VIVERE IN MOVIMENTO
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EDITORIALE
PEDALARE PER VIVERE
Mai come oggi sembra irrispettoso, quasi blasfemo, usare a sproposito la parola “guerra”. Ma è anche vero che ci sono stragi bianche verso le quali sembra che non si continui ad andare oltre l’alzata di spalle. A fronte di una cultura delle due ruote che sta finalmente decollando, quasi ai confini del gioco di squadra (le nostre stesse iniziative editoriali a 360 gradi ne sono la prova, ma anche i riuscitissimi Urban Award e Viaggiainbici di Ludovica Casellati, per fare due degli esempi forse più virtuosi e coinvolgenti) e a fronte di un sentire collettivo che dovrebbe andare verso una direzione univoca, monta ancora una incultura del rispetto che continua da sola a riazzerare ogni processo di crescita. L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di ciclisti morti sulle strade: e ha lo stesso terribile ‘primato’ – in questo caso mondiale – rapportato ai chilometri percorsi. Gli ultimi dati utili diffusi dall’Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale (Asaps) sono non solo scoraggianti, ma altamente drammatici, perché parlano ancora di un utente ucciso ogni due giorni: sono dati non lontani da quelli delle morti sul lavoro e superiori a quelli dei femminicidi, per i quali chi ci governa ha cercato perlomeno di promuovere importanti campagne di sensibilizzazione. Le cause sono tante: certamente, in alcuni casi, imputabili anche all’esuberanza dei ciclisti stessi (che sarebbe tranquillamente ‘compensabile’ se, a loro volta, i cosiddetti ‘utenti forti’ si mettessero sempre in condizioni di poter evitare il peggio), ma nell’oltre novanta per cento dei casi la responsabilità è di un utilizzo sconsiderato dei mezzi a quattro ruote, guidati sempre più, non solo con imprudenza ma soprattutto con quella che ormai si definisce convenzionalmente 'distrazione' (che, di fatto, è spesso la drammatica anticamera di un omicidio potenziale). E se è già stato inquietante l’inverno durante il quale, comunque, l’uso delle bici ha subito un rallentamento fisiologico, la preoccupazione è grande per l’arrivo della buona stagione, allorchè il rinnovato entusiasmo verso le due ruote dovrebbe ricrearne un impiego massiccio: inevitabile e corretta risposta, peraltro, alla pesante crisi energetica planetaria. È inutile ripetere che l’aumento del numero di ciclisti non deve trasformarsi in un insensato aumento di vittime della strada; occorre, piuttosto, una sempre più massiccia presa di responsabilità collettiva. E uno studio americano ha sentenziato che il vedere tanti ciclisti assieme contribuisce ad aumentare il senso della percezione della loro importanza: dunque dell’attenzione nei loro confronti. Allora prendiamo tutti la bici, amici di BIKE. E pedaliamo per vivere! MARINO BARTOLETTI
Direttore editoriale
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SOMMARIO
SPRING
EDITORIALE
| ALL'ARIA APERTA |
PEDALARE PER VIVERE di /MARINO BARTOLETTI/
L’AVVENTURA DI VIVERE
5
di / MARINO BARTOLETTI /
48
| COME GIRA LA RUOTA |
PASSIONE TRAIL di / ANDREA GUERRA /
SMART LEADERSHIP
52
ITALIA, A QUANDO LA PRIMA #DIPLOMATICBIKE? di / GIOVANNI IOZZIA /
PRIMA IN DIFESA
11
di / MARZIA PAPAGNA /
56
L’ESPERTO
IL CICLISTA CON IL GOLF ALLA ROVESCIA di / GERARDO DI FRANCESCO /
CONQUISTATO DALLA PASSIONE di / LUCA GREGORIO /
58
13
CAMPIONE AL TRAMONTO
DUE ANNI DI BIKE
di / GIANCARLO BROCCI /
di / MATTEO RIGAMONTI /
60
14
LA SORPRESA DELLE MANIE di / LUCA GREGORIO /
| RUNNER. NOTIZIE E CURIOSITÀ |
62
17
SICILIA, TERRA DA SCOPRIRE
| COVER STORY |
di / CATERINA LO CASTO /
64
NUOVI ORIZZONTI
di / MATTEO RIGAMONTI / Foto ROBERTA BRUNO
SPIRITO PELLEGRINO
28
68
di / CATERINA LO CASTO /
ALLE ORIGINI DEI TRABOCCHI
| FOCUS |
di / ENRICO SALVI /
70
AL GIROSARDEGNA LO SPORT È UN PIACERE
| TECNICA E MECCANICA |
di / ROLANDO LIMA /
34
LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO di / MASSIMO BOGLIA /
IL WES SCALDA I MOTORI
74
di / ANDREA GUERRA /
36
ANCHE LE BICI FANNO IL TAGLIANDO di / ANDREA RONCHI /
OLTRE ALLE DISCESE C’È DI PIÙ
76
di / GIACOMO SPOTTI /
38
| CITTÀ IN MOVIMENTO |
EROI VERDI E GLOBALI di / ANDREA GUERRA /
40
LA MOBILITÀ NELL’ERA META
LA CASA DELLA BICICLETTA di / ROLANDO LIMA /
80
42
A LAS VEGAS BICI DAL FUTURO
di / GIOVANNI IOZZIA /
di / VITTORIO MANTOVANI /
COMPETIZIONE E DIVERTIMENTO A CORTINA
82
di / ROLANDO LIMA /
44 8
SPRING | BIKE LIFE |
SOMMARIO
NEL CUORE DELL’ACCADEMIA di / FULVIO DI GIUSEPPE /
83
FENOMENO FANTACYCLING di / MATTEO RIGAMONTI /
TUTTI IN SELLA di / FULVIO DI GIUSEPPE /
108
86
PERFORMANCE CON TESTA di / LEONARDO SERRA /
RIVOLUZIONE VELOPOLITANA di / GIOVANNI IOZZIA /
112
88
UN FUTURO TUTTO DOC di / LUCA GREGORIO /
IN AUTO, MA A PEDALI di / FABIO FAGNANI /
114
90
DENTRO LE STORIE
| CICLO ECONOMICO |
116
di / MARZIA PAPAGNA /
C’È BICI IN CITTÀ
NEL FUTURO CON STILE
di / MARZIA PAPAGNA /
di / FRANCESCA CAZZANIGA /
118
94
PICNIC!
LA CAPITALE DELLA BICI
di / ALESSIA BELLAN/
di / ENRICO SALVI /
122
97
LEGGERE SUI PEDALI
AL SICURO CON MYKE
di / FILIPPO CAUZ /
di / VIOLA STURARO /
128
100
BIKE PLAYLIST VARIOPINTA
L’AZIENDA CHE SOGNA DI RIVOLUZIONARE L’E-BIKE
di / FILIPPO ROMA /
129
di / ANDREA RONCHI /
102
IL CICLISMO TI RENDE MAGRO
A BOLZANO IL FOOD DELIVERY È GREEN
ERRORE DI PROSPETTIVA
di / FULVIO DI GIUSEPPE /
130
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BIKE Smart Mobility Anno 3 / N°8 / Spring Aprile-Giugno 2022 Trimestrale per vivere in movimento. Registrazione al Tribunale di Milano: il 24/06/2020 al numero 58.
Contributors Alessia Bellan, Massimo Boglia, Francesca Cazzaniga, Gerardo Di Francesco, Fulvio Di Giuseppe, Fabio Fagnani, Andrea Guerra, Rolando Lima, Caterina Lo Casto, Riccardo Magrini, Vittorio Mantovani, Marzia Papagna, Filippo Roma, Andrea Ronchi, Enrico Salvi, Leonardo Serra, Giacomo Spotti, Viola Sturaro
Casa editrice BFC Media Spa Via Melchiorre Gioia, 55 – 20124 Milano Tel. (+39) 02.30.32.11.1 info@bfcmedia.com
Art director Marco Tonelli
Editore Denis Masetti
Project manager Alberto Brioschi brioschi@bfcmedia.com
Direttore responsabile Alessandro Rossi Direttore editoriale Marino Bartoletti Video content editor Valerio Gallorini Smart mobility specialist Giovanni Iozzia Coordinamento redazionale Matteo Rigamonti rigamonti@bfcmedia.com Cycling writers Marcello Astorri, Filippo Cauz, Luca Gregorio
di / RICCARDO MAGRINI /
Impaginazione rustbeltgarage@gmail.com
Emanuele Cordano cordano@bfcmedia.com Marketing Marco Bartolini bartolini@bfcmedia.com Foto di Copertina Roberta Bruno Stampa Elcograf spa Via Mondadori, 15 - 37131 Verona Distribuzione Italia e estero Press-Di Distribuzione stampa e multimedia srl Via Bianca di Savoia, 12 - 20122 Milano
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Gestione abbonamenti Direct Channel SpA - via Mondadori, 1 20090 Segrate (Milano) Tel. 02 7542 9001 abbonamenti.bfc@pressdi.it Servizio Arretrati a cura di Press-di Distribuzione Stampa e Multimedia S.r.l. 20090 Segrate (MI). Il costo di ciascun arretrato è di 10,00 euro. Per le Edicole richieste tramite sito: https://servizioarretrati.mondadori.it Per Privati collezionisti richieste tramite email: collez@mondadori.it oppure tel. 045.888.44.00 nei seguenti orari: lunedì-giovedì 9.00-12.15 /13.45-17.00 venerdì 9.00-12.15/13.45-16.00 costo chiamata in base al proprio operatore, oppure fax a numero: 045.888.43.78
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Per dettagli e iscrizioni inquadra il QR Code con il tuo Smartphone.
Thoughtful mobility, from the inside out
COME GIRA LA RUOTA
SMART LEADERSHIP
/ GIOVANNI IOZZIA* /
ITALIA, A QUANDO LA PRIMA #DIPLOMATICBIKE? L’ambasciatore estone nei Paesi Bassi va in giro in bicicletta e ci tiene a farlo sapere facendo circolare una sua foto in sella a una Ampler (vedremo perché la marca conta e non è casuale…). “Di solito gli ambasciatori si muovono su auto con le bandiere. Io ho deciso di farlo alla maniera olandese e sostenibile”, ha scritto su Twitter Lauri Kuusing, concludendo: “Felice di presentarvi la prima #diplomaticbike estone”. Quanto sarebbe bello vedere una veloce diffusione dell’hashtag, e non solo fra consoli e ambasciatori ma fra tanti leader italiani ed europei che, come influencer naturali, decidessero di scendere dagli antichi simboli del potere per inforcare quelli nuovi della mobilità leggera e sostenibe, alla maniera olandese. Sarebbero tutti buoni esempi per cambiare i comportamenti, incentivare quelli virtuosi e diffondere nuovi modelli ecologicamente corretti. E i buoni esempi, non va dimenticato, funzionano tanto quanto i superbonus e sono più duraturi. Nei Paesi Bassi c’è il Re. Come nelle favole, nello scorso autunno Kuusing (ricorderemo un giorno il nome di questo diplomatico quarantenne?) si era presentato a sua maestà Guglielmo Alessandro Nicola Giorgio Ferdinando di Orange-Nassau in carrozza, nel rispetto del protocollo. Ma pochi mesi dopo l’ambasciatore è già nella realtà del Paese dove ci sono più bici che abitanti. Non gli è costato grande sforzo, visto che anche la presidente che l’ha nominato (Kersti Kaljulaid ha guidato l’Estonia fino al 2021) quando viaggiava per l’Europa usava spesso la bici e sempre una Ampler. Sulla e-bike di Kuusing c’è la bandiera estone, perché Ampler è una startup estone, fondata a Tallin nel 2016. Sulle due ruote, quindi, non viaggia solo un messaggio di sostenibilità ma anche un giustificato orgoglio nazionale. Quando dovremo attendere per vedere un leader italiano scendere dall’auto blu per salire su una bella bici creata da uno dei tanti marchi eccellenti del Made in Italy? Siamo certi che qualcuno prima o poi lo farà per rappresentare con convinzione la volontà di un Paese di sostenere un mezzo capace di sposare transizione ecologica e tradizione manifatturiera nazionale. L’Estonia è il Paese startup d’Europa: nato praticamente all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, è tra i più moderni e digitalizzati del mondo. E va in bici. Sulle sue bici. C’è da ragionarci sopra.
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COME GIRA LA RUOTA
L’ESPERTO
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IL CICLISTA CON IL GOLF ALLA ROVESCIA
La professione che svolgo non è mai stata argomento di discussione in momenti conviviali. Un imbarazzo atavico non mi ha mai portato a inaugurare una conversazione davanti a un drink con una frase del tipo: “Sai, io faccio l’assicuratore”. Piuttosto, di fronte a esplicita domanda, ho sempre sviato nella risposta, preferendo parlare di meteo, politica o di un “golf alla rovescia”, proprio come in Turné, il film di Gabriele Salvatores. Questo perché, nell’immaginario collettivo, l’assicuratore è spesso visto come un personaggio grigio e noioso. Tuttavia, anche a motivo di questo mancato dibattito sull’assicuratore, forse non tutti sono a conoscenza del fatto che l’industria assicurativa è un’industria infrastrutturale del nostro Paese con 120 miliardi di ricavi, 350mila impiegati e 750 miliardi di investimenti in corso. Le assicurazioni, del resto, sono lo strumento che la specie umana si è data, ormai da centinaia di anni, per trasferire, sul piano finanziario, rischi che sono reali. Le compagnie assicurative seguono e sostengono l’evoluzione della vita economica e sociale. E anche la mobilità è ora un tema centrale all’interno del comparto assicurativo, tanto che i premi da essa derivanti ammontano a circa 16 miliardi di euro. Nello studio Move to the future: la mobilità del 2031, realizzato da Ey insieme all’Italian insurtech association (Iia), abbiamo cercato di capire come mobilità e industria assicurativa evolveranno nei prossimi dieci anni. Il quadro che ne emerge è oltremodo chiaro e trasformativo. La micro mobilità a due ruote, elettrica e non, ridefinirà in modo sostanziale le attuali quote di mercato dei prodotti distribuiti dall’industria assicurativa. Prodotti embedded (incorporati) in mezzi elettrici di ultima generazione (nei primi cinque mesi del 2021 c’è stata una crescita del 335,1% rispetto allo stesso periodo 2020), polizze legate all’analisi comportamentale e dei dati di guida (behavioural/data driven insurance per il 74% del campione), coperture calcolate in base ai kilometri percorsi (pay per mile/pay as you drive per 59%) sono solo alcune delle innovazioni in cantiere. In prospettiva saranno sempre più diffusi prodotti assicurativi dedicati alla mobilità multimodale (59%), cioè legati alla persona indistintamente dal mezzo di trasporto utilizzato e allargata a più mezzi – bici, monopattini elettrico, scooter, macchine – siano essi privati o in sharing, ma anche soluzioni integrate all’interno di bundle di acquisto (invisible/embedded insurance 48%). Ciononostante i prodotti assicurativi dedicati alla mobilità multimodale sono poco presenti nelle offerte delle compagnie (solo il 37% degli intervistati li ha già in pacchetto). Ma le nuove abitudini stimolano sempre la creazione di nuove offerte. E non è difficile immaginare che, per quanto riguarda la mobilità, molto del futuro delle assicurazioni ruoterà intorno al ciclista digitale. E chissà che non porti anch’egli un golf al contrario. * Cofondatore Wide Group e segretario generale dell’Italian insurtech association
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SPRING
di
/ MATTEO RIGAMONTI /
DUE ANNI DI BIKE Compie due anni con questo volume BIKE Smart Mobility, più sinteticamente BIKE, la rivista per chi ama “vivere in movimento”, come recita il motto che compare sotto la testata. Qui vogliamo celebrare questa ricorrenza riproponendovi tutte e otto le prime copertine del magazine trimestrale che per il primo mese in edicola si
trova in allegato gratuito a Forbes Italia. BIKE è un’iniziativa di BFC Media che, come sa chi ci legge, oltre alla carta, comprende il digitale, con il sito Bikechannel.it e tutti i suoi profili social, e il canale tv, Bike Channel, visibile a tutti sul 222 di Sky, 259 DTT in HbbTV e 60 DTT tasto rosso, nonché in streaming gratuito online.
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NOTIZIE E CURIOSITÀ
NOTIZIE E CURIOSITÀ DAL MONDO DELLA BICICLETTA E DELLA SMART MOBILITY
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SPRING
/©Foto Mario Pierguidi/
INTERNAZIONALI D’ITALIA, BIKER ALLA SFIDA FINALE
RUOTE GRASSE, LA GARA È NELLE CITTÀ DEL MONDO
Internazionali d'Italia series di mtb entra nel vivo. Dopo le prime tappe a San Zeno di Montagna (Vr) e Nalles (Bz), tocca al trittico di appuntamenti che conclude la stagione del circuito organizzato da Cm Outdoor Events in sinergia con la Federazione ciclistica italiana. Un rush finale che si apre il 16 e 18 aprile all’Isola d’Elba, dove Asd Capoliveri Bike Park, reduce dagli sforzi del Mondiale Marathon, ha visto premiato con il riconoscimento della categoria Hc (Hors catégorie) il successo della prima edizione di Capoliveri Legend Xco e spera di rivivere una sfida come quella tra Nino Schurter ed Henrique Avancini nel 2021 (in foto). Nell’ultimo weekend di maggio (2829), Internazionali d’Italia torna a nord per la seconda novità 2022, la tappa di Trento-Monte Bondone, organizzata con Trento Eventi Sport e Apt Trento Monte Bondone. Sarà la conca delle Viote, all’ombra delle tre cime del Bondone, ad ospitare il primo evento internazionale di mountain bike di una montagna già famosa per i numerosi passaggi del Giro d’Italia. Conclusione, come d’abitudine, in Valle d’Aosta, ma con appuntamento di rango Hc, terzo della stagione dopo Nalles e Isola d’Elba. Ad animare La Thuile (25-26 giugno) ci saranno anche i migliori juniores che si sfideranno per la Uci Junior Series.
/©Foto Courtesy City Mountainbike/
Ritorna con undici tappe in altrettante città la Coppa del mondo Uci di Mountain bike eliminator. L’organizzatore della competizione che porta le ruote grasse in centro città, City mountainbike, ha presentato il calendario 2022 insieme alle date dei Mondiali e delle National Series. Si parte ad Abu Dhabi il 23 aprile per poi spostarsi a Leuven, in Belgio, il 5 giugno. Il 17 giugno è la prima volta di Falun in Svezia e si prosegue in Germania ad Aalen, casa del campione del mondo Simon Gegenheimer, che ospita il quarto round in programma il 23 luglio. Il 31 luglio si va a Valkenswaard, nei Paesi Bassi, e il 14 agosto si torna in Belgio a Oudenaarde. Il 21 agosto tocca a Sakarya in Turchia, per poi spostarsi fino a Palangka Raya, in Indonesia, il 28 dello stesso mese. Il 4 settembre si corre in India a Leh e il 10 settembre di nuovo in Europa per la tappa francese di Parigi, con gran finale il weekend successivo a Winterberg, Germania, dove si sapranno, finalmente, i nomi dei campioni che succederanno ai detentori della Coppa, l’italiana Gaia Tormena (in foto sul podio della tappa di Barcellona 2021) e l’olandese Jeroen van Eck. Per quanto riguarda le National Series, il calendario 2022 prevede il 29 maggio Bodrum in Turchia, Sittard nei Paesi Bassi il 17 luglio e Turcianske Teplice in Slovacchia il 24 settembre. ˇ Il 2 ottobre si chiude la stagione con i Mondiali a Barcellona, Spagna.
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NOTIZIE E CURIOSITÀ
GIMONDI, LA GRANFONDO PER TUTTE LE BICI
Con il progetto Gim (Green is Magic) la Granfondo internazionale Felice Gimondi-Bianchi ha deciso di aprire le iscrizioni a tutti i tipi di biciclette. In occasione della 24a edizione, in programma l'8 maggio, a lato della classica Gf per stradisti, è stato infatti possibile iscriversi alla nuova categoria speciale riservata a bici vintage, e-bike, mountain bike, e-suv, bici a scatto fisso, gravel, fat bike, bici reclinate, tandem, folding bike, city bike e all’immancabile ‘Graziella’, che ha già debuttato nelle precedenti edizioni. “Vista la grande varietà dell’universo-bici odierno e la sua continua crescita”, ha commentato Giuseppe Manenti, storico organizzatore, “siamo convinti che offrire un nuovo spazio dedicato a tutte le tipologie di mezzi a pedali sia un passo importante verso una granfondo sempre più aperta, non solo ai ciclisti in generale ma anche al futuro”. La Gim partirà poco dopo il via delle bici da strada e, per questa prima edizione, sarà disponibile il percorso tradizionale corto, con cronometraggi parziali e totali e premi a sorteggio.
IN SICILIA TRA DIVERTIMENTO E ATTESA PER IL GIRO Sette giorni, sette tappe, scenari unici al mondo, tratti cicloturistici e altri cronometrati, in un mix di gara, divertimento e puro godimento. L’8 maggio prende il via il Giro della Sicilia, manifestazione organizzata dall’Asd Gs Mediterraneo. Così come altri eventi cicloturistici che uniscono un pizzico di agonismo (prove cronometrate in salita, con classifiche singole o a squadre) alla possibilità di far conoscere il territorio su due ruote, il Giro della Sicilia sarà un’occasione per i partecipanti di tuffarsi nelle aree di pregio dell’isola, nei suoi borghi millenari e assaggiare i migliori prodotti agroalimentari della tradizione locale. Il 10 maggio gli organizzatori hanno previsto una ‘pausa’ per seguire la quarta frazione del Giro d’Italia, quando i professionisti della corsa rosa correranno da Avola fino al rifugio Sapienza, sull’Etna. Gli interessati alla terza edizione del Giro della Sicilia possono trovare informazioni sul sito ufficiale della manifestazione (Girodellasicilia.com).
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SPRING
L’AMORE PER IL PIRATA NON MUORE MAI Inversamente proporzionale al dolore lacerante per la sua scomparsa, quel triste San Valentino del 2004, c’è solo l’affetto che tanta gente ancora nutre per le gesta che l’hanno reso celebre, per il ciclismo che il suo essere, fin dal modo di pedalare a come portava la bandana, ha rappresentato e ancora, misteriosamente, rappresenta. Marco Pantani in questo senso è veramente un mito sportivo, una figura cristallizzata per sempre nella memoria collettiva di un popolo e di un Paese. Un simbolo che ancora oggi è in grado di trasmettere ideali ed emozioni più di quanto, purtroppo, non riescano a fare tanti suoi colleghi del pedale. Lo testimoniano anche le pagine di tanti libri, compresi due, molto curiosi, recentemente dati alle stampe. Il primo è E tu, te lo ricordi Marco? (Edizioni Reverdito) di Mario Cionfoli, il secondo Un Pirata in Cielo (Urbone Publishing) di Riccardo Clementi. Clementi, giornalista e comunicatore, scrive proprio per i diciott’anni dalla morte di Pantani, “il tempo della maturità”, dice, in cui “la memoria di Marco raggiunge la maggiore età”. L’intento è “continuare a far vivere Pantani attraverso il racconto delle sue imprese in bicicletta, opere d’arte da consegnare ai posteri”. Come la copertina, colorata, che unisce le montagne al mare di Cesenatico; come i suoi scatti, che “ormai sono eterni. Perché un Pirata non muore mai. Vive”. Cionfoli, medico dello sport e appassionato di ciclismo d’epoca e storie vere nonché collezionista di cimeli del pedale, ha dato alle stampe il suo libro, come si legge nella prefazione, per “amore verso il campione”, ma con una particolarità: qui ad essere raccontate non sono “le imprese già note del Pirata, ma le emozioni del giovane ciclista che è stato capace di far vivere sensazioni intense a tutti i suoi sostenitori e tifosi”.
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NOTIZIE E CURIOSITÀ
ANCHE LA BICI HA IL SUO WORDLE Bidon magazine ha lanciato Bikle, una versione modificata e non ufficiale di Wordle, ipnotico gioco enigmistico in cui bisogna indovinare una parola di cinque lettere in sei tentativi. Con la particolarità di essere stata pensata per agli appassionati di ciclismo. Alcuni utenti e amici del gruppo Telegram di Bidon, in pratica, hanno utilizzato il codice sviluppato da Pietro Peterlongo e Mauro Munafo, autori di due versioni italiane di Wordle, Parole e Kasta, lavorando sul dataset di riferimento e sulla selezione di nomi da indovinare. Lo scopo per chi gioca è semplicissimo: trovare il ciclista o la ciclista il cui cognome è composto da cinque lettere. La difficoltà varia di giorno in giorno e la soluzione può essere una leggenda del passato, un nome noto del presente, una grande campionessa, o un gregario. Ogni giorno sei tentativi a disposizione. Dopo ogni tentativo, i colori delle tessere cambiano per mostrare al giocatore quanto vicino sia andato a indovinare la parola. Coppi, Brand e Zhupa i primi tre nomi scelti dal gioco.
MENO PLASTICA, PIÙ KILOMETRI Una pedalata in compagnia per liberare la Terra dalla plastica. Si chiama Plastic Free Ride ed è nata nel 2019 per opera di Raffaele Fanini e Sara Mazzarella, determinati a raccogliere il maggior numero di rifiuti plastici possibile durante i loro viaggi in bici. Per trasportarli, Sara e Raffaele hanno agganciato alla bici un carrello che può contenere fino a 50 bottiglie da mezzo litro; muniti di guanti e con pinze telescopiche cercano di caricare quanto più materiale possibile. Il primo viaggio è partito sul Garda trentino da Torbole (Tn) per giungere fino Rimini: cinque giorni di viaggio e 400 kilometri percorsi raccogliendo quasi mille bottiglie di plastica. La seconda volta è toccata a Lucca, sempre partendo dal lago di Garda; per la terza l’obiettivo era l’estero, ma lo scenario pandemico ha fatto sì che il duo optasse anc’ora per l’Italia: partenza, dunque, dai Monti Lessini sino a Santa Maria di Leuca (Le), un viaggio di 18 giorni e circa 2mila bottiglie di plastica raccolte.
