35 GENNAIO 2023 IL FUTURO ARRIVA DAI QUASAR ADRIANO GHEDINA ECCO LA COMETA ZTF CIELO E SPAZIO DEL 2023 MEXICO 2024: IN VIAGGIO PER L’ECLISSE
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La Luna è più vicina
Scrivo questo editoriale, nuovamente dedicato alla Luna, subito dopo l’ammaraggio della capsula Orion nell’Oceano Pacifico che ha felicemente concluso la missione Artemis I. Nulla era scontato in questa avventura: non la partenza – che infatti ha subito innumerevoli rinvii per i problemi del razzo Space Launch System di cui abbiamo dato conto negli ultimi mesi – non le manovre effettuate in orbita lunare e nemmeno il ritorno, che è avvenuto in un modo inusuale per una navicella che dovrà ospitare esseri umani e non semplici manichini. La traiettoria di rientro della Orion (Lunar Return Skip Entry) prevede infatti un’entrata in atmosfera con un angolo che permetta un “rimbalzo” nello spazio e un secondo successivo ingresso in modo da spezzare e ammortizzare l’accelerazione subita dalla capsula, che è inevitabilmente più alta rispetto a un qualsiasi ritorno dalla Stazione spaziale. Tutto sembra andato per il meglio, compreso il funzionamento dello scudo termico, dei paracadute e dei sistemi di controllo e supporto vitale anche se ovviamente ogni aspetto dovrà essere analizzato con cura per evitare che qualche particolare sia stato sottostimato, del resto è noto che il diavolo si nasconde fra i dettagli. Adesso possiamo iniziare il conto alla rovescia per le missioni successive che avranno equipaggi a bordo, attualmente previste rispettivamente per il 2024 – Artemis II, che prevede il sorvolo della Luna stile Apollo 8 ma non la discesa – e per il 2025 – Artemis III, il vero e proprio ritorno degli astronauti sulla superficie lunare. Difficile dire se questi programmi verranno rispettati alla lettera; di certo, la felice conclusione di Artemis I non ha aggiunto problemi a una tempistica obiettivamente molto difficile da rispettare e che prevede anche la messa in orbita cislunare della stazione spaziale Lunar Gateway e la piena operatività della Starship Human Landing System di Elon Musk, il veicolo che dovrà materialmente far atterrare, anzi allunare, gli astronauti sul nostro satellite naturale. In queste notti, però, la Luna ci sembra davvero più vicina e per una volta non è perché si trova al perigeo.
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DI WALTER RIVA
EDITORIAL 1
ANNO 5 - NUMERO 35
mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n° 137 del 6 giugno 2019
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36 TEMA
UN
VERAMENTE
42 CIELO
TERRA LA TERRA
46 PERSONAGGI LUIGI
DA
Inquadra
52 FENOMENO DEL MESE ECCO
56 CIELO DEL
64 OSSERVAZIONI NAVIGANDO
68 L’ORA
LA
DEI
EXPERIENCES 70 STRUMENTI I RIFRATTORI
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74 LE VOSTRE STELLE 82 COSMO
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86 DOMANDE
RISPOSTE 88 PLANETARI CENTO
DI STELLE 90 UAI
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94 RECENSIONI ANDIAMO
CON
SPACE PROGRAM SPAZIO 4 APPUNTAMENTI GREAT NORTH AMERICAN ECLIPSE 6 SPACE NEWS 14 RITORNO ALLA LUNA 16 CIELO E
DEL 2023 22 COVER STORY IL FUTURO ARRIVA DAI
28 LA LUNA E OLTRE UN
A VENERE 34 IL COSMO
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CONTENTS UNIVERSO
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“BOAT”
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AL PERIELIO
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BOLOGNA ALLA NASA
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LA COMETA ZTF
MESE
LUNGO L’ERIDANO
DI ASTRONOMIA
DANZA COSMICA
BUCHI NERI
ACROMATICI
FOCALE
KID
COMETA NEL FREEZER
E
ANNI SOTTO CUPOLE
INFORMA
ASTROFILI ANTARES
NELLO SPAZIO
KERBAL
SPAZIO
QUASAR
NUOVO SGUARDO
DI MALERBA
GREAT NORTH AMERICAN ECLIPSE
UN GRANDE VIAGGIO DI COSMO IN MESSICO PER ASSISTERE ALL’ECLISSE TOTALE DI SOLE
L’8 aprile 2024 il Sole sarà eclissato totalmente dalla Luna: il fenomeno sarà visibile in Messico e America del Nord e la fascia della totalità attraverserà in diagonale il continente dal Messico del nord fino alle regioni atlantiche del Canada. Per questo è stata nominata la Great North American Eclipse
LA MAGIA DELL’ECLISSE
Mentre la Terra orbita intorno al Sole, la Luna orbita intorno alla Terra e per la combinazione di questi moti orbitali, può accadere che la Luna si trovi allineata tra la Terra e il Sole. Nelle condizioni più fortunate in cui si verifica questo fenomeno, il disco lunare copre esattamente quello solare e si ha una eclisse totale di Sole Durante la totalità dell’eclisse, si rendono visibili la cromosfera, le protuberanze e la corona solare. Lo spettacolo non ha pari per gli occhi e per il vertiginoso accavallarsi
dei pensieri di stupore di chi osserva. Non solo: verificandosi un rilevante oscuramento del cielo, si rendono visibili per qualche minuto anche le stelle più luminose e i pianeti. Durante questa eclissi, in particolare, saranno ben visibili l’ammasso delle Pleiadi e tutti i pianeti visibili a occhio nudo: Giove, Mercurio, Venere, Saturno e Marte. Cosmo desidera condividere questa eccezionale occasione con i suoi lettori, organizzando un viaggio di una settimana in Messico, precisamente nella cittadina di Nazas nello stato di Durango, dove si avrà la durata massima dell’eclisse di 4 minuti e 28 secondi. La zona prescelta ha potenzialmente le caratteristiche climatiche e ambientali migliori per l’osservabilità del fenomeno. A un’altezza di circa 1250 metri s.l.m, sulle rive del fiume Nazas, il sito presenta un clima secco e un ambiente steppico. Nel mese di aprile la copertura nuvolosa e le precipitazioni sono praticamente assenti e le
temperature medie giornaliere sono dell’ordine di 27-30 °C. Il programma di viaggio prevede il volo in partenza da Milano, con scalo a Città del Messico, per giungere infine a Torrèon, città scelta per i pernottamenti. Le giornate che precedono l’eclisse saranno ricche di conferenze e osservazioni astronomiche notturne, grazie a una serie di strumenti messi a disposizione dagli sponsor e guidate da validissimi esperti. A questo si aggiungeranno possibili escursioni naturalistiche nei dintorni, dove si trovano il Cañón de Santa Elena, il Desierto Médanos de Samalayuca e il Monumento Natural Río Bravo del Norte. In queste pagine di Cosmo definiremo nei prossimi numeri il programma e i prezzi, che potranno essere consultati anche nella pagina dedicata nel nostro sito bfcspace.com/ category/mexico-2024/. Invitiamo i lettori potenzialmente interessati al viaggio a comunicarcelo all’indirizzo eclisse2024@bfcspace.com
4 APPUNTAMENTI A CURA DELLA REDAZIONE
Insieme a un gruppo di esperti che terranno conferenze e osservazioni guidate del cielo. Programma del viaggio su Bfcspace.com/category/mexico-2024 I posti sono limitati! Invia la manifestazione di interesse a eclisse2024@bfcspace.com ORGANIZZA UN GRANDE VIAGGIO PER ASSISTERE ALLA GREAT NORTH AMERICAN ECLIPSE APRILE 2024
SPACE 6 NEWS SUMMARY UN SERPENTE DI GAS SI AGGIRA SUL SOLE 1 SPACE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE 6 I CUBESAT DI ARTEMIS I 4 LE FOTO LUNARI DI ARGOMOON 3 MAP OF THE UNIVERSE UNA MINIERA D’ORO FRA LE STELLE 2 5 CINQUE NUOVI ASTRONAUTI ESA
IL BUCO NERO PIÙ VICINO
La totalità dei circa cinquanta buchi neri di massa stellare che conosciamo è stata scoperta grazie all’emissione di raggi X da parte della materia che hanno strappato alla stella compagna. Materia che, ruotando nel disco di accrescimento intorno all’oggetto collassato, si scalda fino a raggiungere temperature intorno al milione di gradi. Studiando l’emissione ottica della stella compagna, ci si rende conto che questa orbita intorno a un oggetto invisibile, la cui massa può essere calcolata con le leggi di Keplero. Nel caso in cui questo oggetto abbia una massa superiore a tre masse solari, si è di fronte a un candidato buco nero.
I sistemi binari stretti, dove le due componenti sono vicine, offrono le condizioni migliori per il trasferimento di materia e la formazione di un disco di accrescimento. Nel caso di un sistema binario con i due componenti distanti, per il buco nero sarà più difficile formare un disco di accrescimento e quindi, pur esercitando la sua attrazione gravitazionale sulla stella compagna, sarà un “buco nero dormiente” (dormant black hole).
Per cercare sistemi di questo tipo, bisogna misurare con grande precisione il movimento delle stelle per isolare i casi più promettenti. È quello che ha fatto l’astrofisico Kareem El-Badry, usando i dati della terza release del satellite astrometrico Gaia, che contiene 2 miliardi di stelle, 170mila delle quali presentano oscillazioni che dimostrano la loro appartenenza a un sistema binario. La maggioranza di questi sistemi è composta da stelle normali, ma una stella di tipo solare (chiamata Gaia BH1) aveva un comportamento anomalo che è stato poi studiato in dettaglio con il telescopio Gemini, rivelando che descriveva un’orbita ellittica con un periodo di 186 giorni intorno a un compagno invisibile di oltre 9 masse solari. Dato che Gaia ha misurato una distanza di 1570 anni luce della compagna luminosa (una stellina di 14-esima magnitudine nella costellazione di Ofiuco), questo oggetto compatto “addormentato” è attualmente il buco nero più vicino a noi, oltre a essere il primo a non essere stato scoperto nei raggi X.
Vedi in alto un’elaborazione di Giuseppe Donatiello della Sdss DR9 e inquadra il QR per un video di Media-Inaf dedicato a questa scoperta.
Patrizia Caraveo
7 START
NEWS SPACE
UN SERPENTE DI GAS SI AGGIRA SUL SOLE
Lo scorso 5 settembre la sonda Solar Orbiter dell’Esa ha ripreso un immenso “serpente di gas” che si è aggirato sulla superficie solare. Si trattava di un tubo di plasma “freddo”, sospeso da campi magnetici nel gas ionizzato circostante più caldo proveniente dall’atmosfera solare. Il “serpente” ha seguito un filamento particolarmente lungo del campo magnetico solare che si estendeva da un lato all’altro del Sole ed è stato ripreso nell’ultravioletto dall’Extreme Ultraviolet Imager di Solar Orbiter. Il gas ha impiegato circa tre ore per completare il suo viaggio, alla velocità di circa 170 chilometri al secondo Il fenomeno ha preso il via da una regione solare attiva dove si è verificata una emissione di massa coronale, una grande esplosione che ha provocato la perdita di miliardi di tonnellate di plasma nello spazio. Secondo gli scienziati, il serpente di gas potrebbe essere stato un precursore di questo violento evento. Il plasma prodotto da questo fenomeno è stato captato dalla sonda Parker Solar Probe della Nasa, che ne ha analizzato il contenuto. Osservare queste eruzioni e campionare i gas espulsi è uno degli obiettivi di queste sonde, grazie alle quali sarà possibile sviluppare una migliore comprensione dell’attività solare e del modo in cui essa influenza lo space weather, che ha effetti sulle tecnologie terrestri e spaziali. Inquadra il QR per vedere il timelapse del serpente solare.
UNA MINIERA D’ORO FRA LE STELLE
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Notre Dame e dell’Università di Tohoku ha rivelato una regione nella nostra Galassia dove si nascondono delle fucine auree. Si tratta di stelle ricche d’oro, astri con un’abbondanza di elementi pesanti oltre al ferro, compresi gli elementi rari come, appunto, oro e platino. Nel corso delle osservazioni con vari telescopi mondiali, sono state scoperte centinaia di stelle ricche d’oro. Tuttavia, rimaneva un dove e come queste stelle si fossero formate. Grazie all’avanzare degli studi, è stato scoperto che la maggior parte di queste stelle ebbe origine in piccole galassie progenitrici della nostra, oltre dieci miliardi di anni fa. Alcune di esse contenevano grandi quantità di elementi pesanti, generati dagli eventi di fusione di stelle di neutroni (un fenomeno tipico di nucleosintesi di elementi pesanti) che hanno incrementato l’abbondanza di questi elementi nelle piccole galassie, i mattoni della nostra amata Via Lattea. Come paleontologi, gli astronomi studiano i resti del passato per capire il presente, raccontandoci la tumultuosa storia della nostra Galassia, del Sistema solare e del nostro pianeta, nel cui nucleo ci sono abbastanza metalli preziosi da poter coprire l’intera superficie terrestre con uno strato spesso quattro metri M.S.E.
8 SPACE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE
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DOVE TROVO COSMO IN EDICOLA?
Spesso riceviamo lamentele dai lettori che non trovano COSMO in edicola e chiedono dove poterla acquistare. Non è facile rispondere a queste domande ed esaudire le richieste, perché la distribuzione della rivista segue un percorso automatizzato sul quale non è facile intervenire. Un problema è che il numero delle copie stampate di COSMO è inferiore a quello delle edicole italiane e quindi è inevitabile che la rivista sia presente solo nelle edicole principali. Il primo consiglio è quello di sottoscrivere un abbonamento (bit.ly/3R7AcQe) per avere la certezza di ricevere la rivista con continuità, risparmiando sul prezzo di copertina e con la disponibilità della versione digitale che non è soggetta ai ritardi postali. Il secondo consiglio è quello di acquistare la rivista sempre nella stessa edicola e senza interruzioni: COSMO è come una serie TV, di cui occorre seguire tutte le puntate!
Per saperne di più e per cercare di venire incontro alle esigenze dei lettori, abbiamo pensato di svolgere un’indagine rivolta a coloro che acquistano COSMO in edicola, per cercare di far avvicinare di più la rivista a chi la desidera acquistare in formato cartaceo.
Per partecipare all’indagine, basta compilare il modulo che si trova all’indirizzo: bit.ly/3SGvk68 (inquadra il QR code per accedere direttamente al modulo).
Oppure si può fotocopiare il modulo riportato qui sotto, compilarlo e spedirlo in busta chiusa a: Redazione di COSMO, c/o BFC, via Melchiorre Gioia 55, 20124 Milano
Grazie per la collaborazione!
INDAGINE SULLA DISTRIBUZIONE DELLA RIVISTA
E
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MAP OF THE UNIVERSE
La Johns Hopkins University ha realizzato una grande mappa interattiva dell’Universo, che si può consultare e navigare all’indirizzo mapoftheuniverse.net, consentendoci di spostarci lontano nello spazio – e dunque indietro nel tempo, per 13,7 miliardi di anni – fino all’epoca della “ricombinazione”, appena 380mila anni dopo il Big Bang. A partire da qui e ora, cioè dalla nostra Galassia oggi, che nella mappa interattiva a due dimensioni è il vertice d’uno spicchio di 90 gradi e spesso appena 10 gradi. Nel mezzo, fra i due estremi, la posizione effettiva e a colori – dal blu al rosso, in base al redshift – di 200mila galassie, ottenute dai dati
estratti nel corso di due decenni dalla Sloan Digital Sky Survey “Astrofisici di tutto il mondo hanno analizzato questi dati per anni, arrivando a migliaia di articoli scientifici e scoperte. Ma nessuno si è preso il tempo per creare una mappa che sia bella, scientificamente accurata e accessibile a chi scienziato non è. Il nostro obiettivo è mostrare a tutti com’è realmente l’Universo”, ha affermato Brice Ménard della Johns Hopkins, lo scienziato che ha realizzato la mappa con l’aiuto dello studente di informatica Nikita Shtarkman
Inquadra il QR per vedere una presentazione della mappa.
10 SPACE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE
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LE FOTO LUNARI DI ARGOMOON
Unico europeo fra i dieci rilasciati dalla missione Artemis I (vedi a pag. 12), il CubeSat ArgoMoon, realizzato dalla azienda aerospaziale torinese Argotec in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea e l’Agenzia spaziale italiana, è in salute e sta trasmettendo spettacolari immagini della Luna e della Terra. Anche se la sua missione primaria, già conclusa, era di fotografare il secondo stadio del razzo Sls per verificarne l’esatta funzionalità. Dopo il rilascio, ArgoMoon (che ha le dimensioni di 20×30×10 cm e una massa di 14 kg) ha effettuato una manovra con il suo sistema di propulsione miniaturizzato, per correggere la traiettoria ed eseguire un flyby della Luna. Così, il 21 novembre, ha raggiunto i 2064 km dalla superficie lunare e ha scattato autonomamente una serie di immagini della faccia nascosta della Luna (figura).
Il passo successivo della missione di ArgoMoon è effettuare un flyby della Terra per inserirsi in un’orbita geocentrica molto allungata. Alla distanza massima dalla Terra, questa particolare orbita porterà il CubeSat ancora più vicino alla Luna, per continuare a fotografarla con le due ottiche di cui è dotata, una a campo ristretto e una a campo largo.
D.L.
CINQUE NUOVI ASTRONAUTI ESA
Ecco i nuovi astronauti selezionati dall’Agenzia spaziale europea e presentati a Parigi in occasione del Consiglio dell’Esa 2022: Sophie Adenot, 1982, francese, ingegnere specializzata in dinamica del volo e human factors engineering. Pilota certificata di elicotteri, fa parte dell’Aeronautica militare francese. Rosemary Coogan, 1991, inglese, fisica specializzata in matematica, astronomia e programmazione. Fa parte del Royal Naval Reserves
Pablo Álvarez Fernández, 1988, spagnolo, ingegnere aeronautico e aerospaziale con esperienza ad Airbus e Safran.
Raphaël Liégeois, 1988, belga, ingegnere biomedico specializzato in fisica e neuroscienze.
Marco Alain Sieber, 1989, svizzero, laureato in medicina, sergente nelle forze speciali svizzere, pilota.
A loro si aggiungerà il para-astronauta John McFall, 1981, inglese, laureato in medicina e chirurgia, nel 2008 ha vinto la medaglia di bronzo nei 100 metri.
Oltre ai sei astronauti in collaborazione stabile con l’Esa, sono stati selezionati anche undici astronauti di riserva, di cui tre con cittadinanza italiana:
Meganne Christian, 1987, inglese naturalizzata italiana, ingegnere chimico industriale, ha lavorato per il CNR alla base Concordia in Antartide.
Anthea Comellini, 1992, ingegnere aerospaziale con un PhD in Navigation for space rendezvous.
Andrea Patassa, 1991, ingegnere aeronautico, fa parte dell’Aeronautica militare.
NEWS 11 SPACE
D.L. 4
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CUBESAT DI ARTEMIS I
La missione Artemis I (vedi a pag. 14), ha rilasciato una serie di CubeSat, le cui attività presentano alterne fortune:
Biosentinel (Nasa / Ames Research Center) è l’unico a occuparsi di biologia. All’inizio l’assetto era instabile, ma il team è riuscito a riportarlo sotto controllo. A fine dicembre ha iniziato un esperimento sui lieviti.
CuSP (Nasa e Southwest Research Institute) intende studiare la radiazione solare, ma non c’è stato alcun aggiornamento dopo il primo contatto.
Equuleus (Jaxa e Università di Tokyo, figura) ha inoltrato foto della zona equatoriale e della faccia nascosta della Luna. Ora si appresta a raggiungere il punto Lagrangiano L2.
LunaH-Map (Nasa) ha analizzato con uno spettrometro
a neutroni i raggi gamma provenienti dalla Luna, ma il suo sistema propulsivo non funziona.
Lunar IceCube (Nasa / Morehead University) possiede una fotocamera infrarossa per rilevare il ghiaccio lunare, ma non si è avuto nessun contatto dopo la separazione.
LunIR (Lockheed Martin), equipaggiato con un sofisticato sensore all’infrarosso, sta comunicando ma con un segnale molto più debole delle aspettative.
Omotenashi (Jaxa) ambiva ad allunare, ma la sua missione è stata dichiarata fallita il 26 novembre, a causa della perdita di comunicazione.
NEA Scout (Nasa) doveva dimostrare la tecnologia della vela solare, ma non ha mai comunicato con la Terra.
Team Miles, dimostratore tecnologico privato, non ha stabilito nessun contatto. D.L.
12 SPACE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE
I
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RITORNO ALLA
LUNA
DOPO IL SUCCESSO DI ARTEMIS I, LUCE VERDE PER LE MISSIONI LUNARI CON ASTRONAUTI
La missione Artemis I, tanto attesa dopo i molti rinvii giustificati dall’importanza e dalla complessità della missione, si è conclusa con successo.
La capsula che ha raggiunto la Luna lo scorso 22 novembre, è ammarata l’11 dicembre nell’Oceano Pacifico al largo di San Diego.
Si è quindi conclusa, dopo 25 giorni, la prima missione senza equipaggio della capsula Orion, che riporterà gli astronauti verso la Luna. Nella seconda missione, la Artemis II, molto simile come profilo alla prima, avrà quattro astronauti a bordo. Dalla terza, la Orion dovrà “ormeggiare” alla stazione in orbita lunare Gateway, e poi discendere sulla superficie lunare con un veicolo realizzato da SpaceX e derivato dalla Starship, che la compagnia di Elon Musk sta sviluppando e testando. Il lancio notturno del potente razzo vettore Sls, che aveva illuminato a giorno l’area di Merrit Island, in Florida, (all’1.47 ora di Cape Canaveral del 16 novembre), aveva consentito alla Orion e al suo secondo
stadio di collocarsi in orbita terrestre di “parcheggio”, per poi accendere il motore a idrogeno e ossigeno liquidi per sfuggire all’attrazione gravitazionale terrestre e dirigersi verso la Luna.
Dopo poco più di cinque giorni di viaggio, l’astronave Orion realizzata dalla Nasa e dall’Esa ha raggiunto il suo obiettivo. Si è inserita in orbita lunare, per poi iniziare una lunga sequenza di manovre attorno al nostro satellite naturale. Un giorno in più di tempo, rispetto ai tempi delle astronavi Apollo, per via della diversa tipologia di traiettoria translunare.
I contatti radio con la Orion avvenivano a fasi alterne, così come accadeva con le Apollo, per via del passaggio dietro il lato nascosto della
*ANTONIO LO CAMPO
Luna. Il primo flyby, cioè il passaggio radente alla Luna, era avvenuto il 22 novembre, alle 14.00 ora italiana, seguito dalle grandi antenne del Deep Space Network della Nasa. Il giorno prima, la velocità del veicolo spaziale era stata rallentata da 38mila a circa 500 chilometri orari, per potersi inserire nella corretta orbita lunare.
Poi l’orbita si è stabilizzata a 130 chilometri d’altezza, per arrivare in seguito a 1200 chilometri.
Gli applausi dal Centro Nasa di Houston e dai principali centri spaziali di Europa, Canada e Giappone, che prendono parte al Programma Artemis, hanno fatto da sfondo all’arrivo del veicolo spaziale in orbita lunare con a bordo tre manichini carichi di apparati tecnologici, sensori e dosimetri per la misura delle radiazioni.
L’astronave euro-americana ha continuato a orbitare attorno alla Luna, eseguendo le manovre orbitali grazie ai motori d’assetto del modulo Esm I (European Service Module), realizzato dalla Airbus con un contributo delle aziende italiane, da
14 SPACE NEWS DI ANTONIO LO CAMPO*
È UN GIORNALISTA SCIENTIFICO FREELANCE SPECIALIZZATO PER IL SETTORE AEROSPAZIALE E COLLABORA CON QUOTIDIANI E PERIODICI NAZIONALI. PER “COSMO” CURA LA SEZIONE SPAZIO .
» In alto: il lancio di Artemis I con lo Space Launch System Inquadra il QR per rivedere l’inizio del ritorno alla Luna.
Da sinitra: i crateri della Luna ripresi dall’optical navigation camera della Orion il 22 novembre, durante il sor volo ravvicinato della superficie lunare. La Orion ha ripreso la Terra e la Luna dal punto più lontano della sua orbita, raggiunto il 28 novembre, a 432.210 km di distanza dalla Terra.
Leonardo a Thales Alenia Space.
Il 25 novembre l’astronave si è collocata in una traiettoria retrograda, dalla quale ha poi intrapreso il 4 dicembre il viaggio di ritorno verso la Terra. L’orbita era “retrograda”, perché la capsula si muoveva intorno alla Luna nella direzione opposta a
quella in cui la Luna orbita intorno alla Terra. Tutto è filato liscio per Artemis I, anche dopo quest’altra fase cruciale della missione (tranne un’interruzione delle comunicazioni a terra, subito ripristinate), che ha visto la Orion allontanarsi fino a quasi 70mila chilometri dalla Luna, e
battendo quindi il record di distanza dal nostro pianeta dell’Apollo 13, che risaliva al 14 aprile 1970. Questo successo avvicina il momento in cui verrà ufficializzata la data di partenza di Artemis II, che nel 2024 porterà quattro astronauti in orbita lunare.
