DALLO SLOW-FOOD ALLE SMART-CITY
In principio fu lo Slow-food, l’idea di Carlo, Carlin, Petrini del mangiare prodotti di qualità, puliti, lontano dallo stress quotidiano. Funziona ancora ed è diventato uno stile di vita per tante persone. Poi sono arrivate le Slow-city, una rete soprattutto di piccoli centri, nata ad Orvieto nel 1999, dove la vita scorreva lenta e felice lontano dalle metropoli. Resistono anche loro con successo crescente, soprattutto dopo i timori del Covid. Slow-food e Slow-city rappresentano un mondo aulico, legato soprattutto alle realtà di provincia, all’Italia più semplice e schietta. Poi però c’è l’Italia delle metropoli che la domenica si può anche spostare in campagna ma almeno per cinque giorni deve vivere una realtà complessa e diversa, sicuramente poco slow.
É nata allora l’idea delle Smart-city, ossia delle città intelligenti, veloci, reattive ma appunto, proprio perché intelligenti, anche pulite, efficienti, socialmente responsabili. Attenzione, Slow e Smart non sono due contrari ma due modi paralleli di vivere la vita con un unico obiettivo: tenere al centro la sostenibilità, il rispetto dell’ambiente e, di conseguenza, dell’uomo.
Il legame tra Smart e Slow è il concetto di base della filosofia moderna, di un approccio consapevole che se non si compiono determinati atti, saremo noi stessi i killer del nostro sistema, di conseguenza di noi stessi.
L’Italia è il luogo ideale dove ambiente, tradizione e tecnologia trovano un habitat perfetto. Per questo è il paese perfetto per lo Slow e lo Smart.
Il Giro d’Italia è il trionfo dell’immagine del nostro paese, non solo dei nostri atleti ma anche della nostra storia. In questo numero autunnale di BIKE abbiamo voluto dedicargli ampio spazio raccontandolo attraverso gli aneddoti, i suoi risvolti economici, ovviamente i suoi campioni. Il testimonial che invece abbiamo scelto per la copertina è Linus, dj e manager dello spettacolo molto conosciuto e appassionato di bicicletta. In sella alla sua due ruote ha percorso l’Italia in lungo e in largo partecipando anche agli eventi più particolari e spettacolari legati al territorio e alle sue tradizioni come la Maratona delle Dolomiti o l’Eroica. Solo pochi mesi fa, a 62 anni, ha pedalato per 380 chilometri da Milano a Riccione con la temperatura che sfiorava i 40 gradi. Perché l’ha fatto? Perché, dice lui, voleva dimenticarsi delle due operazioni alla schiena subite un anno prima. Quando si dice che la bicicletta è salute…
Alessandro Rossi Direttore responsabileEDITORIALE
DALLO SLOW-FOOD ALLE SMART CITY ALESSANDRO ROSSI
COME GIRA LA RUOTA
INVESTIAMO SULL'INTELLIGENZA GIOVANNI IOZZIA
BASTA BICICLETTE PER FAVORE MARCO MAZZEI
REALTÀ AUMENTATA
RUNNER NOTIZIE E CURIOSITÀ
FOCUS
IL GIRO D’ITALIA È SERVITO LUCA GREGORIO 26
UN BUSINESS DA CAPOGIRO MATTEO SPAZIANTE
32
L’INVENZIONE DELLO SPONSOR MARINO BARTOLETTI
36
GLI SPONSOR DEL GIRO MATTEO SPAZIANTE
40
TECNICA E MECCANICA
CURVE SENZA APPOGGIO ANDREA RONCHI 50
BUONE REGOLE PER UNA CORRETTA MANUTENZIONE ANDREA RONCHI 52
COME SCEGLIERE LA SELLA IDEALE GIACOMO PELLINI 54
ALL’ARIA APERTA
DEEJAY A PEDALI. MATTEO RIGAMONTI 58
MORBEGNO PER TUTTI I GUSTI STEFANO ERBI 62
IL GIRO DEI TRE GIGANTI LUCA GREGORIO 64
LA MAGIA DELLA VAL TREBBIA GRAZIANO MAJAVACCHI 70
NELLA STORIA DEL PEDALE MARZIA PAPAGNA 74
VIAGGIO IN BICITALIA ANNALISA MISCEO 76
CITTÀ IN MOVIMENTO
PRONTI PER LA BICI ANDREA RONCHI 80
EUROPA SU DUE RUOTE FILIPPO CAUZ 85
SMART MOBILITY: QUANTO PESA E CHI VA DOVE MATTEO RIGAMONTI 89
LA CORSA DELLA 'BIT GENERATION' MASSIMILIANO CARRÀ 90
in the end, all we have is our memories.
CICLO ECONOMICO
UNA MOBILITÀ MAI VISTA GIOVANNI IOZZIA 94
LA V-ITA CHE VORREI MARCELLO ASTORRI 98
IL PORTALE DELLE BICICLETTE MARZIA PAPAGNA 100
DESTINAZIONE FUTURO GIOVANNI IOZZIA 102
CHI TROVA UN DATO, TROVA IL TESORO GIOVANNI IOZZIA 104
UN HUB PER L'INNOVAZIONE SOSTENIBILE ROBERTA MADDALENA 106
BIKE LIFE
PEDALE E SALAME CATERINA LO CASTO 110
VACANZE ATTIVE A PORTOROSE IN COLLABORAZIONE CON LIFECLASS HOTELS & SPA 112
PROVA DI FORZA ANDREA RONCHI 115
CIAK, SI VOLA ROLANDO LIMA 120
CICLOSTYLE ALESSIA BELLAN 122
LEGGERE SUI PEDALI FILIPPO CAUZ 128
BIKE PLAYLIST DJ RINGO 129
CACCIA APERTA AL CAPPELLINO RICCARDO MAGRINI 130
BIKE Smart Mobility Anno 1 numero 2 Autumn Ottobre-Dicembre 2020
Trimestrale per vivere in movimento. Registrazione al Tribunale di Milano: n°5328 del 11/06/2020
Casa editrice Blue Financial Communication spa Via Melchiorre Gioia, 55 – 20124 Milano Tel. (+39) 02.30.32.11.1 info@bfcmedia.com
Editore Denis Masetti
Direttore responsabile Alessandro Rossi
Video content editor
Valerio Gallorini
Smart mobility editor
Giovanni Iozzia
Coordinamento redazionale Matteo Rigamonti rigamonti@bfcmedia.com
Redazione Marcello Astorri, Filippo Cauz, Luca Gregorio
Contributors
Marino Bartoletti, Alessia Bellan, Massimiliano Carrà, Giorgio Del Re, Dj Ringo, Stefano Erbi, Giovanni Iozzia, Rolando Lima, Caterina Lo Casto, Roberta Maddalena, Riccardo Magrini, Graziano Majavacchi, Marco Mazzei, Annalisa Misceo, Marzia Papagna, Giacomo Pellini, Andrea Ronchi, Daniele Rubatti , Daniel Settembre, Matteo Spaziante
Progetto grafico Marco Tonelli
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INVESTIAMO SULL’INTELLIGENZA
A cosa serve la smart mobilty in un mondo che si muove meno per effetto del Covid?
A muoversi meglio, in modo più intelligente, con maggiore sicurezza e minore impatto ambientale.
Di fronte a scenari di smart working permanente (lo ha proposto per la sua azienda Jack Dorsey, ceo di Twitter) o comunque prevalente, di vacanze a breve raggio e viaggi contingentati, la tentazione di fermarsi è forte. Invece questo è il momento di investire sulla smart mobility, perché quel che conta è l’aggettivo smart, intelligente. Energie e risorse vanno utilizzate per comprendere e utilizzare l’intelligenza che le tecnologie digitali possono apportare alle nostre abitudini e ai nostri modelli di movimento, che sono ancora per lo più irrazionali e spesso inefficienti.
“Il viaggio è un bisogno senza tempo e non ho dubbi sulla ripartenza del settore”, dice Narem Shaam, founder e ceo di Omnio, startup tedesca che a fine agosto ha chiuso un round di finanziamento da 10 milioni di dollari. Evidentemente ne sono convinti anche gli investitori che puntano sull’unificazione del trasporto globale ricercata da Omnio, una piattaforma digitale che raccoglie gli orari di treni, autobus, aerei, traghetti, auto a noleggio in Europa, negli Stati Uniti e in Canada per trovare facilmente e in poco tempo la combinazione migliore per muoversi fra oltre 10 milioni di località nel mondo e acquistare il biglietto.
Non serve quindi generare nuove, sorprendenti meraviglie (la bici elettrica che cammina sull’acqua…) o essere Elon Musk (l’esuberante alfiere dei viaggi privati nello spazio). Basta mettere ordine nel disordinato mondo fisico dei trasporti, nella molteplicità e complessità delle offerte e dei punti di accesso per proporre soluzioni intelligenti di mobilità e semplificare la vita di chi deve muoversi, nelle città e tra le città.
In un mondo che si muove meno, muoversi meglio è l’unica scelta possibile: riduce i costi e l’impatto ambientale, migliora la qualità dei servizi e aumenta la sicurezza. Farlo è possibile solo con un uso intenso di tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale, che siano in grado di raccogliere, comprendere e utilizzare dati in quantità oceaniche. Nonostante quel che potrebbero far pensare le cronache ansiogene di questa estate o le previsioni fatte guardando all’indietro, questo è il momento di investire, tutti, risparmiatori, operatori finanziari, amministrazioni pubbliche, sulla digitalizzazione della mobilità per farla diventare finalmente intelligente. Il ritorno ci sarà per tutti.
*Smart mobility editor di BIKEBASTA BICICLETTE, PER FAVORE
Non se ne può più di biciclette. No, davvero, sono serio: prima, durante il lockdown, e poi, nelle varie fasi che si sono succedute, non si è fatto altro che parlare di biciclette. Tutti se ne sono occupati: giornali (anche giornali di automobili!), aziende, amministrazioni, naturalmente gli sportivi. La seconda, terza, quarta o quinta giovinezza della bicicletta, e così via.
Le code fuori dai negozi, i bonus statali e locali per l’acquisto di bici, le nuove piste ciclabili, naturalmente le biciclette a pedalata assistita: un mix esplosivo di pedalate e scorribande. Tanto è vero che, effettivamente, l’uso delle due ruote è esploso in città e sui sentieri lungo tutti gli itinerari possibili. Se non ci fosse stata un’improbabile politica di limitazione all’intermodalità e quindi al cicloturismo, la Lombardia sarebbe passata rapidamente dalla Regione dei contagi a quella dei ciclisti, più di quanto non lo sia già. La bici sarebbe stata un simbolo di rinascita e ripartenza. Invece, anche quest’anno, saranno altre località (il solito Trentino, l’Emilia Romagna, le Marche e le regioni del Sud in grande crescita) a prendersi il primato estivo di persone in bicicletta.
Insomma, dopo questa ubriacatura ciclistica per fortuna adesso è autunno. Molte biciclette sono già pronte per prendere la strada della cantina, altre sono già state abbandonate qua e là… Già, a proposito, ma dov’è che ho legato la bici? La gente smetterà di usarle, i giornali smetteranno di parlarne e ci prenderemo finalmente una pausa.
Oppure no. Oppure in primavera racconteremo un’altra storia, chissà. In tanti anni di bike to work in tutte le stagioni mi sarà capitato di avere freddo forse una volta (ma davvero una volta!) e avrò preso la pioggia in modo importante forse due o tre volte. Per il resto, lo sappiamo: alle nostre latitudini il clima è mite per quasi tutti i mesi dell’anno, il freddo vero è sempre più raro e per quello bastano due pedalate più veloci e il nostro corpo pensa a tutto. Quanto alla pioggia: ci sono capi tecnici alla portata di tutti che ci proteggono con semplicità da qualsiasi avversità e, no, non parlo delle mantelle gialle in stile ciclo-viaggiatore del nord Europa: ci sono impermeabili da bici perfetti anche per il nostro stile urbano.
Insomma, abbiamo auspicato tante volte, in questi mesi, che la pandemia, se non altro, fosse portatrice di un cambiamento profondo delle nostre abitudini, ecco la sfida della bici d’inverno nel ‘tremendo’ clima dell’Italia immersa nel Mediterraneo è lì, pronta per rispondere a quell’auspicio. Usiamo la bici in città anche d’inverno, dai!
*Giornalista, presidente di Milano Bicycle Coalition
L’applicazione BFC AR è disponibile su App Store e Google Play. Scaricala gratis sul tuo smartphone o tablet e aprila per immergerti subito nel mondo aumentato di BIKE. Il suo funzionamento è davvero semplice e intuitivo, provala ora!
BFC AUGMENTED REALITY
Anche sul primo numero di BIKE Smart Mobility BFC Media ha voluto aprire le pagine di carta alla realtà aumentata, come già avviene su Forbes Italia e COSMO Così come il business e lo spazio, infatti, anche il mondo della bicicletta e della mobilità del futuro si presta ad incontrare tutti i tipi di esperienze multimediali proprie della realtà aumentata: audio, video, gallery, commenti e molto altro ancora. In questa pagina vi spieghiamo come funziona l’applicazione BFC Augmented Reality (BFC AR), dove potete trovare tutti i contenuti in AR del numero in edicola e di quelli in archivio di BIKE
Apri l’app BFC AR ed entra nella sezione dedicata a BIKE. Seleziona la copertina del numero che hai tra le mani per accedere all’indice delle pagine aumentabili. Tocca il display per avviare l’esperienza di realtà aumentata. Sfoglia BIKE e inquadra con la fotocamera la pagina contrassegnata con l’icona qui sopra. L’icona AR segnala la presenza di un audio, un video, una gallery o altro tipo di contenuto multimediale pronto a essere fruito in realtà aumentata. Siete pronti a entrare nel mondo della smart mobility?
L'IMPEGNO DI MOLTENI
Scopri la mission della Fondazione
20
SPECIALE MOBILITÀ
Rivedi lo speciale dedicato al bonus
23
SUL SET CON SAGAN
Guarda gli spot per il Giro d'Italia
26
CURVE IN MTB
Impara come curvare in mountain bike
50
COMODI IN SELLA
Lo speciale sulla corretta posizione
54
LINUS E LA BICI
Guarda l’intervista di BIKE
59
SMART MOBILITY
Tutte le news su Forbes.it 89
PURO SPETTACOLO
Al via la prima stagione di Showtime
Redux Fortuna di Santini
COME UNA SECONDA PELLE
C'è sempre il ciclista che in bicicletta preferisce il comfort alla prestazione. Ma per gli amanti della perfezione prosegue la moda delle maglie skin e slim fit, quelle a effetto 'seconda pelle'. Maglie che solitamente sono più corte sul davanti e allungate al posteriore, ideate per ottimizzare l'aerodinamica in sella. Talvolta persino veri e propri body da cronometro, ma tutti con un minimo comune denominatore: less is more. Tessuti ipertecnologici e prestanti dal taglio anatomico e in grado di assicurare aderenza massima al corpo, in grado di abbattere la resistenza dell'aria per garantire performance uniche. Con caratteristiche che li accomunano agli indumenti che utilizzano i professionisti in gara. Target prestazionali che sempre più maglifici e case di produzione offrono al cliente con prodotti top di gamma per i più esigenti tra gli amatori. Come nel nel caso della gamma Redux di Santini, prodotti confezionati con tessuti scelti per le loro caratteristiche di leggerezza e traspirabilità, capi che giocano su un design minimalista e nuovi colori vitaminici.
IL 'NON CASCO' CON L'AIRBAG
Hovding 3 non è un casco ma un collarino, che però, quando capita l'imprevisto e si cade rovinosamente a terra dalla bicicletta, o ancora peggio quando si è coinvolti in un sinistro, si apre con il suo airbag a protezione della testa, da tutti i lati, in un decimo di secondo.
A inventarlo una startup svedese che ha pensato anche allo stile: Hovding 3, che è la terza generazione del modello, infatti, ha un design in stile sciarpa; e c'è anche la versione animalier con fantasia leopardata.
VITTORIA DI NUOVO ITALIANA
Passaggio di consegne in casa Vittoria: la multinazionale produttrice di pneumatici e ruote per biciclette di alta gamma è tornata in Italia. Grazie infatti all’intervento dell’italiana Wise Equity – società di gestione del fondo Wisequity V che ha annunciato prima dell’estate l’acquisizione del 100% del capitale di Vittoria – l’azienda è tornata a vestire il tricolore dopo 30 anni di gestione olandese, anzi italo-olandese, visto che Rudie Campagne, presidente e ceo uscente di Vittoria (nonché uno degli azionisti) è di origini italiane. “Volevamo dare continuità all'azienda e l’unico modo per farlo era affidarsi a un partner italiano”, ha sottolineato Campagne in un’intervista sul sito ufficiale di Vittoria. Eravamo sicuri che dovevamo rimanere in Italia. Di conseguenza, sono molto felice che siamo riusciti a conservare le origini italo-olandesi”. Il management rimane, infatti, un mix dei due Paesi. Campagne è confermato all’interno del cda come consigliere, mentre il nuovo presidente e ceo di Vittoria è l’italo-olandese Stijn Vriends che, come lui stesso racconta, vive e lavora in Italia da 16 anni. Il cambiamento più importante a livello strutturale è stato annunciato proprio da Vriends: “La sede di Bergamo (dove sono stati investiti recentemente 7 milioni di euro) diventa legalmente e fisicamente l’headquarter principale del gruppo. Luogo dove sarà sviluppato il futuro dell'azienda, i nuovi prodotti e le strategie commerciali per conquistare il mercato”. A proposito delle quali, Vriends ha aggiunto: “Il nostro è un marchio di riferimento nello sport e vogliamo che resti assolutamente tale, nonostante ciò vediamo grandi opportunità di crescita anche nel futuro della mobilità urbana e nelle e-bike”.
/©LaPresse, Courtesy RcsMOLTENI STA CON GLI ULTIMI
“Gli ultimi saranno i primi”. Nel motto della Fondazione Molteni, che campeggia anche online sul sito Fondazionemolteni. org sono riassunte le ragioni che hanno spinto Mario e Pierangela Molteni a costituire una Fondazione intitolata al padre Ambrogio e nel ricordo dello storico team ciclistico sponsorizzato dall’omonima azienda alimentare. Primo grande team internazionale nel ciclismo professionistico del dopoguerra, attivo per 18 anni dal 1968 al 1976 e con la bellezza di 663 successi in palmarés, Molteni è la maglia che il Cannibale Eddy Merckx ha indossato per sei anni, dal 1971 al 1976, conseguendo 246 vittorie, e come lui Gianni Motta, Michele Dancelli, in chiave vintage l'iconica maglia blu-camoscio, la Fondazione Molteni ha la mission di aiutare concretamente ex professionisti in difficoltà economiche o rimasti vittime di infortuni invalidanti o altre negative vicissitudini della vita. Ma anche sostenere giovani talenti il cui cammino verso il successo è stato compromesso da gravi incidenti.
Inquadra la pagina con l’app BFC AR per scoprire di più sull’attività della Fondazione.
GRAN BELLA BUGIA
Si chiama Bugia la nuova linea di biciclette dedicata al campione Gianni Bugno, vincitore di un Giro d'Italia, del Fiandre e della Milano-Sanremo, e di due campionati del mondo. Nata da un'idea del figlio Alessio, Bugia è realizzata in titanio grezzo con finitura Glossy in grigio e rosa. Di alto livello la componentistica con gruppo Shimano Dura-Ace Di2, elementi in carbonio a partire dalle ruote e coperture Pirelli P Zero Velo in edizione limitata.
L'ORO DEL PANPERDUTO
Con la progressiva riapertura delle attività, dopo il picco della pandemia, è riaperto anche il Panperduto a Somma Lombardo. Punto di attrazione tra Piemonte e Lombardia, dove dal fiume Ticino nasce il Canale Villoresi, meta pedonale e cicloturistica di indiscusso valore per il territorio, il Panperduto è, con la sua diga progettata da Eugenio Villoresi a fine '800, uno degli snodi idraulici più importanti della Lombardia, recentemente candidato a diventare Patrimonio dell’Unesco. In attesa della gara per riassegnare la concessione scaduta a fine 2019 e poi congelata nei mesi dell'emergenza, è riaperto, in sicurezza, anche il bar caffetteria e, con qualche limitazione, sono ripartite le visite guidate del Consorzio ETVilloresi. Qui, oltre al Museo delle Acque Italo-Svizzere, ci sono i giochi all'aperto per i più piccoli, la navigazione sul Ticino fino allo sbarramento di Porto della Torre, l'ostello con sei camere e un appartamento, per un totale di 22 posti letto, compresa una sala riunioni e conferenze che può ospitare fino a 60 persone. Nel bookshop è possibile richiedere informazioni sul territorio, dal Parco del Ticino a tutti i musei del Consorzio e consultare o acquistare guide, cartine ciclopedonali e gadget. Meta non solo cicloturistica, il Panperduto, come testimoniano le foto del suo profilo Instagram, lo è anche per chi è appassionato di canoa e persino per alcuni cercatori d'oro in costume d'epoca con tanto di setaccio.
BARI SI MUOVE
Bari è la prima città del Sud con lo sharing di monopattini elettrici. L’obiettivo di favorire il passaggio dei cittadini verso forme di mobilità sostenibili è racchiuso in quattro lettere: M.U.V.T, dal dialetto barese 'darsi una mossa'.