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SPRING
CON SCUTER LO SHARING CAMBIA PASSO Non è una bici ma neanche un ciclomotore e tantomeno un monopattino. È Scuter, veicolo elettrico nativo digitale per la sharing mobility. Il sistema comprende una piattaforma cloud, intelligenza artificiale, un’app per smartphone, un armadio per la ricarica delle batterie. Scuter è il prodotto dell’omomina startup romana fondata nel 2015, che sta accelerando la sua marcia dopo aver chiuso un round da 3 milioni ed essere stata selezionata per il nuovo acceleratore italiano di STMicroelectronics aperto a Torino. La prima flotta è in produzione e imminente l’avvio dell’operatività in una prima città italiana: “Sarà il nostro laboratorio permanente, per poi passare alla fase di scalabilità”, spiega il ceo Gianmarco Carnovale, cofondatore con Gabriele Carbucicchio, Carmine Di Nuzzo e Luca Ruggeri.
L’ambizione di Scuter, che viene prodotto a Caserta in quattro versioni già omologate in Europa, è ritagliarsi uno spazio nel mercato con tre ruote e una cabina protetta, guida a partire da 14 anni senza casco ma con cinture, velocità massima di 45 km/h e 100 km di autonomia. La ricarica? Basta cambiare la batteria.
CON GAIAGO LA MOBILITÀ ACQUISTA VALORE Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia erano le parole utilizzate nella celebrazione delle nozze nell’antica Roma. Dove tu sarai, io sarò. A questa formula si ispira GaiaGo, startup che ha creato una piattaforma che permette di accumulare crediti di mobilità facendo acquisti nei negozi di una determinata zona. L’idea è di Giorgio Meszely, cofondatore di H3, società nel mondo dei servizi assicurativi che nel 2017 ha fondato la spin-off GaiaGo proprio per andare incontro alla domanda di nuova mobilità urbana. “La nostra piattaforma
lanciata nel 2021 è un marketplace che aggrega la sharing mobility, che è molto frammentata, e la rende più accessibile grazie ai crediti accumulati facendo acquisti all’interno di un network”, spiega il direttore marketing Mattia Zara. GaiaGo, che come H3 è parte del gruppo Mansutti, uno dei principali broker assicurativi in Italia, lavora con le aziende per la gestione della mobilità dei dipendenti e partecipa a progetti di rigenerazione urbana, mettendo insieme la mobilità e gli esercizi commerciali di un quartiere.
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NOTIZIE E CURIOSITÀ
SICURI CON STILE La sicurezza pedala con i colori degli anni ’80. Si ispirano alle luci da discoteca e alle grafiche dei videogiochi arcade a 8-bit le installazioni artistiche di Monkeylectric, azienda californiana che dal 2007 confeziona creativi pacchetti a led da applicare alle ruote della bici per illuminare il ciclista che pedala al buio. Installati su cerchi e raggi, gli appariscenti gruppi ottici, vero e proprio oggetto di design urbano, contribuiscono così ad abbattere con stile il rischio di non essere visti nelle ore meno illumanete del giorno e della notte. Sostenibili nella scelta dei materiali (i prodotti di Mokeyelectric sono infatti conformi alla Direttiva RoHS) e perfettamente utilizzabili con ogni tipo di condizione atmosferica, perché resistenti alla pioggia e all’umidità, i led di Mokeyelectric si trovano in commercio online sul sito dell’azienda fondata dai quattro amici appassionati di smart mobility e controcultura cittadina Dan Goldwater, Phillip Yip, Aaron Burke e MacLean Nolan.
L'E-BIKE A TRE RUOTE CHE SI INCLINA COME UNA MOTO L'e-bike a tre ruote che si inclina come un triciclo a motore con due ruote anteriori si chiama Mean Lean Machine ed è un modello caratterizzato da un sistema basculante che consente anche di fare pieghe quasi 'motociclistiche' in apparente sicurezza. A produrla è Arcimoto, azienda americana con sede a Eugene, Oregon, e specializzata nella produzione di fun utility vehicle (Fuv). Si tratta di un particolare tipo di veicolo elettrico a tre ruote e con due posti e utilizzabili sia per fini ricreativi sia in ambito commerciale e lavorativo. Autonomia di oltre 320 kilometri a ricarica con possibilità di dotarsi di batterie ausiliarie.
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CICLISTI E VELISTI INSIEME: È IL GIRO DEI VENTI In programma dal 27 giugno al 1° luglio, tra Italia e Grecia, Salento e Corfù, la combinata amatoriale ciclo-velistica denominata Giro dei venti promette emozioni a non finire. Ideata dal cavalier Sergio Filograna, fondatore di Workness, il Giro dei venti è “un'iniziativa che”, ha detto, “mette al centro lo sport come facilitatore di salute”, una competizione che, ha aggiunto, “è anche mezzo per raccontare la storia e la cultura della Puglia, gioiello che tutto il mondo ci invidia”. Obiettivo del Giro dei venti, che punta a coinvolgere duecento partecipanti, tra ciclisti e velisti, per un totale di cinquanta equipaggi di due ciclisti e due velisti combinati insieme ad estrazione, è promuovere lo sport in senso ampio, come strumento di benessere psicofisico e non solo.
La partenza da Santa Maria di Leuca (Le), con prima tappa ciclistica e successiva veleggiata fino a Corfù, dove si terrà la seconda tappa ciclistica e poi veleggiata di ritorno a Santa Maria di Leuca per la terza e ultima tappa. Serata conclusiva con festa e premiazioni a Spongano (Le) con uno spettacolo di danza classica e tradizioni greche e salentine. Partner del Giro dei venti la Lega navale italiana e l’Associazione centri sportivi italiani (Acsi). Antonio Marano è presidente del comitato organizzatore, Marco Saligari, responsabile sezione ciclismo, Roberto Ferrarese, responsabile sezione vela, e l'ex ballerina Samanta Demontis direttore artistico della competizione.
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COVER STORY
COVER story CAMPIONI E PROTAGONISTI DELLA NUOVA MOBILITÀ
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SPRING
di
/ MATTEO RIGAMONTI /
NUOVI
ORIZZONTI DAL MOTOCICLISMO ALLA LOGISTICA DELLA BICI: COSÌ SEL - SPORT & EVENTS LOGISTICS HA TENUTO TESTA ALLA PANDEMIA, INNOVANDO E ANTICIPANDO LE TENDENZE DI UN MERCATO IN CONTINUA CRESCITA. A RACCONTARE COME, IL CEO PIER CARLO BOTTERO
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/©Foto Roberta Bruno/
COVER STORY
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Le prospettive di crescita in questo mercato non mancano, constata Bottero, “dall’e-bike è giunto poi un notevole impulso”. Peraltro mezzi con batteria al litio devono passare dal trasporto cargo, con tutte le attenzioni del caso. Ma la pedalata assistita rappresenta per l’ad di Sel innanzitutto un’occasione di svago: “Mi diletto soprattutto in montagna e fuoristrada, dove pedalo solo, perché è un’occasione preziosa per riflettere, in mezzo alla natura”. Intanto l’azienda ha cominciato a guardare alle gare in bicicletta come ulteriore opportunità di sviluppo. “Siamo ovunque ci sia necessità di trasportare materiale sportivo”, osserva Bottero: “Le competizioni sono il nostro mondo e le corse in bici rappresentano senza dubbio un business di notevole importanza”.
A UNA GARA DI TRIATHLON IL MANAGER TORINESE HA INTUITO IL POTENZIALE DEI SERVIZI DI TRASPORTO E L'AMPIEZZA DI UNA PLATEA DI UTENTI CHE VA DALL'AMATORE AL CICLOTURISTA. NE È NATA LA PIATTAFORMA SHIP TO CYCLE
/©Foto Roberta Bruno/
Nella bicicletta una nuova luce. Ad averla vista, come John Belushi nella celebre scena del film The Blues Brothers, è Pier Carlo Bottero, appena prima della pandemia e del conseguente boom della mobilità leggera. L'amministratore delegato di Sel - Sport & events logistics, che per diciotto anni ha trasportato le moto del Motomondiale per il mondo, era dal 2014 impegnato a diversificare l'attività, come ha raccontato in un'intervista su Bike Channel. Ma è stato l’incontro con il ciclismo a tracciare un’imprevedibile nuova rotta per lui e la sua ‘banda’ di venticinque collaboratori: un’azienda che, oltre all’Italia, ha sedi in Svizzera e in Olanda. Fondata in provincia di Torino, dopo che Bottero aveva mosso i primi passi nel campo della logistica in ambito sportivo collaborando con Osella e Olivetti in Formula 1, Sel vanta, nel palmarès dei propri clienti nomi come Dorna, organizzatore del Motomondiale e della Superbike, il Giro d’Italia, e il mondiale di motocross, disciplina di cui Bottero è sempre stato innamorato avendo perfino cullato il sogno di potervi correre. Oggi, però, l’ad, oltre a una Ktm 250 da cross regalata da un campione delle ruote tassellate, si diletta a guidare anche l’e-bike: una Specialized elettrica, sempre fuori strada. “Quando abbiamo iniziato, nel 1997, a trasportare il materiale dell’organizzatore e le moto delle squadre, essere il trasportatore del Motomondiale significava riempire di materiale un intero aereo cargo”, spiega Bottero a BIKE: “Dopo diciott’anni ce ne volevano quattro”. Alla bicicletta, invece, è approdato attraverso il triathlon, incontrato alle Grand Final di Losanna, dove sono nate la sponsorizzazione e la partnership logistica triennali con la Fitri. Una vera e propria “folgorazione”, ci dice: “Siamo stati proiettati in una realtà che mai ci saremmo potuti immaginare: migliaia di atleti, uomini e donne, non solo professionisti, che si cimentano sulle più svariate distanze, un universo di appassionati da tutto il mondo, dall'America alla Nuova Zelanda”. Senza saperlo erano state appena poste le premesse per lo sviluppo di due nuovi progetti targati Sel e dedicati agli amanti del pedale, che ora hanno visto la luce: Ship to cycle, una piattaforma pay per use che offre servizio di ritiro, trasporto e consegna bici, ovunque nel mondo, concepito per semplificare la vita a chi vuole portare il proprio mezzo in vacanza o nella località di gara, ma senza lo stress di doversene far carico in prima persona; e il tour operator Bex – Bike escape experience che propone mete e itinerari per ogni tipo di bici, in particolar modo mountain bike, elettriche o muscolari, e gravel. Bex è rivolto a gruppi in Italia e all’estero, con tanto di pacchetti cuciti su misura, dall’Isola d’Elba all’Algarve, in Portogallo, solo per citare due delle destinazioni in portafoglio.
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COVER STORY
IL PROGETTO BIKE ESCAPE EXPERIENCE PROPONE METE E ITINERARI ESCLUSIVI A GRUPPI DI CICLISTI IN ITALIA E ALL’ESTERO. CE N’È PER TUTTI I GUSTI E PER OGNI LIVELLO, DALL’ISOLA D’ELBA ALL’ALGARVE, CON PARTICOLARE ATTENZIONE ALLE E-BIKE
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FOCUS
LENTE D’INGRANDIMENTO SU BICI E DINTORNI
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di
/ ROLANDO LIMA /
AL GIROSARDEGNA LO SPORT È UN PIACERE DA PIÙ DI UN QUARTO DI SECOLO LA CORSA A TAPPE PER AMATORI IMMERSA NELLE BELLEZZE DELL’ISOLA RICHIAMA DA TUTTO IL MONDO APPASSIONATI CHE VOGLIONO COMPETERE DIVERTENDOSI E SENZA RINUNCIARE AL RELAX. ORA CON UN TESTIMONIAL DI PRESTIGIO: FABIO ARU
Una corsa a tappe per amatori immersa nelle bellezze dell'isola. È il GiroSardegna, che ritorna anche quest'anno (è la ventiseiesima edizione) e si corre in sei giorni, dal 23 al 29 aprile, a Budoni (Sassari), con la consueta caratteristica di ripartire sempre dalla stessa città. Come l'anno scorso anche quest'anno BIKE è media partner e per l'occasione ha intervistato il suo organizzatore, Antonio Scarpitti e Fabio Aru, l'ex pro che in questa Regione è nato e che, da quando ha appeso la bici al chiodo, è divenuto ambassador del GiroSardegna. Appassionatosi di bicicletta in età adulta, Scarpitti, che sull'isola ci era finito per lavoro, ha iniziato a misurarsi con qualche granfondo qua e là per l'Italia, ma “era un delitto che non ce ne fossero in Sardegna”, ci ha detto ospite delle Storie di BIKE, “a maggior ragione perché non ci sono posti belli come la Sardegna per andare in bicicletta”. Da qui l'idea di realizzare il piccolo grande giro con vista mare che all'agonismo affianca la possibilità di godere delle bellezze di un paesaggio unico e accogliemente. Così ogni anno, ormai da un quarto di secolo, il
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GiroSardegna attira centinaia e centinaia di ciclisti, da tutta Italia ma anche dall’estero, molti dei quali, ha osservato Scarpitti, dopo averlo provato una prima volta, scelgono di tornare. E ci sono aficionados che vengono dalla Spagna, dal Regno Unito e anche da oltreoceano per gustarselo, da Stati Uniti e Brasile. Due sono le modalità per parteciparvi: la gara, per gli animi più competitivi, che possono scegliere tra i percorsi GranGiro (463 kilometri complessivi e più di 6mila metri di dislivello) e MedioGiro (dove i kilometri totali sono 381 e il dislivello inferiore ai 5mila metri), oppure Tour, sempre suddiviso in sei tappe, ma pensato per chi invece non ha velleità di classifica e predilige pedalare in tutta tranquillità. La prima tappa della corsa, inoltre, quella che si svolge nei pressi del Monte Albo, nella modalità MedioGiro è a tutti gli effetti appuntamento del Campionato internazionale di mediofondo, mentre il percorso GranGiro (unitamente alla crono della seconda tappa e all'arrivo in salita della sesta) rientra nel Campionato nazionale di combinata.
FOCUS
Aru, soprannominato il Cavaliere dei quattro mori, è il primo corridore sardo ad aver indossato la maglia di leader nei tre grandi giri (gialla del Tour, rosa del Giro e rossa della Vuelta, che ha vinto nel 2015), oltre ad aver vinto tappe in ciascuno di essi e memorabile è stato il trionfo in maglia tricolore di campione nazionale sul traguardo de La Planche des Belles Filles nella Grande Boucle 2017. Per lui l'impegno in qualità di ambassador del GiroSardegna è stato il primo da che ha deciso di concludere la sua carriera: “Un ruolo in cui credo e che vivo con orgoglio, essendo sardo, e che mi sta piacendo molto”, ha confidato ai microfoni di
Bike Channel per BIKE Racing Team. Un’occasione che, oltre alla promozione dell’isola, gli consente di raccontare in prima persona il suo impegno affinché il grande ciclismo resti ancorato alla sua terra, se possibile esprimendo sempre nuovi talenti ed eredi in grado di raggiungere e, perché no, superare il maestro.
ANTONIO SCARPITTI È L’ANIMA DELLA MANIFESTAZIONE CHE QUEST’ANNO RITORNA A BUDONI: “ERA UN DELITTO CHE QUESTA REGIONE NON AVESSE UNA SUA GRANFONDO; ANCHE PERCHÉ QUI CI SONO POSTI UNICI PER ANDARE IN BICICLETTA”
/Alcuni momenti del GiroSardegna 2021/
/Fabio Aru, al centro, al via di una tappa del GiroSardegna 2021 con Antonio Scarpitti/
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di
/ ANDREA GUERRA /
IL WES SCALDA I MOTORI OTTO TAPPE PER LA QUARTA STAGIONE DI COPPA DEL MONDO UCI RISERVATA ALLE MOUNTAIN BIKE ASSISTITE: GRANDI CAMPIONI AL VIA E NUOVE DESTINAZIONI DOVE DIFFONDERE LA CULTURA DELL’ELETTRICO
/Melanie Pugin in maglia iridata/
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FOCUS
Wes, acronimo di World e-bike series, ovvero la Coppa del mondo Uci riservata alle e-mtb, cioè alle mountain bike a pedalata assistita, riparte da dove è nata e diventa ancora più grande. Il 23 e 24 aprile, infatti, gli atleti elite che si contendono la maglia iridata si radunano sui pendii con vista mare del Principato di Monaco per il tradizionale primo round della nuova serie che, dopo le cinque tappe 2021, è cresciuta ancora fino a includere nuovi appuntamenti per un totale di otto gare sparse in tutta Europa. Tutto è cominciato nel 2019. Come un sogno divenuto poi realtà, mentre le e-bike iniziavano a conquistare i mercati globali, nasceva, sotto l'egida dell'Unione ciclistica internazionale, la prima competizione riservata alle bici cosiddette elettriche. Si è infranto un tabù, con atleti elite di categoria che si sono dati battaglia per il primo titolo Wes e tutto il mondo ad occhi puntati sulle competizioni e su un format innovativo e vincente. Il 2020 è stato l’anno del riconoscimento del titolo di Coppa del mondo da parte dell’Uci, il 2021 quello di cinque bellissime tappe, tra primavera ed estate. Ora si riparte, sperando che il picco della pandemia sia alle spalle. Dopo Montecarlo, due location ancora ‘Tba’ (28 e 29 maggio e 9 e 10 luglio), delle quali una molto probabilmente sarà in Italia, quindi Clermont Ferrand in Francia il 23 e 24 luglio, la novità Spa Francorchamps in Belgio il 3 e 4 settembre. Anche il settimo round (previsto l’8 e il 9 di ottobre) è ancora da annunciare, ma indiscrezioni parlano di una meravigliosa tappa in Sardegna.
E poi la chiusura a Barcellona il 15 e 16 ottobre, con podio finale. Otto tappe, sedici gare, 50 atleti a darsi battaglia su tracciati di e-cross country e e-gravity, tra cui i migliori piloti di e-mountain bike al mondo, olimpionici, pluri-campioni mondiali e nazionali come il campione del mondo Uci Gerome Gilloux, fenomeno assoluto delle ruote grasse a motore, e il nostro Marco Aurelio Fontana, bronzo a Londra, innovatore della disciplina e talento cristallino. Il pubblico? Assiste, si diverte, scopre le novità del mercato delle due ruote a pedalata assistita (tra i paddock e gli E Future Festival che saranno allestiti nelle destinazioni che accolgono le tappe), guarda da vicino i dettagli dei mezzi di trenta produttori leader. E pedala. Sì, pedala coi campioni, durante le Ride Wes, randonnée organizzate ad ogni tappa per promuovere l’uso della bici e la bellezza delle e-mtb: giri turistici insieme ai campioni delle due ruote o con guide specializzate, aperti a tutti, grandi e piccini. Aspettando di conoscere le tappe overseas per il 2023 e il 2024, con la Coppa del mondo Wes pronta a sbarcare negli Usa, in Sud America e anche nel Middle East, gli appassionati di mountain bike possono intanto godersi le gare su Bike Channel dove non perdersi gli highlights delle otto tappe in calendario. Il canale tv di BIKE fa infatti parte di un network internazionale di distribuzione delle immagini Wes che, solo nell’ultimo anno, hanno avuto copertura in 74 Paesi, con 23 canali tv e quasi 300 ore di highlights.
GEROME GILLOUX E MARCO AURELIO FONTANA TRA LE STELLE IN GARA. GLI ORGANIZZATORI HANNO MESSO USA, SUD AMERICA E MEDIO ORIENTE NEL MIRINO DEI PIANI DI SVILUPPO PER IL FUTURO /Gerome Gilloux in azione/
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di
/ GIACOMO SPOTTI /
OLTRE ALLE DISCESE C’È DI PIÙ BIKE CHANNEL E DOWNHILL ITALIA INSIEME NEL RACCONTO DI UNA DISCIPLINA EMOZIONANTE SEGUITA DA UN NUMERO CRESCENTE DI VERI APPASSIONATI E CAPACE DI GENERARE ANCHE OCCASIONI DI SVILUPPO PER IL TERRITORIO Arrivare primi in fondo alla discesa. È l’obiettivo di chi pratica downhill. Ma non è con un comportamenteo da ‘pazzi’, o peggio irresponsabili, che si interpreta uno sport fatto principalmente di adrenalina. Il downhill, infatti, è emozione purissima, ma richiede preparazione, abilità e velocità, oltre che una buona dose di coraggio per quella che resta pur sempre una disciplina estrema. Sono mountain bike opportunamente modificate nelle componenti e nel telaio quelle con cui si pratica downhill, percorrendo una discesa, schivando sassi, imboccando paraboliche, evitando alberi e boschi. Tre, quattro minuti al massimo a tutta, con una velocità che sfiora i 70 kilometri orari lungo tracciati tra i tre e i sei kilometri di lunghezza. Qualunque rider vi dirà che non c’è nient’altro di simile. In effetti una gara di downhill ti incolla al percorso e anche in Italia questo sport, fatto tutto di forza di gravità, è sempre più in auge. Il downhill, in fondo, come dicono gli appassionati, è la ‘Formula 1 delle biciclette’: qui si testano telai, freni, forcelle, ammortizzatori che saranno utilizzati nella grande distribuzione. Ne sanno qualcosa i ragazzi di Downhill Italia (Associazione Sport Inside) che, sotto l’egida della Federciclismo, hanno organizzato il Campionato italiano e la Coppa Italia nel 2021. Sono Riccardo Tagliabue, che si occupa della parte più strettamente organizzativa, e Davide Messora, che invece cura la comunicazione. Nonostante le restrizioni della pandemia, Downhill Italia 2021 è stato un successo e per il 2022 si attendono fuochi d’artificio, con ben cinque
appuntamenti tutti imperdibili: torna il Sestriere con il Campionato italiano in programma il 23 e 24 luglio e per la Coppa Italia 30 aprile-1 maggio a Sestola, 25-26 giugno a Prali, 9-10 luglio a Bormio e 17-18 settembre a Pian del Poggio. “Ci aspettiamo numeri importanti”, spiega Tagliabue “perché nel 2021, con tutte le difficoltà del caso, come il fatto di non aver potuto avere il pubblico nella zona del traguardo con arrivo ‘in bolla’, abbiamo comunque staccato numeri eccezionali: parliamo di oltre 400 iscritti alla prima di Coppa Italia a Sestola, con il meglio degli stranieri a livello europeo”. Oltre alle gare, il downhill è anche business, in crescita per di più. “Sta diventando uno sport attrattivo per la montagna”, prosegue Tagliabue, “e sono molte le località che allestiscono percorsi sulle discese che durante l’inverno sono utilizzate per lo sci”. Alcune di esse “stanno costruendo nuovi bike park, vedendoci anche del potenziale legato all’aspetto green della disciplina”. “Il downhill”, osserva infine Tagliabue, “coinvolge tutta la montagna, con il comparto turistico che sta facendo degli investimenti perché è uno sport che diverte ed è sempr più praticato. Noi come Downhill Italia abbiamo registrato numeri in crescendo e crediamo molto nel legame tra turismo, sport e rispetto della montagna”. Anche Bike Channel ci crede e per questo motivo è in partenza un programma tematico in collborazione proprio con Downhill Italia.
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FOCUS
TRA CAMPIONATO E COPPA SONO TANTI GLI APPUNTAMENTI IN CALENDARIO. PARTENZA A SESTOLA E GRAN FINALE A PIAN DEL POGGIO. IN MEZZO PRALI, BORMIO CON RITORNO AL SESTRIERE
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di
/ ANDREA GUERRA /
EROI VERDI E GLOBALI
/©Foto Crediti Wisthaler.com/
/©Foto Crediti Freddy Planinschek/
RITORNA LA HERO SÜDTIROL DOLOMITES E RIPARTE CON LA MASSIMA ATTENZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ TRAVALICANDO LE DOLOMITI GRAZIE ALLE EDIZIONI DI DUBAI E THAILANDIA TRA DUNE E NUOVI PARADISI
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FOCUS
Non è più solo una gara per mountain bike, nonostante sia globalmente riconosciuta tra le più dure (se non la più dura in assoluto) nella sua categoria: è un evento internazionale, un bike festival, per dirla con una formula abbastanza in voga. Ed è proprio per questo che la Hero Südtirol Dolomites, cresciuta fino a questo punto, sa bene di avere la responsabilità di doversi prendere cura ancora più di prima di quel palcoscenico naturale che la accoglie e che sono le Dolomiti del Trentino Alto Adige. Così nasce Hero to Zero, un contenitore di azioni pratiche e iniziative per la sostenibilità, soprattutto aziendale, seguendo tre degli Obiettivi di sviluppo sostenibile riconosciuti dalle Nazioni unite.
in cui l’area espositiva metterà in bella vista tutte le novità del mercato. E poi show, spettacoli per grandi e piccini, test bike. E ovviamente la gara, quella degli eroi, la più dura al mondo. Dopo così tanto tempo ancora mi commuove vedere gli atleti che tagliano la linea del traguardo e che scoppiano a piangere. Dicono ‘Ce l’ho fatta’ e piangono come bambini. Anche noi con loro”. Oltre alla sostenibilità, il 2022 sarà l’anno del desiderio di normalità post pandemia. “Lo sport è un mezzo di riscatto. Dopo due anni in un tunnel, ci auguriamo di uscirne. Cosa c’è di meglio se non prepararsi per la gara degli eroi, dei campioni. Sono molti quelli che lo stanno facendo da tempo, si sono dati un obiettivo e hanno promesso di esserci, di provare, di correre. Che significa tornare a vivere, lasciarsi alle spalle qualcosa, tornare a pensare alla grande”. Anche Gerhard e tutto il comitato organizzativo che lavora dietro le quinte della manifestazione ha pensato in grande per questo 2022. La Hero si conferma una series: oltre alla classica Südtirol Dolomites (86 km e 4.500 metri di dislivello oppure 60 km e oltre 3mila metri di salite e discese, senza sosta), la Hero sbarca anche a Dubai e in Thailandia. Il 5 novembre si correrà la Hero Dubai Hatta, tra le dune del deserto dell’emirato, mentre il 12 novembre è il turno della Hero Thailandia, che farà tappa su Chiang Rai, una delle mete turistiche più conosciute del Nord del Paese.