SPACE NEWS 15
CIELO E SPAZIO DEL 2023
I FENOMENI ASTRONOMICI E LE ATTIVITÀ SPAZIALI DEI PROSSIMI DODICI MESI
GENNAIO
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La Luna 55’ a sud di Marte alle 20:02 e 7°,7 a nord di Aldebaran alle 3:14 del 4; bella configurazione da osservare nelle ore che seguono il tramonto del Sole
4
Massimo dello sciame meteorico delle Quadrantidi, osservabili dal 28 dicembre al 12 gennaio (ZHR=110); condizioni di visibilità ottimali tra il tramonto della Luna e le prime luci dell’alba.
22-23
Venere in transito 22’ a sud di Saturno alle 20:36 del 22 e passaggio della Luna 4°,7 a sud di Saturno alle 7:05 e 4°,4 a sud di Venere alle 7:54 del 23; da osservare nei giorni 22 e 23, tra le luci del tramonto.
30
Mercurio alla massima elongazione ovest (25°) dal Sole; visibile all’alba nelle migliori condizioni.
Fine mese Lancio da Cape Canaveral del razzo vettore Falcon Heavy di SpaceX. Porta in orbita due satelliti militari e la piattaforma Ldpe con payload scientifici.
FEBBRAIO
1
Massima luminosità della cometa C/2022 E3 ZTF, di magnitudine prevista +5,5 nella Giraffa. La cometa si avvicina fino a 0,284 UA dalla Terra il 2 febbraio. Dall’emisfero boreale è osservabile in eccellenti condizioni per tutto il periodo dell’apparizione.
16
Lancio della capsula russa Progress 83p da Bajkonur per inviare rifornimenti alla Iss.
22
La Luna 3°,1 a sud di Venere alle 7:26 e 1°,6 a sud di Giove alle 23:56; da osservare al termine del crepuscolo serale.
Nel corso del mese Primo lancio con equipaggio della navicella Cst-100 Starliner (figura) della Boeing, verso la Iss, con un vettore Atlas V. A bordo, gli statunitensi Butch Wilmore e Sunita Williams, veterani delle missioni Shuttle.
Lancio della Crew Dragon con un Falcon 9 per una missione di lunga permanenza sulla Iss, con quattro astronauti: Stephen Bowen, Warren Hoburg (Nasa), Sultan Al Neyadi (Arabia) e Andreij Fedijaev (Russia).
SPACE NEWS DI ANTONIO LO CAMPO E TIZIANO MAGNI
16
A fine mese
Primo volo in orbita senza equipaggio della StarShip di SpaceX dalla base di Boca Chica, connessa al razzo vettore Super Heavy È l’astronave destinata ai viaggi verso Luna e Marte.
Ripresa dei voli dello spazioplano SpaceShip2 di Virgin Galactic, con due piloti e passeggeri “astro turisti”.
Un razzo Falcon 9 porta in orbita l’equipaggio della missione privata Polaris Dawn, ai comandi dello statunitense Jared Isaacman, con Scott Potet, Sarah Gillis e Anna Menon
Lancio del nuovo razzo Vulcain Centaur, della United Launch Alliance, per spedire verso la Luna la sonda Peregrine di Astrobotic, con strumenti e apparati della Nasa e di altri centri di ricerca.
APRILE
10
Venere 2°,7 a sud delle Pleiadi; osservabile nelle migliori condizioni poco dopo il termine del crepuscolo serale.
La Luna, illuminata al 84%, occulta dalle 05:01 alle 06:02 TC la stella Sigma Scorpii, di magnitudine +2,9. L’occultazione termina con il chiarore dell’alba molto forte per le regioni centromeridionali.
12
Mercurio alla massima elongazione est (19°,5) dal Sole; visibile al tramonto nelle migliori condizioni dal 29 marzo fino al 23 aprile sull’orizzonte occidentale.
MARZO
2
Venere in transito 32’ a nord di Giove alle 11:40; bella configurazione da osservare per alcuni giorni tra le luci del tramonto.
18
Lancio da Bajkonur della navicella Sojuz Ms 23 per la missione Iss 69S, con i russi Oleg Kononenko e Nicholai Chub e l’americana Loral O’Hara
22
La Luna 56’ a sud di Giove alle 21:59, da osservare poco dopo il tramonto.
24
La Luna 57’ a sud di Venere alle 10:02, da osservare poco dopo il tramonto.
Nel corso del mese
Lancio del veicolo automatico Nova C verso la Luna.
20
Eclisse Anulare-Totale di Sole, non visibile dall’Italia.
23
La Luna 7°,9 a nord di Aldebaran alle 8:03 TC e 59’ a nord di Venere alle 14:31; osservare al termine del crepuscolo serale.
Nel corso del mese Lancio del modulo-cargo Cygnus con un razzo Antares da Wallops Island, Virginia. Il modulo è realizzato da Northrop Grumman, in collaborazione con Thales Alenia Space Italia.
17 NEWS 2021
Terzo lancio del razzo Vega C dell’Esa e costruito da Avio, dalla base di Kourou, Guyana Francese.
Lancio della sonda Juice destinata a Giove con un Ariane 5 Eca Ultimo lancio di questo razzo vettore, prima del passaggio di testimone all’Ariane 6
GIUGNO 2-3
Marte transita davanti all’ammasso del Presepe, passando 6’ a sud del centro di M44 il 2 alle 19:15.
MAGGIO
14
Celebrazioni al Kennedy Space Center per il 50° anniversario del lancio dello Skylab, prima stazione spaziale americana, alla presenza di autorità e dirigenti Nasa e di astronauti che presero parte a quelle missioni: Jack Lousma, Joe Kerwin, Story Musgrave, Bob Crippen e Richard Truly 23-25
Bella serie di congiunzioni della Luna con Venere (1°,9 a nord del pianeta il 23 alle 13:00), Polluce (2°,4 a sud della stella il 24 alle 4:23), Marte (3°,3 a nord del pianeta il 24 alle 20:38), e con il Presepe (2°,9 a nord di M44 il 25 alle 05:41); da osservare nei giorni 23 e 24, al termine del crepuscolo serale.
Nel corso del mese Lancio di una navicella Shenzhou per l’invio alla Stazione spaziale cinese di un nuovo terzetto di astronauti.
A fine mese
Un razzo Falcon 9 lancia la missione Axiom-2 con a bordo della Crew Dragon gli astronauti privati John Shoffner e due rappresentanti (paganti) dell’Arabia Saudita. Ai comandi la veterana spaziale Peggy Whitson. La missione dura due settimane.
4
Venere alla massima elongazione est (45°,4) dal Sole; massima visibilità serale.
14
La Luna 52’ a nord di Giove alle 7:49; da osservare poco prima dell’alba.
21-22
La Luna 2°,8 a nord di Venere il 22 alle 3:13 e 3°,5 a nord di Marte il 22 alle 10:37; osservare nei giorni 21 e 22 al termine del crepuscolo serale.
LUGLIO
1
Venere 3°,6 a ovest di Marte; bella configurazione osservabile per alcuni giorni tra le luci del tramonto.
Apertura della finestra di lancio del satellite scientifico Euclid dell’Esa, con molta scienza e tecnologia italiana a bordo.
10
Marte 42’ a nord di Regolo, osservare poco dopo il tramonto del Sole.
18
NEWS
SPACE
DI ANTONIO LO CAMPO E TIZIANO MAGNI
19-21
La Luna transita 3°,2 a nord di Mercurio il 19 alle 9:17, 7°,5 a nord Venere il 20 alle 9:09, 3°,6 a nord di Regolo il 20 alle 17:10 e 2°,7 a nord di Marte il 21 alle 5:22. Le configurazioni che si producono sono osservabili nei giorni 19, 20 e 21 tra le luci del tramonto.
AGOSTO 13
Massimo dello sciame meteorico delle Perseidi, osservabili dal 17 luglio al 24 agosto (ZHR=100) con possibili ulteriori picchi di attività tra i giorni 12 e 14. Le condizioni di visibilità sono ottimali per buona parte della notte.
27
Saturno in opposizione al Sole nell’Acquario con un diametro di 19”,0.
SETTEMBRE
4-5
La Luna 2°,3 a nord di Giove il 4 alle 20:41 e 2°,2 a sud delle Pleiadi il 5 alle 20:52; osservare alle 23:00 TC dei giorni 4 e 5.
19
Nettuno in opposizione al Sole nei Pesci con un diametro di 2”,4 e magnitudine +7,7.
22
26
Mercurio transita 5°,3 a nord di Venere; osservare tra le luci del tramonto dei giorni 26 e 27.
Nel corso del mese Lancio della sonda lunare Chandraryaan-3 (Figura) dell’agenzia spaziale indiana Isro.
Lancio della sonda lunare russa Luna 25, che riprende una serie interrotta nel 1976.
Mercurio alla massima elongazione ovest (17°,9) dal Sole; visibile all’alba nelle migliori condizioni.
Nel corso del mese Lancio della Sojuz Ms-24 per inviare un nuovo terzetto di cosmonauti alla Iss.
Lancio con un Falcon 9 della missione Crew 7 verso la Iss per una missione di sei mesi. A bordo, il danese dell’Esa Andreas Mogensen e altri tre astronauti.
OTTOBRE
10
Venere in transito 2°,3 a sud di Regolo alle 6:30 e passaggio della Luna 3°,6 a nord di Regolo alle 12:04 e 5°,9 a nord di Venere alle 12:46; da osservare all’inizio del crepuscolo nautico.
14
Eclisse Anulare di Sole non visibile dall’Italia.
23
Massimo dello sciame meteorico delle Orionidi, osservabili dal 2 ottobre al 7 novembre (ZHR=20); le condizioni di visibilità sono ottimali nella seconda parte della notte
NEWS 2020 19 NEWS 2021
24
Venere alla massima elongazione ovest (46°,4) dal Sole; massima visibilità mattutina.
28
Eclisse Parziale di Luna, magnitudine 0,122, visibile dall’Italia; fase massima alle 22:14 TC.
Nel corso del mese
Lancio con un razzo Falcon Heavy di SpaceX della sonda Psyche a propulsione elettrica solare, realizzata dalla Nasa in cooperazione con l’Università dell’Arizona, destinata a esplorare l’asteroide 16 Psyche.
NOVEMBRE
3
Giove in opposizione al Sole nell’Ariete; diametro angolare di 49”,5.
9
La Luna, illuminata al 15%, occulta Venere, di magnitudine -4,4; la scomparsa avviene dietro il bordo lunare illuminato dal Sole tra le 11:03 (Aosta) e le 11:30 (Catania), mentre la riapparizione dal lembo lunare oscuro si verifica tra le 12:10 (Aosta) e le 12:37 (Catania). Scomparsa e riapparizione sono graduali, richiedendo ognuna 70 secondi circa.
18
Massimo dello sciame meteorico delle Leonidi, osservabili dal 6 al 30 novembre (ZHR=10); condizioni di visibilità ottimali nella seconda parte della notte.
28
Venere 4°,5 a nord di Spica alle 10:01; osservare nei giorni 28 e 29 novembre all’inizio del crepuscolo.
Nel corso del mese Secondo lancio di tre astronauti con la capsula Cst-100 Starliner della Boeing per un attracco alla Iss. Lancio del cargo Cygnus numero 20 un razzo vettore Antares da Wallops Island, destinato alla Iss.
DICEMBRE
4
Mercurio alla massima elongazione est (21°,3) dal Sole; buone condizioni di visibilità al tramonto.
9
Luna 1°,4 a nord di Spica l’8 alle 16:55 e 4°,3 a sud di Venere il 9 alle 18:49; osservare il giorno 9 alle prime luci dell’alba.
12
Occultazione di Betelgeuse da parte del pianetino (319) Leona (magnitudine +13,8) alle 02:17. Possibile calo di oltre 13 magnitudini per 7 secondi. Potrebbe verificarsi un’occultazione parziale/anulare. La fascia di visibilità dell’occultazione dovrebbe attraversare l’Italia meridionale.
14
Massimo dello sciame meteorico delle Geminidi, osservabili dal 4 al 20 dicembre (ZHR=150); le condizioni di visibilità sono ottimali per gran parte della notte.
21
Pianetino (4) Vesta, di magnitudine +6,4, in opposizione al Sole in Orione.
22
Luna 1°,6 a nord di Giove alle 14:01; osservare poco dopo il tramonto.
13
Urano in opposizione al Sole nell’Ariete con un diametro angolare di 3”,8 e magnitudine +5,7.
20 SPACE NEWS
E TIZIANO
DI ANTONIO LO CAMPO
MAGNI
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22 A COLLOQUIO CON ADRIANO GHEDINA, DIRETTORE DEL TNG QUASAR COVER STORY DI GIUSEPPE DONATIELLO* L’ESPERIMENTO DI ENTANGLEMENT CONDOTTO AL TELESCOPIO NAZIONALE GALILEO VALE UN PREMIO NOBEL E APRE LA STRADA AI COMPUTER QUANTISTICI IL FUTURO ARRIVA DAI
» Il Telescopio Nazionale Galileo (Tng), con uno specchio di 3,58 m, è il più grande telescopio italiano, inaugurato nel 1998 sulla sommità dell’isola di San Miguel de La Palma, alle Canarie.
Alain Aspect dell’Università di Paris-Saclay e dell’École Polytechnique, John F. Clauser di JF Clauser & Assoc. e Anton Zeilinger dell’Università di Vienna sono stati insigniti del Premio Nobel 2022 per la Fisica
La motivazione della Reale Accademia Svedese delle Scienze è “per esperimenti con fotoni entangled, che stabiliscono la violazione delle disuguaglianze di Bell e pionieri della scienza dell’informazione quantistica”.
La meccanica quantistica sfugge alla comune esperienza con tratti che appaiono tuttora misteriosi. Uno dei più notevoli è la possibilità che due o più particelle esistano nel cosiddetto stato entangled (“correlato”). Si tratta di particelle create in modo tale che lo stato quantistico di ciascuna particella non possa essere descritto indipendentemente dallo stato dell’altra, a prescindere dalla distanza che le separa.
Tali correlazioni sono comprensibili se esistono delle “variabili nascoste”: ogni particella porta una variabile nascosta che determina il suo comportamento uguale all’altra particella, anche a grande distanza. Se non esistono tali variabili nascoste, si deve presumere uno scambio di informazioni istantaneo tra le particelle anche quando sono distanti, in contraddizione con il limite della velocità della luce.
PARADOSSI VERIFICABILI
Nel 1964 il fisico irlandese John Bell (1928-1990) ha dimostrato che se esistono variabili nascoste e non si producono scambi di informazioni istantanee a distanza, allora le correlazioni tra le particelle sono diverse da quelle previste dalla meccanica quantistica. Si tratta delle “disuguaglianze di Bell” a cui fa riferimento la motivazione del Nobel. Chi ha ragione? La meccanica quantistica o l’ipotesi delle variabili nascoste?
I tre scienziati premiati nel 2022 hanno ideato e compiuto esperimenti per rispondere a questa domanda. E i risultati ottenuti hanno ripetutamente confermato che ad avere ragione è la meccanica quantistica: non esistono variabili nascoste, anche se eventi distanti tra loro risultano misteriosamente legati. Questi esperimenti non hanno prodotto solo un risultato teorico, ma grazie soprattutto al lavoro condotto da Zeilinger, hanno aperto un nuovo campo di applicazioni tecnologiche. Per esempio, i computer quantistici, che potrebbero fornire le informazioni necessarie per sviluppare nuovi catalizzatori per l’energia pulita, progettare superconduttori ad alta temperatura, scoprire nuovi farmaci e sviluppare reti e comunicazioni cifrate quantistiche.
Già nel 1935, Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen avevano manifestato le loro perplessità in merito al fenomeno dell’entanglement, ritenuto incompatibile con la teoria della Relatività ristretta. Pensavano che dovesse essere l’approssimazione di una teoria più generale che tenesse conto di tutti gli elementi fisici della realtà, incluse delle “variabili nascoste” all’osservatore, ma in grado di modificare le misure. Secondo i tre scienziati, quando una teoria riesce a produrre un valore con certezza, prima di eseguire una misura o prima di intervenire su un sistema, tale valore esprime un elemento fisico reale e oggettivo. Solo quando una teoria prende in considerazione tutti gli elementi di realtà, allora è ritenuta completa.
23 COVER STORY
Tali perplessità sono rimaste concettuali sino al 1964, quando Bell ha proposto che per aggirare il “paradosso EPR” (dalle iniziali di Einstein, Podolsky e Rosen), intervenga un meccanismo locale che infonde alle particelle delle proprietà tali da determinare i risultati delle misurazioni future. Secondo il teorema di Bell, le teorie alternative basate sul principio di località di Einstein predicono, in realtà, una relazione di disuguaglianza, verificabile con misure sperimentali. Esiste quindi una differenza concreta e misurabile tra la meccanica quantistica e le teorie a essa alternative. Bell ha dimostrato che la meccanica quantistica era in grado di produrre corrette previsioni sperimentali fino a una precisione mai raggiunta prima. In tutti gli esperimenti, la disuguaglianza era violata, in ottimo accordo con la meccanica quantistica.
ESPERIMENTI COMPLESSI
Sebbene il lavoro di Bell esortasse gli sperimentatori a investigare i fondamenti della meccanica quantistica, per la maggior parte dei fisici dell’epoca l’argomento non era valutato essenziale. John F. Clauser è stato uno tra i pochi a provarci, insieme a tre colleghi presso l’Università della California a Berkeley, approntando degli esperimenti che, tra la fine degli anni 60 e inizi 70, hanno concretizzato le idee di Bell. I quattro hanno ideato una disuguaglianza correlata che era verificabile con la tecnologia dell’epoca. Nel 1972 hanno condotto un test inviando due fotoni entangled in direzioni opposte verso un set di filtri polarizzatori. I fotoni
24 COVER STORY DI GIUSEPPE DONATIELLO
»
I vincitori del premio Nobel per la Fisica 2022 per gli studi sull’entanglement quantistico. Da sinistra, Anton Zeilinger, John F. Clauser e Alain Aspect (sotto).
attraversavano i filtri o erano bloccati in base all’angolo d’incidenza, producendo un segnale acustico. I tassi di coincidenza misurati hanno superato il limite che poteva essere spiegato dalle teorie con variabili nascoste locali.
I risultati supportavano la meccanica quantistica, ma non escludevano del tutto la possibilità di variabili nascoste. Aspect e colleghi hanno perfezionato l’apparato per fugare ogni dubbio, utilizzando generatori migliorati e polarizzatori di fotoni entangled. Nel 1982, su suggerimento dello stesso Bell, le impostazioni di misurazione nei rivelatori sono state rese modificabili durante il percorso delle particelle, variando l’angolo dei filtri in pochi nanosecondi, abbastanza velocemente affinché le informazioni su un filtro raggiungessero e influenzassero quello opposto. Pertanto, l’impostazione che esisteva quando erano state emesse non poteva influenzare il risultato. Tutti gli esperimenti hanno escluso la presenza di variabili nascoste locali. Gli esperimenti di Clauser e Aspect hanno fatto riflettere i teorici sulle applicazioni pratiche delle informazioni codificate negli stati quantistici, soprattutto quelli entangled. Una volta compreso che potevano esserci delle applicazioni pratiche, l’interesse per la meccanica quantistica è cresciuto enormemente. Un’altra intrigante applicazione teorica era il teletrasporto quantistico, che rendeva possibile spostare uno stato quantico da una particella in un’altra a distanza. Nel 1993 si è dimostrato che lo stato di una particella può essere trasferito a un’altra, utilizzando la combinazione di entanglement e la
COVER STORY 25
» Gli Osservatori coinvolti nel Cosmic Bell Experiment, sull’isola di La Palma, Canarie.
capacità di inviare messaggi classici. Nel 1997 Zeilinger e colleghi hanno eseguito la prima dimostrazione sperimentale del teletrasporto quantistico e dello scambio di entanglement. Nel 2015, sempre il gruppo di Zeilinger ha utilizzato rilevatori che sincronizzavano i fotoni, garantendo che quelli non rilevati non producessero segnali. I rivelatori erano anche abbastanza distanziati da chiudere la scappatoia della località in modo più definitivo rispetto al team di Aspect. Zeilinger e colleghi hanno poi utilizzato la luce proveniente dalle stelle per determinare le misurazioni da eseguire su coppie di fotoni entangled ed escludere la presenza di variabili nascoste con un esperimento a scala astrofisica. Infine, con il Cosmic Bell Experiment, è stata utilizzata la luce proveniente da due lontani quasar, raggiungendo così la scala cosmologica.
IL COSMIC BELL EXPERIMENT AL TNG
Nell’esperimento con cui sono state ulteriormente confermate le previsioni della meccanica quantistica, favorendo l’assegnazione del Nobel, c’è un contributo italiano. Zeilinger ha utilizzato il William Herschel Telescope (Wht) e il nostro Telescopio Nazionale Galileo (Tng), entrambi operativi sul Roque de Los Muchachos nelle Isole Canarie. Le coppie di fotoni correlati sono state generate da un laboratorio mobile installato all’esterno del Nordic Optical Telescope (Not): un fotone è stato inviato a una stazione ricevente vicino al Tng, l’altro a una stazione ricevente simile accanto al Wht. Lì, la polarizzazione individuale
di ciascun fotone entangled è stata misurata come decisa dalle fluttuazioni luminose dal suo rispettivo quasar.
“La sfida cruciale nell’esperimento era assicurarsi che la scelta delle misurazioni di polarizzazione su ciascuno dei fotoni entangled fosse fatta completamente indipendente da noi e da qualsiasi ambiente, non importa quanto grande” - ha detto Dominik Rauch, che ha condotto l’esperimento. - “Questa luce, che è completamente indipendente da noi e da quasi tutto il nostro passato, ci ha permesso di utilizzare questi quasar lontani come dei generatori cosmici di numeri casuali”.
Lo staff del Tng aveva aiutato il gruppo di Rauch a interfacciare l’esperimento nel fuoco Nasmyth dello strumento e l’installazione della
» Vista panoramica dei tre Osservatori. Al centro il Not in cui era posizionata la sorgente, a sinistra e a destra il Wht e il Tng, presso cui erano dislocati i rivelatori alloggiati in container. In basso, quello posizionato sulla rampa del Tng.
stazione ricevente sul ponte di accesso al telescopio. Abbiamo voluto saperne di più, chiedendo ad Adriano Ghedina, , al tempo coordinatore della struttura tecnica del Tng e dal 1° dicembre 2022 direttore di questo importante centro di ricerca, di raccontarci e spiegarci meglio come si siano svolte le operazioni.
QUAL ERA LO SCOPO DELL’ESPERIMENTO?
Si trattava di un test della disuguaglianza di Bell a livello cosmico, per dimostrare che l’entanglement esiste e non ci sono fattori nascosti che possono aver determinato a priori il risultato che osserviamo. Cioè che se due fotoni sono entangled c’è una correlazione tra di loro e, quando si misura la polarizzazione di uno, si sa già il
26 COVER STORY DI GIUSEPPE DONATIELLO
valore della polarizzazione dell’altro. In gergo, si dice che l’esperimento dimostra che “l’entanglement viola il realismo locale”.
Finora c’era sempre stata la possibilità che l’esperimento non fosse esente da qualche loophole (“scappatoia”) e che qualche fattore nascosto potesse aver influenzato le misure che si ottengono. Invece, con l’esperimento condotto al Tng si è esclusa questa possibilità fino al 96%. L’esperimento è una ripetizione di un altro che già era stato fatto a Vienna dallo stesso gruppo, usando delle stelle. Stavolta sono andati più a fondo nell’Universo.
Due fotoni entangled sono stati sparati da una stazione centrale posta in un container presso il Not verso due stazioni riceventi (in due container presso il Tng e il Wht). Intanto, i due telescopi stavano osservando due quasar in direzioni opposte e ai confini dell’Universo (a 9 e 12 miliardi di anni luce di distanza, rispettivamente).
I fotoni di queste sorgenti cosmiche servono da generatori casuali: secondo la loro lunghezza d’onda, determinano casualmente se misurare la polarizzazione dell’elettrone che arriva alla stazione ricevente con una direzione di polarizzazione o un’altra. Questa scelta aleatoria nella misura assicura che, se c’e’ stato qualche fattore che ha determinato a priori i risultati, questo deve essersi verificato solo nel primo 4% dell’esistenza dell’Universo, e quindi praticamente
mai. Quindi la fisica quantistica funziona e la realtà non è locale. Difficilmente si potrebbe dimostrare questo risultato meglio di così.
PERCHÉ SONO STATI SCELTI
IL TNG E IL WHT?
