Fotografia di Giovanni Panarotto
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Mast Head Oficina Española de Patentes y Marcas, Ministerio de Industria Comércio y Turismo. Legal Consultant: Sonetti Asociation Caliope Organisation Bi-lingual Lawyer: Roberto Soto Santana, Esquire Graphic Design: Alba Graphic Design Studio, Madrid, Spain Advisory Board of Directors & Director of Technical Solutions, Photographer Philippe Germain Founder, Publisher & Editor in Chief: Journalist Margaux Alexandria Cintrano Co Publisher, Author & Italian Translator: Maurizio Pelli Official Photographer: Giovanni Panarotto. Collaborating Photographers & Authors: Giovanni Panarotto Philippe Germain Claudio Mollo Gigi Montali Giovanni Vernengo Lady Photographer Lenaka.net Collaborating Authors, Correspondents, Journalists & Reporters: Journalist Margaux A. Cintrano Author Maurizio Pelli Master Sommelier José Luis Del Campo Villares Featured Columnists & Staff Writers: Massimo Vidoni Livia Rivia Mimi Houston Dimitri Asciutto Giuseppe Giuliano Emanuela Marinello San Remo, Liguria Correspondent Roberto Mostini
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Fotografia di Giovanni Panarotto
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Publisher Page
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cura di Margaux Cintrano, fondatore – editore. In primo luogo, spero che abbiate passato tutti una meravigliosa fine d’anno 2019 e un fantastico inizio 2020. L’Edizione Primavera di Beyond Taste - Oltre Il Gusto Magazine, uscirà sfavillante come lo fu anni or sono, in occasione della sua prima edizione nella primavera del 2017.
Tra i protagonisti di questa edizione, Extraordinary Food & Wine 2020, l’evento enogastronomico creato e curato dall’architetto Fausto Brozzi, svoltosi lo scorso gennaio a Venezia e notevolmente cresciuto dalla sua prima edizione del 2018. Durante questa sua terza edizione, l’evento ha visto un incremento di personaggi, espositori, novità, chef, chef patron e molti interessanti nuovi prodotti presentati agli addetti del settore. Nel programma dei tre giorni, in uno dei principali saloni del “Ridotto” del famoso Hotel Monaco & Grand Canal, affacciato sul Canal Grande, tra le “master class”, una è stata dedicata alla Perla del Delta del Po, le ostriche rosa Tarbouriech, curata dal relatore Alessio Greguoldo. I visitatori giunti per l’occasione a Venezia hanno avuto la possibilità di conoscere, assaggiare e degustare il meglio di quello che l’Italia offre in questo settore. Nel programma non è mancato un importante dibattito sul “Turismo Esperienziale”. Nelle cucine, alcuni tra i migliori chef stellati italiani preparavano piatti di assaggio, cucinati esclusivamente con i prodotti esposti, offrendoli a oltre un migliaio di ospiti tra visitatori, fornitori, giornalisti, addetti stampa e relatori. L’edizione primavera prosegue con la presentazione di barman, chef, dessert designer, fotografi e produttori di vino provenienti da Francia - Italia - Paesi Bassi - Spagna - Svizzera - Stati Uniti. Presenteremo alcuni volti nuovi tra i nostri corrispondenti e collaboratori. Giovanni Panarotto, il nostro fotografo ufficiale è arrivato alle 7.30 del mattino a Venezia per realizzare il servizio fotografico della nostra dinamica copertina. Sentitamente ringrazio e Giovanni Panarotto e Maurizio Pelli, nostro editore e caporedattore italiano. Grazie ancora. Ringrazio i nostri lettori sintonizzati in attesa del lancio della nostra prossima “Edizione Estate 2020”, prevista per i primi di luglio.
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Co-Publisher Page Edizione Primavera 2020 a cura di Maurizio Pelli editore
Interviste Chef e artigiani del gusto: Michelin Starred chef Igles Corelli Michelin Starred chef Tano Simonato Chef Pietro Li Muli Chef Daniele Zennaro Underwater Wine Cave - Emanuele Kottakis Sommelier Olga Sofia Schiaffino Barman Matteo Ghelli Tiziano Barea - Tenuta Montemagno Elena Bonacina - Canaletto Caviar
Articoli Merano Wine Festival - Maurizio Pelli editore Extraordinary Food & Wine 2020 - Maurizio Pelli editore La leggenda de La Champagne - Roberto Mostini Champagne, che mondo meraviglioso - Livia Riva Magica Venezia - Emanuela Marinello
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Contents Extraordinary Food & Wine 3rd Edition ..................................................................
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Due Stelle Michelin, chef Stefano Baiocco .............................................................
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Chef Michele Minchillo ...........................................................................................
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Profilo d’autore, chef Riccardo Camanini ..............................................................
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Magica Venezia .......................................................................................................
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Un’improvisa, inaspettata passione per caviale .....................................................
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Portofino, mare e champagne, Emanuele Kottakis ...............................................
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Le livre Visions Gourmandes ..................................................................................
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Stelle Michelin, chef Igles Corelli ...........................................................................
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Lena Ka & Nico .......................................................................................................
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Parma food & culture .............................................................................................
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Sustainable farmed caviar, the future looks good .................................................
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Tenuta Montemagno Relais Wine ...........................................................................
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MarVasia, il genio in una bottiglia ..........................................................................
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Tradizioni e tentazioni, chef Daniele Zennaro ........................................................
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Chef Pietro Li Muli, avanguardia nella tradizioni ...................................................
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Dom Pérignon, la leggenda de La Champagne ......................................................
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Merano wine festiva 2019, dentro l’evento .............................................................
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Chef Tano Simonato ................................................................................................ 102 Pasticcere Guiseppe Giuliano ................................................................................. 106 Hans Veen, artista pittore e attore teatrale ...........................................................
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Dessert Designer & private chef Bas Meerveld ..................................................... 110 Hotel & restaurant La tronera ............................................................................... 120 Vinos y primavera ................................................................................................... 126 Bar del Pla .............................................................................................................
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International Spring desserts ................................................................................ 138 Champagne, che mondo meraviglioso! .................................................................. 142 Primavera, è tempo di cocktail! ............................................................................. 148 Matteo Ghelli, barman per passione ...................................................................... 158 Olga Sofia Schiaffino, una dottoressa dalle poliedriche passioni .......................... 162 Madrid Fusion 2020 ................................................................................................ 166 9
Fotografia di Giovanni Panarotto
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Extraordinary Food & Wine 2020, terza edizione Tre giorni tra arte, enogastronomia e storia
Articolo di Maurizio Pelli, editore Fotografia di Giovanni Panarotto
Venezia, tre intensi e goderecci giorni trascorsi tra produttori appassionati - prodotti “extraordinary” - chef stellati - chef patron - televisioni e giornalisti del settore - sommelier - ristoratori e vignaioli nel saloni del “Ridotto”, dove fu aperto il primo casinò del mondo. Sarà per l’assidua frequentazione di Giacomo Casanova in questo storico “Palazzo Dandolo” e per la spiccata personalità artistica del creatore - curatore, l’architetto - fotografo - produttore di culatello - Mr Fausto Brozzi che questo evento, solo su invito, è diverso da qualsiasi altro del settore food & wine. Tutto si svolge in un piacevolissimo clima goliardico - divertente - scherzoso, tra gli assaggi e le specialità dei guest chef dell’evento che all’improvviso fanno assaggiare piatti non programmati, cucinati con gli ingredienti disponibili esposti dai produttori partecipanti. Si passa dalla selezione di dieci champagne ai vini, al caviale, dal culatello ai prosciutti pregiati, dalle composte all’aceto balsamico, ai formaggi, dall’arte bianca al cioccolato, in un percorso gourmand libero, non programmato - guidato, ma di ispirazione e interesse personale. Nonostante questa atmosfera allegra e spensierata, lunedì 20 gennaio alle 15, l’evento ha proposto un serissimo dibattito “Food&Wine Travel” - “Come vincere la sfida del Turismo Esperienziale.” Moderatore il vignaiolo Carlo Giovanni Pietrasanta, relatori il patron dell’evento, Fausto Brozzi, il socio fondatore della “Cucina Italiana all’Estero - scrittore private chef a Dubai Maurizio Pelli, l’esperto internazionale sulla storia dell’alimentazione dal 600 ad oggi in Venezia Fabio Busetto, il consigliere dell’Associazione Veneziana Albergatori Gherardo Toso, il docente universitario e curatore del rapporto sul turismo del vino in Italia per l’Associazione Nazionale Città del Vino Giuseppe Festa, il titolare dell’Hotel Posta di Cortina Gherardo Manaigo e l’Hospitality manager del Wine Shop del Gruppo Vinicolo Santa Margherita Alessandro Marzotto. Quattro le Master Class, il 19 gennaio, organizzate da Emanuela Marinello, coordinatrice della questa terza edizione: La prima: le ostriche rosa - la perla del Delta del Po. Produttore - coltivatore - relatore Mr Alessio Greguoldo. La seconda: T&C - Tartufi e Tentazioni - Acqualanga. Relatrice Lorenza Marchetti. La terza: Gran Cru del rum giamaicano della Hampden Estate Rum, la più grande distilleria al mondo, relatore Mr Angelo Canessa - Veliere Bastianoni Vini. La quarta: Antico Sigaro Nostrano del Brenta dal 1763, varietà Havanensis 100% italiano. Relatore Mr Massimo Zerbo.
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Gli espositori: Flos, colture naturali di zafferano - miele barricato - polline di fiori - Reggio Emilia Poggio Grimodi - olio d’oliva extra vergine biologico - Sicilia T&C- Tartufi & Tentazioni - Acqualagna Riso Margherita - Tenuta Margherita - Vercelli PuntoZero Wines - Azienda Agricola - Lonigo - Vicenza CanalettoCaviale - Italian Luxury Food - Lombardia Tenuta Montemagno - Relais & Vines - Montemagno - Asti Mantea Gourmet - composte luxury - Mantova Acetaia Ferretti Corradini - aceto balsamico IGP - Reggio Emilia Dok Dall’Ava - prosciutteria - San Daniele del Friuli Massimo Baglioni - Champagne Pasquinelli - Sua Maestà il Nero - parmigiano di montagna Alessio Brusadin - composte - Brugnera - Pordenone Omnia Romana Vini - Velletri - Roma Cadello 88 distillati MulinoTerrevive - pasta - Rossano Veneto - Vicenza Valle Roncati Vini - Briona - Novara CulatelloBrozzi AcquaBrozzi Caesificio Castellani Urbano - premiato stracchino - formaggio di capra - Vicenza Pinel Panificio e pasticceria - lavorazione artigianale - Jesolo. Salumificio Verza Specialità, verzino al tartufo - salumi valligiani - Vicenza Bruno Cingolani - selezione di prodotti naturali tipici del territorio italiano - Alba. Agostinetto Bruno - Azienda Agricola - Prosecco DOCG - Valdobbiadene.
Fotografia di Gigi Montali 12
L’evento si è concluso da pochi giorni, sentiamo a caldo le impressioni del curatore Mr Fausto Brozzi sull’esito di questa terza edizione. “Normalmente si dice “successo inaspettato”, al contrario, lo avevamo previsto. Come ci aspettavamo di incontrare i nostri ospiti. Solitamente tengo sempre a precisare che questo evento non è una fiera ma una mostra con diverse sfaccettature intellettuali, particolare del quale ne sono orgoglioso, fatto recepito dai nostri ospiti. Avere un numero cosi alto di invitati, tutti addetti al settore, non è cosa da poco. Non vogliamo fare grandi numeri, ma, solo numeri importanti. A sentore credo che la loro partecipazione a questa edizione abbia superato di gran lunga le più rosee aspettative, grazie al nostro staff, a dir poco sensazionale anzi direi extraordinario”. Fausto Brozzi, fondatore, creatore e curatore.
Fotografia di Gigi Montali 13
Fotografia di Extraordinary Food
Fotografia di Giovanni Panarotto 14
Fotografia di Tenuta Montemagno
Fotografia di Gigi Montali 15
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Fotografia di Oscar Beretta 19
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Due stelle michelin chef Stefano Baiocco, Presso il ristorante villa feltrinelli A gargano brescia
Articolo e fotografia: Giovanni Panarotto “La cucina ha senso soltanto se abbiamo qualcuno con cui condividere le nostre emozioni “. Questo il “ credo “ di Stefano Baiocco, Executive Chef di Villa Feltrinelli. Baiocco stesso dice: Amo la pulizia in bocca e nel piatto.Non uso troppi elementi e cerco di mantenerli tutti ben definiti.In ogni mio piatto dev’essere presente almeno un elemento capace di stimolare la riflessione di chi mangia facendolo pensare… La cura, poi, quasi maniacale delle erbe officinali che segue e raccoglie personalmente, l’elaborazione degli ingredienti per trasformarli in un unico sapore, e la stessa fusione di colori lo fanno avvicinare quasi più alla pittura che alla cucina. Per capirlo, infatti, bisognerebbe avere uno spirito ricettivo, come si fa con l’arte, senza essere troppo rigidi dal punto di vista intellettuale, ma privilegiando la sensibilità. La sua è una cucina senza stress, aerata, leggera, botticelliana, dai gusti lievi, una primavera di sensazioni, un’alchimia di proposte realizzate con grandissima tecnica e con straordinario “ amore”. Mi han chiesto cosa chiedo dai miei piatti... Più che voler qualcosa, spesso mi accorgo che ho con loro un rapporto quasi “carnale”, credo questo dipenda anche dal numero limitato di ospiti che serviamo: è un po’ come invitare degli amici a casa propria. Sino ad un certo numero di persone riesco ad avere tatto sui piatti, a sentirli veramente miei, come se ognuno di loro avesse la mia voce, diversamente si perde la cognizione e non è più una tua creazione ma semplicemente un prodotto. La cucina è per me un mezzo di espressione... Ciò che mi interessa è comprendere le sensazioni delle persone che vengono a mangiare, capire ciò che desiderano e cosa li affascina; vorrei riuscire a toccare i loro pensieri perché credo che la gastronomia sia più nella testa che nella pancia.
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Michele Minchillo
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Introduzione, intervista e fotografía di Giovanni Panarotto
ichele Minchillo nasce a Foggia il 23/04/1993. Diplomato alla scuola Alberghiera “E. Mattei” di Vieste, da subito decide di finire i propri studi a 18 anni all’Alma di Gualtiero Marchesi ( nel 2011 ancora rettore ) La su passione per la cucina nasce per il bisogno di rendere felici, di soddisfare chi ha il piacere di provare qualcosa creato partendo da “zero”.
Dopo gli studi all’Alma sono molteplici le sue esperienze, sia in Italia ( Toscana, Lombardia, Emilia Romagna, Alto Adige ) che all’estero ( Londra, Dubai, New York ). Tra quelle più importanti, un’ esperienza alla Palta di chef Isa Mazzocchi * Michelin , e a New York, Williamsburg nel bistellato ristorante Aska** di chef Fedrik Berselius; esperienza cui porta Michele ad avvicinarsi e studiare da vicino le contaminazioni nordiche in cucina. A 25 anni decide di creare un qualcosa di suo, di portare le sue esperienze, le sue idee ed i suoi studi in tavola dei suoi ospiti. Ad Aprile 2019 apre Vitium a Crema, in provincia di Cremona. Michele è chef e titolare.
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Dove sei nato e cresciuto? Sono nato e cresciuto in Puglia, tra Foggia e Monopoli, ma a 17 anni ho lasciato la mia amata terra per fare la mia strada. Cosa o chi, ti ha spinto à studiare l’arte culinaria e quali scuole hai frequentato ? Quali sono state le tappe fondamentali nella tua formazione professionale? Sicuramente la cucina è una passione che hai dentro, ma molte volte è nascosta, perchè la si dà quasi per scontata o si pensa sia banale. Io sin da piccolo ero affascinato nel vedere come mia madre o mia nonna preparavano in cucina pietanze, dedicandoci a volte anche molto tempo. I sapori, gli odori , i movimenti me ne hanno fatto innamorare. Ho studiato così i 3 anni di Alberghiero a Vieste, all’istituto IPPSAR E.Mattei prendendo la qualifica, per poi decidere con mio papà ( a cui devo tanto ) di ottenere e continuare il diploma all’ALMA di Colorno in giovane età. Mai decisione fù più giusta. Tappe importanti da ricordare per me, sicuramente La Palta * di Isa Mazzocchi, Aska ** a New York di Fedrik Berselius e anche Merano al Kallmunz all’ora guidato da Luigi Ottaiano. La Primavera è un momento molto speciale dell’anno. Di cosa ti servi, e quali sono le caratteristiche in base alle quali scegli i prodotti da usare nelle tue creazioni di stagione ? La primavera è una stagione che dà tanto. C’è un cambio repentino in cucina. I colori così diversi ed i sapori di erbaceo nell’area. Io nella mia cucina in questo periodo prediligo il colore verde o comunque colori “ vivaci “. Erbe spontanee, fiori e vegetali accostati a proteine strettamente provenienti da produttori locali della mia zona. Qual é la Tua Filosofia Culinaria ? Penso che la filosofia della mia cucina sia nei miei piatti. Quello che cerco di portare al cliente è una sensazione di godimento e piacere.
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Sapori e consistenze “semplici” accostandoli ad un pensiero contemporaneo e di avanguardia culinaria. Se potessi collaborare con un qualsiasi artista culinario chi sceglieresti e perché ? Sicuramente mi piacerebbe poter cucinare con Marco Ambrosino. Quando posso vado a cena da lui. Trovo sia una persona molto umile e con dei pensieri ben definiti, inoltre mi piace molto la sua filosofia naturale. Quali sono le tue aspirazioni gastronomiche per il 2020 ? In una situazione attuale molti progetti sono cambiati. Ma non le ambizioni. Cercheremo sempre, come Vitium Family, di raggiungere il cuore dei nostri clienti, e perchè no, in futuro anche dei piacevoli riconoscimenti. Quanto influisce nel creare una tua carta la formazione avvenuta a fianco di personaggi che per te risultano essere ancora un riferimento ? Influisce moltissimo. I ricordi aiutano tantissimo, sono veri e proprie fonti di ispirazione. Quanto è importante l’estetica nella presentazione di un piatto ? Parlami di una fantasia gastronomica nei tuoi sogni e perché ? Credo sia almeno la metà della riuscita di un piatto. L’occhio da sempre vuole la sua parte. Hai scritto del libri, blogs, siti web e Hotel, Café Bistro ? Ancora no, ma non nego che mi piacerebbe molto. Come anche, un giorno, poter aprire un luogo per poter condividere i miei saperi e quelli dei miei colleghi.
