32 | Dentro la partita, oltre la partita Dazn gestirà i diritti televisivi del campionato italiano di calcio per i prossimi cinque anni. Una sfida impegnativa per gli investimenti ma anche per quello che può significare in termini di crescita digitale del Paese. Il progetto infatti non prevede solo la visione delle partite, ma interazione, partecipazione, condivisione da parte dell’utente finale. Come sarà possibile lo racconta Stefano Azzi, ceo per l’Italia, in questa intervista a Forbes. di Alessandro Mauro Rossi
11 | Quante aspettative
sul calcio di domani
Alessandro Mauro Rossi
12 | Addio soffitto di cristallo
Andrea Giacobino
14 | Affari privati
Ugo Mattei
17 | Un’estate da Leoni
Francesca Vercesi
20| L’oro delle stelle
24 | Il gusto scende in campo
26 | Italia al top I tiktoker più seguiti
28 | Follie milionarie
| Innovation people
Giovanni Iozzia 30 | Social responsibility
Enzo Argante 31 | Space news
Emilio Cozzi
32 | Dentro la partita
Oltre la partita
Alessandro Mauro Rossi
40 | L’ultima minaccia
Tommaso Carboni
46 | Caos calmo
Jena McGregor
52 | Ai cancelli del cielo
Emilio Cozzi e Matteo Marini
54 | Danza ungherese
Cosimo Maria Palleschi
CONTRARIAN
57 | Scacco al tempo
Matteo Novarini
62 | Progetti di rigenerazione
Enzo Argante
64 | Il futuro italiano? È in campagna
Michele D’Antoni
68 | Una trovata atomica
Primo Marzoratti
NUOVO ALFA ROMEO STELVIO TRIBUTO ITALIANO. EMOZIONE PURA.
Consumo di carburante gamma Alfa Romeo Stelvio benzina e diesel (l/100 km): 11,8 – 5,8; emissioni CO2 (g/km): 267 – 152. Valori omologati in base al ciclo misto WLTP, aggiornati al 01/07/2024, e indicati a fini comparativi
UNDER 30
70 | Idee da vendere a cura di Matteo Sportelli
ECONOMIA CIRCOLARE
80 | La natura dell’acqua
Attilio Nucetti
84 | Tutto il verde della logistica
Maurizio Abbati
86 | La plastica che fa bene
Lavinia Desi
88 | Insieme si vince
Andrea Celesti
89 | Un processo virtuoso
Agostino Desideri
90 | Evoluzione green
Vittorio Mantovani
92 | La forza della motivazione
Matteo Borgogno
94 | Ambasciatrice del riciclo
Enzo Argante
96 | Ecologia su misura
Agostino Desideri
98 | Solidi principi
Maurizio Abbati
100 | L’energia di cambiare
Maurizio Abbati
GOOD STORIES
103 | Scatta il divertimento
Agostino Desideri
106 | Scalare la montagna del digitale
Agostino Desideri
SMALL GIANTS
A cura di Piera Anna Franini
109 | Un vulcano di idee
DESIGN
A cura di Valentina Lonati
113 | I colori dello stile
FORBES LIFE
117 | L’ultima spiaggia
Susanna Tanzi
122 | Sete di libertà
Cristina Mercuri
123 | Forbes trends
Marco Gemelli
124 | Forbes cars
Serena Cappelletti
125 | Forbes design
Valentina Lonati
126 | Forbes tech
Gabriele Di Matteo
LIVING
127 | Milano Alessia Bellan
128 | Roma Mara Cella
129 | New York Aka Sarabeth
130 | Pensieri e parole
Promesse
AGOSTO, 2024 | VOLUME 82
Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017
Massimiliano Carrà, Andrea Celesti, Matteo Chiamenti, Carola Desimio, Roberta Maddalena, Matteo Novarini, Edoardo Prallini, Matteo Rigamonti, Matteo Sportelli
SPECIAL CONTRIBUTORS
Smart mobility: Giovanni Iozzia
Technology: Gabriele Di Matteo
Space economy: Emilio Cozzi
Responsibility: Enzo Argante
Contributors: Maurizio Abbati, Alessia Bellan, Matteo Borgogno, Serena Cappelletti, Tommaso Carboni, Mara Cella, Michele D’Antoni, Lavinia Desi, Agostino Desideri, Piera Anna Franini, Marco Gemelli, Valentina Lonati, Matteo Marini, Primo Marzoratti, Ugo Mattei, Cristina Mercuri, Attilio Nucetti, Cosimo Maria Palleschi, Aka Sarabeth, Susanna Tanzi, Francesca Vercesi
Grafica: Filippo Scaglia
Stampa: Rotolito S.p.A. - Via Bergamo 7/9 - 20063 Cernusco sul Naviglio (Milano)
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Top selection
PEOPLE IN FOCUS
Quattro personaggi sotto i riflettori, scelti dal direttore di Forbes Italia
URSULA VON DER LEYEN
Ursula Gertrud Albrecht, coniugata von der Leyen, è stata confermata per i prossimi cinque anni alla guida della Commissione europea, allargando la sua maggioranza ai Verdi. Nel 2022 Forbes l’aveva nominata donna più potente del mondo.
NERIO ALESSANDRI
Technogym è il fornitore ufficiale dei Giochi olimpici e paralimpici di Parigi 2024. La società di Nerio Alessandri ha preparato circa 1.200 attrezzature, destinate ai 14.900 atleti arrivati da oltre 200 paesi per competere in 32 discipline olimpiche e 22 paralimpiche.
GIORGIO ARMANI
VALENTINA
BARBIERI
Valentina Barbieri, romana, classe 1995, ha animato il Gialappa’s Show su Tv8, in cui ha impersonato Alessandra Amoroso, Ilary Blasi e Francesca Fagnani. Sui social ha realizzato anche la parodia del programma di Canale 5 Temptation Island, Tontetion Island
Con un patrimonio di 12 miliardi di dollari, l’italiano più ricco del settore della moda e 171esimo al mondo è Giorgio Armani. Lo stilista, che l’11 luglio ha compiuto 90 anni, ha lanciato la sua linea di abbigliamento a metà degli anni ‘70.
Sdi Alessandro Mauro Rossi
Quante aspettative sul calcio di domani
Siamo il Paese del tutto e subito, del meglio al prezzo più basso. Sappiamo creare ma i problemi arrivano quando c’è da gestire, da spiegare, da costruire passo dopo passo, da programmare, da cambiare modelli. Il successo spesso arriva ugualmente, perché siamo un popolo di gente geniale e coriacea. Ma quanta fatica soprattutto nell’innovare i sistemi consolidati, nel modificare lo status quo. Prendiamo il calcio, come esempio. Siamo tutti allenatori. Una volta la formazione si faceva al bar ora si fa sui social. E quante proteste se i giocatori non vanno nelle caselle che vorremmo. È sempre colpa dell’allenatore anche quando ha a disposizione 11 brocchi, è sempre colpa del presidente, che ha speso milioni, non ha dormito la notte, ha lasciato indietro la sua azienda, ma magari è incappato nell’annata storta. Così i suoi sacrifici milionari non valgono più niente davanti a un grappolo di tifosi (tifosi?) urlanti o maleducati che offendono nascosti dietro un computer o un telefonino. Il campionato di calcio è alle porte e abbiamo deciso di dedicare la copertina di questo numero di agosto a Stefano Azzi, ceo per l’Italia di Dazn, il broadcaster che si è aggiudicato i diritti televisivi della Serie A per i prossimi cinque anni. Azzi è un manager con un passato importante nel marketing e nell’innovazione digitale, innamorato del calcio e dello stadio. Il suo progetto, il progetto di Dazn, è quello di cambiare il modo di vivere il calcio non solo da spettatori ma da protagonisti potendo interagire, discutere, comprare un gadget o una maglietta, dire la propria, avere commenti sempre più approfonditi e strumenti tecnici sempre più perfezionati. Dazn entra nelle case degli italiani con una piattaforma proprietaria multifunzione, un sistema che consente di poter trasmettere mille eventi
live in contemporanea da tutto il mondo, un potenziamento tecnologico che sta dando e darà sempre più una spinta decisiva alla crescita digitale del Paese. Tra l’altro, andando controcorrente con tutte le polemiche che sorgono ad ogni inizio di campionato, offre il calcio in visione al prezzo più basso d’Europa. Vedere la tabella a pagina 38 per credere. Ma tutto questo non può andare avanti se non insieme a un sistema calcio che si evolva anche tecnicamente. Prendiamo l’insegnamento che ci arriva dalla Spagna campione d’Europa. Ha vinto con una rosa che è partita dalle giovanili, ha fatto un percorso di crescita ed è arrivata dove è arrivata. Gli spagnoli e gli inglesi (gli altri finalisti europei) hanno il coraggio di far giocare i giovani. E se sbagliano faranno meglio la prossima volta. Ma sbagliano difficilmente perché sentono la fiducia, sono accuditi nella crescita. Da noi abbiamo talenti come Simone Pafundi che per vedere l’erba è dovuto andare fino a Losanna. L’ex Ct Roberto Mancini lo aveva convocato in Nazionale A capendo che il ragazzo è un grande talento, ma nell’Udinese (non nel Real Madrid, con tutto il rispetto) non trova posto. Il Milan ha pescato Francesco Camarda ma lo manderà a giocare in Serie C. Abbiamo grandi istruttori federali (le nazionali giovanili fanno man bassa di trofei) ma poi i giovani nei rispettivi club si perdono. Ricordiamoci che Enzo Bearzot e Azeglio Vicini, due cosiddetti tecnici federali, non allenatori di grido, sono stati tecnici più amati della Nazionale. Due travet del pallone che venivano da un percorso iniziato con le giovanili e finito per il primo con un Mondiale e per il secondo, tradito dai rigori, con un terzo posto ai Mondiali delle ‘Notti magiche’. Mancini ha vinto un Europeo perché è stato a lungo Ct della Nazionale e ha potuto programmare. Il tutto e subito non paga e per avere il meglio bisogna avere pazienza. Ma anche rischiare. F
Classifiche
Gli attori di Hollywood più pagati
di Andrea Giacobino
Addio soffitto di cristallo
Manuela Franchi, ad di doValue Group, è stata la regista del matrimonio con Gardant, che darà vita al numero uno nel Sud Europa nella gestione dei non performing loan. “Stiamo creando un’organizzazione più forte e resiliente”, dice, “con solide basi per un’ulteriore crescita”
Il soffitto di cristallo che ostacola ancora oggi la carriera al femminile si può anche rompere e da lì una donna può salire fino a diventare leader. È quello che ha fatto poche settimane fa Manuela Franchi, che, come amministratore delegato della quotata doValue, ha messo le basi per il matrimonio con Gardant, che darà vita al numero uno italiano e sud europeo nella gestione dei non performing loan (npl).
Nata a Formia, in provincia di Latina, nel 1976, Franchi si è laureata con lode in economia all’Università Bocconi di Milano.
Dal 2000 al 2003 ha lavorato come analista in Goldman Sachs nella divisione credit risk management e rating advisory della filiale di Londra, poi, dal 2003 al 2006, come associato nella divisione investment banking. Dal 2006 al 2008 è stata vicepresidente della divisione investment banking-telecom, media e technology di Merrill Lynch a Londra. Dal 2008 al 2015 ha assunto diverse cariche nella divisione investment banking di Bank of America Merrill Lynch a Roma, tra cui quelle di vicepresidente, direttore e managing director.
mation, organizzazione, enterprise risk management e chief operating officer. Dal 29 aprile al 2 agosto 2023 è stata amministratore delegato ad interim del gruppo, carica confermata il 3 agosto con decisione unanime del consiglio di amministrazione. Oggi è anche amministratore delegato di doNext, l’ex Italfondiario, primo operatore in Italia per numero di cartolarizzazioni di portafogli performing e non performing e nella gestione di unlikely to pay (utp).
Oggi Franchi è anche amministratore delegato di doNext, l’ex Italfondiario, primo operatore
in Italia per numero di cartolarizzazioni di portafogli performing e non performing e nella gestione di unlikely to pay
Nel 2016 è entrata in doValue come responsabile m&a e finance, strutturando tutti i finanziamenti delle operazioni di m&a del gruppo e guidando il completamento del processo di collocamento in Borsa, chiuso nel 2017 (da allora, però, il titolo ha perso quasi il 25%).
Dal 2020 è direttore generale di doValue, responsabile di tutte le funzioni aziendali del gruppo e delle sue controllate, tra cui cfo, ir, m&a, people, transfor-
Il 7 giugno doValue ha annunciato di aver stipulato un accordo vincolante con Tiber Investments, una società affiliata a fondi gestiti da Elliott Advisors e altri soci di minoranza, per l’acquisizione del 100% del capitale sociale emesso di Gardant, per un corrispettivo in cassa di 230 milioni di euro e nuove azioni doValue, pari a una quota del 20%. L’acquisizione darà vita a una delle più importanti società europee nel settore del credit management, il cui ruolo a sostegno del sistema finanziario e dell’economia viene rafforzato dalla creazione della principale società di gestione del credito in Italia, con prodotti che spaziano dai crediti sub-performing a quelli non performing, fino a una piattaforma informatica, all’asset management, alle linee di business diversificate su tutto lo spettro della gestione del credito e a contratti a lungo termine con i maggiori gruppi bancari europei. Questa acquisizione aumenterà di molto il portafoglio clienti del gruppo, grazie agli accordi esistenti di Gardant con due dei principali
gruppi bancari del Paese (Banco Bpm e Bper) e con Elliott. L’ampliamento della base azionaria a importanti operatori del settore creditizio rafforzerà ulteriormente il profilo e le prospettive di doValue come principale operatore indipendente specializzato in credit e asset management in Sud Europa. “Questa acquisizione”, ha detto Franchi, “segna una pietra miliare per doValue, consolidando la nostra posizione di operatore all’avanguardia nel settore della gestione del credito. Diamo il benvenuto nel gruppo combinato al team di Gardant, con cui condividiamo obiettivi, ambizioni e cultura. In un panorama in cui
numerosi operatori, nati tra il 2015 e il 2019, anni del boom degli npl, sono oggetto di integrazione o passano dall’acquisto del debito a modelli più sostenibili e leggeri, doValue si sta espandendo strategicamente. Con il sostegno dei nostri azionisti di lungo termine e dei principali finanziatori, siamo pronti a rafforzare il nostro ruolo in questo settore così importante del sistema finanziario. Attraverso l’acquisizione di Gardant – tra i leader nel mercato italiano – stiamo creando un’organizzazione più forte e resiliente, con solide basi per affrontare un’ulteriore crescita”. Il soffitto di cristallo che cos’è? F
Manuela Franchi
ECONOMIC SCENARIOS
di Ugo Mattei
Affari privati
Nel 2006 i maggiori economisti italiani raccomandavano nuove regole per la cessione degli asset dello Stato, a tutela dell’interesse nazionale. Oggi, con il passaggio della rete Tim al fondo Kkr e di Ita a Lufthansa, sembra iniziata invece una stagione di svendita dei beni pubblici sovrani
Nel giugno del 2006 si svolse, all’Accademia Nazionale dei Lincei, un convegno di studio per presentare il cosiddetto ‘Conto patrimoniale delle amministrazioni pubbliche’. Il documento, esito di uno sforzo conoscitivo del ministero dell’Economia, serviva a stimare e valorizzare, attraverso criteri di contabilità internazionali, gli asset pubblici, ossia i beni in proprietà del popolo italiano. La razionalizzazione era benvenuta perché, allora come oggi, si ha un’idea davvero vaga di quali siano e quanto valgano le ricchezze del Paese. Dall’Unità in poi, l’Italia si è dotata di un patrimonio pubblico che ancora oggi è fra i più ingenti d’Europa, ma, come un nobile ora decaduto (il 16 marzo del 1991, superando il Pil della Francia, l’Italia divenne la quarta economia del mondo), ne ignora l’entità e lo stato di salute. Fra immobili in stato di semiabbandono (tutta la proprietà fondiaria che non appartiene o non appartiene più a nessuno è dello Stato), dipinti e altre opere d’arte dimenticati nelle cantine dei musei, caserme dismesse, asset strategici come le grandi reti autostradali, o il lido del mare, o lo spettro delle frequenze concesse a prezzo vile a privati, case popolari in degrado, brevetti esito di ricerca pubblica sfruttati da privati, non si può certo dire che il pubblico sia un amministratore migliore del vecchio, adorabile Conte Rostov descritto da Tolstoj, intento a procurare la rovina del suo nobile casato. Il convegno linceo raccoglieva principalmente economisti e giuristi. Era la prima volta, dopo 15 anni di celebrazione a senso unico delle privatizzazioni intervenute dopo la caduta del Muro di Berlino (da soli, i governi tecnici dei primi anni ‘90 privatizzarono asset per circa 150 miliardi), in cui emerse una riflessione critica seria su quelle svendite. La mala amministrazione pubblica di alcuni asset durante la Prima Repubblica aveva offerto una ghiotta occasione a
privati in cerca di facili rendite, convincendo il ceto politico di quanto fosse conveniente dismettere e privatizzare (su questo punto Prodi, Berlusconi, Monti, Draghi e tutti gli altri hanno agito come un sol uomo).
In quel clima culturale cominciava a emergere il timore che, dopo le dismissioni quanto meno discutibili di Iri e dei settori bancari e assicurativi, il conto patrimoniale fosse il preludio a una nuova ondata di privatizzazioni selvagge. I giuristi presenti, fra cui Angelo Falzea, Pietro Rescigno, Giuseppe Guarino e Giovanni Conso, raccomandarono di non intraprendere una nuova stagione di vendite senza prima dotarsi di regole giuridiche rinnovate e forti, capaci di governare questi processi nell’interesse pubblico e non in quello degli acquirenti, come era avvenuto, a favore degli oligarchi, nell’ex Unione Sovietica di Gaidar e Eltsin.
La proprietà dell’infrastruttura Tim
è passata al fondo speculativo Kkr, le cui strategie sono dettate da un generale statunitense
In effetti, le vecchie regole del codice civile sulla disciplina di demanio e patrimonio pubblico, risalenti addirittura al Codice Napoleonico, sono strutturalmente incapaci di porre limiti alle svendite, perché i governanti pro tempore possono, proprio come i proprietari privati, vendere a capriccio i beni pubblici, anche per sopperire a bisogni di spesa corrente (tipo pagare interessi sul debito).
Da quella giornata di studi prese le mosse la proposta di riformare radicalmente la disciplina dei beni pubblici del Codice civile (Titolo II del Libro III), per evitarne dismissioni affrettate e incompatibili con il pubblico interesse. Nel 2007 il compito fu assegnato a una commissione ministeriale, la Commissione Rodotà, dal nome del suo presidente. Dopo quasi un anno di lavori, articolati su 11 riunioni plenarie e sei riunioni speciali di segreteria scientifica, la commissione produsse un disegno di legge delega, noto per aver contenuto la prima definizione giuridica di beni comuni (recepita poi dal dibattito internazionale e dalla
Corte di cassazione). Il ddl fu subito abbandonato e, sebbene ripresentato anche come legge di iniziativa popolare, non venne mai discusso.
In conseguenza di questo atteggiamento trasversale, dopo 18 anni ci ritroviamo con lo stesso apparato normativo inefficace e obsoleto, ma molto più poveri e, soprattutto, di fronte a un salto di qualità preoccupante, testimonial del quale è la soddisfazione di Giorgetti a fronte del closing nella (s)vendita dell’intera infrastruttura della Tim.
La proprietà dell’ex monopolista pubblico è stata acquisita da un fondo speculativo statunitense, Kkr, le cui strategie sono istituzionalmente dettate dal generale David Petraeus, già comandante delle truppe Usa in Afghanistan e Iraq, nonché ex direttore della Cia. I beni oggetto della proprietà dismessa, per una cifra fra i 18 e i 22 miliardi di euro (a seconda di contingenze) sono l’intera rete, ossia la struttura primaria e secondaria delle linee telefoniche e dei cavi di fibra ottica per la trasmissione dei dati in Italia. Le nostre telecomunicazioni nazionali sono così, dalla data del closing, proprietà privata di una società statunitense (a dir poco vicina alla Cia). Proprio come Ita (ex Alitalia) è passata ai tedeschi di Lufthansa, alla quale sarà interamente ceduta la partecipazione azionaria del ministero entro il 2033, a un prezzo complessivo inferiore al miliardo. La principale dote di Ita, esito della lunga e penosa vicenda della dismissione di Alitalia, sono beni pubblici come gli slot aeroportuali, in particolare quelli fra Milano e Roma. Nella tassonomia proposta dalla Commissione Rodotà, i beni oggetto delle due vicende sono “ad appartenenza pubblica necessaria”, o “beni pubblici sovrani”, a causa della loro rilevanza politico-economica e geopolitica. Si legge nella relazione di accompagnamento della Commissione
Rodotà che queste tipologie di beni soddisfano “interessi generali fondamentali la cui cura discende dalle prerogative dello Stato e degli enti pubblici territoriali. Si tratta di interessi quali ad esempio la sicurezza, l’ordine pubblico, la libera circolazione… per essi è prevista una disciplina rafforzata”. La commissione immaginava forme di inalienabilità sostanziale, rispetto a quella oggi formale dei beni demaniali, che possono essere facilmente ‘sdemanializzaziati’ per decreto ministeriale. In altri termini, per la Commissione Rodotà beni come le grandi infrastrutture della comunicazione virtuale e fisica non avrebbero potuto che appartenere a uno Stato che volesse mantenere il controllo sovrano sul proprio territorio. Questi “beni ad appartenenza pubblica necessaria” sono diversi dai “beni comuni” (che, come i beni culturali, possono essere anche in proprietà privata), perché possono appartenere solo allo Stato e agli enti territoriali. E sono diversi anche dai “beni pubblici sociali” (ospedali, scuole, asili, case di riposo, etc.), fondamentali per uno Stato (come l’Italia) vincolato costituzionalmente all’inclusione sociale, ma che in uno Stato privo di questo vincolo costituzionale (per esempio gli Stati Uniti) possono anche essere interamente in proprietà privata.
Sembra così essere iniziata una stagione di privatizzazione dei beni pubblici sovrani (nel 2022 lo spettro delle frequenze 5G era stato venduto per circa 6,5 miliardi) che meriterebbe ben più che qualche trafiletto nelle pagine economiche dei giornali. In gioco non ci sono solo miliardi di euro (pochi, se comparati ai 78,65 miliardi annui di servizio sul debito). Sono in causa, in tempo di guerra, le condizioni materiali dell’autodeterminazione dell’Italia rispetto al proprio territorio. F
Il passaggio di Ita a Lufthansa è l’ultima svendita di un asset strategico del nostro Paese.
WHAT’S NEW WHO’S NEXT
II cinefili se lo sono segnato sul calendario già da mesi. Dal 28 agosto al 7 settembre il Lido di Venezia tornerà a ospitare la kermesse cinematografica più antica al mondo. Una grande macchina organizzativa che muove qualcosa come 24 milioni di euro, dei quali 18 solo per l’organizzazione e l’ospitalità. Parliamo dell’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cin-
Un’estate da Leoni
Dal 28 agosto al 7 settembre Venezia ospiterà l’81esima edizione della Mostra del cinema. Un evento che ha bisogno di una complessa macchina organizzativa e che nel 2023 è costato 24 milioni di euro, tra allestimenti, ospitalità per i giurati e cachet delle stelle internazionali. Ma che dà grandi benefici all’economia della città
ematografica, organizzata dalla Biennale di Venezia sotto la direzione del critico cinematografico Alberto Barbera. Un evento che l’anno scorso ha totalizzato 230mila ingressi. Quest’anno la giuria sarà presieduta dall’attrice francese Isabelle Huppert, che assegnerà, oltre al Leone d’Oro per il miglior film e agli altri premi ufficiali, anche i riconosci-
menti alla carriera all’attrice Sigourney Weaver (Alien, Ghostbusters, Avatar) e al regista Peter Weir (L’attimo fuggente, The Truman Show, Master & Commander).
Il film di preapertura sarà L’oro di Napoli di Vittorio De Sica (sezione Venezia Classici): nel 50esimo anniversario della scomparsa del regista e nel 70esimo dall’uscita del film, la
di Francesca Vercesi
pellicola (restaurata in versione digitale 4K) verrà presentata la sera di martedì 27 agosto in Sala Darsena. I migliori restauri di classici della cinematografia internazionale realizzati nell’ultimo anno da istituzioni culturali e cineteche sono oggetto di questa sezione, che vede in concorso 18 titoli. Oltre a L’oro di Napoli, ci sono, tra gli altri, La notte di Michelangelo Antonioni, Ecce bombo di Nanni Moretti e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto di Lina Wertmüller.
Il film di apertura sarà invece Beetlejuice Beetlejuice di Tim Burton (fuori concorso) con Michael Keaton, Winona Ryder, Catherine O’Hara, Willem Dafoe e Monica Bellucci, in programma mercoledì 28 agosto nella Sala Grande del Palazzo del Cinema, che Federico Fellini definiva “il luogo dell’esame di maturità”.
Sono cinque i registi italiani in concorso: Gianni Amelio (Campo di battaglia, con Alessandro Borghi e Gabriel Montesi), Maura Delpero (Vermiglio, con Tommaso Ragno), Fabio Grassadonia e Antonio Piazza (Iddu, con Toni Servillo e Elio Germano), Luca Guadagnino (Queer, con Daniel Craig) e Giulia Steigerwalt (Diva futura, con Pietro Castellitto, Barbara
Ronchi e Denise Capezza). Sempre in concorso, in coproduzione italiana e con grandi attori nostrani, è Maria, il film su Maria Callas di Pablo Larraín, con Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher.
Sarà invece presentato come proiezione speciale fuori concorso Leopardi, il poeta dell’infinito, con la regia di Sergio Rubini e Leonardo Maltese come protagonista. C’è poi Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini, con Fabrizio Gifuni e Romana Maggiora Vergano, racconto autobiografico del rapporto della regista con il padre Luigi, con dentro anche gli anni di piombo e la ‘generazione scomparsa’. Presente anche Marco Bellocchio con il cortometraggio Se posso permettermi - Capitolo II sul festival di
cinema a Bobbio, con Fausto Russo Alesi, e Alice Rohrwacher, Jr con Allégorie Citadine. Tra i titoli più attesi Finalement di Claude Lelouch e Wolfs di Jon Watts, con Brad Pitt e George Clooney. M - Il figlio del secolo, otto episodi con la regia di Joe Wright e Luca Marinelli nei panni di Mussolini, produzione Sky - Fremantle tratta dal best seller di Antonio Scusati, sarà presentata fuori concorso.
Tra gli altri attori italiani che sfileranno sul red carpet ci sono Rocco Papaleo, Filippo Timi, Pier Giorgio Bellocchio, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Laura Morante (Nonostante, con Mastandrea alla regia), Valeria Bruni Tedeschi (L’attachement di Carine Tardieu), Filippo Scotti, Alessandro Preziosi e Alessio Boni. Tra le altre star internazionali, Tilda Swinton, Julianne Moore e John Turturro per The Room Next Door di Pedro Almodóvar, Adrien Brody, Guy Pearce e Felicity Jones per The Brutalist di Brady Corbet, Jude Law e Nicholas Hoult per The Order di Justin Kurzel, Joaquin Phoenix e Lady Gaga per Joker: Folie à Deux di Todd Phillips, Nicole Kidman e Antonio Banderas per Babygirl di Halina Reijn, Cate Blanchett e Kevin Kline per Disclaimer, serie tv in sette capitoli di Alfonso Cuarón.
Ma quanto costa il Festival di Venezia? E quanto del budget della manifestazione è coperto da finanziamenti pubblici? Tra allestimenti, ospitalità per i giurati, cachet per gli ospiti internazionali, la mostra richiede una gigantesca macchina organizzativa, che lavora 12 mesi l’anno e ha costi non trascurabili. Nel 2023 la copertura statale è stata di circa il 70%, comprensiva del sostegno alle produzioni italiane.
Sul fronte dei contributi pubblici, il ministero della Cultura elargisce il principale finanziamento, di 13,5 milioni. Altro aiuto economico importante è poi il finanziamento da quasi 13 milioni per la riqualificazione delle strutture al Lido di proprietà del Comune di Venezia usate per la mostra, previsto dal Piano nazionale comple-
ANDREW H. WALKERVARIETY REX SHUTTERSTOCK
Il manifesto dell’81esima edizione della Mostra del cinema di Venezia. Nell’altra pagina, Sigourney Weaver e Peter Weir, che riceveranno il Leone d’oro alla carriera.
mentare (Pnc) al Pnrr, che lo scorso anno aveva consentito di rinnovare i 600 posti della Sala Perla. Il costo del personale impegnato nell’organizzazione rappresenta solo una piccola parte del budget, dato che il grosso viene impiegato per attrarre le star internazionali. Il loro cachet può oscillare dai 200 ai 400mila euro, a cui vanno aggiunti rimborsi spese per manager, accompagnatori, parrucchieri e stylist. Tutti, ovviamente, da ospitare in alberghi a cinque stelle, con autisti sempre a disposizione. Una parte di questi investimenti produce ricadute positive sui conti di hotel, ristoratori e altro personale impiegato. Si aggiungono poi i soldi degli incassi relativi a cinefili e turisti che arrivano a Venezia proprio per la mostra (gli alberghi dichiarano di aver esaurito i posti disponibili già da mesi).
A guadagnare sicuramente è l’immagine della città, insieme alle grandi griffe della moda, della gioielleria, della cosmesi e dell’auto. Per loro il Lido è una grande vetrina internazionale dove promuovere al meglio i prodotti. Va detto, però, che non è automatico né scontato il pareggio tra entrate e uscite.
Dando uno sguardo al bilancio della Fondazione La Biennale di Venezia, il cui sviluppo interessa non solo le attività tradizionali (mostre e festival), ma anche quelle permanenti, cui si dà impulso lungo tutto l’anno con l’Archivio Storico (Asac), i college, l’educational e i progetti speciali dell’archivio, il 2023 si è chiuso con un utile di 2,5 milioni di euro, in netto calo rispetto ai 13,8 milioni del 2022 e ai 6,7 milioni del 2021. Sono scesi anche i ricavi: 21,6 milioni nel 2023, contro i 34,6 del 2022. Il margine operativo lordo è risultato negativo per
quasi 27 milioni di euro (-17 milioni a fine 2022). Note positive: ci sono quasi 61 milioni di euro di liquidità e il numero dei biglietti venduti continua a crescere (l’edizione dello scorso anno ha registrato un +17% sul 2022).
I biglietti venduti al pubblico sono stati circa 85mila (erano 75mila nel 2022, +14%), gli accrediti effettivamente ritirati 13.023 (11.967 nel 2022, +9%). “La Biennale è la casa delle arti contemporanee e l’arte è industria”,
ha dichiarato durante la conferenza stampa Pietrangelo Buttafuoco, il nuovo presidente, successore di Roberto Cicutto. Nel bene e nel male, il settore continua a spingere, grazie soprattutto alle piattaforme streaming e alle serie. L’industria del cinema (produttori, distributori, tecnici, esercenti) in Italia genera un giro d’affari complessivo di circa 4 miliardi di euro. Mica male per essere la settima arte e la decima musa. F
Margot Robbie è la seconda attrice più pagata al mondo grazie al trionfo di Barbie.
I dieci attori più pagati del mondo hanno guadagnato 449 milioni di dollari nel 2023. In testa alla classifica, grazie soprattutto a un ricco contratto con Netflix, c’è Adam Sandler, con 73 milioni. Salgono sul podio anche Margot Robbie e Tom Cruise
NNel 2014 Adam Sandler firmava il primo contratto con Netflix: 250 milioni di dollari per quattro film. Da allora ha recitato in otto titoli per la piattaforma e ne ha prodotti altri attraverso la sua società, Happy Madison. Se si considerano anche le commedie girate in precedenza, in gran parte disponibili su Netflix, solo nei primi sei mesi del 2023 gli abbonati hanno trascorso più di 500 milioni di ore a guardare i suoi film. È soprattutto grazie all’accordo con l’azienda guidata da Reed Hastings, a cui si aggiungono gli oltre 40 spettacoli di stand-up comedy in giro per gli Stati Uniti, che Sandler è stato l’attore più pagato del mondo lo scorso anno, con 73 milioni di dollari (dopo le commissioni ad agente, manager e avvocato). Nel 2023 è
apparso in Murder Mystery 2 e in Non sei invitata al mio bat mitzvah Al secondo posto, con 59 milioni, c’è Margot Robbie, la più giovane in una classifica dominata da veterani di Hollywood. Merito soprattutto di Barbie, che ha incassato più di tutti nel 2023 (1,4 miliardi di dollari) e continuerà a fare ricca l’attrice australiana anche nei prossimi anni. “Vi assicuro che Margot Robbie riceverà assegni per Barbie per il resto della sua vita”, ha detto un agente.
