberto Capucci. Lo scultore della seta>, parte di un progetto sull’artigianalità e l’arte della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. Proprio da questo volume e dal lavoro fatto con le diverse istituzioni è nato un documentario di quasi un’ora di cui sono il narratore: “Roberto Capucci. La Bellezza salverà il Mondo”, trasmesso da RAI3 regia di Marco Speroni, produzione di Rai Documentari e Silvio Ricci. Un racconto a 360 gradi, l’esempio virtuoso di cosa sia una collaborazione tra moda, arte e cultura.

Nel suo libro su Roberto Capucci, sottolinea l'importanza della creatività e dell'innovazione. In che modo la moda contemporanea sta riuscendo a mantenere questo spirito innovativo, soprattutto in un'epoca di fast fashion?

Capucci ha debuttato nel 1951 esattamente in occasione delle prime sfilate di moda italiana a Firenze su invito di Giovanni Battista Giorgini, il loro ideatore ed ho partecipato alla realizzazione del volume che celebra Giorgini, libro uscito nel 2023 e presentato a Firenze in occasione di Pitti Immagine Uomo, titolo “G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy”. A Capucci mi lega un rapporto di profonda amicizia. Negli anni ho potuto scoprire, in parte, le ragioni del suo successo e della sua magia: creatività pura e libera. Sperimentando. Anno dopo anno, collezione dopo collezione, creazione dopo creazione. Capucci è uno dei padri della moda italiana. I ragazzi lo adorano e quello che lui dice sempre loro è: “Siate umili, seguite i vostri sogni, sentitevi liberi”. Un prezzo altissimo in una

società come quella odierna globalizzata e totalmente differente rispetto a quella di oltre 70 anni fa quando debuttò lo stesso Capucci. La creatività, vera, è fatta di mente e fantasia, non di numeri. Ma senza quelli il Sistema Moda non può funzionare. Questi oggi però hanno preso il sopravvento e l’innovazione sta virando sempre più verso il conto economico legato alla vendita delle collezioni piuttosto che alla sperimentazione vera e propria. La fast fashion benché a volte affidata a dei fashion designer noti, non può essere la soluzione. Del resto, continuare a proporre collezioni, capsule, accessori e progetti in continuazione satura il mercato. Il recente annuncio arrivato da Valentino, oggi partecipato anche dal Gruppo Kering, di ridurre le sfilate di Haute Couture e di p-à-p è indicativo. Una sola all’anno per l’haute couture e due all’anno (entrambe co-ed, cioè uomo e donna assieme), per il p-à-p sono un segnale molto forte che il Sistema Moda sta cambiando. La speranza che nel cambio si ritorni a focalizzarsi proprio su sperimentazione, innovazione, libertà creativa.

La sostenibilità è un tema cruciale per il futuro del pianeta e della moda. Come pensa che il settore moda possa realmente fare la differenza verso un futuro più sostenibile?

Un tema, quello della sostenibilità, oggi realmente nodale. Ho avuto l’opportunità di seguire l’evoluzione del tema “green” sin dalla sua timida apparizione. Sin da quando più di un decennio fa venne lanciata la versione Green del Magazine 7, il settimanale allegato al Corriere della Sera, ora in uscita ogni venerdì, seguendo passo dopo passo l’evoluzione della situazione mondiale e i diversi progetti e proposte dei vari brand e gruppi. Un esempio è stato il Fashion Pact lanciato dal Gruppo Kering nel 2019, ma anche i progetti del Gruppo Lvmh. L’importanza di questo tema è confermata da continui eventi e il sempre maggior spazio dato dai media e dalla particolare attenzione dada parte delle giovani generazioni. Tra gli eventi il Sustainable Fashion Award che anche quest’anno si è tenuto a Milano al Teatro alla Scala in occasione della fashion week donna a Milano: il cosiddetto Green Carpet o Oscar Green della Moda. Cambiare il sistema moda rendendolo totalmente “green” non è certo semplice. Sicuramente bisognerà che le diverse aziende e i gruppi si impegnino sempre più. L’intero comparto deve salvaguardare sia il sistema moda ma anche l’impatto sul Pianeta. Un sistema complesso dagli equilibri ancor più complessi, l’impegno di molti c’è ma tutto è realizzabile solo sul lungo periodo.

Cover del libro “Roberto Capucci. Lo Scultore della Seta”, Fondazione Cologni/Marsilio

INAUGURATO IL VICTORIA BEACH DI MENAGGIO

Esperienza esclusiva sulle rive del Lago di Como

A cura della Redazione

Situato sulle rive del suggestivo e internazionale Lago di Como, il Victoria Beach, in gestione del Grand Hotel Victoria di Menaggio del Gruppo R Collection Hotels, ha riaperto lo scorso luglio, rinnovandosi in un esclusivo beach club di benessere, musica, ristorazione e intrattenimento.