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Chef Riccardo Camanini, Profilo d’autore
Intervista e fotografía di Giovanni Panarotto Riflessioni di Riccardo Camanini
Intervista di chef Riccardo Camanini
Dove sei nato e cresciuto? Sono nato il 29 Marzo 1973 a Lovere, nella sponda Bergamasca del Lago d’Iseo. Ho un fratello, Giancarlo che gestisce con me il ristorante e si occupa della sala, del ricevimento e della parte amministrativa del Lido 84. Chi è Riccardo Camanini? Sono un tipo molto riservato che predilige la compagnia di amici molto stretti, frequentazioni familiari. Preferisco rimanere in casa e cucinare in compagnia di amici. Ho una forte passione per i libri e per la corsa ma senza alcun fine agonistico. Credo molto di più nei rapporti personali tra le persone, che possono avere un inizio e una fine piuttosto che nei vincoli imposti a far quadrare un cerchio. Mi considero un Artigiano in cucina, i miei ospiti non arriveranno certo a toccare la perfezione - in quanto non è questo il traguardo di un artigiano - ma a provare una mia personale interpretazione; la mia è una ‘bottega’ d’Autore in cui è l’identificazione del ‘fatto in casa’, qualcosa di riconoscibile unico in quel momento, attraverso la voglia e la volontà di migliorarsi. La Primavera è un momento molto speciale dell’anno. Di cosa ti servi, e quali sono le caratteristiche in base alle quali scegli i prodotti da usare nelle tue creazioni di stagione? Utilizzo materia prima al 90% locale e di stagione. La materia prima chiaramente e’ la mia principale fonte di ispirazione, e’ proprio la materia che indica il percorso. Qual é la tua Filosofia Culinaria? Non ho filosofie culinarie perche’ faccio il cuoco. Piuttosto quello che cerco di comprendere, e’ come valorizzare al meglio le materie prime dando, in qualità’ di artigiano, un punto di vista personale che ne caratterizza l’identità del Ristornate. Se potessi collaborare con un qualsiasi artista culinario chi sceglieresti e perché? Con nessuno, perche’ mi basta quello che ho. Quali sono le tue aspirazioni gastronomiche per il 2020? Non vivo di aspirazioni ma vivo di una quotidianità del far bene. Quanto influisce nel creare una tua carta la formazione avvenuta a fianco di personaggi che per te risultano essere ancora un riferimento? Tantissimo, e’ un mestiere che ho imparato come si usa dire “in bottega” e tali botteghe ne hanno chiaramente influenzato tecnica, metodo, approccio al fine di guidare il mio personale stile. Quanto è importante l’estetica nella presentazione di un piatto? E’ l’ultima cosa alla quale penso. Parlami di una fantasia gastronomica nei tuoi sogni e perché? Non saprei cosa rispondere. Vivo la cucina in molto piu concreto e materiale, quindi quando cucino qualcosa mi interessa che sia buono ed in equilibrio. 31
Le mie riflessioni Di carattere taciturno e riflessivo, a 14 anni iniziò la scuola alberghiera, non per vocazione, ma attratto da quello che l’Alberghiera offriva; l’occasione di potere viaggiare nel mondo. Il suo primo approccio lavorativo nel 1987, si rivelò abbastanza traumatico, in quegli anni la gastronomia non era propriamente interessata a una interpretazione artigianale, come lo è oggi, nelle cucine di allora era difficile alimentare la propria passione e trovare il giusto stimolo per riuscire a esprimersi attraverso il proprio lavoro. Furono per lui anni di grande pazienza, non potendo cambiare la realtà delle cose. Alla scuola si integrava esperienze di lavori serali e stagionali, fino alla grande opportunità nel 1993, entrare nella cucina di Gualtiero Marchesi pochi mesi, dopo l’apertura dell’Albereta di Erbusco. Lì, ebbe la percezione immediata di quanto fosse diverso il mondo professionale di alto livello; dall’impatto più diretto con l’ambiente di lavoro, molto luminoso - emotivamente coinvolgente, marmi acciaio, tutto estremamente pulito da 25 a 30 cuochi. Tutti giovani, perfettamente vestiti e inamidati, estremamente ordinati e di diverse nazionalità; dove si parlavano tutte le lingue. Intuì durante la sua permanenza di tre anni da Gualtiero Marchesi quanta profondità ci fosse nel pensiero semplice del Maestro. Apprezzò molto lo stile semplice di Marchesi come sua prima esperienza di un certo spessore sposando fin da subito l’idea della semplicità della gastronomia - della ricerca assoluta - della perfezione attraverso pochi strumenti - gesti e ingredienti. La vera arte di Marchesi stava nella sintesi, quindi nella risoluzione armonica della sua idea di cucina. Un’idea che lo conquistò e definì la sua identità professionale.
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Magica Venezia,
le sue isole non sono da meno, venite con me ... Articolo di Emanuela Marinello L’isola della Giudecca e’ facilmente raggiungibile con i vaporetti regolari da piazzale Roma e da San Marco. Vi appariranno la chiesa del Redentor, la chiesa delle Zitelle, con le bianche facciate del Palladio, proseguendo passeggiando lungo il canale incrocerete una versione metropolitana degli ostelli di una volta; il Generator all’esterno, ancora si fregia della scritta Ostello di Venezia, al suo interno tutto è cambiato, vi accoglierà un locale enorme, in stile industriale dove potrete bere o mangiare delle specialità sfiziose. Oggi è anche sede di mostre alternative. Poco più avanti, troverete le gallerie d’arte alle quali potrete dedicare del tempo, proseguendo incontrerete la fabbrica dei tessuti “Fortuny”, dove potrete visitare l’atelier previo appuntamento, ammirare i broccati e i velluti che il mondo ci invidia e acquista da sempre! Doveste capitarci nel periodo estivo, potrete fare uno spuntino al Luxury dell’Harry’s by Cipriani, dove i dolci sono un must! Ferry-boat Tronchetto: Prendete il vaporetto che porta al Tronchetto, andate all’attracco del Ferry-boat che vi porterà al Lido di Venezia. Normalmente viene usato da chi deve andare al Lido con l’auto propria, ma si può salirvi anche come pedone, al costo di un biglietto, potrete navigare nel Canal della Giudecca ammirando Venezia in tutta la sua bellezza, dal suo ponte più alto, impagabile! Lido di Venezia:Arrivati al Lido con il Ferry-boat scendete e fate una passeggiata fino all’Aeroporto Nicelli, un classico esempio di architettura anni trenta. Si atterra sull’erba, quando in occasione della Mostra del Cinema, il piccolo aeroporto è molto trafficato. Un set cinematografico ideale, perfetta location per eventi, party esclusivi, meeting e congressi. Il Lido di Venezia non è solo la spiaggia dei veneziani, ma anche un itinerario Liberty, bello e molto affascinante. Ville di pregio e alberghi, tra quali l’Hotel Ausonia recentemente ristrutturato a testimonianza dell’epoca d’oro, tutti edifici ora sono sotto tutela delle Belle Arti. Senza tralasciare la sede del Casinò, tipico esempio d’architettura razionale, ora utilizzato dalla Biennale di Venezia come spazio espositivo.L’Hotel Excelsior, simbolo storico dell’ospitalità blasonata, è da sempre sede privilegiata della Mostra del Cinema, i fasti di un tempo sovvengono più facilmente durante il mese di settembre, quando approdano le star mondiali del cinema per condividere il Lido con voi!
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Elena Bonacina,
un’improvvisa, inaspettata passione per caviale Articolo e intervista di Maurizio Pelli editore Elena Bonacina nasce nel secolo scorso a Milano, dove, sposata da trent’anni anni vive con il marito e i tre figli. Studiò lingue straniere al liceo e poi all’università, dove si laureò in germanistica. Lavorò nel campo dell’editoria svolgendo funzioni di organizzatrice dei servizi moda e “photo editor”. In seguito lavorò per una importante società americana di “head hunter” (letteralmente dall’inglese; cacciatore di teste - cervelli) di una fondazione filantropica. Il suo desiderio di diventare imprenditrice, essere indipendente, e la sua voglia di sfida giocheranno per lei un nuovo ruolo. Un incontro, segnò la sua svolta. Grazie all’intuizione e l’aiuto del marito imprenditore lasciò la tranquillità di un lavoro ormai collaudato per buttarsi a capofitto in una nuova avventura, dove ebbe l’occasione di rimettersi in gioco, studiare di nuovo e prendersi delle responsabilità in prima persona. Supportata grazie all’esperienza del marito nel settore ittico e da professionisti che la guidano in campi inesplorati, come contabilità - social media, oggi, affronta con spirito che la fa sentire ancora una “giovane” donna in crescita con la voglia di affermarsi. Ora, sogna che almeno uno dei suoi ragazzi, decida di supportarla in questa avventura. Con il marito ebbe la fortuna di viaggiare molto, da “italiani”, si sono sempre sentiti ambasciatori delle realtà più belle che il nostro Paese esporta da anni; moda - design - fine food. Questo li ha portati a stimolare sempre più la ricerca dell’eccellenza, in ogni campo, specialmente in quello della gastronomia.
Parlaci di quell’incontro. Tutto ebbe inizio tre anni or sono con l’incontro di un allevatore di storioni che produce caviale 100% italiano, non lontano da Milano dove viviamo. Segnò definitivamente la mia svolta imprenditoriale. La decisione, fu presa d’impulso; fondare un’azienda per distribuire questo eccellente rodotto di altissima qualità nel mondo. Così, d’accordo con il produttore, subito cercammo un nome per commercializzare il suo caviale con il nostro brand, e Canaletto fu! Un nome insolito per un brand che commercializza caviale, Canaletto? La famiglia di mio marito ha origini veneziane, siamo amanti della pittura, in particolare Tintoretto e Canaletto. Ho molti legami con Venezia, mi sento parte della famiglia veneziana, sapere che i iei figli hanno sangue veneziano, sembra anche a me di avere le radici in questa città. Con grande presa in giro dei miei figli - continuo a fotografare ogni angolo nascosto - altana - finestra piombata, come se fosse per la prima volta, un modo per appropriarmi di tanta bellezza e portarla via con me. Abbiamo impiegato poco tempo a decidere; “Canaletto”. Dopo una ricerca per vedere se potevamo usare questo nome, la registrazione del marchio e la mia vita è cambiata.
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Dall’editoria, passando per una fondazione filantropica alle uova di storione. Parlaci di tuo questo percorso anomalo. Dall’editoria alla fondazione filantropica, a imprenditrice con mio marito. Tanta ricerca, corsi per venditori, acquisizione di nozioni amministrative con il supporto di consulenti professionisti. Mio marito lavora nell’azienda di famiglia e mi supporta in ogni momento, anche se sono io in prima linea, piena di entusiasmo per questo nuovo progetto di vita. I miei tre figli, tutti ormai grandi, si interessano molto di quello che faccio, ne parliamo spesso a tavola quando siamo tutti riuniti. Tutto quello che apprendo di nuovo ogni giorno lo condivido con loro, così da prepararli per un loro eventuale coinvolgimento futuro. Venezia è come vivere in un sogno, il caviale è un “fine food” che ti porta a sognare atmosfere raffinate e ovattate quasi estraniandoti dalla routine quotidiana e il caviale Canaletto rende questo sogno realtà. Da un’idea alla realizzazione sino al consolidamento del brand? La nostra prestigiosa realtà è nata da un semplice e conviviale incontro con un allevatore di storioni che venuto a conoscenza della grande esperienza nel mercato ittico di Milano della nostra di famiglia, ci ha contattato per distribuire il suo caviale. Abbiamo così conosciuto l’eccellenza di un prodotto che, una volta provato – assaggiato - assaporato, diventa impossibile da sostituire. Motivo per il quale abbiamo deciso di fondare la “Canaletto srl” per distribuire la pregiata qualità di questo caviale che ci è parso da subito un’assoluta rarità. Un vero e proprio lusso per il palato, come un’opera d’arte del famoso pittore settecentesco Giovanni Antonio Canal. Attraverso le sue stupende vedute raccontò il mito della bellezza senza tempo di Venezia, città degli avi della nostra famiglia, che ancora oggi rievoca il piacere raffinato e cosmopolita fonte d’ispirazione per chi desidera solo il meglio. Parlaci dell’allevamento? L’allevamento, dal 2018 è situato in Provincia di Cremona, all’interno di un parco naturale. Il nostro caviale proviene solo da storioni tenuti in vasche con acqua di risorgiva, in una zona ancora incontaminata della Lombardia. Una filiera “corta”, dalla produzione al prodotto inscato42
lato, dove i pesci vengono allevati da avannotti con mangimi OGM free in vasche di acqua pura e limpidissima, con un ciclo produttivo che utilizza energia fotovoltaica. Ogni pesce è regolarmente controllato presso un laboratorio all’avanguardia con tutte le certificazioni richieste dalla legge italiana ed europea. Gli storioni, arrivati al momento giusto di maturazione, dopo anni di laboriosa attesa, grazie all’esperienza dei migliori maestri salatori, che operano solo a mano secondo l’antico e tradizionale metodo “Malossol” (dal russo: poco salato), si ottiene un caviale squisito e prelibato, ora denominato “Canaletto”. In questi ultimi anni, i produttori di caviale italiani sono aumentati, causa la maggiore richiesta interna oppure per maggiore presa di pozione sul mercato internazionale? Tutte e due le motivazioni, anche se la ragione principale è che il rapporto qualità prezzo ha reso il prodotto italiano più appetibile alle fasce medie di reddito senza temere più il confronto qualitativo con Russia e Iran. Fino al 2016, l’Italia era il massimo produttore europeo di caviale con il 48% del’export in Europa. Con l’arrivo della Cina sul mercato la scelta si è fatta più ampia per i clienti abituati agli standard di qualità molto elevati sia nell’allevamento degli storioni che nella produzione di caviale, quello italiano è considerato un caviale di eccellenza. Certo, investire in un allevamento ha dei costi considerevoli, considerando gli anni di attesa, dagli 8 ai 15 come minimo a seconda della specie, prima di poter ottenere la giusta maturazione delle femmine di storione. Le crescenti richieste del mercato, nonostante questo, hanno incoraggiato nuovi investimenti a lungo termine i cui frutti si vedono ormai da qualche anno. Progetti futuri? Avere la possibilità di fare conoscere sempre di più il nostro brand come veicolo di eccellenza italiana, aprire il commercio online anche per questo settore del lusso, proporre il caviale come “luxury food” per tutte le stagioni e non solo limitato alle ricorrenze come Natale - Capodanno San Valentino.
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Emanuele Kottakis Portofino, mare e champagne
Articolo di Maurizio Pelli, editore Emanuele Kottakis, di padre greco e madre italiana, nasce a Genova il 20 Marzo 1977. Dopo aver trascorso l’infanzia a Recco si trasferisce a Camogli, il promontorio di Portofino è il panorama appeso alle sue finestre di casa. Da ragazzo lavorò nel famoso locale di Santa Margherita, il “Covo di Nord Est” (dove certamente, senza conoscerci ci incrociammo). Allora gestiva l’entrata personale al privè del patron Mr Liguori, accesso esclusivo di VIP e personaggi famosi. Lì, conobbe importanti contatti che ancora oggi frequenta e che hanno avuto un ruolo determinante nel suo lavoro. Giocò, per un breve periodo, a pallanuoto nella gloriosa “Pro Recco”, anche se la sua prorompente passione, già d’allora, fu quella di interagire con le persone del mondo del business. Frequento il Liceo Scientifico con indirizzo sperimentale, informatica e fisica, vincendo qualche concorso alle Olimpiadi nazionali. Nonostante il successo conseguito, conclusi negli studi di fisica - informatica, si iscrisse alla facoltà Filosofia. Per spirito di indipendenza, diventa cameriere - bagnino - PR - venditore - lava auto, per mantenersi agli studi. Partendo da zero, da semplice installatore, passa presto al commerciale - capo di filiale a manager di varie e importanti società italiane - internazionali entrando successivamente come azionista. La sue passioni; Portofino, lo champagne, e il mare, segneranno la sua prossima svolta. Dalla Cala degli Inglesi dell’area marina protetta, alla Champagne, all’evoluzione della couvée “Cloe Marie Kottakis” della Maison du Champagne Drappier, al Vinitaly - Desco - Wine Fest - Tutto Food Milano - La Grande Festa Del Vino di Venezia - Londra - Atene - New York Merano Wine Festival. Si inserisce come Hightlight della Catwalk Champagne edizione 2019, giornali e blog, tra i quali il Sole 24 Ore, sul suo allegato del lusso. Come spesso accade, le eccellenze nascono dalle ispirazioni, la conoscenza e i contatti importanti. Questo il percorso che a portato Mr Emanuele a creare e fondare “Jamin”, Underwater Wine Cave, - 52.
Parlaci di Jamin, ho avuto il grande piacere di essere stato tuo ospite al Castello Brown, in occasione della degustazione della prima cuvée risalita dalle acque della Cala degli Inglesi, cosa ha rappresentato per te quella splendida serata? Ricordo come fosse ieri, quando dopo il mio piccolo discorso, “lasciamo parlare il bicchiere” tu mi avevi raggiunto per presentarti lasciandomi il tuo prezioso libro, mi hai subito colpito. Era la serata che avrebbe definito la strada e il futuro di Jamin! Ricordo con tanta emozione quel momento, eravamo nella nostra Portofino a 52 metri sopra il livello del mare, in poche ore eravamo andati in “overbooking”, le candidature aperte per i 52 ospiti auto candidatisi sul nostro sito (adoro la numerologia). Dopo tanti anni di lavoro nell’ombra, finalmente era giunto il momento di presentarci, lo abbiamo fatto invitando altre 52 persone cercando tutti i critici più agguerriti, ripensandoci, abbiamo davvero osato molto. Partecipò così il Gotha della sommellerie e della cucina italiana, nell’ambito dello champagne; giornalisti - critici - enologi e sommelier. Chi in quel momento, davvero si intendeva di questo prodotto, avrebbe potuto darci il giusto riscontro. Dopo tanti anni di calcoli, test e analisi con un esito positivo, ora il bicchiere, era l’unico che potesse sentenziarne il risultato! Posso asserire che è piaciuto molto, 104 bottiglie stappate per 104 invitati all’evento, sono un segnale inequivocabile.
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Cuvée Cloe Marie Kottakis, Maison Du Champagne Drappier, non sembra che tu abbia scelto una maison a caso! In realtà l’esatta denominazione è: “Cloe Marie Kottakis” champagne cuvèe - 52, elaborè par Drappier. Ovviamente, il partner che ha creato lo champagne per questo progetto è un grande produttore e un ottima persona, un amico d’infanzia, una persona a me cara, certamente tra coloro che hanno saputo abbracciare meglio la nostra “follia”. Ricordo ancora quando gli proposi questo folle progetto, lui, senza indugio rispose “wow,ok”! Underwater Wine Cawe 01, non è solo un brevetto? Chiamiamolo tecnicamente la nostra sede di test e attuale cantina subacquea, quella di Portofino, la UWC 01. Da qui parte tutto, qui vogliamo sperimentare per permettere al mondo dell’enologia di utilizzare processi analoghi per l’evoluzione in bottiglia dei vini spumanti. Il nostro brevetto è stato depositato con tutti i dati e le analisi riprodotte in questa cantina. - 52? Il meno 52 era il nome piu corretto per la nostra cuvée, per mesi abbiamo cercato tra i nomi più bizzarri, dimenticandoci che la nostra “chiave algoritmica” era una colonna d’acqua a - 52 metri (isobara per il nostro champagne). Un giorno, durante un pranzo nel ristorante di un caro amico è arrivata l’ illuminazione, e - 52 fu! Ricordo ancora il brindisi con Vittorio. Ambassador, sommellerie e ristoranti, parlaci di questo tuo progetto In realtà dopo la presentazione del mese ottobre 2018, si presentò un grosso dilemma, tutti volevano il - 52, la nostra è una produzione davvero limitata, alcuni si sono subito proposti per acquistare l’intera collezione, ma per noi sarebbe stato un fallimento spegnere un fuoco appena acceso. Dopo tanti anni di cure e attenzioni, oltre al vino, in questo contesto, avevamo la missione di comunicare il più possibile cosa avevamo sperimentato e prodotto e quale era l’innovazione. Non è stato facile, 46
avevamo bisogno di persone tecnicamente esperte e in grado di comprendere le tecniche utilizzate applicate a questo champagne che aveva appena segnato la “storia”, essendo stato il primo in 300 anni, ad avvicinare la parola Underwater alla D.O.P. Champagne! Ecco perché abbiamo deciso di selezionare - calmierare - contenere la lista dei ristoranti, proponendolo solo a quelli che fossero stati in grado di apprezzare questa innovazione e che fossero pronti a raccontarla, spiegandola ai loro clienti. Così, in maniera spontanea nasce: Ambassador, dedicato ristoranti stellati e non che esprimono e rappresentano la più alta sommellerie nelle loro zone. La sommellerie è un elemento chiave, chi meglio di un sommelier può raccontare, innamorandosi del processo e saper trasmettere il risultato di questo meraviglioso champagne? Un gran prodotto, uno champagne esclusivo, non solo per il fatto che arriva da Portofino, ma per suo merito, per la tecnica enologica, il processo innovativo e la completa piacevolezza nel bicchiere. Le selezioni dei locali - ristoranti sono ancora aperte, non supereranno le 52 adesioni in Italia. Con noi avranno il compito di raccontare, migliorare e servire questo meraviglioso progetto ai clienti più esigenti e curiosi, agli amanti delle Bollicine!
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Le Livre Visions Gourmandes, L´Art De Dresser Une Assiette Comme Un Chef
Préamble: Auteur et Photographe: Philippe Germain Préface: Jacques et Laurent Pourcel, Montpellier.