Per scoprire altre nostre classifiche visita il nostro sito Forbes .it
Tom Cruise ha guadagnato 45 milioni di dollari lo scorso anno, con l’ultimo film della saga di Mission: Impossible e gli incassi legati a streaming e on demand di Top Gun: Maverick
Il podio è completato da Tom Cruise, arrivato a 45 milioni grazie all’ultimo film della saga di Mission: Impossible e agli incassi legati a streaming e on-demand di Top Gun: Maverick Al quarto posto, con 43 milioni, sono appaiati Ryan Gosling, il Ken di Barbie, e Matt Damon, che nel 2023 è stato protagonista di Air - La storia del grande salto ed è apparso in Oppenheimer, terzo film dell’anno per incasso (975 milioni di dollari), oltre che dominatore degli Oscar. La seconda e ultima donna sulla lista è Jennifer Aniston, con 42 milioni. Aniston riceve ancora assegni cospicui per Friends, guadagna circa 2 milioni di dollari a episodio per The Morning Show ed è stata protagonista di Murder Mystery 2 assieme a Sandler.
Uno degli attori più presenti al cinema nel 2023 è stato Jason Statham, che è apparso nel film di Guy Ritchie Operation Fortune e in tre nuovi episodi di saghe di successo: Fast X, Shark 2 - L’abisso e I mercenari 4 - Expendables. Statham è settimo in classifica con 41 milioni, alla pari con Leonardo DiCaprio, protagonista dell’ultimo film di Martin Scorsese, Killers of the Flower Moon.
Completano le prime dieci posizioni Ben Affleck, che ha diretto e interpretato Air - La storia del grande salto ed è nono con 38 milioni, e Denzel Washington, che grazie al terzo capitolo di The Equalizer e ai proventi degli oltre 60 film girati in carriera è decimo con 24 milioni. Nel complesso, i dieci attori più pagati del mondo hanno guadagnato 449 milioni di dollari nell’ultimo anno. Incassi arrivati soprattuto dal cinema, visto che gli scioperi degli sceneggiatori e degli attori hanno ritardato diverse serie televisive. F
I DIECI ATTORI PIÙ PAGATI DEL MONDO
#1. ADAM SANDLER 73 milioni
#2. MARGOT ROBBIE 59 milioni
#3. TOM CRUISE 45 milioni
#4. RYAN GOSLING 43 milioni
#4. MATT DAMON 43 milioni
#6. JENNIFER ANISTON 42 milioni
#7. LEONARDO DICAPRIO 41 milioni
#7. JASON STATHAM 41 milioni
#9. BEN AFFLECK 38 milioni
#10. DENZEL WASHINGTON 24 milioni
Adam Sandler con la moglie Jackie.
Il gusto scende in campo
Il Circuito Ristogolf 2024 by Allianz è ripartito per la 12esima edizione. Sul green, oltre ai giocatori, anche cucina di alta qualità e le attività dei tanti sponsor. L’evento conclusivo sarà al Gallia Palace Resort Punta Ala - Relais & Châteaux dal 4 al 6 ottobre
ÈÈ ripartito il Circuito Ristogolf 2024 by Allianz, ideato dall’Associazione ristoratori albergatori & co. golfisti, presieduta dagli chef Enrico Cerea e Giancarlo Morelli e guidata dal direttore event manager Dario Colloi. Filo conduttore della 12esima edizione è sempre il motto ‘Giocare a golf, mangiare bene, bere bene e tanta voglia di divertirsi e solidarietà!’.
Tra golf, buona cucina e divertimento si sono susseguite varie tappe, in attesa dell’evento conclusivo che si terrà al Gallia Palace Resort Punta Ala - Relais & Châteaux dal 4 al 6 ottobre. Durante il weekend, il 5, si disputerà la gara tra i finalisti del circuito, sul nuovo campo del Riva Toscana Golf Resort a Follonica, inaugurato nel 2021.
Oltre ai giocatori che si sono sfidati sui fairway, sono scesi in campo anche tanti chef per deliziarli. A cominciare dall’accoglienza con croissanteria e biscotteria del ristorante Da Vittorio F.lli Cerea, frutta fresca Ginesi, pancake live con confetture Agrimontana, acqua Valverde e caffetteria espressa.
Tra una buca e l’altra, il percorso eno-gastronomico ha visto varie postazioni, ogni volta con varianti e selezioni differenti: la pizza gourmet di Molino Dallagiovanna, il gorgonzola Palzola, il gelato di Gelatteria - il Gelato della Fattoria e Il Dolce Sogno per Agrimontana, gli street food del ristorante Da Vittorio, le proposte 100% plant-based di MartinoRossi e quelle vegetariane di Koppert Cress. I piatti di pesce sono stati realizzati dal ristorante Osteria della Pista e
Il 5 ottobre, al Riva Toscana Golf
Resort di Follonica, si disputerà
la gara tra i finalisti del circuito
dai resident chef Stefano Cipolla, ristorante Il Tolcino, Antonio Tortora e Davide Grilli, ristorante Molinetto Country Club, e Giovanni Maretti, ristorante Golf dei Laghi. Le sorprese sono state riservate da Pasticceria Cova Montenapoleone 1817, con dolci creazioni, e dallo chef Alex Seveso del ristorante Vespuc-
ci, con un sushi dragon roll, rigorosamente da gustare sul green. In abbinamento un’ampia scelta beverage, con le bollicine di Ferrari Trento, l’aperitivo Bitter Tass e le bibite Tassoni, lo champagne TelmonT, le numerose etichette delle cantine Bertani, La Collina dei Ciliegi, Costa Arènte e Ripa della Volta e
gli sciroppi naturali Acqua delle Stelle per Rete Valpantena. Sempre presente, in tutte le postazioni, l’acqua Valverde. A intervallare la degustazione, le attività degli sponsor Allianz, Haier, Grupo Adma, Mepra con Martina Iacovone Osteopata, 3B Meteo, Callaway e Fondazione Francesca Rava Nph Italia Ets. A favore di quest’ultima, in particolare per il progetto ‘Ci prendiamo Cura di Te’ contro la povertà sanitaria dei minori in Italia, è rivolta la generosità dei ristogolfisti. La buona causa è promossa dalle due testimonial della Fondazione Rava, Martina Colombari ed Eleonora
Incardona. Lungo il percorso Allianz, title sponsor, ha dato in omaggio le tazze del Circuito Ristogolf 2024 by Allianz da collezionare e un’illustrazione diversa a ogni appuntamento, e ha dato la possibilità di aggiudicarsi l’ospitalità all’evento conclusivo.
Finita la gara, è iniziata la seconda parte dello spettacolo, in cui sul palco è arrivato Chicco Cerea, chef e presidente di Ristogolf. Hanno aperto un wine tasting al buio per Rete Valpantena, guidato dall’esperto Orazio Vagnozzi, e il cocktail-show di Alberto Baù del Bulk Mixology Food Bar Giancarlo Morelli.
Sulla cucina attrezzata con i nuovi elettrodomestici Haier, main sponsor del Circuito Ristogolf 2024 by Allianz, e con pentole Mepra, sono andati in scena gli ospiti dello showcooking: gli chef e conduttori televisivi Andrea Mainardi e Daniele Persegani, Francesco Aquila e Valerio Braschi, vincitori rispettivamente della decima e della sesta edizione di MasterChef, il pastry chef Eduardo Gadda di Pasticceria Cova Montenapoleone 1817, lo chef Marco Stagi del ristorante Metodo, lo chef Omar Bonecchi del ristorante Mirtillo Rosso e lo chef Cristian Benvenuto del ristorante La Filanda in rappresentanza dell’Associazione EuroToques-Italia.
Spenti i fornelli – solo per poco – la parola è passata a Colloi per le premiazioni dei giocatori. Foto di rito, un assaggio Coppini Arte Olearia e via al gourmet party a cura del ristorante Da Vittorio F.lli Cerea con i vini della Rete Valpantena e di Ferrari Trento. In pieno stile Ristogolf, oltre all’intrattenimento artistico e musicale, hanno concluso le coccole finali con marron glacé Agrimontana, cioccolato di Chocolate Academy, cognac Rémy Martin Vsop, sigari MastroTornabuoni Compagnia Toscana Sigari e la mixology del Bulk Giancarlo Morelli con Gian the Gin, Cointreau e Tonica al cedro Tassoni.
A Ristogolf si è respirato il sapore di casa, di amicizia e di convivialità. E con questa sensazione si va verso l’evento conclusivo del Circuito Ristogolf 2024 by Allianz. F
Da sinistra: Andrea Mainardi, Daniele Persegani, Enrico Cerea e Dario Colloi
#1 #1 #1
LA TOP FIVE
KHABY LAME Follower: 162,6 milioni
CHARLI D’AMELIO Follower: 155,4 milioni
#2 #2 #2
MRBEAST Follower: 96,9 milioni
#3 #3 #3
BELLA POARCH Follower: 94,2 milioni
#4 #4 #4
ADDISON RAE Follower: 88,8 milioni
#5 #5 #5
Italia al top I tiktoker più seguiti Italia al top I tiktoker più seguiti Italia al top I tiktoker più seguiti
Khaby Lame si conferma il più popolare al mondo. Tra giugno 2022 e settembre 2023 ha guadagnato 16,5 milioni di dollari
Ha iniziato a usare TikTok all’inizio della pandemia, dopo essere stato licenziato dal suo lavoro in fabbrica. Oggi Khabane ‘Khaby’ Lame è il tiktoker più seguito al mondo, con 162,6 milioni di follower. Diventato famoso per i video in cui ironizza su clip di ‘life hack’ (cioè che spiegano come risolvere piccoli problemi quotidiani), ha gi-
rato video con stelle del cinema come Matt Damon, Robert Downey Jr. e Tom Cruise, ha tirato calci di rigore con David Beckham ed è apparso in uno spot del Super Bowl. Lo scorso anno è approdato anche al cinema, con il cortometraggio I Am Khabane. Tra giugno 2022 e settembre 2023 ha guadagnato 16,5 milioni di dollari. Lame ha circa sette milioni di follower in più rispetto a Charli D’Amelio, seconda in classifica. Il divario è calato rispetto a un anno fa: Lame ha guadagnato due milioni di follower, contro i 4,3 di D’Amelio. A livello di ‘like’, D’Amelio è in testa, con 11,7
miliardi, mentre Lame è 26esimo, con 2,4 miliardi. Le prime cinque posizioni in classifica sono completate da MrBeast, terzo con 96,9 milioni di follower, da Bella Poarch, quarta con 94,2 milioni, e da Addison Rae, quinta con 88,8. Presto la classifica potrebbe essere stravolta dalla politica. Ad aprile il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha firmato una legge che impone alla società madre di TikTok, ByteDance, di vendere la piattaforma entro il 19 gennaio, pena la messa al bando in tutto il paese. L’azienda e alcuni utenti hanno fatto ricorso e sostengono che la legge sia incostituzionale. F
FOLLIE MILIONARIE
Jimmy Donaldson, in arte MrBeast, potrebbe diventare il primo youtuber miliardario. Nel frattempo è in testa alla classifica dei più seguiti, con i suoi video di sfide estreme
HJimmy Donaldson, in arte MrBeast, è lo youtuber più seguito al mondo. Con 293 milioni di iscritti, ha superato T-Series, un canale musicale indiano che deteneva il titolo dal 2019. Il sorpasso è avvenuto all’inizio di giugno. Donaldson ha iniziato a pubblicare video nel 2012. Il suo primo video virale, in cui contava fino a 100mila in 40 ore, è arrivato cinque anni dopo. Oggi è conosciuto soprattutto per i filmati con sfide estreme - come seppellirsi vivo - e per quelli in cui offre grandi somme di denaro ad altre persone per fare cose come sopravvivere in
ambienti selvaggi. A fine 2020 Donaldson ha promosso MrBeast Burgers, che permette di ordinare pasti a marchio MrBeast da circa 1.600 tra ristoranti e ghost kitchen. Nel 2022 ha lanciato anche Feastables, un marchio di cioccolato e snack. A fine 2022 Forbes gli attribuiva un patrimonio di circa mezzo miliardo di dollari. Nei 12 mesi tra giugno 2022 e giugno 2023 ha incassato 82 milioni di dollari. Il 21 giugno, secondo Social Blade, i suoi video avevano 52,6 miliardi di visualizzazioni. T-Series resta secondo nella classifica degli youtuber più seguiti, con 268 milioni di iscritti, ed è primo per visualizzazioni totali, con oltre 258 miliardi. Le prime cinque posizioni sono completate da YouTube Movies (181 milioni), CocomelonNursery Rhymes (177 milioni) e Set India (174 milioni). F
GLI YOUTUBER PIÙ SEGUITI AL MONDO
#1. MRBEAST
Iscritti: 293 milioni
#2. T-SERIES
Iscritti: 268 milioni
#3. YOUTUBE MOVIES
Iscritti: 181 milioni
#4. COCOMELON
NURSERY RHYMES
Iscritti: 177 milioni
#5. SET INDIA
Iscritti: 174 milioni
LA CYBERSECURITY A PORTATA DI DISPOSITIVO
Exein, startup di cybersecurity fondata nel 2018, ha chiuso in piena estate un round da 15 milioni di euro. Nel mondo, secondo alcune stime, ci sono circa 17 miliardi di dispositivi connessi (di cui sette fanno internet of things, mettono in connessione oggetti), che diventeranno 22 miliardi nel 2025. Finora l’attenzione e i controlli erano concentrati sulla rete. Exein li porta sui dispositivi, decentralizzando la protezione contro le minacce grazie all’intelligenza artificiale: la chiamano cybersecurity embedded. Dietro c’è la competenza del fondatore, il quarantenne Gianni Cuozzo (nella foto). Figlio di emigrati italiani in Germania, quando era ragazzino Cuozzo ‘giocava’ con i protocolli radar, a 18 anni era già impegnato a decifrare codici cinesi e nordcoreani, poi si è occupato di armamenti informatici e ha lavorato anche per la Nato. Se questo non è deep tech…
I DATI DOVE VUOI, AL SICURO E SOSTENIBILI
Ci sono investitori che gongolano e altri che si mangiano le mani per non aver compreso le potenzialità di Cubbit, scaleup (startup ad alto tasso di crescita) tra le prime 30 dee ptech (società basate su un alto contenuto tecnologico) in Europa secondo la Commissione europea. Ed è pro-
prio il continente l’obiettivo, dopo un nuovo round da 12,5 milioni di dollari. Fondata a Bologna nel 2016 da quattro studenti (Lorenzo Posani, Stefano Onofri, Alessandro Cillario e Marco Moschettini, da sinistra nella foto) con un sogno (restituire i dati alle persone e alle aziende), Cubbit ha ‘inventato’ il cloud geo-distribuito. Con la sua piattaforma, insomma, è possibile conservare i dati dove vengono prodotti, con costi ridotti e maggiori livelli di sicurezza. Per dirla in termini geopolitici, una soluzione che garantisce il sovranismo tecnologico, oltre a essere sostenibile perché riduce i consumi rispetto allo storage (la conservazione dei dati) tradizionale.
ABBONARSI ALLA TECNOLOGIA CHE SERVE
Se ormai possiamo avere auto, bici, monopattini, abiti, musica, film senza comprarli, perché non farlo anche con smartphone, tablet, cuffie, frigoriferi e lavastoviglie? È la domanda che deve essersi posto Filippo Rocca (nella foto) quando ha deciso di fondare Subbyx, startup che porta i principi della subscription economy nel mondo dell’elettronica di consumo e che ha ottenuto un finanziamento preseed (cioè prima di andare sul mercato) di 5 milioni e mezzo di euro. Con Subbyx si individua il dispositivo di cui si ha bisogno, nuovo o ricondizionato, e poi si sceglie il tipo di abbinamento mensile: il più costoso prevede un continuo aggiornamento del prodotto, il più economico invece una rata decrescente che segue la svalutazione del dispositivo. Rocca ha già alle spalle una exit: è stato fra i co-fondatori di Bandyer, startup venduta nel 2021 al gruppo Kaleyra.
di Giovanni Iozzia
di Enzo Argante
Le pmi investono nella DECARBONIZZAZIONE
Stando alla nuova edizione del Barometro della transizione climatica delle pmi di Argos Wityu e Boston Consulting Group, l’Italia è il paese europeo in cui più aziende ritengono importante la riduzione delle emissioni (73%). L’analisi è stata condotta su oltre 700 pmi di Francia, Italia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, attive in settori critici come trasporti e logistica, costruzio-
LA STARTUP DEL FUNDRAISING SOCIALE
Fondata da tre under 35 a Perugia, Cents è una piattaforma di donazioni che connette aziende e associazioni no profit. Ha 180 progetti e 60 partner, tra cui Save the Children, Oxfam e Fondazione Veronesi. Supporta le realtà no profit e facilita le donazioni benefiche e si occupa di corporate e crowd fundraising, cioè raccolta fondi da aziende e persone.
Proprietaria di una piattaforma che racchiude un ecosistema di cause ad alto impatto sociale e ambientale, Cents facilita donazioni a scopo benefico attraverso pagamenti e transazioni su prodotti e servizi, sia digitali che fisici. È nata a Perugia per iniziativa di Riccardo Valobra e Alessio Mazzalupi, allora studenti dell’università Bocconi, ed è operativa da dicembre 2023, quando ha chiuso un round di investimento preseed da 1,15 milioni.
ni, chimico, agroalimentare, commercio al dettaglio ed e-commerce. L’85% dei dirigenti considera la transizione importante o addirittura cruciale. Quest’anno la consapevolezza è accompagnata da una maggiore maturità delle aziende: il 17% dichiara di aver investito in modo massiccio (oltre il 10% del proprio capex annuale) in strategie strutturate per la decarbonizzazione, contro l’11% del 2023.
L’ECONOMIA TESSILE CIRCOLARE
Safe lancia Textile Waste Management, la nuova società consortile che trasferisce anche in ambito tessile l’esperienza del principale hub italiano di economia circolare nella gestione delle filiere di pneumatici fuori uso, batterie esauste e rifiuti elettrici ed elettronici. Il sistema si basa su una rete capillare di trasportatori, punti di stoccaggio e impianti di trattamento capaci di gestire le operazioni di raccolta e recupero in tutta Italia e consentire ai produttori del settore tessile e dell’abbigliamento di perseguire obiettivi di circolarità, ottenendo il massimo riutilizzo e riciclo. Ogni anno, infatti, vengono prodotti 100 milioni di tonnellate di rifiuti tessili nelle fasi di produzione, distribuzione e consumo, causando un inquinamento che è secondo solo a quello dell’aviazione, con il 10% delle emissioni serra e il 4% del consumo di acqua dolce del pianeta.
Da sinistra: Alessio Mazzalupi, Riccardo Valobra e Claudio Cardinale
Giuliano Maddalena
SPACEX deorbiterà la Stazione internazionale
Anche per l’avventura più longeva del genere umano nello spazio la fine si avvicina. Sarà SpaceX a sviluppare e costruire il veicolo che, tra sei o sette anni, dovrà agganciare la Stazione spaziale internazionale (Iss) e trascinarla nell’atmosfera terrestre in modo che precipiti, presumibilmente, nell’Oceano Pacifico. Lo ha annunciato la Nasa, che, a differenza di altri recenti contratti di servizio, diventerà proprietaria dello Us Deorbit Vehicle dopo il suo sviluppo e lo opererà con una missione propria. Il contratto per lo Us Deorbit Vehicle ha un potenziale valore di 843 milioni di dollari, il lancio sarà acquistato in seguito. Si arriverà di certo oltre il miliardo.
Verso una legge italiana sulle attività spaziali
La legge italiana sullo spazio sta prendendo forma. A giugno il Consiglio dei ministri ha licenziato il disegno di legge che mette i primi paletti alle attività private oltre l’atmosfera. La normativa regolerà un settore in forte espansione anche nel nostro Paese. Il ddl (atteso all’esame del Parlamento) stabilisce che qualsiasi attività spaziale sarà soggetta ad autorizzazioni, per le quali occorrerà rispettare requisiti di sicurezza e di capacità tecnica e fornire garanzie econo-
miche (compreso un ‘contributo’ per ottenere il nullaosta) e assicurative in caso di incidenti e danni, sia nello spazio che sulla Terra. La concessione delle autorizzazioni sarà responsabilità della presidenza del Consiglio dei ministri e del Comitato interministeriale sullo spazio, mentre verifiche e controlli saranno lavoro per l’Agenzia spaziale italiana. Sarà istituito un Fondo per l’economia dello spazio, con 295 milioni stanziati fra il 2024 e il 2026.
COMPASSO D’ORO alla tuta di Rea Space
La tuta spaziale di Rea Space ha vinto il Compasso d’oro, uno tra più importanti riconoscimenti del design italiano, nella categoria Prodotti per il lavoro. Progettata da Flavio Augusto Gentile, amministratore delegato e fondatore dell’azienda di Brindisi, e sviluppata con il supporto del Politecnico di Bari, la tuta Emsi (Electrical muscle simulation) è stata indossata dall’astronauta Walter Villadei durante la missione Ax-3, che lo
ha visto impegnato per due settimane a bordo della Stazione spaziale internazionale. Emsi non è pressurizzata, cioè non è indossabile nelle attività extra-veicolari, ma durante le attività all’interno. Lavorando per mesi in condizioni di assenza di peso, gli astronauti soffrono di riduzione della massa muscolare. Per questo Gentile ha pensato a una tuta che risolvesse il problema stimolando passivamente i muscoli.
di Emilio Cozzi
DENTRO LA PARTITA
Stefano Azzi, ceo per l’Italia di Dazn
DAZN GESTIRÀ I
DIRITTI TELEVISIVI DEL CAMPIONATO ITALIANO
DI CALCIO PER I PROSSIMI
CINQUE ANNI. UNA SFIDA
IMPEGNATIVA PER GLI
INVESTIMENTI MA ANCHE
PER QUELLO CHE PUÒ
SIGNIFICARE IN TERMINI
DI CRESCITA DIGITALE
DEL PAESE. IL PROGETTO
INFATTI NON PREVEDE
SOLO LA VISIONE DELLE
PARTITE, MA INTERAZIONE, PARTECIPAZIONE,
CONDIVISIONE DA PARTE
DELL’UTENTE FINALE.
COME SARÀ POSSIBILE LO
RACCONTA STEFANO AZZI,
CEO PER L’ITALIA, IN QUESTA INTERVISTA A FORBES
DI ALESSANDRO MAURO ROSSI FOTO DI TOMMASO CIMARELLI
SSTEFANO AZZI
Sarà una partita lunga cinque anni. È la prima volta che un broadcaster ottiene un contratto così lungo per gestire i diritti televisivi. Dazn c’è riuscita e, appunto, la partita per il ceo Stefano Azzi e tutto il suo team comincia ora. Non si tratta di trasmettere solo la partita di Serie A in tv, ma il progetto prevede di offrire una serie di servizi collegati sempre più innovativi e destinati a crescere esponenzialmente in qualità e in quantità, appoggiati su una piattaforma solida e proprietaria con una copertura della rete sempre più vasta e organizzata. Il tifoso non è più quello con sciarpa, cappellino e trombetta come nei film di Alberto Sordi, è un utente esigente che vuole interagire, commentare, partecipare, magari anche comprarsi la maglietta del suo campione che ha appena segnato un goal. È il calcio moderno visto in tv, certo, ma che interagisce a doppio filo con quello reale che si gioca sull’erba del prato. Emozioni, sensazioni, commenti, vivisezione degli episodi. Oggi il calcio è un mix di tutto questo.
E Stefano Azzi, ceo di Dazn in Italia, è già sceso in campo per giocare la partita probabilmente più importante della sua carriera di manager. Il ‘riscaldamento’ l’ha già fatto durante la sua carriera e nei tre anni precedenti passati in Tim come chief consumer office, con risultati che fanno ben sperare in un successo.
“Il gruppo ha un track record di estrema forza perché finora, quindi senza comprendere gli investimenti del prossimo quinquennio, ab -
OLTRE LA PARTITA
biamo investito 10 miliardi in diritti”, racconta Azzi. “Sono tanti, è vero, ma hanno portato a una crescita corposa dei ricavi: nel 2022 è stata di circa il 50%, e nel 2023 del 40% sul 2022. Siamo arrivati a oltre 3 miliardi di euro. Anche la marginalità è migliorata in maniera rilevante, del 35% nel 2022 e del 24% nel 2023. Ma soprattutto è cresciuto l’investimento in diritti, quindi ci si è focalizzati sulla cosa più importante, la materia indispensabile. Dopo la fase di startup oggi stiamo ottimizzando le strutture. Abbiamo investito altri 2 miliardi nella piattaforma per poter mandare in onda più di 1.000 eventi live contemporanei. Abbiamo una capacità complessiva di utenti che si possono collegare nello stesso momento superiore ai 50 milioni, quindi la piattaforma, che è proprietaria, ha oggi una solidità impressionante e soprattutto consente di offrire al cliente proprio quello che vuole di più oltre alla visione, cioè immersività e interazione”.
Azzi è uno che di trasformazione digitale e di mercato consumer se ne intende. Il 1 marzo 2022 ha assunto il ruolo appositamente istituito da Dazn di ceo del mercato italiano, per guidare l’ambiziosa strategia di crescita nel nostro Paese. Con la sua esperienza del settore delle
identikit
UN CEO IMMERSO NEL CALCIO
Stefano Azzi è nato e vive a Napoli. A soli 15 anni è entrato alla Scuola Navale Militare Francesco Morosini a Venezia, seguendo il richiamo del suo amore per il mare. Le immersioni sono sempre state per lui una vera passione, l’occasione per scoprire nuovi mondi che ha coltivato fin da subito, mentre lo studiare e vivere in un collegio militare hanno rinforzato la sua attitudine al vivere e lavorare insieme, in squadra, con grande determinazione. All’acqua si affianca anche la passione per il pallone, trasmessa dal papà sin da quando era piccolo e andavano allo stadio insieme. E proprio lo stadio è stato il luogo che più di tutti gli ha acceso la passione per il calcio. Ogni occasione era buona per usare la paghetta e
prendere i biglietti per seguire la squadra del cuore, affascinato da un grande campione come Maradona. E che il calcio fosse una priorità familiare lo aveva capito anche il medico quando, in attesa del parto, alla domanda su come stesse andando, rivolta al papà che attendeva intrepido con la radiolina in mano, si sentì rispondere: “1 a 1”. Negli anni del boom del marketing del largo consumo, ha studiato e si è laureato in marketing dei servizi, sempre rapito dal valore di ciò che non è fisico, da ciò che è intangibile, come Dazn. E proprio il destino lo ha portato, a partire dal 1 marzo 2022, a sedersi sulla ‘panchina’ del mercato italiano quando ha assunto la leadership diventando ceo di Dazn Italia, per guidare l’ambiziosa strategia di crescita italiana.
telecomunicazioni, dell’intrattenimento digitale e dei beni/servizi di consumo, Azzi ha portato in Dazn il suo ricco bagaglio di conoscenze nell’espansione del business e nell’innovazione.
Tutto comincia dai diritti. Senza quelli il progetto Dazn non potrebbe essere portato avanti.
I diritti sono sicuramente il futuro del broadcasting sportivo e il futuro del broadcasting sportivo è sicuramente rappresentato da Dazn, che ha cambiato molto anche la logica dei diritti televisivi. Infatti le piattaforme di streaming hanno cambiato la modalità di fruizione. Dazn vuole giocare la partita in maniera attiva valorizzando quello che il tifoso oggi cerca di più, cioè una modalità di fruizione molto immersiva, interattiva e che non si ferma alla visione della partita. Vogliamo ampliare l’esperienza con lo shopping, i pronostici, le statistiche e le chat tra tifosi.
Con la Lega Calcio avete fatto un accordo importante, il più lungo di sempre, cinque anni. Con quali caratteristiche?
Abbiamo chiuso un accordo a cinque anni e abbiamo cambiato le regole del gioco, perché abbiamo lanciato la forma della revenue share: sostanzialmente, al raggiungimento di un determinato livello di fatturato, tutto quello che è sopra si divide a metà. Quindi abbiamo detto: vogliamo costruire un prodotto calcio con la soddisfazione del cliente finale, quindi lavoriamo a valorizzare il prodotto, l’esperienza, il calcio giocato, gli stadi, l’interazione con i telefonini, il pc, la tv, oltre ovviamente alle attività di promozione del calcio. E superati i determinati livelli dividiamo i ricavi, non i profitti. In questo modo, che il calcio cresca è interesse di tutti.
Interazione, shopping, pronostici. Potrebbero sembrare gadget o poco più rispetto al valore della partita.
E invece stanno dando e daranno sempre di più valore al progetto Dazn, che attraverso la sua piattaforma proprietaria riesce a catturare tanti dati, seppure in forma anonima, può interpretare le richieste del cliente e capire se l’offerta poi lo soddisfa. Un esempio è l’interazione che abbiamo lanciato con la Fan Zone, la nostra chat che ha intercettato 33 milioni di sportivi che hanno interagito in app. Quando la Serie A entra nel vivo viaggia su una media di sei milioni di spettatori su Dazn, certificati auditel. La nostra offerta diventa sempre più immersiva e innovativa grazie al nuovo studio virtuale. Le tec-
nologie moderne impiegate, combinando realtà virtuale e aumentata, rivoluzioneranno l’analisi, il dibattito e l’interattività del racconto delle giornate di Serie A su Dazn. L’utente verrà trasportato dal campo reale a quello virtuale, proiettandosi al centro dell’analisi della partita e diventando ancora più protagonista degli approfondimenti.
La regia di Dazn durante una partita dell’ultima stagione di Serie A. 10 mld
€Gli investimenti di Dazn in diritti (non contando quelli del prossimo quinquennio)
Più investimenti, più novità, ma con meno personale. O comunque con figure professionali diverse. L’idea è di un’azienda in continuo movimento, che fluttua e che talvolta è al centro di polemiche. Il prodotto televisivo cambia. E cambia anche il modo di investire. Le persone, oggi, vogliono vivere le partite, non solo vederle. E quando cambia il modo in cui investi, magari hai bisogno di profili diversi rispetto a prima, è una normale modifica degli assetti organizzativi. Poi è chiaro, conosciamo la grande attenzione che il calcio porta su di sé, e sappiamo che ogni mossa viene amplificata.
1.000+
Gli eventi live che Dazn può mandare in onda contemporaneamente
Lei è napoletano e tifoso del Napoli, appassionato di calcio. Un tifoso vero. Dica la verità: il successo della tv ha portato a penalizzare in qualche modo la presenza dei tifosi allo stadio?
No, assolutamente. Sono due elementi secondo me sinergici, che si aiutano l’un l’altro. L’anno scorso c’è stato un boom della presenza negli stadi, ma noi non ne abbiamo mai risentito. Lo stadio è il luogo dove l’evento vive, da sempre. Lo stadio è un propulsore, non è concorrenza. Anzi, più passione c’è allo stadio, più la gente è invogliata a vedere la Serie A o gli altri sport e quindi si abbona per vedere le altre partite. In questo senso, gli stadi andrebbero ristrutturati, valorizzati. Sarebbe importante potenziare il servizio wi-fi al loro interno, per permettere ai tifosi di connettersi, chattare e vedere statistiche e informazioni sulla partita mentre la guardano dal vivo. Purtroppo invece in quasi tutti gli impianti la connessione è ancora scarsa.
Stefano Azzi è grande tifoso del Napoli e da giovane aveva il mito di Maradona.
QUANTO COSTA IL CALCIO IN EUROPA
Costo annuo minimo per l’utente in euro
In effetti il deficit di infrastrutture è un problema italiano, non riguarda solo gli stadi. Quanto soffrite questa inadeguatezza?
