LO STILE E L’ESEMPIO
Ci voleva qualcosa di importante e significativo per iniziare questo nuovo anno. Un anno al quale tutto il progetto BIKE guarda non solo con fiducia e ottimismo: ma anche con autentico entusiasmo. Nella consapevolezza di aver iniziato un percorso perfettamente allineato con la contemporaneità e, allo stesso tempo, lanciato verso quel futuro che sta ‘chiamando’ con voce sempre più sicura tutto il movimento che ci sentiamo di rappresentare.
Per tuffarci nel 2022 ci serviva la testimonianza di un sognatore, ma di un sognatore che, a ciò che ha ‘immaginato’, abbia saputo mettere i bulloni della concretezza. Tutto sommato non abbiamo neanche dovuto fare tanta strada. Lo avete visto in copertina: si chiama Nerio Alessandri ed è il fondatore e presidente di Technogym, cioè la più grande e affermata azienda mondiale in fatto di wellness. E il ciclismo – o meglio, la cultura della bici – non solo non è estraneo a questo successo, ma ne è stato uno dei propulsori imprescindibili.
L’ingegner Alessandri è il prototipo italiano del ‘si-può-fare’: non ha ereditato un marchio, non si è ritrovato a gestire un’industria famosa, non era titolare di ghiotte legacy. Non è neppure nato ricco. Ma tutto quello che voleva lo ha realizzato. Sapete come (in estrema sintesi)? Mettendosi sempre davanti alle sue ‘truppe’ con la forza dell’esempio e, ovviamente, scegliendo sempre i collaboratori migliori. Diciamolo pure, rigorosamente alla sua altezza: imprenditoriale, creativa e morale.
Nell’intervista col cuore in mano che ha rilasciato a BIKE mi ha colpito un passaggio riferito a un uomo che ha spesso incontrato e dichiaratamente stimato, Davide Cassani: “È un patrimonio del ciclismo! Un professionista che ha fatto dell’entusiasmo, della concretezza, della rotondità dei suoi princìpi altrettante bandiere imprescindibili. Che ha messo a disposizione tutto se stesso e restituito, con gli interessi, ciò che il movimento sportivo e formativo da cui proviene gli aveva insegnato”.
Questo “patrimonio” è stato cacciato senza stile dalla Federazione ciclistica italiana (così come è stato rimosso Dino Salvoldi, il ct più vincente della storia del ciclismo femminile). Peccato. Pazienza. Ora le nostre speranze azzurre – per le quali dobbiamo continuare doverosamente a tifare – intraprendono nuove strade. Personalmente mi sento di mandare un grande in bocca al lupo a Daniele Bennati, ragazzo serio e intelligente. Eredita responsabilità non da poco. Ha fatto in tempo a conoscere (almeno) due esempi straordinari: mi piace pensare che Franco B. e Alfredo M. troveranno la maniera di illuminargli il cammino.
MARINO BARTOLETTI Direttore editorialeRUOTA DEI CICLOTURISTI PIÙ SOCIAL D’ITALIA di /ANDREA GUERRA /
5 METE PER BICI CHE NON TEMONO LA
ANDREA
GIOVANNI IOZZIA
L’ESPERTO
SOSTENIBILE
NUOVA
ANDREA RONCHI
LANGHE CON GUSTO
PAPAGNA
MURI
TAPPA
DEL POGGIO
MATTEO RIGAMONTI
TECNICA
MASSIMO BOGLIA
L’EMOZIONE
PIERO RUFFINO
LIBERTÀ,
SE
ANDREA GUERRA
| CITTÀ IN
PAPAGNA
UNA
BIKE
IL CICLISMO TI RENDE
Contributors
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in the end, all we have is our memories.Via
Milan,
LE BUONE AZIONI CONTANO
Vi è mai capitato di avere difficoltà a parcheggiare la bicicletta? Cominci a guardarti intorno, le poche rastrelliere disponibili sono tutte piene, vuoi evitare di agganciarti alle grate di un seminterrato dove spicca il cartello “vietato legare bici”, non ti fidi a chiuderla lasciandola libera, parti alla ricerca del più vicino palo di un divieto di sosta o di marcia ancora libero, sapendo che comunque è una soluzione poco educata. La lasci e pensi: facevo prima, e sudavo di meno, con lo scooter.
Da qualche mese giro sempre più spesso in bici a Milano e la scena si ripete spesso. Credo sia un segnale dell’equazione ancora irrisolta tra sostegni o incentivi all’acquisto e comportamenti sostenibili. La spinta ad andare sulle due ruote è forte: lo abbiamo visto con la pandemia e lo vediamo ora con la ricerca di soluzioni ecologiche nella mobilità urbana. Abbiamo avuto un potente bonus che ha reso le biciclette merce rara, da prenotare con mesi di anticipo come una supercar. È stato un importante sostegno economico per la bicicletta ma non ne discende automaticamente un incentivo al suo utilizzo.
C’è un potente valore ancora inespresso nella bike economy che può emergere grazie allo sviluppo di veri piani di smart mobility. Detto in altri termini: sentiremo l’impatto positivo della bicicletta quando sarà inserita in una visione e in un’azione complessiva di ridisegno della mobilità, abbandonando la logica del contentino da dare ai ‘cicloentusiasti’, magari anche con qualche pista in più, fatta pure male.
Passare dalle parole ai fatti non è mai facile. Soprattutto se anche sulle parole si hanno le idee confuse. Per esempio, secondo una indagine della Fondazione per la sostenibilità digitale, la maggioranza degli italiani considera smart mobility l’uso delle app di navigazione. E in generale, chi ricorre ai servizi di sharing mobility è poco attento agli aspetti di sostenibilità. Su questo fronte, dunque, c’è ancora molto da fare e non basta comprare una bici se la si tiene poi in garage.
Se il 2021 è stato l’anno dell’acquisto, il 2022 dovrebbe essere quello del sostegno ai comportamenti virtuosi perché solo quelli potranno cambiare la nostra impronta sull’ambiente nel medio e lungo termine. Premiare le buone azioni e non fermarsi alle buone intenzioni. Dopo essere stato aiutato a comprare la bici, dovrei essere premiato se la uso, e non scoraggiato per la mancanza di piste ciclabili adeguate o di aree di parcheggio dedicate. Non basta ‘scontare’ in qualche modo il prezzo delle auto elettriche, che comunque contribuiranno a generare traffico, ma andrebbero anche premiate le soluzioni di condivisione a diverso livello, fino ad arrivare a quella fra privati (il peer to peer sharing). Come? Le risposte stanno nella competenza e nella responsabilità degli smart leader, sia a livello politico sia aziendale.
*Smart mobility editor di BIKE
MICRO, SOSTENIBILE E CONDIVISA: È LA NUOVA MOBILITÀ URBANA
Il tema della sharing mobility, relativo alla condivisione di veicoli di proprietà di terze parti (tramite noleggi caratterizzati da tempo limitato), registra un significativo fermento in Italia. Il fenomeno riguarda principalmente la cosiddetta micromobilità, relativa a percorsi brevi effettuati principalmente in ambito urbano attraverso mezzi di trasporto alternativi alle automobili, quali biciclette, monopattini e scooter. Secondo i dati dell'Osservatorio Smart Mobility del Politecnico di Milano, a fine 2020, si contano circa 7.300 scooter e circa 35mila bici e monopattini offerti in sharing (oltre a circa 7.300 automobili), in forte crescita rispetto al 2019 soprattutto per quanto riguarda scooter (+45%) e monopattini (+665%). Questo trend interessa principalmente le città più popolose del Paese: Milano e Roma, rispettivamente con circa 25mila e più di 20mila veicoli in sharing disponibili, cubano oltre la metà dello stock di veicoli disponibile in sharing a livello nazionale. Seguono a grande distanza Torino, Firenze e Bologna.
Il primato delle grandi città riguarda anche l’utilizzo di tali veicoli. Nel 2020, infatti, sono stati effettuati oltre otto milioni di noleggi a Milano (corrispondenti a quasi 40 milioni di km percorsi) e poco meno di cinque milioni di noleggi a Roma (circa 25 milioni di km percorsi). Un ordine di grandezza simile sui noleggi si registra solo a Torino, mentre le altre città mostrano numeriche ampiamente inferiori.
L’utilizzo di tali mezzi si pone spesso come alternativo all’uso del mezzo privato e complementare rispetto al trasporto pubblico locale. Inoltre, è interessante rilevare che la totalità o quasi dei monopattini e degli scooter offerti in sharing sia elettrico (100% e 97% del totale, rispettivamente), ossia con emissioni nulle di CO2 legate all’uso del mezzo, mentre biciclette e autovetture mostrano tassi di elettrificazione inferiori (30% e 12%, rispettivamente).
Non da ultimo, dall’analisi dei noleggi effettuati dall’inizio della pandemia da Covid-19 emerge che, dopo una fisiologica contrazione dovuta al lockdown, i noleggi siano cresciuti in maniera significativa, soprattutto per quanto concerne i mezzi fruibili all’aperto come bici, scooter e monopattini, percepiti come una valida alternativa ai mezzi pubblici in grado di garantire il distanziamento sociale. Tutto ciò considerato, è ragionevole attendersi che tali mezzi rappresenteranno un asset importante della mobilità sostenibile in ambito urbano anche nel ‘new normal’ post-pandemico.
* Direttore Osservatorio Smart Mobility del Politecnico di Milano L’ESPERTO SIMONE FRANZÒSIAMO TORNATI SU SKY
BIKE CHANNEL, IL CANALE PER VERI APPASSIONATI DEDICATO
Quello che lo scorso 22 novembre è tornato su Sky è un Bike Channel tutto nuovo, come ha spiegato il direttore editoriale Marino Bartoletti ospite in studio a Sky Sport 24: "Dimenticate quello che è stato fatto prima, perché cambia la filosofia, cambiano le ambizioni, cambiano i contenuti”, ha detto Bartoletti, sottolineando come Bike Channel adesso sia "tutto rinnovato, con attenzione alla ciclabilità in ogni sua declinazione: si parla di territorio, di cicloturismo e ciclovie, naturalmente di agonismo, ma con attenzione alle cose che non vengono trattate da
tutti. La mia presenza entusiasta spero che sia una piccola garanzia". Ora è possibile seguire Bike Channel sui canali 222 di Sky (free to air, dunque visibile anche ai non abbonati in possesso di un decoder satellitare), 259 del digitale terrestre in HbbTv e 60 del digitale terrestre cliccando sul tasto rosso di SportItalia, oltre che in streaming online. Bike Channel infatti fa parte dell'universo BIKE, il progetto di BFC Media dedicato al ciclismo e alla smart mobility che comprende anche Bikechannel.it e il magazine BIKE Vivere in Movimento.
AL MONDO DELLA BICI 24 ORE SU 24, DI NUOVO SULLA PAY TV
222 MA È TUTTO NUOVO E FREE TO AIRMarco Bucciantini/ Inquadra il QR Code per vedere i programmi di Bike Channel
DALLA HANDBIKE ALLO SCI NEL SEGNO DI ALEX
Obiettivo3 apre agli sport invernali. Il progetto – ideato nel 2017 dall’ex pilota e poi campione paralimpico di handbike Alex Zanardi – che mira a reclutare, avviare e sostenere persone disabili all’attività sportiva, in vista della nuova stagione e del percorso che porterà alle Paralimpiadi di Milano Cortina 2026, ha deciso di puntare sullo sci alpino paralimpico. Lanciata, dunque, la campagna di reclutamento alla ricerca di cinque atleti su cui puntare e ai quali proporre un percorso, affiancando loro tecnici qualificati e dotandoli, in comodato d'uso gratuito, dei mezzi necessari per tentare l'impresa. Presentato in occasione dell'evento Ripartire con lo sport, il progetto è stato reso possibile grazie al sostegno di Fondazione Allianz Umana Mente, nonché di diversi partner, in primis Fondazione Vodafone Italia, main partner di Obiettivo3. Nei suoi primi quattro anni di attività, Obiettivo3 ha reclutato più di 100 atleti che hanno già partecipato a decine di manifestazioni nazionali e internazionali, conseguendo risultati. L'apice è stato raggiunto alle Paralimpiadi di Tokyo con il bronzo di Katia Aere nella prova in linea con la handbike, la disciplina in cui proprio Zanardi ha conquistato quattro volte la medaglia d'oro e due quella d'argento in due diverse edizioni delle Paralimpiadi, a Londra 2012 e Rio 2016.
È L’ORA DEL DOWNHILL
Grande attesa per il ritorno della Coppa Italia di Downhill. Tante le novità per la competizione organizzata da Sport Inside, soprattutto nei park, che vanno a rotazione sul panorama nazionale. Entrano Prali (To), Pian del Poggio (Pv) e Borno (Bs). Il calendario prevede l'apertura della stagione a Sestola (Mo) durante il fine settimana del 30 aprile e 1° maggio, per proseguire poi con Prali il 25 e 26 giugno e Borno il 9 e 10 luglio.
Gran finale a Pian del Poggio il 17 e 18 settembre. In mezzo la prova unica del Campionato italiano a Sestriere (To). Senza dimenticare le gare, i cui calendari sono in fase di definizione e comunicazione, riservate a giovani e amatori.
Per contribuire al racconto della stagione, Sport Inside, con il contributo di Prb Content Creator, ha ideato la trasmissione Downhill Italia, le cui puntate sono disponibili sull'omonimo canale Youtube.
/©Foto Credits Daniele Molineris, Courtesy Vitesse/PRIMA IN BIANCO PER IL CICLOCROSS
Straordinaria cornice di pubblico per le stelle del ciclocross mondiale a Vermiglio, in Val di Sole, Trentino, nella prima tappa di Coppa del Mondo sulla neve. A vincere, tra gli uomini, il fuoriclasse belga Wout Van Aert, e, tra le donne, la diciannovenne olandese Fem Van Empel.
Ottimo quarto posto nella prova femminile per l’altoatesina Eva Lechner. L'ambizioso progetto di una tappa sulla neve, che si è svolta a dicembre, è stato fortemente voluto da Val di Sole e Flanders Classics, la società organizzatrice della Coppa del Mondo di ciclocross, con il sogno, dichiarato, che il ciclocross possa diventare, un giorno, disciplina olimpica ai Giochi invernali.
“L’esperimento è riuscito, speriamo che il ciclocross possa essere una nuova tradizione del nostro territorio”, ha dichiarato Fabio Sacco, direttore Apt Val di Sole. “Un grande successo, due gare bellissime e tante persone entusiaste”, gli ha fatto eco Tomas van den Spiegel, ceo di Flanders Classics. “Con Val di Sole e Uci abbiamo creato un evento che rimarrà nella storia e nella memoria di tutti. Credo che il ciclocross abbia fatto un passo verso le Olimpiadi, e spero potremo continuare a lavorare insieme per perseguire questo obiettivo”. Nell’attesa, chissà, che, come ha detto Van Aert, “magari in futuro ci sarà un grande campione italiano di ciclocross”.
VACANZE SULLA NEVE? SÌ, MA IN BICI
Anche d'inverno le Dolomiti aprono le porte a chi ama la bicicletta. Tra sci, sport e attività invernali, si fa largo sempre più la moda delle escursioni in sella alle fat bike, biciclette da fuoristrada o mountain bike dotate di copertoni particolarmente larghi (e talvolta chiodati), che garantiscono una maggiore tenuta su terreni difficili. Una proposta che non manca nel caso degli hotel selezionati da Luxury Bike Hotels, dal Grand Hotel Savoia e il Cristallo Resort & Spa, entrambi a Cortina d'Ampezzo (Bl), all'Adler Dolomiti Spa & Sport Resort di Ortisei (Bz), passando per l'Hotel de Len, sempre a Cortina, La Perla di Corvara in Badia (Bz) e il Piccolo Dolomiti Resort ad Andalo (Tn). Pedalare in sicurezza sulla neve si può, affidandosi a operatori qualificati e optando per itinerari ben battuti, appositamente tracciati nei comprensori sciistici, nei boschi e lungo le strade e i sentieri delle moltissime stazioni invernali presenti sul territorio.
LA PUGLIA CREDE NELLA BICI
A pochi giorni dalla chiusura della prima edizione del Puglia Bike Forum, l'evento dedicato alla promozione di un cicloturismo di qualità e sostenibile di cui BIKE è stato media partner, è stato siglato un protocollo d'intesa tra Federciclismo e 26 comuni pugliesi denominato ‘Pedalare per viaggiare’. Firmato a Mattinata (Foggia) in occasione della quinta tappa del Giro d'Italia Ciclocross (disputatosi, proprio a Mattinata, a fine novembre), il protocollo ha come obiettivo promuovere la realizzazione di manifestazioni sportive a livello nazionale e internazionale come elementi coinvolgenti e trainanti di un turismo ciclistico legato alle manifestazioni sportive delle federazioni coinvolte e in linea con le politiche strategiche del turismo della Regione Puglia. Ecco l'elenco dei comuni firmatari: Mattinata, Vieste, Monte S. Angelo, Andria, Bitonto, Giovinazzo,
Bari, Locorotondo, Mola Di Bari, Noci, Monopoli, Castellana Grotte, Alberobello, Putignano, Polignano A Mare, Turi, Rutigliano, Conversano, Fasano, Ceglie Messapica, Ginosa, Laterza, Castellaneta, Lecce, Gallipoli, Monteroni di Lecce. Nella foto i sindaci dei 26 Comuni.
AL JOVA BEACH PARTY CON FIAB
Ha viaggiato, in sella alla sua bicicletta, in lungo e in largo per l’Italia e per il mondo. E ora invita tutti i suoi fan a raggiungere le destinazioni dei suoi prossimi concerti proprio in bicicletta. Parliamo di Lorenzo Cherubini che ha presentato il calendario del suo Jova Beach Party 2022: 21 date sulle spiagge di 12 località italiane, da raggiungere magari in modo green, in sella a una bicicletta, seguendo specifiche tracce gpx condivise per l’occasione. Strizza l’occhio ai suoi amici ciclisti, Jovanotti, che ha siglato un accordo con Fiab, la Federazione italiana ambiente e bicicletta, che
sarà green mobility partner degli eventi musicali del prossimo anno. Proprio grazie a questa collaborazione, Fiab metterà a disposizione le tracce gpx dei migliori percorsi da fare in bici per raggiungere il palco del Jova Beach Party 2022. Non solo, Fiab ha anche promesso di posare una specifica segnaletica lungo alcuni tracciati per agevolare i cicloturisti che sono fan di Lorenzo; inoltre ci saranno parcheggi ad hoc riservati alle due ruote in prossimità delle location. Alla conferenza di presentazione dei concerti Fiab ha regalato a Jovanotti la tessera di socio onorario.
UNA CORSA ELETTRICA PER RISCOPIRE LA VALLE D’AOSTA
L'agonismo elettrico fa tappa in Valle d'Aosta con una nuova gara riservata a possessori di mountain bike elettriche. Si chiama All Around eMtb ed è in programma dal 5 al 9 luglio 2022. Quattro tappe per un totale di 200 kilometri e 8mila metri di dislivello, con partenza e arrivo a Cogne, al cospetto del Gran Paradiso. E per chi non se la sentisse, versione ridotta di due sole tappe, la metà dei kilometri e del dislivello. Le iscrizioni apriranno a febbraio e tutte le informazioni si possono trovare su www. allaround-emtb.com. “Partendo dalla nostra esperienza di organizzazione logistica nei grandi raid africani, abbiamo pensato a un evento che fosse in grado di offrire alla community degli e-biker un’opportunità per vivere come una tribù alcuni giorni tra agonismo, natura e una forte socialità”, ha commentato Luca Santini di All Around eMtb. “Da queste considerazioni abbiamo trovato nella Valle d’Aosta il terreno ideale dove ospitare la prima edizione della nostra gara: un territorio capace di proporre trail inediti che porteranno i concorrenti a superare ogni giorno almeno un colle a 2.700 metri”.
L’ITALIAN BIKE FESTIVAL LASCIA RIMINI PER MISANO
L’Italian Bike Festival, in programma dal 9 all’11 settembre 2022, si sposta a Misano sul locale circuito motoristico dedicato a Marco Simoncelli. L’ultima edizione, tenutasi a Rimini, e di cui BIKE è stato media partner, ha visto la presenza di oltre 30mila visitatori durante la tre giorni e 400 brand esposti da 230 aziende. Alla luce, fanno sapere gli organizzatori, del fatto che, a loro avviso, ci sarebbero tutti i presupposti per un ulteriore incremento, si è deciso di cambiare sede. A Misano, infatti, rispetto al centralissimo Parco Fellini di Rimini, sarà possibile fare affidamento su una maggiore superficie espositiva e più servizi. Il Misano World Circuit, del resto, oltre a ospitare la MotoGp, è già sede di fiere ed eventi aziendali. “Si tratta di una scelta dettata dalla necessità di accogliere un numero sempre crescente di espositori”, sottolinea Francesco Ferrario, organizzatore di Ibf, “e allo stesso tempo di offrire un programma di eventi collaterali in grado di soddisfare le richieste di migliaia di visitatori”. “Siamo pronti a offrire un palcoscenico utile all’ulteriore sviluppo della manifestazione, mettendo a disposizione la nostra esperienza e un grande entusiasmo”, ha aggiunto Andrea Albani, managing director di Misano World Circuit.
