32 OTTOBRE 2022 L’ITALIA E LO SPAZIO BARBARA NEGRI ECLISSE PARZIALE DI SOLE IL 25 OTTOBRE IL CIELO DEL MESE L’ALBA DI UNA NUOVA ERA PER L’ASTRONOMIA
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Il valore dell’attesa
Forse nessuno ha descritto così bene l’attesa come Sergio Leone nelle prime scene di C’era una volta il West. Un’attesa diversa, a seconda del personaggio di volta in volta inquadrato in primo piano. Abbiamo provato a ispirarci al grande regista per raccontare le aspettative suscitate dal lancio, più volte rimandato, di Artemis I, la prima missione del programma che riporterà sulla Luna uomini e donne, americani ed europei. “Una prima montagna da scalare” ci dice Barbara Negri, capo dell’Unità volo umano e sperimentazione scientifica dell’Agenzia spaziale italiana, che abbiamo intervistato per l’occasione. E una tappa da cui dipendono poi tutte le altre, sia come fattibilità sia come rispetto delle tempistiche. Nella speranza di poter rimanere aggrappati a quel 2025 che ancora compare nella schedula di Artemis III, la missione che prevede il nuovo sbarco. La chiacchierata è stata anche l’occasione di ricordare alcune delle missioni di esplorazione planetaria in cui è coinvolto il nostro Paese, sia per la parte scientifica che per quella di produzione industriale. Non c’è angolo del Sistema solare in cui non siamo coinvolti ai massimi livelli, e lo siamo anche nel programma Artemis, a cominciare da ArgoMoon, il CubeSat realizzato da Argotec che deve volare con Artemis I per realizzare immagini sul funzionamento della missione. Bisogna aspettare, quindi. Del resto, se il mastodontico Space Launch System riuscirà a superare i problemi che ne hanno più volte frenato la partenza e a funzionare al meglio, nessuno ricorderà più questi ritardi. Mentre tutti ci ricordiamo del disastro dell’Apollo I o delle tragiche esplosioni del Challenger e del Columbia. Aspettare, ma con un occhio rivolto al presente, con l’eclissi parziale di Sole che vedremo il 25 ottobre, e un altro al futuro, con Cosmo Kid la nuova rubrica dedicata ai più giovani. Ma rivolgiamo uno sguardo anche al passato, per salutare quel grande campione della divulgazione scientifica che è stato Piero Angela e al quale non può che andare un sentito grazie da tutti noi.
32 DI WALTER RIVA
EDITORIAL 1
ANNO 4 - NUMERO 32 mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n° 137 del 6 giugno 2019
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SPAZIO
SPACE NEWS
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ATENE A FIRENZE
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E LO SPAZIO
ORBITA TERRESTRE
RITORNO
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PICCOLO PIONIERE LUNARE
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L’ALBA
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CENTO
DELL’UNIVERSO 52
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SPACE 4 NEWS SUMMARY UN TELESCOPIO MADE IN ITALY IN MONGOLFIERA 1 6 SPACE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE IL PRIMO ESOPIANETA RIPRESO DAL WEBB4 DA DOVE VIENE TUTTO L’ORO DEL MONDO 3 GALASSIE IN COLLISIONE UN ANNO PIÙ CORTO DI UN GIORNO 2 5 WATERWORLD A 100 ANNI LUCE NEL DRAGO
RITORNO ALLA LUNA CON ARTEMIS
Dopo una quantità innumerevole di rinvii, dovuti alle tante difficoltà della “prima volta”, con il lancio della missione Artemis I dal Kennedy Space Center inizia finalmente un nuovo ciclo di esplorazione lunare, dopo il programma Apollo che si è concluso esattamente 50 anni fa.
Artemis I è la prima di una serie di missioni che hanno come scopo quello di riportare l’umanità sulla Luna, compresa la prima donna e la prima persona di colore. L’obiettivo principale di Artemis I è il collaudo della capsula Orion in un volo spaziale completo intorno alla Luna e di rientro sulla Terra. La missione è senza equipaggio, ma i posti degli astronauti sono occupati da manichini, equipaggiati con sensori dedicati a misurare il livello di radiazioni, di accelerazione e di vibrazioni. E sono accompagnati da due mascotte di peluche: il cane Snoopy della Nasa e la pecora Shaun dell’Esa.
Seguiranno la missione Artemis II (maggio 2024), che porterà il primo equipaggio umano a orbitare intorno alla Luna. Mentre Artemis III, nel 2025, compirà infine l’allunaggio dei primi esseri umani dopo le missioni Apollo, in un sito vicino al Polo sud lunare (vedi la news bit.ly/3TsVvhB), dove potrebbe essere installata in futuro una base permanente.
Il sistema di propulsione Space Launch System (Sls) è composto da due razzi a combustibile solido e dal core stage, dotato di quattro propulsori. Questa configurazione (chiamata Block 1) porta gli stadi superiori e la navicella Orion in orbita intorno alla Terra. Giunta in orbita terrestre, la Orion sgancia i due razzi e il core stage e si dirige quindi verso la Luna, grazie al secondo stadio propulsivo del Sls (figura). Raggiunta l’orbita lunare, la Orion deve eseguire una serie di flyby intorno alla Luna per testare il suo equipaggiamento e i sistemi di comunicazione con la Terra, che fanno capo al Deep Space Network, tre stazioni radio situate in Australia, California e Spagna, per garantire una copertura radio costante. Il ritorno è previsto più di un mese dopo il lancio, con il tradizionale splashdown nell’oceano Pacifico.
5 START
QUATTRO PUNCH STUDIERANNO IL VENTO SOLARE DAL 2025 UNA STARSHIP DA ABBANDONARE SULLA LUNA 9 8 NEWSSPACE LANCIO RIMANDATO PER PSYCHE 7
UN TELESCOPIO MADE IN ITALY IN MONGOLFIERA
Volerà a 40 km di quota sopra l’Antartide per quattro settimane, appeso a un pallone grande quanto un campo da calcio. È stato consegnato alla Nasa il telescopio per la missione Asthros (Astrophysics Stratospheric Telescope for High Spectral Resolution Observations at Submillimeterwavelengths) ideato e realizzato interamente in Italia.
La costruzione dello specchio da 2,5 metri di diametro e dell’ossatura di supporto ha dovuto rispettare vincoli estremi: una struttura leggera, in grado di essere sollevata fino alla stratosfera da una mongolfiera, ma rigida per evitare deformazioni. Per questo compito, la Nasa si è rivolta alla Media Lario di Bosisio Parini (Lecco), una ditta specializzata in ottiche e sistemi ottici di precisione con una lunga esperienza: portano la sua firma gli specchi di molti telescopi spaziali per le alte energie, così come quelli di telescopi ottici e infrarossi terrestri.
Lo specchio primario di Asthros è composto da nove segmenti con una struttura a nido d’ape di alluminio e una superficie in nichel rivestita da una sottilissima patina d’oro, l’elemento ideale per riflettere le lunghezze d’onda del lontano infrarosso.
L’obiettivo scientifico di Asthros è lo studio del “feedback stellare”, un fenomeno che soffoca la formazione di nuove stelle. Innanzitutto, saranno osservate nel lontano infrarosso le regioni di formazione stellare della nostra Galassia in cui si verificano questi processi. Saranno osservate anche galassie lontane, per vedere come agisce il feedback su larga scala e in ambienti diversi.
Le frequenze del lontano infrarosso sono bloccate dall’atmosfera terrestre; così, per poterle osservare è necessario ricorrere ai telescopi spaziali, oppure – a costi più contenuti e con tempi di sviluppo più rapidi - con telescopi su palloni stratosferici, come è il caso di Asthros, che sarà lanciato non prima di dicembre 2023
16 SPACE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE
2UN ANNO PIÙ CORTO DI UN GIORNO
La sua orbita dura solo 13 ore ed è il più giovane pianeta ultrashort period (Usp, “periodo orbitale ultra-breve”) scoperto finora. È l’esopianeta Toi-1807b, scoperto nel 2020 con il telescopio Tess della Nasa da un gruppo internazionale guidato da ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dell’Università degli studi di Padova.
La sua stella è più fredda del Sole ed è molto giovane: circa 300 milioni di anni. Probabilmente, in questo tempo, un’eventuale atmosfera costituita da idrogeno ed elio, tipica di pianeti molto giovani, potrebbe già essere stata spazzata via a causa dell’estrema vicinanza stella-pianeta, lasciando scoperto il nucleo roccioso del pianeta stesso. La distanza tra i due oggetti è circa un centesimo della distanza Terra-Sole.
Grazie ai numerosi transiti del pianeta, è stato calcolato il suo raggio, che è risultato pari a 1,5 volte quello terrestre, mentre la massa è pari a 2,5 volte quella del nostro pianeta (figura). Dalle analisi dei dati, risulta che il pianeta è dotato di un nucleo composto dal 25 per cento di ferro, ma è privo di un’atmosfera estesa. Lo studio di pianeti giovani come Toi-1807b serve per comprendere come i pianeti (inclusa la Terra) si formino e quali condizioni permettano la nascita della vita.
GALASSIE IN COLLISIONE
Gemini North, uno dei telescopi gemelli dell’International Gemini Observatory, ha ripreso dal Mauna Kea (Hawaii) le fasi iniziali di una collisione cosmica che si sta verificando a circa 60 milioni di anni luce di distanza, nella costellazione della Vergine. Due galassie a spirale, la NGC 4568 (in basso) e la NGC 4567 (in alto) stanno iniziando una fusione galattica.
Al momento, i centri di queste galassie sono ancora a 20mila anni luce di distanza (poco meno della distanza del Sole dal centro della Via Lattea) e ogni galassia conserva ancora la sua forma a spirale. Tuttavia, lo scenario è destinato a cambiare in futuro, anche se in tempi per noi lentissimi.
Mentre procederà l’avvicinamento delle due galassie, le forze gravitazionali attiveranno fenomeni di intensa formazione stellare e distorceranno le loro strutture. Nel corso di milioni di anni, le galassie danzeranno l’una intorno all’altra in anelli sempre più stretti, finché si mescoleranno in un’unica galassia ellittica
A quel punto, gran parte del gas e della polvere che contengono (materiale per la formazione delle stelle) sarà stato consumato o spazzato via.
La fusione tra queste galassie è un’anteprima di ciò che accadrà quando la Via Lattea entrerà in collisione con la Galassia di Andromeda. Si stanno avvicinando alla velocità di 300 chilometri al secondo, ma niente paura: la fusione avverrà tra circa cinque miliardi di anni.
NEWS 7
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4DA DOVE VIENE TUTTO L’ORO DEL MONDO
Il satellite Landsat 8 della Nasa e dell’Usgs (United States Geological Survey), in orbita dal 2013, ha ripreso la miniera d’oro di Muruntau, in Uzbekistan, la seconda fonte d’oro del mondo, dopo la Nevada Gold Mine in Usa. Il giacimento di Muruntau è stato scoperto nel 1958, mentre l’estrazione dell’oro è iniziata nel 1967. Attualmente, la fossa è larga 3,5 chilometri e profonda 600 metri. Solo nel 2021 ha prodotto 85 tonnellate d’oro Quello che stiamo osservando in questa immagine è probabilmente “materiale di scarto” della collisione tra due stelle di neutroni, uno dei pochi eventi astronomici sufficientemente potenti da riuscire a creare elementi pesanti come l’oro, in quantità industriali. Tutto questo oro, prodotto miliardi di anni fa, prima della nascita del Sole, si trovava nella nebulosa solare da cui si è formato il nostro pianeta, e subito dopo la sua nascita, quando la Terra era ancora fluida, si era depositato quasi certamente nelle vicinanze del nucleo terrestre, per via della sua alta densità. Quali movimenti geologici innescati dall’interno terrestre o dal bombardamento meteoritico primordiale abbiano spinto il prezioso metallo verso la crosta fino a farlo affiorare quasi in superficie, concentrato in alcuni grandi giacimenti, è un buon quesito per i geologi. Ricordiamo che la crosta terrestre costituisce solo l’1% della Terra e che l’oro costituisce solo lo 0,000004 % della crosta terrestre.
WATERWORLD A 100 ANNI LUCE NEL DRAGO
Toi-1452b è un esopianeta leggermente più grande della Terra, che potrebbe essere un “pianeta oceanico”, cioè completamente ricoperto da un oceano, come il Waterworld di un film di fantascienza del 1995. È stato scoperto due anni fa dal telescopio spaziale Tess della Nasa, che ne ha rivelato il passaggio davanti alla sua stella, poco più piccola del Sole e appartenente a un sistema binario situato nella costellazione del Drago, a circa cento anni luce da noi. Grazie allo spettropolarimetro infrarosso Spirou del CanadaFrancia-Hawaii Telescope è stata anche valutata la massa di Toi-1452b, che è risultata quasi cinque volte maggiore di quella terrestre.
I ricercatori hanno stabilito che Toi-1452b è un pianeta roccioso, che orbita nella “zona abitabile” della sua stella; inoltre, le sue caratteristiche suggeriscono che circa il 30% della sua massa sia costituito da sostanze volatili come l’acqua (in figura, un’illustrazione artistica). Al suo confronto, la Terra è un pianeta arido, poiché l’acqua costituisce meno dell’uno per cento della sua massa.
Toi-1452b è uno dei pochi esopianeti temperati che mostrano caratteristiche coerenti con quelle di un pianeta oceanico. Pertanto, l’astrofisico René Doyon dell’Université de Montréal, fra gli autori dello studio del pianeta, ha annunciato che “non appena sarà possibile, prenoteremo del tempo osservativo sul telescopio spaziale James Webb, per osservare questo mondo strano e meraviglioso”.
8 SPACE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE
IL PRIMO ESOPIANETA RIPRESO DAL WEBB
Uno degli obiettivi del nuovo telescopio spaziale Webb (vedi l’articolo a pag. 38) era la ripresa di immagini di esopianeti ed ecco la prima di queste immagini. Si tratta del gigante gassoso Hip 65426b, che ha una massa pari a 6-12 volte quella di Giove e ha un’età di soli 15-20 milioni di anni.
L’immagine, ripresa con quattro diversi filtri infrarossi, mostra le potenzialità dell’ottica di Webb nel catturare mondi lontani. Il simbolo della stella in altro a destra di ogni immagine planetaria indica la posizione della stella ospite, la cui luce è stata mascherata da un coronografo.
Le osservazioni son state condotte da Sasha Hinkley dell’Università di Exeter nel Regno Unito, insieme a una vasta collaborazione internazionale. Il pianeta era stato scoperto nel 2017 grazie allo strumento Sphere del Very Large Telescope in Cile, ma Webb ha rivelato dettagli che i telescopi terrestri non sarebbero in grado di mostrare, a causa del bagliore infrarosso dell’atmosfera terrestre. Webb è stato aiutato anche dalla grande distanza di Hip 65426b dalla sua stella, cento volte maggiore della distanza della Terra dal Sole.
In ogni immagine, il pianeta appare come una macchia (in “falsi colori”) di forma leggermente diversa, per via dei dettagli del sistema ottico di Webb e del modo in cui viene elaborata la radiazione infrarossa, con la produzione anche di alcuni artefatti.
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LANCIO RIMANDATO PER PSYCHE
La missione Psyche della Nasa, la prima progettata per studiare un asteroide ricco di metalli, non verrà lanciata quest’anno, come era stato annunciato. Il ritardo è causato da un posticipo nella consegna del software di volo e dell’apparecchiatura di collaudo del veicolo spaziale. Psyche è stata selezionata nel 2017 come parte del Discovery Program della Nasa, una serie di missioni competitive a basso costo, ed è destinata all’asteroide di cui porta il nome, 16 Psyche. Questo oggetto largo 250 km, che si trova nella Fascia principale degli asteroidi, potrebbe essere un antico (e ormai nudo) nucleo planetario Psyche trascorrerà quasi due anni in orbita intorno ad esso, per analizzarne in dettaglio la superficie. Il lancio era inizialmente previsto nell’agosto scorso, ma è stato rimandato per problemi tecnici, fino a perdere la “finestra di lancio” che si chiude in ottobre. A questo punto, le prossime finestre si aprono nel 2023 e nel 2024, ma con posizioni orbitali di 16 Psyche meno favorevoli di quelle attuali, per cui la sonda non arriverà sull’asteroide fino al 2029 e al 2030, rispettivamente. Insieme a Psyche devono essere lanciate altre due missioni: la sonda Janus per studiare i sistemi di asteroidi binari gemelli e il dimostratore tecnologico Dsoc (Deep Space Optical Communications) per testare comunicazioni laser ad alta velocità con Psyche.
10 SPACE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE
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UNA STARSHIP DA ABBANDONARE SULLA LUNA
Mentre parte il programma Artemis, prende forma anche il percorso dei test necessari per qualificare la Starship Hls (Human Landing System), la navicella che trasporterà sulla Luna due dei quattro astronauti della missione Artemis III (vedi l’articolo a pag. 28). Come è stato dichiarato da Lisa Watson-Morgan, manager Nasa del programma Hls, il primo volo dimostrativo avrà come obiettivo principale quello di allunare (senza equipaggio), mentre la capacità di riportare gli astronauti sulla capsula Orion sarà verificata solo successivamente. Quindi, la prima Starship lunare sarà destinata a essere abbandonata sul suolo del nostro satellite. La navicella, ribattezzata Moonship (figura) userà parte del suo carburante per raggiungere l’orbita terrestre, dove si rifornirà grazie a una Starship che farà da serbatoio, a sua volta precedentemente rifornito da altre Starship. È quindi probabile che SpaceX decida di “spogliare” la prima Moonship di ogni componente non necessario all’allunaggio, in modo da risparmiare parte del prezioso carburante e destinare alcuni dei suoi lanci al progetto Starlink o ad altri lanci commerciali.
NEWS 11 SPACE
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QUATTRO PUNCH STUDIERANNO IL VENTO SOLARE DAL 2025
La Nasa ha annunciato la data di lancio della missione Punch (Polarimeter to UNify the Corona and Heliosphere) del programma Small Explorer. La missione si compone di quattro satelliti che verranno lanciati in orbita terrestre bassa a partire da aprile 2025. L’obiettivo è quello di studiare il vento solare e, più nello specifico, effettuare osservazioni tridimensionali delle masse di particelle appena espulse dal Sole, quando si trovano ancora nello spazio compreso tra l’atmosfera solare esterna e l’eliosfera interna.
I quattro satelliti Punch verranno lanciati da un Falcon 9 assieme al satellite SphereX della Nasa (vedi la news alla pagina bit.ly/3wJaaLM). Avere a disposizione quattro satelliti in orbita permetterà che due di essi osservino il Sole e i suoi dintorni in ogni momento, in contemporanea. Questo aiuterà a seguire il distacco della materia solare dalla corona, sia che si tratti di normale vento solare che di espulsioni di massa coronale, cioè di tempeste solari che possono provocare danni ad apparecchiature elettroniche in orbita e a terra. Comprendere meglio l’evoluzione di questi fenomeni aiuterà i ricercatori a sviluppare nuove tecniche per prevederli.
D.L.
12 SPACE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE
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LE VIE DEL COSPAR DA ATENE A FIRENZE
IMPORTANTI NOVITÀ DALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE DEI PIÙ GRANDI ESPERTI DELLA RICERCA SPAZIALE
Dopo oltre due anni di assenza a causa della pandemia, la 44a edizione della Cospar Scientific Assembly - la conferenza internazionale del Committee on Space Research che riunisce i più grandi esperti della ricerca spaziale per discutere del futuro della scienza planetaria, dell’astrofisica, dell’esplorazione dello spazio e dell’osservazione della Terra - si è ritrovata ad Atene dal 16 al 24 luglio 2022
Il comitato scientifico, presieduto da Stamatios Krimigis, e il comitato organizzatore locale, presieduto da Manolis Georgoulis, insieme alla comunità d’eccellenza della scienza e ricerca spaziale greca, si sono spesi per dare vita a una assemblea memorabile.
COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Grazie all’impegno del nuovo direttore esecutivo del Cospar, JeanClaude Worms e alla sua équipe, sono state organizzate oltre 140 sessioni, alle quali hanno partecipato più di 2700 scienziati venuti da tutto il mondo per presentare 3500 contributi.
*PAOLA ANTOLINI
È UNA ANTROPOLOGA FORMATA
ALL’ONU COME FUNZIONARIO
PER EDUCAZIONE, CULTURA E INFORMAZIONE DEL PUBBLICO.
COORDINA ATTIVITÀ EDUCATIVE PER
LA DIFFUSIONE DELLA SCIENZA E DEI
SAPERI SCIENTIFICI.
PATRIZIA CARAVEO
È DIRIGENTE DI RICERCA ALL’ISTITUTO
NAZIONALE DI ASTROFISICA (INAF) E
LAVORA ALL’ISTITUTO DI ASTROFISICA
SPAZIALE E FISICA COSMICA DI MILANO.
Oltre a essere stato uno straordinario esempio di cooperazione internazionale per le scienze spaziali, Cospar Athens 2022 è stata una novità per la Grecia, che ha voluto ricordare i contributi del Paese all’origine della scienza e del metodo scientifico. L’Assemblea ha mostrato la dinamica e l’ampiezza della comunità di ricercatori spaziali con sede in Grecia e la loro interazione con la comunità scientifica internazionale, inclusa l’importante diaspora scientifica greca. Lavorando in tandem con organismi internazionali e il settore pubblico e privato greco, il comitato organizzativo locale ha lavorato anche per ispirare le generazioni più giovani, dimostrando che tutto è possibile nella Grecia del XXI secolo. L’inizio della conferenza è stato onorato dalla tradizionale Tavola
14 SPACE NEWS DI PAOLA ANTOLINI E PATRIZIA CARAVEO*
» La nuova presidente del Cospar Pascale Ehrefreund (al centro) con i due vicepresidenti Pietro Ubertini e Catherine Cesarky.
A destra, la cerimonia di apertura del Cospar 22 ad Atene
rotonda delle Agenzie spaziali, in cui i presidenti delle principali agenzie hanno discusso i loro obiettivi, con particolare attenzione ai nanosatelliti, cui ha fatto seguito un programma ricchissimo, con una miriade di occasioni per dibattiti, seguiti da un pubblico anche giovanissimo, intervallando aggiornamenti sugli ultimi risultati di missioni spaziali e una varietà di conferenze interdisciplinari. I temi caldi all’ordine del giorno di Cospar 2022 sono stati i cambiamenti climatici, le previsioni meteorologiche spaziali, l’uso responsabile dello spazio, in relazione al numero crescente di attori privati nel dominio spaziale. Gli eventi associati tenuti ai margini dell’Assemblea hanno incluso la Giornata Internazionale dell’Accademia di Astronautica e tavole rotonde sulla futura esplorazione di Venere, sul telescopio spaziale James Webb, a cura della Nasa, oltre a un incontro innovatore sulla diversità nel mondo della
ricerca e scienza spaziale. Ricordiamo anche l’intervento del più giovane presentatore di Cospar, che non ha ancora iniziato il liceo: è Daniel Portas-Levy, che in una delle sessioni del Panel sull’Educazione, ha tenuto un discorso sulle applicazioni dell’intelligenza artificiale come strumento innovatore nell’educazione spaziale. Inoltre, sempre dal punto di vista dell’Educazione, l’organizzazione di Cospar 2022 è riuscita a invitare ben 150 giovani scienziati in provienenza da Paesi emergenti.
UNA DONNA AL COMANDO
L’assemblea si è conclusa con una bellissima novità: l’elezione di una donna alla presidenza. Probabilmente ispirati da Urania, la musa dell’astronomia che campeggiava nel poster dell’assemblea, i delegati delle 46 istituzioni scientifiche nazionali e delle 12 organizzazioni internazionali che aderiscono al Cospar hanno eletto Pascale Ehrefreund come presidente.
Dopo 64 anni di storia, il Cospar volta pagina: non è una notizia da poco, considerando il maschilismo che domina il mondo dall’aerospazio. La nuova presidente del Cospar è una scienziata e una manager di tutto rispetto. Astrobiologa di formazione, si è interessata alle tematiche legali connesse alle missioni spaziali e ha insegnato Space policy.
