Bergamo Salute - 2021 - 63 - novembre/dicembre

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DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

Il mio miracolo: dal coma alla maglia tricolore Intervista alla campionessa italiana di paraciclismo che racconta la sua storia e spera nelle Paralimpiadi di Parigi ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

«È un miracolo. Se sono viva è perché qualcuno mi protegge». Claudia Cretti, 25 anni, campionessa bergamasca di paraciclismo, non ricorda affatto la caduta al Giro in Rosa del 2017 nella tappa Isernia Baronissi quando sulla sua bici si sfracellò in discesa a 90 all’ora. Finì in coma per tre settimane, operata due volte alla testa con i medici preoccupati sulla sua ripresa. «Ho scoperto solo con il tempo che la mia situazione era gravissima e che ho rischiato di non riprendermi più» racconta Claudia. E invece ce l’ha fatta. È tornata alle corse già nel 2019 vincendo un campionato italiano a Bassano del Grappa e bissando il successo quest’anno a Marina di Massa. «Non potevo accettare il responso dei medici. Mi dicevano che forse sarei finita su una sedia a rotelle. No, io volevo tornare in sella alla mia bici. Il ciclismo è la mia grande passione da quando ero bambina. Ero alle elementari ma non mi perdevo una tappa del Giro. Guardavo le imprese di Pantani e sognavo di imitarlo». E infatti ci è riuscita, anche se la sua famiglia, papà Beppe e mamma Laura, non era d’accordo sulla sua carriera ciclistica. Ma la forza di volontà di Claudia e soprattutto le tante vittorie li convincono: medaglia d’argento ai Mondiali juniores su pista a Seul, medaglia di bronzo agli Europei su pista in Portogallo e tanti altri successi in Italia e all’estero. È la stella nascente del ciclismo femminile, velocissima, batte tutte

nelle volate. È in Nazionale e sogna di partecipare alle Olimpiadi. Il suo sogno però si infrange nella settima tappa del Giro in Rosa il 6 luglio 2017 nei pressi di San Giorgio del Sannio, vicino Benevento. Mesi in ospedale, lunga e faticosa riabilitazione. Nonostante tutto, lei non si perde d’animo, non molla, anzi appena torna a casa a Costa Volpino inforca la bici e piano piano riprende gli allenamenti sotto la guida del fratello, anche lui ciclista, che però scioccato dal drammatico incidente di Claudia abbandona le competizioni. Un passo alla volta e la ragazza, dopo soli due anni, torna alle corse e vince il campionato italiano di paraciclismo donne e torna in Nazionale, partecipa ai Mondiali. Quest’anno, dopo il blocco nel 2020 delle gare per il Covid, nuovi trionfi tra cui la medaglia d’argento alla Coppa del Mondo a Ostenda e il titolo italiano. Ma anche una nuova caduta con la frattura del bacino mentre ad agosto si allena sulle strade di casa. Di nuovo in ospedale, altra riabilitazione, a riposo un paio di mesi. «Fortunatamente è capitato a fine stagione, così posso recuperare e rimettermi in forma per le gare del prossimo anno» ci dice Claudia. Intanto l’anno prossimo cambierà squadra, lascerà la marchigiana Born to win per passare al Team Equa. «Devo molto alla Born to win del presidente Roberto Baldoni che mi ha offerto la possibilità di tornare a gareggiare mentre ero ancora in

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ospedale. E ora la nuova avventura con la squadra di Ercole Spada. C’è una bella differenza correre con una squadra nelle gare di paraciclismo. Mentre tra le professioniste “normali” si aiutano tutte, nella nostra categoria ognuna corre per sé, anche se io ho una vera maestra in Nazionale, Francesca Porcellato, plurivincitrice di Mondiali, lei mi consiglia, mi dà la carica. Ed è diventata una mia grande amica, come Agnese Romelli di Clusone che ha quattro anni meno di me, spesso mia compagna di allenamento». A causa dell’incidente e del calendario delle varie gare Claudia ha lasciato l’Università UniSport di Trento, ma ha trovato l’amore, un giovane bresciano di Manerbio dal nome esotico, Daygoro. «Aveva letto una mia intervista sulla Gazzetta dello Sport e mi ha mandato una lettera piena di complimenti» racconta Claudia. «Abbiamo cominciato chattando sui social e alla


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