Questi due telescopi si trovano perfettamente in linea con il Not e alla stessa distanza da quest’ultimo, ma uno verso sud-ovest e l’altro verso nord-est. Pertanto, questa era la condizione ideale per fare in modo che due fotoni entangled partissero dal centro in direzioni opposte e raggiungessero il target praticamente allo stesso tempo. Il gruppo di Zeilinger ha installato i fotometri che misuravano la lunghezza d’onda dei fotoni provenienti dal quasar al fuoco Nasmyth del Tng (un RitcheyChrétien f/11). Il Tng puntava il quasar e un filtro dicroico separava a una certa lunghezza d’onda i fotoni rossi e blu dello spettro; a seconda di quale dei due fotometri stesse misurando i fotoni, nella stazione ricevente veniva selezionato un filtro polarizzatore o un altro e questo rendeva la scelta di come effettuare la misura completamente aleatoria. Contemporaneamente, al Wht
succedeva lo stesso. L’esperimento si è svolto nelle notti dal 7 al 10 gennaio 2018, ma nelle prime notti non si è fatto niente, perché il tempo era da lupi: freddo umido e tanto vento che ha fatto capovolgere il container della stazione centrale al Not, per fortuna senza rompere niente di vitale. Altre difficoltà tecniche si sono risolte rapidamente, come la necessità di un orologio atomico al rubidio, che abbiamo richiesto a un team di americani che aveva in corso un altro esperimento al Tng.
QUANTE PERSONE SONO STATE COINVOLTE NEL’ESPERIMENTO?
Al Tng hanno partecipato gli exdirettori Emilio Molinari, che ha dato l’ok per l’esperimento, ed Ennio Poretti che ha permesso di estendere il tempo disponibile per i test. Come astronomi di supporto ci sono stati Massimo Cecconi e Marco Pedani Gli operatori di telescopio sono stati Gianni Mainella e Albar Garcia Massimo Cecconi e io siamo stati i responsabili del setup optomeccanico al telescopio e della logistica di comunicazione via fibre tra il telescopio e la stazione ricevente. E mentre si aspettava che tornasse il cielo sereno, ho avuto l’occasione di conoscere e ascoltare i racconti e gli aneddoti di Anton Zeilinger sugli albori della sua ricerca sulla fisica quantistica. “Questa è la prima volta che la luce in viaggio verso di noi quasi dal confine dell’Universo conosciuto – ha osservato - è stata usata in un esperimento quantistico. I risultati sui fotoni entangled hanno confermato le previsioni della meccanica quantistica”. Veramente, il futuro arriva dai quasar.
COVER STORY 27
*GIUSEPPE DONATIELLO
RESPONSABILE DELLA SEZIONE PROFONDO CIELO/UAI, OPERA ATTIVAMENTE ALLO STUDIO DEI FLUSSI STELLARI IN GRUPPI RICERCA INTERNAZIONALI. HA SCOPERTO SEI GALASSIE NANE VICINE, QUATTRO DELLE QUALI PORTANO IL SUO NOME.
» La squadra davanti al fotometro a due canali montato all’interfaccia Nasmyth del Tng. Da sinistra: C. Leung, A. Ghedina, D. Rauch, J. Handsteiner, E. Molinari, C. Benn, A. Zeilinger, A. Hochrainer, M. Cecconi (Ghedina / Inaf-Fgg).
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LUNA E
DI PATRIZIA CARAVEO* UN NUOVO SGUARDO A VENERE SCOPERTE E PROGETTI PER UN PIANETA CHE NASCONDE ANCORA MOLTI SEGRETI
LA
OLTRE
Per cercare di capire se esistano forme di vita in altri corpi del Sistema solare, che sono per noi lontanissimi e inaccessibili, bisogna andare a cercare i gas che vengono prodotti durante i processi biologici, quelli che gli astrobiologi chiamano biosignature. Forti dell’esperienza terrestre, il gas che colleghiamo immediatamente alla presenza di vita è l’ossigeno, dato che si tratta di un gas molto reattivo, a “vita breve”, e deve essere continuamente prodotto dai processi di fotosintesi. A seguire, nella lista dei desideri degli astrobiologi viene il metano, un gas presente nell’atmosfera terrestre perché viene prodotto dall’uomo, dal bestiame che alleviamo e dalle coltivazioni.
Il metano viene dissociato dalla luce del Sole e quindi anch’esso deve essere continuamente prodotto.
L’INFERNALE VENERE
Il metano può essere prodotto anche da processi geologici, ma la sua presenza è un indizio molto interessante da non sottovalutare. Ipotetici esseri alieni che studiassero la composizione della nostra atmosfera si renderebbero conto di un’abbondanza anomala di questo gas. Nel Sistema solare, i corpi che offrono (forse) condizioni favorevoli allo sviluppo di vita elementare sono Marte insieme a Europa o Encelado, le lune gelate di Giove e di Saturno. In questi corpi ci sono acqua ghiacciata e metano.
Di sicuro, nessuno avrebbe pensato a Venere, pianeta gemello della Terra, ma caratterizzato da un ambiente infernale. Lo spesso strato di nubi di anidride carbonica e acido solforico che lo ricopre interamente, oltre a
renderlo difficile da studiare, causa uno spaventoso effetto serra che fa registrare temperature al suolo di oltre 450 °C, accompagnate da una pressione pari a 90 volte quella terrestre. Condizioni proibitive, tanto che gli strumenti che sono stati fatti atterrare negli anni 70 dall’Unione Sovietica sono riusciti a funzionare per breve tempo prima di essere sopraffatti.
LA PRESENZA DELLA FOSFINA
Con questi precedenti, si capisce quanto sia stato lo stupore quando, nel settembre 2020, è stato annunciato che nell’emissione proveniente dalle nubi di Venere era stata la scoperta una riga di assorbimento attribuita alla fosfina, una molecola semplice, praticamente una piramide costruita da tre atomi di idrogeno legati a un atomo di fosforo, che noi abbiamo nel nostro intestino grazie al lavoro dei batteri anaerobi con i quali conviviamo, ma che può avere anche origine geologica (v. Cosmo n. 11).
Bisogna aggiungere che non è chiaro come i batteri anaerobi producano la fosfina, mentre i processi geologici, che avvengono in condizioni di alte temperature e pressioni, non pongono problemi. Di sicuro la molecola, che appartiene alla classe delle biosignature, non è semplicissima da formare, perché richiede energia e condizioni che non sembrano esistere nell’atmosfera di Venere. La fosfina potrebbe formarsi all’interno del pianeta ed essere liberata nel corso di eruzioni vulcaniche, che però dovrebbero essere molto violente per spingere i gas liberati fino a 50 km di altezza.
29 LA LUNA E OLTRE
Indipendentemente dalla sua origine, la fosfina non dovrebbe sopravvivere a lungo nell’atmosfera venusiana cosa che implica una produzione continua della molecola. I dati erano stati raccolti da due radiotelescopi Alma (Atacama Large Millimeter Array) in Cile e Jcmt (James Clark Maxwell Telescope) alle isole Hawaii. Apparentemente, il segnale era assente ai poli del pianeta, debole nelle zone equatoriali e molto più evidente alle latitudini medie. Gli autori suggerivano la presenza di ecosistemi anaerobi nelle nubi di Venere con una densità della biomassa fluttuante inferiore di diversi ordini di grandezza rispetto a quella della biosfera aerea terrestre. L’idea non è nuova: l’esistenza di qualche tipo di vita elementare nelle nubi di Venere era stata ipotizzata da Harold Morowits e Carl Sagan in un articolo pubblicato da Nature nel 1967.
L’annuncio della presenza della fosfina (con la sua probabile origine biologica) è stato una bomba mediatica: il pianeta più inospitale balzava agli onori della cronaca e l’amministratore di allora della Nasa, Jim Bridenstine, scriveva su Twitter: It’s time to prioritize Venus Tuttavia, l’evidenza osservativa non era molto robusta. Alla fine di ottobre veniva messo in dubbio il metodo di interpolazione del rumore di fondo che, apparentemente, creava righe spurie. A novembre lo staff di Alma ha reso pubblica la versione corretta dei dati e gli autori dello studio originale hanno rifatto l’analisi, trovando una densità di fosfina sette volte più bassa di quella pubblicata a settembre, riaprendo così la porta all’origine geologica.
» La spessa coltre nuvolosa di Venere ripresa nell’infrarosso.
LE NUOVE MISSIONI SPAZIALI CON OBIETTIVO VENERE
Indipendentemente dalla presenza e dall’origine della fosfina, l’annuncio ha fatto rinascere l’interesse per Venere, tanto che sia la Nasa sia l’Esa hanno deciso di inviare sonde a studiare la sua atmosfera. Tra il 2028 e il 2030, la Nasa lancerà due missioni chiamate Davinci+ e Veritas. Mentre Veritas (Venus Emissivity, Radio Science, InSAR, Topography and Spectroscopy) userà la tecnologia radar ad apertura di
*PATRIZIA CARAVEO
E LAVORA ALL’ISTITUTO DI ASTROFISICA SPAZIALE E FISICA COSMICA DI MILANO.
sintesi per mappare la superficie del pianeta perennemente coperta dalle nubi, migliorando significativamente quanto fatto dalla missione Magellan della Nasa all’inizio degli anni 90, Davinci+ (Deep Atmosphere Venus Investigation of Noble Gases, Chemistry and Imaging) studierà l’atmosfera con un orbiter e una sonda che scenderà fino alla superficie, mappando come l’ambiente cambia in funzione dell’altezza. Più o meno contemporaneamente, l’Esa ha annunciato che, all’inizio della prossima decade, lancerà la missione EnVision, che avrà un radar (fornito dalla Nasa) per mappare la superficie del pianeta, un ecoscandaglio per esaminare la struttura del pianeta e uno spettrometro per analizzare la composizione dell’atmosfera e della superficie.
30 LA LUNA E OLTRE DI PATRIZIA CARAVEO
È DIRIGENTE DI RICERCA ALL’ISTITUTO NAZIONALE DI ASTROFISICA (INAF)
La considerazione che le condizioni ambientali dell’atmosfera di Venere sono meno proibitive di quelle in superficie ha suggerito l’idea di una esplorazione in mongolfiera delle nubi del pianeta.
Per questo, un team di ricercatori del Jet Propulsion Laboratory della Nasa e della Near Space Corporation sta progettando una missione che prevede l’abbinamento di un pallone con un orbiter: mentre quest’ultimo rimarrebbe al di sopra dell’atmosfera, un pallone robotico aereo, o aerobot, di circa 12 metri di diametro, navigherebbe nell’atmosfera come una mongolfiera.
Per testare il progetto, il team ha effettuato due voli di un prototipo ridotto del pallone nel deserto Black Rock del Nevada fino a una regione dell’atmosfera terrestre che si avvicina alla temperatura e alla densità che l’aerobot sperimenterebbe su Venere.
L’obiettivo dell’aerobot è quello di viaggiare nei venti venusiani, fluttuando da est a ovest, circumnavigando il pianeta per almeno 100 giorni. L’aerobot fungerebbe da piattaforma per una serie di indagini scientifiche. L’orbiter che lo accompagna riceverà i dati dall’aerobot e li trasmetterà alla Terra. L’aerobot potrà anche essere indirizzato nei suoi cambiamenti di quota nell’atmosfera di Venere, per fare indagini scientifiche tra circa 52 e 62 chilometri.
Il progetto prevede un serbatoio interno rigido riempito con elio ad alta pressione e un pallone esterno, che incapsula quello interno, che può espandersi e contrarsi. Per aumentare la quota, l’elio fuoriesce dal serbatoio interno nel pallone esterno, che si espande per dare all’aerobot ulteriore galleggiabilità. Per ridurre l’altitudine, l’elio viene ripompato nel serbatoio, provocando il restringimento del pallone esterno.
Un volo di lunga durata nelle nubi di Venere, che contengono acido solforico e altre sostanze corrosive, non è comunque una passeggiata; perciò, il pallone esterno dovrà avere un rivestimento resistente agli acidi e uno strato necessario per ridurre il riscaldamento solare. Inquadra il QR per un video dedicato al prototipo di aerobot venusiano
Le tre missioni promettono di farci capire il vulcanesimo e la tettonica di Venere, insieme alla chimica dell’atmosfera responsabile del disastroso effetto serra. Ma lo straordinario revival dell’interesse per Venere non finisce qui. La costruzione di grandi missioni planetarie richiede tempo: chi ha fretta di capire se ci siano molecole organiche nelle nuvole di Venere ha pensato a una soluzione alternativa basata su una missione dalle dimensioni e dal costo molto contenuto che sarà interamente coperto da fondi privati.
La strategia innovativa di questa missione sfrutta l’accoppiata tra il lanciatore Electron e la sonda High-energy Photon, sviluppati da Rocket Lab per lanciare la missione Capstone verso la Luna (ne abbiamo parlato su Cosmo n. 32). Questa volta nella navicella spaziale High-energy Photon ci sarà il modulo di entrata venusiano: si tratta di una struttura formata da una semisfera attaccata a un cono che deve contenere e proteggere lo spettrometro per l’analisi delle nubi venusiane. La traiettoria sarà simile a quella utilizzata per Capstone: per ottimizzare il consumo di carburante, la sonda inizierà il suo viaggio su un’orbita bassa circolare a circa 165 km di altezza. Grazie a brevi riaccensioni del motore, l’orbita diventerà ellittica con perigeo a 250 km e apogeo a 1200 km, che verrà poi alzato fino a 70mila km grazie a ripetute spinte durante i passaggi al perigeo. A questo punto, verrà fatta l’accensione finale, necessaria a lasciare la Terra lungo la traiettoria che porterà la sonda a Venere. È una tecnica al risparmio,
31 LA LUNA E OLTRE
La Redazione
E SE CI ANDASSIMO IN MONGOLFIERA?
per mettere la sonda in orbita interplanetaria con il minimo di carburante. Certo, è più lunga di quella che fa una sola accensione prolungata dei motori, ma richiede meno carburante, quindi meno peso al lancio. Stiamo parlando di una piccola missione poco costosa: supponendo di partire a maggio 2023, Venere verrà raggiunto a ottobre per iniziare il breve, ma intenso, programma scientifico.
CARL SAGAN AVEVA RAGIONE?
Le semisfera appuntita, con un diametro di 40 cm e circa 20 kg di peso, è il modulo che verrà rilasciato per attraversare le nubi di Venere. Lo spettrometro pesa 1 kg e lavorerà per 330 secondi, il tempo necessario ad attraversare le nubi nella sua traiettoria di discesa verso l’inferno venusiano.
Raccolti i dati, li dovrà inviare
subito a terra, perché la sonda non può sopravvivere a lungo. Sono 330 secondi dai quali gli astrobiologi sperano di avere informazioni cruciali per capire se ci sia qualche forma di vita su Venere. Vuoi vedere che aveva ragione Carl Sagan?
Per Rocket Lab e per il team scientifico sarebbe un incredibile successo. Una piccola missione interamente basata su fondi privati, che fa presto e bene il suo compito
LA LUNA E OLTRE DI PATRIZIA CARAVEO 32
» Rappresentazione artistica della presenza di molecole di fosfina nell’atmosfera venusiana.
rappresenterebbe un game changer nell’esplorazione del Sistema solare. Invece di complicate e costose missioni equipaggiate con numerosi strumenti che richiedono molti anni di sviluppo, si cambia prospettiva con missioni a basso costo, piccole, semplici e veloci da sviluppare. Anche se sono molte le cose che possono andare storte, e nessuno sarebbe disposto a scommettere che il primo tentativo andrà a buon fine.
E
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LA LUNA
OLTRE
» La missione EnVision dell’Esa destinata Venere: non partirà prima del 2031. Sotto da sinistra: il rendering della navicella spaziale High-energy Photon con la sonda semisferica in avvicinamento a Venere e il distacco della sonda di Rocket Lab destinata a entrare nelle nubi del pianeta.
GRANDI PROGETTI
ALLA MINISTERIALE ESA 2022
L’ITALIA ANCORA IN PRIMA LINEA PER LE ATTIVITÀ SPAZIALI EUROPEE
Il 22 e 23 novembre scorso si è svolta la riunione del Consiglio dell’Agenzia spaziale europea (Esa) a livello dei ministri, l’appuntamento decisivo per il programma spaziale europeo nei prossimi anni. Questo evento, che si rinnova con cadenza triennale, mette in scena una sua dinamica intergovernativa europea d’antan che rispetta la regola del “giusto ritorno”.
Questa dinamica consente alle più alte autorità della politica spaziale di ciascun Paese membro di pilotare gli impegni finanziari nazionali in armonia con le competenze e le aspirazioni dell’industria e di confrontarsi direttamente con i suoi pari, di negoziare sulla base dei programmi proposti dall’Esa e di trovare soluzioni mediate in tempo reale.
LE CIFRE
In questo esercizio debuttava quest’anno il nostro ministro Adolfo Urso, al quale il governo di Giorgia Meloni ha assegnato la delega per lo spazio. Spalleggiato dal presidente dell’Asi Giorgio Saccoccia, che molto bene conosce l’Esa e i suoi riti, il ministro Urso, presidente e animatore della Fondazione FareFuturo, si è certamente trovato a
34 IL COSMO DI MALERBA DI FRANCO MALERBA*
» Vega C, il razzo vettore sviluppato a Colleferro, pronto al lancio da Kourou.
suo agio in un contesto politico che guarda all’innovazione e a importanti prospettive tecnologiche dell’Europa e del nostro Paese. L’Esa porta a casa un eccellente risultato, perché ottiene impegni finanziari da parte dei Paesi membri per 17 miliardi di euro, a fronte di una proposta di 18,5 miliardi e di questo buon risultato è protagonista proprio l’Italia. Il nostro Paese passa da un contributo di 2,28 miliardi di euro nel 2019 a 3,08 miliardi nel 2022, con una progressione percentuale dal 15,7% al 18,2%. Nella presentazione dei risultati del Consiglio ministeriale all’Associazione della industria spaziali (Aipas), il presidente Saccoccia ha così commentato questo risultato: “Comunque si guardino le cose, si vede chiaramente il grande salto nella contribuzione italiana al programma Esa. Già a Siviglia [nel 2019 ndr] l’Italia aveva aumentato significativamente il suo impegno di un miliardo di euro, ma in quell’occasione tutti i grandi Paesi (Germania, Francia e Italia) avevano accresciuto la loro contribuzione; questa volta è proprio l’Italia che cresce di più in paragone a Francia e Germania e sui programmi opzionali è addirittura la prima”. Il momento presente è dunque “magico” per il settore spaziale italiano su tutti e tre i principali settori di ricerca e di sviluppo industriale: il trasporto, l’esplorazione e l’utilizzo dei dati satellitari.
LA LUNA
Mi emoziona particolarmente l’impegno europeo nel programma Nasa per il “ritorno degli umani alla Luna”. Dopo l’impegno europeo per il modulo di servizio della Orion, la
nave spaziale che ha volato attorno alla Luna con la missione Artemis I, è venuta poi la partecipazione alla stazione spaziale logistica Lunar Gateway in orbita lunare e ora l’Europa si impegna, con l’Italia in posizione di leader, per il sistema di allunaggio EL3 e per il sistema di comunicazione e navigazione
Moonlight
L’investimento italiano nel “Programma esplorazione” dell’Esa è di oltre 700 milioni di euro, quasi sorpassando il contributo della Germania. “Questa crescita e questo tempismo della contribuzione italiana in Esa – dice Giorgio Saccoccia - fa sì che oggi veniamo cercati dal direttore dell’agenzia spaziale tedesca per decidere assieme come orientare l’Esa su come impostare i programmi, prima che questa ci faccia la sua proposta; questo è un risultato impagabile”. Grazie a questa presenza molto forte nel programma Artemis, la Nasa ha garantito all’Italia che uno dei tre astronauti europei che voleranno al Lunar Gateway nel periodo 2025–2030 sarà italiano. In questa prospettiva temporale, i nostri Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano sembrano perfettamente posizionati, mentre le due nuove reclute italiane della selezione Esa, Anthea Comellini e Andrea Patassa (vedi le Space News) potranno passare rapidamente dallo status di “riserve” all’esperienza di volo in stazioni in orbita bassa terrestre.
I LANCIATORI E EXOMARS
Nel campo dei lanciatori la famiglia Vega va a gonfie vele: è appena entrato in linea il Vega C che già si è conquistato tutti i lanci futuri del programma di
osservazione Copernicus, sostituendo completamente i lanci Soyuz dalla base europea di Kourou e c’è il sostegno del Consiglio Esa, con forte contributo italiano, allo sviluppo di Vega E, che con il nuovo motore M10 a ossigeno e metano liquido del terzo stadio, avrà prestazioni superiori rispetto al Vega C, aumentandone la flessibilità e versatilità, a costi di lancio inferiori. Infine, consola il ritorno in campo di ExoMars, dopo l’esclusione della partecipazione russa, conseguenza del conflitto in Ucraina. Il Consiglio ministeriale Esa ha messo a disposizione 360 milioni di euro per realizzare autonomamente ciò che non verrà più dalla Russia, ovvero il lanciatore e soprattutto il sistema di atterraggio del rover, che richiede sistemi di controllo della discesa molto sofisticati, a causa della tenue atmosfera marziana. Per mettere a punto queste tecnologie di ricambio, la missione ExoMars è ora prevista per il 2028, con un ritardo di quasi dieci anni rispetto ai piani originali. Tuttavia, conserva una grande carica di novità, se riuscirà per la prima volta a esplorare il sottosuolo marziano con una trivella italiana capace di perforare il suolo fino a due metri di profondità e indagare la storia geologica di Marte. Potrà così accertare l’esistenza di ambienti sotterranei che furono favorevoli alla biochimica e forse anche scovare tracce fossili di vita.
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IL COSMO DI MALERBA
*FRANCO MALERBA È IL PRIMO ASTRONAUTA ITALIANO AD AVER VOLATO NELLO SPAZIO, NEL 1992. ORGANIZZA IL FESTIVAL DELLO SPAZIO DI BUSALLA (GE) ED È SOCIO FONDATORE DI START UP SPAZIALI.
» La stazione lunare Gateway: l'Europa, dopo gli Usa, sarà il maggior contributore.
UN LAMPO COSMICO VERAMENTE
“BOAT”
È STATA RILEVATA
IL 9 OTTOBRE SCORSO LA PIÙ POTENTE ESPLOSIONE DI RAGGI GAMMA
Il 9 ottobre 2022 alle 13:16:59 UTC, il Gamma-ray Burst Monitor (Gbm) del Fermi Gamma-Ray Space Telescope della Nasa ha rivelato un breve segnale che dopo circa 200 secondi ha prodotto uno straordinario numero di fotoni di alta energia. L’evento è stato registrato anche dal Burst Alert Telescope (Bat) di Swift, che aveva puntato la direzione della sorgente, rivelando una emissione nelle bande X e ottica. Dato che la direzione della sorgente era vicina al piano galattico, nella costellazione della Freccia, si era pensato subito a una nuova brillante sorgente galattica. Questa classificazione è stata rivista quando i dati di Swift sono stati incrociati con quelli degli strumenti di Fermi. Altre osservazioni del telescopio Xrt di Swift stavano poi mostrando che il flusso X, straordinariamente alto, diminuiva. Per chi era di turno al centro di controllo dei dati del Gbm non c’erano dubbi: era un lampo gamma di eccezionale intensità e lo strumento faceva fatica a contare i fotoni che lo colpivano. Questo spiega perché a questo lampo gamma, indicato dalla sigla GRB 221009A, è stato affibbiato il titolo di “Boat”, che significa Brightest Of All Times. E se non “di tutti i tempi”, sicuramente di tutti i 1500 lampi gamma indagati dal satellite Swift. Anche il Lat (Large Area Telescope) di Fermi aveva visto apparire una sorgente di fotoni gamma molto brillante, proprio accanto al piano della nostra Galassia.
RIVELATORI IN CRISI
Le circolari con le informazioni del burst gamma sono apparse con qualche ora di ritardo, perché molti responsabili dell’analisi dei dati erano in viaggio verso Johannesburg dove il 10 ottobre iniziava il decimo Fermi Symposium. Il Lat ha rivelato un’emissione per oltre mezz’ora dopo il trigger del Gbm e dopo circa 240 secondi ha registrato un fotone da 99 GeV, di gran lunga il fotone più energetico mai visto da un lampo gamma. È stato subito chiaro che eravamo di fronte a un evento eccezionale.
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TEMA DEL MESE DI PATRIZIA CARAVEO
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TEMA
DEL MESE
» Un rendering del satellite Fermi che ha rivelato il potentissimo burst di raggi gamma il 9 ottobre. Inquadra il QR per una sequenza di immagini gamma (con energie maggiori di 100 MeV) ottenuta in 10 ore di osservazione dal telescopio Lat di Fermi.