L’arrivo di Dazn in Italia ha contribuito in maniera decisiva all’evoluzione tecnologica del Paese: il calcio in streaming è da considerare un acceleratore della domanda di servizi a banda larga e della promozione della cultura digitale. La conferma arriva dai numeri e dalle stime dell’Osservatorio Agcom 2022 relative a un periodo che coincide con la prima stagione di Serie A su Dazn: le stime sui primi nove mesi del 2022 non lasciano spazio a dubbi, la crescita delle linee broadband complessive (di oltre 1,2 milioni superiori rispetto allo stesso periodo del 2021) certifica che la digitalizzazione del Paese, in 12 mesi, ha avuto una notevole accelerazione.
Però anche voi vi sarete dovuti adeguare. Dai primi anni di Dazn oggi il servizio è più efficiente.
Oggi l’80% della trasmissione viaggia sui nostri server, che si muovono a seconda degli eventi. Per esempio: con il Cagliari in Serie A abbiamo rinforzato la copertura della Sardegna, e oramai l’abbiamo completata. L’abbiamo fatto per dare massima tranquillità alla fruizione dello sport, creando delle vere e pro -
Costo mensile minimo per l’utente in euro
Incidenza % del costo annuale sullo stipendio medio
Mercato domestico dei diritti tv (miliardi di euro)
Mercato dei diritti tv esteri (miliardi di euro)
Fonte: rilevazioni calcioefinanza.it
prie corsie preferenziali dove farlo viaggiare. Abbiamo, poi, investito nella tecnologia, attraverso la compressione dell’informatica. Abbiamo ridotto sempre di più la banda necessaria per trasmettere le partite. Vuol dire che anche se la rete è la stessa, arriviamo con più stabilità e serve meno capacità. Anche con due-tre mega si può vedere la partita. Poi abbiamo fatto un player nostro, l’abbiamo caricato sui televisori. Quando si apre l’app c’è il nostro sistema che la ottimizza. Quindi abbiamo investito su vari aspetti.
L’unico su cui è più complicato investire è il cliente finale, no?
Vero, ma anche lì ci stiamo muovendo con decisione. Finora, se consideriamo i 3,5 miliardi del ciclo attuale, abbiamo investito 6 miliardi di euro sulla Serie A. Attualmente stiamo lavorando a un cambiamento dell’operatività, che deve essere funzionale al modello di business. Investiremo sempre di più nel prodotto, andando sempre di più verso un modello stadio-centrico: vogliamo portare nelle case la stessa sensazione che si prova a bordo campo.
I diritti televisivi contribuiscono in maniera determinante a tenere vivo il sistema calcio. Poi, però, nascosta dietro l’angolo, c’è
“Per la televisione, lo stadio è un propulsore, non concorrenza.
Più passione c’è allo stadio, più la gente è invogliata a vedere la Serie A”
lo sport senza pagare. Sono società, sono hacker, sono criminali. Manca la cultura alle persone, agli utenti finali, per dire che è illegale ed è pericoloso, che si sta danneggiando il sistema calcio.
Eppure ci sono milioni di italiani che amano il calcio e farebbero di tutto per la propria squadra.
Sì, ma sul tema della pirateria informatica gli italiani devono ancora comprendere a pieno i rischi: bisogna capire che si sta danneggiando la propria squadra, commettendo un atto illegale che può costare fino a 5mila euro di multa, ma soprattutto che si sta dando accesso al proprio telefonino o al proprio computer a un hacker, a malavitosi, con il rischio che questi possano rubare password, dati, foto, violare la privacy, arrivare fino ai ricatti. Tra l’altro il target dei pirati digitali è composto da persone con un buon reddito, che sicuramente possono permettersi di spendere i 29 euro al mese per vedere la Serie A. Penso ci sia quindi proprio un tema culturale su cui lavorare.
A proposito di prezzi. In molti si lamentano perché dicono che il calcio in tv costa troppo.
Penso sia importante fare un paragone con il costo del calcio negli altri paesi europei: l’abbonamento Dazn è quello con il costo più basso. Prendo sempre come esempio la Grecia, un paese in cui l’appetibilità del prodotto calcio è inferiore a quello italiano, dove la tariffa mensile è superiore ai 45 euro, nonostante un potere d’acquisto inferiore rispetto al nostro. D’altra parte i prezzi crescono per dare il giusto valore al prodotto calcio, i ricavi dei diritti finiscono per essere investiti nel sistema calcio, nell’acquisto dei giocatori, nelle infrastrutture.
sempre la pirateria che succhia soldi a voi e di conseguenza al sistema. Come si trova un equilibrio e si combatte la pirateria?
Intanto dobbiamo trovare equilibrio tra ricavi e costi, e questo vale per tutto il sistema calcio. C’è una sfida legata al pubblico che possiamo stimolare con i contenuti, anche se dipende dalle partite e dal livello dello sport. Poi però ci sono gli hooligan digitali della pirateria, come li chiamo io, che valgono 300 milioni di perdita solo per lo sport. Il pirata digitale si muove di continuo e per bloccarlo serve sempre evolversi. La regia è della malavita organizzata, non si tratta di tifosi singoli che hanno trovato il modo di vedere
Se il pallone diventasse una sfera di vetro che futuro ci si potrebbe leggere?
Il futuro del calcio digitale passa sempre di più attraverso quello che è Dazn, nel senso di una piattaforma di streaming interattiva, che consenta di avere maggiore interazione con il tifoso, una vista a 360 gradi, non offrire soltanto la partita, ma tutto quello di cui ha bisogno. Quindi sempre di più un unico luogo dove puoi fare tutto, dall’acquisto della partita in termini di biglietto all’acquisto del merchandising. Un concetto a due vie, non soltanto la visione della partita, ma sempre di più interazione, anche social, più divertimento e condivisione. F
di Tommaso Carboni
The Investigation
L’ULTIMA MINACCIA
In passato il mondo del lavoro ha fatto i conti con macchine capaci di sostituire le braccia umane. L’intelligenza artificiale generativa è la prima tecnologia che potrebbe rimpiazzare i cervelli.
Eppure la maggior parte dei professionisti la vede più come uno strumento utile che come una concorrente. Di certo, per ora, c’è solo che né l’occupazione, né la produttività avvertono la rivoluzione
NNon c’è bisogno di andare nella capitale della tecnologia, San Francisco. Un certo entusiasmo lo si respira perfino nella medievale Perugia. È l’ora dell’aperitivo in un locale del centro storico. Al bancone del bar un gruppo di colleghi discute allegramente. Birra, taralli e, questa volta, un argomento nuovo: intelligenza artificiale. Si sono appena abbonati a Spellbook, un software che usa l’IA generativa di Gpt-4 per migliorare contratti legali, scrivendoli direttamente su Microsoft Word. “Usavo ChatGPT tutti i giorni”, dice Luca, avvocato esperto di proprietà intellettuale. “È utile per affinare i testi.
Il budget previsto dalle big tech per hardware e ricerca legati all’IA mld
Puoi inserire una clausola e chiedere di formulare un testo più stringente per la controparte. Chiedergli di negoziare in modo più aggressivo per il tuo cliente”. Spellbook, un servizio a pagamento, usa la tecnologia di OpenAI adattandola all’ambito legale. Si basa su miliardi di frasi estratte da contratti giuridici. Secondo Luca i grandi studi legali si appoggiano ormai a tecnologie simili. “È uno strumento in più. Velocizza il lavoro. È ottimo per riassumere testi. Oggi dovevo fare un intervento in materia di food law e gli ho chiesto di preparare un testo sulla base di alcune slide”. Insomma, parlando con Luca, ma anche con altri avvocati - ad esempio Giulio Ciompi dello studio internazionale Ontier -, si ha l’impressione che strumenti come ChatGPT abbiano già un impatto sulla produttività del lavoro. Questa, del resto, è la grande speranza, e il motivo
per cui i giganti della tecnologia investono centinaia di miliardi di dollari. Quest’anno aziende come Alphabet, Amazon, Apple, Meta e Microsoft stanno pianificando un budget di 400 miliardi di dollari per hardware e ricerca legati all’intelligenza artificiale. A San Francisco si dà per scontato che l’IA trasformerà l’economia globale. Ce n’è un gran bisogno. Il problema principale delle economie avanzate è una lunga crisi di produttività. Nei paesi del G7, nel decennio successivo alla crisi finanziaria del 2008, la produttività, intesa come output per ogni ora di lavoro, è cresciuta meno dell’1% all’anno, meno della metà del tasso del decennio precedente, secondo l’agenzia di stampa britannica Reuters. Un aumento della produttività servirebbe a controbilanciare l’invecchiamento della popolazione. Nel mondo ricco, infatti, la forza lavoro
Kristalina
Georgieva,
direttrice del Fmi, ha detto che l’IA colpirà il mercato del lavoro “come uno tsunami”
in rapporto al totale degli abitanti tende a contrarsi. Questo perché le nascite sono in calo, mentre cresce il numero di pensionati. E perfino la Cina affronta problemi analoghi. L’intelligenza artificiale generativa promette di essere una risposta. Vero, c’è anche chi la teme. La paura è che cancelli migliaia di impieghi: Kristalina Georgieva, direttrice del Fondo monetario internazionale, ha detto che l’IA colpirà il mercato del lavoro “come uno tsunami”.
Dentro questo cambiamento ci sono probabilmente molti nuovi lavori. Ma lo tsunami, avverte Georgieva, è soprattutto un’onda distruttiva. Tuttavia, discutendo con professionisti di ogni genere - avvocati, copywriter, account manager, giornalisti - si capta più speranza che angoscia. Insomma, prevale l’ottimismo. L’avvocato Ciompi non si sente affatto minacciato dalla nuova in-
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telligenza artificiale. La vede come un moltiplicatore delle sue capacità, non come una tecnologia che un giorno potrebbe sostituirlo. Molti professionisti sembrano vivere esperienze simili. Secondo un’indagine di Microsoft e LinkedIn, il 75% dei cosiddetti lavoratori della conoscenza globali usa strumenti di IA generativa come ChatGPT. Un recente sondaggio di McKinsey indica che quasi due terzi degli intervistati affermano che la loro azienda utilizza regolarmente l’intelligenza generativa, il doppio rispetto all’anno precedente. San Francisco è l’occhio del ciclone. È come fosse Liverpool al tempo dei Beatles o Napoli all’epoca di Maradona. Si viene travolti dalla mania dell’intelligenza artificiale. Questo fermento, e la promessa di guadagni sensazionali, stanno pompando gli indici tecnologici. Gli investitori, spiega l’Economist, hanno aggiunto nell’ultimo anno oltre 2mila miliardi di dollari al valore di mercato delle cinque grandi aziende tech (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft). Sempre secondo l’Economist, queste quotazioni lasciano presupporre una crescita dei ricavi annui dei cinque giganti pari a 300-400 miliardi di dollari, circa l’equivalente delle entrate di Apple. Il problema è che tutti questi incassi ancora non si sono materializzati. Anche i più ottimisti pensano che quest’anno Microsoft realizzerà circa 10 miliardi di dollari dalle vendite legate all’IA generativa. Che cosa significa? Forse l’entusiasmo è prematuro o esagerato?
Alcune ricerche suggeriscono che il tasso di adozione dell’IA nel resto dell’economia non è così alto. Sondaggi britannici indicano come lo scorso marzo abbia usato l’IA circa un quinto delle
Nel decennio seguito alla crisi del 2008, la produttività nei paesi del G7 è cresciuta meno dell’1% all’anno
Nel 2023 gli scrittori di Hollywood hanno scioperato temendo che l’IA distruggerà posti di lavoro
Goldman Sachs prevede che l’IA avrà un impatto sul Pil americano dal 2027
aziende. In America i numeri sono addirittura inferiori. Le agenzie federali intervistano società di ogni tipo e in una gamma più vasta di settori rispetto a LinkedIn e Microsoft. Secondo il Census Bureau americano, solo il 5% delle aziende ha usato l’IA nelle ultime due settimane. Goldman Sachs ha creato un indice di mercato azionario per monitorare le aziende che potrebbero ottenere il maggior incremento di utili usando l’IA per migliorare la produttività. L’indice include società come Walmart, la prima catena mondiale della grande distribuzione, e H&R Block, specializzata in servizi di preparazione fiscale. Tuttavia, dall’inizio del 2023 le azioni di queste società non hanno registrato una performance superiore a quella generale del mercato azionario. In altre parole, gli investitori non si aspettano profitti extra significativi. Goldman Sachs, però, è fiduciosa. In un report di maggio ha ammesso che i benefici economici dell’IA non sono ancora tangibili, perché l’adozione della tecnologia nei processi lavorativi oggi è limitata. Ma le cose cambieranno quando l’IA generativa comincerà a diffondersi davvero. Secondo la banca d’affari, ci sarà un impatto misurabile sul Pil degli Stati Uniti a partire dal 2027, con effetti successivi su altre economie globali. Per una diffusione più ampia dell’IA generativa nel business, continua Goldman, sono necessarie infrastrutture adeguate, come modelli di IA potenti e reti capaci di gestire più comandi, il che richiede una crescita degli investimenti in semiconduttori e capacità di rete e nell’energia per sostenere gli aumenti di domanda.
Una tale crescita di investimenti, va detto, oggi non si manifesta ancora.
Ma è anche una questione di cultura, norme e incentivi. Molte aziende riconoscono il potenziale dell’IA, ma sono frenate da conoscenze ancora scarse, da timori su privacy e sicurezza e dalla paura di investire in tecnologie che rischiano un invecchiamento rapido perché evolvono molto in fretta. A sentire Goldman Sachs, la maggior parte degli amministratori delegati prevede un effetto significativo dell’IA entro una decina d’anni. Questo approccio cauto, in parte, è dovuto agli errori che l’IA commette ancora con una certa frequenza: le cosiddette ‘allucinazioni’, o semplicemente informazioni false, ma pericolosamente plausibili. Parecchie aziende temono di esporsi a danni reputazionali. JPMorgan ha vietato l’uso di ChatGPT, sebbene stia sperimentando l’IA. I manager del settore pubblico e di altri settori fortemente regola-
La quota di lavoratori della conoscenza che usa strumenti come ChatGPT
mentati, potrebbero non sentire alcun impulso all’innovazione. Questi settori costituiscono una parte considerevole dell’economia: in America, scrive l’Economist, valgono un quarto del Pil. In Italia, verosimilmente molto di più. Ma tutto questo non sorprende, perché la resistenza al cambiamento è naturale. Le grandi innovazioni destabilizzano. Nel corso della storia sono state accolte con entusiasmo, ma anche osteggiate. Nel 1589 la regina di Inghilterra rifiutò di concedere il brevetto al primo telaio per la produzione di calze da donna. L’inventore, William Lee, un religioso del Nottinghamshire, aveva creato una macchina che prometteva una crescita enorme di produttività. Elisabetta I, però, temeva quella che Schumpeter avrebbe definito “la burrasca della distruzione creativa”: il nuovo che travolge tecnologie vecchie, i magliai
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disoccupati a causa dell’invenzione. Per certi versi, l’IA generativa suscita paure ancora più grandi. Le macchine e i robot possono sostituire funzioni manuali; il timore di alcuni è che ChatGPT possa sostituire direttamente i cervelli. Un sondaggio di Boston Consulting Group ha rilevato che i lavoratori più preoccupati sono i cosiddetti front-line worker, cioè coloro che interagiscono direttamente con clienti, consumatori e utenti di servizi. Ma anche chi fa lavori più creativi non è detto che si senta al riparo. Un esempio: il sindacato degli scrittori di Hollywood è stato in sciopero per gran parte del 2023, temendo che l’IA distrugga posti di lavoro. Però, se si cercano tracce di licenziamenti, i dati macroeconomici attuali indicano tutt’altro.
La disoccupazione nei paesi ricchi è sotto il 5%, vicino a un minimo storico. Ed è ai massimi, invece, la percentuale di lavoratori occupati, con una crescita dei salari spesso soddisfacente. Inoltre le persone non cambiano lavoro più rapidamente del solito, cosa che ci si aspetterebbe se molti posti fossero in pericolo. Più nel dettaglio: gli impieghi considerati più vulnerabili all’IA - dal supporto amministrativo al copywriter - al momento non mostrano segni di cedimento. Nel mercato americano la percentuale di occupazione in queste professioni è più alta rispetto a prima della pandemia.
stagnante produttività inglese. Ma anche in questo caso l’evidenza macroeconomica racconta un’altra storia. Le stime più recenti, basate su dati ufficiali, suggeriscono che l’output reale per dipendente nei paesi ricchi non cresce. In America la produttività sembra addirittura più bassa del livello pre-pandemia, dice l’Economist. In un documento recente, Goldman Sachs è sostanzialmente d’accordo. Per aumenti di produttività bisogna ancora aspettare. Il punto, secondo Jim Covello, capo della ricerca
Tony Blair ha suggerito al nuovo governo laburista britannico di sfruttare l’IA per risollevare la produttività stagnante del paese
imprese basate su apparecchiature hardware. Una volta preparato questo campo, si potranno valutare i risultati. Alcuni economisti restano scettici. È il caso di Daron Acemoglu, professore al Mit, secondo cui i vantaggi economici dell’IA saranno limitati nei prossimi dieci anni. Altri sono più ottimisti. Rash Rangan, analista di software americano citato nell’ultimo rapporto di Goldman Sachs, sostiene che oggi le aziende stanno ponendo le basi per un’economia profittevole di nuova generazione, basata sull’IA. “Il ciclo dell’IA è ancora nella fase di costruzione dell’infrastruttura, quindi ci vorrà tempo per trovare l’applicazione decisiva, ma credo che ci arriveremo,” ha dichiarato. Non è troppo ottimista, però, per il breve termine.
Ma anche in passato le nuove tecnologie hanno fatto crescere la produttività in modo graduale. Negli Stati Uniti ci sono voluti decenni prima che l’elettricità avesse un impatto sulla crescita dell’output manifatturiero, come spiega una ricerca dell’economista Paul David.
L’altra variabile da tenere d’occhio è la produttività. Tony Blair ha dato un consiglio al nuovo governo laburista: sfruttate il potenziale ‘rivoluzionario’ dell’intelligenza artificiale. L’unica vera strada, secondo Blair, per risollevare la
sui mercati azionari globali di Goldman, è che le cinque grandi società tecnologiche hanno investito tantissimo in intelligenza artificiale, ma non è chiaro se questi investimenti si tradurranno in guadagni all’altezza delle aspettative. Inoltre, il resto delle società non investe in modo significativo, cosa necessaria per una diffusione più ampia e sistematica della nuova tecnologia. Per adottare l’IA in modo massiccio bisogna investire in infrastrutture: aziende di semiconduttori, fornitori di servizi cloud, data center e altre
Ciò che conta è ascoltare le persone. La luce elettrica sarà sembrata molto utile anche agli albori di quella rivoluzione. E lo stesso sembra valere per l’intelligenza artificiale generativa, se si ascoltano i professionisti che la usano. Un nuovo articolo delle Università di Chicago e Copenhagen ha esaminato 100mila lavoratori danesi. Gli intervistati, in media, dicono che ChatGPT può dimezzare il tempo dedicato a circa un terzo delle attività lavorative. Già questo è un grande aumento di produttività. F
Dedicati a ciò che ami
di Jena McGregor
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CAOS CALMO
Dopo anni di smart working, con il ritorno in ufficio molti hanno problemi a lavorare in ambienti rumorosi. Diverse aziende propongono soluzioni: da strutture simili a cabine telefoniche a spazi che sembrano
CChad West non va nel suo uf ficio di Londra più di una vol ta alla settimana. di vicepresidente del marketing dello smart wallet di criptova lute Argent, si presenta quando ci sono riunioni strategiche o creative. Ma quando lavora e basta, stima che le distrazioni e i rumori dell’ufficio in open space di Argent lo rendano il 40% meno produttivo rispet to a quando rimane a casa. La musica che esce dalle cuffie e le voci dei colleghi attirano la sua attenzione, il ticchettio de gli ingegneri che battono sulle tastiere gli dà sui nervi. “Non so se sia solo perché sia mo diventati tutti un po’ più psicopatici, o forse ce l’abbia mo sempre avuto dentro, ma ora tutto mi irrita”, dice West, 33 anni. “Se qualcuno risponde a una telefonata in un ufficio
relativamente piccolo, dove le persone stanno cercando di lavorare, mi frantuma le orecchie”. A più di quattro anni da quando la pandemia ha spinto la maggior parte degli impiegati a collegarsi da casa, molti sono tornati in ufficio, sia per volere del datore di lavoro, sia per il desiderio di trascorrere del tempo con i colleghi, sia per la necessità di scappare dai coinquilini o dalla famiglia. A maggio circa il 27% delle giornate lavorative retribuite negli Stati Uniti sono state svolte da casa, in netto calo rispetto al 60% circa registrato al picco della pandemia, ma in aumento rispetto ai livelli pre-Covid, quando si era
Man mano che le persone sono tornate in ufficio, a tempo pieno o part-time, le lamentele su fastidi che esistono da tempo - il rumore e le distrazioni degli open space - sono aumentate. I lavoratori partecipano a più riunioni Zoom dall’ufficio e spesso parlano a voce più alta durante le videochiamate. I capi incoraggiano a trascorrere le giornate in uf-
Un pod per ufficio di Framery
ficio ‘collaborando’ e sviluppando legami sociali, ma la cosa aumenta le chiacchiere che echeggiano in sottofondo.
Un altro elemento aggrava il problema: nelle aziende che hanno ridimensionato i propri spazi per adeguarli al minor numero di persone presenti in sede, le sale conferenze e gli spazi privati si riempiono velocemente, occupati dai primi a reclamarli. “È un comportamento umano”, afferma Melissa Strickland, principal e managing director della società di design Hlw. Se le riunioni si svolgono una dopo l’altra, “perché dovrei cambiare sala, quando posso semplicemente rispondere a tutte le mie chiamate con una certa comodità in questa stanza, da sola?”.
In un sondaggio del settembre 2023, condotto dalla società di ricerca sui luoghi di lavoro Leesman, i livelli di rumore sono stati giudicati tra le dieci caratteristiche più importanti di un ufficio, classificandosi tra la presenza di servizi igienici funzionanti e quella di un help desk informatico. Tuttavia, secondo un altro sondaggio Leesman, pubblicato ad aprile, solo il 32% dei dipendenti è
“Non ci abituiamo al rumore. Abbiamo la convinzione che, a un certo punto, si arrivi all’assuefazione.
Dal punto di vista fisiologico e psicologico, però, non è così”
soddisfatto dei livelli di rumore in un ufficio medio, e solo due questioni hanno registrato livelli di soddisfazione più bassi: l’accesso a strutture per il tempo libero in prossimità dell’ufficio e il tasso di persone che passano davanti alle postazioni di lavoro.
La risposta a tutte queste lamentele rappresenta un’opportunità di business, con aziende specializzate che vendono di tutto: dai pod in stile cabina te-
lefonica ai servizi di soundscape (paesaggi sonori) che usano un approccio ‘biofilo’ per aiutare ad attutire le voci con i suoni della natura. I produttori di mobili e gli interior designer stanno aggiungendo materiali più rispettosi dell’acustica e progettando ‘biblioteche’ come luoghi tranquilli in cui lavorare. Alcuni datori di lavoro distribuiscono cuffie con cancellazione del rumore, o addirittura costruiscono strumenti per aiutare i lavoratori ad avvisare i colleghi quando hanno bisogno di concentrarsi.
“È un tema su cui ogni organizzazione sta sbattendo la testa”, afferma Tim Oldman, fondatore di Leesman. Secondo lui i designer si stanno muovendo verso la “ricellularizzazione” dello spazio interno: più stanze di piccole dimensioni, uffici privati o salette tranquille che molti lavoratori desiderano. “Se vogliamo che i dipendenti ritornino volentieri negli uffici, dobbiamo fornire loro uno spazio che sia adatto ai momenti in cui hanno bisogno di una particolare privacy acustica e visiva”.
Le distrazioni in ufficio sono più di un piccolo fastidio, a dirla tutta. Uno stu-
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dio del 2021 pubblicato sul Journal of Management & Organization ha rilevato che, negli esperimenti in ambienti controllati, i livelli di rumore tipici degli uffici open space hanno causato aumenti degli indicatori di stress fisiologico, come frequenze cardiache più elevate, espressioni facciali connesse al disgusto e segnalazioni da parte dei lavoratori di stati d’animo negativi.
“Non ci abituiamo al rumore”, osserva Libby Sander, assistant professor alla Bond University, in Australia, che ha lavorato allo studio. “Abbiamo la convinzione che a un certo punto si arrivi all’assuefazione, ma sul piano fisiologico e psicologico non è così”. Il desiderio di un maggiore controllo del rumore negli uffici è uno dei motivi della crescita di aziende come Framery, che ha sede in Finlandia ed è uno dei maggiori produttori di pod per ufficio. In sostanza, cabine telefoniche con pareti in vetro, dall’aspetto moderno e completamente chiuse, che partono da circa 8.700 dollari per una singola (alcune possono ospitare fino a sei persone e sono quindi più simili a sale conferenze chiuse). Nel 2022 il fatturato di Framery ha raggiunto i 164 milioni di dollari, contro gli 86 milioni del 2020 e i 101 del 2021. È poi leggermente diminuito nel 2023, a causa dalle condizioni del mercato: incertezza, inflazione e tassi di interesse più alti. Il cofondatore e amministratore delegato Samu Hällfors ha detto che si aspetta una rapida crescita anche quest’anno, anche se non ha voluto condividere le previsioni. A marzo l’azienda ha lanciato una nuova linea di pod che non solo isolano sul piano sonoro gli utenti seduti all’interno, ma dispongono anche di un sistema di ‘mascheramento del suono’ che emette una frequenza simile a un rumore rosa nelle aree circostanti. In questo modo le cabine alzano il rumore ambientale negli spazi vicini, per rendere meno intelligibile il chiacchiericcio. “Il livello di rumore in sé è una parte problema, ma la vera questione è quando il tuo cervello coglie una parola familiare”, afferma Hällfors. 32%
I dipendenti soddisfatti dei livelli di rumore in un ufficio medio
Le giornate di lavoro svolte da casa negli Usa a maggio
I lavoratori neuro-divergenti, che devono poter lavorare in un ambiente senza distrazioni
Questo è il motivo per cui designer e imprenditori stanno aggiungendo suoni agli spazi, invece di toglierli, per affrontare il troppo rumore o il troppo silenzio. Dopo aver lavorato nel campo del suono per più di dieci anni, Evan Benway ha lanciato Moodsonic, azienda con sede a Londra, nel 2022. Ora lavora con società come Sap, Gsk e Steelcase per creare ‘paesaggi sonori’ che usano sensori per generare un suono di sottofondo che si adatta in tempo reale a seconda di quanto l’ambiente sia distraente o stimolante.
Moodsonic aiuta le aziende ad affrontare uno dei maggiori paradossi del luogo di lavoro post-pandemia: le persone sono distratte dai suoni in ufficio, ma spesso è perché tutto è troppo silenzioso, non troppo rumoroso. Invece di avere 60 persone in un ufficio aperto, dove si sentiva il ronzio di molte conversazioni in sottofondo, “ora, se va bene, si hanno 15 persone. E quando una parla, gli altri sentono tutto quello che dice”, spiega Benway. “È la perfetta intelligibilità del parlato” ed è l’aspetto che dà più fastidio alle persone.
I sensori di Moodsonic rilevano i livelli sonori e regolano i soundscape, tra cui un sottile canto degli uccelli ispirato alla natura o il mormorio dei ruscelli, a seconda del rapporto tra chiamate di vendita a voce alta e necessità di concentrazione, oppure se si tratta di un venerdì tranquillo o di un vivace martedì. Benway non rivela i ricavi, ma afferma che la società lavora con 30 delle 500 maggiori aziende statunitensi ed è già in attivo. Nel suo secondo anno ha triplicato la metratura in cui fornisce paesaggi sonori e ha aumentato gli abbonamenti del 150%.
Altri hanno successo sfruttando non solo il bisogno di privacy dei dipendenti, ma anche richieste simili che arrivano da chi lavora da remoto. Il prossimo autunno il venture capitalist Fred Wilson, cofondatore di Union Square Ventures, società con sede a New York, e sua moglie Joanne, angel investor, presenteranno la seconda sede di Framework, uno spazio di coworking a 27%
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New York, alla Refinery at Domino, uno storico edificio industriale riqualificato, che un tempo ospitava un’importante fabbrica di zucchero. I due hanno avuto l’idea dopo aver capito che, in città come New York, imprenditori, creativi e altri lavoratori a distanza hanno poco spazio per se stessi e non vogliono essere in “uno di questi posti pieni di sciocchezze condivise”, dice Joanne, riferendosi agli spazi di coworking con posti a sedere in gruppo e poca privacy. Nella prima location dei Wilson, nel quartiere Clinton Hill a Brooklyn, i membri pagano da 755 a 860 dollari al mese, a seconda della durata del contratto di locazione, per un pod insonorizzato in uno spazio arioso, completo di mini-frigo, bollitore e panca french-press per l’esercizio fisico. In un primo tempo progettati come un modo per distanziare socialmente le persone durante la pandemia, gli stand ora attirano clienti per motivi molto vari. “È tranquillo e non devono ascoltare il vicino che parla con l’amico, la moglie o altro”, ha detto Fred Wilson a Forbes La sede originale ha una lista d’attesa di circa 20 persone.
Anche i designer di mobili e di interni stanno integrando una maggiore protezione acustica nei loro concept. Zintra Acoustics, una linea di pannelli a parete, divisori e apparecchiature a soffitto che aiutano ad assorbire il suono, ha visto un “aumento” della domanda di soluzioni acustiche, afferma via email Kirsten Grosman, responsabile marketing del prodotto per il marchio, di proprietà dell’australiano Baresque Group. “Il rumore è diventato il principale tema di lamentela tra i dipendenti”, ha affermato.
Nel frattempo Ikea sta lanciando una nuova linea (Mittzon) progettata in parte per affrontare i problemi legati al suono e al rumore. Ad esempio, ha aggiunto un materiale in fibra di legno, normalmente usato nel settore edile per l’isolamento, agli schermi acustici avvolti in tessuto. Ha anche collaborato con i fornitori per rendere silenzioso il meccanismo che regola l’altezza di una
scrivania elettrica premendo un pulsante. “Il ruolo dell’ufficio è cambiato”, afferma Philip Dilé, sviluppatore del product design di Ikea. “La maggior parte delle persone ci ha detto di voler tornare in ufficio per ritrovare concentrazione e meno distrazioni”.
La nuova linea di Ikea, con i suoi schermi acustici, è l’esempio di un movimento più ampio pensato per offrire soluzioni che non richiedono troppi uffici o stanze private. Cosa che, del resto, vani-
860
L’affitto di un pod insonorizzato nello spazio di Framework a Brooklyn
164 mln
Il fatturato di Framery, azienda finlandese di pod per ufficio, nel 2022
ficherebbe l’iniziativa di far tornare le persone in ufficio per collaborare. “Perché dovrei voler entrare in un’intera serie di pod o cabine per riunioni Zoom, e non fare altro tutto il giorno?”, chiede Tracy Wymer, vicepresidente insights & inspiration di Teknion, che produce pod. Wymer sottolinea che la sua azienda sta lavorando a un nuovo prodotto che fornisce “indizi visivi per capire se sei disponibile o se sei impegnato in un
lavoro che richiede concentrazione”, ma aggiunge che è troppo presto per fornire maggiori dettagli.
Un datore di lavoro che sperimenta con i segnali visivi è monday.com, una società di software di gestione dei progetti con sede in Israele. Nello staff ha il team Makers, che ha progettato un dispositivo internet of things chiamato FocusTime, posizionato all’angolo dei monitor dei computer dei lavoratori. Sembra un quadrante e mostra il tempo in cui l’utente ha ancora bisogno di evitare distrazioni, oltre ad arricchire le icone di stato di Slack o Teams che le persone sono abituate a vedere sullo schermo.