Préface L´assiette telle une feuille blanche offre au chef de cuisine un espace pour s´exprimer, tracer sa créativité, y faire vivre ses idées, poser ses envíes, traduire sa philosophie, éscrire une historie. La vue, un des sens les plus délicats, entre en scène. En l´espace d´une décennie, la gastronomie française a été bouleversée par de nombreux courants venant de l´etranger, l´influence créativie espagnole, les techniques culinaries venues d´Asie. Certains codes sont tombés, l´esthétiques est imposée au mème titre que le goût. Alors, le contentan test devenue aussi important que le contenu. Imaginer un Nouveau plat se fait en pensant forcément à l´assiette dans laquelle la préparation du chef va pouvoir jouer son ultime et éphémere représentation. Appréhender l´espace, l´habiller, l´adopter, cést ce que font les jeunes chefs aujourd´hui. Et c´est ce qu´explique ce recueil qui décortique avec détail et precisión les techniques de constructions d´un plat.
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Préamble Drôle d´historie que celle de la naissance de ce livre. Alors qu´un jour je suis invité à un concours culinare regroupant quelques Chefs, voilà qu ´au fur et à mesure de la présentation de leurs plats, je me pique au jeu d´imaginer comment j´aurais présenté mes assiettes si j´avais participé. Le lendemain , après plusieurs recherches infructueuses su l´existence d´un ouvrage de référence su l´art de dresser et présenter une assiette, l´idée est née de la rédaction de cet ouvrage. Comment allier création culinaire et création graphique ? J´espère que vous trouverez, dans ces pages, l´envie de vous dépasser encore pour transcender vos réalisations.
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Michelin Starred Chef Igles Corelli, dalle cucine agli schermi, passando per i comitati scientifici
Intervista di Maurizio Pelli, editore Fotografia di Claudio Mollo
Chef Igles Corelli nasce a Ferrara il 5 marzo del1955, inizia la sua carriera alla fine degli anni settanta. Apre il suo primo ristorante “Il Trigabolo” ad Argenta, dove conquisterà due stelle Michelin e conoscerà chef Bruno Barbieri. Nel 1996, apre la “Locanda della Tamerice, a Ostellato, dove consoliderà un’altra stella Michelin. Nel 2010 apre il suo terzo ristorante “Atman” vicino a Villa Rospigliosi a Lamporecchio. Diverse le sue partecipazioni ai programmi televisivi; Unomattina - Linea Verde - L’Italia sul 2 - ospite nell’ultima puntata della sesta edizione di MasterChef Italia - conduttore della rubrica “Il gusto di Igles” Gambero Rosso Channel. Numerose le sue pubblicazioni: Saperi e Sapori, 1990 - In cucina con Igles Corelli, 2004 - Selvaggina, 2004 - Con il cucchiaio, 2005 - Barbecue d’autore, 2007 - Di zucca in zucca, 2009 - Rosso pomodoro, 2009 - Manuale di cucina 2011, Carne e cucina garibaldina, 2011- Igles³, 2013. I suoi libri più recenti: La caccia di Igles e dei sui amici - Il Gusto di Igles. Maestro indiscusso della ristorazione italiana e volto noto di Gambero Rosso Channel con il suo programma “Il gusto di Igles”, dal 2018 coordinatore del Comitato Scientifico - Gambero Rosso Academy. Nel 2017 si trasferisce a Roma, apre “Mercerie” un ristorante con un format inedito nella ristorazione. Valorizza i prodotti tipici Italiani abbinandoli alla ricerca - sperimentazione - contaminazioni etniche. Una cucina creativa, legata alle tradizione, ma provocativa - evolutiva che sorprende e stupisce.
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Dalla cucina Garibaldina a quella circolare, per scelta o per caso? Per scelta, anche se con una punta di necessità, utilizzare i prodotti d’eccellenza per poi lavorarli nella cucina circolare, solo con quelli italiani di altissima qualità si riesce a usare “il tutto” di un singolo prodotto! Da queso punto, dalla Garibaldina alla circolare è stato un passaggio molto interessante! Dai fornelli ai programmi televisivi, il passo è breve? Se si hanno i requisiti necessari si! Il passaggio avviene di conseguenza, quando l’insegnamento esce dalla cucina e lo si presenta al pubblico in modo semplice e costruttivo. Organizzavo corsi nei miei ristoranti, ho voluto espandermi, non più chiuso tra quattro mura, ma pubblicamente e televisivamente. E’ stato un risultato fantastico, mi sono sentito accettato e accolto da molti. Da conduttore di un programma a coordinatore del comitato scientifico Gambero Rosso Academy, parlaci di questo passaggio. Mi ricollego alla precedente domanda, tutto è avvenuto di conseguenza! Col passare del tempo, conoscendo gli chef, i prodotti e la tecnologia, la responsabilità di dover coordinare e seguire i corsi mi è cresciuta dentro a tal punto di organizzarne uno dopo l’altro. L’entusiasmo di vedere crescere i miei allievi, prepararli per il futuro, perché domani conoscere e sapere usare tutte le attrezzature di nuova generazione sarà la loro chiave di accesso alle cucine dei ristoranti di alta gastronomia. Secondo la tua visione, nell’evoluzione di uno chef ispirano e influenzano di più i rapporti con i colleghi celebri come Gualtiero Marchesi, Bruno Barbieri e Gianfranco Vissani oppure quelli con i critici - intellettuali come Carlo Petrini e Luigi Veronelli? I critici gastronomici. Senza però escludere le relazioni con i miei colleghi!
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Da tre anni partecipi come chef - testimonial a Extraordinary Food & Wine di Fausto Brozzi a Venezia, cosa ti lega a questo evento enogastronomico? Sicuramente l’amicizia da tempo mi lega al suo fondare – curatore l’architetto Fausto Brozzi. È un evento a cui tengo molto partecipare, perché ho la possibilità di poter incontrare direttamente i produttori delle aziende leader in Italia per quanto riguarda le eccellenze da loro portate all’evento. Ogni anno sono aumentate di livello e le presenze hanno dimostrato il successo che riscuote! Prodotti unici e incontri culinari, assaggi di piatti eseguiti sia da me che dai miei colleghi. Il panorama veneziano aggiunge un tocco speciale a queste giornate gastronomiche. Sono sicuro che la qualità sarà sempre più apprezzata e questa è una sede dove la qualità la fa’ da padrona. Progetti Futuri Innanzi tutto devo precisare che è terminata la mia collaborazione di consulente con Mercerie a Roma. È stato un bel progetto che ho visto nascere e ho aiutato a crescere, ora sono concentrato su un nuovo progetto con T Hotel, situato al quindicesimo piano di una torre moderna nel centro di Cagliari. Proprio per questo l’abbiamo chiamato “T 15”, aprirà a Marzo 2020, tutti i piatti che verranno serviti sono ideati e creati da me. Una cucina gourmet che qui ancora non è approdata, in questo nuovo contesto farò conoscere la mia cucina; la mia filosofia di Cucina Circolare in Sardegna. Inizierò su canale 8, assieme ad altri 2 miei amici – colleghi, con la figura di giudice Cuochi d’Italia; spettacolo – cucina - insegnamenti - esperienze nuove, uno stimolo per crescere sempre e rimanere in contatto con i programmi di Cucina che ormai sono un must per i telespettatori italiani. Nel frattempo sono stato scelto come personaggio - uomo immagine della regione Molise per promuovere il territorio e le materie prime di questa piccola regione con delle grandi ricchezze ancora poco sfruttate e conosciute. 55
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LENA KA & NICO Interview de Directrice Margaux Cintrano Quelles ont été les circonstances majeures qui vous ont inspirées pour suivre une carrière de photographe ? Je n’ai jamais rêvé de devenir photographe. Quand j’étais petite, je rêvais d’être une réalisatrice de cinéma. Je suis devenu photographe vraiment par hasard, grâce à un mélange d’événements différents... Premièrement, grâce à ma maladie (dont je suis guéri avec succès), j’ai été anorexique pendant des années et je ne mangeais rien, j’aimais et détestais la nourriture ; Deuxièmement, à la même époque, j’ai beaucoup cuisiné, j’aimais vraiment faire de beaux plats, inventer de nouvelles recettes, et pour me souvenir de ce que j’avais fait, je prenais les photos de mes plats ; Troisièmement, bien sûr, grâce à la rencontre avec Nicolas. En consultant votre site Web (www.lenaka.net), on admire de nombreuses photos dont les effets spéciaux leur donnent un caractère assez magique. Pouvez – vous nous dire comment vous avez procédé pour parvenir à ces résultats visuels. Quels types d´appareils photos vous utilisez pour vos prises de vues ? Merci beaucoup pour vos compliments ! Nous avons toujours envie d’explorer de nouveaux styles visuels, de sortir des sentiers battus. Un bon résultat et comme vous dites les effets spéciaux, tout cela provient de l’idée, et une vision claire du résultat final. On peut dire que l’aspect technique est secondaire. Le plus important, c’est une bonne idée. Bien sûr, parfois pour la réalisation de cette idée il faut pas mal du temps pour trouver des moyens de la mettre en oeuvre, et parfois ça vient naturellement tout seul, ça dépend du projet. En ce qui concerne l’appareil photo que nous utilisons, c’est un Canon EOS 5 DSR. Je suis littéralement amoureuse de cet appareil photo et nous l’utilisons pour réaliser toutes nos photos.
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pécialiste de la photographie culinaire, quel regard portez-vous sur l´art du dressage d´assiettes? C’est merveilleux de voir certains chefs créer des oeuvres d’art à partir d’ingrédients ordinaires. En jouant avec la couleur et la texture, en mettant en valeur les ingrédients pour que du premier coup d’oeil, l’envie s’installe. J’aime les gens qui sont vraiment amoureux de leurs travails. J’adore les chefs qui sont artistes dans leurs coeurs et qui ont ce feeling avec la nourriture comme les artistes peintres avec leurs pinceaux et les couleurs, pour moi c’est très passionnant et excitant de
travailler avec des chefs qui sont artistes dans leurs âmes. Quels sont vos chefs préférés qui mettent en application cet art de la présentation ? ….. C’est un Chef qui était un vrai magicien, c’est un homme qui restera toujours dans mon coeur, c’est Benoît Violier Si l´argent, n´était pas un frein, quelle destination vous rêver en matière de gastronomie, et pourquoi? J’ai du mal à répondre à cette question parce que je suis extrêmement simple dans mes préférences gustatives. Mais je dirais que chaque pays a des spécialités fantastiques, colorées, inspirantes et délicieuses
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Quel environnement ou quels décors vous inspirent le plus lorsque vous vous préparez à faire une séance photo ? Le lac de Genève, la mer, Les galeries, Les lieux à la mode, les montagnes, la forêt ? J’adore la nature, surtout les montagnes avec ces paysages fantastiques. Quand tu te retrouves très haut, tu te sens tellement libre comme un oiseau. C’est très relaxant et inspirant. Donc quand nous devons trouver une nouvelle idée pour un nouveau projet, nous allons toujours dans les montagnes, et encore mieux vers une rivière froide ou une cascade. Là-bas je ressens une fusion avec une énergie magique et ma tête « explose » avec de nouvelles idées. Y a-t-il de nouveaux aspects et / ou tendances que vous avez découvertes dans le monde de la photographie culinaire que vous aimeriez utiliser dans vos nouvelles occupations ? Je ne peux pas dire qu’aujourd’hui il y a de nouvelles tendances, mais plutôt un nouveau regard et une vision moderne de l’ancien style de la photographie culinaire. C’est les jeux de mis en scène bien gourmandes, avec une lumière bien travaillée qui donne cette aspect magique que j’appelle « on mange avec les yeux », c’est quand on regarde la photo et juste en regardant on se retrouve a cette table …..
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Parma Food & Culture Article & Photography by Gigi Montali 2020 is the year of Parma, the Italian capital of culture. City of great elegance and beauty, it is the land of Verdi and melodrama, of Renaissance and Roman architecture, of peasant tradition and innovation. A city so genuine and so sophisticated, also for this reason so unique. Easy to fall in love with it, and this year in Parma it could happen again. All this to live in the same city that in 2015 UNESCO declared Creative City of Food and Wine, navel of the Italian Food Valley: the land of Parma Ham PDO, Parmigiano Reggiano PDO, Culatello di Zibello and Salame di Felino, just to mention some of the typical products protected by quality brands that the world envies us and that are produced in the area. Tasting them on the perfect weekend is a must. Parma, from a culinary point of view, is a sort of small paradise of the Italian food tradition. Parma is in fact considered one of the European capitals of good food, so much so that it was chosen in 2003 to become the permanent seat of the European Food Safety Authority. A real spot for the Parmesan food and wine tradition, which does not require further magnificence.
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he Parmesan culinary tradition was already renowned in ancient times, and provides for a wide use of butter and cheese; despite this, the cuisine of this splendid land is not excessively fat and heavy as one might think, it represents an example of excellent mediation between taste, wholesomeness and balance.
The Parmesan cuisine, of very ancient tradition (was celebrated already in the thirteenth century by the chronicler Fra Salimbene de Adam). It is also substantial, rich in flavors and aromas and includes specialties that make it famous. It is in Parma that you find the “Rosa Croce” restaurant where the starred chef Vincenzo Di Grande uses the products of the territory with intelligence and imagination, I would like to quote a comment found on tripadvisor “Mystical, religious experience ...... from large kitchen works of art come out to the height of the illustrious “Lords” who live there!” In this comment there is everything that can be said about the restaurant kitchen. So what are you waiting for to come to Parma to see the beautiful medieval square where the cathedral and the baptistery are embellished by the beautiful bas-reliefs of the Antelami. Visit the interiors of the churches where you can be amazed with frescoes by Parmigianino and Correggio, and what to say about the sacred place of music lovers, the Regio theater! This and much more is this city, but in addition to the charm of art, don’t miss the charm of the kitchen!
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Sustainable farmed caviar, the future looks good
Article by Massimo Vidoni Photo Copyright by Italtouch, Dubai Dubai - 1st March, 2020, after 3 decades that I’ve been trading and selling truffles, and only a couple of years now that my focus has switched to caviar. One of the key reasons is that Dubai 2020 Expo has been based on sustainability. It’s been 14 years now that wild caviar is illegal and the world is consuming fresh farmed sustainable caviar controlled by CITES (The Convention on International Trade in Endangered Species). Caviar is one of the most luxurious foods known to man, since the beginning of time. It’s been on the table of kings and aristocrats and it is a coveted gift synonymous to luxury. Therefore I had thought it would l be a great pairing for my Italtouch truffle business in Dubai. I had begun by selecting caviar from Ars Italica, Calvisius group for a few years now, focusing on pure bred sturgeons Beluga (Huso Huso), Oscietra (Acipenser Gueldenstaedtii) and Acipenser Transmontanus. I visited both farms in Calvisano Brescia and the Ars Italica Ticino reservation in Cassolnovo which combined are the biggest producers in Europe and second in the world after Kaluga Queen in Qiandao Lake, China.
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aviar factories and farms have been popping up all around the world for the last
2 decades but few people know that one of the oldest is actually the Italian farm of Calvisius group. Caviar consists of salt-cured roe of the Acipenseridae family and traditionally, the term caviar refers only to the sturgeon roe. Malossol means with little salt and is usually less than 3% to be labelled as such. The farmed caviar price is now substantially cheaper than the wild one due to the public increase of worldwide production. While China´s farms are pursuing better price and higher number of caviar products, the Italian farmed caviar producer is far more focused about quality and pure bred caviar. We now have a great selection under Italtouch brand of both Italian and Chinese farmed caviar to fulfill the needs of every Chef and every cuisine. I have seen new trends where new generation likes can now afford caviar. Thanks to Kaluga Queen that is able to produce about 80 tons a year of farmed caviar ranging from Huso Huso, Huso Dauricus, and their main successful product, the famous Shrenckii X Huso Dauricus. This hybrid makes good quality caviar and is produced in less time, therefore reducing the cost. I sell good quality hybrid caviar from Kaluga Queen which takes 6-7 years to produce. Mostly used as garnish and with other dishes to enhance their flavors. While pure breed like Oscietra, which is famous for its superb taste, from Italian Calvisius - Ars Italica group, it’s sold to clientele more knowledgeable & who are connoisseurs. Caviar farming has totally changed the game & has made easier it to be available all year round. Chefs can now program their season with ordering precisely for an event or busy season without worrying about shortage of supply and price fluctuation. Massimo Vidoni - The Truffle and Caviar Man - +971 50 557 3137
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Tenuta Montemagno,
un Relais Chateaux, tra i vigneti del Monferrato Articolo e intervista di Maurizio Pelli, editore Un’aristocratica tenuta ubicata in un casale del XVI secolo, tra i comuni di Montemagno, Viarigi, Casorzo e Altavilla, nel cuore del Monferrato. Gli imprenditori Tiziano e Flavio Barea non solo ristrutturano l’antica dimora nobiliare portandola all’odierno splendore, ma la trasformano un Relais Wines. Un progetto mirato alla riscoperta di questo territorio, custode di antiche tradizioni, ridando così nuovo fasto alle mura testimoni della loro storia. Non solo boutique hotel, realizzano anche una cantina per produrre vini autoctoni, grazie all’interpretazione personale e all’innovazione apportata da enologi e tecnici di grande esperienza e capacità. Una produzione di vini che rivelano le diverse caratteristiche di queste valli complesse e affascinanti, come le colline del territorio su cui sorge, un “luogo altamente vocato alla vite”, così lo descrissero le antiche mappe napoleoniche. La favorevole esposizione dei vigneti a Sud-Ovest, il particolare microclima, il terreno argilloso e calcareo, la lavorazione interamente fatta a mano, le brillanti intuizioni della famiglia Barea e la sapiente consulenza dell’enologo Gianfranco Cordero, creano dei vini unici. Oggi, nascono bottiglie di grande importanza inserite nella classifica “Top 100” dei migliori vini d’Italia. Tradizione vuole che le operazioni di vendemmia - vinificazione - affinamento avvengono nelle antiche cantine affrescate, ora attrezzate con tecnologie all’avanguardia, dove prendono vita e riposano vini tradizionali dal forte carattere e vini decisamente nuovi, come il TM Brut, un metodo classico ottenuto vinificando uve della Barbera.
La Tenuta Montemagno è adagiata sulle dolci colline al 45° parallelo, coordinata particolarmente vocata alla coltivazione della vite sino da epoche antiche. Nascono così vini di grande importanza, rappresentanti dell’eccellenza italiana, piemontese e monferrina nel mondo. Cento ettari che racchiudono i più importanti cru piemontesi: la Barbera d’Asti, con le vigne più antiche che raggiungono gli ottant’anni d’età. Il Grignolino d’Asti, un rosso secco, asciutto e spiccatamente tannico. Il Ruché di Castagnole Monferrato, uno dei più antichi vitigni piemontesi, presente solo nei territori di questa tenuta. La Malvasia di Casorzo, un rosso che nasce da uve esposte a Sud - Sud Ovest, che esprime il meglio di sé nelle sue tre diverse interpretazioni; ferma - spumantizzata - passita. Il Monferrato è anche espressione di grandi vini bianchi: il Timorasso qui vinificato in purezza per risaltare la sua mineralità e complessità olfattiva, oltre alla longevità. In queste terre trova spazio anche un vitigno internazionale come il Sauvignon, che trae mineralità e complesse note olfattive dalla struttura argillosa del terreno. Il metodo TM è sinonimo di eccellenza: in vigna, in cantina e in bottiglia. Produzioni limitate e un’accurata defogliazione della vigna per consentire una corretta areazione dei grappoli selezionati e raccolti a mano, determinano la qualità della materia prima che viene portata in piccole cassette nelle cantine. Una seconda selezione, rigorosamente manuale, precede la fase di diraspatura meccanica e la successiva fermentazione effettuata esclusivamente con lieviti nobili selezionati. Per i vini rossi, l’avvio di questa delicata fase avviene solo al riempimento della vasca, mantenendo in perfetto equilibrio le temperature grazie alla tecnologia Nectar. Riguardo i vini bianchi adottano una pressatura leggera e una macerazione carbonica con ghiaccio secco al fine di preservare i delicati e preziosi aromi e profumi che contraddistinguono le uve di Timorasso e Sauvignon. L’ossidazione viene prevenuta grazie alle lavorazioni effettuate in ambiente 73
anaerobico. L’affinamento e l’imbottigliamento si svolgono in atmosfera controllata. Una particolare attenzione è data all’ordine e alla costante pulizia degli ambienti, prima fra tutti la cantina, dove avviene la fermentazione e l’imbottigliamento, eseguito in ambiente saturo d’azoto. Metodi tradizionali, ricerca innovativa e tecnologie all’avanguardia sono gli ingredienti fondamentali per dare nuovo vigore ai vini classici. Il colle su cui sorge la Tenuta esprime un’armonia stilistica che si ritrova nel Relais, al ristorante, in cantina e naturalmente in bottiglia. Sulla sommità della collina, il cui impianto originario risale al 1500, sorge il ristorante. Siamo in pieno Monferrato, territorio d’importanza storica per il Piemonte e l’Italia annoverato fra le località patrimonio dell’Unesco. Il locale si ispira al territorio monferrino e al Piemonte, ma spazia oltre le colline che lo circondano, alla ricerca di connubi in grado di valorizzare tanto il prodotto tipico, quanto la materia prima sempre di qualità assoluta. La tradizione viene rivisitata e reinterpretata in chiave contemporaneità, alleggerendo i piatti piemontesi più caratteristici, creando un legame di gusto con il non lontano mare. Una cucina che non teme la sperimentazione, ricerca la prelibatezza degli ingredienti seguendo la stagionalità, proponendo il meglio dell’offerta del mercato locale e la produzione dell’orto della Tenuta. Freschezza o sapori forti, leggerezza o proposte elaborate, trovano l’ideale abbinamento con la lista enologica nella carta dei vini prodotti da Tenuta Montemagno. Giocando con gli abbinamenti tra le diverse portate e valorizzare al meglio l’esperienza gastronomica consigliata dallo chef e dal maitre. Una carta a Km zero.