L’intensissimo flusso di fotoni di alta energia è stato visto da tutti gli strumenti X e gamma in orbita, spesso mettendo in crisi i rivelatori, progettati per rivelare flussi molto più modesti. Per GRB 221009A sono disponibili i dati di numerosi osservatori spaziali: oltre a quelli dedicati, come Swift, Fermi, Agile e Integral, sono stati raccolti da strumenti cinesi e russi, da un satellite militare americano e dalle
sonde interplanetarie dell’Esa Solar Orbiter e Bepi Colombo Inaspettatamente, GRB 221009A è stato visto anche da Gaia, lo strumento astrometrico dell’Esa in orbita intorno al punto lagrangiano L2, e dal Solar Heliospheric Observatory (Soho) dell’Esa. L’enorme flusso di fotoni X e gamma di GRB 221009A ha avuto un effetto anche sulla ionosfera terrestre, che si può considerare un enorme rivelatore
di fotoni X e gamma. Trattandosi di un plasma parzialmente ionizzato, risponde in modo caratteristico all’arrivo di flussi di fotoni di alta energia. In generale sono eventi collegati ai brillamenti solari (flare), la cui radiazione di alta energia ionizza gli atomi, liberando elettroni che hanno effetto sulla propagazione delle onde radio a frequenza molto bassa (Vlf).
Questi disturbi improvvisi della
38 TEMA DEL MESE DI PATRIZIA CARAVEO
TRASFORMARSI PER SOPRAVVIVERE?
I fotoni molto energetici emessi dal GRB 221009A non dovrebbero essere osservati, a causa dell’assorbimento che subiscono durante il loro lungo viaggio, a seguito della loro interazione con i fotoni della radiazione di fondo che permea tutto lo spazio. Se i fotoni di grandissima energia incontrano un fotone del fondo di radiazione cosmica, si trasformano in una coppia elettrone positrone e… spariscono. La probabilità di “sopravvivenza” di un fotone a 18 TeV è una su un milione: il lampo gamma dovrebbe emettere più di un milione di fotoni a questa energia perché uno di essi possa arrivare fino a noi: occorre quindi trovare un meccanismo che aumenti la probabilità di sopravvivenza.
Introducendo le Axion-like particle (Alp) si ottiene proprio questo effetto. Si tratta di particelle previste dalla Teoria delle stringhe, che interagiscono con i fotoni. In questo caso, i fotoni emessi da GRB 221009A si trasformano in Alp nel campo magnetico della sorgente o nelle vicinanze (si possono osservare oscillazioni fotoniAlp) e le Alp possono riconvertirsi in fotoni nella Via Lattea. Mentre i fotoni vengono assorbiti dalla radiazione di fondo, le Alp si propagano indisturbate. È come se i fotoni, mentre sono tramutati in Alp, fossero in grado di nascondersi, diventando invisibili alla radiazione di fondo. Così, i fotoni possono percorrere una distanza molto più grande senza essere assorbiti.
La conferma della rivelazione di GRB 221009A a 18 TeV rappresenterebbe una grande sfida alla fisica e una forte indicazione, se non la conferma, dell’esistenza delle Alp. In figura: uno schema delle possibili interazioni dei fotoni gamma emessi dal Grb nel loro viaggio intergalattico.
Giorgio Galanti
ionosfera (Sid, Sudden Ionospheric Disturbance) vengono usati per rivelare e studiare i flare solari. In casi più rari, la ionosfera viene disturbata da fenomeni celesti come le brillanti emissioni delle magnetar o dei Soft Gamma Repeaters che sono visibili quando colpiscono la ionosfera di notte, dato che la mancanza del Sole rende il panorama ionosferico più tranquillo. GRB 221009A, invece, ha avuto un effetto simile a quello di un flare solare, causando una Sid in pieno giorno, in coincidenza con l’arrivo del lampo gamma. Purtroppo, il Boat è stato un’occasione perduta per i rivelatori Cherenkov a terra, che erano “accecati” dalla Luna piena, e nessuna emissione di neutrini è stata rivelata dagli strumenti ICEcube e KM3net. Tuttavia, le sorprese nei gamma di energia ultra-alta non sono mancate, dato che GRB 221009A è stato il primo lampo gamma a essere rivelato dallo strumento cinese Lhaaso (Large High Altitude Air Shower), che nei 2000 secondi dopo l’inizio dell’evento ha misurato 5000 fotoni con energia superiore al teraelettronvolt, fino a un massimo di 18 TeV, un vero record. Se confermato, questo risultato potrebbe avere implicazioni anche nell’ambito della fisica fondamentale (vedi il riquadro di Giorgio Galanti).
ALLA RICERCA DELLA
CONTROPARTE OTTICA
Ma torniamo alla cronistoria delle osservazioni del lampo da record. Appena è calata la sera e la sorgente è diventata visibile agli osservatori del cielo del sud, è partita la campagna di osservazione ottica. In effetti, Swift aveva già visto la controparte
TEMA DEL MESE 39
ottica, confermata anche da altri osservatori. La posizione molto vicina al piano galattico era penalizzante per l’osservazione ottica, a causa dell’assorbimento e dell’arrossamento prodotto dalla polvere interstellare. Erano passate più di 10 ore dal lampo, ma la sorgente era ancora abbastanza brillante e uno dei telescopi del Vlt dell’Eso ne ha misurato lo spettro, trovando un redshift di 0,151, corrispondente a una distanza di 2,4 miliardi di anni luce. Un evento quindi relativamente vicino, cosa che ne spiegava il flusso eccezionale. Dall’intensità del flusso e dalla distanza, si è potuta calcolare la potenza dell’evento, che equivale a 1047-1048 W, spiegabile solo con l’esplosione di una stella molto massiccia che dovrebbe avere dato origine a un buco nero. L’esperienza insegna che occorre pazienza per vedere la firma della supernova nello spettro ottico e per il Boat la ricerca è resa più difficile dall’assorbimento galattico che impedisce di vedere l’emissione della supernova.
» A sinistra: il lampo gamma GRB 221009A osser vato dal telescopio Gemini South, in Cile, il 14 ottobre.
A destra: gli anelli in banda X osser vati dallo strumento Xrt di Swift un giorno dopo la prima rilevazione del GRB 221009A, in un’esposizione di circa un’ora.
RADIOGRAFARE
LA GALASSIA
Oltre ad assorbire i fotoni ottici, la polvere galattica ha anche altri effetti; per esempio, è responsabile della formazione di cerchi concentrici intorno alle brillanti sorgenti X. Questi cerchi sono il prodotto della deviazione dei fotoni X da parte di nuvole di polvere incontrate sul loro cammino. Come dice Andrea Tiengo, sono un modo - insolito ma bellissimo - di fare una “radiografia” alle nubi della Galassia.
Non sono stati solo gli ottici a seguire la sorgente. Numerosi radiotelescopi hanno rivelano la sua emissione e gli strumenti X Nu-Star e Nicer della Nasa hanno ripuntato la sorgente, arricchendo un patrimonio osservativo unico nel suo genere. Lo strumento Isgri così come il telescopio Jem-X di Integral hanno rivelato la sorgente, mentre il telescopio Xmm-Newton ha prodotto un’immagine dei cerchi prodotti dalle polveri.
Anche i telescopi spaziali Webb e Hubble hanno puntato la sorgente.
Il primo ha ottenuto spettri nell’infrarosso vicino e medio il 22 ottobre, mentre il secondo ha raccolto immagini in diversi filtri l’8 novembre. Nel filtro rosso la controparte è di mag. 23,61 e si nota un baffetto che potrebbe essere la galassia dove è esploso il lampo. L’analisi dei diversi filtri dimostra la presenza di un picco a 1 micron in infrarosso che potrebbe essere la conferma della presenza della supernova che si era cominciata a sospettare dall’analisi degli spettri ottici dopo circa una settimana dal lampo.
Chiaramente, c’è ancora moltissimo lavoro da fare, sia per analizzare sia per interpretare l’enorme mole di dati raccolta da oltre 50 telescopi. Come sempre nella storia dei GRB, un evento di intensità eccezionale offre eccezionali opportunità per migliorare la nostra comprensione di questi fenomeni estremi. È un’occasione da non perdere, perché eventi così brillanti avvengano una volta ogni secolo. Non possiamo lasciarci sfuggire nulla.
40 TEMA DEL MESE DI PATRIZIA CARAVEO
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IL NOSTRO PIANETA È PIÙ VICINO AL SOLE PROPRIO NEL MESE PIÙ FREDDO DELL’ANNO
TERRA
CIELO E TERRA DI WALTER FERRERI*
PERIELIO LA
AL
Il giorno 4 alle ore 16 di questo mese, la Terra passa per il punto della sua orbita più vicino al Sole, chiamato “perielio”, termine che deriva dal greco perì (intorno) e helios (Sole). Il perielio è una delle estremità dell’asse maggiore dell’ellisse orbitale che percorre il nostro pianeta; l’altra estremità è l’afelio, il punto in cui la Terra è più lontana dal Sole. Al perielio, il nostro pianeta viene a trovarsi 5 milioni di chilometri più vicino al Sole rispetto a quando passa per l’afelio, all’inizio di luglio. Ovvero, a 147,1 milioni di km contro i 152,1 dell’estate. La Terra è invece alla distanza media dal Sole ai primi di aprile e ai primi di ottobre, quando passa dalle estremità dell’asse minore della sua orbita. Questa (relativamente) piccola differenza tra distanza minima e massima fa sì che la Terra, osservata dagli altri pianeti, non vari sensibilmente le sue dimensioni. A differenza di ciò che si verifica con Marte, che in opposizione afelica ci esibisce un disco da soli 14” di diametro, ma di ben 25” in opposizione perielica, quasi doppio. Da Venere, la Terra si presenta in opposizione afelica con un diametro di 59”, mentre in opposizione perielica raggiunge i 67”: una variazione poco
rilevante. Differenze simili si hanno per un osservatore su Marte, mentre dai pianeti più lontani le differenze sono minori, in quanto il valore di 5 milioni di chilometri è una frazione molto piccola della distanza che ci separa da questi pianeti.
A MEZZOGIORNO
O A MEZZANOTTE?
Il fatto che siamo più vicini al Sole (che si trova nella costellazione del Sagittario) in inverno e più lontani d’estate appare come un paradosso. Ma ricordiamo che è l’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre che determina le stagioni; del resto, 5 milioni di chilometri sono per noi una distanza enorme, ma costituiscono solo 1/30 della distanza Terra-Sole. Per gli altri pianeti del Sistema solare, la differenza perielio-afelio è in genere più marcata; solo Venere e Nettuno hanno un’eccentricità inferiore a quella terrestre (vedi la tabella 1). Ricordiamo che l’eccentricità in un’ellisse è la distanza di uno dei due fuochi dal centro dell’orbita espressa come frazione del semiasse maggiore (posto uguale all’unità). Per esempio, un’eccentricità di 0,1 significa che la distanza di uno dei due fuochi dal centro equivale a 1/10 del semiasse
maggiore, che è la distanza media del pianeta dal Sole.
Poiché ai primi di gennaio siamo più vicini al Sole e ai primi di luglio più lontani, ne deriva che nella prima metà dell’anno siamo in allontanamento dalla nostra stella e in avvicinamento nella seconda. Questa considerazione ci consente di affrontare una domanda trabocchetto: siamo più vicini al Sole a mezzogiorno o a mezzanotte?
Non è scontato che la risposta giusta sia “mezzogiorno”, come sembrerebbe ovvio, dato che a quell’ora ci troviamo rivolti verso il Sole e vi dovremmo essere più vicini di un diametro terrestre rispetto alla mezzanotte. La distanza tra afelio e perielio percorsa in sei mesi comporta che la variazione nella distanza Terra-Sole sia in media di 28mila chilometri al giorno, più che doppia del diametro terrestre. Pertanto, la risposta corretta è: “tra i primi di gennaio e i primi di luglio siamo più vicini al Sole a mezzogiorno; ma tra i primi di luglio e i primi di gennaio siamo più vicini a mezzanotte”.
L’EQUAZIONE DEL TEMPO
Mercurio 0,206 11,9 57,9 46,0
Venere 0,007 0,7 108,2 107,5
Terra 0,017 2,5 149,6 147,1
Marte 0,093 21,3 227,9 206,6
Giove 0,048 37,7 778,3 740,6
Saturno 0,056 80,6 1427,0 1346,4
Urano 0,046 132,4 2896,6 2764,2
Nettuno 0,009 38,6 4496,6 4459,9
Tutte le distanze (dal Sole) sono espresse in milioni di km.
In accordo con la seconda legge di Keplero, la Terra non orbita a velocità costante, ma raggiunge la massima velocità al perielio pari a 109mila km/ ora, mentre passa all’afelio alla velocità minima di 105 mila km/ora. Una differenza contenuta, ma sufficiente a creare delle alterazioni sensibili nel moto apparente del Sole che possiamo registrare con un orologio solare. Queste alterazioni vengono corrette dalla cosiddetta “equazione del tempo”, che misura le differenze di posizione del Sole vero rispetto a uno ideale dal moto uniforme.
43 CIELO E TERRA
Pianeta Eccentricità Distanza Distanza Distanza orbitale fuoco-centro media perielio
TABELLA 1 - LE ORBITE DEI PIANETI
CIELO E TERRA
DI WALTER FERRERI
Tali differenze possono raggiungere il quarto d’ora e per comprenderle occorre ricordare che la velocità rotazionale della Terra è costante, mentre quella orbitale varia. Al perielio, il nostro pianeta percorre in un giorno un tratto maggiore rispetto ad altri punti della sua orbita, perciò deve ruotare un po’ di più intorno al suo asse per ritrovare il Sole nella stessa posizione del giorno precedente.
VARIAZIONI LENTISSIME
Il valore dell’eccentricità dell’orbita terrestre non è costante, dato che varia (molto lentamente) la posizione del centro dell’ellisse e di conseguenza l’eccentricità. In pratica, il centro dell’orbita, anziché rimanere un
punto, disegna una curva, pressappoco a forma di spirale, prodotta dalle perturbazioni degli altri pianeti.
In tabella 2 sono riportati i valori dell’eccentricità dell’orbita terrestre calcolati per un periodo di 200mila anni. Inoltre, a causa sempre delle perturbazioni, la direzione verso cui punta l’asse maggiore dell’orbita terrestre ruota lentamente, compiendo un giro completo in circa 21mila anni. Così, principalmente a causa di tale movimento, l’orbita terrestre non è chiusa; di questo fenomeno sono responsabili anche la perturbazione del moto secolare dell’eclittica e la perturbazione dell’eccentricità.
Lo spostamento dell’asse maggiore fa sì che le posizioni dei punti solstiziali (ed equinoziali) cambino rispetto al
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TABELLA 2 - ECCENTRICITÀ
Anno Eccentricità
-100.000 0,0473 -70.000 0,0316 -50.000 0,0131 -10.000 0,0187 Oggi 0,0167 24.000 0,0033 50.000 0,0173 70.000 0,0211 100.000 0,0189
perielio. Infatti, il perielio si sposta lungo l’eclittica di 11,6” l’anno in senso diretto, mentre il punto gamma (l’equinozio di primavera) si sposta di 50,3” l’anno in senso retrogrado, per cui ogni anno la distanza angolare tra perielio e il punto gamma varia di 61,9”.
*WALTER
FERRERI
SI È OCCUPATO DI RICERCA SCIENTIFICA, DI TELESCOPI E DI ASTROFOTOGRAFIA PRESSO L’OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI TORINO. NEL 1977 HA FONDATO LA RIVISTA ORIONE
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» Un confronto tra le dimensioni del Sole ripreso al perielio (a sinistra) e all’afelio (a destra), dalla sonda Solar Dynamics Observatory
L’asse maggiore dell’orbita terrestre ruota lentamente, compiendo un giro completo in circa 21mila anni. Così, l’orbita terrestre non è chiusa.
IN
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EDICOLA
LUIGI JACCHIA DA BOLOGNA ALLA NASA
UN FISICO EBREO NELLA MORSA DELLE LEGGI RAZZIALI
Nel mese in cui si celebra il Giorno della Memoria, ricordiamo un personaggio poco noto, ma di grande fascino, spirito ed erudizione, per conoscere una storia che abbraccia tutte le grandezze e le bassezze del Novecento e il grande lascito di questo scienziato alle scienze spaziali. Luigi Jacchia nacque il 4 giugno 1910 a Trieste quando la città non era ancora italiana, e si trasferì in gioventù a Bologna, dove si iscrisse prima alla facoltà di ingegneria, che poi abbandonò dopo l’incontro con l’astronomo Ferdinando Flora, assistente incaricato all’Osservatorio Astronomico, al tempo diretto da Guido Horn d’Arturo, iscrivendosi alla facoltà di fisica. Bologna diventò la sua città, che lo aveva accolto con benevolenza e dalla quale non avrebbe mai voluto distaccarsi, anche se purtroppo fu
costretto a farlo a causa delle leggi razziali fasciste.
UNO STRAORDINARIO LINGUISTA
A Bologna tornò più volte dopo la fine della guerra per incontrare amici e colleghi, alcuni dei quali avevano lavorato con lui allo Smithsonian, come Franco Verniani, responsabile della Sezione Fisica delle Meteore e Alta Atmosfera del Cnr a Bologna, che è stato mio relatore della tesi in fisica nel 1968 e quella della Scuola di Perfezionamento in fisica nel 1972. Rimasi colpito già dal primo incontro dalla sua personalità vivace e di grande cultura, in grado di spaziare su molti campi dello scibile umano, capace com’era di affrontare con spavalderia la conversazione con ricercatori stranieri, agevolato dal conoscere almeno dodici lingue, per dote naturale e per l’impegno
fin dalla gioventù negli studi in glottologia. Una dote che durante la guerra mise al servizio dell’Office of War Information negli Usa, dove lavorò come consulente scientifico del servizio di trasmissione e monitoraggio in lingua straniera. Come viene ricordato anche nella dedica dell’asteroide (2079) Jacchia: “He has made pioneering investigations of the Earth’s upper atmosphere […] and he is well known as an extraordinary linguist” Uno straordinario linquista, appunto. Laureato in fisica all’Università di Bologna nel 1931, Jacchia cominciò a frequentare l’Osservatorio Astronomico, dapprima come studente e poi, dal 1933, come assistente alla cattedra di Astronomia tenuta da Guido Horn d’Arturo, anche lui ebreo di Trieste e quindi anch’egli destinato a lasciare gli incarichi a seguito delle persecuzioni razziali.
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PERSONAGGI DI GIORDANO CEVOLANI*
» Foto del passaporto di Luigi Jacchia con cui espatriò nel 1939. Inquadra il QR per una intervista ad Alberto Buzzoni dedicata alla storia umana e professionale di Jacchia.
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Nel 1934, pur avendo vinto un concorso che lo destinava all’Osservatorio di Pino Torinese, Jacchia scelse di restare a Bologna, per svolgere lunghe serie di osservazioni visuali di stelle variabili, prima con un semplice telescopio da 15 cm e poi per via fotografica a Loiano con il nuovo telescopio Zeiss da 60 cm.
Nel 1939 fu costretto a lasciare l’Osservatorio, dove non sarebbe più ritornato, riparando negli Stati Uniti, a Cambridge (Massachusetts), dove gli venne offerto un posto di ricercatore presso l’Osservatorio di Harvard. Ma il distacco da Bologna fu molto sofferto e rimase un cruccio costante per gli anni a seguire.
DA ASTRONOMO A FISICO ATMOSFERICO-SPAZIALE
Nel 1956, il direttore di Harvard Fred Whipple, esperto di comete e corpi minori del Sistema solare, chiese a Jacchia di aderire al neonato Smithsonian Observatory Astrophysics per dedicarsi alla scienza spaziale. Fu subito coinvolto nella pianificazione dell’Anno geofisico internazionale (1957-58), sviluppando programmi per ottenere la composizione dell’atmosfera superiore dalle osservazioni del moto dei satelliti, eseguite dalla rete mondiale di telecamere Baker-Nunn dello Smithsonian. Questo lavoro gli permise di scoprire piccoli cambiamenti nei periodi
orbitali dei satelliti in un ciclo di circa 27 giorni, il periodo di rotazione del Sole. Confrontando il movimento dei satelliti con l’attività solare, trovò un’importante relazione tra le fluttuazioni orbitali e il riscaldamento dell’alta atmosfera dovuto a fenomeni solari.
I suoi studi hanno prodotto dei modelli atmosferici che sono diventati degli standard internazionali per comprendere gli effetti del Sole sulle orbite dei veicoli spaziali. L’importanza di queste ricerche ha avuto un drammatico riscontro l’11 luglio 1979, con il decadimento orbitale del laboratorio orbitale Skylab della Nasa esploso in modo del tutto inatteso al rientro in atmosfera, in presenza di una elevata attività solare.
I lavori di Jacchia, proseguiti fino agli anni 70, sono stati essenziali per la nascente scienza spaziale e sono paragonati alla scoperta delle fasce di Van Allen. E sono stati utilizzati per gli sviluppi successivi, come quelli condotti dalla Sezione di Fisica delle Meteore e Alta Atmosfera dell’Istituto di Fisica dell’Atmosfera del Cnr, che ha realizzato agli inizi degli anni 70 un sistema radar per lo studio delle meteore e per la determinazione dei profili di densità e temperatura dell’alta atmosfera. Dati preziosi per lo studio sistematico delle variazioni diurne, stagionali e irregolari dei profili atmosferici e per avere un quadro dei processi dinamici e termodinamici che governano l’alta atmosfera.
Di ritorno dagli Stati Uniti, non di rado Jacchia visitava il laboratorio di questa sezione di ricerca a Bologna, situato a pochi passi dall’Osservatorio Astronomico di via Zamboni
48 PERSONAGGI DI GIORDANO CEVOLANI
dove
» Il telescopio Zeiss da 60 cm dell’Osservatorio di Loiano (Bologna), inaugurato nel 1936.
aveva iniziato decenni prima la sua attività sulle stelle variabili. Anche grazie al suo interessamento, ricevemmo in dotazione dalla Nasa un trasmettitore radar, un residuato bellico che adattammo allo studio delle meteore, realizzando l’antenna rice-trasmittente.
Ancora oggi i modelli atmosferici di Jacchia rappresentano in modo soddisfacente le variazioni osservate della densità nell’alta atmosfera dal frenamento aerodinamico (drag) dei satelliti e dei loro detriti (space debris). Trattare detriti spaziali e meteore in un solo contesto nel loro passaggio in atmosfera è stata una brillante intuizione di Jacchia, rivelatasi poi una conquista delle scienze spaziali. Il drag ha infatti un contributo significativo soprattutto
alle orbite basse (in particolare sotto i 1000 km), determinando una riduzione della velocità del corpo impattante. Nel caso di un satellite, se l’effetto non viene compensato, si modifica l’asse maggiore dell’orbita, provocando nel lungo termine la distruzione del satellite, e questo significa che occorre un sistema propulsivo di bordo che esegua la compensazione.
STUDIOSO DI METEORE
Autore di più di 200 articoli scientifici, che spaziano dalla fisica atmosferica agli studi su comete e meteore, Luigi Jacchia è conosciuto anche per essere stato testimone del grande bolide diurno del 1972 (Great Daylight Fireball), una meteora radente (earth grazer) che
ha attraversato l’atmosfera il 10 agosto 1972, giungendo a circa 57 chilometri dalla superficie terrestre. Durante una vacanza, Jacchia osservò questa meteora così luminosa da rendersi visibile in pieno giorno, entrata in atmosfera e poi tornata nello spazio, come una pietra che salta su uno stagno. Jacchia ne analizzò la traiettoria, prevedendo la sua ricomparsa nel 1997, ma il corpo cosmico non fu più identificato. Jacchia era un esperto di orbite di meteore fotografiche, che analizzava allo Smithsonian insieme a Franco Verniani, di cui ho ricevuto l’eredità alla guida della sezione Fisica delle Meteore e Alta Atmosfera del Cnr a Bologna. E con Verniani pubblicò nel 1967 un importante lavoro sulle traiettorie in atmosfera di
PERSONAGGI 49
» Il Great Daylight Fireball del 1972, una meteora eccezionalmente luminosa. Entrata nell’atmosfera terrestre alla velocità di 15 chilometri al secondo sopra l’Utah, negli Stati Uniti, producendo un bang sonico e una scia di fumo rimasta nell’atmosfera per diversi minuti.
meteore fotografiche. Indagini che ho proseguito nella ricerca radar delle meteore e con l’aiuto di reti microsismiche per l’identificazione di bolidi interplanetari potenzialmente pericolosi per la Terra, come nel caso del superbolide Lugo del 9 gennaio 1993 e del bolide del 6 gennaio 1997.
Ricordiamo che i bolidi sono meteore eccezionalmente luminose di natura cometaria o asteroidale, che costituiscono i meteoroidi più massicci, in grado di produrre anche fenomeni acustici con bang sonici e fenomeni esplosivi quando attraversano l’atmosfera, rilevabili da sensori sismici e geofoni a terra. Un esempio di interdisciplinarità tra geofisica e astronomia, condotto sulla scia delle ricerche di Jacchia.