“Ci sentiamo addosso questa responsabilità”, dice Gerhard Vanzi, che nell’ormai lontano 2010 diede vita alla competizione: allora sulla linea di start c’erano circa 400 atleti mentre a giugno (la marathon è in programma il 18 del mese) ne arriveranno 4mila da tutto il mondo. “Siamo consapevoli che viviamo in un patrimonio che va amato, rispettato e conservato. Dobbiamo fare anche noi la nostra parte”, aggiunge. Niente bottiglie di plastica, solo vetro; attenzione agli sprechi e al riciclo di materiali e rifiuti: “E ad aprire e chiudere la gara ci saranno moto da trial elettriche, a zero emissioni”.
/©Foto Shutterstock/
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L’edizione 2022 della Hero ospiterà anche lo Zero Village, un’expo dedicata ad aziende green oriented. Non solo legate al mondo delle due ruote, soprattutto quelle grasse. “Saranno quattro giorni
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di
/ ROLANDO LIMA /
LA CASA DELLA BICICLETTA GARE SU OGNI TIPO DI PERCORSO E PER TUTTE LE DISCIPLINE, SERVIZI TOP PER I TURISTI DEL PEDALE E UN CALENDARIO DI EVENTI CHE SI APRE AD APRILE E PROSEGUE QUASI FINO A NATALE: IN TRENTINO MONTAGNA È SINONIMO DI CICLISMO
passi leggendari, con tanto di segnaletica che fornisce informazioni dettagliate a chiunque voglia percorrerle, migliaia di trail, otto bike park e i servizi di bici bus, bicigrill e bici+treno per accogliere il turismo del pedale, che nel 2021 ha registrato più di 2 milioni di passaggi.
/©Foto @nicoladamonte/
La stagione 2022 del Trentino è ricca di bici e sport: dalla maglia rosa allo spettacolo del ciclocross sulla neve, passando per le emozioni delle ruote grasse, ce n’è per tutti i gusti. Senza dimenticare gli oltre 400 kilometri di piste ciclabili alla portata di tutti, le 23 salite iconiche lungo
/Le World series di Enduro in Val di Fassa nel 2021/
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Archiviato l’inverno sciistico, la primavera si apre con il Tour of the Alps, dal 18 al 22 aprile, corsa a tappe dell’Euroregio Tirolo-Alto Adige-Trentino, esempio di ciclismo moderno, europeismo e promozione del territorio. Nonché preludio al Giro d’Italia, che passa da queste terre il 25, 26 e 28 maggio: nella diciassettesima tappa la corsa rosa parte da Ponte di Legno e arriva a Lavarone sull’Alpe Cimbra, attraversando Val di Sole, Piana Rotaliana, Valle di Cembra, Giovo (paese dei Moser e di Gibo Simoni), Valsugana (protagonista anche della diciottesima tappa con partenza da Borgo Valsugana) e il Menador: una salita con affaccio sui laghi di Caldonazzo e Levico che promette selezione, così come fu nel 2021 l’inedita scalata di Sega di Ala. La ventesima e penultima tappa, invece, è in Val di Fassa con i contendenti per il Trofeo senza fine chiamati a scalare i passi San Pellegrino e Pordoi. Il 28 e 29 maggio tocca agli Internazionali d’Italia mtb series con la tappa di Trento-Monte Bondone, nella conca delle Viote. Un mese più tardi, il 25 e 26 giugno fanno tappa in Val di Fassa le World series di enduro (Ews), evento che porta in Trentino 450 atleti provenienti da 40 paesi. Nello stesso weekend, il 26 giugno, è in programma a Pinzolo l’ottava edizione della Dolomitica Brenta Bike, quest’anno Uci Mtb Marathon masters world championship che assegna le maglie iridate di questa disciplina.
metri di dislivello), che da San Michele all’Adige arriverà a San Lorenzo in Dorsino, sulle pendici orientali delle Dolomiti di Brenta. A settembre, dal 2 al 4, di nuovo protagoniste le ruote grasse con l’atto finale della Coppa del mondo Uci di mountain bike in Val di Sole: tre giorni di spettacolo e adrenalina con downhill, cross country e short track. Il 15 settembre partono a Trento i tre giorni di prove dei Campionati del mondo di gran fondo, con cronometro individuale, team relay e gran fondo. Dulcis in fundo, il 17 dicembre si ripeterà il successo della Coppa del mondo di ciclocross sulla neve, con l’appuntamento di Vermiglio, sempre in Val di Sole, dove l'anno scorso hanno trionfato Fem Van Empel tra le donne e Wout Van Aert tra gli uomini. Tra gli altri eventi in programma la Marcialonga cycling (29 maggio) e Top Dolomites (17-19 maggio). Al fianco dei grandi eventi sportivi in Trentino, ecco i grandi festival: a partire dal Festival dell’Economia di Trento dal 2 al 5 giugno, quello dei Suoni delle Dolomiti dal 22 agosto-23 settembre e la grande festa dello sport, dei campioni e degli appassionati che affollano gli eventi per le vie di Trento grazie al Festival dello Sport dal 22-25 settembre.
/©Foto Shutterstock/
/©Foto Giacomo Podetti/
Confermato il passaggio del Giro under 23, ritorna poi nel World tour femminile il Giro Donne, con l’ottava e nona tappa in Trentino: partenza da Rovereto e arrivo ad Aldeno l’8 luglio, mentre il giorno dopo va in scena la tappa regina (2.729
/La passata edizione dei Mondiali mtb in Val di Sole/
/Egan Bernal nella tappa con arrivo a Sega di Ala (Tn)/
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/ ROLANDO LIMA /
COMPETIZIONE E DIVERTIMENTO A CORTINA IL 4 E 5 GIUGNO NELLA LOCALITÀ AMPEZZANA VANNO IN SCENA GLI E-BIKE DAYS, UN WEEKEND DI ATTIVITÀ ED EVENTI PER TIRARE LA VOLATA ALLA SUPERCUP 2023. CON PEDALATE NON COMPETITIVE, PERCORSI AMATORIALI E UNA CORSA IN SALITA. LA SERA SPAZIO A MODA E CULTURA. TUTTO ALL’INSEGNA DELLA SOSTENIBILITÀ
/Panoramica su Cortina d’Ampezzo/
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Non è soltanto sci la montagna. E le località turistiche sono sempre più organizzate per intrattenere ospiti che le scelgono come mete primaverili ed estive. Dalla volontà di offrire un’esperienza outdoor all’insegna dell’emozione e della sostenibilità è nata l’E-Bike SuperCup, prima competizione internazionale di mountain bike elettrica che verrà presentata a Cortina il prossimo 4 e 5 giugno con un weekend che si sta delineando come appuntamento estivo da non perdere. Gli E-Bike Days 2022 saranno infatti l'anteprima della Supercup 2023 e inaugureranno la stagione estiva a Cortina. I partecipanti potranno testare le e-bike messe a disposizione dalle case produttrici sponsor e prendere confidenza con quello che è il futuro dell’attività turistico-sportiva. Domenica ci si potrà divertire alla Ebikexperience, pedalata non competitiva adatta a tutti: il percorso potrà avere due livelli di difficoltà e sarà accompagnato da guide esperte. I più allenati invece potranno cimentarsi in un’adrenalinica sfida a cronometro sulla salita verticale della pista Olimpia, l’Uphill Contest.
/L’E-Bike SuperCup sarà una gara tutta green/
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Tutta la manifestazione sarà 100% green. Il desiderio degli organizzatori è celebrare la meraviglia di questo angolo di Dolomiti attraverso una vera e propria immersione nella natura. Le guide che accompagneranno gli e-bikers garantiranno l’impatto zero delle pedalate sul territorio e tutti gli eventi della due giorni sono concepiti e progettati per essere sostenibili. Scesi di sella, appuntamento alla sfilata Gimmi Jeans, startup di due giovani imprenditori che utilizzano la canapa, mentre nelle piazze e negli angoli caratteristici di Cortina si potranno ammirare installazioni e sculture di artisti contemporanei, per una mostra permanente a cielo aperto intitolata Contaminazioni energetiche. Domenica, al termine delle Ebikexperience, tutti alla festa in zona Rumerlo, country party dedicato alla prima comunità di e-biker che si ritroverà a giugno 2023 per la prima gara della E-bike SuperCup. Tutte le informazioni sul sito Ebikesupercup.com.
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ARIA
aperta PEDALARE IN LIBERTÀ: PERSONE E PERCORSI
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/ MARINO BARTOLETTI /
L’AVVENTURA di
VIVERE
DAI PRIMI COLPI DI PEDALE CON LA GRAZIELLA BLU ALL’OMBRA DEL COLONNATO DI SAN PIETRO AI VIAGGI IN ASIA, OCEANIA E SUDAMERICA: LORENZO CHERUBINI RACCONTA A CUORE APERTO LA SUA GRANDE PASSIONE PER LA BICICLETTA
Dagli Appennini (toscani) alle Ande. Sempre pedalando e con l’entusiasmo di un ragazzo che ha fatto del pedalare un mantra. Pedalare per migliorarsi, per accettare le sfide, per sentirsi libero. Qualunque sia la destinazione di quella gioiosa fatica. La passione per la bici di Lorenzo Cherubini è nota; meno lo è quella specie di letizia mistica con cui ne parla, a tratti in maniera adolescenziale e a tratti quasi con religiosità. “Forse è perché – sorride – ho imparato ad andare in bicicletta sotto al colonnato di San Pietro. Mio babbo Mario lavorava nella Gendarmeria vaticana e noi vivevamo praticamente sotto al Cupolone. La bicicletta lasciava un po’ a desiderare: era una Graziella blu appartenuta prima a mio fratello Umberto, poi a mio fratello Bernardo e finalmente a me. Solo che”, prosegue, “io l’avevo – come dire – un po’ personalizzata, tanto che, quando arrivò il momento di passarla alla mia sorellina Anna, ormai era praticamente da buttare”. Alla scalcagnata Graziella ne sarebbero succeduti di telai e ruote, prima di giungere alla F12 Pinarello di cui Lorenzo è un fedelissimo. Un “grande amore”, quello per la bicicletta, che lo ha portato a pedalare per migliaia e migliaia di kilometri, fin nei
posti più incredibili del mondo: dall’Asia al Continente australe, fino all’ultima meravigliosa follia sulla Cordigliera sudamericana. Era l’inizio del 2020 e il mondo stava ‘chiudendo’ per pandemia. “Sono stati mesi e mesi di riflessione, non sprecati, almeno per quanto riguarda il mio lavoro. Certo, quando a febbraio mi sono esibito a Sanremo assieme a Gianni Morandi davanti al pubblico mi sono sentito felice come poche altre volte”, confida. “Ora sto preparando la nuova estate del Jova Beach Party che inizierà a luglio. Inviterò la gente, là dove sia possibile, a venire in bicicletta con modalità che stiamo mettendo a punto con vari enti e associazioni (come la Fiab, per esempio)”. Ha già chiesto a Dino Lanzaretti, “che si è appena fatto tutta la Siberia su due ruote, di tornare in tempo, perché voglio che sia il protagonista di uno dei miei eventi”. E aggiunge: “Credetemi, io sembro matto, ma lui è la prova che esiste qualcuno più matto di me. Come quella coppia di impiegati tedeschi, un uomo e una donna, che incontrai in Cile e che si erano presi due anni di aspettativa per farsi tutta l’America dall’estremo nord all’estremo sud in bici e venivano dall’Alaska”.
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A PREPARARE LE SUE BICI È AUGUSTO 'GUS' BALDONI DA FORLÌ: IN SELLA PORTA LA STESSA TAGLIA DI FILIPPO GANNA. GLIELO HA DETTO FAUSTO PINARELLO, CHE È COME UN FRATELLO
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I PRIMI PALPITI DA TIFOSO ERANO PER SARONNI, POI È ARRIVATO PANTANI: “IL PIÙ GRANDE DI TUTTI”. E AL JOVA BEACH PARTY QUEST’ANNO SI ARRIVERÀ PEDALANDO GRAZIE ANCHE ALLA FIAB 52
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Lorenzo, quando libera il pensiero su questa sua passione (e su chi la pratica come intende lui) è un adorabile fiume in piena. “La bicicletta è il mio contrappeso, l’altro piatto della mia bilancia: per quanto mi piaccia stare in mezzo alla gente e fare casino, allo stesso tempo ho bisogno di isolarmi, di riflettere, di meditare e quello è il mezzo ideale. Forse paragonabile solo alla poesia di una regata in solitario nell’Oceano”. E non si riferisce solamente ai grandi viaggi. “A volte, quando sono a casa, sento proprio il bisogno fisico e mentale di inforcarla e uscire per una e due ore, quello che mi va: tanto qui a Cortona ogni strada che prendi è buona. Ho ancora la gamba, sai? Posso fare 130-140 chilometri, salite comprese, a una media di 27 all’ora o giù di lì. Non c’è il tetto di una palestra, c’è solo il cielo”. E se piove? “Si procede lo stesso, pedalata dietro pedalata, assaporando la strada. La testa, come per incanto, ti si sgombra completamente”. Forse è stato proprio mio babbo ad attaccarmi questa malattia. Era un grande tifoso di Bartali. È grazie a lui che non ho mai seguito il calcio: sempre e solo ciclismo. Quando ero piccolo e cominciava il Giro d’Italia, ci chiudevamo in salotto noi due da soli a vedere tutte le tappe in televisione”. Anche in casa Cherubini il Giro ha sempre significato l’inizio dell’estate: “Ho fatto in tempo ad assaporare i duelli fra Gimondi e Merckx, ma i primi palpiti da tifoso li ho vissuti con Moser e Saronni. Beppe mi piaceva di più, non saprei neanche spiegare perché; forse mi riconoscevo in quel suo carattere un po’ guascone. Ricordo un arrivo di tappa a Cortona, quand’ero ragazzino: mi misi sull’ultima curva in salita per godermi la volata. La carovana, le sirene, la scorta e il fruscio delle ruote sono un’emozione che mi porto ancora dentro. Mi sentivo come in una canzone di Paolo Conte”. Eppure, da ‘grande’, Lorenzo Cherubini non ha più seguito il Giro. “Sai perché?”, spiega: “Non vorrei disturbare. Non vorrei che si pensasse che ho portato con me il ‘personaggio’. Se, però, trovi la formula per farmi diventare invisibile”, assicura, “giuro che ci vengo”. E ribadisce: “Te l’ho detto, per me il ciclismo è prima di tutto solitudine, gioia di stare con me stesso: al massimo mi tengo vicino il mio amico Gus che è il ‘medico’ delle mie bici. Le allestisce, mi fa il ‘vestito’ su misura. Sai cosa mi ha detto, assieme al mio amico Fausto Pinarello? Che ho la stessa identica taglia di Filippo Ganna. Mica male, no?”. Gus in realtà si chiama Augusto Baldoni ed è di Forlì. “È la prova vivente che la bici ti libera la mente”, osserva, “e che ti dà persino coraggio nelle scelte. Al ritorno dal viaggio che facemmo in Pakistan sul Karakorum, lui che faceva il meccani-
co in un grande bike-store mi disse: ‘Sai che c’è? Voglio andare avanti da solo. In fondo cosa mi può succedere?’”. Ottenne un fido in banca, con la moglie che lo guardava sgomenta perché rinunciava a un lavoro sicuro, e mise in piedi, dapprima un piccolo negozio di bici e poi una meravigliosa boutique che è diventata punto d’incontro dei cicloamatori della zona. “È nella sua officina che metto a punto tutte le mie nuove bici. Rigorosamente Pinarello, perché Fausto, che ha la mia stessa età, oltre a essere un costruttore straordinario, per tanti motivi (anche dolorosi) è per me come un altro fratello”. “La Romagna è veramente la mia seconda patria”, si lascia sfuggire Lorenzo. “In fondo l’amore vero per la bicicletta l’ho maturato lì: a un certo punto avevo addirittura messo in piedi una squadra tutta mia obbligan… cioè chiedendo a quanti lavoravano con me di allenarsi in gruppo e di fare persino le granfondo al mio fianco. Poi ho capito che stavo diventando come il Visconte Cobram di Fantozzi. E mi sono rituffato nella mia adorata solitudine”. Romagna significa Pantani. “Già, Marco, il più grande di tutti. Non avendo vissuto l’era di Coppi, penso che il Panta mediaticamente parlando abbia avuto un impatto persino superiore al suo. Era forte ed empatico: la sua superiorità mentale incuteva timore. Allo stesso tempo ti veniva voglia di proteggerlo per la sua fragilità. In qualche occasione siamo usciti in bici insieme e ricordo nitidamente quello che mi disse: cioè che, una volta finita la carriera, non avrebbe più voluto stare nell'ambiente del ciclismo. Come se non gli interessasse più o gli andasse stretto. Che io sappia gli piaceva moltissimo il mondo della musica”. Tante sono le sfide che Lorenzo ha in testa per il prossimo futuro. “Vorrei andare in Africa”, precisa: “Partire da Tangeri, percorrere il Marocco, il Sahara Occidentale e arrivare in Senegal, fino a Dakar. Sarebbe dura, ma neanche poi così tanto. E soprattutto so che anche lì non sarei mai solo né in pericolo, come non lo sono stato sulle Ande o in Iran o in Caucaso o in Armenia, dove ho sempre trovato persone disposte ad aprirmi le loro case”. Di canzoni alla moto Jova ne ha dedicate più di una, ma non alla sua bici. Una mancanza? Nient’affatto: “La bici, per me, è una cosa troppo importante per dedicarle ‘solo’ una canzone”, conclude. E così ci regala una poesia: “Le distanze esistono per essere percorse: se non c’è distanza non c’è desiderio, se non c’è desiderio non c’è avventura, se non c’è avventura non c’è un bel niente per cui valga la pena vivere”.
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/ ANDREA GUERRA /
PASSIONE
TRAIL GRAVEL E BIKEPACKING SPINGONO VERSO L’ALTO IL NUMERO DI CICLISTI CHE SCELGONO L’AVVENTURA. ECCO I PERCORSI E GLI APPUNTAMENTI IMPERDIBILI PER IL 2022. ITINERARI DA SPERIMENTARE ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA
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L’ascesa del segmento gravel e del fenomeno bikepacking hanno indubbiamente contribuito anche al successo dei cossiddetti ‘trail’. Tanto che il calendario degli appuntamenti ciclistici in Italia è ormai costellato di manifestazioni che richiamano gli appassionati del genere, quelli della prima ora, ma anche i neofiti, che si stanno avvicinando al gravel e guardano con molto interesse a eventi unsupported che mixano avventura e scoperta del territorio. Prima di passare in rassegna una carrellata degli eventi più importanti del 2022, occorre forse fare un passo indietro. Partendo da una semplice ma non scontata domanda: che cosa sono i trail? Innanzitutto, il nome potrebbe fare da cappello a una serie di tipologie di eventi: bike adventure, divide, bike trail, unsupported bike adventure… e chi più ne ha, più ne metta. Volendo trovare un denominatore comune, però, si può dire che si tratta di manifestazioni che prendono qualcosa dalle randonnée e qualcosa dall’ultracycling, mischiandolo con il cicloturismo. In genere i trail sono eventi organizzati (a iscrizione) con una lunghezza che varia tra i 300 e i 600 km: possono partecipare tutti e non ci sono classifiche, anzi, a volte anche le partenze sono scaglionate in griglie. Non importa in quanto tempo si copre il percorso (da seguire con una traccia che viene data ai partecipanti in genere poche ore prima della partenza), l’importante è pedalare, ammirare e incontrare altri ciclisti e amici con cui dividere un pranzo, una cena, magari una notte in tenda o persino una degustazione in una cantina lungo il percorso. Complice la pandemia e la successiva voglia – si potrebbe quasi dire smania – per le attività outdoor, i trail e i divide (che sono una sottocategoria, cioè quando il tracciato non è un anello ma ‘taglia’ un territorio da Nord a Sud o da Est a Ovest) sono davvero di moda. Da pedalare soprattutto su bici gravel, tuttofare per natura, con le borse da cicloturismo o meglio ancora in assetto bikepacking, per essere agili, essenziali. Ecco dunque una carrellata di trail e divide che si terranno quest’anno in tutta Italia ma che, in realtà, sono replicabili in qualsiasi altro momento dell’anno se si ha a disposizione la traccia. Con l’unica differenza che gli organizzatori possono garantire servizi (nessuna assistenza, dato che gli eventi sono principalmente self supported, ovvero in autonomia), sicurezza e maggiori momenti di aggregazione all’inizio, alla fine e persino lungo l’itinerario.
Italia: il Tuscany Trail, che nel 2022 (partenza prevista il 29 maggio) festeggia il suo nono anno di vita. Gli organizzatori lo definiscono l’evento bikepacking più grande al mondo. E in Toscana arrivano ogni anno (dal 2014) biker da tutto il globo. Quest’anno si parte da Castagneto Carducci (Li) e si arriva a Orbetello (Gr) dopo 460 kilometri e quasi 7mila metri di dislivello. Sempre in Toscana è nato il Velzna Trail (ne abbiamo parlato anche su Bikechannel.it): appuntamento a fine aprile con un doppio anello alla scoperta dell’antica Tuscia, la terra degli Etruschi, tra Toscana, Umbria e alto Lazio. Partenza e arrivo a Orvieto (Tr) con la possibilità di scegliere il percorso, per gli esperti del genere e per quelli che invece lo approcciano per la prima volta. A ottobre si correrà il Marche Trail, in una regione che è tra quelle che più di tutte hanno scelto di investire nel gravel e nel cicloturismo, con un testimonial d’eccezione come Vincenzo Nibali. L’edizione 2021 è partita da Numana ed è arrivata a Cupra Marittima dopo 365 km, di cui oltre il 70% su percorsi puramente gravel quindi sterrati. Nel 2022 non si correrà la Gea Bike, ma vale comunque la pena ricordarla perché online si trovano facilmente le tracce e chiunque volesse potrebbe mettersi in sella, partendo per un’avventura lungo il crinale appenninico. Gea, acronimo di Grande escursione appenninica, è un tracciato che venne inaugurato da Messner nel 1983: 600 km, 22mila metri di disvlivello, 3 parchi nazionali. Un vero spettacolo. Il 25 giugno invece andrà in scena la settimana edizione del Veneto Trail: “Un’avventura in bici, una sfida con se stessi in completa libertà e autonomia attraverso il Veneto”, il claim scelto dagli organizzatori. Partenza e arrivo a Cittadella (Pd), passaggi panoramici a Feltre, Alleghe e Cortina d’Ampezzo (Bl), al cospetto delle cime dolomitiche più iconiche. A inizio aprile Sardinia Biking ha organizzato l’edizione 2022 del Sardinia Divide. Anche in questo caso lo segnaliamo comunque perché sul sito della manifestazione ci sono le tracce dei tour che tagliano in due l’isola, da est a ovest, e che si possono pedalare tutto l’anno, per ammirare, dal punto di vista unico ed eccezionale del proprio sellino, uno dei territori più affascinanti del nostro Paese. Confermata, infine, per settembre l’edizione 2022 del South Tyrol Trail, che si corre in Alto Adige. Sui social l’annuncio della data.
Nella rassegna dei trail 2022 non si può non cominciare dal capostipite del genere, almeno in
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TOSCANA, MARCHE, VENETO E ALTO ADIGE. IN ITALIA OGNI REGIONE HA PREPARATO PROPOSTE: NON MANCANO MOMENTI DI CONDIVISIONE E CONVIVIALITÀ, IN PERFETTO STILE RANDONNÉE 57
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/ MARZIA PAPAGNA /
PRIMA IN DIFESA VINCENDO IL MONDIALE SU STRADA IN SPAGNA NEL 1997, ALESSANDRA CAPPELLOTTO È STATA LA PRIMA CICLISTA ITALIANA A VESTIRE LA MAGLIA IRIDATA. MA IL SUO ESEMPIO HA OLTREPASSATO LA DIMENSIONE SPORTIVA FINO AD ABBRACCIARE L’IMPEGNO COSTANTE AL FIANCO DELLE DONNE CHE CORRONO Prima erano le gambe a non fermarsi mai. Ma anche adesso che le sfide sono ben diverse da una gara in bicicletta, lei continua a dare il meglio di sé. Alessandra Cappellotto è stata la prima ciclista italiana, donna, a vincere a San Sebastián, Spagna, nel 1997, il titolo mondiale di campionessa su strada, prima di Marta Bastianelli, Tatiana Guderzo, Giorgia Bronzini ed Elisa Balsamo. “Mi dicevano che le ragazzine non dovevano andare in bici e che era meglio fare danza, eppure ho fatto le prime gare già a sette anni”, ricorda a BIKE rispondendo al telefono al termine di una giornata trascorsa nella sua vigna, in Veneto. Sono quasi le sei, il sole sta calando e ha appena posato il decespugliatore. Quando non ha impegni, la sua giornata ideale trascorre in campagna, dove non si ferma mai. La bici è ancora la compagna di belle uscite ma guai a definire le sue vittorie un’impresa: “Papà era molto appassionato di sport e ci ha messo in sella fin da bambini; lo ha fatto anche con mia sorella Valeria e mio fratello Flavio. Andare in bici è sempre stata per noi una cosa normale, com’era normale per me conseguire un risultato come quello dei mondiali: ti alleni per vincere”. Il carattere determinato di Alessandra Cappellotto era già evidente durante gli anni della sua carriera agonistica, non solo in corsa. “Sono cresciuta facendo la portavoce delle mie compagne”, dice: “Ero sfrontata, facevo la parte della sindacalista, poi, a dieci anni di distanza, mi hanno chiesto di dare una mano nelle associazioni di categoria e ho accettato”. Inizia così una nuova fase, che
lei definisce la “seconda esperienza nel ciclismo”. Prima è vicepresidente dell’Accpi (l’Associazione corridori ciclisti professionisti italiani), poi referente del Cpa Women, sezione della Associazione ciclisti professionisti presieduta da Gianni Bugno, e infine Road to equality, l’associazione che fonda con Anita Zanatta nel 2021 per combattere il gap di genere nello sport. “Abbiamo deciso di guardare oltre l’Europa: Ruanda, Algeria, Costa d’Avorio, Marocco, Sud America. Nei Paesi in via di sviluppo rivedo un po’ me stessa”, confida. “Dopo i miei dieci anni di assenza, vedere quello che c’era mi ha dato la voglia di tornare a combattere”. Alessandra si avvicina alle ragazze che hanno pochi mezzi e, attraverso il lavoro dell’associazione, dà una mano per organizzare le gare e organizza webinar per parlare di alimentazione o dare consigli sugli allenamenti. “Sono una persona pratica e so bene di cosa le atlete hanno bisogno. Più gare ci sono, più loro acquisiscono visibilità e indipendenza. Aiutarle ad emanciparsi mi piace da impazzire”. Nella sua storia c’è un’ulteriore caratteristica che merita di essere sottolineata: il senso del dovere. Emerge perfettamente da una recente vicenda, la storia delle ragazze dell’Afghnanistan. Lo scorso agosto Road to Equality è riuscita a portare in salvo un gruppo di giovani cicliste afghane durante l’offensiva talebana: con loro al potere, infatti, le donne non possono essere cicliste e neppure cantanti. “Io e Anita eravamo collegate 24 ore su 24 con Kabul.
