26 | La lunga marcia verso la parità Irene Boni sognava di lavorare in organizzazioni internazionali o di scrivere sul Sole 24 Ore. Poi ha preso un’altra strada: si è laureata in economia, è stata in Procter & Gamble e McKinsey, quindi in Yoox. Oggi è ad di Talent Garden. In questo ruolo, che concilia con quello di madre di quattro bambini, lotta anche contro stereotipi e disuguaglianza di genere. “La cosa peggiore che si possa fare è subire e stare zitta” di Carola Desimio
11 | L’avanzata
delle donne vincenti
Alessandro Mauro Rossi
12 | Si vive solo tre volte
Andrea Giacobino
14 | Si cambia musica!
Giovanni Iozzia
16 | Ritorno al futuro
Ugo Mattei
FRONTRUNNER
19 | Colpi milionari
NEWS
22 | Innovation people
Giovanni Iozzia
24 | Social responsibility
Enzo Argante
25 | Space news
Emilio Cozzi
COVER STORY
26 | La lunga marcia verso la parità
Carola Desimio
32 | Il lusso con il sorriso
Annalisa Cavaleri
34 | La forza della creatività
Lavinia Desi
36 | Polli stellati
Marco Gemelli
38 | Il valore dell’esperienza
Agostino Desideri
39 | Destinazioni d’eccellenza
Andrea Celesti
40 | Piano d’attacco
Maurizio Abbati
42 | L’ora dell’equità
Francesca Vercesi
THE LIST
46 | Il tempo delle donne
THE INVESTIGATION
54 | L’era delle culle vuote
Tommaso Carboni
58 | La minaccia invisibile Giuseppe Mocerino
60 | L’Europa si desti
Emilio Cozzi e Matteo Marini
62 | Torna la febbre dell’oro Cosimo Maria Palleschi
CONTRARIAN
65 | Una nuova Signora Massimiliano Carrà
68 | L’impresa etica Enzo Argante
BEST IN CLASS
71 | Visione lungimirante Matteo Sportelli
74 | Voglia di connessioni
Matteo Rigamonti
76 | Nel segno della continuità Luca Sessa
78 | Potere al femminile Danilo D’Aleo
UNDER 30
80 | Diventerai una star a cura di Matteo Sportelli
HEALTHCARE
91 | La salute importa
Maurizio Abbati
94 | Stiamo all’occhio
Primo Marzoratti
96 | L’ospedale che verrà
Elisa Serafini
98 | Non solo innovazione
Matteo Borgogno
99 | Senza più barriere
Alessandro Fazio
100 | Verso nuove cure
Danilo D’Aleo
102 | Cambiare pelle
Andrea Celesti
105 | Le dimensioni contano
Matteo Borgogno
106 | Le vie della medicina
Agostino Desideri
GOOD STORIES
109 | Parola all’esperto
Valentina Lonati
112 | Sempre più forte
Danilo D’Aleo
114 | Missione Parigi
Matteo Borgogno
116 | L’era dell’extra-lusso
Matteo Borgogno
117 | Di padre in figlia
Matteo Borgogno
118 | Prima della rivoluzione
Danilo D’Aleo
120 | Disordine creativo
Lavinia Desi
122 | Passaggio di testimone
Daniele Tortoriello
123 | Clonazione digitale
Ettore Mieli
124 | Giocare su due fronti
Agostino Desideri
125 | Obiettivo parità
Lavinia Desi
SMALL GIANTS
A cura di Piera Anna Franini
127 | Molto più di un pacco
129 | Tra legno e cartone
DESIGN
A cura di Valentina Lonati
131 | Guardare avanti
SPECIALE YACHT
135 | Amare il bello
Benedetta Iovane
138 | Sarti del mare
Penelope Vaglini
140 | Tutto connesso
Ettore Mieli
FORBES LIFE
143 | Un’estate al massimo
Alessia Bellan
146 | Esclusività sul lago
Penelope Vaglini
148 | Il giardino del lusso
Penelope Vaglini
150 | Bicchiere mezzo pieno
Agostino Desideri
152 | Tesori di Sardegna
Lavinia Desi
153 | Oltre la vacanza
Andrea Celesti
154 | Forbes trends
Marco Gemelli
155 | La bottiglia come cassaforte
Cristina Mercuri
156 | Forbes cars
Serena Cappelletti
157 | Forbes design
Valentina Lonati
158 | Forbes tech
Gabriele Di Matteo
LIVING
159 | Milano Alessia Bellan
160 | Roma Mara Cella
161 | New York Aka Sarabeth
162 | Pensieri e parole Conflitto
LUGLIO, 2024 | VOLUME 81
Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017
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Top selection
PEOPLE IN FOCUS
Quattro personaggi sotto i riflettori, scelti dal direttore di Forbes Italia
LEONARDO MARIA DEL VECCHIO
Il miliardario italiano ha annunciato l’acquisizione del 72,5% della società Acqua e Terme Fiuggi. “Si tratta di un investimento strategico”, ha detto Del Vecchio, “volto a rivalorizzare un marchio italiano con quasi otto secoli di storia e scrivere una nuova pagina nel grande libro delle eccellenze italiane”.
MARCO MACCHI
Con la sua Maralbi, startup fondata con Riccardo Sattler, l’ingegnere meccanico Marco Macchi, usando una stampante 3D, ha inventato Breath Again, un giubbotto salvagente che si attiva automaticamente in caso di perdita dei sensi durante un’immersione.
MARIELLA AVINO
VERONICA LEONI
È la nuova creative director di Calvin Klein Collection, la prima linea del marchio americano che segnerà il ritorno del brand sulle passerelle da settembre. Romana, classe 1984, finalista del Premio Lvmh 2023, porta la sua esperienza maturata in Jil Sander, Céline, Moncler e The Row.
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Per la stagione 2024, il suo Palazzo Avino a Ravello presenta ‘Palazzo to Palazzo’, progetto espositivo curato dall’imprenditrice e collezionista Umberta Gnutti Beretta. Saranno esposti lavori di artiste emergenti provenienti da Europa, America e Asia.
IMAGOECONOMICA
di Alessandro Mauro Rossi
L’avanzata delle donne vincenti
La politica è sempre più donna. Basta guardare all’Italia, dove ormai il dualismo tra Giorgia Meloni e Elly Schlein riempie le cronache. Una donna capo del governo, una donna alla guida del maggiore partito di opposizione. E tutte e due uscite rafforzate dalle ultime elezioni europee. Già, l’Europa, femmina anch’essa. Secondo la mitologia greca, era una principessa che fece perdere la testa addirittura a Zeus. Il nome Europa lo scelsero probabilmente i Fenici per indicare le terre a Occidente. E proprio in Europa, negli ultimi cinque anni, ha comandato una donna, Ursula von der Leyen, che è la prima candidata a succedere a se stessa. Prima di lei, la vera padrona d’Europa è stata un’altra donna, la cancelliera tedesca Angela Merkel. Ma anche l’economia viene declinata sempre più al femminile. Secondo il sito Investing.com, un terzo delle imprese a forte crescita in tutto il mondo è gestito da donne. Nel 2021, negli Stati Uniti c’erano circa 13 milioni di aziende a conduzione femminile, pari al 42% di tutte le imprese. Le aziende fondate da donne nel portafoglio di First Round Capital, che investe in startup, hanno superato le aziende fondate da uomini del 63%. Le imprese di proprietà femminile negli Stati Uniti generano 1.900 miliardi di dollari di fatturato all’anno. Negli ultimi 20 anni, il numero di aziende di proprietà femminile, sempre negli Stati Uniti, è aumentato del 114%. Le donne che ricoprono attualmente ruoli da ceo superano il 10%.
LIl rapporto rivela che, delle 950mila imprese femminili, la stragrande maggioranza - il 95,8% - sono microimprese. Sono considerate ‘femminili’ le società che rientrano nelle seguenti categorie: le società di capitali in cui la maggioranza (più del 50%) dei componenti dell’organo di amministrazione sia costituita da donne, o in cui la maggioranza delle quote di capitale sia detenuta da donne; le società di persona in cui la maggioranza (più del 50%) degli esponenti sia donna; le ditte individuali il cui titolare sia donna. Inoltre, solo lo 0,2% delle imprese femminili raggiunge un alto score di internazionalizzazione, mentre l’87,7% si attesta su un livello basso, a evidenziare una significativa mancanza di presenza sul mercato globale. Stesso andamento si registra in merito alla digital attitude: alta solo nell’1,6% delle aziende femminili e bassa nell’88,2%.
Classifiche
Le
E in Italia? Le aziende a gestione femminile sono 950mila, corrispondenti al 18% su circa 5,2 milioni di imprese attive sul territorio nazionale: una cifra particolarmente bassa, che evidenzia il persistente gender gap nel mondo delle imprese. È quanto emerge dal report sull’imprenditoria femminile in Italia pubblicato da Cribis, società del gruppo Crif, leader nel settore della business information.
Le regioni con la più alta percentuale di aziende al femminile sul territorio nazionale sono la Lombardia (14,9%), il Lazio (10,4%) e la Campania (10,1%). Nelle altre non si raggiunge il 10%. Per quanto riguarda i settori, la maggior concentrazione di imprese femminili si ha nei servizi sociali (43% sul totale), nelle industrie tessili (37%) e nel commercio al dettaglio di abbigliamento e accessori (35,7%).
Insomma, la strada è aperta, ma è ancora lunga. Però Forbes crede fermamente nella forza e nell’intelligenza femminile. Così, come ogni anno, abbiamo stilato l’elenco delle 100 donne italiane meritevoli di menzione per quello che hanno creato o fanno tutti i giorni. Essere nella lista di questo numero, essere state in una delle liste dei sei anni precedenti o essere in un una di quelle degli anni a venire è motivo di orgoglio, ma soprattutto di conferma che la marcia delle donne verso la parità di genere in tanti settori d’eccellenza cammina spedita. È la marcia delle donne vincenti e di successo. Le donne di Forbes F
Si vive solo tre volte
Da giovane è stato campione italiano di discesa libera. Poi, come telecronista, ha raccontato i trionfi di Tomba. Oggi Bruno Gattai è socio fondatore e managing partner di PedersoliGattai, sigla nata dall’aggregazione di due studi legali e di un terzo gruppo di professionisti, con un fatturato di 118 milioni
Bruno Gattai, milanese, 59 anni, è il socio fondatore e il managing partner di PedersoliGattai , la nuova sigla nata quest’anno dall’aggregazione tra gli studi legali Gattai, Minoli, Partners e Pedersoli e un terzo gruppo di professionisti proveniente da uno dei principali studi italiani. L’operazione è stata definita da molti rivoluzionaria per le dimensioni e per l’accelerazione che può imprimere al mercato. Appena nato, il nuovo studio legale può contare su 400 professionisti, 118 milioni di euro di fatturato e sedi a Milano, Roma e Torino. A maggio la directory internazionale Chambers Europe lo ha premiato a Parigi con l’Outstanding Contribution Award, premio a oggi assegnato solo ad altri due avvocati italiani.
del fenomeno Alberto Tomba. Sono memorabili le telecronache in cui ha cambiato le regole del gioco del commentatore sportivo: competenza tecnica unita a passione. Ancora oggi ci sono su Facebook gruppi di suoi fan. D’altra parte, lo sport è sempre stato nel suo dna, come sciatore e come figlio di Arrigo Gattai, che è stato presidente del Coni.
Gattai ha fatto
la sua prima esperienza nell’inglese Simmons & Simmons. Poi
Legale di riferimento nel settore del private equity, Gattai è a tutti gli effetti un avvocato ‘rainmaker’, ossia in grado di fare la differenza a livello di clienti e di mandati che può generare e seguire. Il suo ruolo non è infatti solo gestionale, ma soprattutto operativo: è sempre in prima linea con il cliente e nelle diverse trattative ed è anche l’avvocato di fiducia di importanti famiglie imprenditoriali, come i Barilla. L’avvocatura non è stata l’unica passione di Gattai, che ha lasciato il segno e si è imposto anche nello sci agonistico e nel giornalismo sportivo. Da giovane è stato campione italiano di discesa libera nel 1978, con una carriera promettente interrotta da un grave incidente sulle piste. Dal 1984 al 2000 è stato telecronista sportivo e commentatore delle gare di sci, e in particolare
ha fondato la practice italiana dello studio legale americano
Dewey Ballantine ed è entrato anche nel comitato esecutivo globale
Dopo la prima esperienza, come partner prima e managing partner poi, nello studio legale inglese Simmons & Simmons, nel 2001 ha fondato la practice italiana di Dewey Ballantine, studio americano di cui è diventato membro del comitato esecutivo globale. L’avventura di Dewey, nel frattempo fuso con LeBoeuf, è finita nel 2012 per motivi legati alla crisi finanziaria che aveva colpito il colosso americano della consulenza, che, da un giorno all’altro, si trovò a chiudere le proprie sedi. Da quel momento difficile, però, è nata la grande avventura imprenditoriale di un gruppo di 25 avvocati, riuniti intorno ai fondatori, che hanno fatto nascere Gattai, Minoli, Partners, prima con una sede a Milano, in via Manzoni, e poi con la sede di Roma. Una sfida che si è rivelata subito vincente e che ha visto crescere lo studio a ritmi elevati, a livello sia di fatturato che di numero di professionisti. In poco tempo questa realtà è diventata un riferimento del mercato della consulenza corporate m&a e si è trasformata in polo di attrazione per professionisti di esperienza, che progressivamente hanno ampliato il
di Andrea Giacobino
team aprendo nuovi dipartimenti. Una storia di successo che quest’anno ha trovato nuova linfa con l’aggregazione con lo studio Pedersoli e con l’ingresso di un terzo gruppo di professionisti, guidati dall’avvocato Carlo Montagna. L’avventura è appena iniziata, ma il mercato sta percependo la centralità di questa nuova sigla in tutte le principali operazioni che si stanno finalizzando. Gattai pensa che l’opportunità di entrare in un grande studio legale non debba essere preclusa a nessun ragazzo che ne abbia le capacità, indipendentemente da dove parte. Sua l’idea del programma Diritto allo Studio, un progetto che ogni anno individua quattro ragazzi meri-
tevoli provenienti da contesti socialmente ed economicamente vulnerabili, a cui viene erogata una borsa di studio perché possano studiare all’Università Statale e prendere la laurea in legge. Successivamente sarà loro assicurato l’inserimento lavorativo nello studio, con training sul campo post-laurea con un contratto e una retribuzione garantiti per due anni. Un progetto che Gattai definisce di ‘ascensore sociale’, che offre una chance a chi se lo meriterà. Il 2024 per Gattai è importante non solo per l’avvio di questa nuova avventura, ma anche per il ritorno allo scudetto della sua squadra calcistica, l’Inter, che segue sempre dalla tribuna di San Siro. F
Bruno Gattai
DIGITAL BREAK
Si cambia musica!
Laura Pausini che duetta con Laura Pausini? È uno dei tanti possibili effetti dell’intelligenza artificiale. Il mercato discografico italiano ha superato con successo l’avvento delle tecnologie digitali e dello streaming. Ma artisti e industria si sentono minacciati da una nuova rivoluzione
“Laura Pausini canta insieme a quattro coriste che riproducono la sua stessa voce, ma in tonalità diverse. Così avremmo Laura con il coro di altre quattro Pausini che la accompagnano. Le coriste darebbero il loro apporto fisico, ma l’IA ne cambierebbe la fisionomia vocale per moltiplicare la forza della protagonista”. Paul Simon-Geddis, head of content di Sonar, il festival spagnolo dove si incontrano musica e tecnologia (quest’anno si è tenuto a metà giugno), ci regala questa immagine per far vedere uno dei tanti possibili effetti che l’intelligenza artificiale potrà avere sulla musica. “Lasciate alla vostra immaginazione cosa potrebbe succedere in futuro”. Siamo solo all’inizio e per questo quel che potrà arrivare dopo preoccupa, mette in ansia artisti e manager, al punto da fare temere la fine prossima ventura della musica così come l’abbiamo conosciuta finora.
La prima minaccia portata dall’IA
musica digitale, i concerti, i diritti d’autore, i gadget, le partnership commerciali, YouTube e le altre piattaforme video. Al di là della terminologia antica, la musica è già cambiata per effetto delle tecnologie digitali, che l’hanno contagiata ormai dall’inizio di questo secolo (ricordate i primi Mp3, i ‘pirati’ di Napster e poi lo streaming autorizzato di Spotify?). Ma adesso artisti e industria si sentono di nuovo sotto assedio, perché l’intelligenza artificiale generativa può cambiare tutto di nuovo, dall’ideazione di un brano alla sua produzione e distribuzione, fino a ‘creare’ cantanti virtuali o riportare in vita rockstar scomparse da decenni.
è questa: senza alcuna conoscenza tecnica, chiunque può comporre un brano o dare voce a versi scritti magari con un software. Bastano poche righe di istruzioni ed ecco saltare fuori il jingle o la melodia
La musica è davvero finita o sta per finire? Per il momento sembra in ottima salute: il 2023 in Italia è stato un anno storico per il mercato discografica, con un balzo che ha portato il nostro Paese al terzo posto nell’Unione europea: +18,8%, con un fatturato di 440 milioni di euro, secondo le rilevazioni della Federazione industria musicale italiana, la confindustria del settore. E poi c’è il grande successo dei concerti, confermato dagli appuntamenti tutti esauriti di quest’estate 2024 (il mercato globale dei live ha superato i 10 miliardi di dollari e si prevede che supererà i 17 entro il 2030). Di discografico, ormai, c’è ben poco, visto che le principali fonti di ricavo sono lo streaming, la vendita di
La prima minaccia: senza alcuna conoscenza tecnica, chiunque può comporre un brano o dare voce a versi scritti magari con un software: bastano poche righe di istruzioni ed ecco saltare fuori il jingle o la melodia. Sono tantissimi le app che lo permettono e ormai un anno fa sia Google, sia Meta hanno lanciato il loro modello per la generazione di audio. Tutti potranno diventare Drake, il rapper del momento negli Stati Uniti, o Taylor Swift, secondo Time la pop star più potente del mondo? Poco probabile, per il momento, perché altrimenti tutti sarebbero diventati grandi fotografi o scrittori di successo dopo la democratizzazione digitale della fotografia e della scrittura. Ma sicuramente Drake può duettare con un altro artista senza mai incontrarlo e senza che nessuno dei due canti: è accaduto con The Weeknd nel brano Called Heart On My Sleeve, diventato virale alla fine del 2023. È stato ‘prodotto’ con un pro-
di Giovanni Iozzia
gramma IA, Ghostwriter, che ha clonato e riadattato le voci dei due artisti in pochissimo tempo. Se da una parte questo fenomeno affascina, dall’altra fa sorgere parecchie domande che ancora non trovano risposta. Con l’intelligenza artificiale è stata già scritta molta musica (oltre alla canzone di Drake, per farsi un’idea dei risultati possibili si possono ascoltare Hey There Delilah di Kanye West IA, Kill Bill di Ariana Grande IA o I Feel It Coming con un redivivo Michael Jackson IA). Nessuno sa veramente quali potranno essere le prossime evoluzioni, ma il mondo musicale è già diviso fra tecnoentusiati e pessimisti ed entrambi le parti hanno un pezzo di ragione. Artisti come Holly Herndon, americana immigrata a Berlino, studi a Stanford, hanno usato l’IA per co-creare interi album. Pharrel Williams pensa che la rivoluzione sarà inevitabile e bisogna prepararsi, ma Ed Sheeran e Sting vedono l’IA come la grande minaccia per la composizione musicale. L’intelligenza artificiale, comunque, avanza anche nella musica. Le reti neurali generative possono dare vita a nuove composizioni, imitando stili e strutture di brani esistenti. I modelli di trasformazione (come Gpt) possono essere addestrati su grandi dataset musicali per generare testi e melodie. Gli AI assistant (come Amber Music o MuseNet di OpenAI) permettono a chiunque di creare melodie, armonie e arrangiamenti. Secondo uno studio di Midia Research, l’adozione di strumenti di IA
nella produzione musicale è in aumento, con un numero crescente di professionisti del settore che li usano per varie fasi del processo creativo e produttivo. Il mercato globale per la musica generata da IA è in espansione: un rapporto di MarketsandMarkets prevede che raggiungerà i 2,6 miliardi di dollari entro il 2025. C’è un nuovo business da comprendere e governare, magari lasciandosi ispirare da qualche maestro. Diceva nel 2013 Brian Eno, 76 anni, da sempre curioso esplorate della tecnologia (sono stati creati da lui i tre secondi di apertura di Windows95): “Il problema, con il lavoro basato su software, è che non sai mai cosa fa. Non puoi mai esaurire ciò che fa. Quindi puoi sempre coprire il fatto che non hai un’idea provando un’altra opzione”.
A fare la differenza, quindi, saranno le idee musicali, quella creatività umana che nessun algoritmo ancora è in grado di sostituire. O no? “È certo che l’IA ci rimpiazzerà, solo che lo farà in un modo gentile, cercando di rimanere il più possibile al nostro servizio”, è la previsione di Simon-Geddis dopo l’edizione 2024 di Sonar. “L’IA, in realtà, saprà andare oltre la creatività, perché potrà sperimentare strade e possibilità che l’uomo nemmeno lontanamente potrebbe raggiungere grazie alle sue conoscenze o intuizioni. Ci vorrà molto? No, è tutto già qui”. Ma non è ancora chiaro per suonare cosa e per chi. F
Il rapper Drake. L’IA ha prodotto un brano con la sua voce e quella di The Weeknd.
ECONOMIC SCENARIOS
di Ugo Mattei
Ritorno al futuro
La geopolitica mondiale sembra essere tuttora determinata dagli accordi di Yalta. La Guerra fredda si è riaperta, sebbene fuori dalla contrapposizione capitalismo/socialismo. E si può parlare ancora di un fronte occidentale, tra Ucraina e Russia, e di un fronte orientale, tra Taiwan e Cina
Con la decisione di Joe Biden, che il 30 maggio ha autorizzato l’uso dell’arsenale americano per attaccare all’interno del territorio russo, la partita geopolitica si è riscaldata. Poche ore dopo, Regno Unito, Finlandia, Svezia, Stati baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda, Norvegia e Canada hanno sostenuto senza se e senza ma la politica della Nato, mentre Francia, Germania (che ha annunciato la reintroduzione del servizio militare obbligatorio) e Italia paiono abbozzare qualche timida critica. Difficile immaginare che in Europa prevalgano le colombe (Spagna e Portogallo), perché le decisioni in materia di guerra e pace sono in mano al Pentagono. Sembra incredibile che nel 2024 la geopolitica mondiale possa ancora essere determinata dagli accordi di Yalta e che si possa ancora parlare, in modo sempre meno metaforico, di fronte occidentale (Ucraina/Russia) e fronte orientale (Taiwan/Cina). Eppure la Guerra fredda si è riaperta, sebbene fuori dalla contrapposizione capitalismo/ socialismo. La Russia, solo paese che si estende da Occidente a Oriente, con le sue straordinarie ricchezze di materie prime, gioca un ruolo da protagonista, nonostante il più che ventennale processo di de-industrializzazione seguito all’implosione dell’Unione Sovietica. Soltanto nell’ultimo decennio, proprio dopo i fatti di Odessa e di Maidan, Putin è riuscito ad arrestare il declino industriale e perfino a invertirlo, nell’ambito di una conversione bellica innescata dall’aggressività della Nato nei Balcani, a cominciare dai bombardamenti dei ponti di Belgrado nel 1999. Russia e Cina non sono più apparentate dall’ideologia e divise dalla rivalità all’interno del blocco socialista, come avvenuto dopo la morte di Stalin e la mancata successione di Mao alla guida dell’Internazionale. Oggi sono accomunate da interessi economici, con notevole crescita degli scambi commerciali a partire dal 2022 e con un progetto
La guerra è aperta anche sulla frontiera della rete. Solo chi non vuole vedere crede che la contesa tra Nvidia e la cinese Huawei riguardi i videogiochi
capace di mutare le egemonie planetarie, cioè un sistema finanziario non più fondato sul dollaro, ma su Brics Pay, una moneta digitale con sottostante l’oro, realizzata attraverso la blockchain. Tale progetto, in fase avanzata, si baserà su una rete di accordi bilaterali che coinvolgono anche Brasile, India, Sud Africa, Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti. Joseph Halevi, professore dell’Università di Sidney, in una lezione all’Alterfestival dell’Economia di Torino ha mostrato come questo disegno globale, alternativo all’atlantismo, si traduca in una rete di infrastrutture logistiche molto ambiziosa, nella cui realizzazione, fino al 2022, era coinvolta anche l’industria pesante tedesca con il suo indotto europeo (Austria, Repubblica Ceca, Polonia, Olanda, Ungheria), e in particolare i gruppi Siemens e Audi-Ww.
L’Italia, de-industrializzata a causa della dismissione dell’Iri, era ormai fuori da questi giochi, seppure la partecipazione alla Via della seta avesse aperto qualche spiraglio al nostro Nord-Est (in particolare al Porto di Trieste). Dopo l’inizio delle ostilità sul fronte occidentale e la distruzione del gasdotto Northstream II, solo l’industria ferroviaria spagnola è ancora coinvolta nella costruzione infrastrutturale dell’ecosistema Brics, e i tedeschi del dopo Merkel paiono aver commesso il classico harakiri, trascinandosi dietro tutta l’Europa. Infatti la locomotiva tedesca, al cui traino sta l’Unione europea, fondata sulla manifattura industriale pesante, può tirare solo a due condizioni: energia a buon mercato e sbocco nei paesi emergenti per i suoi manufatti d’alta gamma. Queste condizioni sono cancellate dal febbraio 2022.
Gli Stati Uniti beneficiano del signoraggio del dollaro fintanto che questo resta valuta di riferimento internazionale, e vedono con terrore lo sviluppo di ogni alternativa di pagamento. Per questo non hanno mai amato l’Eurosistema e
hanno indotto la Germania, locomotiva europea, al suicidio. Per questo, insieme ai francesi, che a loro volta volevano difendere il franco cfa, hanno distrutto la Libia di Gheddafi quando è stato chiaro che le sue riserve d’oro, acquistato con la vendita di gas e idrocarburi fossili, sarebbero servite per costruire una moneta panafricana indipendente. Per questo hanno aperto un fronte orientale, per ora solo finanziario (ma chissà per quanto ancora), per indebolire il renminbi cinese (tramite l’umiliazione dello yen), che Pechino vuole invece forte e stabile insieme alle altre quattro R (rublo, real, rupia, rand) in fase di costruzione del Brics Pay. Come sul fronte occidentale Washington gioca pesante con la Germania, grande sconfitta del secolo breve, il cui territorio è infestato da basi nucleari e truppe (le cosiddette basi Nato, foglia di fico dell’occupazione militare), così fa sul fronte orientale. Qui il coartato è il Giappone, tenuto sotto un giogo fin dai tempi di McArthur. Senza disdegnare la distruzione politica di Shinzo Abe, eroe di quell’abenomics che, dopo la crisi seguita alla spettacolare crescita fino alla metà degli anni ’90, ha fatto ripartire l’economia nel primo decennio del nuovo millennio, tramite una politica di tassi di interesse bassissimi (spesso negativi), investimenti pubblici a deficit (350% di rapporto debito/Pil) e valore basso e stabile dello yen. Ciò ha significato che gli investitori giapponesi sono divenuti i primi acquirenti di debito americano (e grandi esportatori di beni ad alta tecnologia comprati a debito dai consumatori statunitensi).
Gli Stati Uniti hanno beneficiato di questa politica che ha
consentito loro di gestire la propria de-industrializzazione, e sono quindi terrorizzati dall’eventualità di un riapprezzamento dello yen e di una crescita di tassi in Giappone, perché li esporrebbe a fughe di capitali, che gli investitori giapponesi riporterebbero a casa. In clima di guerra (per ora) finanziaria con la Cina, che è la seconda detentrice mondiale di debito pubblico statunitense, lo yen è utile inoltre per spingere al ribasso il renminbi cinese, con impatto significativo sulla realizzabilità del progetto Brics Bay. Grazie alle pressioni ribassiste americane (nel febbraio ‘22 un dollaro costava 115 yen, oggi quasi 160), la Cina sarebbe costretta a svalutare la moneta per mantenere il proprio mercato di esportazione. Tuttavia Pechino tiene duro e non svaluta. La guerra finanziaria fra i due blocchi è aperta.
La guerra è aperta anche sulla frontiera della rete. Il mercato azionario occidentale è frastornato dal successo di Nvidia, che ha il core-business nei videogiochi. I suoi profitti sono stellari: poco meno di 15 miliardi di utili netti quest’anno, con il titolo a oltre 900 dollari, dopo essere stato scambiato a 100 a inizio ostilità. La sola azienda in grado di contrastarla è la cinese Huawei. Maurizio Davi rende bene l’idea quando si domanda: vinceranno i chips H20 di Nvidia o gli Ascend910B di Huawei? Solo chi non vuole vedere può credere che questa contesa riguardi i videogiochi. La sorveglianza e la guerra contemporanea sono gestite con le stesse tecnologie. Guidare un missile o un drone da remoto è come giocare ai videogame. In un’economia di guerra, non possono che vincere produttori di guerra. F
Da sinistra, Winston Churchill, Franklin Delano Roosevelt e Iosif Stalin alla conferenza di Yalta, febbraio 1945.
WHAT’S NEW
WHO’S NEXT
I dieci golfisti più pagati del mondo hanno guadagnato 678 milioni di dollari nell’ultimo anno. In testa alla classifica c’è lo spagnolo Jon Rahm, passato dal Pga Tour, il principale circuito professionistico, al Liv, finanziato dal fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Sul podio anche il britannico McIlroy e Tiger Woods
COLPI MILIONARI
Jon Rahm, il golfista più pagato al mondo
DDa due anni lo statunitense Scottie Scheffler è il numero uno del golf mondiale . Malgrado i guadagni record dovuti ai risultati, però, è solo il quarto giocatore più pagato del mondo, con 61 milioni di dollari tra introiti da campo ed extra-campo. Il golfista che ha incassato di più nell’ultimo anno è invece lo spagnolo Jon Rahm, che ha abbandonato il Pga Tour, il principale circuito professionistico, a favore del Liv Golf, finanziato dal Public Investment Fund, il fondo sovrano dell’Arabia Saudita. A convincerlo è stata un’offerta da 350 milioni di dollari garantiti, di cui la metà versati in anticipo. Nel complesso, Rahm ha guadagnato 218 milioni di dollari in un anno, di cui 198 per la sua attività di giocatore e 20 extra-campo.
Alle sue spalle c’è il britannico Rory McIlroy con 83 milioni, divisi in 38 guadagnati sul campo e 45 da altre attività. McIlroy è uno dei golfisti più gettonati dagli sponsor e ha partnership con aziende come Workday e Nike.
Proprio dalla Nike si è invece separato Tiger Woods, terzo in classifica con 67 milioni (12 da campo, 55 extracampo). La collaborazione con l’azienda di Phil Knight è finita a gennaio, dopo che in 27 anni era valsa a Tiger circa 500 milioni di dollari. Anche grazie a quegli introiti Woods è stato a lungo lo sportivo più pagato del mondo ed è il golfista più ricco del pianeta, con un patrimonio di 1,3 miliardi di dollari (dato aggiornato al 21 giugno). Ora ha lanciato la linea Sun Day Red, una joint venture con TaylorMade.
Nel complesso, i dieci golfisti più pagati hanno guadagnato 678 milioni di dollari, in calo di quasi il 10% rispetto ai 752 dello scorso anno. Il motivo principale è che la Liv ha rallentato i suoi investimenti e ha ingaggiato solo Rahm tra i giocatori di prima fascia. La competizione tra i due circuiti, secondo gli esperti, ha giovato ai protagonisti. “È semplice economia: la concorrenza fa bene ai giocatori”, ha detto Tim Derdenger, professore associato della Tepper School of Business alla Carnegie Mellon. In parallelo alle spese
Tiger Woods, terzo golfista più pagato al mondo e unico miliardario in classifica.
record di Liv, il Pga Tour ha aumentato i montepremi: nel 2024 assegnerà 402,4 milioni di dollari, a cui si aggiungono 340 milioni tra i quattro major (i tornei più importanti), una serie di eventi autunnali e vari bonus. Non tutti, però, sono convinti che l’impatto a lungo termine sarà positivo: con i migliori giocatori divisi tra due circuiti, i singoli tornei rischiano di diventare meno interessanti per il pubblico e per gli sponsor.
Tra i dieci golfisti più pagati, sei giocano nel circuito Liv: oltre a Rahm, ci sono Cameron Smith (quinto con 47 milioni), Bryson DeChambeau (sesto, 44 milioni), Brooks Koepka (settimo, 43 milioni), Phil Mickelson (nono, 38 milioni) e Dustin Johnson (decimo, 37 milioni). Quattro sono del Pga Tour: a McIlroy, Woods e Scheffler si aggiunge Viktor Hovland, ottavo con 40 milioni. F
I 10 GOLFISTI PIÙ PAGATI DEL MONDO
TUTTE LE CIFRE SONO ESPRESSE IN DOLLARI
1 | JON RAHM
Guadagni totali: 218 milioni
Guadagni sul campo: 198 milioni
Guadagni extra-campo: 20 milioni
Età: 29 anni - Tour: Liv
2 | RORY MCILROY
Guadagni totali: 83 milioni
Guadagni sul campo: 38 milioni
Guadagni extra-campo: 45 milioni
Età: 35 anni - Tour: Pga
3 | TIGER WOODS
Guadagni totali: 67 milioni
Guadagni sul campo: 12 milioni
Guadagni extra-campo: 55 milioni
Età: 48 anni - Tour: Pga
4 | SCOTTIE SCHEFFLER
Guadagni totali: 61 milioni
Guadagni sul campo: 41 milioni
Guadagni extra-campo: 20 milioni
Età: 28 anni - Tour: Pga
5 | CAMERON SMITH
Guadagni totali: 47 milioni
Guadagni sul campo:
43 milioni
Guadagni extra-campo: 4 milioni
Età: 30 anni - Tour: Liv
6 | BRYSON DECHAMBEAU
Guadagni totali: 44 milioni
Guadagni sul campo: 43 milioni
Guadagni extra-campo: 1 milione
Età: 30 anni - Tour: Liv
7 | BROOKS KOEPKA
Guadagni totali: 43 milioni
Guadagni sul campo: 35 milioni
Guadagni extra-campo: 8 milioni
Età: 34 anni - Tour: Liv
8 | VIKTOR HOVLAND
Guadagni totali: 40 milioni
Guadagni sul campo: 33 milioni
Guadagni extra-campo: 7 milioni
Età: 26 anni - Tour: Pga
9 | PHIL MICKELSON
Guadagni totali: 38 milioni
Guadagni sul campo: 36 milioni
Guadagni extra-campo: 2 milioni
Età: 54 anni - Tour: Liv
10 | DUSTIN JOHNSON
Guadagni totali: 37 milioni
Guadagni sul campo: 32 milioni
Guadagni extra-campo: 5 milioni
Età: 40 anni - Tour: Liv
LA STARTUP CHE DÀ I VOTI ALLE PERSONE
Ormai possiamo dare il voto a tutto, dai ristoranti ai tassisti. Perché non farlo anche con le persone? È l’idea di Peoplerank, la startup fondata da Andrea Zorzetto, 30 anni non ancora compiuti, con altri due under 30: Jan Wirth e Victoria Antonovich. Nonostante l’età, Zorzetto ha già un bel percorso professionale: ha lavorato per il governo inglese e per quello francese, poi è tornato in Italia per lanciare Plug and Play, il più grande acceleratore della Silicon Valley. E dopo aver visto e selezionato centinaia di startup, ha deciso che era arrivato il momento di fare la sua e diventare imprenditore. Peoplerank comincia con fondatori di startup e investitori, ma l’obiettivo è rendere trasparente la reputazione di diverse categorie di professionisti. “Gli autori delle recensioni restano anonimi, ma chi legge potrà capire quanto è affidabile l’autore sulla base dei dati che raccogliamo”, spiega Zorzetto. Peoplerank ha già chiuso un primo round da 300mila euro, da investitori come Plug and Play, Exor e BHeroes.
DA FONDATORI A INVESTITORI
Quando un ecosistema cresce, chi ha avuto successo diventa sostenitore e investitore di nuove startup. Ora succede anche in Italia. È un bel segnale il lancio di Italian Founders Fund, un fondo di venture capital creato e alimentato da 100 imprenditori che ha già raccolto circa 50 milioni di euro e punta ai 60. Dentro ci
sono tanti nomi eccellenti dell’economia digitale italiana: da Fabio Cannavale (lastminute) a Matteo de Brabant (Jakala), da Davide Dattoli (Talent Garden) a Riccardo Donadon (H-Farm), da Paolo De Nadai (ScuolaZoo, WeRoad) a Luca Ferrari (Bending Spoons), da Luca Foresti (ex Santagostino) a Marco Trombetti (Translated). A guidare il fondo è Lorenzo Franzi, ex partner di Global Founders Capital, il vc di Rocket Internet. Obiettivo: 25 startup in fase seed e pre-seed, taglio 0,5/1,5 milioni, più 2,5 per round successivi. Primi investimenti: Jet Hr, startup per la gestione del personale fondata da Marco Ogliengo, e Glaut, che fa sondaggi conversazionali, fondata da Matteo Cera e Giovanni del Gallo.
IL
CAMPIONE ITALIANO DELL’IA?
Bisogna segnarsi questo nome: iGenius. Se ne sentirà parlare molto nel futuro prossimo. Sarà il campione italiano dell’intelligenza artificiale? È quello che molti auspicano, che altri sperano, di cui alcuni dubitano. iGenius è la tech company fondata nel 2016 e fatta crescere dal fondatore Uljian Sharka. In giugno ha lanciato il primo llm italiano (cioè un modello di intelligenza artificiale generativa
basato su contenuti nella nostra lingua, sviluppato in collaborazione con il Cineca) e l’annuncio di un round da 650 milioni di euro, con una valutazione superiore al miliardo. Quindi, iGenius punta a diventare il primo unicorno italiano dell’IA. Un traguardo ampiamente superato in Francia da Mistral.ai, che è stata fondata nel 2023, ha già raccolto circa 1 miliardo e mezzo e vale quasi 6 miliardi. La battaglia dell’IA sarà sempre più dura.
di Giovanni Iozzia
Uljian Sharka
Andrea Zorzetto
Il team di Italian Founders Fund
SOCIAL
di Enzo Argante
LE FORESTE INVISIBILI
Un accordo per trasformare il patrimonio immobiliare delle principali città italiane in un veicolo per la riduzione delle emissioni inquinanti. È l’obiettivo della partnership tra REair, società di eco-tecnologie, e Acrobatica, azienda dell’edilizia. Obiettivo: una rinnovata visione urbanistica, architettonica e ambientale, in cui le facciate di palazzi, monumenti e abitazioni e gli spazi interni si trasformano in foreste invisibili. L’accordo prevede l’estensione dell’attività anche ad alcune tra le principali metropoli
del lusso (Parigi, Dubai e Montecarlo). “Puntiamo a diffondere i nostri prodotti e applicazioni tecnologiche, grazie alla capillarità di Acrobatica, per dare un contributo concreto alla vivibilità della città”, ha dichiarato Raffaella Moro, ceo di REair. Anna Marras, ceo di EdiliziAcrobatica, ha commentato: “L’accordo ci consente di rinforzare l’impegno legato al nostro know-how, che si basa sull’uso delle funi, e ci consente di realizzare lavori di ristrutturazione con rapidità e in piena sicurezza”.
GREENMOB sbarca in Europa
Wecity, piattaforma italiana per la mobilità sostenibile, apre la propria tecnologia con un’api finanziata da Eit Urban Mobility, iniziativa dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (Eit), organismo dell’Unione europea. L’api è un insieme di regole che consente ad applicazioni diverse di comunicare tra loro. GreenMob è in grado di fornire informazioni su percorsi, orari, tariffe e aggiornamenti in tempo reale. Grazie a un algoritmo di monitoraggio delle emissioni di CO2, riconosce automaticamente la modalità di trasporto usata e calcola le emissioni. “Oltre il 70% dei cittadini dell’Ue vive in aree urbane (città, paesi e periferie), che generano il 23% di tutte le emissioni di gas serra legate ai trasporti”, ha detto María Paula Caycedo, responsabile dell’Innovation Hub South di Eit Urban Mobility. “Questa iniziativa rientra nel quadro dell’Ue per ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e del 90% entro il 2050”.
NO ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE AL MASCHILE
Il nuovo rapporto dell’Istituto europeo per la parità di genere sull’intelligenza artificiale mostra come nel Regno Unito e nell’Unione europea solo il 16% delle persone con competenze di IA sia composto da donne. Al contempo crescono i posti di lavoro nel campo delle professioni Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) strettamente legate all’intelligenza artificiale, in cui solo il 28% è occupato da donne. In questo scenario si inserisce AIxGirls Summer Tech Camp alla Scuola di Alta Formazione di Volterra, corso di una settimana di immersione nel mondo dell’IA e della data science, offerta gratuitamente a studentesse selezionate di quarta superiore provenienti da tutta Italia, che potranno partecipare non solo a eventi di formazione, ma anche a incontri con professionisti e manager, per approfondire le competenze digitali e le soft skill fondamentali.
Raffaella Moro
María Paula Caycedo
Vega-C verso il ritorno al volo
Il 28 maggio, al poligono Salto di Quirra in Sardegna, un minuto e mezzo di fuoco e fiamme ha segnato un passo importante verso il ritorno al volo, entro fine anno, di Vega-C, il nuovo vettore europeo costruito in larga parte dall’italiana Avio. Sul banco di prova c’era il propulsore Zefiro 40, il secondo stadio di quattro che, dopo il fallimento del primo volo commerciale il 21 dicembre 2022, era finito sul banco degli imputati. La causa era stata una “inattesa sovra-erosione termo-mecca-
nica dell’inserto del restringimento in carbonio-carbonio dell’ugello, prodotto da Avio in Ucraina”, ha stabilito la commissione d’inchiesta dell’Agenzia spaziale europea. Per tornare a lanciare, occorreva migliorare il design del pezzo e testare di nuovo il motore. Un secondo test è previsto per ottobre. Se tutto andrà bene, l’Europa dovrebbe così riconquistare l’autonomia di accesso allo spazio, preclusa dopo le ultime missioni di Vega e di Ariane 5 e lo stop di Vega-C.
ARGOTEC selezionata dalla Nasa
La Nasa ha selezionato l’italiana Argotec, assieme ad altre tre aziende, per fornire satelliti e servizi spaziali correlati nell’ambito del programma Rapid Spacecraft Acquisition Services (Rsa), che prevede contratti per un totale di 6 miliardi di dollari. L’ente acquisirà servizi da satelliti commerciali già testati nello spazio per ridurre costi e tempi. I veicoli previsti dal contratto sono stati sviluppati nell’ambito di programmi commerciali e governativi, perciò possono essere considerati meno rischiosi rispetto ai veicoli spaziali con un progetto ‘tailor made’. Mentre la standardizzazione sta cambiando l’approccio allo spazio, la piattaforma Hawk di Argotec ha convinto la Nasa, e non da oggi: l’agenzia americana l’aveva già utilizzata per la missione Dart, verso un asteroide, e per Artemis I, verso la Luna.
A EXPRIVIA la gestione dei dati del satellite EarthCare
Sarà Exprivia, spa italiana che opera nell’Ict, a gestire il flusso di dati che arriverà da EarthCare, il satellite dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e di quella giapponese (Jaxa) lanciato il 29 maggio con un razzo Falcon 9 dalla base di Vandenberg, in California. Il contratto ha un valore di 9,3 milioni di euro. EarthCare è una sonda che, dall’orbita,
studierà le nubi e gli aerosol nell’atmosfera, usando quattro strumenti che non hanno mai volato tutti insieme in precedenza: una camera a luce visibile e a infrarossi, uno strumento laser (lidar), un radar e un radiometro. Lo scopo è misurare l’altezza e la distribuzione delle nuvole, i loro profili e la dinamica interna, per indagarne la complessa interazione
con le radiazioni solari e l’influenza sulla temperatura terrestre. Capofila di un consorzio internazionale composto da altri partner europei, Exprivia avrà la responsabilità di gestire il Core Payload Data Ground Segment, cioè le operazioni, la manutenzione e le evoluzioni del sistema integrato di processamento dei dati satellitari acquisiti dalla stazione di terra.
di Emilio Cozzi
IRENE BONI SOGNAVA DI LAVORARE IN ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI O DI SCRIVERE SUL SOLE 24 ORE. POI HA PRESO UN’ALTRA STRADA: SI È LAUREATA IN ECONOMIA, È STATA IN PROCTER & GAMBLE E MCKINSEY, QUINDI IN YOOX. OGGI È AD DI TALENT GARDEN. IN QUESTO RUOLO, CHE CONCILIA CON QUELLO DI MADRE DI QUATTRO BAMBINI, LOTTA ANCHE CONTRO STEREOTIPI E DISUGUAGLIANZA DI GENERE. “LA COSA PEGGIORE CHE SI POSSA FARE È SUBIRE E STARE ZITTA” THE PROFILE
LA LUNGA MARCIA VERSO LA PARITÀ
DI CAROLA DESIMIO - FOTO DI TOMMASO CIMARELLI
NNel 2016 Hillary Clinton, dopo la sconfitta elettorale con Donald Trump, disse: “A tutte le bambine che stanno guardando: non dubitate mai di essere preziose e potenti e di meritare ogni possibilità e opportunità nel mondo per perseguire e realizzare i vostri sogni”. Sono passati otto anni e quelle bambine, oggi ragazze, ci insegnano che la parità è importante, che le parole sono importanti, che non ci sono giocattoli per maschi e giocattoli per femmine, che non esistono sport da uomo e sport da donna. Ci insegnano che è ingiusto lo stereotipo di genere che porta le donne ad allontanarsi da alcuni corsi di studio o professioni. Eppure, nonostante la consapevolezza delle nuove generazioni, ci vorranno ancora 134 anni per raggiungere la parità di genere a livello globale, secondo i dati del Global Gender Gap Report del World Economic Forum. “E noi non abbiamo tutto questo tempo”, dice Irene Boni, amministratrice delegata del gruppo Talent Garden, principale piattaforma in Europa per l’educazione e la formazione nell’ambito dell’innovazione digitale, oltre che network phygital di innovatori e incubatore di startup.
