Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal
numero
) EDITORIALE
5 Bergamo Salute vi da il benvenuto nel nuovo anno!
) SPECIALITÀ A-Z
6 Endocrinologia
Iperparatiroidismo. Diagnosi, sintomi e nuove tecnologie per la cura
10 Imaging cardiovascolare
La diagnostica al servizio del cuore
12 Reumatologia
Reumatismi infiammatori acuti. L’importanza di una diagnosi precoce
) PERSONAGGIO
18 Fabrizio Pregliasco
) IN SALUTE
22 Stili di vita
L’importanza del sonno
24 Alimentazione
Le linee guida EFSA per i Novel Food
26 Alimento
Il finocchio. Un evergreen per la dieta detox
) IN ARMONIA
28 Psicologia
Le sfide delle amicizie in età adulta
30 Coppia
Age gap. Un nuovo tabù è stato superato
) IN FAMIGLIA
32 Dolce attesa
Voglie in gravidanza. I falsi miti e le leggende metropolitane
34 Bambini
La meditazione con i bimbi
Anno 15 Gennaio | Febbraio 2025
36 Ragazzi
Educazione sessuale. Quando e come parlarne con i figli
) IN FORMA
38 Fitness
La ginnastica del “battito animale”
40 Bellezza Il lato oscuro della bellezza “fai da te”
) RICETTA
46 Praline di datteri e castagne
) RUBRICHE
49 Animali
In montagna con il vostro quattrozampe
52 Altre terapie
La medicina termale.
Cos’è e come funziona
56 Guida esami
Alzheimer. Per scoprirlo basterà l’analisi del sangue
) VIAGGI DELLA SALUTE
58 Il Carnevale è alle porte. “Ridere fa buon sangue”
) DAL TERRITORIO
60 News
62 Farmacie
Salvaguardare il benessere intestinale
64 Terzo Settore
I pazienti oltre la cura
69 Malattie rare
Neuropatia congenita ipomielinizzante
70 Il lato umano della medicina
“Non lasciatevi abbattere dalla diagnosi”
72 Testimonianza “Ora assaporo ogni momento della mia vita
) ACI
74 Sicurezza sulla strada Guida responsabile
) POLITICHE SOCIALI
76 Bergamo in prima linea con l’HIV
) PROFESSIONI SANITARIE
78 L’educatore professionale. Un operatore sociale e sanitario
) REALTÀ SALUTE
80 AriBi. Associazione per il Rilancio della Bicicletta
Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute
PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE
Bergamo Salute vi da il benvenuto nel nuovo anno!
Ogni nuovo anno porta con sé l’energia di un inizio fresco, un invito a riflettere su ciò che è stato e a progettare il futuro con consapevolezza. In questo primo numero del 2025 della nostra rivista, desideriamo inaugurare un percorso che ci guiderà attraverso i temi della salute, della medicina e del benessere, ac-
Direttore Responsabile
compagnandovi in un viaggio di scoperta e miglioramento. Il nostro mondo è in continua trasformazione, e mai come oggi la salute è al centro di ogni discussione, personale e collettiva. Gli ultimi anni ci hanno insegnato l’importanza di prenderci cura di noi stessi, non solo nel corpo ma anche nella mente. Abbiamo imparato a dare valore a concetti come prevenzione, resilienza e capacità di adattamento. Ecco perché il nostro obiettivo è o rire strumenti concreti per vivere meglio, con informazioni accurate e consigli pratici.
In questo numero, e in tutti quelli successivi, troverete articoli dedicati alle ultime scoperte mediche, alle terapie innovative e a come integrarci con un sistema sanitario che evolve verso una sempre maggiore personalizzazione. Parleremo di benessere psicologico, di come gestire lo stress e di co-
me coltivare una quotidianità più equilibrata, facendo spazio alla mindfulness, al movimento e a una nutrizione consapevole. Nel 2025 dedicheremo anche spazio a capire come le nostre scelte individuali influenzano non solo il nostro benessere ma anche quello del pianeta. Dalle abitudini alimentari più rispettose dell’ambiente alla riduzione degli sprechi, fino all’importanza di una medicina che tenga conto dell’ecosistema globale: ogni piccolo gesto conta. Ma questo è solo l’inizio! La salute è un cammino comune, e ogni voce arricchisce il nostro viaggio. Quindi, partiamo insieme verso un anno di scelte consapevoli, di passi avanti e di cura, per noi stessi e per gli altri. Buon anno nuovo, che sia un 2025 di salute, serenità e benessere per tutti.
CLAUDIO GUALDI
Iperparatiroidismo: diagnosi, sintomi e nuove tecnologie per la cura
L’iperparatiroidismo è una condizione frequente e spesso non diagnosticata. Si stima una prevalenza di 1-6/1000 tra gli uomini e di 21/1000 nelle donne tra i 55 e 75 anni, anche se tutte le fasce d’età possono essere colpite.
Le paratiroidi sono quattro piccole ghiandole poste nel collo, dietro a ogni polo della tiroide e producono il paratormone (PTH), il cui compito è quello di rimuovere il calcio dalle ossa e immetterlo nel circolo sanguigno, aumentandone i valori ematici (ipercalcemia). Così facendo, le ossa si impoveriscono di calcio diventando più fragili. L’iperparatiroidismo è una condizione clinica
correlata all’eccessiva sintesi e secrezione dell’ormone paratormone. Possiamo parlare di tre forme di iperparatiroidismo: > iperparatiroidismo primitivo (il più frequente) è in genere dovuto alla presenza di un adenoma o iperplasia di una o più paratiroidi. E’ un tumore benigno che secerne quantità eccessive di ormone; > iperparatiroidismo secondario è invece una risposta delle paratiroidi a una condizione di ipocalcemia (calcemia inferiore al normale) cronica, come quella che si può verificare nel caso di un deficit di vitamina D; > iperparatiroidismo terziario, quando in caso di insu cienza renale cronica, le paratiroidi possono perdere la loro capacità di autoregolazione e si mettono quindi a
∞ A CURA DEL DOTT. SIMONE BERETTA
secernere paratormone indipendentemente dalla presenza di ipocalcemia.
CHE COSA COMPORTA L’IPERPARATIROIDISMO?
La condizione di ipercalcemia può portare a manifestazioni neu -
rologiche come labilità emotiva, depressione, di coltà di concentrazione, manifestazioni renali (calcolosi), manifestazioni ossee quali fragilità ossea, fratture per traumi minimi, manifestazioni gastrointestinali con iperacidità gastrica e dolori addominali. Altri sintomi legati alla deposizione di sali di calcio nei tessuti molli possono essere la cheratite a livello corneale, le tendiniti calcifiche, calcificazione a carico delle cartilagini articolari, del rene e del pancreas.
COME SI FA LA DIAGNOSI
Spesso la scoperta dell’iperparatiroidismo rappresenta un evento casuale, legato al riscontro di ipercalcemia durante un controllo di routine. Bisogna indagare lo stato delle ossa attraverso una densito -
DOTT. SIMONE BERETTA
Specialista in chirurgia generale e chirurgia della tiroide
Clinica San Francesco, Bergamo
metria (MOC), eseguire ecografia addominale per cercare eventuale calcoli renali ed ecografia del collo per verificare la presenza di un adenoma paratiroideo
COME SI CURA?
Nella maggior parte dei casi gli
iperparatiroidismi primari vengono risolti con l’intervento chirurgico tramite l’asportazione della paratiroide adenomatosa. Si tratta infatti di una terapia elettiva e definitiva, a basso rischio se condotta da un chirurgo esperto. In questo caso, oltre che dell’approccio chirurgico classico, ci si può avvalere di tecniche mininvasive come la MIVAP (Minimally Invasive Video Assisted Parathyroidectomy), che prevede un’ un’incisione di 2-3 cm e l’ausilio di una telecamera per magnificare l’immagine.
CI SONO DEI FARMACI
CHE POSSONO CURARLO?
Esistono farmaci calciomimetici che preservano i valori della calce-
mia, quando l’intervento chirurgico è controindicato. Tutto ciò può essere integrato dai bifosfonati, farmaci in grado di contrastare il riassorbimento osseo.
LE NUOVE TECNOLOGIE:
AUTOFLUORESCENZA
L’autofluorescenza (AF) è un fenomeno tipico delle paratiroidi e consiste nell’emissione di luce visibile nell’intervallo spettrale vicino all’InfraRossi (IR) qualora vengano eccitate da fonte luminosa con adeguata lunghezza d’onda. Al giorno d’oggi esistono due principali dispositivi in grado di mettere in risalto le paratiroidi.
> FLUOBEAM: telecamera per rilevazione paratiroidea
mediante autofluorescenza. la testa della telecamera contiene un laser che emette luce nella gamma NIR (vicino all’infrarosso). Allo stesso tempo, l’area operativa viene catturata e viene visualizzata la luce fluorurata dalla ghiandola paratiroidea;
> PTEYE: il nuovo device, appena approvato per l’impiego in Europa, utilizza l’autofluorescenza nello spettro degli infrarossi per confermare visivamente la presenza di tessuto paratiroideo fornendo un segnale a monitor qualora le paratiroidi vengano stimolate con una particolare sonda.
La diagnostica al servizio del cuore
Imaging cardiovascolare e Intelligenza Artificiale per diagnosi più precise e trattamenti mirati
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
L’imaging cardiovascolare è essenziale in cardiologia, poiché oggi la tecnologia avanzata fornisce sempre di più una visione dettagliata delle strutture cardiache e dei vasi sanguigni senza sottoporsi a esami invasivi o dolorosi. Il cuore, organo complesso composto da muscoli, vasi e valvole, svolge la sua funzione grazie all’interazione di queste componenti. Ogni alterazione, come nel caso della stenosi coronarica o di disfunzioni valvolari, può compromettere la salute del paziente e portare a gravi conseguenze, come insu cienza car-
diaca o infarto. Individuare tempestivamente queste anomalie è fondamentale per avviare il trattamento più adeguato. In un momento storico in cui la tecnologia e l’Intelligenza Artificiale sono sempre più integrate nella medicina, l’Imaging cardiovascolare ha trasformato l’approccio diagnostico, migliorando la qualità delle diagnosi e dei trattamenti. Presso l’Unità di Imaging Cardiovascolare di Humanitas Gavazzeni a Bergamo, diretta dalla dottoressa Erika Bertella, l’innovazione è al servizio della salute cardiovascolare. La dottoressa Bertella e il suo team collaborano in sinergia con specialisti in cardiologia e radiologia, combinando competenze tecniche e cliniche per garantire diagnosi precise e tempestive, per pianificare trattamenti personalizzati. “La nostra attività clinica si rivolge a tutte le esigenze cardio-
logiche del territorio, sia in ambito diagnostico, sia interventistico, cardiochirurgico e vascolare, con l’ausilio di esami cardio TC e RM ”, a erma la dottoressa Bertella.
DOTT.SSA BERTELLA,
QUANDO È NECESSARIO RICORRERE
A UN ESAME DI IMAGING CARDIOVASCOLARE?
“L’imaging cardiovascolare è raccomandato principalmente per pazienti che presentano sintomi sospetti di malattie cardiache, come dolore toracico, a aticamento, di coltà respiratoria o palpitazioni. Tuttavia, anche i pazienti asintomatici ma con fattori di rischio elevato dovrebbero essere monitorati. Tra i principali fattori di rischio troviamo ipertensione, diabete, colesterolo elevato, obesità e una storia familiare di malattie cardiache. Le
persone con malattie croniche come il diabete o l’ipertensione, ad esempio, possono sviluppare danni vascolari nel tempo, anche senza manifestare sintomi. L’imaging cardiovascolare è utile anche per chi sottopone il proprio cuore a stress intenso, come gli sportivi o chi pratica attività fisica ad alta intensità. Infine, questa tecnologia è fondamentale per il follow-up di pazienti che hanno già subito interventi chirurgici, come bypass coronarico, stent coronarici o sostituzione di valvole cardiache, permettendo il monitoraggio e la rilevazione tempestiva di eventuali anomalie”.
QUALI SONO GLI STRUMENTI
PIÙ AVANZATI
PER LA DIAGNOSTICA CARDIO?
“Le principali tecniche diagnostiche avanzate in grado di fornire informazioni dettagliate sul cuore e sul sistema vascolare sono: la risonanza magnetica cardiaca (Cardiac MRI) e la tomografia computerizzata cardiaca (Cardiac CT). La risonanza magnetica cardiaca è
DOTT.SSA ERIKA BERTELLA
Cardiologa e specialista Imaging Cardiovascolare
Humanitas Gavazzeni, Bergamo
una delle tecniche più precise, che consente di ottenere immagini ad alta risoluzione senza l’utilizzo di radiazioni, ed è utile per valutare la struttura e la funzione del cuore, incluso il muscolo cardiaco, valvole e vasi coronarici, diagnosticando patologie che vanno dalle più comuni, come la cardiopatia ischemica, a quelle più rare, come le cardiopatie congenite. La tomografia computerizzata cardiaca (Cardiac CT), invece, è particolarmente indicata per ottenere immagini tridimensionali delle arterie coronarie. Grazie
alla sua rapidità e precisione, è uno strumento fondamentale nella diagnosi delle malattie coronariche, come la stenosi delle arterie per la presenza di placche aterosclerotiche, ma anche per la pianificazione di interventi cardiochirurgici altamente complessi. In Humanitas Gavazzeni la “TC cuore” consente di acquisire immagini ad alta risoluzione in un battito cardiaco, riducendo significativamente l’esposizione alle radiazioni e l’uso del mezzo di contrasto”.
COME L’AI
STA CAMBIANDO L’IMAGING CARDIOVASCOLARE?
“Un importante passo avanti nell’imaging cardiovascolare è rappresentato dall’integrazione dell’Intelligenza Artificiale. Presso Humanitas Gavazzeni, è stato introdotto l’esame FFR CT (Fractional Flow Reserve by CT), che combina la tomografia computerizzata con algoritmi di Intelligenza Artificiale per valutare non solo la presenza di stenosi coronariche, ma anche la loro gravità e l’impatto sul flusso sanguigno. L’FFR CT permette di simulare il flusso coronarico e determinare se una stenosi, ovvero il restringimento del vaso sanguigno, può essere significativa e quindi pericolosa per la vita del paziente: questa tecnologia riduce così la necessità di interventi di diagnostica invasiva, come il cateterismo coronarico, e permette di selezionare con maggiore accuratezza i casi che necessitano di angioplastica e posizionamento di stent coronarici, evitando al paziente ulteriori esami, come i test da sforzo o da stress farmacologico. L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale porta a tre principali vantaggi: maggiore precisione diagnostica, miglior appropriatezza terapeutica e una qualità di vita superiore”.
Reumatismi infiammatori cronici: l’importanza di una diagnosi precoce
Come riconoscere i segnali d’allarme dell’artrite reumatoide, intervenire tempestivamente e migliorare la qualità della vita.
La Reumatologia è una branca specialistica della Medicina Interna che si occupa delle patologie non chirurgiche del nostro apparato locomotore. Nelle attuali classificazioni si riconoscono oltre 100 malattie reumatiche, ovvero patologie caratterizzate dall’infiammazione di articolazioni, legamenti, tendini, ossa o muscoli e che, in alcuni casi, possono coinvolgere anche altri organi. Tra queste, circa 20 sono classificate tra i cosiddetti Reumatismi infiammatori cronici, patologie che per la
loro potenziale aggressività richiedono una valutazione specialistica precoce e tempestiva. Ne abbiamo parlato con il dott. Massimiliano Limonta, Responsabile dell’Unità di Reumatologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
DOTT. LIMONTA, QUAL È
LA MALATTIA REUMATICA
A CARATTERE INFIAMMATORIO
PIÙ DIFFUSA IN ITALIA?
E QUALI SONO
I CAMPANELLI D’ALLARME?
Il prototipo dei Reumatismi infiam-
matori cronici è l’artrite reumatoide, che in Italia colpisce intorno allo 0,4/0,5% della popolazione, corrispondente a circa 400.000 persone. Questa patologia a carattere erosivo e progressivo, se non diagnosticata e curata precocemente, può portare alla perdita di funzionalità di tutte le articolazioni provviste di membrana sinoviale (piccole articolazioni di mani e piedi, grosse articolazioni quali caviglie, ginocchia, anche, polsi, gomiti, spalle), determinando una disabilità permanente nel giro di
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
poco tempo (2-3 anni). Diverso, invece, il decorso dell’artrosi, patologia osteodegenerativa molto più a lenta progressione, legata anche a fattori anagrafici, occupazionali e al sovrappeso. Per quanto riguarda i segnali d’allarme dei Reumatismi Infiammatori cronici, i principali includono:
> infiammazione articolare: una o più articolazioni si gonfiano, diventano calde, dolenti, arrossate, con limitazione del movimento.
L’infiammazione articolare può interessare sia singole articolazioni (monoartrite) sia più articolazioni ( poliartrite), come nel caso dell’artrite reumatoide;
> tipo di esordio: nell’artrite
reumatoide l’esordio di malattia è generalmente simmetrico (colpisce entrambe le parti del corpo) iniziando dalle piccole articolazioni di mani (metacarpofalangee e interfalangee prossimali) e piedi (metatarsofalangee e interfalangee prossimali) per poi interessare le altre articolazioni (polsi, gomiti, spalle, caviglie, ginocchia, anche);
> rigidità mattutina (morning sti ness): la cosiddetta “rigidità articolare” che, nel caso delle artriti, si presenta maggiormente al risveglio e migliora nel corso della giornata – a di erenza dell’artrosi.
DOTT. MASSIMILIANO LIMONTA
Responsabile dell’Unità di Reumatologia
ASST Papa Giovanni XXIII
È importante recarsi dal proprio medico entro 3 o 4 settimane dall’esordio dei sintomi, per evitarne il peggioramento e per consentirne una diagnosi precoce.
IN CHE MODO
LA DIAGNOSI PRECOCE PUÒ FARE LA DIFFERENZA?
La diagnosi precoce è fondamentale. Strumenti come esami ematici, ecografia articolare, risonanza magnetica e test di laboratorio consentono, unitamente all’esame clinico del paziente di fare diagnosi precoci e di intervenire con trattamenti farmacologici adeguati nei primi 3-6 mesi dall’esordio dei sintomi. Nel caso della diagnosi di artrite reumatoide, esistono due termini importanti:
> ERA (Early Rheumatoid Arthritis) che indica una diagnosi entro sei mesi dall’esordio dei primi sintomi;
> VERA (Very Early Rheumatoid Arthritis) che indica una diagnosi entro tre mesi.
Intervenire entro queste tempistiche è fondamentale perché il sistema immunitario è più responsivo ai diversi trattamenti farmacologici oggi in uso e i pazienti possono raggiungere la remissione di malattia (ovvero l’assenza di segni e sintomi artritici) in circa il 50-60% dei casi. Se la diagnosi viene fatta, invece, più tardivamente, è possibile recuperare, ma con risultati meno brillanti.
QUAL
È IL TRATTAMENTO PER GESTIRE AL MEGLIO IL DOLORE E MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA DEI PAZIENTI?