UN LABORATORIO PER LA MOBILITÀ SOSTENIBILE
Il primo laboratorio in Europa di ricerca applicata sulla mobilità integrata nasce a Milano dalla collaborazione fra la School of management dell’università Bocconi e Atlantia, holding infrastrutturale attiva in 11 Paesi che tra l’altro controlla Autostrade per l’Italia e Aeroporti di Roma. Si chiama Mobius, acronimo di mobility of user sustainable ispirato al nastro del matematico tedesco Möbius che per primo prese in considerazione una superficie con un solo lato e un solo bordo. “Il nostro focus sarà la mobilità a 360 gradi e lavoreremo per fare da ponte fra aziende e startup”, dice Fabrizio Zerbini, rientrato in Italia da Parigi per assumere la direzione scientifica del Lab. “Le direttrici di ricerca scaturiranno dal confronto fra aziende e università”. Ma un’idea è già pronta: una mappatura degli utilizzatori di nuove tecnologie e forme di mobilità innovative, con un’attenzione per giovani e studenti. “Questa collaborazione per noi ha una valenza industriale”, dice l’amministratore delegato di Atlantia Carlo Bertazzo. “Perché il nostro obiettivo è crescere sul fronte della mobilità integrata”. Che non può non tenere conto di quel che sta accadendo nel mondo dell’auto: il Lab potrà contare sul contributo di Bram Schot, ex chairman di Audi AG.
CON GAIAGO LO SHARING ACQUISTA VALORE
Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia erano le parole utilizzate nella celebrazione delle nozze nell’antica Roma. Dove tu sarai, io sarò. A questa formula si ispira GaiaGo, startup che ha creato una piattaforma che permette di accumulare crediti di mobilità facendo acquisti nei negozi di una determinata zona. L’idea è di Giorgio Meszely, cofondatore di H3, società nel mondo dei servizi assicurativi che nel 2017 ha fondato la spin-off GaiaGo proprio per andare incontro alla domanda di nuova mobilità urbana.
“La nostra piattaforma lanciata nel 2021 è un marketplace che aggrega la sharing mobility, che è molto frammentata, e la rende più accessibile grazie ai crediti accumulati facendo acquisti all’interno di un network”, spiega il direttore marketing Mattia Zara. GaiaGo, che come H3 è parte del gruppo Mansutti, uno dei principali broker assicurativi in Italia, lavora con le aziende per la gestione della mobilità dei dipendenti e partecipa a progetti di rigenerazione urbana, mettendo insieme
ARBITRO DI SICUREZZA
“Vado in bicicletta e vivo a Forte dei Marmi, dove per cinque mesi all'anno ci si muove in bici”. Così il grande arbitro italiano Pierluigi Collina, in un'intervista a Sport Week, ha risposto alla domanda sul perché abbia deciso di sposare la campagna Vodafone per la sicurezza sulle strade. “Quando mi hanno proposto di fare da testimonial a questa iniziativa ho detto sì un po’ perché le regole sono il mio pane quotidiano, un po’ perché sono stato testimone sulla strada di situazioni di difficoltà, in cui la colpa, a seconda dei casi, era degli automobilisti o dei ciclisti”. E ha aggiunto: “Sulla strada ci sono anche gli altri e vanno rispettati, specie se si trovano in una situazione di svantaggio. Rispettare gli altri per avere rispetto di se stessi”. Vodafone ha lanciate quest'anno il Curve Bike light & Gps tracker, un dispositivo ‘all-in-one’ che mira a garantire ai ciclisti maggiore sicurezza, visibilità e connettività. Per l’occasione Collina è diventato protagonista di uno spot che gioca sull’assonanza tra Var e Varr, ossia tra il sistema di assistenza arbitrale oggi in vigore e il Vodafone assistant road referee, per richiamare, con ironia, l’attenzione sul problema della sicurezza stradale.
CON LA BICI ADIDAS FA SUL SERIO
Dal campo di calcio alla bici, il salto è ancora possibile. Una volta non era infrequente incontrare brand come Diadora o Puma tra gli sponsor tecnici che fornivano scarpini, per lo più in pelle, ai campioni che si giocavano grandi classiche e grandi giri. Marche che oggi si è più soliti osservare sul rettangolo verde, o al massimo ad una ciclostorica, piuttosto che sulle strade percorse ogni giorno dai ciclisti. Per esempio, Greg Lemond, nel 1986, l’anno del suo primo Tour de France, indossò un’innovativa scarpa a sgancio rapido proprio di Puma. Più recentemente è stato Mark Cavendish a vestire scarpini Nike in gruppo. Ora un altro brand che sta tornando a credere nel ciclismo, a 15 anni di distanza, è Adidas, già al piede di Eddy Merckx e Jan Ullrich, tanto per citarne un paio. E dopo la scarpa da strada e quella da gravel, ha fatto il suo debutto, insieme a qualche capo tecnico, anche quella da allenamento indoor (nella foto). Segno ulteriore che la bicicletta è un mercato in salute e in grado di attirare nuovi investitori.
STORIE DI BICI DA OGNI DOVE
Dall’incontro tra la giornalista economica di Radio 24, Alessandra Schepisi, e il pioniere dei servizi per il cicloturismo Pierpaolo Romio, fondatore del tour operator Girolibero, è nato 24 storie di bici, libro-viaggio edito da Il Sole 24 Ore, che mette a tema la bicicletta come strumento di svago e attività sportiva, risorsa economica in costante crescita e multiforme universo di curiosità ricco di sorprese. Ventiquattro storie selezionate e organizzate in quattro sezioni: il prodotto bici, bici e città, bici e sport, bici e viaggi. Raccontando personaggi noti e meno noti per proporre altrettanti modi di vivere la bicicletta: dal vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, a Enrico Giovannini, ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili nel governo Draghi, dalla campionessa olimpica di mtb, Paola Pezzo, a Norma Gimondi, vicepresidente della Federciclismo. Il tutto corroborato da schede e approfondimenti. Un viaggio immaginario che inizia nella bottega del meccanico mantovano Beccaris e che i due autori ci hanno raccontato su Bike Channel per Le Storie di BIKE
UNA MISSIONE GREEN E SICURAÈ partito a dicembre Bike4Tree, il nuovo progetto dell’ultra-cyclist Paola Gianotti, capace di infrangere 4 Guinness World Record, tra cui diventare la donna più veloce al mondo a circumnavigare il globo in bici. L’obiettivo – come ci ha raccontato anche su Bike Channel – è far piantumare 2022 alberi in tutta Italia entro il 2022. L’operazione si divide in due momenti: l’invito, collegandosi al sito www.wownature. eu/bike4tree/, ad adottare un albero; e una pedalata, a febbraio 2022, che coinvolgerà dieci comuni italiani impegnati a piantumare un congruo numero di piante. Le aree dove verranno piantati gli alberi, identificate in collaborazione con il partner tecnico Wow Nature, sono il Bosco di Fontaniva lungo le sponde del fiume Brenta e il Parco di San Colombano in provincia di Mantova. In tutti paesi in cui Paola passerà e che aderiranno al progetto, l’atleta affiggerà anche i cartelli del metro e mezzo. Quest’iniziativa, che Paola porta avanti da anni, nasce con l’obiettivo di sensibilizzare sulla sicurezza di chi pedala: i cartelli, infatti, invitano gli autisti dei mezzi in carreggiata a rispettare la distanza minima di 1,50 m in fase di sorpasso di un ciclista.
Inquadra il QR Code per rivedere tutte Le Storie di BIKE e i programmi di Bike ChannelCAMPIONI E PROTAGONISTI DELLA NUOVA MOBILITÀ
IL COSTRUTTORE DI
NERIO ALESSANDRI, FONDATORE E PRESIDENTE DI TECHNOGYM, HA RIVOLUZIONATO L’ALLENAMENTO INDOOR GRAZIE A MACCHINE UNICHE E INNOVATIVE PER CAMPIONI DI OGNI DISCIPLINA E PER CHI DESIDERA TENERSI IN FORMA PER CENTRARE UN OBIETTIVO. DA QUESTA INTUIZIONE, PROFONDAMENTE LEGATA ALLA PASSIONE PER IL CICLISMO, È NATA UN’INTERA VALLE DEDICATA AL BENESSERE
“La bici è uno stile di vita: è filosofia e cultura. La bici è libertà!”. Nerio Alessandri non ha dubbi. E, per essere ancora più convincente, scandisce questi concetti seduto sopra uno dei suoi ‘oggetti’ più belli e che sta vedendo la luce proprio in questi giorni. “Con questa, chi vorrà, potrà anche fare il Giro d’Italia stando nel salotto di casa. E non è una battuta”.
D’altra parte, a questo ‘ragazzo’ romagnolo nato nel 1961 – pochi giorni prima che un altro ragazzo romagnolo, Arnaldo Pambianco, vincesse il celebre Giro del Centenario –, non è mai piaciuto scherzare, non quando si parla di lavoro. Pur avendo sempre attribuito al lavoro un senso di “seria leggerezza” della quale tutti i suoi dipendenti gli sono grati. Non per nulla, parecchi anni fa, quando volle celebrare la nascita della Wellness Valley, portò i suoi collaboratori allo stadio e regalò loro una bici gialla per invitarli a pedalare insieme. Il motto era: “Hai voluto la bicicletta?”.
“Nessuno è mai smontato da quella bici”, ricorda il fondatore e presidente di Technogym: “sono rimasti tutti in gruppo assieme a me. Con gli stessi obiettivi comuni. Il primo dei quali discende direttamente dal motto no pain, no gain: non si guadagna nulla senza sofferenza. O, se vogliamo, non si ottiene nulla senza l’impegno e il sacrificio”.
“Non sono nato ricco”, prosegue Alessandri, “tutt’altro. La prima bicicletta me la regalò mio zio Virgilio. Era una Neri color fragola con i bordi scuri. In cambio mi chiese di allenarmi per poter disputare qualche corsa. Capii che non era la mia strada. Però quella bici la conservo ancora oggi: è un piccolo monito che mi piace avere con
me. Esco ancora con gli amici”, assicura. “Un po’ di ciclocross, un po’ di e-bike. Ma soprattutto milioni – e ripeto milioni! – di persone pedalano con ciò che produciamo, vuoi per allenarsi, vuoi per mantenersi in forma, vuoi semplicemente per salvaguardare la propria efficienza”.
Technogym, infatti, offre oggi una gamma completa di prodotti per l’allenamento indoor del ciclista, da MyCycling, lo smart trainer che consente di allenarsi a casa sulla propria bicicletta, a SkillBike, l’unica indoor-bike sul mercato con un vero e proprio cambio, a Technogym Ride, il nuovo prodotto che l’azienda sta per lanciare sul mercato, dotato di contenuti digitali per vivere i più leggendari percorsi del mondo connessi a tutte le app di ciclismo (da Zwift a Strava).
/Nerio Alessandri, fondatore e presidente di Technogym con Marco Pantani/APPASSIONATO
E VISIONARIO
Pochi ci credono, ma quando parla di rose è persino più appassionato di quando parla di wellness. E te le mostra a una a una nel suo immenso giardino in collina, fiero come delle sue fantastiche macchine. Poi, certo, di lì a poco torna a parlarti, con lo stesso entusiasmo degli inizi, delle sue ultime ‘creature’ tecnologiche, che sono bellissime, innovative e che accarezza come se fossero giovani puledri.
Nerio Alessandri – punta di diamante della nostra imprenditoria creativa – pochi mesi fa ha compiuto sessant'anni. Confesso che mi ha fatto un certo effetto. In lui rivedo lo stesso ragazzo che incontravo a Milano Marittima quando non aveva ancora trent’anni e mi parlava del futuro. Un futuro che intuiva soltanto lui: e che ha saputo costruire con una lucidità e una preveggenza che a volte incantano e a volte fanno davvero pensare alla reincarnazione di Leonardo e delle sue macchine. Quando mi fece vedere l’‘Unica’, la primogenita, sbalordii: era riuscito a ‘comprimere’ una palestra in un metro quadro. Ed era solo l’inizio.
Doveva fare tutt’altre cose nella vita. Poi, semplicemente frequentando una palestra ‘tradizionale’ a poco più di vent’anni, capì che c’era tanto da lavorare. E da inventare. Così piazzò il suo tavolo da disegno nel garage di casa – facendone uscire la Fiat 850 di famiglia (perché le due cose, assieme, non ci stavano) – e cominciò a tracciare scarabocchi, che poi diventarono oggetti reali e che successivamente sbalordirono e conquistarono il mondo. Quando alle Olimpiadi di Sidney, nemmeno tanti anno dopo, vidi all’interno del villaggio olimpico l’immensa palestra Technogym in cui facevano a gara per allenarsi i più grandi atleti del Pianeta – ma proprio i più grandi – capii che era stato un privilegio conoscerlo quando ancora mi parlava di sogni.
Un giorno, più o meno di trent’anni fa, mi chiamò e mi disse: “Se dovessi pubblicizzare in tutto il mondo un marchio come il mio, che sport sceglieresti?”. “La Formula Uno”, risposi. “Bene, lo penso anch’io: hai visto quel tedesco, quello Schumacher che Briatore ha portato alla Benetton? A me piace moltissimo e vorrei puntare su di lui. E sai dove voglio mettergli il mio marchio?”. “Sul casco?”. “No, troppo ovvio. E poi, sul podio, il casco non ce l’hanno più. Glielo metterò in una zona della tuta che non so perché tutti ignorano e che costa ancora pochissimo. Eppure, se ci pensi, è quella che si vede di più in televisione, quando il pilota sale in macchina e si sistema. Una zona che si vede anche quando viene fotografato da tutti alzando il trofeo. E questo ragazzo di coppe e di tro fei ne alzerà tantissimi”. Inutile dire che fra i due nacque anche un’amicizia preziosa e straordinaria.
“Prima o poi farò una Wellness Valley”, mi diceva sempre Nerio fra i suoi capannoni di Gambettola (Fc), oggettivamente poco in linea con le dimensioni e anche con le ambizioni innovative che la sua azienda stava seminando nel mondo. “Sarà lì che nasceranno tutte le mie nuove macchine. E i miei collaboratori dovranno lavorare in serenità e nel massimo comfort”. Tutto vero. Tutto realizzato. Quando percorrete l’autostrada A 14, se vi capita, date un’occhiata fra Cesena Nord e Cesena Sud a quello che ha realizzato davvero.
Credetemi: non è né una visione, né un ologramma, né il bosco delle fate. È la proiezione della visione di un ragazzo che voleva – e sapeva – volare. Lo inaugurò il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano assieme a Bill Clinton! “Il domani – ha detto qualcuno – comincia quando cominci a sognarlo”. E il bello è che Nerio Alessandri, il nostro Steve Jobs, con un po’ di accento romagnolo, il domani lo sogna ancora tutti i giorni.
ALESSANDRI ALLE SUE ROSE TIENE QUANTO ALLE SUE ‘CREATURE’ CHE, PROGETTATE NEL GARAGE DI CASA, HANNO CONQUISTATO IL MONDO. INTUITIVO ANCHE NEL MARKETING E NELLA COMUNICAZIONE, EBBE L’IDEA DI SPONSORIZZARE IL GIOVANE PILOTA DI F1 MICHAEL SCHUMACHER COLLOCANDO IL BRAND SULL’AVAMBRACCIO DELLA TUTA, UN’AREA ANCORA POCO CONSIDERATA, MA DALL’ENORME POTENZIALE VISIVO /Nerio Alessandri con Marino Baroletti, direttore editoriale di BIKE/Sono tutti prodotti di cui parla con passione l’ingegner Alessandri, che è presidente di un’azienda leader mondiale, un orgoglio italiano che solo lui poteva sognare e immaginare partendo dal nulla. In quest’azienda, vocata a 360 gradi al benessere (fisico e mentale), il suo amore per la bici non è certamente un fattore secondario.
“Quella del ‘pedalare’ è una metafora bellissima e sempre d’attualità che il ciclismo ci ha regalato. Ci insegna a trasformare i nostri sforzi in soddisfazione, quando non in gioia. Il ciclismo è sempre stato presente nella mia vita in ogni sua declinazione”, prosgue. “Per quattro anni ho sponsorizzato (ovviamente mettendo a disposizione anche tutta la nostra tecnologia) quella che è stata sicuramente una delle più forti squadre al mondo, la Mg-Technogym che ha avuto fuoriclasse italiani come Cipollini, Bugno, Bartoli, Bettini e Ballerini, e stranieri come Museeuw e Richard. Ma soprattutto la nostra ‘casa’ è sempre stata aperta a tutti. A cominciare da Marco Pantani che”, confida, “ovviamente, è il campione a cui sono stato più affezionato. C’erano periodi, soprattutto all’inizio della sua esplosione, in cui passava quasi tutti i giorni da me prima di andare ad allenarsi sulle sue strade preferite: Montiano, Longiano…”.
Nati a pochissimi chilometri l’uno dall’altro e vissuti a un passo di distanza, Alessandri, a Marco, ha voluto veramente molto bene. “In casa aveva tutte le nostre macchine per allenarsi. Era un amico: un amico sincero e tenace, ma allo stesso tempo sensibile e insicuro”.
Ne ha visti tanti di campioni il leader di Technogym. A partire da quelli che ha ammirato in adolescenza, e in molti casi conosciuto personalmente: Gimondi, Merckx, Indurain e via via fino a chi gli è stato più vicino professionalmente, come Bugno e Basso. Senza dimenticare “ammirevoli ‘divulgatori’, come Davide Cassani, che alla fine delle loro carriere hanno messo a disposizione il know how acquisito per continuare a diffondere e a promuovere la propria disciplina. In forma concreta, amabile, appassionata e poliedrica allo stesso tempo”.
Alessandri racconta con orgoglio la gioia che ha provato ricevendo in azienda i protagonisti delle Olimpiadi di Tokyo, che è andato a seguire e ammirare di persona. Ai Giochi Olimpici, infatti, è lui stesso ‘protagonista’ da ormai più di vent’anni, essendo fornitore ufficiale della manifestazione per le macchine da allenamento. Macchine sulle quali, non è una forzatura dirlo, sono stati letteralmente costruiti alcuni dei trionfi più belli degli atleti di tutti i continenti.
D’altra parte Nerio Alessandri è un grande pastore di sogni. E gli piace l’idea che la bicicletta sia la metafora di tanti suoi percorsi (professionali e umani). “Oggi più che mai passa proprio dalla bici, in ogni sua declinazione, la sostenibilità del Pianeta. Dietro la bici c’è un mondo. E Technogym, ancora una volta, è pronta a cavalcare questa sfida!”
/Michael Schumacher vince il Gran Premio di Monaco 1994, anno del suo primo titolo con la Benetton. Sulle braccia alzate il logo di Technogym/ /©Foto Getty Images/UNA STAGIONE
IRRIPETIBILE
DAI PROTAGONISTI DEL TOUR DE FRANCE ALLE BATTAGLIE PER L’ORO OLIMPICO PASSANDO PER LE CLASSICHE, GLI EUROPEI E I MONDIALI. ECCO CHI SONO I CAMPIONI CHE HANNO REGALATO SPETTACOLO ED EMOZIONI NEL 2021
Il 2021 è stato, per molti versi, irripetibile: gli appassionati di ciclismo hanno assistito nfatti a gare dal livello pazzesco, specialmente e corse di un giorno. Europeo, mondiale e Classiche-Monumento sono state interpretate in maniera incredibile da parte dei corridori. Come non accadeva da tempo. I protagonisti sono stati molteplici e in queste pagine BIKE ha provato a scegliere quelli che maggiormente si sono distinti sugli altri. Vuoi per una vittoria, per un gesto tecnico, tattico o atletico, per continuità oppure per il peso di un’impresa. Insomma, una selezione che – come tutte – ha dovuto per forza di cose escludere qualcuno, ma che ha senza dubbio dello straordinario.