“Ci stiamo candidando a essere un living lab per la mobilità”, dice il sindaco Antonio Decaro. “Tutti i vari servizi on line che stanno progressivamente partendo approderanno ad un’unica piattaforma in cui i cittadini potranno acquistare ticket, servizi di sharing, riscuotere incentivi chilometrici per l’uso della bici. Sarà possibile tracciarne gli spostamenti, nel rispetto della privacy, e conoscerne le abitudini. Dati fondamentali per progettare i servizi di mobilità in base alle reali esigenze individuali e collettive”. Azioni a breve e lungo termine per un totale che supera i 60 milioni di euro. Comprese le sperimentazioni sulla logistica urbana, come self driving e trasporto di merci per via aerea. L’assessore alla Trasformazione digitale Eugenio Di Sciascio spiega: “Nell'ambito delle progettualità di pre-commercial procurement del Mise abbiamo espresso il fabbisogno di sviluppare progetti di ricerca sulla guida autonoma e semiautonoma, tema al centro di un’ampia ricerca del Politecnico di Bari. L'idea guida è verso una città in cui la mobilità sostenibile sia uno dei tasselli che compongono un approccio integralmente green e in grado di ottimizzare le risorse al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini”.
SCATTI DI RIPARTENZA
Si è concluso il 14 settembre ToTa 2020 il progetto del fotografo Domenico Grossi, un ciclo-viaggio solitario da Torino a Taranto, solo andata, “alla ricerca dell’altro al tempo del Covid”. Partito il 17 agosto, Grossi ha offerto fotografie, ritratti per l'esattezza, in cambio di ospitalità, per raccontare l'Italia provata dalla pandemia e delle persone alle prese con la ripartenza. Un viaggio in solitaria, lungo strade provinciali e statali italiane, condito dall'inevitabile racconto social e tanti, tanti scatti. In sella e dietro la macchina fotografica.
LA MOBILITÀ OLTRE IL BONUS
Non basterà certo un bonus bicicletta a cambiare le abitudini di un intero Paese. E l'Italia è ancora lontana dal modello di quei Paesi del Nord Europa dove le ciclabili sono di casa e il bonus arriva direttamente in busta paga per ogni chilometro percorso nel tragitto fino al luogo di lavoro. Ma l'incentivo governativo ha senza dubbio contribuito all'exploit delle vendite nel settore bici e per tutte le fasce di prodotto. Lo hanno confermato ai microfoni dello speciale che BIKE ha dedicato al bonus mobilità i rappresentanti dei costruttori De Rosa, Guerciotti, Carrera e Gios. Presto per fare i conti, ma le stime parlano di un raddoppio nelle vendite, 1 milione di biciclette a luglio, quando di solito in Italia se ne vendono all'incirca 1 milione e 500 mila. Bici di media gamma ed e-bike hanno contribuito parecchio, ma c'è chi ha usato il bonus anche per acquisti superiori ai 5mila euro.
Inquadra questa news con l'app di Realtà Aumentata per rivedere lo speciale che BIKE ha dedicato al bonus mobilità.
MICROBOT TUTTOFARE
Si chiama Neolix, il veicolo per la logistica smart ideato dalla società di consulenza Clickutility on Earth per adattarsi alle più diverse esigenze di delivery e pubblica utilità. Il progetto è frutto del lavoro dell’hub di competenze in ambito new mobility lanciato da Clickutility on Earth e denominato "EcoMobility", che ha l’obiettivo di affiancare aziende, pubbliche amministrazioni e università nel progettare e realizzare servizi per la guida autonoma. Il robot è in grado di trasportare piccole merci fino a un peso massimo di 500 chili, effettuare servizi di raccolta differenziata, di video sorveglianza o di sanificazione attraverso un getto ravvicinato automatico, come ha già fatto a Wuhan durante la pandemia. “Lo smart delivery ha una priorità altissima in tutti i mercati internazionali, l’America e la Cina hanno fatto investimenti miliardari sullo sviluppo delle tecnologie”, ha dichiarato Carlo Iacovini, partner di Clickutility on Earth spiegando l’idea di creare una nuova linea di business in questo settore. “La complessità di mettere in strada un veicolo intelligente per il trasporto di cose, in futuro anche di persone, richiede non solo hardware o software ma anche gestione dei processi di set up e di validazione: questo può diventare un grande campo sperimentale su cui l’Italia può giocare un ruolo importante per creare competenze finalizzate a gestire grandi flotte di guida autonoma”.
AUTUMN
/Peter-Sagan_Spot Giro d'italia 2020/ /©Courtesy Rcs/ TESTO LUCA GREGORIO Guarda gli spot del Giro con Peter Sagan.IL GIRO
D’ITALIA È SERVITO
La partenza a inizio ottobre non coglie di sorpresa gli organizzatori. I campioni sono pronti, da Sagan a Thomas, da Nibali a Fuglsang, volate e cronometro avvincenti, salite iconiche e inedite. Il direttore della Corsa Rosa, Mauro Vegni: “Abbiamo sempre avuto vincitori di alto profilo e sarà così pure quest’anno”
“Un Giro tutto italiano come segnale forte per la ripartenza e per dire che il ciclismo è vivo”. Esordisce così Mauro Vegni, direttore della Corsa Rosa, alla domanda su cosa si aspetti per il Giro d’Italia in partenza dalla Sicilia il 3 ottobre. Ventuno tappe, nessun taglio e percorso che rimane il più fedele possibile all’idea originale. Il rinvio al 2021 della grande partenza da Budapest e dall’Ungheria è stato un problema relativo per Rcs Sport, che ha fatto della Trinacria il punto di partenza.
Quattro tappe sull’isola, dunque, con una breve crono individuale da Monreale a Palermo per scaldare i motori prima di testare le gambe dei big sull’Etna, una salita amata da tanti corridori in gruppo, fra cui il messinese Vincenzo Nibali, voglioso di dare un primo segnale davanti alla sua gente e nella sua terra. La risalita della carovana rosa (“ma non di quella pubblicitaria, che quest’anno salta per motivi economici e per evitare assembramenti”, ha precisato Vegni) prosegue poi in Calabria, con un’insidiosa frazione sulla Sila con arrivo a Camigliatello, e in Basilicata, con un suggestivo finale a Matera, inizialmente non previsto ma aggiunto per recuperare una tappa ungherese, prima di accarezzare l’Adriatico con l’arrivo di Brindisi, in Puglia.
“Un Giro tutto italiano come segnale forte per la ripartenza e per dire che il ciclismo è vivo”
“Abbiamo cercato di non stravolgere il piano che avevamo in testa, anche per non creare difficoltà a Comuni e Regioni”, ha spiegato Vegni. “Abbiamo voluto premiare l’Abruzzo con una seconda tappa, vista la passione che ha sempre mostrato questa terra, e riporteremo il Giro a Roccaraso, che credo possa essere un altro punto di svolta nella storia della corsa”. Dall’Abruzzo si continua poi a pedalare lungo la costa marchigiana e romagnola, prima dell’attesissima frazione di Cesenatico, in cui è riproposto il percorso lungo della Granfondo Nove Colli.
Un doveroso omaggio ai 50 anni di questa corsa amatoriale che ogni anno a maggio richiama oltre 10mila appassionati in riviera. Il weekend che chiude la seconda settimana promette spettacolo e darà una bella impronta alla classifica generale: sabato 17 la crono individuale del Prosecco da Conegliano a Valdobbiadene, seguita il giorno successivo dall’impegnativo arrivo in salita a Piancavallo, dove nel 1998 Marco Pantani iniziò a costruire la strada che lo avrebbe portato a vincere il Giro. “La terza settimana ci auguriamo come sempre che possa essere quella più spettacolare”, ha rimarcato Vegni. “Confidiamo in un ottobre mite come quello degli ultimi anni, che ci possa permettere di andare sulle grandi montagne come avevamo previsto da tempo. È più facile trovare la neve a maggio che a inizio autunno ormai, quindi credo non ci saranno problemi. Nel caso abbiamo ovviamente pronti piani alternativi”.
E allora terza settimana di fuoco, come nella migliore delle tradizioni. Altro omaggio al Pirata col traguardo fissato a Madonna di Campiglio (dove Pantani vinse nel 1999 prima di essere estromesso dal Giro la mattina seguente) prima della Pinzolo-Laghi di Cancano, arrivo inedito e spettacolare dopo aver scalato anche lo Stelvio (Cima Coppi della corsa rosa) dal suo lato più nobile. Emozioni finite? Nemmeno per sogno. Dopo l’ultima chance per i velocisti ad Asti, ecco la frazione regina da Alba a Sestriere: traguardo a 2mila metri dopo aver affrontato Colle dell’Agnello, Izoard e Monginevro. Una tappa brutale. E se i giochi non saranno ancora risolti, domenica 25 ottobre ultimi fuochi d’artificio con la terza crono da Cernusco a Milano. Per un finale non certo adatto ai deboli di cuore.
FOCUS
/Vincenzo Nibali/ /Mauro Vegni-Direttore Giro d'Italia/ /Geraint Thomas/ /Jakob Fuglsang/POKER DI CAMPIONI
Scopriamo i nomi più attesi dell’edizione 2020
Peter Sagan (Bora Hansgrohe)
La prima volta di Peter Sagan al Giro d'Italia è stata un evento ancor prima di cominciare, grazie al progetto di comunicazione studiato da Rcs Sport che lo ha visto protagonista del lancio dell'edizione 2020. Prima nei panni di una saccente ma simpaticissima guida alla Pinacoteca di Brera, poi in versione sarto per Ermenegildo Zegna, in cucina come chef e al Teatro alla Scala, lo slovacco che ha vinto sette volte la classifica dei velocisti al Tour de France, Fiandre, Roubaix e tre volte i campionati del mondo, è pronto per dare l'assalto alla maglia ciclamino. Riuscirà Hulk a conquistarla al suo primo tentativo? Le premesse sembrano esserci tutte.
Geraint Thomas (Ineos)
Sarà Geraint Thomas il capitano della Ineos. Quasi per caso. Il gallese avrebbe dovuto far parte del trio magico con Froome e Bernal al Tour, invece la sua condizione fisica insufficiente ha portato il team britannico ad affidargli i galloni di capitano al Giro. Per Thomas sarà la quarta partecipazione alla corsa rosa, dove però non ha mai brillato: 118esimo nel 2008, 80esimo nel 2012 e costretto al ritiro nel 2017, dove era tra i favoriti. Non sappiamo bene a che livello sarà, ma uno che ha fatto primo e secondo al Tour negli ultimi due anni merita un certo rispetto.
Vincenzo Nibali (Trek Segafredo)
Dopo l'infortunio al Tour de France del 2018, Vincenzo Nibali non si è mai arreso e, come ci ha insegnato in tutti questi anni di onorata carriera, ha sempre corso all'attacco, senza mai risparmiarsi e cogliendo un secondo posto al Giro di Lombardia e il gradino d'onore nella Corsa Rosa vinta da Carapaz. Ma lo Squalo dello Stretto ha ancora fame di vittorie. Il passaggio in Trek Segafredo si spiega anche così: non lasciare nulla di intentato nel provare a vincere il terzo Giro d'Italia, il sesto Grande Giro se si considerano anche i successi al Tour e alla Vuelta. Sarà la strada a dirci se ci sarà riuscito.
Jakob Fuglsang (Astana)
Il 2020 sarà l’anno giusto per centrare il primo podio in carriera in un grande Giro? La maturazione di Jakob Fuglsang negli ultimi due anni è stata clamorosa, come suggellato dai trionfi alla Liegi l’anno scorso e al Lombardia a Ferragosto. Le corse di tre settimane, però, sono sempre state un po’ indigeste al danese, che vanta come miglior piazzamento un settimo posto al Tour nel 2013. Al Giro è venuto solo nel 2016, quando chiuse 12esimo nella corsa rosa vinta da Nibali, allora suo capitano. Quest’anno, da leader unico dell’Astana, ha la chance per lasciare il segno anche in una corsa così dura e impegnativa. Al momento è uno dei migliori in circolazione.
I favoriti? Con Remco Evenepoel fuori fino al 2021 dopo la rottura del bacino al Giro di Lombardia e Richard Carapaz chiamato dalla Ineos all’ultimo momento al Tour, Vincenzo Nibali ha un’occasione colossale per calare il tris personale. Gli avversari più quotati dello Squalo saranno Jakob Fuglsang, Simon Yates, Geraint Thomas, Rafa Majka e Marc Soler.
“Il Giro ha sempre avuto vincitori di alto profilo e sarà così pure in questa edizione”, chiosa Vegni. “Porteremo inoltre per la prima volta Peter Sagan sulle nostre strade, avremo grandi velocisti e per la classifica nomi importanti come Nibali, Thomas e Yates, che due anni fa fece faville per due settimane. Speriamo che vada tutto bene anche sotto il profilo della sicurezza e della responsabilità del pubblico. Ci stiamo attrezzando per varare un protocollo all’altezza per far sì che sia un grande spettacolo e comunque, per quanto possibile, una grande festa”. Il Giro è pronto. Anche a ottobre. Anche fuori stagione. Con la passione di sempre.
“Porteremo per la prima volta Peter Sagan sulle nostre strade, avremo grandi velocisti e per la classifica Nibali, Thomas e Yates”
“È più facile trovare la neve a maggio che a inizio autunno: confidiamo in un ottobre mite che ci permetta di andare sulle grandi montagne, ma abbiamo pronti piani alternativi”
UN BUSINESS
DA CAPOGIRO
Decine di milioni di spettatori in tv, alla radio e sulle strade per la Corsa Rosa che quest'anno affronta una partenza inedita. Confermandosi evento top dello sport business anche senza carovana e con un calendario avverso
Una Corsa Rosa inedita, in pieno autunno. L’emergenza coronavirus ha fatto slittare a ottobre il via del Giro d’Italia, solitamente il primo dei tre grandi giri ad andare in scena, a inizio maggio. L’edizione numero 103 partirà il 3 ottobre, con ultima tappa fissata per il 25: in mezzo, più o meno lo stesso percorso originale, fatta eccezione per la partenza in Ungheria, che non ci sarà.
La carovana in rosa si muoverà quindi per le strade italiane in un clima inedito, considerando che nella storia il Giro si è corso sempre in maggio, qualche volta anticipando il via a fine aprile o facendo sforare la conclusione a giugno o al massimo a luglio (solo nel 1946). Senza Covid si sarebbe partiti il 9 maggio a Budapest per la 14esima partenza all’estero della storia. Così non sarà, visto che l’Ungheria si è tirata indietro creando anche un danno economico (si parla di circa 10 milioni di euro), con la speranza di far partire il Giro 2021 dalla capitale ungherese.
Il giro d’affari del Giro resta corposo, seppur lontano da quello dei diretti concorrenti. Nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2019, Rcs (che tramite Rcs Sport oltre al Giro organizza anche le classiche italiane come la Milano-Sanremo e Il Lombardia) ha registrato ricavi per 64 milioni di euro dagli eventi sportivi, in larga parte riferibili alla Corsa Rosa, soprattutto per quanto riguarda i diritti tv e le spon-
sorizzazioni. Ulteriore fetta di introiti arriva dalle comunità e dalle municipalità che investono per ospitare la gara: si parla di ticket compresi tra i 65 e i 250mila euro, in base all’importanza della tappa. Con l’eccezione data dalle città di partenza all’estero: Israele ha pagato 6 milioni per ospitare il via dell’edizione 2018.
Il principale partner a livello di diritti tv resta la Rai, con cui Rcs ha rinnovato proprio nel 2019 anche per il 2020 in un nuovo accordo biennale: nel 2017 e 2018 i diritti tv valevano circa 25 milioni compresi gli spazi pubblicitari: cifra secondo indiscrezioni simile se non leggermente più bassa per il nuovo triennio. A questi si aggiungono, quantomeno in Italia, i ricavi da Eurosport, che trasmette in contemporanea la gara sul satellite e sul suo Ott. D’altronde, secondo i dati Rai, gli appassionati del Giro non mancano. Nel 2018, sono stati infatti 28 milioni i telespettatori complessivi collegati con la corsa sulla Rai, mentre 6,6 milioni quelli che hanno seguito il Giro alla radio. Numeri ulteriormente in crescita nel 2019: la media spettatori a tappa, è passata da 1.605.856 del 2018 a 1.634.504, con un incremento importante relativo però alla parte finale della tappa, passata da 1.848.712 del 2018 agli oltre due milioni dell'ultima edizione (2.078.682).
La tappa più vista è stata la Feltre-Croce D'Aune/ Monte Avena di sabato 1 giugno 2019, con 3 milioni e 350mila telespettatori che hanno seguito su Rai2 l'ultima ora e mezza di corsa, pari a uno share del 27,3%: si tratta del miglior risultato degli ultimi cinque anni.
Senza considerare i tifosi sulle strade, con 10 milioni complessivi circa lungo tutto il percorso. Ospitare una tappa, d’altronde, ha costi ma anche benefici: secondo le stime si parla di una ricaduta economica sull’indotto turistico, enogastronomico, ambientale e socio-culturale pari a 2 milioni di euro ogni tappa. E c’è chi va oltre, considerando che in Emilia Romagna, che la scorsa edizione ha ospitato diverse tappe, stimava un indotto nelle città di tappa di oltre 1,5 milioni solo legato alle 2mila persone (atleti, giornalisti, organizzatori) della carovana rosa, con ricadute turistiche da circa 3 milioni di euro.
Eppure, come nel caso del Tour de France, chi forse approfitta meno del giro d’affari sono i ciclisti protagonisti della corsa. Nel 2019 il montepremi complessivo era pari a 1.499.860 euro: Richard Carapaz, colombiano che è arrivato a Verona in maglia rosa, ha incassato 265.668 euro, contro i 133.412 di Vincenzo Nibali (secondo) e i 68.801 di Primoz Roglic, giunto terzo. Per quanto riguarda i premi giornalieri, invece, in ogni arrivo di tappa sono stati messi in palio 27.540 euro, 11mila dei quali sono andati a chi ha tagliato per primo il traguardo. Poi ci sono i premi legati alle maglie. Indossare quella rosa è valso 2mila euro al giorno, mentre 10mila euro sono
andati a chi ha vinto la classifica a punti (Pascal Ackermann) e al miglior giovane (Miguel Angel Lopez), con 5mila euro per Giulio Ciccone, vincitore della classifica degli scalatori. Non mancheranno, nell’edizione 2020, i grandi campioni: tra gli altri, ci sarà soprattutto l’esordio in Italia di Peter Sagan. Il campione slovacco della Bora Hansgrohe, tra i ciclisti più pagati al mondo (circa 6 milioni di euro a stagione, stando alle indiscrezioni), sarà senza dubbio tra i più seguiti nell’edizione alle porte. Sagan mai aveva corso il Giro d’Italia in carriera: intanto, Rcs lo ha già scelto come uomo immagine, con lo slovacco protagonista in diversi video promozionali. Non mancheranno gli altri campioni, come Nibali, Fuglsang e Thomas, nonostante il nuovo calendario post-lockdown abbia decisamente penalizzato il Giro d’Italia, che si disputerà praticamente in concomitanza con Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix e Liegi-Bastogne-Liegi. Ma lo spettacolo, seppur in una veste nuova anche a livello di clima, non mancherà.
Ospitare una tappa ha una ricaduta economica sull’indotto turistico, eno-gastronomico, ambientale e socio-culturale pari a 2 milioni di euro
La sponsorizzazione 'pura' nacque nel ciclismo ad opera di un campione intelligente e visionario che, in anni di crisi per l’industria, ebbe l’intuizione di far scrivere sulle maglie un nome che non fosse necessariamente quello di una fabbrica di biciclette.
Si chiamava Fiorenzo Magni
/Fiorenzo Magni in maglia Nivea-Fuchs/L’INVENZIONE DELLO SPONSOR
Dalle squadre con i nomi dei soli costruttori di biciclette sulle maglie alla nascita della Nivea-Fuchs di Fiorenzo Magni e poi della Salvarani di Felice Gimondi e della Molteni di Eddy Merckx. Così il ciclismo dell'epoca d'oro ha rivoluzionato per sempre il mondo dello sport business
La parola 'sponsor', ovviamente, l’avevamo inventata noi, nel senso di noi latini. Voleva semplicemente dire “colui che si fa da garante per le nozze”: cioè ilfinanziatore che, detto in soldoni, ne sosteneva i costi nel caso gli sposi avessero avuto qualche difficoltà economica. Poi, come tante altre espressioni nate dalle nostre parti, prima era andata a imbellettarsi in America (in Inghilterra) e poi ci era stata restituita griffata da grande novità, proprio come è accaduto con forum, stadium, audit, summit o media, con storpiature di pronuncia che, peraltro, fanno sistematicamente rivoltare il povero Cicerone nella tomba.
Oggi è molto difficile scindere il concetto di “sponsor” dalla pratica dello sport, qualunque sia la disciplina. Eppure noi che, con scarsa propensione alla sintesi, abbiamo parlato per decenni di “abbinamento pubblicitario”, non sempre ne ricordiamo – o addirittura ne conosciamo – genesi ed evoluzione. Nella storia sportiva del nostro Paese sono due i filoni di approccio dei marchi extra-settoriali a una disciplina agonistica: da un lato quello del percorso dopolavoristico aziendale e dall’altro l’abbinamento vero e proprio. Nel primo caso rientra la primissima (e fortunata) forma di sponsorizzazione nello sport italiano: quella della Borletti, azienda produttrice all’epoca di orologi e successivamente di macchine da cucire, dal cui dopolavoro nacque, addirittura negli anni ’30, la squadra di basket dell’Olimpia Milano (ora Armani, con varie declinazioni).
Una squadra che, con quella scritta 'laica' sul petto, vinse quattro scudetti prima della Seconda guerra mondiale e altri cinque fra gli anni ’40 e ’50. La sponsorizzazione “pura”, invece, nacque nel ciclismo, ad opera di un campione intelligente e visionario che, in anni di crisi per l’industria (l’Italia stava allora cominciando a motorizzarsi), ebbe l’intuizione – che oggi sembra normale, ma che in realtà, non solo era rivoluzionaria, bensì andava contro i regolamenti – di scrivere sulle maglie un nome che non fosse necessariamente quello di una fabbrica di biciclette come Bianchi, Olmo, L gnano, Torpado, Bottecchia, Atala, Benotto o altri.