Il trattamento è multifattoriale e si basa sull’utilizzo sia dei cosiddetti farmaci di fondo (DMARDs) che servono per tenere sotto controllo la malattia (agiscono sui meccanismi alla base dei Reumatismi infiammatori cronici), sia sull’utilizzo di farmaci antinfiammatori (soprattutto nelle fasi inziali di
malattia, in attesa che le terapie di fondo raggiungano il loro e etto) necessari per il controllo dei sintomi (dolore e limitazione funzionale). Altrettanto importante è l’aspetto riabilitativo con programmi di recupero personalizzati. È fondamentale, infine, evitare l’immobilità e favorire il movimento, adattandolo alle diverse condizioni cliniche del paziente.
QUALI SONO
I PRINCIPALI PROGRESSI
NELLA RICERCA
E NELLE TERAPIE
FATTI NEGLI ULTIMI ANNI?
Negli ultimi 25-30 anni, i progressi sono stati epocali. Fino agli anni ‘90 si utilizzavano terapie ormai obsolete, come i sali d’oro. Poi con l’utilizzo del methotrexate (ancora oggi utilizzato con successo in una elevata percentuale di pazienti) si sono ottenuti ottimi risultati di e cacia. Dal 1996 sono stati introdotti farmaci ancora più e caci, i cosiddetti farmaci modificatori di risposta biologica (i.e. “biologici”). Un tempo i pazienti
diventavano disabili e necessitavano di interventi protesici; oggi, invece, questi farmaci ottenuti con tecnologie di bioingegneria, hanno ridotto drasticamente l’insorgenza di disabilità motorie e la necessità di protesi articolari consentendo il recupero funzionale completo a questi pazienti.
QUANTO È IMPORTANTE
L’APPROCCIO
PERSONALIZZATO
E QUALI SONO LE OPZIONI PER I PAZIENTI?
Attualmente, per il trattamento delle malattie reumatiche, si può parlare di medicina di precisione in quanto attraverso marcatori di laboratorio (es. fattore reumatoide, anticorpi anti-citrullina) ed esami istologici (es. biopsia delle membrane sinoviali) si può arrivare a trattamenti sempre più personalizzati. La ricerca sta lavorando su strumenti predittivi che consentano di identificare subito quale possa essere il trattamento più e cace per ogni singolo paziente.
Cosa abbiamo imparato dal Covid?
A cinque anni dall’identificazione del paziente zero, il virologo Fabrizio Pregliasco fa il punto sui progressi fatti dalla medicina e su quanto possiamo fare tutti noi
A cinque anni dall’identificazione dei primi casi italiani di Coronavirus, il 21 febbraio 2020, cosa abbiamo imparato dalla pandemia? Intervista al Prof. Fabrizio Pregliasco, Virologo, Direttore Sanitario dell’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio e Professore associato di Igiene Generale e Applicata presso l’Università degli Studi di Milano.
Professore, dobbiamo ancora aver paura di virus e batteri, dopo la brutta esperienza del Covid?
“Credo che il Covid ci abbia permesso di capire che la natura non si può solo seguirla e osservarla, perché spesso ci può riservare delle sorprese, come è stata per quella del Covid. La storia dell’uomo è costellata da pandemie che hanno cambiato il mondo e che sono state elementi di rottura, di riorganizzazione e di revisione dei
sistemi biologici, come è accaduto per esempio nel Medioevo con la peste. Dobbiamo quindi considerare che i batteri, e in particolare i virus, potranno in futuro tornare, come peraltro avevano già fatto ultimamente in modo blando, il virus influenzale H1N1 nel 2009, o l’influenza nel 1968 e nel 1956, o ancora, la ‘Spagnola’ nel 1918”.
Dovremo temere anche l’influenza?
“Credo che si debba tener conto che vi possano essere in futuro nuove possibili pandemie. Per quanto riguarda proprio il virus influenzale, dobbiamo considerare ad esempio che il virus Aviario rappresenta una vera e propria bomba a orologeria che da anni è pronta a scoppiare: poiché non ha compiuto in modo e cace il salto di specie, il virus non si è ancora fatto sentire in tutta la sua violenza. Ed è quindi un problema
da monitorare costantemente, in modo da poterlo gestire con estrema immediatezza, cosa che è sicuramente mancata nel caso del Covid poiché – polemiche a parte - da quanto è emerso la Cina non ci ha detto subito che cosa stava realmente accadendo, ed è stata lenta nel reagire. Tutto questo ha ovviamente peggiorato le cose, sia in Italia sia nel resto del mondo”.
Però abbiamo poi avuto a disposizione i vaccini… “I vaccini sono sicuramente un’ottima arma che abbiamo a disposizione, anche se non disponiamo ancora di vaccini per tutte le patologie. Bisogna però considerare che, fin da quando sono stati messi a disposizione dell’umanità, i vaccini hanno sempre rappresentato un’e cacia e un profilo di sicurezza a volte non particolarmente elevato e fin dall’inizio, dagli studi di Jenner
∞ A CURA DI ROBERTO BONIN
alla fine del ‘700, avevano sempre visto una quota di soggetti esitanti, persone ideologicamente contrarie – ben diverse dai cosiddetti ‘no vax’ - che, in una situazione come quella del Covid, l’ha ovviamente subita come un problema e come un elemento di divisione. Il fatto è che noi siamo sempre più pronti a usare un farmaco quando stiamo male poiché abbiamo l’evidenza della malattia e, dandoci immediata soddisfazione, abbiamo noi stessi la percezione della loro utilità; e sono poi davvero pochi quelli che vanno a leggersi i bugiardini, in special modo quando la malattia è grave e importante. Il vaccino è invece in qualche modo vittima del suo successo, perché fa sparire in anticipo il problema. In più, l’approccio è diverso perché la vaccinazione va fatta sulla fiducia e sull’autorevolezza di chi la propone e perché il singolo soggetto non ne vede subito il reale vantaggio, ma può vederne solo gli eventi avversi e, in alcuni casi, visto che i vaccini non garantiscono una protezione al 100%, anche il manifestarsi della stessa malattia, anche se ci si è sottoposti alla vaccinazione. Non si può infatti sapere se la vaccinazione possa servire e mai si potrà sapere se sia realmente servita. Questo è il reale problema, ossia la di coltà dell’approccio alla vaccinazione, proprio a causa della sua indeterminatezza, anche se i dati scientifici in nostro possesso dimostrano un rapporto costo/benefici assolutamente favorevole”.
La colpa è forse nella mancanza o nel difetto di informazione?
“Durante il Covid c’è stata un’infodemia spaventosa - cioè una circolazione eccessiva di informazioni che ha reso di cile orientarsi - ma anche una polarizzazione facilitata dai social, a cui si è poi aggiunto un coinvolgimento massivo da parte della politica. Tutto questo ha contribuito a creare una paura generalizzata, oltre che un particolare focus sull’approccio alla vaccinazione legato anche – e soprattutto - all’aspetto emergenziale. In Italia ancora oggi ci sono delle vaccinazioni obbligatorie per i bambini, anche se con qualche défaillance dovuta un po’ anche alla disa ezione proprio alla vaccinazione al Covid. Ma questo è un problema che in qualche modo riguarda un po’ tutti gli aspetti della prevenzione, e non solo per la vaccinazione, che è sempre molto più di cile della terapia: perché un conto è far presente l’importanza dell’alimentazione corretta e dell’attività fisica, o dei danni causati dal fumo e dall’alcol, e diverso invece è far passare l’importanza del vaccino nello specifico dell’immediatezza e del bisogno poiché il risultato si vede solo nel lungo periodo. C’è insomma ancora molto da lavorare, con ulteriori modalità per cercare di capire come fare, anche se in questo i medici di base possono essere un importantissimo anello della catena, così come i farmacisti e tutte le altre occasioni di contatto con
gli operatori sanitari. Da qui, infatti, vi è appunto un’estrema necessità di rilanciare gli studi e tutti gli aspetti riguardanti la prevenzione e, nello specifico, l’immunologia e la vaccinazione. Purtroppo durante la pandemia abbiamo visto anche una minoranza di colleghi sanitari, e non solo, che hanno in qualche modo raccontato delle fake news riguardo al vaccino”.
Una vera e propria emergenza è invece quella dell’antibiotico resistenza…
“Assolutamente sì. L’Organizzazio -
• Analisi computerizzata del passo e della corsa
• Scansione 3D del piede • Scarpe su misura
• Impronta dinamica del piede PLANTARI
• su misura • dinamici • sensomotori
• computerizzati posturali
ne Mondiale della Sanità la considera una ‘pandemia silenziosa’, perché oltretutto è legata a un fenomeno naturale e valutativo dei batteri che, continuamente esposti agli antibiotici, grazie a meccanismi evolutivi e alla selezione naturale, individuano delle varianti antibiotico resistenti. Fleming, che fu colui che diede il via agli studi sulla vaccinazione, disse fin da subito che erano sostanze da preservare e da usare con parsimonia. In realtà, invece, come sempre accade, abbiamo fatto tutt’altro e quindi ora ci ritroviamo con alcuni antibiotici che sono ormai delle ‘armi spuntate’ rispetto ai vecchi batteri: non si tratta difatti di nuovi particolari batteri che si sono sviluppati di recente, ma sono in realtà i soliti batteri che, in qualche modo, hanno acquisito questa sorta di immunità, e rappresentano un importante rischio di sanità pubblica”.
E cosa si può fare di concreto per contrastare questa nuova minaccia?
“A livello internazionale si possono fare tante cose, da un maggiore sforzo nella ricerca a una comunicazione più e cace. A livello di singoli Stati, sarebbero auspicabili studi mirati di sorveglianza e di individuazione e di controllo, ossia dei veri e propri piani nazionali sul contrasto all’antibiotico resistenza: quindi, invitare le aziende far-
maceutiche a tornare a investire su questo versante, chiedere agli allevatori a non usare gli antibiotici in modo sconsiderato, e, non ultimo, invitare i medici a scegliere l’antibiotico più corretto. Spesso il medico sceglie infatti il top, non tenendo conto che potrebbe sprecare inutilmente un’arma che importantissima per il suo paziente. In più, occorre informare bene il singolo cittadino di dosare bene l’assunzione degli antibiotici, secondo la tempistica corretta e seguendo attentamente le disposizioni del proprio medico”.
Il Covid fa ancora paura?
“Il Covid si è rabbonito, per due motivi: un po’ perché gran parte di noi ha acquisito un’immunità ibrida, poiché si è già infettato e poi si è vaccinato, o si è vaccinato e poi infettato. Però il virus è ‘camaleontico’ e si modifica, ed è comunque evasivo: il virus ha difatti la peculiarità che ogni 4-6 mesi riesce a individuare una variante che, in qualche modo, schiva la nostra memoria immunologica dovuta a malattia o a vaccino, e, tra l’altro lo fa indipendentemente dalla temperatura. È quindi vero che siamo sicuramente un po’ più protetti perché un’idea del virus ce la siamo fatta, ed è altrettanto vero che il virus è un po’ più buono perché sta selezionando varianti sì evasive, ma meno ‘cattive’, con meno azione patogena. Purtroppo però
per i fragili e gli anziani vi è ancora una possibilità di rischio vita, e quindi dovremo imparare a convivere con il virus, ma con alcune attenzioni e adeguati comportamenti, come corretta ventilazione degli ambienti, frequente lavaggio delle mani e l’uso della mascherina per i fragili in particolari situazioni. In più, è sempre bene vaccinare i fragili e gli anziani, sia per il Covid che per l’influenza, e praticare, ove possibile, l’automedicazione responsabile, con l’uso corretto degli antinfiammatori come primo approccio. Sempre per i fragili, inoltre, è sempre bene fare il test Covid in modo che il medico di famiglia possa valutare la possibilità di utilizzare un antivirale e, come già detto, non usare gli antibiotici nella prima fase”.
Vuole lasciare
un messaggio personale alle persone che leggeranno questo articolo?
“Il mio messaggio è quello di avere sempre la consapevolezza di una natura che dobbiamo ancora temere, ma che possiamo ben approcciare se adottiamo comportamenti adeguati e se cerchiamo di informarci dalle fonti giuste. Bisogna fare sempre in modo che ci si possa fare un’idea personale, un pensiero critico, perché le scelte, anche a livello generale, dipendono sempre dal coinvolgimento di tutti e dal pensiero di tutti”.
Il Metodo Vitali si caratterizza da un team di specialisti che opera con l’obiettivo di riportare il paziente al benessere psichico, fisico ed emotivo con un approccio di medicina funzionale integrata.
L’importanza del sonno
Dormire bene migliora le capacità cognitive e ci aiuta a prevenire molte patologie. Ecco i consigli per riposare al meglio.
Secondo i moderni studi scientifici, il sonno ha un valore essenziale per il nostro equilibrio psicofisico. Durante il sonno, infatti, si realizzano processi corporei, che si rivelano fondamentali per il nostro benessere. Dal punto di vista neurovegetativo, vengono tutelati da parte del cervello i bioritmi di parametri vitali quali pressione arteriosa, frequenza cardiaca, tono muscolare. A livello psichico, in particolare durante la fase REM, il sonno migliora il tono dell’umore e si riducono notevolmente gli stati di ansia o depressione. Inoltre, dormire bene rinforza il sistema immunitario.
Cosa è la fase REM
La fase REM, o Rapid Eye Movement, è una fase cruciale del ciclo del sonno caratterizzata da un’intensa attività cerebrale e da movimenti oculari rapidi sotto le palpebre chiuse. Durante questa fase, si verificano i sogni più vividi e l’attività neurofisiologica è paragonabile a quella dello stato di veglia. La fase REM svolge un ruolo fondamentale nei processi di consolidamento della memoria, apprendimento e regolazione delle emozioni. Numerose ricerche indicano che una deprivazione prolungata del sonno REM può causare disturbi dell’umore, deficit cognitivi e alterazioni fisio -
logiche. Durante la fase REM, l’encefalogramma mostra un’attività elettrica simile a quella dello stato di veglia, suggerendo un’elevata attivazione cerebrale.
Dormire bene migliora la memoria
La fase REM è associata al consolidamento delle memorie procedurali e emotive, contribuendo alla formazione di nuove connessioni neurali. Il sonno REM sembra svolgere un ruolo importante nella regolazione delle emozioni, contribuendo a elaborare le esperienze emotive vissute durante il giorno. Il sonno, quindi, tutelando il benessere dell’organi-
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
smo, protegge da patologie molto serie, legate alla alterazione dei ritmi circadiani del nostro corpo: dai disturbi psichiatrici, alle malattie cardiovascolari, fino ai disturbi metabolici ed ormonali.
La medicina del sonno
Proprio per l’importanza del sonno, negli ultimi anni è nata la cosiddetta medicina del sonno, che si è occupata di analizzarne più nello specifico le caratteristiche, tracciando delle vere e proprie strategie per tutelare il nostro riposo e quindi la nostra salute. Il nostro stile di vita è essenziale, per quella che viene definita una corretta igiene del sonno. La prima regola sta nella sua durata: un’ora per ogni due ore di veglia, quindi otto ore per notte.
Il ruolo dell’alimentazione
L’alimentazione ha sicuramente un’importanza fondamentale. Occorre evitare, in particolare la sera, quegli alimenti che favoriscono la produzione di dopamina, adre nalina e noradrenaline, per dare spazio a quelli che invece aiutano la regolazione di melatonina e serotonina. Nello specifico, vanno
bene carboidrati complessi (come pane, pasta, riso o patate), vitamine, calcio, magnesio. Da evitare ca è, the, cola e cioccolata, bevande alcoliche come vino, birra e superalcolici. Piuttosto, è consigliabile curare l’idratazione dell’organismo con bevande rilassanti. L’uso di integratori è consigliato. Mentre il fumo di nicotina ha e etti eccitanti sul sistema nervoso centrale, che impediscono il sonno.
Attività fisica e cellulari
Esistono molte altre regole comportamentali che possono favorire il riposo notturno. Ad esempio l’attività fisica, se svolta nelle ore pomeridiane predispone al rilassamento serale e produce endorfine, quindi facilita l’addormentamento. Esporsi alla luce solare durante il giorno può essere molto utile. Tecniche di rilassa mento (meditazione, mindfulness, respirazione controllata), svolte prima di dormire, permettono di ridurre lo stress. Da evitare asso lutamente cellulari e computer prima del riposo. La loro luce, infatti, altera il ritmo circadiano, mettendo la nostra mente in uno
stato di tensione. Una doccia fresca (non fredda) prima di dormire può aiutare, abbassando la temperatura corporea. Esistono inoltre regole ambientali, legati al luogo nel quale riposiamo. La stanza dovrebbe avere solo l’essenziale ed essere buia, silenziosa e con una temperatura adeguata, mentre il materasso deve essere comodo. È importante che tutte queste abitudini siano regolari e costanti, per assecondare il nostro orologio interno.
Le linee guida EFSA per i Novel Food
∞ A CURA DI SARA CARRARA
Entrano in vigore da febbraio 2025 le nuove regole per la valutazione dei prodotti alimentari innovativi nell’Unione Europea, con requisiti più chiari e dettagliati per garantire sicurezza e trasparenza.
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha recentemente aggiornato le sue linee guida per la valutazione dei “novel food”, ossia quei prodotti alimentari innovativi o non tradizionalmente consumati nell’Unione Europea, come insetti commestibili, alghe o microalghe, carne coltivata in laboratorio e molti altri. Questi aggiornamenti, richiesti dalla Commissione Europea, entreranno in vigore a partire da febbraio 2025 e mirano a rendere più e ciente e trasparente il processo di autorizzazione per l’immissione sul mercato di tali alimenti.
Necessità dell’aggiornamento Dal 2018, l’anno in cui sono sta-
te introdotte le precedenti linee guida, il panorama dei novel food è notevolmente cambiato, con l’emergere sul mercato europeo di nuovi prodotti e tecnologie. Questo ha reso necessario un aggiornamento delle procedure per garantire che le valutazioni di sicurezza siano al passo con le innovazioni nel settore alimentare. Ermolaos Ververis, Scientific Ocer dell’Unità Nutrizione e innovazione alimentare dell’EFSA, ha sottolineato come queste nuove linee guida forniscano dettagli più precisi, soprattutto riguardo ai requisiti scientifici, colmando le lacune evidenziate negli ultimi sei anni e, soprattutto, si applicheranno a tutte le domande di autorizzazione di nuovi prodotti alimen-
tari presentate alla Commissione europea a partire da febbraio 2025.
Principali aggiornamenti nelle linee guida scientifiche Le nuove linee guida richiedono di fornire informazioni dettagliate su vari aspetti dei novel food, tra cui: > processo di produzione: descrizione dettagliata dei metodi utilizzati per la realizzazione del prodotto; > composizione: analisi degli ingredienti e delle loro proporzioni; > usi proposti: indicazioni sulle modalità di consumo e sugli eventuali benefici per i consumatori; > consumo previsto: stime
sulla quantità e frequenza di consumo da parte della popolazione;
> storia dell’utilizzo: informazioni sull’eventuale consumo tradizionale in altre parti del mondo;
> sicurezza: dati su tossicologia, metabolismo, aspetti nutrizionali e potenziali allergeni.
Queste informazioni sono fondamentali per non solo per garantire che i novel food siano sicuri per i consumatori europei, ma anche per facilitarne una valutazione accurata da parte dell’EFSA.