Boni è una ceo ed è madre di quattro bambini. I suoi discorsi spaziano dall’intelligenza artificiale alla Nba, dalla formazione di talenti alla genitorialità. Odia essere definita ‘boss’. Smentisce la convinzione che per lavorare nel mondo della tecnologia sia necessaria una laurea stem. Ha intrapreso una battaglia personale contro la parola ‘mammo’: “È pro -
Irene Boni, ad del gruppo Talent Garden.
fondamente irrispettosa, perché presuppone che l’onere della cura dei figli sia solo della donna, e anche perché non riconosce la figura di padre”. Racconta di essere stata definita ‘quota rosa’, per poi sentirsi dire: “Non ho niente contro le donne, ho anche due figlie femmine…”. Forse, alla luce di tutto questo, non stupisce scoprire che si dovrà attendere più di un secolo perché le donne guadagnino quanto gli uomini.
La legge Golfo-Mosca prevede che il genere meno rappresentato nei consigli d’amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate e di quelle pubbliche ottenga almeno il 30% dei membri eletti (all’inizio fissava la quota al 20%, nel 2015 è stata alzata).
E la presenza femminile nei board, secondo dati diffusi da Deloitte, è aumentata dal 29,3% del 2018 al 36,3% del 2021, fino al 40,4% del 2023. Se da un lato sembra che aziende e istituzioni provino a fare qualcosa, dall’altro le donne, pur laureandosi più degli uomini, sono solo il 44% degli impiegati, il 20% dei dirigenti e il 4% dei ceo. Anche se la Golfo-Mosca ha garantito una maggiore rappresentanza nei cda delle quotate, insomma, non ha influito sulla percentuale di donne ceo. “Potremmo chiederci perché ci siamo fermati qui, dal momento che il numero delle laureate supera quello dei laureati, sia in Italia, sia nella media dei paesi europei. Tuttavia, anche se non penso che le quote rosa siano la soluzione, penso che siano parte della soluzione. È come imparare ad andare in bicicletta: ai bambini si mettono le rotelle per trovare equilibrio e consapevolezza, prima di lasciarli pedalare. La normativa è come le rotelle che aiutano l’organizzazione a liberarsi da ogni pregiudizio”. La chiave per imparare a usare la bicicletta al meglio, secondo Boni, è la formazione.
i nati negli anni Settanta o prima: il 53% ha oltre 50 anni e il 20% è over 65. All’epoca il tasso di occupazione femminile era del 30%: questo significa che due dirigenti su tre sono cresciuti in una famiglia tradizionale, con una mamma che si prendeva cura della casa. “Bisogna fare formazione ai dirigenti, facendo comprendere cosa viene a mancare quando non c’è spazio per la diversità. Bisogna fare campagne di sensibilizzazione contro i gender bias. E ancora, bisogna aiutare le donne a valorizzarsi, cosa che spesso, a causa del retaggio culturale, non viene naturale”.
Le donne, pur laureandosi più degli uomini, sono solo il 44% degli impiegati, il 20% dei dirigenti e il 4% degli amministratori delegati
C’è un altro grande ostacolo sulla strada verso la parità: le vanity metrics, cioè indicatori di performance che sembrano impressionanti, ma in realtà non forniscono un quadro reale (il nome ‘metriche di vanità’ è nato per fare riferimento, ad esempio, al numero di follower di un account social, contrapposto al numero di follower attivi). “Se l’obiettivo è ‘solo’ raggiungere il 50% di dirigenti donna, può accadere che vengano promosse persone che non sono pronte e che non riescono a ottenere risultati. Questo può generare l’effetto opposto a quello desiderato e rinforzare il pregiudizio nei confronti delle donne”.
Nella nostra classe dirigente non sono sovrarappresentati solo gli uomini, ma anche
Gli stereotipi di genere influenzano moltissimo le scelte di studio. Nel nostro Paese bambine e ragazze sono sottorappresentate nelle materie stem. “In un’intervista Kobe Bryant, stella dell’Nba, raccontò che, dopo un campionato in cui non aveva fatto neanche un canestro, aveva passato un’estate intera ad allenarsi in modo molto disciplinato, e fu con la disciplina che divenne un campione. Così deve essere anche per le stem. Bisogna anche cancellare lo stigma per cui le materie scientifiche sono sinonimo di difficoltà. E poi non si deve per forza avere una laurea stem per avvicinarsi al mondo stem. In Yoox ho conosciuto una donna, entrata come communication specialist, laureata in lingue, che oggi è
data engineering manager di Spotify. Il nostro migliore data engineer in Talent Garden è un filosofo, che ha sviluppato curiosità verso i dati e si è formato anche in autonomia. Anche qui, la parola chiave è formazione. È molto importante che, in un mondo in cui il cambiamento tecnologico è sempre più veloce, le persone non pensino di aver finito perché hanno fatto l’università, perché hanno fatto un master o perché ne hanno fatti due”. La formazione umanistica e la componente umana non vengono meno. Anzi, la formazione scientifica, secondo Boni, non è in contrasto con quella umanistica. “Bertrand Russell diceva che la matematica non è altro che l’arte di dire le stesse cose con parole diverse. La semantica non è altro che lo studio del linguaggio. Il coding è un linguaggio di programmazione. In realtà le materie scientifiche e umanistiche hanno una base comune: la logica”. Questo riguarda anche l’intelligenza artificiale generativa. “Quelli che ‘surferanno’ l’onda dell’IA, invece di esserne travolti, saranno in grado di sfruttarne le potenzialità, unendo i puntini che la macchina non riesce a unire. Parlo del pensiero laterale, il pensiero critico. È per questo che Talent Garden ha lanciato la prima Artificial Intelligence Academy europea, che offre corsi di formazione generalisti e specializzati sull’IA”.
e sensibilizzare le persone sui temi dello sviluppo e della creazione di valore tramite l’economia. Spesso, però, la vita decide per noi, e per una serie di coincidenze mi sono trovata a fare un percorso diverso”.
“Bisogna affidarsi a chi ha competenze in un particolare ambito, dargli le informazioni di contesto e avere fiducia nelle sue decisioni”
Boni ha iniziato la sua carriera in Procter & Gamble e McKinsey: “Qui ho imparato il rigore dell’analisi, come affrontare e risolvere problemi complessi, come orientarmi velocemente anche su temi che non mi appartenevano”. Era vicina alla promozione a manager quando ha lasciato McKinsey per entrare in Yoox. Non sapeva che da lì a poco Yoox sarebbe diventata uno dei primi unicorni italiani. “In dieci anni ho fatto una cavalcata che dalla quotazione mi ha portata alla fusione con Net-A-Porter, fino al delisting con Richemont”. Aveva 33 anni quando il fondatore, Federico Marchetti, le ha affidato metà dell’azienda, dandole in mano tutta la parte di operations, tecnologia e risorse umane. Poi è arrivata in Talent Garden come group ceo: “Guidare un’organizzazione che supporta le persone nell’affrontare le sfide professionali e del cambiamento digitale si sposava molto bene con la mia ricerca di impatto e con le competenze che avevo acquisito”.
La stessa Boni non ha avuto un percorso accademico e professionale lineare. Ha studiato al liceo classico e si è laureata in economia. È approdata quindi al mondo tech e poi a quello della formazione. “Talent Garden è un punto di sintesi tra diverse esperienze professionali e tensioni personali. Fin dall’università ho avuto un interesse per il concetto di impatto. Ho studiato economia politica, focalizzandomi sull’economia dello sviluppo. Il mio sogno era lavorare in organizzazioni internazionali o scrivere sul Sole 24 Ore
Oltre al ruolo in Talent Garden, ci sono state altre due tappe importanti: consigliere d’amministrazione indipendente in Safilo e in Edizione, holding della famiglia Benetton. “Conservo ancora la volontà di apprendere e scoprire come si lavora in realtà anche lontane da me. Credo che il cambiamento tecnologico e di contesto sia talmente veloce che è impossibile, per chi è in posizioni di responsabilità, avere il set informativo ottimale per prendere decisioni. Se lo avessimo, saremmo troppo lenti. La soluzione è affidarsi alle persone che hanno la competenza di dettaglio sul particolare ambito, dare loro le informazioni di contesto e avere fiducia nelle decisioni che prendono. È la capacità di perde -
Irene Boni nel suo studio, con una massima che sintetizza la sua filosofia.
re il controllo. Se pretendiamo di entrare nel dettaglio di ogni minima decisione, le aziende si paralizzano. Non c’è modo di tenere sotto controllo la complessità. Chi pensa che ci sia si illude”.
Questo tipo di leadership è incentrata sulla responsabilizzazione delle persone, sull’aprire le porte ai talenti, donne o uomini. Boni racconta di avere avuto sempre la fortuna di lavorare con persone che le hanno dato sup -
porto e hanno saputo valorizzarla. E lei prova a fare lo stesso. “Quando ho avuto il mio primo figlio, a 35 anni, ho iniziato a vivere episodi che mi hanno portata a interrogarmi su quale fosse l’ambiente in cui volevo lavorare. Sono giunta alla conclusione che la cosa peggiore che si possa fare è subire e stare zitta, tenersi dentro quel senso di ingiustizia. Non bisogna tollerare. Se un ambiente non valorizza le donne, merita di perdere le donne”. F
di Annalisa Cavaleri
IL LUSSO CON IL SORRISO
Nel 1966 Vittorio Cerea
apriva il suo ristorante nel centro di Bergamo. Oggi a portare avanti il gruppo
Da Vittorio sono i figli.
“La cena non è solo un carosello di piatti, ma una concatenazione di momenti indimenticabili”, dice Rossella, general manager
PPassione, umiltà, costanza e dedizione. Mai un giorno senza lavorare e sempre col sorriso sulle labbra. Sono questi i valori che Rossella Cerea, proprietaria e general manager del gruppo Da Vittorio, ha fatto propri, seguendo l’esempio di papà Vittorio e di mamma Bruna.
La storia imprenditoriale di questa famiglia bergamasca dimostra come, la maggior parte delle volte, il successo non sia immediato. Anzi, le idee geniali, in una fase iniziale, non vengono quasi mai capite e c’è bisogno di passare attraverso la tempesta, per uscirne vincitori.
L’inizio del brand si ha grazie al talento di Vitto-
rio Cerea, che nel 1966, insieme alla moglie Bruna, aprì il suo ristorante nel centro di Bergamo. Personalità forte e anticonvenzionale, Vittorio decise di dare ampio spazio nel menu alla cucina di pesce, a quei tempi oscurata dalla carne. Gli diedero del pazzo. “Il pesce a Bergamo non funzionerà mai, non c’è nemmeno il mare vicino”, gli dicevano. Ma lui continuò nel suo convincimento: creare il miglior ristorante di pesce in Italia, dove nessuno se lo sarebbe aspettato. Come in una saga, superando le difficoltà, Vittorio ebbe ragione e Bergamo divenne rapidamente una tappa imprescindibile per i gourmand. Nel 1978, insieme al successo, arrivò anche la prima stella Michelin, raddoppiata nel 1996. Pochi anni dopo, la crescita è proseguita con il trasferimento nella prestigiosa villa con camere immerse nel verde e con l’ingresso nei circuiti Relais&Chateaux e Les Grandes Tables du Monde. Quando il padre venne a mancare la famiglia si strinse nel suo ricordo, lavorando per raggiungere il sogno di una vita, in suo onore. Infine, nel 2010 arrivò il riconoscimento massimo: la terza stella Michelin.
Oggi è Rossella a portare avanti la tradizione insieme ai fratelli: gli chef Enrico e Roberto, e Francesco, responsabile della ristorazione esterna. Il percorso dei Cerea dimostra come oggi la ristorazione di lusso abbia cambiato volto. Se, un tempo, il ristorante di alta cucina veniva percepito come un luogo freddo, ingessato ed estremamente formale, oggi si preferisce un’accoglienza gentile e calorosa, che faccia sentire l’ospite a proprio agio.
“Faccio questo lavoro fin da bambina”, racconta Rossella. “I miei esempi sono stati papà Vittorio e mamma Bruna, autentici pionieri dentro e fuori dalla cucina. Fin dall’inizio del nostro percorso imprenditoriale ci hanno insegnato che il vero lusso vive di umanità e di calore, perché la cena non è solo un carosello di ottimi piatti, ma una
concatenazione di momenti indimenticabili, che deve scorrere in modo naturale, senza forzature. Ci vuole non solo preparazione tecnica, ma anche sensibilità e tatto. Ho sempre ammirato la ‘visione laterale’ di mio padre. Non ha mai seguito gli schemi: ha portato il pesce di altissima qualità in una città ‘di carne’ come Bergamo. È stato tra i primi ad avere la geniale intuizione di rendere le ricette interattive, come i mitici paccheri alla Vittorio, rivoluzionando il concetto stesso di esperienza gastronomica: non sono una semplice pasta al pomodoro, ma condensano la nostra storia, il nostro passato, il nostro amore per l’italianità”. I paccheri alla Vittorio, infatti, sono un esempio di come si può creare un signaturedish, un’icona che non teme il tempo, né più né meno di quello che ha fatto Chanel col profumo N°5, Louis Vuitton con la sua Monogram o Rolex con il Datejust. A livello tecnico, i paccheri alla Vittorio prevedono la creazione di un sugo vellutato, passato nel colino a maglie fini per eliminare ogni imperfezione, a base di tre tipi di pomodoro, per creare un’alchimia perfetta tra dolcezza, sapidità e acidità: pomodori di Pachino, San Marzano e datterini gialli. Come ogni luxury food, il piatto ha una decisiva componente di experience. Al momento del servizio, viene portato al tavolo del cliente un carrello che sostiene un tegame di rame. La pasta viene mantecata al momento, facendo cadere dall’alto una pioggia di Parmigiano Reggiano. È lo chef in persona a eseguire l’operazione con movimenti rapidi e precisi, davanti agli occhi dei commensali. Il pacchero si trasforma, così, in qualcosa di più di un piatto: diventa performance artistica e ricordo affettuoso del fondatore, Vittorio.
“Papà aveva capito, già negli anni Sessanta, che l’esperienza era vitale per trasformare il pasto in un momento immersivo, in cui il cliente non fosse solo assaggiatore di piatti, ma protagonista di un attimo indimenticabile di gioia e convivialità. Proporre una cucina di pesce non significava, inoltre, tralasciare il territorio, anzi: le tradizioni lombarde sono sempre state presenti in tavola, a sancire che il lusso vive e prospera dove ha il suo radicamento culturale. Mai vergognarsi delle proprie origini. Da notare che il pacchero è un piatto semplice e immediato, non elaborato, il primo che mangiamo da bambini. La felicità a tavola è anche ricordo dell’infanzia”.
Nel racconto, il pensiero di Rossella va costantemente alla mamma. “Oggi è lei il collante della famiglia, l’esempio a cui ci ispiriamo: ha saputo far valere le proprie idee con grazia, ma con determinazione, senza mai temere il confronto con un mondo che spesso vede un uomo solo al comando. Si parla della ristorazione come di un settore maschile, ma donne come mia madre sono la prova che si può crescere cinque figli e, al tempo stesso, guidare centinaia di dipendenti con gentilezza e garbo. Io, da donna manager, cerco di fare altrettanto”.
Rossella lavora da anni sulla formazione del personale, elemento chiave del business della ristorazione. “Sbaglia chi pensa che il servizio di sala sia solo portare un piatto. Soprattutto in un ristorante di lusso, il personale è il primo comunicatore dei valori del brand. Ecco perché abbiamo creato l’Academy Da Vittorio, una scuola di formazione gratuita per i dipendenti. Speriamo che, attraverso lo studio, i giovani si innamorino di questa professione”. F
Il ristorante Da Vittorio a Brusaporto, in provincia di Bergamo. Nell’altra pagina la famiglia Cerea: (da sinistra) Roberto, Francesco, la signora Bruna, Enrico e Rossella.
di Lavinia Desi
LA FORZA DELLA CREATIVITÀ
Milena Mineo, fondatrice di Mil Inventive, è partita dai viaggi incentive. Ha poi esteso la sua attività alle convention, ai grandi eventi aziendali e all’ideazione di contenuti.
“Prima eravamo organizzatori, oggi siamo produttori di esperienze, sia nel mondo reale che in quello digitale”
Milena Mineo ha cominciato la sua carriera imprenditoriale 25 anni fa, fondando a Milano Mil Incentive, oggi Mil Inventive. Creata come agenzia di viaggi incentive per aziende, ha esteso negli anni la sua attività all’organizzazione di convention, alla produzione di grandi eventi aziendali, alla comunicazione live, alla creazione di contenuti digitali, alla comunicazione digitale e ai social media. In un settore in cui, negli ultimi anni, si è assistito al consolidamento e alla creazione di grandi gruppi internazionali, Mil Inventive è rimasta indipendente, con un fatturato in crescita, specializzandosi nell’industria finanziaria, nel tech, nell’automotive e nel lusso. Il mondo degli eventi e dei viaggi per aziende è
cambiato dopo il Covid. “Tra il 2020 e il 2021 c’è stato un processo di ripensamento del nostro business: è stato necessario e bello riprogettare il nostro mestiere, inserendo digitale, work life balance e social media e trasformando l’evento aziendale in un format simile a quelli televisivi”, dice Mineo. “Oggi viaggi ed eventi sono costituiti dall’esperienza, ma devono anche essere memorabili. Ed è importante la condivisione. Prima eravamo organizzatori, oggi siamo produttori di contenuti e di esperienze, sia nel mondo reale che in quello digitale”. Nel tempo lo staff di Mil è cresciuto: l’azienda si è dotata di social media manager, registi, fotografi, dj e tecnici di luci e suoni per produrre e diffondere i contenuti digitali di ogni evento, viaggio, roadshow o convention. “La vita dell’evento si allunga, la partecipazione aziendale si moltiplica e un momento interno diventa occasione di brand awareness per l’azienda”.
Secondo il report 2024 della Incentive Research Foundation, per il 53% dei capi d’azienda il viaggio incentive è indispensabile. È un fattore differenziante e strategico nell’attrazione di talenti e nella retention dei dipendenti, in quanto crea cultura aziendale condivisa e unisce una forza lavoro che è sempre più dispersa per motivi logistici e di smart working. La forza lavoro sta diventando sempre più giovane: se finora i più numerosi sono stati i cosiddetti baby boomer, si prevede che dal 2025 il 60% dei dipendenti in media saranno millenial e generazione Z. Due categorie propense a cambiare spesso posto di lavoro. “La sfida, per chi si occupa di eventi e incentive, è coniugare i costi in aumento a causa dell’inflazione con l’offerta esperienziale. Per questo è così importante la creatività nelle proposte che facciamo ai nostri clienti”, spiega Mineo. “Negli ultimi due anni sono ripartite le richieste delle aziende per viaggi ed eventi: il 2022 è stato l’anno del corto raggio, ma già nel 2023 sono tornati i grandi viaggi a lungo raggio. Prediligo proposte in cui il lusso è
coniugato alla bellezza naturale: sono una forte sostenitrice dell’idea che il vero lusso sia nella natura, cui bisogna accedere con rispetto e meraviglia. I nostri migliori partner si sono evoluti e ricercano tutto ciò che è carbon free, anche negli eventi e nei viaggi, per ridurre o compensare il più possibile le emissioni di CO2. Dall’invio sostenibile di inviti e gadget all’impiego di mezzi elettrici per fare arrivare il catering, dall’uso di cibo locale fino al modo in cui far viaggiare le persone, per esempio condividen-
do l’auto, o utilizzando il treno al posto dell’aereo per destinazioni non troppo lontane, fino alla piantumazione di alberi per compensare le emissioni prodotte o al risparmio sulle luci, tramite un light designer con una forte anima ambientalistica”.
Oggi Mil Inventive opera in una nicchia di mercato nata dall’esigenza delle aziende di proporre esperienze uniche nel lusso, nella moda, nelle eccellenze del mondo automotive. “Per ogni cliente vengono studiate proposte di esperienze esclusive e ad hoc che coniughino il viaggio all’incontro con la bellezza. L’ultima tendenza è la creazione di spazi di ospitalità di lusso provvisori, per rendere unica l’esperienza di un evento. Ci sono oggi tecnologie e possibilità produttive che lo permettono”.
Con il 2023 si sono aperti due nuovi fronti per la crescita di Mil. Il primo è l’internazionalizzazione, con una sede in Spagna, e il secondo è l’investimento diretto in strutture di ospitalità per proporre alle aziende spazi che rispettino i requisiti di esclusività, bellezza e sostenibilità. “Avere a disposizione strutture di questo tipo è fondamentale per proporre esperienze uniche”. Un esempio è il progetto di miniresort Las Arenas su una spiaggia di Formentera, a 50 metri dal mare e in piena riserva naturale: “È un posto unico e diverse aziende ci hanno chiesto di utilizzarlo come ritiro aziendale: offrono ai talenti più giovani una location immersa nella natura”. F
Il miniresort Las Arenas a Formentera. Sotto, Milena Mineo.
di Marco Gemelli
POLLI STELLATI
Laura Peri aveva un lavoro sicuro nel marketing. Nel 2004 lo ha abbandonato per provare a recuperare la tradizione di un allevamento caratteristico del Valdarno, mettendo al centro il benessere degli animali e il rispetto dell’ecosistema.
Oggi le sue carni sono sui menù di alcuni dei ristoranti
più prestigiosi d’Italia
Da 20 anni alleva polli nelle campagne del Valdarno, in Toscana, e la qualità delle sue produzioni è diventata così alta che oggi i volatili di Laura Peri compaiono sui menù dei più blasonati ristoranti d’Italia e gli chef più importanti tengono a citarla con nome e cognome nella descrizione dei piatti. Eppure, quando nel 2004 decise di abbandonare un lavoro sicuro nel marketing per intraprendere una strada così diversa, Peri non credeva certo che sarebbe diventata un’icona dell’alta ristorazione. Partita con sette galline e un gallo, voleva recuperare la tradizione dell’allevamento del pollo bianco del Valdarno, razza autoctona una volta popolare, ma fino a qualche tempo fa in
via d’estinzione. Ed è così che, nei boschi di querce intorno a Montevarchi, in provincia di Arezzo, la ‘Signora dei polli’ oggi alleva decine di esemplari, si è allargata ad altre specie avicole - dalle anatre ai piccioni, fino alle faraone e al pollo nero del Valdarno - e ha cominciato a produrre anche olio, uva e luppolo.
In un settore in cui prevalgono gli allevamenti intensivi e la ricerca della quantità al minor costo, lei ha scelto un approccio opposto: ha messo al primo posto il benessere degli animali e il rispetto dell’ecosistema. La sua è una storia fatta di coraggio e dedizione. Con una laurea in economia in tasca, nella sua vita precedente Peri lavorava a Firenze, nel comparto marketing di una multinazionale, e teneva nel cassetto il desiderio di tornare in campagna per mettere insieme le eccellenze della biodiversità animale e vegetale. Il suo obiettivo era ripristinare la tradizione dell’allevamento allo stato brado, pratica agricola che in quell’angolo di Toscana era diffusa già dagli anni Cinquanta.
“Nei boschi vicini alle zone in cui sono nata e cresciuta”, spiega, “ho iniziato ad allevare i polli della Valdarnese Bianca, una razza autoctona che rischiava di scomparire”. Dalle mani di Laura passa l’intera filiera, dalla riproduzione all’incubazione, dalla fase di accrescimento sugli otto ettari di terreno alla macellazione (quasi esclusivamente su prenotazione), fino alla commercializzazione). “I nostri animali”, racconta ancora, “vivono all’aria aperta. Dormono in un capannone per evitare che siano vittime dei predatori notturni, ma il capannone viene aperto appena fa giorno e richiuso dopo il tramonto, come si usava un tempo”. Bando ai mangimi: la dieta dei polli di Peri è composta da granaglie altamente selezionate, acqua del pozzo e tutto ciò che gli animali trovano in natura. Sono proprio le piante aromatiche, come ginepri e corbezzoli, a dare alla carne del pollo valdarnese il suo sapore caratteristico.
A incuriosire gli chef di mezza Italia è stato il passaparola partito dallo chef bistellato Gaetano Trovato del ristorante Arnolfo a Colle Val d’Elsa. È stato lui ad accorgersi della dedizione
con cui Peri mandava avanti la sua azienda e a dedicarle, nell’autunno 2023, un intero menù. Il resto è venuto da sé, anche perché, per i ristoranti di fine dining, avere una selezione di carni avicole pregiate è un valore aggiunto importante. Nel frattempo, Peri è diventata capofila di un progetto sull’avicoltura boschiva innovativa e circolare, finanziato dalla Regione Toscana nell’ambito del Programma di sviluppo rurale nazionale, che punta sulla sostenibi-
lità economica e ambientale di questo modello. Nella sua azienda, Peri porta avanti un sistema di allevamento che non solo garantisce il benessere degli animali e delle piante, ma promuove anche un’economia circolare, attraverso il riutilizzo dei prodotti secondari. “Per noi è importante rispettare al massimo gli animali e non buttare via niente. Cerchiamo di fare passare questo messaggio anche ai clienti, suggerendo preparazioni alternative, come le zam-
Nell’allevamento di Peri i mangimi sono banditi: la dieta dei polli è composta da granaglie selezionate, acqua del pozzo e tutto ciò che gli animali trovano in natura
pe per la gelatina. Inoltre abbiamo iniziato a collaborare con un’azienda artigiana che si occupa della lavorazione delle piume”. Non solo alta cucina, però. La fama di ‘Signora dei polli’ ha portato Peri ad aprire una bottega nel centro storico di Montevarchi per la vendita diretta, dove, oltre alle carni, si trovano tutti gli altri prodotti della sua azienda agricola: salse di fegatini di pollo, ragù di faraona, durelli di pollo con cipolle e carote, insalata di faraona in barattolo, brodo di faraona e pasta fresca con uova di anatra. Sempre qui vengono allestite anche piccole degustazioni guidate. Sempre nell’ottica dell’economia circolare, grazie alla coltivazione di luppolo il suo compagno, Antonio Massa, ha creato il Birrificio Valdarno Superiore, la cui birra contiene anche la lavanda dei loro campi. La stessa pianta è alla base dell’affinamento di un pecorino. L’azienda di Peri ha anche una fattoria didattica aperta al pubblico, con visite guidate, esperienze e degustazioni. F
Laura Peri
di Agostino Desideri
IL VALORE DELL’ESPERIENZA
Dopo diversi anni in azienda, Marianna Saragaglia è entrata nel cda di Cortem, tra le principali aziende di progettazione e produzione di apparecchiature elettroniche per zone a rischio esplosione
Marianna Saragaglia, cco e membro del board di Cortem Group.
Il 24 febbraio 1968, Marco Rossi e Renato Gratton decisero di unire le forze per fondare Cortem, principale azienda del gruppo Cortem, per diventare leader nell’attività di progettazione e produzione di apparecchiature elettriche per ambienti con pericolo di esplosione e incendio. Cinquant’anni dopo, Cortem è tra i principali player del mercato dell’antideflagrante, con tre sister company a Singapore, Dubai e Buenos Aires, dieci hub di distribuzione, 250 impiegati e un’ampia rete di vendita che l’hanno portata a un fatturato di circa 50 milioni di euro. Forbes Italia ha intervistato Marianna Saragaglia, cco e membro del board di Cortem Group.
Qual è il segreto della vostra crescita?
Sta in due fattori: il primo è il continuo investimento in ricerca e sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche, non solo per applicazione nell’oil & gas, ma anche nel green, con particolare focus sulla transizione energetica; il secondo è l’implementazione di unità ingegneria e assemblaggio in parti del mondo nevralgiche per il business, mantenendo salde le radici del made in Italy e centralizzando le attività produttive nel nostro quartier generale, in Friuli Venezia Giulia.
In che cosa si differenziano i vostri prodotti rispetto a quelli dei concorrenti?
Ci piace porre l’accento sulla nostra competenza, che ogni anno si rinnova con la presentazione di nuovi prodotti. Detto ciò, siamo leader di mercato nelle soluzioni di lighting a led per
zone a rischio esplosione, un ambito che abbiamo rivoluzionato. Inoltre siamo tra le pochissime aziende del settore ancora gestite dalla seconda e terza generazione delle famiglie fondatrici. Proprio per questo assetto, la mia recente entrata nel cda di Cortem, dopo otto anni alla direzione commerciale del gruppo e sei alla guida della nostra fabbrica in Medio Oriente, mi rende orgogliosa.
Quali iniziative avete preso per l’ambiente e per la salute e la sicurezza dei lavoratori?
Lavoriamo ogni giorno per la sicurezza del nostro personale e di quello che lavora negli impianti in cui vengono installati i nostri prodotti. Puntiamo soprattutto sulla formazione continua e su soluzioni di ingegneria sempre più efficaci. Cerchiamo poi di sensibilizzare tutti sulla responsabilità individuale, grazie anche al supporto di specialisti e consulenti esperti del settore.
La colonna portante del mercato antideflagrante è il settore dell’oil & gas. In futuro quali saranno le tendenze dominanti in questo campo?
Il settore oil & gas sarà ancora per molti anni la spina dorsale e il core business del settore, ma già da qualche anno investiamo nello studio di soluzioni per idrogeno ed energie alternative, tra cui solare e fotovoltaico. Vogliamo contribuire a soluzioni green. I nostri prodotti da tempo vengono realizzati con una particolare attenzione all’impatto ambientale. Abbiamo dimostrato che si può essere green anche lavorando per impianti tradizionalmente non a energia pulita. F
di Andrea Celesti
DESTINAZIONI D’ECCELLENZA
Da settembre 2023 Donatella Doppio è a capo di McArthurGlen, colosso anglosassone che ha introdotto per primo il concetto di designer outlet. “Puntiamo sull’on-site experience”
L’Osservatorio sulla moda nel retail fisico ha evidenziato come, tra le esperienze di acquisto nei punti vendita fisici, i designer outlet abbiano un posizionamento significativo. Un esempio arriva da McArthurGlen, colosso anglosassone nato nel 1993, oggi attivo anche a livello europeo, che per primo ha introdotto in Italia il concetto di designer oultet. Una media di 120 negozi che si susseguono all’interno di centri facilmente raggiungibili dalle grandi città, ognuno caratterizzato da un mix di brand e servizi di eccellenza in grado di soddisfare tutte le esigenze della clientela e creare un ambiente coinvolgente. Forbes Italia ha intervistato Donatella Doppio, che da settembre 2023 è managing director di McArthurGlen Italy.
Quali sono stati i principali fattori che hanno permesso lo sviluppo di McArthurGlen?
Il gruppo ha sempre puntato sull’on-site experience nei centri, dove l’esperienza non riguarda solo l’acquisto di capi dei migliori marchi, a prezzi ridotti fino al 70%, ma si riflette anche nella disponibilità di attrazioni ed eventi. McArthurGlen si è sempre impegnata a rinnovare le strutture e i servizi accessori per i visitatori, migliorando l’offerta di shopping e ampliando le attrazioni e i servizi. Per esempio, da tre anni a Serravalle abbiamo Play landla terra dei giochi, un’area tematica di seimila metri quadrati, totalmente dedicata alle famiglie, a cui si affianca un water park, il primo realizzato in un outlet.
Che futuro vede per i designer outlet? Come si sta evolvendo il concetto di esperienza?
La customer experience è da sempre il cuore dell’offerta di McArthurGlen. Ciò che i visitatori ricercano nei nostri centri va oltre lo shopping e diventa un’opportunità di investimento del tempo libero, in cui alternare alla ricerca dei capi anche esperienze di cibo e intrattenimento adatte a ogni età e a ogni esigenza. I nostri designer outlet sono tappe imperdibili nei viaggi dei clienti, portando anche importanti benefici ai territori in cui si trovano. Per questo continuiamo a migliorare e aggiornare i servizi per la clientela locale e internazionale, come le lounge, l’hands-free shopping e gli uffici di tax refund.
Su quali asset vuole investire il gruppo per proseguire nella sua crescita?
Il processo di sviluppo dovrà continuare a conciliarsi con una visione sostenibile e responsabile del nostro ruolo. La sostenibilità è nel nostro dna: con gli outlet abbiamo promosso un cambiamento culturale e industriale. A Serravalle, ad esempio, il nuovo piano di investimenti ha visto, tra gli altri, il progetto Oasi verdi e arredo urbano, avviato nel 2023, che concilia facilità di orientamento degli ospiti, visibilità delle vetrine e sostenibilità, riducendo le pavimentazioni a favore di spazi verdi rinnovati e gestiti con un sistema di riciclo in grado di ridurre al minimo l’impatto ambientale. L’attenzione alla sostenibilità non si limita alla dimensione del business, ma anche all’impegno sociale, con attività di sensibilizzazione e dedicate alla salute e all’attenzione nei confronti delle comunità in cui operiamo, attraverso progetti di riqualificazione urbana e artistica. F
Donatella Doppio, managing director di McArthurGlen Italy.
di Maurizio Abbati
PIANO D’ATTACCO
Karl Storz ha novemila
dipendenti
e 70 filiali nel mondo. Da gennaio 2022 è guidata, in Italia, da Claudia Georgia Banella, giovane manager con un passato da pallavolista professionista. Chiamata a portare un cambiamento, ma senza perdere lo stile e la tradizione di un’azienda a conduzione familiare
Dal mondo della pallavolo professionistica a quello dell’impresa, e in particolare dell’healthcare, con la stessa determinazione. Pronta al gioco di squadra. A gennaio 2022 Claudia Georgia Banella ha assunto il ruolo di direttore generale e amministratore delegato della filiale italiana di Karl Storz, un’azienda con quasi novemila dipendenti e 70 filiali nel mondo, che opera nel campo della tecnologia endoscopica medicale, grazie alla ricerca e alla proposta di soluzioni d’avanguardia.
Una nuova sfida, per una giovane manager che ha alle spalle già una lunga esperienza e ha operato in alcune delle più importanti multinazionali del medtech. Sfida diversa dalle altre, poiché stavolta Banella è chiamata a guidare un’azienda
che, nonostante la forte crescita, mantiene lo stile e la tradizione di un’impresa a conduzione familiare.
“Le sfide per me sono uno stimolo e un’occasione di crescita”, dice. “Ho vissuto in Africa i primi 12 anni della mia vita e quando sono arrivata in Italia ho iniziato a giocare a pallavolo, fino a livelli professionistici. Quando ho lasciato lo sport per dedicarmi allo studio, non ho perso la convinzione che le sfide vanno affrontate con coraggio e consapevolezza. Quando Karl Storz mi ha cercata, ho capito subito di avere davanti una sfida che mi avrebbe permesso di mettere a frutto l’esperienza maturata in contesti multinazionali complessi. Ho avvertito una consonanza con una realtà che, rimanendo sempre a carattere familiare e con una grande attenzione alla qualità, voleva introdurre figure manageriali in grao di aiutarla nella transizione verso il futuro, sviluppando un modello di business competitivo, allineato alle sfide del mercato italiano, in un contesto di servizio sanitario nazionale in forte evoluzione, offrendo anche un contributo alla modernizzazione. Cosa che Karl Storz fa guardando alle esigenze dell’utente finale e a quelle degli specialisti medici e fornendo supporto alla formazione professionale”.
Quanto è importante avere un rapporto stretto con chi usa i vostri prodotti?
L’azienda è molto attenta a sostenere i medici, che nel tempo hanno partecipato all’evoluzione delle apparecchiature Karl Storz. Tanto che molti strumenti endoscopici usati in tutto il mondo portano il nome di specialisti italiani. Questa è una dimostrazione del livello della nostra sanità. Karl Storz vuole creare tecnologie che supportino le pratiche chirurgiche e ha fatto dell’ascolto del mercato la sua filosofia. Lavoriamo a stretto contatto con gli opinion leader nazionali investendo sui trend del futuro, come l’intelligenza artificiale, la gestione dei dati e la robotica. La sfida, però, non è solo disporre di tecnologie avanzate, ma anche porsi come un’azienda pronta a rispondere alle esigenze di chi opera nel settore e vuole avere al fianco un partner affidabile.
Claudia Georgia Banella, direttore generale e amministratore delegato della filiale italiana di Karl Storz.
Quali nuove responsabilità ha comportato l’approdo in Karl Storz?
Ci sono sempre responsabilità pesanti quando si è chiamati a guidare, e quindi ad avere un impatto sulle persone che ti stanno al fianco nel lavoro. Sono venuta qui pensando che l’azienda mi avrebbe dato l’opportunità di fare la differenza, preservandone l’identità, ma apportando allo stesso tempo un cambiamento, dopo che per 30 anni c’è stato lo stesso modello di gestione. Certo, ci vogliono cura e rispetto delle persone. È così che, in 18 mesi, ho ricostruito l’organigramma, redistribuendo le competenze e curando anche il trasferimento della sede da Verona a Roma. Un passaggio che, purtroppo, ci ha portato a perdere alcune persone, che non se la sono sentita di seguirci, ma che mi ha anche permesso di introdurre nuovi talenti, anche dall’estero, e portare così, accanto alla grande esperienza che c’era in azienda, risorse che hanno arricchito la diversità dell’ambiente. I risultati si sono visti: nel 2023 abbiamo registrato un incremento del fatturato del 26%.
Come fate ad attrarre talenti?
Credo che, in fondo, non sia così difficile. Oggi le persone vogliono essere coinvolte attivamente nei processi aziendali. Se concedi loro uno spazio adeguato, hanno la soddisfazione di trovarsi in un contesto proattivo, dove ci sono energia e l’opportunità di avere un impatto importante, e sono disposte anche a lasciare aziende più grandi. Per assumere abbiamo guardato all’attitudine, alla curiosità e alla voglia di essere parte di qualcosa di grande, oltre che, chiaramente, alla competenza. Chiuderemo l’anno con 72 dipendenti in Italia.
Quanto sono importanti questi cambiamenti in ottica futura?
Il cambiamento è pensato per darci un’organizzazione in grado di assecondare le richieste di un mercato in crescita e sempre più competitivo. È necessario aumentare le competenze e ottimizzare i processi, anche guardando a come l’intelligenza artificiale ci può aiutare. Davanti a tutto, però, ci sono le persone: quelle che lavorano con noi e quelle fuori, a cui vogliamo continuare a dare risposte di qualità. F
di Francesca Vercesi
L’ORA DELL’EQUITÀ
“Siamo assicuratori, ci occupiamo di rischi.
E tra questi c’è il mancato raggiungimento della parità di genere in tempi ragionevoli”. A dirlo è Chiara Soldano, ceo del Gruppo Axa
Italia , che ha avviato diverse iniziative per l’empowerment femminile e per contrastare la violenza sulle donne
Il lavoro è uno degli ambiti in cui i divari di genere sono più visibili. L’Italia è uno dei paesi in cui si registra la differenza più marcata tra uomini e donne a livello di tasso di occupazione e di livelli salariali, a parità di ruoli. Per non parlare di educazione finanziaria e potenziamento delle competenze stem. Forbes Italia ha incontrato Chiara Soldano , da novembre ceo del gruppo assicurativo Axa Italia , che si sta spendendo molto per l’empowerment femminile. Soldano è approdata in Axa Italia nel 2016 come head of underwriting broker, assumendo ruoli di crescente responsabilità, tra i quali head of liability & international.
Come possono le aziende, e in particolare le assicurazioni, contribuire a ridurre il gender gap?
Credo che colmare questo divario sia un imperativo morale per tutti. Non è solo una questione economica (diversi studi dimostrano che intervenire sul divario di genere porta a una crescita significativa del Pil pro capite), ma anche etica. In particolare nel nostro Paese, dove, secondo i dati del Women’s Empowerment Progress Index 2023, il gender pay gap è oltre il 10%. Molto può e deve essere ancora fatto. Come assicurazione vogliamo avere un ruolo sempre più rilevante nel contesto in cui operiamo, a partire dalla creazione di nuove competenze, soprattutto in ambito stem, per consentire alle donne di inserirsi nei settori che sono previsti in crescita nei prossimi anni e che rappresentano il futuro dell’economia. Per aumentare le competenze in ambito stem, in collaborazione con l’Università Bocconi, ad esempio, abbiamo istituto un corso di alta formazione per costruire le competenze del futuro su big data e intelligenza artificiale, in cui il 40% è rappresentato da donne. Inoltre, sul tema dell’educazione finanziaria siamo partiti dai nostri colleghi, dedicando una settimana di formazione al financial wellbeing per aumentare la conoscenza e la consapevolezza in ambito finanziario. Un tema di cui abbiamo parlato anche al Women7 Summit, evidenziando il valore dell’empowerment economico delle donne come leva di crescita per il Paese.
Quali sono gli impegni di Axa per l’empowerment e, più in generale, per l’inclusione?
La strategia di Axa vede tra i suoi pilastri la sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale. In Axa ci impegniamo per l’inclusione e l’empowerment femminile, questione per noi prioritaria. La nostra prospettiva, in quanto assicuratori, è correlata al concetto di rischio, in cui rientra anche il mancato raggiungimento della parità di genere in un tempo ragionevole. A livello di gruppo ci siamo dati l’obiettivo di raggiungere la parità di genere nelle posizioni di leadership entro il 2023 e ci siamo riusciti. Siamo impegnati da anni nella lotta contro la violenza sul-
le donne. Abbiamo ad esempio dato vita, in collaborazione con WeWorld, al primo Punto Donna di Milano per favorire l’ascolto e il reintegro nell’ambiente lavorativo di donne che hanno subito violenza. Abbiamo avviato quest’anno un progetto, insieme alla fondazione Una, Nessuna, Centomila, per sensibilizzare al contrasto della violenza sulle donne, rivolto a ragazze e ragazzi di 20 scuole secondarie di primo grado a livello nazionale. Un percorso incentrato sul ruolo dell’arte come linguaggio per far riflettere, stimolare il racconto emotivo e il pensiero critico attraverso strumenti culturali e momenti di confronto, nella consapevolezza che il futuro deve essere costruito anche tramite un dialogo aperto con le giovani generazioni.
Con la sua ultima campagna, Axa ha assunto un impegno quotidiano al fianco delle donne. Quali sono i progetti realizzati e gli impegni futuri?
La nostra campagna recita: ‘Essere donna non dovrebbe essere un rischio’. Per questo ci impegniamo e agiamo su tre livelli. Come azienda abbiamo lavorato a un modello di flessibilità che favorisce una maggiore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Per essere al fianco delle persone, abbiamo puntato sullo sviluppo di una piattaforma che mette a disposizione servizi di assistenza e di cura personalizzabili, attivi 24 ore su 24, e stiamo sviluppando un’offerta di inclusive protection pensata per la fascia di clienti a basso reddito, in particolare donne, che non possono permettersi coperture assicurative. Ci impegniamo per consolidare il ruolo di attore rilevante per la società sostenendo l’imprenditoria femminile attraverso Angel4Women. Inoltre, dal 2020 abbiamo attivato e continuiamo a supportare, assieme all’Università Bocconi, l’Axa Gender Lab, che promuove studi e raccomandazioni di policy per eliminare il gender gap. A settembre partiremo con il progetto di sensibilizzazione al contrasto della violenza di genere per le scuole.
Che impronta vuole dare nel ruolo di ceo?
Sono convinta che inclusione ed equità di genere possano essere raggiunte attraverso il sostegno e la valorizzazione del talento femminile e delle competenze nel mondo del lavoro. In un mondo in cui purtroppo c’è ancora tanta strada da fare su questi temi, ritengo fondamentale il contributo del singolo per apportare un cambiamento concreto e lottare, insieme, per un futuro migliore e più inclusivo. Quella dell’empowerment femminile è una sfida ampia, in cui le assicurazioni possono giocare un ruolo cruciale, non solo offrendo nuovi prodotti e servizi per colmare i gap di protezione, ma anche collaborando con altri attori, impegnati in iniziative sia di sensibilizzazione che di supporto nella gestione dei bisogni quotidiani della donna, in ottica di protezione e prevenzione dei rischi. Tutte le iniziative di questi anni sono espressione di un impegno continuo e concreto. F
Chiara Soldano
DONNE VINC ENTI
ROSE VILLAIN
Cantautrice
Rose Villain, nome d’arte di Rosa Luini, unisce sul palco le sonorità del pop e del rock all’hip pop. Dopo una serie di esperienze negli Stati Uniti, nel 2016 ha pubblicato il suo singolo di debutto GetThe FuckOutOfMyPool, al quale ha fatto seguito Geisha. Nel 2021 ha iniziato a farsi conoscere al pubblico italiano collaborando con artisti del calibro di Emis Killa, Annalisa e Guè. All’inizio del 2023 ha pubblicato il suo album di debutto RadioGotham, certificato disco d’oro. Lo stesso anno ha partecipato al Festival Di Sanremo cantando nella serata dei duetti con Rosa Chemical, mentre nel 2024 è tornata come artista in gara con il brano ClickBoom!.