IRRIPETIBILE
TADEJ POGACAR
Con Tadej Pogacar parliamo, senza possibilità di discussione, del numero uno al mondo. I risultati conseguiti dimostrano la sua grandezza. Nel 2021 il ventireenne sloveno ha vinto Uae Tour, Tirreno-Adriatico, Liegi-Bastogne-Liegi, Giro di Slovenia, Tour de France e Giro di Lombardia, ai quali si sommano il bronzo olimpico a Tokyo e un quinto posto al campionato Europeo. In pratica,
quando ha corso, Pogacar ha sempre vinto o è stato almeno protagonista. Un corridore giovane, ma dalla mentalità ‘vecchio stampo’: pedala, si diverte e fa divertire, offrendo ogni volta spettacolo. E vincendo, a pari età, quanto e forse più di un certo Eddy Merckx, ma questo genere di paragoni sono sempre sbagliati. Comunque sia
FENOMENALE.
PRIMOZ ROGLIC
Sebbene non abbia ancora vinto né un Giro d’Italia né un Tour de France e probabilmente non sia nemmeno il più spettacolare dei corridori in lotto, lo sloveno Primoz Roglic è, insieme al connazionale Pogacar, il più continuo nel panorama mondiale. Ha chiuso il 2021 con tredici vittorie, dominando la Vuelta di Spagna (la terza vinta consecutivamente) e prendendosi l’oro olimpico a cronometro. Senza dimenticare le tre vittorie di tappa alla Parigi-Nizza, il Giro dei Paesi Baschi e, nel finale di stagione, Giro dell’Emilia e Milano-Torino. Insomma, Roglic è andato forte da marzo a ottobre, fallendo l’appuntamento con il Tour per colpa di una sciocca caduta. Inoltre, dato da non sottovalutare, è diventato anche più simpatico. Ma quando vuole sa sempre come essere LETALE.
WOUT VAN AERT
L’analista cattivo potrebbe soffermarsi sul fatto che non ha vinto né un oro olimpico né un oro mondiale (argento in linea a Tokyo e anche nelle Fiandre a cronometro). Ma sarebbe un giudizio superficiale e ingeneroso, perché Wout Van Aert è il prototipo del ciclista moderno. Forte nelle prove contro il tempo, in volata e solido in salita. Multidisciplinare, viste le sue abilità nel ciclocross. Come Roglic, ha chiuso il 2021 con tredici successi su strada: Gand, Amstel e soprattutto tre tappe conquistate al Tour nei modi più svariati: fuga nella tappa del Mont Ventoux, cronometro e trionfo sui Campi Elisi a Parigi. È vero, ha perso la grande occasione di vincere la maglia iridata in casa su un percorso che sembrava perfetto per le sue caratteristiche, ma è arrivato scarico e spremuto dopo aver dato spettacolo per mesi e mesi. Chi lo critica è ingiusto e disonesto. Van Aert è semplicemente DEVASTANTE.
FILIPPO GANNA
Numero uno del ciclismo italiano. E per distacco. Pippo Ganna è il volto pulito, sorridente e vincente del nostro movimento. Bastino due istantanee a raccontare l’anno appena trascorso: l’oro olimpico di Tokyo in cui ha trascinato in maniera spaziale il quartetto nell’inseguimento a squadre (andate a rivedervi su Youtube la finale contro la Danimarca) e poi il bis mondiale nella prova a cronometro a Leuven. Top Ganna ha or mai conseguito una consapevolezza e una maturità che ne fanno il faro, anche grazie alla sua capacità di essere al contempo campione e gregario. E come ciliegina sulla torta, pur al termine di un’annata estenuante, ha guidato il quartetto anche all’oro mondiale a Roubaix. Chiudendo il cerchio. Per sé e per il commissario tecnico della pista Marco Villa, cui andrebbe un 10 e lode per tutta la stagione. Ma noi intanto ci teniamo stretti questo metallo PREZIOSO.
Elisa Balsamo è stata la punta di diamante di una Nazionale femminile da manuale, quella vista al Mondiale in Belgio. La maglia iridata della cuneese, che ha fatto il liceo classico ed è prossima alla laurea in Lettere moderne, è il premio, oltre cha al suo talento, anche al florido movimento delle atlete azzurre. Sulla carta abbiamo più ricambio generazionale dell’Olanda. Il tempo ci dirà se sarà effettivamente così, ma intanto Elisa, uno dei nostri fari anche nel ciclismo su pista, ha dato luce e lustro all’Italia femminile che pedala, di cui lei è stata la regina: SONTUOSA /©Foto Getty Images/
ELISA BALSAMO
Bettini Photo, Courtesy Federciclismo/JULIAN ALAPHILIPPE
Da una maglia iridata all’altra, cosa puoi dire a uno che ha vinto due Mondiali consecutivi (Imola e Leuven), arrivando entrambe le volte sul traguardo da solo e dopo due azioni capaci di annichilire gli avversari? Nulla. Ci si può solo inchinare di fronte alla grandezza di Julian Loulou Alaphilippe. Uno che seleziona con cura gli appuntamenti su cui puntare e che, poi, lì vince davvero. Spietato, bellissimo, scanzonato, elettrico, uomo-squadra. Gli dei del ciclismo ce lo conservino così ancora a lungo. “Finchè corro non sarò mai un robot e seguirò sempre il cuore e l’istinto”, aveva detto dopo il trionfo mondiale nelle Fiandre: preservatelo, perché è UNICO.
MARK CAVENDISH
Con il sorprendente poker di volate vinte al Tour de France, Mark Cavendish ha agganciato Eddy Merckx a quota trentaquattro vittorie di tappa alla Grande Boucle, portandosi a casa persino l’ambita maglia verde. Un primato che vale da solo l’inserimento in questa particolare classifica di protagonisti del 2021. A trentasei anni forse nemmeno lui avrebbe mai immaginato questo vero e proprio ‘miracolo’ di longevità sportiva. Ma Cannonball è nato predestinato negli sprint e ancora una volta ha saputo dimostrarlo. In un ciclismo in cui la beata gioventù sembra sempre più inattaccabile, il folletto dell’I sola di Man ha ricordato a tutti che la vecchia guardia ha ancora qualcosa da dire: RINATO.
SONNY COLBRELLI
La classe operaia al potere. Sonny Colbrelli è uno che ha fatto la gavetta, ha vinto tante corse di medio livello, prima dell’esplosione nel memorabile 2021. Campione italiano, campione europeo e trionfatore sulle pietre della Parigi-Roubaix (alla prima partecipazione!).
A trentuno anni ha vissuto la sua stagione d’oro, meritandosi il rispetto di tutti. Colbrelli è uno che è venuto dal basso: meno talento di altri, ma è anche la riprova che col sudore, il sacrificio, la voglia di migliorarsi si possono raggiungere traguardi forse insperati. Semplicemente MAGICO.
DAVIDE CASSANI
La Federazione ciclistica italiana ha deciso di cambiare commissario tecnico per impostare un nuovo ciclo. Avrà ragione? Difficile dirlo, ma fare meglio di Davide Cassani per il neo-ct Daniele Bennati sarà molto complicato. Nato e cresciuto con la maglia azzurra cucita addosso, il tecnico romagnolo, dal 2014, ha fatto un lavoro mostruoso per migliorare il nostro movimento: uomo-immagine, organizzatore e ct vincente, con quattro titoli europei di fila, il bis iridato di Ganna a cronometro e un titolo sfiorato con Matteo Trentin. Speriamo, insomma, di non rimpiangerlo. Più che un aggettivo, però, Cassani merita solo una parola: GRAZIE.
INSEGUENDO LA LIBERTÀ
SPEAKER, REGISTA AUDIO, REDATTORE.
MA SOPRATTUTTO GRANDE APPASSIONATO DI VIAGGI IN BICI.
DAI MICROFONI DI RADIO DEEJAY FRANCESCO LOTTA
RACCONTA LE SUE AVVENTURE IN GIRO PER IL MONDO
Di giorno esploratore, di sera conduttore radiofonico. A Francesco Lotta, conosciuto semplicemente come Frank, le sfide sono sempre piaciute. Anzi, più sono impervie e richiedono uno sforzo fisico, più si sente a suo agio. Alle telecamere di Bike Channel, intervistato per il format Le Storie di BIKE, (in una puntata che potete rivedere su Bikechannel.it all’interno della sezione dedicata ai programmi) lo speaker pugliese ha raccontato le sue due più grandi passioni, la bicicletta e la radio.
La prima bicicletta fu un regalo di suo padre quando era ancora un ragazzino. E in sella a una bici, diversi anni più tardi, avrebbe percorso in solitaria, più di mille kilometri da Sydney a Brisbane, Australia, nel 2017, e oltre 2mila kilometri con 40mila metri di dislivello lungo tutto l'arco alpino da Trieste a Mentone, a maggio dell’anno scorso. “Pedalare da solo mi ha permesso di sperimentare un senso di libertà che prima non conoscevo”, ha raccontato dalla sua postazione a Radio Deejay.
Nella famiglia dell’emittente del gruppo Gedi, Lotta arriva poco più che trentenne nel 2010 e, dopo aver concluso un’altra importante avventura, il cammino di Santiago percorso in solitaria, capisce di voler raccontare la parte più intima ed emozionante del viaggiare soli. Così nasce, pochi anni dopo, Deejay On The Road, il format dove intervista personaggi come Erri De Luca, Max
Gazzè, Folco Terzani, Vauro, Franco Battiato, Luca Parmitano, Federico Buffa e Alberto Angela. Frank è un tipo da zaino in spalla e lo stretto necessario per affrontare chilometri e chilometri in solitaria, a piedi o in sella. Dei suoi viaggi ne parla come fossero esperienze normali, alla portata di tutti, quando in realtà di ordinario hanno ben poco. “Mi è capitato diverse volte di infortunarmi prima di un viaggio ma ho comunque scelto di partire”, rivela. Forse, il suo spirito avventuriero risiede proprio in questa attitudine.
Il 13 aprile 2015, ispirato dalla storia di Chris McCandless, il viaggiatore di Into the Wild, è partito per l’Alaska dove ha percorso lo Stampede Trail nel Parco Nazionale del Denali, sempre in totale autonomia, pernottando in tenda nei pressi del fiume Teklanika e nelll’iconico bus 142 per rendere omaggio al giovane viaggiatore californiano.
La cosa più difficile? “Riuscire a stare soli, ma è così, soli, che ci si conosce meglio”.
A febbraio 2016 Lotta ha affrontato, ancora una volta in solitaria, la traversata del deserto del Wadi Rum, in Giordania. E lo stesso anno, sempre in solitaria, ha percorso in totale autonomia più di 2mila chilometri in Islanda, in sella questa volta non a una bici ma a una Bmw Gs 1200. Poi è toccato all’Australia, come detto più di mille chilometri in bicicletta da Sydney a Brisbane e al viaggio sulle Alpi verso Mentone.
Nella vita di Frank i cambiamenti sono stati tanti: il trasferimento a Milano, il lavoro tanto desiderato in una delle radio più seguite d’Italia e tutto il percorso per arrivarci, facendo un po’ tutto, lo speaker, il regista audio, il redattore. Ma anche il successo professionale per lui non è un punto di arrivo: sente che qualcosa non va, e persino gli obiettivi raggiunti lo fanno sentire smarrito. Qual è dunque la sua strada? Per capirlo ha deciso di scrivere il suo primo libro Ritorno Alle Terre Selvagge (Sperling & Kupfer), pubblicato a marzo 2018. Qui ripercorre proprio il cammino che è diventato un punto di riferimento per chi cerca la propria identità, lo Stampede Trail in Alaska. Attrezzatura tecnica, spray anti-orso, viveri e molte domande. “Ma il bello di un viaggio è che ti porta sempre dove non ti aspetti”, dice. Così la sua spedizione, che doveva essere in solitaria, si rivela ricca di incontri con avventurieri, studenti, un compagno fidato e, finalmente, con sé stesso, come ha raccontato nell’intervista. Tra ghiacci e imprevisti, pronto ad accogliere la prossima sfida che, come ci ha anticipato, lo porterà presto a indossare di nuovo lo zaino in spalla.
/In moto in Islanda/ /In Giordania, nel deserto di Wadi Rum/ /Durante il Cammino per Santiago de Compostela/ /A Radio Deejay/RIGAMONTI
IN TESTA
L’UMILTÀ
TRA LE LEZIONI PIÙ IMPORTANTI APPRESE ANDANDO IN BICICLETTA DA PIERLUIGI COCCHINI, AD DI RINASCENTE, C’È LA DISPONIBILITÀ A SEGUIRE CHI HA PIÙ ESPERIENZA PER IMPARARE COSE NUOVE. ECCO COME VIVE LA PASSIONE PER IL CICLISMO
Alla scuola del ciclismo non si imparano soltanto resistenza e capacità di fare sacrifici, piccoli o grandi. Nemmeno si pedala esclusivamente per il gusto della libertà, soli o in compagnia. Tra le scoperte che si fanno andando in bicicletta, a Pierluigi Cocchini piace citare “l’umiltà”, quella che si scopre stando tante ore a ruota. Una considerazione non banale se si tiene conto del fatto che a esprimerla è l’amministratore delegato di Rinascente, incarico assunto nel marzo 2017. Nel gruppo da tredici anni, già come direttore vendite prima di assumerne la guida, Cocchini è un manager chiamato, per vocazione lavorativa, a condurre una collezione di nove negozi in otto città italiane: due a Roma e gli altri dislocati lungo tutta Italia, da Torino a Catania, passando per Milano, Monza, Firenze, Cagliari e Palermo. Senza dimenticare l’ecommerce, sempre più strategico per una realtà nata 160 anni fa in via Santa Redegonda a Milano, a due passi dal Duomo, dove sorse il primo negozio prêt-à-porter dei fratelli Bocconi, che poi sarebbe evoluto in ciò che oggi è diventata Rinascente.
Cocchini, classe 1968, in gioventù ha praticato nuoto, calcio e, da grande, anche beach volley. “Seguivo il ciclismo da tifoso”, racconta a BIKE elencando i campioni e le gesta che più di tutti lo hanno entusiasmato davanti al televisore: “Sagan e Cancellara”, dice da amante delle Classiche; “la Parigi-Roubaix è la corsa di un giorno forse più bella”, aggiunge; ma ricorda anche “la ‘fucilata’ di Saronni al mondiale di Goodwood” nel 1982 e diversi momenti vissuti a posteriori grazie alle teche d’archivio, come le gesta di Merckx o la fuga di Coppi nella Cuneo-Pinerolo al Giro del 1949, quella “dell’uomo solo al comando”, ripete, “un atleta al livello di Jordan e Alì”. Poi, avendo una casa a due passi dalle salite della Valle d'Aosta, è stato inevitabile avvicinarsi anche alla pratica della bicicletta. “È stato un incontro naturale, prima con la mountain bike e poi, grazie a un amico, con la bici da corsa, partendo da uscite di 30, 50, 70 kilometri”. Distanze brevi fino a che, un giorno, l’ultracycler Paolo Godardi, lo ha spinto senza preavviso a pedalre 120 kilometri fino a Gressoney (Ao).
Seguendo Godardi “sono migliorato anche io che sono un cilcista da 8mila kilometri l’anno”, prosegue l’ad di Rinascente: “La salita per me è la parte più bella; la cosa più difficile, invece, è stato imparare ad andare forte in pianura. Non ero abituato”. Sono tanti gli aspetti che apprezza della bici, oltre alla pratica dello sport e al contatto con la natura: “Pedalare spazza via i cattivi pensieri e ti rimette la testa in una posizione più fresca, contribuendo a fare chiarezza mentale e riordinare le idee”. Uno “stacco” che, solitamente, “coincide con il fine settimana, ma anche ‘fare i rulli’ è qualcosa che ti ossigena la mente”. “Si riscopre l’umiltà”, dice, “per via del fatto che sei tu a dover seguire gli altri, se vuoi imparare”, ma anche “la resilienza” quando “si sale sulle salite di un passo alpino oppure “cambia il meteo e non devi mollare”. È come quando, paragona Cocchini, “a fine giornata devi trovare la forza per mandare un’ultima mail che ti aiuta a predisporre il lavoro della giornata successiva”. Anche le trattative commerciali hanno molto in comune con la bici: “A volte devi scattare, altre devi frenare, proprio come durante un'uscita”. Gare non ne fa Pierluigi Cocchini, nessuna granfondo, nessuna gara di endurance: “Ho 53 anni e c'è un tempo per tutto”, espone con saggezza: “E poi si corre il rischio di apparire ridicoli”. Si accontenta, si fa per dire, dei suoi 8mila, a volte anche 10mila kilometri l’anno. “Mi fanno stare meglio e questo mi basta”. Ma uno sfizio ama toglierselo, ed è qualcosa molto affine alla modalità e sensibilità con cui vive la sua passione per la bicicletta, lui che non intende appartenere ad alcun gruppo sportivo, non vuole loghi sulla maglia né troppi integratori nella tasca. Si chiama Rock the Blanc ed è una full immersion di tre o quattro giorni, una o due volte l’anno, in cui percorre strade e salite intorno al Monte Bianco, in coppia proprio con Godardi. L’hanno inventata insieme. “L’unica cosa certa è l’hotel alla sera”, ci spiega: “Non ci sono macchine al seguito, niente sacche laterali, solo cornucopie o zainetto per lo stretto necessario”. “Tutti sono i benvenuti, ma non vogliamo essere in troppi”.
/Con il suo ‘mentore’: l’ultracycler Paolo Godardi/ /Il logo della Rock the Blanc, nata da un'idea di Cocchini/ /L’ad di Rinascente durante un’uscita in Valle d’Aosta/Il ‘mentore’ di Pierluigi Cocchini in fatto di bicicletta si chiama Paolo Godardi e marcia su distanze inavvicinabli, non solo per il numero uno di Rinascente. “Mi ha portato ad un livello cui da solo non sarei mai arrivato”, dice di lui. Il cinquantenne corridore bollenghino è un ultracycler amatoriale che di recente ha chiuso al terzo posto la Race across Italy, una sorta di Tirreno-Adriatico andata e ritorno delle lunghe distanze. Finendo sul podio ha staccato il pass per correre nel 2022 la Race across America (Raam), la regina dell’ultracycling
per cui già si sta allenando: una coast to coast di 5mila kilometri attraverso 12 stati, dalla California al Maryland, da concludere in una dozzina di giorni, pena finire fuori tempo massimo. Nel curriculum sportivo di Godardi ci sono oggi cinque Race across Italy, un Giro d’Italia Non Stop e una Race across the west, che tanti ultracyclist scelgono per avvicinare la distanza della sorella maggiore: come la Raam, infatti, parte da Oceanside ma si ferma a Durango, in Colorado, anziché spingersi fino ad Annapolis.
binda
L'IMBATTIBILE
FUORICLASSE ASSOLUTO E PROTOTIPO DEL CICLISTA MODERNO, HA VINTO SUBITO DA ATLETA E POI COME COMMISSARIO TECNICO DELLA NAZIONALE. SCESO DI SELLA SI DEDICÒ ALL’ORGANIZZAZIONE DELLA TRE VALLI VARESINE CON L’AMICO AMBROSETTI
Alfredo Binda è stato uno dei ciclisti italiani più famosi al mondo quando segnò, con le sue imprese, l’epoca tra le due guerre mondiali. Nato nel 1902, scoprì la bicicletta lungo le strade della sua Cittiglio, alle porte di Varese. Nel 1919 emigrò in Francia dove, oltre che come decoratore, si mise in mostra, dal 1921, quale corridore emergente. Tornato in Italia alla fine del 1924, ottenne un quarto posto nel Giro di Lombardia che gli aprì le porte dello squadrone Legnano, guidato allora dall’Avvocatt Eberardo Pavesi. Il numero di Biciclette d’Epoca in edicola a fine dicembre gli ha dedicato un approfondimento focalizzato proprio su quel periodo, quello della genesi del campione che poi sarebbe diventato. Binda è rimasto alla Legnano durante tutta la sua carriera sportiva, dal 1925 al 1936, una carriera ricca di successi e durante la quale ha vinto cinque Giri d’Italia (il primo a ventidue anni alla prima partecipazione e nel 1930 venne pagato per non parteciparvi), due Milano-Sanremo, quattro Giri di Lombardia; è stato per quattro volte consecutive campione italiano e, soprattutto, per tre volte Campione del Mondo (Nürburgring 1927, Liegi 1930 e, sulle strade di casa, Roma 1932).
/©Foto fotografico Carlo Delfino/ /Alfredo Binda/Nei primi anni gareggiò contro Costante Girarden go e Ottavio Bottecchia, poi contro Learco Guerra, in un duello sportivo che ha segnato gli anni ‘30. Archetipo del ciclista moderno, Binda è stato attento all’alimentazione, all’allenamento e alla tattica in corsa. Elegantissimo in sella, dalla pedalata rotonda, sembrava apparentemente non fare fatica in salita. Forte anche a cronometro si è distinto in pista fin dai primi anni in Francia. Soprannominato l’Imbattibile, per le numerose vittorie, e il Trombettiere di Cittiglio, per la sua passione per la musica e la tromba in particolare (da giovanissimo fece parte sia della banda di Cittiglio che di quella di Nizza), Binda è uno dei plurivincitori di tappa al Giro d’Italia, secondo nella classifica all time con 41 successi, uno in meno di Mario Cipollini ma rispettivamente dieci e undici in più dei suoi rivali Guerra e Girardengo.