Procedura di autorizzazione dei novel food nell’UE
Dal 1º gennaio 2018, la procedura per l’autorizzazione di un novel food nell’UE prevede che il richiedente presenti una domanda
alla Commissione Europea. Dopo una verifica preliminare, la Commissione trasmette la richiesta agli Stati membri e incarica l’EFSA di e ettuare una valutazione scientifica. L’EFSA ha quindi sei mesi di tempo per emettere un parere, a partire dal momento in cui la domanda è ritenuta valida. L’aggiornamento delle linee guida rappresenta un passo significativo verso una maggiore chiarezza e trasparenza nel processo di autorizzazione dei novel food. Ciò potrebbe incentivare l’innovazione nel settore alimentare, o rendo opportunità per l’introduzione di prodotti come la carne coltivata, gli insetti commestibili e altri alimenti innovativi. Tuttavia, è essenziale che le aziende del settore si preparino adeguatamente, familiarizzando con le nuove li-
nee guida e assicurandosi di fornire tutte le informazioni richieste per facilitare il processo di valutazione e garantire la sicurezza dei consumatori.
Il ruolo cruciale dell’EFSA
L’EFSA, che ha la sua sede a Parma, continua a svolgere un ruolo cruciale nel garantire la sicurezza alimentare nell’UE. L’aggiornamento delle linee guida per i novel food riflette l’impegno dell’Autorità nel mantenere elevati standard di sicurezza, adattandosi alle evoluzioni del settore e promuovendo l’innovazione responsabile. Per approfondire le nuove linee guida e sulle procedure di autorizzazione, è sempre possibile consultare il sito u ciale dell’EFSA e la documentazione fornita dalla Commissione Europea.
Il finocchio: un evergreen per la dieta detox
∞
A CURA DELLA DOTT.SSA GIULIA ONGIS
L’ortaggio invernale, depurativo e diuretico,
è un alleato prezioso per la salute dopo le festività
Il finocchio (Foeniculum vulgare) è una pianta erbacea che appartiene alla famiglia delle Apiaceae, comunemente conosciute come Ombrellifere, probabilmente originaria dell’Asia Minore, ma di usa a partire dal tardo Medioevo in tutta l’area che a accia sul Mediterraneo. Reperibile da ottobre a maggio, questo ortaggio è un evergreen della tavola, soprattutto per infondere un senso di freschezza al palato, ma sono in pochi a conoscere le sue virtù depurative. Se ne conoscono due specie: quello coltivato, detto anche dulce o romano, dal sapore dolce e meno pungente rispetto invece al finocchio selvatico (Capillaceum), che cresce in maniera spontanea. Rappresenta un rimedio naturale e cace per una vasta gamma di disturbi. La sua azione antimicrobica, antivirale, antifungina, antinfiammatoria, diuretica e digestiva lo rende un alleato prezioso per la salute. Possiede un sapore particolare, molto simile all’anice, dovuto alla presenza piuttosto consistente di anetolo (circa l’80%) un olio essenziale con proprietà carminative: aiuta a contrastare la formazione di gas intestinali, aiutando a sgonfiare la pancia e
favorendo la digestione. Risulta, quindi, un alimento perfetto per essere consumato nelle settimane successive alle festività natalizie perché aiuta a contrastare il fastidioso gonfiore addominale caratteristico di questo periodo.
Azione antimicrobica e antinfiammatoria
Il finocchio è un alimento dalle eccellenti proprietà nutrizionali, perfetto per chi desidera mantenere una dieta sana ed equilibrata. Con un contenuto calorico bassissimo – solo 15 calorie ogni 100 gr – è ideale per le diete ipocaloriche. Pur essendo povero di grassi, è ricco di fibre insolubili che favoriscono la regolarità intestinale e aumentano il senso di sazietà, aiutando così a controllare l’appetito. Questo ortaggio è un’ottima fonte di calcio e fosforo, essenziali per la salute delle ossa, ed è ricco di ferro, che contribuisce a prevenire l’anemia. Le vitamine del gruppo B presenti nel finocchio supportano diversi processi metabolici essenziali per il nostro organismo. Inoltre, con una composizione che include circa il 90% di acqua e una buona quantità di potassio, il finocchio aiuta a prevenire la ritenzione
idrica, svolgendo un’azione diuretica che facilita l’eliminazione delle tossine e il mantenimento dell’equilibrio idrico. Infine, è una preziosa fonte di flavonoidi e vitamina C, che vantano notevoli proprietà antiossidanti. Questi nutrienti sono utili per combattere lo stress ossidativo e contrastare la formazione dei radicali liberi, promuovendo così il benessere generale dell’organismo.
Un protagonista versatile in cucina
Un ortaggio che più versatile non si può. Sa essere molto light, ma anche parecchio gustoso, a seconda della ricetta che lo vede come protagonista. Del finocchio non si butta via nulla. Infatti, si consuma quasi tutto dell’ortaggio. Il grumolo, ossia la polpa bianca centrale, si presta ad essere un ingrediente eccezionale in numerose ricette: può essere consumato crudo in insalate o pinzimonio, in umido, saltato in padella, bollito, gratinato o grigliato. Ottimo come contorno a piatti di carne o pesce o come condimento per pasta o cereali. Inoltre, nel periodo invernale è ideale anche per la preparazione di piatti caldi come vellutate o
da inserire nei minestroni. Solitamente, in base alle loro caratteristiche morfologiche, si distinguono in finocchio maschio e femmina: il maschio ha una forma più tonda ed è più adatto per essere mangiato crudo, mentre la femmina è più a usolata ed è indicata per essere mangiata dopo la cottura. I fiori del finocchio, invece, si usano per aromatizzare le verdure, i funghi, le olive condite o per la marinatura di carne o pesce. I semi possono essere impiegati nella preparazione di prodotti da forno e lievitati come pane, torte, dolci casalinghi e biscotti, ma anche per aromatizzare il vino o le tisane. Le foglie fresche, quella specie di “barba” dal colore verde brillante simile ad una felce, invece, sono perfette sia per decorare sia per insaporire zuppe, minestre, piatti di pesce e formaggi.
DOTT.SSA GIULIA ONGIS
Biologa Nutrizionista Specializzanda in Scienza dell’Alimentazione
Studio Xenia - Seriate (BG), SSD Malattie Endocrine e Centro Regionale per il Diabete Mellito - ASST Bergamo Ovest
Mai mangiarlo con l’antibiotico Apparentemente, il finocchio sembra non avere controindicazioni. Tuttavia, ci sono alcune eccezioni da tenere in considerazione. Infatti, può comportare,
in soggetti sensibili, orticaria alla bocca (chi è allergico alle mele, ad esempio, dovrebbe evitare anche il finocchio). I pazienti con insu cienza renale cronica dovrebbero limitarne il consumo per via del suo elevato contenuto in potassio, preferendoli comunque bolliti in abbondante acqua invece che crudi. Particolare attenzione al consumo di finocchio, inoltre, nel caso di trattamento antibiotico con ciprofloxacina: il finocchio, infatti, riduce l’attività del farmaco, diminuendone l’e cacia. Infine, va comunque segnalato che l’assunzione di decotti a base di semi di finocchio dovrebbe essere sempre moderata, poiché questi contengono estragolo, una sostanza potenzialmente cancerogena. Questi e etti, però, è improbabile che si manifestino con il normale consumo umano.
Le sfide delle amicizie in età adulta
Perché instaurare legami solidi dopo i 25 anni è così complesso?
∞ A CURA DELLA DOTT.SSA VIVIANA SACCHI
Le persone, in genere, sviluppano amicizie più solide durante l’infanzia, l’adolescenza o all’università, quando le opportunità di incontro sono molteplici. Successivamente, i gruppi tendono a stabilizzarsi e non sempre si è propensi a includere nuove persone. Superati i 25 anni di età, infatti, si a rontano importanti transizioni: il consolidamento della carriera, l’inizio di relazioni stabili, la creazione di una famiglia, il trasferimento in nuove città o all’estero. Queste riducono il tempo e l’energia da dedicare alla socializzazione e le nuove responsabilità rendono più di cile coltivare amicizie con la stessa facilità. Crescendo, inoltre, diventiamo più selettivi nelle relazioni, cercando amicizie fondate su a nità profonde piuttosto che circostanziali. In un mondo sempre più digitalizzato, la percezione dell’amicizia può essere influenzata negativamente dai social media. Spesso si confonde la quantità di connessioni virtuali con la qualità dei rapporti nella vita reale,
ma l’interazione online raramente soddisfa il bisogno di connessioni umane profonde.
Perché da adulti “ci si perde”?
Emergono principalmente due tipologie di schemi: la dissoluzione passiva e la dissoluzione attiva. La dissoluzione passiva si riferisce a un’amicizia che sfuma gradualmente per vari motivi, come la mancanza di incontri di persona o la sporadicità degli incontri sociali. Questa modalità si verifica tendenzialmente con amicizie meno significative o meno intime. Al contrario, la dissoluzione attiva implica un punto di rottura più incisivo, che ha maggiori probabilità di portare a una chiusura definitiva della relazione amicale. Altri studi evidenziano quattro motivazioni potenziali: attriti, distanza fisica, cambiamenti personali e violazioni della fiducia.
La necessità psicologica di sentirsi collegati Berscheid (2003) esplora il valore
delle relazioni sociali, definendole una risorsa cruciale per il benessere umano. Le amicizie giocano un ruolo centrale o rendo supporto emotivo e ra orzando la nostra capacità di a rontare le sfide della vita quotidiana. Anche la ricerca di Holt-Lunstad, Smith e Layton evidenzia i benefici delle relazioni sociali, dimostrando che tali legami riducono il rischio di mortalità. Infine, Demir e Davidson (2013) mostrano come le amicizie intime favoriscano la felicità e il benessere, poiché soddisfano bisogni profondi come l’appartenenza e l’autorealizzazione.
Come si creano (e mantengono) amicizie soddisfacenti
La psicologa Marisa Franco, in un’intervista pubblicata sul New York Times sottolinea come le credenze errate sulle amicizie possano influenzare sia la loro formazione sia il loro mantenimento. Ad esempio, considerare il legame amoroso con un partner come l’unico tipo di relazione
a ettiva rilevante può ridurre l’importanza attribuita all’amore per l’amicizia. In realtà, diversi gradi d’amore possono coesistere. Un’altra convinzione limitante è che le amicizie debbano nascere spontaneamente o siano destinate, senza possibilità di intervento. Studi dimostrano che chi crede che le amicizie si formino solo per caso tende a sentirsi più solo. A volte, infatti, è necessario prendere l’iniziativa per aprirsi agli altri. In questa direzione, la “teoria della regolazione del rischio” suggerisce che decidiamo quanto investire in una relazione in base alla percezione del rischio di rifiuto.
Modificare i pensieri negativi è un primo passo
Un altro strumento è “ l’e etto di mera esposizione”, secondo cui tendiamo a preferire ciò che ci è familiare. Esporsi regolarmente
a contesti sociali può sfruttare questo e etto, rendendo il processo più agevole. I social network possono facilitare la socializzazione ma, se se ne abusa, possono ridurre le interazioni di persona. Secondo l’ISTAT, nel 2022, a seguito della pandemia, le relazioni di amicizia e familiari hanno raggiunto il livello più basso mai registrato dal 1993. Un metodo per ravvivare vecchie amicizie potrebbe essere quello di riprendere in mano una vecchia conversazione, magari proponendo un incontro per scambiare qualche parola. È importante però chiarire se abbiamo delle aspettative e quanto esse possano influenzarci. Per instaurare nuove relazioni: una buona strategia è immergersi in contesti dove trovare persone che condividono i nostri interessi, passioni, valori. Lavorando sul presente e riconoscendo i nostri
DOTT.SSA VIVIANA SACCHI
Psicologa clinica in formazione presso la scuola di psicoterapia ipnotica neo ericksoniana
limiti e quelli degli altri, è possibile instaurare relazioni sincere e solide anche in età adulta. Queste nuove connessioni non devono essere considerate meno preziose rispetto a quelle del passato, ma richiedono un impegno maggiore per essere mantenute.
Age gap: un nuovo tabù è stato superato
Che succede quando lei è molto più grande di lui? Le donne sagge e capaci sono pronte ad uscire dal recinto degli stereotipi, alla ricerca di un nuovo equilibrio
Si sente sempre più spesso parlare di “age gap”, ovvero di relazioni dove la notevole di erenza di età non riguarda più solo lo stereotipo dell’uomo ricco e attempato che si accompagna alla giovane e bellissima cacciatrice di dote, ma anche il suo opposto. Ovvero donne over 40, 50 o addirittura 60 che si accompagnano a uomini giovanissimi superando l’ultimo tabù che, per secoli, è stato considerato un fenomeno scandaloso e contro natura.
Un racconto di solitudine e riscoperta
Il tema è stato a rontato nella serie Netflix “Inganno”, interpretata da Monica Guerritore e Giacomo Giannotti, nei ruoli di Gabriella ed Elia. Gabriella, ricca imprenditrice, madre di tre figli e divorziata, si appresta a festeggiare il suo sessantesimo compleanno, ma i figli sono troppo impegnati per accettare l’invito della madre, che così si ritrova da sola davanti ad una tavola imbandita, ma con le sedie vuote. Una scena triste che fa riflettere sul vuoto esistenziale di molte donne della sua generazione e non solo, bravissime a dare,
ma meno a ricevere amore. Sarà l’incontro con Elia, audace manipolatore che non nasconde le sue brame di soldi, sesso e potere, a risvegliare in Gabriella una scintilla di passione e sano egoismo. La loro storia d’amore aprirà nuovi scenari fino a rilanciare un viaggio alla scoperta di tante ombre, che il suo cuore non aveva avuto la forza di a rontare da giovane. La loro storia risveglia un antico conflitto: restare ancorati ai porti sicuri o salpare per un viaggio che metta a nudo tutti gli inganni e autoinganni nascosti? La sceneggiatura mette in evidenza i pregiudizi che si accendono intorno alle relazioni di questo tipo perché ancora oggi si accetta con riluttanza che una donna scelga di compiere quel salto da “angelo custode” a “guerriera” disposta a lottare per ottenere ciò che desidera, al di là della morale condivisa. Ciò scardina ogni nostra certezza: da una parte desidereremmo che Gabriella termini all’istante la storia con quest’uomo pieno di segreti, ma dall’altra lo spirito di avventura e il fascino che scaturisce dai veli che cadono uno dopo l’altro, mostrando realtà sempre più
complesse e interessanti, alimenta il nostro coraggio di guardare cosa si nasconde dietro la dicotomia vero/falso e giusto/sbagliato.
Conflitti interiori: navigare tra sicurezza e avventura È ovvio che questo tipo di coppie destino maggiore turbamento, pregiudizio e curiosità ma, a pensarci bene, come tutte le minacce, nascondono anche una preziosa opportunità: integrare due mondi imperfetti e troppo polarizzati in una nuova forma che dia vita a un miglior equilibrio più autentico ed evolutivo. Molte donne mature di oggi, infatti, hanno interiorizzato fin da piccole un modello maschile autoritario, egoista e analfabeta emotivo. Essersi trovate sempre in condizioni, in qualche modo, di inferiorità, ha impedito loro di pretendere reciprocità. In queste storie d’amore, invece, la complementarità viene invertita a favore della donna, che acquista potere, e finalmente può insegnare e co-creare, insieme al partner, uno scenario più vicino alla propria visione interiore perché sostenuta dalla maggiore esperienza e libertà di scelta. Tale inversione per
∞ A CURA DELLA DOTT.SSA ELISABETTA NOTARO
mette alla donna di trasformare il suo mondo già esistente in una versione migliore, più autentica e ricca di sfumature.
Oltre i pregiudizi
Un elemento che fa ancora fatica ad a ermarsi nella nostra società è la consapevolezza della capacità innata di ogni donna di accogliere in se’ semi di vita e trasformarli in nuovi frutti, anche oltre i limiti biologici. E queste coppie, quando superano la sfida delle di erenze e delle resistenze sociali, esprimono molto bene il bisogno sempre più emergente nell’attuale contesto sociale, di uscire dal recinto degli stereotipi. Sempre più donne mature sono pronte per incarnare questo ruolo; sono donne sagge e capaci che non hanno ricevuto l’opportunità di esprimere il proprio potenziale in gioventù a
DOTT.SSA ELISABETTA NOTARO Psicologa Psicoterapeuta e Sessuologa
Livorno (LI)
causa dei vincoli sociali, ma che possono mettere a servizio di partner più giovani il loro potenziale inespresso in questo tipo di relazioni dove lo scambio può divenire funzionale per entrambe le parti. Lo esprime bene Gabriella nel suo monologo finale, quando a erma: “Anziché morire di delu
sione, meglio un inganno che dia la vita”. Il dramma che scorre lungo tutta la storia, infatti, si trasmuta infine in un nuovo equilibrio fra tutti i protagonisti della famiglia allargata, dove ognuno ha perso e conquistato qualcosa, ha a rontato profonde ferite, dove le paure hanno ceduto il passo alla verità che innesca cambiamenti e il
Voglie in gravidanza: i falsi miti e le leggende metropolitane
∞ A CURA DELLE DOTT.SSE LUCIA CASANOVA E MONICA VITALI
La gravidanza porta con sé numerosi cambiamenti che riguardano sia il corpo sia la mente della futura mamma. Tra questi, uno dei più comuni e intriganti sono le “voglie”. Questi desideri improvvisi e talvolta intensi di particolari cibi sono un fenomeno di uso ma misterioso. In questo articolo esploreremo cosa sono le voglie in gravidanza, i miti che le circondano e l’importanza di seguire una dieta equilibrata in questa fase così delicata.
Cosa sono le voglie in gravidanza?
Le voglie in gravidanza sono desideri alimentari improvvisi e intensi che possono variare molto da donna a donna, sia nel tipo di cibo che nell’intensità del desiderio. Alcune donne hanno voglia di cibi salati, altre di dolci, mentre altre possono desiderare alimenti più strani o insoliti. Questi desideri alimentari sono spesso legati a cambiamenti ormonali e fisiologici. Durante la gravidanza, i livelli di estrogeni, progesterone e altri ormoni aumentano, influenzando i sensi del gusto e dell’olfatto. Questo può accentuare la percezione dei sapori e modificare le preferenze alimentari. Inoltre, il corpo della donna potrebbe cercare di soddisfare specifiche necessità nutrizionali.
Perché vengono le voglie?
Le ragioni sono essenzialmente due. > Ormonale: in seguito alla stimolazione degli ormoni, in gravidanza c’è un cambio del metabolismo, che fa aumentare
il fabbisogno di certi nutrienti, soprattutto di carboidrati e potrebbe essere legate alla necessità di più energia. In parole povere, è il fisico che richiede più zuccheri ed il cervello mette in atto certe ‘strategie’ per far riconoscere quelli che sono i bisogni reali del nostro organismo;
> Psicologica: durante i nove mesi può capitare che la futura mamma avverta un sano desiderio di essere accudita, coccolata, e le voglie rappresentano uno stratagemma per esprimere questa maggiore richiesta di a etto e attenzioni. Anche perché per tutti noi il cibo rappresenta un elemento di rassicurazione o compensazione, dunque questo improvviso desiderio di cibo è un’espressione comunicativa del nostro corpo.