Questo campione – campione autentico – si chiamava Fiorenzo Magni ed ebbe il solo torto di incastrare la sua carriera fra quelle di Coppi e Bartali. Ma vinse comunque tanto, vinse quasi tutto. Solo che, alla fine del 1953, la Ganna, sua storica squadra, dovette ritirarsi dalle competizioni per motivi economici. Lui non si arrese, mise in moto un cervello acutissimo (che poi ne avrebbe fatto anche un ottimo imprenditore) e, dopo aver bussato inutilmente alla porta di altre aziende del settore, cercò di capire a chi potesse essere utile un nome stampato sul petto di un corridore. Gli vennero in mente i visi scottati dal sole di migliaia e migliaia di tifosi sulle grandi vette alpine del Giro, ma anche sulle terribili e aride montagne pirenaiche del Tour, come l’Aubisque, l’Aspin e il Tourmalet.
E così, grazie a due amici giornalisti, si fece ricevere dal ragioniere Guglielmo “Willy” Zimmerman, uno svizzero titolare della multinazionale Nivea. In pochi minuti si passò dallo stupore per quell’incontro (“Scusi Magni, che c’entriamo noi col ciclismo?”) a un vero ed entusiasta matrimonio d’amore che quintuplicò in due anni la produzione delle scatolette metalliche della celebre crema, peraltro utile un po’ per tutto e pronta a cogliere al volo, su questa scia vincente, la prima grande richiesta di prodotti solari da spiaggia.
La sponsorizzazione – anche se, ovviamente, all’epoca non si chiamava ancora così – fu talmente fortunata che, appena un anno e mezzo dopo, Magni conquistò il Giro d’Itzlia con quel marchio sulla maglia rigorosamente azzura come i colori sociali. L’unico inconveniente “burocratico” fu che la Federazione non permise in un primo momento la presenza esclusiva sulle divise di un marchio extra-settoriale. Così Magni, in pochi giorni, coinvolse una fabbrica milanese di biciclette poco più che artigianale per mettere tuto a norma: e nacque la Nivea-Fuchs. Quell’operazione, nel ciclismo e nello sport in generale, fu una specie di caduta del muro di Berlino. Dal 22 dicembre 1953 quando la squadra venne presentata ufficialmente alla Terrazza Zucca di Milano, tutto cambiò. I grandi marchi prima affiancarono e poi in buona parte sostituirono integralmente quelli “ciclistici”: alc ne fabbriche sconosciute (per tutte la Salvarani e la Molteni, ma non solo) divennero famose in Italia, in Europa e poi in tutto il mondo. Grazie a un colpo di genio e a una crema per non scottarsi.
/L'iconica maglia blu-camoscio della Molteni con cui Eddy Merckx ha colto 246 vittorie, compresi 5 Giri d'Italia e altrettanti Tour de France/ *Giornalista Rai e commentatore di tante edizioni del Giro d’Italia, ha condotto e ideato trasmissioni storiche come Il processo del lunedì, La Domenica Sportiva, Pressing, Quelli che il calcio. /Felice Gimondi in maglia Salvarani/VERY ITALIAN, ERY FRANCIACORTA
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ENEL
Dalla maglia rosa al Giro E, tra storia e innovazione
In principio fu Estathé, primo sponsor ufficiale della maglia rosa a partire dall’edizione 1997.
Poi è toccato a Balocco e, dal 2016, sulla divisa del primato campeggia il logo di Enel, al quinto anno di sponsorizzazione del Giro d’Italia. Una partnership che si è trasformata anche in innovazione. Nel 2018, infatti, Enel, con la società dedicata ai prodotti e servizi innovativi della multinazionale italiana, Enel X, è diventata title sponsor della prima gara ufficiale del Giro E, il Giro d’Italia in bici elettrica.
Evento confermato anche per il 2020 e che si svolgerà sulle strade della Corsa Rosa con biciclette a pedalata assistita dal 4 al 25 ottobre. In totale saranno 18 tappe, con un chilometraggio giornaliero che può variare dai 70 ai 115 km. Nel 2019 i numeri parlavano di cinque produttori di motori, sei marchi di bici, dieci squadre, 18 tappe, 533 ciclisti coinvolti, 1.829 chilometri percorsi e 24 mila metri di dislivello positivo.
MEDIOLANUM
La tenacia e il risultato per lo sponsor più longevo Lo sponsor più longevo del Giro, con una partnership che nel 2020 diventa maggiorenne per il 18° anno consecutivo. E anche uno sponsor capace di far cambiare colore ad una maglia storica.
Banca Mediolanum è infatti il brand che dal 2003 accompagna il Gran Premio della Montagna e la sua classifica, con il vincitore premiato fin dal 1974 con la maglia verde: dal 2012, tuttavia, il cambio di colore, passando all’attuale azzurro che richiama il logo della banca fondata da Ennio Doris. Una grande passione, quella per il ciclismo, da parte della famiglia Doris: tanto che il figlio Massimo ha realizzato un libro dal titolo #StorieDalGiro, in cui si racconta anche quella che è stata la case-history per la comunicazione dell’azienda. “Tutto è cominciato con un contratto di tre anni, e siamo arrivati fin qua”, ha ricordato Massimo Doris. “Era il 2003 quando Rcs ci propose il premio allo scalatore. La maglia azzurra è un po’ la storia di questo Paese, dello sforzo per raggiungere un risultato”.
SEGAFREDO ZANETTI
Caffè e ciclamino, così si vola verso il traguardo Altro sponsor, altro cambio colore per la maglia. Ma, in questo caso, è un ritorno al passato. Segafredo Zanetti è infatti sponsor del Giro dal 2017, anno in cui è stata anche reintrodotta la maglia ciclamino per la classifica a punti: un ritorno alla versione storica, introdotta fin dal 1967. Inizialmente tuttavia era rossa, poi è spuntato il color ciclamino con sponsor Termozeta dal 1970 al 2009.
/Elia Viviani in maglia ciclamino/ /Miguel Angel Lopez in maglia bianca/ /©LaPresse, Courtesy RcsSport/NAMEDSPORT
Per vincere le tappe: performance e nutrizione Il brand che accompagna il vincitore di tappa ha fatto man bassa nelle partnership con il ciclismo, sia a livello di competizioni che come squadre e team. L’azienda italiana di nutrizione sportiva è infatti dal 2016 Top Sponsor del Giro d’Italia, dal 2017 Official Sponsor de La Vuelta a Espana e nel 2019 ha conquistato anche il Tour de France. Tris dei Grandi Giri che si aggiunge alle partnership con le Grandi Classiche del Nord, ma anche delle Classiche italiane e di Volta a Catalunya, Tour de Yorkshire, Vuelta a San Juan. In sostanza, tutto il meglio che il ciclismo mondiale può offrire, oltre agli accordi con i singoli team come, tra gli altri, la Trek-Segafredo e l’Astana Pro Team. La storia di Namedsport ha inizio nel maggio 2014, quando è stata lanciata una linea di prodotti di nutrizione per migliorare la performance sportiva, nata dalla collaborazione con Named, azienda farmaceutica italiana di riferimento nel campo della fitoterapia e della Natural Medicine.
/La tappa dello Zoncolan/ /©LaPresse, Courtesy RcsSport/DA TOYOTA, AUTO UFFICIALE, A TISSOT, CRONOMETRISTA DELLE GARE ORGANIZZATE DA RCS SPORT FINO AL 2022. GLI ALTRI PARTNER CHE SOSTENGONO IL GIRO
TOYOTA
QUATTRO RUOTE IN PIÚ
Tra gli sponsor del Giro d’Italia (e del Giro E) ha fatto il suo ingresso l'anno scorso Toyota come official car e lo sarà anche per l'edizione numero 103 della Corsa Rosa. L'accordo con Rcs Sport prevede, peraltro, che la casa nipponica sia auto ufficiale per tutte le gare di ciclismo organizzate dai promotori del Giro. Cosa che Toyota fa con sostenibilità e inventiva. La partnership, grazie all'utilizzo di auto ibride elettriche, permette di abbattere le emissioni di gas. L'attesa per il Giro, inoltre, è stata alimentata dal podcast Toyota presenta Il Giro che vorrei dove la prosa e la voce di Giovanni Bruno hanno raccontato aneddoti e curiosità su tappe storiche e protagonisti della gara ciclistica più amata dagli italiani.
Motor Italia/ TESTO MATTEO SPAZIANTESPONSOR
TISSOT
La misura del successo
Una delle partnership più recenti, quella Tissot che è diventato il cronometro ufficiale non solo della Corsa Rosa ma anche di tutte le gare italiane organizzate da Rcs Sport fino al 2022. Una partnership celebrata con il lancio del Tissot Chrono XL
Giro d’Italia 2020, cronografo con diametro di 45 mm che rende omaggio alla prima collaborazione tra Tissot e il Giro. Anche in questo caso, il rapporto tra l’azienda svizzera e lo sport è particolarmente stretto. Oggi infatti Tissot è cronometrista ufficiale e partner di molteplici discipline sportive, tra cui il basket (Nba e Fiba), il motociclismo (MotoGP e Superbike Fim) e molti altri sport come l’hockey su ghiaccio, la scherma, il rugby e il ciclismo, dove è presente da ormai 50 anni partecipando a svariati eventi. Nel 1995 è arrivata l’associazione con l’Unione Ciclistica Internazionale (Uci) mentre negli ultimi anni è arrivato il Grande Slam delle principali corse, considerando che, oltre al Giro, è partner anche di Tour de France e Vuelta dal 2016.
CONTINENTAL
Chilometri in sicurezza
Official Partner del Giro dal 2018 per tre anni, Continental, che collabora con Shimano anche per la fornitura di pneumatici (auto e bici) per il servizio di assistenza tecnica neutrale nella Corsa Rosa, ha una lunga esperienza di partnership con il mondo dello sport. E non solo nel ciclismo, dove, come altri brand di cui abbiamo parlato, ha completato idealmente il trittico delle più prestigiose corse a tappe a livello mondiale con Tour de France e Vuelta. In particolare, l’attenzione dell’azienda di pneumatici fondata nel 1871 ad Hannover è stata soprattutto verso il mondo del calcio. Basti pensare che sin dal 1900 Continental ha realizzato palloni in gomma, lanciando le prime 'sponsorizzazioni' offrendo anche un lavoro a Werner Müller e Rolf Paetz, giocatori dell’Hannover. Negli anni ’90, poi, è arrivata la partnership probabilmente più nota, con la sponsorizzazione dal 1995 al 2000 della Uefa Champions League, che ha aperto le porte agli Europei (2008, 2012, 2016) e alla Coppa del Mondo (2006, 2010, 2014).
/Tissot Chrono XL Giro d’Italia 2020/ /Chris Froome in maglia rosa firma uno pneumatico Continental alla partenza di una tappa /INTIMISSIMI
La discrezione del primato
La partnership forse più particolare che riguarda il Giro d’Italia, una collaborazione iniziata nel 2019 e che continuerà nel 2020, riguardante soprattutto la Maglia Rosa. Le divise del leader della classifica generale, sia quella da gara che da premiazione, presentano infatti uno sponsor interno: il brand infatti non si vede quando la maglia è chiusa con la zip e diventa perfettamente visibile solo una volta slacciata. Una scelta particolare, che richiama tuttavia il mercato dell’azienda. Il logo Intimissimi Uomo è così a contatto con la pelle dello sportivo, a ricalcare il claim 'Vivi l’emozione sulla tua pelle'. Nel mondo dello sport, Intimissimi, brand del gruppo Calzedonia, era già sponsor della Fisi (Federazione Italiana Sport Invernali) prima che passasse a Falconeri, marchio sempre dello stesso gruppo. Calzedonia ha investito anche nella pallavolo (per sette stagioni sponsor del Verona Volley maschile) e nel basket (conTzenis nella Scaligera Basket).
BIANCHI
Costanza, visione e sostenibilità
La storica corsa italiana e la storica fabbrica delle biciclette. Bianchi è infatti la bicicletta ufficiale della Corsa Rosa dal 2020 e lo sarà per i prossimi tre anni, in una partnership che riguarda anche le altre gare organizzate da Rcs Sport (come l’UAE Tour negli Emirati Arabi, Il Lombardia e dal 2021 le Strade Bianche). Inoltre, fornisce biciclette in dotazione al servizio di assistenza tecnica operato da Shimano ed è partner ufficiale del Giro Virtual e soprattutto del Giro E, quest’ultimo attraverso il primo progetto di mobilità elettrica intelligente applicata al ciclismo, Bianchi Lif-E. Il marchio Bianchi è tra quelli storici del ciclismo: fondato a Edoardo Bianchi a Milano nel 1885, il nome è associato ad alcuni dei più grandi tra i atleti della storia del ciclismo come Fausto Coppi, Felice Gimondi, Marco Pantani, Mario Cipollini e Jan Ullrich. Oggi, è legato alla Jumbo Visma, la squadra del numero uno del ranking UCI, Primoz Roglic.
/L’interno della maglia rosa/ /Fabrizio Scalzotto, ceo di Bianchi, nella sede della Gazzetta dello Sport/CASTELLI
Lo scorpione è sostenibile
Un altro brand storico, questa volta per le maglie. Se infatti sono diversi i brand che compaiono sulle divise, dal 2017 il logo che c’è sempre è quello dello scorpione di Castelli, in una partnership che rimanda al passato: l’azienda veneta era già stata partner tecnico nelle edizioni degli anni '80 e '90, con l'ultima edizione del 1992 in cui trionfò Miguel Indurain. In precedenza, a fornire le maglie era la bergamasca SMS Santini, in un accordo che durava dal 2002. Le divise per il Giro d’Italia 103, prodotte da Manifattura Valcismon, sono realizzate con tessuti in fibre di poliestere riciclati, derivanti principalmente da bottiglie di plastica, mentre a livello di design la grafica richiama la forma del Trofeo Senza Fine, con i loghi del Giro d’Italia in gomma rialzati sulle maniche e Amore Infinito stampato sul retro della tasca. Ma non c’è solo il Giro, considerando che Castelli realizza le maglie anche del Team Ineos, ex Sky, vincitrice della Corsa Rosa con Froome nel 2018 e delle ultime cinque edizioni del Tour De France.
SELLE ITALIA
Spirito da gregari e capacità di innovazione
Merckx il Cannibale, lo Sceriffo Moser, l’indimenticabile Pirata sono solo alcuni dei grandi campioni che hanno corso e vinto su Selle Italia, anche al Giro. Lo spirito e l'esperienza del gregario, però, è uno dei valori che ispira questo brand vincente e innovativo nella ricerca di materiali e soluzioni tecniche, nato 123 anni fa a Corsico alle porte di Milano. Sponsor del Giro per l'edizione 2020, Selle Italia fornisce anche top team come Israel Startup Nation, Lotto Soudal, NTT Pro Cycling, Cofidis, Alpecin Fenix, Novo Nordisk e Bardiani CSF Faizané. Senza dimenticare, ciclismo femminile, ciclocross, mtb e persino un triatleta vincente come Patrick Lange. L’atleta simbolo degli ultimi anni però è l’olandese Mathieu Van Der Poel, fenomeno del ciclocross, già in grado di cogliere successi sulla strada come l’Amstel Gold Race 2019.
/Le maglie del Giro firmate Castelli/ /©Sella Italia/It'snotjustasport,it'salifestyle.
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CURVE SENZA APPOGGIO
TESTO ANDREA RONCHI
Siamo in discesa e la curva, magari un tornante, si avvicina. Come l’affrontiamo?
La regolazione della velocitài è mportante ma, anche andando piano, la scivolata è dietro l’angolo. Il motivo principale è la mancanza delle giuste forze impressa alla bicicletta.
In questo appuntamento trattiamo le curve senza sponde o paraboliche, quelle su terreno piano in discesa. L’approccio alla curva è quello della posizione base, vista nel primo numero di BIKE: in piedi sui pedali, pedivelle alla stessa altezza e peso ber ripartito su entrambi i pedali.
Gambe estese (non rigide), ginocchia in posizione naturale e non strette a cercare la sella. Busto piegato in avanti quasi a 90° e schiena piatta con braccia larghe e gomiti piegati.
La bicicletta deve essere libera di muoversi liberamente tra le gambe in modo che il biker non sia coassiale al mezzo. Le biciclette girano inclinandosi verso l'interno della curva ma l'effetto giroscopico è solo una delle componenti che intervengono.
Guarda e impara come curvare. Inquadra la pagina con l’app BFC AR per visionare il video di tecnica di guida per la mtb e gli esercizi per imparare.
Sono le più frequenti sulle strade sterrate e quelle a maggior rischio caduta. Ma con le giuste nozioni di TECNICA DI GUIDA PER LA MOUNTAIN BIKE possono diventare semplici e persino divertenti
Dalla posizione base, dove le dita sono sempre sui freni, adeguiamo la velocità. Lo sguardo è sempre rivolto in avanti, lontano dalla ruota anteriore.
La prima cosa da fare è abbassare il pedale esterno alla curva così da caricare tutto il peso del corpo sul pedale. Se correttamente effettuato questo movimento porterà il pedale esterno al raggio di curva a essere totalmente abbassato. Se volete essere sicuri di avere tutto il peso sul pedale esterno potete staccare l’altro piede dal pedale interno che sarà alzato.
Contestualmente all'abbassamento del pedale, la bicicletta dovrà essere indirizzata a curvare e spinta verso l'interno della curva. Questo provocherà un’inclinazione del mezzo (attenzione non del corpo in stile pilota di moto!). Lo sguardo, fondamentale, sarà già rivolto al centro della curva.
Le mani sulle manopole imprimeranno sul manubrio una discreta forza e il peso centrale permetterà all'avantreno di non essere mai scarico. La mano interna al raggio di curva eserciterà una spinta del manubrio verso l'interno curva, quella esterna aiuterà con un’impercettibile azione sterzante compiendo quasi una trazione verso l'alto. Abbiamo detto impercettibile ma comunque presente.
Caricando in questo modo la ruota anteriore, diamo direzionalità alla spalla interna del copertone che, deformandosi, avrà il grip necessario per non scappare verso l'esterno, dirigendosi in questo modo verso la traiettoria che i nostri occhi hanno precedentemente individuato.
Il peso sul pedale esterno al raggio di curva serve invece a caricare la spalla interna del copertone posteriore, anche qui per deformarlo facend aumentare l'attrito del medesimo, impedendo pericolosi slittamenti a derapare.
La gamba in appoggio sul pedale esterno non dovrà mai essere rigida ma flessa, per facilitare il compito del bacino che vedremo nelle curve evolute.
Al centro della curva lo sguardo è già rivolto verso il punto d’uscita che, una volta raggiunto, ci riporterà alla posizione base.
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Dal cambio alla catena, dai serraggi alle gomme: ecco una serie di semplici ma fondamentali interventi per pedalare in sicurezza e comodità. Anche in città
Il giusto settaggio e adeguati controlli sono fondamentali prima di salire in sella, sia che si tratti di una gita fuoristrada che dello spostamento casa-lavoro. Il famoso detto 'hai voluto la bicicletta, adesso pedala', non corrisponde proprio a verità. Prima di pedalare, c’è da sistemare il mezzo, ovvero fare in modo che sia performante e soprattutto sicuro. Tanti hanno sfruttato il bonus mobilità per acquistare una nuova bicicletta, l’hanno parcheggiata in cantina e sono partiti per le vacanze, con il buon proposito, al rientro, di farla diventare il mezzo principale per recarsi al lavoro. Una bicicletta, però, non è un’automobile, a cui basta spostare avanti o indietro il sedile per adattarsi ma, che sia nuova o usata, ha bisogno di una serie di semplici ma fondamentali interventi, prima di poter pedalare in sicurezza e comodità. Un tagliando base, insomma. Non servono grossi lavori. Si tratta di operazioni di manutenzione piuttosto semplici che però, se effettuate regolarmente, assicurano alla nostra bici e ai suoi componenti una lunga durata e sempre un ottimo funzionamento.
LAVARE LA BICI
La bici va lavata accuratamente in ogni sua parte, in particolare va pulito in maniera approfondita il pacco pignoni. Questo va fatto anche se è una bicicletta nuova rimasta ferma per tanto tempo in cantina, per rimuovere tracce di polvere e residui di umidità. Un'accurata pulizia rende più semplice intervenire sui vari componenti e rende più facili, veloci e precise le regolazioni da effettuare. Dopo averla pulita dobbiamo effettuare l’operazione di lubrificazione della trasmissione e delle varie parti. Importante: utilizzate sempre prodotti specifici per bici, evitando i prodotti di uso domestico (sgrassatori) o prodotti aggressivi come il petrolio bianco. Se proprio non avete altro, ricordatevi di diluirli con abbondante acqua.
CONTROLLO USURA CATENA
La catena usata deve essere periodicamente controllata, con un apposito attrezzo, per misurarne il consumo, ovvero quanto si è percentualmente allungata. Un allungamento può arrivare fino all’1% della lunghezza complessiva e, oltre tale consumo, sarà necessario sostituire non solo la catena ma anche il pacco pignoni. Sostituire la catena quando si presentano i primi sintomi di un eccessivo allungamento (tra lo 0,5% e lo 0,75% della lunghezza complessiva) consentirà di mantenere in perfetta efficienza anche il pacco pignoni.
REGOLAZIONE CAMBIO
Se il cambio è stato montato regolarmente non necessita di interventi periodici. Se durante l’uso della bici si nota una certa difficoltà nel passare da un rapporto all’altro, è necessario aumentare la tensione del cavo agendo sui regolatori posti sulle leve, ruotandoli in senso antiorario. Se questa operazione non risulta sufficiente, è possibile che il cambio si sia piegato per un urto e sarà necessario raddrizzare il supporto che lo collega al telaio (forcellino), rivolgendosi a un meccanico specializzato.