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Tiziano Barea, classe 1960, è un eclettico imprenditore varesino, a soli 18 anni fonda la “BTSR”, una società di successo a livello internazionale nella progettazione – sviluppo - produzione e distribuzione di sensori per diversi segmenti industriali, con una storica predilezione per il settore tessile. Con il nuovo millennio, decide di diversificare i propri interessi investendo nel settore vitivinicolo. Nel 2006 fonda la Tenuta Montemagno, dove non solo produce diciassette etichette vinicole di grande pregio e quattro grappe, ma crea un esclusivo “Relais & Wine” di lusso tra le colline dei suoi vigneti. La terza impresa, in ordine di tempo, insieme alla figlia Vanessa, costituisce un’azienda dedicata alla progettazione - produzione di accessori per l’equitazione, la loro grande passione condivisa. “Safe Riding”, un marchio, che progetta e realizza la prima e unica staffa che coniuga tre caratteristiche, fondamentali per amazzoni e cavalieri, in un unico prodotto: la sicurezza totale di apertura in caso di caduta del cavaliere – il comfort di una pedana ammortizzata - la personalizzazione realizzata con design estremamente accurato. Tiziano Barea, dopo la famiglia, dimostra la sua più grande passione; quella di essere un imprenditore innovativo. Che si tratti di elettronica, vino o staffe, la sua abilità è quella di intuire e prevenire le prossime richieste di mercato, proponendo costantemente delle soluzioni all’avanguardia.
Come si diventa imprenditori a diciotto anni? Nel mio caso, come per molti altri, è stata la passione. Elettronica e tecnologia esplosero negli anni dei miei studi superiori, una curiosità sempre accesa, voglia di mettersi in gioco e il desiderio di lasciare una traccia nella società dove sono nato e cresciuto; l’Alto Milanese. Così è nata BTSR, la prima in ordine cronologico, delle aziende che ho creato. Inizialmente, produceva sensori per l’industria tessile, settore ampiamente presente nel territorio al quale appartengo, oggi progetta e produce sensori e soluzioni “high tech” per diversi mercati.
Dai sensori per l’industria a Vigneron, il passo è breve? Più che breve è stato un passo naturale. Arrivato a quarant’anni mi sono chiesto cosa “volessi fare da grande”. BTSR era avviata da tempo e stava procedendo a gonfie vele. Necessitavo di nuovi stimoli - occasioni per mettermi in gioco, li ho trovati nella produzione di vini, un’altra delle mie grandi passioni. Creare una cantina, partendo da zero, era un po’ come tornare alle origini imprenditoriali, il settore che amo profondamente.
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Il Monferrato, per scelta o per caso? Quando decisi di produrre vino, iniziai la mia ricerca tra la Toscana e il Piemonte per individuare la località dove costruire la cantina, due zone ricche di tradizioni enologiche e di Antichi casali. Fu proprio qui, che rimasi colpito dal Monferrato. Un luogo che tutti conoscono, ma che pochi hanno veramente visitato. Rimasi affascinato dalla profondità delle radici storiche del territorio e dalla sua dolce bellezza, due fattori molto importanti per la mia ricerca e da quanto questa terra fosse vocata alla coltivazione della vite. Il Casale Antico, oggi, il cuore pulsante della Tenuta Montemagno, è stata una scelta fortemente voluta. Quando lo vidi, durante i numerosi viaggi con la famiglia nel Monferrato, mi colpì subito. Certo erano necessari importanti interventi di restauro, costruire una cantina e attrezzarla con tecnologie di ultima generazione, ma la posizione rispondeva perfettamente a quello che stavo cercando. Il mio obiettivo era chiaro, un antico casale, circondato da vigneti con esposizione sud sud-ovest, terra bianca argilloso calcarea, in un territorio che non rivelasse nulla di moderno, che non deturpasse la bellezza di quel paesaggio. Oggi il Monferrato è patrimonio dell’UNESCO per la sua bellezza paesaggistica.
Il Brut TM, prodotto con un metodo innovativo, è solo innovazione enologica o condivide un’ispirazione imprenditoriale? TM Brut è il risultato di entrambe le cose. Da imprenditore ho sempre cercato di portare l’innovazione in tutto quello che produco. La Barbera, è un vitigno tipico del Monferrato, mi sono sempre chiesto perché non fosse mai stata creata una Bollicina Metodo Classico con le sue uve. I migliori Champagne Francesi, vengono realizzati con uve Pinot Noir, a bacca rossa ma con polpa bianca, esattamente come le nostre della Barbera nel Monferrato Astigiano, conosciute e apprezzate per il loro piacevole grado di acidità, condizione questa ideale per la realizzazione di una Bollicina Metodo Classico. Così, mi sono messo in gioco con l’amico - enologo della Tenuta Montemagno Gianfranco Cordero. Sapevamo che non sarebbe stato facile, ma la mia volontà era quella di fare innovazione, creare un prodotto unico, seguendo la solida strada della tradizione, con le antiche uve Barbera. Abbiamo quindi sviluppato un percorso che parte dalla vendemmia e si conclude con la vinificazione e l’affinamento, un risultato, a mio parere, strepitoso. Una bollicina dal sapore unico, di grande acidità e sapidità, di piacevolissima bevibilità. Con una percentuale di solfiti largamente inferiore ai valori imposti per i vini certificati “Bio”, caratteristica comune a tutti i vini della nostra Tenuta. Un tenore di solfiti incredibilmente bassi,il nostro TMBrut presenta solo 69mg/litro contro i 150mg/litro (limite fissato per un vino Biologico). Una bollicina che unisce le caratteristiche della Barbera con la freschezza e la briosità dello spumante, in grado di reggere benissimo un “tutto pasto”, proprio per la sua capacità di pulire il palato. La Barbera, diventa Metodo Classico, per tornare ad essere vino, una volta che il bicchiere si è vuotato, lasciando profumi incredibili e unici, che riescono a stupire ed emozionare chi è alla ricerca della qualità e dell’esclusività di un prodotto veramente unico.
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Da un casale del XVI secolo, a un Relais di lusso con un ristorante di alto livello, parlaci di questa trasformazione. Più che trasformazione direi una naturale evoluzione. Produrre vino vuole dire anche ricercare una materia prima, con la quale si possano realizzare delle portate che meglio si abbinino, per esaltarne profumi e sapori. Creare un ristorante era passo obbligato; gli spazi a disposizione consentivano di pensare a qualcosa in più. Così, come sempre spinto dalla voglia di mettermi sempre in gioco, abbiamo pensato che la struttura potesse offrire anche dell’ospitalità. Conseguentemente nasce la Tenuta Montemagno Relais & Wine. Il nostro ristorante “La civetta sul comò” offre una cucina che si ispira al territorio monferrino e al Piemonte, ma che guarda oltre le colline, alla ricerca di unioni in grado di valorizzare tanto il prodotto tipico, quanto la materia prima, il più possibile a chilometro zero e sempre di assoluta eccellenza.
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Tra i vigneti, la cantina, il Relais e il ristorante, un giorno, sorgerà anche un esclusivo centro di equitazione? Ho sempre cercato di trasformare le mie passioni in lavoro, perché sono convinto che è la chiave che porta sempre al risultato, un semplice segreto per essere felici. L’equitazione è un’altra delle mie grandi passioni, sia l’allevamento che le competizioni, in particolare il salto ad ostacoli, sport che pratico con passione insieme a mia figlia Vanessa. In effetti agli inizi insieme alla Cantina costruii anche una Scuderia e dei Paddock per l’allevamento dei puledri nati dalle nostre fattrici, ma inseguito per garantire il benessere dei cavalli e per concentrare la Tenuta sulla produzione dei vini, decisi di scindere le due attività. Oggi abbiamo la Tenuta Montemagno Relais & Wines e la Tenuta Montemagno Horses, un allevamento di cavalli per salto ad ostacoli, che scorrazzano felici nei bellissimi prati verdi, in zona Divignano, sempre in Piemonte. Progetti futuri? Consolidare il successo dei vini e del Relais Tenuta Montemagno, contribuendo a diffondere anche la notorietà di un territorio, il Monferrato, che nulla ha da invidiare a zone ben più note del Piemonte, per storia, cultura e qualità della produzione vinicola.
Soprattutto se si pensa ai vitigni autoctoni, per cui Tenuta Montemagno rappresenta certamente un’eccellenza. l’Italia detiene la più grande biodiversità a livello mondiale, abbiamo oltre 1.300 varietà ampelografiche, tipologie di vitigni. Nel Monferrato, nelle province di Asti e Alessandria, dove Tenuta Montemagno si estende con i propri vigneti, vantiamo alcuni tra gli autoctoni più importanti come; il Ruchè di Castagnole Monferrato, il Timorasso, la Malvasia di Casorzo un autoctono estremo. Una varietà ampelografica unica nel suo genere che sul nostro pianeta si trova, incredibilmente, solo a Casorzo, all’interno di un’area ristretta che comprende Viarigi, Altavilla e Montemagno, dove ha sede proprio la nostra Tenuta.
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MarVasia,
il Genio in una bottiglia Articolo di Fabio Destefani Fotografia di Museo di Leonardo Davinci, Firenze.
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Massimo Zanta ci parla del progetto MarVasia con il quale, attraverso un vino, celebra il Genio di Leonardo da Vinci, a 500 anni dalla sua scomparsa ronicamente, si definisce un “ragioniere curioso” anche se per “forma mentis”, Massimo Zanta si trova decisamente più a suo agio nell’universo della creatività che in quello delle fatture e dei documenti contabili. Esperto di comunicazione, Zanta nel 2007 ha dato vita alla galleria Art way Gallery in zona fonderia a Treviso che per molti anni ha arricchito con originali progetti artistici (ricordiamo tra gli altri “Codice a sbarre”, “Codice di avviamento postale” “Il sandalo è femmina”) il clima culturale della città veneta. “
Dar vita a questa galleria -ci spiega Zanta- mi è servito per capire che l’arte può veicolare un messaggio molto forte e far dialogare le persone. In genere il mondo dell’arte è piuttosto elitario, chiuso, autoreferenziale e a mio avviso invece l’arte ha bisogno di semplicità, di immediatezza, di una comunicazione diretta. È quanto sono riuscito a fare con le mostre organizzate in galleria che hanno sempre avuto un grande successo.” Un successo che sta accompagnando anche il nuovo progetto in cui Zanta, in collaborazione con l’amico Tiziano Spigariol presidente dell’Associazione La Congrega del Tabàro, è impegnato. Si tratta di un originale progetto che con un vino di nome “MarVasia” intende celebrare il genio di Leonardo da Vinci nel cinquecentesimo anniversario della sua scomparsa. Ma lasciamo che sia Zanta a spiegarci perchè per celebrare Leonardo da Vinci sia stato scelto proprio un vino. “Nel 1500 –ci spiega Zanta- Leonardo venne chiamato a Venezia dal Doge Agostino Barbarigo, per studiare un sistema difensivo contro un eventuale attacco da terra dei Turchi e mentre era in città entrò in una ‘Malvasia’ nome dei Bacari autorizzati a vendere il vino di qualità, quello che veniva dal Mare, dalla Costa Istroveneta, dalla Grecia, dalle isole di Corfù, Rodi, e Creta. Il caso vuole che Ludovico il Moro gli avesse regalato una vigna proprio di Malvasia quale compenso per il suo capolavoro, Il Cenacolo del Refettorio di Santa Maria delle Grazie purtroppo requisita dai Francesi, nuovi conquistatori di Milano, ancor prima della sua prima vendemmia.”
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Da qui, immagino l’idea, di dedicare un vino a Leonardo, ripercorrendo una storia in cui anche la Serenissima gioca un ruolo importante… Esatto. Il vino nasce dalla magica alchimia che unisce acqua, mare, Malvasia e Genio. Con questo vino verranno imbottigliate solo 500 bottiglie numerate e certificate e vendute al prezzo di 500 euro cadauna.
Può spiegare ai lettori le caratteristiche del vino? Il vino rappresenta una piacevole riscoperta degli antichi sapori semplici e schietti, senza bollicine, dal colore giallo paglierino. Piacevole al palato è leggermente abboccato ed è sorretto da una giusta gradazione e da un profumo delicato ma persistente. E’ perfetto per condivivere una frittura di pesce e moèche con amici!
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Il packaging del vino è molto lussuoso… Sì, il vino è offerto in un cofanetto di legno e broccato rosso che contiene un’elegante bottiglia di vino rivestita in seta, prezioso tessuto simile a quello prodotto dalle antiche filande Venete. Sul tessuto è stampato lo schizzo del progetto del Palombaro realizzato da Leonardo proprio mentre assaporava a Venezia un “goto” (bicchiere) di Malvasia ed il logo “MarVasia”, come abbiamo già detto, poetica unione tra mare e nome del vitigno. Il progetto “MarVasia” ha già avuto riconoscimenti importanti… Si sebbene la vendita delle 500 bottiglie inizierà solo a gennaio 2020, i riscontri che “MarVasia” ha avuto sono già numerosi. È stato presentato con successo nel 2019 presso lo stand della Regione Veneto a Vinitaly, poi alla Biennale di Venezia all’inaugurazione della mostra “Personal Structures” a Palazzo Mora suscitando grande curiosità tra i numerosi ospiti. Infine nel corso del Festival del cinema di Venezia lo scorso settembre si è aggiudicato un Diploma d’onore come progetto culturale ideato per la ricorrenza dei 500 anni della scomparsa di Leonardo.
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Chef Daniele Zennaro, tradizioni e tentazioni
Intervista di Maurizio Pelli, editore Fotografia di Giovanni Panarotto Daniele Zennaro nasce 1979 a Polesano di Rosolina - Rovigo. Nel 1998 consolida la propria conoscenza pratico - professionale negli hotel a 4 stelle con brigate complesse e strutturate secondo l’inquadramento classico dell’attività alberghiera; Isola d’Elba - Sestriere - Asolo - Milano, assimilando le nozione della cucina classica e internazionale. Nel 2004 approda a Venezia tra il ristorante “De Pisis” all’Hotel Bauer e L’Ulivo al Bauer Palladio & Spa, con chef Giovanni Ciresa. Dove la cucina classica evolve in fusion, dopo aver lavorato in ogni reparto della brigata, nel 2006 diventa executive chef. Nel 2009, cercando nuovi stimoli approda al “Vecio Fritolin”. Locale storico dove si respira pura tradizione veneziana, anche se aperta alle contaminazioni, dove si delinea una propria linea di cucina basata sulle materie prime scelte giornalmente al mercato di Rialto e alla riscoperta - sperimentazione delle erbe legate alle barene e agli orti delle isole veneziane.
Fondendo così le nozioni classiche, l’esperienza al De Pisis, le ispirazioni dei viaggi in compagnia della moglie in Messico - Stati Uniti - Sri Lanka e in molte capitali europee. Le radici della famiglia veneziana e della moglie in parte toscana, creano un “melting pot” culturale che ispira ricette trasversali, tra prodotti locali veneziani e influenze internazionali. Nel 2016, ritorna a Venezia nelle cucine nel Baglioni Luna Hotel, dove il lusso e il concetto materia prima locale gli permettono di fare esperienza nella ristorazione gastronomica di alta qualità, destinata alla clientela internazionale. Un cambio radicale di concetto e di proposta avvengono nel 2019 quando chef Daniele approda al Gastropub Marciano Excelsior, locale trend molto vicino alla richiesta attuale del mercato veneziano, dove gli permette mettere a frutto le proprie conoscenze, tra erbe di barena - cicchetti - ostriche di produzione - coltivazioni a km zero. Un nuovo concetto di pub, o meglio un “Gastropub”, che oggi ritaglia una grossa fetta di clientela dedita agli hamburgers - club sandwichs e soprattutto alla richiesta di filetteria esotica come l’jabugo de pata negra, le carne di zebra - renna - cammello - struzzo e dei manzi pregiati provenienti dall’italia e dal mondo. Molte insalate dove la salicornia è un ingrediente essenziale e le verdure dei coltivatori locali apportano il perfetto contorno alle fiorentine di Chianina e ai roast-beef di Kobe appena scottati sulla griglia. “La cucina è dedizione e sacrificio, curiosità e sperimentazione, nulla è il nuovo, ma cambia la prospettiva da cui viene vista. Senza mai dimenticare le basi apprese con rigore.” – Daniele Zennaro.
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Dagli hotel a 4 stelle ai lussuosi Hotel Bauer e Baglioni, il passo è breve? Non brevissimo! Per poter evolvere e mettersi in gioco, facendo fruttare gli anni di gavetta, servono sia le basi che le nuove esperienze, i trampolini di lancio, dove poter esprimere il proprio concetto di cucina e di territorio. Le cucine degli hotel di lusso, con il rigore delle grosse brigate, mi hanno ulteriormente formato. Conseguentemente entrambe le esperienze mi sono servite per avere una visone più ampia e sicura. Quanto hanno influito i tuoi viaggi nella tua cucina? Molto, ogni viaggio mi ha sempre dato nuovi e stimolanti input. Godere della cultura gastronomica di altri Paesi ha ampliato la mia visione sugli ingredienti. Persone e culture diverse possono avere molto in comune, anche a migliaia di chilometri di distanza. Alcuni miei piatti sono creati con prodotti locali ma con un’impronta esotica, dove entrambe le culture si fondono dando vita a un nuovo aspetto, a volte con un sapore radicato nei ricordi. Qual è la cucina estera che più ti ha ispirato? I suoi ingredienti dei quali non puoi più fare a meno? Sono due: la messicana e la cingalese, credo che sia dovuto alla similarità dei prodotti, spesso molto vicini a quelli della cucina mediterranea. Nonché per le influenze esotiche che l’oriente ha sempre avuto sui veneziani e per i bellissimi ricordi ai quali sono legato. Da entrambi i luoghi non posso fare a meno dei peperoncini piccanti - mango – avocado – curcuma foglie di curry, tutta la nota vegetale tipica di quei luoghi che combinata con gli ingredienti della laguna veneziana evolvono in sapori complessi che sanno regalare emozioni creando nuove memorie. Venezia e la sua laguna offrono prodotti straordinari, gli ingredienti perfetti per la tua sperimentazione? La laguna veneziana è una scoperta continua per quanto mi riguarda, non smetto di imparare dalla natura e dalle ricette dei nostri “veci”. Ogni anno scelgo due o tre erbe con le quali poter fare laboratorio di sperimentazione. La ricerca dei racconti di chi la laguna la vive da sempre, il loro supporto, libri e internet. Tutto per avere un riscontro sui nomi e gli utilizzi da chi le erbe le raccoglie per catalogarle. Applicare questo patrimonio di informazioni alle nuove tecniche per dare maggior risalto ai prodotti che sono stati la fonte di nutrimento dei nostri anziani da sempre. È grande la soddisfazione, quando si riesce a riportare alla mente quei sapori dimenticati, quelli delle erbe raccolte lungo i canali della laguna, dalle barene, dai campi irrigati dal sottosuolo, dove scorre l’acqua salmastra. Dalle cucine degli hotel a 5 stelle a un Gastropub, per scelta o per caso? Un cambio cosi radicale non è mai per caso, avevo bisogno di nuovi stimoli e il progetto del Marciano Excelsior era la proposta gastronomica che a Venezia mancava. Tanta carne, soprattutto esotica con una cucina che chiude a mezzanotte.Il banco cicchetti con un oste che suggerisce vini di ricerca, un “bartender”che che offre 12 birre alla spina e un esperienza decennale nella “mixology”. Tante novità in una zona dove le proposte gastronomiche non mancano. Mi incuriosiva un locale che ha il suo gin “brandizzato”, dove nelle botaniche viene usata la salicornia, l’erba di barena che più amo usare. Una serie di combinazioni che potevano stimolano la mia ricerca e sperimentazione, un approccio con una ristorazione più ampia, con una clientela diversa, quella che frequenta un Gastropub. Progetti futuri? Al momento, il progetto Marciano continua, riesco anche a ritagliare del tempo per godermi la mia famiglia. Se in futuro si presenteranno nuovi progetti stimolanti, per la ricerca, la proposta gastronomica locale, i prodotti legati alla laguna e alle ricette dimenticate sarò felice di occuparmene e anche di farvele assaporare.