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Facevamo i turni, chiuse nelle nostre stanze”. Un’emergenza internazionale difficile che lei è riuscita a gestire comunicando con tutti, dalle associazioni locali fino al ministero degli Esteri. “Ci sono stati momenti in cui eravamo così stanche… È stato difficile, ricordo che una notte ho pianto. Ma pensavo: è giusto, devi farlo”. Viene da sé chiederle se questo suo impegno in qualche modo ha a che fare con l’impegno che lo sport richiede, e risponde: “Lo sport si programma, conosci la traiettoria. Questa invece è una cosa diversa e sono convinta che chiunque l’avrebbe fatta allo stesso modo, anche se non conosci i risultati. Sono quelle piccole cose che ognuno deve fare”.
/In maglia di Campionessa del mondo/
/Con le cicliste afghane/
/Al Giro Donne con Elisa Longo Borghini/
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/ LUCA GREGORIO /
CONQUISTATO DALLA PASSIONE NON È SOLO IL CALCIO LO SPORT PER CUI SERSE COSMI PROVA EMOZIONI FORTI. C’È ANCHE IL CICLISMO, CHE HA IMPARATO A GODERSI SEGUENDO L’ESEMPIO DI SUO PADRE. UN FATTO DI FAMIGLIA, TANTO CHE IL SUO NOME È UN OMAGGIO ALLA MEMORIA DEL FRATELLO DI FAUSTO COPPI e Magro, che potete rivedere interamente su Bikechannel.it. “Mio padre era un appassionato di ciclismo”, ha confidato l’allenatore che ha iniziato la sua carriera nella squadra del paese natale, Pontevecchio, tra Prima categoria ed Eccellenza, per poi scalare con merito le gerarchie del calcio italiano fino a raggiungere la serie A con il Perugia e la Champions League con l’Udinese. “Da piccolo sono andato più volte a vedere il passaggio del Giro d’Italia quando la Corsa rosa passava da Perugia e dintorni”, racconta, e “ancora oggi aspetto sempre il giorno in cui viene svelato il percorso per vedere se ho la possibilità di andare sulla strada a vedere i corridori”.
/©Foto Getty Images/
Il nome di battesimo gli è stato dato per onorare la memoria di Serse Coppi, il fratello del grande Fausto, che in virtù di tale omaggio fece avere a sua mamma un biglietto di ringraziamento. Biglietto che ancora oggi custodisce gelosamente nella sua casa in Umbria. Serse Cosmi, nato a Ponte San Giovanni (Pg) nel maggio del 1958, è un allenatore di calcio col dna ciclistico. Personaggio di spessore, innamorato di pallone e pedali, L’uomo del fiume (è il suo soprannome e anche il titolo anche della sua autobiografia), avrebbe voluto fare il liceo classico, come le sue due sorelle, “ma mia mamma mi spedì a ragioneria perché temeva che al classico avrei fatto troppo casino e non sarei stato all’altezza”, ha raccontato a Bike Channel in una puntata del Salotto di Greg
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Cosmi è un appassionato vero, anche se non pedala, un osservatore attento capace di emozionarsi per le imprese che valgono: “Non amo una corsa in particolare, anche se le classiche del Belgio e il Giro hanno un’atmosfera speciale, e quando posso seguo tutte le dirette in tv, dall’inizio alla fine. Mio figlio”, prosegue, “mi chiede sempre come faccio e cosa ci trovo di bello nel vedere i corridori che pedalano per ore e ore senza che apparentemente accada nulla”. E cosa risponde? “Ciò che conta non è solo l’epilogo, che si tratti di una volata o di uno scatto in salita, ma tutta la costruzione e la narrazione che c’è prima. Ancora però”, scherza, “non sono riuscito a convincerlo”. Dagli esordi nel professionismo sulla panchina dell’Arezzo alla consacrazione a Perugia, e poi ancora Genoa e Udinese, Brescia e Livorno, Lecce, Siena e Pescara e tante altre squadre ancora: Cosmi è stato un girovago del pallone. Ovunque sia andato ha lasciato una traccia. A volte memorabile, a volte meno (a livello sportivo s’intende), ma ha sempre conquistato tutti con la schiettezza, le intuizioni calcistiche e la genuinità. “Il calcio, come il ciclismo, evolve e si modifica ed è giusto così”, commenta, “ma non dobbiamo mai dimenticare la centralità del fattore umano”. Invece, mette in guardia, “oggi si scelgono gli allenatori guardando agli algoritmi e in ritiro i calciatori quasi non si parlano perché stanno concentrati sul telefonino. Mentre quello che fa la differenza, in una parti-
ta come in corsa, non dimentichiamocelo, sono sempre l’uomo e la squadra: l’intesa, l’amalgama, la coesione, il legame che ci deve essere in un team restano elementi fondamentali, al netto del peso che possono avere la tattica, la tecnologia e l’innovazione”. In questi anni Cosmi ha apprezzato soprattutto Vincenzo Nibali, tra gli italiani, e ora Tadej Pogacar, che lo lascia spesso a bocca aperta per quanto è in grado di fare quando pedala. Un posto speciale nel cuore del professore (non tutti forse sanno che Cosmi ha studiato all’Isef e ha insegnato nuoto e attività motorie prima di diventare allenatore professionista), però, è ancora di Pantani: “Marco mi ha stravolto. È stato unico. Nel luglio del 1998 ero in ritiro con l’Arezzo ad Anghiari (Ar)”, ricorda. “Avevamo doppia seduta e in genere quella del pomeriggio si faceva verso le 17. Bene, io la spostavo sempre alle 18 perché prima dovevo finire di vedere la tappa del Tour de France. I miei giocatori quasi non ci credevano, ma io gli spiegai che fino a quando non sarebbero arrivati a Parigi l’orario non sarebbe cambiato”. Punto. “Per fortuna venni appoggiato dai miei dirigenti, molti dei quali avevano la mia stessa passione. Pantani, del resto, era qualcosa che andava oltre”. Anche per L’uomo del fiume che, in carriera, di campioni e momenti topici dello sport, ne ha visti e vissuti di ogni genere.
/©Foto Getty Images/
HA TIFATO NIBALI, OGGI SI ENTUSIASMA QUANDO GUARDA POGACAR E PER PANTANI, AL TOUR DEL 1998, IN RITIRO CON L'AREZZO, POSTICIPAVA GLI ALLENAMENTI PER VEDERE IL FINALE E L'ARRIVO DI TAPPA
Inquadra il Qr Code per rivedere tutte le puntate del Salotto di Greg & Magro e degli altri programmi di Bike Channel. /In panchina ai tempi del Livorno, indossando l’iconico cappellino/
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/ GIANCARLO BROCCI* /
CAMPIONE AL TRAMONTO NEI SETTE GRANDI GIRI VINTI IN CARRIERA DA CHRIS FROOME, È STATA L’IMPRESA SUL COLLE DELLE FINESTRE, CHE GLI È VALSA LA SUA UNICA MAGLIA ROSA, A CONSACRARLO NELL’OLIMPO DEL CICLISMO: UN FINALE CATARTICO CHE POCHI AVREBBERO PREVISTO
Chris Froome è un paradigma, una pietra miliare, segna un decennio e un'epoca. Quello che comincia col 2010 è il periodo indubitabilmente segnato dal Keniano bianco, questo cittadino del mondo, nato a Nairobi nel 1985, poi sudafricano e inglese per passaporto ciclistico, in qualche modo italiano nei suoi due anni precoci con Corti alla Barloworld. Dopo il passaggio alla Sky e alla gestione Brailsford, Froome trasforma fisico e carati, vince sette grandi Giri e qualcosa perde per poco; fra i suoi avversari solo a Nibali riesce un poker che comprende due Giro, un Tour e una Vuelta. Ognuno degli altri big del periodo si distingue per confermare l'estrema volatilità di certe leadership, dissoltesi spesso come le cicale, dopo aver cantato una sola estate. Eppure è quel ciclismo e il modo a cui ce lo adattano a non convincere mai pienamente, a non scaldare il cuore della gente. Di Froome sono le magrezze eccessive, le ‘frullate’ a 110 pedalate al minuto in salita, quei rapportini antiestetici da anziani signori in mountain bike; così come la postura delle mani sul manubrio, la corona ovoidale, la posizione in discesa, certe sue isterie nello sbattere la bici al muro per qualche noia meccanica, persino la sua corsa ansiosa a piedi dopo la caduta sul Ventoux. E poi, a produrre antipatia, c'è quello strapotere di squadra, quel modo di determinare i copioni in montagna, una muta di gregari sin troppo forti a fare da deter-
rente per ognuna delle altre salite prima dell'ultima, a togliere spettacolo, ad affogarlo in una morsa ineludibile. Il tutto con l'idea che, Sky prima e Ineos poi, suggeriscano un ciclismo da fachiri, perennemente border line, alla ricerca dell'eccesso, sempre più teso a dimostrare che la scientificità pesa più dei quarti di nobiltà, della levatura dei garretti, che campioni si può diventare in certi laboratori d'avanguardia, magari senza sconfinare nell'illecito. Eppure anche il super team inglese finisce sotto lenti d'ingrandimento importanti. A Froome succede nella Vuelta del 2017, l'unico anno dell'accoppiata col Tour; viene fuori la positività al Salbutamolo. È di quel periodo (20 dicembre) il mio incontro a Parigi con Christian Prudhomme, proprio nella settimana in cui era emerso il caso. Ho in casa una maglia gialla di Froome autografata, frutto di quell'incontro dove, tra l'altro, si confermava l'intenzione di escluderlo da edizioni successive della Grande Boucle. Proposito poi rientrato, a fronte anche della potenza di fuoco avvocatizia che fu messa in campo, a partire dalla difesa di quell'alloro spagnolo, dal potente team british.
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Oggi Froome, ormai praticamente un ex dopo la disastrosa caduta al Delfinato 2019, ha promosso l'idea di bandire le bici da cronometro nelle prove dei Grandi Giri; forse è un altro contrappasso, forse, semplicemente, la maledizione per quell'incidente, rimediato a soffiarsi il naso in una ricognizione sul percorso di quella crono, una sbandata banale che, tra protesi e ruote lenticolari, non gli fu possibile rimediare e che ha prepensionato un comunque campione. * Ideatore di Eroica e conduttore per Bike Channel dell’omonimo programma tv.
/©Foto Twitter @chrisfroome/
Sulle strade del Tour e non solo, spesso Froome (e il ciclismo che rappresenta) è stato accolto da fischi, persino da gesti deplorevoli. Eppure la storia di un indubbio campione del suo tempo ha un finale catartico. Chris compie la sua ultima, grande e per una volta eroica, impresa ribaltando in extremis le sorti del Giro d'Italia 2018. Guadagna l'unica maglia rosa finale della carriera inventandosi la fuga del contrappasso, la modalità più antica per il ciclista più moderno: sul Colle delle Finestre a 85 kilometri dall'arrivo e con oltre cinque minuti di ritardo in classifica; un abisso nel ciclismo d'oggi, un gesto immenso iniziato appena imboccato un tratto di strada bianca.
/Chris Froome in allenamento in maglia Israel-Premier Tech/
/©Foto Shutterstock/
/La maglia gialla autografata da Froome/
/In maglia rosa con il Trofeo senza Fine/
L’INCIDENTE DEL 2019 DURANTE LA RICOGNIZIONE PER UNA CRONOMETRO HA FORSE COMPROMESSO LA CORSA VERSO GLI ULTIMI OBIETTIVI. ORA PRENDE LE DISTANZE DAGLI ECCESSI DI BICI SEMPRE PIÙ ESTREME 63
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/ LUCA GREGORIO /
LA SORPRESA DELLE MANIE IN PROVINCIA DI SAVONA, POCHI KILOMETRI OLTRE L’AURELIA, SI SNODA UN ANELLO CHE CONSENTE DI ALLENARSI NEL CLIMA MITE DELLA LIGURIA, PRIMA CHE ARRIVI L’ESTATE E SENZA RINUNCIARE A METTERE NELLE GAMBE LE PRIME ASCESE DI STAGIONE Salite a picco sul mare. Clima mite quasi tutto l’anno. Colori e profumi che sanno d’incanto. Per chi ama pedalare, la Liguria è un paradiso a cielo aperto. E non mancano luoghi ricchi di fascino, storia e bellezza, come Le Manie, in provincia di Savona. Facile da raggiungere per chi fugge da Torino o Milano, la tratta di strada che va da Borghetto Santo Spirito a Spotorno è un buon esempio di cosa voglia dire pedalare da queste parti. Ciò che sorprende sempre chi lascia la metropoli per trascorrere qualche giornata in Liguria, è come il termometro, anche d’inverno, specie nelle ore più calde, superi facilmente lo zero di diversi gradi, anche una decina: è un altro mondo, un’altra vita rispetto alle fredde giornate d’inverno del nord. Borghetto Santo Spirito, oppure Loano, sono perfette come punto di partenza per uscire in bicicletta. Oltre a poter pedalare sull’Aurelia, sia procedendo verso Alassio, direzione Ventimiglia, sia verso Savona, si può andare alla scoperta delle salite che si aprono all’interno della direttrice percorsa dalla Milano-Sanremo. Un’ipotesi può essere quella di un breve riscaldamento fino a Pietra Ligure, prima di salire, per circa 3,5 kilometri con pendenze fra il 6 e il 10% a Verezzi, il paese del teatro, inserito nella lista dei borghi più belli d’Italia. Da qui si possono scalare i 1.028 metri del Colle del Melogno oppure ridiscendere verso Finale Ligure. Patria degli sport outdoor (mountain bike e arrampicata), Finale ha la sua parte più affascinante e storica nell’antico nucleo medievale di Finalborgo, situato a pochi kilometri dall’uscita dell’autostrada. Qui, dove peraltro ha sede Exept (azienda che produce bici personalizzate e su misura rigorosamente Made
in Italy), si riparte per arrampicarsi sulla salita de Le Manie. Da Final Pia sono poco più di 4 kilometri, mediamente fra il 5 e l’8% con punte al 10%. La strada è meravigliosa, panoramica, e offre uno splendido scorcio sul promontorio di Varigotti. Dopo un tratto in falsopiano si scende fino a Spotorno e poi avanti ancora fino a Capo Noli, che è uno dei punti più suggestivi del litorale di ponente, con le pareti rocciose a picco sulla strada e la possibilità di ammirare (nelle giornate terse) quasi tutto il lato di levante da una parte e fino al promontorio di Alassio dall’altra. Tornati a Noli (altra perla da visitare velocemente con la splendida Chiesa di San Paragorio a rapire lo sguardo), è il momento di affrontare Le Manie dal versante nobile. Quello percorso in passato dalla Classica di Primavera. L’attacco de Le Manie è al 10%, si addolcisce intorno al 6-7% per qualche tratto ma poi torna all’8-9% fino a tre tornanti in cui si tocca addirittura l’11 o 12%. La seconda parte alterna segmenti più pedalabili ad altri in doppia cifra fino all’arrivo sull’altopiano, già esplorato in precedenza. A seconda di quanto tempo si ha a disposizione (e di quanta ‘benzina’ resta in serbatoio), le opzioni per proseguire non mancano: tornare sull’Aurealia e concludere l’uscita, ma anche, sempre da Borghetto Santo Spirito puntare Balestrino e oltre per una decina di kilometri di ascesa veramente stupendi. Strada larga, panoramica, dura il giusto e con zero traffico, come quasi tutte le salite dell’entroterra ligure. Bisogna lasciarsi rapire dal silenzio e dalla poesia dei tornanti fino alla cima (a circa 700 metri), ascoltando il proprio respiro.
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TRA FINALE E CAPO NOLI UNA PEDALABILE SALITA CHE HA VISTO TRANSITARE I CAMPIONI DELLA SANREMO OFFRE SCORCI PANORAMICI SUL GOLFO DI VARIGOTTI
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/ CATERINA LO CASTO /
SICILIA, TERRA DA SCOPRIRE VIAGGIO LUNGO LE STRADE DEL PERIPLO DELL’ISOLA, GRAZIE A UN’INIZIATIVA CHE MIRA A RILANCIARE IL CICLOTURISMO NELLA REGIONE PIÙ ESTESA D’ITALIA, PERCHÉ NOI, LE ‘CANARIE’, CE LE ABBIAMO IN CASA La regione più estesa d’Italia, con più strade in assoluto e una rete di agenzie specializzate in cicloturismo capillari sul territorio, con una gastronomia memorabile e tradizioni gelosamente custodite. In una parola: Sicilia. La ‘Gran Canaria del mediterraneo’ è una perla nel novero delle possibili destinazioni per cicloturismo, anche se non sempre le sue bellezze sono state gestite al meglio e le ciclabili sono ancore poche. Ma le istituzioni hanno iniziato a capirne le potenzialità, e il sogno è quello di competere un giorno con i big del cicloturismo mondiale. Ed è partendo da questo genere di riflessioni che prende corpo, già nel 2016, l’associazione Ciclabili siciliane, che nel marzo 2017 diventa tour operator a tutti gli effetti. “Dal cicloturista della prima ora ci si sta spostando sempre più verso un utente che ha un rapporto forte con la tecnologia, con biciclette sempre più tecniche e versatili, gravel comprese”, spiega a BIKE Giovanni Guarnieri, fondatore di Ciclabili siciliane. Questo movimento trasformativo ha generato l’esigenza di scoprire nuovi itinerari, perchè con gravel e mountain bike si possono ormai percorrere anche le provinciali abbandonate, una rete, per così dire naturale, di 15mila kilometri con ampi tratti in cui non transitano quasi mai automobili: ciclabili di fatto anche se non di diritto. Dall’immaginazione di Guarnieri è nato così il Periplo della Sicilia, una guida edita da Terre di Mezzo, presentata a marzo alla fiera del cicloturismo di Milano. Un viaggio ‘etico’ di 1200 kilometri, non così distante dall’idea del cammino di Santiago, in una regione percepita come esotica, “la mano lunga dell’Africa, il cuore caldo dell’Europa”, dice. Un
micro continente, con un vulcano attivo, deserti a Marsala, dune di sabbia a Pachino, i Nebrodi, le Madonie, i Sicani: un macrocosmo in cui, insomma, non manca proprio nulla. “Pedalando in certi punti della costa settentrionale sembra di trovarsi in Normandia, mentre Tre Fontane, nella provincia trapanese, sembra quasi l’Algeria”, prosegue. Il Periplo, viaggio profondo e completo dell’Isola si compone (o scompone a seconda del tempo a disposizione) in tre semi-peripli: la Via dei tramonti (Sunset rout), da Palermo ad Agrigento, che misura 400 kilometri, il tratto Agrigento- Catania, cuspide sud orientale che non si addentra nell’interno ed è chiamata Via della Liberazione (Liberation trail), mentre il terzo semiperiplo, la Via del nord (altrimenti detta Cliff and castles), si fa strada tra castelli, torri e scogliere dal sapore quasi nordico. “Abbiamo pensato anche all’intermodalità”, sottolinea Guarnieri, “a come trasportare le biciclette, ai diversi punti di partenza e ai possibili ristori”, in questo viaggio di 21 tappe divisibili in tre parti ciascuna composta di sette tappe. La storia accompagna i percorsi: da Palermo, di origine fenicia, fino ad Agrigento, città greca; poi Catania, che segna l’inizio della parte normanna, il versante nord della Sicilia. Avanzando e addentrandosi fino alle viscere dell’Isola, si realizza che le diverse dominazioni e ibridazioni culturali si proiettano anche sul modo di concepire spazi e architetture, a seconda che ci si trovi nei pressi dei porti di mare, nella parte ‘araba’ dell’Isola o in quella orientale catanese. “In Sicilia dove finiscono le infrastrutture iniziano i siciliani, e l’accoglienza compensa molte cose che a volte sembrano non funzionare”.
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/©Foto Ciclabili Siciliane/
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Il Periplo attraversa tutte destinazioni balneari più famose, destagionalizzando il turismo, creando indotto anche nei periodi in cui normalmente non ci sarebbe, fissando come obbiettivo, proprio quello di portare a pedalare in zone e in tempi diversi dall’alta stagione. “Abbiamo creato un pass di 32 pagine che viene spedito direttamente a casa”, spiega Guarnieri, “è personalizzabile e qui si possono raccogliere i timbri: chiunque può entrare nella rete per recuperarli gratuitamente”. E quando si fa tappa in un bike hotels o bed&breakfast partner del Periplo, il pass viene validato dal timbro, sancendo che il cicloturista può andare agevolmente in quelle strutture consigliate, ognuna delle quali offre sempre colazione e ricovero bici; i timbri vengono poi consegnati ai chek point per fare una sorta di ‘classifica’ finale. “Come operatore turistico sto cercando di fare rete con tutte le agenzie specializzate in cicloturismo, per aumentare le potenzialità, per creare un consorzio che garantisca la qualità del settore”, conclude Guarnieri. La guida, infine, presenta anche una parte più
tecnica, strade, con distanze e altimetrie e due blocchi di informazioni con un road book in cui ci si addentra nella gastronomia dei luoghi, con suggerimenti, però, per una dieta da ciclista fatta di prodotti del territorio, ricette antiche e piatti contemporanei, che diventano dei veri e propri nutraceutici on the road. A Scopello, per esempio, ci si ferma volentieri ad assaggiare il pane cunzato, pane di semola condito con olio nuovo, pecorino locale, pomodoro fresco, acciughe e origano, un buon modo per fare il pieno di tutti i macronutrienti necessari. Nella zona di Ganzirri si possono integrare proteine e carboidrati con un piatto di spaghetti con vongole e cozze locali; oppure ancora a Castronovo di Sicilia, famosa per la produzione artigianale di formaggi e ricotta, ci si ferma ad assaggiare cassate e cannoli alla pasticceria Sparacello: zuccheri e bontà a cui, con moderazione, non si può rinunciare. Presto il Periplo della Sicilia (Periplodellasicilia.com) sarà anche un’app con contenuti e storie, capaci di mettere a nudo le infinite facce di questa Terra prismatica.
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/©Foto Ciclabili Siciliane/
LA PROPOSTA COMPLETA RACCHIUDE TRE PERCORSI IN UNO: LA VIA DEI TRAMONTI, CHE VA DA NORD A SUD PARTENDO DAL CAPOLUOGO, IL TRATTO DA AGRIGENTO FINO A CATANIA, NOTO COME VIA DELLA LIBERAZIONE E INFINE LA VIA DEL NORD
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/ CATERINA LO CASTO /
SPIRITO PELLEGRINO SI CHIAMA MAGNA VIA FRANCIGENA ED È UN TRATTO DEL PERIPLO SICILIANO LUNGO LE VIE PERCORSE DA GRECI, ROMANI, ARABI E NORMANNI, DAL GOLFO DI PALERMO ALLA VALLE DEI TEMPLI DI AGRIGENTO. UN ITINERARIO RICCO DI SPIRITUALITÀ
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attraverso ‘trazzere’, strade sterrate antiche, che costeggiano muretti a secco e masserie dismesse attraverso cinque tappe principali che scandiscono il viaggio. Da Palermo a Santa Cristina Gela, il primo tratto, pedalando poi fino a Prizzi, nel secondo tratto, per arrivare a Cammarata, nella provincia Agrigentina. Nelle fasi finali del cammino si incontrano Racalmuto e Agrigento tutta. Dal golfo di Palermo alla Valle dei Templi, lungo le antiche vie percorse da greci, romani, arabi e normanni si scopre che “La Sicilia è come una lasagna”, come ci dice Davide, perchè le sue stratificazioni storiche e culturali, sono ben visibili a chi sa osservare tra le pieghe e batte le strade con occhi attenti. Attraverso quei 190 kilometri, si fa esperienza di percorsi ondulati misti a brevi momenti di pianura, salite impegnative, tratti di asfalto accidentato, sterrato con fondo sconnesso, paesaggi che colpiscono nel profondo, borghi: un doppio carpiato nell’anima antica di questa terra. Se si decide di vivere l’avventura con una bici a pedalata assistita, si potrebbe avere bisogno di ricaricare la batteria nelle tappe più lunghe, e godere dei ristori diffusi, ben organizzati lungo il tragitto. Dal 2017 in avanti la Magna via Francigena è stata attraversata da più di 2mila utenti l’anno, ciclisti ‘pellegrini’ che apprezzano il lato all’avventura del cicloturismo, lontano dalle mete di massa, alla ricerca di un genuino contatto con l’ambiente circostante e di rapporti umani fugaci ma veri. “Sono due le cose che fanno sentire chiunque a casa, il cibo e l’elemento ludico”, ecco perché parte importante del cammino della Magna via è anche la scoperta delle ricette antiche che si possono assaggiare strada facendo, collante dei popoli, ciò che avvicina tutti, ciclisti e camminatori, Sicilia e mondo intero. Per informazioni sono consultabili online i siti Periplodellasicilia.com e Camminifrancigenidisicilia.wordpress.com.