CONTROLLO FRENI E RUOTE
Se si tratta di freni a disco una volta verificato che le pastiglie siano nuove o che ci sia ancora materiale di usura, dobbiamo fare un controllo alla corretta centratura pinza. Verifichiamo che il freno funzioni regolarmente e che la frenata sia efficiente. Se così non fosse, potrebbe essere necessaria un'operazione di spurgo, rivolgendosi a un meccanico esperto. Ruote e gomme. Verifichiamo la corretta tensionatura dei raggi: se la ruota gira dritta non sarà neanche necessario smontarla, altrimenti bisognerà portarla da un bravo meccanico, munito degli strumenti adatti (centraruote e tiraraggi). Controlliamo la pressione di gonfiaggio delle gomme. La giusta pressione è indicata sullo stesso copertone ed è necessario munirsi di una pompa col manometro.
CONTROLLO SERRAGGI
Ultimo, ma non meno importante controllo da fare, è quello dei serraggi. Con una chiave dinamometrica dobbiamo controllare che tutte le viti della bicicletta siano strette alla giusta coppia. I punti di controllo che abbiamo visto possono sembrare molti, ma in realtà sono tutti necessari per assicurarci che tutto sia in ordine e ben lubrificato.
In collaborazione con Konrad larussi, accademia nazionale MTBPosizione di guida, distanza ischiatica, design e materiali. Ecco tutti i fattori che influenzano la scelta della sella più idonea. Ma è sempre bene affidarsi ai suggerimenti di personale qualificato
/©Photo Markus Spiske/Unsplash/ Rivedi la puntata di BIKEITALIA LAB dedicata a ‘Bici e dolori in sella’.Come scegliere la SELLA ideale
Per stare comodi in città oppure per ottenere migliori prestazioni quando si pratica sport, il sellino è fondamentale.
Ecco quali sono i fattori da prendere in considerazione nella scelta secondo gli esperti di Bikeitalia.it
Dei sei punti di contatto tra chi guida e la bicicletta, due mani, due piedi e la coppia di ossa ischiatiche del bacino, quest'ultima è senza dubbio la zona più sensibile. Le ossa ischiatiche, infatti, si trovano nella parte bassa del bacino, in corrispondenza del pavimento pelvico, e sono quelle che poggiano sulla sella quando si pedala. Ma come fare a capire qual è la sella ideale per sé? Proviamo a fissare qualche punto fermo. Come spiega un e-book gratuito di Bikeitalia.it, realizzato in collaborazione con Selle Royal e scaricabile dal sito, cinque sono i fattori che influenzano la scelta della sella più idonea. Il primo è rappresentato dalla posizione di guida che si tiene sulla bicicletta, più o meno flessa sul manubrio e a cui corrispondono diverse tipologie di selle: si va da un’inclinazione del tronco di 90°, piuttosto comoda e rilassata e in cui l’appoggio è concentrato sulle ossa ischiatiche, a posizioni intermedie con angolo di 60°, dove la pressione è distribuita tra parte anteriore e posteriore, fino a un angolo di 45° o addirittura inferiore per i più sportivi, scaricando parzialmente le tuberosità ischiatiche dal compito si supporto e aumentando progressivamente la pressione sui tessuti molli del perineo.
Il secondo fattore che influenza la scelta della sella è rappresentato dalla distanza ischiatica, ovvero tra i due punti simmetrici di appoggio, che può essere misurata utilizzando i dispositivi presenti nei negozi più professionali oppure anche in modo empirico facendo da sé, come spiega l’e-book, ma è sempre meglio farsi assistere da esperti e personale qualificato. Anche a seconda della distanza ischiatica, infatti, la tipologia di prodotti sul mercato offre diverse soluzioni. Terzo e quarto fattore sono rappresentati rispettivamente dal design e dai materiali, compresa l’imbottitura, che caratterizzano la sella e che contribuiscono a determinare ergonomia e comodità della posizione di guida.
Da ultimo, il quinto fattore che Bikeitalia.it suggerisce di prendere in considerazione è l’eventuale presenza o meno del buco al centro della sella che può aiutare a scaricare la pressione sui tessuti molli perineali. Anche questo è un aspetto che conferma l’importanza di fare affidamento sui consigli di professionisti autorevoli e qualificati nella scelta della sella. Sia che si tratti della bici da città o di una trekking bike sia che si tratti del mezzo con cui fare sport, anche fosse soltanto a livello amatoriale.
Suggerimento altrettanto utile contenuto nell’e-book di Bikeitalia.it è come riconoscere quando una sella è da cambiare. I sintomi che lo suggeriscono sono facilmente riscontrabili: osservando la bicicletta con la giusta attenzione si noterà infatti quando la sella è ormai sfondata, se presenta screpolature o tagli, se fa rumore, se perde di elasticità oppure se diventa improvvisamente scomoda provocando fastidi.
TESTO GIACOMO PELLINIL’ASSICURAZIONE
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ALL' ARIA APERTA
DEEJAY
A PEDALI
DALLA RISCOPERTA DELLE DUE RUOTE IN ETÀ ADULTA ALLA MILANO-RICCIONE DOPO L’OPERAZIONE ALLA SCHIENA. LINUS RACCONTA IL SUO RAPPORTO
CON LA BICICLETTA, TRA RICORDI, IMPRESE, SFIDE E PROGETTI
Anche i miti, a volte, hanno un loro ambito in cui rimanere un po’ bambini. Un cortile, reale o figurato, dove preservare una dimensione di purezza e semplicità. È così anche per quella leggenda della radiofonia italiana che di nome fa Pasquale Di Molfetta, noto a tutti come Linus, che ogni giorno intrattiene i milioni di italiani che lo seguono su Radio Deejay, dai microfoni di ‘Deejay Chiama Italia’, il programma che dai primi anni ’90 conduce.
In un angolo di quel cortile Linus ha ritrovato la bicicletta, la sua nuova “valvola di sfogo” dalle fatiche quotidiane del lavoro, dopo migliaia di chilometri a correre e una ventina di maratone. Quella per le due ruote è una “passione nata come evoluzione di quella per la corsa”, ci ha confidato durante un’intervista nel suo ufficio a Radio Deejay, che potete vedere su BIKE (il canale di BFC Media visibile sul digitale terrestre al tasto 259 e da settembre anche su Sportitalia al multicanale smart 60, sempre del digitale terrestre). Una “buona alternativa”, ci ha detto, ma non un “rimpiazzo totale”.
Conduttore prima, direttore artistico poi e da aprile direttore editoriale dell’intero polo radiofonico del gruppo Gedi, Linus è di casa a Deejay da più di quarant’anni. Fino a quando? Se lo è chiesto fin dal titolo col romanzo autobiografico edito da Mondadori in cui immagina il suo ultimo giorno in radio, quasi come un ciclista che si appenda per l’ultima volta il pettorale di gara sulla maglia. Momento non lontano, ma che non è ancora arrivato. Intanto, come contributo a reggere lo sforzo, Linus si sfoga con due giorni di corsa e due di bicicletta, a regime, ogni settimana. Dopo la Maratona delle Dolomiti, l’Eroica e tanti, tanti, chilometri macinati in compagnia del suo gruppo, gli Spietati, a 62 anni Linus si è reso protagonista di una nuova piccola impresa. Da Milano a Riccione, dove è nata la sua compagna di vita, Carlotta, madre dei figli Filippo e Michele. Un percorso di due giorni con sosta a Modena per un totale di 380 chilometri e con arrivo a temperature da grande giro che sfioravano i quaranta gradi. Perché? L’ha raccontato lui stesso sui social, documentando con brevi video ogni sosta: “Perché un anno fa, in questi giorni, ero in un
abisso di dolore e frustrazione per le due operazioni consecutive alla schiena. E per ringraziare il Cielo che mi ha permesso invece di tornare a godere di piccole cose come queste”. Come godeva delle biglie da bambino, quelle che avevano dentro i ritratti dei campioni del pedale, il suo primo ricordo legato alla bicicletta. “Faccio parte di quella generazione per cui i nomi di Gimondi e Merckx, Basso e Adorni erano familiari”. Un mondo “da adulti” ma che, “grazie a quel gioco, si faceva presente presso noi ragazzini”. Una finestra “che è sempre rimasta aperta”, confida, anche durante il boom della radio, negli anni ’80 e ’90, e che finalmente ha riscoperto. Dopo essersi in parte perso l’epoca Pantani, Linus ha sognato con Nibali e, con occhio veramente critico e attento, ora apprezza le gesta dei “crossisti” Van Aert e Van Der Poel, le “fucilate” di Evenepoel e Alaphilippe. “Tra gli italiani sento al telefono Matteo Trentin: quanto mi è spiaciuto che abbia perso il mondiale per pochi metri…”. Una volta ha visto il Giro d’Italia a bordo dell’auto del direttore di corsa, nella tappa con Aprica e Mortirolo: “Incredibile quanto andava veloce Contador in discesa”, rammenta.
Per chi non ha vissuto gli anni d’oro della radiofonia in Italia, il brand Deejay è associato al motto ‘Run Like a Deejay’, che ha fatto la fortuna della Deejay ten, la dieci chilometri di corsa organizzata dall’emittente, tra le più amate dai runner. Un’esperienza che Linus ha provato a replicare con la Deejay 100, ispirandosi alla celeberrima Ride London: un festival delle due ruote che, in un Paese fino a poco tempo fa “vergine” di ciclismo, coinvolge, con più eventi durante l’ultimo fine settimana di luglio, decine di migliaia di persone, appassionati e non solo, per pedalare 100 miglia in un clima di festa e gioia. Linus è riuscito a convincere il sindaco di Milano, ma non vuole che la Deejay 100 diventi una delle tante granfondo per fissati delle salite e dei quaranta chilometri orari di media. Vuole che rimanga un’iniziativa pop, proprio come Radio Deejay, dove portare anche famiglia e bambini. Una sfida che quest’anno è stata fermata dal coronavirus. L’anno prossimo si vedrà.
Faccio parte della generazione per cui i nomi di Gimondi e Merckx, Basso e Adorni erano familiari
MORBEGNO
PER TUTTI I GUSTI
TESTO STEFANO ERBILa cittadina anello di congiunzione tra la Valtellina e il lago di Como diventa punto di partenza per itinerari turistici e piste per e-bike ed enduro
Che la Valtellina sia una delle mete preferite dai ciclisti non è una novità. Il Sentiero Valtellina è una delle attrazioni turistiche che da sempre connotano la stagione estiva della valle lombarda. Da Colico, costeggiando il fiume Adda, la strada ciclopedonale di 114 chilometri, permette di raggiungere Bormio. Numerosi luoghi d'interesse costellano il percorso, accessibile da 46 ingressi differenti, che annovera 40 aree di sosta e sette punti noleggio. Una delle prima tappe, a 20 chilometri da Colico, è Morbegno, vivace cittadina da sempre considerata anello di congiunzione tra il lago di Como e la Valtellina. Eletta Città Alpina 2019 grazie all’impegno nella rivalutazione del territorio in chiave moderna ed eco-sostenibile, Morbegno diventa punto di partenza per numerosi itinerari ciclo-turistici.
/ Festival Ride
Si tratta di un percorso adatto a ogni livello di abilità. Un itinerario cross-country di 37 chilometri e 1400 metri di dislivello che unisce divertimento attraversando il versante retico della vallata. Lungo il percorso si incontrano vigneti, castelli, borghi storici, chiese monumentali, cantine scavate ll’interno delle rocce e punti panoramici che abbracciano l’intera Bassa Valtellina e l’alto Lago di Como.
/ E-BikeEnduro
Se siete appassionati di discesa questo è il tracciato che fa per voi. Un vero enduro alpino con single trails naturali con passaggi molto tecnici con un totale di 1000 metri di dislivello negativo (e 1670 tutale).
I sentieri si sviluppano attraversano boschi e radure su un fondo terroso con radici e passaggi rocciosi.
Ma anche con impegnativi trasferimenti su tracciati lastricati e sterrati dove si deve tener sempre d’occhio. l livello di carica. Il percorso di circa 32 chilometri sarà palcoscenico della sfida in programma durante il Valtellina E-Bike Festival (19-20 settembre) ma rimarrà sempre aperto e manutenuto per tutta la stagione.
E-BIKE TOUR
6 E-BIKE TOUR, tre con partenza diretta da Morbegno e altri tre dopo un veloce trasferimento, con destinazione i luoghi più spettacolari della Bassa Valtellina per gli amanti dell'enogastronomia in paesaggi naturali da favola.
/ Castello e vini
Un tour facile e adatto a tutti alla scoperta dei terrazzamenti del versante retico e dei suoi vini, degustati in suggestivi contesti, come l’antico Castello di Domofole. L'area è completamente esposta al sole e il percorso, con fondo quasi completamente asfaltato, si sviluppa attraverso boschi fiabeschi e toccando edifici religiosi artistici imponenti.
INFO TOUR
Partenza: Morbegno
Lunghezza: 22 km
Dislivello: 787 m
Altitudine max: 765 m
Durata: 5 ore
Stile di percorso: per tutti Difficoltà tecnica (1-5): 1
Impegno fisico (1-5): 2
Fondo: 95% strada asfaltata; 5% strada sterrata Da vedere: Ponte di Ganda, Castello di Domofole
/ Val Tartano e ponte del cielo
Un tour senza difficioltà alla scoperta della magia ancestrale della Val Tartano e del Ponte nel Cielo, una delle attrazioni più incantevoli della Bassa Valtellina. Rimasta isolata fino agli anni Sessanta, la Val Tartano ha mantenuto un carattere forte, antico e incantevole. Le dimore costruite con la tecnica bloc-bau (legno a incastri), il profumo dei boschi e la tranquillità degli alpeggi riporteranno magicamente nel passato. Il Ponte nel cielo è il ponte tibetano più lungo d'Europa. Composto di 700 assi di abete rosso ha una lunghezza di 234 metri e un’altezza di 140 metri. Il panorama e si estende sino al Lago di Como.
INFO TOUR
Partenza: Campo Tartano
Lunghezza: 18 km
Dislivello: 535 m
Altitudine max: 1512 m
Durata: 5 ore
Stile di percorso: per tutti
Difficoltà tecnica (1-5): 1
Impegno fisico (1-5): 2
Fondo: 72% strada asfaltata; 26% strada sterrata; 2% sentiero
Da vedere: Ponte nel Cielo
/ Val Gerola e Bitto
Alla scoperta delle bellezze naturali della Val Gerola e del Bitto Storico, un formaggio la cui particolare lavorazione si perde nella notte dei tempi. Si raggiunge Gerola Alta e da lì, attraverso boschi di larici, tra asfalto e sterrato, si arriva al Lago di Pescegallo, 1865 metri. Lungo l'itinerario è possibile raggiungere la Casera del Bitto, formaggio lavorato direttamente sul luogo della mungitura senza alcun additivo industriale.
INFO TOUR
Partenza: Gerola
Lunghezza: 20 km
Dislivello: 956 m
Altitudine max: 1909 m
Durata: 4.30 ore
Stile di percorso: cross-country Difficoltà tecnica (1-5): 2
Impegno fisico (1-5): 3
Fondo: 15% asfalto; 85% sterrato Da vedere: Lago di Pescegallo, Presidio Slow Food Bitto
/ Albaredo e Via Priula
Si parte da Morbegno inerpicandosi verso il centro abitato di Albaredo (910 m) percorrendo la via Priula, una strada che, se percorsa interamente, valica il Passo San Marco per discendere in Val Brembana e raggiungere le mura della città di Bergamo. Lungo la strada, si scorgono bellissimi panorami sulle valli del Bitto. La Via Priula fu costruita in soli due anni tra il 1590 e il 1592 ed è composta da un lastricato di pietre lisce, muretti in sasso di contenimento e diverse piazzole di sosta.
INFO TOUR
Partenza: Morbegno
Lunghezza: 16.3 km
Dislivello: 708 m
Altitudine max: 884 m
Durata: 4 ore
Stile di percorso: cross-country Difficoltà tecnica (1-5) 2
Impegno fisico (1-5) 2
Fondo: 30% strada asfaltata; 70% mulattiera Da vedere: Ul salòt di barilocc e la Via Priula
/ Val Masino e Val di Mello
Tour all-mountain per biker di buon livello. La Val di Mello è composta da boschi verdissimi, torrenti limpidi, cascate rigogliose che si tuffano da pareti verticali ai piedi del Monte Disgrazia. Attraverso un sentiero con fondo sconnesso e passaggi tecnici impegnativi si passa dal Bidet della Contessa, un laghetto alpino dall’acqua verde smeraldo nella quale si riflettono le imponenti vette circostanti.
Si prosegue attraverso la foresta della Val Masino in direzione di Bagni di Masino. Faggi secolari e massi granitici e muschio regalano sensazioni di purezza e di magia. Rientrando a Filorera si può ammirare il Sasso Remenno, un masso alto 50 metri che, con il suo volume di mezzo milione di metri cubi, rappresenta il monolite più grande d’Europa!
INFO TOUR
Partenza: Filorera
Lunghezza: 18.3 km Dislivello: 436 m
Altitudine max: 1187 m Durata: 5 ore
Stile di percorso: all mountain Difficoltà tecnica (1-5): 2 Impegno fisico (1-5): 2 Fondo: strada asfaltata 30%; ciclabile 25%; strada sterrata 30%; sentiero 15%
Da vedere: Sasso Remenno e foresta di Val Masino
Alpe Culino e single trails
Da Morbegno si percorre l'antica mulattiera Bona Lombarda addentrandosi in Val Gerola. Si attraversano selve di castagni, torrenti, ponticelli e maggenghi ben curati arrivando al Rifugio Bar Bianco, dove si ammira l'immenso panorama dell'Alpe Culino. Da lì inizia una discesa di quasi 1300 metri di dislivello interamente su single trails. Nella parte iniziale il contesto naturale è prettamente montano, con sentieri esposti e rocciosi e con alcuni passaggi enduro. Nel finale, il sentiero Fuin, consente di lasciar correre la bici su tratti quasi flow all’interno del bosco.
INFO TOUR
Partenza: Morbegno
Lunghezza: 29 km
Dislivello: 1276 m
Altitudine max: 1506 m
Durata: 4.30 ore
Stile di percorso: all mountain/enduro
Difficoltà tecnica (1-5) 3
Impegno fisico (1-5): 4
Fondo: strada asfaltata 6%; strada sterrata; 47%; sentiero 47%
Da vedere: Alpe Culino
Il QR code con le tracce Gps scaricabili degli itinerari in Valtellina.
Catria, Nerone e Petrano sono i Tre Monti dell’entroterra marchigiano. Salite che ogni cicloamatore deve provare almeno una volta nella vita
Siamo andati a scalarle per sperimentarne il fascino e scoprirne i segreti
/Monte Nerone/Era da almeno un paio d’anni che avevo in testa il pallino di fare il cosiddetto Giro dei Tre Monti. Lo premetto subito: non si può fare senza un certo tipo di allenamento. E non tanto per i km complessivi, che sono 120, quanto per il dislivello, che a fine giornata segna 3.500 metri. Ma, garantisco, ne vale la pena. Avevo già affrontato più volte queste montagne, soltanto singolarmente, cosa peraltro sempre fattibile. Collezionarle tutte e tre insieme, però, ha un altro fascino. La macchina la si può lasciare in qualsiasi punto dell’anello e, in teoria, le salite si possono fare nell’ordine che si vuole. Io ho scelto il giro classico, quello coi versanti più duri.
Alle 8:15 del mattino il primo colpo di pedale è partito da Frontone. Niente riscaldamento, niente pianura. Un chilometro per arrivare a Buonconsiglio, svolta a sinistra e comincia il primo calvario: il Monte Catria. La strada non è battuta da macchine, ti infili in una sorta di gola abbracciato da rocce e verde intenso e vai via facile per i primi 3 km. Ma alla fontana, dove è sempre utile fare rifornimento prima dell’ascesa, la musica cambia. Tornante a destra e iniziano circa 4 km d’inferno. Le pendenze sono sempre superiori al 10 per cento ed è in questo tratto che si tocca anche il 20. Terminata l’agonia arriva una doppia sorpresa: quella bella è il panorama da sogno che si schiude verso la costa, iniziando a dominare dall’alto la pianura sottostante; quella brutta sono i quasi 6 km di sterrato in cui ci si imbatte. Per i puri esteti di sicuro una scocciatura, ma in realtà è un ottimo modo per sentire addosso l’atmosfera delle strade bianche.
Dopo 15 km abbondanti si scollina e quando vedi la croce del Catria, a cui purtroppo si può arrivare solo facendo 2 km in mtb o a piedi, il cuore si riempie sempre di una certa emozione. Il primo scoglio è superato. Picchiata su Chiaserna (famosa per il pane), passaggio da Cantiano (celebre per le amarene) e quindi sterzata verso Palcano e Moria, salita non paragonabile ai tre totem, ma salita vera e che resta nelle gambe prima di scendere a Pianello. Dopo l’obbligatoria sosta caffè nel bar del paesello, è da qui che si attacca il Monte Nerone. Sono 16 km, 20 tornanti numerati e 1.100 metri di dislivello, con pendenze sempre più o meno fra il 7 e il 10 per cento. Asfalto a parte, questa è una salita magica. Bellissima. Coinvolgente. Soprattutto panoramica. Da metà alla vetta hai sempre il conforto di una vista che ti sembra addolcire le pendenze della strada. Qui l’occhio spazia dai Sibillini in lontananza a tutto l’entroterra toscano verso il Subasio e oltre. Da capogiro.
E chi non ha l’ossessione di fare chissà che tempi o prestazioni deve bloccarsi ogni tanto a fare qualche foto. Se proprio non volete interrompere l’ascesa, su alla rotonda di Cima Bibi il panorama è a 360 gradi.