Dopo importanti incarichi in agenzie austriache e tedesche, dal 2019 è presidente della International Astronautical Federation e, dal 2021, della International Space University. Insieme alla presidente sono stati eletti i due vice-presidenti: l’italiano Pietro Ubertini e la francese Catherine Cesarky. Conosciamo entrambi da una vita e siamo veramente contente di questa saggia decisione. Un’altra buona notizia riguarda la sede della Cospar 2026
A ogni assemblea si conosce già la sede della successiva (nel 2024 si terrà in Corea del Sud), ma si decide dove svolgere quella seguente. Per il 2026 è stata scelta Firenze, che aveva già ospitato l’assemblea nel 1961 e nel 1964, quando le riunioni si facevano tutti gli anni. Così Firenze farà la tripletta, un evento di buon auspicio per l’Italia spaziale. In effetti, i prossimi anni vedono il nostro Paese protagonista in una sequenza di importanti appuntamenti internazionali. Dopo l’International Astronautical Conference, che si terrà a Milano nel 2024, ci sarà il Cospar fiorentino nel 2026 e l’assemblea generale dell’Unione Astronomica Internazionale a Roma nel 2027. Un tris di eventi che certo contribuiranno a mantenere alto l’interesse per questo settore strategico.
15 SPACE NEWS
A COLLOQUIO CON BARBARA NEGRI DELL’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA
L’ITALIA E LO SPAZIO
ASTRONAUTICA E RICERCA SCIENTIFICA
LA PARTECIPAZIONE DEL NOSTRO PAESE ALLE MISSIONI DI ESPLORAZIONE PLANETARIA, IN ATTESA DI VEDERE UN ASTRONAUTA ITALIANO SULLA LUNA
Il tribolato lancio di Artemis I (che diamo per realizzato entro il mese di ottobre, con la speranza che siano risolti i problemi nel caricamento dell’idrogeno liquido) inaugura una nuova era dell’esplorazione umana dello spazio e apre prospettive molto interessanti per il volo umano, anche di astronauti europei e italiani. Abbiamo chiesto a Barbara Negri, responsabile dell’Unità volo umano e sperimentazione scientifica dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) quante possibilità ci sono di vedere un italiano (o un’italiana) calpestare la regolite lunare entro l’inizio del prossimo decennio. “Artemis I è una tappa essenziale in questo percorso, la prima montagna da scalare (che comprende anche un contributo italiano, il CubeSat Argomoon, vedi l’articolo a pag. 24, Ndr). Senza lo Space Launch System, gli obiettivi del programma non sono raggiungibili. Non abbiamo più il Saturn V e si sono persi il know-how e la documentazione dell’epoca che erano serviti per realizzarlo. Il Programma Apollo era finalizzato ad arrivare sulla Luna prima dell’Unione Sovietica; non vi era una prospettiva di respiro più ampio. Così, una volta raggiunto l’obiettivo, si è lasciato andare un po’ tutto. Ora è diverso: la Luna rappresenta la nuova frontiera di questo decennio e, in un certo senso, diventa una nuova Stazione spaziale internazionale, cioè il terreno su cui collaborare, pur continuando anche a competere. Per quanto riguarda le prospettive di missioni umane con astronauti, l’Esa ha recentemente firmato un accordo con la Nasa per imbarcare tre astronauti europei nelle missioni successive e l’Italia è l’unico Paese ad avere due candidati, fra cui l’unica donna; quindi, abbiamo buone possibilità di vedere un nostro connazionale calpestare il terreno lunare.
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COVER STORY DI WALTER RIVA
FRA
BARBARA
» Barbara Negri, responsabile dell’Unità volo umano e sperimentazione scientifica dell’Agenzia spaziale italiana.
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NEGRI
» ArgoMoon è uno dei CubeSat in viaggio con la missione lunare Artemis I, realizzato dalla Argotec di Torino.
Quando? Anche questo dipende in buona parte da Artemis I. Se non intervengono altri problemi, il programma è ben consolidato: se Artemis III rispetterà la data del 2025, potremo avere un italiano (o un’italiana) sulla Luna anche prima del 2030”.
L’Italia partecipa con un ruolo rilevante a numerose missioni di esplorazione del Sistema solare. Qual è lo stato dell’arte di ExoMars e del rover Rosalind Franklin che imbarca il trapano di fabbricazione italiana per penetrare il terreno di Marte? È irrecuperabile la collaborazione con
Roscosmos? E se lei dovesse indicare una data per il primo astronauta su Marte?
“Il programma di ExoMars è in fase di stallo. Bisogna ricostruire il lander e anche una parte della piattaforma, cioè i componenti che dipendevano dalla Russia. L’Italia copre quasi il 40% delle spese di questa missione e quindi per noi il danno è davvero grande. Per evitare ciò che successe al lander Schiaparelli (schiantato al suolo perché non era stato effettuato un vero test sul paracadute), ExoMars ha un sistema di due paracadute, entrambi testati. Purtroppo, questi test hanno accumulato del ritardo e così, in aggiunta ai problemi causati dal Covid, si è persa la finestra di lancio dell’autunno 2020. Si pensava
di sfruttare la successiva opposizione marziana (autunno 2022/inverno 2023), e invece… Ciò dimostra che gli appuntamenti fissati dai programmi vanno rispettati, perché non si sa mai che cosa riserva il futuro. A proposito di Marte, per le prospettive del volo umano il problema è quello della protezione dalle radiazioni ionizzanti. Durante il viaggio – che se va bene, dura sette mesi - i raggi cosmici, in gran parte protoni, distruggono le cellule del corpo umano. I materiali schermanti che sono stati proposti sono limitati dalla necessità di imbarcarli su una navicella spaziale. Occorrerebbe un magnete deflettente, che non c’è ancora. Una volta arrivati su Marte, il problema è minore, perché abbiamo interessanti prospettive di sfruttamento dei lava-tubes, cioè i cunicoli scavati dai fiumi di lava sotterranei associati ai vulcani a scudo. Come Asi stiamo cercando di spingere diverse start-up a occuparsi della questione. Quando vedremo un astronauta su Marte? Dico il decennio del 2040; forse anche un po’ prima, se trovassimo una soluzione convincente, al problema delle radiazioni ionizzanti”.
Gli scienziati italiani sono molto coinvolti nelle future missioni planetarie su Giove, in particolare Juice, che indagherà l’atmosfera e la magnetosfera di Giove, misurerà lo spessore dei ghiacci della luna Europa e indagherà Ganimede e Callisto. Quali contributi apporterà l’Italia con le sue imprese? “Juice è pronta a partire ad aprile 2023 con un Ariane V che siamo riusciti
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COVER STORY
DI WALTER RIVA
»
In attesa di essere spedito su Marte, il trapano italiano di ExoMars si esercita nel Mars Terrain Simulator della Altec a Torino.
a prenotare, perché Ariane Space ha tre voli commerciali già programmati in quel periodo. L’integrazione della sonda è quasi completata.
Se fossimo riusciti a partire quest’anno, saremmo arrivati a destinazione più di un anno prima. Partendo la prossima primavera, si entrerà in orbita gioviana nel 2031, ma può essere ugualmente accettabile, perché una sonda interplanetaria non rimane inattiva durante il lungo viaggio: a ogni fly-by si accendono gli strumenti per la calibrazione e si raccolgono dati scientifici. La missione americana Europa Clipper, pur partendo dopo, arriverà prima, perché ha un lanciatore più potente. Juice imbarcherà cinque strumenti a guida italiana su undici, un vero successo. Recentemente, abbiamo aggiunto un accelerometro al radar Rime, alla camera ottica Janus, al pacchetto di strumenti di radioscienza 3GM e allo spettrometro Majis che ha un co-principal investigator italiano.
Una bella soddisfazione”.
Qual è la situazione per Venere e Mercurio?
BepiColombo, che porta il nome di uno scienziato italiano che collaborò molto con l’Asi, ha effettuato a giugno il secondo sorvolo di Mercurio e ne effettuerà altri fino all’inserzione in orbita nel 2025. Qual è il ruolo dell’Asi in questa missione?
E a che punto è la missione EnVision verso Venere?
“Anche su BepiColombo c’è molta Italia (oltre al nome!), dato che abbiamo quattro strumenti a guida italiana e questo dimostra l’aumento di credibilità internazionale dei ricercatori del nostro Paese.
Gli strumenti della sonda stanno funzionando bene e abbiamo appena attivato un working group fra gli scienziati di Solar Orbiter e quelli di BepiColombo per condividere i dati raccolti, perché gli ambienti in cui operano queste due sonde sono molto simili. BepiColombo dovrà affrontare condizioni ambientali difficilissime e quindi non ci aspettiamo che gli strumenti possano funzionare per più di qualche anno.
Per quanto riguarda Venere, partecipiamo anche alla missione Veritas della Nasa, per la quale forniamo il radar ad apertura sintetica Visar e un esperimento di radioscienza. Il Jpl di Pasadena ha chiesto anche la nostra collaborazione per l’antenna ad alto guadagno.
La missione europea EnVision, programmata per il 2031, avrà un radar italiano realizzato dall’Università di Trento e sarà un radar sounder di tipo diverso da quello previsto per Veritas, capace di effettuare misure sotto la superficie del pianeta. Venere è
molto interessante, perché è possibile rintracciarvi i precursori della vita e a questo proposito si cercherà di risolvere l’enigma della fosfina (vedi Cosmo n. 11)”.
C’è anche la partecipazione italiana a strumenti come Euclid, che studierà la materia e l’energia oscura, e Athena che indagherà l’Universo profondo nei raggi X. E il glorioso Agile, che studia i lampi gamma da 15 anni, quando la sua durata prevista era solo di due anni. Insomma, c’è tantissima Italia nello spazio e ce ne sarà sempre di più.
“Euclid è pronta a partire l’anno prossimo, e il nostro contributo riguarda lo strumento che opera nel visibile e nell’infrarosso, ma soprattutto siamo leader nel segmento di terra della missione: stiamo allestendo il Data Analysis Center presso Altec a Torino, dove c’è già il Data Center della missione Gaia. C’è un problema, perché il lanciatore doveva essere russo.
Ma Euclid è stato reso compatibile anche con Ariane 6 e c’è una trattativa con SpaceX per lanciarlo con un Falcon 9. Entro novembre si dovrebbe risolvere il problema del lanciatore e quindi ci si aspetta che possa partire la prossima estate.
Athena invece è una missione tormentata, di cui si parla da vent’anni. Lo scorso giugno è stata messa in stand-by dall’Esa, perché già costata molto di più rispetto a quanto preventivato; inoltre, la sua strumentazione fatica a rispettare le performance attese. Una decisione sul suo futuro è attesa a breve, ma al
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momento non si può ipotizzare un suo lancio prima del 2037. Così è già stata sorpassata da Lisa, che realizzerà un interferometro nello spazio per lo studio delle onde gravitazionali: era prevista nel 2037, ma è stata anticipata al 2034, grazie ai risultati di Lisa Pathfinder che le ha spianato la strada.
Agile è stata estesa di un anno, anche se ha qualche problema dovuto all’età. È comunque una missione che ha dato numerose soddisfazioni all’Italia sia nel campo dei Gamma Ray Burst che per la rivelazione dei Terrestrial Gamma-ray Flashes che sembrano formarsi sopra le formazioni cicloniche o monsoniche”.
In generale qual è il ruolo dell’Asi in una missione scientifica?
“L’Asi gestisce i fondi governativi per promuovere le attività spaziali. Ma la sua funzione è molto più ampia, perché nel nostro Paese vi sono due sistemi che convivono, senza essere ben collegati fra loro. Si tratta degli enti di ricerca e delle Università, che hanno il compito di sperimentare e di innovare, e del sistema industriale che produce e lavora su commessa. Sono due mondi di altissimo livello che l’Asi ha il compito di mettere in comunicazione per la gestione dei progetti spaziali.
L’Asi effettua anche bandi per nuove idee sulla sperimentazione scientifica, per esempio sui cosiddetti “analoghi terrestri” come Pozzuoli, che ha delle similitudini con l’ambiente di Venere. In generale, l’Asi recepisce le capacità del mondo scientifico e predispone i progetti che richiedono le attività industriali necessarie per realizzare gli obiettivi scientifici e in
definitiva produrre un progresso nella conoscenza”.
Tornando ad Artemis, non ha la sensazione che il pubblico sia poco coinvolto da questo ambizioso programma che riporterà degli astronauti sul nostro satellite entro pochi anni?
“Ravviso oggi meno capacità di sognare rispetto al passato, anche se alle conferenze pubbliche vedo illuminarsi i volti delle persone che mi ascoltano. Fin dalle origini, i Sapiens sapiens hanno saputo comunicare la curiosità alle nuove generazioni, fornendo informazioni a largo spettro, oltre a quelle basilari di sopravvivenza che erano comuni agli altri ominidi. Bisogna quindi lavorare
sulla comunicazione della bellezza e della curiosità della ricerca scientifica e dell’esplorazione spaziale, anche se la ripresa di interesse verso le missioni spaziali verrà da sé quando Artemis III riporterà davvero gli astronauti sulla Luna. Bisogna però ricordare che la Luna stavolta non sarà solo un punto di arrivo, ma una palestra per spingere in avanti le nostre capacità di risolvere i problemi. Forse stiamo vivendo in un periodo di involuzione dell’interesse verso la curiosità e dobbiamo fare tutto il possibile per invertire questa tendenza. Lo spazio, da questo punto di vista, può essere un alleato formidabile”. Dottoressa Negri, grazie per il tempo che ci ha dedicato e per la passione che traspare dalle sue parole.
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» La sonda Juice (Jupiter Icy Moons Explorer) dell’Esa partirà nell’aprile 2023 per indagare Giove e le lune Europa, Ganimede e Callisto.
RAFFO ART COMMUNICATIONROMA
IL RITORNO DI
ASTROSAMANTHA
SECONDA AVVENTURA SPAZIALE DI SAMANTHA CRISTOFORETTI SI CONCLUDE ALL’INIZIO DI OTTOBRE
La missione si conclude in una data compresa tra il 4 e il 6 ottobre, non ancora precisata mentre scriviamo.
Tre settimane in più rispetto al programma originario per la missione Minerva dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, e per l’astronauta che la rappresenta, Samantha Cristoforetti
Il rientro previsto con ammaraggio della navicella Crew Dragon porta a conclusione una missione perfetta, dove l’astronauta italiana dell’Esa ha portato a termine tutti gli esperimenti scientifici in programma, oltre a una spettacolare attività extraveicolare che l’ha portata a diventare la prima astronauta europea a compiere una attività extraveicolare (Eva).
CINQUE MESI DI INTENSA ATTIVITÀ
Il rientro a Terra del Crew 4 era in programma per metà settembre. Ma il ritardo nel lancio del Crew 5, previsto non prima del 29 settembre, lo ha fatto slittare, concedendo altri giorni in orbita ad AstroSamantha, che aggiunge così questi cinque mesi in orbita ai sette trascorsi con la missione Futura del 2014/15. Samantha, che è stata nominata dal 28 settembre scorso comandante della Stazione
spaziale internazionale (Iss) rientra con Robert Hines, Jessica Watkins e Kjell Lindgren. Erano partiti lo scorso 27 aprile, effettuando l’attracco sei ore più tardi. “In qualità di astronauta esperta” – commenta Joseph Aschbacher, direttore generale dell’Esa – “Samantha ha condotto esperimenti europei a bordo della Iss per tutta la durata della missione Minerva, che daranno un fondamentale contributo all’innovazione europea sulla Terra, dallo sviluppo della nostra industria, alla salvaguardia dell’ambiente, all’esplorazione ancora più profonda dello spazio”. Samantha Cristoforetti ha lavorato su sei esperimenti scientifici made in Italy, alcuni dei quali già avviati nel 2019 da Luca Parmitano durante la missione Beyond. Ha operato su Prometeo, di cui è responsabile scientifico Gianni Ciofani (Istituto italiano di tecnologia), che ha l’obiettivo di indagare come la protezione antiossidante può ridurre lo stress ossidativo, uno degli effetti più pericolosi del volo spaziale. Poi Ovospace, guidato da Andrea Fuso (Università Sapienza di Roma), un esperimento che mira a determinare l’impatto della microgravità sull’apparato riproduttivo femminile. Evoo in Space, coordinato da Enzo
Perri del Crea, è invece un nuovo esperimento che studia l’impatto della microgravità e delle condizioni di radiazione sulle caratteristiche fisio-chimiche, nutrizionali e microbiologiche dell’olio extravergine d’oliva italiano. E poi ancora Acoustic Diagnostics, a cura di Arturo Moleti (Università di Roma Tor Vergata), per valutare gli eventuali danni all’apparato uditivo; Lidal, guidato da Livio Narici (Università Tor Vergata-Infn), un rilevatore di particelle per lo studio dell’impatto dei raggi cosmici sulla retina, costruito a partire dal payload Altea dell’Asi, del quale amplia e migliora le caratteristiche tecniche. E infine NutrIss, guidato dal professor Gianni Biolo (Università degli Studi di Trieste), che ha l’obiettivo di mantenere una composizione corporea ideale evitando l’aumento del rapporto massa grassa/massa magra dovuto all’inattività da microgravità.
LA STORICA
PASSEGGIATA SPAZIALE
Il grande sogno di Samantha è diventato realtà il 21 luglio. Quando sin da ragazzina, da accanita lettrice di romanzi di fantascienza a tema spaziale si immergeva in avventure cosmiche con astronauti che fluttuano nel vuoto
22 ORBITA TERRESTRE DI ANTONIO LO CAMPO*
LA
cosmico, sognava un giorno di poter volteggiare nello spazio aperto, fuori dalla navicella o dal modulo spaziale. Sono state quadi sette ore di lavoro nel vuoto dello spazio, aggrappata insieme al collega russo Oleg Artemyev al braccio robotico europeo, e girando assieme alla Iss attorno alla Terra, mentre ogni 45 minuti si alternavano la parte illuminata dal Sole e quella in ombra nel buio più assoluto.
Al quale solo il supporto di grosse pile luminose poteva sopperire.
La prima, storica attività extraveicolare di un’astronauta donna europea si è conclusa con quasi tutto il faticoso lavoro che andava svolto: in particolare il rilascio manuale in orbita di dieci CubeSat e la sistemazione della struttura destinata a ospitare in modo definitivo il Braccio robotico europeo sul modulo russo Nauka. L’uscita è avvenuta proprio da questo modulo, l’ultimo arrivato, il 21 luglio di un anno fa, dopo molti anni di rinvii. È un modulo adatto come “sezione di compensazione”, ma può avere anche utilizzi abitativi. Samantha non si è limitata al lavoro già intenso, ma si è spesa anche per la divulgazione, grazie a una instancabile attività social: “Ho ragionato su come poter raccontare questa missione, il mio secondo volo, coinvolgendo anche le giovani generazioni. Mi è stato detto che li posso trovare su TikTok ed eccomi qui!” – ha commentato Samantha dallo spazio durante uno dei suoi molti collegamenti didattici e istituzionali.
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» Samantha ripresa durante l’attività extraveicolare del 21 luglio. Inquadra il QR per un video dell’Asi dedicato alla storica Eva..
*ANTONIO LO CAMPO
GIORNALISTA
AEROSPAZIALE, SCRIVE
PER
QUOTIDIANI
NAZIONALI E
PERIODICI,
E PER “COSMO”
CURA
LA
SEZIONE
SPAZIO.
» Samantha Cristoforetti e il logo della missione Minerva.
24 LA LUNA E OLTRE DI PATRIZIA CARAVEO LA SINGOLARE ORBITA CISLUNARE PROGETTATA PER IL LUNAR GATEWAY UN PICCOLO PIONIERE LUNARE CHIAMATO CAPSTONE » La piccola sonda Capstone, lanciata per testare l’orbita e altre funzioni del prossimo avamposto lunare.
Il programma Artemis che riporterà essere umani (uomini e donne) sulla Luna è costellato da novità grandi e piccole rispetto al proramma Apollo di oltre mezzo secolo fa. Prima di tutto, non sarà un progetto solo della Nasa, ma avrà una importante componente internazionale; in secondo luogo, verrà costruita una piccola stazione spaziale, il Lunar Gateway, che dovrà servire come base operativa per il supporto degli equipaggi; infine, nell’ambito di Artemis la Nasa acquisterà molti prodotti grandi e piccoli “chiavi in mano” dall’industria privata che potrà poi venderli anche ad altri clienti, nell’ottica di fare sviluppare una nuova economia lunare.
LA STRANA ORBITA DEL GATEWAY
Nei piani originali della Nasa, la costruzione del Gateway avrebbe dovuto essere il primo passo, perché la stazione spaziale avrebbe dovuto fungere da base per accogliere gli astronauti che arrivavano da Terra e poi funzionare da spazioporto per la Luna. Poi, l’accelerazione del progetto, voluta dal presidente Trump per pure finalità politiche, aveva indotto la Nasa a puntare su un viaggio Terra-Luna stile Apollo, anche se ora gli astronauti troveranno in orbita lunare un modulo di allunaggio, costruito da SpaceX, nel quale si dovranno trasferire per la discesa sulla Luna. Che avverrà, se tutto andrà come da previsioni (secondo molti alquanto ottimistiche), nel 2025. Mentre l’attenzione di tutti è concentrata su Artemis I, che deve eseguire un test generale senza
equipaggio, per mettere alla prova il mastodontico razzo vettore Space Launch System (Sls) alto 96 metri e la capsula Orion, i lavori alla costruzione del Gateway proseguono.
In parallelo alla costruzione dei moduli, che vede una significativa partecipazione italiana, occorre fare delle verifiche sulla stabilità dell’orbita che la stazione dovrebbe percorrere, perché è assolutamente nuova ed è stata studiata per permettere agli astronauti di raggiungere punti diversi sul suolo lunare.
Si tratta di un’orbita ellittica molto elongata, chiamata Near Rectilinear Halo Orbit (Nrho), praticamente perpendicolare al piano dell’orbita della Luna intorno alla Terra, che sorvola il Polo nord lunare all’altezza di poche migliaia di chilometri e poi si allontana fino a oltre 70mila km. Ci vorrà circa una settimana a percorrerla ed è stata scelta perché in questo modo la stazione non passa mai dietro alla Luna e così è sempre in vista della Terra. È una Halo Orbit perché è influenzata dalla gravità di due corpi (la Terra e la Luna) e questo la rende particolarmente stabile, minimizzando la quantità di propellente necessario per le correzioni. Inoltre, questo tipo di orbita è vantaggiosa dal punto di vista della propulsione, perché i trasferimenti per raggiungere la Luna e poi per tornare indietro richiedono meno energia di quella necessaria nel caso si consideri un’orbita circolare.
IL PRIMO CUBESAT
IN ORBITA LUNARE
Il fatto che nessuna sonda avesse mai seguito un’orbita di questo tipo ha spinto la Nasa ad acquistare un
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piccolo satellite di test da inviare in avanscoperta, per essere sicuri che si tratti veramente di un’orbita stabile. È questa la ragione di essere della sonda Capstone (Cislunar Autonomous Positioning System Technology Operations and Navigation Experiment), grande come un forno a microonde, ma un vero e proprio concentrato di novità gestionali. La Nasa ha finanziato la missione che, insieme al lancio, è costata 30 milioni di dollari; però la sonda risulta essere di proprietà della Advanced Space, una piccola società con sede a Denver che sarà responsabile della gestione orbitale.
Il lancio è avvenuto il 28 giugno scorso dalla Nuova Zelanda grazie alla Rocket Lab, una società con una componente americana e una neozelandese.
Capstone sarà il primo satellite della classe dei CubeSat ad andare in orbita lunare. Tecnicamente, con i suoi 25 kg, è l’equivalente di due dozzine di CubeSat (la cui unità di misura è un cubetto di 10 cm di lato) e vuole essere il primo test delle scelte orbitali adattate per il Gateway all’interno del programma Artemis. Capstone è anche rappresentativo del nuovo modus operandi della Nasa, per la quale affidarsi ai privati è diventato un vero e proprio mantra. Parliamo al futuro del suo arrivo in orbita lunare, perché è stata scelta una traiettoria molto “risparmiosa” che minimizza la quantità di propellente, ma allunga i tempi di viaggio a circa 4 mesi. La traiettoria di Capstone si chiama Ballistic Lunar Transfer ed è determinata dall’attrazione gravitazionale di Sole, Terra e Luna, le cui posizioni reciproche sono sempre diverse (ma
»
Il grande razzo vettore Sls nella versione Block 1, pronto al lancio della missione Artemis I sulla rampa 39B del Kennedy Space Center in Florida.
perfettamente prevedibili). La sonda descrive una serie di spirali il cui asse maggiore è pari a cira tre volte la distanza Terra-Luna e il suo arrivo è previsto il 13 novembre, quando la sonda si dovrà inserire nella Nrho, compiendo una manovra che il sito della Nasa paragona a quella di un trapezista che salta dall’arco descritto da un trapezio a quello descritto dall’altro con tempismo perfetto. Oltre a percorrere un’orbita nuova, Capstone farà anche test di
posizionameno cislunare, dove non ci sono satelliti Gps per misurare con precisione la posizione della sonda. È una tecnologia alla quale Advanced Space sta lavorando da diversi anni perché diventerà strategica per l’esplorazione della Luna e, più avanti, di Marte. In effetti, questa è la prima sonda di Advanced Space, che finora aveva solo scritto software per il posizionamento Gps. Capstone comunicherà con la sonda Lunar Reconnaissance Orbiter in
LA LUNA E OLTRE DI PATRIZIA CARAVEO 26
orbita lunare e con altri orbiter che arriveranno nei prossimi anni, realizzando delle triangolazioni che permetteranno di misurare la posizione. Inoltre, Capstone ha a bordo un orologio atomico che può confrontare le sue misure con quelle inviate da Terra, sfruttando le differenze derivate dai tempi di transito, per calcolare la posizione.
