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Marxista, gay e snob, tutti in posa per Procktor

Sopra: ritratto di John Minton. In basso: “Juliet Benson” di Patrick Procktor

scito a cambiare l’umore e il linguaggio della ritrattistica. Sono nudi, i suoi, che spiccano tra le opere giovanili presenti in mostra, tra cui un autoritratto (1940), “I Rifugiati” (1941), “La stanza del pittore” (1944), “La donna con il tulipano“, “La donna con il narciso” e “La Donna col gattino” (tutti e tre del 1947), senza dimenticare quello in cui è giovanissimo e bellissimo, dove indossa una camicia celeste dello stesso colore dei suoi occhi vicino una foglia dorata, quello in cui ha un abito nero come la cravatta tenendo in mano una piuma o un altro ancora con un vaso di giacinto (1948). Particolari davvero e dal forte impatto, sono tutti quelli ambientati sui letti, mobili molto amati da Tracey Emin e Antonio Marras, per non parlare poi dell’iconico “Girl with white dog” (1950/52) dove c’è la sua prima moglie, Kitty Garman, con un seno fuori dal vestito e un bull terrier bianco vicino, a dir poco incantevole. Sì, perché quelli di Freud sono quadri emotivi prima che artistici, un invito a ricordarci che l’emotività inizia proprio da noi, altrimenti è solo assenza.

Mar xista, gay e snob tutti in posa per Procktor

Sempre a Londra, oltre alla mostra alla National Gallery, anche il Garden Museum (gardenmuseum.org.uk) dedica a Lucian Freud - l’uomo dai mille vizi che la mattina si alzava tardissimo e usciva dal suo studio in Kensington Church Street, solo per andare a fare colazione nel vicino Clarke’s – la mostra “Plant Portraits”, a cura di Giovanni Aloi, che evidenzia come le piante fossero parte integrante del suo lavoro oltre ai nudi, andando ad esplorare la sua capacità di catturarne l’essenza sfuggente. Anche l’Italia risponde a suo modo a questi festeggiamenti per il centenario con “A View From a Window”, un percorso monografico a cura di Tommaso Pasquali su Patrick Procktor (1936-2003), protagonista imprescindibile, ma tuttora poco noto, del panorama artistico londinese degli anni Sessanta e Settanta. Lui e Lucian Freud erano amici, alcuni ipotizzano anche qualcosa in più, ma la conoscenza della verità, in questo caso, conta davvero molto poco. Quello che conta, sono le opere che troverete esposte al Palazzo Bentivoglio di Bologna fino al 5 febbraio del prossimo anno. Ciò che regala al visitatore è il ritratto vivente di una figura contraddittoria e flamboyant come Procktor, che nella vita fu marxista e snob, omosessuale e padre di famiglia, viaggiatore in luoghi esotici e assiduo frequentatore di Venezia. Sia in pittura che nel medium privilegiato dell’acquerello, Procktor è stato capace di caricare di tensioni nuove e personali i generi tradizionali del ritratto e del paesaggio, calandoli nell’autobiografia e mettendoli in discussione, in un costante gioco ironico tra profondità della rappresentazione e valori di superficie. Sul divano di casa sua, a Manchester Street, posavano gli amici intellettuali, i figli, i colleghi artisti e gli amanti (tra cui lo stilista Ossie Clark, il fotografo e costumista Cecil Beaton, l’interior designer Christopher Gibbs e il regista Derek Jarman), un po’ come accadeva da Freud, con cui condivideva (anche) l’amore per il colore pastello. (Patrick Procktor. “A View From a Window” - Palazzo Bentivoglio, via del Borgo di San Pietro 1, Bologna www.palazzobentivoglio.org) G.F.

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