/©Foto Ciclabili Siciliane/
Tutti i cammini premoderni nascono per essere percorsi a piedi, tra questi anche la Via Francigena, in Sicilia. La viabilità siciliana antica si basa per lo più su sentieri non lastricati, cosa che rende l’isola, ancora oggi, una meta appagante, per chi vuole ripercorrere la sua storia, anche in bicicletta, attraverso percorsi impervi, tra borghi, mare, pianure e montagne. Nel 2017, da una bella collaborazione tra l’associazione Amici dei cammini francigeni di Sicilia e il tour operator Ciclabili siciliane prende forma un nuovo modo di concepire il pellegrinaggio: la Magna via Francigena. Questa volta la bici, gravel o mountain bike, ci ricorda che oltre alla bellezza del viaggio e della meta, della performance e della fatica, si possono sperimentare altri modi di fondersi con le due ruote, in cui spiritualità e ricerca di equilibrio possono far raggiungere differenti dimensioni di coscienza, quasi come poter vivere altre vite, in movimento. È questo il senso del pellegrinare, il significato di percorrere un pezzo di Via Francigena in bicicletta. “Cerchiamo di invogliare gli amici su due ruote a investire il tempo che passano pedalando, nel guardare il paesaggio che cambia, lentamente” ci dice Davide Comunale, organizzatore e fondatore del progetto insieme a Irene Marraffa e Giovanni Guarneri. “Siamo tre siciliani lontani da casa e cercavamo un ancoraggio per riavvicinarci alla nostra terra in un modo più pulito. Così abbiamo pensato di ripercorrere la Via Francigena, che passa anche dalla Sicilia, e farne una narrazione rispettosa della storia”. Il sistema globale dei cammini individuato e inserito in una guida (digitale e cartacea), è di mille kilometri, diviso in quattro vie, una delle quali, il tratto Palermo-Agrigento, è stato pensato anche per ciclisti, con una buona esperienza in mountain bike e un ottimo livello di allenamento. Questo tratto esplora l’interno della Sicilia occidentale
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/ ENRICO SALVI /
ALLE ORIGINI DEI TRABOCCHI UNA VIA VERDE DI 42 KILOMETRI PER SCOPRIRE NATURA, CULTURA E TRADIZIONI DI UNA DELLE LITORANEE PIÙ CARATTERISTICHE D’ABRUZZO. AMATA DA TUTTI, PIACQUE AI BENEDETTINI E FU SCELTA ANCHE DA GABRIELE D’ANNUNZIO
Un passe-partout per un viaggio totale attraverso una delle litoranee più caratteristiche d’Italia. È la Via verde della Costa dei trabocchi, una ciclopedonale in rampa di lancio per promuovere il turismo sostenibile in provincia di Chieti, miniera di storia, cultura, natura ed enogastronomia. Tra Ortona e Vasto, spiagge e scogliere, i trabocchi sorgono come sentinelle sul mare. Macchine da pesca costruite nel XII° secolo su palafitte in legno e paragonate a “ragni colossali” da Gabriele D’Annunzio, che ne Il Trionfo della Morte li descriveva come “macchine che parevano vivere di vita propria”. In quesi luoghi lo scrittore soggiornò nel 1889 in cerca di ispirazione per scrivere la tragedia. Proprio l’eremo dannunziano è una delle tappe lungo la Via verde della Costa dei trabocchi: 42 kilometri frutto di un’idea concepita ormai 15 anni fa e ora in fase di realizzazione. Della vecchia linea ferroviaria sono state riutilizzate le infrastrutture (ponti, gallerie e stazioni), per un’opera che rappresenta un tassello cardine del cicloturismo locale. Ci si trova infatti lungo la direttrice della Ciclovia adriatica, che mira a collegare Trieste e Santa Maria di Leuca, all’interno del progetto
Bike to Coast per una ciclabile continua lungo i 130 kilometri di costa abruzzese. Puntando verso l’entroterra, si aprono i 263 kilometri di rete ciclabile dei Trabocchi. Una grande arteria verde, insomma, che permette di raggiungere spiagge, riserve naturali, ma anche vigneti, uliveti e le città d’arte a ridosso della costa. Da nord verso sud, il viaggio inizia ad Ortona, mix di storia (dalla linea Gustav al Castello Aragonese), fede (con le reliquie di san Tommaso apostolo) e natura, con spiagge incontaminate come Ripari di Giobbe e Punta dell’Acquabella. Da San Vito, con il sopracitato promontorio dannunziano di Punta Turchino, ha inizio il tratto di costa con la maggiore concentrazione di trabocchi, molti dei quali diventati ristoranti dove gustare il pesce raccolto dai traboccanti. L’abbazia di San Giovanni in Venere sovrasta Fossacesia: nata come tempio pagano dedicato alla dea Venere Conciliatrice, fu trasformata dai benedettini in chiesa cattolica. Passando per la caratteristica lecceta di Torino di Sangro, poi, dopo poche pedalate, a Casalbordino si venera la Madonna dei Miracoli in ricordo di una apparizione avvenuta nel 1576.
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Prima di arrivare a Vasto, la riserva naturale di Punta Aderci, scrigno incontaminato dell’intera costa abruzzese, insieme alla spiaggia di Punta Penna, è invece culla di biodiversità ed ecosistema a sé stante. E quando si entra in Vasto non si può non provare il tipico brodetto, piatto tradizionale cucinato dai pescatori anche quando sono in barca. Ma non c’è spazio solo per i palati fini: dal rinascimentale Palazzo d’Avalos fino alla vista panoramica sul golfo, ce n’è per tutti i gusti. Lasciando la costa e addentrandosi nell’entroterra, anche solo per pochi chilometri, si incontrano la cittadina medievale di Lanciano, i vigneti
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di Tollo, patria del Montepulciano d’Abruzzo, e il castello Ducale di Crecchio. A conferma che il progetto della Via verde mette insieme storia, cultura, arte, natura, fede e buon cibo adatto a tutta la famiglia, che vede la possibilità di fare attività collaterali come kayak, sup ed escursioni a cavallo con strutture ricettive pensate per il cicloturismo. Oltre a hotel, residence, campeggi e b&b, la Costa dei Trabocchi è raggiungibile tramite un treno speciale, la Trabocchi Line, che consente di portare con sé la bicicletta ad un prezzo agevolato, oppure nelle nove ciclostazioni si possono noleggiare bici, mountain bike e monopattini.
TECNICA E MECCANICA
I CONSIGLI DEGLI ESPERTI SU GUIDA E MANUTENZIONE
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/ MASSIMO BOGLIA* /
LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO
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IN PRIMAVERA LE STRADE SI POPOLANO NUOVAMENTE DI CICLISTI E SONO SEMPRE DI PIÙ, IN NUMERO E VARIETÀ, LE BICI CHE SI INCONTRANO: ECCO ALCUNI SUGGERIMENTI PER CONDURRE IL PROPRIO MEZZO SENZA RISCHI, TRA FAMIGLIE, CONSEGNE E PRATICA SPORTIVA
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Primavera è quel periodo dell’anno in cui moltissime persone riscoprono la bicicletta. Dopo qualche mese di letargo, complice il bel tempo, le strade si riempiono, non solo di ‘specialissime’, ma di bici di ogni tipo: ragazzini che saltano e scorrazzano liberi con le loro mountain bike e bmx, bambini trasportati su seggiolini anatomici montati su moderne city bike, con i più grandicelli che iniziano ad abbandonare le rotelle e così via fino alle più classiche e immancabili Grazielle. Spesso si pensa alle biciclette di ogni giorno con sufficienza, quasi con ironia. Ma in realtà tanti campioni, di ieri e di oggi, hanno iniziato a pedalare proprio così, come tutti noi, del resto. E sono questi i primi mezzi per cui – non ci si stanca mai di sottolinearlo abbastanza – un corretto comportamento e una seria attenzione da parte del ciclista sono letteralmente di vitale importanza nell’utilizzo quotidiano. Non esistono, infatti, solo le biciclette da corsa, come si è talvolta erroneamente portati a pensare quando si parla di sicurezza. Se in una qualsiasi domenica pomeriggio primaverile ci si volesse fermare per un’ora a margine di una classica pista ciclopedonale, per esempio, ci si accorgerebbe facilmente di quanti e quali rischi corrono, talvolta anche inconsapevolmente, la maggior parte delle persone che conduce una bicicletta. Ecco perché è importante ripetere alcuni piccoli ma preziosi suggerimenti da tenere sempre ben presenti quando si pedala. Un occhio di riguardo bisogna innanzitutto averlo verso i più piccoli, a partire dai bambini che viaggiano seduti sui seggiolini, legandoli correttamente e iniziando, fin dalla più tenera età, a sensibilizzarli sull’uso del casco che, peraltro, dovrebbe ai nostri giorni essere quanto mai normale indossare da parte di tutti, che sia per andare al parco o al lavoro, a scuola, all’oratorio o a fare la
spesa. Attenzione particolare anche per chi muove i primi colpi di pedale: l’errore più frequente da parte degli adulti è voler precedere i bambini che, invece, devono stare davanti, in modo che alle loro spalle si possa osservarli e correggere qualsiasi loro errore, accertandosi che pedalino sempre sul lato destro della carreggiata, strada o ciclabile. Non è solo per l’uso del casco che l’esempio dovrebbe partire sempre dai più grandi, a maggior ragione in presenza di minori: come in auto, anche in bici, non si deve assolutamente utilizzare il telefono mentre si procede. Invece, troppo spesso, capita di vedere adulti che telefonano abbassando così il livello di attenzione. Raccomandabile sarebbe fermarsi in posizione sicura per telefonare. Chi possiede una di bici da corsa, poi, dovrebbe evitare le piste ciclabili di domenica, quando sono popolate di famiglie che pedalano, ragazzini con i pattini e talvolta anche pedoni. Non sono certo il luogo e il momento adatti per allenarsi. Volerlo fare comunque sarebbe una, pericolosa, forma di esibizionismo. Tandem, cargo, fat e trekking bike sono infine oramai sempre più presenti sulle nostre strade, ed è ora che tutte queste bici vengano prese in considerazione come veri e propri mezzi di trasporto. Cosa che vale, ovviamente anche per il corridore che si allena o la signora con Graziella. Tanto chi conduce una bici quanto chi viaggia sulle medesime strade, come automobilisti, motociclisti e autotrasportatori, devono, non solo rispettare le norme del codice della strada, ma mantere un comportamento responsabile sempre ispirato al buon senso. Solo così si può condividere in sicurezza la sede stradale. * Già atleta professionista, è divulgatore delle due ruote e titolare dell’officina Cicli Boglia
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CHE SIA IL CASCO, L’USO DEL TELEFONO OPPURE IL RISPETTO DELLE PIÙ ELEMENTARI NORME DEL CODICE STRADALE, L’ESEMPIO DEVE PARTIRE SEMPRE DAGLI ADULTI
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/ ANDREA RONCHI /
ANCHE LE BICI FANNO IL TAGLIANDO PULIZIA, VERIFICA DELLO STATO DI SALUTE DELLE PARTI MECCANICHE E DELLA PRESSIONE DEGLI PNEUMATICI. MA ANCHE CONTROLLI DI BATTERIA, IMPIANTI FRENANTI,ORMAI SEMPRE PIÙ SOFISTICATI, E SOSPENSIONI. ECCO GLI INTERVENTI CHE SI POSSONO FARE DA SOLI E QUELLI CHE INVECE NECESSITANO DELLE MANI DI UN PROFESSIONISTA ESPERTO Quando iniziano a salire le temperature, ritorna a molti la voglia di pedalare. E non importa se si tratta ‘solo’ del tragitto casa-lavoro o di impegnative uscite su bici da corsa piuttosto che escursioni nei boschi; per ripartire in sicurezza è sempre necessario effettuare un controllo generale del proprio mezzo prestando attenzione ad alcuni particolari, proprio come si farebbe con la propria auto o moto. Ci sono operazioni che sono alla portata di tutti e altre che, invece, richiedono l’intervento di un meccanico esperto. Chiunque, per esempio, può partire dalla pulizia: con spugna, acqua e detergente adatto si può innanzitutto rimuovere la sporcizia dal telaio accumulata durante l’inverno o in occasione di giornate piovose; allo stesso modo è opportuno verificare se occore ripulire e oliare
la catena, oltre a controllare sempre la corretta pressione degli pneumatici. A proposito di gomme, per chiunque abbia copertoni con all’interno la camera d'aria, basterebbe, una volta verificata la pressione, gonfiarle se necessario, a meno che ci siano evidenti tagli o occessiva usara e allora meglio sostituirle. Per chi invece monta gomme tubeless, facendo girare le ruote, si può verificare anche che il lattice non si sia seccato. Per farlo occorre ‘ascoltare’ il rumore del lattice scuotendo la gomma, meglio se smontandola dalla ruota. Se necessario, si può inserire del lattice fresco ripulendo l’interno da quello vecchio, ma non è operazione alla portata di tutti.
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TECNICA E MECCANICA
Altro controllo importante è legato all'impianto frenante, centrale per la propria sicurezza e quella degli altri. Con freni tradizionali, basta controllare che funzionino correttamente, altrimenti meglio recarsi in ciclofficina per un eventuale sostituzione delle pastiglie o altro genere di interventi. Diverso il discorso se si montano impianti idraulici. Il periodo di inattività, specie se si è appesa la bicicletta in verticale, può aver creato la formazione di aria all'interno del sistema. Inoltre l'olio dei freni tende ad accumulare umidità e aria. Il consiglio è verificare l'efficacia pinzando per controllare lo spazio di frenata e la lunghezza della leva. In caso di anomalie, ma anche se solo si dovesse avere un dubbio, meglio fare uno spurgo dei freni. Non è operazione difficile ma servono strumenti adeguati e un meccanico può farlo in poco tempo. Discorso analogo vale per chi monta ammortizzatori. Bisogna verificare che non ci sia stata fuoriuscita d’olio dai cortechi della forcella. Se tutto è in ordine, basta semplicemente fare in modo che l'olio, depositato sul fondo dei foderi, si muova verso le boccole. È sufficiente, dunque, ‘pompare’ un po’ di volte sulla forcella a bici ferma. Per chi avesse una bicicletta a pedalata assistita, come ormai sempre più spesso se ne vedono per le strade, oltre a quanto vale anche per le muscolari, ci sono poi interventi con cui è bene familiarizzare. Al netto di quanto può e deve essere oggetto di interventi appannaggio di professionisti, verificare lo stato di pulizia dei contatti della batteria – che in inverno in occasione di lunghi rimessaggi andrebbe sempre rimossa – è buona cosa. La batteria, poi, va ricaricata completamente prima dell'uso, mentre opportuno sarebbe, quando si prevede di non utilizzare la bici a lungo, come può accadere in inverno o in estate quando si è in vacanza, lasciarla con un livello di carica approssimativamente intorno al 70%, affinché essa non perda efficienza.
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In linea di massima il consiglio è sempre quello di recarsi dal proprio meccanico di fiducia per un controllo, un po’ come siamo abituati a fare con i mezzi a motore a combustione. Spesso, poi, sempre parlando di e-bike, sono disponibili anche aggiornamenti dei motori e delle centraline. Persone competenti, del resto, sono quelle che meglio di tuttit possono garantire che il mezzo sia efficiente e sicuro.
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CITTÀ IN MOVIMENTO
IDEE E PROGETTI PER LE METROPOLI E IL TERRITORIO
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/ GIOVANNI IOZZIA /
LA MOBILITÀ NELL’ERA META
/©Foto Courtesy Hyundai/
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NON C’È SOLO IL METAVERSO PROGETTATO DA MARK ZUCKERBERG PER RILANCIARE FACEBOOK: NEL NEW NORMAL IN CUI I CONFINI TRA REALE E VIRTUALE SFUMANO COME IN UN VIDEOGIOCO, SI STUDIA E SI IMMAGINA COSA I MEZZI DI TRASPORTO POTRANNO DIVENTARE. UN TEMA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL CES DI LAS VEGAS
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CITTÀ IN MOVIIMENTO
Hiro corre per le strade di Los Angeles, deve assolutamente consegnare una pizza entro 30 minuti dall’ordine. Per sfuggire allo stress quotidiano, però, si diverte sfidando con una katana avversari digitali nel Metaverso. Succedeva nel romanzo Snow Crash di Neal Stephenson, pubblicato nel 1992. La fantascienza ha previsto molto del nostro presente, compreso il Metaverso, concetto diventato di gran moda fino a che, trent’anni dopo, Mark Zuckerberg lo ha utilizzato per ribattezzare Facebook, ora Meta appunto. Concetto che cambierà anche la stessa idea di mobilità. Ma che cos’è il Metaverso? Lasciamolo spiegare a chi l’ha immaginato per primo: “Hiro si trova in un universo informaticamente generato che il computer sta creando nel suo visore e spingendo nei suoi auricolari”, scrive Stephenson. “In gergo, questo posto immaginario è noto come il Metaverso. Gli sviluppatori possono costruire edifici, parchi, segnali e anche cose che non esistono nella realtà, come grandi spettacoli di luci sospese sopra le nostre teste, quartieri speciali dove le regole dello spazio-tempo tridimensionale sono ignorate e zone di combattimento libero dove le persone possono darsi la caccia e uccidersi a vicenda”. Non sembrava un bel posto, ma adesso tutti vogliono andarci. “Lo spazio, il tempo e la distanza diventeranno del tutto irrilevanti. Collegando i robot al Metaverso saremo in grado di muoverci liberamente tra il mondo reale e la realtà virtuale”. Sembra di sentir risuonare le parole scritte nel 1992, invece è una dichiarazione resa nel 2022 da Chang Song, presidente e head of della divisione Transportation-as-a-service di Hyundai, la casa automobilistica coreana che al Ces di Las Vegas, la più importante fiera mondiale dell’elettronica di consumo, ha lanciato il concetto di Metamobility. Quando sarà possibile spostarsi tra mondo fisico
e mondo digitale, come lo faremo? Se in Snow Crash le porte di ingresso erano in locali pubblici e nel film Matrix Neo (Keanu Reeves) usa le linee telefoniche, i nostri veicoli per muoverci nel mondo virtuale probabilmente saranno i robot. Chi aveva trovato strano, nell’estate 2021, che Hyundai spendesse 880 milioni di dollari per l’80% di Boston Dynamics, adesso ha compreso il senso dell’operazione. La società americana, che è specializzata in robotica, ha progettato il quadrupede Spot, una specie di cane meccanico, e il robot Atlas, un umanoide che corre e salta. Macchine destinate con tutta probabilità a diventera una nostra estensione: mentre saremo in vacanza, potremo dare da mangiare al gatto o innaffiare le piante a casa grazie a un avatar nel Metaverso e a un robot che esegue comandi e riproduce gesti. Allo stesso modo sarà possibile per un medico fare un intervento senza essere vicino al paziente o per un operaio lavorare senza andare in fabbrica. Si aprono scenari inimmaginabili e si parla già di Mobility of things: saranno dunque gli oggetti a muoversi seguendo le indicazioni dei nostri ‘gemelli digitali’. Anche noi saremo liberi di andare dove ci pare e quando ci pare, ma senza lasciare casa. E le auto diventeranno altro: consolle per videogiochi o spazi di intrattenimento. Se Facebook ha previsto investimenti per 10 miliardi di dollari, a inizio 2022 Microsoft ha speso 68,7 miliardi per comprare Activision Blizzard, la più grande acquisizione di tutti i tempi nel mondo dei videogames. I videogiochi: un genere di prodotto che rappresenta già una sorta di anteprima del Metaverso e che Bloomberg mette al primo posto in un nuovo mercato che a fine 2024 potrebbe valere 800 miliardi di dollari. Il business del fac-simile digitale della realtà è già partito. Quanto ci piacerà? È tutto un altro discorso.
“SPAZIO, TEMPO E DISTANZE DIVENTERANNO IRRILEVANTI E CI MUOVEREMO LIBERAMENTE TRA DUE MONDI PARALLELI”. NON SONO LE FRASI DI UN ROMANZO DISTOPICO, MA LE PAROLE DEL CAPO DIVISIONE HYUNDAI TRANSPORTATION-AS-A-SERVICE
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di
/ VITTORIO MANTOVANI /
A LAS VEGAS BICI DAL FUTURO LA SNOWBIKE CHE PUNTA SULL'AGILITÀ E L'ELETTRICA CHE HA FATTO IL RECORD DI PERCORRENZA. SONO SOLO ALCUNE DELLE NOVITÀ PRESENTATE AL CES, LA FIERA TECNOLOGICA PIÙ INFLUENTE AL MONDO L’idea è nata in vacanza. Nicolas Muron, ingegnere aerospaziale, non sopportava la lentezza degli spostamenti invernali a Saint-Gervais, sulle Alpi francesi. Così, in una zona di grande tradizione ciclistica – poco lontano c’è Sallanches, dove Hinault vinse uno dei Mondiali più duri della storia –, si è inventato una bici da neve. La startup Moonbikes è stata, nel campo della mobilità, una delle più originali presentate all’ultimo Ces di Las Vegas: una snowbike con telaio da bici, un cingolo a rimpiazzare la ruota posteriore e uno sci al posto di quella anteriore, un motore elettrico da 3kW e velocità massima di 42 kilometri orari. Autonomia? Tra 19 e 35 kilometri. L’autonomia è il punto di forza di Delfast, e-bike ucraina che Mashable ha definito “una specie di mostro di Frankenstein” per via dei componenti aggiunti al telaio e alle ruote: è entrata nel Guinness dei Primati per avere percorso 367 km con una sola ricarica.
/Moonbikes/
/Delfast/
Bird, impresa californiana fondata cinque anni fa da un ex dirigente Uber e famosa soprattutto per i monopattini elettrici, ha abbandonato la catena tradizionale per passare alla Gates carbon belt drive: una cinghia in fibra di carbonio che promette una pedalata più morbida. Provengono dal mondo degli e-scooter anche le cinesi Okai e Niu, che al Ces hanno portato due bici elettriche dagli stili opposti: una e-bike a 12 velocità, la prima, realizzata con componenti di mountain bike di alta gamma, e un modello da città con telaio step through – cioè privo di tubo orizzontale –, la seconda, con diverse funzioni di smart security. Alla sicurezza guarda la svedese Terranet, che a Las Vegas ha presentato BlincBike, sistema di prevenzione incidenti basato su sensori di rilevamento e videocamera sottosella. Legata alla tecnologia anche la proposta di Bosch, che ha introdotto la nuova generazione delle applicazioni eBike Systems: app, display, unità di controllo e batteria ricaricabile per monitorare e personalizzare la guida.
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CITTÀ IN MOVIMENTO
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/ FULVIO DI GIUSEPPE /
NEL CUORE DELL’ACCADEMIA L’UNIVERSITÀ È IN PIEDI SUI PEDALI CON INIZIATIVE DEDICATE ALLA BICI-CULTURA: DAGLI SCHOLARES VAGANTES DELL’ATENEO DI PADOVA, CHE PERCORRONO PIÙ DI 4MILA KILOMETRI IN EUROPA PARTENDO DA OXFORD E CAMBRIDGE, FINO A CORSI PIONIERISTICI per 60 giorni di viaggio. “Un percorso e un’esperienza europea”, spiega l’Università, “da lasciare in eredità alle prossime generazioni, all’insegna dei valori fondanti l’ateneo e la riflessione collettiva sul futuro che ci attende. Un messaggio attivo di sostenibilità e che promuova i valori dello sport, della salute, del benessere, della mobilità e della collaborazione internazionale”. I ciclisti universitari attraverseranno quattro Paesi: si parte dall’Inghilterra, con le prime pedalate dall’Università di Oxford a Cambridge, raggiungendo poi Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne e allungandosi in Spagna alla Universidad de Salamanca, fino all’Italia con tappa all’Alma Mater Studiorum Università di Bologna e l’arrivo, ovviamente, in Veneto.
/©Foto Courtesy: Twitter @UniPadova/
Una ciclo-staffetta, attraversando le più antiche università d’Europa. Un’occasione per riportare alla memoria quei medievali scholares vagantes che attraversavano i confini alla ricerca di una cultura comune, ma anche un’inedita riproposizione della moderna mobilità studentesca internazionale. È l’originale iniziativa dell’Università di Padova per celebrare gli 800 anni di storia. Pedalando nel mondo della cultura, le due ruote entrano negli atenei dalla porta principale e la smart mobility diventa materia di studio e di incontro. Come quello, appunto, che vedrà protagonisti nove team ciclistici dell’Università di Padova: in primavera quaranta persone, tra docenti, personale, studentesse e studenti, si alterneranno percorrendo i circa 4.475 kilometri totali, con una media giornaliera di 75 kilometri, in nove tappe
/Gli Scholares Vagantes dell’Università di Padova/
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È invece tutto romano l’itinerario di Bici-lette, le vie per la Sapienza, il progetto di Terza missione del Sistema bibliotecario Sapienza che propone percorsi di mobilità sostenibile e di cicloturismo tra le sedi Sapienza attuali e storiche, come S. Ivo alla Sapienza e quella di via Panisperna. Lungo i percorsi che collegano la Città universitaria alle sedi sparse nel territorio di Roma sono stati individuati dei punti di interesse, ossia brevi descrizioni di palazzi, alberi, affioramenti rocciosi, eventi che caratterizzano il territorio urbano. Ogni punto di interesse contiene anche un riferimento bibliografico che rimanda al patrimonio librario delle biblioteche Sapienza e un’immagine tratta da Wikimedia Commons. Conoscenza su due ruote, come l’esperienza di Giorgio Battistella, docente di Treviso, che da anni legge in pubblico Dante. Ma lo scorso anno ha realizzato un tour in bici in Toscana: si spostava sulle due ruote, la sera recitava, veniva ospitato e il giorno dopo ripartiva. Un ‘Viaggio con Dante’ che questa estate intende replicare: è intenzionato a fare il bis e sta già chiedendo ospitalità a enti e strutture tra Puglia e Basilicata, per fare venti tappe del suo Giro d’Italia con il Sommo poeta. A lezione di ciclismo, dunque, letteralmente. Come avviene in Germania, dove è stata istituita la prima cattedra universitaria sulla “Convivenza in strada tra ciclisti e automobilisti”. E dal maggio dello scorso anno è stato lanciato un piano da 8,3 milioni di euro, per finanziare cattedre e corsi specializzati nella mobilità a due ruote. L’obiettivo è ambizioso: il mandato dei nuovi professori sarà quello di formare un nuovo gruppo di pianificatori urbani, sociologi e psicologi del traffico, che do-
vranno studiare come e perché le persone usano le strade. In Italia, una delle esperienze pioniere è quella dell’Università degli Studi di Verona, che da otto anni organizza il corso di perfezionamento in “Esperto promotore della mobilità ciclistica”. Il corso forma una nuova figura professionale capace da fare da raccordo tra pianificatori, progettisti, portatori di interesse, operatori economici e turistici, politici ed amministratori, per promuovere la mobilità ciclistica urbana e territoriale. Dei 150 diplomati fino al 7° corso – rivendicano orgogliosamente dall’ateneo –, 21 hanno attivato attività imprenditoriali, 29 hanno avviato attività professionali, 26 sono volontari esperti, 14 sono dipendenti pubblici di Regioni e Comuni e 6 sono consiglieri comunali, assessori e deputati. Particolarmente attiva la città di Bologna, dove da anni – sotto la spinta iniziale di ‘Salva i ciclisti’ –, sono attivi corsi e lezioni all'UniBike, l’università della bicicletta nata per favorire l’utilizzo della due ruote in città e garantire la sicurezza di chi ne fa uso. Intanto l’Università di Bologna ha anche messo a bando 50 Almabike, dotate di sensori in grado di rilevare la qualità dell’aria, il rumore e i parametri ambientali, che saranno a disposizione di altrettanti studenti. Infine, la Bike Therapy made in Torino: la Fondazione Università Popolare si è impegnata a dare vita a un percorso formativo online per l’anno accademico 2021/2022 composto da oltre 30 lezioni dedicate alla bicicletta e alla promozione di nuovi stili di vita, tra storia e della cultura della bici, mobilità sostenibile, educazione ambientale e nuove pratiche e stili di vita nelle nostre città.