INIZI MINUSCOLI MA INNOVATIVI
Fare dei test della stabilità dell’orbita cislunare e sviluppare le tecniche per ottenere un buon posizionamento della sonda sono compiti strategici che valgono certamente i soldi investiti dalla Nasa su Capstone Artemis e il Gateway avranno costi incomparabilmente superiori, ma tutte le grandi imprese hanno un inizio. Considerando Capstone all’interno del programma Artemis, l’inizio è minuscolo, ma certamente innovativo. Quando mai era successo che una missione lunare privata, finanziata dalla Nasa, partisse dalla Nuova Zelanda?
È anche importante notare che, benché Artemis sia un programma
di grande respiro (e di costo elevatissimo), guarda anche con occhio attento alle nuove opportunità offerte dai CubeSat e da tutti gli strumenti di piccole dimensioni. Per supportare Artemis e fare ricerche in situ, per esempio per la prospezione alla ricerca di ghiaccio nei crateri del Polo sud lunare, la Nasa ha fatto partire il Commercial Lunar Payload Services (Clps) con lo scopo di appaltare a compagnie private l’integrazione, il trasporto, l’allunaggio e le operazioni di una serie di piccoli strumenti dal costo contenuto, progettati per funzionare per una durata di tempo limitata.
Secondo questa nuova filosofia, la Nasa finanzia lo sviluppo di piccoli strumenti, compresi dei rover, e poi affida ai privati il trasporto e la gestione in ambito lunare.
Anche Artemis I punta sui CubeSat per un primo ritorno scientifico. Sono dieci e sono partiti fissati nella flangia di raccordo tra il lanciatore e la capsula Orion, insieme alla quale sono stati rilasciati nello spazio.
Oltre all’italiano ArgoMoon, che dovrà usare l’intelligenza artificiale per riconoscere gli oggetti nel
suo campo visivo e fotografarli, ce ne sono sette americani e due giapponesi, uno dei quali guarderà la Terra e l’altro cercherà di fare allunare piccolissimi lander. Due dei CubeSat americani sono dedicati alla mappatura del ghiaccio lunare, due faranno test di nuove tecnologie, uno si focalizzerà sul vento solare e un altro sull’effetto delle radiazioni su organismi viventi, nella fattispecie sul lievito. Il CubeSat che andrà più lontano è Nea Scout, che dispiegherà una vela solare e si farà spingere dalla pressione di radiazione solare fino all’asteroide 2020GE, che raggiungerà tra due anni (vedi la news su Cosmo n. 26).
Peccato che i CubeSat siano stati integrati mesi fa e che solo ad alcuni la Nasa abbia dato il permesso di ricaricare le batterie; gli altri devono sperare di avere abbastanza energia per iniziare la loro missione aprendo i propri piccoli, ma importantissimi, pannelli solari. I responsabili dello Sls sono stati molto conservativi, perché temevano che si potessero sviluppare delle pericolose scintille.
Non si può mettere a rischio un lancio che costa 4,1 miliardi di dollari per ricaricare la batteria di uno strumento che vale meno di un milione di dollari.
Se funzioneranno, sarà un successo, altrimenti riproveranno, perché, quando si parla di CubeSat, failure is an option (“il fallimento è possibile”) ha dichiarato Bhavya Lal, l’amministratore della Nasa per la tecnologia, parafrasando la famosissima frase di Gene Kranz a proposito della missione Apollo 13.
In quel caso, invece, il fallimento non poteva nemmeno essere considerato: Failure is not an option
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» L’alloggiamento dei dieci CubeSat nella missione Artemis I. Sette sono americani, due giapponesi e uno italiano, ArgoMoon Inquadra il QR per una presentazione della piccola missione italiana.
RIVOLUZIONE POLARIS
IL PROGRAMMA DI SPACEX PROMETTE DI CAMBIARE L’ASTRONAUTICA IN TRE ATTI
Il Programma Polaris nasce dalla collaborazione fra l’agenzia spaziale privata SpaceX di Elon Musk e il pilota di jet miliardario Jared Isaacman, fondatore di Shift4 payments.Viene replicata la partnership della missione Inspiration4, che ha visto un grande successo anche mediatico. Dal lancio del 16 settembre 2021 (vedi Cosmo n. 21) al rientro nell’Oceano Atlantico tre giorni dopo, la capsula Crew Dragon Resilience ha orbitato intorno alla Terra, raggiungendo la quota di 575 km. A bordo c’erano l’imprenditore americano e tre cittadini: lo specialista di carico Chris Sembroski, la pilota Sian Proctor e il medico di bordo Hayley Arceneaux. Quest’ultima è stata scelta in quanto dipendente ed ex-paziente dell’ospedale pediatrico St Jude. Mentre lei diventava a 29 anni la più giovane statunitense e la prima persona con protesi a raggiungere lo spazio, l’ospedale St Jude riceveva circa 200 milioni di
dollari di donazioni da Isaacman, da Elon Musk e dal pubblico. Fra le donazioni, c’era anche quella di Sembroski, che ha vinto così il suo biglietto per lo spazio.
OLTRE LE FASCE DI VAN ALLEN CON POLARIS DAWN
Ora parte il Polaris, un programma estremamente ambizioso che si comporrà di tre missioni: la prima, battezzata Polaris Dawn, è prevista per fine 2022 e già promette di stabilire nuovi record dell’astronautica. Anche per Polaris Dawn, Isaacman si avvarrà di una capsula Crew Dragon, di un razzo Falcon 9 e di altri tre membri dell’equipaggio. Questa volta avrà come pilota Scott Poteet, suo compagno di avventure estreme ed ex tenente colonnello dell’aeronautica statunitense. A loro si uniranno come specialisti di carico due dipendenti di SpaceX, entrambe donne e capo ingegnere delle operazioni spaziali.
La prima è Sarah Gillis, responsabile
del programma di addestramento astronauti, che con i suoi 28 anni si appresta a battere il record della Arceneaux.
La seconda è Anna Menon, che alla Nasa gestiva le operazioni di volo e le attività extraveicolari, in qualità di controllore di volo biomedico. Per SpaceX si occupa di controllo missione e in questo volo sarà il medico di bordo. Durante i cinque giorni in orbita, l’equipaggio eseguirà esperimenti scientifici incentrati sull’analisi delle radiazioni spaziali e dei loro effetti sul corpo umano. Non mancheranno prove più tecniche, come quelle della comunicazione diretta con la costellazione satellitare Starlink, per garantire la connessione internet a bordo. Ma il test più arduo della missione sarà quello a cui verrà sottoposta la capsula stessa; le sue potenzialità verranno infatti spinte al limite. Isaacman vuole sfidare le radiazioni della fascia di Van Allen e portare la navicella a 1400 km dal
28 LA LUNA E OLTRE DI DAVIDE LIZZANI*
pianeta, battendo il primato delle missioni Gemini (1368 km) stabilito negli anni 60. Solo gli astronauti delle missioni Apollo si spinsero più lontano, abbandonando il “pozzo gravitazionale” della Terra. Questa sarà l’orbita terrestre più ellittica mai sperimentata, ma non durerà per tutta la missione. Dopo aver osservato la Terra da una prospettiva che solo una manciata di uomini hanno avuto finora il privilegio di raggiungere, la capsula userà i suoi motori per tornare a un’orbita leggermente meno ambiziosa, con perigeo invariato a 190 km, ma con un apogeo di circa 700 km, che evita quindi le radiazioni più intense della fascia di Van Allen. Questo è il compromesso di sicurezza che lo staff di SpaceX ha imposto a Isaacman per eseguire la prima attività extraveicolare civile. I quattro si stanno infatti sottoponendo a esercizi subacquei al fine di essere preparati per quando la capsula Dragon, che non dispone di una camera di
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» Dall’alto l’equipaggio di Polaris Dawn al quartier generale di SpaceX ad Hawthorne, in California.
La base di lancio di Starship
depressurizzazione, verrà svuotata di tutta l’aria e, una volta aperto il portellone, due dei quattro passeggeri usciranno nello spazio. A questo scopo SpaceX sta realizzando nuove tute spaziali che possano essere agganciate a un cavo di sicurezza e che proteggano dalle radiazioni. Il loro design non è ancora stato svelato, ma Isaacman ha dichiarato che sarà simile alla tuta attuale ma con una nuova visiera, nuove guarnizioni e quindi maggiore mobilità.
LE PROSSIME MISSIONI
Anche la Nasa sta realizzando delle proprie tute per lo spazio profondo, soprattutto in vista del programma Artemis. Tuttavia, i costi elevati (più di un miliardo fra spese già sostenute e previste) e i tempi ristretti potrebbero spingere l’agenzia spaziale ad affidarsi ancora una volta a un bando commerciale, che, visti i recenti sviluppi, verrebbe probabilmente vinto da SpaceX. Anche il lander lunare utilizzato dagli astronauti di Artemis III, che si prevede raggiungeranno nel 2025 la superficie lunare, sarà fornito dalla compagnia di Elon Musk. Si tratta di una versione modificata della nave spaziale Starship, attualmente ancora in fase di realizzazione. La navicella da oltre 50 metri di altezza ha per ora eseguito solo test suborbitali e, dopo un test orbitale, i primi a utilizzarla nello spazio saranno proprio gli astronauti della missione Polaris 3. Dopo che la seconda missione avrà ripetuto le gesta di Polaris Dawn,
*DAVIDE LIZZANI È UN GIORNALISTA SCIENTIFICO, ASTROFILO E PLANETARISTA, ATTUALMENTE DI STANZA A TOKYO.
spingendo ancora i limiti della capsula Crew Dragon, il programma si concluderà a bordo della navicella Starship, rendendo Isaacman e il suo equipaggio i primi a viaggiare sul veicolo spaziale più grande mai costruito. Polaris 3 anticiperà quindi non solo Artemis III, ma anche la missione del miliardario giapponese Yusaku Maezawa
VERSO LA LUNA CON DEARMOON
Nel 2017 Meazawa e Musk annunciarono la missione DearMoon, con l’ambizioso obiettivo di fare nel 2018 un giro attorno alla Luna a bordo di una capsula Crew Dragon lanciata da un razzo Falcon Heavy. Tuttavia, un anno dopo, in seguito alla decisione di non certificare il Falcon Heavy per i lanci con equipaggio, SpaceX annunciò che il viaggio cislunare sarebbe stato eseguito nel 2023 e a bordo di una navicella Starship. La data di lancio non è più stata modificata, ma, anche se il programma Polaris riuscisse a macinare una missione all’anno, DearMoon sarà rimandata di almeno due anni. Malgrado, nel
» Un progetto di navicella destinata alla missione umana DearMoon intorno alla Luna.
frattempo, Maezawa abbia maturato esperienza orbitale visitando la Stazione spaziale internazionale con un lancio Soyuz, è da escludere che il primo volo con equipaggio della gigantesca navicella sia una missione a 400mila km di distanza dalla Terra. Inoltre, sembra appropriato che Starship venga collaudata nell’ambito del programma Polaris che, come traspare dal suo nome, punta a tracciare la rotta che altri seguiranno. Isaacman e le sue missioni aiuteranno SpaceX a fare esperienza sul campo, testare attrezzature e validare la sicurezza dei propri servizi. Ovviamente tutto ciò ha un risvolto commerciale ed economico notevole, ma, sulla lunga distanza, porta l’azienda più vicina al suo obiettivo finale, che è anche il sogno del suo fondatore: colonizzare Marte e rendere l’umanità una specie interplanetaria. Una passeggiata spaziale alla volta.
“Pochi sono venuti prima di noi, e molti altri seguiranno” aveva dichiarato il comandante Isaacman dopo aver raggiunto l’orbita con la missione Inspiration4. “Ora le porte sono aperte”.
30 LA LUNA E OLTRE DI DAVIDE LIZZANI
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32 RAZZI MODELLISMO DI PIERO STROPPA A COLLOQUIO CON LA TUTOR DELLA SQUADRA ITALIANA PREMIATA AL CANSAT EUROPE 2022 RAGAZZE VERSO LE STELLE
» Lezioni preparatorie all’ITI “E. Fermi” di Modena. Inquadra il QR per un video di presentazione di Go Act Girls.
Nel numero 31 di Cosmo (agosto-settembre) abbiamo presentato la competizione CanSat Europe 2022, promossa dall’Agenzia spaziale europea (Esa) tra squadre di studenti di tutta Europa per la realizzazione e il lancio di minisatelliti. Abbiamo incontrato e intervistato Anna Maria Prandini, tutor della squadra CanSat italiana, che ha ricevuto il premio relativo all’Outreach.
È LA PRIMA VOLTA CHE VI IMPEGNATE IN QUESTA COMPETIZIONE?
La città di Modena è stata molto attiva nel progetto CanSat fin dal 2012. In particolare, il Liceo scientifico Tassoni, grazie al prof. Marco Nicolini, ha organizzato per sei volte la sessione italiana della competizione, fino al 2019, poi l’organizzazione è passata nelle mani di Esero Italia. Nel 2018 un gruppo di studenti all’ITI “E. Fermi” venne a propormi di organizzare una squadra nella nostra scuola.
Così ho iniziato questa avventura, e quest’anno è stata la nostra terza competizione.
La prima volta, al CanSat 2019, è stato un insuccesso: siamo riusciti a lanciare il nostro CanSat, ma non abbiamo ricevuto alcun dato alla stazione di terra: avevamo sbagliato la progettazione del modulo di trasmissione!
Da quell’esperienza ho capito che l’entusiasmo dei ragazzi non basta. L’anno successivo, per sviluppare le idee degli alunni, ho cercato esperti che facessero loro comprendere il funzionamento di tutti gli apparati, pretendendo una continua verifica della realizzazione. Non basta avere un dato: occorre capirlo. Questo è il messaggio che trasmetto normalmente ai ragazzi nel laboratorio di elettronica; un concetto che ho esteso a ogni aspetto del CanSat
Ho coinvolto colleghi che insegnano telecomunicazioni e membri dell’associazione Ari di Modena per affrontare le problematiche legate alla comunicazione dei dati. Così abbiamo fatto una scelta consapevole dell’antenna e dei moduli di trasmissione e di ricezione dei dati. Purtroppo, a causa del Covid-19, la competizione è stata sospesa. L’anno successivo sono ripartita con una squadra quasi nuova e abbiamo avuto ancora incontri con esperti, anche in ambito biologico, perché la missione secondaria scelta riguardava l’analisi batteriologica dell’aria.
L’approfondimento in ogni campo ha pagato lo sforzo, perché i ragazzi sono risultati competenti in ogni aspetto affrontato. Arrivati primi alla competizione nazionale, abbiamo partecipato alla competizione europea
33 RAZZI MODELLISMO
del 2021, vincendo il premio Best Technical Achievement
“GO ACT GIRLS”: COME NASCE QUESTO GRUPPO TUTTO AL FEMMINILE?
Al Cansat Europe 2021 avevo notato che la componente femminile era veramente esigua. Ho maturato così il desiderio di preparare una squadra tutta femminile, per dimostrare che saremmo riuscite a completare il nostro progetto. Ho presentato l’iniziativa in tutto il triennio di specializzazione e sono riuscita a raccogliere, tra le poche studentesse che frequentano l’istituto, l’adesione di ben nove ragazze: Asia Casolari, Giulia Tonelli, Alice Nardini, Greta Gentile, Gaia Campagnoli, Anna Semeraro, Silvia Casolari, Ester Vecchio, Arianna Grandi. La squadra ufficiale Go Act Girls era composta da due ragazze per ognuna delle nostre specializzazioni (Automazione, Chimica, Telecomunicazioni, da cui l’acronimo Act), con il massimo ventaglio di competenze, per dimostrare ancora una volta che le donne non sono meno capaci nelle materie tecnicoscientifiche.
Ho approfittato del gruppo femminile per portare avanti anche la campagna Women in Stem, diffondendo l’iniziativa presso giornali e TV locali e portando il
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CanSat in scuole di ordine inferiore, con l’idea che le decisioni sul proprio futuro maturino molto presto. E questo nostro sforzo divulgativo è stato premiato con The best outreach prize al CanSat Europe 2022
COME VI SIETE ORGANIZZATE PER LA PREPARAZIONE ALL’IMPRESA?
La prima difficoltà da superare è la gestione dei tempi. Gli studenti hanno una percezione falsata del tempo: pensano che un anno sia un’eternità e pretendono di svolgere le attività con ritmi tranquilli, oppure di poterne aggiungere sempre di nuove. Il mio ruolo è stato quello di incalzare continuamente la squadra, imponendo scadenze periodiche.
Il momento più complicato è stato l’inizio: la raccolta delle idee e la scelta di quello che si voleva fare.
Li ho lasciati liberi di dare sfogo alla fantasia, poi però questa fantasia doveva essere supportata dalla realizzabilità e quindi li ho sollecitati a fare ricerche su quanto si trovava già pronto o su chi avremmo potuto coinvolgere e consultare per avere un aiuto. I mesi successivi sono serviti per scremare le idee iniziali e agli incontri settimanali hanno partecipato anche i ragazzi delle edizioni precedenti, trasmettendo così le esperienze acquisite e
facendo vere e proprie lezioni sulla trasmissione dati e sull’uso di programmi per la stampa 3D, competenze non legate al percorso scolastico per nessuno di loro. Un aspetto importante è stata la richiesta di aiuto economico fatta ad aziende del territorio, alcune delle quali hanno risposto con finanziamenti per la scuola per gli acquisti o con la realizzazione di parti, come la stampa delle schede elettroniche e la stampa 3D della lattina-satellite (da cui il nome CanSat). Ringraziamo, in
RAZZI MODELLISMO DI PIERO STROPPA 34
informazioni sul CanSat e per le modalità di partecipazione alle prossime edizioni della competizione, vedi il link www.esa.int/Education/CanSat/ E-mail cansat@esa.int
Facebook “CanSats in Europe”
dedicata al CanSat 2022 sul sito dell’ITI Fermi di Modena: bit.ly/3poBpae
» Test di funzionamento degli apparati del CanSat
particolare, Motor Power Company e Graf Industries. Anche una nota azienda di sensori (Senseair) ha voluto contribuire, fornendoci gratuitamente i componenti richiesti.
COME AVETE SVOLTO IL LAVORO SCIENTIFICO PER PREPARARE
LA COMPETIZIONE?
Dopo aver scelto la missione secondaria (quest’anno era l’analisi dell’aria con rilevamento di anidride carbonica e ozono), abbiamo fatto un’indagine in internet, per avere
un’idea dello stato dell’arte. Poi abbiamo chiesto aiuto a docenti di Ingegneria ambientale-sanitaria dell’Università di Modena e Reggio Emilia, i quali ci hanno dato dei consigli sui sensori, oltre a suggerirci di adottare una telecamera a infrarossi. Per questo abbiamo contattato una società che utilizza servizi di telerilevamento mediante droni e metodi per la ricerca archeologica, arrivando a nuove conclusioni sull’analisi delle immagini. Insomma, una ricerca continua su ciò che avremmo dovuto ottenere come risultati, anche se il tempo non è stato sufficiente per completare tutte le prove che avevamo progettato.
CHE COSA AVETE GUADAGNATO IN TERMINI DI NUOVE COMPETENZE?
A questa domanda risponde una delle Go Act Girls, la studentessa del corso di Telecomunicazioni Asia Casolari: La competizione CanSat offre la possibilità di mettere in pratica le competenze apprese durante il percorso di studi, approfondendo diversi aspetti delle materie, andando così ad arricchire la propria formazione. L’impegno richiesto è di varia natura: il progetto richiede l’impiego di tempo, energie, conoscenze e competenze trasversali. Ogni membro del team dovrebbe fornire alla squadra il proprio sapere - non solo scolastico - e dovrebbe avere sete di imparare, di apprendere nuove nozioni e competenze. Un fattore fondamentale per la riuscita del progetto è saper riconoscere i propri limiti e chiedere supporto qualora si incontrino difficoltà, così da fronteggiarle senza perdere tempo ed energie.
La competizione mi ha consentito di approfondire l’architettura software di un applicativo real-time per un progetto di ampie dimensioni e che comportava numerose casistiche.
Mi ha inoltre fornito l’occasione per trattare le antenne da un punto di vista pratico, applicando la teoria appresa a scuola. Ai prossimi team consiglierei di focalizzarsi sulla telemetria, così da avere una raccolta dati affidabile, e di implementare un buon sistema per il recupero del minisatellite. Per quanto riguarda la missione secondaria, suggerirei un’unica analisi supportata da un forte studio teorico.
CONSIGLIERESTE QUESTA ESPERIENZA
AD ALTRE SCUOLE?
L’emozione di vedere il razzo partire e di vedere arrivare in diretta i dati raccolti sul proprio PC durante la discesa del CanSat è impagabile: per tutti, studenti e docenti, è un’esperienza unica.
La possibilità poi di partecipare alla competizione europea dà qualcosa in più, perché si vive in un clima internazionale molto intenso, con opportunità di allacciare amicizie e rapporti di lavoro veramente interessanti.
Al docente tutor è richiesto un notevole impegno durante tutto l’anno scolastico; non solo per la trasmissione delle competenze necessarie, ma anche per la creazione di un gruppo motivato, affiatato e coeso. E va messo in conto che le prove finali del CanSat si svolgono in giugno, quando gli studenti dell’ultimo anno (e magari anche i loro tutor…) sono impegnati nelle prove dell’Esame di Stato.
35 RAZZI MODELLISMO
» Due frame del video del lancio del CanSat alla gara italiana. La fase ascensionale del volo dura meno di 5 secondi.
IL FUTURO DEGLI ASTRONAUTI
I COSTI E I RISCHI DELL’AVVENTURA UMANA NELLO SPAZIO POTREBBERO PORTARE AD AFFIDARSI SOLO AI ROBOT
Proprio mentre seguiamo il programma Artemis, che promette di (ri) portare uomini e (finalmente) donne sulla Luna, mentre si favoleggia di colonie lunari e di esplorazioni umane di Marte, si levano voci scettiche su una massiccia presenza umana nello spazio. Considerando di voler fare esperimenti in orbita oppure di visitare altri corpi del Sistema solare, è meglio puntare anche sugli esseri umani, oppure conviene affidarsi solo ai robot? Il problema non è nuovo ed è stato già ampiamente dibattuto con i fan degli astronauti, secondo i quali solo la presenza umana galvanizza l’attenzione del pubblico, oltre a fornire un livello di flessibilità che è fuori dalla portata anche dei migliori robot. Lo prova l’attenzione riservata al programma Artemis, rispetto alle molte missioni robotiche che lo hanno preceduto e a quelle che vengono svolte in contemporanea. Eppure, non fa mai male rivisitare criticamente il passato, con un occhio al futuro, per chiedersi se, e in che modo, l’esplorazione dello spazio debba dipendere dal rischiosissimo e costosissimo fattore umano.
Donald Goldsmith e Martin Rees affrontano queste problematiche con un libro dal titolo provocatorio: The end of Astronauts (“La fine degli astronauti”), con un sottotitolo che sembra non lasciare scampo: Why robots are the future of exploration (“Perché i robot sono il futuro dell’esplorazione”).
I VANTAGGI DEI ROBOT
I due autori hanno una posizione che permette loro di andare controcorrente e dire chiaramente come la pensano. Nello stile dell’esposizione vedo la firma inconfondibile di Martin Rees, grande astrofisico dell’Università di Cambridge, nominato lord per i suoi meriti scientifici. Già presidente della Royal Society, Rees ricopre la posizione di Astronomer Royal, l’astronomo che ha il compito di aggiornare la Corona britannica sulle novità nel campo dell’astronomia. Un personaggio di indiscussa autorevolezza, che mette da parte la trattazione di argomenti di astrofisica fondamentale per cimentarsi con i pro e i contro dell’esplorazione umana dello spazio. Con uno stile senza sbavature e senza retorica, il
libro vuole dimostrare che i progressi in corso nella robotica e nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale renderanno le macchine sempre più performanti, riducendo il vantaggio competitivo dell’essere umano rispetto ai robot.