Nel 1929, insieme all’amico Antonio Togn Ambrosetti, Binda ha costituito la Società ciclistica Alfredo Binda, che sarà organizzatrice della Tre Valli Varesine e di Campionati del Mondo.
Terminata anzitempo la carriera agonistica, a seguito di una caduta nella Milano-Sanremo del 1936 (dove riporta la rottura di un femore),
Binda è entrato in Federazione (allora ancora con la sigla Uvi, che stava per Unione velocipedistica italiana) al fianco di Adriano Rodoni (futuro presidente dell’Uci). Nel 1939 i due si sono prodigati nella realizzazione di un Campionato del mondo a Varese, proprio sulle strade della Tre Valli ma, con l’Europa ormai in guerra, la gara non venne disputata.
Binda nel dopoguerra avrebbe poi assunto la carica di commissario tecnico della Nazionale italiana, portando alla vittoria del Tour de France Gino Bartali nel 1948 (dieci anni dopo la sua prima affermazione), Fausto Coppi (nel 1949 e nel 1952, con doppietta anche la Giro d’Italia) e Gastone Nencini (1960). Vinse da ammiraglio anche due Campionati del mondo, nel 1953 in Svizzera sempre con Coppi e nel 1958 in Francia con Ercole Baldini. Rimase alla guida della Nazionale italiana fino al 1961. Successivamente, fino agli anni ‘80, ha fatto parte della commissione tecnica dell’Uci.
* Oltre a curare il blog Inbarbaallebici.wordpress.com, collabora con la rivista Biciclette d'Epoca e, nell'ambito dell'omonimo format tv su Bike Channel, interviene con approfondimenti e curiosità
IL CICLISMO D'EPOCA
Biciclette d’Epoca è il format di Bike Channel dedicato al ciclismo d’epoca, ai suoi protagonisti e alle biciclette che hanno fatto la storia, delle corse così come di un intero Paese. In studio con Alessandro Galli, direttore dell’omonima rivista edita da Sprea Editori, e Matteo Rigamonti, giornalista di BIKE e Forbes Italia, si alternano firme di Biciclette d’Epoca e autorevoli ospiti. /In studio il direttore di Biciclette d’Epoca Alessandro Galli (a sinistra) e Alessio Berti, firma della rivista/ /In collegamento Marco Pasquini, collaboratore di Biciclette d’Epoca/ /La copertina di Biciclette d’Epoca dedicata al giovane Binda/ Inquadra il QR Code per rivedere le puntate di Biciclette d’Epoca e tutti i programmi di Bike Channel.A RUOTA DEI CICLOTURISTI PIÙ SOCIAL D’ITALIA
VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEGLI INFLUENCER DELLA BICI PIÙ SEGUITI SULLA RETE. TRA
VACANZE DA SOGNO E IMPRESE DA CARTOLINA
Fanno viaggi fantastici, al limite, in lungo e in largo per il mondo. E li raccontano sui social, tra post, foto, video, permettendoci non solo di ‘toccare con mano’ le emozioni che trasmettono, ma anche di imparare qualcosa, di sognare un po’ con loro. E, soprattutto, di lasciarci ispirare e magari trovare lo spunto per il prossimo viaggio, o
in molti casi anche ‘estremi’, che qui vi presentiamo in un elenco disordinato (non è una classifica), redatto affidandosi principalmente al web e ai social (Instagram è forse il media più usato di tutti in questo ambito) e che non tiene conto del numero dei like o dei follower. Avremo certamente dimenticato qualcuno ma insomma, se ancora
cial. Classe 1967, vive in Spagna ma gira ancora il mondo. Il suo libro Chino verso Nord può essere considerato uno dei grandi classici della letteratura del cicloturismo italiano.
@willywyqui
Viaggio in bici
Il nome scelto da Leonardo Corradini già racconta le sue avventure in sella a una bicicletta. Insieme alla moglie, Veronica Rizzoli, ha fondato Life In Travel, uno dei siti più aggiornati d’Italia in materia.
Dino Lanzaretti
A proposito di decani. Ha incontrato la bici mentre scalava le vette più alte del mondo con lo zaino sulle spalle: e da allora non è mai più sceso. Dice di aver pedalato tanto ma non ancora abbastanza. Ha viaggiato in sella alla sua bici nei posti più freddi del mondo, dalla Siberia alla Mongolia. Dinolanzaretti.it
Su Instagram si trova con lo pseudonimo di 9001 Miles ma all’anagrafe è Ivan Bianconi ed è un giovane di Assisi che ha mollato tutto per scoprire il mondo dalla sella della sua bicicletta. Ha viaggiato in Europa e in Asia e nel 2017 è partito da casa per cercare di attraversare l’Africa fino a Cape Town.
@9001miles_official
Lorenzo Barone
Lorenzo è giovanissimo ma si è guadagnato recentemente una grandissima attenzione, non solo sui social. Ha pedalato in Siberia sulla strada più a Nord del mondo, riempiendo Instagram e YouTube di video di paesaggi innevati nei quali ha viaggiato, in solitaria, dormendo in tenda con 50 gradi sottozero.
@lorenzbarone
bracciato i suoi cari dopo 21 mesi in giro per l’Emisfero Australe. E ha scritto un libro, che si intitola All’orizzonte un toubabou.
@filippo.graglia
Becycling
Dietro a questo profilo si nascondono Daniele e Simona che, insieme, hanno pedalato in 35 Paesi del mondo per oltre 60mila kilometri. Raccontano le loro avventure anche sul sito Becycling.net e sulla pagina Facebook Dai sette colli ai sette passi. Becycling.net
Bike like a couple
Restiamo in ambito di coppie ed ecco Bike Like a Couple, cioè il profilo Instagram dove Andrea e Michela condividono le loro esperienze gravel (e bikepacking) in Europa e in Italia. @bikelikeacouple
Cicliste per caso
Silvia e Linda, pedalano e stanno insieme. Hanno girato l’Italia in bicicletta ma anche la Spagna e l’America. Il documentario del loro Grizzly Tour è persino su Amazon Prime e Netflix. Ciclistepercaso.com
Famiglia in bici
Cicloturismo in famiglia? Si può fare! Se volete qualche consiglio, molto pratico, per viaggiare insieme ai vostri figli, chiedete a Cristina e Alex, sempre in sella insieme ai loro tre figli. Famigliainbici.com
datrici del progetto Ride Like a Mummy. Mamma di due gemelle, Jasmine racconta sui social il suo amore per la bici. È stata campionessa mondiale di fixed bike.
@jasminedotti_ridelikeamummy
Valentinaonwheels
Valentina Brunet ha pedalato dal Vietnam fino all’Italia. E continua a viaggiare in bici. Ha scritto Pedalando sogni: diario di una cicloviaggiatrice, lo trovate su Amazon. @valentinaonwheels
Pietro Franzese
Lombardo, è influencer e youtuber. Ha viaggiato per tutto il Vecchio Continente su una bici a scatto fisso. I suoi video sono ricchi di consigli utili per chi vuole cimentarsi coi viaggi in bici. Lo trovate in onda anche su Bike Channel con Unconventional Travellers. Pietrofranzese.com
Cicloturismo Da Zero
Ultimo ma non meno importante, come si suol dire. Cicloturismo Da Zero è l’universo di Guido Aloi (Facebook, Youtube e Instagram), da seguire se siete alle prese con i primissimi viaggi in bicicletta. Cicloturismodazero.it
BICI
TEMONO
CON LE FAT BIKE IL DIVERTIMENTO È ASSICURATO: ECCO UNA SELEZIONE DI LOCALITÀ, APPENA FUORI CITTÀ, DOVE NOLEGGIARLE PER LANCIARSI VERSO LAGHI, ALPEGGI E RIFUGI. ANCHE NELLA STAGIONE INVERNALE
Ruote larghe, anzi ‘ciccione’. Pneumatici invernali, rinforzati, tassellati, dentati. E il divertimento è assicurato anche sulla neve. Le fat bike hanno forse perso un pizzico del loro appeal ‘popolare’, ma restano un mezzo ancora diffuso tra i biker che non rinunciano alle uscite in modalità off road anche in inverno, anche quando a prima vista le condizioni non permetterebbero di pedalare. E invece no, le fat (anche in versione elettrica) sono ormai diventate il ‘giocattolino’ di chi vuole sentire la neve scricchiolare sotto le ruote e raggiungere vette e rifugi per ammirarli anche con quella spolverata di bianco che rende tutto più magico. Da Nord al Centro, ecco una rapida carrellata di destinazioni dove provarle e trovarle, anche a noleggio.
Partiamo dal Trentino Alto Adige, regione che la fa da padrona quando si tratta di outdoor in inverno. Anche l’offerta fat bike è ampia: per chi vuole cominciare a prendere confidenza con questi mezzi e coi terreni innevati e scivolosi, c’è Molveno (Tn) con il suo stupendo lago, attorno al quale si può pedalare, anche con la neve, su un tracciato di una dozzina di km che si specchia nelle acque di quello che da anni è votato come lo specchio d’acqua più bello di tutto il nostro Paese. Dalle Dolomiti di Brenta all’Alpe Cimbra, altra destinazione top per chi vuole pedalare in inverno. Come l’Alpe di Siusi, che vanta decine di km di trail per mtb, alcuni dei quali si prestano alle pedalate su neve e ghiaccio.
Anche la Lombardia non scherza. E qui la parte del leone è della Valtellina. Nei pressi di Bormio gli amanti delle fat bike possono scoprire la Val Viola o altri percorsi all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. E poi c’è Livigno, con la sua pedo-
prova per muovere le prime pedalate ‘in bianco’. A due passi da Milano ci sono i Piani di Bobbio e Artavaggio, in provincia di Lecco, un vero e proprio must per i biker che vivono all’ombra della Madonnina.
Spostiamoci in Valle d’Aosta. A Courmayeur (Ao) ci sono proposte anche per le fat bike, non solo per gli sci e gli snow board. Dal centro storico ci si può muovere lungo la Val Ferret, da Planpincieux (1.580 m) fino a Lavachey (1.650 m), a circa 5 km di distanza, sentiero pianeggiante e panoramico che accontenta tutti per bellezza e facilità.
E sugli Appennini? Ci sono località che stanno investendo sul ciclismo e sul cicloturismo, soprattutto in versione offroad. Tra le destinazioni più attive, da questo punto di vista, c’è il Monte Cimone, in provincia di Modena. Qui si possono trovare itinerari che soddisfano tutti i gusti e tutti i diversi gradi di preparazione. Il percorso più famoso, pedalabile anche in inverno con la neve, prende il via da Tonezza (dove si trovano gli impianti sportivi) e si muove lungo la Via del Partigiano Canale fino alle contrade di Tezza e Lain.
Spingendoci ancora più verso Sud, chiudiamo con l’Abruzzo, Regione che offre scenari naturali unici e inimitabili, poco battuti dal grande pubblico e forse per questo ancora più suggestivi. Qui si possono far girare le ruote sia sulla Majella che sul Gran Sasso. Tra i tracciati più belli, quelli che si snodano sulla piana di Campo Imperatore, il Piccolo Tibet italiano in provincia dell’Aquila, dove si può salire in funivia e dove è anche possibile visitare il Museo della Vecchia Stazione della Funivia.
UN PASSO DOPO L'ALTRO
MIRCO ROBALDO HA PEDALATO PER 2500 KILOMETRI, DA CASA SUA, A SAVONA, FINO A TRIESTE, SCALANDO 42 PASSI ALPINI E ATTRAVERSANDO CINQUE NAZIONI, SEI REGIONI E DUE PROVINCE AUTONOME. PER GODERSI, FINO IN FONDO, LA BELLEZZA DELLA MONTAGNA. PROSSIMA META? LA SICILIA, PERCORRENDO L'APPENNINO
Di solito è durante la stagione invernale, quando le montagne sono vestite di bianco, che si inizia a fantasticare sul prossimo viaggio, sulla prossima sfida o avventura a pedali. E perché non attraversare le Alpi la prossima estate? Se in inverno, infatti, la più importante catena montuosa d’Europa esercita un fascino unico su chiunque ami la neve, gli appassionati di bicicletta già l’osservano attendendo che i pendii tornino verdi per poter pedalare lungo valichi e salite, raggiugendo la cima di passi che hanno segnato la storia del ciclismo. Ripercorrerli fa sentire l’amatore vicino al campione che ha fatto la storia, ma, ad avere tempo e gamba, è anche possibile immaginare un’intera vacanza all'insegna dei saliscendi alpini.
Chi lo ha fatto, in sella a una gravel e in bikepacking, ovvero senza borse laterali ma portando comunque con sé tutto il necessario per una vacanza all'insegna del green, è Mirco Robaldo, che è partito la scorsa estate dal Colle di Cadibona in Liguria per raggiungere Trieste in Friuli Venezia Giulia. Ventidue tappe e 2420 kilometri percorsi per complessivi 44.870 metri di dislivello, su strade dal fascino unico, montagne maestose ed esperienze sempre nuove. Il viaggio ha attraversato cinque nazioni, sei regioni e due province autonome salendo e scendendo da 42 passi alpini.
“La bicicletta è il mezzo ideale poiché consente di compiere gli spostamenti lasciando il tempo di apprezzare paesaggi e panorami”, ha raccontato a BIKE. “Non c’è nemmeno bisogno di fermarsi per guardarsi intorno, già si è immersi nel paesaggio mentre lo si sta attraversando”. I panorami cambiano in continuazione. Attraversare le Alpi vuol dire osservare i cambiamenti tra una regione, o un paese, e l'altro ma anche apprezzare le diverse sfumature di ciascun gruppo montuoso, della differente architettura delle costruzioni locali e del diverso modo di curare la natura, i pascoli e i boschi.
Robaldo, che vive a Savona, è partito direttamente da casa a bordo della sua bici. Dopo soli 13 kilometri ha raggiunto il Colle di Cadibona. È passato poi dai boschi di faggi delle Prealpi liguri affacciate sul mare, agli importanti passi francesi e del Piemonte. Ha ammirato i ghiacciai della Valle d’Aosta, dal Piccolo e Gran San Bernardo. Entrando e uscendo dall'Italia ha varcato i bellissimi passi svizzeri e austriaci. La strada che sale verso il Grossglockner, la montagna più elevata dell'Austria con i suoi 3.798 metri e dagli scorci unici. E le Dolomiti, non a caso riconosciute patrimonio dell'umanità dall'Unesco, che, ricorda, “ti arrivano in faccia maestose all'improvviso”.
“Ho attraversato i passi dolomitici meno famosi perché volevo che questo viaggio fosse lontano dalle folle”, confida il cicloviaggiatore savonese, “volevo ascoltare il mio corpo faticare cercando dentro di me la forza per andare avanti, pedalata dopo pedalata”. Attraversate le Dolomiti, il viaggio è proseguito nelle fresche foreste slovene sino a giungere al mare di Trieste, che Mirco ha unito idealmente al mar Ligure da dove era partito.
Il percorso si è diramato attraverso tantissime ciclabili, piste che, rammenta, “a volte fanno dei giri assurdi con rampe ‘spaccagambe’ pur di tenerti lontano dalle strade e farti godere la pedalata in pace”. Le strade senza auto hanno indicazioni precise e sono ben curate, sottolinea, specialmente in Svizzera, Austria, nella zona delle Dolomiti e in Slovenia. Sono piste molto frequentate sia da camminatori che ciclisti, con rispetto reciproco. Non è inusuale fare amicizia e percorrere chilometri insieme ad altri cicloamatori. E ora che la traversata delle Alpi è terminata il prossimo viaggio potrebbe essere quello degli Appennini, sempre partendo dal Colle di Cadibona, ma stavolta sino alla Sicilia.
/Mirco Robaldo durante alcune tappe del viaggio/NELLE
LANGHE CON GUSTO
CRONACA DI UN GIRO IN SELLA ALLA MOUNTAIN BIKE ELETTRICA RISCOPRENDO IL TERRITORIO PIEMONTESE, PATRIMONIO UNESCO, CON ESCURSIONI E TANTI ASSAGGI A DOGLIANI, BAROLO E DINTORNIA caccia di specialità locali per pedalare e brindare. Le Langhe in bicicletta sono uno spasso infinito, un’esperienza da provare e poi ripetere ogni volta che si vuole passare del tempo senza pensieri. Nel territorio piemontese protetto dall’Unesco, le due ruote corrono tra storia e monumenti lungo colline pettinate dai filari di vigneti di uve pregiate apprezzate in Italia e all'estero. Chi vuole fare una passeggiata rilassante e per niente faticosa, chi preferisce il romanticismo o chi ha bisogno di sport e piacere, trova in queste terre il viaggio perfetto. È una lentezza che conquista occhi e palato.
Mentre le gambe vanno, la bellezza dirompente di questi paesaggi vitivinicoli è capace di toccare le corde più intime. Ci si ferma per una o più fotografie, che qui non hanno bisogno di filtri social. L'appuntamento può essere a Dogliani, la città di Luigi Einaudi, un borghetto collocato in una posizione strategica perché fa da ponte tra le colline del Barolo, dove i percorsi sono più dolci, e l'Alta Langa che invece ha dislivelli più impegnativi. Rimanendo nel circondario di Dogliani si possono percorrere quelli che vengono chiama-
ti I sentieri del Dogliani, appunto, con circa 40 chilometri di saliscendi da fare in e-bike, mountain bike e gravel. Un tour definito a forma di petalo tra vigneti, noccioleti e prati. Una vera immersione nella natura.
A voler percorrere 45 o 50 chilometri, l'avventura si sposta nei boschi dove il divertimento è garantito. Se si è in sella a una e-bike, le pause per ricaricare le batterie possono essere sincronizzate per le degustazioni: cantine, agriturismi e caseifici. Attilio Pecchenino, guida cicloturistica e viticoltore, che in Piemonte gestisce anche una cantina e un agriturismo, spiega: “Da Dogliani si raggiungono i 700 metri passando da Farigliano, poi Belvedere Langhe per raggiungere Murazzano, dove producono un formaggio di pecora buonissimo che qui si chiama tuma. Proseguendo in quota si va verso Bossolasco, il paese delle rose per poi attraversare Serravalle Langhe. Da qui ci avvolge un panorama stupendo con visione a 360 gradi, dalle Alpi Liguri fino al Monte Rosa verso Nord. Rientrando in sottobosco verso Roddino ci si collega poi con Monforte d’Alba e infine si rientra a Dogliani”.
Un itinerario diverso e di livello decisamente più abbordabile, invece, è quello più noto cosiddetto del Barolo, tra un castello e un calice di buon vino e con Dogliani come punto di riferimento per la partenza e l'arrivo. “I percorsi possono essere programmati qualche giorno prima”, consiglia Pecchenino, “anche perché è necessario consulta re il meteo, qui la pioggia di solito rende il terreno piuttosto fangoso e se non conosci e sbagli versante, vai a spinta!”.
Per esplorare boschi e sentieri senza traffico, bisogna invece immergersi nell’Alta Langa dove esistono percorsi pensati sia per chi pedala in mountain bike sia per chi usa la bici da strada. I ciclisti piu' esperti possono anche addentrarsi nei sentieri della Valle Belbo dove, prosegue Pecchenino, “c’è il meglio dei single track con discese
downhill dove sono d’obbligo tutte le protezioni del caso”. Si percorrono dai 35 ai 50 chilometri, si sale intorno ai 700 metri e si ammirano castagneti, valli, santuari, luoghi della memoria e sacrari dedicati alla storia partigiana.
Alla fine di ogni giro arriva un momento speciale, perché si possono organizzare merende, pranzi e assaggi eccezionali dei prodotti tipici: “tuma di Murazzano, Bra stagionato d'alpeggio, Raschera, tuma Alta Langa stagionata nelle vinacce di nebbiolo, salsiccia cruda di Bra o il salame al barolo”, elenca Pecchenino. “Formaggi e salumi deliziosi accompagnati da vini come Alta Langa, Dogliani e Barolo per poi terminare con biscotti e una buonissima crema di nocciole”. La strada per leccarsi i baffi si fa sempre molto volentieri.