I falsi miti
sulle voglie in gravidanza
> Le voglie determinano il sesso del bambino: un mito comune a erma che le voglie possano predire il sesso del bambino. Se una donna ha voglia di cibi dolci, si dice che aspetti una bambina, mentre se desidera cibi salati, il bambino sarebbe un maschio. Tuttavia, non ci sono prove scientifiche che confermino questa teoria. Il sesso del bambino dipende dal cromosoma sessuale che porta il padre, non dai desideri alimentari della madre;
> Le voglie devono essere soddisfatte ad ogni costo: molti credono che le donne incinte debbano esaudire ogni voglia, anche se si tratta di cibi poco salutari. In realtà, sebbene queste voglie siano naturali, non significa che sia sempre salutare seguirle senza criterio. È importante moderare il consumo di cibi indulgenti e mantenere una dieta bilanciata per evitare rischi per la salute della madre e del bambino; > Le voglie sono segno di carenze nutrizionali gravi: alcuni pensano che le voglie alimentari siano sempre legate a carenze nutrizionali gravi. Sebbene alcuni desideri possano indicare una necessità di nutrienti specifici, come il calcio o il ferro, la maggior parte delle voglie è influenzata da fattori ormonali o psicologici, e non necessariamente da carenze significative. In caso di dubbi, è sempre meglio consultare un medico.
Le leggende metropolitane sulle voglie
Le voglie in gravidanza sono anche soggette a leggende metropolitane che possono creare confusione. Ecco due delle più comuni: > Le voglie possono danneggiare il bambino se non soddisfatte: un mito popolare suggerisce che se una donna non soddisfa le sue voglie, ciò possa danneggiare il bambino.
DOTT.SSA MONICA VITALI
Ostetrica, Osteopata, Consulente Sessuale
Centro Italiano Pavimento Pelvico®, Bergamo
In realtà, non esaudire un desiderio alimentare non avrà e etti negativi sul bambino. L’importante è concentrarsi sulla salute generale e sull’alimentazione equilibrata; > Le voglie spariscono dopo il parto: molti pensano che le voglie cessino una volta che il bambino è nato. In realtà, le voglie possono
persistere anche dopo il parto, anche se tendono a diventare meno frequenti. Alcune donne potrebbero notare cambiamenti nei gusti alimentari anche a lungo termine.
Nonostante le voglie possano sembrare un fenomeno curioso, è fondamentale ricordare che una gravidanza sana dipende da una corretta alimentazione. Per la salute della madre e del bambino, è essenziale seguire una dieta equilibrata. Non è vero che la donna in gravidanza debba mangiare per due. La donna deve aumentare l’apporto calorico circa del 20%, anche se tutto dipende dal suo peso di partenza. Nel primo trimestre il numero di calorie quotidiane dovrebbe essere di 150-200 kcal, nel terzo trimestre l’aumento di calorie necessario è un po’ superiore, e attorno alle 300-350 kcal verso la fine della gravidanza. Le voglie, sebbene comuni, devo -
DOTT.SSA LUCIA CASANOVA Ostetrica
Centro Italiano Pavimento Pelvico®, Bergamo
no dunque essere gestite con moderazione e consapevolezza. Una dieta equilibrata che soddisfi le necessità nutrizionali di madre e bambino è fondamentale per una gravidanza sana. Seguire una dieta equilibrata, ricca di nutrienti essenziali, è la chiave per garantire una gravidanza sana e soddisfare le necessità del bambino che cresce.
La meditazione con i bimbi
Un esercizio condiviso che aiuta i più piccoli a connettersi con le proprie emozioni e a riconoscere la stanchezza
∞ A CURA DEL DOTT. SIMONE MIGLIORATI
Viviamo in una società che, sin dalla più tenera età, ci richiede di essere costantemente connessi, ma ciò comporta una crescente disconnessione da noi stessi. Questo fenomeno si manifesta già nei bambini che, sin da molto piccoli, spesso non hanno percezione delle risposte corporee che le emozioni suscitano in loro. Chiedendo loro cosa siano tristezza, paura o gioia, sono in grado di fornire definizioni precise, risposte cognitive alimentate dalla conoscenza mentale delle stesse. Tuttavia, a domande apparentemente semplici come “Cosa senti nel tuo corpo quando sei triste o felice? ” non sanno rispondere, rivelando una mancanza di ascolto del corpo e di consapevolezza. Un altro problema, evidenziato anche da insegnanti e genitori, è che i bambini di oggi appaiono perennemente agitati e incapaci di rilassarsi. Questa continua attivazione, unita alla disconnessione dal corpo sottolineano il bisogno di momenti in cui riscoprire il corpo e coltivare il rilassamento autentico.
Essere bambini oggi: una sfida moderna Sebbene l’infanzia moderna sia meno faticosa dal punto di vista
fisico rispetto al passato, quando i più piccoli venivano inseriti per necessità nel mondo del lavoro o della gestione domestica, la pressione della società rende l’essere bambini tutt’altro che semplice. Viviamo in un mondo che richiede ai piccoli di essere performanti e produttivi fin da subito, spesso negando loro il diritto di essere tali. C’è fretta di diventare grandi. Già nella scuola dell’infanzia ci sono esercizi di pre-grafismo, pre-lettura, che seppur di per sé non abbiano connotazioni negative, non devono sottrarre tempo ai bambini di vivere il mondo secondo le loro inclinazioni. Nella mia esperienza, mi capita di incontrare bambini che mostrano un’avversione verso attività che implicano di “sporcarsi” le mani o gli indumenti, percepito quasi come un dramma. Questo potrebbe riflettere in futuro una paura simbolica di “sporcarsi” anche in contesti più ampi, come relazioni o sfide. Da qui l’importanza di percorsi che insegnino ai bambini a vivere appieno, anche attraverso il gioco e la meditazione.
L’importanza della meditazione La meditazione, se applicata con professionalità e sensibilità, o re
ai bambini un modo per riconnettersi con il proprio corpo e le proprie emozioni. A mio parere, un approccio e cace è quello basato sulla fisiologia delle emozioni, che alterna momenti di attivazione e disattivazione - corrispondenti per intensità e range di durata - per ripristinare un equilibrio energetico. Ciò significa che se mi attivo molto per otto ore, dovrei poi potermi rilassare molto per altre otto ore, e così via, come una macchina che necessita di rifornimento. Spesso, i bambini di oggi sono sommersi da impegni scolastici, sportivi e sociali, senza avere tempo per ascoltarsi, conoscersi o persino annoiarsi. L’abitudine a essere sempre attivi e performanti li priva della capacità di “so-stare” nel tempo vuoto, fondamentale per il loro benessere emotivo e mentale. La meditazione per i bambini dovrebbe iniziare dal gioco, il loro linguaggio naturale. Attraverso giochi attivanti come corse o movimenti energici, seguiti da attività disattivanti come leggere, raccontare storie o coccolarsi, si possono creare momenti di decompressione. Anche attività semplici come la respirazione guidata o gli origami aiutano a rilassarsi e a coltivare la consapevolezza.
In un mondo sempre più di corsa, in cui i minuti sono contati e spesso pare non esserci il tempo per la coccola, per l’ascolto, per il racconto, i bimbi sono sempre più agitati perché hanno perso l’abitudine di disattivarsi. E non sono più abituati a spegnersi. Li “addestriamo” a non “ascoltare la stanchezza” perché non c’è tempo per fermarsi e poi ci arrabbiamo perché non si fermano mai.
Oltre la tecnica: una filosofia di vita
Ecco perché una volta “preparato il terreno”, raggiunto il picco di attivazione, i bimbi sprofonderanno per osmosi in uno stato di rilassamento, come quando dopo una corsa forsennata ci sdraiamo per terra per prendere riposo. Ecco il momento di rilassamento, lì
allora si può inserire il momento di consapevolezza corporea e di integrazione emotiva e corporea. Un esempio pratico di meditazione è un esercizio di respirazione condivisa: il genitore e il bambino si sdraiano fianco a fianco, mettendo una mano sulla pancia dell’altro per sentire il respiro reciproco. Questo semplice gesto crea un momento di connessione profonda, favorendo un respiro lento e sincronizzato. L’obiettivo è focalizzare l’attenzione sul respiro dell’altro, attraverso il contatto con la mano ognuno sentirà il respiro dell’altro e si verificherà un meraviglioso processo di contaminazione che porterà il respiro ad essere profondo e connesso. Un momento che davvero sembra poter diventare magico. Non dobbiamo pensare alla meditazio -
Pedagogista, Formatore e Supervisore Sovere
ne come ad un mero insieme di pratiche e strumenti da mettere in atto, è qualcosa di molto ma molto più profondo e radicato, una vera e propria filosofia di approccio al bimbo, alla sua corporeità, alla sua consapevolezza, al suo modo di Essere.
DOTT. SIMONE MIGLIORATI
Educazione sessuale: quando e come parlarne con i figli
L’educazione sessuale non è una lezione singola ma un percorso continuo che coinvolge sessualità, comportamento, costruzione del sé e autostima. Un bambino educato al rispetto per sé e per gli altri pone solide basi per una sessualità sana in futuro. La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) è intervenuta a riguardo
Un’educazione sessuale completa deve iniziare precocemente, come sottolineato dai pediatri della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps), non solo per prevenire gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmesse, ma anche per promuovere relazioni sane e rispettose. Secondo la pediatra Maria Carmen Verga, segretario nazionale della Sipps, l’educazione sessuale non è una semplice lezione ma un processo continuo che coinvolge la costruzione del sé, dell’autostima e delle relazioni: “L’approccio deve essere prima di tutto mirato e individualizzato, partendo da un’analisi del contesto”. Più che di erenze di genere, sono rilevanti quelle cul-
turali, di età e carattere. Intervenire già prima dell’adolescenza è cruciale: “Già alle scuole elementari i bambini fanno proprie le di erenze di genere e alle medie hanno elaborato idee e pregiudizi ”. La costruzione di relazioni sane parte dal rispetto per sé e gli altri, dall’integrità e dignità personali. Questo processo deve includere conoscenze normative e diritti, poiché “un’educazione sessuale completa” è fondamentale per evitare relazioni distorte o squilibrate.
Il ruolo del pediatra e della scuola
“Il pediatra di famiglia ha la possibilità di seguire bambini e ragazzi fin dalla nascita, supportando i genitori nel promuovere un dia-
logo aperto”, ha spiegato Verga. È dimostrato che interventi occasionali non sono e caci: occorre coinvolgere i ragazzi attivamente, usando metodologie multidimensionali e strumenti come giochi di ruolo e brainstorming. Secondo il Global Early Adolescent Study dell’Oms, un’educazione precoce riduce gravidanze precoci, malattie sessualmente trasmesse e relazioni tossiche, promuovendo contraccezione e comportamenti sani. Tuttavia, in Italia manca un e ettivo programma nazionale di educazione sessuale nelle scuole: “Si parla poco e male di educazione sessuale”, evidenzia la dott.ssa Verga, sottolineando l’importanza di una formazione specifica per operatori scolastici e genitori. Il
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
presidente della Sipps, Giuseppe Di Mauro, ha presentato quindi il progetto “Chiedi a me”, un booklet con video esplicativi per adolescenti e genitori: “È importante sapere quali parole usare e intuire le domande dei figli ”. I genitori devono promuovere un clima di apertura, sollecitando confidenza e abbattendo tabù.
Linee guida e suggerimenti pratici
Immacolata Scotese, pediatra, ha raccomandato di iniziare presto. Dai 3 ai 5 anni si possono insegnare i nomi corretti dei genitali, eliminando soprannomi, perché questo può aiutare l’autoconsapevolezza e o rire ulteriori strumenti per difendersi. Dai 6 agli 8 anni, si può rispondere alle domande sulla riproduzione in modo semplice, aumentando la consapevolezza del corpo. Dai 9 anni, si accolgono i cambiamenti
della pubertà, e dai 12-13 anni si a rontano prevenzione e contraccezione. L’adolescente deve conoscere la “doppia contraccezione”: “La femminuccia deve assumere la pillola e pretendere che il ragazzo usi il condom, che va indossato prima di qualsiasi contatto”. I preservativi devono essere conservati correttamente per evitarne il danneggiamento. I genitori possono supportare i pediatri creando un ambiente di ascolto aperto e privo di giudizio, rispondendo alle curiosità con sincerità e senza improvvisare. Bisogna cogliere gli spunti forniti da situazioni quotidiane, come un
tema a rontato in televisione, per avviare una conversazione breve e non tecnica. Non solo, nelle loro linee guida sia l’Oms che l’Unesco pongono molto l’accento sulle emozioni, sulle emotività, sul rispetto e sull’accettazione del sé. Quando poi il ragazzo, la ragazza, sono un po’ più maturi, quindi verso i 12-13 anni, le linee guida individuano le modalità per parlare anche di prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse e di contraccezione. Probabilmente, però, parlare di contraccezione a 13 anni è un po’ tardi, se si considera che l’età del primo rapporto sessuale si è notevolmente abbassata. L’importante è non far radicare in questi ragazzi concetti sbagliati’. Scotese ha poi concluso ricordando l’importanza di prepararsi alla fluidità di genere: “I giovani sono pronti. Loro sono innamorati dell’amore, non del sesso”.
La ginnastica del “battito animale”
La pratica dell’Animal Flow, che unisce corpo e mente, ripristina la naturalezza dei movimenti primitivi dell’organismo
Basato sul Quadrupedal Movement Training (QMT), l’Animal Flow è una disciplina innovativa che combina movimenti ispirati agli animali e tecniche di ginnastica funzionale. Nato nel 2011 negli Stati Uniti da un’idea del coach Mike Fitch, esperto di fitness e allenamento a corpo libero, l’Animal Flow punta a ripristinare la naturalezza del movimento umano, ispirandosi alle posture e ai movimenti del regno animale. Ma di cosa si tratta nello specifico? Secondo Fitch, l’essenza dell’Animal Flow risiede nel tornare a una modalità di movimento primitiva e istintiva, un approccio che non solo migliora la consapevolezza corporea e l’armonia dei movimenti, ma contribuisce anche al benessere mentale, o rendo un senso di connessione con la propria fisicità. La disciplina, che in poco più di un decennio si è di usa in oltre 40 Paesi con circa 10.000 istruttori certificati, è oggi considerata una delle tendenze più a ascinanti nel mondo del fitness.
Un allenamento completo e accessibile
L’Animal Flow è un programma
di esercizi a corpo libero che combina elementi di yoga, danza, ginnastica, arti marziali e altre discipline, proponendo una modulazione innovativa e dinamica. La particolarità di questa pratica è che non richiede attrezzature: basta il proprio corpo. Per questo motivo, l’Animal Flow è perfetto anche per chi non ha il tempo o la possibilità di frequentare una palestra. L’allenamento prevede sequenze ritmiche e dinamiche che coinvolgono tutto il corpo, migliorando forza, flessibilità, coordinazione e mobilità. Grazie alla sua progressività, questa disciplina è adatta a tutti, indipendentemente dal livello di allenamento. Oltre ai benefici fisici, come il ra orzamento dei muscoli e una maggiore mobilità articolare, l’Animal Flow è stato utilizzato con successo anche come supporto terapeutico in alcune condizioni neurologiche.
I sei elementi base dell’Animal Flow
Un elemento distintivo dell’Animal Flow è la sua struttura modulare, basata su sei elementi fondamentali. Queste possono essere combinate in modi infiniti, crean-
do allenamenti personalizzati e stimolanti. Vediamoli nel dettaglio: > mobilitazioni del polso (wrist mobilizations): esercizi specifici per migliorare la flessibilità e la forza dei polsi, indispensabili per sostenere il corpo durante i movimenti quadrupedi;
> attivazioni (activations): prese statiche utili per riscaldare il corpo e prepararlo all’allenamento; > allungamenti specifici (form specific stretches): movimenti finalizzati a migliorare l’allungamento muscolare e l’equilibrio generale del corpo;
> forme viaggianti (traveling dorms): il cuore della disciplina, con movimenti che imitano il comportamento degli animali. Questi esercizi iniziano con schemi semplici per poi evolvere in sequenze più complesse;
> interruttori (switches): movimenti dinamici costruiti in sequenza, ideali per migliorare fluidità e controllo motorio;
> flusso (flow): una combinazione di tutti i movimenti in una sequenza fluida e coreografica, che unisce creatività e tecnica.
∞ A CURA DI SARA CARRARA
Benefici fisici e mentali
L’Animal Flow si distingue per il suo approccio sinergico al movimento. Ogni esercizio coinvolge simultaneamente diversi gruppi muscolari, ra orzando il sistema neuromuscolare e migliorando la comunicazione tra sistema nervoso e muscolatura. Questo tipo di allenamento non solo sviluppa forza e resistenza, ma incrementa anche la consapevolezza corporea, un aspetto spesso trascurato negli allenamenti tradizionali. Dal punto di vista mentale, l’Animal Flow rappresenta un’opportunità per ridurre lo stress e migliorare la concentrazione. La natura ritmica e dinamica degli esercizi favorisce uno stato di “flow”, ovvero una condizione mentale di immersione totale nell’attività, che contribuisce al benessere psicologico.
Un programma su misura
Uno dei punti di forza dell’Animal
Flow è la sua adattabilità. Le lezioni, generalmente di un’ora e organizzate in due sessioni settimanali, sono strutturate su tre livelli di intensità: beginner, intermediate e advanced. Questo permette a ogni praticante di progredire gradualmente, rispettando i propri tempi e limiti. L’obiettivo finale è portare il corpo umano al massimo delle sue capacità naturali di movimento, migliorandone l’e cienza e l’elasticità. Non sorprende che molti istruttori considerino l’Animal Flow l’allenamento perfetto, capace di coniugare forza, flessibilità e coordinazione in un’unica pratica.
La MINICAR
Una nuova frontiera del fitness
L’Animal Flow rappresenta molto più di una semplice tendenza sportiva: è un ritorno alle radici del movimento umano, con un approccio moderno e scientifico. Che si tratti di migliorare la propria forma fisica, ridurre lo stress o semplicemente esplorare un modo nuovo e creativo di muoversi, questa disciplina o re un’esperienza unica e coinvolgente. Con la sua combinazione di tecnica, creatività e benefici per la salute, l’Animal Flow si sta a ermando come una delle pratiche più apprezzate nel panorama del fitness globale.
Il lato oscuro della bellezza
“fai da te”
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
L’appello lanciato dall’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica: è necessaria una preparazione medica specifica.
Negli ultimi anni, complici i social network e le conseguenze della pandemia, che ha fatto aumentare i collegamenti in video, è emersa una pericolosa tendenza: il ricorso a interventi estetici low cost per il viso, ma non solo. Si tratta di pratiche spesso improvvisate, non regolamentate e condotte da personale non qualificato, che attirano un pubblico in cerca di soluzioni rapide ed economiche per migliorare il proprio aspetto. Questo fenomeno, in continua espansione, rappresenta un grave rischio per la salute, soprattutto tra le nuove generazioni. Prodotti contra atti circolano in rete, senza il bisogno di ricetta medica e medici improvvisati propongono pacchetti a basso costo che attraggono gente speranzosa, nei cosiddetti botox-party. Esisto-
no addirittura dei tutorial sul web che spiegano come auto-iniettarsi prodotti come l’acido ialuronico. Sono coinvolte in particolare le nuove generazioni, che non si riconoscono più dentro la propria identità e che trovano sul web soluzioni facili e buone per le loro tasche. Stiamo parlando di trattamenti quali filler labbra, iniezioni di botox e peeling chimici. Sono tutti interventi medici, che vanno quindi e ettuati da professionisti del settore. Solo un medico specializzato infatti può avere una corretta
conoscenza anatomica e quindi un adeguato rapporto con il viso del paziente. I pericoli del fai da te sono enormi e probabilmente sottovalutati perché sconosciuti. È forte la necessità di una normativa che regoli queste pratiche occulte e in Italia manca ancora una regolamentazione legata alla medicina estetica.