/©Foto Courtesy: Twitter @UniPadova/
ESPERTI PROMOTORI DELLA MOBILITÀ DOLCE E DELLA CONVIVENZA IN STRADA TRA CICLISTI E AUTOMOBILISTI. SONO LE NUOVE FIGURE FORMATE DALLE FACOLTÀ IN ITALIA E ALL’ESTERO 86
CITTÀ IN MOVIMENTO
/I 4.475 kilometri dell percorso che seguiranno gli Scholares Vagantes dell’ateneo padovano/
“UN PERCORSO E UN’ESPERIENZA CHE LASCEREMO IN EREDITÀ ALLE PROSSIME GENERAZIONI, ALL’INSEGNA DEI VALORI FONDANTI E DELLA RIFLESSIONE SUL FUTURO”
/Giorgio Battistella, docente di Treviso, che da anni legge in pubblico Dante/
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/ FULVIO DI GIUSEPPE /
TUTTI IN SELLA DALLA WALKING BIKE AI TANDEM IN PARALLELO PASSANDO PER LE CARGO IN FORMATO FAMILY, SENZA DIMENTICARE LE HANDBIKE DA CORSA. COSÌ LA BICICLETTA STA DIVENTANDO STRUMENTO DI INCLUSIONE PER PERSONE CON DISABILITÀ Alla vista di un deambulatore aveva commentato semplicemente: “Per farmi usare uno di quelli, dovranno passare prima sul mio cadavere”. Ed è stato ascoltando le parole dell’anziana madre che Barbara Alink ha avuto un’illuminazione. È lei, infatti, filantropa olandese, l'inventrice di Alinker, la ‘walking bike’ a tre ruote, senza pedali e non motorizzata, disegnata per chi, pur avendo difficoltà a camminare, vuole mantenere uno stile di vita attivo. “È una bici che nasce specificatamente per persone che hanno un problema di mobilità ma che non si vogliono arrendere”, commenta Carlo Pittis, che ha importato Alinker in Italia, diventandone distributore esclusivo. Un esempio di come, perlomeno in determinate situazioni, esistano alternative valide, originali e anche un po’ più ‘trendy’ a deambulatori e sedie a rotelle. Progetti ad hoc di bici che, grazie a innovative soluzioni tecnologiche, possono dischiudere possibilità un tempo inimmaginabili. Accessibilità e praticità, come nel caso dei veicoli prodotti dall’azienda olandese Van Raam, leader in questo settore, di cui Aspassobike è dealer per l’Italia. Ponte tra l’Italia e Olanda, si (auto)definisce un “progetto di mobilità sociale, sostenibile, piacevole, ecologico ma soprattutto divertente per il trasporto di persone con diverse disabilità”. Modelli e design differenti, come Veloplus, mezzo studiato per accompagnare persone con disabilità in bicicletta senza essere spostati dalla propria carrozzina. Opair è invece il mezzo studiato per accompagnare persone con disabilità psicomotoria, non solo quelle in carrozzina. Fun2go permet-
te di accompagnare persone con qualsiasi tipo di disabilità: è in sostanza un tandem affiancato e favorisce, durante la pedalata, una migliore interazione e un più sicuro controllo sul passeggero. Oppure ancora, Chat, che ha la seduta passeggero di fronte al manubrio come un classico risciò. Perché la strada non deve solo “essere di tutti, a partire dal più fragile”, come recita la campagna della Fondazione Michele Scarponi, ma anche “per tutti”. Lo sa bene Alex Zanardi, la cui spinta tecnica ed emotiva ha portato la casa automobilistica Dallara a sviluppare la Z-Bike, un innovativo modello di handbike. L’ex pilota e atleta paralimpico ha proposto di sviluppare un modello di handbike che permettesse di migliorare le performance di tanti paraciclisti e che allo stesso tempo rendesse ancora più accessibile la pratica di questo sport agli aspiranti atleti. Dopo mesi di sperimentazione, è arrivato Z-Bike, modello di handbike unico per ergonomia, dimensioni, versatilità, struttura e peso. Sport, ma anche turismo. Da qui, alcuni modelli firmati Remoove, come le wheelchair bike, speciali biciclette progettate per permettere anche alle persone in carrozzina di viaggiare in bici. E ancora, per condividere il piacere di un giro in bici, ecco la special Cargo family: progettati per trasportare più persone oltre al ciclista, nei modelli di Remoove c’è una persona che conduce e un vano apposito in cui possono essere trasportati carichi o altre persone, ad esempio anziani, disabili o bambini. Per condividere, tutti insieme, il gusto di una pedalata senza limiti.
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CITTÀ IN MOVIMENTO
/Il parco mezzi prodotto da Van Raam/
/Con Remoove si viaggia in bici/
/Alinker in funzione/
/La Z-Bike per chi ama lo sport/
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/ GIOVANNI IOZZIA /
RIVOLUZIONE VELOPOLITANA IL MODELLO DELLA NUOVA MOBILITÀ URBANA A PARIGI VEDE LA BICICLETTA AL CENTRO DEL TRASPORTO PUBBLICO CON KILOMETRI DI CICLABILI E PARCHEGGI RISERVATI. MILANO LO STUDIA PER AVVICINARE GLI STANDARD EUROPEI È partita una gara tra le grandi città d’Europa a chi è la più bicycle friendly. Ed è una bella cosa. Parigi ha deciso di accelerare con un investimento da 250 milioni di euro e l’obiettivo di diventare, entro il 2026, “une ville cicliste à 100%”. Il piano del sindaco Anne Hidalgo è ampio e ambizioso e ha ispirato Cambio, il BiciPlan approvato a fine 2021 dal consiglio comunale di Milano con un impegno economico simile e già in rampa di lancio. Le città da battere sono tutte nel Nord Europa, con la capitale della Danimarca che resta il modello di riferimento al punto che esiste addirittura un Copenaghen Index che valuta le città più amiche della bici nel mondo: nella sua ultima edizione vede Parigi all’ottavo posto. Una posizione che non è all’altezza del fascino della Ville Lumiere e soprattutto dei nuovi obiettivi di sostenibilità che tutti i governi nazionali devono raggiungere, soprattutto dopo la pandemia. Dopo aver già investito 150 milioni di euro fra il 2015 e il 2020, il nuovo piano rilancia per creare un’infrastruttura che permetta di pedalare in sicurezza in tutta la capitale e di creare un ecosistema a favore della mobilità su due ruote. A Parigi si va già tanto su due ruote. Solo con Vélib, il servizio pubblico di bike sharing (1406 stazioni, 19mila bici in circolazione, di cui il 35% ebike per 360mila abbonati) nel 2019 si facevano quasi 24milioni di corse. Ma adesso c’è da fare un salto di qualità, assegnando alla bicicletta il suo giusto valore nel sistema di mobilità urbana. Certo, le piste ciclabili devono aumentare (a Parigi ce ne sono già per più di mille kilometri, più circuiti per circa 300 kilometri), ma devono svilupparsi parallelamente con i punti di ingresso della rete dei servizi pubblici. L’immagine è quella di una
velopolitan, una linea di movimento su due ruote che andrà a integrarsi con i mezzi dell’Ile de France e della Grande Parigi. C’è poi tema dei parcheggi. Secondo un sondaggio circa l’80% dei parigini che non usano la bici è frenato dalla paura del furto. Quindi è prevista l’installazione di nuovi stalli, stazioni dedicate in prossimità della Gare de Lyon e di Montparnasse e postazioni all’interno dei parcheggi coperti per auto. Obiettivo: 130mila nuovi posti sicuri, 30mila archi in spazi pubblici, senza dimenticare la cargo bike che sono in aumento, e 50mila in spazi privati. Parcheggi obbligatori per tutte le nuove costruzioni ma anche nei palazzi e negli uffici pubblici che vengono ristrutturati. Il Comune coprirà il 50% delle spese. Insomma, se si vuol essere amici delle bici bisogna farlo davvero. Parigi si ripromette di far rispettare le regole sull’uso delle piste (spesso invase dai pedoni), di fare corsi nelle scuole ma anche per adulti, di creare punti di auto-riparazione in tutti i quartieri e di sviluppare il cicloturismo urbano: da Notre Dame parte il percorso che porta fino a Londra! La prima tappa di controllo del piano Hidalgo saranno i prossimi Giochi Olimpici in programma a Parigi nel 2024. Il 15% degli spostamenti dovranno essere effettuati in bici e saranno creati 20mila parcheggi nelle sedi degli aventi. Ma non tutti sono contenti. Le associazioni dei ciclisti si sono già divise: c’è chi dice che la sindaca non riuscirà a mantenere le promesse e chi sostiene che le piste ciclabili sono troppo strette per la quantità di bici in circolazione. La gara è ancora aperta e anche Milano, nel futuro prossimo, potrebbe fare la sua parte.
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/©Foto Shutterstock/
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/ FABIO FAGNANI /
IN AUTO, MA A PEDALI SEMBRA STRANO EPPURE È REALTÀ: TRA LE MACCHINE DEL FUTURO CI SARANNO ANCHE EVOLUZIONI DI E-BIKE A QUATTRO RUOTE. ECCO UNA CARRELLATA DI ALCUNI MODELLI E PROTOTIPI. E UNA È MADE IN PUGLIA In un mondo che procede spedito verso una nuova mobilità, differente da quella a cui siamo abituati da almeno un secolo, le innovazioni sono ormai all’ordine del giorno. Alcune strampalate, altre già vere e proprie alternative anche alle più consolidate tradizioni. Una partita nella quale ha fatto il suo ingresso anche l’auto a pedali. Sembra strano, ma è realtà: vetture a quattro ruote, ma a pedali. A chi ama i cartoni animati verrà subito alla mente l’automobile dei Flintstone, serie tv animata in cui la celebre famiglia ‘giurassica’ guida una macchina preistorica con ruote di cemento, spinta solo dalla forza delle gambe. Niente di tutto questo: sul mercato già operano player che propongono avveniristiche auto a pedalata assistita, e uno di questi è italiano. Tra le prime aziende a sperimentare questa tecnologia, la norvegese CityQ ha realizzato Car-eBike, quadriciclo a pedalata assistita con carrozzeria semi-chiusa, dotato di vano secondario che funge da baule o spazio per eventuale passeggero. Il motore elettrico raggiunge una velocità massima di 25 kilometri orari. L’autonomia va dai 70 ai 100 kilometri a seconda del livello di assistenza. Altra auto a pedali scandinava è Frikar PodBike. Nata nel 2020, ma in vendita dallo scorso anno, quest’auto a pedali raggiunge i 60 kilometri orari come velocità massima e i 90 kilometri di autonomia.
L’azienda garantisce la possibilità di montare batterie supplementari, il che potrebbe aumentare considerevolmente la distanza effettivamente percorribile. La carrozzeria, leggera ma resistente, è disegnata con attenzione all'aerodinamica. C’è poi chi passa dalle bici ed e-bike alle auto a pedalata assistita. In Germania, per esempio, Canyon ha progettato un avveniristico prototipo di veicolo a quattro ruote: si chiama Future mobility concept, ha una velocità fino a 60 kilometri orari e l’autonomia della batteria è di 150 kilometri. Arriva dall’Italia, precisamente dalla Puglia, Snap, la startup vincitrice di un’iniziativa promossa dalle Politiche giovanili della Regione che ha realizzato un quadriciclo a pedalata assistita con autonomia fino a 60 kilometri. Primo nel suo segmento a battere bandiera italiana, Snap è stato pensato unicamente per spostamenti cittadini, nelle zone a traffico limitato e sulle piste ciclabili.
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CITTÀ IN MOVIMENTO
/Il Future mobility concept di Canyon/
/La Car-eBike di CityQ/
/Frikar PodBike/
/Snap, l'auto a pedali Made in Puglia/
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CICLO ECONOMICO
STORIE ESCLUSIVE DI INNOVAZIONI E SUCCESSO
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di
/ FRANCESCA CAZZANIGA /
MORENO MOSER
NEL FUTURO CON STILE APPESA LA BICI AL CHIODO, IL PIÙ VINCENTE TRA GLI EREDI DELLA CELEBRE DINASTIA TRENTINA, HA DECISO DI INVESTIRE SULLA FORMAZIONE PER SCRIVERE UNA NUOVA PAGINA PROFESSIONALE NELLA COMUNICAZIONE E NEL DESIGN, SENZA LASCIARE QUEL MONDO CHE GLI HA DATO TANTO
Moser e il ciclismo: un binomio che parla quasi da sé, un legame che ha fatto la storia della bicicletta, in Italia e nel mondo. Quel cognome, bello ma allo stesso tempo così pesante, dopo Francesco, l’ha portato sulle spalle anche suo nipote Moreno che, in realtà, dice di non averne mai avvertito il peso. Intervistato per Le Storie di BIKE, ci ha raccontato come, sebbene abbia “sicuramente influito a livello mediatico”, tuttavia, “vedendo i miei risultati nei primi anni da professionista, con le vittorie al Giro di Polonia nel 2012 e alle Strade Bianche nello stesso anno, insieme ai due trofei Laigueglia nel 2012 e 2018, avrei con tutta probabilità dovuto gestire la stessa pressione. Con qualsiasi cognome”. Lo zio Francesco, lo Sceriffo, è una leggenda vivente che vanta più di 270 vittorie in carriera, tra strada e pista (nel palmarés spiccano un Giro d’Italia, sei classiche monumento e un campionato del mondo). Come lui, con molto meno successo, hanno corso i fratelli Diego, Aldo ed Enzo, prima del figlio Ignazio e di suo cugino, appunto, Moreno che, classe 1990, ha militato in Liquigas, Cannondale, Astana e Nippo Vini Fantini prima di scegliere, nel 2019, una strada nuova. “La vita mi ha portato ad essere quello che sono”,
dice il giovane Moser: “Non ho mai pensato ad alcuna alternativa, oltre a fare il corridore, nella mia testa c’era solo quello. E se non avessi fatto il ciclista, non avrei praticato nessun altro sport; a pensarci bene non so neppure dove sarei in questo momento…”. “Ciclista o niente”, prosegue, tanto che “fin dai primi anni di carriera ero già molto dedito al ciclismo, quasi in maniera maniacale, ed era probabilmente quello che mi serviva in quel momento”. Lo sport, grande palestra di vita, non dura per sempre, neanche se ti chiami Moser. Così Moreno ha deciso di ripartire da Milano, dove il suo nuovo presente è il design: da alcuni mesi è iscritto all’Istituto europeo di design (Ied), indirizzo design della comunicazione, ed è diventato ambassador di un brand come Cinelli. “Quando ho smesso nel 2019 la mia idea era quella di reinventarmi nel mondo del turismo ciclistico e quindi nel bike touring”, ma il Covid ha cambiato tutto. “Ho così cominciato, grazie a chi mi ha dato fiducia, lavorando sui social, prima con Rcs Sport per il Giro-E, e iniziando a collaborare poi con Cinelli, dove quest’anno seguirò la comunicazione del team”.
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CICLO ECONOMICO
“QUANDO HO SMESSO, VOLEVO REINVENTARMI NEL CICLOTURISMO CON I BIKE TOUR, MA IL COVID HA CAMBIATO TUTTO: ALLORA HO INIZIATO A LAVORARE CON I SOCIAL, PRIMA AL GIRO-E, ADESSO COME BRAND AMBASSADOR DI CINELLI”
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“Sentivo che mi mancava qualcosa per andare oltre”, spiega Moser, “dovevo fare uno step in avanti ulteriore per riuscire un giorno a realizzare il sogno di diventare art director”. E così ha deciso di rimettersi in gioco, “percorrendo un’altra strada, però, che forse sarà più lunga e insidiosa, ma sono certo che il bello deve ancora arrivare. Sto seguendo il flusso e credo di essere nel posto e nel momento giusti”. Se il ciclismo è stata una pagina fondamentale nella vita di Moser, una scuola decisiva per diventare l’uomo ambizioso e determinato che è oggi, ora è il momento di una nuova maturità. Grazie alle lezioni apprese nel ciclismo, rinuncia e fatica non lo spaventano. Nemmeno le prove e i saliscendi della vita: “I percorsi ondulati sono quelli
che mi somigliano di più, che poi erano anche i miei preferiti da ciclista”. Una bella metafora per lui che non si ritiene “persona molto costante, ma neanche troppo spericolata” e che adesso lavorerà perché “quei percorsi ondulati possano diventare sempre più salite regolari”. Se al Moreno dei primi anni si sente di dare qualche suggeriemento? “Probabilmente non gli direi niente, forse per paura di rovinare gli equilibri che avevo in quel momento”. Un sogno nel cassetto ce l’ha, ed è quello di staccarsi per un po’ dal ciclismo, per dimostrare a sé stesso di essere qualcuno, anche al di fuori del mondo delle due ruote. E poi un giorno, forse, tornare, ma con una consapevolezza diversa. Sarà, come sempre, la strada a dare risposte.
“SENTIVO CHE MI MANCAVA QUALCOSA E HO DECISO DI ISCRIVERMI ALL’ISTITUTO EUROPEO DI DESIGN PER REALIZZARE IL SOGNO DI DIVENTARE ART DIRECTOR”
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CICLO ECONOMICO
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/ ENRICO SALVI /
LA CAPITALE DELLA BICI ROMA BIKE PARK, NELL’AUTODROMO DI VALLELUNGA, SI CANDIDA A PIONIERISTICO TEATRO DI SPORT E DIVERTIMENTO. UN LUOGO IDEALE PER INSEGNARE CICLISMO, DOVE GRANDI E PICCOLI POSSONO PEDALARE IN SICUREZZA CON MEZZI DI OGNI TIPO In un’Italia vista spesso come poco attenta alla cultura della bicicletta, ci sono idee a misura di ciclista che possono avere del rivoluzionario. È lo spirito con cui Roma Bike Park ha provato a trasformare un autodromo nel più grande ciclodromo d'Italia. A pochi chilometri dalla Capitale, per una prima assoluta dal respiro internazionale, al fine di promuovere la bici in tutte le sue forme e per tutti i gusti.
il Mondiale Superbike, ma che organizza tutte le attività ciclistiche in orari extratiming. Che sia per famiglie, cicloamatori o atleti, Roma Bike Park mette a loro disposizione tutti i servizi propri di un autodromo come spogliatoi, docce, bar e anche il ristorante.
L’idea è in fondo semplice, ma geniale provare a realizzarla davvero. A raccontarla a BIKE è Emiliano Cantagallo, creatore e fondatore del progetto insieme all’ex pilota di Formula 1 Giancarlo Fisichella. “Nel 2019, passando davanti all’autodromo di Vallelunga, dissi a Giancarlo che sarebbe stato bello farci girare le biciclette”. Detto, fatto. Ne è nato un modello che non toglie spazio agli impegni motoristici di un circuito che ha ospitato anche
Una realtà nata grazie a partner importanti: uno su tutti l’Aci, vero e proprio trait d'union tra motori e bici. “Vallelunga è la casa dell’Aci e avere attività ciclistiche lì è un’importante apertura nei confronti di un mondo, quello del ciclismo, che, pur essendo sulla bocca di tutti, in realtà non sempre gode di servizi concreti”, afferma Cantagallo. E grazie alla partnership con Trek è possibile noleggiare gli ultimi modelli della casa statunitense: bici da strada, mountain bike, elettriche e anche gravel.
/Al Roma Bike Park si pedala in sicurezza/
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Nel Roma Bike Park obiettivo è il divertimento, sempre in sicurezza: l’autodromo è infatti circondato dai 35 ettari del Parco archeologico della Via Amerina – una strada romana in basolato risalente al 300 a.C – dove sono stati creati percorsi off-road che si snodano in un contesto suggestivo. Per gli amanti del fuoristrada ci sono quattro percorsi di diverse difficoltà in base al colore (verde, giallo, rosso e nero) adatti tanto al neofita quanto al biker più esperto, con ripide salite, discese tecniche e ostacoli naturali da superare. E a proposito di sicurezza: “Siamo andati incontro alle esigenze delle famiglie”, spiega Cantagallo, pioniere peraltro della cultura della bicicletta con l’unico albergo al mondo per soli ciclisti ad Arta Terme, in Friuli, alle pendici del monte Zoncolan (salita che ha scalato più di 120 volte). Al Roma Bike Park, confida, “le famiglie portano i propri figli a pedalare in tutta serenità, grazie a una pista che è lunga quattro kilometri e larga una decina di metri, da percorrere a senso unico senza la preoccupazione delle macchine. Così tanti bambini che hanno paura di girare per strada possono innamorarsi della bicicletta”.
In prevalenza ciclodromo d’estate e off-road nei mesi invernali, Roma Bike Park abbatte davvero tutte le barriere dando senso alla finalità associativa propria del ciclismo. Grazie ad una partnership con As Roma, per esempio, gli atleti paralimpici avranno l’opportunità di allenarsi gratuitamente presso la struttura e di partecipare all’evento clou del Roma Bike Park, la Roma XXIVh. Il 16 e 17 luglio 2022 andrà infatti in scena la prima e unica 24 ore di bici da strada all’interno di autodromo internazionale. Una sorta di 24 ore di Le Mans per ciclisti in cui è prevista anche la prova virtuale, la Roma XXIVh Spinning, per una gara a colpi di musica e pedalate. Un weekend pieno di eventi collaterali tra sport e fitness, tra competizione e divertimento, per promuovere il ciclismo in tutte le sue forme in una location speciale.
IL FONDATORE: “NEL 2019 DISSI ALL’EX PILOTA DI F1 GIANCARLO FISICHELLA CHE SAREBBE STATO BELLO FAR GIRARE LE BICICLETTE”. DETTO, FATTO: COSÌ È NATO IL CICLODROMO
In quest’ottica si colloca persino il fattore scuola, con gli organizzatori che mettono a disposizione la struttura per chiunque lo voglia: “Diamo a tutte le scuole e associazioni sportive del Lazio la possibilità di insegnare l’attività ciclistica, offrendo loro tutte le nostre strutture. Un polo vero e proprio dove poter insegnare ciclismo, dalla strada alla mountain bike, e ad un prezzo conveniente con tutte le agevolazioni e senza costi di manutenzione. Il movimento ciclistico cresce anche così”.
/Al Roma Bike Park si pedala nel Parco della Via Amerina/
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CICLO ECONOMICO
/Oltre alla pista c'è l'off road/
/Percorsi per adulti e bambini/
SENZA TOGLIERE SPAZIO AGLI EVENTI MOTORISTICI, LE ATTIVITÀ CICLISTICHE PREVEDONO PISTA E OFF-ROAD NEL PARCO DELLA VIA AMERINA, PER AMATORI E PROFESSIONISTI. SCUOLE E ASSOCIAZIONI SPORTIVE QUI SONO LE BENVENUTE
/L’ideatore del progetto, Emiliano Cantagallo, a sinistra, con il pilota Giancarlo Fisichella, a destra/
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di
/ VIOLA STURARO /
AL SICURO CON
MYKE
LA STARTUP FONDATA DA DAVIDE BERETTA PUNTA A INNOVARE IL PARCHEGGIO DELLA BICI NEGLI SPOSTAMENTI DI OGNI GIORNO, GRAZIE A BOX DOVE È POSSIBILE ANCHE RICARICARE L’ELETTRICA. SOLUZIONI CHE POTREBBERO CONTRIBUIRE AL DECOLLO DEL BIKE TO WORK E A PORTARE IL CICLOTURISMO IN UNA NUOVA DIMENSIONE
Mobilità sostenibile, servizi accessibili a tutti e qualità delle relazioni tra i soggetti coinvolti. Sono i capisaldi cui si ispira Myke, la start-up fondata durante il lockdown da Davide Beretta e che, grazie alla piattaforma di condivisione digitale Myke. fun, permette di trovare, prenotare e pagare in un click parcheggi per biciclette. Sono diverse le soluzioni che Myke integra in un’unica app, dai parcheggi pubblici a quelli privati, passando per i cosiddetti Mykebox e, a breve, anche spazi messi a disposizione dai singoli utenti. “Un ruolo fondamentale nell’attuazione massiva del progetto è riservato alle amministrazioni pubbliche, che ci hanno trasmesso la necessità di maggiore decoro urbano e sicurezza per quanto riguarda il parcheggio delle biciclette”, racconta Beretta, che oltre ad esserne il fondatore è anche ceo di Myke. “Nelle città i marciapiedi sono spesso gremiti di bici parcheggiate male, che danneggiano gli spazi pubblici e impediscono il camminamento pedonale”, prosegue. “Creare parcheggi sicuri inoltre è necessario per supportare l’obiettivo della mobilità green, uno dei punti cardine dell’Agenda 2030”. I Mykebox sono “box chiusi che assicurano il
riparo delle biciclette da eventi atmosferici e la ricarica delle e-bike”, spiega Beretta a BIKE; quelli ad oggi installati sono 24 in dieci comuni della Val Brembana, l’altopiano in provincia di Bergamo che da sempre offre una spiccata vocazione per lo sport, e che ha rinnovato la sua attenzione al mondo delle due ruote aderendo alla community di Myke. Attualmente, però, la start-up sta lavorando anche a progetti dedicati a centri commerciali e ai grandi parcheggi, oltre che a soluzioni estetiche semplici e funzionali per creare bike park sicuri nelle vicinanze di bar e ristoranti. Sono diversi gli obiettivi futuri di Myke, ma innanzitutto c’è quello di intercettare i fenomeni del Bike to shop e del Bike to work, progetti messi in campo in diverse città e comuni per incentivare l’uso della bicicletta, che però devono tener conto anche della necessità di garantire un parcheggio sicuro a chi la utilizza per recarsi al lavoro o a fare acquisti. “Di qui il nostro interesse ad avere i Mykepoint nei centri commerciali e nelle aziende, in modo tale che gli utenti della community possano comodamente prenotare attraverso l’applicazione”, continua Beretta.