Al riguardo, va segnalato l’importante progetto Prisma (Prima Rete Italiana per la Sorveglianza di Meteore e Atmosfera), operativo da alcuni anni grazie a una rete di camere all-sky per l’osservazione di meteore brillanti (fireball e bolidi), con lo scopo di determinare le orbite degli oggetti che le provocano e individuare le aree dell’eventuale caduta di frammenti, così da poter recuperare le meteoriti (prisma.inaf.it). I dati raccolti sistematicamente contribuiscono al perfezionamento dei modelli di interazione dei corpi cosmici con l’atmosfera.
Jacchia comprendeva l’importanza dello studio dei meteoroidi, perché la loro interazione con l’atmosfera è simile a quella delle navicelle spaziali, per le quali occorre progettare gli appositi scudi termici, che proteggono non solo i veicoli, ma soprattutto gli equipaggi che devono fare i conti con la perdita di
massa delle navicelle per ablazione a temperature di migliaia di gradi, già a quote di 100 chilometri. L’obiettivo principale degli studi più recenti è quello di migliorare il modello del decadimento orbitale dei satelliti e l’accuratezza delle previsioni di rientro, grazie ai dati sempre più accurati della “meteorologia spaziale” (space weather) che provengono dagli osservatori orbitali.
Per le sue scoperte in campo geofisico, Luigi Jacchia ha ricevuto nel 1980 la medaglia d’oro Hodgkins. È stato membro della Commissione 22 Iau (Meteore) e di altri organismi di ricerca internazionali e ha presieduto la sezione atmosferica del Cospar (il comitato internazionale per la
ricerca spaziale). La sua vita lunga, travagliata e feconda, si è conclusa a 85 anni a Cambridge, l’8 maggio 1996.
Per conoscere meglio la personalità di Luigi Jacchia, la sua vita e il suo eclettico percorso di ricercatore, vedi la tesi di Giuseppe Pisana, intitolata Luigi G. Jacchia, un triestino a Bologna: dai cieli di Loiano all’epopea spaziale americana (relatore Alberto Buzzoni, 2019), scaricabile al link bit.ly/3hz0QFp.
50 PERSONAGGI DI GIORDANO CEVOLANI
*GIORDANO CEVOLANI GEOFISICO E PLANETOLOGO, SI OCCUPA DI FISICA DELL’ATMOSFERA E DI ASTRONOMIA DEI CORPI MINORI DEL SISTEMA SOLARE.
» Il laboratorio spaziale Skylab della Nasa, lanciato nel 1973 e rimasto in orbita fino al 1979.
A FINE MESE UN NUOVO ASTRO CHIOMATO POTREBBE RAGGIUNGERE LA SOGLIA DELLA VISIBILITÀ A OCCHIO NUDO 52 ECCO LA
DEL MESE DI ALBINO CARBOGNANI*
ZTF
FENOMENO
COMETA
Il 1° febbraio 2023 la cometa C/2022 E3 ZTF si troverà alla minima distanza dalla Terra di circa 42 milioni di chilometri. Molto probabilmente in questo periodo diventerà visibile a occhio nudo sotto cieli molto bui e dalle latitudini italiane sarà osservabile per tutta la notte, perché sarà circumpolare. Non sarà spettacolare come la cometa Neowise, che fu visibile nel luglio 2020, ma potrebbe essere comunque una cometa molto interessante da seguire.
LA SCOPERTA E L’ORBITA
La cometa è stata scoperta il 2 marzo 2022 dall’Osservatorio di Monte Palomar, in California, grazie al telescopio Samuel Oschin da 1,2 metri di diametro. Questo strumento è abbinato a una camera Ccd di ultima generazione che possiede un campo di vista di ben 47 gradi quadrati ed è il fulcro della Zwicky Transient Facility (ZTF), una survey ottica che ogni due notti esplora tutto il cielo visibile alla ricerca di nuovi asteroidi, comete, supernovae, controparti di Gamma ray burst (GRB) e così via. Per questo la sigla ZTF è stata aggiunta al codice C/2022 E3 che identifica la cometa. Quando era ancora nella lista degli oggetti near-Earth da confermare, la ZTF era considerata un asteroide, ma a un esame più attento si è visto che mostrava una piccola chioma molto condensata di soli sei secondi d’arco di diametro. Questa caratteristica l’ha fatta quindi classificare come una cometa.
L’orbita descritta dalla ZTF ha un’eccentricità leggermente superiore a 1, ossia è iperbolica, anche se di poco. Di solito, questa caratteristica
è associata a comete che provengono direttamente dalla Nube di Oort, la grande riserva di nuclei cometari che circonda tutto il nostro sistema planetario. Una cometa di questo tipo impiega 4-5 milioni di anni per compiere il tragitto fino alla quota dei pianeti terrestri, quindi il viaggio che ha affrontato la ZTF è stato piuttosto lungo: si è “staccata” dalla nube di Oort quando i primi ominidi si aggiravano per la Terra ed è arrivata in prossimità del Sole giusto per essere seguita dai Sapiens L’orbita ha un’inclinazione di circa 109° sull’eclittica, quindi è maggiore di 90° e per questo il moto orbitale è retrogrado, cioè avviene in senso orario se visto dal Polo nord dell’eclittica. L’elevata inclinazione protegge la cometa dalle perturbazioni gravitazionali planetarie che possono agire solo quando attraversa il piano dell’eclittica, cosa che per la ZTF accade fra le orbite di Marte e della Terra.
Anche se il 1° febbraio la cometa sarà relativamente vicina, la sua orbita non verrà modificata in modo apprezzabile, quindi tornerà verso la nube di Oort e – per quanto ci riguarda – non la vedremo più. Considerato che la ZTF arriva in prossimità del Sole da sopra il piano dell’eclittica, sarà ben visibile per gli osservatori nell’emisfero boreale.
MISURIAMO
LA CODA DELLA ZTF
In prima approssimazione, possiamo considerare che la coda della cometa sia opposta al Sole e vedere come se ne può stimare l’effettiva lunghezza nello spazio a partire dalla misura dell’angolo sotteso nelle immagini.
53 FENOMENO DEL MESE
» Dall’alto: la cometa ZTF ripresa il 16 agosto 2022 da Loiano (B0), quando era a 2,13 UA dalla Terra e 2,46 UA dal Sole, con una chioma larga circa 10mila km.
L’orbita della ZTF è leggermente iperbolica e a grande inclinazione sul piano dell’eclittica, tanto che viene percorsa in senso retrogrado. In figura è mostrata la posizione al 1° febbraio 2023 ( JPL/Small-Body Database).
Nelle riprese effettuate la sera del 16 agosto 2022, la ZTF mostrava una coda di polveri lunga circa 4 primi d’arco, ossia 0,067°. La misura della lunghezza è stata fatta con il software Astrometrica, che consente di mostrare la distanza fra due punti arbitrari dell’immagine. A quale
lunghezza equivale nello spazio l’angolo sotteso dalla coda? Supponiamo che la coda sia ortogonale alla linea di vista. Dalle effemeridi, sappiamo che la cometa era a 319,4 milioni di km dalla Terra; quindi, con una estensione di 0,067°, doveva essere lunga almeno
370mila km. Ma questo è solo un limite inferiore: in realtà, a causa della inclinazione della coda, la sua lunghezza effettiva era tre volte maggiore, circa 913mila km.
ASPETTO E VISIBILITÀ DELLA COMETA
La ZTF era dunque già visibile con la sua lunga coda lo scorso agosto in prima serata nella costellazione di Ercole, ma molto debole, perché aveva una magnitudine apparente di +13. Aveva una chioma di colore verde e mostrava un’intensa coda di polveri di colore giallastro: un soggetto alla portata di un piccolo telescopio e di una camera Ccd/ Cmos. Il colore della chioma è dovuto all’emissione delle bande di Swan della molecola di carbonio biatomico, che dominano lo spettro cometario fra 470 e 563,5 nm, nella regione ciano-verde del visibile. La ZTF è rimasta in Ercole per tutto il mese di agosto, per poi passare nella costellazione della Corona Boreale, dove all’inizio di novembre ha raggiunto la magnitudine apparente +10. L’elongazione dal Sole ha raggiunto un minimo di circa 43° attorno all’11 novembre e poi ha ripreso a crescere, così come la declinazione, con la cometa in rapido spostamento verso le costellazioni del Drago, dell’Orsa Minore e della Giraffa. Il 12 gennaio 2023 la ZTF passerà al perielio a 1,11 UA dal Sole,
*ALBINO CARBOGNANI
ASTRONOMO DELL’INAF-OAS, OSSERVA SATELLITI, SPACE DEBRIS, ASTEROIDI E COMETE CON IL TELESCOPIO “CASSINI” DA 1,5 METRI DI DIAMETRO DELLA STAZIONE ASTRONOMICA DI LOIANO (BO).
54 FENOMENO DEL MESE DI ALBINO CARBOGNANI
DI CHE COSA È FATTA UNA COMETA
Il nucleo di una cometa ha dimensioni che vanno da pochi chilometri ad alcune decine di km ed è composto in parte da materiali volatili, come ghiaccio d’acqua, monossido di carbonio, anidride carbonica, metano e ammoniaca, ma anche da rocce e metalli, più un certo numero di composti organici complessi.
I materiali volatili sublimano, passando direttamente dallo stato solido a quello gassoso quando il nucleo si avvicina abbastanza al Sole; da qui la formazione della chioma, la tenue atmosfera che circonda il nucleo. La chioma si rinnova continuamente, perché la debole forza di gravità del nucleo non riesce a trattenere i gas attorno a sé. Insieme ai gas, vengono emessi nello spazio anche polveri e frammenti di roccia; la chioma, quindi, ha una composizione variegata. L’atmosfera scompare quando la cometa, passato il perielio, torna verso la periferia del Sistema solare: la temperatura del nucleo si abbassa drasticamente e l’attività di sublimazione cessa.
La caratteristica più spettacolare della cometa è la sua coda, anzi le sue code: quella di polveri e quella di ioni. La coda di polveri è composta dai frammenti solidi che si staccano dal nucleo in seguito alla sublimazione dei materiali volatili superficiali, vanno a formare la chioma e vengono spinti in direzione opposta al Sole dalla pressione della radiazione solare. Mentre si allontanano dal nucleo, i granelli di polvere mantengono inalterato il loro momento angolare, perché sia la forza di gravità sia la pressione della radiazione agiscono in senso radiale. Di conseguenza, più si allontanano dal Sole, più la loro velocità diminuisce e la coda di polveri assume una forma incurvata. La coda di ioni, invece, viene generata in seguito all’interazione degli ioni presenti nella chioma della cometa con il vento solare, il flusso di elettroni, protoni e nuclei di elio proveniente dal Sole. La direzione di questa coda è data dalla composizione della velocità del nucleo con quella del vento solare e quindi non sarà in direzione esattamente opposta al Sole.
una distanza che dovrebbe consentire al nucleo di “sopravvivere” all’attività di sublimazione. Dal 17 gennaio al 5 febbraio la declinazione sarà talmente elevata che la cometa diventerà circumpolare per le latitudini italiane; pertanto, sarà sempre visibile in cielo durante tutta la notte.
A partire dal 24 gennaio la cometa dovrebbe essere visibile a occhio nudo, o meglio con un piccolo binocolo: il condizionale è d’obbligo, dato che non è facile prevedere l’attività di un nucleo cometario dopo il perielio. In ogni caso, la minima distanza dalla Terra sarà raggiunta il 1° febbraio 2023, con la cometa a 0,28 UA dal nostro pianeta. Quel giorno la Luna sarà in fase 0,83 crescente e con la sua luce disturberà l’osservazione, anche se sarà a circa 90° dalla cometa.
» La cometa ZTF ripresa la sera del 16 ottobre scorso. Ben visibile la coda di polveri di colore giallo e incurvata, una chioma interna ricca di polveri e una esterna di gas di colore verde (Sky & Telescope/Dan Barlett).
La ZTF, in prima serata, sarà a circa 60° di altezza sull’orizzonte nella costellazione della Giraffa e raggiungerà la massima luminosità apparente: le stime della magnitudine vanno da un prudente +5,4 a un più ottimista +4,0. Il valore effettivo dipenderà da come sarà l’attività del nucleo dopo il perielio. Il periodo di fine visibilità a occhio nudo sarà attorno alla prima decade di febbraio, dopo di che la cometa avrà declinazioni sempre più meridionali e diventerà invisibile dalle nostre latitudini. Per riprendere la cometa al telescopio, ricordiamo che le coordinate celesti per il puntamento dello strumento sono reperibili sul sito web del Minor Planet Center (bit.ly/3EKM5XX). Per ottenere le sue effemeridi, è necessario inserire la sigla C/2022 E3, la data e infine latitudine, longitudine e quota del proprio sito. Buone osservazioni!
55 FENOMENO DEL MESE
INIZIO MESE METÀ MESE FINE MESE
della notte astronomica
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» Il cielo visibile da Roma alle ore 00.00 TC a metà mese. La mappa è valida in tutta Italia. il SOLE CIELO DEL MESE DI TIZIANO MAGNI*
FENOMENO
Inizio crepuscolo 05h 57m 05h 56m 05h 48m Sorge 07h 38m 07h 35m 07h 24m Culmina 12h 13m 12h 19m 12h 23m Tramonta 16h 48m 17h 04m 17h 23m Fine crepuscolo 18h 29m 18h 43m 18h 59m Durata
11h 28m 11h 14m 10h 49m
IL PLANISFERO CELESTE / GENNAIO
la LUNA
Il pallino rosso sulla circonferenza lunare mostra il punto di massima librazione alle 0h di Tempo Civile del giorno considerato: le sue dimensioni sono proporzionali all’entità della librazione il cui valore massimo è di circa 10°
fenomeni LUNARI
il 7 alle 0h 07m
il 15 alle 3h 10m
il 21 alle 21h 53m
il 28 alle 16h 18m
il 5 febbraio alle 19h 28m
Massime librazioni in latitudine
il 9 alle 0h - visibile il Polo sud il 22 alle 10h - visibile il Polo nord il 5 febbraio alle 2h - visibile il Polo sud
Massime librazioni in longitudine
il 16 alle 2h - visibile il lembo orientale il 27 alle 18h - visibile il lembo occidentale
Apogeo 406.458 km l'8 alle 10h 19m
Perigeo 356.569 km il 21 alle 21h 57m
Apogeo 406.476 km il 4 febbraio alle 9h 54m
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CIELO DEL MESE
CIELO DEL MESE
SOLE e PIANETI
SOLE
Sta lentamente risalendo l'eclittica in direzione dell'equatore celeste; il 20 si sposta dal Sagittario nel Capricorno, ma è solo a fine mese che gli effetti sulla durata del giorno divengono rilevabili, con un guadagno complessivo nelle ore di luce di 50 minuti. Il 4 gennaio alle 17:17 la distanza tra la Terra e il Sole raggiunge il minimo valore annuale di 0,98330 UA (vedi l’articolo a pag. 42).
MERCURIO
È in congiunzione inferiore con il Sole il giorno 7 ed è invisibile fin quasi a metà mese, quando emerge rapidamente dalle luci dell’alba nel Sagittario, divenendo osservabile nelle migliori condizioni. Il 18 è stazionario ma la distanza angolare dal Sole aumenta fino al 30, quando raggiunge la massima elongazione occidentale di 25°. Negli ultimi giorni del mese è protagonista di alcune congiunzioni con diverse stelle, la più luminosa delle quali è Nunki (Sigma Sagittarii), di 2a magnitudine, 4°,8 a nord della quale transita il 28.
VENERE
È inizialmente visibile tra le luci del tramonto nel Sagittario ma la sua visibilità è in costante aumento e nella seconda metà del mese il pianeta cala sotto l’orizzonte orientale dopo la scomparsa delle ultime luci del crepuscolo. Il giorno 2 si sposta nel Capricorno, dove il 22 è protagonista di una congiunzione ravvicinata con Saturno, 22' a sud di quest’ultimo; il 24 entra nell’Acquario.
Posizioni eclittiche geocentriche del Sole e dei pianeti tra le costellazioni zodiacali: i dischetti si riferiscono alle posizioni a metà mese, le frecce colorate illustrano il movimento nell’arco del mese.
La mappa, in proiezione cilindrica, è centrata sul Sole: i pianeti alla destra dell’astro del giorno sono visibili nelle ore che precedono l’alba, quelli a sinistra nelle ore che seguono il tramonto; la zona celeste che si trova in opposizione al Sole non è rappresentata. Le posizioni della Luna sono riferite alle ore serali delle date indicate per la Luna crescente e alle prime ore del mattino per quella calante.
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DI TIZIANO MAGNI
MARTE
È visibile per gran parte della notte nel Toro, poco più di 8° a nord di Aldebaran (Alfa Tauri), e 9° a est delle Pleiadi, alle quali si avvicina marginalmente fino al giorno 12, quando è stazionario in Ascensione Retta, quindi torna ad assumere moto diretto e ad allontanarsi dall’ammasso.
Il suo diametro angolare diminuisce progressivamente, ma a fine mese è ancora di oltre 10”.
GIOVE
È visibile nella prima parte della notte nella parte orientale dei Pesci, preceduto, una decina di gradi a sud-ovest nell’Acquario, dal debole Nettuno. Il giorno 20 è al perielio, a una distanza dal Sole di poco meno di 741 milioni di km; a fine mese tramonta 3 ore dopo il termine del crepuscolo astronomico.
Effemeridi geocentriche di Sole e pianeti alle 00h 00m di Tempo Civile delle date indicate.
Per i pianeti sono riportati fase e asse di rotazione (nord in alto, est a sinistra).
Levate e tramonti sono riferiti a 12°,5 E e 42° N: un asterisco dopo l’orario indica l’Ora Estiva.
Nella riga Visibilità sono indicati gli strumenti di osservazione consigliati: l’icona di “divieto” indica che il pianeta non è osservabile.
Le stelline (da 1 a 5) misurano l’interesse dell'osservazione.
Visibilità dei pianeti. Ogni striscia rappresenta, per ognuno dei cinque pianeti più luminosi, le ore notturne dal tramonto alla levata del Sole, crepuscoli compresi; quando il pianeta è visibile la banda è più chiara.
Le iniziali dei punti cardinali indicano la posizione sull'orizzonte nel corso della notte.
SATURNO
È visibile di sera nel Capricorno: il 2 transita 1°,4 a nord di Gamma Capricorni, mentre il 19 è in congiunzione con Deneb Algedi (Delta Capricorni), 1°,4 a nord. Nella terza decade viene superato, 22' a sud, da Venere. La sua visibilità va diminuendo sempre più e alla fine del mese cala 1h 10m dopo il Sole.
URANO
È visibile per buona parte della notte meno di 1° a nord-ovest della stella Sigma Arietis, di magnitudine +5,5; il giorno 23 è stazionario, quindi torna ad assumere moto diretto.
NETTUNO
È visibile di sera nell’Acquario, alcuni gradi a sud-ovest della stella di 5a magnitudine 20 Piscium, alla quale va lentamente avvicinandosi. Alla fine del mese tramonta approssimativamente due ore dopo il termine del crepuscolo serale.
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CIELO DEL MESE
FENOMENI del mese
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SATURNO E GAMMA CAPRICORNI IN CONGIUNZIONE
I pianeti esterni prima dell’opposizione al Sole invertono la direzione del moto, diventando retrogradi; ma dopo l’opposizione invertono il moto una seconda volta, tornando a essere diretti. Così, può accadere che un pianeta venga a trovarsi in congiunzione con una
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LUNA, MARTE E ALDEBARAN DI SERA
Per l’intero mese, al termine del crepuscolo serale, alta sull’orizzonte spicca in prossimità del meridiano una coppia di brillanti astri dalla caratteristica colorazione aranciata, separati da 8°: si tratta di Marte, il più a nord e più luminoso dei due, e Aldebaran (Alfa Tauri).
La sera del 3 vengono raggiunti dalla Luna gibbosa crescente, quasi completamente illuminata dal Sole: il nostro satellite naturale è in congiunzione con il Pianeta rosso poco dopo le 20:00 TC, ma la distanza che li separa raggiunge il valore minimo di 51’ un’ora più tardi. Alle 3:14 del giorno 4 è invece Aldebaran a essere in congiunzione con la Luna, in transito 7°,7 a nord. Nel disegno è raffigurata la configurazione celeste osservabile alle 21:00 TC del giorno 3.
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MASSIMO DELLO SCIAME DELLE QUADRANTIDI
particolare stella per ben tre volte nell’arco di alcuni mesi, come nel caso di Saturno e di Gamma Capricorni che il 4 aprile e il 6 agosto 2022 hanno condiviso la stessa Ascensione Retta. Nelle ore serali del 2 gennaio si produce la terza e ultima congiunzione della serie, con il pianeta inanellato in transito 1°,4 a nord della stella.
Nelle ore che precedono l'alba raggiunge il massimo di attività lo sciame meteorico delle Quadrantidi. Per il nostro Paese il radiante è circumpolare ed è sempre visibile, ma risulta più alto sull'orizzonte nella seconda parte della notte. È generalmente possibile avvistare qualche meteora dello sciame per tutta la prima decade del mese gennaio, ma l'istante di massima attività, con valori dello Zhr (tasso orario zenitale) attorno a 120, dovrebbe cadere poco prima delle 4:00 TC del giorno 4. Purtroppo, la notte tra il 3 e il 4 gennaio le osservazioni risulteranno disturbate dalla presenza in cielo, per gran parte della notte, della Luna quasi completamente Piena, che tramonta qualche decina di minuti prima dell'inizio dell'alba, lasciando il cielo completamente buio solo per breve tempo. Nel disegno è raffigurato il cielo sull'orizzonte nord-orientale alle 5:45 TC.
60
CIELO
OCCHIO NUDO CON BINOCOLO CON TELESCOPIO PERICOLO SOLE NON VISIBILE
DEL MESE DI TIZIANO
MAGNI
7-8
ALGOL IN ECLISSE
Il giorno 7, nelle ore serali, è possibile seguire un’eclisse della variabile Algol abbastanza favorevole; il fenomeno ha inizio poco prima della scomparsa delle ultime luci del crepuscolo serale, mentre la fase massima, quando Beta Persei raggiunge la luminosità minima
(magnitudine +3,4), è prevista per le 22:20 TC. Osservazioni della stella ripetute almeno ogni mezz’ora permetteranno di ammirare la discesa verso il minimo e il successivo ritorno al massimo splendore (magnitudine +2,1), che verrà raggiunto poco prima delle 2:30 dell’8 gennaio.
15LUNA E SPICA AL MATTINO
Nelle prime ore del giorno, sull’orizzonte orientale è possibile assistere alla levata quasi contemporanea dell’Ultimo Quarto di Luna e della bianco-azzurra scintilla di Spica.
La congiunzione in Ascensione Retta tra il nostro satellite naturale e Alfa Virginis, 3°,6 a sud, si verifica la sera del 14, quando non è osservabile, ma la distanza che separa i due astri diminuisce ulteriormente per alcune ore, fino a raggiunge il valore minimo di 3°,1 pochi minuti prima delle 2:00 TC, producendo la configurazione celeste raffigurata nel disegno.
8
OPPOSIZIONE DI (2) PALLAS
Un binocolo è sufficiente per seguire il pianetino (2) Pallas nella costellazione del Cane Maggiore, una decina di gradi a sud della brillante Sirio (Alfa Canis Majoris).
In opposizione al Sole il giorno 8, quando raggiunge la magnitudine visuale +7,6, all’inizio dell’anno (2) Pallas si trova poco più di 1° a nordest della stella di 3a magnitudine Kappa CMa, a nord della quale transita la notte tra il 7 e l’8 gennaio. Il pianetino passa 26’ a nord-est di 10 CMa, di magnitudine +5,2, la mattina del 12 e poi si dirige, muovendosi quasi verticalmente, verso Beta CMa, transitando 6’ a ovest della stella di 4a magnitudine Xi1 CMa la mattina dell’8 febbraio. La mappa è completa fino alla magnitudine +9,0.
61 CIELO DEL MESE
18-19
TERZA CONGIUNZIONE TRA SATURNO E DENEB ALGEDI
Un’altra stella protagonista di una tripla congiunzione con Saturno è Deneb Algedi, la stella posta alla base della coda della figura zodiacale del Capricorno; dopo quelle del 2 maggio e del 9 luglio dello scorso anno, il pianeta inanellato è in congiunzione per la terza volta con Delta Capricorni nelle prime ore del 19. Il momento migliore per osservare Saturno 1°,4 a nord della stella è al termine del crepuscolo nautico, con i due astri che vanno avvicinandosi sempre più all’orizzonte occidentale.