/Attilio Pecchenino, guida cicloturistica e viticoltore/L’EUROPA DEI MURI FA TAPPA A CA’ DEL POGGIO
L’HOTEL RISTORANTE IMMERSO NELLE COLLINE DEL PROSECCO HA SAPUTO RITAGLIARSI UN RUOLO DI ECCELLENZA NELL’HOSPITALITY E DIVENTARE STORICA META NEL CIRCUITO DEL GRANDE CICLISMO GEMELLANDOSI CON IL MURO DI GRAMMONT E IL MUR DE BRETAGNEAttraversando in autunno inoltrato le Colline del Prosecco in bicicletta, un’esplosione di colori lascia il ciclista senza fiato. Il giallo intenso delle foglie, l’arancione unito al rosso fuoco, e ancora qualche chiazza di verde sparsa qua e là, trasformano il panorama generale in un dipinto, una vera e propria opera d’arte. Si capisce immediatamente come mai questo triangolo di terra, da Conegliano a Valdobbiadene e poi su fino a Vittorio Veneto (Tv), sia entrato a far parte del Patrimonio Unesco nel 2019, ennesima tra le centinaia di eccellenze del territorio italiano per la quale dovremmo ringraziare ogni giorno.
Se si vuole percorrere queste strade in bicicletta, basta scegliere uno qualunque dei magnifici hotel, resort e bed and breakfast disseminati in queste zone come punto di partenza per trascorrere almeno un paio di giorni di relax immersi nella bellezza. Qui, infatti, unire lo sport alla storia (sono tanti i luoghi che portano i segni e i racconti della Grande Guerra), il divertimento all’arte, l’ottima gastronomia al gusto di un buon Prosecco è più facile di quanto si possa immaginare.
Salita simbolo delle Colline del Prosecco è il Muro di Ca’ del Poggio, che il Giro d’Italia ha affrontato cinque volte di cui l’ultima due anni fa, e sul quale il gruppo della Corsa rosa transiterà pure nel 2022, nella tappa che si concluderà a Treviso.
Qui, sulle rampe del Muro, che si trova nel comune di San Pietro di Feletto (Tv), i fratelli Alberto e Marco Stocco hanno ereditato da papà Fortunato e mamma Maria Stella il Ristorante Ca’ del Poggio, “dove il Prosecco incontra il mare…”, come recita l’accattivante claim di questo raffinato luogo dalla tradizione familiare. A fianco gli hanno costruito poi, una decina d’anni, fa l’hotel-resort con spa Villa del Poggio, con vista sulle colline e sulle montagne bellunesi. Insomma, un piccolo angolo di paradiso.
Dettaglio non trascurabile, vista la passione che la famiglia Stocco nutre per il ciclismo, Villa del Poggio è a tutti gli effetti un bike-hotel, con servizi che spaziano dalla micro-officina interna al rimessaggio delle bici. L’appassionato che vuole partire da qui ha due opzioni per scegliere il percorso da intraprendere: fare il muro in discesa per portarsi nella piana antistante e risalirlo al ritorno, oppure affrontare subito gli ultimi 200 metri con pendenze in doppia cifra per portarsi sulla strada in costa. Chi scrive ha scelto questa seconda opzione, aiutato dal consiglio di una guida d’eccezione come Giandomenico, uno degli ambassador di Ca’ del Poggio. Facendo così, infatti, ci si trova immediatamente sulla Strada del Prosecco, che permette di pedalare ammirando i vigneti e le bellezze della zona.
Le strade percorse in queste zone ben si presetano a ogni tipo di esigenza, sia di chi, per esempio per ragioni di tempo, non riesce a percorrere più di 50 kilometri (e mille metri di dislivello), sia di chi può permettersi di trascorrere qualche giorno immergendosi nell’incanto di questa terra. Il vero cicloturista, però, non può non fermarsi alla Pieve di San Pietro di Feletto, al Molinetto della Croda e alla meravigliosa Abbazia cistercense di Follina, impreziosita da uno dei chiostri più incantevoli del Nord Italia. Ed è solo una piccolissima porzione delle spettacolari visioni in cui ci si imbatte pedalando. Le strade sono belle e poco trafficate (ma nei weekend sono affollate da ciclisti!), le salite (almeno finchè si decide di restare solo sulle colline) non sono troppo impegnative né lunghe. È un continuo ‘saliscendi’ in cui poter fare dislivello, ma senza mai finire con la lingua fuori. Molto caratteristica e panoramica anche la strada interna che da Vittorio Veneto porta a Formeniga, sul cui cucuzzolo si trova una chiesa il cui campanile svetta e si staglia all’orizzonte.
Fra le Colline del Prosecco abitano molti atleti professionisti di oggi e di ieri, come Davide Cimolai, Sacha Modolo, Andrea Vendrame e Marzio Bruseghin, che qui produce vino e ha il suo allevamento di asini. Chiuque, però, può inforcare la bici ed esplorare, lasciandosi dettare la via dall’ispirazione o dai panorami-cartolina che anche con lo
smartphone si possono immortalare. Quasi un’esperienza mistica. A due passi da Conegliano, poi, c’è anche la casa-madre di Astoria, l’azienda che sorge su una collina da cui nei giorni tersi si vede il mare e che da anni sponsorizza il Giro d’Italia e le corse Rcs-Sport fornendo le bottiglie con cui festeggiano vincitori di tappa e delle varie maglie.
Il gran finale di un’uscita che si rispetti, comunque, rimane il Muro di Ca’ del Poggio: sono 1.155 metri a una pendenza media del 12,7% e con punte al 19%. Ad oggi è l’unica salita certificata d’Italia dalla Federazione ciclistica italiana. Il Giro lo ha scoperto per la prima volta nel 2009, ma ormai è passaggio d’obbligo, oltre che per la prestigiosa corsa a tappe anche per la Granfondo Pinarello e la Prosecco Cycling, senza dimenticare i di molteplici passaggi da parte del Campionato italiano e anche del Giro d’Italia Donne. Dal 2016, inoltre, il Muro di Ca’ del Poggio è gemellato col Muro di Grammont (salita simbolo del Giro delle Fiandre) e, dal 2018, anche con il Mur de Bretagne, altro luogo iconico per gli appassionati di ciclismo dove passa il Tour de France. Assecondando una strategia che mira a creare nuove opportunità turistiche e di promozione del territorio, nonché, come fine ultimo, a istituire un vero e proprio circuito europeo dei ‘muri’ più importanti e significativi della storia del ciclismo.
I CONSIGLI DEGLI ESPERTI SU GUIDA E
PROTETTI e PREVIDENTI
DIFENDERSI DAL FREDDO NON È LA SOLA PRECAUZIONE
DA AVERE IN BICI D’INVERNO. OCCORRE SAPER SCEGLIERE LE STRADE SU CUI PEDALARE E OSSERVARE ALCUNI PICCOLI ACCORGIMENTI PER UN’USCITA IN TOTALE SICUREZZA
L'inverno è sempre stata la stagione in cui prendersi una pausa per recuperare energie, fisiche e mentali. Ma da qualche anno, grazie all'avvento di software sempre più realistici, tanto i corridori professionisti quanto gli amatori, possono allenarsi su rulli interattivi comodamente da casa. Per quanto innovativi, divertenti ed efficaci siano i moderni sistemi di allenamento indoor, tuttavia, è sempre piacevole, almeno qualche volta, pedalare ‘veramente’ su strada, anche quando le temperature sono particolarmente rigide. Ecco, dunque, qualche accorgimento per farlo in sicurezza. Ipotizzando che in una fredda ma serena domenica invernale si decida di uscire in bicicletta, la prima cosa da fare è scegliere l'orario più favorevole. In genere, fatta eccezione per le regioni che hanno un clima mite, la finestra migliore è quella tra le 10:30 e le 13:30, anche pedalando un’ora e mezza o due, senza doverne fare necessariamente tre.
Il vestiario è fondamentale. Bisogna vestirsi ‘di qualità’, non ‘di quantità’, proteggendo con attenzione la fronte e le estremità (mani e piedi), che sono le parti più sensibili, e senza mai dimenticare di mettere nelle tasche una mantellina o uno smanicato, utilissimi anche in caso di foratura: fermarsi a cambiare la camera d'aria è infatti ope razione celere soltanto per i ciclisti più esperti, ma per la maggior parte richiede tempo. E in questo caso poter indossare un capo in più può rivelarsi strategico per non raffreddare eccessivamente la parte superiore del corpo.
Prima di uscire occorre sempre verificare la pressione delle gomme e in inverno è bene che sia leggermente inferiore rispetto a quella che si utilizza nel periodo primaverile o estivo, a un livello che può variare in base al peso del ciclista e al tipo di pneumatico utilizzato. Una volta saliti in sella poi, non bisogna pedalare subito a un’andatura eccessiva, anche per evitare che, respirando
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e titolare dell’officina Cicli Boglia
con affanno, si immetta troppa aria fredda nei polmoni. Quanto alla scelta del percorso, è consigliabile, nel limite del possibile, evitare o comunque limitare al minimo tutte quelle situazioni in cui case, edifici, cartelloni pubblicitari, ecc… possono fare ombra alla carreggiata, impedendo al sole invernale di asciugare la sede stradale, specialmente in curva. La strada che in apparenza può sembrare umida o bagnata, infatti, in inverno potrebbe essere ghiacciata. Talvolta succede anche con l'ombra del guardrail e, specie in prossimità di una rotatoria, dove la bicicletta si inclina in fase di ingresso, il rischio di scivolare è più che concreto. Altra situazione delicata in cui si può incappare d’inverno è la nebbia, anche quando si è usciti di casa con il sole. Ecco perché, equipaggiare la bicicletta con un fanale posteriore posizionato sul canotto del reggisella è importantissimo, ancor più che d’estate. In questo caso, utilizzare occhiali con lenti fotocromatiche può essere un utile ‘trucco’ per far sì che le stesse lenti, che normalmente servono a proteggere dal sole, contribuiscano a schiarire con profitto la visuale del ciclista.
L’EMOZIONE DEL VOLO
I SALTI SONO TRA I GESTI PIÙ SPETTACOLARI
PER CHI GUARDA LA MOUNTAIN BIKE. MA PER AFFRONTARLI IN SICUREZZA È FONDAMENTALE PROCEDERE PER GRADI, AFFIDANDOSI SEMPRE
Tanto sono spettacolari i salti quanto possono rivelarsi pericolosi se non affrontati in modo corretto. Importante dunque è procedere per gradi, imparando innanzitutto la tecnica sui salti didattici, che sono quelli costruiti da mani esperte con linee di fuga che li rendono sicuri. Per prima cosa la bici deve essere settata correttamente, soprattutto per quanto riguarda ammortizzatori e forcelle, che possono sopperire
alla mancanza di tecnica e, nei casi limite, fungere da paracadute in caso di errori. Regolare il ritorno dell'ammortizzatore è fondamentale e fa la differenza tra l'essere fiondati a elastico e un atterraggio morbido. Un buon maestro sa come settarlo al meglio. Il salto è una rampa dalla quale si decolla staccan do le ruote da terra per poi atterrare in velocità.
Ma come fare? Il salto si approccia in posizione di attacco rimanendo rilassati. La tensione porta infatti a irrigidirsi e perdere il controllo dal mezzo. È importante guardare sempre avanti. Quando il salto è artificiale si può scegliere come eseguirlo, spingendo per guadagnare più volo o assorbendolo per perdere meno tempo possibile in volo (salto in stile agonistico). A seconda del tipo di salto che si vuole fare cambia l'approccio anche se alcuni elementi sono comuni. In generale:
1) Approcciare il salto in posizione neutra con braccia e gambe flesse. Questa è l'unica fase in cui si può decidere di abortire il salto, frenando o cambiando direzione.
2) Alla base della rampa (fase di transizione) ci si prepara al decollo: qualche metro prima di entrare sulla rampa è ormai vietato frenare o rallentare per non compromettere l'equilibrio sul mezzo.
3) Appena prima del dente del salto, occorre distendere gambe e braccia, quasi a voler effettuare un balzo slanciato in alto e in avanti. Assenza di estensione delle braccia porterebbe a uno sbilanciamento verso l'avantreno con il rischio d'impuntarsi nella fase di atterraggio; se invece non si distendono le gambe rimanendo accucciati, lo sbilanciamento sarà verso il retrotreno e l'atterraggio sarà erroneamente compiuto sulla sola ruota posteriore, sempre con rischio caduta.
4) In fase di volo le braccia devono rimanere rilassate e distese, mai rigide, iniziando a spingere il manubrio in avanti aiutandosi con una lieve rotazione dei polsi. Le gambe devono rimanere
stese per continuare l'inerzia della spinta fatta sui pedali, se invece vengono piegate questa inerzia si perde con il rischio di sentire le scarpe staccarsi dai pedali provocando un immediato abbassamento della ruota posteriore.
5) Per l'atterraggio bisogna cercare il bilanciamento facendo atterrare le ruote insieme o al limite anticipando di pochissimo con l'anteriore. Bisogna evitare l'atterraggio sulla ruota posteriore. Se la fase in aria si è svolta correttamente mantenendo le gambe distese, mentre si atterra le si deve piegare per ammortizzare l'impatto con il terreno. Lo stesso vale per le braccia e tutto il corpo, che poi è il miglior ammortizzatore che si ha a disposzione in bicicletta.
6) Ritrornare infine in posizione neutra o base. ‘Nota bene’ finale: I salti ben progettati sono quelli con il ‘landing’ in discesa... se si atterra sul piatto, invece, significa che c'è qualche problema di progettazione, oppure che si è affrontato il salto a velocità eccessiva. La velocità con cui si affronta un salto, infatti, varia e ci vuole molta esperienza per individuare quella corretta. Importante tenere la sella abbassata e saltare sempre a piedi pari per evitare di perdere l'equilibrio e cadere. A meno che sia voluto, mai staccare i piedi dai pe dali. E ricordatevi, infine, che i consigli di tecnica di guida è sempre bene metterli in pratica affidandosi a maestri e formatori qualificati, mai soli con il rischio di non eseguire gesti non corretti, mettendo a rischio sicurezza e salute, propria e altrui.
*Pagine realizzate con la collaborazoine di Scuolamtb.itLIBERTÀ, SFIDA CON SE STESSI E DIVERTIMENTO
ECCO TRE BUONI MOTIVI PER ALLENARSI CON I RULLI O I CICLOMULINI D’INVERNO
Durante il lockdown sono diventati una specie di necessità, finendo persino per essere introvabili nei canali di vendita online, con prezzi schizzati alle stelle anche per l’usato. Sono i moderni rulli e ciclomulini, nuova frontiera dell’allenamento home made per un gran numero di amatori. Sebbene infatti la stagione fredda non sia più ‘tabù’, come lo era forse in passato (si esce ormai in bici anche con temperature rigide e pioggia grazie allo sviluppo dei materiali), questi attrezzi possono rivelarsi ottimi alleati, tanto per l’amatore quanto per il professionista. Perché? Ecco tre motivi per averli in casa, pronti all’uso. Primo: allenarsi dove, come e quando si vuole. Questo è uno degli aspetti più interessanti che
offrono rulli e ciclomulini. Se per fare un’uscita in bici bisogna avere a disposizione almeno un paio d’ore (giocando decisamente al ribasso), un allenamento sui rulli può essere fatto anche nei ritagli di tempo. La postazione montata davanti alla tv, o in stanza, nello studio, magari in box, diventa un rifugio per chi vuole sfruttare le prime ore dell’alba, o magari quelle prima di andare a coricarsi. Si possono anche fare più sessioni durante lo stesso giorno se si lavora, per esempio, in smart working. Si pedala quando si vuole, dove (sia in termini fisici che ‘virtuali’) e come si vuole: si possono preparare tabelle di allenamento settimanali, oppure si può semplicemente fare una sgambata per non perdere del tutto la forma.
A proposito di forma fisica, ecco il secondo buon motivo per avere rulli o ciclomulini in casa, e usarli. Sono un buon modo per non lasciare passare l’inverno senza un minimo di allenamento, evitando di perdere del tutto la tonicità muscolare e mantenendo ‘oliate’ le articolazioni. Chi non ama uscire in bici col freddo, e magari non ha la passione per la palestra o altre attività di training indoor, troverà poi nei rulli e ciclomulini più moderni, pratici e fedeli compagni invernali a cui ricorrere per regolare il peso e conservare la forma fisica, ponendosi sempre un obiettivo Ultimo (ma non meno importante) motivo: sono divertenti. Sì. L’equazione che associa i moderni rulli alla noia e alla sola fatica non è più una regola universale. Certo, non sarà mai come pedalare all’aria aperta, ma la tecnologia ha compiuto passi da gigante anche solo guardando agli ultimi mesi: i ciclomulini di ultima generazione consentono da un lato di personalizzare allenamenti e sedute, evitando di pedalare ‘così tanto per fare’; dall’altro permettono di collegarsi a tablet e computer e quindi usare software di allenamento e intrattenimento. Si può fare persino un’uscita in gruppo senza mai varcare la porta di casa. E che dire di una gara o una cicloturistica sui tornanti dei mitici passi dolomitici o ripercorrendo tappe di Giro e Tour? Si può fare tutto in camera da letto, mentre fuori diluvia. Attenzione soltanto all’idratazione e alla regolazione della bici per evitare dolori dovuti a una scorretta posizione in sella.
Si parla già di ‘e-scooter brain’. I monopattini, che gli anglosassoni chiamano e-scooter, avranno infatti sempre più un cervello: su questa nuova frontiera sta lavorando una società di Singapore che non a caso si chiama Neuron Mobility e, a fine 2021, ha lanciato un test in Australia, Canada e Gran Bretagna per un nuovo sistema hi-tech per la sicurezza che combina geolocalizzazione super accurata, sensori multifunzione, un nuovo sistema operativo e rilevamento rapido del geofence, cioè l’area di utilizzo del mezzo.
Non basta più quindi soltanto il cervello di chi sale sui monopattini elettrici (che a volte sembra latitare…) per garantire la sicurezza di chi è bordo e di chi sta attorno. Ci sono le nuove regole, certo, che hanno ridotto la velocità a 20 chilometri orari, imposto l’uso del casco per i minorenni e introdotto l’obbligo di frecce e stop già a partire dall’estate 2022, ma tecnologia e innovazione avranno un ruolo sempre più determinante nella sicurezza attiva e passiva dei monopattini. E in questo senso si stanno muovendo tutti gli operatori che offrono monopattini in condivisione.
I monopattini sono diventati i campioni della mobilità condivisa, che nel 2021 ha compiuto vent’anni in in Italia. “Il monopattino in condivisione ha cambiato il volto della sharing mobility”, si legge nel 5° Rapporto nazionale sulla sharing mobility promosso dai ministeri della Transizione ecologica e delle Infrastrutture con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile. “I servizi di monopattino in sharing realizzano numeri senza precedenti nell’anno della pandemia, diventando in 12 mesi il servizio più diffuso in Italia, quello più presente nelle città del Sud, quello con più veicoli operativi sulle strade, nonché quello che realizza il maggior numero di noleggi nel 2020”.
Sicurezza vuol dire hardware e software: ruote più grandi, telai più stabili, frecce ma soprattutto più ‘cervello’ digitale. Helbiz ad Eicma 2021, l'Esposizione internazionale del ciclo e motociclo di Milano, ha presentato il suo primo modello interamente Made in Italy, Helbiz One, destinato alla vendita e al noleggio: bel design ma anche tanta tecnologia. A bordo ci sarà PathPilot, sistema sviluppato con la startup californiana DroverAi, che, grazie a due sistemi di intelligenza e visione artificiali alimentati dalle telecamere di bordo, rileva l’ambiente circostante al veicolo, un marciapiede, la strada o la pista ciclabile, ed è in grado di intervenire se c’è qualcosa di irregolare: due persone a bordo al posto di una, l’ingresso non consentito in un’area pedonale, un eventuale tentativo di parcheggio laddove non permesso.
Sempre un software impedisce l’uso dei monopattini Dott agli under 18, riduce la velocità nelle aree pedonali e li blocca in quelle vietate. Un costante monitoraggio del monopattino farà Link con il suo sistema Superpedestrian sviluppato negli Usa, che lavora raccogliendo diversi dati: l’accelerazione, la velocità di marcia e quella di rotazione. Se si va oltre i limiti di riferimento, prima parte un avviso e poi il mezzo viene bloccato. Il sistema è in grado di rilevare anche la guida contromano. “Il monopattino è uno strumento per la mobilità, non è un giocattolo”, puntualizza Matteo Ribaldi, public affairs and business developer manager di Link Italia. “Pedestrian Defense non solo sarà in grado di monitorare gli stili di guida ma anche di correggere in tempo reale comportamenti vietati o pericolosi”.
