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Noi e voi

N. 41 - ANNO LXVII - 16 OTTOBRE 2022

DIRETTORE RESPONSABILE: LIRIO ABBATE

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RISPONDE STEFANIA ROSSINI

stefania.rossini@espressoedit.it

QUELLE DOMANDE SCOMODE PER IL SINDACATO

Cara Rossini, le scrivo subito dopo essere stato alla manifestazione della Cgil di piazza del Popolo a Roma. Sono un iscritto Fiom sempre un po’ troppo polemico. Andrà pure bene che tutti i partiti siano andati alla ricorrenza dell’assalto della sede nazionale Cgil, sperando che quelli che hanno tra di loro certi odiatori se ne liberino al più presto. Sono certo che il partito a cui mi riferisco affronterà future spaccature, ma questo è un altro discorso. Ritornando al sindacato che si prepara al suo congresso mi sorgono alcune domande. 1) Tutto questo pacifismo non lo avremmo potuto manifestare anche prima della guerra, visto che gli italiani si muovono solo adesso che le bollette crescono, dato che eravamo stati abbondantemente avvisati per tempo dello scoppio del conflitto? 2) Quanto si è coerenti con il pacifismo se poi la signora Re David, della segreteria generale della Cgil, corre a magnificare il lavoro svolto dal dottor Alessandro Profumo, amministratore delegato della Leonardo, che è la più grossa azienda europea di armamenti? 3) Se davvero vogliamo il pacifismo non sarebbe ora di riconvertire la nostra industria bellica? Vorrei anche capire perché alla manifestazione di Roma si è visto l’onorevole Conte confabulare con Landini? Per cortesia, signor Landini, lei che è saldatore come me, se la Cgil è cosa seria, i leader politici li riceva in un qualche ufficio e dica loro di stare distanti dalle nostre manifestazioni. Così si fanno solo pubblicità e poi quando sono in parlamento nessuno di loro si straccia le vesti per noi, visto che ad esempio di precarietà del lavoro se ne parla da anni, ma nulla cambia. Allora o siamo sbagliati noi lavoratori votanti o voi sindacalisti, o lor signori politici o i datori di lavoro, oppure tutti. E allora è meglio lasciare perdere! Andrea Anderlucci Chissà come ha votato il signor Anderlucci, che ci scrive spesso e che ogni volta fa risuonare l’eco lontana di una classe operaia combattiva? Lui non lo dice, anzi manifesta una forte diffidenza per la politica e i suoi uomini, con il timore evidente che contagino il sindacato. E non fa sconti a nessuno, neanche a Landini che, è vero, cominciò a lavorare giovanissimo in fabbrica come saldatore. Non dovrei essere io a spiegargli che purtroppo l’industria delle armi è una triste esigenza di ogni nazione ma il punto è l’uso che se ne fa, né che gli imprenditori e i politici si frequentano non per simpatia, ma per necessità, né tantomeno che un politico e un sindacalista che discutono non si devono nascondere: l’importante è che in quegli incontri si facciano accordi per il bene comune. Da decenni non ci sono più duri schieramenti ideologici in società liquide che forse soltanto adesso, nell’impatto con la guerra, scoprono di aver perso compattezza e valori condivisi. Ognuno è solo di fronte a cambiamenti ed emergenze che non hanno precedenti nella vita di tutti i contemporanei. In questo clima il sindacato è tornato a parlare al suo popolo con i modi e il vigore di altre stagioni. È una buona notizia.

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