L’idea è venuta a una dipendente di monday.com che lottava con le seccature dei colleghi una volta tornata in ufficio. Una versione iniziale era una semplice bandierina che poteva essere issata a mano quando qualcuno non doveva essere disturbato. Poi è diventato un dispositivo che gli utenti potevano toccare per accenderlo e spegnerlo. Si è infine evoluto nel sistema attuale, che gli utenti possono impostare per mostrare ai colleghi di quanto tempo senza distrazioni hanno bisogno (la finestra temporale viene copiata nelle app di calendario). Se il tempo senza distrazioni è bloccato su un calendario digitale, verrà visualizzato sul dispositivo. Saron Paz, leader del team Makers, afferma che circa 20 dipendenti stanno prendendo parte a un progetto pilota usando il prototipo del gadget. È in fase di pianificazione un test a livello aziendale, poi il prodotto potrebbe essere commercializzato. (Monday.com prevede di mostrare il dispositivo a una conferenza dei clienti a Londra e New York a settembre.) Paz spera che, come minimo, i dispositivi “inneschino una riflessione su ciò di cui le persone hanno bisogno in termini di rumore o su altri temi critici” e sottolinea che “siamo ancora programmati per cose fisiche”. Altre aziende distribuiscono cuffie con cancellazione del rumore per invogliare al rientro in ufficio o aggiungono spazi più silenziosi nei loro progetti immobi-
AGOSTO, 2024
liari. Quando la divisione Mailchimp di Intuit ha progettato i nuovi uffici, uno spazio elegante e moderno lungo il percorso pedonale e ciclabile della BeltLine di Atlanta, l’acustica è stata una priorità. Il vecchio spazio aveva un mare di scrivanie in un magazzino convertito, con solo sei cabine private o stanze ‘drop-in’. Il nuovo ne ha più di 60, dice il responsabile del progetto, Colin Hughes. I dipendenti possono prendere in prestito gratuitamente cuffie con cancellazione del rumore.
In questo hub di innovazione, come Intuit chiama il nuovo ufficio di Atlanta, sono stati usati pannelli acustici su pareti e soffitti e come divisori tra i ‘quartieri’ degli uffici. Ci sono cinque spazi ‘biblioteca’ in tutto l’edificio - molti dei quali sono rivestiti in legno - sono fiancheggiati da libri e ospitano tavoli spaziosi, con illuminazioni che evocano l’atmosfera di una moderna biblioteca universitaria. Lì le persone tendono a lavorare in silenzio, dice Hughes: “Se
vedi che ci sono libri lungo le pareti e ti sembra di essere in una biblioteca, ti comporterai in quel modo”.
Un fattore trainante nella creazione di spazi per il lavoro senza distrazioni è stata la maggiore consapevolezza delle esigenze dei lavoratori neuro-divergenti, come quelli con disturbo da deficit di attenzione/iperattività o altri problemi di elaborazione sensoriale. La ricerca mostra che una percentuale tra il 15% e il 20% dei dipendenti è neurodivergente, afferma Relina Bulchandani, vicepresidente esecutivo di Salesforce per i servizi immobiliari e lavorativi. Ciò ha spinto il colosso del software a progettare i piani della sua nuova torre di Chicago con stanze di meditazione per pause in tranquillità e spazi biblioteca dotati di doppi schermi, richiesti dagli ingegneri del software.
Nonostante queste sale siano etichettate come biblioteche, non ci sono segnali che indichino di stare zitti. Bulchandani nota che, man mano che
le persone trascorrono più tempo in sede, si sentono più a loro agio nel rispondere alle chiamate alle scrivanie negli open space, e Salesforce ha invitato le persone a farlo di più, entro limiti ragionevoli, per impedire che le piccole sale riunioni risultino sempre prenotate. “Stiamo incoraggiando le persone a rispondere alle chiamate dalla propria scrivania, ma con buon senso: non vorrete trascorrere tutto il giorno alla scrivania a fare videochiamate”.
Tuttavia, il paradosso di molte di queste soluzioni alle distrazioni in ufficio non sfugge a West, il dirigente di Argent. Se tutti potessero semplicemente scegliere dove lavorare, invece di dover rendere conto a un ufficio, alcune di queste soluzioni non sarebbero necessarie. “Tutto ciò di cui un’azienda dovrebbe davvero preoccuparsi è l’efficienza”, afferma. “Se stai portando i risultati che ci si aspetta da te, fai come ti pare”. F
AGOSTO, 2024
I nuovi uffici di Intuit ad Atlanta, ispirati alle biblioteche.
Space economy
Ai cancelli del CIELO
Impulso Space si occupa dell’ultimo miglio dei satelliti prima del decollo. Guidata dalla famiglia
Guerrieri, è nata a Padova cinque anni fa e si è già allargata alla Florida. Ora prepara un database per permettere di acquistare un volo spaziale come fosse un viaggio in aereo
di Emilio Cozzi e Matteo Marini
SSostiene Pietro Guerrieri, fondatore di Impulso Space, che per un satellite l’ultimo miglio prima del decollo, quello che porta la sonda in testa a un razzo spaziale, è come l’imbarco di un volo: ti devi mettere in fila, ma puoi rimanerci giorni. A Impulso Space hanno deciso di occuparsi di questo, dell’ultimo miglio, per semplificarne le dinamiche a favore dei ‘passeggeri’. Si potrebbe dire che Alberto, Giulia, Italo e Pietro Guerrieri, una sorta di impresa spaziale famigliare, per mestiere sono gli angeli custodi dei satelliti, i traghettatori verso i cancelli del cielo. Operano in quel limbo chiamato in gergo ‘campagna di lancio’, i giorni - o settimane, e in certi casi mesi - che trascorrono fra il completamento dello spacecraft e il decollo. L’idea risale a cinque anni fa, racconta Pietro, 62 anni, laureato in scienze aeronautiche. “Ricordo la data precisa: il 10 giugno 2019. Eravamo al mare, in Abruzzo, e con mio figlio, Italo, ragiona-
vamo in attesa di salire su un trabocco. È stato il panorama a ispirarci”. Di fronte al mare è arrivata l’intuizione per cavalcare l’onda della new space economy: servizi per esigenze che prima erano molto più contenute. Perché la maggiore accessibilità allo spazio è corrisposta a un’invasione delle orbite, con grandi costellazioni e tantissimi microsatelliti. “C’è una quantità crescente di satelliti da lanciare”, ragiona Pietro, “e tutti hanno bisogno di condizioni competitive per raggiungere performance di mercato e investitori. Le condizioni migliori sono offerte da medi e grandi lanciatori. Quindi chi vuole lanciare costellazioni si rivolge principalmente a SpaceX, che fornisce servizi in modalità rideshare (cioè lanci ‘condivisi’, ndr) anche a centinaia satelliti. Ma questo crea un collo di bottiglia, perché i satelliti devono essere preparati, adattati per l’integrazione con il razzo, e le infrastrutture a terra sono contenute”.
Impulso Space ha preso forma a Padova e poco tempo fa ha piantato le prime fondamenta anche negli Stati Uniti. Guerrieri ha un passato a Eutelsat, in Francia, al controllo delle operazioni delle costellazioni satellitari. “Abbiamo
L’integrazione di un satellite in un razzo.
iniziato come broker di capacità di lancio, compravamo all’ingrosso e vendevamo al dettaglio. Ma non era sufficiente, così abbiamo integrato con il servizio campagna di lancio chiavi in mano”. La cosa è interessante, perché riguarda aspetti poco noti della vita di un satellite, prima che diventi tale: dal trasporto all’integrazione dentro al razzo vettore, con tutte le garanzie che non ci sia nemmeno una vite fuori posto. “Perché sia pronto per essere imbarcato, sono necessari test ambientali per dimostrare al lanciatore che il satellite è sicuro e può volare”, continua Guerrieri. “In sintesi, facciamo tutto ciò di cui il cliente ha necessità: l’integrazione hardware, per esempio, in sala pulita, l’integrazione dell’anello di separazione (la fascetta che permette il rilascio del satellite una volta in orbita, ndr), il riempimento serbatoi o l’integrazione dei cubesat nel caso di un carrier, un ‘taxi spaziale’, che
trasporti più satelliti insieme. Poi c’è la parte software: non sempre il satellite è configurato in modalità di volo, quindi occorrono i test di funzionalità e la carica della batteria. Da maggio 2024 abbiamo la nostra facility a Melbourne, in Florida, dove accogliamo i satelliti e li spediamo ai siti di lancio di Cape Canaveral e Vandenberg, in California”. La scelta del distaccamento all’estero serve a far fronte alla normativa americana, che impedisce la cessione di componenti legate alla Difesa a soggetti non statunitensi. “È il caso degli anelli di separazione made in Usa”, specifica Italo Guerrieri, 31 anni, informatico. “La questione riguarda l’uso di hardware americano. La licenza di esportazione richiede mesi. Se un lancio è acquistato troppo a ridosso, si rischia di non arrivare in tempo”. Con la nuova sede di Melbourne, Impulso Space è diventata americana e il problema è stato risolto.
Il proprietario del satellite e - ancor di più - il fornitore del lancio hanno buon gioco a delegare ad altri l’incombenza, per dedicarsi al proprio core business. Pietro usa un’espressione efficace: “Togliamo le castagne dal fuoco ai clienti e agli operatori di lancio, che possono così concentrarsi sullo sviluppo delle tecnologie. Sono interessati ad avere player che gestiscano, in house, la campagna di lancio al posto loro”.
Impulso Space ha una ventina di addetti, per ora si è sostenuta con risorse proprie “e con il supporto delle banche”, specificano i Guerrieri, “ma con il cambio di passo della nuova facility e le nuove prospettive di mercato non è da escludere il ricorso alla raccolta di fondi”. L’azienda ha deciso di intercettare una nuova nicchia di mercato fornendo servizi chiavi in mano che, oltre alla campagna di lancio e all’acquisto dell’opportunità di volo, comprendono anche l’assicurazione.
A oggi Impulso Space ha lanciato 12 microsatelliti per clienti diversi, sempre con SpaceX, e sfruttato in particolare il servizio rideshare. Di recente ha però stretto accordi con altre realtà emergenti: Relativity Space, innanzi tutto, un’azienda californiana che sviluppa razzi usando la stampa 3D. Per loro saranno sia clienti, con l’acquisto di capacità di lancio, che fornitori di servizi. E poi c’è Maritime Launch Services, canadese, di supporto allo sviluppo di un nuovo spazioporto in Nova Scotia: “Vogliamo una struttura, con diversi centri in grado di integrare le attività al suolo, per fornire servizi end to end a livello globale”. Nel frattempo, Italo ha sviluppato il sito dell’azienda come un portale su cui prenotare un lancio extra-atmosferico: “Stiamo costruendo il database più completo possibile, che comprende tutti i lanci orbitali fatti dagli anni ‘60 e una long schedule su come si evolve il mercato, da consultare con filtri su tutti i lanci futuri: quali saranno disponibili e verso quali orbite, con statistiche su fallimenti e successi. L’idea è quella di acquistarli online come si compra un biglietto aereo”. F
Il lancio di un Falcon 9 di SpaceX con a bordo satelliti ‘traghettati’ da Impulso Space.
di Cosimo Maria Palleschi
Geopolitica
Danza
Orban ha iniziato il semestre di presidenza del Consiglio Ue con un richiamo a Trump. Il suo governo è vicino alla Russia sulla guerra in Ucraina e ha aperto alle auto elettriche cinesi. Dall’altro lato, però, non può permettersi di rinunciare ai miliardi dei fondi europei per far ripartire l’economia
Mega: Make Europe Great Again. No, non è un errore di trascrizione. È il motto con cui il 1 luglio Viktor Orban ha aperto la presidenza semestrale ungherese del Consiglio dell’Unione europea, riprendendo il ‘Make America Great Again’ di Donald Trump. Il riferimento non è casuale. Il premier ungherese non ha mai nascosto la sua simpatia e la sua stima per l’ex presidente statunitense, come la vicinanza a Russia e Cina. Vicinanza che preoccupa le principali cancellerie europee. La mancata adesione a buona parte delle sanzioni economiche alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina e il veto posto agli aiuti militari Ue hanno innervosito i partner europei, che per superare lo stallo hanno minacciato il blocco dei fondi comunitari nei confronti dell’Ungheria. Il rapporto con la Russia è ba-
sato su motivazioni economiche e di sicurezza energetica. Come affermato anche dal ministro degli esteri ungherese, “senza le consegne di gas e petrolio russo non potremmo garantire la sicurezza energetica nel paese”. Nel 2022 l’Ungheria importava quasi l’85% del suo fabbisogno di gas dalla Russia. Inoltre Mosca dovrebbe finanziare con quasi 10 miliardi di euro l’ampliamento della centrale nucleare ungherese di Paks, a opera dell’azienda statale russa Rosatom. L’energia nucleare copre quasi il 15% dell’energia elettrica del
paese, mentre circa l’80% viene generata da combustibili fossili. Per questo Orban non ha mai nettamente preso le distanze da Putin e ora, in questo semestre di presidenza dell’Ue, il sospetto è che ostacoli ancora di più il processo di adesione dell’Ucraina. Tra le priorità della sua presidenza l’Ungheria non ha indicato l’adesione di Kiev, bensì l’avvicinamento all’Ue della Serbia, altro paese vicino a Putin e alla Cina.
Le relazioni economiche con Pechino, poi, sono un’ulteriore fonte di preoccupazione. Non è un caso se il presidente cinese, Xi Jinping, nel suo viaggio di maggio in Europa, oltre a Macron e al premier serbo Vucic, ha incontrato Orban, con cui ha siglato 16 accordi di cooperazione economica. Pechino vede l’Ungheria, per la sua posizione geografica, come un ponte tra Oriente e Occidente. Gli investimenti cinesi in Ungheria rappresentano circa il 44% del totale degli investimenti diretti nei paesi europei: più di Germania, Francia e Regno Unito messi assieme. Nel 2023 l’in-
Viktor Orban
Gli investimenti cinesi in Europa
brica per le sue auto elettriche, investendo circa 2 miliardi di euro. L’industria dell’automotive pesa per un quinto dell’export ungherese, mentre l’industria locale delle batterie rappresenta già oggi il 4% dell’export, con una crescita rispetto all’anno precedente del 50%.
terscambio commerciale ha superato i 14 miliardi di dollari, in crescita del 73% rispetto al 2013.
I settori più interessanti per Xi sono le infrastrutture e la filiera delle batterie per le auto elettriche. Pechino ha finanziato l’investimento nella nuova linea ferroviaria Budapest-Belgrado, fondamentale per completare il collegamento dell’Europa centrale con il terminal portuale del Pireo, ad Atene, da anni in concessione alla cinese Cosco. Dal porto greco, tramite le linee ferroviarie che passeranno da Belgrado e da Budapest, Xi vuole invadere l’Europa con le merci cinesi. Inoltre aziende cinesi stanno realizzando una nuova linea ferroviaria ad alta velocità tra il centro di Budapest e l’aeroporto della città. Per quanto riguarda la filiera delle batterie per le auto elettriche, è recente l’annuncio della prima fabbrica europea di Byd, principale venditore di auto elettriche al mondo, a Seghedino, nel sud dell’Ungheria. La notizia
segue l’investimento da oltre 7 miliardi di dollari del produttore di batterie cinese Catl a Debrecen, il più grande investimento straniero nella storia dell’Ungheria. Bruxelles teme che Pechino, tramite questi investimenti, usi Budapest come cavallo di Troia per aggirare le sanzioni europee alle auto elettriche cinesi. Orban, da parte sua, vuole trasformare il suo paese in
Byd ha annunciato l’apertura della sua prima fabbrica europea a Seghedino, nel sud dell’Ungheria
un hub per la produzione di batterie e veicoli elettrici, grazie a generose sovvenzioni statali, a un costo del lavoro inferiore a quello dei paesi vicini e alla vicinanza dell’Ungheria ai paesi produttori di auto. Oltre ai produttori cinesi, anche Bmw costruirà una fab-
Proprio sulle batterie Budapest punta molto per la crescita della sua economia. Un limite, però, potrebbe essere l’elevatissimo consumo di acqua degli stabilimenti produttivi. Si calcola che la nuova fabbrica di Catl a Debrecen dovrebbe consumare quanto tutta la popolazione della città. Questo potrebbe mandare in tilt gli agricoltori locali, visto anche che il fiume più vicino, il Tibisco, è a quasi un’ora dalla città e potrebbe peggiorare la siccità di cui quelle zone già soffrono. Catl ha detto che userà le acque grigie delle abitazioni senza intaccare l’acqua destinata alle coltivazioni o ai cittadini. La questione resta comunque aperta. Orban, che non può fare a meno di Mosca e Pechino, non può neppure rinunciare ai miliardi europei necessari per far ripartire la sua fragile economia, alle prese con un’inflazione a doppia cifra. I motivi di contrasto con l’Ue sono stati tanti negli anni. Da ultimo, alla diversità di vedute riguardo la guerra in Ucraina si è aggiunta la multa di 200 milioni di euro da parte della Corte di Giustizia Ue per la mancata conformità alle normative sui migranti. La presidenza ungherese del Consiglio dell’Ue, in un momento critico dopo le elezioni europee di giugno, fa piacere a Cina e Russia. Un ammorbidimento dell’Unione a guida ungherese nei confronti di Mosca sull’Ucraina e di Pechino sulle auto elettriche potrebbe cambiare lo scenario non solo europeo, ma globale. F
Ungheria Europa centrale Resto dell’Europa Big Three (Gb, Francia e Germania)
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SCACCO AL TEMPO
Già da bambino aveva deciso che nella vita avrebbe combattuto l’invecchiamento. Per riuscirci, lo scienziato italiano Marco Quarta è volato in California, dove ha lavorato a Stanford prima di fondare due startup. Oggi si dedica soprattutto a una, Rubedo Life Sciences, che ha raccolto 55 milioni di dollari
di Matteo Novarini
IL CORAGGIO DI OSARE
MMarco Quarta ricorda ancora il giorno in cui capì che cosa avrebbe fatto nella vita. “Avevo cinque anni e facevo una passeggiata sulle Dolomiti”, racconta. “Nella mia famiglia c’erano tanti medici e scienziati e poco tempo prima mi avevano spiegato che tutti gli oggetti, animati e inanimati, sono composti dalle stesse particelle, gli atomi. A un certo punto mi sedetti su una roccia e vidi un insetto che ci camminava sopra. Mi venne un’idea: se la roccia, l’insetto, gli uccelli e gli esseri umani sono fatti delle stesse particelle, ma esistono per tempi diversi, deve esi-
“Per ora
stere un modo per manipolare la materia e alterare il processo di invecchiamento. Mi sembrava logico. Decisi che da grande mi sarei occupato di quello”.
A sei anni allestì il primo laboratorio casalingo e cominciò ad armeggiare con microscopi e provette.
A Natale e al compleanno chiedeva modelli anatomici e strumenti chimici.
Oggi Quarta ha 48 anni e conserva ancora alcuni di quegli strumenti nella sua casa della Silicon Valley, dove ha fondato e guida una startup che si chiama Rubedo Life Sciences. Il nome viene dall’alchimia: in latino rubedo (‘rossore’) è l’ultima fase della Grande Opera, in cui si completano le trasmutazioni chimiche e si realizza la pietra filosofale, la medicina universale che cura ogni malattia e assicura la longevità. L’azienda sviluppa farmaci che eliminano le cellule senescenti, cioè quelle che smettono di riprodursi e rilasciano sostanze che provocano infiammazione. “Per ora vogliamo trattare malattie croniche legate all’età”, dice Quarta. “In futuro tratteremo persone ancora sane, prima che ne abbiano bisogno, per rallentare l’invecchiamento stesso. Significherebbe passare da una medicina reattiva a una preventiva”.
ci occupiamo di malattie croniche legate all’età.
In futuro tratteremo persone
ancora sane, prima che ne abbiano bisogno”
Quarta è nato a Bolzano e si è laureato in biotecnologie a Bologna, in un laboratorio sotto il patrocinio di Rita Levi-Montalcini e guidato da una sua pupilla, Laura Calzà. Nonostante avesse più di 90 anni e gli impegni come senatrice a vita, il premio Nobel frequentava ancora l’università. “Studiava note e dati, voleva sapere tutto. Aveva sempre un commento tecnico-scientifico puntuale per ogni studente e ogni professore. Per un giovane scienziato era un modello straordinario”. Poi Quarta si è spostato a Padova per un dottorato in neuroscienze. “Finito il dottorato, nel 2007, tenni un seminario alla Sapienza. Tom Rando, un luminare della biologia dell’invecchiamento che insegnava a Stanford, mi sentì e mi invitò nel suo laboratorio. Pensai di andare per una settimana, per vedere l’ambiente”. Da allora Quarta non ha più lasciato la California. “Stanford mi piacque così tanto che rimasi per un anno. Poi aprii un laboratorio sulla medicina dell’invecchiamento e della rigenerazione”.
Marco Quarta, 48 anni, è nato a Bolzano. Ha studiato a Bologna, in un laboratorio sotto il patrocinio di Rita Levi-Montalcini, e a Padova. 83 anni
Sullo sfondo c’era sempre l’intenzione di creare una startup. Quarta ci aveva già provato a Padova, durante il dottorato, con WetWare Concepts, una società di nano-biotecnologie. “Vinsi la Startcup, una competizione di business plan accademici, e ottenni fondi e formazione su come lanciare una startup. L’azienda non è decollata come avrebbe potuto fare nella Silicon Valley, ma è ancora in piedi”. A Stanford ne ha fondate altre due. Una si chiama Turn Biochnologies, lavora a una terapia basata sull’rna per riprogrammare le cellule che invecchiano ed è sostenuta da Astellas, una grande casa farmaceutica giapponese. “In Turn sono stato chief scientific officer e sono ancora nel consiglio di amministrazione. Oggi però mi dedico soprattutto a Rubedo, per la quale ho anche lasciato Stanford”.
L’aspettativa di vita in Italia. A livello globale è poco sopra i 70
Rubedo ha già raccolto circa 55 milioni di euro di finanziamenti. Con quei fondi dovrebbe far partire un primo trial clinico tra qualche mese. Nel frattempo, a Milano, ha dato vita a Rubedo Italy, che diventerà la base per le operazioni in Europa. Ad aprile ha anche chiuso un accordo commerciale con Beiersdorf, la multinazionale tedesca proprietaria di marchi come Nivea e Coppertone, per una crema anti-invecchiamento. “Abbiamo un programma dermatologico di tipo terapeutico”, spiega Quarta. “Con questo accordo, svilupperemo un prodotto basato sulla stessa tecnologia, ma a scopo estetico”.
101 mln $
Il premio della XPrize Foundation per chi invertirà il declino legato all’età
Rubedo fa parte di un ecosistema di startup anti-invecchiamento che cresce nella Silicon Valley. Su alcune aziende hanno puntato alcune delle persone più ricche del mondo, come Jeff Bezos di Amazon e Sam Altman di OpenAI. La XPrize Foundation, una no profit statunitense, ha istituito un premio
da 101 milioni di dollari per chi svilupperà terapie capaci di invertire il declino legato all’età. Tra i suoi principali finanziatori ci sono la Hevolution Foundation della famiglia reale saudita, che ha anche investito in Rubedo, e Chip Wilson, fondatore miliardario di Lululemon.
Con l’aumento degli investimenti e dell’interesse, sono sorte anche iniziative che sembrano appartenere più alla fantascienza che alla scienza. C’è chi parla di aumentare all’infinito l’aspettativa di vita, chi di fusioni tra uomo e macchina. “Per chi fa il mio lavoro, è frustrante che l’espressione ‘medicina della longevità’ sia stata diluita, contaminata da pseudo-scienza”, dice Quarta. “Non è obbligatorio che tutto avvenga nell’alveo della medicina. Sviluppare integratori, per esempio, va bene. Il problema è se si fa confusione tra ciò che è scientifico e ciò che non lo è e se viene meno il rigore nella ricerca”.
Per questo Quarta, assieme a figure del mondo farmaceutico e di quello del venture capital, ha creato una società scientifica no-profit chiamata Phaedon Institute. L’obiettivo dichiarato è favorire la crescita sostenibile delle scienze dell’invecchiamento e della longevità. “Vogliamo mettere insieme industriali, investitori, ricercatori, figure governative che si occupano delle singole aree, per alzare il livello di rigore scientifico”, spiega. Questo significa anche fornire prospettive realistiche sui possibili esiti della ricerca. Alcuni scienziati, per esempio, hanno scoperto modi per allungare la vita di animali come vermi, insetti e roditori, ma Quarta precisa che “la transizione dal topo all’uomo è ancora impraticabile. Credo che, in linea teorica, si possa aumentare la durata massima della vita, ma con interventi e trattamenti che sono ancora lontani decenni o secoli. E non esiste alcuna prova scientifica che la vita possa essere allungata indefinitamente o che si possa rendere un essere vivente immune all’invecchiamento”. Quarta ammette che “non sappiamo ancora allestire un trial per misurare l’invecchiamento”, o “quali sono i biomarcatori da considerare”. È convinto, però, che tra dieci anni il suo settore cambierà la medicina. “Sappiamo che trattare l’invecchiamento biologico è possibile, nello stesso modo in cui sapevamo di poter andare sulla Luna. Ci sono voluti investimenti enormi, abbiamo fallito tante volte, ma alla fine ci siamo riusciti. Nel trattamento dell’invecchiamento cellulare succederà la stessa cosa”. Più che allungare la vita, Quarta vorrebbe allungare la salute, rendere gli 80 i nuovi 50. L’aspet-
Quarta in laboratorio. Rubedo sviluppa farmaci che eliminano le cellule senescenti, cioè quelle che smettono di riprodursi e rilasciano sostanze che causano infiammazione.
tativa di vita degli esseri umani, d’altra parte, è già raddoppiata nell’ultimo secolo. Ora supera i 70 anni a livello mondiale e gli 80 in un quarto dei paesi. In Italia è di 83 anni, a Monaco sfiora i 90. “Abbiamo già allungato la vita, ma al prezzo di tante malattie croniche”, dice. “Molti passano l’ultimo terzo della loro vita a gestirle. È una spirale che ha costi emotivi, personali e familiari, ma anche sociali ed economici”. La società si regge sulla presenza di tante persone in età da lavoro che permettono di pagare pensioni e assistenza agli anziani. Oggi, però, la cosiddetta piramide demografica rischia di ribaltarsi: i bambini che nascono sono sempre meno, gli anziani vivono sempre più a lungo e quindi sono sempre di più. “Allungare di dieci anni il periodo in cui le persone restano in salute è un obiettivo realistico e basterebbe a risparmiare migliaia di miliardi di dollari. E poi guadagneremmo una generazione produttiva: le persone più esperte potrebbero rimandare la pensione, assumere nuovi ruoli e affiancare i giovani più a lungo”. Mentre la ricerca fa il suo corso, aggiunge Quarta, le persone non devono in ogni caso “aspettare la pillola”. Tanti fattori che abbassano la qualità della vita con il passare del tempo “sono riconducibili alle abitudini. Esiste già una medicina della longevità ed è fondata su interventi come la dieta, l’esercizio fisico e la gestione dello stress e delle emozioni. Tutto questo resterà sempre la base su cui innestare ogni altro intervento. In nessun caso potremo chiedere a una pillola di riparare un corpo già gravemente danneggiato. Il primo passo è creare una cultura della longevità”. F
di Enzo Argante
CONTRARIAN RESPONSIBILITY
Progetti di rigenerazione
Simona Maschi ha fondato il Copenhagen Institute of Interaction Design, un centro dedicato all’interazione tra le persone e il digitale. Un tema cruciale in vista di un futuro in cui il rapporto tra uomo e macchina sarà alla base della sostenibilità sociale e ambientale
ILIl futuro dell’economia e del sociale è legato alla transizione digitale. Nella relazione fra umani e macchine e fra macchine e macchine, dunque, si decide l’efficienza di un sistema votato al rispetto dell’ambiente e della società. Quindi il manager che verrà dovrà avere, innanzitutto, la capacità relazionale adeguata. Ecco allora l’interaction design, la progettazione di questo rapporto. Un percorso che ha in Italia molti punti di riferimento. È il caso di Simona Maschi, fondatrice del Copenhagen Institute of Interaction Design, che, dopo aver formato centinaia di supermanager, è rientrata in Italia. In un monastero del 1100 a Bergamo.
Come possiamo definire l’interaction design?
È un insieme di strumenti, metodi e processi per progettare l’interazione tra persone e tecnologie digitali. Spesso queste esperienze si manifestano tra umani e umani e la tecnologia non si vede. È una pratica che include processi tradizionali di design, quindi di creatività, di capacità di visualizzare idee, prodotti ed esperienze che non esistono ancora. Insomma, tutto quello che è fondamentale
nell’atto creativo, insieme a elementi di psicologia cognitiva, economia, sociologia e scienza dell’informatica. Una complessità di pratiche e di discipline che si uniscono ogni volta che si progettano nuove interazioni. Anche quando progettiamo una maniglia, un bicchiere, un tavolo, una sedia, alla fine si progetta l’interazione tra l’uomo e il prodotto. Con la nascita e la diffusione delle tecnologie digitali, questo tipo di progettazione si è allargato ed è diventato più complesso, per cui è servita un’evoluzione nella pratica del design.
Per leggere altri progetti di sostenibilità visita la sezione Responsibility sul nostro sito Forbes.it
Di conseguenza il design ha un ruolo da protagonista nelle pratiche di sostenibilità. Mi piace parlare di design per la rigenerazione, per sostenere il pianeta, ma anche la società. Dobbiamo pensare a prodotti e servizi, esperienze e processi che usano risorse non solo urbane, ma anche naturali. L’obiettivo è ristabilire l’equilibro: una volta che le risorse sono state sfruttate, bisogna restituirle e - perché no - creare un surplus. Quindi design per la rigenerazione è un termine più contemporaneo rispetto al design per la sostenibilità, che è diventata un’emergenza. Credo che finalmente aziende pubbliche e private, governi e organizzazioni di ogni tipo si siano resi conto del fatto che non abbiamo molto tempo per ristabilire questo equilibrio ed è importante progettare il ruolo di ciascuno. Rispetto a questo percorso di transizione verso un futuro migliore, gli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni unite si sono rivelati strumenti molto importanti per creare un piano condiviso da tutti. Pensiamo che ogni progetto, ogni azienda, ogni attività debba partire con l’intenzione di servire almeno uno di questi obiettivi, per dare valore socia-
le al proprio operato. Mettere al centro la rigenerazione è una grandissima opportunità e gli obiettivi vanno visti come la più grande ricerca di mercato mai fatta dai tempi dell’industrializzazione, perché raccontano i bisogni del pianeta e quelli della società. Se ci sono bisogni, ci sono mercati, e se ci sono mercati, esistono grandissime opportunità. È importante capire che questa transizione è un’enorme opportunità dal punto di vista del business, la più grande occasione per ricreare un equilibrio tra le risorse che abbiamo e i bisogni. È importante, però, che ci si evolva e che questa evoluzione sia progettata. Anche questo è un atto di design.
Ed ecco Copenhagen Institute. È nato in Danimarca, forma migliaia di manager e sbarca in Italia.
In realtà le origini sono a Ivrea, la città della Olivetti, dove nel 2000 è nata la prima scuola al mondo dedicata all’interaction design. Proprio negli edifici del centro di ricerca Olivetti, luogo simbolo della tecnologia per il bene. Chiusa l’azienda, insieme ad altri colleghi, abbiamo organizzato uno spin off a Copenaghen, dove abbiamo trovato un grande supporto anche da parte del governo danese. È nato così un centro di eccellenza basato su tre attività: formazione, innovazione strategica con le aziende, incubazione. Immaginate un posto con tante persone da tutto il mondo, con professioni molto diverse, che si trovano a imparare nuovi strumenti e metodologie per l’innovazione, per la rigenerazione. Un luogo cross-disciplinare dove si lavora mettendo a sistema tante discipline, per fare innovazione e generare impatto positivo sul pianeta e sulla società.
Come è strutturato Copenaghen Institute in Italia?
Stiamo aprendo a Bergamo in una sede magica, un monastero del 1100, ideale per accogliere professionisti da tutto il mondo che hanno voglia di fare un reskilling e acquisire nuovi strumenti e metodi per la transizione verso un futuro rigenerativo. Oltre al corso, organizziamo anche moduli di una settimana per insegnare un metodo e fornire strumenti.
Il binomio tra design e Italia è storicamente vincente. Anche nell’interaction design l’italianità è protagonista a livello internazionale?