Inquadra il QR Code e leggi tutte le notizie di SmartMobility su Bikechannel.itUn comportamento certamente pericoloso, infatti non consentito, è guidare in stato di ebbrezza. Voi Technologies, i cui monopattini hanno già le frecce, dall’una del venerdì alla domenica sera, controlla con un videogame lo stato di chi vuole noleggiare un monopattino: per sbloccarlo bisogna ‘catturare’ col dito dei caschi che compaiono e scompaiono sullo schermo del telefono. Il sistema calcola il tempo di reazione e, se non coincide con la media di una persona in stato di lucidità, viene consigliato l’uso di un altro mezzo più sicuro, per esempio un taxi. “Continueremo a proporre nuove soluzioni perché solo con un servizio sicuro potremo innovare la mobilità in città”, commenta Magdalena Krenek, general manager Italia di Voi Technology.
Bisognerà sempre, però, fare affidamento anche sul cervello umano, visto che i monopattini privati sono dieci volte di più di quelli in sharing e non possono, per il momento, contare sul controllo dell’intelligenza artificiale. “Un recente sondaggio Ipsos-Legambiente rivela una disinformazione diffusa sulle regole del codice della strada, soprattutto nella fascia più bassa dell’utenza”, conclude Ribaldi. E, indirettamente, segnala la necessità di una tecnologia antica: l’educazione civica.
CAVALCANDO LA RIVOLUZIONE
IL BOOM DI SCOOTER, E-BIKE E MONOPATTINI ELETTRICI
CONFERMA LA PRESENZA DI OPPORTUNITÀ DI CRESCITA PER I PLAYER CHE SI OCCUPANO DI SPOSTAMENTI URBANI. IL CASO ATHENA LO DIMOSTRA. ECCO COME SONO CRESCIUTI
Negli ultimi due anni di pandemia ci siamo abituati a dover vivere distanziati, a muoverci nella città come monadi silenziose, evitando autobus affollati e metro ad alto tasso di umanità. Ma abbiamo imparato anche ad apprezzare di più il gusto dolce della libertà che una bicicletta o un monopattino, elettrici o no, ci possono offrire, consapevoli, forse, di un effetto collaterale positivo: essere un po’ più sostenibili, nei ritmi e nel rapporto con l’ambiente. Nel 2020 poi il mercato delle e-bike, solo in Italia, ha segnato un +44%, con il bonus mobilità a fare da (ulteriore) spinta propulsiva. In un simile scenario “la mobilità a corto raggio deve essere green”. Lo dice Michele Mancassola, general manager della divisione Sportech di Athena, secondo cui questa è ormai una certezza nonché uno dei punti fermi del progetto di cui fa parte, che distribuisce brand dall’appeal innovativo proprio nell’ambito dello sport, della tecnologia e dell’outdoor.
Segway è uno di questi e i monopattini elettrici che produce, nel 2020, hanno avuto un’impennata del 300% di incremento sulle vendite, con numeri che si sono mantenuti stabili nel 2021: un segnale importante. La nuova gamma è costituita dai modelli F25E, F30E e F40E: design accattvamente e ottime prestazioni. I Ninebot KickScooter
della serie F sono dotati di una batteria potenziata, arrivando fino a 40 km di autonomia. Sempre prestando attenzione massima alla sicurezza.
Da quando è iniziata la pandemia da Covid19 l’azienda ha iniziato a valutare anche nuove collaborazioni in termini di green mobility ed è così che la vicentina Askoll, da alcuni mesi a questa parte, è entrata a pieno titolo fra i partner, per le bici a pedalata assistita e i moped, scooter elettrici. Dal 1973 produttore di minuteria metallica, è divenuta oggi una realtà complessa e in continua evoluzione, con quattro divisioni interne e centinaia di collaboratori in tutto il globo, per 140 milioni di fatturato.
Un episodio svolta, che ha lasciato un segno e cambiato per sempre le sorti del settore sportech e lifestyle dell’azienda, lo racconta proprio Mancassola: “Nel 2007, a una fiera di settore, abbiamo incontrato Nick Woodman di GoPro e ne siamo rimasti folgorati. Abbiamo subito comprato alcuni pezzi per noi. Questo rapporto iniziale si è poi trasformato in un contratto di distribuzione”. Con il risultato che oggi Athena è il primo distributore in Italia delle action cam più famose al mondo.
/Michele Mancassola, general manager della divisione Sportech di Athena/Oggi il comparto della micromobilità urbana è tra i più vivi e in fermento a livello mondiale, con l’Italia tra i primi Paesi ad aver deciso di investire su ciclabili e mobilità, insieme a Belgio e Francia. “Nei prossimi anni e-bike e monopattini continueranno a convivere con altri mezzi di trasporto cittadino”, sottolinea Mancassola, ma progressivamente tenderanno anche a sostituirne sempre di più, comprese le auto, cosa che in parte sta già accadendo con i consumatori sempre più sensibili al cambiamento climatico e sempre meno disposti
a perdere tempo nel traffico: una questione di necessità e non solo di trend. La volontà di lasciare un’impronta più verde, passa quindi attraverso le nuove tecnologie in fatto di smart mobility. “Ci vorranno ancora un anno o due per metabolizzare la situazione”, conclude, ma altrove, su questo fronte, si è più avanti. Come “in Cina dove ormai le realtà urbane viaggiano su due ruote, grazie anche ad aziende come Segway” e, secondo Mancassola, non manca molto a che questa rivoluzione divenga anche tutta italiana.
FENOMENOLOGIA DEL CARGO BIKER
SEMPRE PIÙ PERSONE SI SPOSTANO CON IL MEZZO PROTAGONISTA DELLA NUOVA MOBILITÀ URBANA, PER PORTARE FIGLI A SCUOLA, FARE LA SPESA O PER ESIGENZE DI LAVOROA Bologna dieci famiglie hanno chiuso il 2021 condividendo una cargo bike a due ruote, quella lunga. Poste Italiane ha cominciato a sperimentare le bici da trasporto per le consegne ad Alessandria, Viareggio e Ferrara. Dhl le usa già per consegnare e ritirare pacchi in diverse città italiane. Le cargo bike sono l’astro nascente nella mobilità leggera urbana. Certo sembrano meno comode delle classiche bici ma sono capaci di risolvere, su due e più ruote, incombenze familiari (la spesa o i bambini) o di lavoro (dalle consegne al trasporto degli attrezzi di un artigiano) riducendo l’impatto sull’ambiente. Per questo anche l’Unione Europea ha lanciato un programma per la diffusione delle cargo (denominato City changer cargo bike) basato su un potenziale di sviluppo non indifferente del mezzo: fino al 25% delle consegne nelle città; fino al 50% dei servizi di manutenzione, fino al 77% degli spostamenti privati.
Ci muoveremo, quindi, sempre di più in cargo bike. Nei Paesi del Nord Europa la tendenza è già più che evidente. In Italia siamo alle prime pedalate, anche per effetto della crescita dell’e-commerce che pone il problema delle consegne nei centri urbani, il cosiddetto ultimo miglio. Ecco perché Poste Italiane ha deciso di cominciare la sperimentazione con le cargo della startup Mobee. E tutti i corrieri, a diversi livelli, stanno valutando l’uso del nuovo mezzo. In bici da carico viaggiano le consegne di Dhl e Ikea ad Amsterdam e Utrecht nei Paesi Bassi, ma anche tra le strade più impegnative di Lisbona grazie alle e-cargo, che hanno la pedalata assistita.
In nome della sostenibilità anche FedEx ha cominciato a introdurre cargo bike in diverse città
d’Europa, comprese alcune in Italia: insieme con i furgoni elettrici vengono usate per servizi di ritiro e consegna a Milano, Torino, Reggio Emilia, Padova e Vicenza. Per questo FedEx sostiene un progetto per la diffusione in Italia delle cargo bike all’interno del Safer cycling advocate program (Scap) il programma della Global alliance of ngos for road safety e la European cycling federation.
Le cargo bike sono sicure? Anche per il trasporto dei bambini? Il test è cominciato a Bologna, in collaborazione con la Federazione italiana ambiente e bicicletta (Fiab) e l’Agenzia per l’energia e lo sviluppo sostenibile (Aess) con bici proposte in un contesto di co-housing (un’iniziativa pubblica che aiuta i giovani under 35 a trovare un alloggio attraverso un modello di vita collaborativo) sia per le esigenze di circolazione nelle zone centrali della città. Un gruppo di famiglie condivide una cargo bike, utilizzandola con un forte incentivo (100 noleggi gratuiti) per le loro esigenze di spostamento in città. I primi dati dicono che ad apprezzare le cargo bike sono soprattutto uomini e donne intorno ai 40 anni, con figli, prevalentemente con un’auto o uno scooter di proprietà, ma che non hanno mai guidato una cargo bike. Quindi, veri e propri sperimentatori alla ricerca di nuove soluzioni di mobilità.
“Le cargo bike appaiono più sicure per portare i bambini e si rivelano anche complementari alle attività di distribuzione last-mile”, osserva Alessandro Tursi, presidente Fiab. “È proprio per questo che l’alleanza con società del settore logistico come FedEx dona slancio alla sostenibilità, alla sicurezza stradale e alla qualità urbana per le consegne last-mile metropolitane”.
GIOVANNI IOZZIANATA DALLA
PASSIONE
LA CARGO BIKE IRENA È IL FRUTTO DELL’INNAMORAMENTO DI RICCARDO TAVERNARI PER LA BICICLETTA E LA MECCANICA DURANTE ORE DI ESPERIMENTI NELLA CICLOFFICINA DELLE OFFICINE CREATIVE DI TORINO. UN'UTILITARIA SOSTENIBILE A PREZZO POLITICO
Il viaggio delle biciclette cargo italiane passa anche da Modena. Così la città dei motori racconta la storia di Irena, la bici utilitaria pensata per chi vuole fare a meno dell’auto. A crearla è stato Riccardo Tavernari che, dopo una serie di montaggi e disegni e un viaggio lungo la costa adriatica, ha portato nell’officina del papà un brand a due ruote: Irena bike. Facciamo qualche passo indietro, perché di questa storia è fondamentale conoscere non come, ma dove nasce l’idea.
“È nato tutto quando vivevo a Torino con la mia ragazza Irene”, racconta a BIKE Tavernari, “ed è a lei che ho dedicato il mio primo prototipo costruito solo per diletto in una ciclofficina popolare. Noi due ci siamo sempre mossi in sella a una city bike, anche per fare la spesa, e non so quante volte si sia rotto il portapacchi”. Il racconto degli anni trascorsi a imparare come mettere insieme bulloni, perni, cuscinetti e trasmissioni è un fiume in piena, ma la voce è calma, anche se un filo emozionata, segno evidente che la sua è una di quelle imprese che ti cambiano la vita.
“Tenevo aperta la ciclofficina delle Officine Creative Torino dodici ore a settimana, in cambio potevo usarla per fare i miei esperimenti”, ricorda l’inventore di Irena. “Mi sono appassionato alla meccanica. Lì ho costruito la mia prima bicicletta. Era il 2016. Ho saldato e montato il telaio metallico con pezzi di bici usate, mentre il cassone l’ho progettato e realizzato grazie ai falegnami presenti in quello spazio condiviso”. Gli studi in comunica-
zione visiva, la coscienza ambientale e la spinta della sua ragazza hanno fatto il resto. Di sicuro è servita anche la manutenzione fatta per un certo periodo alle bici dei tour operator.
Tavernari è molto fiero del lavoro fatto perché gli ha permesso di riassumere in un solo modello tutto quello che ha imparato. “Ho lanciato il cuore oltre l’ostacolo, ho fatto i disegni al computer e ho cercato chi poteva saldare il tubo”, prosegue parlando dell’inizio dell’avventura. “Nel 2019 ho lanciato i primi venti telai a 990 euro insieme ai ragazzi di Dynamo Bologna che hanno curato la comunicazione. Ne sono seguite altre decine, ho ottimizzato lavorazioni e forniture. E il prezzo finale oggi è molto competitivo, perché fin dalla sua nascita questo progetto è un atto politico: offrire una cargobike dal prezzo accessibile, per diffondere il trasporto in bici in ambito urbano”.
Secondo Tavernari, il valore di una bici cargo risiede nel fatto che aumenta ancora di più il potenziale di una bicicletta e unisce la sua economicità alla capacità di trasporto di una automobile utilitaria. “Posso fare la spesa, portare in giro i cani o accompagnare a scuola i bambini”, osserva, “ha un grande potenziale di utilizzo in tutte le sue forme, anche per metterci dentro una bici pieghevole per andare a prendere gli amici in stazione. È leggera e agile, ha il passo corto nella versione normale ed è facile da guidare. L’unico modo per capirla è provarla, non solo la mia, ma in generale tutte le cargo”.
/Riccardo Tavernari di Irena Bike/SPAZI COMUNI PER INCONTRI VERI
NEL CO-HOUSING DI BOLOGNA PORTO 15 LA SORPRESA DI UNA CICLOFFICINA CONDIVISA: TRA INTERVENTI DI MANUTENZIONE, LIBRI DA SFOGLIARE E QUALCHE FILM DA VEDERE IN COMPAGNIA, NASCONO AMICIZIE E SI CREANO OCCASIONI PER CONOSCERE I VICINI
La condivisione ha forme – e benefici – infiniti. Al numero 15 di via Porto, centro di Bologna, quattro anni fa è nata l’idea di una ciclofficina condominiale. Porto 15 – questo il nome dello stabile – è il primo co-housing italiano di proprietà interamente pubblica e dedicato all’autonomia abitativa giovanile. Quando è nato, la richiesta da parte del Comune per il profilo dei futuri co-abitanti era di avere meno di 35 anni. Oggi ci vivono trentanove persone: diciotto nuclei familiari con quaranta biciclette. Praticamente tutti si muovono su due ruote.
Il co-housing (co-abitare) prevede l’esistenza di spazi comuni. All’interno di Porto 15 ci sono la sala cinema, che ha uno spazio giochi per bambini, e la stanza dedicata alle assemblee (due volte al mese), che comprende Biblionoi, biblioteca dedicata alla letteratura per infanzia e adolescenza su tematiche di genere e migrazioni, realizzata dal centro antiviolenza MondoDonna. L’affaccio secondario del palazzo dà su un cortile di comunità’, spazio sottratto alle automobili e restituito alle persone (e alle bici) con piante, tavoli e panche. Il piano interrato ospita la lavanderia condivisa e diversi laboratori. Qui c’è anche la ciclofficina, che ha preso il posto di alcune cantine.
L’area è abbastanza grande e ben organizzata: da una parte il parcheggio per le bici, tra sportive sospese sui ganci e, a terra, quelle che si usano durante la settimana; dall’altra il banco con gli attrezzi, una carrellata di chiavi inglesi, il centra-ruote e la saldatrice. In più il divanetto per rilassarsi e chiacchierare durante le pause,
lo stereo per ascoltare musica, qualche rivista, la bacheca dei volantini per essere sempre informati sugli eventi di bici in città, la mappa delle ciclabili di Bologna e qualche libro su vite di ciclisti e percorsi. Attrezzi, saperi e socialità. Tutto è a disposizione.
“Il fatto che la ciclofficina sia condominiale non vuol dire che non abbia anche una sua dimensione di prossimità”, spiega Federico Palmas, uno dei co-abitanti di Porto 15. “Abbiamo aiutato amici che non vivono qui e ci è capitato di sistemare anche qualche ruota a persone che passavano di qua”. E aggiunge: “Nella mia cantina, come singolo, difficilmente avrei potuto organizzare qualcosa di simile. So che posso contare su uno spazio grande, attrezzato e comodo solo perché lo condivido con tante altre persone. Anche il parcheggio. In occasione della nostra ultima festa di compleanno, poi, abbiamo sperimentato il ‘ciclofficinema’, attrezzando l’officina per la proiezione di un film, Bikes vs Cars”.
Ma il valore più grande degli spazi condivisi è che possono diventare luogo d’incontro e Federico questo lo spiega molto bene: “Mentre stai rattoppando la gomma arrivano Marianna o Piero a par cheggiare la bici di ritorno dal lavoro o a prenderla per andare a fare l’aperitivo, da questi incontri nascono idee e si consolidano amicizie. Diventa un posto di integrazione e contaminazione con i tuoi vicini di casa: io ho imparato da Massimo ad apprezzare la bici da corsa, e lui da me ad amare la mountain bike. Perché alla fine non condividiamo solo spazi, ma un progetto di vita”.
Foto di Juanmi Cuestajuanmicuesta.com/CON LE PREVISIONI DI VENDITA IN FORTE CRESCITA,
DAL FENOMENO E-BIKE,
SOSTENERE
SEDI E
CICLISMO
Gli investimenti corrono su due ruote. E sono i numeri a confermarlo. Se infatti nel 2020 la domanda di bici in Italia è cresciuta del 17%, superando la soglia dei 2 milioni di pezzi venduti (il dato più alto dagli anni '90), per il biennio 20212022, secondo quanto evdienziato dall’Osservatorio di Banca Ifis, il 40% dei commercianti e noleggiatori prevede un ulteriore incremento. E questo grazie, soprattutto, all’e-bike che, entro il 2030, potrebbe rappresentare la metà del mercato europeo. Balzando da 5 a 17 milioni di pezzi venduti. Non è quindi un caso che siano sempre di più gli investimenti effettuati anche dalle aziende attive nel settore delle biciclette. Da Endu a Vittoria, la corsa agli investimenti è iniziata. Il Fondo Rilancio Startup – che ha un budget di 200 milioni di euro –, gestito da Cdp Venture Capital Sgr, per esempio, ha deciso di investire un milione di euro in Endu, la più grande digital company nel mondo dello sport endurance che include anche Pedalitaly, progetto dedicato al ciclismo virtuale per portare le bellezze dell'Italia fuori dai confini nazionali.
Brn, invece, ha deciso investire oltre 15 milioni di euro nella città di Forlimpopoli e, più precisamente, nell’area dello storico zuccherificio Sfir.
Per dar vita alla nuova sede operativa da 15.500
metri quadrati d’estensione fra area logistica e direzionale, in cui l’azienda specializzata nella distribuzione di componenti e accessori per la bici (con 2.500 punti vendita in Italia e altri 500 in Europa) trasferirà magazzino, uffici e forza lavoro. La nuova sede, come vi abbiamo raccontato sul precedente volume di BIKE, sarà una delle strutture che caratterizzeranno il Brn Village, all’interno del quale troveranno spazio anche un centro didattico per l’educazione stradale, due pump track, un bike café e una ‘Piazza del Ciclista’. In sintesi, un grande parco-villaggio dedicato alla bici e agli stili di vita salutari.
Wise Equity, che a luglio 2020 ha acquisito il 100% di Vittoria, nel 2021 ha messo a segno due importanti investimenti. Il primo da 10 milioni di euro per realizzare un centro di innovazione e ricerca, con tanto di bike park, nella storica sede a Brembate (Bg). Il secondo acquisendo l’intera proprietà dell’olandese A. Dugast, con esperienza consolidata nel mercato e nella produzione di pneumatici alto di gamma e tubolari in cotone e seta.
Anche i campioni si muovono: il quattro volte vincitore del Tour de France più un Giro d'Italia e due Vuelta a Espana, Chris Froome, ha investito in Factor Bikes entrando in cda.
VITTORIA, LE AZIENDE
NUOVI
/©Foto Courtesy Factorbikes.com/ /Anche Chris Froome investe puntando su Factor Bikes/SANTINI
TRA VERDE
Sorgerà in via Zanica 14 a Bergamo il nuovo quartier generale di Santini Cycling Wear, che si sposta da Lallio in città, negli ex stabilimenti Perofil che saranno rinnovati. Direzione e produzione si integreranno in un polmone verde che ospiterà anche museo e negozio, dove poter fare esperienza a 360° del brand di abbigliamento tecnico per ciclismo fondato nel 1965 dal cavalier Pietro Santini (nella foto insieme alle figlie Monica, al centro, e Paola) e che, da quest’anno, fornirà la maglia gialla al Tour de France. Maglia che, come
E GIALLO BIANCHI: RITORNO AL FUTURO
gli innumerevoli capi per professionisti e amatori, sarà confezionata sotto la calda luce neutra delle vetrate che permetteranno un’esposizione naturale dall’alba al tramonto. In un connubio di artigianalità e tecnologia, tradizione e innovazione, che le sorelle Santini, Monica (ad) e Paola (responsabile marketing), oggi alla guida dell'azienda di famiglia sono pronte a proiettare nel futuro. Sempre con forte legame al territorio e grande apertura al mondo come testimoniano l'80% di fornitori locali e l'85% di export.