I quali possono contare su diversi punti a loro favore, dato che non devono respirare, bere e mangiare, possono lavorare nel vuoto cosmico senza bisogno di protezioni e non rischiano di ammalarsi nel corso di lunghi viaggi interplanetari.
Il programma Artemis per il ritorno alla Luna si basa su un mix di esplorazione umana e robotica portata avanti da rover lunari che dovranno fare il lavoro di prospezione con particolare attenzione alla localizzazione del ghiaccio nascosto nella profondità dei crateri polari il cui interno è sempre in ombra. Tuttavia, è sugli astronauti, uomini e donne, che si concentrerà l’attenzione mediatica, anche se portare esseri umani nello spazio è molto complicato. La nostra specie si è evoluta sul pianeta Terra, protetta dalla sua atmosfera e dal suo campo magnetico. Basta allontanarsi dal suolo di poche centinaia di chilometri per scoprire quanto lo
36 ASTRONAUTICA DI PATRIZIA CARAVEO
spazio sia inospitale. Fuori dalla nostra atmosfera, il vuoto cosmico è bollente al Sole e gelido all’ombra, nulla ferma la pioggia di particelle cariche e di micrometeoriti che possono mettere in pericolo la salute degli esseri umani.
La microgravità disorienta i nostri circuiti dell’equilibrio e provoca mal di spazio. Tutto diventa difficile e, per lavorare all’esterno delle stazioni spaziali, occorrono scafandri scomodi e costosissimi, che devono mantenere gli astronauti a temperature e pressioni accettabili.
Morale: fare volare gli esseri umani in condizioni di relativa sicurezza (ma sempre con grandi rischi) è un esercizio costosissimo. Per dare un’idea del prezzo che si paga, possiamo usare il metodo semplice ma efficace proposto da Goldsmith e Rees. Dividendo i costi totali della Stazione spaziale internazionale (Iss) per i giorni di occupazione da parte di tutti i suoi inquilini, si ottiene la cifra di oltre sette milioni di dollari al giorno. I conti andrebbero fatti in modo più accurato, ma la sostanza non cambia, anche perché la Iss, ha prodotto molti risultati scientifici, ma nessun
risultato commerciale degno di nota, nonostante le grandiose aspettative di ritorni economici. La presenza degli astronauti e cosmonauti non si è ripagata.
UNA STAZIONE SPAZIALE ROBOTICA
Forse sulla scorta di questa constatazione, parlando della nuova stazione spaziale che i russi stanno pensando di costruire, il direttore di volo del segmento russo della Iss Vladimir Solovyov ha dichiarato che la Ross (Russian Orbital Service Station) non sarà una struttura presidiata con continuità da cosmonauti, i quali faranno solo visite periodiche per controllare l’operato dei robot che sono molto meno costosi (vedi Cosmo n. 31). Non so se Solovyov abbia letto The end of Astronauts, ma si direbbe che la sua lunga esperienza lo induca a condividere, almeno in parte, la filosofia. Il libro non è contro gli astronauti, che sono professionisti molto preparati che sanno di svolgere un lavoro molto rischioso, ma vuole farci riflettere sulle grandi possibilità offerte dai robot guidati dalla sempre più potente intelligenza
artificiale. Forse questa accoppiata non colpisce l’opinione pubblica come gli astronauti, ma nella scienza bisogna essere oggettivi e considerare il rapporto costi benefici. E se poi proprio vorremo mandare esseri umani su Marte, magari lo faremo sulla scia del lavoro fatto dai robot.
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» The end of astronauts è pubblicato da The Belknap Press of Harvard University Press, disponibile al prezzo di 23,50 euro presso bit.ly/3zZrsF1
» Sopra: un rendering della nuova stazione spaziale russa, attualmente in fase di progetto. A destra: l’astronomo inglese e Astronomer Royal Martin Rees.
ASTRONAUTICA
38 LE PRIME IMMAGINI DEL WEBB TELESCOPE ANNUNCIANO UNA DELLE MAGGIORI RIVOLUZIONI ASTRONOMICHE DELLA STORIA L’ALBA DI UNA NUOVA ERA PER L’ASTRONOMIA TEMA DEL MESE DI CESARE GUAITA*
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Le “scogliere cosmiche” (cosmic cliff) della nebulosa Carena (NGC 3324), riprese nell’infrarosso dalla NIRCam di Jwst, una delle prime storiche immagini del nuovo telescopio spaziale che rivelano regioni di formazione stellare ancora inesplorate.
Iprimi dati e le immagini del nuovo telescopio spaziale James Webb (Jwst), pubblicati il 12 luglio scorso, hanno emozionato il mondo intero. Il giorno prima era terminata la messa a punto del telescopio e degli strumenti e da quel momento sono iniziati cinque mesi di osservazioni mirate, messe subito a disposizione di tutti: si tratta del Dd-Ers (Director’s DiscretionaryEarly Release Science), composto da una serie di progetti osservativi voluta dal comitato di gestione di Jwst per dimostrare le potenzialità e l’affidabilità del telescopio. Sono bastate poche settimane per rendersi conto che le “prime immagini” erano solo la punta di un iceberg di dimensioni gigantesche. Soprattutto per quanto riguarda uno dei compiti primari del Jwst: l’esplorazione dell’Universo lontanissimo, alla scoperta dell’origine delle galassie. Inquadra il QR per un video di presentazione delle first light di Jwst.
LE GALASSIE PIÙ LONTANE
Prima di Jwst, la galassia più lontana era la GN-11, individuata dal telescopio spaziale Hubble nel campo Good Nord, con il supporto del telescopio terrestre Keck-1, che aveva determinato un redshift di 11,6, corrispondente a un’età di 420 milioni di anni dopo il Big Bang. Il 6 giugno scorso Jwst è andato ben oltre, scrutando i dintorni di Smacs 0J273 (due ammassi di galassie in fase di merging a 4,5 miliardi di a.l. nel Pesce Volante) che fa da lente gravitazionale a 16 lontanissime galassie retrostanti, visualizzabili in 43 tracce altamente deformate. H. Yan (Università del Missouri) ha
39 TEMA DEL MESE
» A sinistra: la galassia GL-z13 individuata grazie all’effetto lente gravitazionale prodotto dall’ammasso Abell 2744 ripreso da Jwst nello Scultore. GL-z13 potrebbe essere nata circa solo 300 milioni di anni dopo il Big Bang.
A destra: la posizione in cielo dell’Extended Groth Strip, dove il progetto Ceers ha individuato grazie a Jwst la lontanissima galassia Masie.
misurato dei redshift maggiori di 11, tra i quali alcuni addirittura maggiori di 20, che corrispondono a oggetti nati solo 200 milioni di anni dopo il Big Bang e situati a distanze di circa 35 miliardi di anni luce. Tra le galassie più “vicine”, con redshift compreso tra 3 e 6, sembra che almeno il 50% mostri una forma a spirale, dieci volte di più delle stime precedenti basate su immagini di Hubble con elevate emissioni UV, che indicano intense formazioni stellari. L’osservazione di Smacs 0J273 fa parte del progetto Relics (Reionization Lensing Cluster Survey), durante il quale Hubble aveva osservato 41 ammassi nell’infrarosso vicino. La ripresa di questa regione di cielo aveva richiesto alcune ore di posa, distribuite in due settimane con buoni risultati, ma di gran lunga inferiori a quelli ottenuti dalla
NIRCam di Jwst con sole 12,5 ore di posa.
Tra le migliaia di lontane galassie presenti, 48 sono state spettrografate dal NIRSpec, con la scoperta di oggetti di età compresa tra 11 fino a oltre 13 miliardi di anni. Il NIRSpec può fare questo lavoro grazie al MSA (Micro-Shutter Array), un sistema di 250mila micro-otturatori magnetici che possono essere attivati in punti specifici di una certa immagine per realizzare fino a 200 spettri contemporaneamente.
*CESARE GUAITA
LAUREATO IN CHIMICA E SPECIALIZZATO IN CHIMICA ORGANICA, HA LAVORATO COME RICERCATORE PRESSO I
LABORATORI DI UNA GRANDE INDUSTRIA. È PRESIDENTE DEL GRUPPO ASTRONOMICO TRADATESE E DA OLTRE 25 ANNI CONFERENZIERE DEL PLANETARIO DI MILANO..
Altri candidati lontanissimi sono stati trovati alla fine di giugno nei dintorni dell’ammasso Abell 2744 nella costellazione dello Scultore a 3,5 miliardi di a.l. ed esteso per 5 milioni di a.l., sfruttando il suo effetto di lente gravitazionale, nell’ambito del programma Glass (Grism LensAmplified Survey from Space) che coinvolge una decina di ammassi con effetti simili. Puntando in parallelo la NIRCam e lo spettrometro Niriss su un campione di galassie lontane, sono stati individuati molti candidati con redshift maggiore di 10. Tra questi, GL-z11 e GL-z13, galassie con masse stimate di circa 1 miliardo di masse solari ma dimensioni di soli 2300 e 1600 anni luce rispettivamente. GLz13, in particolare, potrebbe essere nata circa 300 milioni di anni dopo il Big Bang, con una distanza da noi che ha raggiunto i 33 miliardi di a.l. a
40 TEMA DEL MESE DI CESARE GUAITA
LA LUNGA PREPARAZIONE
Un mese dopo il lancio del 25 dicembre 2021, Jwst si è inserito in un’orbita ellittica attorno al punto lagrangiano L2. Durante il trasferimento, ha dispiegato le strutture di bordo, mentre i quattro mesi successivi mesi sono stati impiegati per allineare le ottiche, i pannelli esagonali dello specchio principale da 6,5 metri e lo specchio secondario da 0,74 m. Questa operazione è stata eseguita grazie ai sette attuatori (retro-pistoni) di ogni pannello, finché la luce della stella HD 84406 dell’Orsa Maggiore si è concentrata in un’unica impronta puntiforme (figura). Per la ripresa è stata utilizzata la NIRCam (Near Infrared Camera), la più veloce a raffreddarsi alla temperatura di esercizio di -233 °C. Nello stesso periodo hanno raggiunto la temperatura di esercizio anche gli spettrografi NIRSpec (Near Infrared Spectrograph) e il Niriss (Near Infrared Imager and Slitless Spectrograph), dotati dello stesso limite spettrale della NIRCam (5 micron). Più laborioso è stato il raffreddamento della camera Miri (Mid Infrared Instrument), che ha un limite spettrale di 20 micron e deve lavorare a -267 °C, grazie a un sistema criogenico supplementare. I successivi due mesi sono stati dedicati all’allineamento dei quattro strumenti di bordo con le ottiche del telescopio e al loro collaudo.
A questo punto è iniziato il lavoro scientifico, ma le prime osservazioni erano già state effettuate a giugno, nonostante che lo specchio principale fosse già stato colpito da una ventina di micro-meteoriti. La frequenza degli impatti pericolosi era stata sottostimata e si è deciso di orientare lo specchio principale di profilo rispetto agli sciami meteorici previsti, con particolare attenzione a due passaggi del Jwst nelle polveri della cometa di Halley nel 2023 e 2024.
causa dell’espansione cosmica. Sempre a giugno, nell’ambito del programma Ceers (Cosmic Evolution Early Release Science), Callum Donnan (University of Edinburgh) ha individuato su immagini di Jwst sei galassie con redshift maggiore di 12 tra cui (forse) una con redshift 16,7 (Ceers 93316), la più “giovane” scoperta finora, nata solo 235 milioni di anni dopo il Big Bang. Il progetto Ceers prescinde dalle lenti gravitazionali e si basa su una porzione dell’Egs (Extended Groth Strip), una minuscola striscia di cielo situata nell’Orsa Maggiore, già osservata da telescopi terrestri e spaziali. Jwst ha osservato quattro regioni di Egs a giugno e altre sei le osserverà nel prossimo mese di dicembre. Nei dati Ceers, Steven Finkelstein (Università del Texas) ha individuato Ceers J141946, una galassia con redshift 14,3, quindi nata 280 milioni di anni dopo il Big Bang: a questa galassia l’autore ha dato lo stesso nome della giovanissima figlia Maisie (Margherita).
PENETRANDO NELLE
COLLISIONI GALATTICHE
Per quanto riguarda l’Universo “intermedio”, è decisiva la camera Miri, grazie al suo campo spettrale che arriva fino a 20 micron e le consente quindi di penetrare attraverso la polvere, seppure con un leggero calo di risoluzione. Una caratteristica particolarmente utile nel caso di galassie interagenti come il Quintetto di Stephan (vedi la cover di Cosmo n. 31). Il celebre gruppo è il primo caso di galassie interagenti, scoperto nel 1877 da Eduard Stephan all’Osservatorio di Marsiglia. Visibile
TEMA DEL MESE 41
nella costellazione di Pegaso, si estende per circa un quinto del diametro lunare. Quattro galassie si trovano a 290 milioni di a.l., mentre la quinta (NGC 7320) è a soli 40 milioni di a.l. e quindi farebbe parte del gruppo solo per un allineamento casuale. Il condizionale è legato al fatto che non si capisce perché le regioni di formazione stellare di NGC 7320 abbiano dimensioni simili a quelle delle altre galassie molto più lontane. Il sistema è stato sconvolto dallo scontro con la galassia NGC 7318B, con imponenti deformazioni mareali (ben visibili in NGC 7319) e una parossistica formazione stellare al di sotto di questa. Il confronto tra un’immagine NIRCam e un’immagine Miri è
interessante, grazie alla maggiore capacità della Miri di penetrare nella polvere: così si rendono evidenti i nuclei delle galassie interagenti ed è curioso notare che NGC 7320 appaia senza nucleo. Nell’immagine Miri del Quintetto, il rosso indica regioni polverose a forte formazione stellare, il blu indica stelle o ammassi stellari esenti da polvere, mentre il verde indica regioni ricche di molecole carboniose.
All’inizio di agosto Jwst ha ripreso la galassia Eso-350-40, nota come Cartwheel galaxy (“Ruota del carro”), la cui forma risultò inesplicabile a Fritz Zwicky, che la scopri nel 1941 a 500 milioni di anni luce nella costellazione dello Scultore. Gli studi successivi hanno dimostrato che è
una galassia a spirale simile alla Via Lattea (diametro di circa 150mila a.l., massa pari a 340 miliardi di masse solari) che in un lontano passato è stata attraversata nel centro da una piccola galassia spirale di 26 miliardi di masse solari, attualmente situata a 287mila a.l. di distanza. Un ponte di idrogeno tra le due galassie è la prova della loro collisione. Altre due piccole galassie molto più vicine sono probabilmente dei satelliti, forse anch’essi attivati dall’onda d’urto. La collisione ha prodotto sulla spirale primaria lo stesso effetto di un sasso buttato nell’acqua, con la formazione di due anelli di materia in veloce espansione. Lungo l’anello più esterno, che si sta dilatando a 53 km/s contro il materiale circostante,
42 TEMA DEL MESE DI CESARE GUAITA
» Il Quintetto di Stephan ripreso da Jwst, a sinistra con la NIRCam e a destra con la camera Miri.
è in atto un’intensa formazione stellare, accompagnata da esplosioni di supernovae. L’anello più interno è invece formato da polvere e ammassi di stelle più vecchie.
Questa fenomenologia venne già individuata in immagini riprese da Hubble, ma la forte polverosità del sistema lasciò comunque molti interrogativi, che le recenti immagini infrarosse di Jwst stanno contribuendo a risolvere. L’elevata risoluzione della NIRCam ha permesso di individuare singole stelle sia sull’anello esterno che sui raggi di collegamento con l’anello interno, mentre la capacità di penetrazione della Miri ha evidenziato i nuclei super-densi della galassia principale e della compagna G2. Inoltre, nei raggi di collegamento ha trovato abbondanza di silicati e composti carboniosi, a dimostrazione che si tratta dei bracci a spirale originari della galassia impattata, in riassestamento dopo la batosta gravitazionale. La grande capacità di penetrazione si nota in altre immagini della Miri. Per esempio, nella sovrapposizione di tre pose a 21 micron (rosso), a 11,3 micron (arancio) e 7,7 micron (azzurro) della galassia M74 (NGC 628) a 32 milioni di a.l. nei Pesci e della galassia IC 5332 a 39 milioni di a.l. nello Scultore. Il confronto tra le immagini di Hubble e le immagini di Miri è impressionate per la quantità di nuovi dettagli acquisiti. L’elaborazione è stata ottenuta da Gabriel Brammer e Judy Schmidt nell’ambito del progetto Phang (Physics at High Angular resolution in Nearby Galaxies), che vuole indagare una serie di galassie già osservate dal radio-interferometro Alma.
TEMA DEL MESE 43
» La galassia Cartwheel nello Scultore, che ha sofferto una potente collisione galattica, ripresa da Jwst con la NIRCam (sopra) e con la camera Miri (sotto).
INDAGANDO PIANETI ED ESOPIANETI
Jwst ha mostrato le sue estreme flessibilità anche nel campo dei pianeti solari ed extrasolari. Wasp96b è un pianeta di taglia gioviana, in orbita circolare attorno a una stella di tipo solare a 1150 a.l. nella Fenice, scoperto nel 2013 dalla collaborazione Wide Angle Search for Planets, un complesso di otto teleobiettivi da 200 mm situato sull’isola di La Palma (Canarie). Lo spettrometro Niriss ha misurato la curva di luce del transito del pianeta davanti alla sua stella, lavorando per 6,4 ore e riprendendo dati ogni 1,4 s. La diminuzione di luce dell’1,5%
è compatibile con il transito di un pianeta 1,2 volte più largo di Giove, con una massa (già nota da misure di oscillazione radiale) di 0,48 masse gioviane. Si tratta di un pianeta gassoso che orbita in 3,5 giorni, a una distanza di soli 7,5 milioni di chilometri dalla stella.
La sua temperatura superficiale è vicina ai 500 °C, eppure Niriss ha ottenuto uno spettacolare spettro del pianeta in transito (sottraendo quello stellare), in cui sono presenti le bande fondamentali dell’acqua.
Come possa un pianeta gassoso di taglia gioviana trovarsi così vicino alla sua stella è un problema aperto.
Forse il pianeta è nato lontano dalla
stella e si è poi avvicinato, per via dell’attrito contro il materiale protoplanetario residuo. Un processo che non si è verificato nel caso di Giove, permettendogli di mantenere gran parte delle sue caratteristiche originarie (anelli, satelliti grandi e piccoli), che Jwst è riuscito a documentare, nonostante differenze molto importanti sia nella dinamica che nella luminosità.
Le immagini ottenute dalla NIRCam sono incredibili per la ricchezza di dettagli, che nessun telescopio precedente poteva ottenere in una singola immagine. Lo scopo primario delle riprese gioviane era quello di testare la capacità di riprendere
44 TEMA DEL MESE DI CESARE GUAITA
» La galassia M74 nei Pesci ripresa dalla Advanced Camera of Surveys di Hubble (a sinistra) e dalla camera Miri di Jwst (a destra).
dettagli molto deboli su un oggetto molto luminoso e le capacità di inseguimento di Jwst su un oggetto in “veloce” movimento relativo.
Dopo le immagini preliminari di
giugno, Giove è stato di nuovo ripreso il 27 luglio, con risultati eccezionali. L’immagine del disco che pubblichiamo è stata ottenuta sovrapponendo tre pose con filtri
infrarossi diversi, per evidenziare differenti dettagli del pianeta. Il filtro F360M (3,624 micron e falso colore rosso) evidenzia le attività aurorali su entrambi i poli di Giove, essendo sensibile all’emissione del catione idrogenonio a circa 1000 km di altezza. Il filtro F212N (2,12 micron, reso in verde) è sensibile all’emissione del metano ionizzato stratosferico a 100-200 km di altezza, mentre appaiono in chiaro le regioni povere di metano come la Grande Macchia Rossa e altri cicloni minori. Infine, il filtro F150W2 (1,659 micron, reso in azzurro) è sensibile alla luce riflessa dalle regioni più profonde, dove la pressione è simile a quella terrestre, esenti da importante copertura nuvolosa. L’elaborazione di questa immagine (e di molte altre) è stata eseguita da Judy Schmidt, un’astrofila californiana che da anni
TEMA DEL MESE 45
» La galassia IC 5332 nello Scultore ripresa dalla Wfc3 di Hubble (a sinistra) e dalla camera Miri di Jwst (a destra).
» Rendering del pianeta Wasp-39b nella Fenice, di taglia gioviana e vicinissimo alla sua stella. Jwst ha confermato la presenza di bande dell’acqua nello spettro del caldissimo pianeta.
» La ripresa infrarossa in falsi colori di Giove effettuata dalla NIRCam di Jwst il 27 luglio.
si dedica alle immagini del telescopio spaziale Hubble da citizen scientist, con la supervisione di Ricardo Hueso, dell’Università spagnola dei Paesi Baschi. La Grande Macchia Rossa,
che qui non appare “rossa” per via della ripresa a falsi colori in infrarosso, sarà oggetto di un’indagine particolare da parte della camera Miri, che potrà penetrare in profondità nella
grande e persistente area ciclonica. Con la speranza di risolvere, con indagini spettroscopiche, il mistero dei composti che le conferiscono la caratteristica colorazione.
46 TEMA DEL MESE DI CESARE GUAITA
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48 ASTRONOMIA E STORIA DI GIANFRANCO BENEGIAMO* COMPIE UN SECOLO IL MODELLO COSMOLOGICO DI ALEXANDER FRIEDMANN CHE PORTÒ ALLA TEORIA DEL BIG BANG CENTO ANNI DI ESPANSIONE DELL’UNIVERSO
L’
Universo eterno, statico e infinito immaginato dagli antichi veniva seriamente messo in discussione un secolo fa dal matematico russo Alexander Friedmann. Che rivelava le soluzioni non statiche delle equazioni della Relatività generale, rendendo così ammissibile un cosmo in evoluzione nel tempo e nello spazio.
Il protagonista di questa vicenda, nato nel 1888 a San Pietroburgo, aveva mostrato già da bambino un grande talento per la matematica che lo fece accedere anzitempo al ginnasio e poi agli studi universitari: dopo la laurea, nel 1910, lavorò principalmente nel campo della fisica matematica applicata alla meteorologia. Durante la Prima guerra mondiale, prestò servizio in aviazione sul fronte austriaco come istruttore di balistica. Prese parte a diversi voli di ricognizione aerea e per i suoi atti di coraggio ricevette la croce militare. Dopo la rivoluzione del febbraio 1917, seguita dalla deposizione dello zar Nicola II, ottenne la prima cattedra a Perm, vicino ai monti Urali, ma nel 1920 tornò nella città natale, per lavorare presso l’Osservatorio geofisico, del quale assunse poco dopo la direzione. Svolse ricerche teoriche nel campo dell’aerodinamica e alla fine della guerra civile iniziò a occuparsi della Relatività generale, con la ripresa della diffusione delle pubblicazioni scientifiche occidentali.
NASCE LA COSMOLOGIA MODERNA
La cosmologia era diventata un ramo della scienza nel 1917, quando Einstein utilizzò la Relatività generale
per delineare il primo modello cosmologico, basandosi su due assunti: l’Universo su larga scala non cambia nel tempo e la materia è distribuita uniformemente al suo interno. Così, immaginò un Universo temporalmente infinito che su grande scala evolveva senza espandersi e senza contrarsi.
Sorgeva però il problema di come controbilanciare l’attrazione gravitazionale che potrebbe causare il collasso dell’Universo; ciò costrinse Einstein a introdurre la cosiddetta “costante cosmologica” nelle equazioni del campo.