20-24
INCONTRO RAVVICINATO SERALE TRA VENERE E SATURNO
Mentre la visibilità serale di Saturno va diminuendo, dalle luci del crepuscolo sta emergendo Venere, luminoso protagonista delle sere del 2023 fino a luglio inoltrato. Animato da un più veloce moto diretto, Venere si avvicina rapidamente a Saturno, transitando 22’ a sud del pianeta la sera del 22 gennaio. La mattina del 23 i due pianeti vengono raggiunti da una sottile falce di Luna crescente, ma le congiunzioni che ne derivano non sono direttamente osservabili. Nel disegno sono riportate le posizioni reciproche di Venere e Saturno alle 18:00 TC, quando il cielo è ancora rischiarato dalle luci del tramonto, nei giorni compresi tra il 20 e il 24 gennaio, e il transito della Luna la sera del 23.
LUNA E GIOVE DI SERA
Al termine del crepuscolo serale è possibile ammirare, a un’altezza di circa 30° sull’orizzonte sud-occidentale, una bella configurazione celeste con la falce crescente della Luna 7° “sotto” la brillante scintilla di Giove, al quale il nostro satellite naturale va avvicinandosi: la congiunzione in Ascensione Retta si verificherà nelle prime ore del giorno 26. Le osservazioni potranno estendersi per poco meno di due ore, dopodiché i due oggetti caleranno, intorno alle 22:00 TC, sotto l’orizzonte.
CIELO DEL MESE DI TIZIANO MAGNI 62
25
14-31
MERCURIO ALL’ALBA
Dalla seconda decade di gennaio è possibile osservare con relativa facilità, in prossimità dell’orizzonte orientale, Mercurio tra le luci dell’alba. La mattina del giorno 19 il pianeta è accompagnato, 17° più a “destra”, da una sottile falce di Luna calante, in congiunzione con il pianeta il mattino seguente. Il 24 raggiunge la massima altezza apparente sull’orizzonte nell’istante d’inizio del crepuscolo nautico, con il Sole 12° sotto la linea dell’orizzonte, ma è solo il giorno 30 che Mercurio viene a trovarsi alla massima elongazione occidentale di ben 25°. Nel disegno sono riportate le posizioni del pianeta sull’orizzonte sud-orientale all’inizio del crepuscolo nautico per il periodo di miglior visibilità, che dal 14 gennaio si estende fino al 10 febbraio.
30-31
LUNA, PLEIADI, ALDEBARAN E MARTE
Il transito della Luna in fase gibbosa crescente nella costellazione zodiacale del Toro produce regolarmente ogni “mese lunare” delle configurazioni celesti in grado di catturare l’attenzione anche di chi è meno esperto nell’osservazione del cielo.
Sono tre le congiunzioni di rilievo di cui è protagonista il nostro satellite naturale: la prima è quella con le Pleiadi, 3°,3 a sud delle quali transita la mattina del 30; seguono, la mattina seguente, quelle con Marte, 49’ a sud del pianeta con relativa occultazione non visibile dall’Italia, e con Aldebaran (Alfa Tauri), 7°,4 a nord. Le osservazioni delle mutevoli configurazioni possono essere condotte a partire dal termine del crepuscolo serale del giorno 30 fino alla calata della Luna sotto l’orizzonte nord-occidentale, poco dopo le 3:00 TC del 31.
22/1-11/2
VISIBILE LA COMETA C/2022 E3 (ZTF)
Nell’ultima decade di gennaio e nella prima di febbraio si rende visibile la cometa C/2022 E3 (ZTF), che potrebbe raggiungere la magnitudine +5,4 all’inizio di febbraio, quando si troverà alla minima distanza dalla Terra di 42 milioni di km (vedi l’articolo a pag. 52).
La cometa è circumpolare per tutto il periodo e dovrebbe mantenersi più brillante della magnitudine +6 fino al 10 febbraio. Inizialmente nella costellazione del Drago ai confini con il Boote, la cometa si muove rapidamente in direzione del Polo nord celeste, passando ad alcuni gradi da Beta Ursae Minoris la sera del 27 gennaio, per poi entrare nella Giraffa, passando 10° a sud della Polare a fine mese. La cometa “scende” poi verso Marte, che raggiungerà l’11 febbraio, dopo essere passata 1° a ovest di Capella (Alfa Aurigae), la notte tra il 5 e 6 febbraio.
63 CIELO DEL MESE *TIZIANO MAGNI ESPERTO DI MECCANICA CELESTE, ELABORA LE PREVISIONI DI FENOMENI ASTRONOMICI CON SOFTWARE APPOSITAMENTE REALIZZATI (WWW.TIZIANOMAGNI.IT). • 3 FEBBRAIO: CONGIUNZIONE SERALE TRA LUNA E POLLUCE (BETA GEMINORUM) • 4 FEBBRAIO: LA LUNA 3°,3 A NORD DEL PRESEPE NELLA PRIMA DECADE DI FEBBRAIO CI ATTENDONO • 5 FEBBRAIO: MARTE IN CONGIUNZIONE CON ALDEBARAN • 6 FEBBRAIO: LUNA E REGOLO DI SERA I testi completi dei fenomeni sul prossimo numero di Cosmo e sul sito bfcspace.com
64 OSSERVAZIONI DI PIERO MAZZA* TRA STELLE E GALASSIE DI UN SINUOSO FIUME CELESTE NAVIGANDO LUNGO
» Mappa della costellazione di Eridano (Perseus).
L’ERIDANO
Gennaio è uno dei mesi migliori per osservare l’Eridano, una vasta costellazione di 1138 gradi quadrati, situata nell’emisfero meridionale e assai estesa in declinazione (si spinge sin quasi a -60°). A nord lambisce l’equatore celeste, incuneandosi tra Orione e la Balena, mentre a partire dai -30°, declinazione limite per un’osservazione agevole dalle latitudini italiane, si snoda verso sud-ovest, lambendo una serie di costellazioni interessanti, ma meno note, perché difficilmente osservabili. Gli abitanti del sud Italia saranno più avvantaggiati nel seguire le deboli stelline che via via si perdono verso l’orizzonte. Purtroppo, la stella più luminosa della costellazione, che presentiamo per completezza, non è visibile neppure da Capo Passero. Sono state certe catene sinuose di stelle a suggerire agli antichi le figure di draghi, serpenti e, nel nostro caso, di un fiume, che col nome di Eridano era già noto sin dai tempi di Eudosso. Erodoto lo ricorda come “un fiume che sfocia nel mare settentrionale donde veniva l’ambra gialla” e più tardi venne identificato con il Po o con il Rodano, fiumi lungo i quali avveniva il commercio di questa pietra.
Eridano richiama il mito di Fetonte, figlio di Helios e di Climene, cui il padre aveva consentito, per un sol giorno, di guidare il carro infuocato del Sole. Non essendo in grado di reggere i focosi cavalli, il giovane si avvicinò troppo al Sole; fece così inaridire il Cielo e la Terra, lasciando come segno di bruciatura la Via Lattea. Gli effetti furono così devastanti che Zeus fulminò
l’incauto auriga, facendolo precipitare nel fiume. Le sorelle di Fetonte, le Eliadi, ne piansero la morte e vennero mutate in pioppi dagli dèi impietositi.
PARTENDO DALLA FOCE
Gli Arabi chiamavano questa regione celeste Al Nahr, ossia “fiume”, tant’è che la stella Achernar (Alfa Eridani), deriva il nome da Acher-al-Nahr, che significa “foce del fiume”.
La stella figura già nel catalogo di Tolomeo, sebbene non fosse visibile ad Alessandria d’Egitto. Tolomeo ne ebbe conoscenza da viaggiatori che si spingevano più a sud e ciò può spiegare il motivo della grande incertezza con cui in passato era nota la posizione dell’astro.
Achernar non è osservabile dall’Italia, in quanto è situata a ridosso del confine meridionale della costellazione, ma i turisti che si recano in corrispondenza dell’equatore o nell’emisfero meridionale hanno la possibilità di vederla brillare in cielo in prima serata in questo periodo. È una brillante stella azzurra di prima grandezza, appartenente alla Sequenza Principale, di luminosità 3000 volte maggiore di quella solare e con una temperatura superficiale di 20mila gradi. Si trova al nono posto nella classifica delle stelle più luminose e si trova alla distanza di 140 anni luce.
È molto schiacciata ai poli a causa della elevata velocità di rotazione,
65 OSSERVAZIONI
» Rendering della stella Achernar (Wikimedia Commons).
» Una ripresa di NGC 1300 effettuata dal telescopio spaziale Hubble
il che spiega la sua perdita di massa, a un tasso migliaia di volte più elevato di quello solare, con la conseguente formazione di un debole disco di idrogeno attorno al piano equatoriale.
Le altre stelle dell’Eridano sono decisamente più deboli, dalla terza grandezza in su. Quando Bayer, nel 1603, attribuì le lettere greche alle stelle della costellazione, dovette usare una stessa lettera più volte a causa della loro numerosità. Abbiamo così due stelle Omicron, tre Rho, quattro Ypsilon e addirittura nove Tau. Sarà invece vano cercare la Sigma, che curiosamente non corrisponde ad alcuna stella.
Il secondo posto in luminosità
spetta a Beta Eridani, nota anche come Kursa, che significa “sgabello”. In passato faceva parte della costellazione di Orione ed è situata solo 3,5 gradi a NNW di Rigel. Beta Eridani, di magnitudine 2,7, è una stella bianca distante 90 anni luce e 45 volte più brillante del Sole. La distanza angolare tra Alfa e Beta, situate ai capi opposti della costellazione, è di oltre 66 gradi. Omicron è costituita da una coppia larga, indicata come Omicron1 e Omicron2, distanti poco più di un grado in direzione NW-SE. La prima è una stella bianco-gialla di 4ª grandezza, distante 275 anni luce e 150 volte più brillante del Sole. La seconda è una delle stelle
triple più importanti del cielo, dato che contiene l’unica nana bianca osservabile visualmente con strumenti amatoriali. La Omicron2 A è una stella arancione di 4 mag. che appartiene alla Sequenza Principale ed è circa tre volte meno brillante del Sole; a 83” verso est si trova la debole compagna Omicron2 B, a sua volta doppia. Quest’ultima è composta da una nana bianca di 9,6 mag. e da una piccola stella rossa di 11 mag., che
66 OSSERVAZIONI DI PIERO MAZZA
*PIERO MAZZA MUSICISTA DI PROFESSIONE, È UN APPASSIONATO VISUALISTA, CON MIGLIAIA DI OSSERVAZIONI DEEP SKY CONSULTABILI DAL SITO WWW.GALASSIERE.IT.
Oggetto AR (2000) Dec. (2000) Dim. Mag. Tipologia
Alfa Eri (Achernar) 01h 37,7m −57°14’ 0,4 Spettro B6
Beta Eri (Kursa) 05h 07,8m −05°05’ 2,7 Spettro A3
Omicron 1 Eri 04h 11,8m −06°50’ 4,0 Spettro K1
Omicron 2 Eri 04h 15,3m −07°39’ 4,4 Spettro A3 (tripla)
NGC 1300 03h 19,7m −19°25’ 6’×5’ 10,3 Spirale SB
NGC 1232 03h 09,7m −20°35’ 6,5’×6’ 10,2 Spirale Sc
NGC 1232A 03h 10,0m −20°36’ ~ 45” 14,7 Galassia nana distorta
orbitano insieme in un periodo di 252 anni.
Lo stadio di nana bianca costituisce l’ultima tappa nell’evoluzione delle stelle di piccola massa (tra 0,1 e 1,4 masse solari) ed è caratterizzato da una densità elevatissima: basti pensare che Omicron2 B ha una massa di poco inferiore a quella del Sole, concentrata in una sfera di diametro solo doppio di quello terrestre. La densità è dell’ordine di 150 chilogrammi per centimetro cubo, ovvero 150mila volte superiore a quella dell’acqua. Questo oggetto così piccolo è relativamente facile da vedere, grazie alla sua distanza di soli 16 anni luce. Si può cercare questa coppia circa 15° a occidente di Rigel, per provare a discernere la differenza di colore al binocolo.
E NON MANCANO
LE GALASSIE
Nell’Eridano le galassie sono numerose e le troviamo disseminate dappertutto in questa vasta costellazione. Una delle più celebri è NGC 1300, prototipo delle spirali barrate di tipo B. A dispetto della sua fama, è un oggetto molto difficile da vedere visualmente, persino con strumenti da 25-30 centimetri di apertura, a causa della bassa luminanza superficiale. Alla quale
si deve aggiungere la declinazione negativa che non la fa mai culminare oltre i 25 gradi sull’orizzonte (almeno per gli osservatori del nord Italia), dove si fanno sentire foschia ed estinzione atmosferica.
La galassia presenta un piccolo nucleo brillante al centro di una tenuissima “barra”, approssimativamente orientata da est a ovest ed estesa tre primi; un debole nodulo ammicca un paio di primi verso nord-ovest. Lo spettro di NGC 1300 presenta uno spostamento verso il rosso di 1520 chilometri al secondo; questo si traduce in una distanza di 66 milioni di anni luce, se adottiamo per la costante di Hubble il valore di 75 chilometri al secondo per megaparsec, NGC 1232 è uno degli esempi più belli di spirali viste frontalmente. È una gigante dotata di un sistema di bracci spirale multiplo e molto regolare. Dopo un quarto di giro, ogni braccio di divide in due rami che sembrano via via sfilacciarsi in un fitto sistema che ricopre tutto il disco come una trina inframezzata da noduli brillanti in corrispondenza delle varie associazioni stellari.
La velocità di recessione comunemente accettata, pari a 1780 chilometri al secondo, è stata contestata da astronomi come de Vaucouleurs, che hanno ottenuto il
valore di 6500 chilometri al secondo da misure effettuate sulla riga H-alfa dell’idrogeno. Un risultato poco realistico, perché porterebbe a una magnitudine assoluta della galassia inferiore a -24: non esistono galassie così brillanti. Adottando, invece, il primo valore, abbiamo una magnitudine assoluta di circa -21, del tutto normale per una spirale di grandi dimensioni come questa, e una distanza di 78 milioni di anni luce. Purtroppo, anche questa galassia, per gli stessi motivi della NGC 1300, risulta deludente a un tentativo di osservazione visuale. Inoltre, la sua luminosità specifica (per unità di area) ammonta attorno alla 14a ed è più debole della precedente. Presenta una compagna, la NGC 1232A, situata 4’ a ESE dal nucleo della principale, osservabile in un telescopio di almeno 30 cm di apertura, dove appare solo in visione distolta come una debolissima chiazza a tratti rotondeggiante ed estesa circa 30”. Per questioni di contrasto visivo, è opportuno osservare entrambe le galassie a un ingrandimento tale da mantenere il campo oculare non inferiore a 20’. Pertanto, se l’oculare ha un campo apparente di 60°, occorre restare attorno ai 180x, indipendentemente dall’apertura del telescopio.
OSSERVAZIONI 67
STELLE E GALASSIE IN ERIDANO
LA DANZA COSMICA DEI
BUCHI NERI
QUANTA ENERGIA PRODUCONO LE FUSIONI DI OGGETTI COMPATTI?
Il Premio Nobel per la fisica 2017 è stato attribuito a Barry Barish e Kip S. Thorne, entrambi del Caltech (California Institute of Technology), e a Rainer Weiss del MIT (Massachusetts Institute of Technology), per il loro ruolo nella scoperta delle onde gravitazionali, come promotori e fondatori dei due interferometri Ligo (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory). Grazie a Ligo, è stata realizzata, il 14 settembre 2015, la prima rivoluzionaria rivelazione delle onde gravitazionali, giusto un secolo dopo la previsione teorica di Albert Einstein nella teoria della Relatività generale. Questa scoperta e quelle successive stanno cambiando la comprensione dell’Universo. Il primo segnale rivelato (GW150914, ovvero Gravitational Wave del 14/09/15) è in perfetto accordo con quanto previsto nella coalescenza di due corpi massicci compatti che formano un sistema binario. In particolare, l’analisi del segnale ha permesso di stabilire che il sistema binario originario era composto da due buchi neri rispettivamente di 36 e 29 masse solari. La fusione ha dato origine a un unico buco nero con una massa risultante di circa 62 masse solari. Quest’ultimo valore è inferiore
alla somma delle masse iniziali (36 + 29 = 65!) e ci dice quindi che quindi circa tre masse solari mancano all’appello. Questa massa mancante è stata convertita in energia e irraggiata sotto forma di onde gravitazionali. L’evento di fusione dei due buchi neri si è verificato a circa 1,3 miliardi di anni luce di distanza. La sua violenza è stata tale da provocare uno tsunami nella struttura dello spazio-tempo che si è propagato fino a noi.
SEMPRE PIÙ VICINI
FINO ALL’ABBRACCIO
Un sistema astrofisico di grande interesse nella caccia alle onde gravitazionali è quello costituito da due oggetti compatti che orbitano attorno al centro di massa sotto la reciproca attrazione gravitazionale. Progenitori di onde gravitazionali, quindi, possono essere sistemi binari di buchi neri, di stelle di neutroni oppure misti (buco nero e
68
L’ORA DI ASTARONOMIA A CURA DI ANDREA SIMONCELLI*
» Il fisico americano Kip S. Thorne, premio Nobel per la fisica 2017 insieme a Barry Barish e a Rainer Weiss, è stato consulente scientifico per il film Interstellar.
»
L’onda rilevata dagli interferometri Ligo, uno a Livingston, in Lousiana (curva blu) e l’altro a Hanford, nello stato di Washington (curva rossa). I segnali corrispondono a un’onda gravitazionale emessa da un sistema binario di buchi neri di circa 29 e 36 masse solari. In alto è illustrata l’evoluzione di un sistema binario di buchi neri, con le tre fasi descritte nel testo (Aurore Simonnet).
stella di neutroni). L’evoluzione di questi sistemi binari è quello della coalescenza, con dei tempi più o meno lunghi a seconda delle masse in gioco, durante la quale si distinguono principalmente tre fasi. La prima fase è il lento avvicinamento dei due oggetti compatti che seguono traiettorie a spirale (inspiral). Dato che il sistema perde energia con l’emissione di onde gravitazionali, i due oggetti compatti compiono un movimento simile a una danza, che all’inizio è lento e poi è sempre più rapido, mentre i due oggetti si avvicinano sempre di più, fino a giungere alla fusione (coalescenza) in un solo oggetto
(seconda fase, detta merger). L’oggetto così formato oscilla rapidamente e si assesta nel suo stato di equilibrio (terza e ultima fase, il cosiddetto ringdown).
L’EQUAZIONE EINSTEINIANA
Il violento processo di fusione osservato per GW150914 è stato caratterizzato da un rilascio di energia equivalente alle tre masse solari perse nella fusione e liberata sotto forma di onde gravitazionali. La massa del Sole è 2 x 1030 kg e questo valore è un’unità di uso frequente per rappresentare le masse in astronomia. Per GW150914 c’è stata quindi una trasformazione di
circa il 5% della massa (m) in energia (E) secondo la famosa equazione E = m c2, dove “c” è la velocità della luce nel vuoto, pari a 3 x 108 m/s. Applichiamo la formula per calcolare quanta energia è stata convertita in onde gravitazionali. Otteniamo: E = 5,4 x 1047 J dove J è il simbolo del joule, l’unità di misura dell’energia nel Sistema Internazionale e che prende il nome dal fisico inglese James Prescott Joule. Questo valore enorme rappresenta l’energia totale irradiata sotto forma di onde gravitazionali, quasi interamente negli ultimi 0,2 secondi della fase di spiraleggiamento, quindi con una potenza di 2,7 x 1048 W. In una frazione di secondo l’evento GW150914 ha liberato un’energia pari a cinquanta volte quella di tutte le stelle dell’Universo osservabile!
PER LA PROSSIMA PUNTATA
L’ORA DI ASTRONOMIA
Questa rubrica vuole avere una connotazione didattica, per stimolare i lettori ad approfondire l’indagine del cielo anche con gli strumenti della matematica e della fisica. Chi si ferma su queste pagine scopre che può arrivare a comprendere come funziona l’Universo, con l’aiuto di una semplice calcolatrice Domande, risposte e proposte riguardanti i problemi di calcolo astronomico possono essere inviate in redazione, all’indirizzo stroppa@bfcmedia.com
LE NOSTRE SOLUZIONI
Ecco le soluzioni dei problemi proposti nella puntata precedente (“Il raggio di Schwarzschild”), pubblicata su Cosmo n. 33 (novembre 2022).
Per una nana bianca, con una massa simile a quella del Sole (M = 2 x 1030 kg) e un raggio paragonabile a quello terrestre (R = 6370 km = 6,37 x 106 m), la velocità di fuga è circa 6,47 x 106 m/s, ovvero 6470 km/s. Il raggio di Schwarzschild della Luna è pari a 0,1 mm, lo spessore di un capello! Quello di Sgr A* è 1,19 x 1010 m, ovvero 11,9 milioni di chilometri.
Prendiamo in considerazione l’evento GW190521, un segnale gravitazionale da record, che è stato captato il 21 maggio 2019 dagli interferometri statunitensi Ligo e dall’italiano Virgo Due buchi neri di ben 66 e 85 masse solari rispettivamente si sono fusi insieme, dando una enorme scossa alla struttura dello spazio-tempo che si è trasmessa fino a noi in forma di onde gravitazionali.
Dato che il prodotto della fusione dei due mostri del cielo è un buco nero di 142 masse solari, quanta energia è stata convertita in onde gravitazionali da questo evento?
69
ASTRONOMIA
L’ORA DI
*ANDREA SIMONCELLI LAUREATO IN ASTRONOMIA A BOLOGNA, È UN RICERCATORE, DOCENTE E DIVULGATORE SCIENTIFICO.
70
DI GIOVANNI BONINI*
STRUMENTI
» Il Doppio ammasso aperto (NGC 869 – NGC 884)
nella costellazione del Perseo è un ottimo target per un rifrattore a corta focale. Ma questa foto è eseguita con uno strumento da 200/1000 mm (Massimo Di Fusco).
IRIFRATTORI ACROMATICI
A CORTA FOCALE
STRUMENTI ADATTI PER IL CIELO E LA TERRA, ECONOMICI E FACILMENTE TRASPORTABILI
Il passaggio della cometa C/2022 E3 ZTF (vedi l’articolo a pag. 52) è l’occasione di puntare un telescopio verso il cielo per seguire il suo cammino tra le stelle e per questo genere di osservazione i telescopi più adatti sono i rifrattori acromatici a corta focale. Generalmente abbastanza compatti, economici e leggeri, questi strumenti possono offrire interessanti visioni panoramiche di oggetti celesti e terrestri. Essendo a corta focale, producono immagini con un certo cromatismo residuo. Inoltre, sono possibili delle aberrazioni al bordo del campo. Questi difetti si eliminano con i rifrattori apocromatici dotati di correttori/spianatori di campo, che però sono strumenti molto più costosi.
I più diffusi acromatici “corti” sono quelli da 80 mm di diametro e 400 mm di lunghezza focale (quindi con un rapporto focale f/5 = 80 mm / 400 mm).
Questi strumenti raccolgono abbastanza luce, anche se non come i loro fratelli maggiori, disponibili in varie taglie (per esempio: da 102, 120 e 150 mm di diametro). In condizioni favorevoli, possono offrire una discreta/buona visione del profondo cielo e di comete luminose. Inoltre, è possibile utilizzarli anche per l’osservazione di ambienti naturali diurni.
Se vengono abbinati a un oculare da 25 mm di focale, con un campo apparente di 60°, permettono di osservare a 16 ingrandimenti (16x = 400 mm / 25 mm), con un campo reale di 3,75° (= 60° / 16x). Il tutto con una pupilla d’uscita di 5 mm (= 80 mm / 16x). Essa è perfettamente sfruttabile, quando si osserva senza inquinamento luminoso, oppure se le luci cittadine disturbano in maniera contenuta.
Nonostante il cromatismo residuo, i rifrattori acromatici a corta focale possono essere utilizzati anche per sporadiche osservazioni lunari, planetarie e delle stelle doppie/multiple più facili da risolvere.
CHE COSA VEDERE IN CIELO
Con i miei tre rifrattori acromatici a corta focale, acquistati e utilizzati nell’arco di oltre 20 anni, sono riuscito a separare le quattro componenti visibili della
71 STRUMENTI
» A sinistra: un rifrattore acromatico da 80/400 millimetri montato su cavalletto.
In alto: il sistema di messa a fuoco di un rifrattore acromatico a corta focale. In basso: grazie a un deviatore diagonale come questo, è possibile osser vare il cielo stellato mantenendo una postura relativamente comoda.
stella Epsilon Lyrae e a riconoscere la duplicità della stella Polare Nonostante la generosa separazione angolare, la compagna non è così facile da vedere, a causa della notevole differenza di luminosità fra le due componenti.
Per queste e altre osservazioni, ho adoperato una lente di Barlow 2x (acromatica) e un oculare Plössl da 6,3 mm di focale. In questo modo, è possibile ottenere circa 127x, un ingrandimento generalmente ancora abbastanza sfruttabile, nonostante il cromatismo residuo. Sempre con il medesimo potere, ho ammirato Giove e Saturno, con la Divisione di Cassini riconoscibile. Interessante anche l’osservazione della Luna Per ammirarla, ho avvitato un filtro lunare al barilotto dell’oculare, così da ridurre l’abbagliamento.