Un elemento fondamentale è che il design
italiano è basato sulla qualità dei prodotti e della produzione, ancorata a una forte artigianalità. Nell’ambito della personalizzazione, l’Italia ha grandi capacità, con un approccio quasi sartoriale. Anche grazie alla digitalizzazione viviamo in un’epoca in cui, con la gestione dei dati, è possibile creare personalizzazione dei prodotti e dei servizi. Ma anche la capacità di evolversi e adattarsi con grande agilità. Il nostro tessuto industriale, composto ancora soprattutto da piccole e medie imprese, consente di improvvisare ed evolversi, rispondendo ai bisogni del mercato in modo reattivo e veloce: una capacità fondamentale per l’interaction design, dove la tecnologia evolve in tempi molto rapidi. Per questo l’Italia può diventare leader nella produzione più rispettosa dell’ambiente e della società. F
Simona Maschi
di Michele D’Antoni
Il futuro italiano? È in campagna
Prodotti, bellezza e conservazione del territorio, export agroalimentare, italian sounding, garanzie per i consumatori, presenza eccessiva di animali nocivi, come superare gli health warning per il vino. E a settembre un G7 dedicato all’agricoltura. Parla il ministro Lollobrigida
ILIl ruolo dell’imprenditore agricolo va ben oltre la produzione di cibo: è custode delle nostre terre, delle tradizioni e della biodiversità che rendono l’Italia unica nel panorama mondiale. Parola di Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura Forbes lo ha intervistato sui temi più attuali del settore.
In un’economia come quella italiana, l’agroalimentare è centrale nel creare ricchezza economica, ma anche bellezza, partendo dalla qualità dei nostri prodotti agricoli, da quella dei nostri territori (inimmaginabile pensare all’Italia senza i nostri vigneti, uliveti, campi arati, frutteti...) e, non per ultimo, da quella sociale del settore agricolo. Come si protegge e si sviluppa tutto questo?
La qualità che contraddistingue il made in Italy racchiude un insieme di valori e di risorse ambientali, culturali, sociali. Vogliamo recuperare lo spirito dei Trattati di Roma del 1957, dove gli agricoltori rappresentavano un pilastro della sicurezza alimentare e della manutenzione del territorio. I nostri agricoltori sono i primi amici dell’ambiente e sentinelle del territorio che hanno contribuito anche a disegnare. Basta pensare alle tante colline, montagne, da Nord a
Sud, scolpite dal lavoro dei nostri agricoltori: vigneti, campi di grano, di frutta, produzioni agricole che diventano paesaggio, come spiegò la storica figura di Emilio Sereni, che abbiamo celebrato al ministero, nel suo testo Storia del paesaggio agrario italiano. Il nostro impegno è rivolto a proteggere queste realtà, conosciute in tutto il mondo, a promuoverle e a sviluppare nuovi canali di sbocco economico. Il percorso che stiamo portando avanti punta da una parte a tutelare le nostre tradizioni e identità e dall’altra a incentivare la ricerca e l’innovazione, dove siamo apripista in Europa. Come nel caso delle Tecniche evolutive assistite (Tea), per un’agricoltura di qualità, ma pronta ad affrontare le sfide che il futuro le riserva.
L’export agroalimentare è un aspetto importante. Nel 2023 abbiamo raggiunto i 64 miliardi di euro e nel 2024 già nei primi tre mesi registriamo un +7% rispetto all’anno scorso. Come si muove il nostro Paese per aprire nuovi mercati, soprattutto per i prodotti di qualità?
La qualità è la cifra distintiva del made in Italy e rappresenta il nostro punto di forza nei mercati internazionali. Con lo spirito di squadra che contraddistingue il governo Meloni, abbiamo istituito un tavolo tra il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e il ministero delle Imprese e del made in Italy per attuare una strategia condivisa a sostegno del brand Italia anche all’estero. Lavoriamo in costante raccordo con l’Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, con particolare attenzione agli appuntamenti fieristici. Siamo presenti come non era mai capitato negli ultimi anni in tutte le fiere internazionali del settore, oltre che in una serie di eventi collaterali che ci aiutano a pro-
muovere l’Italia nel mondo. Da ultimo, ma solo per questione di tempo, ricordo il tour mondiale della nave Amerigo Vespucci, che sta valorizzando anche la nostra cucina nei principali porti del mondo. A questo va aggiunto il potenziamento della logistica, attraverso i fondi del Pnrr, per garantire che le nostre merci arrivino velocemente e a costi competitivi. Stiamo lavorando in squadra, come sistema Italia, con azioni concrete per sostenere le nostre eccellenze.
Sotto i riflettori c’è l’italian sounding, che certamente è un problema, ma che vale oltre 120 miliardi, cioè il doppio del regolare export. Un fenomeno che testimonia quanto, per il mondo, il prodotto italiano sia di valore. Ma come ci possiamo difendere? I prodotti italiani rappresentano un’eccellenza a livello globale e, oggi più che mai, siamo chiamati a salvaguardare questa preziosa eredità. Il governo Meloni riconosce pienamente l’importanza di combattere con fermezza il fenomeno dell’italian sounding e per questo motivo abbiamo rafforzato il personale dell’Ispettorato centrale della qualità e repressio-
Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste nel governo Meloni.
ne frodi (Icqrf) e istituito una cabina di regia dei controlli per la tutela agroalimentare, che coinvolge Icqrf, i comandi dei Carabinieri per la tutela agroalimentare e per la tutela forestale e parchi, la Guardia di finanza, il reparto Pesca, Agea e l’Agenzia delle dogane. L’obiettivo è quello di garantire una maggiore tutela ai cittadini e ai nostri produttori, difendendo ciò che ci rende unici, la qualità, elemento che dobbiamo difendere da chi ci imita nel resto del mondo. L’esperienza, il dialogo e la collaborazione come sistema Italia sono cruciali per poter affrontare al meglio le sfide che attendono l’agroalimentare italiano, puntando a valorizzare sempre più il settore, sia in Italia che all’estero. Stiamo inoltre intensificando le attività sui mercati internazionali, supportando le imprese italiane che producono eccellenze. Il Comitato per il made in Italy nel mondo (Cimim) permetterà di sviluppare, condividere e implementare strategie promozionali per i prodotti italiani. La candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’Unesco, che abbiamo fortemente voluto, è un’ulteriore scelta che si muove in questa direzione.
Recentemente, al porto di Salerno, un’associazione di categoria per dire no al falso made in Italy e sì all’origine in etichetta ha bloccato 40 container di triplo concentrato di pomodoro proveniente dalla Cina, pronto per essere trasformato in salsa di pomodoro italiano. Che risposte può dare l’Europa per garantire, soprattutto i consumatori? Non possiamo tollerare prodotti di dubbia provenienza e qualità che entrano nella nostra nazione, compromettendo il lavoro dei nostri produttori e trasformatori. È fondamentale difendere la trasparenza lungo tutta la filiera produttiva, evitando dispersioni di valore che danneggiano la reputazione e l’economia del made in Italy. In linea con questo impegno, stiamo agendo attivamente anche in ambito europeo. L’indicazione dell’origine dei prodotti è di primaria importanza. Abbiamo dimostrato di mettere al centro l’agricoltura anche con il recente Dl Agricoltura. Riteniamo che la reciprocità sia un elemento fondamentale sul mercato europeo e internazionale. La sicurezza alimentare è il cardine del nostro programma di governo. Un concetto che sarà anche al centro del G7 Agricoltura che si svolgerà a settembre a Siracusa, in Sicilia. La cabina di regia dell’agroalimentare è l’organo che vigila e garantisce che nessun prodotto che non rispetta i requisiti di qualità, salubrità, concorrenza leale, diritti delle persone che vi lavorano finirà sulle tavole degli italiani o sugli scaffali degli esercizi commerciali all’estero. La sicurezza alimentare è una priorità strategica del governo. In tale contesto, la ricerca può giocare un ruolo fondamentale. L’innovazione costituisce un elemento imprescindibile - non per produrre cibo in laboratorio, su cui ci siamo opposti fermamente, tanto da essere la prima nazione al mondo a vietarlo -, ma per migliorare la competitività delle filiere agricole. Il nostro obiettivo è difendere le produzioni di cibo che legano l’uomo alla propria terra, i posti di lavoro, la salute e non permettere che ci siano monopoli nelle mani di pochi.
Un grosso problema per le campagne (ma ormai anche per le città) italiane è la presenza massiccia di cinghiali. Rappresentano un problema serio per l’agricoltura e la zootecnia, in quanto portatori della peste suina, che rischia di mettere in ginocchio tutto il settore suinicolo. Senza considerare l’incremento degli incidenti stradali causati dalla presenza di questi animali. Il problema è in carico alle regioni, ma ci saranno delle direttive nazionali?
“È fondamentale difendere la trasparenza lungo tutta la filiera produttiva, evitando dispersioni di valore che danneggiano la reputazione e l’economia del made in Italy”
Negli ultimi anni, per ragioni ideologiche di natura ambientalista, abbiamo smesso di gestire in maniera adeguata la proliferazione della fauna selvatica, determinando uno squilibrio dell’ecosistema naturale e un impatto sulla sicurezza e sulle attività economiche. I due milioni di cinghiali oggi presenti in Italia, secondo le rilevazioni dell’Ispra, rappresentano la principale causa della diffusione della peste suina africana (Psa), che sta causando danni economici ingenti al comparto suinicolo, per via delle restrizioni sanitarie e del mancato export. Il governo Meloni è intervenuto su più fronti e in maniera decisa per arginare questo problema, in particolare modificando la Legge 157/1992, ormai vecchia di 30 anni, e nominando un commissario per la gestione dell’emergenza Psa. Abbiamo sostenuto le imprese con 50 milioni di euro destinati agli indennizzi e a interventi di biosicurezza. Con il recente Decreto Agricoltura, la cui legge di conversione è stata appena approvata dal Parlamento, abbiamo rafforzato, con ulteriori 20 milioni di euro, la dotazione per le misure di biosicurezza e autorizzato l’impiego di un contingente di 177 unità di personale delle forze armate per l’attuazione delle misure di contenimento della Psa e controllo della fauna selvatica. Con lo stesso provvedimento abbiamo previsto la possibilità di attivare lo stato di emergenza, con l’intervento della Protezione civile, anche nel caso di diffusione di malattie animali come la Psa.
L’ecosistema deve restare in equilibrio e deve garantire le specie da squilibri che possono portare a criticità enormi. Tra queste specie c’è anche l’uomo, con le sue produzioni.
Nella cultura contemporanea, in molti paesi, il vino, primo prodotto dell’export italiano, viene considerato semplicemente alcol. Come possiamo superare i cosiddetti health warnings?
Il vino è un pilastro della nostra cultura, economia e identità territoriale, oltre che un elemento presente nella dieta mediterranea. La filiera
Dal 27 al 29 settembre Lollobrigida sarà impegnato al G7 Agricoltura di Siracusa.
vitivinicola italiana rappresenta un esempio di eccellenza, caratterizzata da pratiche volte alla cura della terra, da una forte connessione con il territorio e con la cultura rurale. Il nostro impegno è rivolto al rafforzamento della filiera, che non può correre il rischio di essere ingiustamente penalizzata dalle etichette dagli health warnings. Insieme al ministro della Salute, Orazio Schillaci, siamo impegnati a fornire ai più giovani gli strumenti per distinguere tra uso e abuso. L’Italia si impegna a sostenere la viticoltura come fattore di sviluppo economico, sociale e culturale, preservando la nostra tradizione e difendendo il valore del made in Italy a livello internazionale.
A settembre si terrà a Siracusa il G7 Agricoltura. Quali sono le opportunità e quali le prospettive future?
Il G7 Agricoltura, che si terrà dal 27 al 29 settembre, rappresenta un’opportunità unica, non solo per il settore agricolo, ma anche per quello della pesca. Per la prima volta, infatti, discuteremo le politiche agricole congiuntamente a quelle della pesca, sancendo in modo definitivo l’equiparazione tra agricoltori e pescatori, che, come governo, abbiamo sempre sostenuto. Inoltre rafforzeremo la cooperazione con il continente africano, in linea con gli obiettivi del Piano Mattei. Ci sarà una giornata di lavori dedicata interamente al coinvolgimento dei nostri partner africani, con i quali intendiamo elaborare strategie di crescita e sviluppo condivise. Il G7 focalizzerà l’attenzione anche sul protagonismo delle nuove generazioni e sulla necessità di sostenere il ricambio generazionale e l’occupazione giovanile in agricoltura. Nel corso del vertice sarà discusso l’impegno per lo sviluppo delle filiere agroalimentari nel continente africano, anche attraverso il progetto sul miglioramento della qualità delle sementi e il progetto Africampus per la formazione delle nuove generazioni. Temi che saranno approfonditi anche nel corso del Forum per l’Africa che affiancherà il G7 Agricoltura. Abbiamo deciso inoltre di abbinare al G7 un evento straordinario: un’expo dedicato all’agricoltura, la più grande esposizione del sistema agricolo e agroalimentare mai vista in Italia negli ultimi decenni. Sarà una vetrina straordinaria per far conoscere ancor di più le nostre eccellenze al mondo. F
di Primo Marzoratti
Una trovata atomica
La startup italiana Caelus sviluppa software per l’industria nucleare. Vuole ridurre tempi e costi associati a progettazione e licenze, che mettono in difficoltà le imprese e rallentano l’innovazione. “Grandi nomi del settore sono già interessati a diventare clienti”, dice il fondatore Alessio Iuvara
AAccelerare la realizzazione dei progetti nucleari, dalla fase di autorizzazione a quella di smantellamento, sviluppando software per l’ingegneria dei sistemi complessi nei settori altamente regolamentati. Caelus, startup italiana dedicata alla produzione di software per l’industria nucleare, è il progetto di Alessio Iuvara, ceo e fondatore, che, durante la sua partecipazione all’Us Nuclear Innovation Bootcamp 2022, ha identificato una delle principali inefficienze del settore, che mina gli obiettivi di decarbonizzazione: la lentezza e il rischio finanziario legato all’autorizzazione dei nuovi impianti nucleari, come gli smr (small modular reactor). Con Caelus, Iuvara e il suo team vogliono fornire i migliori strumenti e le ultime innovazioni nel campo dell’IA a tutta la filiera nucleare, per ridurre significativamente i tempi e i costi associati alla progettazione e alla licenza delle tecnologie, necessarie al raggiungimento degli obiettivi Net Zero 2050. Il progetto è nato dall’analisi del settore. Il mondo del nucleare è notoriamente complesso e altamente regolamentato, e richiede che ogni progetto rispetti i rigidi standard di sicurezza necessari a garantire la protezione della popolazione e dell’ambiente. Ciò avviene attraverso la redazione
di ingenti quantità di documenti (oltre due milioni di pagine a progetto), che gli enti regolatori di ciascun paese devono revisionare. Rallentamenti in questo processo mettono sotto stress la sostenibilità finanziaria delle aziende di progettazione, e le loro innovazioni rischiano di non raggiungere il mercato. Questo processo diventa ancora più oneroso quando si tratta di adattare i progetti a più paesi, con ostacoli all’esportabilità e alla scalabilità delle tecnologie nucleari, specialmente dei piccoli reattori modulari.
“Sulla base del mio background in ingegneria energetica e nucleare e del mio passato lavorativo nell’IA applicata alla simulazione fisica”, ha spiegato Iuvara, “ho elaborato l’idea di riapplicare quel tipo di conoscenze in ambito nucleare, per fornire servizi e software innovativi nella gestione e automatizzazione dei processi documentali. Il settore nucleare è molto conservativo, e solo con il giusto tempismo e conoscendo le aspettative dall’interno si possono sbloccare le enormi potenzialità dell’innovazione”.
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La startup sviluppa una suite software unificata, che mira a ottimizzare e snellire questi processi su tutto il ciclo vita del reattore. La suite comprende Caelus Engine, il cuore tecnologico dell’azienda. Consiste in un insieme di strumenti basati su tecnologie di intelligenza artificiale, nell’ambito del natural language processing (nlp). La conoscenza normativa e tecnica viene incapsulata in un knowledge graph, che viene interrogato con un large language model per fornire all’utente un accesso personalizzato alle informazioni, attraverso servizi di retrieval augmented generation. Con questi strumenti è possibile stendere bozze preliminari dei documenti tecnici, verificarne la conformità, guidare progettisti, enti regolatori e altri stakeholder verso un più rapido ed economico sviluppo della tecnologia.
La suite comprende poi NuclearIDE, piattaforma di collaborazione per la progettazione nucleare con una forte componente di automazione dei compiti a basso valore aggiunto, un sistema di calcolo unificato con funzionalità di computer aided design and engineering (cad/cae). È integrabile con strumenti di product lifecycle management, document management system ed enterprise resource planning.
C’è poi Caelus Orchestra, software per la gestione delle attività e le documentazioni di cantiere. Potenzia e connette i diversi software bim (building information modeling) e di analisi specialistica, per semplificare le attività di coordinazione e quality control & assurance specifiche dei cantieri nucleari. Integra le informazioni fornite da tutta la catena del valore.
Il progetto Caelus ha riscontato l’interesse di diversi stakeholder del settore. “Siamo entusiasti di comunicare che la nostra startup sta attualmente finalizzando dei proof of concept con grandi nomi del settore che sono già interessati a divenire futuri clienti stabili”, ha detto Iuvara. “È un passo cruciale verso la completa affermazione del nostro prodotto sul mercato. Oggi la sfida principale per la conclusione di questi accordi è la necessità di risorse aggiuntive per completare lo sviluppo
Alessio Iuvara
del software, che si trova ancora in una fase embrionale”.
Proprio per questo Caelus sta raccogliendo fondi. “Per accelerare il nostro sviluppo e trasformare queste promettenti collaborazioni in soluzioni concrete, siamo alla ricerca di una solida iniezione di capitale indipendente. Questo finanziamento ci permetterà di consolidare il team di sviluppo altamente qualificato e finire lo sviluppo di un software che possa essere compiutamente lanciato sul mercato”. Il team di Caelus è composto da 25 under 30, legati da una missione. “La nostra startup non è spinta solo da aspirazioni economiche”, ha dichiarato Iuvara. “Siamo impegnati ad avere un impatto reale su questioni cruciali del nostro tempo. Sviluppiamo software per l’industria nucleare per facilitare l’espansione di questa tecnologia essenziale per raggiungere nel minor tempo possibile gli obiettivi di decarbonizzazione”. La crescita economica della startup andrà di pari passo con l’espansione del team. “Appena ottenuti i fondi”, ha continuato Iuvara, “Caelus potrà accelerare lo sviluppo del prodotto tramite l’espansione del team, per la maggior parte specializzato nei settori nucleare, IA e It”. L’obiettivo finale? “Espandersi velocemente in America da qui al 2027 e poi in Europa”. F
Alessio Iuvara, ceo & founder
Francesco Di Fausto, financial analyst
Samuele Lena, business team leader
100 UNDER 30
IDEE DA VENDERE
Gli Under 30 di Forbes Italia della categoria Retail & E-commerce vogliono trasformare i business online e fisici. Tra i loro progetti, una startup degli accessori nautici, un algoritmo per gestire le camere d’albergo libere, un rasoio che elimina i tabù della depilazione e una destinazione digitale per l’artigianato
TUTOR
BigCommerce fornisce alle aziende una soluzione flessibile per l’e-commerce b2b e b2c. L’intenzione è togliere ai manager le preoccupazioni della manutenzione e dell’hosting e consentire loro di concentrarsi sulla crescita dell’attività e sul miglioramento dell’esperienza del cliente
BBigCommerce aiuta i manager dell’e-commerce b2c e b2b ad adottare un approccio al commercio unificato, collegando soluzioni, partner e strategie per personalizzare l’esperienza degli acquirenti. La sua soluzione, componibile e aperta, combina la libertà e la flessibilità basate su SaaS e Api, offrendo ai clienti le integrazioni enterprise e gli strumenti per personalizzare e arrivare più velocemente sul mercato, spesso a un costo totale di proprietà inferiore rispetto alle piattaforme monolitiche. Decine di migliaia di aziende b2c e b2b in 150 paesi e numerosi settori si affidano a BigCommerce, tra cui Selle Italia, Bestway Europe, Boxeur des Rues, Muji, Miss Bikini, Loacker, Faba e Ben & Jerry’s.
“I marchi che usano BigCommerce vendono su una gamma di canali che va dai negozi online e offline alle piattaforme social, fino ai marketplace, connettendosi con i clienti di tutto il mondo per offrire esperienze di acquisto innovative”, dice Enrica Visco Marigliano, Partner Marketing Managerdell’azienda.
L’idea dell’azienda è togliere ai manager le preoccupazioni della manutenzione e dell’hosting dell’e-commerce, consentendo loro di concentrare tempo ed energie sulla crescita dell’attività e sul miglioramento dell’esperienza del cliente. Per migliorare la sua offerta, BigCommerce ha aggiunto nuovi strumenti, come Catalyst, lo starter kit componibile, e Makeswift, un editor visivo, e collabora con migliaia di partner tecnologici e agenzie, garantendo ai clienti la libertà di scelta e l’agilità per integrare rapidamente una combinazione di soluzioni adatte alle loro esigenze.
Ad aprile ha lanciato The Next Big Thing, che include oltre 100 nuove funzionalità della piattaforma, versioni software e integrazioni di partner, per offrire ulteriori opportunità ai responsabili dell’e-commerce e del marketing di essere audaci e portare la trasformazione digitale a nuovi livelli. Con questa alleanza di affidabilità e flessibilità, BigCommerce vuole creare soluzioni in grado di supportare e adattarsi a qualsiasi ambizione o idea innovativa dei giovani manager dell’e-commerce. F
Enrica Visco Marigliano
Ospitalità su misura
HOTIDAY È UNA STARTUP CHE HA L’OBIETTIVO DI RIVOLUZIONARE IL MONDO DELL’HOSPITALITY, OTTIMIZZANDO
LA GESTIONE DELL’INVENDUTO DELLE CAMERE DEGLI ALBERGHI E MIGLIORANDO L’ESPERIENZA DEL VIAGGIATORE. NATA DALL’IDEA DI TRE RAGAZZI, IN DUE ANNI HA RACCOLTO 2 MILIONI DI EURO
“Il nostro percorso di studi insieme alla Bocconi e l’esperienza con l’incubatore Bocconi 4 Innovation ci hanno dato gli strumenti e la visione per trasformare l’ambizione di rivoluzionare il mondo dell’ospitalità in un’azienda in rapida crescita”. L’azienda è Hotiday ed è la prima collection di camere d’hotel creata in collaborazione con i migliori professionisti dell’hospitality in tutto il mondo. La startup seleziona camere in un’area specifica delle strutture partner e le valorizza per soddisfare i desideri del viaggiatore moderno. Grazie a un algoritmo proprietario in grado di calcolare il valore di una camera d’albergo, riesce a formulare rapidamente l’offerta monetaria all’hotel e, in questo modo, abbatte i tempi di contrattazione.
A fondarla sono stati tre ragazzi, Vittorio Gargiulo, Federico Brunelli e Federico Di Carlo, con una passione condivisa. “Dalle analisi che abbiamo condotto”, hanno spiegato, “abbiamo identificato le sfide e le esigenze degli albergatori: attrarre nuovi target, aumentare i ricavi, ottimizzare la gestione dell’invenduto delle camere, migliorare l’esperienza degli ospiti e, di conseguenza, il punteggio nelle recensioni e il passaparola”.
“Offriamo supporto ai viaggiatori durante tutta l’esperienza, dalla prenotazione al rientro. Inoltre, abbiamo adottato una formula di travel cashback che a ogni prenotazione effettuata fornisce sconti da usare in tutte le strutture che ospitano Hotiday”.
“Siamo sicuri di avere creato una room collection unica al mondo. Ora vogliamo scalare rapidamente, in Italia e all’estero”
Ma come opera in concreto Hotiday? “Creando una collection di camere di hotel selezionati in tutto il mondo, diventa il partner con cui le strutture uniscono le forze per ottenere risultati migliori. A partire da questa intuizione, confermata dai dati, abbiamo intercettato anche le nuove esigenze lato consumatori. Il viaggiatore moderno, che è il target a cui ci rivolgiamo, cerca sicurezza e affidabilità, vuole muoversi senza pensieri”. Tra i segreti di Hotiday c’è il servizio ai clienti.
In due anni il progetto ha avuto risultati positivi. “Siamo felici dei riscontri in termini di numeri: dal tasso di crescita dei clienti al fatturato”, hanno sottolineato i fondatori. “Un altro dato fondamentale, che ci ha fatto capire che stavamo andando nella direzione giusta, è stato il grado di soddisfazione dei clienti. Con un approccio lean e ottimizzato, riusciamo ad ascoltare i feedback degli ospiti e fare in breve tempo aggiustamenti per migliorare il servizio, come in un circolo virtuoso”. I giudizi positivi non sono arrivati solo dagli ospiti di Hotiday Room Collection, ma anche dagli albergatori con cui Hotiday collabora. “Anche loro hanno mostrato e confermato nel tempo le loro fiducia e soddisfazione. Siamo anche entusiasti di aver avuto un primo assaggio di successo internazionale, come dimostrato dalla nostra prima room collection a Parigi”. La crescita del marchio è testimoniata dai numeri. “In due anni abbiamo raccolto 2 milioni di euro e gli investitori – vecchi e nuovi – ci mostrano un crescente supporto”. E per il futuro? “A oggi siamo sicuri di avere creato una room collection unica al mondo. Forti del prodotto che abbiamo costruito e migliorato nel tempo, il nostro obiettivo ora è scalare rapidamente, in Italia e all’estero, per realizzare il nostro obiettivo: rivoluzionare il settore dell’hospitality e diventare la soluzione ideale per i nostri ospiti e per gli albergatori con cui collaboriamo”. F
Matteo Sportelli
Da sinistra: Federico Brunelli, Vittorio Gargiulo e Federico Di Carlo.
L’AMORE
La passione è blu
PER IL MARE EREDITATO DAL PADRE HA SPINTO MARCELLO LABRUNA A FONDARE HINELSON, UNA
SOCIETÀ CHE VENDE ACCESSORI NAUTICI. NATA COME E-COMMERCE, HA APERTO POI ANCHE NEGOZI FISICI. PER CRESCERE HA GIÀ COMPLETATO ALCUNE ACQUISIZIONI. ORA LA SFIDA È PASSARE DA STARTUP AD AZIENDA
UUna passione per il mare trasmessa dalla famiglia che poi, grazie alla costanza e alle competenze, è diventata una startup di successo. HiNelson è una realtà divenuta in pochi anni un punto di riferimento nel mondo della vendita di accessori nautici. A fondarla è stato Marcello Labruna, giovane che ha ereditato la passione per il mare dal padre e l’ha combinata con la conoscenza del mondo digitale. Labruna ha fondato HiNelson.com dopo aver frequentato l’E-commerce Master organizzato da Talent Garden Innovation School. “Talvolta si dice che il passo da zero a uno in una startup è il più difficile. Per noi, al contrario, è stato quasi naturale”, ha raccontato Labruna. “La mia famiglia, come quella dei miei soci, ha le sue radici nella nautica. Ho avuto la possibilità di viaggiare all’estero e vedere come tanti siano bravi a commercializzare accessori e componenti per imbarcazioni attraverso modelli e-commerce che funzionano. Tornato in Italia, mi sono reso conto di quanto ancora si può innovare in questa industria. Poi è venuto tutto da sé: i contatti c’erano, il know-how pure. Bastava rimboccarsi le maniche e iniziare”. HiNelson è nata come piattaforma digitale pensata per seguire il cliente nelle sue esigenze e offrirgli i prezzi più bassi. Una strategia che sembra aver convinto il consumatore di riferimento. “Al di là delle metriche economiche o di traction, che da subito sono state buone, la soddisfazione più grande è sempre arrivata dai feedback dei clienti”, ha detto Labruna. Le ragioni
“Ho avuto la possibilità di viaggiare all’estero e ho visto come tanti siano bravi a commercializzare accessori e componenti per imbarcazioni attraverso modelli di e-commerce”
del successo sono rintracciabili nei problemi con cui i consumatori di prodotti nautici avevano a che fare. “Comprare accessori e componenti per la propria barca, prima dell’arrivo di HiNelson, era complicato e costoso per ogni diportista. Noi offriamo una soluzione semplice e a portata di clic, che ha già permesso a più di 50mila possessori di imbarcazioni di risparmiare sugli acquisti. Questo era l’obiettivo sin dalla fondazione, ma sentirselo dire da chi usufruisce del servizio ogni giorno è la conferma che la strada è giusta”. HiNelson, progettata come e-commerce, ha deciso poi di puntare sull’omnicanalità, aprendo nel 2022 il primo store fisico a Milano. Dalla prima apertura ha unito servizi e caratteristiche del negozio online e di quello fisico, consentendo alla clientela di entrambi i canali di vivere un’esperienza d’acquisto il più possibile simile. Nel tempo HiNelson, per ampliare il proprio portfolio e portare know-how in azienda, ha poi acquisito diverse realtà italiane, come Bottega Nautica a Rimini e Spinnaker a Milano. Per il futuro, le ambizioni sono orientate alla crescita. “Nel nostro mercato, in Italia, siamo la società che è cresciuta di più negli ultimi cinque anni”, ha dichiarato Labruna. “La sfida per il futuro è quella di passare da startup ad azienda, continuare il percorso di crescita con una chiave di profittabilità e sostenibilità, senza dimenticare di regalare al cliente un’esperienza d’acquisto senza precedenti. Prevediamo anche l’apertura di diversi punti vendita fisici in tutta Italia nei prossimi anni”. F Matteo Sportelli
Marcello Labruna
La fiera del fatto a mano
QUATTRO RAGAZZE HANNO FONDATO UN CONTENT E-COMMERCE PER PORTARE ONLINE I PRODOTTI DI ARTIGIANATO CONTEMPORANEO DA TUTTA EUROPA. HANNO CREATO COSÌ UNA COMMUNITY DI 250MILA APPASSIONATI. “VOGLIAMO DARE SPAZIO A QUESTO MONDO DA E PER LE NUOVE GENERAZIONI”
FFondato nel 2020 da Roberta Ligossi, Sara Pianori, Costanza Tomba e Valeria Zanirato, Ta-Daan è la prima destinazione digitale dedicata all’artigianato contemporaneo. Nato per permettere all’artigianato di oggi di farsi conoscere anche fuori dalla tradizionale bottega, Ta-Daan è oggi un content e-commerce in cui trovano spazio i prodotti di una selezione di artigiani contemporanei provenienti da tutta Europa: dagli accessori fatti a mano ai gioielli, passando per gli utensili da cucina, l’home decor e le ceramiche. Ta-Daan è frutto dell’incontro tra Roberta e Costanza durante la prima edizione di Homo Faber a Venezia. “Entrambe appassionate di questo mondo, abbiamo subito percepito una grande opportunità nel settore dell’artigianato contemporaneo”, ha raccontato Costanza, co-founder e chief product officer. “In un mondo sempre più veloce e standardizzato, puntiamo a riportare in auge i valori di unicità, sostenibilità e consapevolezza attraverso una nuova prospettiva”. Un approccio diverso, quindi, per rilanciare l’artigianato. “Abbiamo capito che il settore aveva bisogno di essere raccontato da e per le nuove generazioni”, ha proseguito Costanza, “evidenziando il bisogno di una narrazione fresca e coinvolgente. Insieme a Valeria e Sara abbiamo gettato le basi per un progetto che ha l’obiettivo di portare online il mondo delle piccole botteghe artigiane, spesso lontane dai riflettori digitali”. Per farlo, le quattro giovani fondatrici hanno fatto dapprima ricorso alla creazione di contenuti editoriali e digitali declinati sulle piattaforme social e a eventi esperienziali offline e online, per poi lanciare un e-commerce. “Il primo momento chiave per noi è stato il rag-
giungimento dei 15mila follower su Instagram in tre mesi dal lancio, ben al di sopra delle aspettative iniziali”, ha spiegato Sara, che è anche chief commercial officer della startup. “Quando i nostri follower hanno iniziato a chiedere di poter acquistare direttamente i prodotti che mostravamo, abbiamo capito di avere un’opportunità concreta”.
Poi il lancio dell’e-commerce e i primi risultati. “Una delle prime artigiane coinvolte ha registrato lo stesso fatturato dell’anno precedente in soli tre mesi di attività online con noi”, ha proseguito Sara. “La nostra strategia di costruire prima una community solida si è rivelata vincente, differenziandoci dalla concorrenza e dandoci un significativo vantaggio competitivo”.