Bianchi riporta nel Paese di origine competenze tecniche e produttive che negli ultimi decenni si erano spostate fuori dall’Europa. Lo fa con un investimento da più di 40 milioni di euro per una nuova sede, sempre a Treviglio, nell'area che ospita l'attuale quartier generale, che sarà completamente rigenerato, senza ulteriore consumo di suolo né impatto ambientale. Dei 30mila metri quadrati dell’area, ben 17mila saranno destinati alla produzione. L’obiettivo, infatti, a pieno regime,
è raggiungere le mille unità prodotte per turno. La produzione di telai in carbonio nel nuovo stabilimento avrà il via nel 2023. I benefici ricadranno anche sul territorio, a partire dall’aspetto occupazionale poiché si prevede l'impiego di oltre 250 dipendenti fra impiegati, risorse tecniche e produttive. E ci sarà anche il nuovo museo Bianchi, rivolto a turisti e appassionati. Un’opportunità importante per Treviglio e il suo territorio.
NUOVA SEDE ‘GREEN’ PER CONTINUARE A INNOVARE NELL'ANNO DELLA CONQUISTA DEL TOUR ALIL PROGETTO DI RIQUALIFICA DEL QUARTIER GENERALE A TREVIGLIO. OBIETTIVO MILLE BICI A TURNOdi ANDREA RONCHI
AL SICURO CON IL BOMBER
LA SOCIETÀ DEL GOLEADOR BIANCOCELESTE CIRO IMMOBILE HA DECISO DI FINANZIARE TRACKTING, LA STARTUP DELL’ANTIFURTO SMART CON IL GPS PER E-BIKE
L’antifurto con il Gps di Trackting ha catturato l’attenzione di Ciro Immobile, cannoniere sul campo e bomber negli investimenti, con un occhio di riguardo per la smart mobilty. Il capitano della Lazio e vincitore degli Europei con la Nazionale, è da qualche anno attentissimo alle novità del mercato, non quello estivo del calcio, ma quello di riferimento per le startup. Forte anche del rinnovo con il club che lo porterà a indossare il biancoceleste, a 4 milioni di euro a stagione più bonus, fino al 2026, quando avrà 36 anni. Immobile ha deciso da qualche tempo di tuffarsi sul mercato delle startup con le sue due società: la 9Invest e la 17Invest, di cui è azionista all’80% insieme al fratello Luigi e al consulente Simone Ricciardelli, che ha il restante 20%. Al momento in portafoglio ha una ventina di imprese emergenti: si va da Number House che gestisce lo short renting delle sue proprietà immobiliari a 2hire che connette veicoli, di qualunque tipo, per la mobilità condivisa. E ci sono anche il food delivery e il digitale, tanto per non farsi mancare nulla. L’ultima arrivata è Trackting, azienda Iot specializzata in antifurti smart con il Gps che ha spinto l’acceleratore sui prodotti legati alla bike economy e alla green mobility, due mercati in grande espansione. “È stata una bella sorpresa avere Ciro Immobile come investitore”, commenta a BIKE Claudio Carnevali, ceo di Trackting, “e sapere che condivide la nostra visione legata a innovazione e sostenibilità”. Dopo Evo, l'antifurto Gps per e-bike, la novità del 2021 è stata lanciata a Eicma (l’Esposizione internazionale ciclo motociclo e accessori) di Rho Fiera, lo scorso novembre. Si tratta di Evo Fleet.
“Abbiamo pensato a chi ha un’attività di noleggio e-bike o scooter elettrici”, spiega Carnevali. Evo Fleet è l’unica piattaforma cloud per la gestione di flotte senza canone di abbonamento ma con una formula a consumo: il noleggiatore paga solo nel momento in cui le sue e-bike vengono utilizzate, trasformando quindi un costo fisso in un costo variabile. L’antenna gps ad altissima precisione e la e-sim consentono inoltre la copertura su 49 Paesi europei.
/Claudio Carnevali, ceo di Trackting/Ancora prima del suo lancio ufficiale, Fleet aveva già sventato un furto in Valtellina la scorsa estate. È successo in un negozio di noleggio e-bike di Talamona, a Sondrio, dove nella notte in meno di sessanta secondi una banda di ladri esperti aveva fatto sparire quattro e-mtb in esposizione, per un valore totale di 20mila euro; grazie al monitoraggio in tempo reale di Fleet le bici sono state rintracciate all’istante e recuperate dalle Forze dell’Ordine. Il tutto in meno di 24 ore.
“Il 2021 è stato un anno importante per l'azienda”, prosegue Carnevali, “che per la prima volta ha aperto il capitale agli investitori, attraverso un’operazione di equity crowdfunding su Mamacrowd. com (la principale piattaforma italiana votata a questo scopo), dove abbiamo fatto convergere sia investitori privati sia professionali e, fra questi, abbiamo avuto il piacere di accogliere Immobile”.
Trackting conta di raggiungere l’obiettivo massimo di 500mila euro di fondi raccolti per poter così accelerare ulteriormente la crescita e raggiungere entro tre anni un fatturato di 5 milioni di euro.
“Ad aprile abbiamo lanciato il nuovo Smart Alarm V.2, versione aggiornata del nostro prodotto bestseller, migliorato nel design e nell’esperienza d’uso. Questo ci ha consentito di posizionarlo come prodotto ormai maturo e di consolidare il nostro brand come marchio di riferimento nel settore.
Una crescita, di prodotto e d’immagine, che ci ha fatto raddoppiare il fatturato del quarto trimestre 2021 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.
L’ad guarda già avanti: "Per il nostro nuovo device per e-bike e veicoli elettrici, Evo, abbiamo raccolto molto interesse da parte di alcuni importanti produttori con l’intento di integrare la tecnologia nelle loro bici. Il nuovo anno ci vedrà quindi scalare il business legato alla micromobilità elettrica, diventando partner strategici per quelle aziende che stanno comprendendo l’enorme importanza delle tecnologie Iot per le due ruote e intendono affidarne l’implementazione a chi ha un alto livello di know-how per realizzarla”.
CON EVO FLEET
NOLEGGIATORI
BICICLETTE
L’E-MTB
SARTORIALE SOGNA IN GRANDE
AUDAX È L’ELETTRICA DI SCAGLIONI BIKES NATA IN GARAGE ED È PRONTA PER STUPIRE. IL FONDATORE HA PASSIONE DA ARTIGIANO E COMPETENZE INDUSTRIALI DI SPESSORE UNITE AD ASPETTATIVE DA PIONIERE DELLA NUOVA MOBILITÀ
Il panorama delle mountain bike elettriche è prismatico. Esistono e-mountain bike super performanti, ce ne sono di molto belle e anche di customizzate. Ma nel mare magnum delle possibilità offerte dal mercato, l’e-bike lover deve davvero scegliere escludendo una o più di queste caratteristiche? Ci ha riflettuto parecchio Roberto Scaglioni, fondatore e designer di Scaglioni Bikes, un progetto Made in Pavia. “Una e-mtb piace se è bella, pulita nelle linee e precisa”, spiega Scaglioni a BIKE illustrando la sua filosofia. “Io, quando posso scegliere, per esempio, finisco sempre per interessarmi al design di un oggetto”.
L’esigenza di prestare la medesima attenzione alla parte creativa e a quella rigorosamente meccanica, ha permesso a Scaglioni di immaginare Audax, una mountain bike elettrica tailor made sviluppata, da ‘garagista’, nel 2018, ma facendo affidamento su di una solida conoscenza industriale e una fine capacità di progettazione con mezzi evoluti (come il modellatore 3D e la potenza dei calcoli strutturali), frutto maturo di studi da perito meccanico, che si sono legati a doppio filo alla propensione per lo sport e la musica: intuito, conoscenza della materia e spinta creativa all’unisono.
“Ho sempre lavorato in aziende multinazionali in ambito meccatronico disegnando un po’ di tutto”, prosegue Scaglioni. Poi l’Audax ha preso vita quasi come fosse l’evoluzione naturale di questo percorso. Dal punto di vista degli stilemi, si guarda al mondo del telaio a traliccio, concetto di derivazione motociclistica applicato alla bici. Oggi è proposta agli investitori sia come bicicletta custom sia come bicicletta potenzialmente producibile in serie, partendo dal telaio base. Un progetto ambizioso, insomma, ma la strada per proiettarsi
nel futuro e riuscire a prendere il volo è trovare clienti che osino e che siano pronti a dare fiducia. Scaglioni ha ideato da sé tutte le attrezzature grazie alle quali, in sole due settimane, può consegnare un’Audax. Partendo da un file 3D e un cad parametrico, se lo si desidera, si può personalizzare anche il telaio, mantenendo inalterate le tempistiche di consegna. Dalla mountain bike con pedalata assistita, fino al trail, passando per l’enduro e il down hill: Audax come audace, coraggiosa, camaleontica. A livello di performance è superiore alla media di mercato, con cinque livelli di assistenza, e una componente ludica capace di stimolare emozioni e immaginazione di chi sa apprezzare un mezzo poliedrico.
Dal modello base, che ha quasi la stessa comples sità di una moto, si possono ricavare city e-bike, e con lo stesso telaio si potrebbe quasi arrivare a concepire una declinazione delle fun bike, 4 o 5mila watt, quasi fosse una moto elettrica. E c’è di più: “Ho creato una nuova versione di Audax con ruote da 26 pollici e telaio ridotto; è dedicata alle donne”. La forza immaginifica di Scaglioni, però, è già proiettata anche verso nuove forme di mobilità elettrica, per esempio con l’idea di motorizzare canoe e pedalò.
Inizialmente le componenti di tutte le Audax erano completamente Made in Italy, poi Roberto è stato costretto a comprare all’estero per mantenere costante il livello di qualità. I tubi, invece, sono fatti ancora Bologna, e le finiture, tra cui la verniciatura a liquido su alluminio, interamente a Pavia. “Nel futuro della mia attività vedo la possibilità di sviluppare un modello nuovo all’anno, industrializzando la filiera, mantenendo, però, l’indole di customizzazione come base sicura e cuore caldo del progetto”, conclude il fondatore. Nella cui mente, pratica e creativa, fantasia e senso del risultato permettono di aprire nuove finestre di riflessione sul mondo dell’elettrico.
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WAMII È L’APPLICAZIONE CHE MIRA A SODDISFARE LE RICHIESTE DEGLI APPASSIONATI IN CERCA DI INFORMAZIONI PRECISE ED ESSENZIALI, PERCHÉ VOGLIONO ESSERE LASCIATI LIBERI DI PEDALARE. A GARANTIRE GLI AGGIORNAMENTI UN TEAM CHE RENDE NOTO ALL’UTENTE PERSINO DOVE SI TROVA LA FONTANA PIÙ VICINA
Vivere il ciclismo a 360 gradi. Questo è l’obiettivo di Wamii, l'app lanciata da poco più di un anno da Manuel Vecchiato, Mirco Padovan ed Enrico Benedos. Ricca di contenuti (dai tracciati alle foto, dalle indicazioni alle altimetrie), questa piattaforma offre tutto il supporto necessario per essere accompagnati nelle proprie pedalate, anche su strade e territori mai esplorati prima. Come una sorta di guida cicloturistica, a portata di mano nello smartphone e disponibile in qualsiasi momento dell'anno: “Per muoversi in totale autonomia, senza rinunciare però alla sicurezza”, spiegano i creatori.
Non è un caso che sia stata ideata proprio durante il primo lockdown: “Questa situazione ci ha per messo di riscoprire l’importanza del vivere all’aria aperta e di apprezzare le bellezze del territorio a noi vicine”, raccontano. Come ha dimostrato la crescita esponenziale di appassionati, lo slow-travel in bici è stato il faro di ripartenza del 2021. E quest'anno ha portato anche per Wamii numeri significativi: oltre mille sono stati i download e un migliaio di utenti si sono iscritti alle notifiche: “Abbiamo ricevuto parecchi feedback positivi”. “Questo ci fa piacere perché fa capire che l'app viene utilizzata e apprezzata”. Ma il bilancio del 2021 è positivo anche dal punto di vista del rapporto
con Comuni, enti e strutture: “La risposta è stata molto buona: finalmente siamo riusciti a creare delle reti, unendo più Comuni in diverse regioni ed estendendo itinerari e servizi ad aree più vaste”.
Wamii, infatti, è totalmente gratuita per gli utenti (sia iOS che Android), mentre per istituzioni e strutture prevede dei pacchetti su misura: “Ogni ente che sceglie di collaborare con noi può accedere nell'app ad un'area, criptata da un codice QR, completamente dedicata. Inoltre ci affianchiamo anche nella comunicazione dei servizi: dalla cura dei canali social all'aggiornamento del sito web, fino all'esposizione di cartellonistica nel territorio”.
Al contrario, troppo spesso i servizi a disposizione degli appassionati non soddisfano le aspettative: “Molte volte le guide cicloturistiche rischiano di privare il ciclista dell’autonomia necessaria per apprezzare una pedalata, mentre i numerosi software di condivisione di percorsi possono essere imprecisi o troppo complessi. Nel caso di Wamii, invece, tutti i contenuti sono studiati e redatti dal nostro staff”. All'insegna della qualità e accessibilità dei percorsi: “Così garantiamo la precisione di tutte le informazioni a corredo come file Gps, altimetrie, descrizioni, documenti informativi, video e gallerie fotografiche”.
Fino a dettagli che, per un ciclista, non sono affatto trascurabili, come la localizzazione della fontana più vicina. E se guardiamo al futuro, quali saranno i prossimi passi? “L'obiettivo principale è coinvolgere direttamente Province e grandi Comuni per allargare
la rete. Inoltre puntiamo a lanciare aggiornamenti mensili e stiamo lavorando per ampliare i servizi, offrendo anche un nostro noleggio bici. Poi abbiamo già in cantiere qualche percorso all'estero, come in Austria e in Slovenia. Insomma, ci sarà da pedalare”.
“Ma lo sai che per acquistare un viaggio in bici servono mediamente fino a 10 mail?”. Riccardo Sedola non ha dubbi: se solo il 5% delle persone che fanno cicloturismo si rivolge a un tour operator è perché la relazione è ancora troppo analogica, complicata e dispersiva. Ecco perché ha deciso di creare una piattaforma, digitale, dove chi ama viaggiare in bici trova facilmente tutto quello che serve: è il lavoro di Cyclando, la startup fondata con Alessio Piccioli nel settembre 2019 e appena uscita da un percorso di accelerazione in Luiss Enlabs.
Sedola, 44 anni, da una quindicina nel mondo del cicloturismo, ha cominciato come guida turistica, ha fatto lo scout di nuovi percorsi e come libero professionista ha lavorato in tutta Europa. “La bicicletta è il mezzo migliore per scoprire un territorio, quando cominci non smetti più”, dice da ciclista praticante: “vengo dalla mountain bike, sono poi passato alla corsa e adesso mi sono dato alla gravel”. Ma la bici è un mezzo ancora poco sfruttato. “Booking dice che il 61% dei viaggiatori cerca soluzioni più sostenibili ma il 49% non ne trova abbastanza”. Eppure il mercato europeo del cicloturismo in Europa vale 44 miliardi di euro l’anno, più delle crociere (che non arrivano a 40).
È questo lo scenario in cui intende correre Cyclando. “Non ci sono piattaforme per noi ciclisti. Scegliere, programmare e acquistare una vacanza è difficile. Si fa fatica a trovare proposte di viaggio”, racconta Sedola, che è ceo della nuova impresa. “Gli operatori specializzati sono piccoli,
spesso locali, poco digitalizzati. Poi non è chiaro chi è l’organizzatore e chi l’intermediario. Cyclando è nata per rendere più semplice la vita a chi vuole fare cicloturismo in Europa”. Certo partire poco prima dello scoppio della pandemia non ha aiutato. “Ma abbiamo retto il colpo, siamo ancora in piedi e siamo pure cresciuti tantissimo, nonostante i lockdown”, dice con orgoglio Sedola. “Nel 2021 abbiamo venduto viaggi quattro volte il 2020, arrivando a quasi 250mila euro di fatturato. Abbiamo accordi con 150 tour operator in Europa. E adesso siamo in fund raising: l’obiettivo è raccogliere 300mila euro per finanziare il piano di sviluppo”.
Cyclando è più di un comparatore, perché permette di arrivare all’acquisto del viaggio in bici scegliendo fra oltre 800 pacchetti. “Abbiamo cominciato intercettando le proposte dei tour operator, scomponendole in modo che fossero confrontabili, e adesso siamo anche noi un tour operator che opera attraverso una piattaforma di e-commerce con una commissione media del 14%. L’obiettivo 2022 è integrare i servizi di prenotazione di hotel, guide e bici e offrire ai nostri clienti non solo i pacchetti di viaggio ma anche la possibilità di acquistare singoli servizi per poi costruirsi la propria vacanza su misura”. Cosa consiglia l’esperto Sedola? “A chi ama l’avventura consiglierei l’Islanda. Per chi è alle prime armi la Loira. Per chi vuole vedere un mondo fatto di biciclette l’Olanda o il Belgio. Se si vuole pedalare d’inverno, le Canarie sono fantastiche”.
IN FUGA CON
NICOLAS
Più che a scendere dai pedali, sembra che Nicolas Roche stia per apprestari a rilanciare l’andatura. A sentirlo parlare, dopo l’addio alle competizioni, si moltiplicano idee e progetti, spaziando dalla tv ai monopattini. “Pensavo di proseguire fino a Parigi 2024, ma al ritorno da Tokyo, dopo le Olimpiadi, ho capito che era arrivato il momento di smettere”, racconta a BIKE, in un’intervista che potete rivedere su Bikechannel.it. Così il 3 ottobre 2021, dopo 17 stagioni da professionista, al termine del campionato irlandese – che in carriera ha conquistato quattro volte, due in linea e due a cronometro –, di fronte a famiglia e amici di sempre, il figlio di Stephen Roche (vincitore di Giro, Tour e mondiale nel 1987), ha appeso la bici
al chiodo per dedicarsi ad altro. Dodici vittorie in carriera, tra cui due tappe alla Vuelta, altrettante volte chiusa in top 10, Nicolas è salito in sella per la prima volta dopo lo stiramento di un crociato, lui che da giovane praticava corsa, calcio e rugby. Con la palla ovale non era male, ma è nel ciclismo che ha trovato più stimoli e motivazioni. Cofidis, Crédit Agricole, Ag2r, Saxo Bank, Tinkoff, Sky, Bmc, Sunweb e infine Team Dsm le squadre per cui ha corso, spesso da ‘direttore sportivo in gruppo’, pilotando capitani e insegnando ai giovani la via per riuscire in questo mestiere. Che tanto ti dà e tanto ti toglie, una fiamma che scalda e talvolta consuma.
IL QUATTRO VOLTE CAMPIONE NAZIONALE, FIGLIO DEL GRANDE STEPHEN ROCHE, HA APPESO LA BICI AL CHIODO, MA NON SI È FERMATO. TRA TELEVISIONE, MONOPATTINI, DUE NEGOZI E TANTI PROGETTI, L'IRLANDESE È SCATTATO VERSO NUOVI TRAGUARDI
Le prove non sono mancate, in sella e nella vita. Il fatto di essere un figlio d’arte ha influito “tantissimo, sia in modo positivo sia negativo. In molti pensavano che grazie a mio papà avevo i materiali migliori, ma in realtà è stato proprio lui ad insegnarmi che avrei dovuto meritarmi tutto della bicicletta”. E se “quando sono passato professionista, a vent’anni, le aspettative erano alte e c’era una forte pressione, sempre grazie a papà avevo anche molti fan che, dopo di lui, hanno seguito me”. Forse con l’esplosività della gioventù avrebbe potuto puntare più sulle corse di un giorno che non sui grandi giri, dove, ammette, “ho perso tante possibilità per cercare di fare classifica, ma ho vissuto momenti bellissimi”. Quando nel 2015, da compagno di squadra della maglia gialla Chris Froome, “ho tagliato insieme a lui il traguardo dei Campi Elisi è stata un’esperienza grandiosa”. La squadra alla quale è più legato è l’Ag2r, “i primi a schierarmi capitano e che mi hanno aiutato a crescere, li ringrazierò sempre”. Quella con cui si è divertito di più, invece, “la Saxo Bank con Matteo Tosatto, Daniele Bennati e Roman Kreuziger: eravamo molto legati, ci allenavamo insieme e fanno tutt’ora parte della mia vita”. Durante l’ultima Vuelta, Roche ha collaborato con Eurosport. “Me la sono proprio goduta”,
ammette: “Al mattino uscivo in bici e al pomeriggio andavo in trasmissione. Lì ho ritrovato una sensazione bella che mi mancava da qualche mese”. Il ciclismo gli ha insegnato “a non mollare mai e rialzarsi sempre”, confida, “tutte cose che spero mi serviranno adesso, nella vita vera, che è più dura di una corsa in bicicletta”. I progetti non mancano. Oltre alla televisione, è coinvolto nel progetto di una federazione mondiale di corse su monopattini elettrici (eSkootr Championship), che, ai mezzi che in pista raggiungono i 120 km/h, affianca l’impegno per la sicurezza stradale. “È un progetto educativo e anche io uso il monopattino a Montecarlo; l’idea mi è subito piaciuta”. Poi c’è il negozio di bici in Irlanda a Cork (Roca Sports) “e in primavera ne apriremo un altro”. La Federazione irlandese, infine, “mi ha chiesto di fare anche il direttore sportivo dalla prossima stagione e credo di seguire soprattutto gli under 23, ma in aggiunta farò anche qualche gara come i Mondiali e gli Europei”. Nel mentre Roche dovrà scegliere anche dove fermarsi. Non sarà Monaco, anche se “in Costa Azzurra mi trovo bene”. Forse Nizza, sebbene il sogno sia la Toscana, “ma non adesso che ho bisogno di un aeroporto nelle vicinanze”. Tornare in Irlanda? “La amo e ci torno spesso, ma non ci po-
Alberto Limatore ha iniziato a praticare biketrial molto tempo fa, quando accompagnava il papà ai raduni di mototrial, imitandolo con un Graziella. Aveva solo otto anni, ha raccontato a BIKE, e in pratica da allora non si è più fermato. Tanto che poi ad accompagnarlo alle gare in giro per l’Europa, Spagna e Francia soprattutto, è stato proprio suo padre. Così è arrivata la prima coppa europea, poi il primo campionato italiano e, nel 1985, quando fu istituita la prima Coppa del Mondo, il primo a vincerla è stato lui. Da quel momento è stato un crescendo di successi, fino alla pausa di cinque anni, in cui ha esplorato a sua volta il mondo del mototrial, per poi tornare al primo amore. La disciplina del biketrial nel frattempo si era evoluta parecchio, anche in Italia.