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Chef Pietro Li Muli, avanguardia nella tradizione
Articolo di Maurizio Pelli, editore Pietro Li Muli nasce a Palermo nel 1988. Oggi è un giovane e affermato chef. Gia da piccolo mostra interesse - passione per la cucina, speso affascinato dalla madre durante la preparazione dei piatti tipici della sua Sicilia. Gli stessi profumi e sapori del passato sono quelli, che oggi, dalle memorie ispirano le sue creazioni. Presto decide di trasformare la sua passione in professione. Inizia il suo percorso lavorativo al ristorante Calette a Cefalù, dove apprende la cucina tipica regionale, con una predilezione per le ricette di mare. Dopo varie esperienze, diventa executive chef del ristorante “L’Ottava notta” di Palermo, dove rimarrà per sette anni. Con la partecipazione all’Expo 2015 accresce e conferma la sue esperienze professionali. Oggi lo vediamo protagonista su Rai1 nella trasmissione “Mezzogiorno Italiano” dove presenta lo “sfincione”, la tipica - soffice focaccia palermitana. Pietro, da executive chef del ristorante “Sobremesa” passa alla “Taverna dei 4 canti”, dove tutt’oggi lavora. Ingredienti genuini, qualità della materia prima sono le priorità della sua cucina, dove esprime la sua personalità raccontando la storia culinaria Siciliana, cercando sempre di regalare emozioni che possano lasciare un ricordo e un segno positivo ai commensali che degustano i suoi piatti. Le sue ricette, ispirate dalla cucina classica regionale, sono reinterpretate in chiave moderna, mantenendo gli elementi distintivi dei piatti siciliani tradizionali, ma con una visione contemporanea di sfumatura futuristica.
I giovani chef normalmente iniziano la loro formazione professionale “scappando” dai loro luoghi di origine, attratti dall’avventura in terre straniere - lontane - sconosciute. Tu, non ti sei mosso dalla tua Sicilia, per scelta o per caso? In realtà anche se per brevi periodi, sono uscito dalla Sicilia, ma alla fine ho deciso di fare il mio percorso formativo qui perché la nostra terra ha tanto da offrire. Aver auto la possibilità di poter imparare da persone più grandi e con molta esperienza è stato per me un onore. Ingredienti e materie prime; la tua terra offre molto, riesci a trovare tutto per la cucina oppure qualcosa arriva dal “continente”? La nostra terra è molto generosa, offre prodotti tra i migliori sul mercato, anche se il mio amore per la cucina non si limita solo al territorio a cui appartengo. Amo sperimentare e combinare, sono molto affascinato dalla cultura orientale, utilizzo alcuni dei loro prodotti, come il pepe di Sichuan, lo zenzero, le alghe e il daikon.
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Quanto incidono le passate influenze della cucina araba con la tua cucina siciliana contemporanea? Molto, entrando nei mercati tipici dove ancora si percepisce l’eco di una Sicilia che fu araba, vieni trasportato dai profumi delle spezie che hanno influenzato i nostri prodotti e la nostra cucina. Per un cuoco siciliano come me è una fonte di ispirazione, per potersi reinventare giorno dopo giorno.
Qual è il confine invalicabile tra tradizione, contemporaneità e futurismo nella tua cucina? Non mi piace sconvolgere o rovinare piatto della nostra tradizione, non sarebbe corretto nei confronti di coloro che ci hanno tramandato tanta bellezza. Bisogna rispettare ciò che abbiamo ereditato, quando creo qualcosa di nuovo cerco di prendere degli spunti ma sempre in punta di piedi, ciò che rende contemporanea la mia cucina sono le lavorazioni a bassa temperatura, le cotture veloci, senza compromettere le materie prime.
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Parlaci del tuo percorso televisivo. Partecipai nel 2015 a “Mezzogiorno Italiano” su Rai1 con Federico Quaranta presentando il nostro “sfincione palermitano” nel 2018 al “Sicily Food Festival” dove proposi una rivisitazione della “pasta coi tenerumi”. In seguito partecipai a qualche programma di cucina sulle reti locali.
Progetti futuri? Vorrei aprire un mio locale, dove potermi esprimere al massimo, far conoscere la mia cucina, cosa che già faccio. In un ristorante tutto mio, sarà tutt’altra cosa!
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Dom Pérignon,
la leggenda de La Champagne è sempre attuale, sempre al top. Articolo di Roberto Mostini Fotografia di Dom Perignon Champagne.
Milioni di bottiglie solo millesimate per una qualità media inarrivabile altrove. Dove? Chez Moet et Chandon. La “scimmia sulla schiena” è il titolo italianizzato di un romanzo di William Burroughs del 1953 pubblicato in Italia nel 1962, il cui titolo originale è Junkie. L’espressione colorita vorrebbe definire secondo l’autore quel momento di sofferenza provocato da astinenza da droghe pesanti che allentano la sensazione anestetica sul sistema nervoso periferico e in seguito lasciano riemergere dolori alla schiena in uno status emotivo contrastato, spesso molto negativo quanto distruttivo. Apparentemente distruttivo. Quando mi guardò in un modo diverso da come ti guarda normalmente una ragazza disinteressata mi dissi, stai calmo, continua e tenere comodamente le mani in tasca e non fare gesti ridicoli per toglierti dall’imbarazzo. Continua il dialogo con i due amici al banco, due impiegati di banca in pausa edonistica, stai di profilo, tanto sei abbastanza in forma da poter reggere uno sguardo laterale prolungato senza dover tenere troppo a lungo il fiato. Nessuna mossa azzardata, se vorrà fare un passo sarà lei a farlo, se vorrà venirti incontro non lo farà ora, se è come sembra aspetterà che gli altri due finiscano la coppetta di Moet e rientrino in banca, come hanno sempre fatto e continueranno sempre a fare per tutta la vita.
Deciderà lei, come è sempre stato, e come diversamente non potrà mai essere per me, ma anche questo col tempo cambierà, gandhiano d’attesa ma con riserva. Aspetta che se ne vadano, due parole con il barman e poi vediamo se si alza dal suo cappuccino. Tocca a me? Ma tocca veramente a me? Ma porca la miseria che stamattina non ce la facevo neanche a capire che faccia avevo davanti allo specchio e adesso guarda qui, un dozzinale e futile Moet nel bicchiere e la più esclusiva della piazza che mi si piazza a fianco a dire futilità. Mi sembra talmente assurdo che mi scappa da ridere. Subire e lasciar fare, al limite puoi sempre dire di no, ma non sono proprio pazzo fino a quel punto, e quindi se sarà la presunta inarrivabile a fare un ulteriore gesto o un sorriso inequivocabile e allora sarà più facile arrivare al suo dunque, ma non al mio; farà bene all‘ego ma durerà poco, anzi no, il giusto tempo di verifica necessaria per capire che impegnandoti un pochino più del solito ce la potevi fare anche con l’inarrivabile.
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Il tempo necessario per renderti conto che non lo era assolutamente, e neppure poi così eccezionale come te la immaginavi, insomma, come un inesperto che per iniziarsi comincia a fare esperienze random bevendo le etichette e non il contenuto. Forse è stata la memoria corta a giocare sporco, me la ricordavo meglio, ma era qualche anno fa, avevo ancora meno esperienza, di bollicine e di ragazze. Mi ero fatto affascinare dall’involucro, dall’etichetta, come la prima volta che vidi una magnum di Dom Perignon in vetrina. Cosa dire, è buono il Dom Perignon, meglio del Moet tout court, però dal di fuori avrei detto meglio, mi aspettavo di più, ma dopo qualche bottiglia e qualche pomeriggio a goderti l’involucro e l’etichetta poi in mente rimane poco, e in bocca solo un residuo dolciastro. Eppure non sarebbe neppure una brutta routine questa che mi sono costruito, ma non ce la posso fare a vivere di esteriorità e svuotamento di contenuti e contenitori. Mi sta salendo la scimmia sulla schiena, graffi compresi. Ecco ci siamo, sto per spaccare tutto anche questa volta. Però resisto alla tentazione, altra coppetta anti caduta, ma secondo me lei ha già capito e probabilmente giocherà di anticipo. Niente da fare, la coppetta di Moet non mi assiste, lasciata al caldo perde perlage e freschezza, lei anche. Ma che peccato, come perdere un abbonamento gratuito ad una degustazione giornaliera di Dompè! Neanche costosa la ragazza, non pretende nulla, finalmente che ne hai trovata una che non ha bisogno di tutto e ti lascia giocare come vuoi al tuo gioco e non ti va bene lo stesso? Regalo riparatore? inutile. Ma la vuoi far scendere questa maledetta scimmia!?! La vedi che è la numero uno dell’anno e tu non entri neanche tra i cento più gettonati della settimana ? Ma non basta, perché non prova emozioni e non provoca emozioni, ecco cosa manca, l’emozione. E’ scalping. Forse è una operazione di scalping, fammi vedere se provocandola faccio saltare il banco.
Non serve neanche, perché sia lei che Moet hanno vasto pubblico, quasi un intero elenco telefonico per ogni provincia, e allora gliene metto in mano uno e gli chiedo, quali no? Ceffone cercato e puntualmente arrivato, insulti al seguito ma con garbo e toni gestiti come un dosaggio calibrato di liquer. Senza preoccuparsi di aver perso la copertura al bluff, un pubblico affezionato non gli mancherà mai.
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Avevo il cervello nel cotone, tutto ovattato e attutito. La scimmia sembrava mollare la presa dopo la presa di posizione, dopo un cambio mentale così repentino da lasciarla spiazzata. Poteva durare di più quel poema monotematico e monocorde, ma quando mi sono stancato di buttar giù in una golata la coppetta di Moet, mi è venuto il sospetto che il messaggio che lui, che lei, volevano mandare in profondità in realtà si era fermato subito, era rimasto parecchio lontano dal cuore, periferico, c’era però la scimmia a governare a strilli il cervello, e quando il cuore si accorse che il cervello aveva di nuovo spaccato tutto ci rimase male, ci volle un po’ perché perdesse l’abitudine alla sua tranquilla bottiglia di Moet giornaliera, ci volle parecchio, godere spesso ma poco sembrava un cosa piacevole, l’abitudine è una brutta bestia su cui si può costruire una gabbia confortevole e pensare di uscirne pare poco sensato.
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Invece, se questa bella gabbia è ormai fatta e finita e ci stai vivendo dentro apparentemente bene, facendoti bastare delle piccole cose per tirare avanti mollemente, allora bisognerà trovare un giorno o l’altro il coraggio di spaccare ancora una volta tutto, far saltare tutti i paletti e liberarsi dai detriti. Se non l’avessi fatto sarei ancora la, al banco del bar con quei due amici impiegati di banca, tutta una vita in banca, quelli affezionati alla coppetta di Moet, quelli che mi dissero che ero stato un pazzo a perdermi la petite Moet, quelli che non sanno che se non l’avessi fatto non avrei mai conosciuto alcune Krug confrontandole con le splendide espressioni dei più grandi Dompè, i rosè e le riserve Oenoteque, il P2, i Luminous Collection e chissà cos’altro avranno in mente negli uffici e nelle cantine Dom Perignon? Abbastanza da farmi scendere la scimmia dalla schiena.
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Merano Wine Festival 2019, dentro l’evento
Articolo di Maurizio Pelli, editore Fotografia di Merano Wine Festival
Dal 1992, il Merano Wine Festival, oggi giunto alla sua ventottesima edizione, creato dall’eclettico fondatore - patron Mr Helmuth Köcher, è uno degli eventi più attesi - seguiti - internazionalmente apprezzati - eleganti e meglio organizzati del mondo del vino. Non ho mai avuto occasione di parteciparvi, cade in novembre, mese che solitamente trascorro a Dubai. Quest’anno, per cause fortuite, per la prima volta ho avuto il piacere di condividerlo. Non come visitatore, l’ho vissuto dall’interno, essendo parte della giuria di Emergente Sala, evento promosso da Witaly, di Lorenza Vitali & Luigi Cremona. Fatiche di giurato a parte, la prima sera, il Merano Wine Festival & Witaly hanno organizzato una bellissima cena, all’Hotel Rössl, con la “Association Mondiale de la Gastronomie”, Bailliage National D’Italie, della Chaîne des Rôtisseurs, presente il Dr Roberto Zanghi - Bailli Déléguée - President Conseiller Magistral di Parigi. Fu una serata molto impegnativa per i giovani concorrenti di Emergente Sala, molto piacevole per ospiti, tra specialità locali, infinite disquisizioni enogastronomiche e le migliori performance di servizio dei ragazzi in gara. L’evento clou, “The Official Opening Night” Gala Dinner del 19 novembre si è svolto nell’elegantissimo Kurhouse Kursaal. Una bella cena, perfettamente organizzata per i 519 fortunati ospiti, con intermezzi musicali e sempre i ragazzi di Emergente Sala alle prese con il servizio. La stessa mattina, con i produttori e le cantine, si svolse la prova tecnica dei concorrenti, che terminò con un buffet organizzato con i prodotti e i vini degli espositori e una visita a sorpresa di patron Helmuth. Ultimo impegno, la mattina del terzo giorno, in Piazza della Rena alla tenda “The Circle” della “wine and food curator” Margot Schachter e con Helmuth Köcher in occasione della premiazione dei vincitori della selezione Emergente Sala. Tre giorni serrati, incalzanti tra un evento e l’altro, con un’atmosfera diversa da ogni altro evento del settore, piacevole, conviviale e gioiosa. Mi auguro di poter essere presente anche in occasione della prossima edizione.
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Chef Tano Simonato, passami l’olio!
Articolo di Maurizio Pelli, editore Fotografo Dario de Falco 2 michelin starred Ristorante Passami L’olio Chef Tano Simonato nasce a Milano, nel 1955. Si avvicina alla cucina per necessità, quando a soli15 anni, rimasto orfano del padre, deve occuparsi dei fratelli minori, mentre la madre lavora nel ristorante di famiglia. Scopre così una grande passione. Esigenze familiari e un’idea di una cucina innovativa, a quel tempo troppo in anticipo, contrasta nettatamene quella classica - tradizionale della madre. Motivi che lo portano a dedicarsi, per ben diciassette anni, alla professione di barman. La sua vera vocazione, in questo periodo, non è mai stata assopita, dimenticata o messa da parte; approfitta di ogni occasione per apprendere e sperimentare, spesso con grande successo, specialmente per un pubblico di amici. Nel 1991 la svolta, scopre le qualità straordinarie dell’olio extra vergine d’oliva. Punto di partenza di un’idea precisa, la filosofia del tipo di cucina che intende realizzare. L’obbiettivo è regalare leggerezza, eleganza e digeribilità alle sue preparazioni. Decide così che è indispensabile, abbandonare burro - cipolle - aglio - soffritti e tutto quello che apporta pesantezza ai piatti. Riesce con successo nella suo intento, senza mai rinunciare al gusto, al contrario esaltandolo. L’olio extravergine di oliva e metodi di cottura particolari, esaltano il gusto, preservando tutte le proprietà nutrizionali degli alimenti. Autodidatta, dopo un periodo studio - ricerca sulle materie prime e le tecniche di cottura riesce a creare una cucina con un rapporto ideale tra leggerezza - gusto - equilibrio - armonia. Apre il suo primo ristorante nel 1995, in un piccolo locale in via Vigevano, si trasferirà nel 2006 nell’attuale tsede di via Villoresi. Nel 2008 conquista la stella Michelin. Seguiranno premi e riconoscimenti; la “Miglior Tavola dell’Anno” - “Guida Critica&Golosa” nel 2015, di Paolo Massobrio e Marco Gatti, la stessa guida gli riconosce la “Corona Radiosa” dal 2008 a oggi. Miglior ristorante al mondo per “A.I.R.O.” (Associazione Internazionale Ristoratori dell’Olio) nel 2016. Innumerevoli le partecipazioni ad eventi all’estero con “Itchef GVCI”; Mosca - Hong Kong – Dubai – Doha – Bahrain – Rotterdam – Amsterdam - Bangkok e molte altre, collezionando numerosi riconoscimenti per il supporto alla Cucina Italiana. Molti gli eventi costruiti “ad hoc” da Tano per associazioni legate all’olio extra vergine d’oliva e le docenze nelle scuole italiane - estere, con l’obbiettivo di far conoscere promuovere la coltura dell’olio EVO nel mondo. Peculiarità e unicità sia in cottura che a freddo - utilizzo - abbinamenti cibo / olio sono ideali per una corretta nutrizione, motivi che lo portano a proporre altre docenze in ospedali e strutture pubbliche. “Gli ingredienti principali della mia cucina sono creatività - ricerca - professionalità. Sempre condita da tanta passione e duro lavoro, altrimenti si fa poca strada. Oggi, dopo 47 ai fornelli, posso asserire senza incertezze che in cucina non sei mai arrivato, perché domani, troverai sempre qualcosa di nuovo da imparare.” – Chef Tano Simonato.
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“Tano passami l’olio”, l’extravergine d’oliva, per passione o per necessità? Per intelligenza, l’olio extravergine di oliva è il miglior condimento, sia a caldo che a freddo, al di là della passione, per necessita mai! Se non a Milano, da sempre la tua città, dove nel mondo più ti garberebbe cucinare? Città, nessuna. Mi piacerebbe occuparmi di un piccolo ristorante con dieci – dodici posti sulla riva di un fiume, una delle mie grandi passioni è la pesca a mosca. Cosa improponibile, non potrei mai fare la mia cucina, senza il supporto di validi e conseguentemente costosi collaboratori. Sarebbe impossibile mantenere un ristorante di alto livello con così pochi coperti a cifre basse.
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Pesa di più una stella o la serrata competizione della ristorazione milanese? Ne una, ne l’altra, la competitività è un incentivo per migliorare. Non mi preoccupo della tanto ambita stella, cerco di fare del mio meglio, comunque e in ogni caso. Impegno sociale, una missione? Impegno sociale non direi, il mio modo di cucinare, la mia filosofia e lo standard che ho creato è per persone agiate che si possono permettere certe cifre. A certi livelli si può sbagliare poco, divertirci con l’alta cucina è gratificante e certamente appaga, pur non dimenticando che nel mondo esistono persone che non hanno sufficiente cibo per sopravvivere. Quando posso, dedico del tempo alle docenze nelle scuole, ospedali e strutture pubbliche, per migliorare le loro cucine e di conseguenza la salute alimentare dei loro ospiti, apportando la benefica cultura dell’olio extravergine di oliva. Purtroppo non sono in grado di cambiare il mondo, ricchezza e povertà vanno di pari passo! Parlaci della tua ultima creatura, il tuo nuovo ristorante. Una sfida con me stesso. A 64 anni, mettersi in gioco da solo, prendendo impegni molto onerosi non è uno scherzo. Avere delle sane ambizioni, desiderare di costruire qualcosa da lasciare a qualcuno mi sembra una bellissima opportunità.