Questo è il tetto delle Marche. Da qui c’è un altro panorama della vita. Ma il giro deve proseguire. Si fa la discesa dal versante di Serravall (meglio asfaltata), si ripassa a Pianello e con un bel fondovalle si arriva a Cagli. Appena fuori dal centro storico partono i 10,4 km di salita del Monte Petrano. È una salita regolare, che non molla mai soprattutto per i primi 6 km (sempre attorno all’8 per cento, con punte al 13), punto dove il panorama finalmente si apre. In vetta, dove siamo a poco più di .1000 metri, sembra di essere su una sorta di panettone. Dalla stele che ricorda Michele Scarponi, però, guardi da un lato il Nerone e dall’altro il Catria e cominci a renderti conto della piccola impresa che hai portato a termine. Dopo la discesa restano una decina di km scarsi per tornare a Frontone. Ma anche qui non sono piatti ed è un ultimo saliscendi che ti fa bruciare le gambe. Specialmente se, come nel mio caso, decidi di concludere in bellezza su al Castello (2 km, ma con l’ultimo praticamente fisso al 14-15 per cento).
La missione è stata portata a termine. I Tre Monti sono stati domati. Non resta che reintegrare tutto con una bella cena alla locanda San Martino nel delizioso borgo di Montalfoglio (20 km da Frontone). Dove, dopo il temporale, è spuntato pure l’arcobaleno. Un ultimo regalo per una giornata indimenticabile.
/Monte Catria/LA MAGIA DELLA
Val Trebbia
TESTO GRAZIANO MAJAVACCHIPer Per tanti un’oasi incantata tra le anse turchesi dell’omonimo fiume e le stradine irte e silenziose che si aprono tra le dolci colline dominate dalla Pietra Parcellara e i segreti di boschi antichi e borghi incantati
Mettiamolo subito in chiaro. Quando parlo, penso, vivo, pedalo e ricordo la Val Trebbia e dintorni, divento sempre, a ragione, sfacciatamente fazioso. “Oggi ho attraversato la valle più bella del mondo”. Queste parole le scrisse Ernest Hemingway mentre risaliva, con l'esercito americano, l’Italia durante la Seconda guerra mondiale. E anche per me è proprio così, senza alcun dubbio. Pedalare a testa alta, dentro le pieghe più nascoste di questo territorio, è il modo migliore per conoscerlo e apprezzarne in pieno tutte le sue innumerevoli e sorprendenti sfumature. La vista dal sagrato, stupendo balcone naturale, della chiesa di Pigazzano, un po' annebbiata dallo sforzo (specie se sali dal muro di Scrivellano), è il primo sguardo (ammirato) su questo lembo di terra. Sotto di noi ecco, nell'ultima striscia pianeggiante, le case di Rivergaro e il fiume che serpeggia. Le prime colline a far da corona.
Quando poi lo sguardo incrocia il grumo di roccia della Pietra Parcellara, che sovrasta le dolci e sinuose colline verdi sopra Travo, rimango senza fiato, il battito cardiaco sale di frequenza e le mani sudano. Succede ogni volta che pedalo qui e le pendenze della salita non contano nulla. C'è qualcosa di magico nell'aria, di indefinito. Attira come una potente calamita, una sorta di 'magia' che si ripete. Nel piccolo altopiano, siamo a circa 700 metri, si respira l'aria fine di alta quota e, mentre pedali, sei completamente abbracciato alla bellezza. È come toccare la felicità. Vorresti soltanto rimanere imprigionato, pedalare all'infinito, dentro questo quadro naturale perfetto, senza sbavature. La stradina clandestina taglia, con leggeri saliscendi, i pratoni verdi mentre il vento ti accarezza. Ti guardi attorno, la Pietra cambia la sua forma ad ogni curva, ad ogni cambio di direzione. Prima è appuntita, adesso si allunga, poi diventa quasi triangolare. Nei dintorni, un piccolo “mostro” con pendenze quasi impossibili (lo strappo di Scarniago-Madellano, 1900 metri di lunghezza con punte sopra il 25%), aspetta il cicloturista in cerca di espiazione dei propri peccati, ciclistici e non. E saranno lunghissimi minuti di sofferenza, spingendo oltre ogni limite.
Siamo in Val Trebbia, dove le stradine sono strette, silenziose e odorano ancora di cose buone. Pure nelle torride domeniche estive, quando la valle viene assaltata da auto e moto di turisti e bagnanti mordi e fuggi; perché, come disse una volta il grande Eddy Merckx, “percorri in auto una
strada, e te ne fai un'idea. Poi la percorri in bici, e cambi idea”. Dentro questo incanto, in sella alla tua bici sei costretto a fermarti, per ammirare le anse turchesi del Trebbia che, giocando con la montagna, disegnano il profilo di Surus, l'elefante di Annibale, là sulla Strada Statale 45, dopo Marsaglia.
Pedalando verso sud, si varca una porta temporale che spalanca un mondo dove la natura non è mai stata, e non lo sarà mai, completamente domata dall'uomo. Fittissimi boschi e montagne con potenti dorsali, chiese isolate, castelli e torri di guardia, mulini abbandonati, crinali sospesi tra terra e cielo, profondi silenzi dove respirare la vita di tempi perduti. La Panoramica di Ottone, sul crinale con la Val d'Aveto, è un piccolo, grande capolavoro; percorrerla in bici assomiglia un po’ a volare.
A mille metri di altezza, a picco sopra il fiume, nascosti a tratti dalla vegetazione, si sfiorano affascinanti borghi carichi di storia, come Cerignale, le magnifiche rovine del Castello Malaspina a Cariseto, rocce verdi e minuscoli madonnini.
Da quelle parti ci aspetta, sorniona e pronta a farti male, la salita del Lisore: 6.6 km al 9.5% con punte al 13%. Imboccare poi, quasi alla fine del tratto piacentino della Statale 45, la deviazione per la Val Boreca, è come compiere un deciso, incredibile e meraviglioso salto nel passato. Il sentiero male asfaltato che attraversa il bosco e il minuscolo ponte che scavalca il torrente, per arrivare a Tartago, sono pura poesia; caprioli, scoiattoli e rumori attutiti dal fogliame, nella testa il rimbombo di storie di miti passati, monaci pazzi di Dio, condottieri e imperatori venuti da molto lontano, lotte di partigiani, emigrazione e povertà. E poi Bobbio, con il suo ponte gobbo, i suoi palazzi e le chiese; un gioiello rinascimentale tutto da vivere e scoprire. Ci sono tratti di strada come quelli da Travo a Donceto, da Bobbio a Marsaglia commoventi, che raccontano ai nostri occhi la bellezza struggente di una valle. E ancora piccoli luoghi che ti rimangono scolpiti nel cuore come Brodo, con la scritta dipinta a mano, Pradovera, con la sua enorme fontana, la sella dei Generali, isolata e spoglia, il passo santa Barbara con il mitico “Angilon”, la chiesa di San Medardo,il bric di Carana, Pietranera, Lago, la pietra Perduca. La Val Trebbia, come la vita, nasconde percorsi tortuosi, imprevedibili e capaci di lasciare senza fiato. Sempre sui pedali. Sempre a testa alta.
NELLA STORIA
DEL PEDALE
Patrimonio culturale unico e luogo di istruzione attiva, il Museo del Ghisallo racconta la bicicletta a 360°. Una collezione unica dove trovano spazio le Bianchi pieghevoli dei Bersaglieri in guerra e maglie rosa regalate da chi le ha indossate
Il Ghisallo è molto più di una semplice salita. Nel primo numero di BIKE il passo nel cuore del triangolo lariano è stato inserito tra le Strade della rinascita, percorsi dove ritrovare sé stessi dopo la quarantena. Sono le strade del Giro di Lombardia circondate dalle Prealpi lombarde e da paesaggi unici: chiese incastonate nei pendii scoscesi, ville in stile liberty, boschi e silenzio. Un pellegrinaggio all'essenza dello sport, un luogo sacro per gli sportivi di ogni categoria e per tutti gli appassionati di bicicletta. Qui si trovano il piccolo santuario della Madonna del Ghisallo, Patrona dei ciclisti, e l'affascinante Museo del ciclismo che custodisce la storia del pedale. Il museo, voluto dal Leone delle Fiandre Fiorenzo Magni, è un luogo di istruzione attiva che ha l'obiettivo di raccontare l'uomo nella sua dimensione sportiva e morale, e la bicicletta nella sua dimensione storica, tecnologica e produttiva. La struttura si affaccia su “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno”, per dirla col Manzoni, e conserva cimeli e ricordi delle donne e degli uomini dell'Italia su due ruote.
La visita all'interno del Museo inizia con le biciclette in acciaio del corpo bersaglieri ciclisti della Bianchi che vinse la gara d'appalto nel 1912. Sono i mezzi usati nella prima e nella seconda guerra mondiale, pieghevoli per poter essere trasportate a spalla seppur con un peso di 24 chilogrammi senza equipaggiamento, con freno anteriore e freno posteriore a contropedale (Torpedo), un portapacchi che fungeva anche da parafango e una particolare chiusura del reggisella. Ci sono i gagliardetti, le foto, le biciclette dei campioni che si sono tinti di rosa e degli eroi che hanno reso magico questo sport regalando pagine indelebili che rimarranno scolpite nel nostro immaginario per l’eternità.
Nomi come Fausto Coppi, Eddy Merckx, Gino Bartali, Rik Van Looy, Felice Gimondi, Francesco Moser, Ercole Baldini. O come Alfonsina Strada, il diavolo in gonnella, una delle pioniere della parificazione di genere in campo sportivo,
prima donna a correre il Giro d’Italia, “una donna sola in mezzo agli uomini”, titolava la Gazzetta dello Sport nel 1924. Oltre alla nuova sezione dedicata alle donne, il Museo ne ha inaugurata una per il paraciclismo, con le immagini e le maglie degli atleti con disabilità che hanno compiuto imprese storiche, come Alex Zanardi con la sua handbike. E poi la più grande collezione di maglie rosa al mondo, ritrovate grazie al progetto Giro for Ghisallo. Un angolo prezioso che ricorda l'arte della resilienza, il valore della fatica e del sacrificio di quanti dimostrano la loro grandezza attraverso il nobile gesto della donazione. Primo fra tutti Fiorenzo Magni, fondatore del Museo, che ha coinvolto atleti e amici del ciclismo in questa grande sfida. Il Ghisallo, insomma, è per tante ragioni uno scrigno di tesori dove pedalare almeno una volta nella vita. Una cavalcata da condividere con gli esploratori della domenica in estate, più solitaria in primavera e in autunno immersi in un contesto unico dal punto di vista culturale, artistico e botanico, lo stesso che conquistò Stendhal nel 1818.
/La collezione di maglie rosa del Museo/Un pellegrinaggio all'essenza dello sport, un luogo sacro per tutti gli appassionati
VIAGGIO IN BICITALIA
LA RETE DI CICLOVIE, PROMOSSA E AGGIORNATA OGNI ANNO DALLA FIAB, SI ESTENDE PER CIRCA 20MILA KM CON VENTI ITINERARI INTERREGIONALI. IL CICLOTURISMO È UNA MINIERA ANCORA POCO SFRUTTATA IN ITALIA CHE PORTA 7,6 MILIONI
/Ciclabile della Valsugana/Pedalare lungo una ferrovia dismessa, attraversare l’Italia dal Piemonte al Friuli, costeggiare il mare verso sud o avviarsi verso i monti seguendo il corso di un fiume. Se oggi i cicloturisti possono farlo nel nostro Paese è perché, da vent’anni, c’è chi studia i percorsi, li testa in prima persona con la sua bici e lavora perché gli itinerari bike-friendly siano sempre di più e sempre più sicuri. Sono gli esperti della Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta) che, nel 2000, hanno dato vita a Bicitalia, progetto di una rete di vie verdi, piste ciclabili e strade a basso traffico inserita in parte nel progetto EuroVelo (la rete ciclabile europea sviluppata da Ecf-European Cyclists’ Federation di cui Fiab è membro per l’Italia) che negli anni si è sviluppata a tal punto da arrivare a coprire 20mila km di territorio. “Quando abbiamo iniziato nel 2000 avevamo preventivato una rete di circa 10mila km. Oggi sono raddoppiati e i grandi itinerari interregionali sono diventati venti”, spiega dalla Fiab Antonio Dalla Venezia, presidente del comitato tecnico scientifico di Bicitalia. “Le nostre sono proposte tematiche che tengono conto della storia del territorio, sono tracciati che comprendono ciclovie di qualità, sono percorsi pensati per escursioni giornaliere, sono ‘unioni di puntini’ come la Aida (Alta Italia da Attraversare), una ciclovia di 930 km che, cucendo tratti già realizzati, porta da Susa a Trieste. E poi offriamo convenzioni con strutture ricettive presenti sui percorsi con il servizio Albergabici, diamo la possibilità di scaricare dal nostro sito le tracce Gps delle ciclovie verificate sul campo dai nostri volontari, organizziamo le bicistaffette per promuovere gli itinerari presso le amministrazioni locali e raccontare il valore aggiunto che il cicloturismo porta al territorio”.
Oggi tutto questo sapere è stato messo a disposizione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che sta lavorando, insieme alla Fiab e alle Regioni, alla realizzazione di una nuova Rete ciclabile nazionale, sintesi dell’attuale rete di Bicitalia e del Sistema nazionale delle ciclovie turistiche (di circa 8mila km), avviato nel 2016 dallo stesso ministero. La legge quadro sulla mobilità ciclistica approvata nel 2018 ha dato ulteriore impulso alla costruzione di un piano nazionale di rete
ciclabile che sia in linea con i modelli europei, in particolare quello tedesco.
“Se tutto va bene, nel giro di un paio d’anni potranno aprire i nuovi cantieri e potremo dire che è nata finalmente la nuova Bicitalia”, continua Dalla Venezia. “Sarà un processo lungo perché, sebbene in questi anni molte Regioni abbiano capito il potenziale del cicloturismo e abbiano lavorato per la riqualificazione di strade secondarie, per il recupero di ferrovie dismesse e per la promozione turistica, siamo in grave ritardo rispetto al resto d’Europa. Ma il settore è in crescita ed è il momento di investire”.
Una attraente rete ciclabile nazionale avrebbe ripercussioni positive sul piano economico: lo scorso anno il cicloturismo ha fatto segnare 77,6 milioni di presenze (l’8% dell’intero movimento turistico) per un ricavo di 7,6 miliardi, (il solo Trentino- Alto Adige ne ha fatturato più di uno). Un’inezia se confrontata ai dati che arrivano dall’Europa dove l’indotto del cicloturismo è stimato in oltre 50 miliardi di euro e i 320 km della ciclabile del Danubio, da Passau a Vienna portano ogni anno nelle casse austriache qualcosa che sfiora i 90 milioni di euro. “Il meridione è già ben coperto da Bicitalia con un terzo della rete ma è una miniera non abbastanza sfruttata”, sostiene Dalla Venezia, “ha il paesaggio ideale e un patrimonio di ferrovie dismesse non recuperate che potrebbero diventare delle ottime ciclovie e far gola ai turisti. Senza dimenticare le strutture ricettive. Ma bisogna investire di più e meglio per sfruttare tutte le potenzialità”.
Il cicloturismo ha fatto segnare 77,6 milioni di presenze (l’8% dell’intero movimento turistico nel 2019) per un ricavo di 7,6 miliardi. Ma bisogna investire di più e meglio per sfruttare tutte le potenzialità
CITTÀ IN MOVIMENTO
PRONTI PER LA BICI
A COLLOQUIO CON DAVIDE CASSANI, COMMISSARIO TECNICO DELLA NAZIONALE DI CICLISMO, DA SEMPRE AL FIANCO DI CHI SI BATTE PER UNA NUOVA MOBILITÀ E PER LA SICUREZZA SULLE STRADE
Una carriera da professionista a fianco di grandi campioni e impreziosita da due vittorie di tappa al Giro d'Italia. Dismessi i panni di corridore, grazie ai suoi commenti e ricognizioni ha contribuito a portare il ciclismo nelle case degli italiani e dal 2014 è commissario tecnico della nazionale maschile élite di ciclismo su strada. Questo è Davide Cassani, un uomo che ha la bicicletta nel cuore e una competenza smisurata in materia. Lo abbiamo incontrato in questo periodo di grande interesse per le due ruote.
Questa estate, grazie anche al bonus mobilità, i negozi di biciclette hanno fatto sold out. Che effetto ti ha fatto?
È stato uno dei pochi vantaggi del lockdown. La gente, dopo essere stata per mesi costretta in casa, ha riscoperto il gusto di stare all'aria aperta e con essa anche di pedalare. Ora vediamo molta più gente che pedala rispetto a un anno fa.
Le piste ciclabili sono la strada giusta per una mobilità alternativa?
Questo è stato un ottimo punto di partenza. Abbiamo bisogno di piste ciclabili ma anche di strutture adeguate. Non mi riferisco solamente alla bici da corsa, ma anche e soprattutto a chi utilizza le due ruote per andare a scuola o al lavoro, quindi servizi nei paesi e nelle città. Si tratta di un percorso lungo. Anche in Olanda, Paese dalla grande cultura ciclistica, le piste ciclabili non sono nate da un giorno all'altro. Oltre a questo serve un cambio di mentalità che parta dal rispetto: spero ci sarà un occhio di riguardo in più per chi pedala.
Quali vantaggi vedi nel ritorno all'uso della bicicletta come mezzo di trasporto?
I vantaggi più immediati sono climatici, in quanto l'utilizzo della bici a discapito delle auto può contribuire ad avere un'aria migliore, e legati alla salute visto che, specie nelle metropoli, c'è molta sedentarietà. È un mezzo che sembrava vecchio ma invece, in un momento di difficoltà, ritorna in auge come storicamente già successo in passato. Oggi, inoltre, grazie alla pedalata assistita, anche chi non è allenato o non ha voglia di faticare eccessivamente può comunque pedalare.
Di tutto questo interesse verso la bici beneficerà anche l’attività agonistica?
Un po' sì, ma non penso in modo eccessivo. L'utilizzo potrebbe invogliare qualcuno a intraprendere lo sport del ciclismo anche se quello amatoriale e professionistico sono due mondi completamente diversi.
A che età si scopre se la passione per il pedale può diventare qualcosa più di un’attività amatoriale?
È un qualcosa che hai dentro. Magari la passione nasce perché ne parla il padre oppure si vede una corsa in televisione, se non addirittura perché questa passa sotto casa. Ma la possibilità di avere corridori che intraprendano lo sport passa attraverso l'aumento del numero delle società di volontari con squadre nei settori giovanissimi, esordienti e allievi. La capillarità è importante.
ANCHE IN OLANDA LE PISTE CICLABILI NON SONO NATE DA UN GIORNO ALL'ALTRO
Come è cambiato il ciclismo rispetto a quando correvi?
È cambiato tutto. Una volta il ciclismo era limitato a pochi stati in Europa. Ora è globalizzato. I calendari iniziano a gennaio in Australia e la stagione termina in Cina. Le squadre non contano più 12/15 elementi bensì 28/29 con 7/8 corridori di nazionalità diversa. Si fa preparazione in altura, si utilizzano misuratori di potenza che permettono di limitare gli errori. Inoltre le biciclette sono dei veri e propri gioielli.
Meglio allora o adesso?
Non si può fare un paragone. Gli sport cambiano.
Siamo alle porte del Giro d'Italia e con esso anche alla seconda edizione del Giro E. Avresti mai immaginato l’avvento dell’elettricità applicata alla bicicletta?
L'elettrico avvicina la gente al ciclismo, specie quanti hanno paura di non esserne all'altezza. Io ho quasi 60 anni e tra un po' potrei optare per l'elettrica, quindi ben venga!
E degli altri mezzi di mobilità alternativa che ne pensi?
Penso sia tutto utile. Il monopattino, ad esempio, è utilissimo per il poco spazio d'ingombro. Si dice sia pericoloso, ma tutto lo è. Pensate ai pedoni, alle moto e le bici stesse. Io sono pienamente a favore di qualsiasi mezzo di mobilità alternativa.
Quanto è importante la sicurezza in bicicletta o in monopattino?
Prima di tutto serve il rispetto del prossimo e delle regole. Con l'adeguata cultura si re dove monopattini e biciclette possono andare e dove no. Così come sono altrettanto importanti i limiti di velocità e l'utilizzo dei dispositivi di sicurezza. Il rispetto delle regole è fondamentale perché più siamo in giro e maggiore è il pericolo.
EUROPA
SU DUE RUOTE
L’EMERGENZA SANITARIA HA SPINTO LE CITTÀ EUROPEE VERSO I PIÙ ELEVATI STANDARD DI MOBILITÀ URBANA DEI PAESI DEL NORD. PARIGI E BRUXELLES LE NUOVE METROPOLI SIMBOLO DEGLI SPOSTAMENTI A PEDALE; E ANCHE L’ITALIA SI STA MUOVENDO
Nella primavera del 2020 è successo qualcosa di improvviso nelle strade di tutto il mondo. La crisi sanitaria ha permesso alla mobilità urbana di fare quello scatto in avanti che si auspicava da tempo; e come per un corridore lanciato verso una vittoria di tappa, quello scatto è avvenuto spingendo sui pedali.
In questo millennio a viaggiare rapide sono le informazioni più che i corpi umani, e l'automobile con il suo carico di ingombro, costi, inquinamento, incidenti e traffico, da emblema del Novecento è spesso divenuta un problema per le città. Persino l'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha indicato la bicicletta come mezzo ideale per garantire il distanziamento, la buona salute dei cittadini e una migliore qualità dell'aria.
Siamo di fronte a un cambiamento epocale, qualcosa che ricorda quanto avvenuto nei Paesi Bassi negli anni '70: ad Utrecht e Amsterdam sono serviti più di 15 anni per diventare le capitali del ciclismo urbano; oggi tocca al resto del mondo, e alcuni passaggi stanno avvenendo nello spazio di qualche mese.