Da sempre uno dei più frequentati e amati lidi del centro lago, il Victoria Beach riapre con uno stile moderno e chic dotato di spiaggia riservata ed accesso diretto al lago balneabile, 3 piscine, 1 ristorante, 2 snack bar e un’elegante struttura a tre piani per ogni tipologia di evento.

“Il nostro obiettivo è che il Victoria Beach diventi un punto di riferimento sulle sponde lariane, per godere di momenti sul Lago che possano unire relax, musica, arte, esperienze culinarie”, afferma Ludovica Rocchi, Brand Director del Gruppo.

Il Victoria Beach offre ai suoi ospiti un’ampia

varietà di opzioni per il relax. Da soluzioni di comodi lettini con ombrelloni fino alle lussuose cabane, per regalare oasi in cui coccolarsi e prendersi cura di sé in totale privacy. A fare la differenza, il servizio, che garantisce un’accoglienza completamente personalizzata.

Tre sono le piscine a disposizione degli ospiti. La prima piscina, totalmente a sfioro sul lago, avvolge i visitatori in un'atmosfera serena e rilassante. Per i più piccoli, c'è una seconda piscina progettata appositamente per loro, dove giocare in sicurezza e divertirsi. La terza, la più grande e affascinante, si fonde armoniosamente con la vegetazione circostante, creando un'oasi di freschezza e tranquillità e includendo all’interno isole di verde dedicate.

Il servizio di ristorazione completa l'esperienza, con prelibatezze gastronomiche che deliziano il palato e soddisfano ogni gusto. Nel contesto del Food & Beverage, il lido presenta una

struttura definita che si compone di un ristorante principale e due bar, ciascuno con un'offerta unica e distintiva.

Il ristorante Erre Restaurant&Bar accoglie gli ospiti con una vasta gamma di preparazioni culinarie. Durante il giorno, è possibile deliziarsi con i menù dedicati che comprendono insalate fresche, snack leggeri e club sandwich, ideali per un light lunch sulla spiaggia. Per le cene, invece, il menù si arricchisce con una varietà di proposte, tra cui crudi di pesce, pizze e grigliate di carni e pesci, soddisfacendo i palati più esigenti. Una selezione curata e ricercata di vini e champagne accompagna i piatti, arricchendo ulteriormente l'esperienza gastronomica.

I due bar offrono atmosfere identificative e differenti. Il primo, Bar Patio Victoria Beach, è un ambiente elegante e raffinato, ideale per aperitivi di classe ed eventi speciali. Qui, si possono godere cocktail ricercati mentre ci si lascia avvolgere da sottofondi

di live music.

Il secondo bar, il Bar Pool Victoria Beach, è situato in prossimità della piscina per bambini, creando un'atmosfera più dinamica e informale. Gli ospiti possono rilassarsi e socializzare, mentre gustano gelati e fresche macedonie, perfetti per una pausa rinfrescante sotto il sole estivo.

Accanto alla spiaggia, un edificio di tre piani si erge come proposta esclusiva sul lago. Al suo interno infatti, si incontrano al piano terra il ristorante, che si estende in parte anche al primo piano, prettamente utilizzato per eventi. L’esclusività della struttura è data dal secondo piano, che ospita un unico ampio salone, The Roof, vista lago con una capienza fino a 250 persone, destinata alle occasioni più importanti. Matrimoni, lauree, compleanni: il Victoria Beach rappresenta la cornice ideale per festeggiare e condividere gli eventi più significativi insieme a familiari e amici, con le luci e i colori del Lario a fare da sfondo.

Un complesso vasto e completo, il Victoria Beach è dotato anche di un'area appositamente dedicata agli amanti dello sport e dell'attività fisica più dinamica, con campi sportivi per sfidare amici e familiari.

Durante l'arco della stagione, un'ampia varietà di eventi e iniziative viene organizzata per intrattenere e coinvolgere gli ospiti. Tra queste, spiccano serate a tema e show dinner che offrono un'esperienza unica. Inoltre, i pranzi domenicali sono animati da vivaci DJ set e live music, creando un'atmosfera vibrante e coinvolgente che aggiunge un tocco di magia e allegria ai fine settimana.

La posizione della struttura è comoda e accessibile, con diverse opzioni per raggiungerla senza difficoltà. Per coloro che preferiscono viaggiare in macchina, è disponibile un parcheggio accanto al lido. In alternativa, è possibile prenotare un posto auto a pagamento all'interno del Grand Hotel Victoria. Per chi sceglie di arrivare via lago, c'è la possibilità di prendere il traghetto e sbarcare a Menaggio.

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