Ho avuto il piacere di condividere tanti eventi internazionali in tua compagnia, parlaci del tuo rapporto con Mr Rosario Scarpato - “GVCI200” - “Italian Cuisine & Wine World Summit” - “Italian Cuisine & Wine World Forum. Mr. Rosario Scarpato, “Ros”, come lo chiamo io è un demone pieno di idee e risorse, che ha reso presente e visibile la Cucina Italiana nel mondo, dando lustro a tanti colleghi compreso il sottoscritto. Vorrei che fosse un po’ più puntale, ma gli voglio bene lo stesso! Aspetto sempre con ansia i nuovi progetti ai quali non potrò che aderire come ho sempre fatto. Ricordo a tutti che la Cucina Italiana “è la cucina”, sempre e comunque! Qui dovrei dilungarmi in discorsi politici lunghi e complessi, ma lasciamo perdere, meglio tornare nelle cucine! Progetti futuri? Molto semplici: tre ristoranti, due a Milano e uno a Montone, in provincia di Perugia, poi vedremo! 105
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Maestro Giuseppe Giuliano,
uno chef di cucina, con un amore particolare per la pasticceria Articolo di Giuseppe Giuliano Fotografia di Giovanni Vernengo
Dopo tanti anni di studio a Marzo 2019 dà il via, con la sua prima rubrica “Monocromia…Chiaro e Scuro” pubblicata nella rivista “Pasticceria Internazionale”, ad un suo pensiero e filosofia che attua nella sua cucina e pasticceria. Il Maestro Giuseppe Giuliano non disdegna affatto la cromia, ma ultimamente dedica tantissimo la progettazione dei suoi menu alla “Monocromia”. In questa edizione di Beyonde Taste presenta tre preparazioni che vanno a comporre un menu di tre portate, ognuna, dedicata a un colore utilizzando le sfumature e le varie tonalità. Per poterle realizzare, mantenere la monocromia diviene il primo elemento da rispettare, anche se altri sono i principi che il Maestro Giuliano considera, tra questi: il gusto, la fattibilità, ingredienti di qualità e principalmente territorialità e stagionalità. La ragione che lo ha portato a condividere il suo pensiero e la filosofia attuata nella sua cucina e nella pasticceria è quella di fare conoscere il suo stile, con una particolarità insolita, ovvero usando la monocromia. Da quando usa, per la maggiorparte delle sue preparazioni il tema monocromatico, si diverte a ricercare ancora di più gli ingredienti da utilizzare, dedicando il suo tempo allo studio su come potere mantenere i colori naturali senza che vengano alterati dalle cotture.
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Hans Veen,
court sketch artist, painter & stage actor By: Journalist Margaux Cintrano & Kenwood Food Design Engineer Dimitri Asciutto Photo Copyright: Hans Veen It is a grand honor to be able to interview you with Food Designer Dimitri Asciutto. Where are you from ? Hello Margaux, I was born in Leidschendam, near The Hague, the Netherlands I had seen, that you have worked in the television industry, on your Facebook Page. Yes. I make official sketched portraits, or court drawings for the broadcasters. They are not allowed to film or photograph in the courtroom. Wow, very interesting. Are you a painter or artist by profession or by passion ? Well. painting falls under the name of painter, but I do even more, music, theater, and penning. So, in this sense I would say I am an artist. I have seen numerous paintings of your´s and your portraits are so lifelike, capturing a true essence of the person that you are painting. Thank you. It has been said, that, they look like photos, but I prefer to continue working until it “lives”. that you no longer think it’s an image. In the Netherlands we say that “it comes out.” After placing the initial sketch down on a canvas, a general question could be, “Who will I paint next?” To which Dimitri answered: “Do me.” And I wrote back: “Okay.” The rest is history ! Are you still working for the television media ? At the moment, some court work and a friend of mine who is in the video production business for almost forty years, and I are working on a video project. Furthermore, I have also done a wide variety of artistic products for events. I have recently seen photographs in which you were on stage with Maurice Hermans. Could you tell our audience more about that ? Maurice Hermans is the middle son of one of the greatest comic theater people we know in the Netherlands. I have known Maurice for almost 40 years and he soon became a friend of the family, where I often met him. Maurice produces shows with songs from his father and he asked me to participate. Of course, I said “yes”. My work is that of a stage manager and to create some funny scenes during the show with music. Thank you once again for all your collaboration with Beyond Taste – Oltre il Gusto Magazine. A true pleasure. You’re welcome, Margaux.
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Giovani Panarotto 112
Hans Veen,
artista, pittore e attore teatrale Articolo di Margaux Cintrano - editore traduzione di Dimitri Asciutto Un vero piacere poterti intervistare, dove sei nato? A Leidschendam, vicino a Den Haag, nei Paesi Bassi Ho visto sul tuo profilo che hai lavorato per la televisione Sì, faccio i disegni della Corte nei tribunali per le emittenti, nel nostro Paese, non è consentito filmare o fotografare in aula. Sei un pittore di professione o un’artista? La pittura denomina “pittore”, anche se mi occupo di più di musica - teatro - scrittura, conseguentemente, sono un artista! Ultimamente ho visto molti dei tuoi lavori, come riesci a dipingere dei ritratti così bene? Le foto sono così belle! Grazie, per sembrare delle foto, devo continuare a lavorare fino a quando non sembrino “vive”, non solo come un’immagine. Nei Paesi Bassi diciamo che “esce”. Non so come tradurlo correttamente. Dopo aver posizionato i ritratti, mi pongo la domanda; “Cosa farò dopo?” Alla quale Dimitri ha scritto: “Fai il mio”, risposi “Ok”, il resto è storia! Lavori ancora per la televisione e media? Ho appena Terminato alcuni lavori giudiziari nelle ultime due settimane. Con amico ho lavorato in video e produzione per quasi 40 anni. Nel corso degli anni ho anche fatto molte impressioni da artista per eventi. Recentemente ho visto delle foto in cui ti trovavi sul palco con Maurice Hermans. Puoi dirmi di più a riguardo? Maurice Hermans, è il figlio di una delle più grandi persone del “teatro comico” dei Paesi Bassi. Ci conosciamo da quasi 40 anni, diventando un amico di famiglia, ho incontrato spesso Toon da solo. Maurice fa spettacoli con le canzoni di suo padre e mi ha chiesto di collaborare. Cosa che accettai con piacere, il mio lavoro è “direttore di scena”, alcune scene divertenti dello spettacolo, sono come le illustrazioni di una canzone. È stato un grande onore poterti intervistare, grazie mille. Prego, Margaux, piacere mio
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Bas Meerveld,
Dessert designer & private chef
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Interview By Publisher Margaux Cintrano.
ould you tell our readership your culinary philosophy and why the art of the pastry ? In pastry you can or may lose all creativity from time to time. You have the options to develop a dish from zero. The freedom to create flavor combinations is the ultimate in the chef’s profession or pastry chef´s career.
Please describe your ideas and trends and color selection for Spring 2020. I start with a basic taste and product and devise the perfect combination around it. Then comes the best part ... how am I going to present this in such a way that the guest is eager to eat it at all levels and have an incredible dining experience. If money was not a problem. what is your gastronomic dream trip and why ? Oh my ! Alinea in Chicago, Gaggan in Bangkok, Geranium in Copenhagen.
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Let´s talk about what inspires your amazing desserts ? The sea, the hills, shops, architecture, paintings, photography, the children, films, restaurants, music and / or books and magazines or online websits ? I like to be inspired by the product self, which I would like to work with, taste / structure / mouth experience. By dressing and building up the dessert in a certain way, I try to let taste combinations taste. And honest, I also let myself be inspired by other chefs that I admire. What engimatic elements do you apply in your dessert design art ? The taste combinations, ratios between sweet / sour and bitter. I always take the mouthfeel into account.
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Let us digress, to the subject of chocolate. Which types of chocolate do you employ in your desserts? I like to work with Valrhona chocolate, which has a nice brilliant shine to it and crispness. The taste is perfect to combine with other products from nature such as fruit and some vegetables.
There are thousands of ingredients used in dessert making. Which ingredients do you use predominately? Mainly fresh ingredients, such as fresh whipped cream, fruit and vegetables. Stabilizers are also very important. Last year I travelled to Sosa in MoiĂ (Spain) to gain inspiration. This was an amazing experience for a “creative brain explosionâ€? !
Last but not least, tell our audience what are your main goals and projects for 2020? What I am always working on is to surprise my guests every time. Coming up with new flavor combinations and making the dessert on my plates even more beautiful.
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La Tronera Articulo y entrevista de José Luis Del Campo Villares Fotografia de Hotel & Restaurant Tronea
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oy os proponemos no solo una experiencia culinaria, sino una escapada para todos los sentidos, personalizable a nuestros deseos, llena de encanto y en contacto con una de las comarcas españolas de reconocimiento internacional creciente como es la comarca leonesa de El Bierzo.
Os trasladamos al Hotel Rural – Restaurante La Tronera, ubicado en el municipio berciano de Villadepalos. Miguel Martínez Novo, plantea este proyecto como un conjunto de experiencias que, aunque están vinculadas a la gastronomía, van más allá, experiencias que quieren entrarnos por todos los sentidos. En La Tronera, la cocina Berciana se transforma, uniendo tradición y vanguardia para que los sabores de la infancia regresen, con texturas, colores diferentes y despierten nuevas emociones. Aúna la capacidad creativa de este chef con los sabores de toda la vida y con una presentación diferente. Una experiencia gastronómica que se une a un viaje de descanso que nos permite un ‘impasse’ en nuestra vida diaria. En un entorno natural excepcional nos recibe Miguel Martínez en su ‘casa’.
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Hotel Rural La Tronera, como Hotel Rural, es una experiencia inolvidable en una de las zonas con más encanto de la comarca leonesa de El Bierzo. Una construcción típicamente berciana realizada con piedra de río, madera de castaño y pizarra dividida en dos espacios, uno más clásico y otro más moderno y ambos comunicados. Nos podemos encontrar 8 habitaciones habitaciones dobles con cama de 150cms, baño equipado con bañera de hidromasaje y un sistema de ahorro de agua. Todas se caracterizan por una simple pero cuidada decoración haciendo homenaje a los materiales de la tierra, como la pizarra. Ofrecen todo lujo de detalle para el descanso tras una jornada de turismo rural por parajes encantadores realizando algunas de las ‘Experiencias La Tronera’ que nos ofrecen.
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Experiencias La Tronera Como Restaurante que es, no podemos dejar de hablar como las primeras experiencias que nos ofreces, la de ‘Enoturismo y Gastronomía’ y la de ‘Gastronomía y Sabores de El Bierzo’. Una cocina de vanguardia pero centrada en los productos de cercanía y temporada, con la elaboración de ‘menús degustación’ cada estación del año, aprovechando al máxima la extraordinaria riqueza de los productos que da la huerta berciana. En la primera experiencia podemos disfrutar de una cena degustación, además de adentrarnos en la propia bodega que tiene el establecimiento. Se completa con una visita guiada a una bodega de la zona con la cata de sus vinos. Otra de las experiencias que nos ofrecen ‘Experiencia Arte y Cultura’, donde la gastronomía se da la mano al patrimonio histórico y artístico de la comarca berciana con la presencia de arte románico, gótico y/o barroco. Se realiza una visita al Monasterio de Carracedo, una mezcla de románico y gótico. Y ya para más turismo activo, tenemos las experiencias ‘Ruta a caballo por Las Médulas’ o ‘Descenso del río Sil en piragua’, para los que busquen, además de una extraordinaria oferta gastronómica, un fin de semana de contacto en la naturaleza y de turismo activo. Todas estas experiencias se pueden personalizar dependiendo del tiempo que disponga cada visitante.
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Restaurante El restaurante con capacidad para 25 comensales, se ubica junto al jardín con una gran cristalera que permite observar las diferentes estaciones del año. Una cocina de vanguardia, como os comentaba, pero centrada en productos de temporada y de cercanía, unida a la imaginación creativa culinaria de Miguel, da lugar a unas creaciones sorprendentes, ingeniosas y, sobre todo, exquisitas. Siempre jugando con platos tradicionales pero dándoles su toque personal, nos encontramos por ejemplo en el menú degustación de otoño platos como ‘Patatas a la brava’, ‘Croquetas de botillo’, ‘Codorniz en escabeche’, ‘Huevo con chorizo y trufa’, ‘Crema de castañas’, ‘Arroz de langostino a la plancha’, ‘Kokochas de Vaca – Lao’, ‘Lomo de Jabalí’, Prepostre y Postre, todo una verdadera delicia pero que te sorprenderá la presentación y la originalidad de la elaboración y, por momentos, tendrás que ‘investigar’ que es lo que tienes delante en el plato. Una delicia para todos los sentidos sin lugar a dudas. Además dispone de su propio huerto ecológico trabajado de forma sostenible, pensando en todo momento en el concepto ‘Slow Food’. Y esta formidable experiencia gastronómica, debe ser acompañada de un buen vino. Para ello dispone de una bodega en la que nos podemos encontrar más de 200 referencias de vinos tanto de El Bierzo como de otras zonas de España o internacionales.
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Entrevistamos a Miguel Las nuevas texturas nos permiten realizar platos diferentes pero conservando esos sabores tradicionales. El visitante hoy en día busca experiencias diferentes y si disfruta de la cocina y del buen vino. La cocina moderna ya no es que sea tendencia por novedosa, ya está más que reconocida como una realidad, ¿la clave de su éxito está en evocarnos recuerdos de la cocina de siempre o de los productos de cercanía? Yo creo que solo existe una cocina “la buena cocina”, más moderna o menos moderna es lo único que cambia. ¿Le facilita mucho su trabajo el hecho de que en El Bierzo haya muchos y variados productos de calidad para sus creaciones? Es un verdadero lujo poder tener a mi alcance productos de tan alto nivel para realizar mis platos . Antes los ‘gourmets’ se desplazaban muchos kilómetros para disfrutar de una comida, ¿buscan ahora más que se acompañen de cosas como relax, descanso, maridajes con vinos, enoturismo,…, o hay de todo? Hoy el cliente que se desplaza a un restaurante como el mio, no solo busca comer, busca conocer territorio, gastronomía , gentes etc... ¿Cree necesario que la gente pruebe platos como sus creaciones para darse cuenta que la cocina moderna no está alejada de los sabores de siempre? Si , yo pienso que es muy necesario que la gente pierda el miedo a probar cosas diferentes para poder disfrutar más de la buena cocina. Los alimentos ecológicos y de cultivo sostenible ¿serán una dirección necesaria para toda la cocina, tradicional y moderna? Por supuesto comer sano es muy importante y el comensal cada vez más busca productos auténticos . Por eso cada vez más estos productos forman parte de nuestra cocina. Como toda actividad creativa, ¿su cocina necesita de un aprendizaje continuo? La formación es fundamental, como en cualquier profesión pero la creatividad es algo que se entrena todos los días.
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Vinos y primavera Articulo de José Luis Del Campo Villares Fotografia de Las Bodegas
Sin duda la primavera es la estación del año preferida por muchos. Los días comienzan a ser más largos, empieza a apretar algo más el calor, apeteciendo ya pasear por la naturaleza viendo cómo va cambiando la paleta de los colores otoñales hacia una de tonalidades más alegres. Pues en el mundo del vino acontece algo similar. Aunque a los amantes del vino nos gusta probar uno bueno en cualquier época del año, lo que si es cierto es que con la primavera los vinos preferidos por muchos son aquellos que van parejos al cambio climatológico, buscando más la frescura, la presencia de fruta, aquellos que permiten compartir momentos con amigos en las primeras terrazas primaverales o en las primeras visitas de enoturismo a bodegas y viñedos, no en vano la primavera es la época del año que más enoturistas tiene en nuestro país. Tras la vendimia otoñal, muchos son los vinos que comienzan a salir al mercado al inicio de la primavera. Frescos, jóvenes, sin crianza en madera, de los denominados como ‘vinos del año’, ideales para el consumo de esta época aunque también se puedan beber a lo largo de todo el año o incluso al año siguiente. Los vinos más demandados ahora que comienza a apretar más el calor y asomar el buen tiempo suelen ser los vinos blancos, los rosados y los tintos que no llevan ningún tipo de paso por barricas.
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ojo que no son los únicos demandados. Hay muchos amantes del vino que esperan la salida de vinos con crianza o larga crianza que también salen en esta época primaIncluso nos encontramos como en muchos casos, la gastronomía típica en primavera condiciona la elección de los vinos.
Os voy a dar un ligero repaso de aquellos vinos más frescos que os podréis encontrar en la presente primavera en España.
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Blancos, rosados o tintos sin crianza Blancos Los blancos son quizás los vinos que primero comienzan a aparecer durante la primavera, ya sean vinos jóvenes, sin ningún tipo de crianza, como otros que la tienen sobre sus lías pero solo un par de meses. Llegando marzo o abril, empiezan a aparecer en el mercado este tipo de vinos. Menor graduación alcohólica por norma general que los tintos, mucha presencia de fruta, buena acidez, no en vano son vinos que se han embotellado hace muy poco tiempo. Para gustos colores, pero también vinos. Hay quien busca la frescura y salinidad de los Albariños de Rías Baixas. Hay quién es más fiel a la acidez de otros vinos blancos como pueden ser los Verdejos de Rueda, los Treixadura de la zona del Ribeiro o los Txacolís del País Vasco. Vinos más untuosos en el paladar como pueden ser los Chardonnays o vinos más ‘chispeantes’ y vivos como pueden ser los Sauvignon Blanc. Godellos de Valdeorras o de El Bierzo, Garnachas Blanca de Cataluña, Viuras de la Rioja, son solo algunos de los vinos que nos podemos encontrar en esta época que llegan a nuestras mesas. Pero a la vez que estos vinos jóvenes llegan al mercado, también encontramos otros blancos con crianza de alrededor de 6 meses sobre sus lías por ejemplo, con fermentación en barrica, que proceden de la añada anterior. Con esto se completa una enorme gama de vinos blancos que nos permitirán disfrutar más de las temperaturas primaverales. Yo en mi selección primaveral os acerco algunos vinos que me parecen muy interesante e ideales para esta época. Un muy buen ejemplo de Godello joven, sin crianza de ningún tipo, de la comarca de El Bierzo, sería el Naturae Godello que elabora Almaz Bodega. Lo elijo porque es una bodega que selecciona sus uvas Godello según las particularidades climatológicas de cada año, dejando años para vinos con crianza o bien sin ella. Por ese motivo, cuando voy a probar un vino joven de esta bodega, es porque la selección de esas uvas ha sido a conciencia y a sabiendas que esas uvas son las mejores para elaborar ese tipo de vino. Si no fueran ideales para un vino joven, seguro que la bodega las reservaba para otros perfiles de vinos. Un vino con un toque importante de untuosidad, casi masticable por momentos, con mucha fruta, buena acidez, ideal para los comienzos primaverales. Otro ejemplo que os comentaba antes es por ejemplo los de los vinos con mayor nivel de acidez. Y entre estos me he decantado por un monovarietal Treixadura de la zona del Ribeiro. He elegido el vino Catro Parroquias porque, aunque conserva muy bien los aportes de esta uva y las características de los vinos del Ribeiro, frescos, afrutados y de buena acidez, en su cata me ha parecido un vino complejo siendo como es un vino joven sin crianza. Un vino que en su cata es suave, cremoso, untuoso, glicérido y con la acidez de estos vinos inconfundible. Y como tercer ejemplo de vino blanco, me he decantado por uno con fermentación en barrica y 6 meses sobre sus lías, con lo cual ya no es joven propiamente dicho y es más complejo, con más 128
carácter pero que conserva el punto de juventud que lo hace tan apetecible cuando empieza el calor. Se trata del vino Acontia Verdejo 6 meses Fermentado en Barrica, elaborado por Acontia Vinos, Maite Geijo, en la DO Toro. Fresco y con carácter, complejo pero de muy fácil beber, acidez contenida que le da buena guarda, pero que ya se puede beber en estos momentos. Es sin duda una excelente opción dentro del segmento de los vinos para la primavera pero del que esperas algo más en su cata que solo la frescura. Rosados Desde hace algo más de un lustro, la demanda de los vinos rosados se ha disparado en cuanto comienza el calor. En primavera se lanzan al mercado, rosados de todo tipo y de formas de elaboración (sangrado, combinación de uvas blancas y tintas, …), llegando a su máximo apogeo de consumo en la época pre estival. Últimamente se estilan más los vinos de ‘corte provenzal’, o sea, rosa pálido, similar al color de la piel de cebolla. En casi todas las zonas de España hay rosados de este estilo elaborados con diferentes uvas. Yo prefiero los rosados que a la vista son más parecidos a su uva, más color frambuesa, fresa, a gominola. Como digo yo ‘frescura de un blanco en el cuerpo de un tinto’. Entre los vinos rosados me quedo en esta ocasión con el vino La Vie en Rouge, de Acontia Vinos, un espumoso elaborado con Pinot Noir y Garnacha en la zona de Requena. Es un vino espumoso que se me antoja ideal para esta ápoca de la primavera que llega, ideal para el ‘copeteo’, pero igualmente espectacular para acompañar toda una comida o una cena. Fresco, lleno de fruta, vivo en el paso por boca, Un burbujeo realmente espectacular, elegante y sedoso. Tintos Jóvenes Tintos jóvenes, los que no llevan ningún tipo de paso por barricas y especialmente aquellos que se elaboran con varietales más frescas, con mucha acidez y carga frutal, como con los vinos elaborados con la Bobal, con la Mencía o con la Garnacha, son también una buena opción para los vinos primaverales, sobre todo si eres amante de los vinos tintos. El mayor tiempo en crianza hace que sean más esperados y consumidos en otras épocas del año. He elegido como vinos de este tipo, este monovarietal Mencía elaborado en el Bierzo por Bodega y Viñedos Heredad Morán & López denominado Heredad 26, ya que es el vino joven que me he encontrado que conserva perfectamente la juventud de la fruta pero que a la vez da una complejidad en la cata excelente sin tener que emplear la crianza ya que le da en su elaboración un poco de microoxigenación que le permite conseguir personalidad y carácter conservando la frescura. Fresco, afrutado, pero con carácter, ideal para los amantes de los vinos tintos de fácil beber en la época que comienza el calor.
