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Rieccoli, intramontabili e redivivi Antonio Fraschilla
from L'ESPRESSO 33
by BFCMedia
solo Berlusconi ma questo serve forse a ricreare fino in fondo quel clima. Tutti stanno tornando alle tolde di comando, almeno ci sperano, e con loro tanti vecchi arnesi che abbiamo conosciuto in questi trent’anni.
L’ultimo colpo di teatro che riporta davvero le lancette indietro di decenni è la possibile ricandidatura di Umberto Bossi a Milano. Il figlio detto il Trota (anche per lui un ritorno sotto la luce dei riflettori) ha già richiesto al Comune i documenti necessari per la candidatura del fondatore della Lega Nord: un volto che adesso Matteo Salvini, che proprio di quella Lega ha distrutto tutto, simboli e contenuti, v uole ricandidare per ingraziarsi una fetta di elettorato che rischiava di perdere. Bossi ha messo piede per la prima volta in Parlamento nel 1987, 35 anni fa, e a parte una parentesi all ’Europarlamento, non se n’è mai andato da Montecitorio. Di sicuro ritroverà tra gli scranni il suo ex fedelissimo Roberto Calderoli, eletto per la prima volta a Montecitorio nel 1992, e che da allora non ha mai più abbandonato salvo una parentesi a Palazzo Madama. Per dire, entrambi sono lì nei palazzi della politica romana da prima di Tangentopoli. In casa Lega lo definiscono “il genio dei collegi ” perché da trent’anni è lo stratega delle candidature e delle campagne elettorali. Chissà che ce lo ritroviamo di nuovo ministro, magari con la mitologica delega delle Riforme e della devoluzione, vecchio termine in disuso che potrebbe tornare in auge e che per i lumbard significava solo “autonomia del Nord ".
Fratelli d ’Italia, che mai come oggi ha sondaggi favorevoli, ricandiderà Daniela Santanchè, dal 2001 presenza fissa a Montecitorio, ma anche Giulio Tremonti, il ministro dell ’Economia dei governi Berlusconi, uscito di scena solo dopo il caos del 2011 con il Paese sull ’orlo del baratro economico e lo spread alle stelle. La Meloni rilancia anche l ’immarcescibile Ignazio La Russa: 75 anni ed eletto per la prima volta nel 1992 con il Movimento sociale italiano. Tornato a dare la carte, come si suol dire, in qualità di fedelissimo della Meloni in Sicilia ha espresso tutto il suo buon animo: pur di non far candidare il suo compagno di partito Raffaele Stancanelli (gli odi nella destra sono feroci), ha rimesso in pista come candidato governatore Renato Schifani. Sì, in questa estate del
A sinistra, Umberto Bossi, in Parlamento dal 1987, e Silvio Berlusconi, che punta a ritornare a Palazzo Madama e diventare presidente del Senato. In alto, Daniela Santanché, che sarà ricandidata in Fdi assieme a Ignazio La Russa, eletto per la prima volta in Parlamento nel Msi
ritorno al futuro, anche l ’ex presidente del Senato dei tempi d ’oro berlusconiani, costretto a difendere varie serate romantiche del capo e con un passato a Palermo tra Dc e poi Forza Italia, è in campo e anzi dato favorito come prossimo governatore. Lui ha accettato mettendo a disposizione la sua esperienza. Gli altri, a cominciare da Gianfranco Micciché, hanno dov uto subire in silenzio la scelta di La Russa perché anche Silvio Berlusconi comunque gradiva il nome di Schifani. D’altronde, già per il voto delle comunali a Palermo in casa azzurra era tornato in campo Marcello Dell ’Utri, il fondatore di Forza Italia e mediatore del patto con la mafia per non creare problemi al rampante imprenditore milanese: Dell ’Utri è stato il primo a benedire la candidatura a sindaco di Roberto Lagalla.