La necessità di regolamentazione
L’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (AICPE), che tutela questo specifico ambito medico, si è già espressa in questo senso, stilando delle linee guida da seguire per ridurre al minimo i rischi legati a questo tipo di interventi. La stessa associazione ha inoltre lanciato una campagna informativa (AICPE SAFE) rivolta ai pazienti. La prima regola è sicuramente la più
basilare, quella cioè di rivolgersi sempre a un medico chirurgo, specializzato in chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva, che appartenga a una delle società scientifiche italiane di categoria. È inoltre importante non fidarsi mai di un prezzo troppo basso: risparmiare potrebbe voler dire abbassare di molto la qualità dei materiali e dello stesso intervento, non garantendo la dovuta assistenza medica e un ambiente adeguato. Esiste poi un problema legato alla gestione delle emergenze, che possono capitare e che solamente un professionista può a rontare in maniera congrua.
I pericoli degli interventi non qualificati
I danni a cui si può andare incontro non sono solo di carattere estetico, ma anche medico e possono avere conseguenze permanenti o
addirittura fatali. Sul piano estetico, un uso scorretto dei prodotti e delle siringhe può generare asimmetrie nel viso, lesioni ai nervi e ai vasi sanguigni, ustioni. Sul piano medico, invece, si può facilmente andare incontro a infezioni, allergie, necrosi dei tessuti, cicatrici permanenti. Il pericolo più grave, tuttavia, è l’embolizzazione, che si può verificare quando l’acido ialuronico viene iniettato direttamente nei vasi sanguigni, provocando un blocco del flusso sanguigno dentro i tessuti.
L’importanza dell’informazione e della prevenzione
Sempre più spesso, i medici specializzati si trovano a dover correggere errori provocati da procedure improvvisate. Questo non solo rappresenta un costo aggiuntivo per i pazienti, ma in alcuni casi può risultare impossibile ripristinare
completamente l’aspetto o la salute originari. La medicina estetica è una vera e propria specializzazione, che richiede anni di formazione approfondita in anatomia, fisiologia e tecniche terapeutiche. Non può essere improvvisata, né banalizzata con soluzioni fai-date. La chiave per combattere questa pericolosa tendenza è l’informazione. Sensibilizzare il pubblico sui rischi degli interventi low cost e sull’importanza di a darsi a professionisti qualificati è fondamentale per tutelare la salute e il benessere delle persone. È essenziale anche di ondere una cultura della prevenzione, sottolineando che il costo di un intervento estetico non deve mai prevalere sulla sicurezza. Solo attraverso una maggiore consapevolezza sarà possibile arginare un fenomeno che sta mettendo a rischio sempre più persone.
GLI AMICI DI BERGAMO SALUTE
ALBINO
Caredent Albino
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Centro Prelievi Bianalisi Albino Via Volta, 2/4
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Dott. Luis - Almenno San Bartolomeo
Via Papa Giovanni XXIII, 64 ALMÈ Farmacia Visini Via Italia, 2
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Ospedale Pesenti Fenaroli / Asst Bergamo Est Via Mazzini, 88
AZZANO SAN PAOLO
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Via Cremasca, 24
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Studio Odontoiatrico Dott.
Campana Marco
Via Castello, 20 BAGNATICA
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BERGAMO
20 Fit
Via Broseta, 27C
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Via Galliccioli, 4
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Via per Curnasco, 70/72
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RUAH
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AniCura / Clinica Veterinaria
Orobica
Via Zanica, 62
Antares Onlus
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Via Palma il Vecchio, 18/C
Asst Papa Giovanni XXIII
Piazza OMS, 1
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Via Ronzoni, 3
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Via Mazzini, 24/c
Blu Fit Redona
Via Gusmini, 3
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Via Grumello, 32
Casa di Comunità / Bergamo
Via Borgo Palazzo, 130
Casa di Cura San Francesco
Via IV Novembre, 7
Centro Acustico Italiano
Via San Bernardino, 33/c
Centro Borgo Palazzo
Via Borgo Palazzo, 43
Centro Medico Boccaleone
Via Capitanio, 2/e
Centro Sportivo Piscine
Italcementi
Via Statuto, 41
Centro Tutte le Età / Boccaleone
Via Rovelli, 27
Centro Tutte le Età / Borgo
Palazzo
Via Vivaldi, 5
Centro Tutte le Età / Colognola
Via dei Caravana, 7
Centro Tutte le Età / Loreto
Via Pasteur, 1/a
Centro Tutte le Età / Monterosso
Via Leonardo Da Vinci, 9
Centro Tutte le Età / Redona
Via Leone XIII, 27
Centro Tutte le Età / San Colombano
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Centro Tutte le Età / Villaggio degli
Sposi
Via Cantù, 2
Cooperativa Sociale Alchimia
Via Boccaleone, 17c
Dipendiamo - Centro per la cura delle New Addiction
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Domitys Quarto Verde
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Farmacia Conca Verde
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Via Dello Statuto , 16
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Forneria Rota
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Via Borgo Palazzo, 102/104
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Via Borgo Palazzo, 112 Methodo Medical Center
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Milano Senza Glutine - Bergamo
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Pavimento Pelvico
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OPI Bergamo
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Ordine Medici Veterinari Bergamo
Via Daste e Spalenga, 15 Ottica Gazzera
Via Gasparini, 4/e Palamonti/CAI
Via Pizzo della Presolana, 15
Poliambulatorio Città di Bergamo
Via Madonna della Neve, 27 Residenza Anni Azzurri
Via Colognola ai Colli, 8
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Studio Odontoiatrico Dott. Maggioni Maurizio - Pianeta Sorriso
Dott. Luis - Calusco d’Adda Via Bergamo, 335 CASAZZA
Centro Prelievi Bianalisi Casazza
Piazza della Pieve, 2 Istituto Polispecialistico Bergamasco Via Nazionale, 89 CASNIGO
Centro Sportivo Casnigo
Via Lungo Romna, 2
Il Casaro Bianco
Via Lungo Romna, 51 CAZZANO SANT’ANDREA
C.S. Materassi Via Melgarolo, 5 CHIUDUNO
Centro Prelievi Bianalisi Chiuduno Largo Europa, 3
Dott. Luis - Chiuduno Via Trieste, 39 Ds Sport Therapy Via degli Astronauti, 2 Giacomo Strabla Centro Sportivo Via Martiri della Libertà CLUSONE
Casa di Comunità / Clusone Via Somvico, 2 COSTA VOLPINO
Centro Prelievi Bianalisi Costa Volpino Via Marco Polo, 2 CURNO
Bongiorno Antinfortunistica Via Enrico Fermi, 10 Caredent Curno Via Enrico Fermi, 5 Dm Drogerie Markt Curno Via Enrico Fermi, 39 Dott. Leonino A. Leone Via Lungobrembo, 18/A For Me Centro Medico Via dell’Aeronautica, 19 Il Sole e la Terra Via Enrico Fermi, 56 ItalianOptic Via Bergamo, 32 DALMINE Animal Center
Strada Statale 525, 29 Casa di Comunità / Dalmine Viale Betelli, 2 Farmacia Ornati Dott. De Amici Via Papa Giovanni XXIII, 11 Farmacia all’Università Via Marconi, 9
Istituto Medico Sant’Alessandro Via Cavagna, 11 Viktor srl Via Pasubio, 5 GAZZANIGA
Ospedale Briolini / Asst Bergamo Est Via Manzoni, 130 GORLAGO
Insieme a Te Via Regina Margherita, 64 Namasté Salute
Piazza Gregis, 10/a GORLE
Casa di Riposo Caprotti Zavaritt Via Arno, 14
Centro Medico MR
Via Roma, 28 GRASSOBBIO
Centro Prelievi Bianalisi
Grassobbio
Via Fornacette, 5
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Four Dental Via Marconi SNC LOVERE
Casa di Comunità / Lovere
Piazzale Bonomelli, 8
Ospedale SS. Capitanio e Gerosa / Asst Bergamo Est Via Martinoli, 9 MEDOLAGO
Plurimed
Via Presolana, 1 MOZZO
Dott.ssa Federica Annamaria
Legrenzi - Biologa nutrizionista
Via San Giovanni Battista, 5 Social Mozzo
Via Verdi, 2/B
Sportindoor All in One Via Fausto Radici, 1 NEMBRO
Bergamo Sanità Via Roma, 43
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Dott.ssa Seiti Mara
Via Famiglia Serlini Trav III, 16 PEDRENGO
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Ospedale M.O. A. Locatelli / Asst Bergamo Est Via Groppino, 22
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Fondazione Don Palla
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PONTE SAN PIETRO
Casa di Comunità / Ponte San Pietro
Via Caironi, 7
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Via S. Clemente, 54
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ROMANO DI LOMBARDIA
Avalon
Via Rinaldo Pigola, 1
Caredent Romano di Lombardia
SS 498 (c/o Centro Comm. Il Borgo)
Farmacia Comunale
Via Duca D’Aosta
Ospedale SS. Trinità / Asst
Bergamo Ovest
Via S. Francesco d’Assisi, 12 ROVETTA
Centro Sportivo Rovetta
Via Papa Giovanni XXIII, 12/f
SAN GIOVANNI BIANCO
Farmacia Contenti
Via Carlo Ceresa, 44
Ospedale Civile / Asst Papa Giovanni XXIII
Via Castelli, 5
SAN PAOLO D’ARGON
Centro Prelievi Bianalisi San Paolo d’Argon
Viale delle Rimembranze
SAN PELLEGRINO TERME
In Cammino Coop. Sociale
Via de Medici, 13
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Via San Carlo, 70
SARNICO
Casa di Comunità / Sarnico
Via Libertà, 37
SCANZOROSCIATE
Centro Prelievi Bianalisi Scanzorosciate
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SEDRINA
Farmacia Micheli
Via Roma, 71/a SERIATE
B Clinic Seriate
Via Nazionale, 122
Caredent Seriate
Via Italia, 131
Casa di Comunità / Seriate Via Paderno, 40
Istituto Ottico Daminelli Via Italia, 74
Ospedale Bolognini / Asst Bergamo Est Via Paderno, 21 STEZZANO
B Clinic Stezzano Via Santuario, Snc
Caredent Stezzano
Via Guzzanica, 62/64 (c/o Centro Comm. Le Due Torri)
Dm Drogerie Markt Stezzano
Viale Industria, 293
Farmacia San Giovanni Via Dante Alighieri, 1
TELGATE
Centro Prelievi Bianalisi Telgate
Via Roma, 48
TORRE BOLDONE
Top Line Planet
Via Leonardo Da Vinci, 7
TRESCORE BALNEARIO
Caredent Trescore Balneario
Via Nazionale, 44
Casa di Comunità / Trescore B.
Via Mazzini, 13
Consultorio Familiare Zelinda Via Fratelli Calvi, 1
Ospedale S. Isidoro / Asst Bergamo Est Via Ospedale, 34
TREVIGLIO
Caredent Treviglio
Via Roma, 2/a
* Dati Obbligatori > DA COMPILARE IN STAMPATELLO LEGGIBILE
*Nome *Cognome
Casa di Comunità / Treviglio
Piazzale Ospedale Luigi Meneguzzo, 1
Dm Drogerie Markt Treviglio
Via Baslini
Krioplanet
Via Istria 8B - zona Pip 2
Ospedale di Treviglio - Caravaggio / Asst Bergamo Ovest
Piazzale Ospedale Luigi Meneguzzo, 1
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Via Madreperla, 12/b TREVIOLO
Centro Oculistico San Giorgio Via delle Betulle, 21
Farmacia Bianchi
Via Roma, 73/b
URGNANO
Antica Farmacia
Via Papa Giovanni XXIII, 435 Dott. Luis - Urgnano Via Piemonte, 105 VALBREMBO
Engim Lombardia
Via Sombreno, 2 VERDELLO
Casa Mia Verdello Via XXV Aprile, 9 VILLA D’ALMÈ
Caredent Villa d’Almè Via Roma, 20/d
Casa di Comunità / Villa d’Almè Via Roma, 16 Farmacia Donati Via Roma, 23 Ortopedia Fagiani Via Fornaci, 6/f
ZANICA
Farmacia Gualteri
Piazza Repubblica, 1 ZOGNO
Casa di Comunità / Zogno
Piazza Bortolo Belotti, 1/3
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Praline di datteri e castagne Dolce
Di coltà di preparazione
Facile
INGREDIENTI per le praline
180 g .. Purea di castagne cotte
20 g .... Olio di cocco
100 g .. Datteri
100 g Crema di nocciole un pizzico Vaniglia
Tempo di preparazione
4-6 ore in totale
MICHELA QUADRI Cuoca
Il Sole e la Terra - Curno (BG)
scorza 1 Arancia
1 cucchiaio Liquore (facoltativo)
INGREDIENTI per decorare
1 tavoletta Cioccolato fondente
granella Granella di nocciole o cocco rapè
PREPARAZIONE
Ammollare i datteri in acqua 24 ore prima, quindi scolarli molto bene e frullarli finemente.
Unire la purea di castagne alla crema di datteri, aggiungere l’olio di cocco e la crema di nocciole.
Con questo impasto formare dei piccoli “salamini” e riporli in frigorifero per qualche ora.
Tagliare i “salamini” in tronchetti, lavorarli con le mani per ricavare delle palline. Sciogliere il cioccolato a bagnomaria e, con l’aiuto di uno stuzzicadenti, intingere l’intera pallina che dovrà essere passata subito nella granella o nel cocco.
Infilare lo stuzzicadenti in una superficie morbida che lo trattenga (i.e. polistirolo). Riporre in frigorifero fino al completo ra reddamento.
In montagna con il vostro quattrozampe
∞ A CURA DEL DOTT. MARCO LORENZI
Accorgimenti utili per vivere le avventure in montagna con il proprio cane in sicurezza e serenità
Come sono belle le gite in montagna o, meglio ancora, le settimane bianche con i vostri cani! Spazi aperti, paesaggi innevati, sole, cielo azzurro e aria pulita, tutto emana un senso di candore ma, d’altro canto, possono capitare temperature rigide, per non parlar di eventuali nevicate o gelate notturne. Per questo è opportuno sapere come preparare al meglio il nostro quattrozampe prima della vacanza in montagna. Non esiste un obbligo vaccinale se non la vaccinazione antirabbica nel caso vi rechiate fuori dall’Italia, per cui dovrete munirvi di passaporto rilasciato dall’ATS del vostro territorio. Le vaccinazioni annuali di routine sono comunque consigliate, così come gli antiparassitari
nel caso dormiate fuori dal vostro ambiente. Ormai nelle città è raro trovare cani che vivono esclusivamente all’aperto gestiti in maniera un po’ più “rustica”, nonostante siano di razze selezionate nel tempo per la loro resistenza, come i cani nordici, i pastori tedeschi e i “nostri” Pastori bergamaschi.
Cosa fare prima di partire È importante la preparazione di quelli che sono veri e propri “pet cittadini”: non sono abituati a resistere alle temperature rigide, a neve e ghiaccio, quindi è necessario mettere in atto alcune accortezze per garantire un’esperienza piacevole anche a loro. Dobbiamo assicurarci che siano ben protetti, alimentati correttamente sia nella
DOTT. MARCO LORENZI
Medico Veterinario
Specialista in Patologia e Clinica degli Animali d’Affezione Mozzo (BG)
quantità, sia nella qualità e nel tempo, ma dev’essere tutto commisurato alla razza, alla taglia, al
tipo di manto e all’attitudine dei nostri animali. A parità di taglia, un Samoiedo possiede un manto ben più protettivo rispetto a un Setter, così come i Siberian Husky e gli Alaskan Malamute sono stati selezionati per vivere meglio all’esterno, rispetto a Bouledogue francesi, Whippet e addirittura Labrador Retriever. Quindi, largo a tutta quell’attrezzatura che noi stessi utilizziamo e ad altre precauzioni.
Preparare le zampine al freddo
In primis, è importante tagliare il pelo sotto le loro zampe per agevolarci l’asciugatura e la protezione delle stesse con creme specifiche per i loro polpastrelli, da utilizzare anche prima di partire. Poi, bisogna pensare a proteggere dal freddo il nostro quattrozampe diversamente a seconda di quello che farà. Un cagnolone che ci seguirà nella neve durante un’escursione di sci-alpinismo,
esattamente come noi, dovrà venire reidratato spesso ed essere alimentato almeno tre ore prima di iniziare il viaggio o la salita. Provvederemo poi a riscaldarlo e ad asciugargli immediatamente le zampe e il resto del corpo una volta giunti alla macchina o al rifugio. Nel caso il rientro sia immediato, reidratiamolo con qualche sorso d’acqua non fredda, senza esagerare per prevenire eventuali torsioni, e diamogli un bocconcino energetico. Altrimenti, dopo averlo rifocillato, forniamogli una coperta asciutta su cui riposarsi.
Alleniamoci insieme Ricordiamoci che il cane che vive in città raramente è preparato a simili gite, per cui anche lui dovrà essere allenato a e ettuare simili fatiche esattamente come ci alleniamo noi. Anzi: allenatevi insieme e per lui sarà una gioia, altrimenti li sfiancherete inutilmente e, per
loro, non sarà appagante come dovrebbe essere. Lo stesso cane che, anziché seguirci, resterà in attesa di fianco a una sdraio, avrà invece bisogno, oltre che di un giaciglio asciutto (una coperta o un telo isolanti), di un cappotto o un piumino per mantenerlo al caldo e, nel caso abbia orecchie pendule come un Cocker, anche di un manicotto scalda-orecchie. Cibo e acqua (non fredda) non vanno razionati, ma forniti secondo le normali abitudini. Nel caso di cani di piccola taglia e pelo corto o raso, le attenzioni vanno amplificate: questi cani so rono maggiormente il freddo, hanno minor resistenza e riserve energetiche, quindi dotiamoci anche di zaini o borse asciutte in cui portarli dopo sforzi anche di pochi minuti. I nostri quattrozampe non possono purtroppo essere lasciati liberi, quindi ricordatevi pettorina e/o collare con guinzagli
adeguati ed eventuali museruole a canestro e non a nastro; diversamente, sarebbe importante che i cani che vengono lasciati liberi nelle apposite aree siano dotati di GPS, in modo da poterli rintracciare nel caso in cui si smarriscano. Infine, ricordatevi di rispettare il paesaggio e gli altri raccogliendo sempre le deiezioni del vostro cane.
Consultiamo le previsioni
Attenzione alle condizioni meteo!
Limitate le uscite e il tempo trascorso all’aperto in caso di temperature rigide o forte vento. Ricordatevi che il vostro cane vive in appartamento con voi e non è abituato ad a rontare simili condizioni meteorologiche: accertatevi che non tremi, che la lingua sia sempre rosea e che tutto sia nella norma. Evitate che si abbu di neve per non rischiare coliche o malesseri
gastroenterici. Ricordate, inoltre, che il sale gettato sulle strade per evitare che possano gelare è corrosivo e tossico, quindi agite rapidamente: pulite le zampe, asciugatele e mettete le creme adeguate; evitate che se le lecchino prima di queste vostre manovre, altrimenti
possono essere soggetti a intossicazione. È sicuramente meglio utilizzare, inoltre, scarpette e calze protettive, esattamente come le indossiamo noi. Osservando queste indicazioni potremo goderci un buon divertimento insieme con i nostri amati cani!