Un oculare planetario da 6 mm di focale, dalla generosa estrazione pupillare (la distanza a cui porre l’occhio) e con un campo apparente relativamente ampio, mi ha permesso di mantenere una certa panoramicità, agevolando la ricerca degli oggetti da osservare nel “profondo cielo”. Ho potuto così fare una “scorpacciata” di ammassi stellari, galassie e nebulose, il tutto con relativa facilità. Belli gli ammassi
globulari M2 (nell’Acquario), M13 e M92 (in Ercole) e M15 (in Pegaso). Spettacolari la Ring Nebula (M57 nella Lira) e M27 (nella Volpetta). Più complessa, per via dell’inquinamento luminoso, l’osservazione di M76 (nel Perseo), nota come Little Dumbbell Nebula, poiché sembra una miniatura di M27 (Dumbbell Nebula).
Sempre molto interessanti la nebulosa diffusa M42 (in Orione) e le galassie Oculare
INGRANDIMENTO E CAMPO REALE IN UN RIFRATTORE ACROMATICO
72 STRUMENTI DI GIOVANNI BONINI
Ingrandimento Campo apparente Campo reale 4 mm 100x 52°
5
80x 60°
66,7x 52°
10
40x 82°
15
26,7x 82°
25
60°
52°
0,52°
mm
0,75° 6 mm
0,78°
mm
2,05°
mm
3,07°
mm 16x
3,75° 32 mm 12,5x
4,16°
M31 e M32 (in Andromeda), così come gli ammassi aperti NGC 869 e NGC 884 (nel Perseo). Un po’ elusive, ma riconoscibili, le galassie M81 e M82 (nell’Orsa Maggiore), con la seconda più affusolata della prima. Anche l’ammasso stellare M71 (nella Freccia) si è rivelato relativamente facile da rintracciare, nonostante l’inquinamento luminoso. Abbastanza soddisfacente anche la visione dell’ammasso aperto M52 (in Cassiopeia). E che cosa dire delle Pleiadi, l’ammasso stellare M45 nel Toro? Con un buon oculare da 25 mm di focale, è splendido. Senza dimenticare le comete, proprio gli oggetti da cui siamo partiti, come la 153P/Ikeya-Zhang, passata nel 2002 e osservata con un rifrattore da 80/400 abbinato a vari oculari.
I CERCATORI
I cercatori sono i piccoli cannocchiali di puntamento, utilissimi per cercare gli oggetti in cielo che si desidera osservare al telescopio. Sono fissati al tubo
COME E DOVE SI ACQUISTANO
telescopico e allineati in modo tale che l’oggetto centrato dal cercatore sia visibile anche all’oculare del telescopio.
In genere utilizzo quelli da 30 e 50 mm di diametro, a immagine capovolta. Ciò nonostante, apprezzo anche il sistema di puntamento che proietta un Led rosso, individuando la zona celeste oggetto d’interesse. Questo mirino non capovolge le immagini. Utilizzato con i rifrattori acromatici a corta focale, può rivelarsi particolarmente efficace. Infatti, con strumenti del genere, è relativamente facile ottenere un ampio campo visivo, soprattutto quando la focale è 400 mm.
La ricerca degli oggetti da osservare può essere agevolata dall’utilizzo di oculari panoramici, passando poi a quelli più potenti, qualora sia richiesto un ingrandimento maggiore. Questa modalità operativa permette di acquisire notevole familiarità con la sfera celeste, imparando l’esatta ubicazione dei vari oggetti, grazie alle mappe stellari.
I rifrattori acromatici a corta focale possono essere acquistati nei negozi specializzati. Si trovano anche su piattaforme di commercio elettronico, ma è preferibile, soprattutto per un primo acquisto, rivolgersi a personale esperto che possa dare un consiglio.
Aziende diverse possono avere politiche distributive differenti e la dotazione di serie può variare da un modello all’altro, così come il prezzo.
LE OSSERVAZIONI TERRESTRI
I rifrattori acromatici a corta focale sono strumenti che si possono utilizzare h24, quindi non solo di notte per osservare il cielo, ma anche di giorno per dedicarsi a panorami terrestri per osservazioni naturalistiche.
Per le osservazioni diurne, gli oculari a lunga focale sono fra i più indicati. Prestazioni interessanti si possono ottenere con oculari Plössl di buona qualità. Quelli da 32 mm di focale permettono di ottenere 12,5x (= 400 mm / 32 mm), con una pupilla d’uscita di 6,4 mm (= 80 mm / 12,5x), un valore molto valido per l’osservazione crepuscolare (alla ricerca di fauna selvatica come camosci, caprioli, cervi). Usando uno strumento da 80/400, oculari con focali troppo lunghe (come uno da 40 mm) porterebbero a pupille d’uscita eccessive, non sfruttabili completamente.
Alcuni modelli possono essere montati pure su cavalletto fotografico e questo li rende particolarmente versatili.
Ricordiamo che la visione del Sole, anche accidentale, attraverso uno strumento ottico può arrecare danni irreversibili alla vista, potendo causare la cecità, anche permanente, perfino in una frazione di secondo. Per questo motivo, bisogna evitare di puntare i telescopi verso il Sole. Lo stesso discorso vale per qualsiasi strumento ottico, binocoli e cannocchiali inclusi.
OSSERVAZIONI 73 STRUMENTI
*GIOVANNI BONINI È UN INGEGNERE CHE SI OCCUPA DI SPAZIO, PROJECT MANAGEMENT E COMUNICAZIONE.
» La stella “doppia-doppia” Epsilon Lyrae nella costellazione della Lira.
74 A CURA DI PIERO STROPPA CARICATE LE VOSTRE FOTO ASTRONOMICHE SU BFCSPACE.COM LA REDAZIONE SCEGLIERÀ LE MIGLIORI PER “LE VOSTRE STELLE” SONO TAGGATE DA UNA STELLA LE FOTO CHE HANNO VINTO LE NOSTRE SFIDE SOCIAL INQUADRA IL QR PER VISITARE LA GALLERY DELLE FOTO STELLE LE VOSTRE L’ALBA DELLA LUNA La Luna illuminata al 2% ripresa da Ragusa il 24/10/2022 Fotocamera Canon EOS R con obiettivo zoom Sigma 150-600 mm a 600 mm f/6,3 su cavalletto Manfrotto N. 4 pose da 1/6 s a 1 s a 6400 Iso elaborate con Lightroom e Photoshop. Autore: Gianni Tumino, Ragusa.
75 LE VOSTRE STELLE GALASSIA M33 DEL TRIANGOLO Ripresa da Forca Canapine (AP) il 28/10/2022 Rifrattore tripletto Apo Sky-Watcher Esprit 120/840 mm a f/7 su montatura SkyWatcher AZ EQ6 GT Camera QHY 168C (-20 °C) con filtro Idas LPS-D1 Guida Lodestar su rifrattore Sky-Watcher 70-500 mm Pose: 96x300 s, elaborate con PixInsight e Photoshop CS6. Autore: Saverio Ferretti, Spinetoli (AP).
L’ASTEROIDE DIDYMOS E LA CODA DI DIMORPHOS
Ripresi dalla Postazione Astronomica Sormano2, Bellagio Via Lattea L06 il 20/11/2022 Telescopio Schmidt-Cassegrain 14” f/6,7 su montatura GM2000 QCI Camera Moravian G2-1600 guidata da ED 80 mm f/6,25 con Barlow 3x, Lodestar e Phd Guiding2 Somma di 102 pose da 90 s (campo 13’x5’), elaborate con Maxim e Photoshop Didymos è il piccolo asteroide colpito dalla sonda Dart il 27 settembre scorso (vedi Cosmo n. 33).
Autore: Graziano Ventre, Bellagio (CO). Inquadra il QR per vedere il movimento di Didymos tra le stelle.
ECLISSE PARZIALE DI SOLE DEL 25 OTTOBRE 2022
Ripresa da Cornaredo (MI) il 25/10/2022
Rifrattore acromatico TecnoSky 60 mm f/4 su montatura HEQ5 Pro Camera Player One Neptune Cll con filtri Omega H-alfa 0,15 nm, Baader H-alfa 7 nm, Astronomik IR-UV cut Composizione di due filmati da 20 s ciascuno, eseguiti con esposizioni diverse per riprendere i dettagli superficiali e le protuberanze ed elaborati con AutoStakkert!, Registax6, Astroart3, Paint.net
Autore: Maurizio Walter Miehe, Cornaredo (MI).
LE VOSTRE STELLE 76
L’ESPRESSO. TUTTO CIÒ CHE ERA E TUTTO IL NUOVO CHE VERRÀ. lespresso.it L’ESPRESSO INIZIA UNA NUOVA STORIA. LE GUIDE DE L’ESPRESSO NELLE MIGLIORI LIBRERIE E SU AMAZON.
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a emissione di idrogeno ionizzato
ossigeno doppiamente ionizzato, distante circa 10mila anni luce, ripresa da Barrali
28/10/2022 Telescopio Celestron Rasa 8” su montatura Sky-Watcher EQ6-R Pro Camera ZWO ASI 183 MC-Pro con filtri Idas NBZ e Optolong L-pro
ZWO ASI 120 M Mini
s
30
LE VOSTRE STELLE LION NEBULA (SH2-132) IN CEFEO Nebulosa
e
il
Guida
Pose: 36x300
+
x10 s elaborate con PixInsight L’immagine è il risultato dell’integrazione di 40 scatti da 5 min ciascuno, ripresi con filtro a doppia banda stretta (H-alfa + OIII) e 30 scatti da 10 secondi ciascuno, in banda larga con filtro anti inquinamento. Autore: Giancarlo Melis, Barrali (Sud Sardegna).
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dei pianeti Walter Ferreri Cento meraviglie celesti Gabriele Vanin
L'osservazione
LE VOSTRE STELLE 80 REGIONI ATTIVE SOLARI AR 3112 E 3116 Riprese da Cornaredo (MI) il 07/10/2022 Telescopio Sky-Watcher Mak 180 mm a f/33 su montatura HEQ5 Pro Camera Player One Neptune Cll con filtri Baader Astrosolar 3,8ND, Baader Continuum, Baader IR-UV cut Somma di 500 frame su 4000 elaborati con AutoStakkert!, Registax6, Astroart3, Paint.net Autore: Maurizio Walter Miehe, Cornaredo (MI).
LE VOSTRE STELLE 81 REGIONE SOLARE AR 3147 E PROTUBERANZA Ripresa da Siracusa il 17/11/2022 Telescopio TecnoSky apo Sld 130/910 mm su montatura iOptron Cem 70 G Camera Flir Grasshopper3 GS3-U3-23S6M con filtri Baader D-Erf 135 mm, DayStar Quark Chromosphere Elaborazione: AutoStakkert!3, ImPPG, Photoshop CC. Autore: Salvo Lauricella, Siracusa.
UNA COMETA NEL FREEZER
Il passaggio delle comete, così come le eclissi o le meteore, colpisce l’immaginario collettivo e forse ci rende uniti, pur se per qualche momento, sotto un unico cielo. Questo è il momento della cometa C/2022 E3 ZTF, di cui stiamo curando l’avvicinamento per osservarla nei nostri cieli (vedi l’articolo a pag. 52), dove la “C” della sigla che la identifica sta per “cometa non periodica”. Ciò significa che questa cometa sta scendendo per la prima volta verso l’interno del Sistema solare, dopo essersi staccata dalla Nube di Oort, una distribuzione sferica che si trova fra le 2000 e le 200mila UA dal Sole. Ricordiamo che una Unità Astronomica (UA) è la distanza media che separa la Terra dal Sole, pari a circa 150 milioni di chilometri. E non finisce qui, perché vi sono anche le esocomete, cioè le comete che provengono da altri sistemi planetari e che vengono individuare nel corso delle ricerche sugli esopianeti. Una di esse, la cometa Borisov, ha fatto una fugace
comparsa nel nostro Sistema solare nel corso del 2019.
DI CHE COSA SONO FATTE LE COMETE
Comete ed esocomete sono corpi costituiti da un nucleo composto da ghiacci d’acqua, gas, polvere e rocce, che può avere dimensioni da poche centinaia di metri fino a decine di chilometri. Ciò che le distingue dagli asteroidi è la presenza di un’atmosfera più o meno sferica che circonda il nucleo, detta chioma, e di una coda (o più code), che si forma quando si avvicina al Sole.
Riscaldati dalla radiazione solare, i ghiacci delle comete subiscono una sublimazione, cioè un passaggio diretto dallo stato solido a quello aeriforme senza passare attraverso la fase liquida. I gas che ne derivano si espandono, e il vento solare aiuta a formare la coda, formata da ioni, cioè particelle cariche. In tali condizioni, la chioma può superare in dimensioni il diametro terrestre, mentre la coda può estendersi per decine di milioni di chilometri. Anche le polveri, liberate dai ghiacci,
si allontanano dal nucleo cometario, andando a formare una seconda coda, anch’essa sospinta dal vento solare. Può accadere che, a causa della turbolenza del flusso di particelle cariche solari, la coda di ioni si divida in due, come è avvenuto nel caso della cometa di Encke Secondo i ricercatori Lucas Matras e Paul Kalas del Seti Institute, la composizione chimica delle esocomete è simile a quella delle comete solari, anche se altre osservazioni devono essere effettuate per confermare queste conoscenze. Gli ingredienti delle comete sono: roccia, polvere, ghiaccio d’acqua, anidride carbonica congelata, monossido di carbonio, metano e ammoniaca.
STUDIARE LE COMETE
L’osservazione e lo studio delle comete si avvale di uno strumento prezioso, il coronografo, che ci aiuta a osservarle quando sono in avvicinamento al Sole. Questo strumento provoca un’eclisse totale artificiale, “oscurando” il Sole e
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COSMO
KID DI LAURA CITERNESI*
PER CHI NON SI ACCONTENTA DI OSSERVARE GLI ASTRI CHIOMATI MA DESIDERA REALIZZARLI IN CASA
COSMO KID
Cosmo Kid è una rubrica astronomica a misura di bambino. Con l’intento di avvicinare non solo i bimbi appassionati al cosmo, ma anche quelli che hanno il piacere di stupirsi e di porsi domande davanti a un cielo stellato. Tramite il gioco e le immagini, mostriamo ciò che della volta celeste non si può vedere nell’immediato e offriamo spunti per un viaggio personale e fantastico dentro l’Universo. Ma Cosmo appartiene anche ai lettori, e così invitiamo appassionati, insegnanti, genitori a farsi avanti con suggerimenti o richieste, scrivendo a info@ bfcmedia.com
visualizzando l’ambiente che lo circonda: la corona solare e le comete che si tuffano verso il perielio (e talvolta nel Sole stesso). Un compito svolto egregiamente fin dal 1995 dal coronografo Lasco (Large Angle and Spectrometric Coronagraph) dell’osservatorio orbitale Soho della Nasa.
Per le esocomete vengono utilizzati gli stessi strumenti di ricerca degli esopianeti, andando alla ricerca delle polveri e dei loro gas che possono essere individuati durante il loro passaggio davanti alla loro stella, provocandone un calo di luminosità.
E un’intera cintura esocometaria è stata individuata eclissando con un coronografo la stella HR 4796, distante 235 anni luce nella costellazione del Centauro. Le comete del Sistema solare
» La cintura esocometaria della stella HR 4796 ripresa dal telescopio Gemini South (la stella al centro è occultata dal coronografo).
vengono definite periodiche se hanno un periodo orbitale inferiore a 200 anni. Non è facile stimare gli elementi orbitali di questi corpi celesti, perché possono essere perturbati facilmente dall’incontro con i pianeti e con il Sole e dalla loro stessa attività cometaria. Ancora più difficile è la stima della loro luminosità apparente, poiché questa dipende dalla velocità del processo di sublimazione dei ghiacci e dalla quantità di polvere che si mescola con il ghiaccio sublimato. Per questo motivo, le previsioni sulla luminosità
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*LAURA CITERNESI APPASSIONATA DI ASTRONOMIA, GESTISCE LA PAGINA FACEBOOK ASTRODOMINE E REALIZZA LABORATORI DI ASTRONOMIA PER BIMBI E RAGAZZI.
COSMO KID
CITERNESI
delle comete sono sempre incerte. La cometa più famosa è quella di Halley, già rappresentata nell’Arazzo di Bayeux del 1066 e possibilmente anche nella Adorazione dei Magi di Giotto che verosimilmente la osservò nel 1301. Ma fino all’epoca moderna di questa e di tutte le altre comete non si sapeva quasi nulla: erano ritenuti dei fenomeni atmosferici, associati a superstizioni e considerati presagi di eventi catastrofici. Bisognò attendere Edmond Halley, che osservò e studiò la cometa che oggi porta il suo nome, ne riconobbe la periodicità e ne predisse il ritorno, dimostrando che le comete appartengono al Sistema solare e obbediscono alle leggi della gravitazione di Newton, esattamente come i pianeti. Successivamente, fu
dimostrato che la cometa di Halley à la progenitrice degli sciami meteorici delle Eta Acquaridi e delle Orionidi.
UNA COMETA FATTA IN CASA
In rete si possono trovare dei tutorial che mostrano come è possibile riprodurre la sublimazione di una cometa utilizzando il “ghiaccio secco” (ghiaccio di anidride carbonica), con l’aggiunta di ammoniaca.
Un’operazione non proprio facile e non alla portata di bambino come vuole essere questa rubrica.
Allora, la mia proposta è più giocosa e più semplice da realizzare, ma aiuterà lo stesso a comprendere come funziona una cometa quando si avvicina al Sole. Occorre procurare una piccola pietra di forma
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COSMO KID DI LAURA
» Da sinistra a destra: Le tre code della cometa di Encke (Fritz Helmut Hemmerich). La sequenza del passaggio della cometa Ison al perielio nel novembre 2013, ripresa dal coronografo Lasco della sonda Soho (Nasa). La cometa nel freezer.
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L’ATTENUAZIONE DELLA RADIAZIONE STELLARE
La radiazione emessa da una stella in tutte le regioni dello spettro (con picco in una di esse) può subire delle modifiche (attenuazione, assorbimento o riemissione in zone diverse dello spettro), a causa della sua interazione con regioni ricche di polveri e gas, prima di giungere ai nostri telescopi.
Siccome la conoscenza perfetta dello spettro originale della stella è fondamentale per risalire alle sue caratteristiche fisiche, come la temperatura, quali sono le onde elettromagnetiche che non vengono modificate da regioni piene di polveri e gas? In particolare, quali bande dell’infrarosso “bucano” senza modifiche queste regioni?
Infine, come è possibile ricostruire anche approssimativamente lo spettro della stella posta dietro queste regioni di polvere e gas che quindi è stato modificato?
86 A CURA DI PIERO STROPPA
i
DI SALVATORE PELLEGRINO
Quello che osserviamo dell’Universo è la somma di vari processi. È molto raro trovare una sorgente “pura”, priva di alterazioni dell’emissione originaria. Anche la luce che vediamo del Sole è il risultato di ripetuti fenomeni di assorbimento e riemissione. I fotoni gamma generati nel nucleo della nostra stella vengono sottoposti a innumerevoli processi – che possono durare centinaia di migliaia di anni - fino alla loro emersione dalla fotosfera a lunghezze d’onda visibili. Anche nell’ambiente spaziale, apparentemente vuoto, un fotone incontrerà e interagirà con una materia rarefattissima, come quella che genera la “luce zodiacale” (vedi foto Eso nella pagina a fianco), la diffusione della luce solare intorno al piano dell’eclittica da parte delle polveri interplanetarie. E questo avviene anche nello spazio interstellare: la densità della materia in una nebulosa, come quella di Orione (vedi foto Hst sopra), è di diversi ordini inferiore al miglior vuoto che possiamo produrre sulla Terra. Eppure, quel gas riesce a emettere una specifica radiazione luminosa e ad assorbire la luce nelle regioni di maggiore densità.
Le “nebulose oscure” sono gli ambienti in cui l’assorbimento è massimo, tale da attenuare completamente la luce di sorgenti stellari poste dietro o al loro interno. L’assorbimento dipende dalla lunghezza d’onda: quelle più corte sono le prime a essere
assorbite, mentre quelle più lunghe lo sono meno, ma anche le lunghezze d’onda maggiori, come le onde radio, sono soggette ad assorbimenti, riflessioni e diffusioni.
Le radiazioni che riescono a “bucare” le dense nubi polverose sono quelle che hanno lunghezze d’onda maggiore delle dimensioni delle particelle che devono attraversare. Così, le particelle vengono “scavalcate” dall’onda elettromagnetica, che tuttavia subisce attenuazioni più o meno rilevanti in base alla densità del mezzo. Per individuare gli effetti del mezzo sugli spettri stellari, vengono eseguiti dei confronti tra questi spettri e quelli di riferimento realizzati in laboratorio. Oppure, si eseguono i confronti tra spettri della stessa sorgente registrati in due regioni attigue. La sottrazione fornisce le caratteristiche della sorgente in quella determinata regione spettrale e così via. Tali tecniche sono utilizzate, per esempio, per stabilire la composizione chimica atmosferica degli esopianeti catturati in controluce durante un transito. Per “ricostruire” lo spettro di una sorgente in altre regioni, ci si può affidare a modelli e cercare quello che sia più adatto a descrivere quanto si osservi, oppure pronosticare quello che potrebbe essere in altre regioni spettrali. In definitiva, siamo costretti a basarci su informazioni frammentarie e accontentarci di approssimazioni.
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DI GIUSEPPE DONATIELLO
CENTO ANNI SOTTO
CUPOLE DI STELLE
LA COMUNITÀ DEI PLANETARI SI PREPARA A FESTEGGIARE UN SECOLO DI ATTIVITÀ CON MOLTISSIME INIZIATIVE
L’anno appena iniziato è davvero importante per il mondo dei planetari.
Il 19 settembre 1923, infatti, veniva testato nella sua piena operatività il primo planetario moderno, installato sul tetto di un edificio della ditta Carl Zeiss a Jena. Si trattava dello storico modello Zeiss Mark I, collocato per l’occasione sotto una cupola di 16 metri di diametro. Il 21 ottobre dello stesso anno lo strumento venne mostrato a una platea ristretta al Deutsches Museum di Monaco di Baviera. Dopo un ritorno alla Zeiss per i ritocchi finali, la macchina fu allestita allo stesso museo sotto una cupola di 10 metri, e lì iniziò le proprie attività pubbliche il 7 maggio 1925 Quest’ultima è stata identificata come data chiave per festeggiare il compleanno dei planetari, e dal 2024 sarà spostata al 7 maggio anche la Giornata Internazionale dei Planetari (nata in Italia nel 1991 e poi “esportata” in tutto il mondo),
che attualmente viene festeggiata la seconda domenica di marzo.
IL PAPÀ DEI PLANETARI
L’idea di realizzare una macchina che potesse proiettare una riproduzione fedele del cielo su una cupola utilizzata come schermo, e che potesse anche rendere conto del moto della Luna e dei pianeti, era stata concepita nel 1913 da Max Wolf, direttore dell’Osservatorio astronomico di Heidelberg, che ne parlò a Oskar von Miller, fondatore e primo direttore del Deutsches Museum. Dopo qualche anno di ritardo a causa della Prima guerra mondiale, i due si rivolsero per la sua costruzione alla Zeiss, ditta ottica all’avanguardia, che mise
*GIANLUCA RANZINI
ASTROFISICO E GIORNALISTA, SI OCCUPA DI DIVULGAZIONE
SCIENTIFICA E DI PLANETARI. È TRA I FONDATORI DI PLANIT, L’ASSOCIAZIONE DEI PLANETARI ITALIANI.
all’opera il suo ingegnere capo Walter Bauersfeld, che possiamo quindi considerare il “papà” dei planetari moderni. Il suo gioiello di meccanica e ottica, che fu chiamato dai media “La meraviglia di Jena”, consentiva di proiettare 4500 stelle su tutta la sfera celeste e aveva un ingegnoso e originale sistema di ingranaggi che permetteva di accoppiare il moto diurno e quello annuo, in modo che i pianeti si spostassero sulla cupola coerentemente con i loro movimenti reali. Il principio di proiezione delle stelle era semplice: queste ultima erano rappresentate da forellini su una serie di maschere che avvolgevano alcune potenti sorgenti di luce. La luce poteva quindi uscire dalla macchina solo attraverso quei forellini (ciascuno dei quali rappresentava una stella), veniva messa a fuoco e andava a colpire uno schermo di forma emisferica, al centro geometrico del quale si trovava il proiettore del planetario.
88 PLANETARI DI GIANLUCA RANZINI*
La
di un
La prima proiezione pubblica di un planetario moderno avvenne all’interno di una cupola realizzata sul tetto della ditta Carl Zeiss a Jena nel 1924.