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CICLO ECONOMICO
Ulteriore prospettiva di potenziale sviluppo è il cicloturismo, che rappresenta ormai una vera e propria economia in rapida evoluzione. “Anche in questo caso è necessario dotare i luoghi ad interesse ciclistico di infrastrutture dedicate e parcheggi sicuri”, osserva il fondatore di Myke, proprio come sono i Mykebox. La community di Myke, del resto, vuole essere ampia e variegata. I destinatari del servizio spaziano dai ciclisti urbani – che cercano un posto sicuro vicino all’ufficio o per fare shopping – ai cicloturisti, che invece
si fermano a visitare un museo o a mangiare al ristorante. Myke, oltre a interessare gli esercizi commerciali e le amministrazioni pubbliche, apre il mercato anche ai privati cittadini che hanno a disposizione, per esempio, un garage inutilizzato e vogliono monetizzarlo. “Fare parte della community di Myke”, conclude Beretta, “significa intendere la sostenibilità come bene comune a cui tutti possono partecipare, partendo dal diventare un Mykepoint”.
/I Mykebox installati in Val Brembana/
/Davide Beretta, fondatore e ceo di Myke/
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/ ANDREA RONCHI /
L’AZIENDA CHE SOGNA DI RIVOLUZIONARE L’E-BIKE CON IL PROGETTO E-THUNDERBOLT LA MILANESE FAST MAN SERVICE VUOLE PORTARE SU UNA BICICLETTA A PEDALATA ASSISTITA LA SPINTA PROPRIA DEGLI ALTERNATORI LINEARI, SFRUTTANDO L’INTERAZIONE DEI CAMPI MAGNETICI PER APRIRE NUOVE OPPORTUNITÀ DI MERCATO
/Il team di Fast man service con l'e-bike progettata: da sinistra Silvano Coccetti, Federico Sergio, l'ex pro Osvaldo Bettoni e Simone Sartori/
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CICLO ECONOMICO
Il boom delle bici elettriche potrebbe avere raggiunto un punto di svolta. Le strade, sempre più bike friendly, la necessità di non assembrarsi eccessivamente sui mezzi pubblici e la calante propensione, da parte di molti, a utilizzare l'auto per evitare mal di pancia da traffico e parcheggio, stanno accompagnando tanti italiani verso le due ruote. Spesso anche a pedalata assistita. E se i biker dell'elettrico sanno che l'unico vero limite all’utilizzo dell’e-bike come mezzo di trasporto potrebbe essere rappresentato dalla batteria, costruttori e attori della filiera della mobilità sostenibile sono al lavoro per trovare soluzioni. Nel bouquet delle possibili scelte è comparsa anche E-thunderbolt, una bici che si ricarica da sola sfruttando il principio dell'alternatore lineare. Il concetto alla base è molto simile a quello della dinamo che, sfruttando la rotazione della ruota e l’attrito, facevano accendere le lampadine. Soltanto che non ci sono parti a contatto e il trasferimento dell'energia in questo caso avviene mediante interazione di campi magnetici. Con questo stratagemma, infatti, l'efficienza del recupero di energia è molto maggiore, fino a dieci volte superiore a quello di una dinamo, e con un rendimento che consente di apportare alla batteria un boost di potenza ulteriore rispetto a quello di una batteria tradizionale. Quando il biker non richiede assistenza alla pedalata, in pratica, la bicicletta recupera energia dalla rotazione della ruota posteriore. Lo sfruttamento del campo magnetico avviene mediante sensori interni alla gomma che comunicano con elettrodi che generano energia trasferendola alla batteria. La centralina è il cuore di questa bici e permette di gestire la richiesta di aiuto alla pedalata, in un mix di forza generata dal
/A sinistra, Silvano Coccetti, coprogettista e sviluppatore tecnico, e Dario Sorice, ad di Fast man service.
ciclista e dal motore, con la ricarica. Questo sistema utilizza una batteria a ultracap a carica rapida in grado di immagazzinare l’energia sufficiente per ottenere una ripartenza rapida. In più la bicicletta è realizzata in fibra di carbonio e il peso totale è di circa sei chilogrammi inferiore rispetto ad una e-bike tradizionale. Attraverso un’app è inoltre possibile impostare la bici per un allenamento completo. Ad esempio, sempre pedalando in pianura, è possibile percorrere tratti aiutati dal motore, quindi come se si fosse in discesa, alternandoli ad altri dove il generatore ricarica corrente, simulando di fatto una salita. Ad avere avuto l’idea di questa e-bike è stata un'azienda milanese, Fast man service, che produce macchinari innovativi per lo smistamento lineare di pacchi. L'utilizzo di un alternatore lineare, applicato in campo industriale a questi impianti, grazie a magneti e induttori, recupera sino al 70% dell'energia, spiega a BIKE Dario Sorice, amministratore delegato di Fast man service. Il segreto è la tecnologia Gpml che sfrutta il magnetismo per il recupero dell'energia. E ha un sogno Sorice: “Vogliamo aprire un'azienda che produca con tecnologia e componentistica italiane”. Soluzioni che potrebbero passare dai carrelli trasportatori di merci alla mobilità su due ruote sino, un domani, anche a quella di automobili e treni. I punti di forza assicurati da E-thunderbolt, del resto, non sono certo banali: percorrenza illimitata con bilancio energetico controllato; sforzo mediato del ciclista in percorsi misti salita-discesa; nessuna necessità di punti di ricarica durante un viaggio; riduzione della capacità e peso della batteria; rapido recupero della potenza di spunto in città.
/L 'e-bike E-Thunderbolt/
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/ FULVIO DI GIUSEPPE /
A BOLZANO IL FOOD DELIVERY È GREEN
/©Foto Shutterstock/
SECONDO UN REPORT DI DELIVEROO, NEL CAPOLUOGO DELLA PROVINCIA AUTONOMA IL 40% DEI RIDER CONSEGNA CON MEZZI ELETTRICI. SEGUONO TORINO (27%), PAVIA (25%), BOLOGNA E MONZA (ENTRAMBE CON IL 20%)
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CICLO ECONOMICO
NELLA CITTÀ CAPOLISTA C’È ANCHE UNA CICLOFFICINA RISERVATA A CHIUNQUE NECESSITI DI ASSISTENZA E MANUTENZIONE. MA DOVE SI OFFRE ANCHE CONSULENZA QUALIFICATA IN TEMA DI SICUREZZA
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intento è però quello di fornire loro anche informazioni sulla sicurezza, trattandosi di una categoria particolarmente esposta ai rischi della strada, e formazione per potersi rendere autonomi nella manutenzione del proprio mezzo di lavoro”. Una vera e propria transizione all’elettrico delle consegne di cibo a domicilio, in un momento in cui le richieste di pasti a domicilio – complice anche l’esperienza diffusa durante i mesi di lockdown e il timore di contagio e assembramenti nei locali – sono decisamente aumentate. Ma l’esperienza di Deliveroo era già stata premiata prima ancora della pandemia, come dimostra anche la pubblicazione sulla rivista scientifica Sustainability di una ricerca universitaria che la adottava come case history di successo, capace di incidere sull’adozione di strategie sostenibili nel settore del food delivery. Tra queste, l’utilizzo di e-bike e il sostegno e la promozione della diffusione di veicoli elettrici, attraverso partnership strategiche. L’ultima, in ordine di tempo, è quella firmata con Nilox, uno dei più noti brand della mobilità elettrica. La partnership mette a disposizione dei rider che collaborano con Deliveroo promozioni e agevolazioni sull'acquisto di e-bike e accessori. “Il nostro è un impegno a 360°”, commenta Matteo Sarzana, general manager di Deliveroo Italia: “Abbiamo già promosso campagne per la riduzione e per il corretto smaltimento dei rifiuti insieme ad A2a e ora c’è la partnership con Nilox per la riduzione delle emissioni attraverso la promozione di mezzi elettrici. Questa partnership è uno passo in avanti verso una direzione, quella della sostenibilità, che vogliamo continuare a perseguire”.
/©Foto Shutterstock/
Consegne di cibo sostenibili, per trasformare le città in e-city. I rider fanno sempre più parte del tessuto urbano: i corrieri che consegnano a domicilio sono presenti in ogni angolo di strada. E tra i mezzi usati per spostarsi, cresce la flotta di veicoli elettrici. Lo dimostra l’ultimo report presentato da Deliveroo: la piattaforma leader dell’online food delivery ha infatti calcolato che nel 2021 l'utilizzo di veicoli elettrici da parte dei rider è aumentato del 210% rispetto all’anno precedente. Nel complesso, oggi il 14% dell'intera flotta di rider sceglie di consegnare utilizzando e-bike o moto elettriche (l’uso dei monopattini non è consentito ai fini delle consegne). Un trend più visibile in alcune città dove la piattaforma è attiva: sul gradino più alto del podio, con quasi il 40% di rider che scelgono di consegnare utilizzando mezzi elettrici, c’è Bolzano. Al secondo posto Torino (26,8%) e al terzo Pavia (24,8%). Seguono al quarto e al quinto posto, rispettivamente, Bologna e Monza appaiate al 19,9% e 19,7%. Nella città capolista di questa speciale classifica – nonché sesta città per richieste di cibo a domicilio –, c’è anche chi si è impegnato a realizzare una ciclofficina a disposizione dei rider, impiegati nella consegna pasti a domicilio. La Cgil/Agb in collaborazione con i volontari dello Spazio 77 ha infatti inaugurato a Bolzano uno spazio in cui studenti universitari e appassionati di ciclismo, ogni settimana, si alternano per garantire il servizio. “Nella ciclofficina”, come hanno spiegato in fase di presentazione Luca Da Ros, dottorando in ecologia forestale, e Luca Gransinig, appassionato di ciclismo, “i riders troveranno supporto tecnico per la manutenzione delle loro biciclette. Il nostro
sitointerattivo COMUNICAZIONE RESPONSABILE
BIKE LIFE
BIKE
LIFE
CULTURA E TENDENZE SU DUE RUOTE
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/ MATTEO RIGAMONTI /
FENOMENO
FANTA CYCLING CRESCE IL SEGUITO DELL’APP DI FANTACICLISMO CHE SPOPOLA TRA AMANTI DELLE CORSE IN BICICLETTA. ANCHE BIKE CHANNEL SCENDE IN CAMPO CON UN CLUB DOVE ANALIZZARE I RISULTATI E SUGGERIRE AI FANTAMANAGER LE FORMAZIONI VINCENTI
/Lo studio del Club del Fantacycling con Lorenzo Lucon e Matteo Rigamonti/
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BIKE LIFE
Il Fantacycling è in onda su Bike Channel. Ha fatto il suo debutto con la stagione 2022 Il Club del Fantacycling, format prodotto da BFC Media in collaborazione con gli amici del Fantacycling per guidare il pubblico di Bike Channel, e gli utenti della prima app di fantaciclismo in Italia, alla scoperta dei segreti del gioco attraverso l’analisi delle corse in bici più importanti della stagione. A condurre in studio il Club, insieme ai giornalisti di BIKE, ci sono Lorenzo Lucon, il moderatore di tutti gli eventi del Fantacycling, e, in collegamento, i volti del ‘Fanta’ più amato dagli appassionati di ciclismo: Federico Creatini, detto Fede aka Mr. Fantacycling, il Mullah Marco Costagli e Luca Lucapedia Bertacchini. L’app ha fatto il suo debutto nel 2020, con tanto di dirette video sui canali Youtube e Telegram per commentare le gesta dei campioni del pedale e un sito di news dedicato, ma i quattro amici che l’hanno creata (Fede e il Mullah insieme a Lorenzo Marrucci e Lorenzo Castellani) già giocavano da anni al fantaciclismo, solo che lo facevano armati
di carta e penna, calcoli ed entusiasmo. Un rudimentale passatempo, nato in quel di Pontedera, che però si è presto affinato e progressivamente dotato di algoritmi e infografiche fino a che, con il supporto di due sviluppatori e raccogliendo anche qualche fondo, ha compiuto il salto nel mondo delle applicazioni. Il numero di giocatori è esploso. Anche Lucon e Lucapedia erano due di loro che si sono uniti al progetto. Oggi il Fantacycling conta più di 80mila download, circa 60mila utenti iscritti, di cui 45mila giocano al campionato, la modalità di gioco forse più semplice e alla portata di tutti; poi ci sono le leghe private dove, invece, si possono fare le aste, live e a buste chiuse, proprio come nel Fantacalcio, per aggiudicarsi i corridori più forti e indovinare i colpi di mercato. L’85% dei fantamanger – così si chiamano i giocatori – sono italiani ma il resto proviene da Paesi esteri, a partire da quelli dove il ciclismo è più seguito, come la Spagna e diversi stati del Sud America, il Belgio e la Francia.
GRAZIE AGLI AUTOREVOLI PARERI DI FEDE, ALLE PERLE DEL MULLAH E AI CONSIGLI DEL BERTA CON I SUOI IMPROBABILI OUTSIDER IL GIOCO NON HA PIÙ SEGRETI
/I protagonisti del Club del Fantacycling/
/Le grafiche dell'applicazione/
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L’app, che è stata tradotta in inglese, francese e spagnolo, ha iniziato anche ad attrarre l’interesse di diversi sponsor: il principale è Specialized, poi ci sono brand di abbigliamento, come Pissei, integratori, come Watt, e tour operator specializzati in bicicletta, come Esperienza di Rcs Sport grazie al quale chi vince può andare a seguire dal vivo le corse, dalla Strade bianche al Giro d’Italia, stando a bordo di una macchina dell’organizzazione. L’obiettivo è quello di raggiungere i 100mila utenti iscritti e, a giudicare dal trend di crescita, non è impossibile, anzi, sembra che possa accadere già quest’anno. Quello che è certo, intanto, è che l’app ha incontrato il gradimento del pubblico, degli addetti ai lavori e non solo. Lo confermano i numeri, ma anche il fatto che a giocarci sono persino ciclisti professionisti, a loro volta presenti nell’app. Come Diego Rosa, che si è fatto addirittura inviare l’icona del suo personaggio virtuale per utilizzarla sul proprio profilo Instagram. E alcuni di loro iniziano anche a comparire in occasione delle dirette social del giovedì sul canale Youtube. Ci risulta poi che, in aziende di primissimo piano, brand che non è raro vedere indossati o scelti da team World tour, siano nate leghe ‘aziendali’ dove i colleghi si sfida-
no, schierando Pogacar, Alaphilippe, Van Aert e tutti gli altri campioni. Di recente, come vi abbiamo raccontato su Bikechannel.it, è andata in scena un’asta benefica a sostengo della Fondazione Michele Scarponi, cui hanno partecipato, insieme a Francesca Cazzaniga per Bike Channel, anche Riccardo Magrini e i commentatori di Gcn, oltre a diversi esponenti delle più seguite pagine social dedicate al ciclismo. Il ricavato è stato destinato alla Fondazione e l’evento ha avuto un discretto successo mediatico. Intanto, con Il Club del Fantacycling, l’auspicio è quello di offrire a questo seguito affiatato spunti e suggerimenti gettando luce sulla migliore strategia per fare punti al Fantacycling. Per farlo il Club ci si avvale deli autorevoli pareri di Fede, delle ‘perle’ del Mullah e di tanti altri consigli e rubriche, come gli ‘Improbabili del Berta’ (Lucapedia), per scoprire quali campioni acquistare e su quali outsider scommettere. Il tono, e non potrebbe essere altrimenti, vuole essere quello competente ma giocoso e un po’ guascone che ha finora accompagnato il successo dell’app. Tutte le puntate si possono rivedere su Bikechannel.it all’interno della sezione programmi.
/La serata su Youtube con l’asta benefica per la Fondazione Michele Scarponi/
Inquadra il QR Code sopra per leggere tutte le notizie di sport su Bikechannel.it. E per scaricare l'app del Fantacycling visita il sito https://fanta-cycling.com/it.
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/ LEONARDO SERRA /
PERFORMANCE CON TESTA MENTRE ARRIVANO I PRIMI PIAZZAMENTI IMPORTANTI E CRESCE LA VISIBILITÀ, FRANCESCA SACCU, TIENE I PIEDI PER TERRA, STUDIA E GIÀ PENSA A COSA FARE DA GRANDE. A COLLOQUIO CON LA GIOVANE CAMPIONESSA SAVONESE DELLA KTM BRENTA BRAKES, SUL PODIO AGLI ITALIANI XCO
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Dal tricilco rosso e blu e dalla prima bici, regalata da papà Alessandro, al terzo posto nei campionati italiani di cross country, Francesca Saccu ne ha percorsa di strada. Due giorni dopo il podio tricolore, la laurea in psicologia, per poi essere convocata dalla nazionale, il tutto senza rinunciare alla leggerezza del racconto social. Il 2021 resterà un anno importante nella vita di questa atleta classe 1999 del team Ktm Brenta Brakes, la cui maglia, così come quella azzurra, svettano fiere in cima ai suoi profili. Oltre 30mila sono i follower su Instagram per la savonese nata a Cisano sul Neva, e sono cresciuti insieme ai risultati. “Ma non seguo alcuna strategia, mostro le mie passioni e parte della mia quotidianità”, assicura. La prima vittoria fu una garetta a Laigueglia, poi le corse nella categoria G3 con l’Ucla1991 e ora una maturità che lascia intravedere del potenziale. “Posso ritenermi orgogliosa”, confida a BIKE, “sono cresciuta molto caratterialmente e mentalmente, cambiando le mie attitudini e cercando di credere di più nelle mie possibilità”. Già nella prima gara della stagione, a Campochiesa, Saccu aveva notato che “mi era tornata la grinta e così è scattata la scintilla che mi ha fatto prendere in mano la stagione e vivere le competizioni con un’altra mentalità”.
mi sia laureata non è casuale; la sfera sportiva e quella universitaria hanno fatto da supporto e da stimolo l’una per l’altra, mi hanno aiutata a raggiungere il mio equilibrio, con cui poi sono riuscita ad ottenere questi risultati”. Non è stato facile, ma “sto imparando a conoscermi sempre meglio”, sottolinea Saccu, “e a capire cosa mi fa stare bene e cosa è deleterio per la mia salute fisica e mentale. Condividere entrambi questi due percorsi sui social ha inoltre arricchito la qualità dei contenuti che pubblico”. Limiti non se ne pone: “L’atteggiamento positivo sicuramente fa la differenza per riuscire ad affrontare al meglio le sfide ed esserlo stata durante tutto il 2021 è stato fondamentale. In inglese si dice trust the process ed è stato il mio mood per l’anno passato”. Sa di dover “crescere ancora molto” ed è presto per dire se riuscirà, come spera, “a fare della mtb il mio lavoro, ma sicuramente sarà parte del mio futuro, insieme all’ambito dove sogno un giorno di lavorare, quello appunto della psicologia”, magari sportiva, perché no. Anche essere un’influencer, intanto, “non è un impegno scontato”, conclude, “devi spendere energie, tempo e creatività con contenuti che siano in grado di stuzzicare l’interesse di chi ti segue”. Noi speriamo che a farlo possano essere sempre nuove medaglie e tra guardi, umani e sportivi.
Ai campionati italiani di cross country olimpico (Xco) a Bielmonte (Bi) “sentivo di essere in forma e carica”, prosegue, “e al traguardo non mi sembrava vero di essere salita sul podio, le emozioni erano talmente forti che faccio ancora oggi fatica a descriverle”. Dopo qualche settimana, poi, è arrivata la convocazione in nazionale, “la prima ‘vera’, per i campionati mondiali di Xco in Val di Sole”, spiega, “questa prima volta mi ha trasmesso grande carica e ha avuto un forte impatto su di me”. È il sostegno del pubblico alle gare, però, che le trasmette, come dice lei, “tre marce in più”, mentre vive con orgoglio anche l’accresciuta visibilità: “Alle gare mi capita di incontrare persone che mi seguono sui social ed è emozionante sentirmi dire che, attraverso i miei post e storie, sono riuscita a suscitare in loro qualcosa di positivo, magari motivandole per realizzare i propri sogni”. Quando le chiedono un selfie, o una foto, ne è ancora “sorpresa”, però, perché “non mi reputo una di quelle figure a cui si chiede la foto o l’autografo”. Ma “i complimenti mi rendono orgogliosa e mi danno ulteriore carica”. Per la biker ligure laurearsi e diventare dottoressa in Scienze e tecniche psicologiche è stato un ulteriore “sogno che è divenuto realtà”, spiega: “Il fatto che abbia raggiunto il terzo gradino del podio al Campionato italiano Xco e, due giorni dopo,
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“NELLO SPORT UN ATTEGGIAMENTO POSITIVO FA LA DIFFERENZA NELL’AFFRONTARE AL MEGLIO LE SFIDE: ‘TRUST THE PROCESS’ È STATO IL MIO MOOD PER L’ANNO PASSATO”
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/ LUCA GREGORIO /
MATTEO SOBRERO
UN FUTURO TUTTO DOC IL GIOVANE CAMPIONE NAZIONALE IN CARICA NELLA PROVA A CRONOMETRO GUARDA LONTANO: BATTUTO L’AMICO E IRIDATO FILIPPO GANNA, ALLA PRIMA STAGIONE CON I COLORI DELLA BIKEEXCHANGE JAYCO, PROGETTA I PROSSIMI PASSI. MA DI UNA COSA È CERTO: “IO E MIA SORELLA PRENDEREMO LE REDINI DELL’AZIENDA DI FAMIGLIA PER PORTARE I NOSTRI VINI DA ALBA NEL MONDO”
/Matteo Sobrero al lavoro tra i filari/
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BIKE LIFE
In bici va forte ma non è solo una grande promessa del ciclismo italiano. Matteo Sobrero, 24enne di Montelupo Albese, a due passi da Alba, è stato campione nazionale a cronometro fra gli under-23 nel 2019 e lo è diventato anche fra i pro nel 2021, battendo, tra gli altri, due specialisti come Edoardo Affini e il due volte campione del mondo Filippo Ganna. Eppure, nella sua vita, c’è già molto di più della bicicletta; per esempio le vigne e il vino. E forse non avrebbe potuto andare diversamente per un ragazzo nato nel cuore delle Langhe, terra di vini pregiati e colline che sono patrimonio Unesco dal 2014. “L'azienda agricola Sobrero e la cantina hanno iniziato nel 1940, qui a Montelupo Albese, producendo vino e nocciole", racconta a BIKE il corridore della BikeExchange Jayco. “Il motore di tutto è sempre stato mio nonno Francesco, che mi ha insegnato il rispetto per la terra, per la natura e anche l’importanza di tramandare le tradizioni”. Uno dei ricordi più belli che Matteo conserva è di “quando, subito dopo la vendemmia, mi portava in cantina di nascosto a bere il mosto”, racconta emozionato. “Le vigne hanno sempre fatto parte della mia vita”, prosegue Sobrero, “ed è proprio in mezzo ai filari che ho cominciato a pedalare quando avevo sei anni”. Non si fermava mai. Fino a che, “a un certo punto, mio padre, che non ne poteva più, mi ha portato a correre in bici. Lasciai il calcio e iniziai il mio percorso”.
Fidanzato con Carlotta Ganna, sorella di Pippo, che è anche suo compagno di allenamenti, Sobrero è profondamente attaccato alla sua terra e alle sue radici, tanto che non è uno di quei corridori migrato in paradisi fiscali come la Svizzera, Montecarlo o San Marino: “Io e mia sorella prenderemo le redini dell’azienda e in futuro speriamo di espanderci sempre più, in Italia e all’estero. I nostri valori cardine sono la qualità, la passione e il rapporto col consumatore. La nostra è un’agricoltura naturale, che non usa diserbanti ed è attenta a ogni fase del processo. Appena posso mi piace stare a casa, pedalare sulle mie colline e occuparmi del nostro vino”. I vigneti della famiglia Sobrero occupano le colline fra Castiglione Falletto (paese dove c’è anche il punto-vendita dell’azienda) e San Marzano Oliveto, da dove escono bottiglie di Barolo, Nebbiolo, Barbera, Dolcetto, Cahrdonnay e Moscato. Senza trascurare la produzione di liquori classici come il Barolo Chinato e la Grappa. Per il prossimo decennio almeno è ragionevole ipotizzare che Sobrero sarà più corridore che produttore di vino, ma intanto ha già chiarito il suo futuro, quando smetterà di pedalare. Insomma, un ragazzo intelligente, lungimirante e dal sapore profondo. Proprio come uno dei suoi vini rossi.