“In poche settimane, la mobilità ciclistica ha ottenuto più di quanto era stato raggiunto in decenni di mobilitazioni”, ha sottolineato la ministra francese Elisabeth Borne, presentando una massiccia campagna di investimenti. A partire da Parigi, che aveva già da tempo avviato una riforma urbanistica seguendo la visione della città “a misura di quarto d'ora”: un modello urbano secondo cui ogni cittadino può soddisfare le sue necessità principali nello spazio di una breve pedalata. Il progetto prevedeva già di trasformare Parigi in città ciclabile entro il 2024, a cominciare dalla rimozione di più del 70% dei posti auto dalle strade, ma ha accelerato avviando cantieri per raggiungere ben 650 chilometri di vie ciclabili, dal centro alle periferie più lontane.
L'altra città-simbolo di questa rivoluzione è Bruxelles, che nell'ampliare le sue piste ciclabili ha varato una riforma di tutto il centro città, dando la precedenza assoluta a pedoni e ciclisti e abbassando i limiti di velocità a 20 km orari. Una scelta decisa che si accompagna alla sostituzione di posti auto con 3mila rastrelliere e a una massiccia campagna informativa per la mobilità ciclistica.
TESTO FILIPPO CAUZNella primavera del 2020 è successo qualcosa di improvviso nelle strade di tutto il mondo.
La crisi sanitaria ha permesso alla mobilità urbana di fare quello scatto in avanti che si auspicava da tempo; e come per un corridore lanciato verso una vittoria di tappa, quello scatto è avvenuto spingendo sui pedali.
In questo millennio a viaggiare rapide sono le informazioni più che i corpi umani, e l'automobile con il suo carico di ingombro, costi, inquinamento, incidenti e traffico, da emblema del Novecento è spesso divenuta un problema per le città. Persino l'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha indicato la bicicletta come mezzo ideale per garantire il distanziamento, la buona salute dei cittadini e una migliore qualità dell'aria.
Siamo di fronte a un cambiamento epocale, qualcosa che ricorda quanto avvenuto nei Paesi Bassi negli anni '70: ad Utrecht e Amsterdam sono serviti più di 15 anni per diventare le capitali del ciclismo urbano; oggi tocca al resto del mondo, e alcuni passaggi drastici stanno avvenendo nello spazio di qualche mese.
“In poche settimane, la mobilità ciclistica ha ottenuto più di quanto era stato raggiunto in decenni di mobilitazioni”, ha sottolineato la ministra francese Elisabeth Borne, presentando una massiccia campagna di investimenti.
A partire da Parigi, che aveva già da tempo avviato una riforma urbanistica seguendo la visione della città “a misura di quarto d'ora”: un modello urbano secondo cui ogni cittadino può soddisfare le sue necessità principali nello spazio di una breve pedalata. Il progetto prevedeva già di trasformare Parigi in città ciclabile entro il 2024, a cominciare dalla rimozione di più del 70% dei posti auto dalle strade, ma ha accelerato avviando cantieri per raggiungere ben 650 chilometri di vie ciclabili, dal centro alle periferie più lontane.
L'altra città-simbolo di questa rivoluzione è Bruxelles, che nell'ampliare le sue piste ciclabili ha varato una riforma di tutto il centro città, dando la precedenza assoluta a pedoni e ciclisti e abbassando i limiti di velocità a 20 km orari. Una scelta decisa che si accompagna alla sostituzione di posti auto con 3mila
rastrelliere e a una massiccia campagna informativa per la mobilità ciclistica. Il dato più sorprendente lo si ritrova però nella classifica dei chilometri ciclabili progettati stilata dall'European Cyclists' Federation, che vede Roma e Bologna ai primi due posti, Torino quarta e Bari nona. Certo, tra progetti e realtà spesso passano delle belle differenze, eppure è un segnale forte anche per le nostre strade. Lo si intuisce dalla mole di finanziamenti destinati alla nuova mobilità, con cui l'Italia ha affiancato Gran Bretagna e Francia, ma anche da alcune novità significative. Una piccola riforma del Codice della Strada ha infatti regolarizzato anche in Italia interventi efficaci come le corsie ciclabili e le case avanzate (gli spazi riservati che danno ai ciclisti fermi al semaforo la priorità in partenza sui veicoli a motore quando scatta il verde): un passaggio che rimette il nostro Paese al passo delle più fortunate esperienze ciclistiche al mondo. D'improvviso si può cominciare a sperimentare. La parola più usata in questa transizione è pop-up. Una corsia ciclabile realizzata solo in
Ad Amsterdam e Utrech sono serviti più di 15 anni anni per diventare le capitali del ciclismo urbano; oggi tocca al resto del mondo
vernice e segnaletica verticale, a differenza di una pista separata da barriere, è un'infrastruttura modulabile: si può facilmente correggere sia in corso d'opera sia sulla base dell'esperienza. Si può rendere più o meno persistente e con costi irrisori. Corsie ciclabili leggere, case avanzate e zone con limiti di velocità a 30 km orari, cui dovranno seguire in futuro sensi unici aperti e autovelox su strade a basso scorrimento: sono questi gli strumenti della nuova primavera ciclistica italiana.
Guidate da Roma, con i suoi nuovi 150 chilometri di ciclabili, e da Bologna, che ha accelerato la realizzazione della rete ciclabile metropolitana e introdotto un sistema regionale di incentivi al bike to work, tante città si sono messe in sella. Nuove vie ciclopedonali e limiti di velocità rafforzati a Bari; aumento dei chilometri riservati alle bici e zone dal limite a 30 km orari che si moltiplicano anche a Napoli, Genova, Milano, Firenze. Ancora più radicale la scelta di Torino, che ha trasformato tutti i controviali in zone 20, dove il limite di velocità è ancora più basso di 10 km orari. E ovunque parcheggi riconvertiti a dehors dei bar. Così che le strade possano anche riscoprire la loro vocazione sociale che sembrava scomparsa.
CITTÀ IN MOVIMENTO
SMART MOBILITY:
QUANTO PESA E CHI VA DOVE
L'impatto della mobilità intelligente: l’Osservatorio del Politecnico di Milano ha fotografato la diffusione dei servizi nei Comuni d’Italia. Ecco cosa è emerso
La mobilità sostenibile assume sempre più rilevanza in Italia e le istituzioni locali sono sempre più disponibili a valutare l’adozione di servizi di condivisione di veicoli a basso impatto. Lo confermano i risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart & Connected Car della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui il 39% dei consumatori ha usato almeno una volta un servizio di sharing o pooling. Si tratta soprattutto di servizi di car sharing (utilizzati almeno una volta dal 21% degli intervistati) e car pooling (25%). Solo l’11% usa
strazioni locali considera la smart mobility di grande importanza e il 58% dei progetti avviati ha superato la fase di sperimentazione per essere applicato a tutta l’area urbana.
Le applicazioni più diffuse sono legate alla mobilità elettrica (21%) e ai servizi di sharing (18%), seguiti dai progetti per la gestione dei parcheggi (16%) e del traffico (14%). Gli o biettivi alla base delle iniziative sono la sostenibilità ambientale (28%), il miglioramento dei servizi al cittadino (24%), l’introduzione di nuovi servizi (12%) e una maggiore
il bike sharing, che in prospettiva interessa al 46% del campione. Mentre car sharing e car pooling interessano rispettivamente al 52% e al 48%. Meno utilizzati monopattini elettrici e scooter sharing, che pure interessano rispettivamente al 34% e 33%. Spesso chi non usa i servizi di sharing non li ha a disposizione nella propria città (19%). Più di un comune su tre con popolazione oltre i 25mila abitanti ha avviato almeno un progetto (36%) nel triennio 2017-2019, secondo quanto emerso dall’indagine, e questi si aggiungono al 39% che lo aveva già attivato prima del 2017. Un comune su quattro non è affatto interessato al tema, ma è solo il 9% se si restringe la cerchia a quelli con più di 80mila abitanti. L’87% delle pubbliche ammini-
sicurezza stradale (14%). La privacy resta un tema sensibile: sebbene il 60% degli intervistati è disponibile a condividere i propri dati di guida in cambio di servizi di valore, il 27% è contrario perché teme una diffusione di informazioni sensibili e il rischio di un utilizzo improprio.
I progetti di mobilità intelligente non coinvolgono solo i comuni ma anche municipalizzate (24% delle collaborazioni attivate), università e centri di ricerca (15%) e altri comuni (14%). Secondo l’Osservatorio emerge dai comuni una preferenza a collaborare con le startup innovative (15%), i fornitori di servizi di sharing (12%) e le aziende di consegna (12%).
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LA CORSA DELLA
‘BIT GENERATION’
Nata in provincia di Verona, BIT Mobility in un anno, ha conquistato con i suoi monopattini 14 città italiane. E non intende fermarsi
Ridurre la congestione del traffico e le emissioni di CO2 nelle città italiane, diventando una soluzione alla portata di tutti per la mobilità urbana. È con questo duplice obiettivo che nel 2019 a Bussolengo, provincia di Verona, è nata BIT Mobility. Guidata dall’amministratore delegato e co-fondatrice Michela Crivellente, assieme ai fratelli Gianmaria, Martina e al padre Mauro, BIT Mobility è un’azienda attiva nel settore della sharing mobility che mette a disposizione dei centri urbani una flotta di monopattini, alimentati da energia elettrica. Per utilizzarli è sufficiente scaricare l’app dedicata e seguire pochi e semplici passaggi. Partita inizialmente da Verona, BIT Mobility non si è fermata e ha continuato a correre per l’Italia: in un anno è arrivata a Milano, Torino, Bari, Mestre, Viareggio, Bergamo, Cattolica, Misano, La Spezia, Cervia, Milano Marittima, Lecce e Busto Arsizio. Una cavalcata destinata a proseguire in altre città. “Creare una città più vivibile e pulita”, dichiara Crivellente, è l’obiettivo preponderante dell’azienda veronese. Insieme alla “voglia di essere sempre in movimento e di farsi trovare pronti e scattanti”. Sono questi i valori che accompagnano l'avventura dei monopattini BIT e di quella che, in azienda, amano definire come la 'BIT Generation', ossia la generazione di chi, per usare le parole dell’ad, “è sempre pronto ad accettare nuove sfide, come quella di rendere gli spostamenti in città semplici ed ecosostenibili”. Per incentivare l’uso della sua flotta di monopattini, l'azienda ha dato vita a tre distinte formule di abbonamento: Unbitable Monthly, al costo di 24,99 euro al mese, la cui denominazione si ispira alla recente campagna di comunicazione ‘I am unbitable’, ideata e promossa dall’azienda per identificare l'utente che entra a far parte della ‘BIT Generation’ con i valori della mobilità alternativa ad emissioni zero; la tariffa Easy BIT, al costo di 5 euro l’ora, e i pacchetti Unblock. Questi ultimi, in particolare, sono composti da due tipi di pacchetti: Daily, che offre sblocchi illimitati e 15 minuti gratuiti al costo di 3,99 euro, e Weekly, con sblocchi illimitati e 110 minuti gratuiti al costo di 10,99 euro. Senza dimenticare, infine, le numerose iniziative promozionali dedicate agli studenti delle scuole superiori e agli universitari di diversi atenei italiani. Giovani ai quali BIT Mobility riserva inoltre l'attenzione di spiegare loro il corretto funzionamento del mezzo. Ne sono un brillante esempio la convenzione attivata con il Centro sportivo universitario di Verona e quella con gli istituti superiori a Bergamo.
TESTO MASSIMILIANO CARRÀ Michela Crivellente, co-fondatrice e ad di Bit MobilityCICLO
ECONOMICO
UNA MOBILITÀ
MAI VISTA
Come cambiano le condizioni di guida ai tempi del 5G? Rispondono i manager delle reti e infrastrutture digitali che stanno progettando il futuro degli spostamenti
L’auto che regola da sola la velocità secondo le informazioni provenienti da pneumatici intelligenti. Il furgone che ‘vede’ in anticipo un incrocio grazie al dialogo con altri veicoli o con le telecamere della zona. L’autobus che trova sempre il verde perché avverte del suo arrivo il semaforo. Il carrello trasportatore che in un porto o aeroporto viene telecomandato da una sala di controllo.
Fantascienza? No, si può già fare: sono tutti esempi di soluzioni possibili e già sperimentate in Italia grazie al 5G, la rete mobile di quinta generazione che non è solo un’evoluzione del 4G che usiamo da poco meno di dieci anni. “Il lockdown ha rallentato le attività di test, che però sono già ripartite”, racconta Sabrina Baggioni, 5G program director di Vodafone. “Dopo il dialogo fra i veicoli, andremo a sperimentare il dialogo fra le auto e l’intero ecosistema stradale, quindi lo scambio di informazioni con i mezzi pubblici o con le infrastrutture, come la segnaletica, i semafori intelligenti e le videocamere presenti lungo un percorso, messe a disposizione dal gestore delle infrastrutture stradali o da un'amministrazione pubblica”.
“Il 5G è una rivoluzione perché non cambierà solo il modo di comunicare tra le persone, ma anche tra persone e cose e tra le cose”, aggiunge Michele Gamberini, chief technology and information officer di Tim, compagnia che per prima ha mostrato nell’autunno 2018 come si può parcheggiare un’auto a Torino restando seduti davanti a un computer a Roma.
Il 5G avanza, nonostante tutto. “I rischi più grandi che sono emersi sono quelli dell’esclusione dell’Italia dalle nuove tecnologie, piuttosto che le problematiche di tipo sanitario. I benefici della rete 5G possono essere molteplici e molti ancora nemmeno li immaginiamo”, si legge nel documento conclusivo dell’indagine parlamentare avviata nell’autunno 2018 e conclusa a fine luglio. A inizio agosto anche Banca d’Italia è intervenuta chiedendo di “accelerare con gli investimenti sul 5G”.
TESTO GIOVANNI IOZZIAChe cos’ha di tanto speciale la nuova rete di cui si parla da qualche anno e che è ormai vicina al debutto commerciale? Non è solo più veloce (può raggiungere fino ai 10 giga, cioè 10 mila megabyte contro i 4 mila del 4G) ma soprattutto ha una latenza molto più bassa (1 millisecondo) e può essere usata ‘a fette’. Al di là dei dettagli tecnici, queste caratteristiche permettono comunicazioni in tempo reale non solo fra le persone ma anche fra gli oggetti, creando le condizioni per lo sviluppo di quella che viene chiamata ‘internet of things’, appunto la rete delle cose.
“La nuova tecnologia mobile sarà un abilitatore straordinario per lo sviluppo sostenibile in tutti i settori, dall’energia alla smart mobility, dall’e-health alla sicurezza e sarà caratterizzata da una serie di soluzioni evolute di grande impatto, sia dal punto di vista economico che sociale”, assicura Benoit Hanssen, chief technology officer di WindTre.
Per la smart mobility si aprono scenari fino a oggi impensabili. La sicurezza, prima di tutto. Con il 5G il sorpasso diventa assistito perché ci sarà la possibilità di vedere oltre il proprio campo visivo, magari utilizzando le informazioni provenienti dalle telecamere posizionate su strada o affidandosi a quelle installate in altri veicoli. Gli incroci saranno cooperativi, cioè gestiti da un insieme di sensori a bordo dei veicoli e nelle infrastrutture stradali che ridurranno il rischio di collisioni. Le mappe stradali saranno sempre più intelligenti e regoleranno l’andatura dei veicoli. La distanza di sicurezza sarà regolata dagli stessi veicoli che reagiranno secondo le condizioni di marcia. Secondo l’Osservatorio smart & connected car della School of management del Politecnico di Milano poi, con il 5G gli incidenti diminuiranno del 30%. Così come caleranno le emissioni di CO2 (del 25% in ambito urbano, del 10% in quello extraurbano), perché con il traffico più regolare i veicoli inquinano meno.
E non si tratta semplicemente dell’auto intelligente, la smart car. Prendiamo quel che quest’estate hanno fatto Fastweb e Atac a Roma in partnership con Ericsson: un autobus di linea dove tutto è sempre sotto controllo. Un software di intelligenza artificiale analizza tutto quel che accade all’interno ed è in grado di segnalare in tempo reale alla centrale sia situazioni di pericolo sia il flusso dei passeggeri; ed è persino in grado di ‘beccare’ chi prova a viaggiare senza biglietto. Insomma, un supercontrollore digitale, ma che fa molto di più: per esempio, assegnare la priorità ai mezzi pubblici nel traffico romano. E non è cosa di poco conto. “Questa sperimentazione è un piccolo ma significativo assaggio di come le reti 5G trasformeranno il settore dei trasporti pubblici”, commenta Marco Arioli, head of network engineering di Fastweb.
Quando vedremo gli effetti del 5G sulla mobilità? “Da un punto di vista tecnologico i nostri use case potrebbero essere pronti nel 2021”, risponde Sabrina Baggioni. “Per avere una vera mobilità in 5G, tuttavia, non bastano le soluzioni tecnologiche, servono veicoli di nuova generazione e devono essere pronte e integrate le infrastrutture. Le attuali auto connesse – prosegue – non prevedono il dialogo fra veicoli o l’integrazione con i sistemi di guida, bensì offrono accesso a servizi internet, servizi di e-call e tracking a fini assicurativi o di manutenzione. Per il rinnovamento dell’intero parco in ottica smart mobility molti stud di scenario parlano di almeno un decennio”.
“Non ci sarà il big bang”, puntualizza Gamberini di Tim, “sarà un processo graduale, una transizione. Sarà un mix: avremo alcuni servizi subito, per altri servirà lo sviluppo e la diffusione di altre tecnologie. Per esempio, nella guida autonoma, una volta estesa la copertura 5G, dovrà essere abilitata la comunicazione diretta fra veicoli (v2v), tra veicoli e infrastrutture (v2i) e tra veicoli e persone (v2p)”. Il futuro della mobilità è in lavorazione.
Il 5G è una rivoluzione perché non cambierà soltanto il modo di comunicare tra le persone, ma anche quello tra persone e cose e tra le cose. Le auto sono un esempio
Il 5G in 5 parole
LATENZA
La latenza, o ‘ping’, è il ritardo tra quando si fa clic su un link o si spara un colpo in un videogame online e si ottiene la risposta sperata. La latenza delle attuali connessioni mobili è di circa 20 millisecondi. Con il 5G la latenza si riduce a un minimo di 1 millisecondo. Può sembrare poco ma quando bisogna segnalare un veicoloa un incrocio o un ostacolo sulla strada fa la differenza.
SMALL CELL
Nella rete cellulare tradizionale, 3G o 4G, ci sono grandi torri piene di antenne radio che trasmettono il segnale su un’area molto ampia. Le ‘small cell’ sono l'opposto: trasmettitori radio grandi quanto uno zaino che possono essere appese a lampioni, pali, tetti e in qualsiasi punto di una città. Trasmettono il segnale 5G solo a breve distanza, quindi bisogna installarne molte per avere un’efficace copertura di rete.
MIMO
Il grande numero di ‘small cell’ permette il cosiddetto ‘massive Mimo’ (multiple input-multiple output), ovvero la possibilità di accesso simultaneo alle antenne di rete da parte di un grandissimo numero di dispositivi che vanno a costituire la cosiddetta ‘Internet delle cose’.
NETWORK SLICING
La capacità di ‘ritagliare’ singoli frammenti di spettro per offrire a dispositivi specifici il tipo di connessione di cui hanno bisogno. Ad esempio, la stessa torre è in grado di offrire una connessione più lenta a un sensore per un contatore smart e, allo stesso tempo, una connessione più veloce e a bassa latenza a un'auto a guida autonoma.
EDGE COMPUTING
Il 5G ha come obiettivo il rispetto di parametri elevatissimi di qualità del servizio anche al limite delle aree di copertura, allo scopo di evitare congestioni di rete vicino alle antenne. È questo ciò che viene definito ‘edge computing’, possibile grazie a una massiccia installazione di elementi di rete virtualizzati che girano su macchine in cloud.
NON SARÀ IL BIG BANG
MA UNA TRANSIZIONE, UN PROCESSO GRADUALE CHE ABILITERÀ ALCUNI SERVIZI SUBITO E DI ALTRI NE PREPARERÀ L’AVVENTO
Breve glossario di termini tecnici per comprendere la tecnologia alla base della rete del futuro
In piedi sui pedali, a macinare numeri che non sono propriamente quelli di una startup. Si tratta di V-Ita Group, nuova realtà tutta italiana che produce biciclette a pedalata assistita. L’azienda, fondata a Milano, è un vero caso di successo. A tal punto che, nel solo primo trimestre del 2020, ha portato a casa oltre 3 milioni di euro di fatturato. In un periodo, peraltro, già parzialmente impattato dal lockdown e senza i benefici del bonus governativo che premia chi acquista biciclette e monopattini (introdotto a partire da maggio 2020, con il decreto rilancio). La prospettiva, dichiarata dalla stessa società, è di superare i 10 milioni entro la fine dell’anno. “Abbiamo costituito l’azienda nel febbraio 2019”, racconta Carlo Parente, amministratore delegato di V-Ita Group, “la qualità, il design e la grandissima personalizzazione dei nostri prodotti ci aveva fatto chiudere un primo anno molto positivo. Mai, però, ci saremmo aspettati questo boom”. Il segreto, forse, sta nella possibilità di personalizzare la bicicletta. Da V-Ita puntualizzano che il cliente può scegliere fra 6 milioni di combinazioni differenti di colori, come per un’auto di lusso. E la lunga serie di optional del V1 V-Ita (così si chiama il modello di punta) fa tornare alla memoria quelli di una vettura: dal bluetooth agli altoparlanti per ascoltare la musica, passando per il telaio in alluminio, gli indicatori di direzione Led, fino ai freni a disco idraulici e all’antifurto attivabile con un telecomando a distanza. È disponibile in due varianti principali. C’è la V1 E-Volution, che ha un prezzo base di 1.899 euro, e la V1 Smart + che invece parte da 1.499 euro. Entrambe pesano 16,5 chilogrammi e più o meno hanno le stesse funzionalità, l’E-Volution però si differenzia per l’allestimento e una serie di accessori, come i cerchi in lega, le luci Led, il sistema Bluetooth incorporato e l’allarme antifurto.