IL TEMPO DELLE DONNE
Ci sono fondatrici di aziende e imprenditrici che continuano lunghe tradizioni familiari. Ma anche manager, artiste, scienziate, sportive, giornaliste. Per il settimo anno Forbes Italia ha scelto 100 personaggi femminili che hanno contribuito alla crescita, non solo economica, del nostro Paese
VALENTINA ABBONA
Owner ed export & marketing manager
Marchesi di Barolo
FEDERICA AGOSTA Neurologa Irccs Ospedale San Raffaele
SILVIA AIROLDI Chief business officier Condé Nast Italia
Innovation manager e digital transformation ClubDeal
SELENE BIFFI
Imprenditrice sociale
GRETA BODINO Chief people, culture & sustainability officer Juventus Football Club
FEDERICA BOFFA
Owner Pio Cesare
MARTA BONACONSA Biologa molecolare Nanomnia
IRENE BONI
Ceo Talent Garden
ILARIA BORLETTI BUITONI
Founder e president
Amref Health Africa
STEFANIA BOSCHETTI
Ceo EyItalia
MARINA MARZIA BRAMBILLA
Rettrice dell’Università Statale di Milano Fino al 30 settembre 2030, Marina Brambilla sarà la rettrice dell’Università Statale di Milano. Professoressa di linguistica tedesca, prima donna a occupare questo ruolo nella storia dell’ateneo, si dedicherà ora a rendere Campus Mind e Città Studi centri del sapere di riferimento per le scienze sociali, umane e scientifiche, valorizzare la ricerca, creare nuove infrastrutture, consolidare i poli di medicina, rafforzare i rapporti con il sistema sanitario nazionale e sviluppare il welfare.
DANILA DE STEFANO
Founder e ceo Unobravo Napoletana, classe 1992, dopo la laurea in psicologia clinica alla Sapienza Danila De Stefano è partita per Londra, dove è stata per un anno research assistant alla Goldsmiths University e ha lavorato in diverse cliniche psichiatriche ed enti benefici. Dalla difficoltà di trovare un aiuto psicologico in lingua madre per se stessa ha avuto l’intuizione di creare un servizio di supporto psicologico in videochiamata. È nato così Unobravo, che in tre anni è diventato un punto di riferimento della psicologia online in Italia, con più di seimila psicologi e psicoterapeuti, oltre 200mila pazienti supportati e un core team di oltre 250 persone tra dipendenti e collaboratori.
MARINA MARZIA BRAMBILLA
Rettrice Università
Statale di Milano
CLAUDIA CAMPONE
Founder Thirtyone Design
MARTINA CAPRIOTTI Co-founder Mirta
ANGELA CAPUTI
Designer Angela Caputi
GIOVANNA CEOLINI Presidente Assocalzaturifici
ROSSELLA CEREA
General manager Da Vittorio
GIULIA CIACCIO
Ceo Il Mondo di Meg
VALENTINA CIANCI
Head of sales marketing & business development Ocs
CRISTINA COMENCINI Regista
GIOVANNELLA CONDÒ Notaio Milano Notai
SILVIA CONSOLE BATTILANA Co-founder Auctionomics
ELENA CRESPI
Ricercatrice Bruno Kessler Foundation
TIZIANA DE MASI
Attrice teatrale e scrittrice
BARBARA DE MURO
Equity Partner Lca Studio Legale
ELISABETTA DE SALVIA Co-founder & ceo Hotelify
DANILA DE STEFANO
Founder e ceo
Unobravo
PIERA DETASSIS
Presidente e direttrice artistica
Fondazione Accademia del Cinema Italiano –Premi David di Donatello
FABIOLA DI VIRGILIO
Co-founder Redduo
DONATELLA DOPPIO
Managing director
McArthur Glen
SPERANZA FALCIANO
Dirigente di ricerca
Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
SARA FANTINI
Campionessa europea di lancio del martello
DANIELA FATARELLA
Direttrice generale
Save the Children
MARIA SOLE FERRIERI
CAPUTI
Arbitro di calcio
CARLOTTA FITTIPALDI
MENARINI
Titolare
Donne Fittipaldi
PILAR FOGLIATI
Attrice e regista
LEA GAVINO
Attrice
CLAUDIA GEORGIA BANELLA
Managing director
Karl Storz
ANTONIA GIACINTI
Co-founder
Antonia Milano
SARA FANTINI
Campionessa europea di lancio del martello È esplosa nel 2022, quando in pochi mesi ha migliorato di oltre due metri il record italiano del lancio del martello. Nello stesso anno è stata quarta ai Mondiali e terza agli Europei. Sara Fantini ha 26 anni, è di Fidenza ed è figlia d’arte: sua madre era giavellottista, il padre fu 11esimo alle Olimpiadi di Atlanta del 1996 nel getto del peso. Tra qualche settimana, a Parigi, lei proverà a fare meglio. Si presenterà ai Giochi sulla scia del primo grande successo internazionale: il 10 giugno, a Roma, ha battuto la polacca Anita Wlodarczyk, la più grande martellista della storia, e ha conquistato il titolo europeo.
LUGLIO, 2024
PILAR FOGLIATI
Attrice e regista
Tra le attrici più amate del momento, Maria Del Pilar Fogliati, in arte Pilar Fogliati, al cinema presta la voce personaggio di Asia in Inside Out 2, sequel del film premio Oscar. Nata ad Alessandria nel 1992, per la tv è apparsa nelle miniserie Il bosco, Che Dio ci aiuti, Non dirlo al mio capo. Al cinema ha esordito nel 2016 nel film di Fausto Brizzi ForeverYoung. Nel 2022 è stata la sorella di Miriam Leone in Corro da te, mentre l’anno successivo è stata protagonista in Romeo è Giulietta, diretta da Giovanni Veronesi. Nel 2023 è arrivata la prima esperienza come regista con la commedia Romantiche.
ALESSANDRA GIRARDO
Chief operation officer
KireyGroup
NUNZIA GIUNTA
Ceo e co-founder Uomo e Ambiente
CECILIA GOZZOLI
Founder studio anglo-italiano Cecilia Gozzoli Solicitors
Filantropa, ambasciatrice del lusso e delle arti nel mondo
FRANCESCA
MANNOCCHI
Reporter e autrice
MARINA MASCIARELLI
CVETIC
Presidente e ad Tenute Masciarelli
LAURA MATTIOLI
Founder Center for Italian Modern Art
LAURA MAZZA
Amministratore delegato The Hub
ANA MAZZEO
Managing director Italia Wobi
FRANCESCA MAZZOLENI
Regista
MILENA MINEO
Founder Mil Inventive
ALESSANDRA MONTANA
Founder Allumeuse
PAOLA MONTRUCCHIO
Partner
Pirola Corporate Finance
FRANCESCA MUZIO
Founder Fm Architettura
CECILIA NOSTRO
Founder GenZelo
MARIA VITTORIA PAGGINI
Interior designer MariaVittoria Paggini
VIOLA PALESCANDOLO
Founder e ceo
Black Platinum Gold
FRANCESCA PAOLI
Presidente e amministratore delegato Dino Paoli
ELENA PASOLI
Direttrice Bologna
Children’s Book Fair
MARTA PASQUINI
Direttrice d’orchestra
Teatro Massimo di Palermo
LAURA PERI
Allevatrice Peri Laura AziendaAgricola
FRANCESCA MANNOCCHI
Reporter e autrice Collabora con diversi canali televisivi e testate giornalistiche sia italiane che internazionali e si occupa principalmente di migrazioni e conflitti. Ha realizzato reportage da Iraq, Libia, Libano, Siria, Yemen, Afghanistan e Ucraina. Ha diretto, con il fotografo Alessio Romenzi, il documentario Isis, Tomorrow e ha pubblicato diversi libri, tra cui Io Khaled vendo uomini e sono innocente (2019) e Bianco è il colore del danno (2021), in cui ha raccontato della sua convivenza con la sclerosi multipla.
LUGLIO, 2024
ANA MAZZEO
Managing director Italia Wobi
Ana Mazzeo ha iniziato la sua carriera molto giovane, dopo aver studiato giornalismo all’Università Nazionale di Cordoba, in Argentina. A 19 anni lavorava come bid coordinator di un’azienda a San Diego, in California, e viveva tra Argentina e America. Dopo qualche anno è arrivata in Europa e ha vissuto a Barcellona per un breve periodo. Fino al 2005, quando un head hunter le ha proposto di trasferirsi in Italia e diventare sales manager del World Business Forum Milano. Dopo alcuni anni in azienda, è diventata sales director Italia e, più avanti, business development director Europe, gestendo lo sviluppo commerciale degli uffici di Londra, Monaco, Madrid e Milano. Dal 2022 è managing director Italia di Wobi.
PAOLA PIETRAFESA
Ceo Allianz Bank
CRISTIANA POGGIO
Vice presidente Piazza Dei Mestieri - Presidente
Immaginazione & Lavoro
MARIA PORRO
Presidente Salone del Mobile
MAGDA POZZO Cco Udinese Calcio
ILARIA PUDDU
Co-founder
Pizzium, Crocca, Marghe, Gelsomina e Giolina
ALESSANDRA QUARTO
Direttrice Museo Poldi Pezzoli
SOFIA RAFFAELI
Ginnasta
JOSÈ RALLO
Proprietaria e ceo Donnafugata
MAURA ROMANO Country manager Steinway& Sons
MARIANNA SARAGAGLIA Cco Cortem
SPERANZA SCAPPUCCI Direttore d’orchestra
CLAUDIA SEQUI
Presidente
Assopellettieri
CHIARA SOLDANO
Ceo Axa Italia
ELENA SORLINI
Ceo Abu DhabiAirports
CAMILLA TOLOMEI
DI LIPPA
Presidente Circolo del Golfdell’Ugolino
ROBERTA TONDINI
Founder e ad
Studio Tondini GmbH
LETIZIA TONI
Attrice
SERENA TOSA
Amministratore delegato Tosa Group
JASMINE TRINCA
Attrice e regista
ENZA TRUZZOLILLO
Large enterprise
managing director
Lenovo in Italia
KATIA VALERIO
Ceo Postbiotica
VIVIANA VARESE
Chef
ERSILIA VAUDO
Chief diversity officer
Esa
ROSE VILLAIN
Cantautrice
GIUSEPPINA VIOLANTE
Managing director
SkyMedia
SILVIA WANG
Founder Serenis
VALENTINA ZAGO
Managing director
Trevikart
Gruppo Pro-Gest
VERONICA ZIMBARO
Founder VMaison
ANNALISA ZORZETTIG
Titolare
Annalisa Zorzettig
ALESSANDRA MONTANA
Founder Allumeuse
Alessandra Montana ha master in direzione e strategia d’impresa ed è stata direttore delle relazioni esterne e istituzionali in gruppi industriali internazionali. Ha accompagnato aziende italiane sui mercati esteri, con piani di comunicazione mirati al posizionamento, alla gestione della reputazione e al rapporto con gli stakeholder. Dal 2013 al 2016 ha lavorato come consulente di comunicazione e marketing per hotel di lusso e ristoranti stellati. Nel 2016 ha raccolto la sua esperienza in Allumeuse Communication, agenzia che si dedica a ospitalità e lifestyle di alta gamma, con uno stile di comunicazione nuovo e trasversale tra i settori.
2024
di
Tommaso Carboni
The Investigation
L’era delle CULLE VUOTE
Secondo diverse stime, il numero di figli per donna è sceso sotto quota 2,1, la soglia necessaria per mantenere stabile la popolazione. Molti paesi perderanno decine o centinaia di milioni di abitanti nei prossimi decenni. I governi provano a incentivare la natalità con bonus, lunghi congedi e agevolazioni fiscali. Finora con scarso successo. Anche perché spesso non hanno chiari i veri motivi del calo delle nascite
NNella campagna della Corea del Sud e su una piccola isola greca ci sono due bambini: Jeong-su e Savas Glinatsis. Il primo ha 12 anni ed è nato a Nogok, un centro rurale a est di Seul. Il secondo ha otto anni ed è cresciuto a Telendos, tra spiagge e rocce brulle, a pochi chilometri dalla Turchia. I due hanno qualcosa in comune: sono stati gli ultimi alunni delle loro classi. Poi i loro genitori hanno cambiato residenza per farli studiare con altri bambini. Jeong-su e Savas condividono anche un’altra cosa: vivono in due paesi che invecchiano e si rimpiccioliscono. La Corea del Sud, dicono le statistiche,
4%
La quota del Pil che ogni anno la Francia spende in politiche familiari
2060
L’anno in cui l’India toccherà il suo picco demografico
ha raggiunto il picco di popolazione quest’anno: circa 51 milioni e mezzo di persone. Da qui al 2065 scenderà a 38 milioni. Quasi la metà del paese allora avrà più di 65 anni. Anche in Grecia gli abitanti diminuiscono e la loro età aumenta. Sono due esempi, forse un po’ estremi, di una parabola che tocca gran parte del mondo. In Asia, in Europa e in America le persone vivono più a lungo. Questo crea grandi vantaggi (è piacevole procrastinare la morte), ma anche sfide straordinarie. Perché l’altro aspetto del nostro presente e futuro demografico è il calo delle nascite ovunque, ormai anche nell’Africa sub-sahariana. La combinazione delle due cose – invecchiamento e scarsa natalità – sta trasformando il mondo. La piramide demografica, gradualmente, si ribalta. Società che si restringono e invecchiano perdono energia e vanno incontro a dif-
ficoltà finanziarie. Piano piano manca quel surplus di giovani che serve a pagare i conti degli anziani. Così pensioni e assistenza medica diventano più difficili da garantire.
È la nuova fase di un cambiamento demografico cominciato alcuni secoli fa. Il principio è stato la rivoluzione industriale. Fino alla fine del 1700 le società umane si sono mantenute grossomodo stabili. Poi quell’equilibrio si è interrotto in Europa occidentale, prima in Inghilterra, poi in altri paesi. Il tasso di mortalità è crollato, la natalità no. Il risultato: un aumento esplosivo della popolazione. Grazie alla crescita economica, ai miglioramenti della medicina e della sanità pubblica, il resto del mondo si è incamminato sulla stessa strada, ma ancora più velocemente. Negli ultimi 100 anni gli abitanti del pianeta sono quadruplicati, da due a otto miliardi. E poi lentamente, quasi senza accorgersene, il mondo è entrato in un’altra fase. Prima nei paesi ricchi, poi in quelli in via di sviluppo. Una convergenza che associa ovunque la diffusione del benessere e l’allungamento della speranza di
vita al crollo delle nascite. Oggi, secondo diverse stime, il numero medio di figli per donna potrebbe essere già sceso sotto 2,1, la soglia necessaria per mantenere stabile la popolazione. Le donne dei paesi ricchi sono quelle che si riproducono meno, con una media di 1,6 figli a testa. Ma anche nel mondo in via di sviluppo la popolazione finirà per ridursi. La Cina chiuderà il secolo con la metà degli abitanti di oggi. L’India dovrebbe raggiungere il picco attorno al 2060. La grande eccezione è l’Africa, dove pure la natalità comincia a scendere. Kenya, Etiopia e Nigeria, per esempio, raddoppieranno la popolazione.
Vale la pena ripeterlo: il problema non è il calo degli abitanti in sé, ma il cambiamento della composizione demografica. Nel 2000 i paesi ricchi contavano 26 ultrasessantacinquenni per ogni 100 persone tra i 25 e i 64 anni. Entro il 2050 la quota probabilmente raddoppierà e i luoghi più colpiti vedranno cambiamenti ancora più drammatici. Come gestire paesi con una quota di anziani così alta? Quasi tutte le nazioni ricche hanno adottato politiche pro-nascite.
Fanno lo stesso, pur con meno risorse, i paesi a medio reddito. Donald Trump ha assicurato bonus per bebè a pioggia se tornerà alla Casa Bianca. A gennaio il presidente francese, Emmanuel Macron, ha lanciato una campagna per “riarmare demograficamente” la Francia, che già spende ogni anno tra il 3,5 e 4% del Pil in politiche familiari. Le nuove armi preferite: test di fertilità e congedi di maternità. La Corea del Sud, cha ha la natalità più bassa del mondo (0,7 figli per donna), sta valutando una donazione incredibile: l’equivalente di 70mila euro per ogni neonato.
La demografia è un’ossessione particolare degli autocrati. Vladimir Putin sa che la ‘madre’ Russia ha bisogno di tanti figli. Però gli abitanti sono in calo da anni e invadere l’Ucraina è stata una pessima idea: 150mila soldati morti, quasi un milione di russi scappati e le nascite al punto più basso degli ultimi 20 anni. Alleandosi con la Chiesa ortodossa, Putin tenta di instillare una morale conservatrice e il desiderio di famiglie abbondanti. Ha definito il 2024 “l’anno della famiglia”. Ha promesso 157
The Investigation
miliardi di euro in sei anni per sostenere bambini e nuclei familiari. Le statistiche però sono impietose: la Russia da qui al 2050 è destinata a perdere altri dieci milioni di abitanti. L’amico ‘senza limiti’ Xi Jinping naviga in acque non molto diverse. La Cina, nota da tempo per la sua politica del figlio unico, offre incentivi che vanno dall’assistenza all’infanzia alle agevolazioni fiscali per incoraggiare i genitori ad avere tre figli. Sia Putin che Xi stanno fallendo. Ma la realtà è che queste politiche tentano di fare qualcosa di difficilissimo.
Si presume che il calo delle nascite dipenda da donne che posticipano la maternità per motivi professionali. Studiano, lavorano e non riescono a conciliare la carriera con la costruzione di una famiglia. La soluzione proposta? Sgravi fiscali, sussidi, asili nido, congedi di lavoro (anche per gli uomini), assistenza pubblica. Diversi studi hanno suggerito che i bassi tassi di natalità – come quelli osservati nell’Europa meridionale o nell’Estremo Oriente – siano dovuti alla carenza di tali supporti. Tuttavia, questo legame non è così evidente. Anche le socialdemocrazie del Nord Europa, dove il welfare è tradizionalmente ben sviluppato, mostrano oggi una natalità ridotta. In Finlandia è diminuita di quasi un terzo dal 2010, al di sotto del Regno Unito e poco sopra l’Italia. Anche la natalità svedese, che resta superiore alla media europea, sta calando. In Francia sono nati meno bambini rispetto a qualsiasi altro periodo dalla Seconda guerra mondiale. In Corea del Sud le politiche pro-nascita, con 270 miliardi di dollari spesi dal 2006, non sono servite a nulla.
Come mai è così difficile stimolare le nascite? Per capirlo bisogna addentrarsi negli aspetti psicologici e culturali delle famiglie contemporanee. L’economista statunitense Gary Becker, premio Nobel nel ’92, ipotizzava che nelle società benestanti i genitori vedessero i figli non più come una risorsa produttiva, ma come un bene di consumo. Un bene spesso caro. In queste condizioni, secondo Becker e altri studiosi, le persone hanno cominciato a desiderare pochi figli di ‘alta qualità’, cioè ben istruiti, in parte anche per renderli più competitivi
In America il calo della natalità è da attribuire in gran parte al fatto che le ragazze sotto i 19 anni hanno ridotto drasticamente il numero di figli
nel mercato del lavoro. Ma l’istruzione è un percorso lungo e dispendioso. Ciò ha aumentato il ‘costo opportunità’ di avere bambini, spiegano gli economisti. Ecco uno dei motivi per cui le politiche pro-nascita ottengono così poco: dovrebbero influenzare il comportamento di giovani istruiti, concentrati sulla carriera, tutto sommato benestanti. Un obiettivo molto difficile da centrare. Anche perché le prospettive economi-
che di questi giovani (e meno giovani) oggi sono spesso declinanti. Questo è il punto fondamentale: gli incentivi, almeno in parte, si basano su un malinteso. Qualche tipo di effetto, è chiaro, a volte ce l’hanno, e anche piccoli aumenti di natalità sono utili. La Francia ha speso molto, e non è un caso che abbia una natalità più alta di quella dell’Italia. Ma l’equivoco è credere che il calo delle nascite sia tutto dovuto a donne che posticipano (o rinunciano) alla gravidanza per motivi di studio e poi di lavoro. Le misure attuali hanno come target le madri professioniste. L’obiettivo è aiutarle a conciliare la carriera con i figli. In Europa molti incentivi sono legati al reddito, sotto forma di pagamenti per la maternità e agevolazioni fiscali. Esempio: in Norvegia, le madri hanno quasi un anno di congedo dal lavoro, con il reddito pre-gravidanza garantito dallo Stato, oltre a una vasta disponibilità di servizi per l’infanzia. Il problema è che nei paesi ricchi il calo delle nascite è dovuto in larga parte a un’altra categoria di donne. Contrariamente a ciò che diceva Becker, il grosso di questo calo non dipende da un cambio di abitudini tra i professionisti. La riduzione invece sembra spiegabile così: donne molto giovani, spesso adolescenti, che (per loro fortuna) oggi fanno pochissimi figli.
In America, secondo l’Economist, la diminuzione della natalità dal 1990 può essere attribuita in gran parte al fatto che le ragazze sotto i 19 anni hanno ridotto drasticamente il numero di figli. Queste donne, oltre a essere molto giovani, appartengono spesso a fasce
di reddito basse. Sempre l’Economist aggiunge che circa un terzo delle nascite evitate erano “non pianificate”, e la maggior parte sarebbe avvenuta tra donne a basso reddito. Questo è dovuto in parte all’aumento delle iscrizioni universitarie tra le ragazze, che posticipano così la gravidanza. Tuttavia, anche chi non frequenta l’università tende a rimandare il momento di avere figli. Oggi circa due terzi delle donne americane senza laurea nella fascia 2029 anni non hanno ancora avuto il loro primo figlio. Nel 1994, l’età media alla prima gravidanza era di 20 anni. L’altro punto cruciale è che le donne giovani con basso reddito sono quelle che sembrano reagire di più agli incentivi. È il caso di Israele, dove i sussidi per i figli hanno avuto un impatto maggiore sulle donne povere che su quelle benestanti. Lo stesso è avvenuto in Norvegia e in Finlandia. In Francia, la riduzione dei crediti d’imposta per i figli di coppie della classe media non ha influito sul tasso di natalità. In Cina viene offerta una somma forfetta-
ria alle coppie appena sposate, a patto che la donna abbia meno di 25 anni. In Russia, le donne che avranno un figlio prima dei 25 anni saranno presto esentate dall’imposta sul reddito. Non sono in pochi a guardare con scetticismo a queste misure, costose e poco efficaci, sollevando anche dubbi etici. Secondo l’Economist, spingere ragazze molto giovani a fare figli potrebbe comprometterne le possibilità di sviluppo. Una gravidanza precoce potrebbe ostacolare l’istruzione, soprattutto se la giovane appartiene a una fascia di reddito bassa. L’Economist cita un dato: pare che, se una madre americana partorisce per la prima volta intorno ai 35 anni, guadagnerà più del doppio di quanto avrebbe fatto se avesse avuto il primo figlio a 22. C’è però anche un aspetto positivo: gli aiuti riducono la povertà e migliorano la vita dei bambini che nascono. Non è poco. Il bambino può essere una risorsa per la società e
non è detto che sia un handicap per la giovane madre. Come non è detto che le donne più in là con gli anni, che hanno terminato gli studi, riescano ad avere tutti i figli che desiderano.
L’Economist sostiene che le donne della classe media con una buona istruzione tendono a fare figli solo poco più tardi rispetto al passato e in numero simile a quello delle generazioni precedenti. Ma sembra un punto discutibile, poiché altre indagini offrono interpretazioni diverse. In Spagna, ad esempio, i sondaggi indicano che le coppie desiderano più figli di quanti ne riescano ad avere. Il paese ha un tasso di natalità basso, simile a quello italiano. Rimuovendo o alleviando certi ostacoli, il numero di figli potrebbe aumentare, anche se solo lievemente. Forse vale la pena provarci. È vero che le politiche pro-natalità finora non sono state efficaci, come dimostra il fallimento in Corea del Sud. Però in Svezia e Francia il tasso è più alto che in Italia. Vuol dire che, calibrando bene gli aiuti, qualcosa si può ottenere, e sono utili anche piccoli aumenti. Il resto va colmato con l’immigrazione. Poi ci aiuteranno l’innovazione tecnologica e l’aumento delle competenze. Infine la questione delle pensioni: vivere più a lungo significa anche lavorare più a lungo. F
di Giuseppe Mocerino
The
Investigation
La MINACCIA invisibile
I servizi finanziari sono tra le attività più a rischio di attacchi informatici. In Italia i clienti di molte banche sono esposti a malware e ogni mese vengono sottratti oltre dieci terabyte di dati. Intanto la Bce prepara nuovi stress test per gli istituti sotto la sua vigilanza diretta
LLe incursioni informatiche sono diventate una delle principali sfide per la sicurezza globale, con un costo annuale che supera i 200 miliardi di dollari. Un rapporto recente dell’Interpol ha rivelato che i crimini finanziari e informatici sono tra le principali preoccupazioni politiche globali. Le minacce cibernetiche rappresentano un rischio sistemico per la stabilità del sistema finanziario europeo, ma spesso i cyberattacchi non vengono denunciati. I settori più dipendenti dalla sicurezza informatica includono la finanza e i servizi di pubblica utilità, seguiti da difesa, settore pubblico, industria manifatturiera, trasporti e telecomunicazioni.
È preoccupante che i servizi finanziari siano tra le attività più a rischio. Le banche e gli istituti finanziari sono obiettivi frequenti per i criminali informatici, che utilizzano campagne di phishing, ransomware e attacchi mirati per estorcere denaro. In Italia, i clienti di 44 banche sono esposti a malware per il mobile banking. Ogni mese vengono sottratti più di dieci terabyte di dati e oltre il 60%
200 mld $
Il costo annuale a livello globale per contrastare gli attacchi informatici
44
Le banche in Italia che sono esposte a malware per il mobile banking
delle organizzazioni potrebbe aver pagato riscatti.
L’industria bancaria sta vivendo una rivoluzione grazie all’innovazione tecnologica e ai cambiamenti nelle aspettative dei clienti. Nei prossimi anni i servizi bancari continueranno a trasformarsi, modificando radicalmente la nostra relazione con le banche e la gestione delle finanze personali. Con la digitalizzazione sempre più necessaria nel settore bancario e i rischi per la sicurezza in aumento, i dirigenti devono garantire la resilienza delle operazioni aziendali, la conformità alle normative governative e l’efficacia delle infrastrutture di cybersecurity per proteggere la superficie di attacco in espansione.
La Banca centrale europea lancerà nuovi stress test sulla cybersecurity. Richiederà alle banche sotto la sua vigilanza diretta di illustrare, entro il 2024, come risponderebbero a una grave violazione delle difese informatiche. Questo intervento è stato stimolato dall’aumento significativo degli attacchi hacker successivo al conflitto russo-ucraino. La Bce sta sviluppando uno scenario teorico di violazione delle difese informatiche del sistema finanziario, che sarà inviato a 111 banche per valutarne la reazione. Le autorità di vigilanza della Bce stanno monitorando anche la crescente dipen-
denza delle banche dai fornitori terzi, che potrebbero essere vulnerabili agli attacchi informatici, con effetti a cascata sull’intero sistema finanziario.
Negli ultimi anni, la gestione dei dati si è spostata sul cloud, abilitando l’open banking, che sta trasformando il settore finanziario. Questa pratica consente alle banche di condividere dati finanziari con terze parti tramite api (application programming interface), permettendo ai clienti di avere una visione completa delle loro finanze da diverse fonti in un’unica app. Tuttavia, le infrastrutture cloud sono gestite da grandi aziende internazionali, principalmente americane, come Google e Amazon Web Services. Questo crea un problema sistemico: cosa succederebbe se i data center di Amazon Web Services, per esempio, si bloccassero? Il sistema bancario europeo si paralizzerebbe.
Tra gli attacchi informatici più comuni, nel campo delle cybertruffe, c’è il phishing, ovvero messaggi (email o sms) che sembrano provenire da fonti sicure, inducendo il destinatario a visitare siti malevoli o ad aprire allegati infetti, sottraendo password e credenziali. Poi ci sono i cosiddetti attacchi ddos (distributed denial of service), in cui computer infetti inviano spam ai sistemi digitali di una banca, causando il blocco delle attività. Spesso viene richiesto un riscatto per sbloccarle. I criptominer, invece, sabotano le operazioni di calcolo delle criptovalute, mentre un infostealer è un malware che ruba informazioni economiche personali dai clienti delle banche. Il botnet è un altro malware che infetta e prende il controllo di un computer, permettendo all’aggressore di controllarlo da remoto. In altri casi gli hacker com-
piono i cosiddetti exploit di vulnerabilità, cioè sfruttano falle nei sistemi per rubare dati, bloccare operazioni o inserire software spia. Un’ulteriore azione è l’account takeover, con cui i criminali accedono ai sistemi aziendali utilizzando dati rubati da chi lavora da remoto. Infine vanno citati i ransomware, cioè software pirata che interrompono le operazioni bancarie, causando perdita di dati e vendendo informazioni finanziarie sul dark web.
In conclusione, combattere i cyberattacchi richiede un impegno congiunto e costante da parte di istituzioni finanziarie, enti regolatori e fornitori di servizi tecnologici. Solo attraverso una strategia di sicurezza informatica solida e coordinata si potrà garantire la resilienza del sistema finanziario globale di fronte a queste minacce in continua evoluzione. F
Space economy
L’EUROPA SI DESTI
Asd Eurospace, l’associazione che raggruppa le più importanti aziende spaziali del continente, ha reagito duramente allo Space Council di Bruxelles. In una nota ha citato tra le criticità principali la difficoltà di affrontare nuovi attori istituzionali e privati. SpaceX in testa
di Emilio Cozzi e Matteo Marini
LL’Europa dello spazio non agisce con sufficiente efficacia, perché è ancora la somma di stati e non un’entità comune, con una strategia che risponda agli interessi della propria industria. È l’industria stessa a lamentarsene, in una dura reazione di Asd Eurospace, l’associazione che raggruppa le principali aziende del settore, allo Space Council di Bruxelles, il consiglio dell’Agenzia spaziale europea e dell’Unione tenutosi a fine maggio, nel ventennale dell’accordo quadro fra le due istituzioni. Quanto emerso dal consiglio, sostiene l’industria europea dello spazio, non è sufficiente a tenere testa a Stati Uniti e Cina.
Per comprendere meglio l’affondo occorre un passo indietro: a Bruxelles i membri dell’Esa e dell’Unione hanno adottato una risoluzione sul rafforzamento della competitività dell’Europa attraverso lo spazio, compreso il sostegno alle aziende del settore. Il documento non introduce novità, ma enfatizza
l’importanza dello spazio e dell’innovazione che il settore porta in termini di ritorno sugli investimenti per la società, nonché la centralità della competizione e della collaborazione pubblico-privata, dei benefici che l’allargamento dei mercati può portare anche in attività non space based. È indicativo richiami iniziative come il fondo Cassini della Commissione europea (da 1 miliardo di euro) e l’Esa Investor Network, che ha lo scopo di far incontrare possibili investitori e startup.
Ma è comunque poco a livello strategico, sostiene Asd Eurospace. Le accuse sono precise: “L’industria accoglie con favore il fatto che i ministri europei riconoscano che lo spazio sostiene la competitività generale dell’Europa e appoggia con forza le priorità e le politiche europee. Tuttavia, si rammarica che le attuali sfide del settore spaziale europeo non siano state valutate seriamente, né affrontate: nonostante una posizione molto forte nel mercato globale e un’esperienza acclamata a livello mondiale, l’intera catena del valore spaziale europea è perturbata e la sua sostenibilità è minacciata”.
Asd Eurospace riconosce l’impareggiabile capacità dell’industria europea,
in termini di qualità e spesso a costi ridotti rispetto ai concorrenti americani (sottolineando l’eccezione del volo umano). “Ciononostante, l’attuale ritmo di trasformazione globale richiede più di strategie industriali sovranazionali, intergovernative e nazionali disarticolate. Altre potenze spaziali, come gli Stati Uniti, hanno avviato programmi adeguati per supportare l’innovazione e la sostenibilità della loro base industriale. È giunto il momento di intraprendere un’azione decisiva per dotare l’Europa degli strumenti necessari a diventare una vera potenza spaziale, all’altezza della sua immaginata statura globale […] È necessario e urgente che l’Europa elabori e attui una strategia industriale coerente per lo spazio”.
Secondo Asd Eurospace le debolezze del sistema Europa sono riassumibili in alcuni punti: la frammentazione della domanda e dell’offerta, il basso volume dei mercati istituzionali europei, la rapida scomparsa di una parte significativa del nostro mercato commerciale tradizionale e la costante diminuzione della redditività dell’industria; l’accelerazione dei cicli di innovazione, che richiede nuovi meccanismi per fornire, ridurre i rischi e sviluppare più rapi-
damente; i mercati istituzionali dei nostri concorrenti, diverse volte più grandi di quello europeo e per lo più vincolati (cioè non accessibili a operatori non nazionali).
La nota permette di evidenziare diversi punti chiave. Anzitutto, vanno bene gli acceleratori per startup, ma, quando si parla di mercato, l’industria spaziale mira al bersaglio grosso: gli investimenti istituzionali. Gli Stati Uniti sono maestri in questo: Oltreoceano, ma non solo (si cita anche la Cina), la domanda di hardware e servizi spaziali è molto più ampia e, soprattutto, centralizzata. Inoltre, sono mercati vincolati, difficili da penetrare per industrie estere (l’esempio principe è quello dei lanciatori).
Poi, ovviamente, c’è SpaceX, che costituisce una parte non trascurabile dell’equazione. Tra le preoccupa-
zioni di Asd Eurospace, è l’unica che faccia riferimento a una causa concreta: “SpaceX sta completamente sconvolgendo l’industria dei satelliti, dopo aver contribuito a sconvolgere il mercato dei servizi di lancio”. La compagnia di Elon Musk ha, de facto, sbaragliato la concorrenza nel settore dei lanci, con prezzi al ribasso impossibili da eguagliare, tempi ed efficienza che tutto il mondo (Europa in primis) invidia. SpaceX è parte di questa storia, perché ha prosperato grazie alla strategia americana di investimenti e partenariato pubblico-privato, che le ha permesso di sviluppare tecnologie all’avanguardia e di venderne i servizi allo stesso stato, che le aveva finanziate e le protegge grazie alla politica del buy american.
Nemmeno troppo velata, la richiesta a Esa e Unione europea è che gli stati
alimentino il mercato spaziale continentale, rafforzino la domanda di tecnologia sia civile che militare – in questo, non può non essere un ostacolo il fatto che l’Unione difetti di una difesa comune - e sfruttino di più lo spazio, esplorandone le potenzialità nelle applicazioni più innovative, per il governo del territorio e dell’economia, per esempio. Possibilità reali grazie ai dati geospaziali e di osservazione della Terra. Tutto, conclude Asd Eurospace, secondo una strategia comune, tuttora assente. Dovrebbe proprio andare in questa direzione la nuova legge sullo spazio, che, attesa per la scorsa primavera, è però slittata alla nuova legislatura inaugurata dalle elezioni del 9 giugno. Difficile prevedere, a questo punto, quando e quanto la politica spaziale europea agisca in maniera efficace. F
di Cosimo Maria Palleschi
Geopolitica
Torna la febbre dell’oro
Storicamente un aumento dei tassi di interesse portava a un calo del prezzo del metallo. Negli ultimi due anni non è stato così. Perché le banche centrali dei paesi emergenti l’hanno acquistato come alternativa al dollaro nelle loro riserve. E l’incertezza geopolitica l’ha riproposto come asset sicuro
Il 15 agosto 1971 il presidente americano Nixon annunciava la fine della convertibilità del dollaro in oro, stabilita nel 1944 a Bretton Woods. La guerra in Vietnam e il disavanzo con l’estero avevano assottigliato le riserve auree dai 24 miliardi del 1948 a soli 10 miliardi. Tutto ciò non era più sostenibile. Nixon, inoltre, voleva essere libero di stampare dollari per sostenere l’economia in previsione delle elezioni dell’anno seguente, a rischio di creare inflazione, come effettivamente avvenne, e di svalutare il dollaro. Dopo 50 anni, il presidente russo Vladimir Putin, nel marzo 2022, ha annunciato la convertibilità del rublo in oro, per sostenere la valuta depressa dopo l’invasione dell’Ucraina, con un cambio fisso di 5mila rubli al grammo. Il prezzo dell’oro dal 2022 ha continuato a crescere, superando nel 2024 i 2.400 dollari l’oncia. Una crescita avvenuta nonostante i rialzi dei tassi di interesse da parte delle banche
la
Vladimir Putin, presidente della Russia, nel 2022 ha annunciato
convertibilità del rublo in oro.
centrali di tutto il mondo. Un aumento dei tassi, specialmente dei tassi di interesse reali, solitamente portava a un calo del prezzo dell’oro, e viceversa. Non nell’ultimo biennio. Questo perché l’oro è una risorsa scarsa, le banche centrali dei paesi emergenti lo hanno acquistato come alternativa al dollaro statunitense nelle loro riserve e l’incertezza geopolitica globale lo ha riproposto come safe asset. Si calcola che nel mondo ne siano presenti solo 180mila tonnellate e che, se venisse fuso, otterremmo un cubo di appena 21 metri di lato. Inoltre, le banche centrali ne hanno sostenuto la domanda: sono responsabili del 23% degli acquisti a livello globale (in crescita dal 11% del 2022), secondo i dati del World Gold Council. Un trend che, specie per i paesi emergenti, si è invertito nel 2008: da quell’anno le riserve auree sono più che raddoppiate. Fino ad allora erano calate, per via della fine del gold exchange standard, dal 72% del totale nel 1956 a meno del 20% nei primi anni Novanta. È stato calcolato che, se i paesi emergenti arrivassero a detenere oro per il 10% delle loro riserve, anziché per meno del 5% come oggi, la domanda globale crescerebbe del 75%. Il primo produttore e importatore del mondo è la Cina, con 1.090 tonnellate nel 2023. La Banca Popolare Cinese (cioè la banca centrale) ne ha acquistate 225 tonnellate, passando dalle 395 che aveva nel 2000 alle 2.262 di oggi. Anche gli acquisti da parte dei cittadini sono aumentati, con lo Shanghai Gold Exchange che ha visto crescere la domanda del 95% rispetto al 2022. In particolare, la fascia di popolazione tra i 25 e i 34 anni è responsabile del 59% degli acquisti d’oro nel paese. Il metallo è visto dai giovani come ri-
serva di valore, a differenza del classico investimento nel mattone, sotto pressione per via della crisi che ha travolto l’immobiliare cinese. L’oro ha il grande vantaggio di avere un valore reale, di non essere soggetto a default e di essere molto liquido. Caratteristiche apprezzate nei paesi con valute deboli, sempre a rischio svalutazione, e afflitti da iperinflazione. Come la Turchia, dove i cittadini non hanno altra chance per salvaguardare i loro risparmi.
La Russia, invece, sta acquistando in media 56 milioni di dollari in oro al giorno per sostenere una sorta di gold standard 2.0. Il processo di riacquisto era partito già nel 2013, con un peso nelle riserve della banca centrale pas-
A maggio l’India ha rimpatriato 100 tonnellate di oro fisico che erano depositate nel Regno Unito, forse per usarle come asset reale a difesa di una possibile svalutazione della rupia
sato, nel decennio 2013-2023, dal 10% al 23% del totale. Come se il Cremlino si preparasse alle conseguenze di una guerra all’Ucraina. Mosca, poi, per ottenere dollari aggirando le sanzioni, rivende il suo oro agli Emirati Arabi Uniti, che sono passati da un import di 1,3 tonnellate nel 2021 a 75 nel 2022.
A maggio l’India ha rimpatriato 100 tonnellate di oro fisico che erano depositate nel Regno Unito, forse per usarle come asset reale a difesa di una possibile svalutazione della rupia. La sostituzione delle riserve
in dollari statunitensi con l’oro da parte delle banche centrali dei paesi emergenti viene vista come possibile argine all’instabilità finanziaria e alla svalutazione delle monete nazionali, spesso “vittime” delle politiche della Federal Reserve e del rafforzamento della valuta statunitense. Cina e Russia, ovviamente, sono i massimi sostenitori di questa teoria e spingono per la creazione di una valuta dei paesi Brics, alternativa proprio al dollaro statunitense, garantita da riserve auree o dalle materie prime degli stati stessi. In questo modo, Putin e il presidente cinese, Xi Jinping, puntano a scalfire il predominio della valuta americana, elemento fondamentale della potenza economica e geopolitica di Washington dal secondo dopoguerra a oggi. Liberarsi dal giogo del dollaro è ciò a cui le cancellerie russa, cinese e di diversi altri paesi emergenti aspirano, anche perché l’oro potrebbe fungere da garanzia per le loro monete nazionali. Per di più, dall’invasione russa dell’Ucraina, la Banca Popolare Cinese ha venduto circa 230 miliardi di titoli di stato americani, di cui 53 miliardi nel solo primo trimestre 2024. Così facendo, la Cina ora detiene ‘solo’ 767 miliardi di dollari in obbligazioni governative Usa, contro gli oltre 1.200 miliardi del 2017. Questo non solo per acquistare oro, ma per mettere in difficoltà il governo statunitense, a cui viene a mancare uno dei principali prestatori di denaro, in un momento in cui il debito federale ha superato il 120% del Pil e i 34mila miliardi di dollari. La sfida tra Cina e Stati Uniti si gioca perciò anche su un terreno monetario. E l’oro potrebbe essere il mezzo per indebolire ulteriormente Washington. F
IL CORAGGIO DI OSARE
Una nuova SIGNORA
Le ultime stagioni tormentate, sul campo e fuori. Gli investimenti infrastrutturali e la rivoluzione tecnica. I problemi della Serie A e le opportunità delle competizioni europee e mondiali che cambiano volto. Francesco Calvo, managing director revenue & football development della Juventus, racconta le strategie del club e la sua visione per il futuro del calcio italiano
di Massimiliano Carrà
L’attaccante della Juventus Dusan Vlahovic dopo la vittoria della Coppa Italia 2023-24
RRivoluzione. È intorno a questa parola che ruota il nuovo corso della Juventus, tornata ad alzare un trofeo dopo tre anni (la Coppa Italia) e protagonista di un sensibile cambio dirigenziale e tecnico: dall’addio dell’ex presidente Andrea Agnelli all’arrivo, nella scorsa stagione, di Cristiano Giuntoli come football director, fino alla recente separazione con Massimiliano Allegri, sostituito in panchina da Thiago Motta. Una rivoluzione che poggia le fondamenta sulle vicende giudiziarie che hanno coinvolto il club nella stagione 2022-23, con il loro impatto negativo non solo sui risultati sportivi, ma anche sui conti. Aspetto evidenziato sia dal nuovo aumento di capitale da 200 milioni di euro predisposto a fine 2023 dall’azionista di maggioranza, Exor, sia dalle parole di John Elkann, per il quale la stagione 2023-24 è stata un “anno zero per la Juventus”.
“Sono stati due anni molto complicati, in cui abbiamo registrato, per i dieci punti di penalizzazione, perdite tangibili, circa 115 milioni di euro, e intangibili, come quelle legate al brand e alla sua appetibilità sul mercato”, spiega
Francesco Calvo, managing director revenue & football development della Juventus. Anche “se il mondo del calcio ha la memoria corta, perché è molto legato ai risultati”, lo stesso non si può dire dell’industria delle sponsorizzazioni, dove la reputazione del brand e la programmazione sono fondamentali. Lo dimostra il fatto che, dopo la scadenza del contratto con Jeep, il club non ha ancora trovato un accordo per il nuovo main sponsor. “Siamo stati penalizzati perché non abbiamo avuto modo di programmare, ma le sensazioni sono positive: abbiamo diverse trattative in fase avanzata”.
D’altronde, non bisogna dimenticare che la Juventus, oltre a essere la prima squadra della Serie A per ricavi secondo Deloitte (432,4 milioni di euro nella stagione 2022-23), è anche l’11esimo club di calcio di maggior valore al mondo secondo Forbes, con una valutazione di 2,05 miliardi di dollari, la più alta in Italia. Traguardi che la società ha raggiunto “grazie ai tanti investimenti degli ultimi anni. Da quelli nelle persone a quelli infrastrutturali, stimati in circa 200 milioni di euro, come lo stadio, i centri sportivi (Jtc Continassa e Allianz Training Center di Vinovo), la sede, il J|medical e il J|hotel, fino a tutto l’ecosistema digitale, sfociato nella nascita di Juventus Creator Lab”. A questo proposito, con 175 milioni di follower, Juventus è attualmente il brand italiano più seguito al mondo. “Oltre ad aver intrapreso una strategia opposta rispetto ad altri club, abbiamo avuto il merito di cavalcare la spinta dell’arrivo di Cristiano Ronaldo. Operazione che, nonostante la pandemia, ci ha permesso di accrescere la riconoscibilità del brand in tutto il mondo”, aggiunge Calvo.
Se dal punto di vista dei risultati la Serie A rimane molto competitiva, come dimostrano le ultime due edizioni delle competizioni europee, culminate con la vittoria dell’Europa League dell’Atalanta e con il primo posto nel ranking Uefa, guardando ai diritti tv non si può dire lo stesso. Tra i cinque principali campionati europei, siamo davanti solo alla Ligue 1 francese, con una differenza abissale rispetto alla Premier League, che per la stagione 2022-23 ha distribuito 3,2 miliardi di euro, più del triplo rispetto alla Serie A. E per le nostre squadre i ricavi, dalla prossima stagione, subiranno una nuova diminuzione: da 970 a 900 milioni. La spiegazione del calo, secondo Calvo, può essere riassunta in alcuni punti: “Partiamo dal presupposto che il calcio segue il ritmo di crescita del proprio paese, e in Italia il Pil non ha subito rialzi importanti negli ultimi anni. A ciò aggiungiamo la competitività degli operatori, lo scarso sviluppo tecnologico e infrastrutturale del Paese e la mancanza di integrazione con i servizi di connettività, aspetto molto impattante all’estero. Non dimentichiamo poi i costi degli abbonamenti, che al di fuori dell’Italia sono molto più alti, la pirateria, su cui però si sta facendo un ottimo lavoro, e la scarsa managerialità all’interno della Lega”.