Ma dav vero in trent’anni Forza Italia non è riuscita a esprimere altro, se non sempre e solo gli stessi arnesi? Evidentemente no se non a caso scalpita ed è tornato in palla anche Maurizio Gasparri, origine missine e parlamentari come La Russa, eletto nel ’92, diventato poi alfiere azzurro e adesso pronto all’ennesimo mandato elettorale per la sua nona legislatura. Gasparri, esponente della destra romana da sempre, potrebbe ricevere incarichi di prestigio: per lui si parla anche di un ministero o di un incarico a Palazzo Chigi. Stanno tornando e vogliono riprendersi tutto, d ’altronde.
Nel centrodestra puntano ad essere rieletti anche gli eterni Gianfranco Rotondi e Paolo Romani, alla settima legislatura, e Maurizio Lupi, altro volto noto del berlusconismo dei tempi che furono e sono tornati. Gli eterni democristiani da sempre foglia di fico della finta destra moderata impersonata da Berlusconi prima e adesso da Salvini e Meloni: non a caso non sono andati nel Terzo Polo, come forse sperava il governatore della Liguria Giovanni Toti, ma eccoli lì a fare la parte dei cespugli moderati in una coalizione nella quale la fanno da padrone i sovranisti e i temi cari ai populisti: meno tasse per tutti, attenti all’immigrato, difendiamo i confini dalle multinazionali straniere.
Comunque in questo film eterno offerto agli italiani, il grande ritorno in Parlamento in fondo è proprio quello di Berlusconi: eletto dal 1994 ininterrottamente salvo poi la decadenza per la condanna per frode fiscale nove anni fa che gli costò il seggio al Senato. E proprio da Palazzo Montecitorio vuole ripartire il Caimano che dopo il fallimento della sua elezione al Quirinale, ha subito azzannato Mario Draghi puntando a diventare adesso presidente del Senato e gran regista del governo dei più giovani Salvini e Meloni.
Giovani che stanno riportano in pista dav vero gli immortali del potere: si parla anche di una candidatura di Mauro Masi, l’ex direttore della Rai che nel 2010 voleva licenziare Michele Santoro: per lui è pronto un posto da capolista con Fratelli d ’Italia. Il clima pre governo Monti va ricreato in toto. E in pole per un gran ritorno c’è anche Clemente Mimun, tra i fondatori del Tg5 e poi direttore di tg Rai dal 1994 al 2006, e dal 2007 ritornato alla casa madre.
In Parlamento vogliono restare ancora cinque anni anche Lorenzo Cesa, eletto per la prima volta eurodeputato nel 2004, venti anni fa, e Paola Binetti, 79 anni, dal 2006 sempre presente in Parlamento.
Ma in verità a ricreare le scene del passato contribuisce comunque anche il Partito democratico di Enrico Letta: a Bologna i dem ricandideranno Pier Ferdinando Casini. La sua storia è nota: giovane democristiano e poi stampella della Casa e del Polo della libertà per molti anni, a difesa dei peggiori esecutivi berlusconiani, poi redento sulla via di Damasco qualche anno prima della caduta del berlusconismo nel 2011. Casini ha messo piede per la prima volta in Parlamento nel 1983, a 28 anni. E non ne è più uscito. Adesso ci tornerà per la sua undicesima legislatura, essendo stato candidato con i dem nell’uninominale a BolognRestando in tema di eterni democristiani, Bruno Tabacci con l’allievo Luigi Di Maio punta a tornare in Parlamento, dove ha messo piede per la prima volta nel 1992 e poi con l’Udc ha sostenuto i governi Berlusconi ed è stato consigliere in enti come Eni e Snam, salvo poi anche lui mollare il berlusconismo e nel 2011 entrare nella giunta di Giuliano Pisapia a Milano. Se oggi un ragazzo elettore nel 1994 come nella saga Ritorno al futuro potesse arrivare nel 2022, vedrebbe le stesse facce e perfino gli stessi argomenti in campo. E penserebbe che la macchina del tempo è guasta dav vero in questo Paese. Q
I VOLTI ETERNI
Dall’alto, Pier Ferdinando Casini, in Parlamento dal 1983, Mauro Masi già direttore della Rai, Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia, e Paola Binetti
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