“Quando è nato questo progetto imprenditoriale”, prosegue Parente, “avevamo un obiettivo: trasformare la bicicletta dall’essere una utility, ovvero un mezzo di trasporto o per fare sport, in un mezzo cool che si utilizza con una finalità green, ma anche col piacere di mostrarlo. Ognuno dei tre marchi di V-ita group si pone questo obiettivo”. Infatti, oltre alla V-Ita, nata con l’idea di essere personalizzabile, il gruppo ha in pancia altri prodotti come la Fat Bike
nelle sue varie configurazioni, marchiata Icon.e, e anche il brand The One, una linea più economica di biciclette e monopattini.
Quest’ultima comprende anche l’ultimissimo progetto: “Con il nostro Spillo, non si è voluto proporre un semplice monopattino, ma un vero e proprio personal scooter, che possa rappresentare per il consumatore, più che un veicolo, uno stile di vita”.
Anche sul fronte monopattini ci sono due modelli principali: c’è appunto lo Spillo, in vendita a 199 euro, e il collega Th1Max, a 229 euro, una linea pensata per i bambini che si differenzia per le dimensioni delle ruote e l’altezza del manubrio.
I risultati del mercato, per il momento, stanno dando ragione alla società guidata da Parente: “In questi mesi”, prosegue il manager, “ci siamo dati da fare per pensare a nuovi modelli di mobilità post Covid. Abbiamo sviluppato piattaforme per lo sharing elettrico che stiamo proponendo a diversi comuni italiani e stiamo lavorando alacremente per fornire soluzioni in alternativa al trasporto pubblico. Non a caso, per tutti i collaboratori del gruppo, abbiamo pensato a un contributo di 500 euro che si aggiungono al bonus bici del Governo, per promuovere l’utilizzo di bici elettriche e agevolare la mobilità in sicurezza”. Un investimento di marketing che senza dubbio colpisce, ma i vertici dell’azienda guardano anche oltre il ritorno in termini di vendite: “Abbiamo sempre creduto nel fare impresa per costruire qualcosa che duri nel tempo e non per mero business”, ci tengono a sottolineare dalle parti di V-Ita Group, “e ciò non può essere realizzato senza tenere a cuore i propri collaboratori che sono la vera anima dell’azienda. E, mai come in questo momento, abbiamo avuto modo di appurare che quando ci sono valori veri, sani, si possono superare le difficoltà”.
"SVILUPPIAMO PIATTAFORME PER LO SHARING ELETTRICO CHE STIAMO PROPONENDO A DIVERSI COMUNI ITALIANI E LAVORIAMO PER FORNIRE SOLUZIONI ALTERNATIVE AL TRASPORTO PUBBLICO"
IL PORTALE DELLE BICICLETTE
DAGLI ITINERARI CICLOTURISTICI ALLA MOBILITÀ URBANA. COSÌ RENT&FIT MIRA A DIVENTARE LA PRIMA PIATTAFORMA EUROPEA DI NOLEGGIO BICI, ELETTRICHE E TRADIZIONALI
Una città antica ricca di storia come Verona, il porto luminoso di Bari, le piazze, le vie e i musei di Milano, la natura tra i sentieri che costeggiano il lago di Garda. Prendersi una pausa e decidere di spendere il tempo libero su due ruote è un desiderio nobile e sempre più diffuso, per questo c’è chi ha pensato di agevolare con un clic la ricerca di una bicicletta. È quello che permette di fare la start up Rent&Fit, piattaforma digitale nata dopo il lockdown con un obiettivo chiaro: cercare il noleggiatore specializzato di bici più vicino. Alla base c’è la volontà di due imprenditori di contribuire al rilancio dell’economia italiana incentivando il cicloturismo, settore assai caro a Pierluigi Casolari, appassionato di innovazione così come di biciclette, co-founder e ceo di Rent&Fit insieme a Marco Donadelli, esperto di digital marketing ed e-commerce. “Il sito rentandfit.com incentiva l'utilizzo della bici come mezzo di trasporto e mobilità sia per turisti che per locals”, dice Pierluigi Casolari, “favorendo l'incontro tra domanda e offerta nel settore del noleggio”. Esempio pratico made in Italy di progetti innovativi figli della crisi. “Rent&Fit è appena nata e siamo in fase di lancio”, prosegue Casolari: “In questa prima fase tra i nostri partner contiamo già 100 noleggiatori attivi ubicati in location strategiche lungo le più importanti arterie cicloturistiche, come ad esempio il lago di
Garda, Mantova, i laghi di Iseo e Como. Abbiamo in programma altre 500 affiliazioni per la fine dell'anno, non soltanto nelle zone turistiche, ma anche nelle grandi città, dove stanascendo un forte bisogno di mobilità sostenibile e a due ruote”.
Una volta collegati, si localizza la ricerca in una determinata area geografica e la si orienta sulla base delle proprie esigenze, scegliendo tra modelli come la classica bici da passeggio, l’e-bike oppure pieghevoli, travel bike, tandem.
E con un po' di fortuna può capitare di trovare in zona anche un rimorchio per bambini. Se invece servono informazioni più dettagliate si può contattare lo staff di Rent&Fit oppure scrivere direttamente al noleggiatore. “Collegandosi su rentandfit.com gli utenti finali possono scegliere zona, giorni e durata del noleggio confrontando l’offerta di bici disponibili e prenotando direttamente sulla piattaforma”, precisa Casolari. Il sito permette anche di “comparare prezzi e tipologie di bici nelle varie zone e offre dettagliate descrizioni delle bici e degli usi che se ne possono fare”. Gli utenti “possono pagare con carta di credito e con bonifico online, mentre i partner noleggiatori ricevono i pagamenti periodicamente, al netto della commissione, nostra principale fonte di ricavi”.
Andare sulle tracce di Romeo e Giuletta, percorrere in sella a una ibrida o a una mountain bike il tratto tra Toline e Vello intorno al lago d’Iseo, fare una pedalata tra le strade dei centri urbani più suggestivi della pianura Padana o scegliere percorsi e contesti naturali d’eccezione in giro per l’Italia. Qualunque sia l’itinerario stabilito, la lentezza sarà in grado di enfatizzare ogni aspettativa. Anche questa volta la bicicletta conferma il suo successo e le sue grandi potenzialità di business: modalità di viaggio green e nuovo modo di pensare i trasporti anche attraverso un'esperienza online facile e intuitiva. “Una volta raggiunta la capillarità sul terri-
torio nazionale, partiremo alla volta di altri Paesi europei che hanno un forte legame con il cicloturismo e la bicicletta”, spiega il ceo di Rent&Fit. “La nostra visione è internazionale, ci proponiamo di diventare la principale infrastruttura digitale europea per il noleggio bici. Per farlo, abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding su BacktoWork24 di Banca Intesa Sanpaolo che permetterà a chiunque di supportare in prima persona il nostro progetto. In termini di esperienza per il consumatore finale il nostro obiettivo è portare il noleggio di bici online agli standard di capillarità di diffusione e semplicità d’esperienza del noleggio di auto”, conclude Casolari.
"Una volta raggiunta la capillarità sul territorio nazionale, partiremo alla volta di altri Paesi europei che hanno un forte legame con il cicloturismo e la bicicletta"
DESTINAZIONE futuro
Paolo Scudieri, presidente Anfia, racconta cosa sarà Borgo 4.0 in Irpinia: “la manifestazione di un nuovo umanesimo”
Smart mobility è libertà e rispetto
La prima volta che ho incontrato Paolo Scudieri mi ha affascinato la storia degli interni della Tesla. L’auto elettrica sembra silenziosa ma produce un sibilo che i pannelli tradizionali dell’abitacolo non riescono ad assorbire. Quindi è stato necessario investire in ricerca, testare nuovi materiali e creare un nuovo prodotto. Così gli interni per l’auto della casa automobilistica del momento, che ha superato anche Toyota per valutazione di Borsa, si fanno a Ottaviano, provincia di Napoli, dove ha sede Adler Pelzer Group, primo produttore italiano, e secondo al mondo, di sistemi per il comfort acustico e termico dei veicoli. Un gruppo con 64 stabilimenti in 23 Paesi e un fatturato di oltre 1,5 miliardi, di cui il 90% all’estero. Paolo Scudieri, che ha reso globale l’azienda fondata dal padre Achille a metà degli anni ‘50, è abituato a guardare oltre. Come presidente di Anfia, l’Associazione italiana della filiera industria automobilistica, è alle prese con un mercato che sta cercando faticosamente di riprender vita dopo essersi fermato per quasi tre mesi. Oltre la contingenza, però, il presidente di Adler indica la via per andare avanti: “leggere il futuro”, guidare la trasformazione epocale in atto nell’industria dell’auto e nella mobilità. Per questo si è fatto promotore di Borgo 4.0, il progetto di un laboratorio diffuso per la smart mobility in Campania, più precisamente in quell’Irpinia che rischia di scontare ancora gli effetti sociali ed economici del drammatico terremoto del 1980.
Presidente, che cos’è Borgo 4.0 e perché l’ha fortemente voluto?
Borgo 4.0 sarà la manifestazione di un nuovo umanesimo. Il mondo tecnologico non sarà davvero utile per noi e i nostri figli se non correggiamo la rotta, se non creiamo un’interazione virtuosa fra tecnologia e uomini, partendo dai bisogni e dalle potenzialità dei territori. Borgo 4.0 sarà un laboratorio diffuso che nascerà nel cuore dell’Irpinia, un’area condannata all’abbandono e chiamata in modo orrendo “depressa”. Oltre 200 ingegneri da tutto il mondo popoleranno la zona che fa capo al comune di Lioni, in provincia di Avellino, e così la tecnologia potrà rappresentare una grande occasione di riscatto e di sviluppo.
A che punto è il progetto?
Siamo al rush finale. La Regione Campania ha approvato il piano strategico. Il prossimo passo è la valutazione dei singoli progetti. Entro il 2020 Borgo 4.0 comincerà a prendere forma concreta.
Che cosa si farà in questo Borgo 4.0?
Si lavorerà per sviluppare e testare i sistemi di guida autonoma. Al progetto, che prevede un investimento di 76 milioni di euro, partecipano 54 imprese, tra cui tutte le case automobilistiche a partire da Fca, le cinque università campane e diversi centri di ricerca tra cui il Cnr. Sono certo che se riuniamo le tecnologie più avanzate e le portiamo in quelle aree depredate, scoccherà una scintilla.
Quanto tempo servirà per avere le auto a guida autonoma?
L’auto a guida autonoma è già tra noi. Siamo al livello 3 nei casi più avanzati. Ci vorrà ancora un po’ di tempo per arrivare a livello 5, ai veicoli senza volante e pedaliera, in cui l’abitacolo sarà un vero e proprio salotto. Serviranno fra 10 e 15 anni: dipende dalla quantità di risorse che saranno investite.
Che cos’è per lei la smart mobility?
Una parola anglofona per esprimere la piena libertà dell’uomo in coerenza con il rispetto dell’ambiente. Nel futuro prossimo avremo una segmentazione dei bisogni fra chi si muove in città, nei piccoli centri o per lunghi tratti. Le risposte arriveranno da diverse tecnologie, dall’elettrico all’idrogeno. Il bene sarà la loro fruibilità e l’interpretazione di questo concetto sarà una catarsi tecnologica.
Lei parla come Brunello Cucinelli. Brunello è un amico. Non siamo francescani ma persone responsabili che devono vendere il loro prodotto.
CHI TROVA UN DATO, TROVA IL TESORO
Possono migliorare la qualità della mobilità urbana e influenzare la visione delle amministrazioni locali relativamente al trasporto pubblico. Ecco perché i dati sono così importanti. Intervista a Samuel Sed Piazza director of partnerships Emea & Apac di Moovit
TESTOChe cosa si può fare con i dati per gestire e migliorare la mobilità in una città?
Molto. E infatti Intel ha valutato bene la startup israeliana Moovit in quella che è l’acquisizione dell’anno nel mondo della smart mobility: quasi un miliardo di dollari. Samuel Sed Piazza, romano, 36 anni, è stato tra i primi dipendenti di Moovit fuori da Israele, dove è stata fondata nel 2012. Oggi è director of partnerships Emea & Apac, quindi dall’Europa all’Africa, fino all’Asia e al Pacifico.
Moovit è nata per portare sugli smartphone gli orari degli autobus pubblici. Oggi è una piattaforma mondiale per la mobilità intelligente, basata su informazioni in tempo reale che arrivano dagli utenti dei servizi di trasporto ma anche da altre fonti. Da settembre, ad esempio, con l’app è possibile conoscere anche l’affollamento degli autobus in tempo reale.
Perché Intel, colosso americano del microchip, ha valutato Moovit quasi un miliardo di dollari?
Per i numeri di Moovit e l’enorme mole di dati che riesce a campionare quotidianamente. Moovit oggi non è solo un’app, è un ecosistema che fornisce informazioni sulla mobilità in oltre 100 Paesi, in 45 lingue e ha superato la barriera degli 800 milioni di utenti che generano dati in più di 3200 città nel mondo. Arriviamo a quasi sei miliardi di dati anonimi al giorno e queste informazioni sono oro. Se Intel si è interessata a Moovit, è perché il 70% di questi dati sono dati proprietari ed esclusivi: Moovit ha una community al suo interno che produce dati che vanno ad aggiungersi a quelli in open source delle amministrazioni pubbliche.
Che cosa si può fare con questi dati?
Molte cose. I dati possono migliorare l’informazione sulla mobilità e la visione che le amministrazioni locali e le aziende di trasporto pubblico hanno del servizio e della città. Se utilizzati bene, permettono di aumentare l’efficienza in modo “leggero”. Per aumentare la qualità del servizio pubblico sarebbe importante poter lavorare sull’infrastruttura, ma questa è un’opzione che ha tempi lunghi e costi alti. L’informazione invece si può ottenere facilmente e velocemente.
Quali sono le città che meglio utilizzano i dati per la mobilità?
C’è il modello Tallinn, in Estonia, dove dal 2018 i trasporti pubblici sono praticamente gratuiti, ma è una città relativamente piccola. Poi c’è Londra che dal 2008 ha deciso di offrire tutte le informazioni sulla mobilità in open data per migliorare la qualità del servizio e abilitarne di nuovi.
E in Italia?
Mi piace portare l’esempio di Palermo, dove non si avevano informazioni in tempo reale sulla posizione degli autobus. Moovit, che si è sempre mossa con una logica di collaborazione con le amministrazioni locali e le aziende di trasporto pubblico, ha fornito una sua soluzione che prevede in ogni mezzo un device Android che comunica con la centrale e con le fermate successive. Così l’azienda ha sotto controllo la sua flotta di mezzi e i passeggeri conoscono gli orari di arrivo dei mezzi. Se non sto più ad aspettare 20 minuti alla fermata, ho una diversa e migliore percezione del servizio. Per una città come Palermo è stata una piccola rivoluzione.
Perché questi dati interessano tanto a Intel?
Negli ultimi cinque anni la mobilità è cambiata più che negli ultimi 100. Portare le informazioni dalla fermata dell’autobus allo smartphone è stata solo la prima fase. La seconda è stata la condivisione dei mezzi, la sharing mobility. La terza è la mobilità come servizio, cioè integrare i diversi livelli necessari per spostarsi da un luogo all’altro, auto, treni, taxi, bici in un’unica piattaforma. La quarta fase sarà la guida autonoma. E Intel sta lavorando proprio su questo. Ha appena ottenuto l’ok del governo tedesco per cominciare i test su strada. E per le auto senza pilota i dati saranno più importanti del carburante.
UN HUB PER
L’INNOVAZIONE
SOSTENIBILE
APRE I BATTENTI IL NUOVO SPAZIO PROGETTATO DA TRENTINO SVILUPPO CHE OSPITA AZIENDE ATTIVE NEI SETTORI DELLA TUTELA AMBIENTALE, DELLE BIOTECNOLOGIE, DELLA MOBILITÀ SMART, DELL’INDUSTRIA SPORTIVA
Oltre che per le montagne e i laghi scintillanti, e la straordinaria quiete che si respira sulle cime in pietra calcarea della regione, da questo autunno ci sarà un altro motivo per recarsi in Trentino ovvero la nuova fabbrica di innovazione sostenibile pensato dall’agenzia Trentino Sviluppo. L’hub, battezzato Be Factory e progettato da Kengo Kuma, icona dell’architettura green, comprenderà oltre 5.800 metri cubi di pannelli in legno, 30 mila metri cubi di calcestruzzo, 13.500 metri quadrati di pietra e 7 chilometri di cavi per la fibra ottica, costituendo di fatto la più grande opera di edilizia civile realizzata in Trentino. I nuovi edifici a elevata efficienza energetica e contenuto impatto paesaggistico ed ambientale, ospiteranno aziende innovative attive nei settori della tutela dell’ambiente, delle biotecnologie, della mobilità sostenibile, dell’industria dello sport e dell’edilizia intelligente.
affinché questa sorta di palestra a cielo aperto possa diventare anche opportunità d business e di lavoro per le aziende, piccole o grandi che siano, che intendono testare qui i loro prodotti, sviluppare soluzioni nuove, entrare in contatto con i centri di ricerca del territorio. Crediamo in una mobilità e in una pratica sportiva sempre più intelligente, inclusiva e generatrice di sviluppo diffuso e sostenibile”. Intanto, sono già nove le realtà imprenditoriali delle biotecnologie, dello smart building, dello sportech, dell’agritech e della mobilità sostenibile che hanno formalizzato il proprio ingresso nei nuovi spazi, per una superficie occupata complessiva pari al 38% del totale disponibile. Nel progetto ha creduto anche l’Unione europea tanto da aver finanziato l’opera, che ha un valore complessivo di 45,6 milioni di euro, per l’80% tramite il Fondo per lo sviluppo e la coesione, e per il restante 20% attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale. Sono intanto altre sette le aziende che si trovano in fase di trattativa e valutazione per entrare nell’incubatore, mentre la metà degli spazi disponibili è stata già assegnata oppure opzionata a fronte di specifiche richieste da parte di gruppi industriali ed aziende innovative. I nuovi edifici produttivi, a basso impatto ambientale e certificati Leed e Arca, sono caratterizzati dalla classica impiantistica industriale e manifatturiera, e si preparano a ospitare produzioni ad alto tasso di innovazione, con camere bianche e laboratori per la telemedicina, la robotica e lo studio dei materiali.
BIKE LIFE
Pedale
salame
COSA FA UNO CUOCO BERGAMASCO CON LA PASSIONE DELLA BICI TRAPIANTATO NELLA FOOD VALLEY PARMIGIANA?
INVENTA BIKE FOOD STORIES, AZIENDA CON CUI CONIUGARE GASTRONOMIA, TERRITORIO E TURISMO LEGGERO. STORIA DI DAVIDE PAGANIQuando un cuoco bergamasco con la passione per la bicicletta approda a Parma per studiare scienze gastronomiche e si innamora della cucina emiliana si creano sinergie inaspettate. Questa è la storia di Davide Pagani, classe 90’, amante dell’orticultura sostenibile e gastronomo della cucina italiana. Nel 2009 appena trasferito nel parmense compra una bicicletta e girando tra le vallate Emiliane, mentre rimane folgorato dai paesaggi e dalla genuinità del cibo locale, immagina la possibilità di poter costruire una sua start up nella culla di molte eccellenze gastronomiche italiane.
Nel 2015 Davide da vita a Bike Food Stories una start up che si occupa di cicloturismo enogastronomico. Il suo motto è “discover, experience, taste”, Il core business è l’espe-
Nel 2019 ha pedalato per 24.094 km, accompagnato 964 persone provenienti da 39 Paesi, ogni turista ha percorso in media 25 km, si sono stappate 277 bottigliedi vino locale e tagliate 1.400 fette di salame
rienza gastronomica iinerante, pedalare r la Food Valley, alla scoperta dei sapori e della storia delle piccole e medie aziende produttrici di cibo. “L’obbiettivo è dare voce al territorio, ma anche ascoltare i racconti dei turisti che decidono di seguirmi nei miei percorsi”, racconta Davide, “mi piace pensare di poter donare loro un’esperienza unica lontana dall’idea di performance ciclistica”.
L’assaggio del Parmigiano Reggiano, del Prosciutto di Parma e dei vini si fa in loco, direttamente nelle aziende, osservando il ciclo produttivo, interagendo con gli artigiani, entrando in relazione con questo ricco territorio; partendo dal centro di Parma, passando per Salsomaggiore, Fidenza e Busseto. Ogni
esperienza dura un giorno, ogni percorso è diverso dall’altro e ogni occasione è buona per riempirsi la bocca e gli occhi di bellezza. L’autenticità è il primo valore di Bike Food Stories, dei sapori, dei luoghi e delle persone. “I miei clienti cercano il rapporto umano, si meravigliano ogni volta della genuinità di certi cibi fatti con amore, della cultura e dell’accoglienza emiliana”. Non c’è da stupirsi se nel 2019 Davide ha pedalato per 24.094 km, ha accompagnato 964 persone provenienti da 39 paesi diversi, ogni turista ha percorso in media 25 km, si sono stappate 277 bottiglie di vino locale e tagliate 1.400 fette di salame. Vivere in un mondo globalizzato stimola la riscoperta del pensare locale, con la possibilità lasciare un’impronta attraverso scelte consapevoli a partire dal modo di viaggiare e fare turismo.