Tali modifiche portarono l’astronomo olandese Willem de Sitter a immaginare un Universo ancora statico, ma completamente privo di materia e caratterizzato dal fatto che introducendo in questo modello matematico alcune particelle, queste si allontanavano dall’osservatore con una velocità crescente con la distanza (vedi l’articolo dedicato a de Sitter su Cosmo n. 29). I due modelli di Universo disponibili all’inizio degli anni 20 avevano bisogno della costante cosmologica, erano entrambi omogenei, isotropi e soprattutto statici. L’Universo di Einstein richiedeva materia, ma non prevedeva il redshift (lo spostamento verso il rosso della radiazione proveniente da galassie lontane); quello di de Sitter non richiedeva materia, ma prevedeva il redshift. Nel corso di quello stesso decennio, l’Universo avrebbe rivelato la contemporanea presenza di materia e di redshift
IL NUOVO PARADIGMA COSMOLOGICO
Rompendo il vecchio paradigma, nell’articolo Sulla curvatura
49 ASTRONOMIA E STORIA
dello spazio, pubblicato nel 1922 dalla rivista Zeitschrift für Physik, Friedmann presentò delle soluzioni che aprivano la strada a Universi non chiusi e non statici, in grado di evolvere con modalità diverse. In uno dei modelli individuati, chiamato “mondo periodico”, l’Universo nasceva da una “singolarità”, espandendosi con accelerazione decrescente sino a raggiungere la massima estensione spaziale e poi iniziava a contrarsi, per tornare nuovamente una singolarità: un particolare stato previsto dalla Relatività generale, in cui la densità della materia raggiunge valori tanto elevati da provocare il collasso gravitazionale dello spazio-tempo. Friedmann lasciava poco spazio alla descrizione delle conseguenze anche filosofiche aperte dai suoi nuovi mondi, mentre nel libro World as Space and Time, pubblicato l’anno successivo, affrontava molteplici aspetti e tra questi anticipava la teoria del Big Bang: “Un Universo non statico rappresenta una varietà di casi. Per esempio, è possibile che il raggio di curvatura aumenti costantemente da un certo valore iniziale; è anche possibile che il raggio cambi periodicamente. In quest’ultimo caso, l’Universo si comprime in un punto (nel nulla), poi aumenta il suo raggio fino a un certo valore, e poi di nuovo si comprime in un punto. Qui si può ricordare l’insegnamento della filosofia indiana sui cicli della vita. Offre anche l’opportunità di parlare del mondo creato dal nulla. Ma tutti questi scenari devono essere considerati come curiosità che non possono essere attualmente supportati da solidi dati astronomici sperimentali”. Nonostante ignorasse
i risultati ottenuti da Vesto Slipher nell’Osservatorio Lowell in Arizona, che aveva misurato i redshift crescenti con la distanza delle nebulose a spirale, Friedmann si avventurava già a stimare l’età del suo modello dinamico: “Se si comincia a calcolare, giusto per curiosità, il tempo trascorso dal momento in cui l’Universo è stato creato da un punto fino al suo stato presente, per determinare il tempo trascorso dalla creazione del mondo, si otterrà un valore pari a decine di miliardi dei nostri anni ordinari”. Un valore che si avvicina, almeno come ordine di grandezza, ai 13,8 miliardi di anni su cui convergono attualmente le stime più attendibili.
IL DISAPPUNTO DI EINSTEIN
Come la quasi totalità dei fisici del tempo, Einstein era talmente convinto della staticità dell’Universo, da bocciare senza dubbi il lavoro di Friedmann. In una nota inviata alla rivista tedesca affermava: “I risultati relativi al mondo non stazionario contenuti nel lavoro [di Friedmann] mi appaiono sospetti. In realtà, la soluzione fornita risulta non soddisfare le equazioni”. Il matematico gli scrisse una lunga lettera per dimostrare la bontà del suo articolo, ma fu poi un collega russo a chiarire ogni dubbio durante un incontro con il fisico a Leida in Olanda. Einstein scrisse nuovamente alla rivista, per riconoscere la validità del lavoro che aveva criticato,
*GIANFRANCO BENEGIAMO LAUREATO IN CHIMICA, NUTRE DA SEMPRE UN PROFONDO INTERESSE PER I MOLTEPLICI ASPETTI TECNICI E STORICI DELL’ASTRONOMIA.
ammettendo con onestà: “Sono convinto che i risultati ottenuti da Friedmann siano corretti e chiarificatori. Mostrano che oltre a soluzioni statiche, le equazioni di campo hanno anche soluzioni mutevoli nel tempo, con una struttura spaziale simmetrica”. Riconobbe la bontà dei calcoli, ma considerava fisicamente assurdi i risultati ottenuti e ancora nel 1927 definiva abominevole l’idea di un Universo in espansione. Le prove astronomiche raccolte nel frattempoin particolare le osservazioni condotte da Edwin Hubble e Humason Milton all’Osservatorio di Monte Wilson - riuscirono finalmente a minare le convinzioni del fisico tedesco. Nel 1931 riconobbe che le soluzioni trovate dal matematico russo erano applicabili anche al mondo reale e propose di conseguenza l’eliminazione della costante cosmologica. Discutendo la natura poco chiara di tale costante, in un’esposizione popolare della Relatività generale, scriveva: “Friedmann ha individuato una via d’uscita da questo dilemma. Il suo risultato ha poi trovato una sorprendente conferma nella scoperta di Hubble dell’espansione del sistema stellare”.
LA PRECOCE SCOMPARSA
E IL LUNGO OBLIO
Nel luglio 1925 Friedmann eseguì un’ascesa da record in mongolfiera fino alla quota di 7400 metri, per eseguire osservazioni meteorologiche e mediche. Tornato nella sua città, nel frattempo ribattezzata Leningrado, dopo qualche settimana gli fu diagnosticato il tifo e venne ricoverato in ospedale, dove morì il 16 settembre.
50 ASTRONOMIA E STORIA DI GIANFRANCO BENEGIAMO
In quanto cristiano ortodosso, Friedmann venne presto dimenticato. Il regime stalinista, considerandolo un creazionista per avere destabilizzato l’Universo immutabile ed eterno, caro al materialismo marxista, si curò poco della sua memoria e ancor meno della sua tomba. Le ricerche della sua sepoltura si sono svolte solo nel 1988, durante un seminario di cosmologia organizzato a San Pietroburgo
in occasione dei cento anni dalla nascita di Friedmann. La tomba è stata rintracciata grazie all’aiuto di un vecchio alunno, che la ricordava vicina a quella un tempo occupata dal matematico Leonhard Euler. Oblio ingiusto nei confronti di chi ha dato alla moderna cosmologia un importante contributo che una sua biografia riassume così: “Friedmann è visto come un pensatore profondo, indipendente e audace, che distrugge
pregiudizi, miti e dogmi scientifici; il suo intelletto vede ciò che gli altri non vedono, e non vedrà ciò che gli altri credono sia ovvio, ma senza prove reali. Rifiuta la tradizione secolare che ha scelto, prima di ogni esperienza, di considerare l’Universo eterno ed eternamente immutabile. Compie una vera rivoluzione nella scienza. Come Copernico fa girare la Terra intorno al Sole, così Friedmann fa espandere l’Universo”.
51 ASTRONOMIA E STORIA
» L’evoluzione dell’Universo immaginata da Alexander Friedmann trova riscontro in questa recente rappresentazione grafica (Nasa/Wmap Science Team).
“MI CANDIDAI A UN VOLO SPAZIALE”
ANGELA CI CONFIDÒ DI ESSERE UN ASTROFILO
La morte di Piero Angela ci ha colti tutti di sorpresa; eravamo convinti che fosse immortale, dopo che ci ha accompagnato fin da bambini, giorno per giorno, verso gli affascinanti misteri della scienza. Lo abbiamo ricordato sul nostro sito (bit.ly/3bVR7GI), ma vogliamo qui aggiungere una testimonianza personale ai fiumi di parole che sono stati scritti su questo illustre personaggio.
TUTTO INIZIÒ DALLO SPAZIO
“La Nasa, in vista dei futuri traghetti spaziali che progettava già a fine anni 60, avviò un primo bando per l’invio in orbita di civili. Tra attori, registi, pittori e anche giornalisti. Inviai subito la mia candidatura. Il sogno non si realizzò, ma è stato comunque emozionante anche solo crederci”. In occasione di una pausa delle riprese della trasmissione Viaggio nel cosmoche Piero realizzò con effetti speciali fino ad allora inediti per la TV, insieme al regista Gabriele Cipollitti e
con il coordinamento di Etra Palazzi - ebbi occasione di parlare di spazio, di astronautica e di astronomia con il grande divulgatore scientifico deceduto lo scorso 13 agosto a Roma, ancor prima inviato del TG Rai e conduttore dello stesso telegiornale. Scoprendo che era anche un astrofilo: “D’altra parte, la mia passione per la scienza inizia proprio con l’astronomia e l’esobiologia” – ci confidò. Lo spazio, dunque, fu l’inizio di tutto: “Ero inviato del telegiornale a Cape Kennedy e a Houston” – ci ricordò Piero Angela – “e oltre ai collegamenti, alle dirette dei lanci, degli attracchi in orbita e degli allunaggi, mi occupavo di approfondimenti sia per il TG, sia per le trasmissioni di informazione più approfondita. E quindi ebbi occasione, oltre che di occuparmi delle tecnologie del programma che stava portando l’uomo sulla Luna, di entrare nei laboratori dove si svolgeva la ricerca scientifica vera e propria. Perché attorno a un programma spaziale ruotano tante discipline:
astronomia, biomedicina, fisica, chimica… E soprattutto restai colpito dal Centro Ames della Nasa dove si effettuavano studi di esobiologia, cioè la scoperta di forme di vita nell’Universo, su altri corpi celesti. Lo scopo era di evitare che batteri e virus potessero essere portati sulla Terra dagli astronauti, e portare ad una pandemia. Infatti, dopo le prime missioni, gli equipaggi venivano rinchiusi in quarantena. Ecco perché poi la mia prima trasmissione scientifica aveva il titolo Nel cosmo alla ricerca della vita Una grande passione, al punto tale da candidarti per una missione: “Io seguii tutte le missioni negli Stati Uniti come inviato a partire dall’Apollo 7, la prima con astronauti attorno alla Terra, e fino all’Apollo 12, che portò a termine il secondo allunaggio, nel novembre del 1969. Invece, nella notte del primo allunaggio, il 20 luglio 1969, andai per le strade e le piazze di New York a intervistare gli americani che seguivano l’evento sui maxischermi.
52 PERSONAGGI DI ANTONIO LO CAMPO PIERO
E DI AVER RISPOSTO A UN BANDO DELLA NASA
» Una recente immagine di Piero Angela (1928-2022).
Sotto da sinistra: la trionfale parata dei tre astronauti di Apollo 11 per le vie di New York, di ritorno dalla storica missione.
Piero Angela con la tuta spaziale indossata durante la sua trasmissione Viaggio nel cosmo nel 1998.
di Viaggio del Cosmo – ricordava –“che andò in onda su Rai 1 nel 1998, dopo Viaggio nel pianeta dei dinosauri e Viaggio nel corpo umano. Fu tutto virtuale ma molto divertente in quel format del tutto innovativo per la TV italiana”.
I TIPI DELLA NASA
Chiedemmo a Piero che tipi erano gli astronauti e gli scienziati della Nasa. “Mio figlio Alberto – rispose Angela - ha incontrato Gene Kranz, il direttore delle missioni, mitico personaggio Nasa, noto soprattutto per aver guidato da Terra il salvataggio dell’Apollo 13 Ha raccontato retroscena davvero inediti e uno mi ha colpito in modo particolare: gli astronauti americani erano persone semplici, e molti avevano famiglie contadine ed erano comunque persone abituate a lavorare duramente, a fare sacrifici e attenti alla disciplina. Avevano e hanno ancora oggi la cultura della fatica”.
In quel periodo la Nasa aveva deciso di avviare il programma di un traghetto spaziale. Quello che poi sarà in seguito lo Space shuttle.
E pensò di poter inviare, un giorno anche dei civili in orbita o dei turisti spaziali. Pertanto, aprì la possibilità anche alla categoria dei giornalisti.
E io subito inviai la mia richiesta e il mio curriculum”.
La risposta? “Non arrivò, perché passò troppo tempo e anche l’età di noi candidati era avanzata di 15
anni: la seconda possibilità arriverà solo nel 1984. E il primo Shuttle volò nel 1981, anziché nel 1976 come previsto a fine anni 60. Oltretutto, il programma dei civili nello spazio venne bloccato sul nascere, perché il primo di loro, la “maestra spaziale” Christa McAuliffe morì nell’incidente del Challenger, e così sullo Shuttle sono poi tornati a volare solo astronauti di professione”.
“In qualche modo ho provato l’assenza di peso con gli effetti speciali
“Seguendo l’Apollo 12 come inviato, invece appresi con stupore che quasi la metà dei collaboratori della Nasa era stata licenziata subito dopo il primo allunaggio, dell’Apollo 11. Avevano raggiunto l’obiettivo di arrivare sulla Luna prima dei sovietici e molti di loro si ritrovarono a lavorare in aziende che costruivano televisori, lavatrici o automobili. I programmi spaziali sono molto importanti, anche perché producono componenti e prodotti di uso comune sulla Terra nella vita di tutti i giorni. Ne abbiamo tanti che usiamo ogni giorno e senza di questi, a cominciare dai servizi molteplici offerti dai satelliti, torneremmo indietro di molti decenni”.
53
PERSONAGGI
IL 25 OTTOBRE LA LUNA OCCULTA UNO SPICCHIO DELLA NOSTRA STELLA 54 ECLISSE DI SOLE A MEZZOGIORNO FENOMENO DEL MESE DI WALTER FERRERI* » L’eclisse parziale del 10/06/2021 ripresa con telescopio TecnoSky Apo FPL53 60 mm a f/6 e camera Zwo Asi 224 con filtri Baader Astrosolar, Baader Continuum, Baader IR-UV cut (Maurizio Walter Miehe).
Vi sono periodi in cui da uno stesso luogo occorre attendere parecchio perché sia visibile un’eclisse, altri in cui queste si susseguono con frequenza. Questo secondo caso è quello che più si avvicina all’Italia in questi anni per quelle parziali di Sole. Dopo quella –sia pure molto modesta – del giugno 2021, ora è la volta di una un po’ più interessante. L’eclisse in questione, eccettuato il Portogallo e gran parte della Spagna, interessa tutta l’Europa, una buona parte dell’Asia e l’Africa nord-orientale.
Il fenomeno si verifica martedì 25 ottobre, con il Sole proiettato nella costellazione della Vergine, verso le ore 12. Più precisamente, l’inizio dell’eclisse si verifica verso le 11 e 30 (tutti i tempi qui riportati sono in orario legale estivo), con variazioni fino a circa 20 minuti da una località italiana all’altra. Il fenomeno inizia prima per l’Italia Settentrionale (verso le 11 e 20) e dopo per quelle dell’Italia Meridionale (verso le 11 e 40).
La fase massima si ha poco dopo le 12 e il disco solare risulta eclissato da quello lunare per una frazione compresa fra il 16% (Catania) e il 34% (Trieste). Nella tabella pag. 56 sono riportati tempi e percentuali di disco occultato per alcune città italiane, dove “Grandezza” indica la frazione del diametro solare eclissato e l’“Altezza” è quella che si ha alla fase massima.
In base alla classificazione dei cicli dei Saros sviluppata da van den Bergh (ognuno di essi dura circa 1300 anni), questa eclisse appartiene al Saros 124 e non è totale per nessun luogo della Terra. Il fatto che
il numero di questo Saros sia pari significa che l’eclisse si verifica al nodo discendente dell’orbita lunare.
OSSERVARE L’ECLISSE IN SICUREZZA
Scrutando attraverso uno strumento (mediante gli appositi filtri solari), l’eclisse si nota già non molti secondi dopo l’inizio, ma anche senza strumenti non si tarda ad avvertirla. Anzi, è incredibile come a occhio nudo (ma protetto dal filtro) si riesca a percepire l’inizio dell’eclisse pochissimo tempo dopo rispetto a quando appare al telescopio. Considerando gli strumenti per la sua osservazione, anche in previsione della turbolenza diurna (in questa data la declinazione del Sole è attorno a –12°), quelli piccoli forniscono già molte soddisfazioni, non molto inferiori a quelle che riservano i più impegnativi. Un’apertura di 12-15 cm dovrebbe essere già sufficiente a rivelare quasi tutto quello che l’atmosfera consentirà e con una
ventina di centimetri siamo intorno al massimo. Per attenuare la luce del Sole, la scelta migliore è rappresentata da un filtro solare vero e proprio, di vetro o di pellicola (più economico).
Si possono acquistare nei negozi di articoli fotografici, sia da applicare agli strumenti di osservazione e di ripresa, sia per l’osservazione a occhio nudo (i classici occhialini per le eclissi).
Non bisogna fidarsi di filtri fai-da-te realizzati con normali occhiali da sole, oppure con pellicole o vetri scuri, perché lasciano passare le radiazioni infrarosse e possono provocare danni alla retina. A occhio nudo, può essere utilizzato un vetrino da saldatore (vedi altre informazioni a pag. 70).
Cinquanta ingrandimenti ci consentono una visione completa e dettagliata di tutto il disco solare, mentre, nel caso in cui la turbolenza permetta di sfruttare utilmente un potere superiore, sarà possibile notare le irregolarità del bordo lunare e quanto il disco lunare sia più scuro delle macchie solari.
55 FENOMENO DEL MESE
» Le immagini multiple di un’eclisse riprese sfruttando l’effetto stenopeico del fogliame di un albero (ma si può produrre anche con un colapasta!).
L’evoluzione di questa eclisse è abbastanza semplice. La prima intaccatura si manifesterà in alto del disco solare. Con il trascorrere dei minuti, la parte eclissata si
allarga a spese del resto del disco. Contemporaneamente, la porzione interessata all’evento da quella nord del Sole slitta verso quella sinistra superiore. Durante la fase massima,
il disco nero della Luna viene a interessare la porzione sinistra del Sole; un aspetto che si caratterizza sempre più fino all’ultimo contatto, quando l’ultima porzione di disco lunare abbandona questa parte del disco solare. La copertura massima del disco solare sarà nell’ordine del 30%, come percentuale del diametro coperto; un valore già interessante, ma insufficiente per apprezzare un tipo di luce differente da quello solito, poiché la parte del disco eclissata è troppo modesto per evidenziare questo aspetto. Sempre per questo motivo, non vi sarà anche un sensibile abbassamento di temperatura in conseguenza dell’eclisse.
FOTOGRAFARE L’ECLISSE
Per la ripresa fotografica dell’eclisse, il metodo ortodosso consiste nel collegare un corpo reflex o mirrorless al focheggiatore del telescopio, ma si possono ottenere piacevoli riproduzioni anche solo accostando al telescopio completo di oculare una fotocamera compatta o uno smartphone. In questo caso, occorre però fare attenzione perché la luce esterna non raggiunga l’obiettivo della fotocamera. Per evitare il rischio di intrusione di luce parassita, si può applicare un cartoncino intorno all’obiettivo della fotocamera o in prossimità dell’oculare. Belle fotografie si ottengono in luce H-alfa
56 FENOMENO DEL MESE DI WALTER FERRERI *WALTER FERRERI SI È OCCUPATO DI RICERCA SCIENTIFICA, DI TELESCOPI E DI ASTROFOTOGRAFIA PRESSO L’OSSERVATORIO ASTROFISICO DI TORINO. NEL 1977 HA FONDATO LA RIVISTA ORIONE Roma Milano Venezia Catania Inizio 11h 25m 11h 18m 11h 19m 11h 36m Fase massima 12h 22m 12h 14m 12h 18m 12h 31m Fine 13h 19m 13h 10m 13h 18m 13h 26m Grandezza 0,26 0,27 0,32 0,23 Altezza 35° 31° 32° 40° ECLISSE PARZIALE DI SOLE DEL 25 OTTOBRE 2022
» L’aspetto del disco solare al massimo dell’eclisse alle 12:19 a Trieste. Inquadra il QR per una animazione di questa eclisse.
con gli appositi filtri, che mettono in evidenza anche le protuberanze. Questo tipo di riprese ha ricevuto un notevole impulso da quando è stato commercializzato sul mercato uno di questi filtri a prezzo molto competitivo, analogo a quello di un telescopio amatoriale. Oltre a seguire in modo classico il fenomeno e magari a fotografarlo, non si dimentichi di osservare la forma assunta dal disco solare attraverso gli interstizi (tapparelle, fogliame, reti): si vedono tanti piccoli soli eclissati, in quanto ogni interstizio funziona come foro stenopeico.
LE PROSSIME ECLISSI
Dopo questa eclisse, dovremo attendere il 29 marzo 2025 per vederne un’altra. Ma quella del 2025 mostrerà solo una piccola intaccatura del disco solare, come è avvenuto per quella del 2021; inoltre, non sarà per nulla visibile dalle regioni più sudorientali della Penisola; un motivo in più per cercare di seguire quella di quest’anno.
In fenomeni di questo tipo, chi non osserva direttamente il Sole può benissimo non accorgersi dell’eclisse; infatti la diminuzione di luce è solo di un quinto o un sesto, come quando si ha un cielo appena velato! Tanto appariscenti quanto rare sono invece le eclissi totali di Sole. Per dare un’idea della loro rarità, si pensi che in media da uno stesso luogo se ne vede una ogni 375 anni! Se consideriamo un’estensione di territorio ampia come la superficie dell’Italia (circa 300mila km quadrati), allora la frequenza diviene di una ogni 70-80 anni. Per il nostro Paese, l’ultima di queste, ebbe luogo
il 15 febbraio 1961 e la prossima – che interesserà soltanto le acque territoriali italiane a sud dell’isola di Lampedusa – è attesa per il 2 agosto 2027. Per un coinvolgimento più ampio dell’Italia, l’attesa è molto lunga: 3 settembre 2081, quando la fascia della totalità attraverserà la
parte nord-est del nostro Paese. Buone notizie per le agenzie di viaggio e i tour operator, visto che nel frattempo nel mondo se ne verifica in media una ogni 16 mesi, con le prossime il 20 aprile del 2023 in Nuova Guinea e l’8 aprile 2024 negli Stati Uniti.
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FENOMENO DEL MESE
» Eclisse del 30 aprile 2022 ripresa nell’ultravioletto (19,5 nm) dallo strumento Solar Ultraviolet Imager del satellite Goes-16 (Noaa).
» Il percorso dell’elisse totale del 2 agosto 2027 che sfiorerà il territorio italiano.
FENOMENO INIZIO MESE METÀ MESE FINE MESE Inizio crepuscolo 05h 33m 05h 50m 05h 06m Sorge 07h 06m 07h 23m 06h 41m Culmina 12h 59m 12h 55m 11h 53m Tramonta 18h 51m 18h 27m 17h 05m Fine crepuscolo 20h 24m 19h 59m 18h 39m Durata della notte astronomica 09h 09m 09h 51m 10h 27m 58 IL PLANISFERO CELESTE / OTTOBRE » Il cielo visibile da Roma alle ore 01.00 TC a metà mese. La mappa è valida in tutta Italia il SOLE CIELO DEL MESE DI TIZIANO MAGNI*
la LUNA
Il pallino rosso sulla circonferenza lunare mostra il punto di massima librazione alle 0h di Tempo Civile del giorno considerato: le sue dimensioni sono proporzionali all’entità della librazione il cui valore massimo è di circa 10°
fenomeni LUNARI
il 3 alle 2h 14m
il 9 alle 22h 54m
il 17 alle 19h 15m
il 25 alle 12h 48m
il 1o novembre alle 7h 37m l'8 novembre alle 12h 02m
Massime librazioni in latitudine il 5 alle 11h - visibile il Polo nord il 19 alle 10h - visibile il Polo sud il 1o novembre alle 15hvisibile il Polo nord
Massime librazioni in longitudine
il 10 alle 23h - visibile il lembo occidentale il 23 alle 17h - visibile il lembo orientale il 6 novembre alle 13hvisibile il lembo occidentale
Perigeo 369.325 km il 4 alle 18h 33m
Apogeo 404.328 km il 17 alle 12h 20m
Perigeo 368.291 km il 29 alle 16h 35m
59 CIELO DEL MESE
SOLE e PIANETI
SOLE
Dopo aver attraversato l'equatore celeste, scende rapidamente a declinazioni sempre più australi, percorrendo l’estesa costellazione della Vergine; il giorno 31 entra nella Bilancia. L'arco diurno percorso dall'astro si abbassa sull'orizzonte, producendo una diminuzione delle ore di luce di 83 minuti, con un sensibile ritardo nell’istante dell’alba e un più marcato anticipo del tramonto.
MERCURIO
È visibile all’alba per l’intero mese in una delle apparizioni più favorevoli dell’anno; il gorno 1 è stazionario in Ascensione Retta, quindi riprende il moto diretto e si allontana rapidamente dal Sole. raggiungendo, il giorno 8, la massima elongazione occidentale di soli 18°,0. Grazie alle favorevoli condizioni geometriche, Mercurio guadagna una buona altezza sull’orizzonte orientale prima che le luci dell’alba diventino troppo intense. Il periodo migliore per le osservazioni si estende dal 2 al 22 ottobre con il pianeta che leva prima dell’inizio del crepuscolo nautico.