“Basta con lo stereotipo dell’artigiano ‘Geppetto’, solitario e anziano. L’80% del nostro network è composto da donne giovani e cool”
Ta-Daan ha oggi una community di 250mila appassionati di artigianato e un network di oltre settemila artigiani provenienti da tutta Europa. Una crescita resa possibile anche dalla campagna di crowdfunding dello scorso anno, che ha attratto investitori istituzionali, ma ha anche visto la partecipazione di alcuni degli artigiani presenti sulla piattaforma, diventati soci di Ta-Daan. E per il futuro? Le fondatrici hanno obiettivi ambiziosi. “L’obiettivo principale è consolidare la presenza sul mercato europeo, diventando il punto di riferimento per chi cerca prodotti d’artigianato cool e di alta qualità”, ha sottolineato Valeria. “Vogliamo essere riconosciuti come la destinazione principale per chi cerca pezzi unici e di tendenza. Inoltre, miriamo a scardinare gli stereotipi dell’artigiano ‘Geppetto’, solitario e anziano, proponendo una visione più moderna e dinamica. L’80% del nostro network è composto da artigiane, sono giovani e cool: rappresentano la nuova generazione, ben lontana dall’immaginario tradizionale”. F
Matteo Sportelli
Da sinistra: Sara Pianori, Costanza Tomba, Roberta Ligossi e Valeria Zanirato
Mai un pelo fuori posto
PER SFATARE I TABÙ LEGATI ALLA DEPILAZIONE ED EVITARE GLI SPRECHI DELL’USA E GETTA,
ALLEGRA VIOLANTE HA COFONDATO FLER, STARTUP CHE HA REALIZZATO UN RASOIO RIUTILIZZABILE ALL’INFINITO. “LO SCOPO È CREARE PRODOTTI FACILI E PIACEVOLI DA USARE”, DICE
II peli sono tuoi, la decisione anche: è questo il motto di Fler, brand di depilazione nato nel 2021 a Milano dall’intuizione di Allegra Violante. La sua missione è sfatare i tabù legati alla depilazione, proponendo una routine nuova, sostenibile e che aiuti le persone a vivere questo momento non più come una frustrazione, ma come una coccola, come un’esperienza piacevole.
“L’idea è nata quando vivevo in America. Ho visto alcune realtà già molto innovative, soprattutto dal punto di vista della comunicazione”, ha dichiarato Violante. “Ricordo che, guardando alcuni brand, ho pensato: ‘Wow’. Non mi era mai capitato di avere una reazione di questo tipo per prodotti di consumo come i rasoi. Ne ho quindi parlato subito con Francesca, e ci siamo ritrovate a pensare a come trasformare un momento solitamente noioso e stressante in un’esperienza di alta qualità, piacevole e più sostenibile”. Violante, 29 anni, di origini venete, dopo essere volata in America per seguire un mba è entrata a far parte di una startup fitness, dove si è occupata del marketing. Poi, dopo aver fatto tesoro dell’esperienza statunitense, è tornata in Italia e nel 2021, insieme a Francesca Accordi, ha fondato Fler.
contatto con l’acqua per favorire una rasatura scorrevole, delicata e precisa, a prova di irritazioni. Ci sono poi diversi prodotti per la beauty routine per preparare la pelle alla depilazione e idratarla.
“L’idea è nata quando vivevo in America. Ho visto alcune realtà già molto innovative, soprattutto dal punto di vista della comunicazione”
L’idea è stata vincente. “Abbiamo intervistato più di 300 persone per indagare sulle loro abitudini di acquisto e di consumo”, ha detto Violante. “Abbiamo visto che la depilazione, in generale, generava molto spesso pudore, ma anche fastidi più concreti, come le irritazioni. Ha quindi iniziato a prendere forma l’idea di Fler. Doveva essere prima di tutto un marchio capace di comunicare in modo autentico, abbattendo i tanti tabù intorno alla depilazione, e con una brand identity forte, nuova e colorata. Allo stesso tempo doveva risolvere i problemi più importanti per le persone a cui ci rivolgiamo, lavorando su tecnologia e funzionalità dei prodotti”. La sostenibilità è tra i valori portanti del brand: la collezione è composta da rasoi in alluminio e prodotti corpo vegan e cruelty free, senza parabeni e solfati, con un pack 100% riciclabile. Inoltre è possibile, grazie all’abbonamento, ricevere direttamente a casa le ricariche del rasoio. Una formula innovativa che permette di evitare gli sprechi legati a un prodotto usa-e-getta.
La startup ha creato un rasoio che vuole rivoluzionare l’usa e getta: realizzato in alluminio anodizzato, è riutilizzabile all’infinito. La sua testina è avvolta da un anello lubrificante unito alla tecnologia brevettata RolaTek. L’anello lubrificante che circonda le lame, inoltre, è a base di aloe, olio di jojoba e vitamina E, e si attiva al
“A oggi tutto il team lavora su diversi fronti”, ha concluso Violante. “Da una parte vogliamo continuare a crescere sia in Italia che all’estero, potenziando il brand, la comunicazione e la distribuzione offline. Dall’altra continuiamo a lavorare allo sviluppo di nuovi prodotti che completino la gamma Fler, che siano facili e piacevoli da utilizzare e che risolvano i problemi più comuni”. F
Matteo Sportelli
Allegra Violante
Alberto Bertone, presidente e ad di Acqua Sant’Anna.
di Attilio Nucetti
LA NATURA DELL’ACQUA
LA PRIMA BOTTIGLIA BIODEGRADABILE E COMPOSTABILE, ROBOT ELETTRICI ANZICHÉ A GASOLIO, UNO STABILIMENTO RISTRUTTURATO IN OTTICA BIOCOMPATIBILE. CON UNA STRATEGIA DI CRESCITA SOSTENIBILE, SANT’ANNA È DIVENTATA UNA DELLE TRE MAGGIORI AZIENDE ITALIANE NEL MERCATO DELLE BEVANDE
ECONOMIA CIRCOLARE
UUna curiosità: l’industria dell’acqua minerale è l’unica che, attraverso la tecnologia, non trasforma la materia prima, ma si impegna a mantenerla inalterata. Ed è proprio su questo aspetto che si fonda la storia di Acqua Sant’Anna L’avventura imprenditoriale è opera della famiglia Bertone, attiva sin dagli anni Cinquanta nell’edilizia. A fondare l’attività è stato Giuseppe Bertone, padre dell’attuale presidente e amministratore delegato di Acqua Sant’Anna.
Dopo anni nell’edilizia, prima residenziale e poi industriale, nel 1995 Giuseppe Bertone è venuto a conoscenza della qualità superiore dell’acqua che sgorga nelle valli che sovrastano Vinadio, in provincia di Cuneo, e ha affidato al figlio Alberto lo sviluppo dell’attività. Nel 1996 è nata Acqua Sant’Anna. L’obiettivo era portare quest’acqua sulla tavola di tutti gli italiani.
Ventotto anni dopo i risultati danno ragione ai Bertone. Se nei primi anni le bottiglie vendute in un anno dall’azienda erano tante quanti gli abitanti del nostro Paese, ora superano di molto il numero degli abitanti d’Europa: sono circa 1,5 miliardi. “Il nostro segreto”, ha spiegato Alberto Bertone, “è
imbottigliare l’acqua così come nasce”. Dal 2008 “Sant’Anna è la marca leader del settore, l’acqua più scelta dagli italiani. È un risultato straordinario, considerato che il settore dell’acqua minerale è molto competitivo, molto frammentato e dominato da grandi gruppi multinazionali. In questo scenario, ha saputo imporsi un marchio totalmente nuovo, proprietà di un’azienda interamente italiana e a conduzione familiare”. Negli anni Sant’Anna ha anche saputo anticipare i tempi ed è divenuta la prima azienda a introdurre una bottiglia biodegradabile. “Ventidue o 23 anni fa”, ha proseguito Bertone, “mi sono inventato la Bio Bottle. Era la prima bottiglia da 1,5 litri biodegradabile e compostabile negli appositi siti di compostaggio industriale, realizzata con un biopolimero di origine vegetale che conserva le stesse caratteristiche tecniche delle comuni plastiche, ma si dissolve dopo l’uso in meno di 80 giorni nel compost. Questa invenzione ci ha resi famosi in tutto il mondo”. L’azienda continua a investire in ricerca e sviluppo su questo prodotto: dopo aver realizzato anche l’etichetta interamente in Pla (acido polilattico), con lo stesso materiale della bottiglia, ora studia per fare lo stesso anche con il tappo e il collarino. L’ultimo passo per arrivare al primo pack del settore 100% biodegradabile.
“I vantaggi sono numerosi”, ha spiegato Bertone. “Produrre il Pla, anziché le plastiche tradizionali, permette un risparmio di oltre il 50% di energie non rinnovabili e l’abbattimento del 60% delle emissioni di CO2. Nel processo produttivo in stabilimento si risparmia il 60% di energia nella fase di essiccazione del granulo (con cui vengono prodotte le preforme delle bottiglie), fino al 30% in fase di fusione e addirittura il 70% nel raffreddamento delle preforme”.
Bertone è inoltre in prima linea nel sostenere il valore del materiale plastico e del suo recupero e riutilizzo, anche introducendo una cau-
Sant’Anna vende circa 1,5 miliardi di bottiglie all’anno.
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zione. “Sono un sostenitore della plastica”, ha detto. “È un materiale che si può riciclare all’infinito, con costi contenuti. Se si fa un confronto con l’alluminio, la plastica fonde a 200 gradi ed è quindi necessaria meno energia per trasformarla”. Da anni Acqua Sant’Anna cerca di sensibilizzare sul tema: “Come già avviene in molti paesi europei, il deposito cauzionale sul materiale plastico aiuterebbe il consumatore al giusto riciclo e a far diventare il recupero il più capillare possibile. Attribuendo un valore economico alla plastica, nessuno la getterebbe nell’ambiente”.
La filosofia aziendale è orientata alla tutela dell’ambiente e delle risorse e si concretizza in numerose altre iniziative. Oltre la metà della logistica per il trasporto dell’acqua da Vinadio a tutta Italia avviene su rotaia: se in passato partiva un treno a settimana di Acqua Sant’Anna, oggi parte un treno al giorno.“Il dna di Acqua Sant’Anna è sostenibile”, ha dichiarato Bertone. E gli esempi sono diversi: il magazzino di Vinadio e tutta la movimentazione delle merci sono gestiti da robot a guida laser elettrici e non a gasolio, e sono stati introdotti particolari robot fasciatori che permettono un risparmio di plastica consistente negli imballi. Inoltre, lo stabilimento di Vinadio è stato ristrutturato secondo scelte architettoniche ecocompatibili, con materiali di legno e pietra. Al riscaldamento contribuisce il calore prodotto dai macchinari di produzione. La strategia di Sant’Anna, stando ai numeri, funziona. Dal 2012 l’azienda ha intrapreso un percorso di ulteriori investimenti per la diversificazione e l’ampliamento della gamma prodotto. Prima si è inserita nel settore del tè freddo creando SanTHÈ. Poco più di un anno più tardi si sono aggiunti nuovi prodotti a base di succhi ed estratti naturali, e più di recente sono nate la linea di acque fruttate Fruity Touch, prodotti funzionali della gamma Sant’Anna Beauty e la nuova Sant’Anna Pro. “Questi nuovi lanci”, ha commentato Bertone, “hanno conquistato in poco tempo una posizione importante nei rispettivi segmenti di mercato, contribuendo ulteriormente alla crescita dell’azienda, che oggi è il terzo produttore del mercato bevande ed è entrata nella classifica nazionale dei 25 maggiori produttori del food & beverage, con un trend di crescita a doppia cifra”. Oltre allo sviluppo di nuovi prodotti, per la crescita di Acqua Sant’Anna non sono escluse acquisizioni. “A breve”, ha proseguito Bertone, “concluderemo le trattative per l’acquisizione di realtà estere. È bello vedere che qualche azienda italiana rileva società straniere, e non il contrario”. F
di Maurizio Abbati
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TUTTO IL VERDE della logistica
Kion, uno dei principali gruppi mondiali dei carrelli industriali, vuole coniugare crescita e sostenibilità. Per creare prodotti rispettosi dell’ambiente nell’intero ciclo di vita punta anche sul centro di eccellenza di Luzzara, in provincia di Reggio Emilia
La logistica svela un’anima green e guarda a un futuro in cui la crescita si declina con sostenibilità economica, sociale e ambientale. Kion Group, gruppo mondiale dei carrelli industriali e dell’intralogistica, ha fatto della sostenibilità uno dei punti di forza per raggiungere gli obiettivi prefissati nella sua Visione 2027.
La multinazionale con sede a Francoforte investe nella lotta al cambiamento climatico e si impegna a definire soluzioni sempre meno energivore e processi di produzione più efficienti. Come accaduto con la ratificazione dell’iniziativa Science Based Targets (Sbti), che mira ad arrivare alle emissioni zero entro il 2050, in linea con l’accordo di Parigi sul clima. Si è costituita così una governance centrale declinata in otto campi d’azione, in cui le unità operative hanno un ruolo centrale per la progettazione e la produzione di soluzioni sostenibili e innovative. Un approccio introdotto con successo anche nello stabilimento Still di Luzzara (Re), dal 2011 centro di eccellenza per la produzione dei carrelli da magazzino di Kion con i brand Still e Linde. Guidata dall’amministratore delegato Stefano Predieri, la struttura ospita il Kion Competence center sustainability e un dipartimento che si occupa di Lca (life cycle assessment) e c2c (cradle to cradle). Aree affidate a Eva Virtute, Kion director advocacy, product sustainability and Competence center sustainability.
La volontà è quella di dare risposte a un mercato sempre più attento ai consumi e agli aspetti
Eva Virtute
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Uno degli strumenti per raggiungere le zero emissioni è il life cycle assessment, che quantifica
ambientale di un prodotto durante tutto il ciclo di vita
ambientali e di sviluppare un know-how interno che possa portare ad adottare pratiche sempre più sostenibili, dal design del carrello a una gestione più green del fine vita.
In particolare, spiega Kion, l’obiettivo del centro di competenza è affrontare le sfide ambientali e di prodotto in maniera olistica e sinergica. Centrale per la creazione del Competence center è stata proprio la ricerca delle competenze e dei profili emergenti, che ha comportato un nuovo modo di approcciarsi alla selezione del personale. Nella consapevolezza che la multidisciplinarità è fattore chiave per il successo. Uno degli strumenti per raggiungere le zero emissioni è l’Lca, metodologia che permette di quantificare gli impatti ambientali di prodotto durante l’intero ciclo di vita e identificare i cosiddetti hotspot, ovvero le criticità. Lca ha trovato applicazione su diversi carrelli prodotti a Luzzara e ha permesso di intervenire in maniera mirata, ad esempio con l’installazione di pannelli fotovoltaici e il recupero e il riutilizzo di parte delle polveri di vernice, oltre che con una gestione dei rifiuti che minimizzi gli scarti.
Il concetto di zero sprechi e di miglioramento continuo è alla base delle soluzioni che Kion esplora a Luzzara per raggiungere la certificazione di prodotto cradle to cradle, in ottica di economia circolare. “L’idea di condurre studi di Lca e attività di cradle to cradle”, spiega Virtute, “è nata dal desiderio di creare maggiore trasparenza sui nostri prodotti e di stabilire quali aspetti possano essere migliorati nelle scelte di design e cosa debba essere mantenuto, contribuendo a creare un impatto positivo sull’ambiente”.
In questo contesto, il primo passo per Kion è stato supportare lo sviluppo di un eco-mindset aziendale, per esempio immaginando la creazione di un carrello circolare nel design, soddisfacendo al contempo le aspettative di qualità e costo dei clienti. Un altro passo è stato creare consapevolezza dell’importanza delle attività di c2c nei fornitori, per fare squadra.
Il cradle to cradle si è rivelato centrale nella spinta all’innovazione e nella ricerca di nuove soluzioni, dai materiali all’energia. Sotto questo aspetto le tecnologie digitali, come l’intelligenza artificiale, possono portare, per esempio, a sviluppare modelli predittivi sempre più efficaci, che suggeriscono come ridurre i consumi. Ma circolarità significa anche esplorare nuovi modelli di business e approcci per l’uso delle risorse, tema cruciale vista la scarsità di materie prime.
“La ricerca assidua degli sprechi e l’azione per ridurli è una pratica che da tempo si applica negli stabilimenti produttivi sotto il nome di lean manufacturing”, dice Predieri. “L’idea di ampliare il suo campo di azione alle politiche ambientali, riducendo anche gli sprechi di risorse naturali, ne rappresenta la naturale evoluzione. Creare prodotti che rispettino l’ambiente non solo durante la loro produzione, ma anche nel loro utilizzo e a fine vita, è un dovere per ogni azienda che si voglia definire avanzata. È un game changer e il gruppo ha colto questo fatto non come un elemento di propaganda, ma con azioni tangibili e di grande impatto”. F
Stefano Predieri
di Lavinia Desi
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La plastica che FA BENE
Pegaso Industries è protagonista nel mercato degli impianti per il trattamento dei materiali.
Negli ultimi anni ha aumentato gli investimenti in sostenibilità, ha ottimizzato il consumo di energia nelle sue sedi e ha puntato sul fotovoltaico e su altre fonti rinnovabili
Pegaso Industries è una holding che in pochi anni ha conquistato il mercato degli impianti per il trattamento delle materie plastiche, la gestione dei materiali e l’efficienza energetica. Ha sede a Borgoricco, in provincia di Padova, e controlla cinque aziende in Italia e altre cinque all’estero. Le principali sono Plastic Systems, Pet Solutions, Blauwer, Ergomec e Steel Systems.
La società è stata fondata nel 2019, ma in realtà è nata molto prima, nel 1994, in un piccolo laboratorio nel centro di Borgoricco. “Guardandomi indietro, è incredibile pensare a quanta strada abbiamo fatto in questi anni”, ha detto Rinaldo Piva, presi-
dente di Pegaso Industries. “Il nostro percorso è stato sempre volto a definire un approccio sostenibile, lavorando sullo sviluppo di sistemi per ottimizzare il risparmio energetico e sul trattamento di materiali plastici riciclati”.
Per questo, negli ultimi anni, l’azienda ha aumentato gli investimenti in sostenibilità ambientale. “Di recente c’è stata una crescente attenzione verso i temi legati alla plastica e al riciclo”, ha commentato Alberto Piva, head of business development di Pet Solutions. “Ma, collaborando con le grandi multinazionali, avevamo già da tempo impostato il nostro lavoro su criteri di sostenibilità: risorse e macchinari tecnologici, attenzione al prodotto e revisione dei processi aziendali”.
Questo riflette una tendenza più ampia osservata nelle imprese italiane: secondo la terza edizione dell’Osservatorio sulla clean technology, il 45% delle aziende nel 2022 aveva investito per ridurre il proprio impatto ambientale, migliorare l’efficienza energetica e attivare
La sede di Pegaso Industries
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processi di economia circolare. Nel 2024, questa percentuale è cresciuta fino al 69% e al 79% nelle aziende con oltre 250 dipendenti. Inoltre, quest’anno il gruppo realizzerà il primo bilancio di sostenibilità: “Vogliamo fissare obiettivi in tema esg, parità di genere e differenze salariali”, continua Alberto Piva. “In azienda, queste tematiche sono molto sentite. Basti pensare che il 40% dei manager è donna. Vogliamo fissare i target per accrescere queste statistiche nei prossimi anni”. Pegaso Industries ha adottato sistemi per monitorare e ottimizzare il consumo di energia in tutte le sedi operative. Questo ha portato a significative riduzioni dei consumi energetici e delle emissioni di CO2. Un esempio è Blauwer, azienda che sviluppa macchine termiche in grado di migliorare l’efficienza energetica nei processi industriali, riducendo l’impatto ambientale. Il gruppo ha investito in impianti fotovoltaici e in altre fonti di energia rinnovabile per alimentare le sue strutture produttive, “garantendo che almeno l’80% del fabbisogno energetico sia soddisfatto da energia pulita, riducendo la dipendenza da fonti non rinnovabili e contribuendo a diminuire il carbon footprint complessivo”. Plastic Systems e Pet Solutions “supportano il riciclo delle plastiche attraverso soluzioni avanzate per la deumidificazione, l’essiccazione e il trasporto
di materiali plastici vergini e riciclati, contribuendo a ridurre l’uso di materie prime vergini e minimizzare i rifiuti”.
Il gruppo ha anche investito in mobilità sostenibile tra i dipendenti. Ha installato colonnine di ricarica per veicoli elettrici nelle proprie sedi e offre incentivi per l’uso di mezzi pubblici. La flotta aziendale è stata interamente convertita a veicoli elettrici o ibridi.
“Investire in sostenibilità significa anche investire in innovazione tecnologica: abbiamo intrapreso un percorso di sviluppo tecnologico per migliorare le prestazioni dei prodotti e ridurre l’impatto ambientale delle operazioni”, dice ancora Alberto Piva. “Usando software di gestione avanzati per ottimizzare le operazioni quotidiane e aggiornando le linee di produzione con tecnologie eco-compatibili, miglioriamo l’efficienza operativa, ma anche la sostenibilità complessiva dell’azienda. Nella nostra società si è innalzato il grado tecnologico nell’interconnessione con le macchine dei clienti, accrescendo anche la possibilità di controllo da remoto. Il nostro obiettivo è usare la tecnologia anche per ridurre i costi, per facilitare gli investimenti e favorire l’adozione di soluzioni sostenibili. Poi, utilizzare quanto appreso nel settore plastica e metterlo al servizio di altri settori”.
Piva ricorda anche che la società collabora “con diverse multinazionali per sensibilizzare ulteriormente clienti e partner sull’adozione di automazioni sempre più sostenibili ed eco-friendly. Grazie ai brevetti sviluppati negli anni e ai forti investimenti in nuove tecnologie, siamo riconosciuti tra i partner più accreditati a cui affidarsi. La sfida per il futuro sarà riuscire, nel più breve tempo possibile, a incrementare l’uso di polimeri riciclati in tutti i settori, istruendo parallelamente consumatori e produttori sulla corretta gestione delle materie di recupero”. F
di Andrea Celesti
ECONOMIA CIRCOLARE
INSIEME si vince
La partnership tra Nord Engineering e Btt Italia punta a rendere la raccolta dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche semplice e sostenibile, grazie all’ideazione di contenitori urbani diffusi
Oggi l’economia circolare è arrivata a una fase matura, tanto da entrare a pieno titolo nelle strategie delle aziende più lungimiranti. Negli ultimi anni, tuttavia, l’impiego di materie prime seconde da parte dei sistemi produttivi ha registrato una contrazione del 21%, passando dal 9,1 % del 2018 al 7,2% del 2023. A rivelarlo è il Circularity Gap Report 2024, che evidenzia il divario tra la diffusione del concetto di economia circolare e la sua applicazione effettiva.
Tra le realtà che provano a invertire questa tendenza c’è Nord Engineering, impegnata a rendere sempre più facile, efficiente e sostenibile a livello economico e ambientale la raccolta differenziata. Oggi le sue soluzioni di smart waste management sono presenti in oltre 20 paesi, dove la società lavora a fianco di enti e municipalità per sviluppare progetti su misura. In questa direzione va la partnership con Btt Italia, azienda specializzata nella progettazione e produzione di impianti per il recupero e l’affinazione dei metalli preziosi, che mira a promuovere l’urban mining, ovvero la pratica di recuperare risorse dai rifiuti urbani.
Per farlo, le due società mirano ad adottare soluzioni di raccolta più accessibili, migliorando la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), oggi inefficace a causa della scarsa consapevolezza dei cittadini e delle loro difficoltà ad andare in isole ecologiche dedicate. In occasione di Ecomondo, la principale fiera italiana dedicata alla green economy, l’ad di Nord Engineering, Malachy Musso, ha presentato un prototipo di contenitore urbano diffuso che punta a rivoluzionare l’approccio alla gestione dei Raee: “È un oggetto sicuro dentro il quale verranno custoditi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche che provengono dalle case dei cittadini. Il nostro auspicio è che tutti compren-
dano l’importanza di questo strumento e riconoscano quanto sia essenziale facilitare il riciclaggio dei Raee. L’impegno preso con Btt serve a rendere il tutto non solo accessibile, ma anche sostenibile, circolare e tracciato, grazie a un’azione di trasformazione che punta al net zero”. La partnership è utile anche a ridurre la dipendenza dalle importazioni di materiali preziosi da paesi esterni, con l’estrazione di metalli come oro, argento, platino e altri provenienti dai Raee dismessi per creare un prodotto di qualità, ideale per l’approvvigionamento etico. Fondamentale, in questo senso, sarà la progettazione su misura di impianti e l’impiego di metodologie avanzate e sostenibili nel trattamento. “Facilitare la consegna facile e sicura dei propri strumenti elettronici non più utilizzati è il primo, importante passo per una raccolta che possa recuperare tutto il valore presente nei Raee, soprattutto i metalli preziosi come oro, argento platino, rame e altri materiali strategici”, aggiunge Omar Antonio Cescut, sales & marketing director, board member di Btt. “Questo modello verrà attivato sia in Italia che all’estero, per fare in modo che tutte le città possano svilupparsi partendo dal valore dei propri territori”. Con questo accordo, Nord Engineering e Btt promettono di lavorare in sinergia per integrare le diverse competenze e sviluppare soluzioni innovative per la gestione, la raccolta e il trattamento dei rifiuti. L’obiettivo finale è creare una proposta virtuosa per la filiera nazionale e internazionale del settore, per sfruttare appieno il potenziale delle risorse preziose presenti nei Raee, ridurre l’impatto ambientale e creare un futuro più sostenibile per tutti. F
Omar Antonio Cescut (a sinistra) e Malachy Musso
Un processo VIRTUOSO
Il modello di business circolare di Tresun Chasing the Sun prevede la rigenerazione di componenti elettronici provenienti da inverter dismessi che poi vengono rimessi sul mercato
Il team di Tresun Chasing the Sun
In Sicilia, a Belpasso (Catania), Tresun
Chasing the Sun, azienda del settore delle costruzioni e delle manutenzioni di impianti fotovoltaici utility scale, ha ideato un sistema intelligente per minimizzare gli scarti e le perdite dei prodotti ricavati dai suoi servizi per trasformarli in valore, dando vita a un processo di economia circolare virtuoso. “Il concetto ‘produci, usa e getta’ viene invertito in ‘ripara, rigenera, riusa’”, afferma il ceo, Massimo Alfredo Lauria, “ed è proprio su questa linea di pensiero che finalizziamo l’estensione della vita tecnica utile di qualsiasi inverter fotovoltaico, sottraendolo ai complessi processi di smaltimento nocivi per l’ambiente”.
Tutto questo avviene negli stabilimenti di Tresun, grazie alle dotazioni tecniche e alle strumentazioni del laboratorio di elettronica, unite alla competenza e alla professionalità dei tecnici che si dedicano alla riparazione e alla
rigenerazione. A completare il processo virtuoso di economia circolare è la piattaforma e-commerce tresun.store, dedicata alla vendita on-line di componenti di inverter guasti e dismessi, ma rigenerati, alle quali viene fornita una garanzia. Grazie a questo sistema l’offerta dei servizi, oltre a prendere una grossa fetta di mercato, diventa anche perpetua: se si considerano 25 anni di vita di un impianto, il processo non termina mai. “I costruttori di inverter, cioè coloro che hanno generato le macchine, si rivolgono a Tresun per reperire componenti che loro stessi non producono più perché obsolete, ma che il mercato richiede ancora perché ne ha bisogno”, prosegue Lauria. Quello di Tresun è un modello per creare vantaggio e innovazione, un modo nuovo di pensare nel fare impresa, garantendo notevoli benefici anche all’ambiente. Se tutti ne sposassero la filosofia, si potrebbe avere una diminuzione del consumo di energia nella produzione di beni e servizi del 37% solo in Europa, oltre a una riduzione del 40% delle emissioni di sostanze climalteranti in atmosfera. Scegliere di riparare o rigenerare un inverter guasto significa un risparmio economico del 60% rispetto a uno nuovo, una diminuzione del 50% del tempo necessario per la manutenzione e un incremento del 25% dell’efficienza operativa. La rigenerazione è un processo pensato per essere applicato ad apparecchiature di processo comunemente definite sensibili, ma soprattutto critiche, come gli inverter fotovoltaici che tipicamente lavorano 365 giorni l’anno. Il fermo macchina imprevisto di queste apparecchiature può comportare ingenti costi dovuti all’interruzione del processo produttivo. Rigenerando, ossia sostituendo tutti i componenti senescenti con equivalenti di ultima generazione, non solo si estende la loro durata, ma se ne accresce anche la resilienza. F
di Vittorio Mantovani
ECONOMIA CIRCOLARE
Evoluzione GREEN
Il concetto di sostenibilità è cambiato molto negli ultimi anni. “L’accento si è spostato da ‘come’ a ‘cosa’”, dice Francesca Ciardiello di Eni. E di pari passo si sono trasformati il lavoro dei responsabili e il modo in cui le aziende raccontano i loro progetti
LLa parola chiave è ‘giusta’. Verso l’ambiente e le persone, ma anche verso le esigenze di sviluppo economico. Eni for 2023, l’ultimo rapporto di sostenibilità della compagnia guidata da Claudio Descalzi, ruota attorno al concetto di ‘just transition’, cioè di una transizione energetica capace di portare alle zero emissioni nette nel 2050, di garantire a tutti l’accesso all’energia e di tenere conto della disponibilità di risorse dei paesi.
Il rapporto ribadisce i tre principi della strategia di sostenibilità dell’azienda: la neutralità carbonica entro il 2050, le alleanze per lo sviluppo - cioè per creare valore condiviso con i paesi in cui la società è presente - e l’eccellenza operativa. “Con eccellenza operativa”, spiega Francesca Ciardiello, responsabile sviluppo sostenibile di Eni, “intendiamo anche l’impegno per la sicurezza delle persone e i loro diritti, per minimizzare l’impatto delle attività sull’ambiente, valorizzare i talenti e garantire la diversità e l’inclusione”.
Eni, si legge nel rapporto, ha ridotto del 30% le emissioni dirette e indirette di CO2 legate alla propria attività rispetto al 2018. Lo scorso anno ha destinato il 70% della spesa in ricerca e sviluppo alla decarbonizzazione, ha riutilizzato il 90% dell’acqua dolce, ha assunto 2.630 persone, ha aumentato le ore di formazione del 23% e ha investito 95 milioni di euro nello sviluppo locale.
Al di là dei numeri, i progetti raccontati dal documento dimostrano come il concetto di sostenibilità sia cambiato negli ultimi decenni. “L’accento si è spostato da ‘come’ a ‘cosa’”, sintetizza Ciardiello. “In origine la responsabilità sociale d’impresa si tradu-
ceva soprattutto in iniziative con un impatto sul territorio e sulla società. Oggi significa seguire determinati principi nelle strategie aziendali, nello sviluppo di prodotti e servizi. Il business stesso deve essere sostenibile. In gergo, si parla di sostenibilità ‘by design’”. Un caso concreto: “Quando si costruisce un impianto, bisogna analizzare il contesto, valutare l’interazione tra la struttura e il territorio a livello sociale, ambientale, economico, di tutela della biodiversità. A seconda dell’esito dello studio, il progetto può subire modifiche significative, o addirittura essere spostato”. La trasformazione ha avuto conseguenze anche sul modo in cui le aziende raccontano i loro progetti di sostenibilità. Una è l’enfasi sui dati: secondo la Corporate Sustainability Reporting Directive dell’Unione europea, le informazioni sulla sostenibilità vanno gestite con lo stesso livello di accuratezza, rigore e controllo interno di quelle finanziarie. “L’altro grande cambiamento è che un’impresa deve dimostrare come le proprie iniziative siano rilevanti per la strategia, alla luce del settore in cui opera”, aggiunge Ciardiello. “Poniamo che, per un’azienda, la gestione
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dei rifiuti sia un aspetto critico. Un piano di riduzione dei rifiuti, allora, è più significativo di un programma di volontariato”.
Con l’aumento della sensibilità del pubblico, oggi tutte le aziende tengono a presentarsi come sostenibili. Per i cittadini si pone allora il problema di distinguere tra greenwashing e vera attenzione ad ambiente e persone. “Un buon indicatore di serietà è l’apertura ad ammettere le difficoltà, a riconoscere che ogni iniziativa ha un trade-off, cioè che bisogna bilanciare obiettivi diversi. Prendo il caso di Eni: dobbiamo decarbonizzare, ma anche rendere disponibili grandi quantità di energia; dobbiamo adottare le rinnovabili, ma anche garantire energia a un prezzo accessibile”.
sulla Harvard Business Review che “storicamente i chief sustainability officer hanno agito come invisibili direttori delle pubbliche relazioni”. Erano chiamati a “raccontare una storia accattivante agli stakeholder” e a “scongiurare rischi per la reputazione”. Oggi, invece, sono meno concentrati sulla comunicazione e più coinvolti nella definizione della strategia aziendale. “Dieci anni fa il contenuto delle mie conversazioni rientrava, in genere, nelle sfere dell’etica, delle risorse umane o dell’ambiente”, ricorda Ciardiello. “Ora si è avvicinato molto a quello di chi lavora nelle investor relations”. Una delle principali difficoltà è gestire la polarizzazione dell’opinione pubblica sui temi ambientali e la diffusione di falsi miti. “Si è consolidata la convinzione che il passaggio dalle fonti fossili alle rinnovabili possa avvenire senza costi. È difficile disilludere le persone, portare la cattiva notizia che la transizione è una cosa complicata, con costi e implicazioni, possibilità e limiti”.