Non solo bici, non solo cibo, non solo storie, ma anche comunicare uno stile di vita sostenibile, essere un esempio, un vettore per un turismo più verde, più slow in Italia. Il sogno è allargare il format Bike Food Stories a tutta l’Italia, creare un circolo virtuoso, una rete di persone che possano condividere la visione. “I partner sono fondamentali per far crescere l’azienda” dice Davide, e aggiunge: “Il cicloturismo è il presente ma soprattutto il futuro del turismo in Italia”. Unire sport all’aria aperta e degustazioni fa bene a noi, all’economia locale e all’ambiente. Agire sul locale per arrivare al globale: un progetto ambizioso che Davide Pagani porta avanti con grande dedizione e preparazione. Il futuro dell’azienda? Bike Food Stories è un format fluido e agile, in grado di comunicare con tante realtà del made in Italy, una azienda che può mettere radici anche fuori dalla Food Valley. Davide sta già immaginando nuovi percorsi e non esclude la possibilità di scrivere una guida enogastronomica che raccolga le eccellenze italiane, per dare visibilità al settore cicloturistico e per continuare a raccontare e raccontarsi attraverso i suoi viaggi tra natura e papille.
VACANZE ATTIVE A PORTOROSE
ALLA SCOPERTA DELL'ISTRIA SLOVENA TRA TERME E MASSAGGI, DIETE MEDITERRANEE E TRAMONTI SUL MARE. COSÌ L'ACT-ION HOTEL NEPTUN DI LIFECLASS HOTELS & SPA OFFRE TUTTI I SERVIZI CHE OCCORRONO AGLI AMANTI DELLO SPORT E DELLA BICICLETTA
Sapevate che l'Istria slovena è ricca di piste ciclabili di vari livelli di difficoltà, che offrono una vista unica sul mare e sui vigneti? Se non avete ancora scoperto questo magico scorcio di costa mediterranea, è il momento di farlo. Si trova a mezz'ora da Trieste. E qui proviamo a raccontarvi cinque buoni motivi per visitarla. Sport all'aria aperta. Come ben sanno i lettori di BIKE, il ciclismo è un'ottima scelta tra le attività ricreative all'aperto, perché è adatto sia a uomini che donne, giovani e meno giovani; ha un impatto lieve sulle articolazioni e si può calibrare la difficoltà del percorso in base al terreno, combinando l'utile al dilettevole scoprendo le bellezze del territorio. In una località come Portorose, inoltre, il numero elevato di ioni negativi presenti nell'aria di mare favorisce il benessere: pedalando all'aria aperta, infatti, non solo si aumentano le capacità fisiche dei muscoli, ma si equilibrano gli ormoni, rafforzando così il sistema immunitario, migliorando il metabolismo ed eliminando i mal di testa. Allo stesso tempo, aumenta anche la nostra attività intellettuale, la concentrazione e il livello di energia.
Una seconda casa per ciclisti. A Portorose il numero di giorni di sole è superiore ai 250 l'anno in media; ciò fa di questa località un ottimo punto di partenza per prepararsi alle gare ciclistiche o semplicemente per migliorare i propri record personali. Il caldo clima mediterraneo, il gran numero di giornate di sole e la posizione tranquilla sono ideali per allenarsi tutti i giorni dell'anno. Perfette per gli amanti dello sport le strutture ricettive, come nel caso dell'Act-Ion Hotel Neptun di LifeClass Hotels & Spa, un resort che dispone anche di una lavanderia e di un'attrezzata bike room con un elevato livello di sicurezza.
I tramonti più belli. La costa slovena è ricca di angoli nascosti e punti panoramici. Più difficile è il terreno, più memorabili saranno le viste. Forma Viva, per esempio, offre una vista di tutta Portorose, e salendo sulla scogliera di Strugnano nel tardo pomeriggio si è sempre ricompensati per lo sforzo dal bellissimo tramonto sulla Baia della Luna.
Un suggerimento è quello di seguire il percorso della Parenzana, la linea ferroviaria abbandonata lunga 130 km tra Trieste e Parenzo. Alla fine potrete anche concedervi un delizioso pranzo a base di pesce a Isola.
Alimentazione sana, anche in vacanza. Sport e cibo sano vanno di pari passo nell'Istria slovena. Il team culinario di LifeClass Hotels & Spa Portorose, per esempio, si impegna ogni giorno a preparare pasti in linea con le esigenze nutrizionali e i desideri di ciclisti e sportivi. I piatti più adatti ai ciclisti sono persino contraddistinti dal simbolo del ciclista all'interno del menu. Per il pranzo, oltre ad antipasti freddi, ricca è la selezione di zuppe, così come lo è quella dei piatti del giorno, sempre adatti agli sportivi, in cui il contenuto di proteine, sali e carboidrati corrisponde alle loro necessità giornaliere. C'è anche la possibilità di ritirare una lunch box, che può essere ordinata alla reception il giorno prima del giro in bici programmato. Il resort LifeClass di Portorose offre anche un distributore automatico 24 ore su 24 di bevande isotoniche, barrette energetiche e altri snack salutari. È situato al piano terra dell'Act-Ion Hotel Neptun 4*.
Relax dopo una giornata intensa. Per chi gradisce rilassarsi dopo una giornata attiva, non occorre andare lontano. L' Act-Ion Hotel Neptun é infatti collegato ai centri benessere delle terme di Portorose e alle piscine con acqua termale e acqua di mare con corridoi interni. Per un po' di relax per i muscoli indolenziti è possibile infine scegliere tra una vasta gamma di massaggi classici, thailandesi e indiani oppure concedersi altri trattamenti rilassanti.
PROVA
TESTO ANDREA RONCHIDI FORZA
A RIMINI L’ITALIAN BIKE FESTIVAL È STATA L’UNICA FIERA DELLE DUE RUOTE NEL 2020. ALL’APERTO E IN TOTALE SICUREZZA
Per organizzare una fiera nel 2020 ci è voluto coraggio! Ma in fondo ce ne voleva anche nel 2018, quando nacque l'Italian Bike Festival, in un momento di profonda crisi d'identità del mondo fieristico legato alle bici in tutta Europa. Francesco Ferrario, ceo di Bike Events, non ha mai avuto dubbi: “Abbiamo scelto un format differente, all'aria aperta e sposato una location dimostratasi vincente. Il coraggio in fondo non è stato solo nostro bensì va condiviso con le aziende del settore e la città di Rimini, che hanno creduto nel progetto”. L'obiettivo iniziale era diventare un punto di riferimento nel mondo delle due ruote.
Nel 2020 l'Italian Bike Festival è stata l'unica fiera di settore in tutta Europa. Il Parco Fellini di Rimini si è ‘vestito’ per il terzo anno consecutivo da biker ospitando, all’interno di un villaggio di oltre 45 mila metri quadrati, più di 120 brand del mondo della bike industry e 140 totali. Il format è rimasto inalterato, con ingresso gratuito e possibilità di scoprire in anteprima migliaia di prodotti, provandoli all’interno delle aree test. Per l'off-road un’area di 3.600 metri quadrati adibita ai test affiancata dalla pump track per affinare la tecnica di guida e sfidare i propri amici. Numerosi gli ospiti che sin dalla prima edizione non mancano all’Italian Bike Festival: Davide Cassani, Omar Di Felice, Paola Pezzo, Alessandro Vanotti, i fratelli Lupato, Alia Marcellini e il Team Trek Pirelli sono solamente alcuni dei nomi passati da Rimini tra l’11 e il 13 settembre.
Ampio spazio anche alle iniziative green, grazie alla collaborazione con Esosport bike che ha allestito all’interno del villaggio quattro punti di raccolta di copertoni esausti per riciclarli e dar loro nuova vita, e al cicloturismo, con l’ormai celebre Bike Tourism Village, unico appuntamento in Italia tra la filiera cicloturistica, la bike industry e gli appassionati di vacanza attiva. Italian Bike Festival si è confermato come l’occasione perfetta per visitare su due ruote il territorio di Rimini e della sua provincia grazie all’intenso programma di bike tour.
“La cosa più importante è essere riusciti a fare l'evento e di questo va dato merito in primis alle aziende”, prosegue Ferrario. “Nel periodo di lockdown ci siamo confrontati quotidianamente e una volta avuto l'ok del governo, abbiamo dato la nostra disponibilità mostrando le norme e le modalità di attuazione. Abbiamo lavorato tutti come un team portando a termine un'impresa titanica per districarsi tra i decreti. Il merito è di tutti i collaboratori ma anche del sindaco di Rimini Andrea Gnassi, dell'assessore Gian Luca Brasini, perché senza il comune non avremmo neanche potuto iniziare, e di Davide Cassani con l'Apt Emilia Romagna”.
In questo anno particolare il compimento della manifestazione è un messaggio di credibilità per il settore che fa compiere un grande passo avanti a questa kermesse. Riuscire a mettere in pratica tutte le norme, a partire dall'ingresso con registrazione obbligatoria, misurazione della temperatura e mascherine obbligatoria, sino al distanziamento non è stato semplice come ha spiegato lo stesso sindaco: “Questo appuntamento conferma la sinergia tra il nostro territorio e un evento insieme spettacolare, sportivo e di costume. Da subito la coraggiosa formula di privilegiarne l’organizzazione all’aperto, nel cuore storico della marina balneare di Rimini prospiciente al nostro mare, si è rivelata vincente rispetto alle tradizionali soluzioni fieristiche e oggi consente di tornare tra il pubblico col più alto grado di sicurezza possibile”.
"ABBIAMO SCELTO UN FORMAT DIFFERENTE, ALL'ARIA APERTA, E SPOSATO UNA LOCATION CHE SI È DIMOSTRATA VINCENTE"
I dati straordinari riscontrati in questi mesi nella vendita delle biciclette, che hanno portato a un +10% la vendita annua rispetto a 1,7 milioni di mezzi venduti nel 2019, pur in un momento di contrizione dei consumi, non sono solo il frutto di un’iniziativa del governo ma di un comune sentire verso questo mondo in rapidissima evoluzione, specie con l'affermarsi della pedalata assistita che ha ampliato enormemente la platea degli utenti.
“La mancanza di libertà di movimento ha fatto riscoprire la bicicletta alle persone costringendo le amministrazioni ad adeguarsi. Le persone, spinte anche dalla ritrosia verso gli spostamenti mediante mezzi pubblici spesso stracolmi, hanno iniziato a guardare sistemi di mobilità alternativa”, conclude.
LA MANCANZA DI LIBERTÀ DI MOVIMENTO
CI HA FATTO RISCOPRIRE LA BICICLETTA
LE AMMINISTRAZIONI SI SONO DOVUTE ADEGUARE
SICIAK,VOLA
DEBUTTA SU BIKE SHOWTIME,
TRA PERCORSI A OSTACOLI E RIPIDI PENDII, FREESTYLE ED EVOLUZIONI,
Una finestra spalancata sul multiforme universo delle discipline più originali della bicicletta, dal freestyle al downhill, raccontate dal sei volte campione italiano elite di trial Paolo Patrizi. Debutta su BIKE il nuovo format televisivo Showtime: otto puntate con altrettanti ospiti, atleti affermati che si raccontano come persone e sportivi, senza lesinare aneddoti, curiosità e consigli ai giovani biker che sognano di ripercorrerne le gesta.
Tra gli ospiti della prima stagione Alessandro Barbero, pro rider di bmx, campione italiano nel 2003, le campionesse del downhill Eleonora Farina e Veronika Widmann, il giovane talento del downhill Francesco Colombo e la stellina del flatland Michael Piccolo.
Patrizi, che dopo l'addio all'agonismo è delegato della Federciclismo per il trial all'interno della commissione fuoristrada, ha già avuto occasione di esibirsi in televisione come performer, tra gli altri, in programmi quali: Italia's Got Talent, Ninja Warrior e Bake Off Italia. Ma con Showtime è all'esordio nei panni di conduttore. "Mi è piaciuto tantissimo", confida a BIKE, "Showtime è un progetto che mi rappresenta", un'esperienza "spettacolare".
In realtà Pool, questo il soprannome di Patrizi quando salta e pedala, non ha appeso definitivamente la bicicletta da trial senza sellino al chiodo. Sebbene stia studiando video editing e progettando il suo futuro professionale, infatti, ama ancora intrattenere il pubblico, anche se non lo fa più per vincere. Con la sua crew di biker e dj, dopo Eurobike in Germania, Cosmobike e tantissime tra notti bianche e feste di paese, è stato anche all'Italian Bike Festival di Rimini. Qui si è esibito e ha vestito i panni di ambassador delle e-bike di Vent, uno dei tanti brand (come anche gli integratori ProAction) che l'ha accompagnato durante la sua più che soddisfacente carriera.
Il trial e tutte le altre discipline, come il freestyle, la bmx e il downhill, che Showtime racconta, puntata dopo puntata, hanno una caratteristica in comune e Patrizi la riassume in due parole: “volare” e “libertà”. Ecco cosa si prova quando su una bici da trial si salta da un ostacolo all'altro o su una mountain bike si scende lungo il tracciato dal ripido pendio di una montagna. Un brivido unico, quello che Showtime vuole farvi provare.
Conduttore di Showtime, Paolo Patrizi è delegato Fci per il trial nella commissione fuoristrada. Sei volte campione italiano elite di bike trial, vanta in palmares anche un nono posto al campionato mondiale elite Uci e un ottavo al campionato europeo elite Uci. La disciplina che ha praticato e oggi promuove in tutta Italia è nata per gioco nei box del moto trial in Spagna negli anni ’80 con semplici bmx o mtb. Oggi la bici da trial è un prodotto originale, caratterizzata dall’assenza del sellino e dai cerchi da 20 o 26 pollici. a discplina ha guadagnato la sua dignità come pratica sportiva professionistica ed amatoriale. Spagna, Francia e Germania i Paesi di riferimento.
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LEGGERE SUI PEDALI
NUOVE USCITE Davide Cassani (con Giacomo Pellizzari)IL CICLISTA CURIOSO
/RIZZOLI, 2020, pp. 320, 18 €/
Prima che corridore professionista, commentatore televisivo, commissario tecnico della nazionale italiana, Davide Cassani è un ciclista come tutti quanti, uno che monta in sella col gusto di scoprire il mondo pedalando. La lunga carriera non gli ha mai tolto questo spirito, come traspare da queste oltre 300 pagine di pedalate in giro per l'Italia raccontate insieme al ciclo-giornalista Giacomo Pellizzari. Venti itinerari adatti a ogni ciclista: brevi e panoramici, storici e misteriosi. Per ciascuno ci sono una “introduzione sentimentale” e i consigli sul come e perché affrontarlo. L'introduzione è di Gianni Mura, scomparso alla vigilia dell'uscita del libro. Uno che forse pedalava poco, ma che in quanto a curiosità era un maestro, proprio come Cassani.
Antonella Stelitao
DONNE IN BICICLETTA
/EDICICLO, 2019, pp. 496, 20 €/
Dai tempi di Alfonsina Strada è trascorso quasi un secolo, nel quale le competizioni ciclistiche femminili hanno dovuto sgomitare parecchio per essere davvero riconosciute. Negli ultimi decenni però il ciclismo ha fatto passi da gigante in campo femminile, raggiungendo ai giorni nostri una piccola età dell'oro fatta di corse spettacolari, campionesse di livello assoluto e un boom di praticanti. Il libro di Antonella Stelitano diventa una preziosa e puntuale testimonianza del empo. Ora che finalmente si può dire che il ciclismo è donna, è il momento di guardare a come si è arrivati sin qui, rendendo omaggio a una storia di donne coraggiose e cicliste formidabili, che alla fatica della strada han dovuto affiancare la lotta al pregiudizio. Una testimonianza storica, ricchissima di dettagli, per comprendere la strada verso l'eguaglianza.
UN CLASSICO
Claudio Gregori
MERCKX, IL FIGLIO DEL TUONO
/66THAND2ND EDIZIONI, 2016, pp. 576, 23 €/
A giugno Eddy Merckx ha compiuto 75 anni, un'età importante ma il cui numero equivale soltanto a un settimo delle vittorie conquistate dal più grande ciclista di tutti i tempi.
E ai numeri dei suoi trionfi, il Cannibale potrebbe affiancare quelli di una bibliografia da record: la sua storia è stata raccontata da un gran numero di penne in ogni lingua. Claudio Gregori, decano della narrativa ciclistica italiana, ha ripercorso la vita del campione belga con lo sguardo affascinato di un ragazzino ela dedizione di un archeologo.
Il risultato è un librone che scorre veloce come un romanzo, come l'epopea di un eroe che, per dirla con Gregori, ha dato al ciclismo “una dimensione cosmica”.
Cosa ascoltare mentre si pedala? Sarei un bugiardo a dirvi che pedalo tanto ma spio la mia ragazza Rachele quando lo fa. Specialmente sotto lockdown pedalava in casa con un 'marchingenio' a pedali offerto gentilmente da Virgin Active con tanto di monitor che le permetteva di gareggiare con tanti amici virtuali in tutto il mondo. A volte sbircio l'Instagram di Mario Cipollini e quello di Elisa Scarlatta (Cherybombom) e mi viene la stanchezza solo a guardare. Ma prima o poi salirò su una bici per fare contento il mio amico Marco Tonelli che mi invita sempre alle Eroiche! Per ora mi viene più facile stilare una soundtrack rock per voi.
BIKE PLAYLIST
1
Bicycle race
THE QUEEN
2
Sheena is a punk rocker
RAMONES
3
Have you ever seen the rain?
CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL
4 / Turn turn turn
BYRDS
5
Dancing with myself
BILLY IDOL
6
*Direttore creativo Virgin Radio. L’energia del rock scorre potente nelle vene di Ringo. È uno dei volti più noti, una delle voci più amate del mondo delle radio. È l’anima di Virgin Radio. Competente, irriverente, nel suo background artistico racchiude tutte le sfumature del rock’n’roll. Dopo tanti anni in prima fila, è ancora uno dei punti di riferimento del rock in Italia. Conduce il suo 'Revolver' dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 16.00.
Suspicious minds
ELVIS PRESLEY
Mull of kintyre
THE WINGS
8
The boys are back in town
THIN LIZZY
All right now FREE
10 / Come together
THE BEALTLES
11 / We are chaos
MARILYN MANSON
Space oddity
DAVID BOWIE
Another brick in the wall
PINK FLOYD
Train in vain
THE CLASH
This year's model
ELVIS COSTELLO
Rock this town
STRAY CATS
Alive and kicking
SIMPLE MINDS
Ace of spades
MOTORHEAD
Freedom of choice
Pride and joy
STEVE RAY VAUGHAN
Non farti cadere le braccia
EDOARDO BENNATO
Il ciclismo ti rende MAGRO CACCIA APERTA
AL CAPPELLINO
Che cos’è la testa? Ma soprattutto la memoria! Degli oltre novecento alberghi dove ho soggiornato nella mia decennale carriera sportiva di corridore professionista, l’hotel ben nitido nei miei ricordi è legato ad una forte emozione come è stata la mia prima partecipazione al Giro d’Italia. Nel 1977 il Giro partiva da Napoli, precisamente con una cronometro da Bacoli a Monte Procida. Era il 20 maggio, un venerdì. Un fatto che si è ripetuto qualche volta, seppur raramente, nella storia della grande corsa a tappe che invece è solita partire il sabato per poi terminare la domenica, dopo tre settimane, compresi i giorni di riposo.
In quegli anni gli alloggi, come tutte le spese, erano a carico della squadra e di conseguenza la scelta era fatta dal direttore sportivo o dalla segreteria del gruppo sportivo. Alla Fiorella Mocassini – che era il nome della mia società – ci pensava direttamente il presidente, il signor Alberto Pagni, perché diceva che i suoi corridori dovevano stare bene prima di correre e riposare meglio dopo la gara. Ci coccolava come dei figli, a tal punto che un anno, in una gara a tappe nella categoria dilettanti, l’organizzatore della Settimana bergamasca aveva sistemato tutte le squadre partecipanti in un convento. Anche noi, quindi, come tutti, in collegio. Quando arrivò il presidente e vide come eravamo alloggiati disse: “Qui la mia squadra non ci dorme, si va in albergo”. Dopo mezz’ora eravamo sui divani dell’Hotel Cappello d’Oro in centro a Bergamo.
Figurarsi se con un dirigente così, alla vigilia della corsa più importante in Italia, potevamo stare in un normale albergo a tre stelle. L’Hotel Terme di Agnano si trovava in un parco molto ampio da dove si poteva vedere anche l’ippodromo. Era talmente bello che sembrava fatto apposta per un debutto così importante. Arrivammo per l’ora di pranzo, giusto in tempo per fare un leggero allenamento il mercoledì pomeriggio. C’era tanta emozione, per tutti noi che eravamo al primo grande giro. L’unico che faceva trasparire serenità era il nostro direttore, il Signor Luciano Pezzi, già abituato per il fatto di aver diretto un grande campione come Felice Gimondi.
Nonostante il letto fosse comodo, la camera spaziosa e il parco pieno di uccellini che cullavano con il loro cinguettio il nostro riposo, stentai a prendere sonno il giorno precedente al prologo. Il percorso lo avevamo provato un paio di volte, non mi pareva duro, piuttosto era il vento che veniva dal mare che dava fastidio. E comunque non sarebbe stato quello il problema. Il pubblico era, per assurdo, l’ostacolo. Perché il cappellino del ciclista era il trofeo da portare a casa. Un assalto continuo di ragazzi di tutte l’età che ti chiedevano il cappellino! Così imparai subito che era pericolosissimo avere il cappellino in testa, perché, come minimo, si rischiava uno ‘scapaccione’, quando andava bene.
Il buon Mauro Simonetti, mio esperto compagno di squadra, ridendo, mi consigliò di non mettere il cappellino, semmai nasconderlo sotto la maglia. Sarà stata l’emozione, sarà che il cappellino da corridore girato all’indietro mi piaceva un sacco, ma io rimediai una serie di ‘scappellotti’ mentre andavo alla partenza del mio primo Giro d’Italia, che ancora oggi li ricordo uno a uno. Per fortuna, dopo la corsa, mi aspettava la camera nel mega albergo a cinque stelle e, dopo tutte quelle botte in testa, vi assicuro che dormii senza bisogno di esser cullato da nessun cinguettio.