RUBRICHE ALTRE TERAPIE
La medicina termale: cos’è e come funziona
I benefici delle terme possono coadiuvare i trattamenti farmacologici nella cura di numerose patologie acute e croniche
La medicina termale, nota anche come crenoterapia, è una pratica olistica antichissima, utilizzata largamente già nella civiltà romana. Le terme nascono come luogo curativo, ma anche come luogo di ritrovo, accessibile a tutti. La medicina termale è una medicina naturale, non invasiva, utilizzata per scopi terapeutici, preventivi e di benessere. Le terme rappresentano un’oasi di pace, dove dedicarsi alla cura di corpo e mente. In questi luoghi particolari si uniscono vecchie tradizioni e nuove scoperte scientifiche, che insieme contribuiscono al benessere personale. Le cure termali si definiscono medicina naturale
∞ A CURA DI SARA CARRARA
perché utilizzano esclusivamente elementi di origine naturale, ossia acque minerali, fanghi, grotte, gas naturali. In particolare, vengono trattate patologie croniche, cronico-degenerative oppure recidivanti, legate a malattie respiratorie, ginecologiche, dell’apparato urinario, dell’apparato gastroenterico, malattie dermatologiche o reumatiche. Le cure possono essere effettuate sia per via interna che per via esterna. Per ogni patologia esiste una di erente terapia.
Una terapia complementare a quella farmacologica
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la medicina termale parte integrante della medicina tradizionale. Autorizzata dal Ministero della Salute, è riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale. È complementare alla terapia farmacologica, anche se non è sostitutiva. Le terapie, esattamente come per i farmaci, devono essere prescritte sotto stretto controllo medico. L’intervento è
terapeutico, preventivo o riabilitativo. Elemento centrale è l’acqua, utilizzata in forma fluente, oppure aerosolizzata, micronizzata o vaporizzata. Le acque termali sono ricche di zolfo, calcio e magnesio, minerali che possiedono riconosciute proprietà benefiche per l’epidermide, per le articolazioni, per il sistema respiratorio. Hanno inoltre ottime proprietà antinfiammatorie e antidolorifiche, favoriscono la circolazione sanguigna e la salute cardiovascolare, riparano
i tessuti e ra orzano il sistema immunitario. Le acque sono poi suddivise in categorie, a seconda di composizione chimica e proprietà. Trattandosi di un vero e proprio trattamento sanitario, l’acqua termale deve essere autorizzata dal Ministero della Sanità.
380 centri autorizzati in Italia
Nel nostro Paese esistono 380 centri termali accreditati, soprattutto grazie alla nostra vasta disponibilità idrica. Le cure termali sono inserite nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Per questo motivo tali cure possono essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Nello specifico, è previsto un ciclo di cure della durata di 12 giorni, una
volta l’anno. In regime privato, invece, sono previsti cicli più brevi ma ripetibili nel corso di un anno. La medicina termale è in crescita costante. La ricerca scientifica apre nuovi orizzonti, attraverso la scoperta di nuove terapie legate alla identificazione di nuove proprietà terapeutiche dell’acqua termale e il nascere di nuove tecniche e di nuove tecnologie. La medicina termale si integra sempre di più con altre discipline mediche, allargando il proprio sapere. Recenti studi si sono concentrati sull’e cacia delle acque termali nel trattamento di diverse patologie, tra cui quelle reumatiche, dermatologiche e respiratorie. Inoltre, si stanno esplorando nuove
applicazioni delle terapie termali, come ad esempio nel campo del benessere psicologico. Altri studi hanno approfondito gli e etti delle acque termali sulla vascolarizzazione dei tessuti, con implicazioni per il trattamento di diverse patologie, ma anche nel trattamento del dolore cronico, in particolare quello di origine muscolo-scheletrica. Grazie a questi progressi, il termalismo si conferma un’opzione terapeutica sempre più valida e integrata nei percorsi di cura tradizionali, o rendo ai pazienti un approccio naturale e multidisciplinare. Dall’incontro tra tradizione e innovazione prende forma la moderna medicina termale, luogo di pace e di rinnovato benessere.
RUBRICHE
Alzheimer: per scoprirlo basterà l’analisi del sangue
∞ A CURA DI SARA CARRARA
Un nuovo test diagnostico permetterà presto di individuare la malattia attraverso un semplice prelievo prima dell’insorgenza dei sintomi
Attenzione a non confondere defaillance momentanee e istanti di stanchezza che causano perdite di lucidità con le patologie neurodegenerative. Sono molte le cause di problemi legati alla memoria, tra cui depressione, stress, carenza di vitamina B12 o addirittura tumori cerebrali. La malattia di Alzheimer è invece una malattia progressiva, incurabile ed irreversibile che colpisce il cervello e quindi la memoria, rappresentando la forma di demenza più comune nel mondo. Durante il convegno su salute mentale e neuroscienze organizzato a Roma da Brain&Care Research Foundation il 23 novembre 2024, il Professor Antonello Bonci, Presidente e Fondatore di GIA Miami,
GIA Chicago, GIA Boca Raton e Fondatore, e Direttore Scientifico di Brain&Care ha spiegato che in Italia le patologie neurologiche rappresentano la principale causa di disabilità e la seconda causa di mortalità. Si stima che oltre 1,4 milioni di persone siano a ette da demenza, di cui circa 600.000 con la malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza degenerativa.
I test diagnostici in uso oggi Questa patologia è caratterizzata dall’alterazione del metabolismo di una proteina che viene metabolizzata in modo errato dando origine alla formazione di una sostanza neurotossica, che si accumula nel cervello. Attualmente
esistono alcuni strumenti che ci permettono di fare una diagnosi abbastanza accurata. In particolare, test sulle funzioni cognitive sulla memoria e tecniche di imaging, risonanza magnetica (MRI), tomografia computerizzata (TC) e tomografia a emissione di positroni (PET). Un’altra possibilità per la diagnosi è l’analisi del liquido cerebrospinale, e ettuata tramite una puntura lombare. Si tratta comunque di tecniche invasive e molto costose. Inoltre, questa malattia viene comunque diagnosticata in fase avanzata e quindi ormai irreversibile.
Un nuovo test attraverso il sangue
Secondo due nuovi studi scien -
tifici, realizzati dalla Lund University in Svezia e dalla Washington School of Medicine negli Stati Uniti, pubblicati rispettivamente sulla rivista Jama Neurology e sul Journal of Experimental Medicine, sarà presto possibile diagnosticare la malattia di Alzheimer attraverso un semplice esame del sangue. I ricercatori hanno infatti scoperto che la presenza nel plasma di due biomarcatori specifici, la proteina tau fosforilata (p-tau 217) e la proteina beta amiloide 40-42, che si accumulano nel cervello, che caratterizza i pazienti con Alzheimer, segnala il relativo danno neuronale prima della manifestazione clinica della malattia. Questo nuovo esame permetterebbe quindi di diagnosticare il morbo di Alzheimer e permetterebbe di farlo in maniera semplice, poco costosa e soprattutto preventiva. Il test sierologico
combinato consentirebbe inoltre di avere il medesimo risultato ottenuto attraverso le metodologie note. Il tasso di accuratezza è elevatissimo, toccando il 90%.
L’importanza del nuovo esame
Combinando i risultati del test alla presenza dei due fattori di rischio fondamentali, età e presenza della variante APOE4, la percentuale arriva al 94%. Le percentuali di corretta diagnosi per specialisti e medici di base sono invece molto più basse, toccando rispettivamente il 73% ed il 61 %. Il passo avanti è enorme. La precisione e la rapidità di diagnosi raggiunta dal test sierologico permetterebbe inoltre di monitorare adeguatamente l’intervento farmacologico, che risulterebbe sicuramente più e cace, facilitando un precoce intervento terapeutico. Questo soprattutto quando in futuro si
disporrà di farmaci in grado di bloccare la malattia.
Servono ulteriori studi
I biomarcatori, sebbene rilevati nel sangue, non potranno mai stabilire quando si svilupperà la malattia. Inoltre, il test sierologico deve essere sempre integrato dagli strumenti classici di screening. Oggi non esiste un esame specifico in grado di tracciare la malattia. Un intervento clinico integrato sarà ancora necessario. Questa metodologia deve inoltre essere ulteriormente testata e non ha ancora delle chiare linee guida sul suo utilizzo. Attualmente è utilizzabile solo a fini di ricerca, ma sarà presto introdotto nella pratica clinica. Ma i passi avanti sono significativi, se si pensa che fino a pochi decenni fa conoscere le caratteristiche di questa patologia era praticamente impossibile.
VIAGGI DELLA SALUTE
Il Carnevale è alle porte. “Ridere fa buon sangue”
∞ A CURA DI CATERINA RONCALLI
Bergamo dimentica le maschere “minori”. Bagolino esalta la tradizione carnascialesca del XVI secolo
“Il riso fa buon sangue”. Ridere fa bene alla salute. Lo dicono gli esperti. Una grassa risata può avere e etti benefici sia sul piano fisico che psicologico. Sicu-
ramente aiuta il buonumore. Ecco allora che, appena abbandoneremo i rigori invernali, tra febbraio e marzo, non mancheranno le occasioni per divertirsi a crepapelle. Se “semel in anno licet insanire” (tradotto dal latino, “una volta all’anno è lecito impazzire”), il momento giusto per darsi alla pazza gioia sarà proprio il Carnevale. A Bergamo, la tradizione vuole che la maschera d’eccellenza sia Arlecchino (fra l’altro, conteso da Venezia e Mantova). La città orobica è culla delle maschere, lustro del teatro, vanto della Commedia dell’Arte, ma – lasciatemelo dire –ha abbandonato i suoi figli minori. Aggrappata alle pezze di Arlecchino e a uno scansafatiche come il gozzuto Gioppino, Bergamo non ha mai reso onore e merito ad altri volti popolari della tradizione, ai quali ha dato i natali.
Da Brighella a Pierrot
Su tutti spicca Brighella, ma nel dimenticatoio sonnecchiano
Mezzettino, Pedrolino, Scapino, Tru aldino... Un patrimonio culturale di grande ricchezza creativa, fatta di improvvisazione, satira e risate, che ha timbrato la storia del teatro fin dal Cinquecento. I nomi di questi figli, nipoti o parenti, più o meno lontani, degli Zanni, dicono nulla ai più. Di Brighella non c’è traccia nella sua Bergamo Alta. Si dice abitasse in Borgo Canale, il borgo degli ortolani. Un altro cugino degli Zanni è quel Pedrolino, Pedrulì, diventato Pierrot all’ombra della Tour Ei el e Petruska in Russia. Fu il mimo Jean-Gaspard Debureau nel 1826 a portare un malinconico personaggio al Théâtre des Funanbules con un costume che, dopo di lui, fu quello classico di Pierrot. Maurice Sand, figlio di George Sand, allievo di Delacroix, incisore dell’Ottocento a ermò che il mimus albus, prototipo del futuro Pierrot, ebbe origine a Bergamo Alta. E poi ci sono i versi di Albert Giraud che nel “Pierrot lunaire” parla di un dandy berga-
masco, di un “cousin de Bergame” (cugino di Bergamo).
Il Carnevale Bagosso
I cugini bresciani – forse più attenti di noi alle tradizioni – hanno saputo valorizzare uno dei Carnevali più antichi d’Italia, ovvero il Carnevale Bagosso a Bagolino. A conferma di quanto fosse radicata qui l’usanza carnevalesca restano alcuni stralci di documenti comunali del XVI secolo. In uno del 1518, si legge che il Comune di Bagolino aveva dato disposizioni perché la Compagnia di Laveno, venuta in paese per rallegrare il carnevale, fosse ricompensata con un formaggio. Bagolino dista meno di 2 ore da Bergamo, è uno dei borghi più belli d’Italia, si raggiunge costeggiando il lago d’Idro, è un luogo fra
i monti, meta di un’originale gita fuori porta. Le attrattive di questo Carnevale popolare sono rappresentate dai “Maschèr” (maschere), dai “Balarì ” (ballerini), dai “Sonädùr” (suonatori).
Maschere e brodo di gallo I “Maschèr” sono legati al mondo contadino. Dopo l’Epifania sono autorizzati a uscire per strada (lunedì e giovedì): sono ispirati ai vecchi contadini. Girano per il paes, con ai piedi una scarpa di cuoio con la suola di legno chiodata per fare rumore. Sul volto hanno maschere da vecchi e il loro compito è spaventare la gente. I “Balarì ” (solo uomini) hanno costumi preziosi ed eleganti, calzoni ricamati, giacche ricche di ornamenti, coccarde sulle braccia, guanti bianchi come le calze, scialli ricamati sulla schiena. Il viso è nascosto da una maschera senza espressione e in testa un caratteristico cappello. Il Carnevale bagosso inizia con la messa nella chiesa parrocchiale di San Giorgio, al termine della quale il parroco o re a tutti il brodo di gallo come da tradizione. E da lì scatta la festa condita dalle musiche dei “Sonadùr”.
Carnevale di Bagolino
Le malattie neurologiche e psichiatriche: una
sfida globale
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le patologie del sistema nervoso rappresentano una delle principali sfide sanitarie a livello mondiale. Questo dato, destinato a crescere con l’invecchiamento della popolazione, evidenzia l’urgenza di un approccio innovativo e multidisciplinare nella cura e nella prevenzione. L’importanza di un nuovo paradigma è stata al centro del Congresso Nazionale su Salute Mentale e Neuroscienze, promosso dalla Brain&Care Research Foundation. L’evento ha visto la partecipazione di esperti internazionali di neurologia, psichiatria e psicologia, con l’obiettivo di promuovere una visione integrata e condivisa nella lotta contro queste patologie. In Italia, le malattie neurologiche sono la principale causa di disabilità e la seconda causa di mortalità. Più di 1,4 milioni di persone convivono con la demenza, di cui circa 600.000 a ette da Alzheimer. Anche il Parkinson è in aumento: i casi stimati variano tra 250.000 e 400.000, con una previsione di raddoppio entro il 2050. Sul fronte della salute mentale, la depressione maggiore colpisce 7,5 milioni di italiani, mentre disturbi d’ansia e attacchi di panico interessano il 5% della popolazione. Tra i giovani, disturbi del comportamento alimentare a iggono circa 3 milioni di persone, un dato che sottolinea la necessità di interventi mirati e tempestivi.
Tra le tecnologie più promettenti emerse durante il congresso, la stimolazione magnetica transcranica (TMS) rappresenta una frontiera d’avanguardia per il trattamento di disturbi neurologici e psichiatrici. La TMS si è dimostrata e cace in una vasta gamma di applicazioni, dalla depressione ai disturbi d’ansia, fino ai deficit del campo visivo e ai disturbi del neurosviluppo nei bambini. Nonostante l’e cacia comprovata, l’adozione di queste tecniche nel sistema sanitario italiano è ancora limitata. Alcune regioni stanno già integrando la TMS nei trattamenti pubblici, ma è necessario un piano nazionale per di ondere queste terapie su tutto il territorio. Il congresso ha ribadito la necessità di unire le competenze di neurologi, psichiatri, psicologi e altri professionisti della salute mentale per a rontare le sfide crescenti delle patologie del sistema nervoso. La personalizzazione delle cure, resa possibile dalle tecniche di neuromodulazione, è fondamentale per migliorare i risultati terapeutici e il benessere dei pazienti. Gli esperti hanno sottolineato anche l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sui benefici di questi approcci innovativi, integrandoli nella prevenzione e nella routine clinica.
Salvaguardare il benessere intestinale
∞ A CURA DEL DOTT. LUCA GIACHERIO
Perché so ro di disturbi intestinali?
Capita a tutti noi, più o meno di frequente, di so rire di disturbi intestinali, tra cui gonfiore, meteorismo, dolori addominali, stipsi o diarrea. Tali disturbi, in assenza di determinate patologie croniche o di intolleranze specifiche, sono attribuibili a una generica condizione di disbiosi intestinale, ovverosia una condizione di squilibrio microbico causata da una crescita eccessiva di batteri patogeni all’interno dell’intestino, con conseguente irritazione.
Come si possono prevenire o curare i disturbi intestinali
La salute del nostro intestino è direttamente correlata alla salute del nostro microbiota intestinale, ovvero l’insieme dei microrganismi simbiontici normalmente presenti nel tubo digerente, che ostacolano la colonizzazione dell’intestino da parte di nuovi microbi, tra cui quelli patogeni. I microrganismi che compongono il microbiota sono addirittura dieci volte più numerosi rispetto alle cellule del nostro organismo e, oltre all’attività di barriera, svolgono numerose attività essenziali per la salute di tutto l’organismo, tra cui la digestione degli alimenti, l’interazione con la risposta immunitaria, l’eliminazione di tossine, la protezione dell’apparato cardiocircolatorio, la
sintesi di vitamine essenziali, la regolazione della peristalsi e la risposta a svariate terapie (come a farmaci chemioterapici, alla radioterapia e all’immunoterapia). Ne consegue che prendersi cura del nostro microbiota intestinale è fondamentale non solo per il benessere dell’intestino, ma anche di tutto l’organismo.
I segreti per mantenere il proprio microbiota in salute La principale causa della disbiosi intestinale è un’alimentazione poco equilibrata. Il primo passo per curarla, quindi, è seguire una dieta adeguata, sempre con il supporto di uno specialista. È anzitutto fondamentale evitare gli alimenti preconfezionati (ricchi di conservanti, addensanti, coloranti, ecc.), ma anche quelli con un eccesso di zuccheri, di sale, di grassi e di alcol. Oltre a seguire una dieta varia ed equilibrata, con la corretta integrazione di verdura e frutta fresca, è inoltre fondamentale garantire un su ciente apporto di prebiotici (da non confondere con i probiotici), che sono sostanze organiche non digeribili, principalmente fibre idrosolubili non gelificanti, le quali promuovono la crescita di specie batteriche benefiche all’interno del microbiota intestinale. Essi sono presenti in diversi alimenti,
come cereali integrali, legumi, banane, miele, aglio, cipolla, e porri. Infine, per il benessere intestinale, è fondamentale anche mantenere una corretta idratazione. Tuttavia, non sempre si segue uno stile di vita su cientemente sano; di conseguenza, può essere necessario un intervento più diretto sul microbiota intestinale e questo viene reso possibile grazie all’integrazione dei probiotici.