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inos y gastronomía
Y como os comentaba anteriormente, no podemos hablar de vinos en primavera sin unirlo a la gastronomía más típica de esta época del año. El calor comienza a apretar y se abandonan platos de cuchara para que comiencen a aparecer las primeras ensaladas, platos más ligeros y muchos y variados pescados. Arroces en diferentes elaboraciones, productos de la huerta, son algunos de los productos de temporada que se pondrán en la mesa. Muchos de estos platos complicados de maridar como son las verduras y las hortalizas como lechugas, alcachofas, espárragos que, por sus características hacen que el maridaje con vinos deje el paladar con cierto sabor metálico. Por ese motivo unos vinos que suelo recomendar en esta época son los elaborados con la uva Gewürztraminer, los ‘blancos todoterrenos’ porque no fallan con casi ningún plato. (si quieres puedes poner un ejemplo con el último que he catado y del que te adjunto foto) Un ejemplo de esto es por ejemplo el SOMMOS Colección Gewürztraminer elaborado en la zona de Somontano.
Pero como suelo decir yo, ‘el mejor vino es el que más nos gusta’ con lo cual, las propuestas que os he hecho para los vinos primaverales son solo eso, propuestas, después cada uno que escoja el que más le guste, porque si algo tiene el mundo del vino es que ‘todos los vinos saben mejor si los tomamos en buena compañía’, que es lo único que os debe realmente preocupar, el pasar ese momento de disfrute con un buen vino entre amigos.
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Bar del Pla,
de vinos y tapas por Barcelona Articulo de José Luis Del Campo Villares e Carles Grau Pla Fotografía de Sara Larsson / Bar del Pla Si algo tiene la cultura gastronómica en España que nos diferencia de otros países, es la cultura del ‘tapeo’. Salir de vinos y tapas es algo que está en nuestro ADN. Se trata de un acto de interacción social que en cada zona del país tiene sus peculiaridades, ya que se suele afirmar que en España no hay una sola gastronomía, sino que hay 17, tantas como Comunidades Autónomas. Por eso me encanta el visitar las zonas de vinos y tapas de las ciudades que visito. Son un viaje a la cultura de la zona que me ayuda sin duda a conocer a las personas, sus costumbres y, sobre todo, si sigo la máxima ‘de que somos lo que comemos’, es una forma increíble de descubrir como somos todos. Y hoy os acerco una escapada de vinos y tapas a Barcelona, en concreto en un establecimiento que es referencia tanto por sus excelentes creaciones gastronómicas como el amplio universo de vinos que tienen en su carta. Os hablo de el Bar del Pla. En el Centro de Barcelona, en el barrio de El Born, ubicado en la misma calle que el precioso Museo De Picasso nos encontramos con el Bar del Pla. Abierto en 2008, el Chef Jordi Peris, con un equipo multidiscilinar e internacional a la cocina nos muestra una extraordinaria oferta de tapas, platillos y recetas tradicionales con nuevas técnicas. En la barra y sala, está Jordi Palomino siempre rodeado de un equipo de sommeliers que buscan en todo momento el maridaje perfecto entre sus creaciones culinarias y la oferta de sus vinos.
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De Tapas La filosofía del Bar del Pla es ofrecer siempre un producto fresco, de primera calidad y muy cerca de casa pero con miras a todo el país y hacía lo internacional. Ofrecen una cocina transparente, próxima y de temporada con una mirada al exterior. ¿Os imagináis unos tacos de cochinillo, que ofrecen diferentes texturas de cerdo montadas en dos “tortillas”, los tacos de maiz? ¿Y un carpaccio de champiñones con fresas y la hierba asiática Shiso, bañados con una salsa de Wasabi, Vinagre de Arroz y Sake? Pues en el Bar del Pla podéis disfrutar de esas delicias que unen productos nuestros con nuevas cocinas, nuevas presentaciones y nuevas texturas que, sin duda, sorprenden pero que siempre están deliciosas. Por ese motivo cuesta encasillar o etiquetar en solo un concepto al Bar del Pla. Podríamos llamarlo ‘Bar à Vins’, podríamos llamarlo Restaurante de Platillos, Restaurante de Tapas o simplemente Restaurante. Pero realmente huyen de estos encasillamientos y etiquetas. Realmente es un establecimiento único, diferente, que impone su propio estilo y de los que marcan tendencia. Si os dejáis caer por el local, en seguida os daréis cuenta del ambiente internacional y multicultural. Clientes cercanos al local, clientes de diferente partes del país y clientes extranjeros que se acercan por Barcelona y quieren empaparse de su cultura gastronómica. Se han convertido desde sus inicios en uno de los referentes en esta ciudad en el mundo del Vino y Tapas, apareciendo de forma habitual en medios tanto españoles como extranjeros. Lo mismo ocurre en sus vinos, diferentes, con encanto, son reflejos de los sentimientos, imposible no encontrar uno que no te guste. Todo este conjunto, ambiente, trato, amplia oferta gastronómica y de vinos, además de respirar multiculturalidad, son lo que podemos definir como la clave del éxito del Bar del Pla.
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También de vinos Pero el Bar del Pla es también un bar referente en el mundo del vino, donde puedes encontrar realmente algunos estupendos que se alejan de los típicos de cualquier bar, buscando siempre el encanto de las reducidas producciones donde se transmita en cada vino el sentimiento de su elaborador, el espíritu de la zona de origen y, en su conjunto, un viaje enológico al origen de cada vino. En cuanto a vinos, siempre han querido no solamente dar un buen servicio y amplia oferta, sino conocer el producto, estando en constante contacto con las Bodegas y su elaboradores. Una vez al mes invitan a una de éstas para que los clientes tengan la posibilidad de conocer de primera mano el vino de su bodega. Un ejemplo de su preocupación por el vino, es que en su plantilla hay en estos momentos 5 sommeliers y, todos ellos amantes del mundo del Vino Natural, Biodinámico, de Agricultura Ecológica y sin sulfitos añadidos. A este tipo de vino está enfocada una gran parte de su carta de vinos. También encontramos con vinos más convencionales, pero eso sí, intentando que todos procedan de bodegas familiares, incluso de las denominadas De Garaje y de proximidad. No faltan tampoco una excelente oferta de vinos franceses naturales, de poca producción y exclusivos.
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La clave de su éxito Si buscamos una clave única que determine el éxito del Bar del Pla, no la váis a encontrar. Es un conjunto de cosas lo que hace que sea un establecimiento diferente, distinto, me atrevería a decir que único, y eso es lo que realmente lo hace ser como es, un referente. Un trato en todo momento personal, casi lo definiría como familiar, donde cuando entras no sabes si al cliente que están atendiendo es habitual de todos los días o es uno que ha pasado por allí por primera vez. La preocupación de su equipo es saber lo que busca realmente cada cliente intentando luego satisfacer sus necesidades de lo mejor posible, con un asesoramiento honrado que el cliente percibe en todo momento. ‘El cliente por encima de todo’. El ambiente que te encuentras en el establecimiento también es muy familiar, con una pensada decoración e iluminación que permite al cliente disfrutar de una experiencia personal, pero que también permite tener la sensación que estás ‘en familia’, casi entre amigos que compartís una noche en casa para disfrutar de una velada enogastronómica. Está claro que cada perfil de cliente encuentra su sitio en este establecimiento. Su amplia carta de platillos y tapas hace que sea prácticamente imposible que un cliente no encuentre algo que vaya a disfrutar sin duda. La sorpresa añadida, como ya os comentaba, está cuando productos de toda la vida llegan a tu mesa con una presentación distinta, con unas texturas diferentes, pero con el sabor de toda la vida muy presente. Ingenio y creatividad culinaria al servicio de los diferentes gustos de sus clientes.
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International Spring desserts Article & Photography By: Private Chef Mimi Houston Easter, a celebration and triumph of life over death, a major holiday for Christians all over the world celebrating the resurrection of Jesus Christ, with each country having their way of celebrating this glorious holiday. In Sicily, this island with profoundly steeped religious roots, celebrate by decorating the town’s infraststructures (domes, bell towers, archways, etcetra) with willow, breads, various herbs, dates, to mimic the feel of the inside of a cathedral. In France, no church bells can ring between Holy Thursday and Easter Vigil on the account of the Solemnity of the days around Jesus’s death, and legends had evolved that the church bells weren’t rung because they grew wings and flew to Rome to be blessed by the Pope, and the bell returns on Easter day with chocolate and presents for the kids. In Poland, the day before Easter, families prepare a “Blessing Basket” filled with colored eggs, sausages, bread and other important foods which they take to the church to be blessed. In Spain, the popularity of Torrijas, an ancient convent style French Toast bread dessert, is prepared with sweet Moscatel, an egg bread, dipped in sweet wine and sautéed in Extra virgin olive oil, unlike the French toast, prepared with milk and butter. This amazingly delicious delight is served at all Bars, Taverns and Restaurants during the Easter Season. No matter where we are from, or what religious faith we hold, all celebrations share food as a common way to celebrate. Finland has an Easter Pudding, Russia & The Ukraine have Kulich (Easter Bread), Capirotada – Easter Bread Pudding from Mexico, Hot Cross Buns – The United Kingdom, Easter Buns, Ma’amoul – Lebanon, Easter Cookies, Paskaegg – Chocolate Eggs from Iceland, and Simnel Cake – Easter Dessert from Ireland, and I am almost certain a dumpling of some kind from China. The taste of indivudual elements does not have great importance in food, but fine blending of ingredients results in great taste and dishes in meals must be compatible ~ Confucius. Here are my Easter inspired theme desserts: Deconstructed Lemon Tart – Almond Sable, Lemon Curd, Cream and adorned with an Egyptian Starflower Deconstructed Tiramisu – Pain de Gênes adorned with a Marigold and a touch of Silver Peach Cotton Candy, Peaches and Cream Macaron and Prosecco
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Champagne,
che mondo meraviglioso! Articolo di Livia Riva Difficile però parlarne senza essere banali. Io ci provo, perché ormai la Champagne ce l’ho sotto la pelle. Anzitutto con la parola Champagne non si indica solo il vino, ma una regione della Francia, il cui nome per intero è Champagne-Ardenne. Ci troviamo al nord della Francia, ad est di Parigi, quindi in una zona climaticamente fredda, anche se ormai il problema del surriscaldamento globale si fa sentire anche qui. La parola Champagne, così come “méthode champenoise”, sono state registrate come marchio di proprietà dal CIVC, Comité interprofessionnel du vin de Champagne, organismo semipubblico che gestisce piccoli produttori (vigneron) e grandi maison nelle diverse problematiche legate alla produzione dello Champagne. Quindi quando diciamo Champagne, indichiamo solo e unicamente quel vino con le bollicine proveniente dall’omonima regione: “il n’est Champagne que de la Champagne!”. Unica eccezione: gli Stati Uniti. Ecco, in quella parte di mondo il vino frizzante, fatto con metodo classico, può ancora essere chiamato Champagne. Tornando a noi, la zona geografica così a nord, il clima non particolarmente mite ma abbastanza costante, la particolarità del suolo e sottosuolo, di carattere calcareo/gessoso fino in profondità, sono elementi che riescono a creare un “terroir” unico per un vino altrettanto singolare: lo Champagne. E con l’estate alle porte non c’è vino migliore per accompagnare le nostre intense giornate.
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Non andrebbe mai bevuto ad una temperatura al di sotto degli 8° C, e non inferiore ai 12°C se si tratta di cuvée importanti, complesse o millesimate. So che si tratta di un argomento molto ostico, perché la maggior parte delle persone preferisce gustare uno champagne fresco, a volte (ahimé) ghiacciato. Ma facendo così non si riescono a percepire appieno i numerosi profumi, e poi i sapori, in tutte le loro sfumature. Lo Champagne è un vino che, declinato in modo diverso, può accompagnare un pasto dall’inizio alla fine, dolce compreso. E le tipologie sono infinite. Ci sono i Brut Sans Année (BSA), Champagne che non sono millesimati ma contengono anche vini di riserva, quindi vini di annate precedenti. Oppure provengono da una stessa vendemmia ma non sono stati affinati in bottiglia il tempo previsto dalla legge per poter essere identificati come millesimati e stampare l’anno della vendemmia sull’etichetta. Ci sono i millesimati, Champagne le cui uve, anche di diversa tipologia, provengono dalla stessa vendemmia e quindi mantengono (dovrebbero mantenere) le caratteristiche tipiche dell’annata in questione (calda, fredda, umida, piovosa, con problemi di gelo, e via dicendo).
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I due macro-gruppi sopra citati, possono essere ulteriormente suddivisi nelle seguenti tipologie: *Champagne d’assemblaggio, ossia prodotti con uve sia bianche che nere, assemblate. Lo Champagne d’assemblaggio è la vera origine dello Champagne: prova ne è che quasi tutte le maison storiche della Champagne hanno come loro vino di ingresso un vino di assemblaggio. Questo vale, ad esempio, per Krug, Ruinart, Bollinger, e persino Dom Pérignon. *Blanc de Blancs: ossia Champagne prodotti con sole uve bianche che possono essere: Chardonnay (la più nota) oppure, quelli permessi per la vinificazione come: Pinot Blanc o Blanc Vrai, Petit Meslier, Arbanne, vitigni ormai rari e dimenticati ma degni di nota quando vengono lavorati in modo sapiente. Fra i più grandi e famosi Champagne Blanc de Blancs troviamo: * Comtes de Champagne di Taittinger – 100% Chardonnay * Blanc de Millénaires di Charles Heidsieck – 100% Chardonnay * S di Salon – 100% Chardonnay * Brisefer di Dehours & Fils – 100% Chardonnay * Quattuor di Drappier – 25% di ogni vitigno bianco precedentemente menzionato * BAM di Tarlant – Petit Meslier in maggioranza, assemblato con Pinot Blanc e Arbanne * Blanc de Noirs: Champagne prodotti con sole uve nere, Meunier e Pinot Noir. Fra questi, i più grandi e conosciuti: * Clos d’Ambonnay di Krug – 100% Pinot Nero, lo Champagne più costoso di tutti * Vielles Vignes Françaises di Bollinger – 100% Pinot Nero da vecchie vigne a piede franco (prefillossera) * Les Vignes de Vrigny di Egly-Ouriet – 100% Meunier da vigne di più di 40 anni. La nascita dello Champagne come vino frizzante è stata determinata in primis dalla casualità, poi dalla lungimiranza di un monaco chiamato Dom Pérignon, ed infine dall’evoluzione filosofico-storicoscientifica che ha avuto l’Europa, in particolare la Francia, nel XVIII secolo. Ciò ha permesso che lo Champagne raggiungesse i livelli qualitativi che sono la base dei vini odierni. I protagonisti della Champagne possono essere identificati in maison (NM), vigneron (RM) e cooperative (RC). Le maison sono state i precursori nella produzione dello Champagne, in quanto i grandi commercianti dell’epoca, con sede del loro business a Reims, acquistavano le uve dai numerosi vigneron della regione che all’epoca non producevano il loro Champagne, ma coltivavano solo le uve. La prima maison ufficiale della Champagne è stata Ruinart, nata il 1° settembre 1729. I vigneron hanno cominciato a farsi conoscere come produttori delle loro etichette soprattutto negli anni 80 del XX secolo, quando un antesignano Selosse, tornato dai suoi studi a Beaune, ha deciso di far conoscere al mondo i suoi Champagne fatti con un solo vitigno (quindi non d’assemblaggio) e venduti con la sua etichetta. È nato così lo Champagne dei vignerons, ricco di grande personalità ed identità territoriale. Riassumere la storia della Champagne in poche righe è impresa ardua, quindi questo discorso va ampliato con degli approfondimenti che troverete nella prossima edizione. Nel frattempo, andate e stappate!
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Primavera, è tempo di cocktail!
Articolo di Luca Coslovich
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a carriera di Luca Coslovich inizia molto presto, quando ancora studente, si ritrova dietro il banco del bar - trattoria dei genitori, in provincia di Cremona. La passione arriva piu tardi, durante gli anni lavora a Cremona, nella bellissima piazza del Duomo, nel locale storico della città. Crescendo frequenta un corso AIBES, dove incontra alcuni tra i barmen che gli faranno capire la differenza tra il lavoro e la passione. Lavorerà in locali con differenti tipologie e in diverse zone d’Italia.
Passa così alle esperienze all’estero; il ristorante Novecento a Montecarlo - Mosca: l’apertura dell’hotel Gloria e della discoteca Cynderella. Seguirà la consulenza a Praga per l’apertura e l’avviamento del locale “Cremeria Milano”. L’arrivo della primavera, con i suoi tepori, invita a uscire, socializzare e iniziare con gli aperitivi e le serate all’aperto, dopo un lungo inverno (l’inverno è sempre lungo). La primavera richiama qualcosa di inedito, diverso dal solito, da assaporare in terrazza o sul lungomare, possibilmente, anzi obbligatoriamente in buona compagnia. Abbiamo chiesto ai migliori barmen italiani le loro ricette per la stagione:
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Iniziamo con Antonio Mandica, che opera nel bellissimo Victory Morgana Bay diSanremo con il suo Luna Rossa 2: 4,5 cl di Sherbet di limone 1,5 cl di orzata al rhum home made 5 cl di Americano Cocchi 3 cl di Amaro di Farmily 1 cl di Fernet Branca Top di birra chiara Mettere tutti gli ingredienti dentro lo shaker tranne la birra, che verrà aggiunta direttamente nel bicchiere. Usare un bicchiere molto capiente in stile Tiki. Decorare con un rametto di menta fresca, una rondella di arancia essiccata ed una sporverata di curcuma. Il gusto è morbido e avvolgente grazie ai leggerissimi sentori di caffè, cacao e mandorle. Dolce ma non troppo, con alcune note di genziana e menta, adatto a tutte le ore grazie anche alla sua buona base agrumata, che rende questo drink molto fresco e dissetante.
