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Referendum americani Biden e la mossa

BIDEN E LA MOSSA DEL CAVALLO

Leonardo Fiorentini

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Ecosì finalmente il Presidente USA Biden si è mosso. Ad un mese dalle elezioni di medio termine, Biden ha fatto un triplice annuncio. Per prima cosa ha concesso la grazia a circa 6500 persone, detenute nelle carceri federali per semplice possesso di cannabis ad uso personale. L’aveva promesso in campagna elettorale, quando per rintuzzare le spinte interne ed esterne per la legalizzazione della cannabis, aveva puntato sulla depenalizzazione: nessuno dovrebbe andare in galera per possesso di cannabis diceva, allora come oggi. È comunque la si veda un provvedimento storico: dal 1965, quasi 29 milioni di cittadini USA sono stati arrestati per violazioni legate alla marijuana, buona parte per semplice possesso. Poi ha invitato i governatori a fare altrettanto per le violazioni delle leggi statali. Questa mossa va letta però non come una semplice richiesta: è infatti anche un modo di passare il cerino anche ai governatori repubblicani, in vista delle prossime elezioni di midterm che mettono a rischio la maggioranza democratica al Congresso.

La riforma delle politiche sulla cannabis è infatti così fortemente condivisa nell’opinione pubblica statunitense da essere ormai ritenuta un tema vincente da mettere sul tavolo della campagna elettorale senza troppi imbarazzi. È poi talmente trasversale, sia fra i partiti che fra le componenti sociali e etniche, da essere capace di far mettere in contraddizione gli oppositori con il loro stesso elettorato. Tanto che questi hanno cominciato ad abbandonare lo scontro aperto, per affidarsi alla via legale-giudiziaria. Dall’annullamento da parte delle Corti supreme del South Dakota e del Mississippi dell’esito dei referendum del 2020, alla decisione di quella della Florida di dichiarare incostituzionale la proposta referendaria, sino alle lungaggini nella conta delle firme ed agli inghippi burocratici che hanno fatto saltare il referendum in Oklahoma. Negli USA, insomma, la strategia sembra essere passata dai comizi alle carte bollate: Amato docet...

L’ultimo annuncio di Biden è comunque il più importante. 50 anni dopo il rapporto - ignorato - della Commissione Shafer che ne raccomandò la sua decriminalizzazione, Biden ha chiesto di valutare la riclassificazione della cannabis, inserita “momentaneamente” da Nixon nella tabella I delle sostanze più pericolose della legge statunitense. Certo, non si può non notare che la riclassificazione voluta dal Presidente sia cosa diversa rispetto alla declassificazione, ovvero la rimozione completa della cannabis, prevista dai due progetti di legge democratici al Congresso. Il MOREAct - già approvato dalla Camera - e il nuovo CAOA presentato dal capogruppo democratico al Senato Schumer hanno però di fronte una strada già oggi molto complicata: la maggioranza al Senato, attualmente in mano democratica solo grazie al voto della Vice Presidente Kamala Harris, non permetterebbe di arrivare facilmente ai 60 voti necessari per superare l’ostruzionismo dell’opposizione. Le previsioni elettorali poi, come scritto, sembrano non essere a favore di una felice conclusione dell’iter parlamentare, almeno in questo mandato.

Un annuncio, quello di Biden, che può essere quindi letto come naturale continuazione di una linea - se vogliamo - di retroguardia rispetto alle proposte democratiche al Congresso, ma non necessariamente in contrapposizione. La riclassificazione potrebbe in effetti essere la classica mossa del cavallo: magari non porterà alla legalizzazione a livello federale che in molti si aspettano, ma certamente potrebbe da un lato mettere in sicurezza tutti i programmi di cannabis medica dei 37 stati che l’hanno legalizzata, dall’altro rendere meno inconciliabili le normative statali sulla cannabis “non terapeutica” rispetto a quelle federali. Già oggi alcune sostanze in tabella V, la meno restrittiva, sono disponibili come farmaci da banco.

La questione è comunque ormai al centro del dibattito statunitense. Anche perché a novembre si voterà in ulteriori 5 stati per la legalizzazione completa della cannabis (vedi l’articolo di Federica

Valcauda su questo stesso numero). Arkansas, Maryland, Missouri,

North e South Dakota si apprestano, secondo i sondaggisti, ad aggiungersi ai 19 Stati che hanno legalizzato la cannabis per tutti gli usi. Vedremo quindi presto che conseguenze avrà l’azione presidenziale sia sul voto dell’8 novembre che sull’iter parlamentare, ben coscienti che le conseguenze andranno ben oltre i confini degli Stati Uniti.

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