Cosa sono i probiotici e quali è importante assumere Secondo la definizione u ciale dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), i probiotici sono organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite. E tale beneficio viene apportato grazie alla capacità di questi microrganismi di persistere e moltiplicarsi all’interno dell’intestino umano, integrandosi nel microbiota intestinale tramite un’attività fisiologicamente benefica dimostrata secondo i criteri specifici stabiliti dalla stessa OMS. Innanzitutto, è bene specificare che ciascun individuo ha un proprio microbiota intestinale, la cui composizione varia in base a diversi fattori (patrimonio genetico, ambiente, dieta, stile di vita, tipologia di parto e di allattamento). Pertanto
è impossibile individuare una specie di probiotico universalmente benefica per ciascun microbiota intestinale, indipendentemente dalla sua composizione e dal suo stato di salute. Quindi il primo passo da compiere per ricevere un’integrazione adeguata può essere un esame del proprio microbiota intestinale, un test disponibile anche in diverse farmacie del territorio che consente la valutazione in telemedicina, da parte di specialisti, dello stato di salute di uno specifico microbiota. Di conseguenza, gli stessi specialisti hanno la possibilità di profilare una dieta e un’integrazione probiotica su misura per le esigenze individuali, che (al di là di specifiche tecniche di formulazione, che non tratteremo), può essere composta da numerose specie di microrganismi, tra cui:
> Lactobacillus rhamnosus GG: proprietà antidiarroche e antinfiammatorie;
> Lactobacillus acidophilus: utile per la prevenzione della diarrea da antibiotico;
> Lactobacillus casei: modulazione del sistema immunitario;
> Bifidobacterium breve: è in grado di realizzare la fermentazione lattica e di abbassare il pH;
> Bifidobacterium infantis: contribuisce alla produzione di vitamine e a mantenere l’integrità della barriera intestinale;
> Bifidobacterium bifidum: aiuta a prevenire i problemi digestivi, eliminando i gas intestinali, la costipazione e le allergie; inoltre migliora
la funzione intestinale con la produzione di feci morbide. Oltre a queste specie, possono essere consigliate molte altre tipologie di probiotici, per le quali risulta fondamentale il consiglio di uno specialista o del farmacista.
DOTT. LUCA GIACHERIO Farmacista
Farmacia Giacherio, Ranica (BG)
ANNI
I pazienti oltre la cura
Il dottor D’Alessio e una concezione olistica delle cure oncologiche
Internista e oncologo di lungo corso, il dottor D’Alessio non si è mai limitato a curare i suoi pazienti, ma ha sempre cercato di vedere la persona oltre la malattia. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni e un impegno profuso quotidianamente nella medicina interna e oncologica, D’Alessio rappresenta un esempio di dedizione e umanità. Ancora, è con l’Associazione S.O.S. – Solidarietà in Oncologia e Sociale, da lui co-fondata nel 2013, che ha dato vita a un modello di assistenza che coniuga competenza medica e umanità, cercando di cambiare la vita di moltissime persone.
Perché pariamo di un approccio olistico alle cure oncologiche? Originario di Casazza, dopo la specializzazione in medicina interna, ottenuta presso l’Università di Pavia, e un percorso formativo che lo ha visto lavorare in strutture di eccellenza come l’IRCCS Policlinico S. Matteo, il dottor D’Alessio si è distinto per aver sviluppato un approccio che integra la gestione clinica con un’attenzione particolare ai bisogni psicologici e sociali dei pazienti oncologici. «Il malato non è un numero, ma una persona con bisogni complessi, che vanno oltre la diagnosi», spiega. Que -
sta filosofia lo ha accompagnato per tutta la sua carriera, in particolare durante gli anni trascorsi al Policlinico San Marco di Zingonia, dove ha diretto il reparto di Medicina ad indirizzo Onco-Ematologico e il relativo Day Hospital. «Lì, insieme al mio team, ho implementato un modello di gestione che rappresenta ancora oggi un punto di riferimento: non solo terapia medica, ma un supporto globale che include l’assistenza psicologica, sociale e domiciliare. Questo è stato fondamentale anche durante la pandemia di COVID-19, in cui sono stato Responsabile Clinico dell’area medica – spiega il
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
dott. D’Alessio – gestendo in prima linea le di coltà di un’emergenza senza precedenti».
L’idea di S.O.S.: curare oltre la medicina «L’esperienza accumulata negli anni ci ha spinto [il dott. D’Alessio insieme ad altri collaboratori del reparto di Oncologia] a dare vita a un progetto che fosse in grado di rispondere a tutte quelle esigenze che la sola terapia medica non poteva soddisfare. È così che nel 2013 abbiamo dato vita
Associazione S.O.S. Solidarietà in Oncologia e Sociale Zingonia (Bg)
Corso Europa, 7 - Tel. 035.886.340
email: info@sossanmarco.it
Codice Fiscale 95207830167
IBAN:IT26Y0306953291100000001694
all’Associazione S.O.S. - Solidarietà in Oncologia e Sociale, un’iniziativa che unisce medici, operatori sanitari e volontari per o rire un supporto che consideri non solo gli aspetti medici, ma anche quelli psicologici, sociali e pratici, andando incontro alle esigenze più ampie dei malati oncologici e
delle loro famiglie». Continua D’Alessio: «ammalarsi di tumore è un evento traumatico che colpisce ogni aspetto della vita: non solo il corpo, ma anche la mente, le relazioni e la dimensione spirituale. La nostra missione è aiutare i pazienti a ritrovare una qualità di vita dignitosa, accompagnandoli in ogni fase del percorso».
L’Associazione si distingue per il suo approccio integrato: oltre a sostenere la ricerca scientifica in ambito oncologico, S.O.S. punta a creare percorsi di umanizzazione delle cure. Tra i servizi o erti, ci sono il supporto psicologico, la fornitura di parrucche per i pazienti sottoposti a chemioterapia, corsi di cucina per restituire un senso di normalità e benessere, e persino l’assistenza domiciliare per i malati terminali.
Dal 2013 ad oggi, l’Associazione S.O.S. ha raccolto e donato oltre 1,2 milioni di euro per migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. Fondamentale è il lavoro svolto dai volontari, molti dei quali sono ex pazienti o parenti di malati che hanno trovato nell’Associazione un motivo per ricambiare l’aiuto ricevuto. «È il circolo virtuoso della solidarietà: dare agli altri aiuta anche se stessi», sottolinea D’Alessio. Grazie a questo spirito, l’Associazione è riuscita a finanziare numerosi progetti innovativi, tra cui un servizio di segreteria che evita ai pazienti lunghe attese al CUP e facilita l’accesso alle strutture sanitarie. Inoltre, S.O.S. ha istituito il Premio per la Ricerca Oncologi-
ca, giunto alla sua ottava edizione, che sostiene economicamente giovani ricercatori oncologici under 35, incentivandoli a proseguire le loro ricerche.
Durante l’ultima edizione del Premio, tenutasi il 15 novembre presso la Cascina San Carlo di Caravaggio, è stata premiata una ricerca sul tumore al pancreas condotta dal dottor Pierluigi Di Chiaro dello IEO – Istituto Oncologico Europeo, dai risvolti davvero interessanti. Il suo studio ha delineato un nuovo identikit delle cellule tumorali pancreatiche, identificandone le specifiche proprietà morfologiche e funzionali. Questa scoperta, unita all’uso dell’intelligenza artificiale, permetterà di personalizzare le terapie, migliorando le prospettive di cura
per ogni paziente. Oltre alla borsa di studio principale di 5.000 euro, sono state assegnate menzioni speciali a quattro giovani ricercatori per lavori significativi nel campo oncologico.
Il sociale:
un impegno che si allarga Negli ultimi anni, l’Associazione ha ampliato il suo raggio d’azione includendo progetti rivolti alle famiglie in di coltà economica. Nel post-COVID, S.O.S. ha donato oltre 50.000 euro per sostenere iniziative di solidarietà sul territorio, come quelle coordinate da Don Alberto Caravina. Ma uno degli obiettivi più ambiziosi è legato al “ dopo di noi ”: l’acquisto di un appartamento dove giovani con Sindrome di Down possano vivere esperienze di autonomia, in
collaborazione con l’Associazione Sportiva Valcavallina Superbike, di cui D’Alessio è presidente. «Il nostro scopo è aiutare chi ha più bisogno, non solo nel campo oncologico, ma anche nel sociale», aggiunge. La collaborazione con Valcavallina Superbike, che promuove il ciclismo per persone con disabilità, dimostra quanto l’impegno del dottor D’Alessio vada oltre il suo ruolo di medico.
Un modello da replicare Oggi, Andrea D’Alessio guarda al futuro con l’intenzione di portare l’esperienza maturata a Zingonia in nuove realtà, dove sogna di ricreare un reparto di oncologia integrato. «Il nostro approccio non è solo un modello medico, ma un modello umano», a erma con convinzione.
A.R.M.R.
Fondazione Ricerca Malattie Rare INSIEME CONTRO
LE MALATTIE RARE
Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 7.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 10.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.
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NEUROPATIA CONGENITA IPOMIELINIZZANTE
Codice di Esenzione. RFG060 Categoria. Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso.
Definizione. Malattia ereditaria del sistema nervoso periferico già presente alla nascita, dovuta a un difetto nella produzione della mielina dei nervi periferici.
Epidemiologia. Malattia rara. Non si conosce tuttavia l’esatta incidenza. Maschi e femmine sono colpiti in eguale misura.
Segni e sintomi. La neuropatia ipomielinizzante congenita è caratterizzata da una precoce insorgenza di ipotonia, areflessia e debolezza muscolare prevalentemente distale. I bambini che ne sono a etti presentano un grave deficit dello sviluppo motorio, attrazione della coordinazione, di coltà nel gattonare e successivamente nell’acquisizione della deambulazione autonoma. In alcuni soggetti possono essere presenti anche problemi respiratori e disfagia.
Eziologia. La patologia conosce un’eziologia genetica e una modalità di trasmissione autosomica recessiva. Le manifestazioni cliniche sono il risultato di un continuo processo di perdita e riparazione della mielina. Il gene ritenuto responsabile della malattia, EGR2, è localizzato sul cromosoma 10 in regione 10q21,1-q22,1 e codifica per una proteina appartenente alla famiglia delle zinc finger proteine. Non è tuttavia noto come mutazioni di questo gene possano causare la perdita totale della mielina nei nervi periferici.
Test diagnostici. Il sospetto clinico può essere confermato dall’esame elettromiografico che mostra una notevole riduzione della velocità di conduzione, assenza delle risposte sensitive dei nervi surale, ulnare e mediano, potenziali di azione motori di bassa ampiezza. La biopsia del nervo surale è indispensabile alla diagnosi; essa evidenza, infatti, una marcata riduzione o l’assenza totale della guaina mielina pressoché in tutti gli assoni. Questi ultimi invece presentano una struttura normale.
Terapia. Non esiste una terapia risolutiva del quadro clinico. Il trattamento è sintomatico e di supporto.
Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente della Fondazione A.R.M.R
«Non lasciatevi abbattere dalla diagnosi»
La storia di Mara Violani, fisioterapista: «Sapere di avere la sclerosi multipla toglie il respiro, ma non è una condanna». Dopo lo choc, lei è tornata allo sport: «Abbiate fiducia nella scienza!»
∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
Le è stata diagnosticata la sclerosi multipla nel gennaio del 2018: il 19 gennaio, per la precisione. Dopo sei anni, Mara Violani, di Seriate, ha deciso di parlarne in prima persona mettendoci la faccia e aprendo il cuore, cercando di dare un po’ di luce a chi sta attraversando un momento nero, buio e cupo per una diagnosi che sembra una condanna e che toglie il respiro quando viene letta su un referto per la prima volta.
«Per carità, non voglio che passi il messaggio che se pensi positivo, guarisci – esordisce Mara - bisogna prendere un bel respiro e capire che la vita va avanti e ha comunque ancora molto da darci. Sta a noi riscoprire le nostre risorse, che magari neppure sapevi di avere».
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti...
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«Ho 50 anni, quando mi è stata diagnosticata ne avevo 44, avevo fatto una risonanza magnetica cervicale perché avevo un leggero formicolio al braccio destro stando seduta al pc». Essendo fisioterapista alla Casa di Cura Palazzolo, si era già fatta la diagnosi da sola. Pensava: « Sarà una ernia cervicale», e invece ha avuto una strana sensazione già durante l’esecuzione dell’esame, perché « secondo me era durato più tempo di una risonanza “normale” di routine». La consegna del referto, a cui poi è seguito il ricovero presso il Reparto Dimer del San Ra aele di Milano (dove si è trovata benissimo), è stata una doccia fredda. Si vedeva già in carrozzina, visto che
la malattia, che colpisce il sistema nervoso centrale, ha purtroppo una fama che la precede. È stata dimessa con la diagnosi di sclerosi multipla a ricadute e remissioni. «Ho avuto momenti grigi – racconta – ma in breve tempo poi ho capito che sono stata molto fortunata. Vivo da sola, ma ho avuto la vicinanza e il supporto dei miei genitori, di mio fratello Fabio, delle mie amiche Paola, Daniela e Carla e soprattutto di me stessa». Di movimento, di patologie e di riabilitazione Mara se ne intende, in quanto fisioterapista dal 1995. La malattia non la vive in modo così terribile come l’aveva immaginata quando l’aveva studiata a scuola. «La sclerosi multipla è diventata la mia compagna di vita, non ho mai perso neppure un giorno di lavoro e non ho cambiato lo stile di vita, anzi l’ho migliorato, perché ho
smesso di fumare, curo di più la mia alimentazione, amo lo sport ».
Si è appassionata a una disciplina particolarmente di moda, il padel. Ma le piace andare a concerti, mostre o eventi culturali di ogni forma d’arte in genere. Un inno alla vita. Sin da pochi giorni dopo la dimissione dal San Ra aele ha cominciato ad andare in palestra a fare spinning. «Ho sentito diversi neurologi, che mi hanno confermato i benefici dati dall’attività fisica, secondo le nuove linee guida legate alla cura della sclerosi multipla. Una volta, invece, si pensava fosse più curativo il riposo».
«La mia malattia mi ha insegnato a vedere nuove prospettive, diversi colori e ad assaporare ogni emozione ed ogni momento che la vita ci regala, mi ha insegnato una sana rimozione di emozioni negative e dannose. Non sono una superdonna, ma ci tengo ad
incoraggiare e ad invitare ad a darsi alla scienza e alla medicina». Ha anche donato cellule epiteliali da cui derivare cellule staminali per un progetto dell’Istituto San Ra aele e ha deciso di partecipare come volontaria a un progetto di ricerca sul collegamento tra intestino e cervello e ettuato dall’Ospedale San Camillo del Lido di Venezia. Invita a guardare a sé stessi con ottimismo e serenità, come ha fatto lei: «Ho scoperto di avere risorse e potenzialità uniche, inimmaginabili e preziose come ognuno di noi, magari non sono così evidenti in superficie, bisogna solo fermarsi ed ascoltare per poterle cogliere ed apprezzare». È conscia della possibilità di essere soggetta a un peggioramento improvviso: «Non è che posso vivere nel timore dell’eventualità negativa, però… mi perderei tutto ciò che di bello la vita ha da o rire».
«Ora assaporo ogni momento della mia vita»
Terry Midali, 39enne di Branzi, ha dovuto lottare contro la Malformazione di Chiari e ha rischiato di morire per un’emorragia cerebrale, ma non ha mai perso la speranza.
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A CURA DI CLAUDIO GUALDI
A luglio del 2019, dopo mesi di dolori lancinanti alla cervicale, Terry decide di sottoporsi a una risonanza. Riceve pochi giorni dopo una telefonata: « Si ripresenti in ospedale per ulteriori accertamenti». Il 17 luglio arriva la “sentenza”: Malformazione di Chiari e Siringomielia. «Cose mai sentite per
me» racconta Terry Midali, 39 anni, originaria di Branzi ma da anni residente a Piazza Brembana con Giacomo, il suo compagno. «Ricerche, parole, informazioni cercando di capire cosa mi sta succedendo... e mi rendo conto che tutti i miei malanni e le mie di coltà combaciano perfettamente con questa malattia. Dopo mesi di attesa in cui la sanità si è bloccata a causa del Covid, finalmente sono stata chiamata. Vengo operata mercoledì 10 febbraio 2021, un lungo intervento alla testa».
Le cose, poi, sono lentamente migliorate. Ma partiamo dall’inizio. La Malformazione di Chiari, o sindrome di Arnold-Chiari, è una rara patologia congenita: Terry l’ha scoperta solo pochi anni fa, a causa di persistenti mal di testa. È un’alterazione strutturale del cervelletto, caratterizzata da uno spostamento verso il basso, precisamente in direzione del foro occipitale e del canale spi-
nale, della porzione basale degli emisferi cerebellari. «Ho sempre so erto di tensione e dolore a livello cervicale – ha raccontato a L’Eco di Bergamo - ma è un sintomo abbastanza comune, che giustificavo con stress e ansia». Ma il dolore per lei è diventato sempre più forte. La siringomielia è invece un’a ezione del midollo spinale caratterizzata dall’infiltrazione del fluido cerebro-spinale (Csf) al suo interno con la formazione di una cavità cistica (siringa), che può provocare compressioni e lesioni alle fibre nervose del midollo stesso. L’intervento, come detto sopra, è stato rimandato a causa della pandemia. «Non c’è la possibilità di “guarire” completamente, ma da lì in poi i problemi di cervicale e il mal di testa sono molto diminuiti». La riabilitazione è stata lunga.
Sembrava tutto risolto. Invece, mesi dopo, un giorno in cui era appena tornata dal mercato, ha capito che qualcosa non andava.
Ha chiamato il suo compagno, che l’ha raggiunta a casa e ha notato che aveva la bocca storta. Ha composto immediatamente il 112. « Avevo in corso un’emorragia cerebrale, i medici se ne sono accorti appena sono arrivata in ospedale. Mi hanno fatto tanti esami tra tac, risonanza e angiografia. Sono rimasta per diversi giorni in terapia intensiva e poi in subintensiva. Sono intervenuti tempestivamente con la fisioterapia e grazie a loro col tempo sono riuscita a recuperare la mobilità della parte sinistra del mio corpo, che era praticamente paralizzata».
Il ritorno alla normalità è durato tre anni. Ora Terry si stanca più facilmente ma ha imparato a ricono -
scere e non superare i propri limiti. La sua vita è tornata serena. Ora assapora ogni momento, e ama stare con le persone a cui vuole bene. Raccontando la sua storia vuole lanciare un messaggio di speranza a persone che attraversano di coltà simili alle sue: perché non si lascino andare.
Certo, capita a tutti di lasciarsi sopra are da di coltà di questo tenore. Il segreto è a rontarle man mano che si presentano: non tutti gli sforzi sono infatti alla portata di chi è a etto da tali patologie. Programmi e appuntamenti possono saltare: basta non prendersela. Le persone che ha vicino lo sanno e lo accettano. Però, un poco alla volta, Terry si è riconquistata la sua
In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri.
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routine e il suo lavoro: «Ho ripreso a camminare, mi ha aiutato dover portare a spasso i miei due cani, ai quali sono molto a ezionata. Ho ricominciato a lavorare gradualmente, senza forzare. Mi considero molto fortunata, a mio modo».
IPB ISTITUTO POLISPECIALISTICO BERGAMASCO
Guida responsabile
Misura e prudenza d’obbligo con il nuovo Codice stradale: protezione della salute e sicurezza degli utenti
Atteso per 32 anni, dopo lunga navigazione in Parlamento, è finalmente entrato in vigore dal 14 dicembre 2024 il nuovo Codice della strada. Il vecchio risaliva al 1993. Con la velocità dei cambiamenti epocali in atto a tutti i livelli, si imponeva un aggiornamento. Luci e ombre, come sempre, avvolgono le norme varate: intanto, sempre perfettibili, almeno ci sono. Qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entra la circolazione stradale con il pianeta salute, per il quale c’è appunto la disciplina dei comportamenti per tutti, dalle categorie più vulnerabili, pedoni e ciclisti, a quella più direttamente coinvolta, quella dei conducenti di veicoli, moto, auto e camion.