Calvo si sofferma quindi sulla “necessità di rivedere i format di tutti i campionati professionistici, perché così il sistema calcio italiano non è economicamente sostenibile. Basti pensare che una squadra di Lega Pro perde in media 1,5 milioni all’anno, fatturando tra i 2 e i 4 milioni”. Allo stesso tempo, continua Calvo, bisognerebbe rivedere tutto ciò che “concerne le mutualità” e incentivare “una revisione dei contratti di lavoro, che devono essere flessibili. Se, per esempio, una società retrocede dalla Serie A alla Serie B, deve poter dimezzare le cifre dei contratti dei lavoratori”. Il tema della Serie A a 18 squadre, al posto delle attuali 20, è quindi solo un tassello di questa trasformazione, che riguarda anche il numero di partite. “Al termine della stagione 2025-26, che si concluderà
Francesco Calvo, managing director revenue & football development della Juventus. Nell’altra pagina, lo Juventus Stadium.
con i Mondiali negli Stati Uniti, in Canada e in Messico, i calciatori, stipendiati al 100% dai club, giocheranno per il 75% del tempo con le loro squadre e il 25% con le nazionali. E i rischi sono tutti a carico dei club. Non va bene”.
Positivo, invece, il sempre maggiore interesse degli investitori stranieri, specialmente americani: nella prossima stagione la Serie A avrà sette proprietà statunitensi su 20. “È una tendenza che permette al sistema Italia di aumentare gli investimenti infrastrutturali. Lo stiamo vedendo, per esempio, con il Viola Park della Fiorentina, o con i progetti degli stadi del Bologna e della Roma”. Calvo si sofferma anche sui motivi di questo interesse: “L’industria dello sport in Europa è ancora molto frammentata, perché è più concentrata sui risultati sportivi che sul business. Di conseguenza, c’è più possibilità di scovare opportunità di investimento rispetto agli Usa, dove le cifre in ballo sono ormai da capogiro”.
Non poteva mancare un accenno alle due competizioni internazionali che vedranno la Juventus protagonista: il nuovo Mondiale per club e la Champions League. Del primo, a parte le squadre qualificate, si sa ancora poco. Soprattutto in termini economici, dato che la Fifa sta ancora discutendo con diversi broadcaster per i diritti tv e il montepremi. La sensazione è che entro settembre possano arrivare novità. “È una grande opportunità per noi, ma parlare adesso di cifre è impossibile. Ci sono stime di ricavi e di costi, ma ancora non si sa nulla sulla redistribuzione”. Infine, c’è tanta curiosità sulla Champions League, che dalla prossima edizione cambierà format. Tra le tante novità, non ci sarà più la fase a gironi, che verrà sostituita da un girone unico in cui tutte e 36 le squadre giocheranno otto partite. “Sarà interessante, divertente e imprevedibile. Ovviamente, tutte le analisi le faremo successivamente. Sono molto curioso, perché comunque rappresenta un grosso passo avanti”. F
di Enzo Argante
L’impresa etica
“Integrità, responsabilità e professionalità sono necessarie alle trasformazioni tecnologiche, economiche e finanziarie. E il passaggio da capitalismo familiare a impact investment sarà la chiave dei mercati nei prossimi decenni”. A dirlo è Mario Ferrario, presidente della Fondazione Giorgio Ambrosoli
NNell’estate del 2005
Giovanni Castaldi e Claudio Clemente, dirigenti degli Uffici della Vigilanza, espressero parere contrario all’acquisizione del controllo della Banca Antonveneta da parte della Banca Popolare di Lodi, resistendo alle forti pressioni dei vertici della Banca d’Italia. In seguito hanno ricoperto, uno dopo l’altro, la carica di direttore dell’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (Uif) per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio, considerata tra le più efficienti a livello internazionale. Due esempi di competenza, efficienza e integrità tra le decine che hanno calcato le scene del Piccolo Teatro di Milano sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica. Undici edizioni nel nome e per conto di Giorgio Ambrosoli, una ribalta (purtroppo unica) sul valore e sui valori d’impresa pubblica e privata. Mario Ferrario è il presidente della fondazione che porta il nome del liquidatore assassinato nel ‘79 per fermare le sue indagini sulle attività del banchiere Michele Sindona.
Competenze, etica e responsabilità sono parole chiave per una pubblica amministrazione efficiente, ma an-
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che per l’impresa pubblica e privata. Si vuole sottolineare che, nel perseguire l’interesse pubblico, il rispetto della norma, delle regole e della forma non è sufficiente. Anzi, un approccio formalistico spesso rischia di vanificare o marginalizzare il raggiungimento degli obiettivi pubblici per i quali la norma è stata predisposta. La pubblica amministrazione non deve essere solo efficiente, ma nella propria azione deve esplicitare e rendere evidente il preminente interesse pubblico. Qui sono fondamentali - e non adattabili o interpretabili - i valori etici. Numerose ricerche sulla pubblica amministrazione, la gestione dei beni pubblici e la gestione delle imprese pubbliche hanno evidenziato come l’integrità e la correttezza personale non siano sufficienti, ma debbano essere unite a un profondo senso di responsabilità per l’interesse pubblico, cioè non solo per il proprio ruolo, il proprio mandato, la propria istituzione, la propria appartenenza, ma per l’interesse del paese, cioè di tutti i cittadini.
È la governance, la G di esg: quanto è importante?
In conseguenza della triste, lunga esperienza di contrasto ai fenomeni mafiosi, l’Italia ha un riconosciuto primato internazionale per l’imponente evoluzione della normativa e della giurisprudenza su antimafia, antiriciclaggio e corruzione in termini di principi, modelli e approcci operativi. Tra questi rientrano il concetto di governance e la sua continua rielaborazione in codici di autoregolazione e in modalità applicative adottate dalle imprese. Governance intesa non solo in senso gestionale, ma in quello più ampio di regole trasparenti per composizione e operatività del consiglio di amministrazione, pra-
tiche di prevenzione della corruzione, attività di lobbying, finanziamento alla politica, diritti di voto, rapporti con gli stakeholder.
Non parliamo più solo di etica d’impresa, ma di una strategia di business che funziona e che viene riconosciuta dagli utenti e dagli investitori.
Nuovo costoso onere burocratico per le imprese o opportunità di innovazione strategica, di processo, di prodotto? Il dibattito è aperto, con molte reazioni e argomentazioni contrarie all’introduzione di normative e regolamentazioni vincolanti in tempi brevi su strategie di sostenibilità e investimenti esg. Un corpus normativo che non solo impone profonde e rapide ristrutturazioni di interi settori industriali, dall’energia all’automotive, fino alla chimica e all’agroalimentare, ma anche dei modelli di business, della struttura organizzativa, dei criteri gestionali. Un’evoluzione che non risparmia nemmeno i criteri di valutazione del merito creditizio da parte delle banche, con la richiesta di certificazioni esg, e i criteri di valutazione degli investimenti. Le imprese italiane, soprattutto quelle di dimensioni medio-grandi, hanno iniziato già da qualche anno la transizione strategica e tecnologica. Non condivido le continue affermazioni di politici e media sull’arretratezza del sistema imprenditoriale italiano e sui ritardi nella transizione digitale e tecnologica. Nel periodo 2013-2022 l’Italia è stata l’unico paese europeo che ha mantenuto la propria quota nell’export mondiale. Tutti gli altri l’hanno vista diminuire.
La società digitale è una minaccia all’affermazione di questi valori? O può contribuire a rafforzarli?
I giovani e l’innovazione digitale non solo non sono una minaccia all’affermazione nel mondo pubblico e privato dei valori di integrità, responsabilità e professionalità, ma al contrario evidenziano tendenze che li affermano come inderogabile premessa delle transizioni tecnologiche, economiche e finanziarie. Ricordo due elementi dell’evoluzione digitale: la tracciabilità e la non cancellabilità (nelle blockchain) di tutte le nostre transazioni. Un progresso negli strumenti di prevenzione e repressione delle attività illecite, ma anche nel significato dei valori sottesi alla regolamentazione esg e nell’impatto sui mercati fi-
nanziari. Il passaggio da un capitalismo familiare all’impact investment sarà, a mio avviso, l’elemento chiave dell’evoluzione dei mercati finanziari dei prossimi decenni. Recenti ricerche hanno evidenziato che le generazioni più giovani richiedono espressamente ai loro gestori di investire con criteri di impatto e sostenibilità. È di pochi mesi fa l’annuncio del Fondo sovrano norvegese, il più grande al mondo con oltre 1.000 miliardi di dollari in gestione, che a partire dal 2024 investirà solo in titoli in compliance con i criteri esg. Subito il mercato si è allineato e quasi ogni nuovo fondo in raccolta in Europa ha annunciato di volersi focalizzare su strategie esg. Una mossa dettata dalle necessità competitive delle imprese, dagli indirizzi dei grandi investitori e dalle preferenze di investimento delle giovani generazioni. Il trend è ormai irreversibile. F
Mario Ferrario
BEST IN CLASS
VISIONE LUNGIMIRANTE
GRAZIE A INVESTIMENTI IN RICERCA E SVILUPPO E COMPETENZE MANAGERIALI, ANGELINI INDUSTRIES STA CONSOLIDANDO LA SUA LEADERSHIP IN AMBITO SANITARIO. DAL 2020 A GUIDARE IL GRUPPO C’È LA QUARTA GENERAZIONE DI IMPRENDITORI, CON THEA PAOLA ANGELINI E SERGIO MARULLO DI CONDOJANNI. IL FUTURO? “ABBIAMO UN DISEGNO CHIARO E PER REALIZZARLO DOBBIAMO MANTENERE IL CONTROLLO”
LUGLIO, 2024
di Matteo Sportelli
Sergio Marullo di Condojanni
CCirca 5.800 dipendenti distribuiti in 21 paesi, con ricavi per oltre 2 miliardi di euro. Tutto grazie a una strategia di investimenti mirata alla crescita, all’impegno costante in ricerca e sviluppo e alla profonda conoscenza dei mercati e dei settori di business. Era il 1919 quando l’allora 32enne farmacista marchigiano Francesco Angelini, insieme a due soci, costituiva una società per la produzione e la vendita di medicinali con sede ad Ancona. Negli anni, poi, investimenti vincenti, lungimiranza imprenditoriale e competenze manageriali hanno portato la farmacia a trasformarsi nell’Angelini Industries di oggi.
A testimoniare il suo successo ci sono altri dati: nel 2023 il bilancio consolidato ha registrato un aumento di oltre il 7% dei ricavi complessivi, che hanno toccato quota 2,204 miliardi di euro, a fronte dei 2,057 del 2022, mentre è salito del 19,2% il margine operativo lordo. Dal 2020 a guidare il gruppo c’è la quarta generazione di imprenditori, con Thea Paola Angelini e Sergio Marullo di Condojanni, il ceo, che ci ha raccontato il presente e il futuro del colosso italiano.
ognuno di questi business ha registrato una crescita. Ci muoviamo in maniera diversa in ogni ambito. Nella salute, con Angelini Pharma, abbiamo tracciato due linee strategiche fondamentali: da un lato consolidare il posizionamento nei farmaci a prescrizione e da banco; dall'altro investiamo nel sistema nervoso centrale, area in cui abbiamo finalizzato l’acquisizione di un farmaco per l’epilessia che ci sta dando molta soddisfazione. Per quanto riguarda la
joint venture paritetica che abbiamo con Procter & Gamble, ha una crescita stabile e costante. L’obiettivo è mantenere la quota di mercato.
Nell’ambito della salute mentale, qual è, in dettaglio, la strategia di Angelini Pharma?
“Non siamo quotati, ma potremmo andare in Borsa anche domani.
Questo perché rispettiamo i requisiti legati all’indipendenza del consiglio di amministrazione, alla procedura di reclutamento dei manager, ai piani di successione e all’incentivazione del talento”
Angelini Industries sta registrando una crescita continua. Come vi state muovendo nei diversi mercati?
Siamo presenti in tre aree di business: la salute, la tecnologia industriale e i beni di consumo. Negli ultimi anni
tecnologia industriale, stiamo investendo con decisione nella parte di robotica e automazione, un settore che cambierà moltissimo le modalità con cui si movimentano le merci e si gestiscono stabilimenti e magazzini. Infine, nei beni di consumo, Fater, la
I dati mostrano chiaramente che sempre più persone hanno disturbi di questa natura. In particolare i giovani, che hanno risentito molto dei disagi post pandemia. Non parlo quindi solo di patologie neurodegenerative, ma anche della depressione o di patologie più severe, come l'epilessia. Nella brain health investiamo da sempre: siamo un player molto riconosciuto nei farmaci per la depressione, per i disturbi bipolari e la schizofrenia. Recentemente abbiamo aggiunto alla nostra offerta anche un farmaco per l'epilessia, una molecola davvero innovativa: è quella la linea di sviluppo su cui ci siamo concentrati e ci concentreremo nei prossimi anni. Siamo anche molto impegnati nel combattere lo stigma sociale che accompagna le patologie e i disturbi del cervello. Anche perché, spesso, chi ne soffre se ne vergogna, e quindi non si cura.
Per quanto riguarda la guida dell’azienda, cosa è cambiato da quando è diventato ceo?
Ciò che ha caratterizzato questi anni è la riforma della governance aziendale, un processo che ci rende particolarmente orgogliosi. Siamo passati dall’essere un'azienda tipicamente familiare, con tutti gli aspetti positivi ma anche i limiti del caso, a essere allineati con le migliori pratiche di corporate governance. Non siamo quotati, ma potremmo quotarci an-
n
che domani, perché rispettiamo i requisiti legati all’indipendenza del consiglio di amministrazione, alla procedura di reclutamento dei manager, ai piani di successione e all’incentivazione del talento. Proprio su questo ultimo punto abbiamo lanciato una corporate academy che investe sulla formazione, creando il giusto mix tra attrattività del gruppo, allineamento con il mercato e chiari percorsi di crescita.
A proposito di crescita, cercherete di raggiungere i vostri obiettivi affidandovi solo a risorse interne o pensate a possibili partnership?
Uno dei grandi vantaggi ereditati dalla gestione precedente è stata la solidità dei conti. Negli ultimi quattro anni abbiamo investito oltre 800 milioni, e non ci fermeremo qui. È chia-
ro che, nell’ottica di una governance moderna, ci si può confrontare anche con investitori esterni. Non bisogna avere paura di aprire il capitale, anche se, ovviamente, sempre a un socio di minoranza. Angelini ha un disegno industriale chiaro e per realizzarlo dobbiamo restare al controllo.
Uno degli strumenti per la crescita del gruppo è Angelini Ventures. Che cos’è e di che cosa si occupa?
Angelini Ventures è un fondo con 300 milioni di capitale, che investe in biotech e in medtech. Investe in startup in una fase early e non necessariamente nelle aree terapeutiche in cui è già presente Angelini Pharma. Con Angelini Pharma sarebbe più complesso valutare aree terapeutiche diverse da quelle core,
ma, grazie al nostro venture capital, abbiamo spazio per osservare i fenomeni e le innovazioni nei diversi settori ed eventualmente investirci.
Angelini è una delle famiglie imprenditoriali più note d'Italia. Che ruolo avranno, secondo lei, le dinastie come la vostra? Se sapranno evolversi, le famiglie imprenditoriali, soprattutto quelle italiane, avranno ancora un ruolo importante. L’azienda familiare, o con una famiglia come azionista di controllo, può permettersi quello che le public company non possono fare: non guardare ai risultati del trimestre, ma investire nel lungo periodo e accettare anche un paio di anni di contrazione del margine, se questi consentiranno un’innovazione dirompente in futuro. F
Casa Angelini, centro direzionale del gruppo a Roma.
Voglia di connessioni
Secondo un'indagine dell'iStituto PiePoli Per inwit, il 94% degli italiani è conSaPevole del valore delle infraStrutture digitali Per il territorio e la collettività. e l'84% vede nel 5g una tecnologia imPortante Per lo SviluPPo e la creScita SoStenibile del PaeSe
GGli italiani non temono le torri di telecomunicazione e le antenne. Anzi, matura la consapevolezza che le infrastrutture digitali sono sinonimo di modernità e sviluppo. Perché il loro valore è sempre più percepito come reale per la collettività, fonte di sviluppo economico e sociale. A dirlo è un’indagine presentata in occasione del primo Sustainability day del tower operator italiano Inwit L’indagine, elaborata dall’Istituto Piepoli per Inwit su un campione di 1.500 italiani, evidenzia come la quasi totalità della popolazione (il
94%, in crescita rispetto al 91% del 2023) sia consapevole del valore che le infrastrutture digitali creano per il territorio e la collettività. L’84% degli intervistati, inoltre, si dice favorevole alla costruzione di infrastrutture digitali. Un terzo è estremante favorevole (33%), e oltre la metà (53%) ritiene che il loro sviluppo e potenziamento dovrebbe avvenire in tempi rapidi.
Sebbene quello delle infrastrutture digitali sia un mondo di sigle e tecnicalità non sempre facili da ricondurre a immagini e concetti accessibili a chiunque, gli italiani stanno iniziando a familiarizzare almeno con alcuni di questi termini. La digitalizzazione del Paese avviene sia con i macro siti distribuiti su tutto il territorio nazionale, sia attraverso
i sistemi di microantenne multi-operatore (das, distributed antenna system), che permettono un segnale stabile ed efficiente all’interno di luoghi chiusi o particolarmente affollati. Insomma, sono le infrastrutture digitali esterne e interne che assicurano la connettività e fanno sì che i nostri smartphone, tablet e ogni tipo di dispositivo funzionino sempre. Sono soprattutto i giovani laureati e gli abitanti di località isolate o rurali a cogliere come lo sviluppo e l’ammodernamento delle infrastrutture digitali sia strategico, e a essere dunque più propensi a percepire gli investimenti su questo fronte come una priorità. Ma è un discorso che vale per tutti gli italiani, che indicano la rete digitale al terzo posto tra le infrastrutture in cui è prioritario investire (50%), in salita di una posizione rispetto al 2023, dopo solo rete ferroviaria (57%) e stradale/autostradale (52%).
Tra gli intervistati è molto diffusa (84%) la convinzione che sia importante, in particolare, la diffusione del 5G per lo sviluppo e la crescita sostenibile del Paese. Tanto che l’85% è convinto che il 5G rappresenti un’opportunità di crescita, e non un rischio. Ciò nonostante, il gap di conoscenza su questa tecnologia è ancora diffuso e le preoccupazioni al riguardo sono spesso alimentate anche dalle tante fake news che girano in rete. Le principali? Che ci sia stata una correlazione tra coronavirus e 5G (categoricamente smentita, ad esempio, dal ministero della Salute)
di Matteo Rigamonti
Un sistema di antenne a Praia a Mare, in provincia di Cosenza.
e tra 5G e cancro (non ce ne sono, sentenzia la Lega italiana per la lotta contro i tumori).
Per quanto riguarda i principali vantaggi che deriverebbero dallo sviluppo delle infrastrutture digitali, il 45% degli intervistati indica la "riduzione del digital divide”, mentre per il 40% la diffusione capillare delle connessioni “contribuisce a una società più innovativa e connessa”. E se è vero che il beneficio nella riduzione del digital divide è percepito soprattutto da chi vive in una frazione di comune (50%) o in una zona isolata/rurale (49%), ne è consapevole anche chi abita in un comune di grandi dimensioni (48%).
“L’indagine conferma l’apprezzamento degli italiani per il valore delle infrastrutture digitali e l’esistenza di un contesto molto favorevole agli investimenti, in particolare per le infrastrutture che servono a garantire servizi digitali che faranno da volano allo sviluppo economico e sociale del Paese, creando valore per tutta la collettività”, commenta Diego Galli, direttore generale di Inwit. “Il nostro modello di business, basato su infrastrutture digitali e condivise, aperte e resilienti, è funzionale a questo obiettivo e i risultati della ricerca rafforzano il nostro impegno a svilupparlo, con attenzione verso le esigenze dei nostri clienti e dei territori e con un approccio sostenibile”.
Nel dettaglio, tra il 94% di italiani consapevole del valore che le infrastrutture digitali creano per il territorio e la collettività, il 40% ne è estremamente consapevole. Le fasce di popolazione che registrano i tassi di consapevolezza più alti sono gli abitanti dei centri storici (47%), i laureati (45%) e gli over 55 (44%). A livello geografico, sono gli abitanti del nord est (44%).
Se poi l’84% del campione si dichiara favorevole alla costruzione di infrastrutture digitali, un terzo di questi è “estremamente favorevole”: l’esigenza appare più forte tra chi vive nei centri storici (39%), nei comuni di me-
die dimensioni (38%) e tra i giovani tra i 18 e i 34 anni (36%), con prevalenza di uomini (36%) e di abitanti del Sud e delle isole (35%). Riguardo ai tempi di realizzazione, per il 53% degli intervistati le infrastrutture digitali devono essere realizzate in tempi rapidi.
Al netto della spinta del Pnrr per ri-
durre il digital divide, invece, ancora si constata il frequente disallineamento delle amministrazioni locali rispetto alle indicazioni che arrivano dal governo nazionale, che punta ad accelerare e semplificare. “La riduzione dei tempi del silenzio-assenso per le nuove costruzioni da 90 a 60 giorni è stata molto importante”, commenta Galli. “Oggi per realizzare una nuova torre ci vogliono circa dieci mesi, di cui otto per la localizzazione e i permessi e due per l'effettiva costruzione”. I permessi, però, “continuano a essere spesso troppo lenti, con piani regolatori molto differenti tra gli ottomila comuni italiani. Di frequente il permesso viene concesso solo in aree impraticabili, come cimiteri o discariche”. Inwit, però, non si ferma. Con un orizzonte temporale che guarda al 2026, il piano industriale prevede investimenti per 800 milioni di euro per realizzare 2.200 nuove torri che si aggiungeranno alle oltre 24mila attuali. “Lo scorso anno abbiamo realizzato più di 900 nuove torri e continueremo a investire su questo”, ha concluso Galli. F
Diego Galli
Un sistema di antenne alla Marmolada. n BEST IN
n BEST IN CLASS n
Nel segno della continuità
La HoLding Terra MoreTTi Ha varaTo un nuovo ModeLLo organizzaTivo cHe vede carMen, Francesca e vaLenTina MoreTTi in carica coMe vicepresidenTi. aFFiancHeranno neLLa deFinizione deLLe sTraTegie iL padre viTTorio, presidenTe deL gruppo, e L’ad MassiMo Tuzzi
FFavorire la crescita del management in continuità con il dna Moretti, nel rispetto dei valori del fondatore. È questo l’obiettivo che il gruppo vitivinicolo Holding Terra Moretti ha deciso di perseguire con l’attuazione di un nuovo modello organizzativo per le sue aziende, che vede protagoniste tre donne da tempo alla guida delle business unit, oggi investite del nuovo ruolo trasversale di vicepresidenti del gruppo. Carmen, Francesca e Valentina, azioniste e figlie del fondatore, nel nuovo incarico affiancheranno il presidente, Vittorio Moretti, e l’amministratore delegato, Massimo Tuzzi, nella definizione delle strategie di medio e lungo periodo, nel controllo delle attività e nel garantire che, attraverso una costante azione di stimolo e di sostegno, la cultura del gruppo possa mantenere i suoi valori, la sua visione e il suo purpose.
“Un passo decisivo che ho sempre ritenuto indispensabile per la continuità dell’impresa: la necessaria evoluzione da una famiglia-azienda a un’azienda di famiglia, sempre più organizzata e dinamica nell’accogliere le sfide del futuro, attraverso la specializzazione dei manager e, in parallelo, la custodia, da parte della famiglia, del dna che ha reso possibile il nostro straordinario percorso di crescita”, dice Vittorio Moretti. “Un cambiamento di paradigma avviato con l’ingresso dell’ad Tuzzi, al quale nel 2019
ho affidato la guida di questa trasformazione, confidando nella sua capacità di porre in equilibrio le due più antiche istituzioni della nostra società: la famiglia e l’azienda”.
Moretti ha fondato il gruppo nel 1967 e lo ha reso una realtà che genera valore partendo dalla terra e dalla cultura dei luoghi. In Franciacorta, Toscana e Sardegna offre eccellenza attraverso l’arte della viticoltura, del costruire e dell’accogliere. Insieme, Carmen, Francesca e
Valentina costituiscono il valore unico a supporto di un’organizzazione che trova nell’equilibrio e nella sinergia tra la proprietà e il management la base per una crescita solida e la capacità di affrontare le sfide di domani, nel segno di valori condivisi quali intraprendenza, concretezza e ricerca della qualità della vita. Ognuna delle vicepresidenti dovrà aiutare l’organizzazione sulla scorta delle sue esperienze. Carmen, che ha dato vita a L’Albereta e L’Andana e ha svi-
di Luca Sessa
Carmen Moretti
luppato la comunicazione integrata di Holding Terra Moretti, porta la sua visione e la sensibilità verso lo sviluppo dell’identità di marca nel suo legame con il territorio. Francesca, fondatrice con il padre della cantina Petra a Suvereto ed enologa di Bellavista con Richard Geoffroy, chef de cave di fama internazionale, contribuirà a stimolare la crescita con la sua interpretazione del rapporto con le terre su cui opera, all’insegna della sostenibilità ambientale e di quella delle vigne. Valentina, architetto e fondatore di More, impresa del design costruttivo, è la messaggera di un approccio integrato alla svolta sostenibile, già avviata in tutte le aziende del gruppo. Fondamentale anche il suo impegno nel settore human, focalizzato sullo sviluppo dei talenti.
Il nuovo ruolo prevede la gestione e lo
sviluppo di attività strategiche per la crescita del gruppo. Dall’ambito advisory, contraddistinto dal costante dialogo con ad e presidente per definire obiettivi, strategia e attività, aggiungendo punti di vista e competenze, si passa all’area challenging e supporting, per stimolare le figure manageriali attraverso un dialogo positivo, analizzando le decisioni in relazione al purpose delle aziende. Infine il monitoring: le vicepresidenti si occuperanno di controllare l’attività dell’amministratore delegato rispetto alla gestione o all’attuazione del piano strategico, per analizzare gli aspetti più critici e rendere più forte l’impresa, mitigando i rischi. Il gruppo opera nel settore del vino con sei cantine, radicate in tre territori ad alta vocazione vitivinicola: Bellavista e Contadi Castaldi in Franciacorta; Petra, Tenuta La Badiola e Teruzzi in To-
scana; Sella & Mosca in Sardegna, con il suo nuovo agriturismo Casa Villamarina. Accomunate dal rispetto per le terre in cui operano, le tenute hanno scelto la strada dell’innovazione nel campo della sostenibilità ambientale, con un approccio d’avanguardia alla viticoltura. Quanto al mondo dei resort, Terra Moretti ha due luxury hotel, rispettivamente in Franciacorta e Toscana: L’Albereta Relais & Châteaux a Erbusco, in provincia di Brescia, con il suo Chenot Espace e la sua offerta gastronomica che spazia dal ristorante gourmet alla pizzeria d’autore La Filiale di Franco Pepe; e L’Andana Tenuta La Badiola, a Castiglione della Pescaia, affiliato a Leading Hotels of the World, un tempo residenza del granduca di Toscana, con il ristorante stellato La Trattoria dello chef Enrico Bartolini. F
Francesca Moretti
Valentina Moretti
n BEST IN CLASS n
Potere al femminile
Tim ha lanciaTo ‘la pariTà non può aspeTTare’, la campagna isTiTuzionale per superare gli sTereoTipi e conTrasTare la violenza di genere. la presidenTe alberTa Figari: “sono molTo orgogliosa di essere la prima donna al verTice della socieTà”
SSensibilizzare e creare consapevolezza sul tema del gender gap. È con questo obiettivo che Tim ha lanciato ‘La parità non può aspettare’, la campagna istituzionale basata sulla consapevolezza che “all’Italia che vuole crescere servono il talento, la passione, il coraggio e l’impegno di tutte e tutti", ed è quindi necessario mettersi "in connessione per superare gli stereotipi e offrire opportunità alle donne e contrastare la violenza di genere". Parole che trovano risonanza nelle protagoniste della campagna: Sofia Goggia, campionessa olimpica di discesa libera, Danielle Madam, campionessa italiana di getto del peso, e Giulia Dragoni, centrocampista del Barcellona e della Nazionale italiana di calcio femminile. Volti dello sport e dei media, alle quali si aggiungono lavoratrici di Tim o persone comuni, in cui tutte le donne si possono riconoscere. Come Pamela D’Alessandro, che lavora come tecnica in Tim, Laura De Dilectis, presidente di DonneXStrada, Carla Nisio, manager Tim, e una ragazza il cui volto richiama l’attenzione sulla necessità di accelerare il cambiamento. Sono loro a testimoniare che ‘La parità non può aspettare’ per lo sviluppo sociale ed economico del nostro Paese: dallo sport all’imprenditoria, dal gap sala-
riale alla copertura mediatica degli sport femminili, dalla cultura della leadership all’occupazione delle donne nei settori tecnologici. Caratterizzata da immagini con messaggi forti e fondati su dati, come ‘La parità di genere sarà raggiunta solo nel 2155’ o ‘Le donne manager nelle imprese italiane sono solo il 20,5%’, la campagna è stata premiata ad aprile con un Honoree ai Webby Awards 2024, nella categoria advertising in ambito diversity, equity & inclusion, il più alto riconoscimen-
200+
I partner coinvolti da Tim per l'app Women Plus 40%
La donne nei cda delle società del gruppo Tim
to nel mondo di internet secondo il New York Times. I Webby Awards, infatti, sono realizzati dall'Accademia Internazionale delle Arti e delle Scienze Digitali, la principale organizzazione di premi internazionali per l'eccellenza su internet nelle categorie pubblicità, siti web e mobile, film, video online, podcast, giochi, IA e metaverso.
Non è tutto. A inizio anno è andato in onda anche Il labirinto, uno spot firmato dal regista premio Oscar Giuseppe Tornatore, che ha al centro della storia i pregiudizi, gli stereotipi e le differenze di genere che le donne sono costrette ad affrontare ogni giorno: un labirinto di difficoltà da cui sembra impossibile trovare una via di uscita. Che invece c'è, con il contributo di tutti e tutte. La 18esima edizione degli Nc Awards, la manifestazione che ogni anno celebra il meglio della comunicazione italiana, ha premiato lo spot come miglior campagna televisiva/cinematografica.
Quanto raccontato dalle campagne conferma l’impegno di Tim su questi temi. Ne sono un esempio Women Plus, l’app (con il patrocinio della Commissione europea) che supporta le donne nella ricerca del lavoro e nei percorsi di carriera, coinvolgendo oltre 200 partner, o la collaborazione con l’associazione no profit DonneXStrada, grazie alla quale i punti vendita Tim su tutto il territorio nazionale sono stati convertiti in Punti Viola, ossia luoghi sicuri per offrire una prima assistenza
di Danilo D’Aleo
alle donne che si sentono in pericolo. L’azienda, inoltre, contrasta il gender gap anche al proprio interno, con progetti che agiscono sulla cultura, l’organizzazione e i processi aziendali. Oltre ad allestire eventi di recruiting dedicati alla valorizzazione delle donne in ambito stem, Tim lavora anche sulla sua struttura organizzativa. Sono stati infatti rinnovati i consigli di amministrazione delle società del gruppo, portando oltre il 40% la partecipazione delle donne, ed è stato azzerato il pay gap a livello manageriale. Aspetti che stanno permettendo alla società di raggiungere uno degli obiettivi prefissati: raggiungere almeno il 33% di donne manager in posizioni di responsabilità. Al vertice del gruppo, l’assemblea dei soci ha recentemente nominato come presidente l’avvocato Alberta Figari.
“Sono molto orgogliosa di essere la prima donna al vertice di Tim e spero sia un segno per la società e per altre aziende italiane", ha dichiarato Figari. "Il superamento del gap di genere è già uno dei nostri progetti più importanti e mi auguro di contribuire anch’io nel mio ruolo”.
Va in questa direzione il piano di comunicazione avviato dalla società per creare consapevolezza, specialmente tra i giovani, come evidenzia Maria Enrica Danese, direttrice corporate communication & sustainability del gruppo. “Nel lavoro le donne sono ancora in svantaggio rispetto agli uomini", ha detto. "Un problema sono i pregiudizi, in particolare quelli che ostacolano il cambiamento. Ad esempio, si crede che le donne siano meno ambiziose, che preferiscano la flessibilità più degli uomini, che incontrino
ostacoli solo nelle posizioni apicali, mentre i dati ci dicono che non è così. Un modo per superare questi bias è partire direttamente dalla fine, dando visibilità alle donne, facendo diventare normale il fatto che siano in prima linea. In Tim abbiamo sposato questo approccio, i risultati si vedono e credo che si rifletteranno sulla reputazione aziendale”.
Importanti anche gli eventi formativi che hanno come focus diversi aspetti della leadership femminile, percorsi di mentorship e incontri ispirazionali, realizzati insieme a partner qualificati come ValoreD, e il progetto Women Group Empowerment che, articolato in cinque incontri su self empowerment, leadership, influenza, negoziazione e potere, fornisce strumenti e metodologie per rafforzare l’auto-consapevolezza. F
Alberta Figari
DANIEL
DAL ZENNARO
DIVENTARAI UNA STAR
Clara e Alfa sognavano di cantare fin da bambini, Valentina Barbieri ha studiato accenti e gestualità delle celebrità, i ragazzi di Og Music hanno creato una startup unendo le passioni per la musica e la finanza: sono gli Under 30 scelti da ForbesItalianella categoria Entertainment
La Fondazione Francesca Rava si impegna per i ragazzi e le donne in difficoltà nel mondo, e in particolare in Italia e ad Haiti. “Il volontariato è una grandissima forza motrice, che porta i giovani ad aiutare altri giovani”, dice la presidente, Mariavittoria Rava
La Fondazione Francesca
LRava aiuta bambini e adolescenti in condizioni di disagio, le mamme e le donne fragili, in Italia, ad Haiti e nel mondo. Educa i giovani e le aziende ai valori del volontariato, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite e si impegna nella lotta alla povertà educativa e sanitaria e alle disuguaglianze, attraverso numerosi progetti di aiuto concreto e di empowerment. La fondazione rappresenta in Italia Nph – Nuestros Pequeños Hermanos, che dal 1954 salva i bambini orfani e abbandonati nelle sue case, scuole e ospedali in nove paesi dell’America Latina.
Sono centinaia i giovani che ogni giorno sostengono la fondazione. E lo fanno in tanti modi diversi: partecipando ai campus, agli eventi di raccolta fondi, ai progetti in aiuto a chi ha più bisogno.
Ad esempio, ‘Noi non siamo indifferenti, noi facciamo la differenza’ è rivolto ai giovani, agli studenti, alle aziende, ai loro dipendenti e a chi desidera dedicare tempo ad aiutare i minori accolti nelle case
famiglia o gli anziani soli. Ogni settimana, i volontari tra i 14 e i 25 anni vanno, con i referenti della fondazione, nelle realtà sostenute sul territorio di Milano.
Inoltre, tanti ragazzi scelgono di vivere esperienze nei campus solidali che la fondazione organizza durante l’anno in Italia e nelle Case Nph in America Latina. Altruismo, desiderio di condivisione, amore per i bambini, voglia di mettersi in gioco, conoscenza di culture diverse: sono le parole d’ordine per chi decide di donare il proprio tempo agli altri. “È un grande onore collaborare con tanti meravigliosi giovani, nostri preziosi volontari”, dice la presidente della fondazione, Mariavittoria Rava. “Crediamo che il volontariato sia una grandissima forza motrice, che porta i giovani ad aiutare altri giovani. Come diceva padre Wasson, fondatore di Nph, ‘i fatti sono molto importanti, ma, se non toccano il cuore delle persone, non producono alcunché’. Ed è proprio questa l’essenza del nostro lavoro quotidiano, perché racchiude anche il senso del valore del volontariato che intendiamo trasmettere a tutti i coloro che si avvicinano alla fondazione”. F
Mare fuori, musica dentro
UN RUOLO IN UNA DELLE FICTION DI MAGGIORE SUCCESSO DELLA STORIA RECENTE DELLA TV, POI SANREMO. L’ULTIMO ANNO HA CONSACRATO CLARA SOCCINI. CHE ORA, DOPO IL PRIMO ALBUM, È IMPEGNATA IN UN TOUR ITALIANO
PPrima gli esordi da modella, poi la ribalta da attrice, infine l’affermazione come una delle voci emergenti italiane più apprezzate dal pubblico. Clara Soccini, in arte Clara, aveva il palcoscenico nel destino. Anche se lei, più che al destino, come ha detto, crede “nel visualizzare ciò che si vuole, lavorarci tanto e bene e poi lasciare che tutto prenda il volo.”
Nata il 25 ottobre 1999 a Varese e cresciuta nel paesino di Travedona Monate, Clara si è avvicinata alla musica e al canto durante gli anni del liceo linguistico Alessandro Manzoni a Varese. Poi il primo salto: il trasferimento a Milano, dove ha iniziato a lavorare come modella, prima di dedicarsi completamente alla musica. La sua carriera musicale ha avuto la prima scossa nel 2020, con la collaborazione al brano Io e te di Nicola Siciliano. Ha pubblicato quindi singoli come Freak, Ammirerò e Bilico. Poi, dopo un periodo complicato, è arrivata la partecipazione alla serie televisiva Mare fuori, nel ruolo di Crazy J, una trapper della periferia milanese. “A un certo punto credevo fosse giusto che il canto rimanesse una passione. Poi, però, è arrivato il messaggio di Ivan Silvestrini, il regista di Mare fuori”, ha raccontato Clara. “Mi sono buttata in Mare fuori e Ivan mi ha spinto molto, perché credeva nella mia musica e pensava che, essendo un personaggio musicale, Crazy J potesse aiutare anche me”, ha aggiunto in un’intervista a Fanpage Grazie al brano Origami all’alba, che interpre -
ta nella serie, Clara ha ottenuto un triplo disco di platino.
Nonostante il 24esimo posto a Sanremo, Diamanti grezzi ha avuto un grande successo di pubblico: è entrata nella top 15 Fimi delle canzoni più ascoltate e ha totalizzato più di 30 milioni di stream
Dopo il grande successo di Mare fuori, Clara si è avvicinata al palco che l’ha consacrata come una delle artiste emergenti più ascoltate del panorama italiano. Nel 2023 è arrivata infatti la partecipazione a Sanremo Giovani, vinto con Boulevard. Il successo le ha garantito un posto tra i big del Festival di Sanremo, a cui ha partecipato nel 2024 con Diamanti grezzi. Nonostante il 24esimo posto finale, il brano è entrato nella top 15 Fimi delle canzoni più ascoltate e ha totalizzato oltre 30 milioni di stream. Grazie a Diamanti grezzi, Clara ha ottenuto il premio Enzo Jannacci Nuovo Imaie e il premio Siae-Roma videoclip Sanremo 2024. Il 16 febbraio 2024 l’artista ha pubblicato Primo, il suo album d’esordio. Oltre a Diamanti grezzi, tra le dieci tracce Primo contiene anche Origami all’alba, Boulevard, l’inedito Ragazzi fuori, scritto e cantato per la colonna sonora della quarta stagione di Mare fuori, e il singolo Cicatrice Clara ha già portato l’album in diversi club italiani e tra l’estate e l’autunno toccherà altre città. Dopo i live di Padova, Firenze, Roma, Bari, Napoli e Milano, porterà il Primo Tour ad Alessandria, Varese, Cerisano (Cosenza), Modugno (Bari) e Pozzuoli (Napoli), prima di fare ritorno nelle città già toccate a marzo. Il suo sogno, ha detto, è uscire dai confini italiani. “Spero di portare la mia musica ovunque”. F
Matteo Sportelli
Clara Soccini
Bravissimissimo
HA AVUTO SUCCESSO A 18 ANNI. SECONDO LUI, “TROPPO PRESTO”. MA DA ALLORA ALFA
NON SI È PIÙ FERMATO: A 23 È ARRIVATO AL QUARTO POSTO DELLA CLASSIFICA ITALIANA CON BELLISSIMISSIMA E HA DUETTATO A SANREMO CON ROBERTO VECCHIONI
Trovare qualcuno che non ha mai sentito il ritornello ‘Sei così bella, anzi bellissimissima’ è praticamente impossibile. Solo con Bellissimissima ha ottenuto un triplo disco di platino. Poi il successo l’ha fatto arrivare fino al palco di Sanremo, dove ha gareggiato con Vai!. Alfa, nome d’arte di Andrea De Filippi, è un rapper e cantautore genovese, classe 2000, con 517mila iscritti al suo canale YouTube e 1,7 milioni di follower su TikTok. I suoi segreti? La semplicità, la spontaneità e la capacità di trovare le parole giuste per descrivere ansie ed emozioni della Generazione Z. “Non ero bello, non ero estroverso, ma a scuola non volevo stare sullo sfondo”, ha raccontato. “Ho fatto il mago, lo youtuber, il rapper e tanto sport, ma è nella musica che ho incontrato la mia natura. Il messaggio è che non mi sono mai arreso”.
TTesta tra le nuove, pt.1 e Wanderlust! hanno consolidato la posizione di Alfa nel panorama musicale italiano. Il 2021 è stato un anno importante per l’artista: è stato candidato ai Nastri d’Argento con il brano Sul più bello, realizzato per l’omonimo film di Alice Filippi, e ha pubblicato il singolo San Lorenzo, in collaborazione con Annalisa, che ha ottenuto il disco d’oro.
Dopo altri successi pubblicati nel 2022, il 2023 è stato l’anno della consacrazione. Il 12 maggio dello scorso anno ha pubblicato Bellissimissima, con cui è arrivato fino al quarto posto della classifica italiana. Il riscontro ottenuto dal brano e le sue capacità lo hanno poi portato tra i big in gara al 74esimo Festival di Sanremo, dove è arrivato decimo. È stata sua una delle esibizioni più apprezzate dell’ultimo Festival condotto da Amadeus: nella serata dei duetti si è esibito con Roberto Vecchioni in Sogna ragazzo sogna
Bellissimissima è stata ascoltata 82 milioni di volte su Spotify. E non è la sua canzone più gettonata: Cin cin, che ha ottenuto un triplo platino, è a 120 milioni
A testimoniare il suo successo ci sono anche i numeri della sua musica. Alfa ha oltre 2,9 milioni di ascoltatori mensili su Spotify e centinaia di milioni di visualizzazioni su YouTube. Bellissimissima è stata ascoltata circa 82 milioni di volte su Spotify, e non è nemmeno la più gettonata: a 120 milioni c’è Cin cin, che nel 2019 ha raggiunto la top 10 della Viral Global e ha ottenuto un triplo platino. “Bellissimissima è stata la svolta”, ha spiegato l’artista a Vanity Fair. “Ho cominciato a 18 anni, con Cin cin, e ho avuto subito successo. Oggi lo posso dire: troppo presto. A quell’età è meglio se la musica resta un gioco”.
Il suo primo album, Before Wanderlust del 2019, è stato un successo: oltre a Cin Cin, brani come
Dopo Sanremo Alfa ha pubblicato l’album Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato. “Il focus dell’album è l’amore in ogni sua forma”, ha detto. “Quello dei miei genitori, quello che ho visto nei film, quello dei miei amici, quello che osservo per strada”.
Il 24 febbraio si è esibito in un Forum di Assago tutto esaurito. A novembre il suo Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato Tour arriverà anche a Roma, Bari e Napoli, prima di concludersi con un’altra data ad Assago. “Sognavo il Forum da anni, arrivando da Genova in macchina lo vedevo sempre a sinistra”, ha dichiarato. Un sogno che è diventato realtà. F Matteo Sportelli
2024
Andrea De Filippi, in arte Alfa
Azionisti del bello
OG MUSIC APPLICA ALL’ARTE IL CONCETTO DI PROPRIETÀ CONDIVISA, ALLA BASE DELL’ACQUISTO DI TITOLI DI SOCIETÀ QUOTATE E DEL CROWDFUNDING. LA SUA PIATTAFORMA PERMETTE DI INVESTIRE NEI BRANI DI UN CANTANTE E DI GUADAGNARE ROYALTY TUTTE LE VOLTE CHE IL PEZZO VIENE ASCOLTATO
IInvestire nelle canzoni del proprio artista preferito e guadagnare royalty per ogni ascolto? Dal novembre 2023 è possibile farlo. Og Music è una piattaforma nata dall’idea di due under 30, Edoardo Tamburi e Federico Fundarò
“Og Music è nata dall’intersezione di due nostre grandi passioni: la musica e la finanza”, hanno spiegato. “Permettiamo ai fan di essere più coinvolti che mai nella carriera dei loro artisti preferiti e diamo loro la possibilità di investire - letteralmente - nelle canzoni che amano e guadagnare royalty ogni volta che vengono ascoltate”.
Il modello è basato sul concetto di proprietà condivisa. In pratica, è ciò che avviene per le società quotate in Borsa e per le società private che ricorrono al crowdfunding: si permette a tanti piccoli investitori di unirsi per diventare co-proprietari di qualcosa. In questo caso, dei diritti musicali di una canzone, un album o un catalogo. Dal lancio, Og Music ha offerto opportunità di investimento in 15 progetti di artisti emergenti, tra canzoni e album. Il maggiore successo, hanno detto Tamburi e Fundarò, è stato “la vendita dei diritti musicali di Og Sessions, album prodotto da 15 artisti durante un ritiro musicale organizzato da noi”.
L’aspetto economico non è l’unico considerato dal progetto. “Stimiamo che molti avranno interesse a finanziare progetti musicali soprattutto per dare una mano agli artisti, mettendo a disposizione fondi in un’ottica più di donazione che di investimento”.