Cresciuto sportivamente nella Dimension Data, Sobrero ha debuttato al Giro d’Italia 2020 con la Ntt: “Un’esperienza pazzesca, tre settimane che sono volate via in un attimo”. Con “particolare emozione”, di quel suo primo Giro, ricorda la partenza da Alba alla penultima tappa: “C’era tutta la mia famiglia e i miei amici erano lì per me”, confida Matteo. Ora lo attende un biennio con il team di Brent Copeland, per provare a fare il salto di qualità definitivo: “Devo ancora scoprire bene i miei limiti”, ammette. “Oltre alle cronometro, dove spero di continuare a poter far bene, mi piacerebbe diventare un corridore forte nelle corse di una settimana come la Tirreno-Adriatico, anche se il mio sogno è vincere un giorno il Lombardia”. /In sella con la nuova divisa della BikeExchange Jayco/
Rivedi tutte le puntate delle Storie di BIKE su Bikechannel.it
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/ MARZIA PAPAGNA /
DENTRO LE STORIE ALESSANDRA SCHEPISI, PEDALATRICE URBANA E RADIOGIORNALISTA, È UN'AUTOREVOLE VOCE CHE SETTIMANALMENTE RACCONTA IL CICLISMO IN TUTTE LE SUE DIMENSIONI. ECCO COME VIVE QUESTA RESPONSABILITÀ, TRA GIRI A ROMA E INIZIATIVE EDITORIALI
Ogni volta è una nuova scoperta. Conoscendo luoghi e persone. In pratica: imparare dalla bicicletta. Ecco la bici secondo Alessandra Schepisi, giornalista e conduttrice del programma A ruota libera in onda ogni domenica su Radio 24. “Una macchina generatrice di sogni e di storie”, definisce la bici, lei che, non solo la racconta, ma la utilizza anche. In sella a una bici da corsa attraversa le strade di Roma per raggiungere la redazione e sostare dopo il lavoro, a fare le piccole cose di ogni giorno. “Sono una ciclista urbana, la mia passione per la bici è nata da qui”, dice. Per Alessandra pedalare è un modo di sperimentare la libertà in una città tentacolare come Roma, e lo spiega bene quando ci fa capire che la bici consente di essere sempre padroni del proprio tempo: “In poche ore posso passare dal centro storico, arrivare a San Pietro, attraversare Castel Sant'Angelo e raggiungere Piazza Navona. Luoghi in cui non si può anda-
re nemmeno in motorino. Poi ce ne sono altri bellissimi, come la ciclabile lungo il Tevere che uso spesso nonostante gli scalini, ma passare sotto al traffico è tutta un’altra cosa”. In radio Alessandra si occupa dal 2018 anche di mobilità: “Grazie al programma ho scoperto quanto è variegato il mondo della bici, non me lo aspettavo!”, esclama. “Quando ho iniziato la trasmissione pensavo di essere a corto di argomenti perché la vedevo una nicchia, invece sono stata inondata di spunti e racconti, anche grazie alle pagine social”. Con la questione climatica prima, la pandemia e i vari fondi destinati alla mobilità dolce poi, la bici è riuscita negli ultimi anni a essere un po’ dappertutto. Tanto che si fa ascoltare anche in radio. “La radio solletica la parte più emotiva delle persone”, chiosa. “Secondo me le persone cercano nei programmi che ascoltano storie raccontate in prima persona e la bici ti permette di farlo”.
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Lo sa bene Alessandra che, oltre a usare la bicicletta in città, ama fare viaggi sulle due ruote. Da cicloturista ha visitato posti come la Corsica, l’Abruzzo e la ciclabile del Danubio. Ogni itinerario per motivi differenti le è rimasto nel cuore perché, come racconta a BIKE, “il contatto e la relazione che crei viaggiando in bicicletta è qualcosa di molto speciale. Capisci come la bici, che è un mezzo gentile, predispone le persone a parlare. Poi ci si dà sempre del tu”. Sorride quando le chiediamo di ricordare aneddoti dei suoi tanti viaggi. Si prende del tempo per riflettere e poi arrivano le avventure: “Ad Anversa degli Abruzzi, piccolo paesino in provincia de l’Aquila con una amica chiediamo informazioni su qualche alloggio per la notte e ci offrono un intero appartamento di 100 metri quadri spettacolare per pochi euro e cena compresa”. L’altra storia invece è ambientata in Catalogna, dove Alessandra incontra una coppia di olandesi in tandem: “Hanno più di 60 anni e arrivano dall’Olanda in bicicletta e sacco a pelo. Mi affiancano e pedaliamo insieme
per una giornata intera. Mi raccontano la loro vita. Lui contrabbassista, lei soprano, festeggiano i loro 25 anni di matrimonio con un anno sabbatico in giro per il mondo. Pedalando. È una giornata piovosa e mi insegnano una serie di trucchi antipioggia: cosa indossare, come attrezzarsi. Ancora ci scriviamo e mi mandano video dei loro concerti e spettacoli”. Le chiediamo se nel viaggio è attenta alla performance, ma confessa di non essere ossessionata dal cronometro: “Mi appassiona tutto quello che riguarda il ciclismo sportivo, ma la bici è tanto altro e a me interessano tutte le sue dimensioni. Del resto allenarsi in bicicletta richiede anche molto tempo, io preferisco fare i miei quaranta minuti di corsa e godermi la passione per la bici in giro per la città o in altri luoghi”. La bici è al centro del suo tempo libero e di una parte del suo lavoro come radiogiornalista, ma è diventata protagonista anche del suo libro, 24 storie di bici, scritto con Pierpaolo Romio ed edito da Il Sole 24 Ore.
/©Foto di Fabrizio Intonti/
“LA BICICLETTA È UNA MACCHINA GENERATRICE DI SOGNI E IN RADIO FUNZIONA PERCHÉ TRASMETTE EMOZIONI” 119
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/ MARZIA PAPAGNA /
C’È BICI IN CITTÀ NAPOLI PEDALA È UN’ASSOCIAZIONE CHE DA QUALCHE ANNO CONIUGA ATTIVITÀ ALL’APERTO PER GRANDI E PICCOLI CON L'IMPEGNO NEL SOCIALE E A SUPPORTO DEI PIÙ FRAGILI
Tutto ciò che una bicicletta può fare a Napoli è quasi realtà. Da circa dieci anni, infatti, ad aggiungere colore, energia e movimento alla città del sole c’è Napoli pedala, un’associazione nata per rispondere a esigenze diverse: la voglia di fare sport e di scoprire il territorio unite al desiderio di leggerezza ma anche quello di responsabilità, sociale e ambientale. Il primo evento organizzato è stato, nel 2012, il Napoli Bike Festival, con mostre, gare ed esposizioni, poi proseguito per otto edizioni, e ci sono anche i progetti di didattica in bicicletta, nati al tempo del primo lockdown e contraddistinti da un acronimo, Dib, che vuole fare il verso alla Dad, la tanto discussa didattica a distanza. “In questi ultimi anni abbiamo messo in sella tantissimi ragazzi e ragazzine”, racconta a BIKE Antonio Tempesta, fondatore di Napoli pedala insieme a Luca Simeone. “Li abbiamo liberati dai monitor e dalle ‘playstation’, lo abbiamo fatto
proponendo loro lezioni gratuite in ciclofficina e passeggiate naturalistiche alla scoperta delle specie della Mostra d’Oltremare, il parco al centro della nostra città. Vederli partecipare e divertirsi in un momento così delicato, è stato per noi un orgoglio grandissimo”. I motivi di soddisfazione, in questi anni, si sono susseguiti, soprattutto se si considera che l’idea di fondare un’associazione è nata da una semplice amicizia sbocciata durante alcune uscite in bicicletta. Oggi in gruppo, oltre a Luca e Antonio con i quali tutto è partito, ci sono anche Massimo, che gestisce la ‘bicycle house’, l’esperto di tour Diego, il meccanico Fabrizio, e tre donne indispensabili per i laboratori di educazione civica: Maria Rosaria, Mirna e Marika. Le iniziative sono tantissime e varie, alcune dedicate ai turisti altre ai cittadini, senza dimenticare i più fragili, come le persone con disabilità e quei bambini che vivono situazioni a rischio.
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/©Foto di Antonello Naddeo e Giuliano Montieri /
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/©Foto di Antonello Naddeo e Giuliano Montieri /
"ORGANIZZIAMO TOUR IN MOUNTAIN BIKE TRA LE VIE DEL CENTRO STORICO E CORSI PER IMPARARE A PEDALARE DA ADULTI. COME QUELLA SIGNORA CHE HA VINTO LA PAURA CON LEZIONI ALLE 7 DI MATTINA”
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/©Foto di Antonello Naddeo e Giuliano Montieri /
/©Foto di Antonello Naddeo e Giuliano Montieri /
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LA DIDATTICA IN BICICLETTA COME RISPOSTA ALL'ABUSO DELLA DAD: "ABBIAMO MESSO IN SELLA TANTI GIOVANI LIBERANDOLI DAI MONITOR E PORTANDOLI IN CICLOFFICINA" 122
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“Facciamo molto per insegnare ai bambini ad andare in bicicletta e ogni volta succedono cose straordinarie”, dice Antonio. “Con le lezioni ‘togli-rotelle’, poi, nel 2021, abbiamo insegnato ad andare in bici a 155 persone in un anno, compresi molti adulti. Ricordo con piacere la telefonata di una signora di 70 anni che ci ha detto: ‘dovete aiutarmi a realizzare un sogno’. Voleva imparare ad andare in bici, perché da piccola era rimasta traumatizzata da una caduta e aveva riunciato; fino a che si è decisa a riprovarci. Le lezioni le abbiamo fatte alle 7.30 del mattino perché non voleva essere vista; si vergognava, ma ce l’ha fatta. Il coraggio di questa donna è indescrivibile, raccontarlo mi commuove”. Poi ci sono anche l’impegno per la sicurezza stradale dei rider, con una campagna promossa insieme ai sindacati, i moduli sulla patente in bici portati nelle scuole e la caccia al tesoro su due ruote, che si rivela sempre una vera e propria festa. È proprio vero che la bellezza della città di Napoli non smette mai di sorprendere.
Soprattutto in sella a una bicicletta. E se le gambe sono allenate, allora un modo del tutto originale per scoprirla fino in fondo è iscriversi alla Napoli obliqua, l’evento che promuove un percorso in mountain bike per percorrere Napoli in lungo e in largo, tra giardini borbonici e scorci da cartolina, su e giù per le scale e le strade del centro storico, fino alle campagne. Per chi, come Antonio, vuole viverla ogni giorno in bicicletta, i consigli sono gli stessi validi per ogni grande città: “Pedalare a Napoli non è più difficile che farlo in altre città metropolitane”, spiega; “Anche qui la bici ti permette di accorciare molto i tempi, anche se la cultura della bici a Napoli è ancora tutta da costruire. Noi ci stiamo provando. Gli automobilisti sono indisciplinati, è sempre meglio mantenere l’attenzione altissima. L’ideale è comunque vivere pienamente la dimensione dell’intermodalità, unendo la bici ai vari mezzi pubblici: funicolare, metro e bus. Anche se abiti al Vomero e devi arrivare a Bagnoli per lavoro, con una bici leggera riesci ad abbattere tempi e costi”.
/©Foto di Antonello Naddeo e Giuliano Montieri /
SI MOLTIPLICANO LE INIZIATIVE: DAL BIKE FESTIVAL ALL’IMPEGNO PER LA SICUREZZA DEI RIDER E L’EDUCAZIONE NELLE SCUOLE, SENZA DIMENTICARSI DEGLI ULTIMI
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/ ALESSIA BELLAN /
picnic! di
SI APRE LA STAGIONE DELLE SCAMPAGNATE. GUIDA AGGIORNATA PER NON FARSI MANCARE NIENTE, DAL CLASSICO CESTINO ALLA COPERTA CHIC. E PER I PIÙ ESIGENTI, C'È IL BAULE GRIFFATO CON TOVAGLIA BIANCA E POSATE D’ARGENTO
BASIL BLOOM FIELD CESTINO
Allegro design floreale, è ideale per portare il necessario durante una gita in bicicletta. Si stacca facilmente e diventa una comoda shopping bag grazie alle pratiche maniglie doppie. Dotato di tasca interna e coulisse, è in poliestere idrorepellente e ha una capacità di 15 litri.
€ 79,99 - basil.com
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BIKE LIFE
BOSCOLO GIFT “ITALIA IN BICICLETTA”
Tantissimi itinerari da percorrere, tra i migliori bike hotel per ciclisti. Dalla Franciacorta al Chianti, dal Sannio al Salento, il cofanetto comprende una notte e un’esperienza per due persone, per vivere avventure e momenti magici in mezzo alla natura.
€ 279 - boscologift.com
CROOZER DOG PEPPA TRAILER
Per chi non vuole rinunciare a portare con sé il proprio amico a quattro zampe durante le scampagnate, il confortevole rimorchio Dog Peppa di Croozer può trasportare cani fino a 35 kg nella massima sicurezza. Completamente areato e panoramico, è dotato di sistema antiribaltamento, paraurti, doppi freni di stazionamento e ingresso facilitato.
€ 780 - croozer.com
CAPPELLI GUCCI
Per un tocco esclusivo, il nastro Web verde e rosso della Maison completa il cappello a falda larga in tessuto effetto paglia. Rifinito con fascia in gros-grain e fiocco con dettaglio ape in metallo, il cappello con cupola alta è realizzato in un particolare tessuto effetto paglia intrecciata con fili in lamé lucido.
€ 220 e € 410 - gucci.com
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SPRING
PLAID GARDE-ROBE POP HERMÈS
Per un petit-déjeuner sur l’erbe dallo stile unico, la coperta con frange di fili in cachemire di due colori compone la delicata quadrettatura dello sfondo su cui la silhouette geometrica dell’iconico cavallo è stampata a quadro, attingendo a un’incisione del XIX secolo della collezione Émile Hermès
€ 2.050 - hermes.com
SET PIC-NIC SPRINGTIME BLOON DESIGN
Non un semplice cestino ma un set d’arredo completo in legno e tessuto con tavolino e due pratici sgabelli. Una volta chiuso, si compone di tre moduli compatti da trasportare comodamente sul portapacchi della bici. All’interno piatti, bicchieri e posate.
bloondesign.com
SECCHIELLO PRADA
Per completare un romantico outfit da scampagnata, la borsa di Prada in rafia con lavorazione crochet dall'inconfondibile shape a secchiello ha il manico in pelle rimovibile, con motivo intrecciato.
€ 1.500 - prada.com
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BIKE LIFE
SARA DYKMAN – BICYCLING WITH BUTTERFLIES
Un viaggio su due ruote lungo oltre 16mila km attraverso tre Paesi per seguire la migrazione, andata e ritorno, delle farfalle monarca. A bordo di una bici assemblata con ricambi usati, dei secchi al posto delle borse, Sara Dykman racconta la sua avventura durata nove mesi.
BORRACCIA ODYSSÉE EAU HERMÈS
Si ispira alla forma archetipica delle borracce militari e da montagna l’elegante borraccia in argento massiccio lucidato a specchio con cinturino a polsiera in taurillon Spad, firma Clou de Selle sul tappo e pattino in pelle con impresso il logo Hermès sul fondo.
€ 5.400 - hermes.com
BICCHIERI DI CARTA IN PORCELLANA FINE TIFFANY
Con un richiamo ai bicchieri di carta in cui viene servito il caffè nei negozi Tiffany & Co. di tutto il mondo, questo set della collezione Everyday Objects in preziosa porcellana fine non può mancare nel più chic dei cestini da pic-nic
€ 190 - tiffany.it
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SPRING
MALLE PIQUE-NIQUE LOUIS VUITTON
Per gli amanti del luxury, il baule griffato super accessoriato caratterizzato dall’iconica stampa Monogram racchiude al suo interno il necessario per un banchetto en plen air per quattro persone, con tovaglia bianca e posate d’argento.
€ 60mila - louisvuitton.comm
BOBIKE ONE MINI
Il seggiolino anteriore dal moderno design olandese è disponibile in nove colori alla moda. Ultra comodo, grazie al poggiapiedi regolabile e all’imbracatura a tre punti imbottita, è completamente idrorepellente e adatto a bambini da nove mesi a tre anni.
€ 69 - bobike.com
E-BIKE JACQUEMUS
Nata dalla collaborazione tra VanMoof, il produttore con sede ad Amsterdam, e la casa di moda francese Jacquemus, la bici elettrica per la primavera è 'pinkissima' e dalle linee rigorosamente minimal. Amata da molti personaggi famosi, è già uno status symbol, ma per aggiudicarsela occorre mettersi in lista d’attesa.
jacquemus.com
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RAFFO ART COMMUNICATION - ROMA
SPRING
di
/ FILIPPO CAUZ /
LEGGERE SUI PEDALI NUOVE USCITE
Julian Alaphilippe
Fabio Consoli
AA.VV.
IL MIO ANNO IRIDATO
CHE TIPO DI CICLISTA SEI?
/Mulatero 2021, 192 p., 21 €/
/ Ediciclo editore, 96 p., 14 € /
CARO MICHELE. UNA VITA ALLA SCARPONI / Fondazione Michele Scarponi e Tuga Edizioni, 144 p., /
Julian Alaphilippe è uno dei più grandi campioni del ciclismo dei nostri giorni. Per rendersene conto basta leggere il suo palmarès e osservarne la quantità di tifosi, o semplicemente guardare la maglia che indossa. Il 2022 sarà la seconda stagione in maglia iridata per il corridore francese, che in questo libro (forte di una grande quantità di fotografie) racconta al giornalista dell'Équipe Jean-Luc Gatellier quello che è trascorso nei 12 mesi tra i due campionati del mondo vinti. Un'annata di vittorie e sconfitte, ma anche e soprattutto di emozioni: il recupero dall'infortunio, la nascita del figlio Nino, la maglia gialla al Tour, l'amicizia con Mark Cavendish, l'amore del pubblico e della compagna Marion Rousse. Il 2021 è un anno che Alaphilippe non si scorderà facilmente. E nemmeno i suoi lettori.
Comincia tutto con una pedalata, una gita in famiglia che si trasforma in una favola. Ma avrebbe potuto essere tutt'altro tipo di pedalata, perché Fabio Consoli nella sua vita è stato diversi tipi di ciclista, pedalando da casa al lavoro o sugli altipiani tibetani. In questo libretto rende omaggio alle diversità del pedalare. Dal ‘salitomane’, metà uomo e metà capra, all'hipster, che pare un senzatetto degli anni '80, passando per il ‘comodista’, per il quale ogni uscita è un trasloco, e il ‘naturalista’, che si nutre d'aria. Dieci diversi tipi umani a pedali, raccontati e disegnati, con un test finale per capire in quale categoria rientrare. Perché se c'è una cosa che insegna la bicicletta è a ridere del mondo e di sé stessi.
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Ci sono i compagni e gli avversari che hanno pedalato con lui (Vincenzo Nibali, Gilberto Simoni, Daniele Bennati, Dario Cataldo, Mario Cipollini). E i giornalisti che lo hanno raccontato da vicino o da lontano (Pier Bergonzi, Paolo Condò, Alessandra De Stefano, Alessandra Giardini, Claudio Gregori, Silvio Martinello, Marco Pastonesi). E i direttori sportivi e il ct della nazionale (Beppe Martinelli, Gianni Savio, Davide Cassani). C'è chi lo ha incontrato per caso (Nicola Savino) e chi lo ha accompagnato per la vita (il fratello Marco). Caro Michele è un album in 58 ricordi da 58 amici, riuniti per ricordare il corridore marchigiano a cinque anni dalla sua scomparsa. E continuare ad aiutarlo, perché il libro non è in vendita ma viene inviato come omaggio a chiunque si iscriva alla Fondazione Michele Scarponi.
BIKE LIFE
musica
/ FILIPPO ROMA*/
BIKE PLAYLIST Variopinta Andare in bicicletta per il centro di Roma ascoltando buona musica. È qualcosa che ritengo uno dei massimi piaceri della vita. Per chi, come me, trascorre le giornate a inseguire politici o truffatori in giro per l’Italia, le due ore che si concede sulla bici sono un’isola felice per l’anima. Una splendida sospensione da tutti gli affanni. Bici e musica sono un binomio di bellezza imprescindibile. Sia chiaro, la musica, l’ascolto a prescindere dalla bicicletta. Mi ha sempre appassionato, anche se la mia conoscenza musicale è a ‘macchia di leopardo’. Questo perché, quando ero adolescente, mio padre gestiva un impianto di benzina sull’autostrada con annesso il classico negozio che vendeva souvenir e le ormai preistoriche musicassette. Così capitava che ogni tanto, la sera, mio padre portasse a casa cassette di ogni tipo: dai canti politici e di guerra ai Pink Floyd passando per Al Bano. Sono cresciuto ascoltando i generi più disparati. Per questo, troverete una play list molto variopinta.
Radio Ga Ga
1/ QUEEN
Just can’t get enough
2/ DEPECHE MODE
Alghero
3/ GIUNI RUSSO
Sfiorivano le viole
4/ RINO GAETANO
Hello I love you
5/ THE DOORS
La mia libertà
6/ FRANCO CALIFANO
Love
7/ MARRACASH
* Classe '70, maturità classica e laurea in Economia, Filippo Roma è a Le Iene dal 2004. In precedenza, dopo due anni come sceneggiatore televisivo e cinematografico, aveva lavorato, dal 1999 al 2002 in Radio Capital come autore testi e anche responsabile marketing.
Non, je ne regrette rien
8/ EDITH PIAF
L’ultima Luna
9/ LUCIO DALLA
Boys don’t cry
10 / THE CURE
Messaggio
11 / ALICE
Il mio canto libero
12 / LUCIO BATTISTI
Blu celeste
13 / BLANCO
Sentimiento nuevo
14 / FRANCO BATTIATO
Time
15 / PINK FLOYD 16 /
American idiot
GREEN DAY
Nel Sole
17 / AL BANO 18 /
Once in a lifetime
TALKING HEADS
Vent’anni
19 / MASSIMO RANIERI
Balla
20 / UMBERTO BALSAMO
Inquadra il QR Code in pagina e scopri tutte le Playlist di BIKE
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SPRING
di
/ RICCARDO MAGRINI */
Il ciclismo ti rende MAGRO
ERRORE DI PROSPETTIVA Anche nel caso di alcuni tra i più recenti e drammatici incidenti che hanno colpito atleti professionisti, come è stato per lo sfortunato Egan Bernal mentre preparava la stagione in Colombia, il traffico è stato un fattore. Quando io correvo, la densità di traffico era di gran lunga minore rispetto ai livelli odierni, ed era forse più semplice anche potersi allenare percorrendo stradine secondarie. Almeno in Toscana era qualcosa che si riusciva a fare con relativa semplicità. Ancora oggi, quando esco in bicicletta, cerco di farlo con persone che conoscono a menadito percorsi alternativi: “Stradine, stradine, stradine!”, ripeto sempre agli amici. Sebbene ciò non sia sempre possibile, è un buon esempio di cosa possiamo fare per provare a ridurre al minimo i fattori di rischio quando si pedala. I suggerimenti, poi, per chiunque vada in bicicletta, sono sempre gli stessi: rispettare con attenzione il codice della strada, usare prudenza, indossare il casco e vestire con abbigliamento dai colori riconoscibili e inserti fluorescenti, montando catarifrangenti e luci, sia anteriori sia posteriori, da tenere accese anche di giorno. Se la fatalità, infatti, sono sempre imprevedibili, tutto ciò che è in nostro possesso tenere sotto controllo, invece, è bene farlo al massimo delle capacità di cui disponiamo. Il rischio zero, però, non esiste. E il ciclismo è uno sport che si pratica su strada. Motivo per cui non si finisce mai di sensibilizzare abbastanza gli utenti delle strade sulla sicurezza dei ciclisti. Come ricorda sempre Gianni Bugno, quanti, conducendo l’auto dietro un trattore che procede a rilento, si arrabbiano forse un po’, ma restano lì, quieti, senza azzardare sorpassi rischiosi? Perché non dovrebbe essere lo stesso quando si incontra un gruppo di ciclisti? Perdere cinque minuti non è la fine del mondo e sono diversi i Paesi che ho
visitato, dalla Spagna al Sud Africa, in cui questa sensibilità verso i più deboli in strada è veramente presente. La stessa cosa vale per le corse. Anche il professionismo si pratica su strada e, per esempio, in Francia, nessuno si lamenta quando il traffico si ferma perché passa il Tour de France. Anzi, nei servizi di informazione sul traffico alla radio segnalano con precisione il passaggio della Grande Boucle indicando tutti i percorsi alternativi per gli automobilisti. È un monito che sempre ci ricorda come anche nei media si possa fare sempre di più e meglio. È solamente con un cambio di prospettiva, insomma, uno scatto in avanti nella qualità dell’educazione civica e alla cultura della nuova mobilità, che si può riproporre, in maniera sempre attuale ed efficace, l’importante tema della sicurezza per i ciclisti. Un’attenzione che è fondamentale avere non solo nei confronti di chi va in bici da corsa, professionisti o amatori, ma anche verso chi tutti i giorni utilizza la bicicletta come mezzo di trasporto per andare al lavoro o fare la spesa. In tal senso è una buona notizia l’idea, contenuta in un disegno di legge recentemente presentato al Senato, che mira a inserire, nei quiz per il rilascio della patente, domande legate alla mobilità ciclistica e a introdurre l’obbligo di distanza minima di 1,5 metri quando si sorpassa un ciclista. È qualcosa per cui anch’io mi sono più volte impegnato in prima persona, spesso nell’ambito di lodevoli iniziative promosse da associazioni no profit come ‘Io rispetto il ciclista’, fondata da Maurizio Fondriest, Paola Gianotti e Marco Cavorso, o la Fondazione Michele Scarponi. Avanti così! Intanto, i migliori auguri di pronta guarigione a Egan Bernal!
*Ex ciclista, dirigente sportivo e commentatore tv per Eurosport
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