Per rendersi conto della complessità basta pensare che, secondo il World Energy Outlook 2023 dell’Agenzia internazionale dell’energia, i combustibili fossili soddisfano ancora l’80% della domanda globale. Circa la metà del petrolio e del gas, secondo diverse fonti, è prodotta dalle cosiddette national oil company (Noc), cioè compagnie petrolifere del tutto o in parte di proprietà statale. Molte di queste aziende, come ha scritto il think tank statunitense Center for Strategic and International Studies, sono rimaste indietro, a livello di obiettivi climatici e di decarbonizzazione, rispetto alle concorrenti quotate.
“Un indicatore della serietà di un’azienda sul tema della sostenibilità
è l’apertura ad ammettere le difficoltà”
Un passo avanti importante, su questo fronte, è arrivato con l’ultima Cop28, quando 50 compagnie energetiche, tra cui diverse Noc, hanno sottoscritto l’Oil and Gas Decarbonization Charter. Si sono impegnate così a raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050 e a porre fine entro il 2030 al gas flaring, cioè alla pratica di bruciare il gas naturale in eccesso estratto assieme al petrolio, senza recupero energetico. Tra le aziende firmatarie, 30 hanno adottato per la prima volta obiettivi di sostenibilità. “Il modo più efficace per accelerare la decarbonizzazione delle Noc è il dialogo”, dice Ciardiello. “Bisogna ricordare che queste compagnie gestiscono le risorse strategiche del loro paese. Hanno vocazioni e scopi sociali diversi da quelli di un’azienda quotata”.
Tutto questo ha stravolto il ruolo dei responsabili della sostenibilità. Robert G. Eccles di Oxford e Alison Taylor della New York University hanno scritto
Lo stesso orientamento alla cooperazione, secondo Ciardiello, è necessario nei rapporti con i partner industriali e i paesi produttori. “La sfida richiede il contributo di tutti. Un’azienda come Eni può mettere a disposizione carburanti sostenibili, per esempio, ma poi occorre che il resto della filiera li adotti. E in alcuni settori non è semplice. Penso ai trasporti, ma anche ai cosiddetti settori hard to abate, che hanno cicli produttivi ad alta intensità energetica, come il cemento, la carta e il vetro”. Anche in questo caso, “solo il dialogo permette di trovare soluzioni che stiano in piedi a livello economico e che possano essere sviluppate su larga scala, così come Eni sta facendo nel promuovere il ricorso ai progetti di ccs (cattura e stoccaggio della CO2)”. F
Francesca Ciardiello
di Matteo Borgogno
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La forza della MOTIVAZIONE
Edenred ha lanciato anche in Italia la piattaforma Engagement, pensata per imprese di tutte le dimensioni e di ogni settore. Uno strumento che aiuta ad aumentare la partecipazione emotiva e il senso di appartenenza dei dipendenti nei confronti dell’azienda
C’C’è un nuovo arrivato in casa Edenred, compagnia del settore employee benefit che si occupa di soluzioni digitali per migliorare la qualità di vita e il benessere di chi lavora, intervenendo in ambiti solo apparentemente distanti uno dall’altro, come la pausa pranzo e la mobilità sostenibile. Si chiama Edenred Engagement, ha una missione ambiziosa, ma ha già avuto successo.
Edenred Engagement è una piattaforma innovativa per il benessere dei dipendenti, usata da circa 4.500 aziende e otto milioni di utenti divisi tra Regno Unito, Stati Uniti e Australia. Ora è disponibile anche in Italia. La società ha pensato questa soluzione per aziende di ogni settore, immaginandola come un supporto attivo alle risorse umane nella creazione e gestione dell’employee engagement, la partecipazione emotiva e il senso di appartenenza dei dipendenti nei confronti dell’azienda. In un contesto in cui
quasi la metà dei lavoratori italiani si dichiara insoddisfatta del proprio impiego, questo diventa un nodo fondamentale nell’attrazione e nella coltivazione dei talenti interni all’azienda. Tanto più che la soddisfazione lavorativa sale al 64% tra chi dispone di un piano di welfare aziendale, mentre scende al 40% tra chi ne è privo. Queste percentuali, emerse dall’ultima indagine dell’Osservatorio Welfare di Edenred Italia, evidenziano quanto sia cruciale, per i direttori delle risorse umane, usare strumenti per promuovere il coinvolgimento dei dipendenti.
Edenred Engagement è progettato per imprese di ogni dimensione, dalle pmi alle grandi aziende, e offre una suite di strumenti in cloud che migliorano l’esperienza dei dipendenti, aumentando la loro soddisfazione e la loro produttività, oltre a ridurre il turnover. La piattaforma, insieme ai buoni pasto Ticket Restaurant, ai buoni Shopping Edenred e alle soluzioni di welfare aziendale, arricchisce l’offerta di Edenred per la gestione e la valorizzazione delle risorse umane.
Secondo l’ultima indagine di Edenred Italia, la soddisfazione lavorativa è del 64%
Prima piattaforma del genere in Italia, Edenred Engagement offre, oltre a sconti e benefit, sistemi di rewarding per riconoscere l’impegno e le conquiste lavorative dei dipendenti, attività per migliorare il loro benessere e per supportare l’equilibrio tra vita personale e vita professionale, strumenti per il feedback e la comunicazione tra colleghi. Tutto ciò è disponibile in un unico punto di accesso, integrabile con i sistemi hris (human resources information system), facilitando il welfare aziendale con una gestione efficiente, veloce e completa.
I sei moduli in cui è divisa Edenred Engagement sono Sconti, Riconoscimento, Benessere, Comunicazioni, Sondaggi e Analisi, ognuno con le sue offerte di strumenti di welfare per massimizzare la partecipazione e la soddisfazione del dipendente.
Giulio Siniscalco, direttore commerciale benefit & engagement di Edenred Italia, afferma che “Edenred Engagement ridefinisce la relazione azienda-dipendente e il modo di vivere il lavoro”. Oggi, spiega Siniscalco, l’incentivazione tradizionale non è più sufficiente. È fondamentale integrare la retribuzione con riconoscimenti tangibili che influenzano il clima aziendale e le performance. Ed è qui che Edenred fa la differenza, posizionandosi come partner unico per le aziende e offrendo strumenti personalizzabili per soddisfare le esigenze specifiche di ogni popolazione aziendale. Un ruolo fondamentale: secondo l’Osservatorio Welfare di Edenred, il tema del lavoro è particolarmente rilevante per il 60% del campione intervistato. Le aziende devono quindi rispondere alle aspettative dei dipendenti, garantendo loro un equilibrio tra vita privata e vita professionale, sempre più prioritario per le persone, oltre a un grado accettabile di benessere e soddisfazione. Inoltre, lo studio di Reward Gateway Edenred nel Regno Unito ha evidenziato che il ‘riconoscimento empatico’ può aumentare la produttività fino al 40%. E chi non vorrebbe un ufficio di persone più coinvolte e felici, che nel frattempo riescono anche a lavorare con maggior efficacia? F
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Giulio Siniscalco
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Ambasciatrice del RICICLO
Fimic è un’azienda a conduzione familiare specializzata nella filtrazione dei materiali plastici. La svolta è arrivata negli ultimi dieci anni con l’ingresso della terza generazione, rappresentata da Erica Canaia, che punta sui principi dell’economia circolare
Ad Amsterdam, durante i Plastics Recycling Award Europe 2024, Erica Canaia, ceo di Fimic, è stata nominata Plastics Recycling Ambassador 2024 per “il suo contributo e la sua abnegazione nella promozione del riciclo della plastica in Europa”. Il titolo è stato conferito ex aequo (per la prima volta nella storia del premio) anche a Vicente Olmos Jorge, ceo e fondatore di Sintac Recycling. Il riconoscimento costituisce una delle più alte certificazioni all’azienda italiana costruttrice di sistemi per il riciclo di materie plastiche. Un ulteriore rafforzamento del ruolo internazionale di Fimic, che è anche cofondatrice di Are You R, progetto europeo che vuole promuovere la consapevolezza dell’importanza del riciclo della plastica nell’opinione pubblica.
ti in provincia di Padova, nel tempo si è affermata sui mercati mondiali. Azienda a conduzione familiare, ha esordito nella costruzione di ghigliottine per il taglio di balle e bobine di carta e plastica di scarto industriale, per poi allargarsi rapidamente alla filtrazione dei materiali plastici. È l’unica azienda sul mercato globale in grado di offrire cinque diversi modelli di cambiafiltri per il riciclo.
La svolta aziendale è arrivata negli ultimi dieci anni, con l’ingresso della terza generazione, rappresentata proprio da Erica, diventata poi ceo nel 2021. Laureata in giurisprudenza all’Università degli studi di Padova, è responsabile delle strategie di vendita e sviluppo del mercato in Fimic dal 2011. Coinvolta nell’azienda e nei suoi prodotti fin dall’infanzia, grazie alla sua determinazione è riuscita, negli ultimi sei anni a sviluppare le potenzialità dei prodotti, promuovendoli in tutto il mondo.
“Riciclare la plastica è un beneficio per tutti: si realizzano grandi quantità di prodotti aiutando l’ambiente, limitando l’uso di risorse primarie e di energia”
La scalata Fimic conferma la vocazione globale delle imprese italiane altamente specializzate. Nata a Carmignano di Brenta, paese di poco più di settemila abitan-
Ha ricreato da capo la parte commerciale: quando ha cominciato, non c’era una rete per le vendite, che erano limitate a Italia, Spagna e Francia.
“Avevo solo 26 anni. Per giunta ero laureata in giurisprudenza, non in ingegneria”, racconta. “Mi trovai al tavolo con competitor tedeschi, tutti uomini.
Credo ci fosse anche un certo preconcetto nei miei confronti. Però hanno visto la grande passione e, soprattutto, che il prodotto era di qualità. Ho creduto molto nella nostra potenzialità di crescita sui mercati internazionali e ho deciso di provarci. Ho girato il mondo, valigetta in spalla, studiando il riciclo della plastica. Ho analizzato i competitor, partecipato a tante fiere all’estero. Ho costruito una rete di agenti e di clienti”.
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Ha funzionato. “Nel 2011 in azienda vendevamo sei macchine all’anno”, ricorda ancora Erica. “Ora sono 80. Eravamo in quattro, ora siamo in 60. Il fatturato era di 600mila euro, adesso va dai 15 ai 20 milioni l’anno. Lavoriamo molto in Europa: il 70% della nostra attività si concentra nel continente. La restante percentuale è fuori dai confini Ue: dal Cile alla Nuova Zelanda. Siamo presenti anche negli Stati Uniti, in Asia e in Africa, dove c’è sempre più attenzione al tema del riciclo”.
Grazie a questo successo e alla credibilità del modello, lo sviluppo di Fimic non si è fermato, in termini sia di mercato che di ricerca e sviluppo.
“I 20 anni di sviluppo e di esperienza sul campo ci hanno consentito di proporci come modello di riferimento per il settore, veri consulenti del riciclo a livello internazionale”, sottolinea Erica.
L’impresa è quindi cresciuta e oggi punta in alto, di pari passo con l’impegno per la sostenibilità. In particolare per quella ambientale, che si traduce nella valorizzazione dei principi dell’economia circolare. Per questo Fimic è tra le aziende fondatrici di Are you R. Un’iniziativa che si propone di far conoscere i tanti benefici legati al riciclo dei materiali plastici e contribuire così al cambiamento delle abitudini delle persone.
Il concetto chiave? “I rifiuti plastici rappresentano un’importante risorsa, un beneficio per tutti: si realizzano grandi quantità di prodotti aiutando l’ambiente, limitando l’uso di risorse primarie e di energia, allo stesso tempo incentivando l’economia circolare. Purtroppo c’è una mancanza di cultura e di comprensione, spesso si criminalizza la plastica. È importante veicolare il giusto messaggio e diffondere informazioni corrette”. Si tratta di spiegare con chiarezza quanto sia importante il ruolo della plastica nei processi virtuosi dell’economia circolare e quanto sia decisiva la partecipazione dei consumatori a questo progetto.
“Credo sia necessaria più informazione sui vantaggi del riciclo e sull’uso responsabile della plastica. Per me il riciclaggio è l’unico modo per evitare qualsiasi inquinamento da plastica. È un’idea maturata nel corso dei miei viaggi fuori dall’Europa, nei paesi dove c’è un inquinamento massiccio dovuto proprio alla mancanza di consapevolezza del valore della plastica. Credo si debba vedere che cosa si può realizzare con il prodotto riciclato e come tutti noi possiamo dare un contributo a questo obiettivo”. F
Erica Canaia
di Agostino Desideri
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ECOLOGIA su misura
L’energia, l’inchiostro, le materie prime usate per le cartucce e il costo del trasporto sono alcuni dei fattori da considerare per una stampa responsabile e sostenibile.
È qui che entrano in gioco i servizi di riciclo e di gestione dei dispositivi di Brother
LLa sostenibilità ambientale è una delle sfide più grandi che si presentano per chi gestisce la tecnologia all’interno delle aziende, e anche l’infrastruttura di stampa deve essere tenuta in considerazione. Secondo uno studio condotto da Quocirca, società di ricerca e analisi del mercato globale, entro il 2025 l’impatto ambientale sarà la principale priorità per le organizzazioni, e il 60% di esse punterà a essere net zero (zero emissioni) entro il 2030. L’adozione di sistemi per la gestione ambientale, sociale e di governance (esg) è diventata una pratica sempre più diffusa tra le aziende. Questa tendenza non è guidata solo dalla volontà delle società, ma anche dall’obbligo legale di farlo. Le normative sullo smaltimento delle attrezzature e le disposizioni dell’Unione europea sui requisiti di rendicontazione della sostenibilità per le società quotate in Borsa sono alcuni dei fattori che spingono le aziende ad adottare quei sistemi, che mirano a garantire una gestione responsabile delle risorse e a promuovere la sostenibilità a tutti i livelli dell’operatività aziendale. Cosa fare allora per garantire che l’infrastruttura di stampa e documentazione sia in linea con gli obiettivi di sostenibilità in azienda? Negli ultimi 20 anni è diventato comune ricevere e-mail che invitano i destinatari a considerare l’ambiente prima di stampare. Una ricerca di Quocirca conferma che le organizzazioni vedono nella stampa responsabile ed eco-sostenibile una soluzione per rendere le loro attività più green. Ciò implica valutare l’impatto dell’inchiostro o del toner usato,
delle cartucce stesse e dell’energia richiesta per far funzionare la stampante. Tuttavia, è necessario considerare anche altri aspetti, tra cui l’energia e le materie prime usate nella produzione delle cartucce e dei dispositivi stessi, così come il costo del loro trasporto. Inoltre, le cartucce d’inchiostro o toner scartate e i dispositivi dismessi contribuiscono all’aumento dei rifiuti elettronici. Ecco perché le stampanti e le cartucce sono nel Piano d’azione dell’economia circolare dell’Ue, che mira a garantire che i prodotti siano riparabili, o almeno riciclabili.
Chiedere ai fornitori di dare informazioni dettagliate sulle risorse usate per la produzione delle apparecchiature, sul consumo di energia e sulle emissioni di carbonio è un punto di partenza per valutare il proprio impatto ambientale e iniziare a gestirlo. Oltre a ciò, i manager devono essere in grado di visualizzare il problema per intero, monitorando l’utilizzo delle apparecchiature e garantendo l’efficienza a livello di consumabili e dispositivi e dal punto di vista organizzativo. È qui che entrano in gioco i programmi di rici-
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La stampa responsabile è considerata dalle aziende uno strumento per essere più green.
clo delle cartucce, i servizi di stampa gestita e i software integrati nei dispositivi ad alta efficienza energetica.
“Siamo consapevoli del fatto che i programmi di riciclo hanno successo solo se sono facili e convenienti da implementare per i clienti”, dice Lorenzo Matteoni, senior manager marketing di Brother Italia.
“Per questo motivo - e per promuovere l’economia circolare - in Brother abbiamo attivato, per aziende e liberi professionisti, un servizio di ritiro gratuito delle cartucce toner originali esauste, tramite corriere autorizzato. Ogni componente verrà rigenerato o riciclato: nulla andrà in discarica. Aderire è molto semplice: gli utenti possono richiedere dal nostro sito il ritiro gratuito delle cartucce toner Brother. Noi ci occuperemo del ritiro per poi riciclarle, contribuendo fattivamente alla sostenibilità ambientale”.
Secondo una ricerca, entro il 2025 l’impatto ambientale sarà la principale priorità per le organizzazioni. Il 60% punta al ‘net zero’ entro il 2030
fornire una visione completa dell’infrastruttura e dei volumi di stampa dei documenti, consentendo di affrontare le pratiche non sostenibili durante l’intero ciclo di vita dei dispositivi. È importante non solo produrre stampanti facili da riparare, ma anche adottare sistemi di monitoraggio efficaci per individuare eventuali problemi in anticipo. È fondamentale garantire l’accesso a tecnici qualificati in grado di effettuare riparazioni quando necessario. Se i dispositivi possono essere aggiornati a distanza, è possibile ottimizzare le prestazioni durante l’intero ciclo di vita della stampante, senza richiedere visite in loco. Essere in grado di monitorare l’uso delle cartucce e dei dispositivi significa anche poter dimostrare la fattibilità economica di azioni più mirate a ridurre gli sprechi, come la sostituzione delle firme elettroniche per alcuni documenti e la riorganizzazione dei flussi di lavoro. Questo può aiutare a convincere gli utenti a stampare responsabilmente, ad esempio utilizzando la stampa fronte-retro ecologica e le modalità bozza, se disponibili. Inoltre, una gestione semplificata dei materiali di consumo consente di acquistare inchiostro e toner solo quando necessario, evitando ordini ripetuti e accumuli di scorte dimenticati.
Ciò solleva la questione della facilità di restituzione delle cartucce usate. In questo senso, è fondamentale individuare un fornitore che garantisca servizi di riciclo o rigenerazione dei consumabili, per evitare che le cartucce finiscano in discarica.
Allo stesso modo, sono fondamentali le piattaforme di gestione della stampa, che possono
Tutti questi sforzi assicurano che le iniziative per aumentare la sostenibilità siano basate su dati concreti, tracciabili e visibili. Ciò è importante per gli utilizzatori dei dispositivi, i responsabili della sostenibilità dell’organizzazione e gli stakeholder esterni, che siano azionisti o gruppi ambientalisti. Se si desidera adottare una strategia di stampa veramente sostenibile, è importante seguire questo percorso, che include la riparazione delle stampanti, il monitoraggio dell’utilizzo, l’ottimizzazione dei flussi di lavoro, la gestione efficiente dei materiali di consumo e la tracciabilità dei risultati. F
di Maurizio Abbati
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Solidi PRINCIPI
Cementeria Costantinopoli è nata ufficialmente nel 1990, ma è l’erede di un’attività di coltivazione di pozzolana avviata negli anni ’60. Oggi ha circa 250 addetti e investe nella tutela dell’ambiente e del territorio, nella formazione del personale e nello sviluppo tecnologico
L’L’edilizia raccoglie la sfida della sostenibilità ambientale, guardando a nuovi modelli costruttivi, nel rispetto delle misure dettate dall’Unione europea per la tutela dell’ecosistema, che prevedono per gli stati membri la riduzione del consumo di energia degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. La sostenibilità non si presenta come punto di arrivo, ma come un punto di partenza per Cementeria Costantinopoli, azienda costituita ufficialmente nel 1990 quale evoluzione dell’attività imprenditoriale di coltivazione di pozzolana avviata dal fondatore Canio Rabasco nei primi anni ‘60. Il passo in avanti per la crescita dimensionale e strutturale è arrivato quando Claudio e Dario Rabasco hanno deciso di allargare le attività di famiglia, realizzando investimenti per accrescere il potenziale dell’azienda e dare risposta alla crescente domanda di pozzolana proveniente dalle industrie del cemento, che ha portato alla realizzazione di impianti di ultima generazione per la produzione di clinker e cementi. Nei piani di Cementeria Costantinopoli, dove oggi lavorano circa 250 addetti tra diretti e indiretti, la sostenibilità non si limita all’aspetto ambientale, ma riguarda anche il sociale, come evidenziano gli investimenti nella formazione del personale e negli impianti industriali, oltre all’attenzione all’avanzamento scientifico e tecnologico. È significativa l’adozione di un sistema di gestione integrato funzionale sia al miglioramento delle
Un impianto di Cementeria Costantinopoli. Nell’altra pagina, in basso, i lavori in una cava.
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prestazioni dei prodotti, sia al mantenimento di standard ambientali compatibili con il territorio. La crescita della qualità dei prodotti è così il risultato di un forte impegno nella ricerca di soluzioni innovative in termini di sviluppo tecnologico, ottimizzazione dei processi e contenimento dei consumi energetici. L’eccellenza delle materie prime, il monitoraggio continuo e il controllo costante del processo produttivo, dall’estrazione delle materie prime in cava sino alla spedizione, permettono di produrre cementi con rendimenti costanti in modo sostenibile. Il tutto guardando ai principi dell’economia circolare, con una riduzione degli sprechi e il vasto impiego di materiali potenzialmente riciclabili e riutilizzabili.
Roberto Rabasco, chief sustainability officier, spiega che l’economia circolare non è solo una risposta alle richieste dell’Europa: “Il riutilizzo dei materiali e la riduzione degli sprechi, con la creazione di prodotti sempre più naturali e green, sono legati anche al cambiamento delle esigenze e degli indirizzi dei clienti post-Covid. La pandemia ci ha portati a vivere in modo più intenso le nostre abitazioni, viste come come spazio po-
lifunzionale. Questo ci ha spinti a migliorare non solo le performance, ma anche la qualità dei prodotti. La nostra azienda - ma è un discorso che vale per tutte le realtà - è spinta non solo dall’aspetto normativo, che impone un cammino più green e sostenibile, ma anche dalle esigenze del mercato, che guarda sempre più a prodotti innovativi e che seguono i principi della circolarità”.
Per questo Cementeria Costantinopoli ha adottato “un sistema di economia circolare che include il riutilizzo dei materiali di scarto e l’uso di materie prime a basso impatto ambientale. Questo approccio non solo diminuisce la quantità dei rifiuti, ma promuove la sostenibilità lungo l’intera filiera. Abbiamo avviato collaborazioni con istituti di ricerca e università per sviluppare soluzioni innovative che possano ulteriormente ridurre l’impatto ecologico del cemento. Tra queste, esploriamo sempre più i combustibili secondari e i materiali cementizi alternativi, che richiedono meno energia per la produzione”.
La tutela dell’ambiente parte dall’individuazione delle materie prime, dalla scelta delle tecnologie, dai metodi di produzione e dalla progettazione del recupero. Sono questi i cardini di una strategia aziendale che punta a ottimizzare un giacimento, evitando l’apertura di nuove cave limitrofe. Ma passa anche dalla selezione dei metodi di scavo, per agevolare il successivo ripristino delle aree, rendere compatibili le fasi dell’attività estrattiva e pianificare l’avanzamento per lotti di coltivazione, nell’ottica di un recupero ambientale.
Le materie prime sono generalmente estratte con coltivazioni a cielo aperto, di tipologie legate alla topografia locale, cioè alle caratteristiche dei siti attivi: Barile e Ruvo del Monte e Minervino Murge. I primi due sono interessati da una coltivazione di monte, mentre a Minervino si pratica una coltivazione di pianura detta anche ‘coltivazione a fossa’.
“La nostra visione è chiara: vogliamo essere un esempio di eccellenza nel settore della produzione del cemento”, dice Rabasco, “dimostrando che è possibile coniugare crescita economica e rispetto dell’ambiente. Siamo convinti che queste iniziative non solo produrranno benefici per l’ambiente, ma creeranno anche nuove opportunità di sviluppo e innovazione per la nostra azienda e per l’intero settore”. F
Roberto Rabasco
di Maurizio Abbati
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L’energia di CAMBIARE
Florim, che da più di 60 anni realizza superfici ceramiche per l’edilizia, è in grado di autoprodurre fino al 100% dell’elettricità necessaria a far funzionare gli impianti italiani. Ai progetti per l’ambiente affianca quelli di welfare e responsabilità sociale
A Fiorano Modenese, nel distretto della ceramica, Florim produce da oltre 60 anni superfici ceramiche per l’edilizia, l’architettura e l’interior design. Lo fa cercando di operare in modo responsabile nei confronti del territorio e delle persone: società benefit certificata B Corp dal 2020, ha messo in campo diverse azioni per la riduzione dell’impatto ambientale. Guidata da Claudio Lucchese, figlio del fondatore, Giovanni Lucchese, Florim è oggi una delle principali aziende nella produzione di rivestimenti ceramici. Da due anni è parte di Altagamma, fondazione che riunisce le aziende italiane ambasciatrici dello stile del nostro Paese. Ha 1.450 dipendenti nel mondo e 470 milioni di euro di fatturato e investe sull’innovazione in funzione di una produzione più rispettosa e gentile. Dal 2011 Florim ha allocato 64 milioni di euro in green management. Da anni recupera il 100% degli scarti crudi di produzione e il 100% delle acque reflue, e in entrambi gli stabilimenti italiani (a Mordano, nel Bolognese, e a Fiorano) ci sono vasche di raccolta dell’acqua piovana per il recupero
delle precipitazioni. Inoltre, Florim è in grado di autoprodurre fino al 100% dell’energia elettrica necessaria al funzionamento delle sedi italiane, grazie a un assetto impiantistico composto da due impianti di cogenerazione e da pannelli fotovoltaici con una potenza di 12,3 MWp, installati su una superficie di 127mila metri quadrati. E quando l’autoproduzione non basta, l’azienda dal 2021 acquista energia elettrica proveniente solo da fonti rinnovabili certificate, riducendo così le emissioni di CO2. In 12 anni, ha evitato di immettere nell’atmosfera 152.845 tonnellate di anidride carbonica.
1.450
I dipendenti di Florim nel mondo
64 mln
I fondi destinati al green management dal 2011 grazie ai suoi investimenti sostenibili €
A raccontare gli ultimi sforzi e le ambizioni nel campo ambientale è la 16esima edizione del bilancio di sostenibilità, pubblicata a inizio anno. “Il 2023 verrà ricordato per l’inizio di un ulteriore nuovo conflitto armato e per il protrarsi dell’instabilità geopolitica, con effetti negativi anche sull’economia”, ha spiegato Claudio Lucchese. “In tale contesto, pur avendo assistito a una generale contrazione dei volumi rispetto al 2022, Florim ha confermato il piano di investimenti che era iniziato l’anno precedente: nel biennio 2022-2023 sono stati realizzati interventi per oltre 270 milioni di euro, sia nelle sedi italiane che in America, principalmente mirati a un rinnovo impiantistico”.
Tra le novità dell’ultimo anno c’è CarbonZero, il progetto di superfici carbon neutral che compensano le emissioni di CO2 generate dalla loro produzione e dal loro ciclo di vita. Florim misura infatti l’impatto ambientale dei prodotti lungo tutto il ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime allo smaltimento, e dal 2023 compensa le emissioni rimanenti acquistando crediti di carbonio certificati, derivanti da progetti di energia rinnovabile in paesi in via di sviluppo (Cdm register project number 1259). Il progetto si inserisce in un più ampio percorso di decarbonizzazione,
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che si è concretizzato in misure per l’alleggerimento dell’impronta ambientale. Tra gli ultimi esempi c’è il progetto pilota di e-mobility, inaugurato nel 2023, che prevede la movimentazione delle lastre tra gli stabilimenti di Mordano e Fiorano con due camion 100% elettrici alimentati con l’energia autoprodotta dai pannelli fotovoltaici e dagli impianti di cogenerazione.
Parallelo all’impegno per una produzione più rispettosa dell’ambiente è il cammino di responsabilità sociale, con numerosi progetti in ambito welfare e con le attività promosse dalla Fondazione Ing. Giovanni Lucchese, dalla Florim Gallery e dal Centro Salute e Formazione. “Facendo nostro il concetto di interdipendenza, che indica l’indissolubile legame tra la salvaguardia del pianeta, il benessere delle persone e lo sviluppo economico e industriale, Florim si impegna ad adottare un comportamento responsabile, etico e trasparente”, spiegano dall’azienda. Istituita nel 2013, la Fondazione Ing. Giovanni Lucchese vuole supportare enti e associazioni dedicate al sostegno delle famiglie più bisognose nei comuni del territorio. Inoltre, attraverso le attività del Centro Salute e Formazione, Florim promuove la
“Facciamo nostro il concetto di interdipendenza, cioè l’indissolubile legame tra salvaguardia del pianeta, benessere delle persone e sviluppo economico”
salute e il benessere delle persone e interviene a sostegno di strutture ospedaliere e sanitarie locali. Il centro, nato nel 2014 dalla collaborazione con l’ospedale di Sassuolo, è l’unico esempio in Italia di centro di formazione avanzata in ambito sanitario all’interno di un’industria privata. Tra il 2014 e il 2023 ha accolto oltre 400 corsi formativi e 4.500 partecipanti, organizzando anche gli Incontri della salute, aperti ai cittadini, per accrescere la cultura della prevenzione e la promozione di corretti stili di vita. Iniziative che mirano a innescare processi virtuosi anche all’esterno dell’azienda, disegnando nuovi modelli di business guidati dall’impegno etico. F
Claudio Lucchese
CD1
1. STORIE BREVI Tananai, Annalisa
2. 100 MESSAGGI Lazza
3. SESSO E SAMBA Tony Effe, Gaia
CD2
1. COME UN TUONO Rose Villain ft. Guè
2. melodrama Angelina Mango
3. Paprika Ghali
4. ALTROVE Ultimo
5. Black Nirvana Elodie
6. Musica Italiana Rocco Hunt
7. 30ºC Anna
8. Filo spinato Gianna Nannini
9. Luna piena Negramaro
10. Mezzo secondo Gazzelle
11. FEMME FATALE Emma
12. Torcida Bresh
13. PEYOTE Articolo 31 ft. Fabri Fibra, Rocco Hunt
14. Cinema spento Ana Mena ft. Dargen D'Amico
15. Alè Rhove
16. LOVE U / HATE U Boomdabash
17. Vabbè ciao Alfa
4. Istinto Animale Don Joe ft. Guè, Annalisa, Ernia
5. SEXY SHOP Fedez, Emis Killa
6. KARMA The Kolors
7. MALAVITA Coma_Cose
8. VELENO Tananai
9. Mezzo Rotto Alessandra Amoroso ft. BigMama
10. Frutta malinconia Francesco Gabbani
11. Dea Saffica Gaia
12. Galassie Irama
13. Non ho bisogno di te Noemi
14. Festa Totale Paola & Chiara
15. ESTATE 80 bnkr44
16. FUOCO DI PAGLIA MACE, Marco Mengoni, Frah Quintale ft. Gemitaiz
GOOD STORIES
IL DIVERTIMENTO SCATTA
di Agostino Desideri
NNata per fornire un servizio di photobooth ed evolutasi per offrire diverse soluzioni di marketing esperienziale, Socialbooth è una giovane realtà attiva nel settore degli eventi e delle fiere fondata da Umberto Gini, che un anno fa ha intravisto un potenziale in questo settore e ha deciso di dedicarsi interamente a questa attività. L’obiettivo della società è quello di estendere l’impatto degli eventi oltre i loro confini fisici, trasformando i partecipanti in ambasciatori del brand. Questo avviene grazie a diverse attrezzature innovative che vengono prodotte direttamente a Milano. Socialbooth ha già due brevetti: il totem per eventi e il nuovo modello square per il retail, strumenti che permettono di creare contenuti social in modo divertente e di raccogliere lead preziosi. Che sia una festa aziendale o una fiera, gli strumenti messi a disposizione da Socialbooth vogliono catturare subito l’attenzione delle persone, attirate dalla possibilità di scattare foto istantanee o diventare protagoniste di un video panoramico, personalizzando le immagini con l’aiuto della tecnologia. L’integrazione dell’intelligenza artificiale nel software ha consentito all’azienda di acquisire clienti di rilievo, come la Regione Lazio, e di essere presente all’interno di Casa Azzurri in Germania, dove ha trasformato i visitatori in protagonisti della Nazionale immersi nei paesaggi del Lazio, generando oltre settemila scatti. Oggi Socialbooth si propone come partner per le agenzie di comunicazione che desiderano strutturare progetti con risultati tangibili in termini di lead raccolti, contenuti social generati ed engagement durante gli eventi. L’azienda investe molto in tre aree:
ricerca e innovazione, partecipazione a fiere internazionali per anticipare le tendenze dell’intrattenimento e sviluppo del team. Il team di lavoro è composto da 11 dipendenti con un’età media di 26 anni, guidati dall’esperienza imprenditoriale e manageriale di Gini. Tra le innovazioni più recenti
spicca il Mosaic Wall, un prodotto scoperto durante una fiera a Las Vegas. Si tratta di una parete che, attraverso le foto dei partecipanti, ricrea il logo della società o qualsiasi immagine desiderata, trasmettendo un messaggio: ‘Tu sei l’azienda’. Il Mosaic Wall è stato usato anche per l’inaugurazione degli
uffici di Milano Cortina 2026.