“Crediamo che molti avranno interesse a finanziare progetti musicali soprattutto per dare una mano agli artisti, mettendo a disposizione fondi in un’ottica più di donazione che di investimento”
L’obiettivo di Og Music, spiegano ancora i fondatori, “è creare una community di appassionati di musica che puntano sul loro gusto e sulla loro abilità di scovare talenti, con la possibilità di avere un ritorno economico se le intuizioni si rivelano corrette, grazie alle royalty”.
La piattaforma è adatta soprattutto agli artisti emergenti. “Grazie alla community”, hanno detto ancora i fondatori, “Og Music vuole dare agli artisti una piattaforma su cui farsi scoprire e tramite la quale fidelizzare la fanbase, tramite il modello ‘ascolta e guadagna’. In concreto: più sono gli individui che hanno un interesse finanziario diretto nel successo di una canzone, maggiore è il potenziale di impegno collettivo nella promozione di quella canzone”. Og Music vuole crescere con un team già al lavoro sui prossimi progetti. “Per continuare a evolverci e fornire una user experience sempre più completa”, hanno sottolineato i founder, “stiamo lavorando per includere elementi di gamification nella nostra piattaforma, che permetteranno agli utenti di partecipare a giochi e sfide a sfondo musicale. Ci siamo accorti del potenziale di questa feature perché per promuovere la piattaforma abbiamo iniziato a creare video su TikTok e Instagram in cui ci sfidiamo su quiz musicali e il responso è stato ottimo, con quasi un milione di visualizzazioni su TikTok e centinaia di commenti in cui gli utenti si sfidavano tra di loro e ci lanciavano delle sfide. Abbiamo quindi pensato di portare queste sfide in piattaforma, per far giocare e divertire la nostra community”. F
Matteo Sportelli
LUGLIO, 2024
Federico Fundarò (a sinistra) ed Edoardo Tamburi
La donna dai mille volti
È STATA CHIARA FERRAGNI E ALESSANDRA AMOROSO, ILARY BLASI E FRANCESCA FAGNANI. VALENTINA
BARBIERI HA PORTATO LE SUE IMITAZIONI PRIMA SUI SOCIAL, POI IN TV, DOVE HA LAVORATO CON MICHELLE HUNZIKER E LA GIALAPPA’S. E PRESTO SARÀ ANCHE AL CINEMA
CChi frequenta i social l’ha conosciuta prima degli altri: è stata lei a dare vita all’imitazione di Chiara Ferragni più discussa e apprezzata. E chi è anche appassionato di tv non può non averla vista all’opera durante la seconda stagione del Gialappa’sShow su Tv8, in cui ha impersonato Alessandra Amoroso, Ilary Blasi e Francesca Fagnani e ha realizzato la parola del programma di Canale 5 Temptation Island, Tontation Island. Valentina Barbieri, romana, classe 1995, è studentessa di ingegneria delle telecomunicazioni (le mancano pochi esami), ma è da sempre appassionata di recitazione. Sul suo profilo Instagram, che oggi ha più di mezzo milione di follower, scrive: “Nella vita, imitatrice digitale. Imito vip, persone, situazioni, case, libri, auto, viaggi e fogli di giornale”. I suoi modelli? Come aveva dichiarato in un’intervista a Fanpage nel 2022, il suo idolo è Jim Carrey. “Per le imitazioni, invece, mi ispiro a Virginia Raffaele e a Paola Cortellesi dei tempi di Mai dire Gol Quando ero piccola credevo che Virginia Raffaele avesse un potere. Pensavo: da grande voglio essere come lei. Con il tempo ho scoperto questa abilità”. Sui social Barbieri non si limita alle imitazioni dei personaggi famosi, ma mette in scena anche situazioni in cui i suoi follower potrebbero più facilmente riconoscersi. Ma quando e come ha iniziato? Nel 2017 ha aperto la sua pagina Instagram per condividere alcune gag, muovendo i primi passi come content creator. Durante il lockdown è riuscita a crearsi un pubblico con le imitazioni di personaggi del web e della tv e ricreando alcune situazioni quotidiane insieme al suo compagno, Thomas. Le prime imitazioni sono state parodie dei programmi televi-
sivi, poi è passata all’imitazione di Benedetta Rossi. Oltre all’abilità nel replicare voci e accenti dei personaggi famosi, Barbieri è un talento anche nel sapersi trasformare fisicamente. “Mi sono ispirata ai video delle make up artist americane”, ha detto a Fanpage “Vedevo che, con la tecnica del contouring, riuscivano a trasformarsi nelle star hollywoodiane, da Angelina Jolie a Julia Roberts. Piano piano ho imparato a conoscere il mio viso e a modificarlo”.
“Per le trasformazioni fisiche mi ispiro ai video delle make up artist americane. Vedevo che, con il contouring, riuscivano a trasformarsi in star come Angelina Jolie e Julia Roberts”
L’anno della ribalta, per Barbieri, è stato il 2022. Dopo essere entrata nel cast di Generazione Lol, la serie TikTok Original condotta da Lillo e da Gabriele Vagnato, ha condotto il programma Isola Party, in onda su Mediaset Infinity, al fianco di Ignazio Moser. Poi, alla fine del 2023, sui social ha annunciato: “Sto girando il mio primo film”. Si intitolerà Come incasinare i tuoi genitori e nel cast ci saranno Carolina Crescentini e Giampaolo Morelli. La dedica è stata alla Valentina di qualche anno prima: “In questo momento pagherei per poter dialogare con la Vale di cinque anni fa, quando lavorava come hostess e metteva da parte quei pochi soldi per pagarsi gli studi di recitazione, che ci credeva fortemente e che con tanta determinazione non ha mai mollato. Vorrei poterle dire: ‘Guarda… finalmente ce l’hai fatta’”. Nel 2024 Barbieri è sbarcata anche in prima serata su Canale 5, come membro del cast fisso di comici di Michelle Impossible, il programma condotto da Michelle Hunziker. In occasione di questa nuova sfida, Barbieri ha iniziato a imitare Hunziker: “La chiave comica che ho trovato è che lei dice spesso la parola ‘gasati’”. Ora non resta che aspettare di vedere il film in cui ha recitato e capire quale nuovo personaggio imiterà. F
Matteo Sportelli
LUGLIO, 2024
Valentina Barbieri
HEALTHCARE
di Maurizio Abbati
La salute importa
GMM FARMA ACQUISTA FARMACI IN EUROPA E LI FA ARRIVARE IN ITALIA, PERMETTENDO DI RISPARMIARE. NEL 2024 FESTEGGIA I DIECI ANNI DI ATTIVITÀ. “CONTIAMO DI SUPERARE I 40 MILIONI DI FATTURATO”, DICE IL FONDATORE E AD, GIAN MARIA MORRA. “ENTRO IL 2025 RAGGIUNGEREMO ANCHE I 100 DIPENDENTI”
I“Ispiriamo la farmacia del futuro”. È lo slogan con cui Gmm Farma si presenta a clienti e partner. Un’azienda che questo mese festeggia i suoi primi dieci anni di vita, nata nel 2014 grazie a un’intuizione di Gian Maria Morra, attuale ceo, che ha saputo guardare a un mercato che di fatto, almeno in Italia, ancora non esisteva. “Era un settore ancora agli albori, per il quale allora non c’era alcun sistema certo di regole”, racconta Morra. “Invece regnava una certa ostilità nei confronti di chi, come noi, cercava di modernizzare il sistema di distribuzione, aprendo a nuove prospettive e creando alternative. L’intenzione era innovare il settore dell’importazione di medicinali, guardando in particolare alle esigenze del cliente finale e delle farmacie come punto centrale di approvvigionamento, avvicinando l’Italia agli standard degli altri paesi europei. Oggi possiamo dire di aver contribuito non poco a cambiare la situazione, come dimostrano gli oltre 400 prodotti importati e i 20 paesi coinvolti”.
Come fate a valutare i prezzi di commercializzazione dei prodotti nei vari paesi in tempo reale?
Investiamo molto in ricerca e innovazione e possiamo contare su software avanzati che ci consentono di analizzare l’andamento dei prezzi. Questo ci dà l’opportunità di acquistare a costi favorevoli. Si tratta di un lavoro di monitoraggio che deve essere portato avanti in modo costante, perché la geografia dei prezzi cambia costantemente. Bisogna considerare anche il fatto che, spesso, ogni paese ha formati diversi per i soliti medicinali, per cui dobbiamo operare sui vari database per fare le comparazioni. Senza contare che ci sono paesi dove non c’è l’euro, come la Polonia o la Romania, e quindi i prezzi vanno ricalcolati.
“Investiamo molto in ricerca e innovazione. Possiamo contare su software avanzati che ci consentono di analizzare e monitorare in modo costante l’andamento dei
prezzi. Questo ci dà l’opportunità di acquistare a costi favorevoli”
In sintesi, Gmm Farma acquista sugli altri mercati europei farmaci gemelli rispetto a quelli brand, ma con interessanti differenze di prezzo, e quindi li importa in Italia, distribuendoli a grossisti e farmacie che hanno così la possibilità di approvvigionarsi risparmiando. “Di fatto, compriamo da altri distributori farmaceutici europei, guardando a situazioni in cui i medicinali costano di meno, per poi venderli a prezzi ribassati. Con vantaggi significativi per cittadini, farmacie e grossisti, grazie a una maggiore concorrenza”.
Gmm Farma ha anche un moderno stabilimento a Nola. Che cosa fate qui? È qui che abbiamo aperto l’officina dedicata al riconfezionamento dei prodotti importati, inaugurata nel 2023 presso l’interporto campano. In pratica, riproduciamo le confezioni e il foglietto illustrativo con un packaging identico rispetto al prodotto brand di riferimento, adattati con la lingua italiana. È un processo accurato, che deve rispettare le norme di sicurezza dettate dall’Agenzia italiana del farmaco (Alfa). È proprio Aifa ad aver condotto un lavoro di studio e analisi di settore, sintetizzato nel primo rapporto Osmed sul monitoraggio di import-export di farmaci. Si è giunti così alla determinazione direttoriale 357/2021, che dal 26 marzo 2021 prevede la possibilità di accedere alla procedura semplificata anche per i farmaci in lista di trasparenza (anche detti rimborsabili). Ciò significa che, se il prezzo del farmaco è di almeno il 7% inferiore rispetto a quello del prodotto già commercializzato in Italia, si prevede un’approvazione automatica dei farmaci di fascia A importati, permettendone inoltre la rimborsabilità. Anche per questo siamo riusciti a costruire un ecosistema con precise norme e nuovi posti di lavoro, grazie anche allo sviluppo di officine di riconfezionamento e tipografie con cui collaboriamo per il packaging, che assicurano di rispettare i più alti standard qualitativi. Siamo sempre disponibili a un dialogo costruttivo con le istituzioni a livello italiano ed europeo per promuovere norme favorevoli a un’ulteriore crescita del settore”.
Un elemento centrale per la vostra attività è la distribuzione, perché dovete raggiungere anche località periferiche. Che cosa fate per garantire una valida copertura del territorio?
Siamo molto organizzati in questo senso, con una rete di oltre 30 agenti in tutta Italia che ci permette di rifornire anche le farmacie che hanno più difficolta logistiche di approvvigionamento. Per quanto riguarda il trasporto, garantiamo qualità e sicurezza, usando mezzi a temperatura controllata e fornitori selezionati. L’attenzione alle regole e al rispetto della legalità ci ha anche spinto a dotarci di un codice etico per orientare le attività secondo una prospettiva di prevenzione degli illeciti, in conformità alle prescrizioni del Decreto legislativo. 8 giugno 2001, n. 231 in materia di responsabilità degli enti da reato.
Come avete allargato la vostra rete di utenti?
Nel 2024 abbiamo in previsione di superare i 40 milioni di euro di fatturato. Mentre, per quello che riguarda il personale, oggi abbiamo 80 dipendenti, ma prevediamo di raggiungere i 100 entro il 2025. Il 70% parla almeno due lingue e l’azienda offre loro diversi corsi di formazione per potenziare il business, accrescere le conoscenze del mercato farmaceutico e le competenze individuali. Inoltre vogliamo aiutare l’Italia ad arrivare al livello di altri mercati europei, dove questo settore porta benefici evidenti alla collettività in termini di risparmio. A livello aggregato, in Europa, si parla di circa 3 miliardi di euro di risparmi all’anno. L’importante è che si vada ancora avanti con le riforme e ci sia stabilità. La nostra politica aziendale pone il cliente finale al centro, assieme alle farmacie, che sono in costante trasformazione e scontano margini sempre più bassi, oltre a subire la concorrenza delle vendite online, cresciute molto negli ultimi anni. L’importazione è un modo per le farmacie di comprare meglio e captare istantaneamente le migliori opportunità di acquisto europee, grazie alla nostra organizzazione. Inoltre, negli ultimi due anni abbiamo importato circa 40mila confezioni di medicinali di cui c’era carenza in Italia, molto spesso per patologie delicate. Aver potuto aiutare queste persone costituisce un enorme motivo di orgoglio. L’Italia è l’ottava economia mondiale e il secondo mercato farmaceutico in Europa. Quindi è doveroso avere un mercato di importazione all’altezza. Noi ci impegneremo per realizzarlo e portare al nostro paese nuove risorse che permetteranno di aiutare le prossime generazioni. F
Gian Maria Morra
di Primo Marzoratti
Stiamo all’occhio
La miopia è un problema sempre più diffuso tra i bambini. Hoya, in collaborazione con il Politecnico di Hong Kong, ha sviluppato la prima lente in grado di contrastarne l’evoluzione. Ora, dice l’ad per l’Italia Maurizio Veroli, ci vuole “un patto etico tra tutti gli attori del settore”
PPresente in Italia da più di 40 anni, Hoya Lens è una società specializzata nella produzione di lenti da vista. Il segreto del gruppo? “La propensione alla ricerca e sviluppo e la continua collaborazione con il mondo scientifico”.
Hoya Italia è parte di Hoya Corporation, un’azienda globale con una presenza in circa 60 paesi. Fondata in Giappone nel 1941, Hoya Corporation ha oltre 150 tra uffici e filiali e oltre 34mila dipendenti in tutto il mondo. In Italia ha 200 collaboratori e un sito produttivo per la produzione di lenti oftalmiche di ultima generazione. Hoya ha una lunga storia di innovazione nel settore dell’ottica, della tecnologia medica e dell’information technology. In Italia collabora con i migliori centri ottici per offrire alle persone la miglior soluzione visiva possibile. L’obiettivo? “Creare un futuro migliore”.
A caratterizzare l’attività di Hoya c’è un approccio strategico basato sulla collaborazione sinergica con la classe medica e gli ottici-optometristi, con cui condivide la missione di migliorare comfort e benessere visivo delle persone attraverso la diffusione di una migliore cultura della vista, la tec-
nologia e l’innovazione. Una strategia che ha portato risultati tangibili. “Dalla nostra fondazione, di strada ne abbiamo fatta tanta”, ha detto Maurizio Veroli, amministratore delegato di Hoya Lens Italia. “Abbiamo raggiunto una quota di mercato importante, frutto di una crescita costante negli anni. Ci siamo contraddistinti per avere nel nostro portafoglio prodotti particolari e innovativi. Non da ultimo, siamo stati pionieri nella messa a punto di una nuova lente, oggi sul mercato, in grado di rallentare la progressione della miopia in età pediatrica”.
Per quanto riguarda la collaborazione con il mondo scientifico, Veroli ha citato il caso del prodotto sviluppato con il Politecnico di Hong Kong: “Insieme a questo ateneo abbiamo sviluppato una nuova lente da vista per la miopia che non si limita a correggere un difetto visivo. Per la prima volta, grazie anche alla collaborazione con il mondo scientifico, siamo riusciti a sviluppare un prodotto in grado di contrastare l’evoluzione miopica.
In Italia, dice l’Istat, circa due milioni di bambini e ragazzi tra i sei e i 16 anni sono miopi, e si stima che il problema sia in progressione per l’80% di loro
Di che si tratta? “Le Miyosmart sono le lenti che correggono la miopia e, al tempo stesso, ne rallentano la progressione, in media del 60%, come emerso dallo studio clinico di due anni pubblicato sul British Journal of Ophthalmology”, ha illustrato Veroli. A rendere urgente lo sviluppo di soluzioni di questo tipo è un problema crescente e allarmante a livello globale: la miopia, un difetto visivo sempre più diffuso in età pediatrica, che viene aggravato dalle abitudini delle nuove generazioni e che potrà avere in futuro un forte impatto sul sistema sanitario, dato che alla miopia in età adulta possono essere associate patologie come il distacco di retina e la degenerazione maculare.
In Italia, secondo i dati Istat, circa due milioni di bambini tra i sei e i 16 anni sono miopi e si stima che circa l’80% di loro sia in progressione miopica. Secondo i dati evidenziati dall’Organizzazione mondiale della sanità, si prevede che entro il 2050 oltre il 50% della popolazione mondiale sarà miope. Un difetto della vista che insorge, nella maggioranza dei casi, in età scolare,
Maurizio Veroli, amministratore delegato di Hoya Italia.
fascia in cui il tasso annuale di crescita è più rapido. La ragione principale è da riscontrare nell’utilizzo sempre più significativo di tablet e smartphone e nel minor tempo trascorso all’aperto. “Una delle sfide che Hoya si pone è quella di far conoscere queste lenti così innovative e rivoluzionarie a un pubblico il più ampio possibile”, ha dichiarato Veroli. “Da diversi anni ci stiamo focalizzando su questo aspetto e crediamo fortemente nel valore di un patto etico tra gli attori del settore: industria, classe medica e ottici optometristi. I professionisti della visione devono contribuire a diffondere la conoscenza di soluzioni che funzionano. Abbiamo la soluzione, si chiama Miyosmart. Ora deve essere comunicata a chi ha esigenza, contribuendo a contrastare la diffusione della miopia e a promuovere la salute visiva globale”.
L’ad ha spiegato che in Italia ci sono 80mila giovani che indossano le lenti Miyosmart. “In Italia siamo leader perché siamo stati primi a lanciare un prodotto di questo tipo. Come hanno confermato gli esperti, circa l’80% dei miopi potrebbe utilizzare questa lente. Quindi, considerando che in Italia ci sono circa due milioni di miopi, l’obiettivo nel tempo è arrivare a coprire questo numero e cercare di combattere su larga scala la miopia”. Per arrivare a una platea sempre più ampia, Hoya sta lavorando a livello globale per coinvolgere anche le istituzioni su questo tema. “Al World Health Summit di Ginevra”, ha concluso Veroli, “abbiamo lanciato un appello a governi, paesi e istituzioni, per invitarli a porre più attenzione su questo tema e su questa soluzione. Comunicare che esistono soluzioni al problema della miopia è doveroso da un punto di vista etico e sociale, per favorire un futuro visivo migliore per i giovani”. F
di Elisa Serafini
L’ospedale che verrà
Gvm Servizi, società del gruppo Gvm Care & Research, si occupa della creazione di smart hospital. “Sono realtà dove l’efficienza, l’automazione e la digitalizzazione diventano cruciali per migliorare l’assistenza al paziente”, dice l’ad, Maria Cecilia Sansavini
SSaranno gli smart hospital a fornire i servizi sanitari ai pazienti di domani. Realtà che integreranno processi organizzativi e clinici innovativi e sempre più supportati dal digitale. In questo flusso, che avrà un impatto su milioni di cittadini, opera Gvm Servizi, azienda di Gvm Care & Research, uno dei principali gruppi ospedalieri italiani, con oltre 11.800 dipendenti e 50 strutture sanitarie di alta specialità in Italia e all’estero, attivo nei settori della sanità, della ricerca, dell’industria biomedicale, delle cure termali e della longevità. Per comprendere le sfide e le opportunità del settore, Forbes ha intervistato Maria Cecilia Sansavini, amministratrice delegata di Gvm Servizi, vice presidente di Maria Cecilia Hospital, ospedale di alta specialità di Cotignola, in provincia di Ravenna, e consigliere di amministrazione di Gvm Assistance, azienda del gruppo che eroga servizi di sanità digitali innovativi.
Qual è la missione di Gvm Servizi all’interno del gruppo Gvm Care & Research?
Gvm Servizi si pone come driver interno di governance e innovazione, sia per i nostri ospedali che per le società di servizi del network, con una vocazione all’integrazione di processo e all’adozione di nuovi modelli di
efficientamento organizzativo, orientati alla digital health e alla creazione di smart hospital. È anche la realtà incaricata di avviare e governare i processi di innovazione del gruppo, sostenendo lo sviluppo di una governance ispirata ai principi del change management. La nostra visione si fonda sulla centralità della persona, intesa sia come paziente che come operatore, entrambi attori del complesso processo di assistenza ed erogazione delle cure, da pensare come sistema integrato di flussi e dati. Tale processo richiede un grado elevato di digitalizzazione e di integrazione non solo sul piano informativo, ma anche su quello organizzativo.
Quali sono le conseguenze più significative dei processi di trasformazione digitale in questo contesto?
“La sfida più urgente è quella della cybersecurity.
La trasformazione digitale ha richiesto cambiamenti culturali significativi. L’adozione di nuovi processi organizzativi digitalizzati e l’introduzione dell’intelligenza artificiale nei modelli di supporto richiedono un cambiamento di mentalità e di prospettiva. Un esempio è l’esperienza sviluppata dall’Ospedale San Carlo di Nancy di Roma nel percorso verso la certificazione di maturità digitale Emram di Himss, che sarà estesa a tutte le altre strutture del gruppo. Ciò non sarebbe possibile senza stabilire un patto etico nei confronti dei pazienti, e in generale di tutti gli stakeholder e della comunità.
Tra il 2021 e il 2023 il 53% degli attacchi informatici in Europa ha colpito provider sanitari”
Quali sono le sfide più complesse per il vostro settore?
La sfida più complessa e urgente rimane quella della cyber security e delle strategie di prevenzione, rilevamento e risposta per proteggere dagli attacchi informatici e garantire la sicurezza dei pazienti, la continuità operativa e la protezione dei dati sanitari. L’ambito sanitario è tra i più colpiti: tra il 2021 e il 2023 il 53% degli attacchi in Europa ha colpito provider sanitari, di cui il 42% ospedali.
Come la digitalizzazione può migliorare l’esperienza dei pazienti e del personale?
La trasformazione digitale è essenziale per migliorare l’accessibilità, la qualità e l’equità delle cure nel sistema sanitario. La tecnologia gioca un ruolo chiave. Mi riferisco, ad esempio, alla piattaforma di telemedicina che abbiamo sviluppato per offrire servizi di videoconsulto, telemonitoraggio e assistenza domiciliare, che permette di garantire la continuità assistenzia-
le anche in aree remote, oltre a un controllo periodico dei pazienti che si sono affidati ai nostri ospedali.
Come possiamo immaginare uno smart hospital?
Il processo di digitalizzazione può abbattere le barriere tra i professionisti della salute, facilitando la formulazione di piani terapeutici inclusivi e aprendo le porte a ospedali iperconnessi che mettono il paziente al centro e sono in grado di erogare percorsi di cura personalizzati, grazie a processi di gestione dei flussi tracciati e trasparenti. Uno smart hospital è una realtà dove l’efficienza, l’automazione e la digitalizzazione diventano cruciali per migliorare la presa in carico globale del paziente. Il tutto a favore di un patient journey più integrato e di una politica di qualità sostenibile, inclusiva e attenta alle necessità di ogni persona, anche dal punto di vista dell’operatore sanitario. In tal senso, stiamo realizzando una piattaforma che consente di unire sanità e servizi, razionalizzando ogni servizio sul paziente, permettendo una gestione dei piani di lavoro in tempo reale, il contenimento del rischio clinico e un’attinenza precisa al percorso di cura.
Come vede il futuro della sanità digitale in Italia e quale ruolo intende giocare Gvm in questo scenario?
Il vero punto di forza della sanità digitale è il valore generato dai dati e dal loro corretto bilanciamento con gli indicatori clinici e di performance: da una parte la digital health nella sua componente clinica, diagnostica e di ricerca, dall’altra le tecnologie digitali e l’uso dei dati a supporto delle decisioni. Un patrimonio di grande valore sia per le attività di ricerca scientifica, anche in ottica di medicina predittiva e personalizzata, sia per un’attività di miglioramento continuo della governance di processo. L’innovazione adottata da Gvm Care & Research in entrambi i settori è fattore chiave per l’analisi di impatto esg, in base a riduzione dell’impronta ecologica, efficienza energetica, accessibilità e inclusione, educazione alla salute e prevenzione, trasparenza e sicurezza dei dati, responsabilità e approccio etico, realizzando gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite. Siamo impegnati nel costante miglioramento del rating esg grazie a progetti di facility, asset, energy, waste e hr management. F
Silvia Cesarini
Maria Cecilia Sansavini
di Matteo Borgogno
Non solo innovazione
Oltre a sviluppare prodotti, Allergan Aesthetics ha presentato un testo corale sull’etica della medicina estetica e ha creato a Roma un centro d’eccellenza per formare gli specialisti
LL’industria globale della medicina estetica cresce a ritmi vertiginosi, con 23 milioni di filler dermici e 14,6 milioni di interventi su pazienti previsti entro il 2025. Allergan Aesthetics, dal 2019 parte di AbbVie, una delle maggiori società biofarmaceutiche al mondo, sviluppa, produce e commercializza un portfolio di marchi e prodotti nel campo della medicina estetica, tra i quali iniettabili per il viso e per la cura della pelle. Ma fa anche molto altro, trainando l’evoluzione del settore della medicina estetica: con più di cinquemila dipendenti che operano in 80 paesi, Allergan Aesthetics si dedica alla ricerca e sviluppo di soluzioni innovative.
Con questo spirito, un anno fa è stato inaugurato a Roma il Center of Excellence, uno spazio per la formazione avanzata dei medici estetici. Creato da Allergan Aesthetics con l’ausilio di un comitato scientifico multidisciplinare di 40 esperti di fama nazionale e internazionale – chirurghi plastici e maxillofacciali, dermatologi e medici estetici –, il Center of Excellence serve a formare i professionisti sanitari nell’ottica di
Jelena Petrovic
supportare i pazienti con standard elevati di qualità e sicurezza. A un anno dall’apertura, i numeri del Center of Excellence testimoniano il suo successo: più di 120 corsi erogati e oltre 500 medici formati, alcuni dei quali hanno svolto anche nove corsi.
“Quello del centro è un percorso di formazione realizzato dai medici per i medici”, spiega Jelena Petrovic, general manager e amministratore delegato di Allergan Aesthetics Italia. Il programma di formazione si basa su quattro curricula complementari che accompagnano lo specialista “dalle conoscenze metodologiche di base alle competenze più avanzate”, spiega Petrovic, “e i risultati raggiunti a un anno dall’apertura dimostrano il bisogno di formazione che abbiamo contribuito a colmare”.
Il centro, oggi hub di riferimento per l’Europa e il Canada, offre lezioni frontali, sessioni didattiche, workshop interattivi e live injection eseguite sia dai relatori che dai partecipanti ai corsi, totalmente gratuiti. Negli ultimi mesi, il centro ha ospitato eventi come il Faculty Upskilling Summit per Europa e Canada, svoltosi a maggio a Roma con oltre 150 docenti Ami provenienti da 42 paesi. Allergan Aesthetics è stata anche partner del Congresso Sime, con una serie di eventi ‘meet the expert’ che si sono svolti in presenza al centro. Senza dimenticare la live injection trasmessa in diretta dall’ultimo Imcas, il congresso internazionale di Parigi, che ha visto un’ingente partecipazione di medici.
Non solo medicina estetica, quindi, ma anche formazione ed etica. A febbraio Allergan Aesthetics ha presentato Moving the Needle on Ethics, un testo corale che raccoglie le considerazioni dei maggiori esperti sul tema dell’etica applicata alla medicina estetica. Un’altra testimonianza della volontà di guidare il settore non solo nel campo dell’innovazione, ma anche nell’evoluzione etica e sostenibile. F
HEALTHCARE
di Alessandro Fazio*
Senza più barriere
La telemedicina sta rivoluzionando l’accesso alle cure. Oggi si possono consultare i medici a distanza, ricevere diagnosi e monitorare le proprie condizioni di salute direttamente da casa
In un periodo che gli esperti definiscono come il più critico nella storia del servizio sanitario nazionale, con risorse economiche insufficienti, liste d’attesa insostenibili, oltre 4,5 milioni di italiani che rinunciano alle cure e una recente riforma che non guarda al futuro, l’innovazione digitale rappresenta l’opportunità più grande per il futuro della sanità.
Nell’era digitale di oggi, la tecnologia sta rivoluzionando ogni aspetto della nostra vita, compreso il settore della salute. Le nuove tecnologie, l’analisi dei dati e la telemedicina stanno diventando sempre più importanti nel plasmare il futuro del nostro servizio sanitario. La telemedicina sta rivoluzionando l’accesso alle cure, eliminando le barriere geografiche e riducendo i tempi di attesa. Grazie a innovative piattaforme, i pazienti possono consultare i medici a distanza, ricevere diagnosi e monitorare le proprie condizioni di salute direttamente da casa, eliminando attese inutili.
I dati sanitari non derivano più solo dalle cartelle cliniche, ma si integrano con le informazioni raccolte ogni giorno da wearable, smartphone e dispositivi medici innovativi, come cerotti intelligenti per il monitoraggio della glicemia o app in grado di rilevare i principali parametri vitali attraverso un semplice selfie.
I test genetici consentono di predire il rischio di sviluppare determinate malattie e di suggerire terapie o comportamenti salutari per prevenirne l’insorgenza. Questo approccio personalizzato alla medicina sta anche guidando lo sviluppo di farmaci innovati-
vi, progettati per essere più efficaci su singoli individui, pillole ‘intelligenti’, in grado di fornire ai medici informazioni senza precedenti, e cure per la ‘longevità sana’, per vivere meglio e più a lungo.
Il medico del futuro avrà a disposizione una piattaforma di telemedicina integrata, grazie a cui potrà condurre visite a distanza o a domicilio, monitorare i parametri vitali in tempo reale, ricevere segnalazioni automatiche di dati anomali per anticipare le emergenze e utilizzare algoritmi predittivi per sviluppare un approccio di cura personalizzato. Dopo la visita, la ricetta elettronica verrà trasmessa automaticamente alla farmacia di fiducia del paziente, per il ritiro o la consegna a casa. In farmacia si potranno effettuare test diagnostici e analisi del sangue, esaminati dal medico in telemedicina in poche ore.
Il diffondersi di tutti questi dati, che richiederanno i massimi livelli di privacy e sicurezza, contribuirà a creare il più grande archivio informativo sulla salute della popolazione. Questo patrimonio permetterà una personalizzazione e un’efficacia sempre maggiore delle cure e della prevenzione. Siamo all’alba di una nuova era della medicina, dove la tecnologia permetterà di personalizzare le cure per ogni individuo, creando un servizio sanitario più accessibile, efficiente e sostenibile. F
*AmministratoredelegatodiDr.Feel
di Danilo D’Aleo
Verso nuove cure
Nata per offrire una soluzione veloce, la Clinica O3 è una delle pochissime strutture italiane in cui si pratica l’ozonoterapia Rx guidata. Un trattamento che “permette di risolvere il quadro clinico in sole quattro sedute”, spiega il direttore sanitario Alessio Zambello
FFare la differenza nella vita dei proprio pazienti. È con questa idea che Alessio Zambello, che vanta un’esperienza ventennale nella cura delle patologie ortopediche con l’ozonoterapia, ha dato vita a Clinica 03, un centro specializzato in ozonoterapia Rx guidata dove è possibile curare ernie e protrusioni discali con sole quattro infiltrazioni.
“Sono stato uno dei primi medici a utilizzarla in Italia, perché è un trattamento in cui credo da sempre per diversi motivi: per gli ottimi risultati ottenuti, gli studi specializzati e le pubblicazioni mediche sull’argomento”, spiega Zambello, che si avvale anche del contributo professionale di Marino Corio. Nel suo centro ha intrapreso una nuova sfida: trattare tutte le patologie ortopediche esclusivamente con il metodo Rx guidato.
“Con le tecniche di ozonoterapia classiche, occorrono almeno dieci sedute per la risoluzione del quadro clinico, mentre con la tecnica Rx guidata ne bastano solo quattro. Questo perché tutte le infiltrazioni vengono effettuate sotto la guida di un amplificatore di brillanza che ci permette di somministrare la miscela di ossigeno e ozono con precisione millimetrica. Minore è la distanza che intercorre tra il disco vertebrale lesionato e la sede dell’iniezione, maggiori sono l’efficacia e la velocità di guarigione”.
Non sorprende quindi se, a poco più di due anni dall’apertura, Clinica 03 ha già effettuato oltre settemila infiltrazioni e se per far fronte alla crescente domanda si è ampliata con una seconda sala radiologica, anch’essa dotata di amplificatori di brillanza che permettono di somministrare ‘l’ozono al punto giusto’, come dice il claim. “Sono molto fiero dei risultati, segno che l’ozonoterapia sta ottenendo il giusto riscontro nel trattamen-
Alessio Zambello
to di ernie e protrusioni discali, ma anche che l’impegno per offrire un servizio di qualità ai pazienti viene riconosciuto”, aggiunge Zambello, che si sofferma anche su un altro punto: l’attenzione continua alle persone. Clinica O3 segue i pazienti anche dopo le infiltrazioni per agevolare la ripresa delle attività quotidiane al termine del trattamento. Da qui, per esempio, la volontà di garantire una seduta di fisioterapia di circa 15 minuti subito dopo quella di ozonoterapia, per permettere al paziente di uscire dalla struttura più rilassato e di riprendere subito i propri impegni. Negli anni le tecniche di somministrazione si sono perfezionate, permettendo la riduzione delle sedute necessarie a curare ernie e protrusioni da 10-12 a quattro, registrando peraltro anche risultati migliori. Sono tanti gli aspetti da tenere in considerazione, secondo Zambello. Uno di que-
Negli anni le tecniche si sono perfezionate, permettendo di ridurre le sedute necessarie a curare ernie e protrusioni da 10-12 a quattro, migliorando anche i risultati
sti riguarda la strumentistica. Grazie a macchinari all’avanguardia, come tac o amplificatori di brillanza, si può essere precisi e veloci al punto da ridurre le tempistiche di trattamento. Tema che porta con sé un problema fondamentale: i costi. “Anche se la tecnica Rx guidata è quella che garantisce la guarigione più rapida, tuttavia è ancora poco diffusa in Italia. Il motivo? I macchinari necessari per effettuarla richiedono investimenti economici ingenti, che non tutti possono sostenere”. Zambello ha cercato di trasformare questo aspetto in un vantaggio. “La consapevolezza della validità della cura e la poca diffusione di centri in cui veniva effettuata mi hanno spinto ad aprire la Clinica O3. Ho deciso di collocare la mia clinica in un posto facilmente raggiungibile da tutta Italia: l’hinterland milanese”. Oltre a sorgere a pochissimi chilometri dall’aeroporto di Malpensa, la clinica si trova accanto a una struttura alberghiera di prim’ordine, dove i pazienti che arrivano da fuori zona possono soggiornare in caso di necessità.
“Mi auguro che in futuro l’ozonoterapia Rx guidata si diffonda di più in Italia”, aggiunge Alessio Zambello, che intanto, oltre ad aver scritto, in collaborazione con grandi specialisti di ozonoterapia italiani, il Manuale di Ozonoterapia, continua a investire nella formazione e nell’organizzazione di corsi di perfezionamento, con l’uso di modelli anatomici tridimensionali, destinati a operatori sanitari. F
Silvia Cesarini
di Andrea Celesti
Cambiare pelle
Leo Pharma vuole migliorare la vita delle persone con malattie dermatologiche. Tra il 2020 e il 2023 ha investito in Italia 2,5 milioni di euro per portare nuove proposte sul mercato. “Queste patologie hanno anche un impatto psicologico”, sottolinea Paolo Pozzolini, general manager per il nostro Paese
SSecondo l’Organizzazione mondiale della sanità, le malattie della pelle sono tra le più diffuse e figurano tra le dieci principali cause di disabilità a livello globale. La lotta a queste patologie è costosa e urgente. Tra le società più attive in questo campo c’è Leo Pharma, azienda farmaceutica indipendente fondata nel 1908 con sede a Ballerup, in Danimarca. L’anno scorso più di 95 milioni di persone nel mondo hanno usato trattamenti Leo Pharma per patologie come psoriasi, dermatite atopica ed eczema: condizioni che causano gravi problemi fisici e disagio sociale. “Leo Pharma è specializzata nella dermatologia medica”, dice Paolo Pozzolini, general manager di Leo Pharma Italia. “Nel nostro core business non c‘è la dermatologia cosmetica, ma malattie serie che sono una delle sfide più importanti per la nostra società. Oggi alcune patologie non hanno soluzioni terapeutiche sufficienti. Questo ha un impatto non solo sulla pelle, ma anche a livello psicologico, con forti limitazioni nel quotidiano”. Il gruppo dichiara di volere migliorare la qualità della vita delle persone con malattie della pelle,
seguendo una strategia radicata in valori come l’integrità, l’attenzione al cliente, la passione e l’innovazione. Gli investimenti in ricerca a livello globale permettono di scoprire e sviluppare trattamenti per patologie con un elevato bisogno medico insoddisfatto. Si calcola che, nel periodo 2020-2023, il gruppo abbia investito in Italia 2,5 milioni di euro in ricerca e sviluppo, studi clinici Leo Sponsored e sostegno di studi non interventistici. “A livello globale investiamo in ricerca per portare proposte innovative sul mercato, ma anche per acquisire molecole per soddisfare un bisogno che non è stato ancora soddisfatto in maniera compiuta”, continua Pozzolini. “Vogliamo affrontare in maniera seria le patologie rare. La nostra attività si concentra su malattie con numerosi casi, ma anche su quelle più rare, con meno pazienti, ma bisogni elevati”. In questa direzione, il gruppo ha acquisito di recente la molecola Tmb-001 di Timber Pharmaceuticals, che mostra un potenziale promettente nell’aiutare i pazienti affetti da una rara malattia debilitante, l’ittiosi congenita, per la quale al momento non sono disponibili opzioni terapeutiche approvate.
L’innovazione si accompagna alla tutela dell’ambiente. A livello globale, grazie all’energia rinnovabile, il gruppo ha ridotto le emissioni dirette e indirette di CO2 del 39,2% e punta a ridurle del 50% entro il 2030. Non solo: di recente ha rinnovato lo stabilimento di Segrate (Milano), introducendo macchinari all’avanguardia per migliorare i risultati in termini di produttività e di sostenibilità, con la riduzione del consumo di acqua del 50%. “Un obiettivo chiave del nostro impegno per la sostenibilità nel 2023 è stato preparare la rendicontazione ai sensi della prossima direttiva Ue sul reporting di sostenibilità aziendale (csrd)”, dice Pozzolini. Innovazione, sostenibilità, ma anche parità di genere. ‘Curiosity Beyond’ è il manifesto scelto da Leo Pharma per la diversità e
Paolo Pozzolini
Le persone che nel 2023 hanno usato trattamenti Leo Pharma per malattie della pelle
l’inclusione, lanciato internamente per incoraggiare i dipendenti ad abbracciare le differenze e valorizzarle. “A livello globale abbiamo raggiunto una rappresentanza femminile del 50% a livello di quadri e del 41% a livello senior. Nel nostro management team abbiamo tre donne e tre uomini. Nella nostra affiliata, il 58% dei dipendenti è donna. La strada è quella giusta per raggiungere l’obiettivo fissato per il 2025: una rappresentanza femminile manageriale almeno del 45%. Inoltre, nel gruppo c’è una cultura dell’inclusione molto forte. La diversità culturale è una ricchezza fondamentale, perché permette di guardare un tema da diverse angolazioni”.
I paesi da cui provengono le persone che lavorano in Leo Pharma
A livello globale, le persone di Leo Pharma provengono da 76 paesi. Una ricchezza culturale che favorisce una connessione con i bisogni dei pazienti, a prescindere dal luogo di nascita, e una risposta a ogni esigenza non soddisfatta. Senza trascurare i giovani, al centro di un progetto formativo che punta a valorizzarne le competenze, integrandole con quelle dei dipendenti più esperti, per un arricchimento reciproco. “Puntiamo molto sui giovani: si parte con un primo stage, con cui la persona viene inclusa nell’operatività. C’è un progetto formativo su ognuno e i più interessati alla fine rimangono in azienda. La cosa più bella è mettere insieme giovani con determinate competenze e over 50: i profili culturali si integrano e si arricchiscono a vicenda”. F
Silvia Cesarini
Business col sorriso
Marco Cardinali opera nel campo clinico da oltre 15 anni. È direttore di Santa Apollonia Clinic, realtà marchigiana di Sant’Elpidio a Mare che si occupa di salute orale
"Il lavoro di un odontoiatra di oggi non è lo stesso di 20 anni fa e non sarà lo stesso di domani”. È l’analisi di Marco Cardinali, odontoiatra e direttore sanitario di Santa Apollonia Clinic, realtà marchigiana di Sant’Elpidio a Mare. Cardinali opera nel campo clinico da oltre 15 anni. Dopo la laurea in odontoiatria si è perfezionato con un post-graduate negli Stati Uniti, alla New York University, e ha continuato la sua formazione in Italia e all’estero indirizzando la propria preparazione nel campo dell’implantologia e della chirurgia orale.
Come è cambiato l’approccio alla salute orale negli ultimi anni?
Siamo una realtà sorta da zero grazie all’investimento della mia famiglia e nell’attività quotidiana condivisa con i miei collaboratori abbiamo notato una crescita dell’attenzione sui temi della salute orale. Negli anni c’è stata una crescita di interesse e un aumento della domanda attorno alle riabilitazioni e al miglioramento estetico del sorriso. In questo ci aiuta, inoltre, la digitalizzazione dei processi, non solo clinici, ma anche organizzativi.
A proposito di digitale, che impatto sta avendo nella vostra professione?
È il presente e sarà il futuro. Stiamo investendo molto dal punto di vista sia della formazione che delle tecnologie. Si lavora oramai con un flusso di lavoro completamente digitale: dalla diagnosi e dall'impostazione dei piani di trattamento alla chirurgia, fino alla realizzazione dei manufatti con la stampa 3d. L’ultima novità introdotta in clinica è il navigatore chirurgico, uno strumento che permette di inserire un impianto dentale con massima precisione e minimo discomfort per il paziente. Consente di lavorare in
sicurezza, sfruttando volumi ossei residui anche minimi, con un margine di errore molto ridotto rispetto a un intervento a mano libera.
Quali trend futuri vede nel campo clinico?
La mia formazione è incentrata sulle riabilitazioni su impianti e da alcuni anni sto approcciando la tecnica degli impianti zigomatici, ovvero impianti che si ancorano a livello degli zigomi in caso di gravi atrofie. Stiamo infatti notando una sempre minore richiesta di dentiere mobili e dobbiamo
essere in grado di fornire una soluzione fissa per ogni caso clinico che si presenti.
Che futuro, invece, per il campo della salute orale in Italia, considerati anche i trend demografici e tecnologici?
È noto l’invecchiamento della popolazione e questo è un impegno professionale a lungo periodo. I pazienti tengono alla loro salute orale e alla loro qualità della vita. Un insegnamento del mio lavoro è che una bocca sana e un sorriso gradevole influenzano anche la sfera psicologica e relazionale di una persona.
Marco Cardinali
HEALTHCARE
di Matteo Borgogno
Le dimensioni contano
Eurosets produce il più piccolo dispositivo salvavita extracorporeo sul mercato. Nata più di 30 anni fa, ha filiali in cinque paesi, 400 dipendenti e un fatturato di circa 65 milioni di euro
EEurosets è un’azienda del settore biomedicale che produce, tra gli altri, Colibrì, il dispositivo per supporto vitale extracorporeo più piccolo sul mercato. Un brand con filiali in cinque paesi e 400 dipendenti. Antonio Petralia, l’amministratore delegato, fa luce sui passi più significativi e le prossime sfide per l’impresa.
Riavvolgendo il nastro, com’è nata Eurosets?
Eurosets da oltre 30 anni sviluppa, produce e commercializza dispositivi innovativi. Nel 2007 siamo entrati nel segmento cardiopolmonare, con il primo dispositivo ossigenante monouso per la circolazione extracorporea nella chirurgia a cuore aperto. Nel 2019 abbiamo lanciato sul mercato EcmoLife, un’apparecchiatura portatile in grado di sostituire le funzioni di cuore e polmone, e dopo nemmeno due anni è stata la volta del Colibrì, il sistema salvavita più leggero al mondo. Oggi Eurosets è presente a livello globale con filiali in cinque paesi, impiega 400 dipendenti e ha chiuso il 2023 con un fatturato di circa 65 milioni di euro.
Che cos’è Colibrì? E perché la sua introduzione è così importante? È il più piccolo dispositivo per supporto vitale extracorporeo disponibile sul mercato. Grazie a una pompa centrifuga a levitazione magnetica, frutto dell’ingegno di tecnici italiani, è in grado di sostituire la funzione di cuore o polmoni nei pazienti con grave insufficienza cardiaca acuta, nei casi di arresto cardiaco senza ripresa spontanea, oppure nelle polmoniti ingravescenti, che non trovano giovamento con i ventilatori polmonari.
Grazie al peso e alle dimensioni ridotte, può essere trasportato e usato in scenari di soccorso estremi: un vero dispositivo salvavita.
Su quali pazienti può essere utilizzato questo dispositivo e con quali vantaggi rispetto al passato?
EcmoLife e Colibrì hanno permesso di salvare numerose vite, talvolta consentendo a pazienti con gravi malformazioni cardiache o infezioni virali come la bronchiolite di rimanere in assistenza per diverse settimane, in attesa di trapianto o di un recupero funzionale. I casi più numerosi riguardano pazienti che arrivano in terapia intensiva con infarti importanti che evolvono in shock cardiaco, in cui il cuore va temporaneamente assistito.