VENERE
È visibile all'alba solo nei primi giorni del mese, quindi scompare tra le luci del crepuscolo e il 22 è in congiunzione superiore con il Sole; il 29 si sposta dalla costellazione della Vergine in quella della Bilancia.
Posizioni eclittiche geocentriche del Sole e dei pianeti tra le costellazioni zodiacali: i dischetti si riferiscono alle posizioni a metà mese, le frecce colorate illustrano il movimento nell’arco del mese. La mappa, in proiezione cilindrica, è centrata sul Sole: i pianeti alla destra dell’astro del giorno sono visibili nelle ore che precedono l’alba, quelli a sinistra nelle ore che seguono il tramonto; la zona celeste che si trova in opposizione al Sole non è rappresentata. Le posizioni della Luna sono riferite alle ore serali delle date indicate per la Luna crescente e alle prime ore del mattino per quella calante.
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CIELO DEL MESE DI TIZIANO MAGNI
CIELO DEL MESE
MARTE
È visibile per gran parte della notte nel Toro e grazie all’elevata declinazione può essere ammirato telescopicamente con profitto: a fine mese il suo diametro apparente raggiunge i 15” e risultano visibili nelle stesse condizioni entrambi gli emisferi del pianeta, con la calotta polare settentrionale alla massima estensione. Il giorno 9 è in congiunzione con El Nath (Beta Tauri), poco meno di 6° a sud, ma il suo moto diretto rallenta sempre più e il 30 si arresta e diviene retrogrado.
Effemeridi geocentriche di Sole e pianeti alle 00h 00m di Tempo Civile delle date indicate. Per i pianeti sono riportati fase e asse di rotazione (nord in alto, est a sinistra). Levate e tramonti sono riferiti a 12°,5 E e 42° N: un asterisco dopo l’orario indica l’Ora Estiva. Nella riga Visibilità sono indicati gli strumenti di osservazione consigliati: l’icona di “divieto” indica che il pianeta non è osservabile. Le stelline (da 1 a 5) misurano l’interesse dell'osservazione.
GIOVE
All’inizio è visibile per l’intera notte nei Pesci, vicino al confine con l’Acquario, ma la sua visibilità va diminuendo. Nella seconda metà del mese tramonta prima dell’inizio dell’alba ed è osservabile nelle migliori condizioni di sera, quando raggiunge la massima altezza sull’orizzonte; è preceduto 10° a ponente da Nettuno.
SATURNO
È visibile per buona parte della notte sul “dorso” della figura zodiacale metà capra e metà pesce, 1° a est di Iota Capricorni, ma la sua visibilità è in progressiva diminuzione e a fine mese tramonta intorno alla mezzanotte locale; il 23 è stazionario in Ascensione Retta, quindi riprende il moto diretto.
URANO
È visibile per tutta la notte nell’Ariete: sorge tra le luci del crepuscolo serale e culmina nelle ore che precedono l’alba. È rintracciabile 4° a sud-ovest di Delta Arietis e 2° a nordest di Sigma Arietis, rispettivamente di magnitudini +4,3 e +5,5.
NETTUNO
È visibile per gran parte della notte nei Pesci, 3° a ovest della stella di quinta magnitudine 20 Piscium e poco meno di 10° a ovest di Giove, che tende ad avvicinarlo. A fine mese tramonta due ore prima dell’inizio dell’alba.
Visibilità dei pianeti. Ogni striscia rappresenta, per ognuno dei cinque pianeti più luminosi, le ore notturne dal tramonto alla levata del Sole, crepuscoli compresi; quando il pianeta è visibile la banda è più chiara.
Le iniziali dei punti cardinali indicano la posizione sull'orizzonte nel corso della notte.
61
FENOMENI del mese
5LUNA E SATURNO DI SERA
La sera del 5 ottobre, tra le luci del crepuscolo cha vanno affievolendosi, una ventina di gradi sopra l’orizzonte sud-orientale è possibile ammirare una bella configurazione celeste con Saturno e la Luna in veste di protagonisti: il nostro satellite naturale si trova 5° a sud del pianeta inanellato e poco meno di 2° a nord-est della stella Zeta Capricorni, di magnitudine +3,7.
La congiunzione tra la Luna e Saturno si è verificata nelle ore pomeridiane, ma la distanza che li separa continua a diminuire, fino a raggiungere
il minimo valore di 4°,7 alle 21:43 TC.
Da notare la presenza non facilmente rilevabile, 6° a est di Zeta Capricorni, del pianetino (4) Vesta, di magnitudine +6,8.
8-9
LUNA E GIOVE NEI PESCI
Dalla fine del crepuscolo serale fino alla comparsa delle prime luci dell’alba, il cielo è dominato dalla presenza della Luna piena in transito nella costellazione zodiacale dei Pesci.
Dopo essere transitato 3°,4 a sud di Nettuno la mattina dell’8 ottobre, il nostro satellite naturale è protagonista, nelle prime ore serali della stessa giornata, di una bella congiunzione con Giove, 3°,1 a sud del pianeta. Il veloce movimento apparente sulla volta stellata conduce la Luna alla minima distanza angolare da Giove di 2°,6 poco prima delle 22:45 TC, dopodiché la separazione tra i due andrà progressivamente aumentando. Alle 6:00 TC, poco prima di scendere sotto l’orizzonte occidentale, la Luna piena si porta 4°,3 a est del pianeta.
Nel disegno la configurazione osservabile alle 20:00 TC del giorno 8, un quarto d’ora prima del termine del crepuscolo astronomico.
MERCURIO ALL’ALBA
Visibile per tutto il mese tra le luci dell’alba, Mercurio è osservabile con relativa facilità in prossimità dell’orizzonte orientale. La sera del giorno 8 raggiunge la massima elongazione occidentale di soli 18°, ma per osservare il pianeta, che si trova in prossimità della stella Beta Virginis, bisogna attendere il mattino seguente, quando, in virtù dell’elevata inclinazione dell’eclittica sulla linea dell’orizzonte, la sua levata precede di alcuni istanti la fine della notte astronomica.
Nel disegno sono riportate le posizioni di Mercurio sull’orizzonte orientale all’inizio del crepuscolo nautico per il periodo di miglior visibilità, che va dal 30 settembre fino al 22 ottobre.
62
OCCHIO NUDO CON BINOCOLO CON TELESCOPIO PERICOLO SOLE NON VISIBILE CIELO DEL MESE DI TIZIANO MAGNI
8-9
10-11
ALGOL IN ECLISSE
La notte tra il 10 e l’11 ottobre è possibile ammirare la stella Beta Persei, prototipo della categoria di variabili ad eclissi che da essa ha preso il nome, affievolirsi fino alla magnitudine +3,2 e tornare poi lentamente alla magnitudine +2,1; la durata complessiva di un’eclissi è di circa 8 ore. Secondo le effemeridi più aggiornate, l’istante del minimo cade alla 1:25 di Tempo Civile del giorno 11, pertanto osservazioni della stella ripetute ogni mezz’ora lungo tutto l’arco della notte permetteranno di ammirare l’intera discesa verso il minimo e il successivo ritorno alla massima luminosità che si completerà prima dell’inizio dell’alba.
13
LUNA E ALDEBARAN DI SERA
Tre ore dopo la calata del Sole, sull’orizzonte nord-orientale spicca la presenza del Toro, nel quale è in transito la Luna gibbosa calante. Dopo la congiunzione mattutina con le Pleiadi, la sera del 13 ottobre il nostro satellite naturale si trova oltre 7° a nord della rossa Aldebaran; 15° più a est segue un’altra luminosa scintilla di colore rossastro: si tratta di Marte, 5°,7 a nord del quale si osserva El Nath (Beta Tauri).
La minima distanza apparente tra Luna e Aldebaran, pari a 7°,2, viene raggiunta poco prima delle 22:30, ma per la congiunzione in Ascensione Retta, con la Luna 7°,7 a nord di Alfa Tauri, è necessario attendere fino alle 5:18 del giorno 14, poco prima dell’inizio dell’alba.
13
LUNA E PLEIADI PRIMA DELL’ALBA
Nelle ore che precedono l’alba è possibile seguire il progressivo avvicinamento della Luna gibbosa calante alle Pleiadi: la congiunzione in Ascensione Retta tra il nostro satellite e l’ammasso (3° più a nord), si verifica alla levata del Sole. La migliore configurazione osservabile è quella che si ha all’inizio del crepuscolo nautico, alle 6:20 TC, con Luna e Pleiadi alte nel cielo sudoccidentale che va lentamente schiarendo per l’approssimarsi dell’alba.
63 CIELO DEL MESE
14-15
CONGIUNZIONE LUNA-MARTE
Mancano ancora due mesi all’opposizione, ma Marte è già osservabile per gran parte della notte: a metà mese sorge infatti intorno alle 22:00 TC. La notte tra il 14 e il 15 ottobre il Pianeta rosso, che si trova meno di 6° a sud di El Nath (Beta Tauri), viene affiancato dalla Luna gibbosa calante, con la quale è in congiunzione, 3°,4 più a sud, la mattina del 15 alla levata del Sole. Se si è disposti a passare una notte all’aperto, magari per osservare la superficie di Marte con un telescopio, è possibile seguire il rapido avvicinamento del nostro satellite al pianeta fino alle 6:00, poco dopo la comparsa delle prime luci dell’alba, quando si realizza la configurazione celeste raffigurata nel disegno.
17
OCCULTAZIONE DI 47 GEMINORUM
Un’occultazione visibile da tutto il Paese, piuttosto difficile da osservare ma comunque degna di nota, è quella che si verifica nelle prime ore del giorno 17, quando la Luna in fase calante, illuminata al 57%, occulta la stella 47 Geminorum, di magnitudine +5,8. La stella scompare dietro la zona illuminata dal Sole del disco lunare a iniziare dalle 0:56 (Catania), per poi riapparire sulla frazione oscura del lembo lunare tra la 1:53 (Aosta) e le 2:03 (Lecce).
18
(230) ATHAMANTIS IN OPPOSIZIONE
Nella seconda decade del mese il pianetino (230) Athamantis risulta sufficientemente luminoso da poter essere seguito con un binocolo o un telescopio amatoriale. In opposizione al Sole il giorno 18, quando raggiunge la magnitudine visuale +10,0, (230) Athamantis è rintracciabile 5° a nord-ovest della stella Eta Piscium, di magnitudine +3,6; all’inizio del mese il pianetino si trova poco più di 2° a nord della coppia di stelle di 5a magnitudine 96 e Rho Piscium, 1°,2 a nord delle quali transita la mattina del 7 ottobre. Poco più di 5° a sud-est di (230) Athamantis è rilevabile un secondo pianetino: si tratta di (211) Isolda, di magnitudine +11,6, in opposizione il 19 ottobre; di particolare interesse i passaggi di (211) Isolda 5’ a sud della galassia M74 (mag. +9,1) la sera del 9 e 11’ a sud-est di Eta Piscium la mattina del 16 ottobre.
La mappa è completa fino alla magnitudine +11,0.
CIELO DEL MESE DI TIZIANO MAGNI 64
21-22
MASSIMO DELLO SCIAME DELLE ORIONIDI
Nelle ultime due decadi del mese è attivo lo sciame meteorico delle Orionidi, le cui particelle originano dalla cometa di Halley. Si tratta di uno sciame moderatamente attivo, con valori dello Zhr (il tasso orario di attività con il radiante allo zenit) normalmente compresi tra 20 e 30 meteore e che si mantengono approssimativamente costanti per alcuni giorni prima e dopo il massimo; negli anni dal 2006 al 2009 lo sciame ha inoltre mostrato un’attività inaspettatamente elevata. Nel 2022 il massimo dovrebbe presentarsi nelle ore serali del 21 ottobre, ma il radiante risulta essere più alto sull’orizzonte nella seconda parte della notte; le osservazioni saranno agevolate dall’assenza della Luna, la cui falce calante sorge dopo le 4:00. Il disegno raffigura il cielo sovrastante l’orizzonte orientale alle 2:00 TC del 22 ottobre; da notare la presenza, tra le stelle del Toro, della rossa scintilla di Marte.
25
ECLISSE PARZIALE DI SOLE
Inizia alle 10:58 di Tempo Civile, con il primo contatto tra il cono della penombra lunare e la superficie terrestre nel nord dell’Islanda, un’eclissi parziale di Sole visibile da gran parte dell'Europa, Asia occidentale, Africa settentrionale, oceano Indiano settentrionale: la fase massima del fenomeno, con il Sole coperto per più dell’86% dal disco lunare, si verifica alle 13:00 nei territori orientali della Federazione Russa. L’eclissi è visibile anche dall’Italia: il primo contatto è osservabile tra le 11:16 (BZ) e le 11:37 (RG) mentre l’eclissi raggiunge il suo apice tra le 12:10 e le 12:32 con la massima frazione di disco solare nascosta dalla Luna che dal 35% visibile nel Friuli Venezia Giulia diminuisce spostandosi verso occidente, fino a toccare i valori minimi in Sardegna con il 15,5% di Carbonia; l’istante dell’ultimo contatto cade tra le 13:05 (AO e OR) e le 13:35 (LE). Il cono della penombra lunare abbandonerà definitivamente il nostro pianeta alle 15:02 TC in pieno Oceano Indiano. Il disegno mostra la massima fase dell’eclissi per due delle località più significative della Penisola. Vedi l'articolo di Walter Ferreri a pag. 54.
29
OCCULTAZIONE DI SAO 186328
Nelle ore serali la Luna occulta SAO 186328 che, a dispetto della denominazione anonima, è una stella relativamente luminosa, magnitudine +4,6, della costellazione del Sagittario. La scomparsa avviene dietro il lembo oscuro della falce crescente della Luna, illuminata per il 22%, a partire dalle 19:05 (Aosta) con le luci del tramonto ancora intense, tranne che nel meridione, mentre la riapparizione sul bordo illuminato dal Sole si verifica tra le 20:01 (Catania) e le 20:07 (Trieste) con la Luna bassa sull’orizzonte per le regioni nord-orientali. L'occultazione è visibile da tutto il Paese.
PRIMA
65 CIELO DEL MESE *TIZIANO MAGNI ESPERTO DI MECCANICA CELESTE, ELABORA LE PREVISIONI DI FENOMENI ASTRONOMICI CON SOFTWARE APPOSITAMENTE REALIZZATI (WWW.TIZIANOMAGNI.IT). • 1° NOVEMBRE: CONGIUNZIONE SERALE LUNA-SATURNO • 2/3 NOVEMBRE: ALGOL IN ECLISSE • 4 NOVEMBRE: CONGIUNZIONE SERALE LUNA-GIOVE NELLA
DECADE DI NOVEMBRE CI ATTENDONO • 7 NOVEMBRE: LA LUNA OCCULTA OMICRON PISCIUM • 9 NOVEMBRE: URANO IN OPPOSIZIONE • 9 NOVEMBRE: LA LUNA OCCULTA 37 E 39 TAURI I testi completi dei fenomeni sul prossimo numero di Cosmo e sul sito bfcspace.com
66 OSSERVAZIONI DI PIERO MAZZA* STELLE E NEBULOSE AFFASCINANTI, CON QUALCHE PICCOLO MISTERO CIGNO LA MAESTOSITÀ DEL » La nebulosa IC 1318 ripresa da Mauro Zorzenon.
Nel corso dei nostri tour celesti abbiamo già incontrato la bellissima costellazione del Cigno, che durante questo mese, in prima serata, transita praticamente allo zenit. Ma non l’abbiamo ancora presentata come si deve, e allora colmiamo questa lacuna. Situato in piena Via Lattea, il Cigno occupa circa 800 gradi quadrati. Nel Medioevo veniva chiamato dagli Arabi “Piccione” oppure “Gallina”, tant’è che chiamavano la stella più brillante Dhanab al-Dajajah, che significa “Coda della gallina”. Presso gli antichi Greci la costellazione rappresentava un uccello generico, ma Eratostene la indicò come cigno, termine che fu adottato nel mondo romano, con numerosi racconti mitologici associati a questa figura celeste.
LA STELLA POLARE DI MARTE
Deneb (Alfa Cygni), l’astro più brillante della costellazione, è la stella bianca di prima grandezza che occupa il vertice nord-orientale del “Triangolo Estivo” (anche se è meglio visibile all’inizio dell’autunno).
Fra le stelle più luminose si colloca al 19° posto, ma ciò è dovuto esclusivamente alla sua enorme distanza che si è potuta ricavare solo per via spettroscopica. Questa è risultata essere di ben 2600 anni luce, distanza alla quale il Sole sarebbe ridotto a un’invisibile stellina di 19a grandezza! Bastano questi dati per capire che Deneb è una delle giganti più splendenti che si conoscono, 200mila volte più luminosa della nostra stella e con una massa 19 volte maggiore. Tuttavia, quest’ultimo
dato rimane piuttosto incerto, perché Deneb è una stella singola e non è quindi possibile determinarne direttamente la massa. Trattandosi comunque di una stella di massa elevata, è soggetta a una evoluzione rapida, dell’ordine di pochi milioni di anni, dopo i quali esploderà come una supernova: un punto di magnitudine -8, visibile in pieno giorno e sufficiente a rischiarare il cielo notturno per parecchie settimane. A causa della precessione degli equinozi, Deneb è passata a soli 7° dal polo nord celeste circa 18mila anni fa e vi farà ritorno verso l’anno 9800. Attualmente è la stella polare settentrionale di Marte.
Spostiamoci all’altro capo della costellazione, presso il confine con la Volpetta, per incontrare quella che molti ritengono la più bella stella doppia del firmamento: Albireo (Beta Cygni), un nome che probabilmente è dovuto a una impropria traduzione latina dell’Almagesto. In arabo è al-Minbar al-Dajajah, che significa “Becco della gallina”. È formata da una stella arancione di 3ª grandezza e da una azzurra di 5ª, separate da poco più di mezzo primo d’arco. Con la loro marcata differenza di colore contrastano nettamente nel campo visivo di un telescopio anche di modeste dimensioni. La distanza di questa coppia è di
67 OSSERVAZIONI
» La costellazione del Cigno; sono tratteggiate le stelle principali che formano la Croce del Nord.
430 anni luce, ma molti astronomi si chiedono se le due stelle siano veramente una doppia fisica o piuttosto non si trovino vicine solo per effetto prospettico. Le loro velocità radiali, entrambe in avvicinamento alla Terra, sono pari rispettivamente a 24 e 18 km/s.
Questa differenza non esclude l’ipotesi del legame fisico, perché potrebbe essere dovuta al diverso moto delle componenti attorno al baricentro comune, in combinazione
al moto relativo della coppia rispetto al Sistema solare. D’altra parte, va tenuto presente che dall’epoca delle prime osservazioni — compiute da Otto Struve nella prima metà del secolo scorso — non è stato messo in evidenza alcun moto orbitale. Se si tratta realmente di un sistema binario, deve avere un periodo orbitale attorno ai 100mila anni.
Forse è proprio quest’aura di mistero a rendere più affascinante questa stella, che non richiede cieli cristallini
per essere osservata, ma si può comodamente ammirare dal balcone in città per gran parte dell’anno. È sicuramente un ottimo bersaglio per far colpo su coloro che si accostano per la prima volta all’oculare di uno strumento astronomico. È importante considerare anche la stella Gamma, in arabo Sadir o Sadr (“Petto”).
Anche questa non scherza in quanto a dimensioni: è una supergigante gialla di magnitudine 2,2, distante 1500 anni luce e 23mila volte più brillante del Sole.
È circondata da una gran quantità di nebulose a emissione che si possono osservare abbastanza facilmente negli strumenti luminosi a grande campo, come i grandi binocoli con obiettivi da 80 mm o più. Questo vasto complesso nebulare porta la sigla IC 1318; la sua parte più brillante è quella situata un grado a est di Gamma, caratterizzata da una vistosa banda scura arcuata già osservabile in un binocolo. Per l’osservazione telescopica, si raccomanda un oculare grandangolare con campo apparente di almeno un paio di gradi e un filtro nebulare Uhc. La zona appare diafana come se fosse debolmente
STELLE E PROFONDO CIELO NEL CIGNO
OGGETTO
Alfa Cygni (Deneb)
Cygni (Albireo)
Cygni
NGC 7000 (Nord
NGC
NGC
aperto
Neb.
Amm. aperto
68 OSSERVAZIONI DI PIERO MAZZA
AR (2000) DECL. (2000) DIM. MAG. TIPOLOGIA
20h41,4m +45°17’ 1,25 Spettro A2 Beta
19h30,7m +27°58’ 34” 3,3+5,1 Spettri K0+B8 Gamma
(Sadr) 20h22,2m +40°15’ 2,2 Spettro F8 IC 1318 20h26,0m +40°20’ 210’×140’ Neb. emissione NGC 6910 20h23,1m +40°47’ 7’ 7,4 Amm.
America) 21h01,8m +44°12’ 2° 4,0
diffusa
6997 20h56,8m +44°39’ 8’ 10,0
6996 20h56,5m +45°29’ 5’ Nube stellare
» Il piccolo ammasso aperto NGC 6910 (al centro). Il nord è a destra (astronomyphotos.com).
» Le nebulose Nord America e Pellicano (a destra) riprese da Milano con un teleobiettivo da 300 mm f/2,8. Sono evidenziati i raggruppamenti stellari accennati nel testo (Luigi Fontana).
incirrata, con alcune chiazze sparse poco più pronunciate. A ridosso di Gamma c’è anche il piccolo ammasso NGC 6910, situato circa mezzo grado a NNE; è un oggetto piuttosto disperso, con poche stelle; a circa 30x se ne vedono una decina, disposte come una stella a tre punte, di cui un paio di 7a grandezza. Visualmente non appare più esteso di 5 primi d’arco.
INFLAZIONATA MA SEMPRE AFFASCINANTE
Parlare del Cigno significa soprattutto rivolgere l’attenzione a una delle nebulose più fotografate del cielo, la NGC 7000, nota a tutti come la “Nord America”. Fu Max Wolf, uno dei pionieri dell’astrofotografia, che nel 1890 diede questo nome alla
nebulosa che nell’insieme sembra suggerire la forma del continente nord-americano. È osservabile in binocoli 20x80, anche se la parte settentrionale tende a sfumare nel continuo stellare della Via Lattea; è meglio definita la zona meridionale, soprattutto nella parte costituita dal Golfo del Messico, dove è netto il contrasto con la zona scura adiacente. Consigliamo di esaminare questa parte della nebulosa in un piccolo telescopio con oculare a grande campo, munito di filtro interferenziale: più questo è a banda stretta (come l’OIII), più netti appariranno i minuti dettagli.
Se si osserva senza filtri, è interessante andare a caccia di un paio di addensamenti stellari presenti nella nebulosa. Il più facile è NGC 6997,
situato all’interno di un triangolo isoscele di stelle di 6a grandezza con il vertice più acuto che punta quasi esattamente verso nord; il campo è molto ricco, ma questo triangolo si riconosce facilmente. L’ammasso è stato scoperto da W. Herschel ed è costituito da un gruppo abbastanza compatto di stelle deboli di forma quasi circolare. Questo è quanto si osserva in un piccolo telescopio 10 o 15 cm di diametro. In strumenti da 25 cm si possono contare circa 40 stelle che sembrano disposte lungo due cerchi incompleti.
LA CROCE DEL NORD
La denominazione di Croce del Nord, con la quale talvolta vengono chiamate le stelle principali del Cigno, è un retaggio della proposta sorta nel XVII secolo di cristianizzare gli asterismi: questa costellazione avrebbe rappresentato la Christi Crux o Crux cum S. Helena, con allusione al presunto ritrovamento di frammenti della croce di Cristo a opera di Elena, madre di Costantino. Sicuramente la disposizione delle cinque stelle più evidenti ricorda una croce latina più realisticamente di quanto faccia la sua piccola controparte sita nell’emisfero australe che invece ha assunto la denominazione ufficiale di Croce del Sud.