Quattordici volte campione italiano assoluto, Limatore nel 1999 ha realizzato un suo grande sogno, quello di entrare nel Guinness dei primati con 4.444 gradini scalati in la bicicletta senza mai appoggiare il piede a terra. È successo a Valstagna, frazione di Valbrenta, lungo la Calà del Sasso che porta sull'Altopiano di Asiago. È la scala naturale più lunga al mondo e Limatore, in cinque ore e qunidici minuti, ha risalito, sempre in equilibrio, 4.444 scalini, percorrendo oltre settecento metri di dislivello. Primato imbattuto da ventidue anni. “Sono arrivato in cima con la vista offuscata”, ci ha raccontato ancora oggi emozionato, “avevo i crampi alle gambe e le mani rigide, tanto che hanno dovuto letteralmente staccarmi dalla bici”. Tenacia, umiltà e capacità di concentrazione sono i tratti che colpiscono più di tutti in Limatore, che ci ha spiegato come il biketrial sia una disciplina fatta di equilibrio, innanzitutto fisico ma soprattutto interiore, e dunque di impegno, calma e pazienza: “Solo così si superano fatica e ostacoli per raggiunge l’obiettivo”, spiega.
È una disciplina difficile, ma dopo trentacinque anni continuo a mettermi in gioco e non mi sono ancora stancato”. L’allenamento costante, sottolinea, “è fondamentale, sia che si pratichi biketrial in contesti urbani sia che lo si pratichi immersi nella natura”.
QUATTORDICI VOLTE CAMPIONE ITALIANO
E UNICO ATLETA IN GRADO DI SCALARE OLTRE QUATTROMILA GRADINI MA TROVA ANCHE IL TEMPO PER ALLENARE GIOVANI PROMESSE
A 51 anni Limatore gareggia ancora e si allena almeno tre volte a settimana, per tre ore al giorno, tutti i giorni quando è vicino all’appuntamento. Di Guinness dei primati ne ha collezionati finora nove, ma, rivela a BIKE: “Sto lavorando al decimo record, ma ci vogliono almeno sei mesi di duro e costante allenamento. Quindi diciamo che, se tutto procede al meglio, il prossimo Guinness potrebbe arrivare nel 2022”. Limatore ha voluto scommettere anche sulla formazione dei giovani talenti. Nel 2013 a Verona ha dato vita alla Alberto Limatore Academy, la prima scuola italiana di biketrial dove insegna, a bambini dai sei anni in su, le tecniche di base e i trucchi del mestiere, con corsi mensili e anche giornate intensive aperte agli appassionati di tutta Italia che vogliono scoprire come affrontare e superare ostacoli quali muri, massi e scalini. Alcuni dei suoi allievi già competono in gare nazionali. Oltre a collaborazioni più tecniche, come quella con Camin per la realizzazione di una bici in carbonio dal telaio superleggero che pesa complessivamente otto kilogrammi, Limatore ha altresì colto il potenziale creativo del connubio tra entertainmet e sport: la stella del biketrial è protagonista, infatti, di veri e propri show che realizza grazie all’attrezzatura necessaria per creare percorsi a ostacoli che, con un van progettato ad hoc per le sue esigenze, porta in giro per l’Italia.
ARALDI DELLA BICI
E DI UNA NUOVA
MOBILITÀ
CON IL RITORNO DI BIKE CHANNEL SU SKY SI ALZA LA VOCE DEL RACCONTO DELLA CULTURA DEL PEDALE E DELLA RIVOLUZIONE SMART NEGLI SPOSTAMENTI. TRA AGONISMO, CICLOSTORICHE E FOCUS VERTICALI SULL’ECONOMIA DEL CICLO
Il ritorno di Bike Channel su Sky è come “il Natale del ciclismo”. Con queste parole il direttore editoriale di BIKE, Marino Bartoletti, ha salutato l'accensione del canale 222 di Sky, l'unico per veri appassionati delle due ruote dedicato al mondo della bici 24 ore su 24. Un ritorno atteso da anni, ma Bike Channel è tutto nuovo, “con attenzione alla ciclabilità in ogni sua declinazione”, dal cicloturismo all'agonismo passando per la rivoluzione smart della mobilità urbana. La conferma viene dal rinnovato palinsesto, che integra nuovi format e perle dalle teche del
passato, di settimana in settimana predisposto da Valerio Gallorini, direttore del canale tv, oltre che responsabile dei progetti multimediali di BFC Media. BFC Media è l'editore di BIKE, un progetto che, oltre al canale tv (in onda oltre che sul 222 di Sky, anche sul 259 Dtt in HbbTV e 60 Dtt tasto rosso) comprende il magazine che avete tra le mani (BIKE Smart Mobility) e il quotidiano online Bikechannel.it. Ed è proprio sul sito che potete rivedere tutti i nuovi format BIKE. Eccone alcuni con una carrellata di volti e protagonisti dalle puntate finora andate in onda.
BIKE Magazine è il format in cui vipresentiamo i contenuti del nuovo numero di BIKE in edicola. In studio Luca Gregorio (a sinistra) e Matteo Rigamonti, (a destra) nella foto insieme al direttore editoriale Marino Bartoletti
LIMABIKE Focus è un format aperto, una lente d'ingrandimento su bici e dintorni. Nella prima stagione spazio agli speciali, come quelli dedicati al Puglia Bike Forum e al Rimini Bike Festival, due eventi di cui BIKE è stata media partner. Nelle foto, dall'alto, Claudio Chiappucci e Mario Cipollini tra gli stand di Rimini e Ludovica Casellati, ideatrice dell'evento pugliese dedicato agli investimenti nel cicloturismo regionale.
Da un'idea di Marino Bartoletti è nata Ciclomercato, la trasmissione con i retroscena del ciclomercato raccontati dai protagonisti delle corse su strada. Qui il procuratore sportivo Claudio Pasqualin (a sinistra) in compagnia di Luca Gregorio e Riccardo Magrini Spazio dedicato ai risultati delle più importanti corse in calendario, Scatto e controscatto, vede alternarsi in studio Luca Gregorio e Francesca Cazzaniga con (al centro) Pier Augusto Stagi, direttore di Tuttobiciweb. BIKEnews è il tg della bicicletta e della smart mobility, in onda tutti i giorni dal lunedì al venerdì. Non che abbiano bisogno di presentazione, ma Luca Gregorio e Riccardo Magrini sono la coppia d’assi che fa le telecronache del grande cilcismo su Eurosport. Con Il Salotto di Greg&Magro offrono a Bike Channel uno spazio dove appassionati di ciclismo che non provengono dal mondo del pedale possono raccontare in libertà la loro passione per la bici. Nella foto ospite in collegamento Ilaria Cappelluti, speaker e autrice.CIAK
SI PEDALA
ECCO UN 'RIPASSO' DEI FILM CHE NON SI DEVONO PERDERE GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE: UN VIAGGIO IN SELLA DA LADRI DI BICICLETTE AL PIÙ RECENTE FILM SU PANTANI DA COMPIERE STANDO COMODAMENTE SEDUTI IN POLTRONA
LADRI DI BICICLETTE. Il capolavoro di Vittorio De Sica del 1948 è il simbolo del Neorealismo italiano, nonchè della bicicletta stessa nella storia del cinema.BREAKING AWAY
La Masi Gran Criterium rossa, meglio conosciuta per essere la bici che Dave Stoller usa per vincere l’annuale gara Little 500 in Breaking away (All american boys di Peter Yates, 1979), è entrata nell’immaginario collettivo di appassionati e collezionisti.
IL RAGAZZO CON LA BICICLETTA
Le Gamin au vélo di Jean-Pierre e Luc Dardenne (2011)
è la fotografia di un’infanzia dibattuta e di una bici che serve al protagonista per affrontare un percorso di formazione e riconquista dei valori della convivenza civile.
LE BICICLETTE DI PECHINO
Il giovane Guei dalla campagna trova lavoro nella capitale come fattorino. Per fare le consegne gli affidano una mountain bike argentata, che potrà riscattare nel tempo. Quando, dopo settimane di duro lavoro, gli viene rubata, comincia un disperato girovagare, finché il suo migliore amico la riconosce montata da Jian, che sostiene di averla acquistata di seconda mano.
E.T.
Nel 1982 veniva proiettata per la prima volta la pellicola con protagonista il tenero alieno di Spielberg.
La commovente inquadratura della luna attraversata da Elliott in bicicletta con E.T. nel cestino passerà alla storia.
SENZA FRENI Joseph Gordon-Levitt nell'adrenalinico film diretto da David Koepp nel 2012 interpreta un pony express in bicicletta coinvolto in un inseguimento a causa di un pacco misterioso che gli è stato consegnato.LA BICICLETTA VERDE (2012)
Riyadh. Wadjda ha un sogno: comprare la bicicletta verde che fa capolino dalla vetrina del negozio di giocattoli davanti al quale passa tutti i giorni. Ma alle ragazze è proibito andare in bicicletta e deve escogitare un piano per trovare il denaro necessario a comprarla.
La
DON CAMILLO E PEPPONE
IL MIGLIORE. MARCO PANTANI (2021) Diretto da Paolo Santolini, ripercorre l’avventura umana e sportiva del campione che ha fatto sognare l’Italia.WHITE!
IL COLORE DELL’INVERNO, DELLA NEVE, DELLA PUREZZA. PER CHI SE LA SENTE DI SFIDARE IL FREDDO PEDALANDO. I CONSIGLI PER UN ACQUISTO CHE SCALDA. ANIMA E CORPO
DOLCEVITA MALO
Un capo timeless, creato dalle sapienti mani artigiane della maison fiorentina per essere indossato e vissuto anno dopo anno e tramandato di generazione in generazione. Un prezioso maglione in puro cashmere firmato Malo, depositario di una storia tutta italiana votata all’eccellenza, alla qualità e alla valorizzazione della tradizione manifatturiera. € 535 - malo.it
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Rifinita con bordi a costine, la felpa girocollo Emanuel è realizzata in morbido cotone piacevole al tatto e si contraddistingue per il colorato macro logo K-Way stampato sul davanti
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BIKE LOUIS VUITTON X MAISON TAMBOITE
La più desiderata dai fashion addicted amanti delle due ruote. Frutto di una co-lab tra LV e Tamboite, produttore di biciclette artigianali dal 1912, sono entrambi marchi simbolo dell'eleganza francese e del savoir-faire nella lavorazione della pelle e del legno. Il telaio a forma di LV e la tipica guarnitura a fiore sono incorporati nel design insieme a manubrio, portapacchi e sellino avvolti in pelle decorata monogram.
La bici è dotata di luci a LED, tracker integrato e ammortizzatori posizionati strategicamente sotto il sedile.
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LEGGERE SUI PEDALI
SOLO. VITA IN FUGA DI THOMAS DE GENDT /Mulatero 2021, 272 p., 21 €/
A RUOTA LIBERA. ANTROPOLOGIA SENTIMENTALE DELLA BICICLETTA
/Raffaello Cortina Editore 2021, 218 p., 13,30 €/
A giudicare dal seguito di tifosi alle corse e sui social network, si può ritenere Thomas De Gendt uno dei corridori più popolari del ciclismo dei giorni nostri. Eppure, nonostante abbia sostenitori sparsi in tutto il mondo, De Gendt non rientra nemmeno tra i primi ottanta corridori del gruppo per numero di vittorie: ‘solo’ 25 quelle ottenute in oltre dodici anni di carriera tra i professionisti. Ma nel caso di De Gendt è il modo in cui sono o non sono arrivate a fare la differenza, perché il belga è indubbiamente il ‘re delle fughe’ del ciclismo odierno. Questa volta si lancia in una solitaria fuga a parole, raccontando tutta la sua vita al giornalista belga Jonas Heyerick. E come sempre capita con le sue fughe, è uno spettacolo a cui vale la pena di assistere.
Quello della dettagliata dichiarazione d'amore alla macchina-bicicletta è un genere letterario affermato da tempo, basti pensare a Didier Tronchet o al classico It's all about the bike di Robert Penn (Bloomsbury Publishing 2011). Allo stesso modo, anche le analisi antropologiche e sociologiche scaturite dai pedali non sono materia nuova, sin dai tempi di Ivan Illich e André Gorz. L'antropologo francese Le Breton aggiunge un nuovo capitolo a questa tradizione. Un libro che scorre veloce come una gara, ripercorrendo l'evoluzione della bicicletta dalla sua invenzione al suo impatto sociale attuale, come mezzo di liberazione in città soffocate dal dominio dell'auto.
ALFONSINA E LA STRADA
/Sellerio 2021, 320 p., 17 €/
La vicenda di Alfonsina Strada è ormai parte della cultura sportiva mondiale. La sua vita e la sua lotta contro ogni pregiudizio hanno avuto una forza tale da travalicare tutti i confini sia geografici che ciclistici, come testimoniano decine di libri, documentari, fumetti e mostre. Oggi la storia della donna che nel 1924 disputò il Giro d'Italia con gli uomini, sfidando gli insulti oltre che la fatica della corsa, arriva però nelle mani di Simona Baldelli che, prima che scrittrice di successo, è stata attrice, regista e drammaturga, e ha saputo raccontare Alfonsina descrivendone una traiettoria umana più lunga e ricca di quella sportiva. Una storia che sembra un romanzo, per una vita che sembra un romanzo.
Simona Baldelli David Le Breton Jonas Heyerick NUOVE USCITE* Francesco 'Frank' Lotta è nato a Grottaglie (Ta) il 26 agosto 1978. Trascorre l'adolescenza in Puglia dove collabora come programmatore con Radio Lattemiele Taranto. Studia all'Isef di Urbino, insegna psicomotricità a scuola e, dal 2001 al 2010, lavora come animatore in villaggi sportivi estivi. Nel 2008 crea Radiopodcast, dove trasmette tutte le sere in diretta sul web, e inizia a collaborare con Current Tv Italia e avvia Current Radio, primo progetto italiano in onda sia nel web che in tv con otto ore quotidiane di diretta consecutive. Speaker, regista audio, video e redattore, Frank entra, nel 2010, in Radio Deejay dove realizza e conduce Deejay on the road. Il Cammino di Santiago, affrontato in solitaria a luglio 2013, contribuisce a fargli nascere il desiderio di raccontare chi viaggia solo. Il 13 aprile 2015, ispirato dalla storia di Chris McCandless, parte per l’Alaska e percorre lo Stampede Trail nel Parco Nazionale del Denali. A luglio 2017 percorre in bici più di mille chilometri da Sydney a Brisbane, Australia, e a maggio 2021 parte da Trieste alla volta di Mentone pedalando per 2mila chilometri e 40mila metri di dislivello lungo tutto l’arco alpino sempre in solitaria. A marzo 2018 ha pubblicato Ritorno alle terre selvagge (Sperling & Kupfer). “Ho fatto fatica a scegliere queste venti tracce”, ammette, “c’è tanta bella musica che non sono riuscito a inserire; per esempio, mancano brani di artisti come Matt Corby e Willie Nelson! Pazienza. Ho scommesso sul cambiamento. Spero vi piaccia, buon ascolto!”.
LORENZO JOVANOTTI
DAVID BOWIE FEAT. KRISTEN WIIG (MITTY MIX)
VEDDER
BEN BÖHMER, NILS HOFFMANN & MALOUI
BEN BÖHMER, NILS HOFFMANN & MALOUI
BONOBO FEAT. NICK MURPHY
Il ciclismo ti rende MAGRO
SARÀ UN 2022 FENOMENALE BUON CICLISMO A TUTTI!
Il mondo cambia e anche il ciclismo
Da quando l’Unione ciclistica internazionale, l’organo che dirige il mondo delle corse in bicicletta, ha anticipato l’inizio delle competizioni a gennaio, l’Europa delle sei giorni in pista e del ciclocross non ha più, com’era una volta, l’esclusiva di inaugurare la stagione in inverno. E non ce l’ha più nemmeno l’Australia, con il suo Tour Down Under: in Argentina, infatti, si sta facendo largo la Vuelta San Juan dove, nel 2020, a vincere, è stato il giovanissimo Remco Evenepoel; mentre nel 2021 la corsa è stata annullata per Covid.
Il talentuoso belga in forza alla DeceuninckQuik Step, nella passata stagione, ha vinto otto corse, ma, se escludiamo la Coppa Bernocchi, non certo successi all’altezza del fenomeno che è. Intendiamoci, per un ragazzo della sua età è andato fortissimo, specie considerando il fatto che ha ripreso a correre, dopo un grave incidente, solo a maggio al Giro d’Italia. Alla prova in linea del Campionato europeo ha comunque fatto secondo, alle spalle di un sensazionale Sonny Colbrelli, e ha colto la medaglia di bronzo nella prova a cronometro, ripetendosi al Campionato del Mondo in Belgio con un altro bronzo contro il tempo.
Per un ragazzo di 21 anni una stagione più che positiva, ma da uno come Evenepoel in tanti si aspettano, già quest’anno, risultati di maggior qualità.
Non manca la concorrenza in un ciclismo ricco di talenti e fatto di entusiasmanti scontri a viso aperto, scatti e controscatti e attacchi da lontano, che hanno contribuito a spazzare via quei tatticismi che avevano un po' appiattito le corse negli ultimi anni. Evenepoel ce l’ha addirittura in casa: con lui
corre, infatti, il bicampione del mondo Julian Alaphilippe. Rivedremo poi anche Wout Van Aert, forse il corridore più completo nelle corse di un giorno e nelle brevi corse a tappe: sarà protagonista assoluto, anche nei duelli con lo storico rivale Mathieu Van Der Poel, talento olandese.
Se allarghiamo lo spettro dagli specialisti delle corse di un giorno ai campioni delle corse a tappe, ecco allora il vincitore, appena ventitreenne, di due Tour de France, una Liegi Bastogne Liegi e un Giro di Lombardia, con un palmarès di trenta successi in tre stagioni da professionista.
Sto parlando di Tadej Pogacar, fenomeno sloveno che ci farà divertire, così come il connazionale Pimoz Roglic che, dopo uno sfortunato Tour, ha conquistato per la terza volta consecutiva la Vuelta di Spagna. E come dimenticare il campione olimpico, Richard Carapaz, e il vincitore del Giro Egan Bernal? Ma che periodo stiamo vivendo, ragazzi!
E gli italiani? Meno male ci siamo anche noi. A partire proprio da Colbrelli, il campione europeo nonché vincitore della Parigi Roubaix, che ha finalmente scoperto di cosa è capace: pensate che, tra vittorie (otto) e piazzamenti, è finito nono nella classifica mondiale, primo azzurro. Senza dimenticare i vari Filippo Ganna, Fausto Masnada, Giulio Ciccone, l’eterno Vincenzo Nibali, Damiano Caruso, Alberto Bettiol, Giacomo Nizzolo, Matteo Trentin, Diego Ulissi, Mattia Cattaneo, Elia Viviani, Alessandro Covi, Gianni Moscon, Samuele Battistella. Troppi? Beh, credo che ci faranno divertire tutti. E le sorprese, come sempre, non mancheranno. Buon ciclismo a tutti.
*Ex ciclista, dirigente sportivo e commentatore tv per Eurosport