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La proposta di Silvano Evangelista, il bar manager dell’argentario golf resort, il suo “Florence’s Red Carpet”: 4,5 cl rosso Nardini 3 cl. Sourcherry liqueur homemade Gocce xenta absenta Gocce delizia alla cannella Varnelli Scorza di arancia Tecnica: Smashing Peel e Stir and Strain, Bicchiere: Coppa da Cocktail “Ho voluto creare un aperitivo speciale il cui compito è quello di essere un tappeto rosso che promette meraviglie, la passerella di gala di una grande serata, dove le note dolci e amaricanti si fondono armoniosamente con tocchi inusuali per un aperitivo quali l’assenzio e la cannella”
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Alessandro Lucchini ci propone un Negroni in tre consistenze. La degustazione parte dall’alto con una foam delicata, al centro troviamo 3 gustose gelatine e il tutto si completa con il drink vero e proprio nel bicchiere più capiente on the rocks. “Alex’s Nut Negroni”: Estratto di noci di macadamia homemade Frangelico Gin Bombay Sapphire Bitter Martini - Vermouth rosso Carlo Alberto Riserva. La foam e le gelatine vengono elaborate con la stessa identica base. Fa parte di un portfolio di cocktails che ho elaborato appositamente per gli abbinamenti cibo – cocktails: diverso food paring che ha una enorme potenzialità. Propongo anche una linea appositamente studiata per il sushi. I miei cocktail per il food paring sono stati segnalati su guida Espresso – Gambero Rosso – Vanity Fair.
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Dal Grand Hotel del Mare di Bordighera ci arriva la proposta di Alan Arrigo: un drink di impatto visivo e sensoriale: “Evo”: 4 cl. Gin fumo 3 cl. Purea guava Mixer 6 cl. Succo arancia bio 2 cl. Succo acai Hibiscus edibile in sciroppo di rosa Preparato con ausilio dell’affumicatore alladin affumicando semi di pepe rosa e fiore di hibiscus
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Da Miami arriva la proposta di Salvatore Tafuri, un cocktail molto rinfrescante perfetto per la primavera, il suo “Gin Game�: 2 oz Bombay Dry gin 0.25 oz Falernum 1 oz cucumber juice 0.75 oz lemon juice 0.75 oz honey syrup Shaker con ghiaccio, coppetta da cocktail, completare con spruzzata di assenzio.
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Antonio Della Croce - Grand hotel di Abano, ci propone un omaggio alla Costa Azzurra con il suo “dissacrante” modo di bere champagne con ghiaccio, appunto piscine e il “calore del sangue Morlacco” cherry liqueur di casa Luxardo che ricorda lo stesso calore delle piscine termali delle terme euganee dove sorge il prestigioso Grand Hotel 5 stelle lusso “Le Grand Kir Piscine”: Champagne Pol Roger Luxardo Sangue Morlacco Luxardo Maraschino Ciliegia Ghiaccio In un ballon colmo di ghiaccio, posare gentilmente una Maraschino cherry Luxardo “lavarla” con circa 8/10 cl di Champagne Pol Roger brut reserve aggiungere quindi 2 cl di Sangue Morlacco cherry liqueur Luxardo completare con uno stecchino di bambù che servirà a recuperare la cigliegina persa tra le rocce (i ghiacci), et voilà, non mi resta che augurarvi cin cin!
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Per finire, la spumeggiante e fresca proposta del sottoscritto, Luca Coslovich, dal Casino di MonteCarlo: “Printemps Provençal”: 4 cl. Liquore di youzu 3 cl. Vodka Russian Standard Platinum 2 cl. Liquore St.Germain 8 cl. Champagne Marguerite Guyot Perle di mirtillo “aria” di elisir di ramasin Bordiga. Un viaggio tra profumi e gusti delle primavere più suggestive del mondo, tra oriente e occidente, dalla nostra vicina provenza al lontano giappone. Un cocktail dal colore giallo chiaro, come il sole tiepido della primavera e un fondo color violetto tipico della lavanda, emblema della provenza. Ma è nel suo sapore che si ritrova appieno il ricordo dell’oriente dato dalla freschezza e dal profumo avvolgente dello Yuzu, un agrume giapponese che in primavera riempie le strade del suo profumo come “l’aria” che sovrastail cocktail e completa il nostro viaggio, una spruzzata di petali di fiori provenzali. Con questi cocktails assaporeremo il gusto della primavera che verrà, con i complimenti dei migliori barmen. Luca Coslovich.
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Matteo Ghelli, barman per passione
Articolo di Maurizio Pelli, editore Matteo Ghelli nasce a Sanremo nel 1991. Dopo una lunga gavetta trascorsa a portare ghiaccio, nel 2015 diventa bar manager del Victory Morgana Bay, prestigioso locale di Sanremo. Si avvicina a questa professione quando da adolescente frequenta l’Istituto Alberghiero di Lavigno - Roma. Durante gli ultimi anni di studio ebbe la possibilità di passare dalla teoria la pratica. Molte le esperienze presso le rinomate strutture alberghiere della Capitale, come gli storici Hotel Quirinale - Bar Canova. Dopo le stagioni estive al Victory dietro il bancone, dove salì per la prima volta nel 2008, salvo una parentesi di sei mesi nel 2010 quando prese servizio come commis di sala al Marriott di Fiumicino, ritornò permanente al Morgana. Un periodo intenso della sua vita, che ricorda come uno dei più fortunati dal punto di vista professionale - umano dove conobbe i veri maestri del settore, in seguito divenuti grandi amici. Tante le esperienze formative diverse, iniziate dal corso Aibes conseguito nel 2010 che vanno a completare il suo curriculum. Riconoscimenti e soddisfazioni non tardano ad arrivare; nel 2012 conquista la giuria dell’Interregionale Aibes di Rimini entrando in classifica tra i primi dieci aspiranti barman d’Italia guadagnandosi il terzo posto nella graduatoria della Liguria, nel 2016 si è piazzato secondo al Regionale Aibes; lo scorso maggio, nella stessa categoria, a conseguito il primo posto in classifica con il titolo di “Miglior barman della Liguria”. Cosa rappresenta per me questa professione? Tanta fatica e altrettanta passione! Il Victory Morgana Bay, locale ricercato e innovativo nasce nel 2003, da progettato dell’architetto Guido Gambin. Racchiuso tra i due porti del Lungomare Trento e Trieste di Sanremo. La struttura richiama una grande e moderna barca a vela e si sviluppa su una superficie di 1350 metri quadrati. Materiali caldi, come il wengè e la pelle color crema, si fondono con l’acciaio - il vetro e i mosaici pavimentali che richiamando il mare. La cupola, riproduce la volta stellata con 1040 punti di fibra ottica, un diametro di 9 metri - vetrate apribili - un banco bar di 60 mq e 24 metri lineari. Le grandi terrazze affacciate sul mare e un dehor - salotto sono i punti di forza della struttura. Il Victory Morgana Bay è un locale polivalente; business lunch a pranzo - aperitivi al calar del sole - ristorante con cucina mediterranea - fusion - fine sushi, sono disponibili sino a notte inoltrata. Durante il periodo estivo la cena viene servita sulla impareggiabile terrazza panoramica al primo piano dalla quale si gode una vista mozzafiato. Ricca e curata la carta dei vini, imperdibile il lounge bar dove è possibile gustare i migliori home made cocktail internazionali abilmente preparati da barmen Aibes Matteo Gelli e Antonio Mandica, accompagnati dalle sonorità lounge - chill out - vocal deep house - dei resident deejay. Come nelle località alla moda più esclusive, sono disponibili i servizi di Narghilè - Shisha e valet parking. Dai primi di ottobre sino a fine maggio, il locale si trasforma durante i weekend e in occasione dei grandi eventi sanremaschi, come il Festival di Sanremo, il Rally, la Milano - Sanremo, la regata Giraglia e molti altri appuntamenti internazionali. Un disco clubbing dove buona musica - bella gente - celebrities - clientela internazionale e divertimento sono gli ingredienti principali di un locale unico nella sua specie nella Riviera di Ponente. Grandi spazi - stile - organizzazione ne fanno un luogo eccezionale, perfetto per meeting - matrimoni - convegni, - presentazioni - pranzi di lavoro - mostre - esposizioni - eventi di ogni genere.
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Barman, per scelta o per caso? Per scelta, iniziai la formazione alberghiera a 15 anni, nell’istituto alberghiero di Lavigno, la passione per la cucina finì presto, appena conosciuto il mondo del bar. Dopo le basi apprese a scuola, iniziò come cameriere nei bar e ristoranti, sempre con l’aspirazione di diventare un barman. Dopo il diploma intraprese diversi corsi e studi prima di piazzarsi dietro un vero bancone. Nel 2010 venne contattato dal Victory Morgana Bay, allora il capo barman era Cristiano Sanna, lasciai tutto immediatamente e partii per realizzare il mio sogno, iniziò così il mio percorso di passione, oltre che per le “bottiglie” anche per questo locale. Dalla selezione e l’approvvigionamento di liquori - alcolici - bevande, allo stoccaggio - mantenimento della cantina, quali sono gli obblighi e doveri della tua professione? Uno degli aspetti più belli di questo lavoro è che ogni singolo prodotto che si sceglie scriverà il biglietto da visita di ogni bar che si rispetti, di fatto, è il suo menu! Bisogna sempre valutare il tipo di locale che si frequenta, non a senso dare pregio al menu per una bottiglia costosissima quando ci troviamo in un piccolo bar di periferia che vende solo caffè e cappuccini. Scegliere cinquecento bottiglie diverse non è facile, la selezione va costruita in maniera intelligente per poter offrire le giuste alternative alla clientela. Serve un’attenta ricerca per accontentare ogni tipo di palato, dai prodotti comuni a quelli di altissimo pregio, tenendo sempre presente il budget aziendale, cercando di non accumulare grossi stock di magazzino ponderando sempre gli ordini. Come nasce l’ispirazione per la creazione di un nuovo cocktail? Dipende all’estro del bar tender, può venirti un’ispirazione anche mentre stai mangiando un insalata e decidi di creare un drink con l’aceto o magari ti innamori talmente tanto di un liquore, di un distillato, così inizi a provare tutti gli abbinamenti possibili. Oggi esistono tante tecniche nuove per creare un drink, per noi barman è come per un pittore dipingere su di una tela bianca, possiamo colorare e pasticciare come vogliamo, come optare per un opera più minimalista.
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Parlaci del tuo rapporto con il pubblico? Il contatto con il pubblico è quello che più mi appassiona. Come d affermò in una recente intervista il famoso e pluripremiato barman Patrick Pistolesi: “Il barman deve accogliere, il nostro è un lavoro romantico”. Sono pienamente d’accordo con lui. Il barman prima di proporti un ottimo drink, ti fa sentire a casa ti aiuta ad attenuare l’imbarazzo di quando si entra un posto nuovo, che ti fa rilassare e staccare la spina dai problemi - da una lunga giornata di lavoro appena trascorsa in ufficio. Amo conoscere gente nuova, molte volte mi è capitato di imparare di più dalle esperienze dei miei clienti che da qualsiasi libro! Il nostro è uno dei lavori più belli del mondo e sono proprio i nostri affezionati clienti che lo rendono così magico. Partecipare a competizioni e concorsi; uno stimolo, un piacere, oppure un obbligo professionale? Le competizioni sono bellissime, ti stimolano per migliorare sempre di più, ti confronti con colleghi mai conosciuti prima con grande divertimento! Obbligo professionale? Probabilmente lo è diventato negli ultimi anni da quando il mondo dei social è subentrato nelle vite di tutti, le aziende, i brand rinomati del mondo hanno iniziato a lanciare le loro competizioni mettendo così a confronto i barman più bravi della scena mondiale con ricchi premi e importanti ruoli, che assicurano delle possibilità nei locali più ambiti nel mondo del nostro lavoro. Qual è la città del mondo dove più ti piacerebbe svolgere la tua professione? Perché? Il mio sogno, lavorare nella Grande Mela. Una città meravigliosa, dove sono sono nati i cocktail, oggi grandi classici, come il Martini, e il celeberrimo Cosmopolitan, reso famoso da Madonna e riproposto in molti film di successo. Progetti futuri? Scrivere per Beyond Taste - Oltre il Gusto magazine e stupirvi con le nostre ultime creazioni. 161
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Olga Sofia Schiaffino,
una dottoressa dalle poliedriche passioni Articolo di Maurizio Pelli, editore
Olga Sofia Schiaffino, nasce a Camogli nel 1963, si laurea in medicina e chirurgia nel 1992 con 110, sì specializza in psichiatria nel 1996. Docente - Cultore della Materia alla Facoltà di Psicologia Università di Torino dal 1998 al 2002. Autrice di una ottantina di pubblicazioni, tra le quali un importante libro sull’investimento narcisistico - spiegazione del concetto di narcisismo - narcisismo patologico. Dal 1998 lavora alla ASL, dal 2013 alla salute mentale. Dal 2004 omeopata - omotossicologa - fitoterapeuta. Dal 1998 ad oggi è dirigente medico ASL 4 Chiavarese. La sua passione per i viaggi - il vino - l’arte - il cinema - la danza è la lettura ispirano per lei differenti ruoli. Adesso è sommelier, blogger - degustare - relatore AIS - Wset 2, livello passato con distinzione, con il desiderio di lavorare nel mondo del vino. Sommelier AIS dal 2013 - degustatore ufficiale dal 2014 - relatore dal 2017 - WSET secondo livello nel 2019. Miglior sommelier della Liguria 2019 e tra i 18 finalisti a Verona nel contesto di miglior sommelier d’Italia. Crea il blog “Wine Lovers Italy” da una sua idea nata nel 2013, realizzata e attivata nel 2017, ora ricca di un profilo IG con 18400 followers. La sua sfrenata passione per il vino la porterà oltre. Inizia nel 2013 un progetto per trattare il vigneto con l’omeopatia, in contrada Calderara a 700 Mt sul livello del mare a Passopisciaro, con Salvo Foti. I Vigneri (Consorzio I Vigneri), trattano i vigneti, cercando di ridurre e possibilmente azzerare il rame e lo zolfo, con la conduzione delle viti ad alberello, si eseguono manualmente tutti i lavori, compresa la zappatura e non si usano prodotti chimici e pesticidi da sempre. Nel 2017 nasce “Magia di Vulcano”, un Nerello Mascalese quasi in purezza, con una minima percentuale di Nerello Cappuccio. La sperimentazione prosegue anche insieme al figlio Simone Foti, a Palmento Caselle a Milo, versante est dell’Etna con le viti di una Carricante.
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Da psichiatra a sommelier, parlaci di questo passaggio inconsueto. Mi sono avvicinata al mondo del vino perché mi incuriosiva. Non ne sapevo nulla! Mi affascinava imparare a degustare. Inoltre la viticoltura è molto interessante, una vera e propria arte, volta a far esprimere alla pianta il meglio. Il mio impegno come Medico Psichiatra rimane, dato che lavoro ancora in un servizio pubblico Dalla medicina e chirurgia a blogger del vino, il passo è breve? Premetto che mi è sempre piaciuto scrivere e soprattutto comunicare nel senso più ampio del termine. Credo che ci si debba sforzare per utilizzare i mezzi di comunicazione attuali, proprio per raggiungere le persone. Il nostro blog cerca di promuovere contenuti di valore, esperienze, visite in cantina e degustazioni in modo chiaro e fruibile, per stimolare i nostri lettori ad approfondire le tematiche inerenti il mondo del vino e perché no, iscriversi ad un corso per sommelier. Io non posso che consigliare il percorso con l’Associazione Italiana Sommelier, una esperienza che mi ha formato in modo ottimale. La tua passione per il vino ha attenuato quella per la medicina, oppure convivono equamente tra loro? Le passioni convivono entrambe, anche se i progetti che ho avviato nel mondo del vino mi entusiasmano e mi danno molte soddisfazioni, vedremo in futuro! Hai avuto un grande successo come sommelier, hai sfiorato il titolo nazionale, quanto incide il metodo di studio universitario applicato a quello della sommellerie? Il rigore, l’impegno e l’allenamento acquisito con gli studi di Medicina (che non finiscono mai) mi hanno sicuramente aiutato nella metodologia da seguire. Purtroppo la capacità e velocità di memorizzazione non sono certo quelle di 20 anni fa! Faccio sicuramente molta più fatica e quindi ho bisogno di più tempo. Le notti o la mattina prima di recarmi al lavoro sono sempre ottimi momenti, poi i giorni festivi... Insomma sacrificio, passione infinita e grande forza di volontà! Curare un terreno con l’omeopatia, un concetto astratto anche per più esperti vigneron, spigacelo. Avevo avuto notizia nel 2012 di esperimenti di conduzione omeopatica in vigna e quindi, avendo acquisito tali competenze, con molta umiltà ho proposto una sperimentazione a Salvo Foti, enologo di fama mondiale, che sta portando avanti Sull’Etna un recupero delle vecchie vigne ad alberello secondo le regole della tradizionale viticoltura etnea. Abbiamo iniziato con 0,4 ha in contrada Calderara a Passopisciaro, zona Nord dell’Etna, in una vigna di Nerello Mascalese. Recentemente abbiamo imbottigliato l’annata 2017 di Magia di Vulcano, una meraviglia! La novità di quest’anno è stata ampliare la sperimentazione anche con l’uva bianca Carricante a Milo, grazie all’aiuto di suo figlio, Simone Foti. Vedremo presto i risultati, che prevediamo sicuramente interessanti. 164
Il tuo prossimo passaggio, sarà quello di vigneron, oppure spiazzerai tutti di nuovo? Non credo che potrò mai essere all’altezza, mi impegno al massimo, vado in vigna e cerco di seguire sul campo le varie fasi del ciclo della vite. Non ti nascondo che mi piacerebbe molto, un lavoro duro, in cui si spera che la natura sia propizia, che non arrivi il gelo oppure la grandine a decimate il raccolto. Una vita di speranza e fatica, mai di certezza. Progetti futuri? Prima di tutto proseguire il lavoro sull’Etna, promuovere i contenuti e la comunicazione con Wine Lovers Italy in modo da affiancare le aziende nella comunicazione. Ammetto che mi piacerebbe lavorare a tempo pieno nel mondo del vino, spero con tutto il cuore di riuscirci! Intanto continuo a studiare e dopo aver acquisito il diploma WSET di secondo livello, proseguirò anche questo importante training.
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Madrid Fusion 2020,
meno cucina è più cucina, la cucina essenziale Articolo di Margaux Cintrano editore Traduzione di Maurizio Pelli La cucina “Less is more”, è stata la priorità della diciottesima edizione di Madrid Fusion 2020. Uno stile di tendenza che prevede la rinuncia del superfluo per creare piatti apparentemente semplicistici, tuttavia non esenti da profonde riflessioni riguardo la scelta e l’uso delle migliori materie prime. Le ricette senza artificio, create utilizzando solo pochi ingredienti, un’eccitante semplicità in purezza, una filosofia crescente indirizzata ai luoghi lontani come Russia - Giappone - Sudafrica, che coinvolge alcuni tra i migliori chef stellati spagnoli. Il principale auditorium della conferenza, quest’anno si è trasferito all’Ifema, dove sono nate queste creazioni presentate dai più grandi virtuosi di questa cucina, “meno è di più”. Gli chef Ivan e Sergey Berezutsky di Mosca, hanno presentato la nuova cucina russa, lo chef italiano due stelle Michelin Niko Romito di Reale - Castel di Sangro - Italia, Albert Adria e Angel León, 3 Michelin sono gli esponenti di questa nuova tendenza culinaria. Tutti utilizzano prodotti e ingredienti tradizionali di territorio per creare - reinterpretare i piatti per i loro ospiti. Lo chef Koji Kimura - ristorante Kimura di Tokyo è un altro esperto di questa cucina che rinunciando alla vistosità ha aperto nuove strade per la maturazione del pesce. Una tendenza che già conta una serie significativa di adepti anche in Spagna. Lo chef stellato Michelin Josean Alija - ristorante Nerua, al Museo Guggenheim di Bilbao, ha presentato i prodotti del suo territorio, sapori di ricordi di Vizcaya. Lo chef Andoni Luis Aduriz ristorante Mugaritz, 3 Michelin, nel villaggio di Renteria gestisce un laboratorio magico in grado di produrre un ecosistema creativo sull’eterna ricerca delle risposte. Tre chef stellati Angel León di Aponiente, El Puerto de Santa Maria - Cadice, Albert Adria - ristorante Enigma, lo chef Sergio Bastard - La Casona del Judio, chef Santander e molti altri, coadiuvati dal 3 stelle Joan Roca, hanno discusso riguardo la visione di una cucina sostenibile interpretata dal punto di vista essenzialista. Molte le disquisizione riguardo altri affascinanti argomenti, come il rapporto tra neuro - marketing e alta cucina - maturazione del pesce - intolleranze e allergie - etica e responsabilità ambientali. Durante questa edizione di Madrid Fusion, si svolta anche una conferenza internazionale sulla pasticceria Madrilena, prodotti da forno e cioccolato artigianale.
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