L’atlante digitale Megastar riporta in questa posizione anche l’ammasso NGC 6996 (in figura la posizione del secondo è stata modificata per chiarezza), mentre la I edizione dell’Uranometria, il vademecum per eccellenza degli osservatori del cielo, riporta NGC 6996 circa 50’ più a nord. Ma qui probabilmente abbiamo un semplice addensamento stellare, evidenziato dalla presenza di Barnard 353 a ridosso verso est, una tenue formazione scura allungata da nord a sud per una dozzina di primi. Questa piccola zona scura sembra incurvarsi un po’ verso SW, dando l’impressione di un semicerchio che avviluppa l’ammasso. È stata sicuramente questa formazione a indurre D.W. Morehouse, presidente della Drake University (Iowa) a coniare il buffo termine “Nido d’Uccello” in un articolo apparso negli anni 20 su Popular Astronomy
*PIERO MAZZA MUSICISTA DI PROFESSIONE, È UN APPASSIONATO VISUALISTA, CON MIGLIAIA DI OSSERVAZIONI DEEP SKY CONSULTABILI DAL SITO WWW.GALASSIERE.IT.
OSSERVAZIONI 69
IL SOLE “IMPURO” DI
GALILEO
70 COSMO KID DI LAURA CITERNESI*
OSSERVIAMO E DISEGNIAMO LE MACCHIE SOLARI
» Il Sole ripreso con una Canon 2000D applicata a un Astromaster 130 EQ Newton.
Facciamo un breve viaggio nell’Italia del 1600 ed esattamente nella città di Pisa, dove il 15 febbraio 1564 nacque Galileo Galilei. Fisico, astronomo, filosofo, matematico e scrittore, Galileo è ricordato per aver fondato l’astronomia moderna, grazie alle sue osservazioni del cielo, le prime eseguite con un cannocchiale.
LE MACCHIE SOLARI DI GALILEO
Nel 1609 Galileo venne a sapere che in Olanda era stato realizzato un tubo con all’interno due vetri che permettevano di vedere “più vicini” gli oggetti distanti. Così nello stesso anno l’astronomo riuscì a costruire uno strumento simile, chiamato “cannocchiale”, che all’inizio ingrandiva di otto volte gli oggetti
osservati; verso la fine dello stesso anno Galileo riuscì a perfezionare il suo strumento portandolo a quasi 20 ingrandimenti. Fu così che nell’anno seguente osservò Giove insieme a tre dei suoi satelliti (che scambiò per stelle e che forse erano già stati scoperti dall’astronomo tedesco Simon Mayr). Già a dicembre del 1609 era venuto il turno della Luna, che si mostrò al nostro scienziato con
Sole con le macchie solari realizzato con gessi policromatici e tratto-pen nero.
71 COSMO KID
»
Il
i suoi rilievi e le sue depressioni in superficie.
La possibilità di osservare gli astri del cielo con uno strumento, allo scopo di ingrandirne i dettagli, non portò soltanto a un grande fervore nel mondo scientifico, ma iniziò a dare colpi, a suon di osservazioni, alla convinzione che il firmamento fosse costituito da oggetti lisci e perfetti (secondo la filosofia aristotelica). Arriviamo così alle osservazioni delle macchie solari. La prima osservazione di queste regioni “scure” della nostra stella risale probabilmente al 364 a.C. in Cina, dove il testo classico I Ching fa riferimento a “piccoli oscuramenti” del Sole. A partire dal 28 a.C. le osservazioni delle macchie solari comparvero nei documenti ufficiali imperiali.
I primi disegni delle macchie vennero fatti solo nel 1128 dal monaco inglese Giovanni di Worcester; in Europa le macchie vennero poi osservate dall’astronomo inglese Harriot (1610), dal tedesco Scheiner (nell’anno seguente) e dall’olandese Fabricius contemporaneamente a Galileo, intorno al 1612. A causa dell’ideale di perfezione degli astri, nel 1612 Sheiner inviò un trattato
BENVENUTI SU COSMO KID
a Galileo dove sosteneva che le regioni scure solari erano in realtà dei satelliti; mentre l’anno prima il figlio di Fabricius, Johannes, aveva sostenuto che le macchie appartenevano al Sole e che ne dimostravano la rotazione con i loro spostamenti.
Galileo osservò le macchie del Sole e le descrisse all’astronomo Welser (Marco Velseri), come di forma irregolare, vicine o sulla superficie solare e in trasformazione. Si trattava di tre lettere, che Galileo pubblicò nel 1613 come Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti, annunciando così la “scoperta” delle macchie solari. Oggi sappiamo che le macchie solari sono regioni della superficie del Sole, la fotosfera (“sfera di luce”), caratterizzate da una temperatura più fredda, causate dal campo magnetico solare che inibisce il trasporto di energia per convezione verso l’esterno. Il numero di macchie ci informa sull’intensità dell’attività in superficie dell’astro. Un grande numero di macchie solari indica una maggiore emissione di energia della nostra stella. Come aveva osservato anche Galileo, il numero di macchie varia tra periodi di massima (maggior
numero di macchie) e di minima (minor numero di macchie) attività solare, che rientrano in un periodo di tempo medio di undici anni, definito ciclo solare
OSSERVARE LE MACCHIE SOLARI IN SICUREZZA
Possiamo osservare le macchie della fotosfera solare con una semplice attrezzatura amatoriale. E questo è un ottimo periodo per farlo, dato che ci stiamo avvicinando a un periodo di massimo di attività solare. Tanto più in questo mese, in cui possiamo assistere a una eclisse parziale di Sole (vedi l’articolo a pag. 54).
Cosmo Kid è una rubrica astronomica a misura di bambino. Con l’intento di avvicinare non solo i bimbi appassionati al cosmo, ma anche quelli che non conoscono il piacere di stupirsi e di porsi domande davanti a un cielo stellato.
Se i bambini non “vanno” al cielo, è il cielo ad “andare” da loro, tramite il gioco e le immagini, mostrando ciò che della volta celeste non si può vedere nell’immediato e offrendo spunti per un viaggio personale e fantastico dentro l’Universo.
Ma Cosmo appartiene anche ai lettori, quindi invitiamo appassionati, insegnanti, genitori a farsi avanti con suggerimenti o richieste, scrivendo a info@bfcmedia.com
Benché le macchie siano talvolta visibili anche a occhio nudo, è categoricamente vietato osservare il Sole senza un filtro professionale, poiché si possono avere conseguenze gravi per la salute degli occhi! Lo strumento più semplice è un binocolo solare con filtro in luce bianca in pellicola interna (che sia certificato) con una trasmissività dello 0,00001%. Con “luce bianca” si intende l’integrazione di tutti i colori dello spettro della luce visibile; cioè di quei colori che possiamo vedere con gli occhi, dal rosso fino al violetto. Esistono vari tipi di binocoli solari e la loro differenza sta nell’ingrandimento che possono offrire e nel diametro delle lenti (ingrandimento x diametro in millimetri; per esempio, 6x30). Maggiore è il diametro e migliore sarà la qualità dell’immagine del
*LAURA CITERNESI
APPASSIONATA DI ASTRONOMIA, GESTISCE LA PAGINA FACEBOOK
ASTRODOMINE E REALIZZA
LABORATORI DI ASTRONOMIA PER BIMBI E RAGAZZI.
72 COSMO KID DI
LAURA CITERNESI*
Sole e delle sue macchie, perché lo strumento raccoglie più luce! I modelli più pesanti richiedono un treppiede per poter essere utilizzati. Esistono anche telescopi specifici per l’osservazione esclusiva del Sole, ma per tutti gli altri strumenti basta posizionare frontalmente al tubo ottico un filtro solare. In commercio, nei negozi specializzati, si trovano filtri in pellicola compatibili con l’apertura del proprio strumento. È comunque possibile costruire un filtro con foglio protettivo come il foglio Astrosolar, che presenta una trasmissione pari a un centomillesimo della luce solare e il blocco totale della radiazione infrarossa e ultravioletta. Attenzione: anche il cercatore del telescopio va protetto con il filtro. Anche con le dovute coperture, è consigliabile non utilizzare mai questi strumenti quando le temperature sono alte, perché si rischia di surriscaldarli. Tuttavia, esistono teli di protezione solare da utilizzare come protezione temporanea. Per osservare il Sole in più persone con lo stesso strumento, si può proiettare l’immagine che esce dall’oculare su un foglio posto perpendicolarmente all’asse ottico del telescopio. Proprio come faceva Galileo.
DISEGNIAMO
LE MACCHIE SOLARI
Per coinvolgere i bambini nell’osservazione del Sole e delle sue macchie, possiamo realizzare un’attività per ottenere un disegno di questi fenomeni, con pochissimo materiale. Ci serve un foglio da disegno ruvido (nei negozi si trovano anche in blocchi); gessi colorati policromatici, un compasso, una
gomma e un tratto-pen nero. Realizzata la circonferenza, ne cancelliamo leggermente il bordo con la gomma. Prendiamo un gesso color oro e coloriamo il bordo, andando poi a sfumare verso l’interno. Facciamo la stessa cosa utilizzando il gesso arancione. A questo punto con il policromatico giallo coloriamo tutto il disco, utilizzando il lato
»
Sopra: filtro solare auto costruito con foglio Astrosolar per un rifrattore Konus da 60 mm di apertura. A sinistra: osservazione del Sole per proiezione
invece che la punta. Siamo pronti per disegnare con il gesso nero le macchie solari, osservandole al telescopio o proiettandole direttamente sul foglio da disegno. Poi con il tratto-pen nero realizziamo tante righe sottili intorno alle macchie. Inquadra il QR per il video tutorial che spiega come disegnare il Sole con le macchie solari.
COSMO KID 73
A CACCIA DI VORTICI NELL’ATMOSFERA DI
GIOVE
VORTEX HUNTER ARRUOLA VOLONTARI PER ANALIZZARE LE FOTO SCATTATE DALLA SONDA JUNO
Iricercatori dell’Università Twin Cities del Minnesota hanno lanciato, grazie al sostegno della Nasa, un nuovo progetto di citizen science per aiutare i ricercatori a conoscere meglio l’atmosfera di Giove. Come tutti gli altri progetti di questo tipo (raccolti dalla piattaforma Zooniverse, www.zooniverse.org) anche questo nasce dall’esigenza degli scienziati di essere aiutati da gruppi di volontari che possano eseguire delle analisi semplici ma preziosissime per la mole di dati che possono produrre. In questo caso, si tratta di aiutare i planetologi a classificare decine di migliaia di immagini dell’atmosfera di Giove scattate dalla sonda Juno della Nasa (www.missionjuno.swri.edu).
JOVIAN VORTEX HUNTER
Giove si trova a più di 590 milioni di chilometri dalla Terra e ha un’atmosfera composta
prevalentemente di idrogeno ed elio, come il Sole. Tuttavia, come la Terra, questa atmosfera contiene un’ampia varietà di nubi di forme e dimensioni diverse. Ne ha immortalate tantissime JunoCam, la fotocamera a bordo della sonda Juno, lanciata nel 2011 e che dal 2016 raccoglie una enorme quantità di dati sul gigante gassoso. La sonda percorre un’orbita altamente ellittica intorno a Giove, e nel punto di massimo avvicinamento arriva a poche migliaia di chilometri sopra le nuvole. In questi sei anni, Juno ha completato più di 40 orbite intorno a Giove, raccogliendo molti gigabyte di immagini riprese dalla JunoCam
Il progetto Jovian Vortex Hunter (Jvh) dispone di oltre 60 mila immagini provenienti da questa serie di dati. In sostanza, ai volontari viene chiesto di identificare i vortici atmosferici, ovvero le nubi di forma rotonda o ellittica simili agli uragani.
Gli scienziati sono particolarmente interessati alla realizzazione di modelli teorici che siano in grado di spiegare perché queste caratteristiche atmosferiche hanno forme e dimensioni diverse. “Abbiamo così tante immagini, che il nostro team impiegherebbe diversi anni per esaminarle tutte”, dice Ramanakumar Sankar, ricercatore post-dottorato della scuola di fisica e astronomia dell’università del Minnesota a capo del progetto. “Abbiamo bisogno dell’aiuto dei volontari per identificare quali immagini presentano vortici, dove sono e come appaiono. Con un catalogo accurato di queste caratteristiche, possiamo poi studiare la fisica che sta alla base della formazione di questi vortici e il loro rapporto con la struttura dell’atmosfera, in particolare sotto le nuvole, dove non possiamo osservarle direttamente”.
74 CITIZEN SCIENCE A CURA DELLA REDAZIONE JOVIAN
ALLA PORTATA DI TUTTI
Chi pensa di non avere le competenze o le capacità per esaminare e classificare le immagini di Giove scattate dai veicoli spaziali non deve preoccuparsi. Il progetto offre diverse guide ed esercitazioni utili sui diversi tipi di caratteristiche di queste immagini, complete di suggerimenti per identificare correttamente i
vortici. Più di 3000 volontari hanno finora partecipato al progetto, eseguendo più di mezzo milione di classificazioni.
Le informazioni ottenute da questo progetto non saranno utilizzate solo per studiare l’atmosfera di Giove, ma contribuiranno anche a scrivere un algoritmo informatico che potrebbe accelerare l’identificazione futura
delle caratteristiche atmosferiche di Giove, combinando l’aiuto del computer con l’esperienza umana, grazie un meccanismo di intelligenza artificiale in grado di autoistruirsi in base all’esperienza. Per partecipare a questo progetto come citizen scientist, basta visitare il sito web di Jovian Vortex Hunter alla pagina bit. ly/3v4ClnA
CITIZEN SCIENCE 75
» Da sinistra in senso orario: la sonda Juno della Nasa in orbita intorno a Giove. Un’immagine ripresa dalla sonda Juno mostra la regione vicina al Polo nord di Giove. I colori e le forme di questi vortici (tempeste simili a uragani) sono molto diversi. Gli scienziati devono creare un catalogo di queste tempeste per capire come si formano (Ramanakumar Sankar). Esempi di individuazione di vortici nelle immagini di Juno da parte di citizen scientist
76 A CURA DI PIERO STROPPA CARICATE LE VOSTRE FOTO ASTRONOMICHE SU BFCSPACE.COM LA REDAZIONE SCEGLIERÀ LE MIGLIORI PER “LE VOSTRE STELLE” SONO TAGGATE DA UNA STELLA LE FOTO CHE HANNO VINTO LE NOSTRE SFIDE SOCIAL INQUADRA IL QR PER VISITARE LA GALLERY DELLE FOTO STELLE LE VOSTRE GALASSIA GIRANDOLA DEL SUD (M83) Ripresa in remoto dal Cile il 4/08/2022 Telescopio RC da 1 metro di diametro utilizzato tramite Chilescope (www.chilescope.com) Pose: 17x300 s L, 6x600 s R, 6x600 s G, 10x600 s B, 4x1200 s H-alfa, 2x1200 s OIII. Autore: Massimo Di Fusco, Ferrara.
77 LE VOSTRE STELLE CALEIDOSCOPIO STELLARE Ripreso da Napoli dal 2021 al 2022 Telescopio Dobson Sky-Watcher 18” a 285x Pose su smartphone A5 a 800 Iso f/2 Note: tutte le stelle fino a mag. +5 visibili da Napoli per un totale di circa 1300 scatti, fuori fuoco per evidenziare le sfumature di colore. Le stelle sono in scala secondo la loro magnitudine apparente. Vedi altri mosaici stellari su www.unsaltonelcielo.it Autore: Paolo Palma, Giugliano in Campania (NA).
IL TRIANGOLO ESTIVO
Ripreso allo Star Party delle Madonie 2022, Masseria Rocca di Gonato (PA) il 02/07/2022 Fotocamera Canon Eos RA con obiettivo Sigma Art 28 mm f/1,4 a f/3,2 Astroinseguitore Sky-Watcher Star Adventurer 2i Filtro Optolong L-eNhance N. 151 pose da 80 s a 6400 Iso più Dark, Flat, Dark Flat elaborate con PixInsight e Photoshop Autore: Gianni Tumino, Ragusa. Inquadra il QR per il timelapse Day-Night-Day ripreso dall’autore sull’Isola Bella di Taormina (ME).
LE VOSTRE STELLE 78
L’ESPRESSO. TUTTO CIÒ CHE ERA E TUTTO IL NUOVO CHE VERRÀ. I LIBRI DE L’ESPRESSO IN EDICOLA, NELLE MIGLIORI LIBRERIE E SU AMAZON. L’ESPRESSO INIZIA UNA NUOVA STORIA. lespresso.it IL VETRO SOFFIATOSupplemento opzionale al numero in edicola. Euro 9,90 + il prezzo del settimanale
80 LE VOSTRE STELLE LA COMETA C/2017 K2 PANSTARRS E M10 La cometa sfiora l’ammasso globulare M10 in Ofiuco, ripresa effettata da Etna - Piano Vetore (1750 m slm) il 16/07/2022 Telescopio TecnoSky RC8 f/5,3 su montatura EQ6-R Camera Qhy 294 C (gain 1600, offset 0; t -15 °C) con filtri Zwo UV-IR cut Guida con Artesky 70/400 mm Pose 45x120 s elaborate con PixInsight Autore: Aldo Rocco Vitale (Gruppo Astrofili Catanesi). Inquadra il QR per una animazione della cometa ripresa da Graziano Ventre il 7/07/22 da Bellagio (CO).
I BEST SELLER
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La ricerca amatoriale delle supernovae Giancarlo Cortini, Stefano Moretti
Super-occhi per scrutare il cielo Walter Ferreri, Piero Stroppa
I pianeti e la vita Cesare Guaita
I giganti con gli anelli Cesare Guaita
Alla ricerca della vita nel Sistema Solare Cesare Guaita
Oltre Messier Enrico Moltisanti
I grandi astrofili Gabriele Vanin
La Luna Walter Ferreri
In viaggio nel Sistema Solare Francesco Biafore
LIBRI
Come funziona l'Universo Heather Couper, Nigel Henbest
Come fotografare il cielo Walter Ferreri
L'osservazione dei pianeti Walter Ferreri
Cento meraviglie celesti Gabriele Vanin
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DELLA LETTERATURA ASTRONOMICA
LA “LUNAR X”
Ripreso da Cabras (OR) il 6/06/2022, alle 23:46 (ora locale) Telescopio Celestron Newton 114/910 mm su montatura Celestron Eq2 motorizzata Sky-Watcher Camera Qhy 5L-II-C con filtro IR UV cut Video da 1500 frame elaborato con Autostakkert!3, Registax 6, Gimp Autore: Roberto Ortu, Cabras (OR).
UN GIORNO DI LUCI
Ripreso da Base Concordia (Antartide, lat. -75° 06’, 26 dicembre 2021) e da Grosseto (lat. +42° 46’, a destra, 20 dicembre 2016). Immagini realizzate intorno al solstizio d’inverno in 24 ore. A sinistra dalla Base Concordia, dove il Sole non tramonta mai, a destra da Grosseto, dove sono compresi i crepuscoli e lo startrail notturno. Elaborazione con Photoshop: scatti uniti con Photomerge, proiezione sferica creata con il filtro Distorsione/coordinate polari. Autori: Alessandro Liberatore (Pnra/Ipev) e Marco Meniero.
LE VOSTRE STELLE 82
LE VOSTRE STELLE 83 Ripresa da Barrali (Sud Sardegna) il 06/09/2021 Telescopio Celestron Rasa 8 su montatura Sky-Watcher EQ6-R Pro Camera ZWO ASI 183 MC-Pro a -10°C con filtri Idas NBZ Guida ZWO ASI 120 M-Mini Pose: 30x300 s, elaborate con PixInsight Autore: Autore: Giancarlo Melis, Barrali (Sud Sardegna). NEBULOSA NORD AMERICA NEL CIGNO
LE VOSTRE STELLE 84 In basso a sinistra la Cat’s Paw Nebula (NGC 6334), al centro la Lobster Nebula (NGC 6357) e in alto a destra l’ammasso aperto NGC 6374, circondato dalla nebulosa NGC 6383 Riprese da Heaven’s Mirror Observatory. Yass, NSW 2582, Australia, il 28/05/2022 Telescopio Takahashi FSQ-106ED f/3,6 (con riduttore di focale 0,73x) Camera FLI PL16083 con filtri Astrodon H-alfa (3 nm), SII (3 nm), OIII (3 nm) Guida Paramount MX Pose: H-alfa 41x600 s, SII 46x600 s, OIII 40x600 s, acquisite mediante Telescope Live Elaborazione: Deep Sky Stacker, PixInsight, Photoshop Autore: Diptiman Nandy, Howrah (West Bengal, India).
NEBULOSE NELLO SCORPIONE
IL “RITARDO” DELLE PERSEIDI
Vorrei capire il motivo del ritardo che la Terra accumula nel suo incontro con la scia della cometa Swift-Tuttle, progenitrice delle meteore Perseidi. Il massimo dello sciame arriva sempre un po’ più in ritardo rispetto al 10 agosto, giorno dedicato a San Lorenzo, da cui deriva il nome tradizionale di questo sciame meteorico, le “Lacrime di San Lorenzo”.
Quest’anno il massimo si è verificato nella notte tra il 12 e il 13 agosto. Questo ritardo viene in genere attribuito al movimento dell’asse terrestre che è all’origine della precessione degli equinozi. Ma che cosa c’entra quel lento movimento del nostro asse con quello di rivoluzione?
A meno che la Terra non diminuisca la sua velocità orbitale, non vedo perché dovrebbe arrivare in ritardo al suo appuntamento con la scia cometaria. Inoltre, il nostro calendario è perfettamente in grado di mantenersi in linea con le stagioni, riuscendo a compensare il movimento di precessione.
Quindi, perché nel giro di qualche secolo il massimo delle Perseidi è passato dal 10 al 13 agosto?
(Nella foto in alto, una Perseide solca il cielo sopra il Very Large Telescope in Cile, Ndr).
86 A CURA DI PIERO STROPPA SCRIVI A BFCSPACE.COM/INVIA-LA-TUA-DOMANDAi
DI NICOLA MORANDI
D.
R.DI WALTER FERRERI
Lo sciame delle Perseidi deriva dall’incontro della Terra con particelle e detriti della cometa Swift-Tuttle (dal nome dei due scopritori) da cui sono state generate. La lenta disgregazione della cometa ha fatto sì che tutta la sua orbita si riempisse di questi detriti. Una volta l’anno, quando la Terra attraversa l’orbita della Swift-Tuttle, le particelle penetrano nell’atmosfera a velocità di svariate decine di chilometri al secondo e bruciano come fuochi d’artificio. Si chiamano Perseidi perché il loro “radiante” (il punto del cielo da cui sembrano provenire) si trova nella costellazione del Perseo (figura in alto), mentre l’attribuzione della loro origine alla cometa Swift-Tuttle è merito dell’astronomo italiano Giovanni V. Schiaparelli. Il nostro calendario si mantiene in linea con le stagioni, riuscendo a compensare il movimento di “precessione”, la lenta ma continua variazione dell’orientamento dell’asse di rotazione terrestre. Questo fenomeno, scoperto da Ipparco
intorno al 130 a.C. produce uno spostamento delle coordinate dei corpi celesti. Ma il calendario è legato a tali coordinate, così da mantenere costante la data dell’inizio delle stagioni. Per percorrere un grado lungo la sua orbita, la Terra impiega circa un giorno. L’intervallo di spazio rimane lo stesso, ma le coordinate di tale intervallo variano a causa della precessione. Quando la Terra raggiunge un certo punto il 10 agosto, 70 anni dopo lo raggiunge l’11 agosto, 140 anni dopo il 12 agosto e così via, perché il sistema di coordinate su cui si basa il calendario slitta lentamente in avanti, verso ovest. Per lo stesso motivo, all’inizio della primavera il Sole si trova nella costellazione dei Pesci, ma prima di Cristo si trovava nell’Ariete e dal prossimo secolo sarà nell’Acquario. Sempre a causa della precessione, con i millenni cambia anche la posizione del Polo nord celeste, che nella nostra epoca punta una direzione vicina a quella della stella Polare.
87
LE PRIME GALASSIE E LE PRIME STELLE CON IL WEBB TELESCOPE
Il 12 luglio finalmente abbiamo potuto vedere la prima immagine dello spazio profondo fornita dal Webb Telescope e confrontarla con quella fornita precedentemente dal telescopio spaziale Hubble. Grazie alla possibilità di osservare nel vicino e medio infrarosso, si sono potute vedere galassie invisibili a Hubble a causa del redshift cosmologico che arrossa la loro emissione.
Per catturare la loro luce ha dovuto sfruttare le lenti gravitazionali generate da ammassi di galassie o è stato capace catturare la luce senza questi aiuti?
Vedremo con il Webb le prime galassie e soprattutto le prime stelle (le sfuggenti di Popolazione III) o per vederle dobbiamo aspettare un altro telescopio ancora più potente?
Potrebbe essere necessario per vedere con il Webb le prime stelle un allineamento perfetto fra sorgente-lente-osservatore prodotto da un grande ammasso di galassie che implicherebbe una grande amplificazione della luce?