C’entra, eccome, se solo si considera ciò che avviene ogni giorno sulla rete stradale italiana.
La salvaguardia e la difesa della salute, degli utenti più fragili, di-
pendono in larga percentuale dai comportamenti dei conducenti: ogni sbaglio: ogni sbaglio può costare un incidente dagli esiti non prevedibili. E qui il pensiero corre a chi continua – nonostante tutti gli appelli e le raccomandazioni – ad alzare con disinvoltura irresponsabile il gomito. In troppi non si controllano nell’assunzione di bevande alcoliche sotto forma di aperitivi e digestivi in aggiunta a vino e birra consumati a tavola. Più grave ancora chi si “fa” di sostanze stupefacenti, dalle “canne” – che non sono mai da banalizzare – alle molte altre droghe, eroina, cocaina, allucinogeni, miscugli chimici e “tagli” di ogni genere. Chi eccede, dovrebbe responsabilmente desistere dalla guida e farsi accompagnare (ci sono anche associazioni e gruppi allo scopo, che sono un utile scudo protettivo per tutti).
Benvenuto, dunque, il giro di vite. Giusto per essere in chiaro: l’ina-
sprimento è duro per chi va in “stato di alterazione psicofisica”. Con tasso alcolemico tra 0,5 e 0,8 per litro, patente sospesa da 3 a 6 mesi e multe tra 573 e 2.170 euro. Per chi sfora fino a quota 1,5 grammi: arresto, patente ritirata per un anno e multa da 800 a 3.200 euro; chi “deborda” e va oltre 1,5 grammi ha davanti uno scenario con salasso fino a 6 mila euro, patente sospesa per 2 anni e arresto fino a un anno. E per chi non desistesse, il rimedio si chiama alcolock ”, dispositivo che blocca l’auto del bevitore. Con i consumatori di sostanze stupefacenti positivi al test antidroga, rischio di ritiro patente immediato e fino a 3 anni. “A male estremo – dice il proverbio – estremo rimedio”. Un rimedio e cace sicuro e a costo zero esiste: ha i nomi antichi di misura e prudenza.
*Presidente ACI Bergamo
∞ A CURA DI VALERIO BETTONI*
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Bergamo in prima linea contro l’HIV
Le diagnosi sono in crescita. Molte le iniziative avviate dal Comune sul territorio per fare prevenzione tra i più giovani
∞ A CURA DI MARCELLA MESSINA, ASSESSORA ALLE POLITICHE SOCIALI DEL COMUNE DI BERGAMO
E DI PAOLO MELI, COORDINATORE
DELLA RETE BERGAMO FAST TRACK CITY
Dal 1984, il Centro operativo
AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità raccoglie i dati relativi alle notifiche di AIDS e dal 2008 raccoglie anche i dati delle nuove diagnosi di infezione da HIV. Dall’inizio dell’epidemia, nel 1982, a oggi, sono stati segnalati 73.150 casi di AIDS, di cui 47.862 deceduti entro il 2021. La sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV riporta i dati relativi alle persone che risultano positive al test HIV per la prima volta. Nel 2023 sono state segnalate 2.349 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a un’incidenza di 4,0 nuovi casi per 100.000 residenti, un valore che pone l’Italia al di sotto della media osservata tra i Paesi dell’Europa occidentale (6,2 nuove diagnosi per 100.000 residenti). Dal 2012 al 2020 si è osservata una diminuzione delle nuove diagnosi di HIV, mentre dal 2021 al 2023 si è rilevato un aumento pro -
gressivo. Le nuove diagnosi di infezione da HIV nel 2023 sono in maschi nel 76% dei casi. L’età mediana è di 42 anni per i maschi e 39 per le femmine e le incidenze più alte sono state riscontrate nelle fasce d’età 30-39 anni (9,9 nuovi casi ogni 100.000 residenti) e 25-29 anni (8,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti) con valori in media da tre a quattro volte superiori nei maschi rispetto a quelli nelle femmine. La maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali, che costituiscono l’86,3% di tutte le segnalazioni.
L’impegno del Comune di Bergamo: obiettivo 95-95-95 Il 1° dicembre 2024, in occasione
della Giornata mondiale per la lotta contro l’HIV/AIDS, la rete di Bergamo Fast Track City ha rinnovato il proprio impegno nel campo della prevenzione, diagnosi e trattamento dell’HIV. Un percorso iniziato nel 2019 con la sottoscrizione della Dichiarazione di Parigi e ra orzato dall’adesione al programma globale Fast-Track City, che mira a raggiungere gli obiettivi fissati dall’OMS per il 2030: che il 95% delle persone che vivono con HIV siano state diagnosticate; che il 95% dei diagnosticati assumano la terapia (ART); che il 95% di quelli che assumono terapia raggiungano la carica virale (virus nel sangue) non rilevabile (undetectable) che determina la non trasmissibilità (untransmit-
table) del virus. La “massimizzazione” di U=U (Undetectable = Untransmittable / Non rilevabile = Non trasmissibile) è l’obiettivo finale e rappresenta un traguardo di salute personale e di salute pubblica. Alla rete Bergamo Fast Track City aderiscono ATS Bergamo, ASST Papa Giovanni XXIII, il Collegio dei Sindaci, la Provincia di Bergamo e l’U cio scolastico Territoriale oltre a 13 Enti del Terzo Settore che a vario titolo si occupano di HIV/AIDS e/o popolazioni vulnerabili.
La campagna “U=U: impossibile sbagliare!” Per sensibilizzare la cittadinanza e ra orzare il messaggio che la scienza ha reso possibile abbattere la trasmissibilità dell’HIV, la rete Bergamo Fast-track City ha lanciato la campagna “U=U: impossibile sbagliare!”. L’iniziativa si articola su più fronti:
> Promuovere la prevenzione e i test gratuiti e anonimi. In collaborazione con le associazioni locali, ATS e ASST Papa Giovanni XXII, Bergamo garantisce l’accesso anonimo e senza costi a test diagnostici rapidi, in particolare presso il Check point di Via Moroni, 93 ma anche diversi punti mobili nelle piazze cittadine e centri permanenti nei principali presidi socio-sanitari per HIV ma anche per epatite C e sifilide;
> Sensibilizzare i giovani: attraverso incontri nelle scuole e nelle università, per informare sulle modalità di trasmissione del virus, sull’e cacia dei trattamenti e sull’importanza della salute sessuale;
> Coinvolgere i medici di base e le farmacie con corsi di formazione specifici, a nché siano pronti a supportare i
pazienti nella diagnosi precoce e nella gestione della terapia; > Abbattere stigma e pregiudizi con campagne social e attività culturali mirate a costruire una società più inclusiva, dove il virus non sia più causa di discriminazione.
Prevenzione e consapevolezza: le sfide per il futuro Nonostante i progressi, la lotta all’HIV richiede un impegno costante. La prevenzione e la diagnosi precoce rimangono una priorità, soprattutto tra i giovani, dove una ridotta percezione del rischio può portare a comportamenti a rischio, ma anche nella popolazione adulta, se si tiene conto che il 60% delle nuove diagnosi sono tardive (mediamente avvengo 4-5 anni dal contagio) e che la maggior proba-
bilità di ricevere una diagnosi tardiva riguarda la popolazione over 50 eterosessuale. L’impegno di Bergamo Fast-track City per il 2025 porterà ad un incremento delle attività di sensibilizzazione e promozione del concetto di salute sessuale. Progettualità specifiche per la promozione del test e della diagnosi precoce riguarderanno le fasce di popolazione più vulnerabili, tra cui i migranti. L’impegno sarà anche quello di estendere le iniziative su tutto il territorio provinciale o rendo opportunità di sottoporsi al test nel maggior numero di contesti ed iniziative possibile perché la consapevolezza dell’infezione fa la di erenza sia in termini di salute e aspettative di vita personali che di contrasto alla di usione del virus e, quindi, di salute pubblica.
L’educatore professionale: un operatore sociale e sanitario
Una figura importante: lavora sulle fragilità delle persone in chiave multidisciplinare
Parlare dell’educatore professionale significa comprendere che, pur trattandosi di una figura sanitaria, lo stesso DM 520/98 - che ne descrive il profilo professionale, la formazione e le sue funzioni pratiche nei servizi alla persona - lo definisce come operatore sociale e sanitario. Già da questa semplice specifica si può capire quanto sia importante questa figura professionale che nel suo agire quotidiano lavora con le fragilità delle persone superando quella divisione che spesso avviene tra fragilità sanitarie e sociali. Se vogliamo perseguire il concetto di salute definito dall’OMS in una visione bio-psico-sociale, l’educatore professionale si inserisce perfettamente nel rispondere a questa visione.
Gli ambiti di intervento
Per capire meglio di cosa si oc-
cupa l’educatore professionale, ancora una volta ci viene in aiuto il DM 520/98 nella parte in cui definisce che “attua e verifica progetti educativi riabilitativi pensati all’interno di un’equipe multidisciplinare, lavorando quindi sempre con altri professionisti siano esse sanitari o sociali ”. Parlando di fragilità delle persone, ci si riferisce al lavoro con minori, persone con disabilità, persone con problemi di dipendenze o di salute mentale, e ancora con l’immigrazione, con la marginalità grave e con gli anziani. L’educatore professionale lavora in strutture residenziali, semiresidenziali ma anche sul territorio, nel pubblico o nel privato: possiamo trovare l’educatore professionale in strutture ospedaliere, in psichiatria, in neuropsichiatria, al Serd, negli enti locali in servizi di tutela minori o in progetti per la comunità locale o ancora nel privato
come le comunità per ragazze madri, comunità per minori, centri diurno disabili, residenze sanitarie disabili, comunità per tossicodipendenti, in Rsa a stretto contatto con gli anziani, in strada incrociando la marginalità grave. Come si può intuire è davvero ampio lo spazio di azione dell’educatore professionale e, con l’aumento delle fragilità che lo sviluppo della nostra società comporta, risulta facile intuire che ci sono ampie possibilità di sviluppo di servizi e progetti nei quali l’educatore professionale è chiamato insieme ad altre figure professionali a rispondere a nuovi e sempre più emergenti bisogni della popolazione.
L’approccio multidisciplinare
Per rispondere a quella funzione citata nel DM 520/98 dove si esprime la direzione progettuale che è il lavorare verso livelli sempre più
∞ A CURA DI EMANUELE CODAZZI
elevati di autonomia delle persone, l’educatore professionale ha come strumento a disposizione la relazione educativa che gli permette di conoscere le persone, riconoscere le loro risorse per valorizzarle e gli permette di costruire una rete attorno alle persone fragili che spesso sono tali perché lasciate sole. Sono quindi importanti le capacità empatiche, di ascolto non giudicante per accompagnare le persone che si trovano in un periodo momentaneo o permanente di di coltà della propria vita.
Il percorso formativo
Per poter rispondere adeguatamente ai bisogni complessi delle persone e poter mantenere quel legame tra sociale e sanitario di cui parlavamo all’inizio, l’educatore professionale deve avere una formazione approfondita su quelle aree che coinvolgono il vivere quotidiano delle persone; per questo motivo nel suo percorso di studi l’educatore professionale approfondisce le teorie legate a materie umanistiche come possono essere la psicologia, la sociologia, la pedagogia ma
anche materie più sanitarie come la psichiatria, la neurologia, la neuropsichiatria ma anche la farmacologia, infine il percorso di studi deve prevedere materie di diritto e di organizzazione dei servizi sanitari e servizi sociali. Per quanto riguarda la formazione parliamo di un percorso di studi universitario della durata di tre anni presso la facoltà di medicina e chirurgia dove è prevista una selezione iniziale essendo a numero chiuso, una frequenza obbligatoria, un tirocinio di 1500 ore, che consente di vedere nella pratica l’esercizio professionale e aiuta lo studente ad orientarsi rispetto alla scelta fatta, infine un esame abilitante finale in concomitanza con la tesi.
La di erenza
con altre figure educative Negli ultimi anni si è parlato molto della figura dell’educatore professionale in a ancamento a quella dell’educatore professionale socio pedagogico, che però segue un altro percorso di studi presso la facoltà di Scienze dell’educazione e non ha le caratteristiche sopra descritte. L’educatore professionale, una volta terminato gli studi, per
EMANUELE CODAZZI
Presidente Commissione d’Albo educatori professionali
Ordine dei TSRM-PSTRP
poter esercitare senza incorrere in abuso professionale deve iscriversi al proprio albo di riferimento che è inserito nell’Ordine dei TSRMPSTRP, insieme ad altre 17 professioni sanitarie. Questo particolare elemento è importante se si considera che l’educatore professionale lavora con la fragilità delle persone e avere un Ordine a cui bisogna essere iscritti garantisce qualità della formazione, il continuo aggiornamento e, soprattutto, il rispetto di un codice deontologico a tutela dei cittadini stessi.
Un futuro bike-friendly è possibile: tutto inizia con una pedalata e un pizzico di coraggio
Aribi: pedalando verso un futuro più verde e consapevole.
Tra le battaglie per un ambiente più sostenibile e una società più sana, l’impegno delle associazioni che promuovono la salute e il rispetto per l’ambiente è cruciale. Aribi – Associazione per il Rilancio della Bicicletta, è un faro che illumina la strada verso un futuro migliore. Da oltre quarant’anni, lavora per di ondere la cultura della bicicletta come mezzo di mobilità sostenibile, in collaborazione con amministrazioni locali e regionali, e non solo.
Bicicletta: un antidoto alla sedentarietà L’utilizzo della bicicletta è una delle risposte più e caci alle previsioni allarmanti sui costi sanitari futuri, influenzati dalla sedentarietà. Aribi invita le persone a muoversi, sottolineando i benefici di una pedalata, attività che aiuta a mantenersi in salute, riducendo lo stress e contribuendo alla salvaguardia dell’ambiente. La bicicletta si pone come soluzione semplice
e pratica a problemi complessi, che spaziano dalla crisi climatica al benessere individuale. Una pedalata può essere un piccolo gesto, ma può generare un impatto significativo a livello globale.
Sensibilizzare
le nuove generazioni
Aribi crede che il cambiamento inizi dai giovani. Grazie alla collaborazione con scuole e istituti, si impegna a educare i bambini sull’importanza di una vita attiva e rispettosa dell’ambiente. Questo approccio mira a contrastare il fenomeno dell’isolamento digitale che caratterizza le nuove generazioni, sempre più legate a tablet e smartphone. Attraverso la bicicletta, Aribi o re un mezzo di socializzazione, esplorazione e consapevolezza. Guardare il mondo da una sella, anziché da uno schermo, significa riscoprire il territorio, costruire relazioni autentiche e sviluppare un rispetto profondo per l’ambiente.
Progetti concreti per un futuro sostenibile
Tra le iniziative più significative promosse da Aribi ci sono la mappatura del territorio, rivolta sia a bambini che adulti, e la Piccola Copenaghen, un riconoscimento annuale che premia le comunità più attive nella promozione dell’uso della bicicletta. Questi progetti sono esempi concreti di come l’associazione traduca la sua visione in azioni tangibili e di qualità. La mappatura del territorio è un progetto che permette di scoprire percorsi sicuri e risorse naturali locali, valorizzare le aree verdi e invogliare le persone a muoversi in bicicletta. Un’attività che, nel corso di sette anni, ha contribuito a far emergere il potenziale di molte aree dimenticate, spingendo verso la loro riconversione in spazi verdi e invitando a impedirne la cementificazione. La Piccola Copenaghen, invece, rappresenta un’opportunità unica per indagare e premiare i comuni della provin-
cia di Bergamo che si distinguono per il loro impegno nella promozione della ciclabilità e della sicurezza stradale. Un’iniziativa che è anche catalizzatore di buone pratiche a livello locale. Il concorso valuta un ampio spettro di azioni intraprese dai comuni a partire dal settore educativo, analizzando le attività svolte nelle scuole e nelle aziende: campagne di sensibilizzazione, incontri formativi e laboratori pratici per avvicinare bambini e adulti al mondo della bicicletta. Si guarda a metri e chilometri realizzati per piste ciclabili, ciclopedonali e bike lane e si indaga sull’installazione di cartelli educativi che sensibilizzano cittadini e automobilisti al rispetto di chi sceglie di muoversi in modo sostenibile. Anche l’analisi di come i comuni reinvestono le risorse de-
A Bergamo dal 1981 Associazione per il Rilancio della Bicicletta
rivanti dalle sanzioni stradali ha un valore: destinare questi fondi alla sicurezza stradale – ad esempio, migliorando gli stalli per biciclette, ampliando i servizi di bike sharing o promuovendo campagne di educazione – è un segnale di un impegno concreto per un futuro più sostenibile. La Piccola Copenhagen è un invito per tutti i comuni a fare di più, a investire in azioni concrete e creative per rendere la provincia di Bergamo un esempio virtuoso di mobilità sostenibile.
Sicurezza, sostenibilità e città vivibili
Aribi sostiene inoltre il modello della Città 30, che prevede il limite di velocità di 30 km/h nei centri urbani. Studi scientifici dimostrano che questa misura non solo riduce del 40% le vittime di incidenti stra-
dali, ma migliora anche la qualità della vita grazie a un minor inquinamento, maggiore sicurezza e una mobilità più sostenibile. “Un impatto sociale così elevato per un cambiamento delle nostre abitudini così piccolo”, commenta il prof. George Yannis. Oggi, Aribi si ferma un attimo a riflettere sul proprio cammino. Chiudendo gli occhi e contando le tante azioni portate avanti con strumenti pratici, l’associazione è fiera del suo contributo alla società. Gli eventi organizzati, dai percorsi gravel alle uscite ciclostoriche, dalle vacanze in bicicletta alla promozione di spazi verdi, sono segno tangibile di un impegno che continua a generare risultati. Amministrazioni e cittadini devono lavorare insieme per garantire alle future generazioni un mondo più verde, sicuro e vivibile. La bicicletta, con la sua semplicità e il suo fascino senza tempo, è lo strumento ideale per a rontare le sfide di un futuro incerto, trasformandolo in un’opportunità di crescita e consapevolezza. “Non c’è miglior momento per iniziare a pedalare verso un domani migliore”, ricorda Aribi. E, pedalata dopo pedalata, questo domani sembra sempre più vicino.
ARiBi. Associazione per il Rilancio della Bicicletta Via Monte Gleno 2L, Bergamo aribiufficio@gmail.com www.aribi.it
Sara Carrara, Ivana Galessi, Caterina Roncalli, Claudio Gualdi
Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010
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COMITATO SCIENTIFICO
• Dott. Diego Bonfanti - Oculista
• Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario
• Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo
• Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni
• Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale
• Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport
• Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista
• Dott. Antonello Quadri - Oncologo
• Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica
• Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo
• Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta
• Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra
• Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione
• Dott. Massimo Tura - Urologo
• Dott. Paolo Valli - Fisioterapista
COMITATO ETICO
• Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo
• Dott. Gianluca Solitro Presidente OPI Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bergamo
• Dott. Andrea Poerio e Dott.ssa Diana Prada Referenti territoriali di Bergamo e Provincia OPL Ordine Psicologi Lombardia
• Dott. Stefano Faverzani Presidente Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo
• Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione della Provincia di Bergamo nella persona del Dott. Angelo di Naro
• Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute". Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it
• Dott. Simone Ruggeri Presidente Ordine Fisioterapisti (OFI) Bergamo
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