Quali sono i vostri progetti principali per il prossimo futuro?
Investiamo costantemente per sviluppare nuovi dispositivi sempre più performanti, che rispondano meglio alle esigenze dei pazienti. Allo stato attuale abbiamo diversi progetti in fase di sviluppo in ambiti come la terapia intensiva, la rianimazione e il settore dell’emergenza/urgenza. Non solo in ambito ospedaliero, ma anche sul territorio, per rendere agevole lo spostamento degli operatori sanitari, adeguatamente equipaggiati, là dove si trova il paziente o la persona da salvare. F
Antonio Petralia
di Agostino Desideri
Le vie della medicina
Nata nel 2019, eXinvest opera nel mondo della consulenza farmaceutica e nello sviluppo di piani di logistica per ogni tipo di farmaco. Tra i suoi clienti ci sono catene ospedaliere, gruppi d’acquisto, regioni, governatorati e ministeri
OOggi il mercato internazionale della salute offre molte più opportunità rispetto a quello italiano. È così che eXinvest ed eXinvest of Emirates, società con base in Liechtenstein e negli Emirati Arabi Uniti, hanno internazionalizzato l’esperienza e le competenze di Paolo Balossi , fondatore e direttore di eXinvest of Emirates, terza generazione di imprenditori nel medicale e farmaceutico e vincitore dell’Orthopedic Awards 2016. Forbes Italia ha intervistato Balossi, che ha raccontato lo sviluppo di eXinvest e il rapporto tra il mercato farmaceutico e quello della sanità, dando una sua visione del mercato mondiale nei prossimi anni.
Come è nato il progetto eXinvest e qual è l’idea di business che ha portato alla sua fondazione?
eXinvest è nato nel 2019, dopo i primi successi nell’export conseguiti dalle nostre aziende italiane, forti di una storia di oltre 40 anni, che non riuscivano, con il modello storico di impresa impostato da mio padre, a essere competitive sotto il profilo dell’offerta e delle procedure. Dopo un piccolo primo spin-off, relativo ad attività in ortopedia tecnica sul territorio svizzero, in Libia e in Iraq, ho potuto subito realizzare come la redditività e la qualità generale dei business sviluppati all’estero ‘su progetto’ non fossero minimamente comparabili con il livello italiano. A quel punto ho iniziato a lavorare intensamente a un modello di azienda che alzasse il più possibile il livello degli interlocutori.
Come vede oggi il rapporto tra il mercato farmaceutico e della sanità italiano e il resto d’Europa? eXinvest, attraverso le due sedi, opera nel farmaceutico con il riconoscimento di diversi regolatori: Swiss Medic e Dubai Health Authority. Comparare due regolatori di eccellenza e due mercati di due zone del mondo distanti ci ha permesso di acquisire competenze e avere una visione globale del mercato. Il farmaceutico italiano risulta ancora indietro rispetto alla media europea, anche se negli ultimi anni è tornato a crescere. Il tema più sensibile è quello dei farmaci provenienti dai mercati paralleli. Questa è la nostra specializzazione e il nostro punto di forza, sebbene la cultura generale in Italia sia ancora improntata alla diffidenza. In realtà, il farmaco di importazione parallela è un’opportunità di risparmio per il sistema sanitario nazionale, nonché una risposta alle carenze del sistema e al fabbisogno delle persone. Nel 2021 abbiamo fatto un grande lavoro in Italia, fornendo i vaccini antinfluenzali dal parallelo con il 100% di risultato positivo sulle ispezioni Aifa e Nas. Diverso è il livello delle strutture
Paolo Balossi
ospedaliere: eXinvest è attiva anche nell’ingegnerizzazione e nella progettazione ‘chiavi in mano’ di strutture sanitarie o ospedaliere. Ci siamo evoluti e abbiamo intensificato le nostre relazioni con partner mondiali, lavorando al loro fianco su progetti che non avremmo mai immaginato di poter sviluppare. In Italia ci sono molti poli privati e convenzionati col sistema sanitario nazionale che stanno crescendo sia in tecnologia che in capacità di accoglienza. Se guardiamo questo fenomeno sotto il profilo del rapporto popolazione/età media/numero di strutture, valuterei l’Italia come un territorio di sicuro interesse per i nostri investimenti.
Quali sono state le esperienze più significative per lei?
Ho iniziato a lavorare in azienda con mio papà molto presto, appena iniziati gli studi in università. Operiamo in un settore sensibile, in cui le attività da svolgere spesso ti portano a confrontarti con territori politicamente instabili e con realtà che possono essere molto toccanti. Tra le mie esperienze più forti ci sono stati senz’altro i viaggi a Baghdad per un progetto sulla fornitura di protesi ortopediche su misura al ministero della Difesa e alle assicurazioni sanitarie. Lo sviluppo di quel progetto mi ha portato diverse volte in Iraq e in seguito abbiamo ospitato una delegazione del ministero e alcuni tecnici in Svizzera, dove abbiamo mostrato loro eccellenze con cui collaboriamo, quali lo Zach Institue di Nottwil. È stata indimenticabile anche l’esperienza in Libia nel 2019, in piena guerra civile. Sono arrivato per valutare dei lavori una settimana prima che la delegazione dell’allora ministro Di Maio arrivasse in visita diplomatica. A Bengasi erano ancora in emergenza militare, anche se gli avamposti dell’Isis erano stati spinti dietro il confine. Dovevo stare pochi giorni per motivi di sicurezza e alla fine sono rientrato con un volo speciale su Tunisi la mattina di Natale, dopo 14 giorni di lavoro. L’episodio più toccante è stato la visita al Children’s Hospital di Bengasi, gestito dalle suore crocerossine e da un padre cattolico che vivevano
rifugiati nell’ospedale per paura di rappresaglie da parte degli estremisti. Oggi consegniamo ancora periodicamente farmaci rari in Libia. Il Libano, che trattiamo come cliente privato attraverso le maggiori società appaltatrici, è invece una terra dal potenziale infinito e ricca di gioventù e nuove imprese. Anche se la guerra civile, fino al 1990, ne ha cambiato la realtà e i trend finanziari, rimane una nazione ricca di opportunità e affascinante. Lì sviluppiamo e consegniamo cliniche mobili e ospedali da campo.
Con che filosofia aziendale operate e qual è la sua visione del mercato mondiale per il futuro? eXinvest lavora solo per progetti: i nostri clienti principali sono catene ospedaliere, gruppi d’acquisto, regioni, governatorati, ministeri o enti pubblici in generale. La licenza svizzera e il posizionamento in Liechtenstein sono un risultato di grande valore e il fatto stesso di essere stati accettati dal Principato dimostra le nostre capacità imprenditoriali e programmatiche. Possiamo operare anche nella consulenza farmaceutica e nello sviluppo di piani di logistica per ogni tipo di farmaco e api. Il modello di eXinvest è invece basato sul ruolo fondamentale che i sistemi sanitari mondiali svolgono nell’essere sempre più vicini alla salute della popolazione, anche mentre si allunga la vita media. Pertanto, sia le strutture che la tecnologia e i farmaci devono essere oggetto di investimenti continui. In questo mercato intendiamo posizionarci come partner dei nostri clienti per rapporti di lunga durata e non come un fornitore generico ed estemporaneo. F
GOOD STORIES
PAROLA ALL’ESPERTO
“VISTA LA COMPLESSITÀ E LA MOLTEPLICITÀ DEI CANALI DI COMUNICAZIONE DI OGGI, PER UN’AZIENDA È DIFFICILE SEGUIRE TUTTO INTERNAMENTE”. È LA TESI DI CHIARA FORNARI, PARTNER DI FSB GROUP, UNA SOCIETÀ CHE AGGREGA SEI AGENZIE VERTICALI E COMPLEMENTARI
di Valentina Lonati
Chiara Fornari
NNel successo di un brand o di un’impresa, il ruolo di un’agenzia di comunicazione è molto più decisivo di quanto si pensi. A ricordarlo è Chiara Fornari: classe 1979 e un percorso professionale che spazia dal giornalismo alle pubbliche relazioni, è tra le menti che stanno contribuendo all’evoluzione e all’innovazione del digital marketing italiano nella moda, nel design e nel lifestyle.
Insieme a Gianluca Reina, Filippo Richeri e Andrea Reina è partner di Fsb Group, gruppo indipendente che comprende sei agenzie di comunicazione verticali e complementari. La sua carriera in Fsb Group è iniziata con il ruolo di direttrice creativa ed è proseguita con la guida di due agenzie del gruppo: Ready2Fly e Pilot Room, di cui oggi è ceo. “Ready2Fly si concentra sulla strategia digitale per le aziende, offrendo consulenza in digital marketing, gestione dei canali social e performance marketing”, spiega. “Pilot Room, invece, è l’agenzia fondata da Virginia Galateri Di Genola e diretta da Enrico Fasoli, managing partner & pr director, che combina i servizi di ufficio stampa tradizionale con una strategia integrata e innovativa per offrire servizi di pr e digital pr”.
Fondato nel 2009 a Milano, Fsb Group oggi è un ecosistema che comprende altre quattro realtà: Fasten Seat Belt, agenzia specializzata nell’ideazione e produzione di eventi e sfilate nei settori moda e lusso; The Airline, agenzia high end di eventi e comunicazione per i mercati design, beauty, beverage ed entertainment; Take Off, full service creative pro-
duction company; Red-Eye, magazine digitale che esplora l’intelligenza artificiale e le nuove estetiche digitali. Realtà che lavorano in sinergia. “Non ci limitiamo a realizzare progetti singoli, ma ci proponiamo come partner strategico che affianca le aziende in un percorso di crescita a lungo termine”, prosegue Fornari. “L’offerta di servizi è ampia e comprende la definizione della strategia di comunicazione, pr, influencer marketing, creazione di contenuti e gestione dei social media, performance marketing e produzione di eventi. Tutte attività che richiedono competenze altamente qualificate. Per questo
“Abbiamo sviluppato progetti per supportare l’occupazione giovanile e per promuovere l’inserimento lavorativo delle donne che hanno subito violenze”
Per
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sono convinta che sia fondamentale, per un’azienda, affidarsi a un’agenzia. Vista la complessità e la molteplicità dei canali di comunicazione di oggi, è molto difficile che un’azienda sia così strutturata da riuscire a seguire tutto internamente”.
Il panorama della comunicazione è complesso. Dall’avvento dei social network a oggi, con le nuove sfide dell’intelligenza artificiale, è in profonda trasformazione e richiede capacità di lettura del presente. “Grazie a Red-Eye, il nostro magazine digitale diretto da Gloria Maria Cappelletti, abbiamo iniziato fin dalla prima ora a cogliere, nei nostri progetti, tutte le nuove opportunità offerte dall’intelligenza artificiale. Gli strumenti innovativi rappresentano una grande opportunità per il nostro settore, ma è fondamentale integrarli in modo intelligente in tutti i processi. Inoltre, stiamo esplorando l’uso di realtà virtuale, realtà aumentata e mixed reality per creare esperienze più immersive e coinvolgenti per i clienti. Bisogna restare sempre aggiornati e investire nell’innovazione”.
Uno sguardo positivo e rivolto al futuro che si esprime anche nell’ambito sociale e nella promozione di politiche per le pari opportunità all’interno del gruppo. “Fsb Group ha iniziato il percorso per ottenere la certificazione Uni pdr 125:22 sulla parità di genere e ha istituito workshop di approfondimento dedicati al linguaggio inclusivo, alla diversità e al contrasto alle molestie e alle microaggressioni, grazie anche al supporto dell’avvocato Cathy La Torre e del suo studio Legali Associate Wildside. Con il 65% dei dipendenti donne, dimostriamo il nostro impegno concreto per la valorizzazione dell’imprenditoria femminile e per la creazione di un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso”.
n GOOD STORIES n
Fornari è anche membro dell’advisory board Assolombarda per il Sociale, che dal 2018 porta avanti progetti di responsabilità sociale a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione. “In questi anni abbiamo sviluppato vari progetti per supportare l’occupazione giovanile e per promuovere l’inserimento nel mondo lavorativo delle donne che hanno subito violenze. L’unione e la condivisione sono fondamentali per affrontare le sfide insieme, mettendo in comune risorse, idee e supporto. Questo spirito non solo arricchisce
chi vi partecipa, ma ha un impatto positivo su tutti, portando innovazione e progresso in ogni ambito”. Proprio in base a questa convinzione è nato ad aprile Palomar, un network internazionale di agenzie pr indipendenti - tra cui Pilot Room, Alpha-Kilo the Floor X e So Pr - con sedi in città strategiche, come Milano, Londra, Parigi, Madrid, Amsterdam, Dubai, New York, Los Angeles, Mumbai e Shanghai. “La creazione di Palomar risponde a due esigenze fondamentali: rendere l’approccio alle pr più collaborativo, integrando competenze,
contatti e sensibilità diverse, e semplificare la gestione per i brand, che devono coordinare un numero crescente di attori nei vari mercati, assicurando una direzione unificata e coesa. In un contesto comunicativo sempre più complesso, Palomar si propone come punto di riferimento per strategie di comunicazione e pr integrate e internazionali, rispettando le culturali locali. Guardiamo al futuro con ambizione, delineando un sentiero che coniuga innovazione e integrazione con un’espansione strategica verso nuovi mercati”. F
Gli uffici di Fsb Group
n
GOOD STORIES
n di Danilo D’Aleo
Sempre più forte
Secondo il dentsu Global ad spend Forecasts, la SpeSa pubblicitaria mondiale raggiungerà 754,4 miliardi nel 2024. il taSSo di creScita del 5% è Superiore a quello dell’economia del pianeta. a trainare gli inveStimenti anche le tante elezioni, gli europei di calcio e le olimpiadi di parigi
LLa spesa pubblicitaria cresce più dell’economia. Può sembrare una provocazione, eppure è uno dei risultati dell’ultimo dentsu Global Ad Spend Forecasts, l’aggiornamento di metà anno che esamina i principali cambiamenti nella spesa pubblicitaria per area geografica e per canale media in 56 mercati. Basti pensare che, come spiega Mariano Di Benedetto, ceo Italia di dentsu, per l’anno la previsione di spesa in tutto il mondo è di 754,4 miliardi di dollari, in aumento del 5% a livello mondiale, oltrepassando dell’1,8% anche il tasso di crescita dell’economia globale. “La previsione che la crescita della spesa pubblicitaria eguaglierà o supererà la progressione del Pil riguarda tutti i 12 maggiori mercati pubblicitari, Italia inclusa”, dice Di Benedetto. Le Americhe saranno la regione in più rapida crescita, con il 5,9%, stesso dato degli Stati Uniti. L’Asia pacifica è prevista in crescita del 4,2%, con la Cina, il più grande mercato pubblicitario della regione, che dovrebbe aumentare del 4,8% e l’India che rimane il mercato più dinamico, con il 6,8%. Per la regione Emea è prevista una crescita del 4%, con previsioni riviste al rialzo per i mercati principali: Regno Unito (+6%), Germania (+3,4%), Francia (+4%) e Italia (+4,4%).
Quali saranno i settori più in crescita?
I due settori previsti in crescita più forte nei 12 principali mercati sono viaggi e trasporti (+8,1%) e media e intrattenimento (+6,5%). Il turismo continua a beneficiare della ripresa post pandemia, mentre media e intrattenimento riflettono la proliferazione di contenuti e la crescita costante dei servizi di streaming.
Quali sono i fattori che hanno spinto di più il giro d'affari del settore?
Il 2024 è iniziato con un ritmo più rapido del previsto e, secondo le nostre previsioni, la spesa manterrà lo slancio anche nella seconda metà dell’anno, grazie anche a eventi sportivi che catalizzeranno l’attenzione mondiale: gli Europei e le Olimpiadi di Parigi. Si prevede che le elezioni presidenziali americane di novembre, inoltre, rappresenteranno circa un terzo - 11 miliardi di dollari - della spesa pubblicitaria incrementale nel 2024. Alle elezioni europee che erano già previste, poi, si sono aggiunte votazioni nazionali impreviste, nel Regno Unito e in Francia.
E il digitale che impatto ha avuto, anche pensando ad alcuni scandali che lo hanno riguardato?
È il canale in più rapida crescita (+7,4%), perché raggiunge 449,3 miliardi di dollari e il 59,6% della spesa pubblicitaria globale. Tra gli ambiti in maggiore crescita troviamo retail media (+32%), paid social (+13,7%) e programmatic (+10,9%). Per il mercato italiano, in particolare, il ‘pandoro gate’ che ha coinvolto Chiara Ferragni ha ac-
celerato la discussione sulla necessità di una regolamentazione. Già a gennaio 2024 Agcom ha approvato le linee guida per l’attività degli influencer. Un contesto che ha accresciuto l’importanza e l’autorevolezza delle agenzie media e creative nell’intermediazione tra brand e influencer.
E i media tradizionali, invece?
Anche se si prevede che la quota di spesa si contrarrà leggermente, al 22,5%, la televisione aumenterà del 2,6% e attirerà 170 miliardi di dollari di investimenti nel 2024. La crescita è trainata dalla spesa in connected tv (+24,2%), mentre le piattaforme di streaming aumentano l'offerta pubblicitaria, e questa è ormai sufficiente a contrastare il calo della spesa sulla tradizionale tv broadcast (-0,4% annuo). La spesa sulla stampa è prevista ancora in contrazione (-2,6%), ma gli altri canali media dovrebbero tutti aumentare, con l’out of home in crescita del 4,2%, l’audio dello 0,4% e il cinema del 4,8%.
Concentrandoci sull'Italia, quali sono i numeri e i fattori più importanti da segnalare?
Le nostre stime più recenti ci dicono che la crescita nel 2024 sarà superiore al 5%. Confermiamo la rilevanza della tv (+5,9%,), grazie agli eventi sportivi e all’incremento a doppia cifra previsto per la televisione digitale (+26% per la connected tv, che arriva a rappresentare il 12% del totale). Il social (+5%) cresce sopra la media del digitale (+4,4%) e si rivela un settore particolarmente reattivo.
n GOOD STORIES n
I settori previsti in più forte crescita nei 12 principali mercati sono viaggi e trasporti (+8,1%) e media e intrattenimento (+6,5%)
Guardando alla brand recommendation, quali sono le evidenze più importanti?
L’esplosione del video, con i modelli degli ott e opzioni adv su Netflix, Prime Video e Disney+, porterà alla crescita della piattaforma, da cui lo storytelling dei brand potrà e dovrà sempre più passare. Questa narrativa pubblicitaria, sempre più articolata, fluida e multipiattaforma, è il segreto del successo della costruzione di brand contemporanea. Non è però da sottovalutare l’esposizione senza schermo, con un ruolo chiave nei momenti interstiziali e di pendolarismo. Una grande opportunità per le aziende per ampliare la narrativa del marchio e sfruttare la funzione di un’efficace brand recall. È una caratteristica fondamentale del mondo dell'audio, sempre più digitale e diversificato in termini di piattaforme editoriali, contenuti e modalità di fruizione.
Ci sono quindi due ambienti?
Sì, entrambi digitali, che permettono di veicolare messaggi personalizzati per audience, area geografica o vicinanza territoriale a un determinato negozio fisico. La costruzione del brand diventa sempre più personale e quindi focalizzata sulla conversione, nel rispetto dei bisogni e delle esigenze dei singoli individui. F
Mariano Di Benedetto
n GOOD STORIES n di Matteo Borgogno
Missione Parigi
Per la nona volta dal 2000, Technogym sarà fornitore ufficiale delle olimPiadi. una collaborazione che si è trasformata in un’occasione di comunicazione, utile a sensibilizzare le Persone sull’imPortanza dell’attività fisica Per il benessere e la salute
TTechnogym sarà il fornitore ufficiale dei Giochi olimpici e paralimpici di Parigi 2024. Questa collaborazione ha comportato un lavoro stretto e continuo con il Comitato olimpico internazionale (Cio) per la progettazione degli spazi dedicati all'allenamento degli atleti, sia prima dell'inizio delle competizioni che durante lo svolgimento. Nella capitale francese, Technogym ha allestito 29 centri di preparazione atletica, destinati a essere utilizzati sia prima che durante i Giochi. Il centro di allenamento principale, che sarà completamente attrezzato per rispondere alle esigenze di tutte le discipline sportive, sarà situato nel villaggio olimpico e paralimpico di Saint Denis. Saranno presenti altri hub specificamente progettati per diverse discipline sportive, situati presso le sedi di gara e nei villaggi olimpici di Lille, Marsiglia e Tahiti.
In totale, saranno messe a disposizione degli atleti circa 1.200 attrezzature, destinate ai 14.900 atleti olimpici e paralimpici che arriveranno a Parigi da oltre 200 paesi per competere in 32 discipline olimpiche e 22 paralimpiche. Inoltre, Technogym fornirà un team di preparatori atletici professionisti per supportare gli atleti, insieme a tutti i servizi correlati agli impianti, che includono configurazione, installazione e assistenza tecnica.
29
I centri di preparazione atletica che Technogym ha allestito a Parigi
Le attrezzature che saranno messe a disposizione degli atleti 1.200
Gli atleti che arriveranno nella capitale francese in occasione dei Giochi 14.900
Gli atleti avranno la possibilità di allenarsi con una gamma di prodotti ampia e diversificata, capace di coprire tutte le aree della preparazione, dal cardio alla forza, fino all'allenamento funzionale. Tutte le attrezzature smart di Technogym sono integrate nel Technogym Ecosystem, consentendo agli atleti di accedere ai loro programmi di allenamento personali, sia attraverso le attrezzature stesse che utilizzando la Technogym App sui loro smartphone.
"Siamo estremamente orgogliosi di essere il fornitore ufficiale delle Olimpiadi", ha detto Nerio Alessandri, presidente e fondatore di Technogym. "Lavoriamo ogni giorno per sviluppare i prodotti e le tecnologie digitali più innovativi, per supportare gli atleti nel migliorare le loro prestazioni e raggiungere i loro obiettivi. La partnership con i Giochi olimpici ha un significato profondo per noi, non solo per il prezioso feedback che riceviamo dagli atleti, ma anche perché i Giochi rappresentano una piattaforma unica per condividere il nostro impegno nella diffusione della cultura del benessere, dello sport e della salute con il mondo intero”.
Da Sydney 2000, Technogym è stata scelta come fornitore ufficiale per nove edizioni delle Olimpiadi, tra estive e invernali. Questo rapporto si basa su valori comuni e condivisi. Le Olimpiadi, infatti, non sono solo il più grande evento sportivo mondiale, ma anche una celebrazione dello sport che promuove la cultura del benessere mentale e fisico su scala globale.
Technogym ha fornito, nelle ultime otto edizioni, le attrezzature e le tecnologie più all'avanguardia per i centri di allenamento degli atleti. Questo coinvolgimento storico e diretto con gli atleti professionisti, unito al contatto con una vasta gamma di discipline sportive, ha permesso all’azienda di progettare tecnologie e prodotti sempre più innovativi, grazie ai feedback raccolti dagli atleti stessi. L’impegno di Technogym per i Giochi va oltre la fornitura di attrezzature. La collaborazione si è trasformata in una piattaforma di comunicazione, attraverso cui promuovere e diffondere la missione principale dell’azienda: sensibilizzare la popolazione globale sull'importanza dell'attività fisica per il benessere e la salute.
"Lavoriamo ogni giorno per sviluppare prodotti innovativi, supportando gli atleti nel migliorare le loro prestazioni e nel raggiungere i loro obiettivi"
Attraverso questa collaborazione, Technogym non solo supporta gli atleti di alto livello nel raggiungimento delle loro migliori prestazioni, ma si impegna anche a trasmettere l'importanza di uno stile di vita attivo e sano a milioni di persone.
Questa missione si riflette nella qualità e nell’innovazione dei prodotti, che non sono solo strumenti di allenamento, ma veri e propri partner nella ricerca del benessere.
In sintesi, la partecipazione di Technogym ai Giochi olimpici e paralimpici di Parigi rappresenta non solo un punto di arrivo, ma anche un momento di incontro con atleti e preparatori, per permettere loro di utilizzare le macchine più innovative al mondo. Un capitolo in cui l'azienda continua a spingersi oltre i propri limiti, sviluppando soluzioni sempre più avanzate per soddisfare le esigenze degli atleti e della comunità globale del fitness. F
Nerio Alessandri
n GOOD STORIES n di Matteo Borgogno
L’era dell’extra-lusso
Màxelway InternatIonal Group è una società dell’immobiliare che unisce l’italia e l’arabia saudita. “la nuova frontiera è rappresentata dall’esclusività”, dice il ceo, FIlIppo Mascellaro
UUn dna italiano, uno sguardo globale con un’importante esperienza nella penisola arabica. Màxelway International Group fa da battistrada nel settore del real estate di lusso. Il suo ceo, Filippo Mascellaro, ci ha parlato dell’avvento dell’extra-luxury.
Come è iniziata la storia di Màxelway?
La fusione del family office BinKandil e del fondo americano Way Investment Partners ci ha permesso di diventare uno dei principali advisor nel settore dell'immobiliare del lusso e dell'hospitality. Il nostro fondatore, il filantropo saudita Sheik Ahmed Bin Kandil Jadi, ha sostenuto la crescita del gruppo, insieme al sottoscritto.
Quali sono i numeri del gruppo oggi?
Abbiamo 11 uffici di rappresentanza nel mondo, che ci consentono una presenza capillare a livello internazionale, e il nostro portfolio immobiliare supera i 13 miliardi di euro, con oltre 3.500 asset, a testimonianza della solidità del gruppo. La nostra mission è offrire soluzioni di consulenza immobiliare a fondi di investimento, catene di alberghi, family office, sviluppatori aziendali, tour operator e investitori privati.
Che tipo di lusso vogliono oggi i vostri clienti? È cambiato qualcosa rispetto al passato?
Il concetto di lusso, termine esteso a categorie spesso inadeguate, ha subito una profonda trasformazione. Oggi i buyer internazionali cercano prodotti che trascendano il concept del lusso tradizionale, definendo nuovi standard, come in un videogioco, in cui la ricerca del livello successivo diventa una sfida. Il mercato ha vissuto un'espansione senza precedenti e la nuova frontiera del lusso è rappresentata dell'esclusività: si va verso l'extra-luxury.
Cosa cercano in Italia i vostri clienti della penisola arabica?
La mia esperienza maturata in Arabia Saudita mi ha consentito di acquisire una profonda comprensione
delle esigenze degli investitori. Sono convinto che in Italia ci sia un enorme potenziale per attrarre importanti società di sviluppo immobiliare saudite, ma per raggiungere questo obiettivo è fondamentale sviluppare progetti che rispondano alle loro esigenze, come la personalizzazione con l'integrazione di brand di lusso e moda di fama mondiale.
Su quali progetti si sta concentrando Màxelway?
C’è la Màxelway Jet, che offre esclusivi voli privati, stiamo lanciando un nuovo progetto nel mondo dell’arte e ci stiamo concentrando sulle aperture delle nostre Màxelwey Agency Boutique in franchising. Inoltre, abbiamo presentato Luliex, una piattaforma immobiliare riservata ad agenzie altamente qualificate in cui avranno l’opportunità di vendere immobili di pregio a una clientela selezionata di end-user, investitori internazionali e fondi d'investimento.
Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
Continuare ad accompagnare i nostri buyer in ogni fase del processo: dalla valutazione dell'asset alla fase di vendita, offrendo supporto costante e garantendo gli interessi degli stakeholder. Sviluppiamo, inoltre, strategie di investimento su misura, aprendo le porte di asset esclusivi, spesso off market, caratterizzati da un elevato valore storico, artistico e architettonico, che rappresentano la parte più bella d’Italia. F
Filippo Mascellaro
n GOOD STORIES
Di padre in figlia
Nel 2000 RiNo leoNi foNdava Eurotrol, uNa piccola Realtà familiaRe di compoNeNti peR impiaNti idRici. oggi, sotto la guida di patRizia, secoNda geNeRazioNe, l’azieNda seRve clieNti iN 70 paesi
QQuanto pesa l’acqua nella nostra vita?
La missione di Eurotrol è orientare i partner nella scelta di componenti e sistemi per il suo trattamento. Azienda italiana di seconda generazione, dal 2000 fornisce componenti per la realizzazione di impianti e sistemi completi per il trattamento delle acque primarie. La sua ceo, Patrizia Leoni, ha raccontato a Forbes Italia la sua esperienza.
Come è iniziata la storia di Eurotrol?
La nostra storia è iniziata quando mio padre, Rino Leoni, fondò l’azienda per vendere componenti per il trattamento dell’acqua. All’epoca eravamo una piccola realtà familiare che distribuiva valvole per addolcimento e filtrazione. Ora siamo un’azienda b2b, uno dei maggiori distributori internazionali di materiali e soluzioni per il trattamento delle acque primarie delle migliori marche, tra cui il nostro brand Mwg. Serviamo clienti in 70 paesi.
Come siete arrivati a questo punto?
La professionalità, la determinazione e la passione di tutte le persone che lavorano nella nostra azienda sono state fondamentali. In 25 anni abbiamo sempre cercato di crescere ed evolverci, senza però venire meno agli ideali e ai valori che ci contraddistinguono.
Qual è il vostro valore aggiunto, secondo lei?
I clienti ci scelgono inizialmente per la
qualità e la grande varietà di prodotti sempre in stock, ma è la customer experience su misura a conquistarli e a farli tornare. Mettiamo a disposizione servizi personalizzati, in particolare la consulenza tecnica dei nostri ingegneri, il customer care dedicato e un sistema di logistica integrata.
La sua è una leadership femminile in un’azienda molto attenta alla parità di genere.
Assolutamente femminile, e tra l’altro mia figlia ha deciso di entrare in azienda. Il nostro settore è connotato da una forte presenza maschile, ma non l’ho mai considerato un limite. Credo che l’approccio femminile nel business e nella vita abbia un grande valore aggiunto e che le donne riescano benissimo a fare impresa e a ricoprire ruoli strategici. In azienda cerco di riconoscere e premiare l’impegno e il valore delle persone, avendo concretamente cura della parità di gene-
re e dell’equilibrio lavoro-vita privata e offrendo opportunità di sviluppo e di crescita.
Che cos'è la sostenibilità per Eurotrol? È il cuore del nostro piano di sviluppo per il futuro. Intendiamo la sostenibilità non solo come modello di gestione aziendale, ma anche come piano di valore condiviso con tutti i portatori di interesse. Quest’anno abbiamo deciso di redigere il nostro primo bilancio di sostenibilità volontario, per capire quali saranno i prossimi passi da muovere, in tempi e modi stabiliti. Sono obiettivi precisi, a livello ambientale, sociale e di governance.
Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
Innovazione continua, crescita a livello internazionale, valorizzazione delle persone e sostenibilità ambientale saranno i nostri quattro pilastri: le fondamenta su cui vogliamo continuare a sviluppare un business di valore nel tempo. F
n di Matteo Borgogno
La sede di Eurotrol a Castano Primo (Mi)
n GOOD STORIES n
di Danilo D’Aleo
Prima della rivoluzione
NoNostaNte uN riNvio al 2025, GooGle resta iNteNzioNata a elimiNare i cookie di terze parti da chrome. “Questa svolta è uN’opportuNità per Gli iNserzioNisti di iNNovare e coNsiderare altri tipi di seGNali”, dice IlarIa ZamporI, vp italy & spaiN di Quantcast
CContinua a tenere banco la questione dell’eliminazione dei cookie di terze parti, uno dei cambiamenti più radicali mai affrontati dal settore della pubblicità online. Nonostante il recente annuncio di Google, che rimanda tutto al 2025, l'azienda rimane intenzionata a completare la trasformazione. Per gli inserzionisti, quindi, una cosa resta chiara: il momento di adattarsi a una realtà senza cookie è adesso. Ma facciamo un passo indietro. Perché la decisione di Google ha causato così tante apprensioni? Il motivo è che i cookie sono stati a lungo il collante tra tutti gli attori dell’ecosistema. La loro rimozione, quindi, costringe tutta l’industria a mettere in discussione pratiche consolidate e a cercare nuove soluzioni che meglio bilancino l'efficacia della pubblicità e la privacy dei consumatori. “L’ennesimo ritardo di Chrome non sorprende, ma soprattutto non deve frenare gli inserzionisti. Indipendentemente dalle azioni di Google, i marketer devono già ora concentrarsi sulla ricerca di soluzioni senza cookie che possano favorire le prestazioni e la crescita del business”, dichiara Ilaria Zampori, vp Italy & Spain di Quantcast. “Perché procrastinare? Gli advertiser più all’a-
vanguardia hanno da tempo iniziato a testare alternative alla ricerca di quella più adatta, e Quantcast ha già gestito oltre seimila campagne cookieless per aiutare i propri clienti a raggiungere l’audience ideale nell’open internet”. Tra la scelta di Safari e Firefox, già da anni privi di cookie, e le abitudini degli utenti di usare ad-blocker o consumare contenuti fuori dai browser, infatti, già oggi il 57% di internet è cookieless. Non
I cookie sono stati a lungo il collante tra gli attori dell'ecosistema.
La loro rimozione
costringe l'industria a rimettere in discussione pratiche consolidate
raggiungere questi spazi significa, dunque, non solo perdere potenziali clienti, ma, soprattutto, entrate. “La transizione è inevitabile: innovazione e adattamento sono indispensabili per restare competitivi”, aggiunge Zampori.
La principale sfida, in questa fase di transizione, sarà trovare rimedio alla lacuna che l’addio ai cookie creerà nell’ecosistema pubblicitario, il cosiddetto ‘addressability gap’. “Fin dalla formazione dell’economia dell’open internet,
i cookie hanno ricoperto un ruolo chiave per il targeting dell’audience. Senza poter tracciare gli utenti sui siti, c’è il rischio che gli inserzionisti reindirizzino i budget verso i walledgarden dei giganti tech, esacerbando ulteriormente il loro dominio e limitando la diversità e l’innovazione nel panorama digitale”, commenta Zampori. Trovare soluzioni alternative, quindi, è essenziale per la performance delle proprie campagne, per la tutela della privacy degli utenti e per l’integrità e l’inclusività dell’open web. Eppure, nonostante nello studio globale di Quantcast Advertising State of Play Report2023 il 44% dei marketer abbia dichiarato che la preparazione all’era post cookie è una priorità, secondo un rapporto di eMarketer e 33across la maggior parte dei settori continua a usare programmatic cookie di terza parte. Come approcciarsi, dunque, ad altre soluzioni? Le opzioni non mancano. “L’eliminazione dei cookie è anche e soprattutto un’opportunità per gli inserzionisti di innovare e considerare altri tipi di segnali. Analisi contextual, soluzioni Id, coorti, dati di prima parte: oggi hanno a disposizione una moltitudine di segnali in tempo reale e la tecnologia necessaria sia per combinarli che per ottenere modelli dell’audience online”, osserva la manager. “Soprattutto, però, devono valutare con attenzione se una singola soluzione sia sufficiente per colmare l’addressability gap”.
n GOOD STORIES n
Quantcast ha guidato le evoluzioni del settore fin dai suoi primi passi verso l’era cookieless, incoraggiando brand, agenzie, editori e marketer a restare focalizzati sulla ricerca di una risposta efficace. “Il metodo di Quantcast si basa sulla convinzione che non esista un’alternativa univoca e universalmente valida ai cookie di terza parte”, spiega Zampori. “Negli anni le opzioni si sono moltiplicate, ma l’approccio più completo è quello che combina una varietà di segnali con IA e machine learning, per raggiungere una maggiore precisione e non rischiare di avere performance inferiori o di essere vittima dei cambiamenti normativi”. Nella dsp proprietaria dell’azienda, Quantcast Advertising Platform, questo approccio si concretizza in una soluzione cookieless che permette di attivare, trovare e misurare l’audience in un’unica piattaforma, per una visione olistica dei consumatori, grazie alla combinazione di molteplici segnali. La dsp è alimentata da una tecnologia di IA e machine learning brevettata, in grado di elaborare da una parte dati di prima parte, consenso e analisi contextual propri di Quantcast, dall’altra la moltitudine di input provenienti da internet, quali dati tecnici, identificatori o coorti, per permettere la misurazione e l’attivazione delle audience senza i cookie di terze parti.
Con il lancio, a maggio, di una piattaforma innovativa, questi strumenti e insight sono ora accessibili anche a inserzionisti e agenzie indipendenti di ogni dimensione. Zampori la presenta così: “Il nostro nuovo prodotto permette a realtà di qualsiasi dimensione di mantenere competitività ed efficacia nelle proprie iniziative di marketing. Grazie a insight AI-driven, a un’interfaccia semplice e intuitiva e a strumenti di misurazione e targeting innovativi, oggi possiamo aiutare una clientela sempre più ampia a raggiungere con facilità l’audience nell’open internet”. F
Ilaria Zampori
n
GOOD
STORIES n di Lavinia Desi
Disordine creativo
Kaos è nata nell’armadio di marco calzolari quando aveva sette anni. oggi distribuisce cinque marchi di collezioni donna. è in più di 800 punti vendita multibrand in italia e all’estero e in sei punti vendita monomarca a bari, bologna, como, Ferrara, reggio calabria e ostuni
LLa Silicon Valley è nata in un garage. Molte delle grandi aziende tech hanno mosso i primi passi tra pneumatici e attrezzi da lavoro. In Italia è diverso. Qui le aziende nascono a tavola o nelle vecchie cantine. C’è un’azienda bolognese che è nata in un posto ancora più insolito. Si chiama Kaos ed è nata in un armadio.
“Kaos è nata nell'armadio di mio padre, Marco Calzolari, quando aveva sette anni”, ha raccontato Francesca Calzolari, head of digital marketing & communication di Kaos. È stata costituita ufficialmente il 7 marzo 1987, in una piccola cantina nel Centergross, il più grande polo europeo dedicato all’abbigliamento. Oggi commercializza e distribuisce cinque marchi di collezioni donna, è in più di 800 punti vendita multibrand in Italia e all’estero e in sei punti vendita monomarca a Bari, Bologna, Como, Ferrara, Reggio Calabria e Ostuni (Brindisi).
“Negli anni Cinquanta e Sessanta non esistevano aziende commerciali come quelle attuali e nemmeno negozi: esistevano produttori e mercerie. Mio nonno Nino Calzolari e mio zio Omobono Calzolari hanno iniziato a fare impresa con un business di maglieria da uomo. Andavano dai produttori, acquistavano la merce e la stivavano nell’armadio di mio padre per poi rivendere alle mercerie. Non potevano
ancora permettersi uno spazio tutto loro e per questo iniziarono proprio dall’armadio di mio padre”.
Negli anni ’80 è nato un polo dedicato all’abbigliamento prontista, il Centergross di Bologna. Marco Calzolari e suo fratello Omobono hanno intravisto un’opportunità e hanno deciso di coglierla, prendendo in affitto un piccolo spazio nel seminterrato. “Quando pioveva, bisognava spostare tutto e sigillarlo al meglio, per cercare di non rovinare i capi con l'acqua piovana”. Il business della famiglia Calzolari è nato con la maglieria italiana da uomo: il primo nome del brand è stato Kaos uomo. “Era un piccolo brand di pronto moda, che si differenzia dal fast fashion perché i produttori sono
Francesca Calzolari
a livello territoriale. L’attività funzionava molto bene, così mio papà ha deciso di creare una linea di maglieria anche per donna”. Realizzare più prodotti significa anche aver bisogno di uno spazio più grande: così Marco Calzolari ha preso in affitto un posto più adatto alla produzione. “Il business è cresciuto fino ad arrivare a una collezione donna total look: non solo maglie, ma camicie, pantaloni, bluse, top, t-shirt, abiti, tailleur", racconta Francesca.
Nei primi anni Duemila Kaos ha iniziato a creare anche collezioni di semiprogrammato e, dopo pochi anni, di programmato. “È stata una vera rivoluzione. Per programmato intendiamo collezioni che vengono studiate e presentate alla rete di vendita un anno prima. A maggio 2024 abbiamo iniziato a studiare e progettare le collezioni autunno-inverno 2025. Con questo nuovo step stavamo trasformando il nostro business in un progetto che voleva esprimere la cultura contemporanea e trovare espressione nelle persone”.
Nel frattempo, Marco Calzolari, che oggi è art director di Kaos, stava già dando spazio in azienda ai figli, facendoli partire dal gradino più basso, per favorire l’apprendimento di ogni tassello della catena lavorativa.
Il maggiore, Davide, ha iniziato come magazziniere. Oggi è socio e si occupa di logistica in Kaos e Kingkong, brand indirizzato a un pubblico giovane nato nel 1991. Poi è toccato a Francesca: “Avevo 18 anni e andavo a fare i sacchi il lunedì e il martedì. Sono par-
tita dalle basi: contare, creare distinte degli ordini dei clienti. Un lavoro di manovalanza che ringrazio di aver fatto. Anche io e i miei fratelli, come mio padre, possiamo dire di essere nati tra i capi di abbigliamento”. Nel 2019, dopo la triennale in economia aziendale e la magistrale in International management alla Ca’ Foscari di Venezia, il giorno dopo l’ultimo esame, Francesca ha iniziato a lavorare a tempo pieno. Oggi è responsabile marketing, comunicazione e e-commerce di tutto il gruppo.
La più piccola, Maria Martina Calzolari, dopo aver frequentato il corso di laurea da fashion designer dell’Istituto Marangoni di Milano, ha iniziato dalle basi dell’ufficio stile. “A sei anni andava a comprare le perline nelle mercerie e a 14 sapeva già cosa avrebbe studiato e quale ruolo avrebbe ricoperto in azienda", continua Francesca. "Nonostante questo, a 18 anche lei ha iniziato facendo i sacchi e le distinte i lunedì e i martedì estivi. Nel 2019, dopo la laurea, è entrata in azienda e ha cominciato come apprendista negli uffici stile, dove ha visto, seguito e appreso lo sviluppo della progettazio-
ne, della realizzazione del capo e dello sdifettamento”. Oggi è responsabile prodotto e art director di Kingkong. Le collezioni di Kaos sono dedicate alle donne. Il target è ampio: da quelle che ricercano qualità, stile e design moderno a quelle più sportive. La novità di quest’estate riguarda
il lancio della nuova Kaos Car Bag. “È una borsa dal design accattivante, realizzata in vera pelle 100% italiana. L’abbiamo pensata come il completamento perfetto di ogni outfit. La Car Bag sarà disponibile online a partire dal 15 luglio 2024 e ha una forma trapezoidale, con due cerchi in pelle agli angoli della base, ispirati alla forma di una macchina”, ha spiegato Calzolari. “I materiali pregiati sono sinonimo di qualità e durata, la chiusura con clip la rende sicura e pratica per un uso quotidiano. Sarà disponibile nelle tonalità gesso, tortora, bordeaux e nero”.
I capi vengono studiati negli uffici stile. Qui avviene la parte di progettazione e sdifettamento dei prototipi. La produzione è affidata all'esterno. Kaos produce per l’85% in Italia, Kingkong per il 98%. Oggi l'azienda è presente anche in Spagna, Portogallo, Benelux, Germania, Austria, Russia, Grecia e Stati Uniti. “E vogliamo svilupparci ancora di più all’estero. Crediamo molto nel nostro prodotto”. Dal 2025, infatti, Kaos sarà anche in Polonia e nei paesi baltici. “L’obiettivo ora è arrivare in Asia”. F
Maria Martina Calzolari
n GOOD STORIES n
Passaggio di testimone
Una bozza di riforma sUll’imposta di sUccessione e donazioni in materia di trUst obbliga a riflettere sUl trasferimento del patrimonio tra le generazioni. ne parla diana palomba di ingad trUst
CCon la bozza di riforma dell’imposta di successioni e donazioni in materia di trust, si completa un iter normativo che contribuisce a fare chiarezza sul momento impositivo dei trust e fornisce spunti di riflessione in tema di pianificazione successoria. Approfondiamo l’argomento con l’avvocato Diana Palomba di Ingad Trust, un trustee professionale specializzato in tutela patrimoniale e passaggio generazionale.
“Come noto, nell’annoso dibattito in materia di momento impositivo (tassazione in entrata con il conferimento in trust dei beni o in uscita e l’attribuzione ai beneficiari, ndr), l’Agenzia delle entrate aveva finalmente chiarito il principio della tassazione in uscita con la circolare 34/E del 2022, uniformandosi a un orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione”, spiega Palomba. “La riforma in oggetto dà invece la possibilità al contribuente di scegliere la tassazione in entrata al momento del conferimento. Questo può rappresentare un’opportunità in materia di pianificazione fiscale: con la tassazione in entrata, si potrà avere l’applicazione delle attuali aliquote fiscali di imposta, ancora molto convenienti, sui valori attuali, evitando così incrementi derivanti da possibili aumenti futuri”.