88 A CURA DI PIERO STROPPA
DI SALVATORE PELLEGRINO D.
DI GIUSEPPE DONATIELLO
Il Webb presenta una superficie di raccolta luce circa sette volte maggiore di quella di Hubble, e questo è un bel passo in avanti. Pertanto, è più portentoso di Hubble, grazie alla maggiore potenza sia per raccolta luce che per risoluzione. Il confronto tra le immagini degli stessi soggetti permette già di apprezzare notevoli differenze. Sull’ammasso Smacs 0723 (vedi foto nella pagina a fianco) è emersa una maggiore visione dei dettagli in tutti gli oggetti presenti nel campo, così come nella profondità della stessa con la presenza di sorgenti assenti nella prima. In verità, un confronto tra Hubble e Webb è leggermente improprio, perché i due strumenti operano in regioni spettrali leggermente differenti, ma sono anche figli di tecnologie diverse, dato che Hubble utilizza elettronica risalente agli anni 80-90. Tutto questo si traduce nella possibilità di ottenere immagini di qualità in tempi molto più brevi: la ripresa dell’Ultra Deep Field di Hubble aveva richiesto giorni, mentre l’immagine di Smacs 0723 è stata ottenuta dal Webb in sole 12 ore. Gli astronomi si aspettano pertanto che Webb riesca a scorgere le luci di sorgenti a ridosso dell’Era Oscura, stirate dall’espansione cosmica nell’infrarosso. La scelta di far operare il telescopio in tale banda spettrale deriva anche da questo. Hubble ha mancato la rilevazione della fantomatica Popolazione III, ma
potrebbe riuscirci il Webb. Questo non significa che si debba guardare necessariamente a distanze cosmologiche, poiché tali stelle potrebbero trovarsi anche in galassie vicine. Di recente ha destato clamore la mia scoperta della galassia nana ultradebole Pegasus V (al centro nella foto in alto, ripresa dal Gemini Observatory).
È un lontano satellite di M31 ma leggermente più vicino a noi, che sembra essere una reliquia dell’era della reionizzazione. Pegasus V si è formata molto presto e altrettanto presto ha smesso di produrre stelle. Le sue stelle a bassissima metallicità si sono formate con gas contaminato dalle primissime stelle, compresa la Popolazione III. Stelle che avevano in genere masse enormi e che sono quasi tutte esplose dopo pochi milioni di anni. Ma qualcuna di piccola massa potrebbe essere sopravvissuta sino alla nostra epoca. Il Webb dovrebbe essere in grado di registrare queste debolissime nane rosse e di analizzare il contenuto delle loro atmosfere (magari indagando proprio Pegasus V). Saranno certamente sfruttate le lenti gravitazionali per sbirciare più a fondo nello spazio-tempo.
Questi “telescopi cosmici” amplificano le sorgenti più lontane e consentono di spingersi sino all’alba cosmica, intorno a 13 miliardi di anni fa (vedi l’articolo a pag. 38). Di allineamenti ottimali ce ne sono tantissimi e sicuramente sarà fatto.
89 R.
ANCHE I PLANETARI DICONO NO ALL’ INQUINAMENTO LUMINOSO
IL 29 OTTOBRE LA GIORNATA NAZIONALE DI SENSIBILIZZAZIONE AL RISPETTO DEL CIELO
Il 29 ottobre si svolgerà la XXX edizione della Giornata Nazionale sull’Inquinamento luminoso, per sensibilizzare il grande pubblico sulle conseguenze dell’eccessivo utilizzo di luce artificiale. La Giornata nacque su iniziativa dell’Unione astrofili bresciani, con il patrocinio di molte associazioni legate all’osservazione del cielo, tra cui l’associazione Amici dei Planetari, che oggi, divenuta PLANit, continua a sostenere l’iniziativa. I planetari possono giocare un duplice ruolo per questa Giornata. Innanzitutto, sono i luoghi in cui anche chi abita in una grande città può vedere un cielo perfetto, sia pure artificiale, privo di inquinamento luminoso. La tecnologia di un
planetario ci restituisce così, in modo paradossale, ciò che la tecnologia stessa ci ha tolto, cioè il cielo stellato, ripristinando un legame tra l’uomo e il cielo.
In più, i planetari possono agire da centri di sensibilizzazione nei confronti di questo problema, che non è affatto trascurabile: già nel 2016, il 99% degli europei viveva sotto un cielo inquinato dalle luci artificiali, e per il 60% di essi il grado di inquinamento era tale da impedire di scorgere la Via Lattea. Per molti di noi, il cielo è purtroppo qualcosa che non fa parte della nostra vita. Invece, l’uomo del passato utilizzava il cielo come uno strumento per orientarsi: alzando lo sguardo, sapeva dove si trovava, che periodo dell’anno fosse
e a quale ora della notte fosse giunto. Il cielo era una mappa geografica, un calendario, un orologio. Ma oggi, con le moderne tecnologie, non ha più rilevanza per queste informazioni.
NON SOLO PRIVAZIONE
DI UN PIACERE
Il problema delle luci artificiali di notte non riguarda solo il piacere di vedere il cielo stellato: la troppa luce artificiale notturna porta con sé danni di diversa natura. Stiamo modificando l’alternanza luce-buio, quasi volessimo allungare le ore di luce per conquistare la notte, ma noi e gli animali abbiamo biologicamente bisogno del buio, per rispettare i ritmi circadiani intrinseci della natura. Stiamo perdendo la bellezza del cielo
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PLANETARI DI LAURA BERTOLLO*
stellato, ma ne abbiamo bisogno per sentirci parte dell’Universo. Altro fattore importante: stiamo sprecando energia non rinnovabile per illuminare inutilmente. L’Italia produce un flusso di luce da illuminazione esterna pubblica che è il triplo pro-capite della Germania; se illuminassimo seguendo il modello tedesco, risparmieremmo due terzi di quanto consumiamo ora. La Giornata sull’inquinamento luminoso è l’occasione per riflettere, responsabilizzare e coinvolgere tutti su una tematica sempre più pregnante di significati. Non solo per gli addetti ai lavori, appassionati astronomi e astrofili che scrutano i pochi lembi di cielo buio ancora visibili: la questione sta toccando sempre più ambiti, dalla
PER APPROFONDIRE
• La pagina di PLANit sull’inquinamento luminoso: bit.ly/3wz7RKZ
• Il sito di Cielo Buio, l’associazione di coordinamento per la protezione del cielo notturno: bit.ly/3AnZgMf
• Il tema dell’Inquinamento luminoso sul sito dell’Unione Astrofili Italiani: bit.ly/3dZ3AKh
• Il sito dell’International Dark-Sky Association: www.darksky.org
15 regioni, con capofila il Veneto (legge 17/2009), e negli anni sono state approvate tre norme tecniche in riferimento all’inquinamento luminoso (UNI 10819, UNI 10439, UNI 9316).
Da marzo 2021 è entrata in vigore la norma UNI 10819 che si occupa, oltre che di impianti di illuminazione stradale e di posti di lavoro in esterno, anche di illuminazione di aree sportive, monumenti e edifici di pregio architettonico, aree residenziali, parchi e giardini. Inoltre, stabilisce i parametri tecnici di controllo per le insegne luminose e i sistemi pubblicitari illuminati.
TANTE INIZIATIVE
PER LA XXX EDIZIONE
» Vista da Cima Grappa verso Venezia: la lucina sopra l’orizzonte è una piattaforma del gas in mare (foto Valter Binotto).
salute all’economia. E proprio su questo lavoro che possono intervenire i planetari, insieme agli osservatori astronomici, offrendo possibilità di riflessione al mondo dell’educazione e a tutti i cittadini, sempre più chiamati a essere responsabili e attori protagonisti per uno stile di vita sostenibile.
Per limitare l’inquinamento luminoso occorre intervenire sui sistemi di illuminazione pubblica, ma è utile informare anche i privati, perché evitino all’esterno delle abitazioni l’uso di fonti di luce abbaglianti o disperdenti. Le leggi che in Italia cercano di tutelare il cielo oggi sono ancora limitate al livello regionale, con differenti validità. Attualmente sono attive leggi specifiche in
Oltre alle diverse iniziative che saranno lanciate localmente per diffondere la cultura del rispetto del cielo, quest’anno PLANit fornisce ai suoi soci una presentazione che potrà essere utilizzata nel corso delle attività del 29 e 30 ottobre.
Al suo interno vi sono dati scientifici, suggerimenti e spunti divulgativi su questo tema.
Il poeta Ovidio nel libro primo delle sue Metamorfosi (8 d.C.), raccontava del dono dato dagli dèi all’uomo: “… e mentre gli altri animali curvi guardano il suolo, all’uomo diede viso al vento e ordinò che vedesse il cielo, che fissasse, eretto, il firmamento”. Non dimentichiamolo.
*LAURA BERTOLLO
LAUREATA IN BIOLOGIA SI OCCUPA DI DIDATTICA/DIVULGAZIONE DELL’ASTRONOMIA DA DECENNI, È MEMBRO DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI PLANIT, L’ASSOCIAZIONE DEI PLANETARI ITALIANI.
91 PLANETARI
GRUPPO ASTROFILI
MONTI LEPINI
L’IMPEGNO DELL’ASSOCIAZIONE PER LA PROMOZIONE DELLE SCIENZE NELLA PROVINCIA DI ROMA
Si apre un nuovo periodo di intense attività divulgative per il Gruppo Astrofili Monti Lepini (Gaml), delegazione territoriale dell’Unione astrofili italiani (Uai) della provincia di Roma. A ottobre l’associazione - in prima linea nella promozione della cultura astronomica - sarà alle prese con gli ultimi laboratori scientifici della Notte europea dei ricercatori 2022, organizzerà eventi dedicati alla Luna nell’ambito dell’iniziativa International Observe The Moon Night e tante serate osservative, per offrire al pubblico di adulti e bambini occasioni uniche per scoprire le meraviglie del cielo sotto la guida di esperti. Il Gaml punta inoltre a lanciare - sempre a ottobre - un corso di astronomia avanzato, che sarà il
seguito del corso base di astronomia organizzato in modalità online durante la pandemia. Vincenzo Gagliarducci, presidente del Gaml, ci parla dei progetti in cantiere, della storia dell’associazione e di tutte le attività portate avanti con grande successo ed entusiasmo.
QUANDO NASCE L’ASSOCIAZIONE?
Il Gaml nasce ufficialmente nel 2004, ma il primo nucleo di astrofili risale al 1988, periodo in cui io e tanti altri giovani studenti universitari appassionati di astronomia ci
*AZZURRA GIORDANI GIORNALISTA, È MEMBRO DELLO STAFF DI COMUNICAZIONE DELL’UNIONE ASTROFILI ITALIANI.
incontravamo per parlare di cielo e di progetti futuri. Nel dicembre 1997 abbiamo organizzato il primo evento pubblico: una mostra sulle comete, complice il passaggio della Hale-Boop che aveva dato spettacolo nei mesi precedenti. Per il trentennale dello sbarco dell’uomo sulla Luna, abbiamo invece allestito una mostra sul nostro satellite naturale e, nello stesso anno, abbiamo organizzato una gita oltralpe per l’osservazione dell’eclisse totale di Sole. Nel frattempo, abbiamo tenuto incontri e seminari divulgativi sia per il grande pubblico che per le scuole. La nostra missione – riportata nel nostro statuto – è promuovere l’astronomia, la radiostronomia e le altre scienze. Ormai sono oltre 30 anni che ci impegniamo a farlo, con la passione e dedizione di sempre.
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UAI INFORMA A CURA DI AZZURRA GIORDANI*
QUAL È LA VOSTRA SEDE E COME È EQUIPAGGIATA?
Dal 2008 gestiamo un Osservatorio astronomico realizzato dal Comune di Gorga, un piccolo paese sui Monti Lepini a sud di Roma. Nel 2015 all’Osservatorio è stato affiancato il Planetario, formidabile strumento di simulazione del cielo. Questa struttura scientifica rappresenta la nostra sede operativa, dove svolgiamo la maggior parte delle nostre attività. L’Osservatorio è dotato di un telescopio riflettore Ritchey-Chrétien da 50 cm di diametro f/8, di un telescopio rifrattore apocromatico da 150 mm f/8 e di un telescopio solare Lunt (ultimo acquisto) da 100 mm. A questi strumenti si aggiungono altri telescopi mobili che utilizziamo come supporto alla divulgazione.
CHE COSA OFFRITE AL PUBBLICO DI APPASSIONATI E CURIOSI DEL CIELO?
Il nostro impegno, nel rispetto degli scopi statutari, è svolgere almeno un evento di divulgazione al mese, aderendo ai progetti promossi dalla Uai o da altre istituzioni o associazioni, sia nazionali che internazionali. Ci sono poi gli eventi ideati da noi e che ormai sono diventati appuntamenti tradizionali nel nostro programma, come la nottata dedicata al Solstizio estivo, la giornata dedicata al Sole ad agosto e quella dedicata alle Geminidi a dicembre.
Svolgiamo le nostre attività per lo più presso l’Osservatorio e il Planetario di Gorga, ma nel corso dell’anno organizziamo eventi o partecipiamo ad iniziative presso biblioteche e altre
location in zona. Durante la pandemia abbiamo organizzato corsi e seminari in modalità online.
VI RIVOLGETE ANCHE ALLE SCUOLE?
La nostra attività è indirizzata anche alle scuole, con lo scopo principale di coltivare le nuove leve per portare avanti la passione e lo studio per l’astronomia. Siamo stati penalizzati come tutti dal periodo pandemico. Ma prima del 2020 abbiamo accolto numerose scuole presso la nostra struttura, abbiamo svolto attività di Pcto, ex alternanza scuola-lavoro, e abbiamo allestito mostre didattiche presso i locali degli istituti scolastici e un’esposizione permanente, che arricchiamo di anno in anno, presso la nostra sede e che fa parte dell’offerta divulgativa sia per i piccoli che per i grandi. Quest’anno abbiamo in parte ricominciato a offrire attività didattiche e contiamo di ripartire a pieno ritmo nell’anno scolastico 2022-2023.
A QUALI ALTRE ATTIVITÀ VI DEDICATE?
Finora siamo stati molto impegnati per lo più in ambito divulgativo, ma abbiamo intenzione di realizzare programmi di ricerca nell’ambito della spettroscopia e delle stelle variabili, tempi e risorse permettendo. Al momento è attiva presso l’Osservatorio una stazione per il monitoraggio degli sciami meteorici, ricerca che conduciamo mediante il metodo del forward scattering, il radioascolto dei segnali radio riflessi dalle meteore che entrano in atmosfera. La nostra stazione radio è in funzione 24 ore al giorno ormai da oltre 6 anni.
Da qualche anno abbiamo anche una camera, che opera nel visibile, del progetto Prisma, gestito dall’Istituto nazionale di astrofisica. Non siamo ancora nella rete del progetto, ma contiamo di entrarci a breve. Durante i nostri eventi, sensibilizziamo inoltre il pubblico sul tema dell’inquinamento luminoso, un problema spesso sottovalutato.
C’È UN EVENTO ASSOCIATIVO CHE RICORDA CON MAGGIORE ENTUSIASMO?
Ci sono molti momenti da ricordare e che hanno lasciato un segno. Se ne devo descrivere uno penserei al primo evento dedicato al Solstizio estivo: un’iniziativa nata quasi per scherzo e che ormai è entrata stabilmente nel programma annuale. Si inizia la sera, con la lezione al Planetario, a cui segue l’osservazione del cielo e poi si aspetta il sorgere del Sole, in compagnia di musica dal vivo e di una scenografia realizzata per l’occasione. All’inizio eravamo in dieci, adesso circa un’ottantina di persone partecipano all’iniziativa, giunta alla sua settima edizione.
QUALI SONO I VOSTRI PROGETTI PER IL FUTURO?
Vogliamo riprendere a fare attività come nel periodo pre-pandemia, come tutti. Abbiamo inoltre l’intenzione di iniziare a svolgere attività di ricerca grazie all’acquisto di nuova strumentazione astronomica. Infine, vogliamo creare un gruppo giovani a cui lasciare, un giorno, il testimone per continuare lo studio e la diffusione dell’astronomia e, magari, per raggiungere obiettivi ben più ambiziosi dei nostri.
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» Sopra: la strumentazione dentro la cupola dell’Osservatorio di Gorga. In aperura: i raggi del Sole che passano attraverso la scenografia realizzata per il solstizio d’estate del 2019.
BELLINO (CN)
SERATA ASTRONOMICA
31 OTTOBRE, ORE 21:00
Gli esperti dell’Associazione astrofili Bisalta aprono al pubblico l’Osservatorio astronomico per offrire una serata alla scoperta delle meraviglie del cielo. bit.ly/3K62GYG
VERONA
LE ONDE GRAVITAZIONALI
21 OTTOBRE, ORE 21:00
Conferenza a cura di Mario Spera (Scuola internazionale di studi superiori avanzati) presso la sede del Circolo astrofili veronesi, via Filippo Brunelleschi 12. bit.ly/3K8fOwk
CALDOGNO (VI)
ASTRONOMIA IN VILLA
1° OTTOBRE
Una giornata dedicata all’astronomia presso la Villa Caldogno, con un programma di attività per adulti e bambini, a cura del Gruppo astrofili vicentini. bit.ly/3c88xA1
LONGIANO (FC)
LA NOTTE DELLA LUNA
1° OTTOBRE, ORE 21:00
Serata astronomica presso la Rocca Malatestiana dedicata alla scoperta e all’osservazione al telescopio della Luna, a cura dall’Associazione astronomica del Rubicone. bit.ly/3AahGQL
EVENTI SOTTO IL CIELO DI OTTOBRE Segnalate eventi, mostre, star party a stroppa@bfcmedia.com 94 EVENTI A CURA DI AZZURRA GIORDANI ATTENZIONE: SI CONSIGLIA DI VERIFICARE LA CONFERMA DEGLI EVENTI SUI SITI INDICATI
ROCCA DI PAPA (RM)
NIGHT STAR WALK
22 OTTOBRE, ORE 20:30
Passeggiata notturna nei dintorni del Parco astronomico “Livio Gratton” per osservare il cielo stellato sotto la guida degli esperti dell’Associazione tuscolana di astronomia (foto S. Schutzmann). bit.ly/3Ax20bB
NAPOLI
MOSTRE E SPETTACOLI
NEL PLANETARIO
DA MARTEDÌ A DOMENICA
Città della Scienza propone al pubblico di adulti e bambini gli spettacoli Robot explorer e Dalla Terra all’Universo, la visita alle sale espositive e attività laboratoriali durante i weekend. bit.ly/3CmkUmY
LIVORNO
SOVICILLE (SI)
VISITE ALL’OSSERVATORIO ASTRONOMICO
14 E 28 OTTOBRE, ORE 21:30
I soci dell’Unione astrofili senesi offrono ai visitatori dell’Osservatorio astronomico di Montarrenti osservazioni guidate del cielo notturno ai telescopi. bit.ly/3AwPw3I
IMMAGINI DALL’UNIVERSO
DAL 2 AL 30 OTTOBRE
Mostra di astrofotografia presso il Museo di Storia del Mediterraneo, a cura dell’Associazione livornese scienze astronomiche. info@alsaweb.it
BACOLI (NA)
I PIANETI GIGANTI E LA VITA
14 OTTOBRE, ORE 20:00
Conferenza multimediale dell’astrofisico Giovanni Covone presso la biblioteca “Plinio il Vecchio”, abbinata all’osservazione del cielo al telescopio, a cura dell’Unione astrofili napoletani. bit.ly/3Ax28YD
BARI
SPETTACOLI AL PLANETARIO
OGNI WEEK-END
Con la cupola di 15 metri di diametro e tecnologia tra le più sofisticate d’Europa, il planetario offre spettacoli ricchi di suggestioni ed effetti speciali per viaggiare nel cosmo (foto Pixabay). bit.ly/3pv1AvZ
EVENTI 95
SULLE ORIGINI DELLA VITA, DEL SIGNIFICATO E DELL’UNIVERSO
SEAN CARROLL
TORINO, EINAUDI, 2021
PAGINE 520 + XV - FORMATO 16 X 24 CM
PREZZO € 36,00
L’astronomia ci pone da sempre di fronte a grandi domande; non solo quelle relative ai corpi celesti, ma anche alla nostra stessa esistenza. Qual è il nostro posto nell’Universo? Esistono altre forme di vita oltre a quella terrestre? Dove stiamo andando?
Per rispondere a queste e ad altre domande, oggi la scienza ha a disposizione molti strumenti di primo livello, che comprendono telescopi e altri strumenti di osservazione e misura estremamente raffinati, ai quali si affianca un complesso apparato teorico per analizzare e interpretare i risultati delle osservazioni e dei dati raccolti. Affrontare la complessità dell’Universo, dal mondo subatomico fino alla dimensione cosmologica, è una sfida che si colloca in un contesto molto complesso e articolato, come ci racconta questo nuovo saggio di Sean Carroll, dal titolo e dal contenuto senza dubbio ambiziosi e affascinanti.
Gli attori in questo percorso di scoperta sono moltissimi, a partire dall’umanità stessa, che ha sviluppato il pensiero e il metodo scientifico, capaci di affrontare la complessità del mondo che ci
circonda e di creare teorie come la meccanica quantistica, alla base della nostra moderna conoscenza della fisica fondamentale. Con il suo ampio respiro, il saggio mette bene in luce l’esperienza pluriennale dell’autore sia come ricercatore che come divulgatore. Sean Carroll lavora al California Institute of Technology di Pasadena. Fisico teorico, è autore di libri di testo universitari ed è un apprezzato divulgatore scientifico, con testi tradotti in tutto il mondo.
In questo saggio ponderoso, i temi scientifici sono accompagnati dalle sue riflessioni personali, che ci aiutano a comprendere anche il punto di vista dello scienziato moderno di fronte alle grandi domande sulla scienza e sul significato della vita. Un obiettivo indubbiamente ambizioso, che l’autore affronta in modo molto interessante, fornendoci così molti spunti di riflessione per capire il nostro ruolo e la nostra importanza nel grande panorama del cosmo.
Massimiliano Razzano
EROI INTERSTELLARI
PAOLO FIZZAROTTI E GIOVANNI MUCCI
PASIAN DI PRATO (UD), L’ORTO DELLA CULTURA, 2022 PAG. 125 CON DISEGNI E VIGNETTE A COLORI)
FORMATO 25 X 18 CM - PREZZO € 23,00
Dal primo volo orbitale di Gagarin, nel 1961, tante realtà sono cambiate, non solo in ambito tecnologico, ma anche nella stessa figura dell’astronauta. I pionieri dello spazio erano tutti piloti militari collaudatori; poi il mestiere si è evoluto, arrivando all’astronauta scienziato: “Quando fui selezionato la prima volta, un giornalista mi presentò come l’astronauta della porta accanto Appassionato di scienza, questa citazione demitizzante del mio futuro ruolo di esploratore globale la trovai geniale”. Lo racconta il primo astronauta italiano, Franco Malerba, nella prefazione di questo libro scritto dal giornalista Paolo Fizzarotti e illustrato da Giovanni Mucci, con l’introduzione di Roberto Marcialis, dell’Area Ricerca del Cnr di Genova, e Linda Raimondo. Il loro lavoro può essere considerato un’ottima integrazione ai testi scolastici. Lo stile, i contenuti e le immagini, a cui si aggiungono le simpatiche vignette di Mucci, ne fanno un prezioso libro per ragazzi che ripercorre in 125 pagine tutta la storia dell’astronautica e
quella personale degli eroi dello spazio, compresi i sette italiani che finora sono stati in orbita. E hanno accumulato complessivamente 14 missioni dal 1992, fino a quella recentissima di Samantha Cristoforetti. Eroi interstellari passa anche in rassegna curiosità, scaramanzie e aneddoti delle imprese spaziali, pur mantenendo il rigore del racconto e l’impeccabilità nelle biografie degli astronauti. Una vera chicca è la parte dedicata alla missione di Aleksej Leonov, il primo “passeggiatore spaziale”, e alle sue disavventure spaziali. Tutti eroi che a rigore non sono “interstellari”, poiché non hanno superato i confini del Sistema solare (e solo quelli che hanno raggiunto la Luna possono essere definiti “interplanetari”), ma che ci piace definire così, perché sogniamo che il destino dei futuri esploratori del cosmo sia proprio quello, in stile Star Trek (se non saranno sostituiti dai robot…), di apripista per un’espansione dell’umanità nello spazio.
Antonio Lo Campo
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