INIZIATIVE IN TUTTO IL MONDO
La comunità dei planetari, sia in Italia sia all’estero, si prepara a festeggiare la ricorrenza del centenario con una serie molto articolata di iniziative, che inizieranno nell’ottobre di quest’anno e termineranno nel maggio del 2025. Un anno e mezzo di manifestazioni che corrono in parallelo alle date ricordate sopra.
In particolare, l’International Planetarium Society (Ips), il massimo organismo mondiale che rappresenta i planetari, sta preparando un libro che ripercorrerà questi cento anni
attraverso le persone che hanno lavorato nei planetari e le strutture più rappresentative. Inoltre, sta organizzando un archivio di contenuti online in cui saranno riunite informazioni divise per aree tematiche: per esempio, l’evoluzione delle tecnologie (siamo passati dalle macchine opto-meccaniche ai sistemi digitali ad altissima risoluzione), le influenze e le relazioni con gli altri media, le architetture di queste strutture.
Infine, per iniziativa dei planetari tedeschi, è stata avviata la procedura per riconoscere i planetari come patrimoni di eredità culturale intangibile da parte dell’Unesco
Anche l’Italia parteciperà alle iniziative del centenario, e tutti i planetari sono invitati e condividerle. Un esempio? In alcuni Paesi (a partire dal Costa Rica, su iniziativa di Marco Avalos) sono stati realizzati brevi videointerviste a bambini che rispondono a domande del tipo: “Cos’è un planetario e a cosa serve?”, “Quando e dove pensate che sia stato inventato?”, “Come pensate che funzionasse il primo costruito?” e così via.
PLANit, l’Associazione dei Planetari Italiani, invita anche i planetari nostrani a produrre brevi interviste divertenti per Kids on Stars: dai diversi video di tutto il mondo sarà ricavato un filmato promozionale sui planetari da utilizzare a livello globale. Inoltre, PLANit coglie l’occasione del centenario per invitare tutti i planetari italiani a contribuire a Fuori le carte!, inviando a info@ planetari.org documenti, locandine, volantini, fotografie, lettere e altri documenti che ricordino i primordi di ciascun planetario: un modo per andare a cercare i “nostri” centenari, o comunque la storia delle nostre strutture. PLANit curerà anche il doppiaggio in italiano dello spot sul centenario di circa 3 minuti, già disponibile in lingua inglese all’indirizzo planetarium100.org, perché possa essere utilizzato più agevolmente nel nostro Paese. Ma tutto questo è solo l’inizio. Come dice il motto del centenario: The stars were just the beginning! Molte altre iniziative ci attendono nel prossimo anno e mezzo sotto tutte le cupole di tutta Italia e del mondo intero. Informazioni e aggiornamenti si troveranno sul sito di PLANit (www.planetari.org) e su queste pagine.
89 PLANETARI
» Dall’alto in senso antiorario: il proiettore del Planetario di Milano, uno Zeiss Model IV installato nel 1968, in sostituzione dell’originale Model II risalente al 1930.
cupola
planetario moderno, l’Hayden Planetarium di New York.
ASTROFILI
ANTARES
Reduce dai festeggiamenti per i 40 anni di attività, il Gruppo Astrofili Antares (www.gruppoantares.com) - delegazione territoriale dell’Unione astrofili italiani (Uai) della provincia di Ravenna - guarda con entusiasmo e con determinazione al 2023 e traccia i prossimi progetti da realizzare in ambito divulgativo, per avvicinare sempre più persone alla conoscenza delle meraviglie dell’Universo. Il fulcro delle attività divulgative scientifiche sarà l’Osservatorio astronomico di Monteromano, location d’eccezione per l’osservazione del cielo, nel territorio del comune di Brisighella (Ravenna), a 765 metri di altitudine. A parlarci di tutte le attività in campo astronomico in programma nel 2023 è il segretario e socio fondatore del Gruppo Roberto Baldini, con il quale vogliamo anche ricordare gli eventi più significativi della lunga storia associativa.
CHE COSA AVETE IN SERBO
PER IL NUOVO ANNO?
Gennaio si apre con due importanti e imperdibili appuntamenti: la consueta SerAntares, ovvero la serata dedicata alla scoperta del cielo presso il Liceo “Gregorio Ricci Curbastro” di
Lugo (RA), organizzata nel secondo venerdì del mese per discutere con il pubblico di tutte le età di temi di forte rilevanza scientifica e attualità, e - meteo permettendo - una serata straordinaria di apertura al pubblico dell’Osservatorio di Monteromano, nostra sede operativa, in data da definire, per offrire l’osservazione del cielo invernale e dei suoi magnifici oggetti al telescopio. Nei mesi successivi, continueremo a offrire al pubblico le SerAntares ogni secondo venerdì del mese e ci rivolgeremo agli studenti di ogni ordine e grado, per i quali siamo disponibili durante tutto l’anno a organizzare – su richiesta – attività didattiche dedicate all’astronomia presso gli Istituti scolastici. Abbiamo in programma anche corsi di astronomia presso Università per adulti e, soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, speciali eventi divulgativi presso l’Osservatorio di Monteromano, sempre molto richiesti dal pubblico. Abbiamo dovuto introdurre la prenotazione e limitare a
200 il numero di posti disponibili per ogni evento, dato il grande afflusso di visitatori.
Organizziamo eventi presso l’Osservatorio anche su richiesta di gruppi e abbiamo intenzione – anche quest’anno – di aderire alle iniziative nazionali di divulgazione promosse dall’Unione astrofili italiani.
COME SI ARTICOLANO GLI EVENTI PRESSO L’OSSERVATORIO?
Dal tramonto in poi accogliamo i visitatori nel nostro Osservatorio e, con l’ausilio di un maxischermo e di un videoproiettore, introduciamo al pubblico l’argomento astronomico della serata. Intanto, nel piazzale vengono allestiti diversi telescopi, di proprietà dei soci, di supporto al telescopio principale della specola: un Newton-Cassegrain Marcon da 500 mm
Con il buio, inizia l’attività osservativa: i nostri soci divulgatori, dotati di microfono e di puntatori laser, offrono ai visitatoricomodamente seduti sulle sedie disposte nel piazzale - il tour delle costellazioni visibili. Si passa poi ad ammirare il cielo con i nostri telescopi. Il sito rende particolarmente efficace
90 UAI INFORMA A CURA DI AZZURRA GIORDANI*
*AZZURRA GIORDANI GIORNALISTA, È MEMBRO DELLO STAFF DI COMUNICAZIONE DELL’UNIONE ASTROFILI ITALIANI.
GUARDANDO AL FUTURO CON NUOVI PROGETTI, SEMPRE ALL’INSEGNA DELLA SCOPERTA DEL CIELO
GRUPPO
lo “spettacolo” (meteo permettendo), grazie anche alla possibilità di spaziare a 360° con orizzonte libero al 98%.
La nostra struttura è accessibile anche alle persone con disabilità e ospita un sistema CCD per la ripresa astrofotografica con il telescopio principale, un rifrattore da 150 mm, un telescopio solare Lunt e svariati strumenti e accessori.
Facciamo parte del circuito di monitoraggio meteorico “Prisma”, ospitando una delle telecamere della rete presso l’Osservatorio. Una parte integrante dei nostri percorsi divulgativi è costituita dalle attività di sensibilizzazione sul tema dell’inquinamento luminoso e l’Osservatorio è registrato tra le strutture da tutelare rispetto a questa forma di inquinamento.
QUANDO E COME NASCE IL GRUPPO ASTROFILI ANTARES?
L’Associazione nasce il 10 luglio 1982, per iniziativa di un gruppo di studenti delle scuole superiori del comprensorio lughese. Il gruppo di studenti redige e firma l’atto costitutivo, partendo dal presupposto che l’astronomia sia una materia di interesse di molti, ma notevolmente osteggiata dall’assenza di una corretta attività di divulgazione a tutti i livelli. Da allora sono passati 40 anni e molte cose sono cambiate, anche se resta sempre molto da fare. Ci teniamo a sottolineare che la parola “gruppo” nella denominazione non è casuale, ma è significativa, poiché racchiude la ricetta per far funzionare un’associazione che da squisitamente locale si è progressivamente ampliata fino a diventare “romagnola” proprio grazie alle buone relazioni tra i soci.
La nostra sede sociale di Cotignola (RA) è impiegata per le riunioni amministrative e funge da archivio e da biblioteca sociale. Siamo convenzionati con il Liceo di Lugo, dove organizziamo incontri aperti al pubblico e dal 1999 è attivo il nostro Osservatorio astronomico.
QUALI SONO I RICORDI PIÙ BELLI DEI VOSTRI 40 ANNI DI ATTIVITÀ?
Diversi episodi hanno segnato positivamente il nostro percorso. Per esempio, l’evento “Bolide Lugo”, verificatosi nell’inverno del 1993, che catalizzò l’attenzione di un vasto pubblico sul problema dei corpi potenzialmente pericolosi vaganti nel Sistema solare. Questo evento permise al gruppo di farsi conoscere maggiormente sul territorio, fino al punto di ricevere in dono un telescopio Marcon da 360 mm da parte della famiglia Bartolotti di Lugo, e che ci ha ispirato la realizzazione dell’Osservatorio. Altrettanto importante fu l’incontro con Luigi Pozzi, un socio entusiasta e generoso, che lanciò la proposta di recupero dello storico telescopio Bartolotti e costituì un gruppo di lavoro per dare vita all’Osservatorio, da lui stesso finanziato in buona parte. La ricerca di fondi per realizzare questo grande progetto fu agevolata dal passaggio della cometa Hale-Bopp, che diede spettacolo, determinando l’enorme successo dei nostri eventi divulgativi. Grazie all’intensa ed efficace attività divulgativa, riuscimmo ad attirare l’attenzione di un imprenditore locale che si prodigò per farci avere il telescopio Marcon da 500 mm, moderno e professionale.
» In alto: l’osservatorio astronomico di Monteromano sotto la Via Lattea (Roberto Baldini).
Sotto: l’osservatorio pronto per un’attività pubblica serale (Dennis Carolingi).
QUALI PROGETTI DESIDERATE REALIZZARE NEL PROSSIMO FUTURO?
Il nostro progetto principale è quello di mantenere in funzione la struttura dell’Osservatorio e di sostenere e rinnovare costantemente il gruppo di soci attivi che consentono con il loro impegno di realizzare le attività. Vogliamo continuare inoltre a dedicarci all’astrofotografia, rivolgere la nostra attenzione anche ad altri settori di ricerca e soprattutto vogliamo migliorare la nostra attività divulgativa, per diffondere sempre di più l’astronomia e per far conoscere l’Osservatorio nel nostro territorio, forti del successo avuto in questi anni. Un altro sogno nel cassetto è quello di ampliare la dotazione del nostro Osservatorio con nuovi strumenti.
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Il Planetario di Lignan offre al pubblico di adulti e bambini spettacoli dedicati alla scoperta del cielo del periodo e all’esplorazione di temi di grande rilevanza scientifica e attualità. bit.ly/3R5BhrD
MILANO
LA BEFANA CERCA CASA 6 GENNAIO, ORE 14:30, 16:30 E 18:00
Attività divulgativa sotto la cupola del Civico Planetario per bambini dai 6 anni in su, a cura dell’Associazione Lofficina, con la partecipazione di Cecilia Gaipa nel ruolo della Befana. bit.ly/3U5iHkL
VERONA
LUNA IN PIAZZA BRA
2 GENNAIO, ORE 18:00; 29 GENNAIO, ORE 19:00
Il Circolo astrofili veronesi offre al pubblico di adulti e bambini una speciale serata astronomica dedicata alla scoperta e all’osservazione ai telescopi della Luna. bit.ly/3K8fOwk
ROVERETO (TN)
IL CIELO IN UNA STANZA
TUTTE LE DOMENICHE, ORE 15:00
Spettacoli nel planetario del museo di scienze e archeologia, a cura degli esperti della Fondazione Museo Civico di Rovereto, per scoprire le meraviglie dell’Universo. bit.ly/3XAlOEz
eventi, mostre, star party a stroppa@bfcmedia.com 92 EVENTI A CURA DI AZZURRA GIORDANI ATTENZIONE: SI CONSIGLIA DI VERIFICARE LA CONFERMA DEGLI EVENTI SUI SITI INDICATI
EVENTI SOTTO IL CIELO DI GENNAIO Segnalate
LIGNAN, NUS (AO) SPETTACOLI AL PLANETARIO DI LIGNAN 3-7, 14, 21, 28 GENNAIO, ORE 16:00 E 18:00
SOVICILLE (SI)
VISITE ALL’OSSERVATORIO ASTRONOMICO
13 E 27 GENNAIO, ORE 21:30
I soci dell’Unione astrofili senesi aprono al pubblico l’Osservatorio di Montarrenti ogni secondo e quarto venerdì del mese, per offrire osservazioni guidate del cielo notturno ai telescopi. bit.ly/3AwPw3I
MOSTRE E SPETTACOLI
NEL PLANETARIO
DA MARTEDÌ A DOMENICA
Città della Scienza propone al pubblico di adulti e bambini spettacoli multimediali di astronomia nel planetario, la visita alle sale espositive e, durante il weekend e nei giorni festivi, attività laboratoriali. bit.ly/3CmkUmY
CASERTA
IL RE SOLE E LA SUA CORTE
1 GENNAIO, ORE 18:30
Spettacolo al Planeatrio per bambini da 5 a 12 anni, dedicato alla scoperta del Sistema solare. bit.ly/3OBdMXK
ROCCA DI PAPA (RM)
STELLE AL PLANETARIO: IL CIELO DEL MESE 13 GENNAIO, ORE 20:45
Al Parco astronomico “Livio Gratton” si va alla scoperta degli oggetti celesti più spettacolari del periodo sotto la cupola del planetario e al telescopio, con gli esperti dell’Associazione tuscolana di astronomia. bit.ly/3EDMb3D
BARI
SPETTACOLI AL PLANETARIO
TUTTI I WEEK-END
Presso il planetario di Bari, gli esperti dell’Associazione culturale Andromeda offrono al pubblico spettacoli di astronomia, di teatro-scienza e laboratori. bit.ly/3pv1AvZ
EVENTI 93
NAPOLI
ANDIAMO NELLO SPAZIO CON
KERBAL SPACE PROGRAM
VIDEOGIOCHI E SIMULATORI SI FONDONO IN UN CONNUBIO VINCENTE
Il prodotto che presentiamo in queste pagine è riservato alle piattaforme fisse, come console e Pc. L’enorme disponibilità di prestazioni presente su questi dispositivi permette lo sviluppo di veri e propri simulatori, con scienza, tecnologia, grafica e interfaccia avanzate, per un approccio molto serio al videogioco. Stiamo parlando di Kerbal Space Program (Ksp), un titolo dallo stampo simulativo, ma che si propone in una via piuttosto originale, accostando la simulazione a elementi tipici dei videogiochi usciti negli ultimi anni. Con Ksp ci si deve calare nei panni dell’amministratore di un’agenzia spaziale, che deve quindi stabilire dei programmi spaziali, ma contemporaneamente svolgere anche il ruolo degli ingegneri progettisti, che devono trasformare i progetti in realtà, disegnando da cima a fondo un vettore, per poi testarne l’aerodinamicità, le resistenze e i consumi.
GAMEPLAY
CON INTERFACCIA 3D
La caratteristica che distingue maggiormente questo videogioco
» Un frame di Kerbal Space Program riguardante il volo di un veicolo spaziale.
dagli altri è il gameplay. Quando lo si utilizza, ci si rende subito conto che Ksp tenta di rendere accessibile un gameplay che di fatto non lo è; in primo luogo, a causa dell’interfaccia 3D, che distribuisce ogni movimento su tutti e tre gli assi xyz, in secondo luogo, a causa del motore fisico del gioco, che è incaricato dell’elaborazione dei lanci di ogni
tipo di astronave o vettore e deve essere quindi in grado di calcolare con precisione ogni tipo di dato reale. Per esempio, al lancio, deve stabilire quanta potenza deve avere un motore per fare accelerare l’astronave in base alle sue dimensioni e al carico da trasportare; nel caso in cui due moduli spaziali entrano in collisione, deve stabilire se le loro velocità sono
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GALASSI*
DI ROBERT
tali da danneggiarli. Insomma, non bisogna stupirsi se si scopre che magari sarebbe opportuno fare un po’ di allenamento su qualche simulatore 2D, prima di affrontare un gioco sofisticato come Ksp. Dopo questo elenco dei motivi, magari scoraggianti, per cui Ksp è difficile da approcciare, bisogna riconoscere che - superato lo scoglio iniziale - il gioco si rivela estremamente coinvolgente. Giocando nel ruolo di un amministratore spaziale, si diventa responsabili della gestione delle risorse, delle ricerche e dei fondi e ovviamente il gioco impone la necessità di fare delle scelte e di strutturare dei piani. Per esempio, le prime missioni potranno essere eseguite esclusivamente con equipaggio, se non è stata sviluppata una tecnologia in grado di garantire la guida remota, tramite antenne più potenti o con l’installazione di un sistema satellitare. Il gioco prevede comunque un sistema di progressione dell’impresa spaziale, basato sulle ricerche effettuate portando nello spazio un carico scientifico. Un altro aspetto importante di questo gioco è la costruzione di veicoli, per quanto inizialmente possa risultare disorientante per chi abbia frequentato solo giochi simulativi sullo smartphone. In realtà, il motore
progettuale di Ksp risulta molto simile alla maggioranza degli editor di vettori su applicazioni mobili, ma in chiave tridimensionale. Inoltre, non si limita alla progettazione e costruzione di vettori o sonde, ma anche di aeromobili, che possono essere posizionati su una pista apposita.
FOTOREALISMO IN EVOLUZIONE
In sostanza, Ksp si pone l’obiettivo di inserire elementi di un videogioco tradizionale in un simulatore spaziale. Il suo ambiente è quello di un Sistema solare alternativo, che mantiene molte caratteristiche di quello reale, ma cambia i nomi dei corpi celesti; presumibilmente per tentare di dare un’identità al titolo, un target effettivamente difficile da raggiungere, soprattutto con i simulatori. La quantità di componenti che il gioco offre per la costruzione è veramente vastissima: dai motori a combustibile solido ai computer di bordo con svariate potenze di calcolo, dalle antenne ad alto guadagno retrattili, passando per i diversi tipi di thruster (propulsori) a idrazina. La semplicità con cui il gioco permette di progettare manovre orbitali, prevedendo la velocità necessaria e quindi il carburante necessario, lo rendono preciso quanto comodo. Una caratteristica che è già
COME OTTENERE KERBAL SPACE PROGRAM
Wii U al prezzo di 39,99 €.
stata imitata da altri simulatori. Per quanto si possa pensare che già così il videogioco sia più che completo, in realtà questa è solamente la base; infatti, il titolo vanta numerose espansioni e fornisce il supporto alle “mod”, che nella maggior parte dei casi sono contenuti aggiuntivi creati dagli utenti, che mirano ad ampliare l’esperienza di gioco, aggiungendo pianeti o modificando quelli esistenti, aggiungendo componenti, modelli di motori, thruster, antenne; insomma, tutto ciò che è presente nel gioco. Inoltre, esistono le mod grafiche, che sono in grado di far evolvere l’ambiente del gioco, grazie a una grafica fotorealistica. Per un titolo dalla profondità di Ksp, il giudizio complessivo è più che positivo: la semplicità del videogioco abbinata alla fedeltà del motore fisico e l’enorme quantità di componenti lo rendono una soluzione vincente, anche se viene inquadrata in un ambito così competitivo come quello dei videogiochi su Pc e console. Non a caso, Ksp può essere definito come la voce più significativa tra i simulatori fissi ed è sicuramente un varco importante per approcciarsi in seguito a simulatori più “professionali”. La prima pubblicazione di Ksp risale al 2015, ma nel corso degli anni ha ricevuto numerosi aggiornamenti e contenuti aggiuntivi ed è prevista l’uscita del secondo capitolo della saga nel corso del 2023.
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*ROBERT GALASSI È UN GIOVANE APPASSIONATO ALLO SPAZIO, IN PARTICOLARE ALLE MISSIONI SPAZIALI E ALL’ASTRODINAMICA.
Kerbal Space Program è sviluppato da Squad. È disponibile per Microsoft Windows, Playstation 5, PlayStation 4, Xbox One, Linux, Xbox Series X/S, Classic Mac OS,
Inquadra il QR per un trailer di Kerbal Space Program elaborato dagli sviluppatori.
GALILEO E LA SUPERNOVA DEL 1604
ALESSANDRO DE ANGELIS
ROMA, CASTELVECCHI EDITORE, 2022 PAGINE 126 FORMATO 15 X 21 CM PREZZO € 16,50
Quando, la sera del 9 ottobre 1604, comparve in cielo una nuova stella molto luminosa, venne chiesto a Galileo, che era professore all’Università di Padova, di spiegare l’accaduto con una serie di lezioni pubbliche. Il fenomeno era degno di nota (e di discussione), perché metteva in crisi la visione aristotelica del cosmo, secondo la quale tutto doveva essere immutabile nella sua perfezione. Alessandro De Angelis ripercorre le settimane e i mesi che seguono l’evento, utilizzando le lettere che Galileo scambiò con altri osservatori del cielo e il poco che rimane del contenuto delle lezioni pubbliche. L’unico modo per salvare la visione aristotelica era invocare che la stella nova fosse molto vicina, all’interno del cerchio della Luna, fosse cioè un qualche tipo di emanazione dell’atmosfera terrestre. Un fatto facilmente confutabile con la tecnica della parallasse per combinare osservazioni fatte da luoghi diversi. Gli animi erano infiammati e Galileo avrebbe voluto tenersi fuori da un problema così spinoso. A chi gli chiedeva di scrivere le sue lezioni, rispondeva
che non era nella posizione di dire niente di interessante. Tuttavia, quando, nel gennaio 1605, comparve un libretto di un sedicente Antonio Lorenzini da Montepulciano, intitolato Discorso intorno alla nuova stella (probabilmente scritto o ispirato da un collega filosofo padovano), Galileo decise di rispondere, ma lo fece scrivendo in dialetto pavano, la parlata rustica del contado padovano (che conosceva bene), quasi a dire che l’argomento non era degno di una trattazione seria.
Così nacque il Dialogo de Cecco de Ronchitti da Bruzene in perpuosito della Stella Nova, dove due contadini (che sono personaggi inventati) discutono della comparsa della stella e di come questo venga interpretato dai sapienti del tempo. Il nome di Galileo non compare, ma chi altro poteva essere l’autore? Il testo in pavano non è facilissimo, ma il libro di De Angelis ne presenta e commenta la traduzione, per farci rivivere l’atmosfera del tempo.
Patrizia Caraveo
HOUSTON ABBIAMO UN PROBLEMA
FILIPPO BONAVENTURA, LORENZO COLOMBO, MATTEO MILUZIO
MILANO, RIZZOLI, 2022 PAGINE 352 - FORMATO 14 X 21,7 CM PREZZO € 18,00
Quando pensiamo al cammino della scienza, ci vengono in mente soprattutto le grandi scoperte, magari suggellate da un lampo di genio improvviso. Niente di più falso. Al contrario, i momenti eureka sono davvero pochi, e le scoperte sono spesso il coronamento di anni di duro lavoro, spesso costellati da fallimenti. Perché spesso è proprio da questi insuccessi che nascono le grandi scoperte. E le Storie astronomiche di fallimenti di successo e altre sorprese, come recita il sottotitolo, sono il tema di questo saggio di Bonaventura, Colombo e Miluzio. Gli autori, con una formazione da astrofisici, formano un trio di divulgatori molto noto, grazie soprattutto alla pagina Facebook “Chi ha paura del buio”, molto popolare in rete. Il volume si articola in quattro parti, ciascuna delle quali racconta un aspetto legato al sottile legame fra scoperta, sorpresa e talvolta fallimento. Talvolta dagli errori si imparano molte cose e si realizzano nuove tecnologie, come ci ricorda l’episodio del telescopio spaziale Hubble, che dopo il lancio manifestò un difetto ottico per il quale
fu necessario costruire un inedito sistema di correzione, costituito da un sofisticato sistema di “occhiali” per il telescopio. Altre volte le scoperte nascono per caso, come è successo per la rivelazione della radiazione cosmica di fondo da parte di Penzias e Wilson, un risultato che è stato degno del premio Nobel. La scoperta della cosiddetta “eco del Big Bang” arrivò mentre i due astronomi erano alle prese con l’utilizzo delle onde radio per comunicazioni su grande scala. Qualcosa di analogo era accaduto a Karl Jansky, quando scoprì le onde radio di origine cosmica, diventando così il padre della radioastronomia. Il saggio è appassionante e il racconto degli eventi scorre in modo molto piacevole, rendendo il volume un ottimo testo per approfondire alcuni episodi curiosi tratti dalla storia dell’astronomia, grazie ai quali possiamo capire meglio certe tortuosità del cammino della scienza, disseminato da tanti errori e passi indietro. Ma anche da tante luminose sorprese.
Massimiliano Razzano
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