Considerando il trust come strumento di gestione del passaggio generazionale, sono diversi i vantaggi. “Pensiamo alla possibilità di ottenere l’esenzio-
ne totale dall’imposta di successione e donazione, nel caso in cui vi sia la prosecuzione dell’attività di impresa”, dice Palomba. “Da sottolineare, poi, una transizione graduale e organizzata nella proprietà e nella gestione dell’azienda, pianificando il cambio di redini con il trustee, che agisce nell’interesse dei beneficiari designati e consente al beneficiario più adatto di assumere la guida. Vediamo imprenditori che conferiscono la società di famiglia in trust stabilendo le regole per il trasferimento a uno o più dei beneficiari. In aggiunta, laddove i
beneficiari non fossero ancora in grado di gestire l’azienda e non vi fosse più il disponente, il trustee potrebbe gestire i beni secondo le indicazioni del disponente, fino al momento in cui non ci sia un beneficiario in grado di prendere il controllo”. In sostanza, la bozza di riforma in oggetto rende ancora più interessante lo strumento del trust, confermandone la grande versatilità, nonché la possibilità di utilizzo in una molteplicità di situazioni per ottenere, tra l’altro, protezione e segregazione patrimoniale. F
di Daniele Tortoriello
Diana Palomba
n GOOD STORIES n di Ettore Mieli
Clonazione digitale
IntellIgenza artIfIcIale generatIva e dna vIrtuale sono le InnovazIonI che hanno spInto clubdeal
dIgItal a puntare su KPI6, scaleup che vuole rIvoluzIonare Il mondo del marketIng
NNell’era dell’intelligenza artificiale, il settore del digital consumer intelligence si espande rapidamente. Secondo i dati, il mercato delle piattaforme di intelligenza digitale, le digital Intelligence platforms (Dip), è cresciuto a un tasso annuale composto (Cagr) dell'11,2% dal 2021 al 2031. E secondo le previsioni di Business Research Insights, raggiungerà un valore di 18,66 miliardi di dollari entro il 2031.
La rapida espansione è alimentata dalla necessità per le aziende di comprendere meglio i comportamenti e le preferenze dei consumatori. In un contesto dove i
dati personali sono sempre più protetti da normative stringenti come il Gdpr in Europa e il Ccpa in California, le imprese devono adottare nuove tecnologie e metodologie per raccogliere e analizzare i dati dei consumatori in modo conforme e sicuro. Questo ha portato allo sviluppo e all'adozione di tecniche avanzate come l'intelligenza artificiale (IA) generativa, in grado di elaborare grandi volumi di dati non strutturati per estrarre informazioni utili senza fare affidamento sui cookie tradizionali. L'IA generativa gioca un ruolo cruciale per le aziende in questo momento storico dove non è più possibile utilizzare i cookie di terze parti.
In questo scenario la piattaforma KPI6, guidata dal ceo Alberto Nasciuti, offre una soluzione proprietaria all’avanguardia: Odience, suite di prodotti digital
consumer intelligence, in grado di generare modelli predittivi e informazioni approfondite sui consumatori. Questo aiuta le aziende a personalizzare le loro strategie di marketing e a migliorare l'engagement del cliente. L’utilizzo dei modelli di linguaggio di grandi dimensioni (Large language models, LLM), avanzati algoritmi di intelligenza artificiale capaci di comprendere e generare testo in modo estremamente sofisticato, rappresentano un punto di svolta per la ricerca di mercato e per la personalizzazione di strategie di marketing. L'impiego di Llm permette una comprensione più profonda delle conversazioni e delle interazioni dei consumatori, identificando le sfumature del linguaggio umano, le emozioni e le intenzioni con una precisione che prima era inimmaginabile. Nello specifico, l'unicità di Odience risiede nella clonazione digitale del pubblico. L’intelligenza artificiale proprietaria analizza i dati degli utenti ed estrae un ‘dna virtuale’ specifico per ogni consumatore, successivamente lo utilizza per generare i cosiddetti gemelli digitali, o digital twins, repliche virtuali che corrispondono fedelmente al pubblico di un brand. Il brand in questo modo può interrogare il pubblico clonato per prendere decisioni di marketing accurate e personalizzate nel rispetto della privacy degli utenti. KPI6 con il suo nuovo prodotto Odience rappresenta una soluzione tecnologica avanzata per il futuro del marketing digitale. L'adozione della tecnologia con intelligenza artificiale generativa rivoluziona le strategie di marketing dei brand perché offre insight dettagliati e personalizzati, rispettando la privacy degli utenti. F
Alberto Nasciuti
n GOOD STORIES n di Agostino Desideri
Giocare su due fronti
Noti Nel moNdo. poi ha puNtato sull’edilizia coN ze.ca, che ha superato i 10 milioNi di euro di fatturato
UUn imprenditore deve avere determinazione, passione, coraggio e una volontà inesauribile di mettersi in gioco. È il caso di Francesco Zeni, che ha ottenuto il successo nella moda e nell’edilizia. Trasferitosi da Verona a Milano per l’università, Zeni ha collaborato con importanti marchi di moda prima di fondare, nel 2015, Rewop. Nata come piccolo brand di occhiali, oggi la società, tramite Rwp Hub, è una realtà consolidata nella produzione di montature ed è partner di alcuni dei marchi italiani più noti a livello mondiale, come Golden Goose, Eleventy, Kits e il gruppo Calzedonia, oltre a collaborare con artisti come Salmo. Poi è arrivato l’ingresso nell’edilizia, con la fondazione, nel 2021, di Ze.Ca, società di forniture edili e somministrazione di manodopera, specializzata in serramenti e finiture. In tre anni Zeca è cresciuta di oltre il 300%, con un fatturato che supera i 10 milioni di euro, ed è diventata partner di alcuni dei più importanti costruttori italiani.
Zeni, com’è stato il percorso di crescita di Rewop?
Dopo un inizio spensierato, anche grazie all’entusiasmo della giovane età mia e dei miei soci, abbiamo passato anni difficili. Costanza, dedizione e supporto del nostro partner principale, Azimut, ci hanno portato ad adattare il business alle esigenze di un mercato in continuo mutamento e
ad acquisire uno stabilimento produttivo. Una mossa strategica che ci ha permesso di aumentare la competitività e la capacità di scalare e di avere il controllo in ogni fase della filiera.
Dopo Rewop è arrivata Ze.Ca. Com’è stata questa avventura?
Insieme al mio socio, Carlo Alberto Calvetti, abbiamo individuato un'esigenza ricorrente tra i costruttori, ovvero
quella di un referente unico in grado di supportarli nella fornitura e nell’installazione dei prodotti. Abbiamo quindi strutturato una rete di montatori in tutta Italia e stretto accordi con i migliori produttori europei. Così siamo competitivi su appalti di ogni genere, dai piccoli appartamenti ai grandi cantieri, oggi il nostro core business. L’obiettivo è potenziare il business b2c, ancora fermo a logiche di mercato superate. Gra-
zie alla collaborazione con Qfort, che si occupa di serramenti, puntiamo a una forte crescita in questo ramo.
Quando parla di network, che cosa intende?
Mi sono circondato di persone che lavorano nel mio settore o che condividono con me mentalità, curiosità e voglia di fare. Questo mi ha permesso di costruire relazioni che si intrecciano ogni giorno con il lavoro e le mie passioni, favorendo la nascita di progetti e idee e la condivisione di conoscenze e risorse. È fondamentale circondarsi di persone che ti stimolano a migliorare continuamente. Investire nel capitale sociale è importante quanto investire in quello economico.
Quali sono gli obiettivi futuri delle società?
Per Ze.Ca, l’obiettivo principale è aumentare la presenza b2c e mantenere i rapporti con i grandi costruttori. La partnership con Qfort ci ha permesso di ottenere l’esclusiva sulla Sardegna, dove apriremo due showroom nei prossimi anni. Questo rafforzerà la nostra presenza sul mercato locale e garantirà una continuità operativa. A lungo termine, puntiamo ad acquisire uno stabilimento produttivo in Europa che ci consentirà di migliorare i margini di profitto, ottimizzare il controllo sulla qualità e gestire l’intera catena del valore. Questo tipo di integrazione verticale è cruciale per migliorare l’efficienza operativa e la redditività. Con Rewop, l’obiettivo è digitalizzare e migliorare i meccanismi del vecchio mondo dell’occhialeria, puntando sull’internazionalizzazione del portfolio, su investimenti tecnologici e sull’incremento e l’ottimizzazione del nuovo stabilimento produttivo. F
Nel 2015 Francesco Zeni è eNtrato Nella moda coN rewop, partNer di alcuNi dei marchi italiaNi più
Francesco Zeni
n GOOD STORIES n
Obiettivo parità
Le donne sono ancora penaLizzate in termini di retribuzione e di erogazione di benefit.
DoubleYou supporta Le imprese neLL’abbracciare un weLfare più virtuoso
LLe madri sono poche, e quelle poche sono ancora 'equilibriste' tra vita privata e lavoro. Dopo il primo figlio, ed entro il primo anno di vita, a dimettersi sono principalmente le madri. Lo ha confermato uno studio di Save the Children: nel 2022, il 72,8% del totale delle dimissioni ha riguardato le donne, solo il 27,2% gli uomini. E per quelle che restano al lavoro la disparità non è solo salariale, ma anche di welfare. La maternità costringe a una presenza minore in azienda: molte donne fanno richiesta di un part-time e, a volte, questo incide anche sulle erogazioni di benefit. L’osservatorio welfare di DoubleYou riporta che le donne percepiscono in media un credito on top (in aggiunta alla retribuzione) inferiore del 9% rispetto agli uomini. Molti premi di risultato vengono quantificati in percentuale sulla ral e ridefiniti sulla base di presenze e assenze. Questo penalizza le madri, che spesso hanno una retribuzione inferiore e chiedono permessi per prendersi cura dei figli. Secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), le donne dedicano in media 2,5 volte più tempo degli uomini alla cura della casa e dei figli. Esistono però diverse iniziative che le aziende possono mettere
in campo: dai progetti di work-life balance alla certificazione per la parità di genere. La legge Gribaudo, 5 novembre 2021, ha regolato quest’ultimo aspetto, stabilendo che alle aziende in possesso della certificazione per la parità di genere sia concesso un esonero dal versamento di una percentuale di contributi a carico del datore di lavoro, non superiore all’1% e nel limite di 50mila euro annui per ogni impresa. Ma già dal 2014 si iniziavano a stabilire nuovi standard minimi di reporting in materia ambientale e sociale, prevedendo l’obbligo di presentare una dichiarazione di carattere non finanziario per le im-
prese di interesse pubblico oltre una certa dimensione.
Per questo DoubleYou ha realizzato un percorso di supporto alle imprese per l’ottenimento della certificazione: dall’identificazione degli obiettivi dell’azienda fino alla definizione di una road map per raggiungerli. “Le politiche volte a ridurre il gender pay gap rientrano senza dubbio nel concetto più ampio di welfare, che oggi non rappresenta solo un obiettivo aziendale, ma si configura come uno strumento di crescita all'interno delle organizzazioni, operando a 360 gradi”, ha detto Greta Peota, manager area consulting presso DoubleYou. “Introduce misure che supportano i lavoratori e le lavoratrici nella vita quotidiana, promuovendo un ambiente aziendale più sereno e inclusivo. I piani di flexible benefit sono infatti progettati per rispondere alle diverse esigenze, indipendentemente dal ruolo, dal genere o dallo status familiare, e si basano su criteri di erogazione che mirano a garantire equità e trasparenza. Questo principio è particolarmente significativo e dovrebbe essere preso a esempio, considerando che uno dei temi più rilevanti nell'ambito della diversità, equità e inclusione è il gender pay gap. Ancora oggi, nel mondo del lavoro, la figura femminile è spesso associata a quella di madre, risultando penalizzata in termini di retribuzione e crescita professionale”. F
di Lavinia Desi
Greta Peota
A cura di Piera Anna Franini
SMALL GIANTS
Molto più di UN PACCO
LA PRIMA MACCHINA PER IL CONFEZIONAMENTO VENIVA PRESENTATA A PARIGI NEL 1867. OGGI IL SETTORE È DOMINATO DA ITALIA E GERMANIA. NEL NOSTRO PAESE, DOVE LE TECNICHE DI IMBALLAGGIO SI SONO UNITE AL DESIGN, CI SONO 600 AZIENDE E 137MILA ADDETTI. IN EMILIA-ROMAGNA, IN PARTICOLARE, SI REGISTRA LA PIÙ ALTA CONCENTRAZIONE IN EUROPA. OPERANO QUI COLOSSI COME TETRA PAK, IMA E COESIA, MA ANCHE TANTE PICCOLE E MEDIE IMPRESE, CON APICE A BOLOGNA
Correvano gli anni del positivismo, della fede nelle “magnifiche sorti e progressive”, come le chiamava Leopardi ne Laginestra. Parigi era il faro culturale d’Europa, benché capitale di un impero, il secondo, al tramonto: furono fatali i peccati d’imprudenza di Napoleone III, che, scontrandosi con i prussiani, finì con il deporre armi e corona. Proprio in quegli anni, i visitatori dell’Esposizione Nazionale di Parigi (1867) sostarono meravigliati davanti a un’apparecchiatura che confezionava la cioccolata, allineava, alzava e pesava le tavolette, incartandole in un involucro saldato a cera. Uno sbarco sulla luna al contrario: “Pare umano e, a differenza dell’uomo, non sbaglia mai un colpo”, si legge nelle cronache di quei giorni. È questa la ur-macchina automatica per il confezionamento, madre di tutti i macchinari per imballaggi nati da quel momento in poi. A più di un secolo e mezzo da quel lancio, la metà delle macchine per il confezionamento e l’imballaggio prodotte nel mondo viene realizzata in Italia e in Germania. Non solo. Le circa 600 aziende del nostro Paese e i 137mila addetti che vi operano si concentrano in Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, che, assieme, rappresentano più dell’80% delle imprese. In Emilia-Romagna, poi, si registra la più alta concentrazione europea di realtà del settore, con zenit a Bologna, culla della Packaging Valley, per il 57% dedita alla produzione delle macchine per il confezionamento e l’imballaggio di food & beverage, poi per farmaceutico e biomedicale (16,7%), cosmetico e cura della persona (4,4%) e chimico & casa (3,5%). Per il resto si va dal tabacco al tissue. Con un fatturato 2023 che va oltre i 9 miliardi di euro (preconsuntivi di Mecs-Centro studi dell’Unione costruttori italiani macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio), il settore è tra i comparti industriali più vitali d’Italia.
Certo, per le aziende tedesche l’espressione Packaging Valley va oltre lo slogan. Semmai si traduce in un distretto facente capo a un’associazione che opera per il comparto, conferendogli valore e forza. Soprattutto per gli sbarchi oltre confine, quando l’arrivo di una solida corazzata fa la differenza rispetto al presentarsi alla spicciolata, ovvero all’italiana. La ‘cugina’ nostrana è costituita da diverse realtà che brillano sì, ma in autonomia, sprovviste di una solida regia centrale sul modello tedesco.
Perché l’arte dell’imballaggio fa capo a Bologna?
Per una sviluppata cultura meccanica rodata prima nel mondo del tessile, quindi nel campo agroalimentare. In tutto questo c’entra la mortadella: furono proprio gli intraprendenti salsamenteri a sperimentare nuovi metodi di conservazione, inventandosi scatole di latta dove sistemare fette di mortadella da 250 a 500 grammi. La strategia funzionò al punto da farne presto un prodotto d’esportazione. Anche il tabacco, a un certo punto, sollecitò la creazione di macchinari per imballare le sigarette. La prima azienda di imballaggio è la bolognese Acma, Anonima Costruzioni Macchine Automatiche, lanciata nel 1924 per meccanizzare il confezionamento dell’idrolitina, la sostanza per rendere frizzante l’acqua. L’impresa spiegò le ali nel 1927 con l’arrivo di Bruto Carpigiani, il padre nobile del settore dell’imballaggio. Il suo ufficio tecnico divenne palestra dove si formarono generazioni di tecnici, poi diventati imprenditori. Lui stesso fu un fenomenale progettista, come confermano le invenzioni a getto continuo: dalla ruota a zeta, meccanismo usato per la prima volta nella produzione dell’incartatrice per caramelle, all’autogelatiera a lui intitolata, anche se non ne vide la produzione perché morì quarantenne.
Nel 1923, sempre a Bologna, veniva fondata la Gd, società per la produzione di motociclette rilevata da Enzo Seràgnoli alla fine degli anni Trenta. Prima cellula dell’attuale Coesia Group, Gd conquistava l’attenzione internazionale con il lancio della prima macchina incartatrice nell’immediato secondo dopoguerra. Tutt’uno con il lancio di nuove aziende, entravano in campo nuovi strumenti e metodi di imballaggio: dal cellophane, che faceva il suo ingresso negli anni Trenta, al cartone cerato e impermeabile, pensato per proteggere le K-rations, ovvero il cibo di emergenza per i soldati americani. Chiusi i due conflitti mondiali, sull’onda del piano Marshall e non solo, l’Italia iniziava a produrre e a consumare, archiviando così decenni di austerità e frugalità. Barattoli e plastica si diffondevano mentre l’Emilia raccoglieva la sfida, accogliendo un pulviscolo di aziende di macchine per dosatura, confezionamento e imballaggio. Spesso erano proprio i tecnici uscita dall’Acma a fondarle. Nel frattempo l’arte del design si saldava con le tecniche dell’imballaggio, perché gli imprenditori erano consapevoli che l’involucro custodisce, ma allo stesso tempo comunica. Ora? La sfida sta nell’impiego dell’intelligenza artificiale, che ha già avviato una rivoluzione nel mondo dell’imballaggio. Si va dalla creazione di esperienze di unboxing alla realizzazione di soluzioni sostenibili F
Tra legno e cartone
L’Emilia ospita colossi miliardari come Tetra Pak (11 miliardi di fatturato), Ima, Coesia (2 miliardi), Gd (689 milioni), ma è lunga la lista di pmi. Vediamone alcune.
TE.CO.
Produce cavi elettrici speciali per l’automazione industriale dal 1982, quando venne fondata con altri tre soci da Roberto Roversi, ora presidente. Dal 2021 al timone dell’azienda c’è Giorgia, figlia di Roberto. Nel frattempo il fatturato è passato dai 35 milioni del 2018 agli attuali 60, con un tasso di crescita del 15%. Forte di 15 anni in Yoox Group, Giorgia Roversi ha avviato un processo di managerializzazione e digitalizzazione dell’azienda. Conquiste che in maggio le sono valse il premio di She Sps Italia, la community femminile che racconta storie di successo nel mondo dell’automazione e dell’innovazione per l’industria, nella categoria imprenditoria femminile.
CIMA
Specializzata nella progettazione e costruzione di formacartoni, chiudicartoni e macchine incartonatrici, è stata fondata 40 anni fa. Opera per le maggiori imprese di produzione di beni di largo consumo e alimentari, anche con aziende di produzione di linee automatiche di confezionamento e imballaggio, alle quali vengono forniti know how e componenti necessari per completare i propri progetti.
ZAMBELLI
Dal 1969 progetta e realizza macchine per il confezionamento con soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Cinquant’anni di attività, due generazioni al lavoro, più di 1.500 clienti nel mondo. I macchinari progettati sono fardellatrici, incartonatrici, astucciatrici, fino alle più recenti applicazioni di robotica p&p e pallettizzazione.
SGARZI PACKING
Sgarzi Packing, nell’emiliana Anzola, è un’azienda di riferimento nel settore della logistica integrata e della produzione di imballi industriali. Dal 1976 produce imballaggi e casse per spedizioni. Il cuore è la falegnameria, dove gli involucri prendono forma, sebbene l’azienda fornisca anche cartoni e altri imballi usati in spedizioni che non richiedono il legno. F
Lo stabilimento di Te.Co.
DESIGN
Safilo festeggia i 90 anni dalla fondazione. Lo fa con nuovi marchi di proprietà, con il rinnovo degli accordi di licenza più importanti e con iniziative di trasformazione digitale. Tra i principali progetti recenti c’è il lancio degli occhiali smart Carrera in collaborazione con Amazon
Guardare AVANTI
di Valentina Lonati
Novant’anni di innovazione e di eccellenza: per Safilo, il 2024 segna un traguardo importante. Fondata nel 1934, l’azienda è oggi un player globale dell’occhialeria, che crea, produce e distribuisce occhiali da sole e per l’outdoor, montature da vista, caschi e maschere. Un percorso costruito sull’equilibrio tra tradizione e innovazione, con un obiettivo riassunto nel motto ‘See the world at its best’ (‘vedi il mondo al suo meglio’), perseguito insieme a 3.800 dipendenti in tutto il mondo, con filiali dirette in 40 paesi, una rete di oltre 50 partner in altri 70 paesi e 100mila punti vendita selezionati in tutto il mondo. Questi numeri accompagnano una strategia che abbraccia il consolidamento del portafoglio marchi e la trasformazione digitale, per raggiungere un obiettivo di stabilità nel lungo periodo e di equilibrio tra house brand e licenze, a rilevanza globale e locale.
In questo quadro, i marchi di proprietà hanno un’importanza strategica per Safilo: nel 2023 gli home brand hanno rappresentato il 44% delle vendite, e il desiderio è superare il 50% entro il 2027. Così, dopo
l’acquisizione di Blenders Eyewear e Privé Revaux, Safilo ha firmato a maggio un accordo che trasforma la licenza Eyewear by David Beckham in licenza perpetua. “Questo accordo è una pietra miliare della nostra strategia”, dice Angelo Trocchia, amministratore delegato del gruppo Safilo. “La licenza perpetua assicura a Safilo uno dei marchi eyewear di maggiore successo degli ultimi anni. Dall’inizio della nostra collaborazione, nel 2019, ai nostri clienti e consumatori finali abbiamo sempre proposto collezioni di alta qualità, che hanno permesso all’Eyewear by David Beckham di crescere e diventare un marchio leader nel segmento
premium maschile a livello globale e, grazie al seguito internazionale di David, un punto di forza dell’universo digitale di Safilo. Continueremo a lavorare insieme per massimizzare la notorietà del brand e la sua diffusione a livello mondiale”.
Safilo ha 3.800 dipendenti, filiali dirette in 40 paesi, una rete di oltre 50 partner in altri 70 stati e 100mila punti vendita
selezionati in
tutto il mondo
Accanto all’incremento degli house brand c’è poi l’espansione delle licenze: nel 2023 sono stati siglati due nuovi accordi, con i marchi Etro e Stuart Weitzman, rafforzando la presenza di Safilo nel segmento luxury. Tra il 2023 e i primi mesi del 2024 sono state poi rinnovate le partnership per le principali licenze in portafoglio: Kate Spade New York, Tommy Hilfiger, Juicy Couture, Fossil, Havaianas, Boss, Hugo, Moschino, Levi’s, Missoni e Marc Jacobs. “Abbiamo iniziato il 2024 con novità importanti per il nostro portafoglio in licenza, con il rinnovo anticipato di alcune delle partnership più rilevanti”, prosegue Trocchia.
David Beckham, con cui Safilo ha firmato un accordo di licenza perpetua.
Tra le ultime grandi novità c’è anche il lancio, nel 2023, dei nuovi occhiali smart di Carrera con Alexa di Amazon. Un’innovazione che, per l’azienda, segna un altro passo concreto verso la trasformazione digitale. Gli occhiali dirigono il suono all’orecchio senza coprire i rumori circostanti, minimizzando allo stesso tempo ciò che le persone intorno possono sentire. “Safilo ha sempre guardato al futuro con un approccio pionieristico, ed è per
questo che siamo molto orgogliosi di collaborare con Amazon a questo progetto, offrendo il nostro design italiano e lo stile unico di Carrera Eyewear”, ha commentato Trocchia. “Inoltre, siamo molto orgogliosi di coniugare il nostro consolidato modello di distribuzione tradizionale – che comprende punti vendita di ottica, catene, department store, negozi specializzati e boutique – con l’incredibile distribuzione online di Amazon”.
Safilo si sta dedicando alla trasformazione digitale anche al suo interno: dai processi di produzione alla relazione con i clienti e tutti gli stakeholder, fino al rapporto con i dipendenti. L’introduzione di piattaforme b2b e b2c smart ed efficienti, orientate al cliente e con focus sui canali di vendita digitali, a integra-
zione del modello wholesale, è stata accompagnata da strumenti avanzati di data analysis nello sviluppo delle collezioni, che permettono sia di intercettare in maniera più efficace i trend, sia di ottimizzare i flussi di lavoro. A rendere possibile queste innovazioni sono i digital hub di Padova e Portland, centri ad alta competenza e specializzazione in omni-channel, data analysis, digital strategic communication e consumer facing technologies. Luoghi che sono il cuore della digitalizzazione di Safilo, anche guardando alle persone. “Lavoriamo sulla democratizzazione dell’accesso ai dati e del loro uso”, affermano dall’azienda. “Lo facciamo per continuare a essere efficienti, competitivi e innovativi. Ma crediamo che, per una trasformazione digitale efficace, le persone siano
fondamentali. Per questo abbiamo varato programmi di formazione per i dipendenti, per esempio creando la Salesforce Academy e adottando lo smart working, con un approccio goal-driven basato sulla fiducia che l’azienda e le sue persone ripongono l’una nelle altre. Questa modalità di lavoro, nata per esigenze contingenti durante il periodo Covid, è rimasta e continua a evolversi, partendo dall’ascolto delle esigenze dei collaboratori. Il progetto combina presenza in ufficio e lavoro agile, accompagnato da una free location policy e da un orario flessibile per incentivare autonomia, responsabilizzazione e progettualità. Non solo: l’intento è promuovere il benessere delle persone, consentendo un migliore equilibrio tra lavoro e tempo personale”. F
Angelo Trocchia
SPECIALE YACHT
di Benedetta Iovane
Amare il bello
ITALIAN SEA GROUP, GUIDATO DAL FONDATORE E AD GIOVANNI COSTANTINO, REALIZZA IMBARCAZIONI CHE UNISCONO EFFICIENZA, ESTETICA, TECNOLOGIA E POTENZA. TRA LE TANTE, QUELLA DA 60 METRI IN COSTRUZIONE PER LARRY ELLISON, PATRON MILIARDARIO DI ORACLE, E IL PIÙ LUNGO CATAMARANO IN ALLUMINIO A VELA DEL MONDO
GGiovanni Costantino, al timone di The Italian Sea Group, operatore globale della nautica di lusso, ha sempre avuto un’attenzione particolare per la bellezza e l’eccellenza in ogni dettaglio. Ogni progetto rispecchia questa dedizione. Quando si entra nella sede del luxury brand di Marina di Carrara, si percepisce una sensazione che si può provare solo visitando il cantiere. Prima di tutto, è una questione di arte. Il fondatore e ceo ama l’arte e l’ha resa uno dei valori fondamentali del suo cantiere. Non solo camminando nella sede si possono ammirare opere contemporanee, ma l’architettura degli interni, sia degli uffici che della parte dei servizi per gli operatori della produzione, è piena di bellezza. Con questa filosofia, anche i progetti dell’azienda devono essere capolavori: efficienza, bellezza, tecnologia e potenza sono bilanciate per creare lo yacht perfetto per il suo armatore. Per raggiungere questo obiettivo, Costantino ha investito molto nella creazione di un ambiente di lavoro ideale, ritenendo che questo sia il miglior incentivo per i dipendenti per trasferire il dna dell’azienda agli yacht. In linea con questa visione, prenderà vita una nuova sede commerciale all’interno del quartier generale di Marina di Carrara. L’area includerà una galleria d’arte con un valore espressivo ancora più alto di quello attuale, il museo Perini Navi, il museo dei brand storici dell’azienda e una sala virtuale molto sofisticata per offrire la sensazione più realistica del proprio yacht. Inoltre, vi saranno diverse sale meeting dedicate agli armatori, garantendo la privacy e la riservatezza, spesso richieste dai clienti. La passione per l’arte accomuna Costantino a diversi armatori. Un esempio è il caso del catamarano in alluminio a vela più grande del mondo, il Perini Navi Art Explorer. Con una lunghezza di 47 metri e una larghezza di 17,3, Art Explorer ha anche la funzione di museo itinerante. Il design è ispirato alle esperienze in offshore del designer Axel de Beaufort, che insieme all’amico e architetto navale Guillaume Verdier ha dato vita a una barca che coniuga performance e funzionalità. Con l’Art Explorer, il primo Perini realizzato dal gruppo dopo l’acquisizione, ha preso il via una nuova era per Perini Navi. Al momento è in costruzione un progetto di grande rilevanza: il Ketch da 60 metri commissionato da Larry Ellison, patron miliardario di Oracle. Questa nave sarà consegnata nei primi mesi del prossimo anno. Per celebrare l’eredità
di questo marchio di cultura e storia italiana, il design è stato affidato a nomi illustri: Winch Design per gli interni e Malcolm McKeon per la progettazione e l’architettura navale.
Sulla scia di progetti molto innovativi, che nascono dai sogni di persone che credono con convinzione nelle loro idee, è nato il This Is It, catamarano a motore del brand Tecnomar. L’ispirazione del design è fortemente tecnologica, allontanandosi dalle convenzioni tradizionali dello yachting per avvicinarsi ai principi dell’architettura civile. È una lussuosa villa galleggiante dal design innovativo: linee esterne sinuose, caratterizzate da oltre 600 metri quadrati di vetrate imponenti. Il controllo del peso è stato cruciale nella progettazione, data la grande quantità di vetro utilizzata, per evitare impatti significativi sulla resistenza aerodinamica, l’assetto e la velocità. Gli interni di This Is It sono avveniristici, arricchiti da dettagli ricercati e materiali sofisticati. Con un clic, la nave può essere messa in comunicazione con l’esterno o completamente isolata, azionando tutte le tende, che si alzano o si abbassano sui tre ponti. Forte del successo di que-
interno di Art Explorer.
sto yacht, Tecnomar porta avanti la visione innovativa di This Is It con la presentazione del nuovo progetto, Cat 133 Ft. A differenza del predecessore, i volumi interni sono inferiori ai 500 Gt, consentendo un più semplice utilizzo per l’armatore. Il design è sempre futuristico, con spazi esterni che superano i 300 metri quadrati, le linee esterne mantengono le caratteristiche sportive e le grandi superfici vetrate tipiche del brand. Oltre al Cat 133, il cantiere ha presentato il Tecnomar 155 Ft, che prosegue il successo della linea Evo. Tecnomar ha siglato anche una partnership con il settore automotive, Tecnomar for Lamborghini 63.
Un’altra collaborazione è quella tra il marchio Admiral e Giorgio Armani. Oggi Admiral ha in costruzione un 100 metri e un 78 metri già varato, che presenterà al Monaco Yacht Show 2024.
The Italian Sea Group ha registrato ricavi per 95,6 milioni di euro nei primi tre mesi del 2024, con una crescita del 12,2% rispetto all’anno precedente. Al 31 marzo 2024, il portafoglio ordini complessivo ammontava a 1,344 miliardi di euro. Il 2024 si preannuncia come un anno di grande crescita e innovazione per il gruppo. F
Un
The Italian Sea Group ha registrato ricavi per 95,6 milioni di euro nei primi tre mesi del 2024, con una crescita del 12,2% rispetto all’anno precedente. Al 31 marzo 2024, il portafoglio ordini complessivo ammontava a 1,344 miliardi di euro
This is it, il creativo catamarano di Tecnomar.
di Penelope Vaglini
Sarti del mare
Next Yacht Group, con i marchi Maiora e Ab Yachts, cerca l’eccellenza tramite l’unione di tecnologia, innovazione, estetica e funzionalità. Il suo valore aggiunto è la personalizzazione. Non solo delle finiture, ma anche del layout e dei volumi interni
VVolontà di innovare, rinnovate capacità manageriali e una visione imprenditoriale sostenuta da una nuova solidità finanziaria sono parte della strategia di sviluppo di Next Yacht Group, raccontata dal vice presidente Giorgio Mattei. Elementi che accompagnano le competenze tecniche e il savoir faire che derivano da quasi 50 anni di storia con i marchi Maiora ed Ab Yachts e le loro oltre 600 imbarcazioni consegnate fino a oggi.
Arrivando nella Darsena di Viareggio da via Coppino, la storica ‘strada della nautica’, si vede l’insegna di Next Yacht Group troneggiare sugli edifici dell’ex sede legale di Perini Navi e sullo stabilimento produttivo che un tempo era di Picchiotti. L’acquisizione di questi asset è parte del progetto di valorizzazione di un’area cruciale per la nautica internazionale e darà ancora più lustro a Viareggio nel mercato mondiale. “La motivazione è principalmente logistica”, spiega
Mattei. “Abbiamo un piano di crescita molto ambizioso in termini di volume di produzione. Nel 2022 abbiamo realizzato cinque unità, nel 2023 ne avevamo 14 in produzione e nel 2025 arriveremo a 20. Per poter seguire questo piano di sviluppo abbiamo bisogno di crescere anche con gli spazi, sia a terra che in mare. Con le recenti acquisizioni arriveremo a 21 postazioni per allestimento e refitting tra Viareggio, Massa e Massarosa. In termini occupazionali, il nostro obiettivo è triplicare le persone impiegate entro il 2025, arrivando a un totale di 100 dipendenti diretti e 600 appaltatori”.
Questo percorso si riflette in un’attenzione alla formazione, per valorizzare l’artigianalità e trasmetterne i valori anche alle nuove generazioni. “Oltre a collaborare su vari temi di innovazione e sostenibilità con prestigiose università ed enti di ricerca, tra cui l’Università di Pisa, supportiamo anche la formazione di maestranze, fondamentali perché costruiscono le nostre imbarcazioni. Abbiamo avviato strette collaborazioni con gli istituti nautici del territorio, offrendo stage e borse di studio”.
La ricerca dell’eccellenza rimane il pilastro della visione di Next Yacht Group, grazie all’unione di tecnologia, innovazione, estetica e funzionalità. Con un occhio di riguardo alla personalizzazione, che, aggiunge Mattei, per l’azienda “è sempre stata un must. Offriamo al cliente una reale possibilità di customizzazione, non solo nella definizione delle finiture, ma anche nella progettazione del layout e dei volumi interni. Ovviamente i profili esterni mantengono il nostro family feeling per restare coerenti con la gamma, ma gli interni sono, come si dice in gergo, one of a kind. Per esempio, su un Ab Yachts da 80 piedi (24 metri) siamo riusciti a proporre una cucina sul main deck, dando spazio a quattro cabine per armatore e ospiti sul lower deck: una configurazione che di solito offriamo a partire dai 100 piedi (30 metri)”.
La fusione di tecnologia, innovazione e vivibilità di bordo dà origine a modelli pluripremiati, come Maiora Exuma 35. “Nata come imbarcazione non convenzionale, fonde il primato dell’ingegneria Ab Yachts – marchio leader di mercato per la propulsione a idrogetto, con imbarcazioni capaci di offrire velocità oltre 50 nodi e prestazioni impareggiabili in termini di maneggevolezza, assenza di vibrazioni, minimo pescaggio e sicurezza –con la progettazione di spazi e volumi tipica di Maiora”, aggiunge Mattei. Next Yacht Group investe anche sullo stile, in collaborazione con l’architetto Marco Casamonti, direttore artistico di Archea Associati, che ha firmato la Ab110, capostipite della nuova generazione di imbarcazioni. “Presenteremo la Ab110 in anteprima mondiale al salone di Cannes 2024, in settembre. Segnerà una nuova era per Ab Yachts, con nuove linee, ampi spazi sempre più armonici, dettagli e materiali
Giorgio Mattei
esclusivi, innovativi contenuti tecnici e tecnologici, sempre con l’impareggiabile sportività del marchio”. Non ultimo l’impegno verso la sostenibilità, che si concretizza in un lavoro multidisciplinare che spazia dalla sperimentazione di nuove tecnologie per ridurre la dipendenza da motori e generatori a gasolio all’efficientamento energetico delle imbarcazioni, fino all’uso di materiali sostenibili e riciclabili. “La riduzione del peso, della resistenza alla navigazione e della trasmissione del calore sono tra le nostre principali sfide in termini di efficientamento energetico. Grazie all’impiego di materiali alleggeriti e sofisticate tecniche costruttive, combinati a scafi efficienti e soluzioni innovative, come vetri ultra-alleggeriti ad alto isolamento termico, si può ottenere una notevole riduzione dei consumi energetici per la propulsione e il condizionamento delle imbarcazioni. L’uso di materiali sostenibili e riciclabili, che stiamo sperimentando in alternativa alla vetroresina per realizzare componenti non strutturali, e di innovative antivegetative siliconiche a basso contenuto di biocida è un altro esempio di azione concreta che stiamo adottando nella progettazione delle imbarcazioni per incrementarne la compatibilità ambientale”. F
di Ettore Mieli
Tutto connesso
Garmin vuole rivoluzionare l’esperienza in barca integrando le componenti tecnologiche in un unico ecosistema. In cui basta uno schermo per controllare ogni cosa
NNavigare seguendo una rotta automatica, regolare il volume della musica, gestire l’autopilota e osservare quello che ci circonda con radar ed ecoscandaglio, tutto direttamente dallo schermo del chartplotter. Garmin, forte di 35 anni di esperienza e innovazione tecnologica, trasforma ogni barca in un ecosistema perfettamente connesso, consentendo di navigare avendo tutto a portata di schermo. Programmati e progettati con la massima attenzione ai dettagli, i dispositivi Garmin uniscono affidabilità, precisione e semplicità di utilizzo. Basti pensare che nella sede centrale di Olathe, nel Kansas (Stati Uniti), una divisione denominata Human Factor si dedica allo studio del comportamento dell’utente rispetto a tutti i prodotti che Garmin sviluppa. Questo approccio permette di valutare al meglio l’ergonomia dello strumento, per guadagnare in flessibilità della user experience e garantire un’esperienza intuitiva e senza sforzi. Con chartplotter ad alta velocità e risoluzione 4K, domotica personalizzabile e sensori avanzati che forniscono dati in tempo reale, Garmin garantisce un utilizzo adatto a ogni esigenza, per ottimizzare il tempo passato in barca. Il tutto in perfetta connessione con il resto dell’imbarcazione. È possibile creare rotte automatiche dock-to-dock con la funzione Auto Guidance, leggere le informazioni in tempo reale su display da quattro a 27 pollici, anche in 4k, osservare cosa si
Nella sede centrale di Garmin, nel Kansas, una divisione studia il
nasconde sul fondale grazie a ecoscandagli trasduttori con ricostruzione 3D anche a 300 metri di profondità, leggere i dati del motore, accendere le luci e gestire pompe di sentina, serbatoi e numerose utenze grazie alla domotica di bordo Empirbus. Garmin, fra l’altro, amplia ulteriormente l’esperienza a bordo con impianti stereo e sistemi di intrattenimento di bordo marchiati Fusion e Jl Audio. L’intento è rivoluzionare l’esperienza in barca, integrando tutte le componenti in un ecosistema unico. La tecnologia si sposa con un’interfaccia intuitiva, offrendo un controllo completo e centrato sull’utente. Questo permette di vivere ogni istante in barca al massimo, trasformando i momenti preziosi in ricordi indimenticabili, custoditi dal mare, complice speciale, silenzioso e fedele. F
MAX RANCHI
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Un’estate al massimo
Stile, eleganza, voglia di divertirsi al mare e in piscina con i giochi, le sdraio, i costumi, gli accessori giusti. Dai grandi brand del lusso qualche spunto nel segno della tradizione, per chi non rinuncia al meglio anche in vacanza
C’è sempre il tormentone in arrivo per ogni estate che avanza. Un inno alla gioia che unisce tutto il Paese e fa dimenticare per qualche settimana i ritmi stressanti del lavoro e delle grandi città. E c’è sempre una vetrina che fa da specchio ai gusti degli italiani, maestri di stile e di savoir-vivre. Senza perdersi in scelte originali a tutti i costi, ecco le idee di Forbes a cui ispirarsi per sentirsi leader anche sulla battigia.
Il Loulou Ramatuelle Beach Club si è vestito Gucci: i simboli della maison declinati su lettini, asciugamani e cuscini di un bagno tra i più ambiti sul litorale di Saint Tropez. Ispirata allo spirito estivo della costa italiana, la classica sdraio della linea Gucci Lido è idrorepellente e resistente ai raggi Uv. € 1.350
1. Telo Mare Armani Ampio e avvolgente, un telo mare in morbida spugna di cotone personalizzato, con maxi logo jacquard a contrasto. € 450
2. Cappello Loro Piana L’elegante cappello di paglia Naoki con corona all’uncinetto assicura una protezione leggera dai raggi del sole e uno stile disinvolto. € 990
3. Speaker Louis Vuitton Lv Nanogram rivoluziona il mondo dei dispositivi audio portatili, con un modello compatto dalla forma innovativa che fonde tendenza e tecnologia all’avanguardia, per un sound ineguagliabile. € 1.950
4. EberhardOrologio& Co. Apprezzato per il design essenziale e il movimento a carica manuale, il segnatempo Traversetolo si veste di nuovo: quadrante estivo carta da zucchero e cinturino in pelle vintage per un effetto ton-sur-ton Da € 2.180
5. Borsa Mare Hermès Si chiama Escale à la Plage la borsa super chic in cotone, tessuta e stampata a quadro in Francia, con manici in poliestere e legno di carpino. € 1.850
6. Racchette Lagerfeld Per sfide sul bagnasciuga senza rinunciare allo stile, il set da beach tennis in legno griffato Lagerfeld è un must dell’estate. € 159
7. Tecnomar For Lamborghini 63 L’avanguardia delle luxury speed boat, un motor yacht perfetta unione di performance, tecnologia e alto design italiano. Prezzo su richiesta
1. Jet Ski Valo
Hyperfoil
Sviluppato in California da Boundary Layer Technologies, completamente elettrico, vola letteralmente sull’acqua (fino a 60 cm) grazie ai suoi foil da 50 nodi. Da € 56.000
2. Bocce
Vilebrequin
Il più classico dei giochi da spiaggia rivisitato in colori sgargianti nella pratica sacca contenitore.
3. Ciambella
Petites Pommes
Un evergreen senza tempo per i galleggianti a righe dal look retrò del brand danese, durevoli e resistenti, disponibili in un’ampia gamma di colori e dimensioni. Da € 27
4. Stecchi
Gusto 17
Solo ingredienti freschi e naturali per gli stecchi
Sapore di Mare: frutta di stagione accuratamente selezionata e l’acqua di mare che aggiunge un tocco di sapidità ed esalta i sapori estivi.
5. Scarpe
Timberland
Le più classiche scarpe da barca per lei, con suola in gomma scanalata dalla perfetta aderenza. € 150
6. Costume Gallo
La fantasia a righe multicolor di questi boxer da mare tiene fede alla migliore tradizione Gallo, sinonimo di qualità ed eccellenza italiana dal 1927. € 119
7. Lettini Seletti
Poolbed Roses
Stampe eccentriche, un’estetica accattivante, elementi pop e surreali contraddistinguono la collezione Toiletpaper by Maurizio Cattelan & Pierpaolo Ferrari. € 490
di Penelope Vaglini
Esclusività sul lago
Giancarlo Insinna, con la sua Upper Sky, sta per aprire un ufficio di rappresentanza a Lugano. La nuova sede diventerà un club esclusivo e sarà fondamentale per la vicinanza a Milano, a cui sarà collegata con una staffetta di 20 minuti di volo in elicottero
LLe passeggiate sul lungolago, l’efficienza svizzera e un ampio target potenziale da raggiungere. Sono gli elementi che hanno ispirato Giancarlo Insinna per la creazione di un nuovo ufficio di rappresentanza di Upper Sky a Lugano, in apertura a settembre. La società del gruppo Aliparma, specializzata in noleggio a breve termine di jet, charter ed elicotteri per professionisti, aziende e viaggiatori privati, oltre che nell’organizzazione di viaggi di lusso leisure e business che comprendono l’affitto di auto di alta gamma e imbarcazioni come yacht, superyacht, catamarani e velieri, ha all’attivo un pool di travel designer capaci di personalizzare itinerari e rotte, progettando ogni tappa nel minimo dettaglio. L’arrivo in Svizzera segna un ulteriore passo nel piano di sviluppo aziendale ed è uno snodo molto importante grazie alla vicinanza con Milano, che presto sarà collegata con una staffetta di 20 minuti di volo in elicottero. “Evoluzione del format, la nuova sede diventerà un membership club di lusso, esclusivo e accessibile tramite una fee d’ingresso, che darà accesso ai numerosi servizi personalizzati dell’azienda”, racconta Insinna. “In questo progetto ci affiancheranno numerosi partner, che consentiranno ai membri del club di noleggiare auto e orologi preziosi, prenotare vacanze e viaggi all’insegna del lusso e scegliere gli arredi più pregiati per le proprie residenze in giro per il mondo”. Un modello di business che, sull’impronta dei club privati più esclusivi, consente un’estrema personalizzazione e diventa un punto di riferimento fisico e virtuale per chi cerca esperienze impeccabili. “Un salone esclusivo permetterà ai membri di avere sempre a disposizione auto prestigiose, modelli introvabili e rari orologi da noleggiare e di potersi recare al piano superio-
re per affidarsi ai nostri travel designer, tutto all’interno della stessa sede”.
La Svizzera, per la sua efficienza, è stata una scelta naturale per Insinna, grazie anche allo snodo strategico dello scalo Lugano-Agno. “Avremo una biglietteria e la piattaforma Upper Sky, con cui i membri potranno prenotare voli privati in modo semplice e veloce. Inoltre, un servizio di personal concierge accoglierà gli ospiti, riserverà auto a noleggio con conducente e sarà a disposizione per organizzare esperienze non solo in Svizzera, ma anche in altre sedi di partner del territorio”. La previsione è vedere presto l’aeroporto di Agno di nuovo attivo, specie dopo la notizia, diffusa da Ticinonews, della possibile riapertura delle rotte su Zurigo e Ginevra da parte della compagnia di bandiera svizzera, intenzionata a sostenere il tessuto economico e sociale della regione, in attesa della diffusione di velivoli elettrici. “Usare
le vie aeree ci permetterà di risolvere problemi logistici che troppo spesso limitano l’accesso all’area del Ticino, specialmente per merci e beni che viaggiano su veicoli pesanti”, aggiunge l’imprenditore. “Per questo con Upper Sky ci stiamo attivando per ottimizzare i nostri voli e offrire opzioni di mini-cargo, nel segno della sostenibilità. Gli aerei che durante il giorno trasportano passeggeri alla sera possono trasformarsi in velivoli cargo e, con sistemi rapidi di sgancio dei sedili, trasportare merci su rotte mirate, per poi essere di nuovo convertiti al mattino e riprendere tratte leisure o business. Questo sistema ci permetterà di essere altamente competitivi in termini sia di pricing che di efficientamento delle tratte. La mia idea è coniugare più servizi per le aziende del Ticino che esportano in tutto il mondo e oggi sono costrette a muovere tutto su gomma, allungando i tempi di consegna e aumentando i costi”. Il sistema è stato già collaudato dall’azienda, che, per ridurre il numero di voli e diminuire le emissioni, oggi permette il networking tra i clienti, aggregando imprenditori che condividono tratte durante la settimana. Questo approccio con-
Upper Sky è specializzata nel noleggio a breve termine di jet, charter ed elicotteri per professionisti.
Per leggere altri progetti di sostenibilità visita la sezione Responsibility sul nostro sito Forbes.it
sente di abbattere i costi per i viaggiatori e, allo stesso tempo, di creare connessioni tra aziende di settori diversi.
In ottica di ottimizzazione, poi, Insinna lavora per inserire in Upper Sky l’intelligenza artificiale. “Alla componente umana, sempre fondamentale per accogliere al meglio ogni membro del nostro club, affiancheremo presto questa nuova tecnologia, che porterà benefici sia al cliente, sia ai processi interni. I membri del club avranno sempre a disposizione un assistente virtuale, mentre i travel designer potranno contare su strumenti di nuova generazione in grado di supportarli nei processi di preventivazione, nella creazione di itinerari complessi e nella personalizzazione di ogni tappa e servizio. Si tratta di un passo necessario per mantenerci competitivi, specialmente nel segmento business, che rientra appieno nel progetto di membership club Upper Sky. Le aziende potranno acquistare membership annuali, come benefit per i clienti più importanti, ceo, dirigenti e manager, dimostrando come l’attenzione alla personalizzazione sia il driver vincente per attrarre talenti e mantenerli nei ruoli chiave di leadeship”. F
di Penelope Vaglini
Il giardino del gusto
A pochi anni dal restyling che ha dato un nuovo impulso al Four Seasons di Milano, il chiostro è diventato un’estensione del bar e del ristorante. Lo spazio offre per tutto il giorno i drink di Nikos Tachmazis e la cucina dello chef Fabrizio Borraccino
UUn’ambientazione che fa dimenticare di essere nella trafficata Milano, grazie a quinte naturali disegnate da piante rigogliose. Il giardino del Four Seasons Hotel Milano è un tempio del gusto dove rilassarsi su poltrone e poltroncine a ogni ora del giorno, con un’offerta food e il drink program di Bar Stilla, creato dal bar manager Nikos Tachmazis, oltre alle ricette del ristorante Zelo, a cura dell’executive chef Fabrizio Borraccino. A pochi anni dal restyling che ha dato nuovo impulso all’indirizzo di alta ospitalità del gruppo canadese, il chiostro dello storico edificio nel cuore del quadrilatero è ideale per una pausa in totale relax. Estensione del bar e del ristorante, il giardino è stato progettato dall’architetto paesaggista e agronomo Flavio Pollano, esperto di verde verticale e di botanica, rispettando e valorizzando la vegetazione già presente. Quando arriva la stagione calda, qui la natura esprime tutta la sua bellezza, grazie al progetto che privilegia un concetto di lusso informale rispetto alla geometria, con un layout contemporaneo completato dagli arredi scelti dall’architetto Patricia Urquiola, firma del restyling delle aree comuni del Four Seasons Hotel Milano. Abbandonandosi sulle poltroncine circolari, gli ospiti dell’hotel e gli esterni che decidono di fermarsi tra una sessione di shopping e l’altra possono consultare la drink list di Stilla, dove Tachmazis ha portato l’esperienza maturata nei migliori locali d’Europa. Bar manager al Bar Termini di Londra, presente per tre anni consecutivi nella classifica dei World’s 50 Best Bars, è stato in forza al The Bar With No Name, per poi
inaugurare il Four Seasons Ten Trinity Square di Londra e diventare bar manager dell’Artesian Bar, sempre nella capitale inglese. Esperto di ospitalità, con il suo palato crea miscele dal grande equilibrio che incontrano i gusti contemporanei, dalle proposte low alcol fino ai grandi classici della miscelazione internazionale.
Perfetti per rinfrescarsi anche nelle giornate più afose, il Passion Spritz, il Rosemary, il Rose Highball e il Tap Negroni possono essere ordinati tutto il giorno, insieme alle opzioni analcoliche No Breakfast Fizz e Virgin Fashion Mule. Chi non può rinunciare al gin & tonic trova una selezione di distillati di ginepro e di acque toniche che Tachmazis abbina per esaltarne le note. Come nel caso di Ginarte, brand toscano che si unisce alla tonica Rovere Sanpellegrino, oppure Ginepraio miscelato con Recoaro Acqua Brillante. Per godersi una colazione en plein air c’è invece un’ampia selezione di caffetteria che comprende ricette speciali come il Bicerin, che unisce espresso, cioccolato, crema di nocciole e panna montata, oppure il caffè salentino, con latte di mandorla. Oltre a una selezione di ostriche e al caviale Calvisius, servito con blinis e condimenti tradizionali, le proposte food ideali per l’aperitivo sono le focacce farcite con ingredienti di qualità, come i pomodori San Marzano di Petrilli e mozzarella fiordilatte di Agerola, la versione con zucchine alla scapece, acciughe e stracciatella, oppure il prosciutto crudo al genepy accompagnato da fontina dop e cicoriella. Immancabili i club sandwich e il bao lobster roll, mentre la cucina è sempre pronta per servire un risotto alla milanese o una cotoletta di vitello accompagnata da un soffice di patate. Abbinamenti studiati da Fabrizio Borraccino, executive chef
del Four Seasons Hotel Milano, innamorato della cucina italiana e degli ingredienti di eccellenza offerti da ogni regione. Gli anni con Pierre Gagnaire a Parigi e Gordon Ramsey a Londra hanno fatto da apripista alla sua esperienza al Four Seasons Hotel des Bragues di Ginevra. Quindi Borraccino è diventato executive chef di un Relais & Châteaux in Chianti, dove ha conquistato la sua prima stella. Oggi, a Milano, crea ricette in cui la semplicità diventa il mezzo per esaltare il gusto di ogni ingrediente, in un menu che si presenta come un tour enogastronomico all’italiana.
Il giardino del Four Seasons Hotel di Milano. Di fianco lo chef Fabrizio Borraccino. Nell’altra pagina, drink del Bar Stilla.
Tra le ultime novità di Zelo, lo chef ha presentato una degustazione di quattro portate dedicata al caviale, dove le perle nere completano un carpaccio di gamberi rossi di Mazara, linguine allo scorfano con polpa di granchio e uno storione con crema di risotto allo zafferano. Completa il menu una crema al mascarpone con cialda di pane caramellata e Calvisius. Ampia scelta anche per chi ama la cucina plant based, grazie alla collaborazione tra Borraccino e la chef Natalie Prhat. Dopo aver realizzato speciali menu nei Four Seasons di Anguilla, Costa Rica e Orlando, Prhat ha interpretato il gusto milanese con il suo approccio creativo, incorporando una serie di ingredienti nutrienti e sostenibili, selezionati a quattro mani con Borraccino. Come la parmigiana di melanzane dal colore e dal gusto identici alla ricetta tradizionale, ma creata con un mix di noci e condimenti tostati, oppure gli gnocchi di patate dolci, zucchine alla scapece ed erbe selvatiche che uniscono il tubero alla farina di ceci e burro vegetale, con una nota amaricante data dalle spezie e una piacevole consistenza croccante. Piatti genuini e di gusto, rappresentativi del lusso del buon cibo italiano. F
di Agostino Desideri
Bicchiere mezzo vuoto
La produzione di vino è diminuita nel 2023, anche per via delle abitudini delle nuove generazioni e della diffusione di modelli salutistici. Per invertire la tendenza, le aziende devono rimodulare l’offerta, guardando a tenori alcolici più bassi e a packaging più accattivanti ed ecocompatibili
ILIl 2023 è stato caratterizzato da una produzione del vino in forte contrazione e da una riduzione degli scambi internazionali, sia in volume che in valore. Nel nostro Paese, nonostante il calo, con una produzione di poco più di 38 milioni di ettolitri, tra le più scarse degli ultimi decenni, c’è stato un incremento delle giacenze, pari a 51 milioni di ettolitri. A rivelarlo è il report Tendenze e dinamiche recenti del vino di Ismea, che si è soffermato sui maggiori trend dell’anno scorso, analizzando il mercato e il contesto internazionale. Se la prima parte del 2023 è stata caratterizzata da una disponibilità abbondante e da una domanda sia interna che esterna poco dinamica, con un rallentamento dei listini, nella seconda metà c’è stato un rialzo delle quotazioni dei vini da tavola a causa della scarsa produzione, con incrementi non sufficienti a impedire all’indice Ismea dei prezzi di chiudere il 2023 con una lieve flessione (-2%) rispetto al 2022. Se consideriamo l’ultimo decennio, l’export ha registrato una crescita in valore (+56%), mentre i volumi sono rimasti costanti. Rispetto all’anno precedente, nel 2023 Dop e Igp hanno avuto un calo rispettivamente del 3,2% e del 2,2%, al contrario di varietali (+6,2%) e comuni (+7,9%).
Ma qual è stato l’atteggiamento dei consumatori tra gli scaffali? Nel 2023 il settore vini e spumanti ha registrato una flessione dei volumi, di pari passo con una crescita della spesa. Per il secondo anno consecutivo c’è stata una contrazione delle vendite in volume per tutte le categorie, con il calo più evidente per la categoria comune (-4%), a eccezione delle bollicine, che hanno avuto invece un lieve incremento (+0,5%). Al contrario, la spesa è cresciuta per tutti i segmenti, soprattutto a causa di spinte inflazionistiche.
I prezzi dei vini da tavola hanno subito una lieve flessione. Per Igt e Doc-Docg la riduzione è stata del 4% e del 2%.
A metà dicembre, l’Outlook 2023-2035 della Commissione Ue ha provato a ipotizzare lo scenario per i mercati e i redditi agricoli dell’Unione europea fino al 2035, tenendo conto del cambiamento climatico e dell’adozione di alcune pratiche di gestione del suolo. Le previsioni parlano di una flessione generalizzata del vino, con la superficie investita che potrebbe diminuire dello 0,4% annuo. Ma non solo. La ridotta disponibilità di prodotti fitosanitari, le restrizioni all’irrigazione applicate in alcuni paesi Ue e gli effetti negativi dei cambiamenti climatici potrebbero avere conseguenze sulle rese dei vigneti, con fluttuazioni ampie della produzione, che si attesterebbe su livelli medi inferiori a quel-
li attuali. Secondo le stime diffuse dai paesi produttori, il 2023 è stato caratterizzato da una vendemmia tra le più scarse della storia in termini quantitativi. Le previsioni parlano di una produzione al di sotto dei 150 milioni di ettolitri, il 7,5% in meno rispetto ai 159 milioni della campagna precedente.
In Italia, se da una parte il caldo e la mancanza di piogge hanno influito positivamente sulla qualità delle uve, dall’altra hanno determinato un alleggerimento dei frutti, con una conseguente riduzione volumica del raccolto. Secondo le stime di Osservatorio Ismea, Assoenologi e Unione italiana vini, confermate poi dai dati ufficiali dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, i volumi della scorsa vendemmia hanno subito una riduzione di oltre il 23%.
A livello di prezzi, l’anno si è chiuso con un recupero dei listini, in particolare dei vini da tavola, che però non è riuscito a compensare le perdite della prima parte dell’anno. I prezzi dei vini da tavola hanno subito una lieve flessione, mentre per Igt e Doc-Docg la riduzione media an-
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nua è stata rispettivamente del 4% e del 2%, come da indice Ismea.
Il mercato mondiale del vino ha iniziato a trasmettere segnali di discontinuità che devono essere affrontati. La frenata degli acquisti da parte dei principali importatori mondiali, con ripercussioni sull’export italiano, è imputabile solo in parte agli approvvigionamenti fatti durante la pandemia, quando si temevano rotture di stock. Il cambio generazionale e il diffondersi di modelli salutistici, che non sempre includono il consumo di vino, hanno portato a una rimodulazione della domanda e alla frenata dei consumi mondiali. Per invertire questa tendenza, i produttori dovranno considerare una rimodulazione dell’offerta verso prodotti con un tenore alcolico più basso, vini meno strutturati e con un packaging più accattivante ed ecocompatibile. Oltre a ciò, sarà importante valutare la possibilità di espandere la superficie vitata, viste le attuali difficoltà di mercato e le giacenze record di fine campagna scorsa. F
di Lavinia Desi
Tesori di Sardegna
Valorizzare la tradizione e i prodotti del territorio in un’elegante modernità.
È la filosofia gastronomica del ristorante Deste, fondato da Fabio Desteghene a Porto Rotondo. Prossimo passo? L’apertura di uno street food
In piazzetta Rudalza, a Porto Rotondo, a due passi dalle spiagge più belle della Sardegna, si può cenare in una terrazza immersa nel verde, tra il profumo di gelsomino, finocchietto di mare, aglio orsino, siepi di pitosforo e tutto ciò che offre la macchia mediterranea. È il ristorante Deste, fondato nel 2017 da Fabio Desteghene, che ha raccontato: “Dopo varie esperienze in giro per il mondo, sono tornato in Italia per aprire un ristorante di eccellenza e dare il giusto valore ai prodotti del territorio, rispettando la forte richiesta di qualità nel settore del turismo gastronomico”.
La Sardegna, infatti, non è solo tra le mete turistiche più ambite, ma è anche una terra con tradizioni molto forti. “Seguiamo la stagionalità della materia prima, in modo da non focalizzarsi sui singoli elementi, ma avere un ampio ventaglio di scelta. Andiamo direttamente dal pastore, dal pescatore, dall’ortolano: questo ci avvicina direttamente alla terra e non ci nasconde dietro una grande distribuzione”.
La filosofia gastronomica del ristorante Deste è infatti “valorizzare la scoperta delle tradizioni e degli ingredienti, cucendogli addosso un abito da sera ricoperto di elegante modernità”. È il caso della Cordula, piatto della tradizione sarda, delle animelle, delle anemoni di mare, della lingua di manzo, del barracuda o del muggine, “prodotti che molte volte nemmeno si conoscono per nome, ma che non hanno nulla da invidiare al caviale o all’aragosta”.
Il menù dell’estate in arrivo, dello chef Marco Calabrò, rispecchierà questa filosofia: “Piatti semplici nella loro complessità”. Ci saranno piatti provocatori come il TunniLingus, un cubo di ventresca di tonno rosso di Carloforte, ricoperta di lingua di manzo, wasabi e zenzero. Oppure il Caciucco freddo, un mix di crudi di mare in veste insalata,
i bottoni di agnello sardo e tartufo, la suprema di piccione o le lumache parmentier.
E per quanto riguarda i dolci? “Stiamo riscoprendo un prodotto dimenticato da tutti, che ha alle spalle una tradizione millenaria: il latte d’asina. La nostra idea è creare un legame fra terra e mare, unendo il latte d’asina alla bottarga di muggine”. Anche la carta dei vini quest’anno si espanderà: “Inseriremo diverse scelte per singola regione, alcune fra le migliori etichette europee e strizziamo l’occhio anche a paesi come Cile e Nuova Zelanda, che spesso vengono abbandonati malgrado i prodotti di livello”.
Non mancano poi le produzioni fatte in casa, come il gin realizzato dal proprietario. “Il gin è la mia passione. Ne ho studiato uno fresco, utilizzando un prodotto che in Sardegna abbonda: l’anguria”. Ma il ristorante produce anche il proprio mirto, la Pompìa. Inoltre, conclude Fabio: “Stiamo lavorando all’apertura di uno street food sardo, in centro a Porto Rotondo, che possa anche offrire prodotti da passeggio per chi non ha tempo di sedersi, senza dimenticare però tradizione e qualità”. F
Il ristorante Deste di Porto Rotondo
STEFANO MILETO
di Andrea Celesti
Oltre la vacanza
“Offriamo esperienze senza compromessi, in cui il cliente può chiedere e ottenere tutto”. Così Francesco
Giondi riassume la formula dei villaggi Club del Sole, di cui la sua famiglia detiene la maggioranza
Il gruppo Club del Sole ha creato un format che unisce natura. E l’ingresso di nuovi soci, come Nb Aurora e The Equity Club, gli ha permesso di rafforzare la sua posizione sul mercato. Con 23 villaggi e un totale di oltre novemila soluzioni abitative offerte, Club del Sole è una delle principali società italiane delle vacanze all’aria aperta. Il gruppo ha creato un nuovo format di accoglienza nel turismo, le ‘full life holidays’, una proposta che unisce natura e comfort per garantire ai clienti un’esperienza capace di superare la vacanza italiana ‘tradizionale’. Forbes Italia ha intervistato Francesco Giondi, ad di Club del Sole, che ha raccontato le tipologie abitative proposte, le ultime acquisizioni e il processo di sviluppo.
Quali sono gli elementi che caratterizzano i vostri villaggi vacanza?
I 23 villaggi del gruppo, situati in sette regioni d’Italia, sul mare e sul lago, offrono esperienze di vacanza senza compromessi, in cui il cliente può chiedere e ottenere tutto, con la massima flessibilità: da diverse soluzioni abitative (lodge) confortevoli, funzionali ed ecosostenibili, fra cui spiccano le futuristiche Discovery, a proposte ristorative. E ancora, animazione di contatto, servizi per famiglie, accoglienza dog-friendly, iniziative ed escursioni per la scoperta dei territori circostanti. In particolare, ciò che distingue Club del Sole dai competitor sono gli investimenti in tecnologia e sviluppo, con particolare attenzione all’aspetto esg.
Nel tempo, il gruppo si è arricchito di nuovi villaggi turistici, con acquisizioni che si inseriscono in un progetto di rinnovamento.
Negli ultimi anni abbiamo portato avanti strategie che ci hanno permesso di crescere in modo costante, ampliando e migliorando l’offerta. Il successo è stato possibile grazie ad acquisizioni di nuovi villaggi, investimenti mirati nella ristrutturazione e modernizzazione delle strutture, come il recente restyling del Pineta Beach Village, il tutto con l’adozione di pratiche sostenibili e tecnologie all’avanguardia. Quest’anno presentiamo tre villaggi entrati nel nostro portfolio: Tenuta Primero Resort in Friuli Venezia-Giulia, Le Mimose Family Camping Village nelle Marche e l’Adriatico Family Camping Village in Emilia-Romagna. Il piano di sviluppo ci porterà inoltre ad acquisire strutture in Trentino Alto-Adige e a consolidare la presenza in Abruzzo.
Lo sviluppo ha portato all’ingresso del fondo di investimento Tec, entrato in società insieme a Nb Aurora. Che obiettivi vi siete posti per i prossimi tre-cinque anni?
Siamo fiduciosi sulla strategia di crescita pianificata. Il 2023 si è chiuso con ricavi per 100 milioni di euro e la nostra stima per il 2024 è di una crescita superiore al 10%. Traguardi ambiziosi e scelte oculate sono le direttrici che da sempre ci caratterizzano e che oggi trovano ancor più compimento, grazie a stakeholder che ci consentono di rafforzare la leadership sul mercato italiano. Tra questi ci sono Nb Aurora, veicolo di permanent capital quotato sul segmento Euronext Miv Milan, e The Equity Club, iniziativa di club deal promossa da Mediobanca insieme a Roberto Ferraresi e Filippo Penatti, entrati quest’anno nel capitale di Club del Sole come soci di minoranza. L’operazione ha comportato un significativo aumento di capitale, destinato a supportare la crescita della società, di cui la mia famiglia continua mantiene la maggioranza. F
Francesco Giondi
di Cristina Mercuri
La bottiglia come cassaforte
Sempre più persone trattano i vini pregiati come un investimento. I dati mostrano che il mercato è spesso più remunerativo e meno volatile dell’oro, del petrolio greggio e dell’immobiliare. E anche qui entrano in gioco innovazioni come intelligenza artificiale e nft
INIn passato comprare bottiglie di vino importanti era considerato un hobby elitario. Oggi è un business. Le opportunità che gravitano intorno al mondo delle grandi bottiglie sono molte. Lo dimostrato i dati, che lo inquadrano come un segmento spesso più lucrativo e meno volatile di altri ben più noti, quali oro, petrolio greggio e immobiliare. I principi che regolano il mercato dei fine wine sono qualità e scarsità. Non serve esserne fisicamente in possesso: si possono acquistare vini che vengono conservati in strutture specializzate, che, oltre ad avere vantaggi fiscali, garantiscono ritorni annuali importanti. Secondo la London International Vintners Exchange, l’incremento medio annuo è del 10%, a volte superiore. Si tratta quindi di creare un portfolio di vini ad alto potenziale e gestirlo, come si fa sul mercato azionario. Esistono aziende, come Cult Wines o Oeno Group, che gestiscono gli investimenti e suggeriscono ai clienti quando e cosa vendere o acquistare. Dal 1929 a oggi il comparto delle bottiglie di lusso ha resistito a ogni flessione, guerra o crisi internazionale. Negli ultimi due anni i migliori vini sono cresciuti di valore grazie alle transazioni. Tra questi gli champagne e i vini di Borgogna hanno registrato i risultati migliori. E sebbene i vini di Bordeaux abbiano accusato una flessione in generale, le loro espressioni più importanti (Haut Brion, Lafite Rothschild, etc.) restano quelle con il più alto numero di transazioni nel mercato secondario.
Da circa 200 anni esistono figure in grado di gestire e influenzare le fluttuazioni del mercato attraverso l’ecosistema più ambito: La Place de Bordeaux. Non solo i vini francesi, ma anche i più importanti prodotti a livello mondiale. Qui produttori, intermediari e distributori entrano in
Alcune bottiglie di La Poja della cantina Allegrini, uno dei vini italiani presenti a La Place de Bordeaux.
contatto e tessono una tela complicata per raggiungere i clienti più importanti sul mercato. A La Place avviene la compravendita delle grandi bottiglie in vendita en primeur, ovvero prima che vengano rilasciate sul mercato. Se i vini francesi sono da sempre i più richiesti sul mercato di altissimo livello, le grandi bottiglie di casa nostra non sono da meno. Dal 2009, quando il Masseto fece da apripista per gli italiani a La Place, diversi produttori possono dire di farne parte. Se in passato i francesi rappresentavano il 95,7% dei prodotti scambiati, adesso, pur continuando ad avere il primato, hanno il 34%, seguiti dagli italiani in seconda posizione. Tra i prodotti del nostro territorio presenti a La Place ci sono La Poja (Allegrini) e Tenuta di Trinoro (Franchetti). Alla vendita en primeur si affiancano investitori che fanno sempre più uso delle nuove tecnologie e sfruttano l’intelligenza artificiale. Con gli nft (non fungible token) è possibile registrare gli scambi commerciali e rendere la bottiglia di vino unica. In molti casi la bottiglia resta in cantina e il certificato nft passa di mano in transazioni molto lucrative. In altri casi la bottiglia è legata a un’opera d’arte o a un’esperienza. Ferrari Trento ha creato un nft per l’edizione Bruno Lunelli 2006 e Berlucchi ha prodotto l’edizione limitata Berlucchi Palazzo Lana Nft. La tecnologia, che finora era limitata a pezzi d’arte unici, si lega ora anche al lusso dei vini più blasonati del mondo. F
FORBES TRENDS
Non solo le canoniche carte degli oli, delle tisane e degli amari. Ormai anche in Italia, nei ristoranti di fine dining, è diventato usuale trovare menù specifici dedicati a una selezione di materie prime come il caffè (con il pregiato Kopi Luwak immancabile protagonista), il tè, l’acqua minerale e persino il sale. In quest’ultimo caso, allo stellato Castello di Fighine – a San Casciano dei Bagni, in Toscana –lo chef Francesco Nunziata e la maître Marta Baldelli presentano una selezione che spazia dal bianco di Cervia al rosa australiano, dal blu persiano all’affumicato danese e al nero cipriota. Analogamente, al Tino Gourmet di Farra di Soligo (Treviso), lo chef Tino Vettorello ha una carta dei branzini.
Quando si parla di ostriche, la mente corre subito alla Francia. Pochi sanno invece che una delle cinque ostriche più pregiate al mondo è allevata in Italia, nella Sacca di Scardovari a Porto Tolle, in provincia di Rovigo, racchiusa tra la foce del Po di Gnocca e del Po delle Tolle. Carnosa e compatta, l’ostrica – di colore rosa, definita la ‘perla del Delta’ - viene coltivata dove il mare incontra il fiume, in acque salmastre, e
proprio grazie a questo ambiente non eccessivamente salato esprime una sapidità non troppo marcata che la rende molto apprezzata dagli appassionati di alta cucina. In tavola dà il meglio di sé cruda, condita con qualche goccia di limone. Ma si presta anche alla cottura, ad esempio in saor. Da provare a Palazzo Utini, a Noceto, dallo chef Roberto Monopoli.
Nell’anno degli Europei di calcio in Germania e delle Olimpiadi di Parigi, le aziende food più creative si concentrano sugli omaggi ai colori azzurri. Ad esempio, nella pasticceria Gruè di Roma il maritozzo diventa tricolore, con la farcitura di gelato gastronomico al pomodoro datterino (rosso), robiola (bianco) e zucchina e menta (verde). I nuovi gusti salati si aggiungono al sorbetto basilico e lime, introdotto un anno fa e molto richiesto dai clienti, che lo usano in abbinamento a piatti salati. In Campania la yogurteria Yolly ha introdotto una versione tricolore, disponibile nei punti vendita di Pomigliano D’Arco, Marigliano, San Giuseppe Vesuviano e Casalnuovo di Napoli. Infine, la bolognese Fabbri propone un mix tricolore tra i suoi classici sciroppi: menta, latte di mandorla e amarena.
di Marco Gemelli
La grande bellezza non ha età.
Piuttosto, si esalta con il passare del tempo. E quando entri nel tempio della grande bellezza, che non è la decadente Roma di Sorrentino, bensì Villa D’Este a Cernobbio, quella regola non è solo aurea, ma ferrea. Sulle rive del Lago di Como le ‘vecchie signore’ su quattro ruote hanno sfilato nel tradizionale evento organizzato da Bmw Group Classic per un pubblico che la domenica è arrivato a superare le 12mila presenze.
Alla fine la grande bellezza di Villa d’Este ha premiato il potere rosso. Tra le 50 vetture partecipanti, divise in otto categorie, a vincere l’edizione 2024, con il trofeo
Best of Show, è stata l’Alfa Romeo 8C 2300 Figoni del 1932, una delle dieci 8C stradali carrozzate come spider con carrozzeria Figoni. Realizzata dall’ingegner Vittorio Jano, alla fine degli anni ‘20 è diventata un’icona con i successi a Le Mans (1931 e 1934) e alla Mille Miglia (dal 1932 al 1934). Una grande bellezza di valore, stimata dalla proprietà belga della Hm Collection in oltre 3 milioni di euro.
Atrionfare nella Coppa d’Oroper referendum pubblico - è stata invece la McLaren di F1 del 1995, la vettura più veloce con motore aspirato mai realizzata:
384 km/h. Di proprietà dell’inglese Tony Vassilopoulos, è stata costruita in 106 esemplari, di cui 28 da corsa.
La grande bellezza si è poi trasformata in grande emozione quando l’artista newyorchese Julie Mehretu ha presentato la 20esima vettura della Collezione Bmw Art Car, dedicata alla 24 Ore di Le Mans, rimasta esposta insieme alle altre Bmw Art Car che hanno corso a Le Mans, tra cui quella di Andy Warhol nel 1979. Il collegamento ideale che ha accompagnato la casa di Monaco nel suo ritorno sul Circuit de La Sarthe di Le Mans.
di Serena Cappelletti
L’Alfa Romeo 8C 2300 Figoni
La Bmw Art Car numero 20 di Julie Mehretu
FORBES DESIGN
di Valentina Lonati
Letteralmente ‘bacchette’ in giapponese, Hashi è la collezione da esterni disegnata da Federica Biasi per Gervasoni. Formata da divano componibile, sedia a dondolo e sedia dining, Hashi trae ispirazione dall’Oriente, prendendo come punto di partenza le tradizionali bacchette per dare vita ad arredi che fanno incontrare mondi e fascinazioni diversi. A caratterizzare Hashi è poi l’uso del tessuto tecnico Jaquard Outdoor Accardi, che crea un disegno tramato per sposarsi armonicamente con la struttura in legno con sezione irregolare ed evidenziare il rimando al Giappone e alla tradizione artigianale locale.
Una seduta essenziale, eppure particolarissima: progettata da Francesca Lanzavecchia per S-Cab, Malvasia è la sedia da esterni che proietta, attraverso le sue trame metalliche, intrecci di luci e ombre. Una seduta pensata per ambientarsi nel bar sotto casa o tra gli arredi di dehors, giardini, spazi en plein air e terrazze. Malvasia è nata da una sfida produttiva: quella di estrapolare schienale e seduta da un unico pezzo traforato e calandrato, saldandoli poi al telaio in tubolare in maniera invisibile. Un trattamento complesso che ammorbidisce la freddezza impenetrabile del metallo, portandolo vicino al suo limite di flessibilità.
Leggera, funzionale, mobile. Tra le novità del 2024 di Pianca c’è Porto, una cucina da esterni che, attraverso la struttura modulare, offre una gestione dello spazio outdoor flessibile e creativa. Si compone di vari elementi combinabili, come tavolo, carrello, lavello, induzione, gruppo lavello+induzione, teppanyaki con piastra spessa 5 mm e griglia. Il design presenta piani curvati in legno iroko e superfici di lavoro e cottura in acciaio inox, come il lavello, corredato da rubinetto reclinabile. Una cucina che estende il piacere di cucinare anche agli ambienti esterni, integrandosi al paesaggio circostante con garbo.
Con il lancio della famiglia Honor 200 Pro, l’azienda ottiene un doppio risultato: introduce l’intelligenza artificiale nei suoi dispositivi e chiude un accordo con lo studio Harcourt, leggendaria casa parigina della ritrattistica di grandi attori di Hollywood e artisti. “Oggi possiamo offrire ai nostri utenti la migliore famiglia di smartphone per eseguire ritratti”, dice George Zhao, ceo di Honor. Con lo studio Harcourt l’azienda è riuscita a co-ingegnerizzare il motore Honor AI Portrait,
Uno dei grandi produttori mondiali di pannelli Oled e di processori, la sudcoreana Lg, ha realizzato una smart tv Oled da 83 pollici 4K con miglioramenti sull’interfaccia utente alimentati dall’intelligenza artificiale. Il modello di IA introdotto da Lg si chiama ThinQ e offre consigli agli utenti sui contenuti della serata: sport, cinema, talk, documentari, a seconda delle scelte compiute in precedenza. L’azienda offre inoltre la piattaforma webOS 22, che permette di creare profili personalizzati per ciascun famigliare. Il motore alla base della smart tv, che adegua le immagini in tempo reale, è un processore a9 Gen 5, secondo l’azienda “il più potente mai realizzato”. Durante la visione il processore con l’IA progressiva esalta gli oggetti in primo piano (si pensi al pallone piazzato per il calcio di rigore) rispetto a quelli che si trovano sul fondo. I colori sono esaltati dal sistema Dynamic Tone Mapping Pro, che lavora su cinquemila zone di ogni fotogramma.
che permette ritratti di livello professionale. “Noi intendiamo l’IA generativa come parte del nostro ecosistema per potenziare, oltre agli smartphone, anche le capacità dei nostri laptop, tablet e piattaforme”, spiega Tony Ran, presidente di Honor Europe. “L’IA generativa ci interessa per aggiungere valore ai nostri prodotti e rassicurare gli utenti sulla privacy dei dati. Honor continuerà a investire nel mercato europeo e italiano, che sta crescendo a un ritmo importante”.
Ogni componente della Canyon Grail: On Cf 8 Axs offre un vantaggio tecnologico. A cominciare dal motore Bosch Performance Line Cx, fino ai freni della Sram e alla batteria 500 Wh. È adatta a percorsi misti e perfino alla guida su ghiaia, grazie al mix di potenza e agilità. Il telaio è realizzato in carbonio, per mantenere un rapporto peso-potenza ideale. Per offrire sicurezza su percorsi accidentati l’azienda ha montato una forcella tra le migliori sul mercato, la Canyon Fk0064 Cf Disc. La ditta tedesca, nata a Coblenza per iniziativa dei fratelli Ronan e Franc Arnold, ha scelto di mantenere un profilo alto in un mercato che tende a inflazionarsi: il prezzo supera i 5mila euro e posiziona il prodotto in una nicchia formata da appassionati.
di Gabriele Di Matteo
FORBES TECH
LIVING MILANO
di Alessia Bellan
100 VOLTE MUNCH Fusion alla MILANESE
Il 14 settembre Edvard Munch tornerà dopo 40 anni a Milano, a Palazzo Reale, con una grande retrospettiva. Opere tra le più iconiche della storia dell’arte, prestate dal Munch Museum di Oslo per la mostra su un genio del Novecento, che ha saputo interpretare il tormento e l’inquietudine dell’essere umano. La retrospettiva racconterà l’intero percorso umano e creativo di Munch. Curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, l’esposizione comprenderà 100 opere, tra cui una delle versioni litografiche custodite a Oslo de L’Urlo (1895), ma anche La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–19249), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901) e Danza sulla spiaggia (1904). Ad arricchire la mostra è previsto un palinsesto di eventi che coinvolgerà realtà culturali della città, approfondirà la figura dell’artista ed espanderà i temi delle sue opere, esplorando diversi linguaggi, dal cinema all’architettura, dalla musica alla letteratura e molto altro.
Il ristorante Izu, dopo 30 anni a Milano, si evolve e accoglie i clienti nel nuovo locale, completamente ristrutturato in un ambiente materico, con arredamenti in materiali preziosi, tavoli in legno naturale americano e marmo bianco di Carrara e un soffitto impreziosito da 1.250 punti luce sospesi. Un ambiente dal tocco zen e contemporaneo, in linea con la filosofia della cucina del patron Jin Yue Hu, che crea piatti della cucina creativa giapponese, equilibrata per gusto e benessere, dove si fondono ingredienti di qualità e tecniche di ispirazione internazionale. Una visita in Corso Lodi 27 offre un viaggio culinario che fonde tradizione e modernità. Il menù di Izu comprende classici e nuovi piatti, che entrano in carta sulla spinta creativa di tutta la brigata, con materie prime da tutto il mondo, rispettose della stagionalità. Le novità includono una trilogia di cheviche, tre tipi di pesce bianco, beriche rosso (scottato su carbonella) ricciola e spigola in salsa peruviana con tocco orientale, scarpetta di tonno con tre qualità di tonno (akami,
chu-toro, o-toro) in salsa karashi-miso con chips di alga, nighiri omakase, rivisitazione audace del sushi secondo l’estro dello chef, go piemonte tataki, un mix di carne tenera di fassona piemontese impreziosita da un’antica tecnica di marinatura di Osaka e scottata su letto di verdure stagionali. L’offerta in carta spazia dai classici gunkan e uramaki, carpaccio di ricciola e jalapeno ed emulsione allo yuzu ai ravioli ripieni di maialino con sfoglia di zafferano, oltre a crudité, tartare e carpacci. La cantina si è arricchita di nuove etichette, fra cui champagne, bollicine italiane, sakè e whisky giapponesi, oltre a numerose referenze di distillati e gin.
UN’ESTATE DA PRINCIPE
Si chiama Principe in Bloom l’ultimo signature cocktail creato da Daniele Celli, bar manager del Principe Bar. Gin, sciroppo di fiori di lavanda, liquore di violetta, limone e una spruzzata di essenza di rosa sul bicchiere evocano i profumi delicati e la
bellezza dei giardini in fiore. Per richiamare le composizioni floreali che impreziosiscono le sale dell’hotel, Matteo Gabrielli, nuovo chef del Ristorante Acanto, presenta un piatto compo-
sto da ricotta infornata, farinata di ceci, verdure croccanti e fiori eduli a guarnire. La parte dolce è affidata infine al pastry chef Beniamino Passannante, che delizia i palati più golosi con un dessert floreale a base di pesca, cioccolato bianco e ibisco.
LIVING ROMA
Gelato e amore per l’AMBIENTE
Un gelato etico quello di Ice Tonka, gelateria artigianale di Aprilia, che vanta Tre Coni sulla Guida delle migliori gelaterie 2024 del Gambero Rosso. Un’estate all’insegna della 4° fase del progetto quinquennale di sensibilizzazione ambientale per Valerio Esposito - fra l’altro vincitore nel 2016 del campionato regionale del Gelato world tour e nel 2020 del Festival del gelato artigianale - che quest’anno punta i riflettori sul riscaldamento globale e sulla salute dei nostri ghiacciai. Dopo la piantumazione di alberi nei diversi continenti, il viaggio nel mondo delle api e il sostegno alla onlus Plastic Free per la salvaguardia degli ecosistemi marini, per il 2024, sostenendo Lega Ambiente e unendosi virtualmente alla Carovana dei Ghiacciai, Esposito propone nuovi gusti Ice Tonka: Adamello, Marmolada, Forni e Monte Bianco, dedicati a quattro ghiacciai alpini. Grande protagonista del mese di Luglio? Forni, ovvero gelato di ricotta affumicata e lamponi fermentati proposto anche in chiave cremolato.
Treccani celebra
Raffaella Carrà
Treccani celebra un‘icona pop italiana come Raffaella Carrà con un’opera che inaugura la collana Mitiitaliani. Un volume fotografico arricchito dai testi del critico Ernesto Assante e dalle testimonianze di Caterina Rita. Un tributo all’impatto della ‘Raffa’ nella cultura nazional-popolare, testimoniato anche dal neologismo ‘carrambata’, entrato nel dizionario Treccani nel 2008. Il volume ripercorre la vita artistica della showgirl che con con il suo inimitabile caschetto biondo è stata protagonista della scena culturale del secondo ‘900. All’edizione limitata di soli 199 esemplari, con copertina specchiata e custodita in un cofanetto in plexiglass, è possibile abbinare una delle due serigrafie in edizione limitata firmate da Marco Lodola.
CAMBIA LOOK LA PERGOLA DI HEINZ BECK
Territorio, cultura e ospitalità italiana sono al centro della nuova era de La Pergola. Un restyling degli interni con un progetto firmato dallo studio parigino di architettura fondato da Patrick Jouin e Sanjit Manku. La sala è ridisegnata con linee leggere e armoniose, i colori sono caldi e avvolgenti. I progettisti hanno voluto far entrare l’essenza di Roma all’interno delle sale del ristorante tristellato, per un’esperienza ancor più totalizzante dove si incontrano il tangibile e l’intangibile: travertino, alcantara, terracotta e seta creano un’atmosfera accogliente. Nuova mise en place e nuovo anche il menù che incarna la filosofia di cucina di Heinz Beck basata su benessere e circolarità con una riduzione quasi totale degli scarti, che pone l’accento sulla convivialità italiana dell’aperitivo, servito su un susseguirsi di piatti per un viaggio nelle tradizioni italiane più antiche.
di Mara Cella
LIVING NEW YORK
di Aka Sarabeth
La mostra per non dimenticare CINEMA SOTTO LE STELLE
Luigi Toscano, dopo il successo ottenuto a New York, Washington e San Francisco, ha portato per la prima volta in Italia la sua mostra Lest We Forget, un progetto decennale di commemorazione dell’Olocausto con circa 520 fotografie di sopravvissuti al nazifascismo. Toscano ha recentemente fotografato altri sette sopravvissuti in Toscana, tra cui Luciano Segre, cugino di Primo Levi. La mostra è stata inaugurata il 29 giugno a Civitella Val di Chiana (Arezzo), nella piazza principale, e rimarrà aperta fino al 21 luglio, con 80-100 fotografie esposte. La data coincide con l’anniversario della strage nazista del 1944 a Civitella, dove furono uccisi 244 civili.
Le Bryant Park Movie Nights sono tornate in grande stile per il 31esimo anno, grazie al sostegno di Paramount+. Questa serie di proiezioni all’aperto, diventata la più longeva di New York, ha preso il via il 10 giugno con Forrest Gump, classico del 1994 con Tom Hanks. Ogni lunedì sera, fino al 12 agosto, il prato del parco si trasforma in un cinema sotto le stelle, con le proiezioni che iniziano alle 20 e l’area aperta agli spettatori dalle 17. È un’opportunità per vivere un’autentica esperienza newyorkese, all’ombra dei grattacieli e con l’atmosfera vibrante di Bryant Park.
TORNA LA NYC RESTAURANT WEEK
La Nyc Restaurant Week tornerà dal 22 luglio al 18 agosto, offrendo ai residenti e ai visitatori l’opportunità di esplorare la scena culinaria della città a prezzi convenienti. Questo evento biennale vede la partecipazione di numerosi ristoranti newyorkesi, che propongono pranzi e cene a prezzo fisso, con menu di diverse portate e fasce di prezzo. Nata per promuovere la gastronomia
locale, la Restaurant Week ha visto crescere nel tempo il suo seguito e l’affluenza di pubblico. È un’occasione per assaporare piatti di grandi ristoranti, sperimentare nuove cucine e scoprire gemme nascoste. Con un’offerta che spazia dalla cucina internazionale a quella locale, l’evento rappresenta un’opportunità per i gourmand e per chi desidera vivere un’esperienza gastronomica unica.
“Ragazzi, fategli assaggiare le armi!”
Lewis Armistead
“Nessuno combatte in maniera più sporca e brutale di chi ha il tuo stesso sangue. Solo la famiglia conosce le proprie debolezze, la posizione esatta del cuore.”
Whitney Otto
“Vivere è fare la guerra con i troll.”
Henrik Ibsen
“Non pensare di spaccare la testa di un’altra persona perché non è d’accordo con te. Sarebbe razionale come colpirti da solo sulla testa perché non sei d’accordo con il te stesso di dieci anni fa.”
Horace Mann
“Sono molto più orgoglioso della vittoria che ottengo su me stesso quando, nell’ardore della disputa, mi sottometto alla forza della ragione del mio avversario, di quanto lo sia della vittoria che ottengo su di lui sfruttando la sua debolezza.”
Michel de Montaigne
“La politica come pratica, qualunque idea esprima, è sempre stata l’organizzazione sistematica dell’odio.”
Henry Adams
“La guerra non conosce una furia paragonabile a quella di chi non combatte nemmeno.”
C.E. Montague
PENSIERI E PAROLE
Conflitto
“Chi non riesce a mettere in ghiaccio i propri pensieri non dovrebbe entrare nel calore della disputa.”
Friedrich Nietzsche
UMANO TROPPO UMANO, DI FREDERICH NIETZSCHE; SAGGI, DI MICHEL DE MONTAIGNE; DISENCHANTMENT, DI C.E. MONTAGUE; NIGHTFALL, DI L.J. SMITH; UN INCONTRO, DI MILAN KUNDERA; COME VI PIACE, DI WILLIAM SHAKESPEARE; CHE COS’È L’ARTE?, DI LEV TOLSTOJ; L’EDUCAZIONE DI HENRY ADAMS, DI HENRY ADAMS; HOW TO MAKE AN AMERICAN QUIL, DI WHITNEY OTTO.
“La tua gentilezza, più della tua forza, ci costringerà a muoverci verso la gentilezza.”
William Shakespeare
“La pace non è l’assenza di conflitto, ma la presenza di alternative creative per rispondere al conflitto.”
Dorothy Thompson
“Perché le persone pensano sempre che la quantità avrà successo quando non funziona la logica?”
L.J. Smith
“Ci vuole saggezza per capire che l’opinione è semplicemente un’ipotesi imperfetta e transitoria, che solo menti limitate possono pensare sia una certezza o una verità.”
Milan Kundera
“Se è possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti.”
Romani, 12:18
PENSIERO FINALE
“I vincitori delle battaglie di domani saranno coloro che sapranno unire il pensiero all’azione.”
B.C. Forbes
22.02.24
Udine
14.03.24
Viareggio
11.04.24
Padova
16.05.24
Caserta
21.06.24
Tropea
11.07.24
Modena
12.09.24
Milano
21.10.24
Genova
07.11.24
Roma
12.12.24
Pescara
IL VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE
ECCELLENZE ITALIANE
Dopo il grande successo ottenuto nelle 10 tappe del 2023, continua anche nel 2024 il viaggio di Forbes dedicato alla scoperta delle PMI, spina dorsale dell’Italia che cresce. Un’occasione per confrontarsi su temi quali sostenibilità, innovazione, digitalizzazione, internazionalizzazione, welfare, accesso al credito e per creare relazioni professionali. Il progetto è rivolto a imprenditori e manager che gestiscono PMI del territorio e alle grandi aziende che vogliono mettersi in contatto con loro.
eventi.forbes.it/smallgiants/
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NUOVA ALFA ROMEO JUNIOR EMOZIONE SPORTIVA
Consumo di energia Alfa Romeo Junior Elettrica (kWh/100km): 15,0 - 15,5; emissioni CO 2 (g/km): 0. Autonomia elettrica (km): 410-398 secondo la direttiva UE 1999/94. Valori ottenuti in base a test ufficiali previsti dal procedimento di omologazione e misurati in base al metodo di misurazione/ correlazione nel ciclo misto WLTP. Valori preliminari soggetti a conferma durante il processo di omologazione. Valori indicati a scopo comparativo. Il consumo effettivo di energia e l’autonomia elettrica, possono essere diversi e variare a seconda delle condizioni di utilizzo e di vari fattori quali: optional, temperatura, stile di guida, velocità, peso del veicolo, utilizzo di determinati equipaggiamenti (aria condizionata, impianto di riscaldamento, radio, navigazione, luci, ecc.), pneumatici, condizioni stradali, meteo, ecc. Immagini a puro scopo illustrativo.