Socialbooth non si limita però a coinvolgere i partecipanti durante l’evento, ma si impegna a mantenere vivo il ricordo anche dopo, attraverso la condivisione di video e la gestione di newsletter. La rapida evoluzione dell’azienda è stata facilitata dai primi clienti, acquisiti tramite il network del fondatore e un significativo investimento in marketing. Questo ha rafforzato il brand e ha permesso all’azienda di emergere come un player rilevante nel mercato, con clienti come il Giro d’Italia, Casa Coca Cola durante il Festival di Sanremo e la multinazionale Wolters Kluwer, con il suo evento annuale a Lucca. Quest’ultima è una case history interessante. “Abbiamo sviluppato questo progetto insieme a Wolters Kluwer, che ha scelto Lucca per organizzare un evento che è andato avanti una settimana”, dice Gini. “Siamo stati coinvolti per due giorni all’interno del Real Collegio, dove abbiamo dato vita a uno spazio unico grazie all’intelligenza artificiale. Qui le persone scattavano una foto, che non vedevano nell’immediato, poi si posizionavano davanti a un monitor dove veniva ricreato un mosaico digitale, con i partecipanti trasformati con l’IA in personaggi legati al mondo dell’arte o in figure
I servizi dell’azienda hanno conquistato clienti come Regione Lazio, Giro d’Italia e Wolters Kluwer. Ed erano anche presenti all’interno di Casa Azzurri agli Europei in Germania
rinascimentali vicine alla città di Lucca. Alla fine di questa esperienza, i visitatori uscivano dallo spazio per ritirare la propria foto con un timbro con il power up che rappresentava questo ‘super potere’. Tante persone hanno fatto più di un giro per avere più scatti rielaborati con il nostro sistema”. Tra le collaborazioni di rilievo ci sono anche quelle con il gruppo Percassi e con Victoria’s Secret, che prevede la trasformazione dei punti vendita in luoghi per esperienze di condivisione emozionale. Con sedi a Milano, Roma, Bologna e Palermo, Socialbooth copre tutto il territorio nazionale, con un piano di espansione che prevede l’apertura in tre nuove città entro il 2025 per migliorare la logistica e offrire i servizi al giusto valore economico. Ora la società è impegnata in un tour nazionale con Bmw per il lancio della nuova Serie 1, che include la creazione di video a 360 gradi negli eventi sulle spiagge e durante i grandi concerti. Con 196 eventi realizzati e la capacità di gestirne fino a 15 contemporaneamente, Socialbooth ha generato oltre 44mila contenuti social, per una proiezione di un fatturato di 600mila euro nel primo anno. Il futuro di Socialbooth è orientato allo sviluppo di collaborazioni, alla ricerca di innovazione e alla valorizzazione del team. Gini vede in Socialbooth una realtà destinata a crescere, guidata dalla passione per l’innovazione e dalla capacità di creare esperienze memorabili. F
Umberto Gini, fondatore di Socialbooth. Nell’altra pagina, il Mosaic Wall, una delle innovazioni più recenti.
n GOOD STORIES n di Agostino Desideri
Scalare la montagna del digitale
L'imprenditore Gian Serra aiuta aziende e professionisti a costruire una presenza onLine e a incrementare La Loro cLienteLa con soLuzioni digitaLi aLL'avanguardia
CCon la digitalizzazione che ha spostato gran parte delle operazioni online, oltre cinque milioni di attività in Italia, tra cui piccole e medie imprese e liberi professionisti, stanno abbracciando questo trend. La domanda di servizi digitali per espandere la base clienti, aumentare i ricavi, migliorare la visibilità sui social media e rafforzare il brand è in costante aumento. Tra i soggetti più attenti all’evoluzione del settore c’è Gian Serra, imprenditore che ha sviluppato un modello di business innovativo incentrato sulla digitalizzazione, rispondendo alla necessità delle imprese di attrarre clienti e rafforzare la loro presenza sul mercato. “Tutto è partito diversi anni fa, quando mi sono dovuto operare per problemi respiratori”, dice Serra, che da quel momento, impossibilitato a fare qualsiasi lavoro fisico e senza prospettive future, si è completamente immerso nel mondo online, fino alla scoperta dell’intermediazione digitale. L’imprenditore guida aziende e professionisti nella costruzione di una presenza online efficace e nell'incremento della clientela tramite soluzioni digitali. Usando una rete di freelance qualificati, Serra agisce da intermediario, guadagnando una percentuale sui lavori completati. La chiave
del suo successo è l'uso dell'intelligenza artificiale, che lo aiuta a individuare le aziende che necessitano di servizi digitali, collegandole con professionisti da remoto, sia in Italia che nel mondo, con un processo automatizzato. Il modello prevede la ricezione dei pagamenti per i servizi, prima di compensare i freelance, assicurando una commissione per ogni transazione. Questo sistema riduce i rischi finanziari per l'intermediario, senza dover gestire i clienti o erogare direttamente i servizi digitali. L'intelligenza artificiale semplifica la ricerca
e l’individuazione delle richieste, permettendo a Serra di gestire tutto con uno smartphone. Con questo modello, da un lato le aziende possono affidarsi a freelance con uno storico di testimonianze e lavori svolti, ricevendo i servizi in modo rapido ed efficiente; dall’altro i professionisti che non hanno il tempo per dedicarsi alla ricerca di nuovi clienti riescono ad avere costantemente nuovi lavori.
Di recente, Serra ha lanciato un programma formativo per chi desidera apprendere questo modello di business emergente, sfruttando le opportunità offerte dal settore digitale e la flessibilità di guadagno dell'online. Il programma è pensato per persone senza competenze pregresse in questo ambito e offre istruzioni chiare e pratiche. I partecipanti ricevono assistenza personalizzata da un istruttore privato, che li guida nelle prime settimane al raggiungimento dei primi risultati concreti, permettendo loro di organizzare il tempo liberamente. L'accesso al programma avviene tramite un colloquio con i consulenti di Serra, che valutano predisposizione, dedizione e capacità decisionali dei candidati. I criteri di selezione assicurano che gli istruttori possano gestire un numero limitato di partecipanti, mantenendo alti standard qualitativi. Il programma punta su efficacia ed etica professionale e si posiziona come una nuova opzione nel panorama della formazione sulle competenze digitali. F
Gian Serra
Il volto nuovo dell’intrattenimento
A 25 anni, Alessio Filippelli è uno dei più giovani direttori creativi nel mondo dello spettacolo.
È stato produttore e consulente per tour musicali, album e film. Il suo obiettivo è “fare la differenza”
Il nome di Alessio Filippelli risuona sempre più nell’industria dell’intrattenimento. Filippelli ha iniziato come parrucchiere in un salone romano, ma a 25 anni è diventato uno dei più giovani direttori creativi del settore. Disney, Nickelodeon, Halo, Star Wars e Paramount Plus sono solo alcune delle sue collaborazioni. Ha ricoperto ruoli di produzione e consulenza per molti progetti: tour musicali, album e film. Ha collaborato al The Time World Tour di Kat Graham, che sta toccando Asia, America Latina, America del Nord, Australia ed Europa, con oltre 72 spettacoli. Filippelli ha guidato la grafica e il design dell'album Toro Gato di Graham, il primo rilasciato esclusivamente come nft, consolidando la sua posizione.
I social media di Graham sono cresciuti moltissimo con la direzione strategica di Filippelli: da tre milioni a 16 milioni di follower. Con Graham ha lanciato la linea di abbigliamento inclusiva Galactica, esaurita in tutto il mondo in sole due settimane. Sta per lanciarne un’altra, per andare oltre il merchandising virale che ha creato.
Filippelli segue attori, guru del benessere, produttori, ma non si limita all’intrattenimento. Il suo impegno si estende anche al sociale: è ambasciatore globale per Health 360 e per il programma Americorps, con cui promuove la consapevolezza sulla salute mentale. Al Festival di Cannes del 2022 è intervenuto per l’Onu sull'importanza dei social media per amplificare le voci dei rifugiati.
Durante la pandemia, Filippelli ha organizzato i primi incontri virtuali internazionali su Zoom. L’iniziativa ha avuto successo perché ha offerto
gratuitamente un collegamento diretto tra i fan e gli attori rappresentati e gli è valsa una nomination ai Webby e riconoscimenti globali, per aver superato le limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria e per aver permesso a chiunque di entrare in contatto diretto con gli artisti, senza alcun costo. Nel febbraio 2024 Filippelli ha
firmato con la compagnia di distribuzione musicale Vydia, per rappresentare artisti musicali indipendenti a livello globale, lanciando contemporaneamente la sua etichetta discografica. In pochi anni ha intrapreso un percorso per “fare la differenza nel mondo dell’intrattenimento e nel mondo in generale”.
Alessio Filippelli
a cura di Alessio Filippelli
A cura di Piera Anna Franini
SMALL GIANTS
UN VULCANO DI IDEE
Camera anecoica presso la sede di Antech Space.
NEGLI ANNI ’90, INTORNO A STMICROELECTRONICS E ALLE INTUIZIONI DELL’INGEGNER PASQUALE PISTORIO, NASCEVA L’ETNA VALLEY, IL POLO DEI SEMICONDUTTORI DI CATANIA. COLLABORAVANO UNIVERSITÀ, CENTRI DI RICERCA E AZIENDE. DOPO IL TRACOLLO DI INIZIO MILLENNIO, L’ECOSISTEMA STA RINASCENDO. ANCHE GRAZIE A UN INVESTIMENTO DA 5 MILIARDI DI EURO DEL COLOSSO ITALO-FRANCESE
Sicily Valley, Etna Valley. Slogan, calembour nel segno di Sicily-silicio-Silicon, pioggia di proclami in quel laboratorio di politica che è sempre stata l’isola. Sogni: infranti, ma che pare si stiano ricomponendo. Ma qual è lo stato di salute del polo dell’innovazione di Catania e dintorni, dell’ex Etna Valley? Che cosa succede nell’area nota per la fabbricazione dei pezzi più contesi al mondo, vale a dire i microchip? Dopo un percorso tortuoso, fatto di picchi e cadute, sembra che la selva oscura sia alle spalle e che sia stata ritrovata la retta via. Perché alle pendici dell’Etna è tornata a ruggire STMicroelectronics, colosso italo-francese che nella Sicilia degli anni Novanta innescò un circolo virtuoso che vide università, centri di ricerca e aziende operare sinergicamente nel comparto high-tech. Il timoniere fu Pasquale Pistorio, l’ingegnere che dopo una carriera all’estero rientrò in Italia per guidare il gruppo Sgs, società di microelettronica che fuse con il ramo semiconduttori della francese Thomson. Nasceva così la STMicroelectronics, con un polo anche a Catania. Il tracollo arrivò all’alba del nuovo millennio. Non quello di STMicroelectronics, sempre in vetta, ma dell’ecosistema fiorito attorno. La rinascita è favorita dall’European Chips Act, messo a punto per alimentare lo sviluppo dell’industria europea dei semiconduttori. Forte di un investimento di 5 miliardi di euro, di cui 2 miliardi dallo Stato italiano, STMicroelectronics sta per costruire a Catania un Silicon Carbide Campus, che integrerà, in un unico sito, gli impianti manifatturieri per la produzione su larga scala di dispositivi in SiC, rispondendo alla domanda per applicazioni automotive, industriali e di infrastruttura cloud da parte dei
L’anno in cui è stato fondato il Distretto Tecnologico Sicilia Micro e Nanosistemi
46,3%
La partecipazione al distretto di aziende come Stm, Sifi, Italtel, Engineering e Ismett
clienti che passano all’elettrificazione e cercano maggiore efficienza. Si investe su un’eccellenza che è leader mondiale nel carburo di silicio e proprio a Catania, che già oggi ospita il più grande centro di ricerca e sviluppo e produzione per il SiC di St. Questa è un’area che emerge dalla lava che la sommerse all’inizio del nuovo millennio, quando vennero spazzate vie le realtà qui calamitate proprio da STMicroelectronics, e tante nacquero per gemmazione. Per non disperdere tanto patrimonio, nel 2008 è stato lanciato il Distretto Tecnologico Sicilia Micro e Nanosistemi, società consortile che raccoglie intorno a sé gli atenei di Catania, Messina e Palermo, le principali strutture di ricerca ed è partecipata (per il 46,32%) da imprese come StMicroelectronics, Sifi, Italtel, Engineering, Ismett. Si opera nella microelettronica, nel settore dei materiali innovativi nano-strutturati, farmaceutica e Ict. E se il secondo decennio profumava di ripresa, quello in corso vede ricomporsi l’ecosistema F 2008
Ricercatori di Technoprobe.
I protagonisti della RINASCITA
Risale al 2016 la fondazione di Antech Space, attiva nel settore delle telecomunicazioni satellitari, con soluzioni per antenne di terra fisse e mobili fino alla banda Ka. Si occupa della progettazione, realizzazione, installazione e test del sistema completo. Collabora con Leonardo, il ministero della Difesa, l’Esa e altri player internazionali del settore.
Sul Catanese tornano a scommettere anche le multinazionali. È il caso di Technoprobe, che fa testing dei microchip. Nel 2022 ha posizionato qui la sua quarta sede italiana, la prima fuori dalla Lombardia, un nuovo design center per potenziare le attività dei team che progettano le soluzioni tecnologiche dell’azienda. Nel novembre 2023 Technoprobe ha inoltre firmato con Teradyne, società
di progettazione e produzione di sistemi di testing automatizzati, un accordo per un’operazione congiunta (acquisti reciproci di rami aziendali).
La stessa Teradyne ha una sede a Catania.
Eda Industries, azienda internazionale che offre soluzioni e servizi di burn-in, affidabilità e test per l’industria dei semiconduttori, sta realizzando qui una nuova e più ampia sede, in consegna nei primi mesi del 2025, a un soffio dalla STMicroelectronics. Il primo piano ospiterà il laboratorio elettronico, mentre nel secondo saranno collocati gli uffici di progettazione e le sale riunioni. Fondata nel 1993, Eda Industries ha il quartier generale a Rieti, più diramazioni in Italia, Singapore, Filippine, Malesia, Cina e Marocco. A oggi ha installato oltre 600 sistemi in più di 25 paesi, investendo nella realizzazione di prodotti per testare sia dispositivi assemblati, sia sotto forma di wafer.
Nel 2022 anche Nxp Semiconductors ha inaugurato il nuovo centro di ricerca e sviluppo a Catania, focalizzato sulle tecnologie analogiche. F
La sede di Technoprobe.
Rendering della sede di Eda Industries.
22.02.24
Udine
14.03.24
Viareggio
11.04.24
Padova
16.05.24
Caserta
21.06.24
Tropea
11.07.24
Modena
12.09.24
Milano
21.10.24
Genova
07.11.24
Roma
12.12.24
Pescara
IL VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE
ECCELLENZE ITALIANE
Dopo il grande successo ottenuto nelle 10 tappe del 2023, continua anche nel 2024 il viaggio di Forbes dedicato alla scoperta delle PMI, spina dorsale dell’Italia che cresce. Un’occasione per confrontarsi su temi quali sostenibilità, innovazione, digitalizzazione, internazionalizzazione, welfare, accesso al credito e per creare relazioni professionali. Il progetto è rivolto a imprenditori e manager che gestiscono PMI del territorio e alle grandi aziende che vogliono mettersi in contatto con loro.
eventi.forbes.it/smallgiants/
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DESIGN
I colori dello STILE
Trent’anni fa Paola Lenti fondava il suo brand puntando sull’arredamento outdoor, all’epoca un settore poco sviluppato. Oggi è conosciuta in tutto il mondo per le sue combinazioni cromatiche e di tessuti. Che nascono pensando al materiale prima che al design
di Valentina Lonati
Il divano Frei di Paola Lenti
SSe nell’arredo dici colore, tessuto e poesia, forse a balzare alla mente sarà Paola Lenti. Nel 1994 ha costituito la sua azienda a Meda, in Brianza, partendo dal filo – quello alla base di una piccola produzione di tappeti in feltro – e scommettendo poi su un settore allora poco sviluppato, l’arredamento outdoor. A 30 anni di distanza, oggi Paola Lenti è un marchio presente in 60 paesi e conosciuto in tutto il mondo per la creatività con cui combina la sperimentazione sul colore e la ricerca tessile.
La sua storia e il suo successo partono dallo studio sul tessuto e sui filati. “Quando ho fondato l’azienda, l’arredo per esterni era realizzato di solito in acciaio, legno o ghisa, materiali non proprio comodi”, spiega Lenti. “Noi volevamo portare il comfort anche in giardino e nei terrazzi, ma era importante trovare la fibra giusta. Il polipropilene ci è sembrato avere le caratteristiche che stavamo cercando. Lo abbiamo studiato insieme ad alcune università e
centri di ricerca per migliorarlo e renderlo adatto agli esterni. Da qui è nato Rope, il filato oggi alla base di un gran numero di tessuti, corde e strutture tessili delle nostre collezioni. Fu il primo materiale che sviluppammo”.
Da allora, lo studio sui materiali non si è mai fermato, grazie a un intenso lavoro di sperimentazione e ricerca, in partnership con istituti scientifici, università e aziende specializzate, anche in ottica ambientale. “La ricerca di soluzioni progettuali che evitino di danneggiare l’ambiente è sempre stata fondamentale per noi. Per esempio, il
nostro filato non riceve trattamenti aggiuntivi. Molto spesso le sostanze usate per rendere il tessuto idrorepellente tendono, con la pioggia, a scaricare a terra, inquinando non solo il terreno, ma anche le falde acquifere. Il nostro è un tessile ragionato, pensato per rispettare l’ambiente e per essere il più versatile possibile, per realizzare tantissime lavorazioni che ci caratterizzano”. Proprio dalle caratteristiche del tessuto e degli altri materiali di rivestimento nasce il design dei prodotti. “Tutto parte dal materiale e non dal design, come invece accade di solito”, continua Anna Lenti, sorella di Paola e ceo dell’azienda. “È questo il punto di partenza per la creatività del designer. È un vincolo, ma è proprio questa la sfida più avvincente. Nella creazione dei nostri rivestimenti abbiamo anche cercato di reintrodurre alcune lavorazioni che si stavano perdendo, come quella dell’intreccio, e abbiamo sempre mantenuto la produzione in Italia. Oggi siamo una realtà industriale, ma insieme a noi lavorano sarti, tappezzieri, architetti, ingegneri e intrecciatori: cerchiamo di valorizzare e sostenere una filiera completamente italiana”.
Parallelamente all’innovazione sui
filati, c’è poi lo studio del colore, marchio di fabbrica di Paola Lenti. “La sensibilità per il colore è un dono che ho da quando sono nata”, dice Paola. “Forse vedo i colori in un modo originale, e sicuramente mi piace sperimentare: i colori sono come le note di un pentagramma: dipende tutto da come li metti insieme. Pensiamo che i nostri arredi debbano integrarsi nella natura senza essere troppo protagonisti”. Da questo senso per il colore nascono divani, chaise longue, accessori, sedie e complementi dalle tonalità brillanti e vitaminiche, abbinate fra loro, oppure percorsi da pattern materici e tridimensionali.
Ad accogliere la filosofia e lo spirito del brand è oggi il nuovo showroom milanese, in via Bovio 28, in zona Maciachini. Lontano dalle classiche rotte del design della città, è uno spazio ricavato dalla rigenerazione di un’ex area industriale, in cui l’elemento naturale dialoga con l’architettura e gli arredi dell’azienda. Pensata come un’abitazione dotata di grandi vetrate che affacciano sui patii e sui giardini esterni ombreggiati da piante tropicali, alberi fioriti e cespugli mediterranei, è un luogo di sospensione e di meraviglia, che accoglie anche uno spazio per le esposizioni. “L’arte contemporanea è
Il pouf Otto. Sotto, il divano Santorini. Nell’altra pagina, la poltroncina Ami e le sorelle Paola (a sinistra) e Anna Lenti.
una delle nostre grandi passioni”, spiegano le sorelle.
In futuro lo spazio ospiterà anche un boutique hotel e un bistrot. “Abbiamo impiegato molto tempo per trovare questo posto: volevamo un giardino, ma a Milano è stato difficile trovarlo. Quando abbiamo incontrato questo spazio, abbiamo cercato di integrare l’architettura con il verde, facendoci aiutare da Pnat (Project Nature), lo studio multidisciplinare di progettazione coordinato da Stefano Mancuso, per dare vita a spazi utili non solo a noi, ma anche al quartiere. In città ci si preoccupa di costruire nuovi palazzi, ma non di creare benessere per chi li abita. Abbiamo quindi realizzato un giardino per insetti impollinatori e la nostra idea è lasciare che il verde pian piano si impossessi di questo spazio”. All’interno dello showroom, gli arredi per esterni sono affiancati alle nuove collezioni per l’indoor. “Partendo dall’osservazione che la casa riflette le stratificazioni della vita, accogliendo gli oggetti che fanno parte del nostro passato, abbiamo sviluppato una linea di elementi per l’indoor che si compone di pezzi molto personalizzabili da mischiare fra loro, proprio come si fa nella propria casa”, conclude Paola Lenti. E com’è casa sua? “Stupirà, ma è poco colorata. Quando rientro a casa ho bisogno di staccare, anche dalle sollecitazioni cromatiche. Riposo lo sguardo, anche indossando tonalità neutre. Poi riverso tutto nel lavoro. È il mio modo di trovare l’equilibrio”. F
Lo sconto è computato sul prezzo di copertina al lordo di offerte promozionali edicola. La presente offerta, in conformità con l’art.45 e ss. del codice del consumo, è formulata da BFC Media. Puoi recedere entro 14 giorni dalla ricezione del primo numero. Per maggiori informazioni visita il sito www.abbonamenti.it/cga
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WHAT’S NEW WHO’S NEXT
Portopiccolo
L’ULTIMA SPIAGGIA FORBES LIFE
Un angolo di paradiso con accesso limitato ed esclusivo, per sfuggire alla folla d’agosto. Dove prendere il sole su lettini griffati, fare sport acquatici con una barca dedicata, rilassarsi a bordo piscina gustando champagne e altre delizie. Come in questi sette beach club, nuovissimi o rinnovati, tutti da scoprire.
A ogni costo
PUROBEACH
Prima stagione sulla Riviera Adriatica per il Puro Club, che completa l’offerta del comprensorio con ville private e il Sistiana Wellness Resort (partnership con Terme Saturnia), affacciato su un grazioso porticciolo. I lettini intorno alla piscina o verso il mare garantiscono privacy e servizi di eccellenza. L’offerta gastronomica del menu
AGOSTO, 2024
3M si ispira a Melbourne, Marrakech e Miami, con pesce fresco e frutti di mare. La sera, cocktail e musica originale dei dj set di Puro Music.
di Susanna Tanzi
Il nuovo Puro Club a Portopiccolo, a pochi chilometri da Trieste
Portofino
LE CARILLON/ VESTA
Successo annunciato quest’estate, nella splendida baia di Paraggi, per Vesta, il fine dining italiano di cucina di mare, parte del gruppo Triple Sea Food, all’interno dello storico Le Carillon Dolce&Gabbana (ribattezzato così dopo il restyling ispirato da Dg Resort). La nuova stampa verde maiolica della maison riveste l’intera area del beach club, mentre l’elegante motivo a righe verticali riporta alla dolce vita e al tipico stile della Riviera italiana, decorando l’esclusivo pop-up, l’area bar e il ristorante Vesta Portofino, dove gustare i piatti signature. Apprezzato anche il Crudo Bar, luogo cult per l’aperitivo.
Il beach club
D&G del Carillon di Portofino e l’insalata di polpo e olive taggiasche alla maniera di Vesta.
Forte dei Marmi
ALPEMARE/ CASTELFALFI
Castelfalfi arricchisce la sua offerta combinando il soggiorno tra i colli toscani con un’esperienza balneare sulla costa. I clienti che prenotano una villa o una signature suite al resort hanno accesso all’Alpemare, lo stabilimento di proprietà della famiglia di Andrea Bocelli. A poco più di un’ora da Castelfalfi, offre un’esperienza esclusiva nelle tende-cabana e nella lounge dedicata, con area relax e prodotti della tenuta, inclusi vini e oli. Al ristorante, cene a quattro mani guidate dallo chef Davide De Simone.
Alpemare Beach Club a Forte dei Marmi
Il Dom Pérignon
Prestige Table di Baja Sardinia
Baja Sardinia PHI BEACH BY DOM PÉRIGNON
Debutta il Dom Pérignon Prestige Table, un esclusivo tavolo esperienziale per massimo dieci persone, dove ripercorrere i valori estetici della maison, interpretati da due chef d’eccezione, Giancarlo Morelli e Livio Pedroncelli. Per tutta la stagione estiva, gli ospiti del locale di Baja Sardinia potranno prenotare un percorso di degustazione unico, scegliendo tra i millesimati più prestigiosi della maison, in abbinamento alle suggestioni culinarie dello chef bergamasco e del suo executive chef.
LIDO VILLEGGIATURA
Un’estate tutta italiana al nuovo beach club di Villa Sant’Andrea, dove rilassarsi sui lettini o fare sport acquatici con i tour privati in barca. Aperitivo e cena romantici in riva al mare, e il 20 agosto si potrà assistere alla proiezione di Chiamami col tuo nome nella lussuosa area cabine sulla spiaggia, con champagne ghiacciato abbinato a stuzzichini in stile siciliano, mentre una band locale suonerà dal vivo la colonna sonora del film. Il vero lusso.
Taormina
Il nuovo beach club di Villa Sant’Andrea
BLUE MARLIN IBIZA
In posizione ideale nella splendida baia di Cala Jondal, è uno dei locali più divertenti e di culto sull’isola, dove godersi il giorno e la notte, cenare e ascoltare musica all’avanguardia. Una calamita sociale per persone da tutto il mondo, che rendono il Blue Marlin Ibiza un luogo cosmopolita, un marchio globale e uno stile di vita, tanto da avere creato una rivista sulle avanguardie, Bmi:Mag, molto ricercata dai tanti che affollano la spiaggia per ammirare il tramonto sul mare, degustando cocktail inusuali e finger food deliziosi.
MELOGRANO BY LE TAMERICI
Un gioiello per gli ospiti della storica masseria è il Lido Le Tamerici, con le splendide piante che creano un’ombra naturale sulla spiaggia, piacevole riparo dal calore e dalla confusione. Uno shuttle porta in dieci minuti i clienti dal resort al beach club, dove provare i cocktail al bar e sui divani bianchi, e dove la pizzeria gourmet offre una pausa golosa a due passi dal mare, circondati dai profumi, dai colori e dai sapori della Puglia.
Monopoli
Ibiza
ONE&ONLY REETHI RAH
Un resort ultra-lusso su una delle più grandi isole dell’atollo di Malé Nord, con 12 spiagge di sabbia bianca e sei chilometri di costa da esplorare. Fulcro per tutte le attività è Club One, con sport acquatici, uno studio di arte e ceramica e numerose attività sportive, tra cui pallavolo, badminton, tennis, calcio, paddle. Prosegue anche quest’estate la collaborazione con Missoni per la personalizzazione, con le iconiche stampe del brand, di ombrelloni, lettini, gazebo e teli mare. Ci sono la postazione dj, un’area di private dining Treehouse e altri elementi per vivere al meglio la vita dell’isola, fra cui chiosco dei ghiaccioli, golf kart, tavole da stand up paddle e biciclette.
Paestum SAVOY HOTEL & SPA
Nel cuore del Cilento, a pochi passi dal sito archeologico di Paestum, il Savoy Hotel & Spa, rinnovato dall’architetto Giampiero Panepinto, è un indirizzo da tenere in agenda. Ha una spa con tutti i migliori trattamenti, un ristorante bistellato, Tre Olivi, e soprattutto un beach club e una spiaggia privata perfetti per una clientela internazionale a caccia di luoghi unici. Un romantico rifugio dal fascino senza tempo, tra il mare di sabbia fine e i templi greci che guardano verso Capri.
per il relax al
Maldive
Angoli
Missoni Resort Club
di Cristina Mercuri
Sete di libertà
A Gorgona, l’ultima isola penitenziario d’Europa, Frescobaldi produce vini di fascia super premium. A lavorare la vigna sono i detenuti, regolarmente retribuiti, che acquistano competenze in vista della vita dopo il carcere
SSi parla e straparla di sostenibilità. I tre pilastri sono noti: ambientale, economico e sociale. I produttori di vino sono sempre più concentrati sulla riduzione dell’impatto ambientale e sulla creazione di un vigneto sostenibile, con sforzi di lungo periodo, ma pochi stanno facendo qualcosa di grande per il sociale. Gorgona è il vino nato dalla collaborazione tra Frescobaldi e la colonia penale situata su quest’isola del Parco Nazionale Arcipelago Toscano e ultima isola penitenziario d’Europa. I detenuti trascorrono l’ultima parte della reclusione lavorando a contatto con la natura e trovando un’opportunità di reinserimento nella società. Un progetto che mira a concretizzare l’articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Il progetto è nato ad agosto 2012. Lamberto Frescobaldi racconta di essere stato contattato dal carcere per ricevere un aiuto nella gestione di una vigna piantata nel 1999, in mezzo ai 220 ettari tra boschi e ulivi, che non produceva uve di qualità. Pare che la richiesta di aiuto sia stata mandata a diversi produttori, ma solo Frescobaldi è andato a dare un’occhiata. La luce, i colori, la qualità dei suoli e il clima sempre ventilato hanno rapito il marchese. Ma è stata soprattutto la voglia dei detenuti di imparare un mestiere che lo ha convinto a investire in questo fazzoletto di terra. Gli agronomi e gli enologi di Frescobaldi da allora lavorano insieme ai detenuti (regolarmente assunti), offrendo loro conoscenza sulla viticoltura e sul vino, per aiutarli a creare un nuovo futuro e prepararsi alla vita che verrà. Imparare operazioni come la potatura, la selezione del germoglio e
la corretta gestione della chioma è la chiave per una libertà ricca di speranze.
È un progetto in cui guadagnano tutti. Frescobaldi sostiene i costi della manutenzione delle vigne e della produzione, inclusi la formazione e gli stipendi ai detenuti, e incassa dalla vendita delle bottiglie. La limitatissima produzione – si parla di garage wine, secondo l’enologo Nicolò D’Afflitto – è posizionata sul mercato a prezzi super premium (circa 80 euro). Il bianco è ottenuto con uve Vermentino e Ansonica, il rosso da Sangiovese e Vermentino Nero. Tutti i 90 detenuti lavorano al progetto e guadagnano istruzione, soldi e una maggiore sensibilità verso la ricchezza della natura. Non si produce solo vino, ma anche olio, e soprattutto si impara a prendersi cura di animali come mucche e capre (non destinati al macello).
Guadagna anche il consumatore, che ha a disposizione vini rari, concentrati e complessi. Il bianco ha delicate note mediterranee e iodate date dal Vermentino, che aggiunge vibrazione e acidità. Note di fiori bianchi e ampiezza di trama, molto cremosa, sono invece dati dall’Ansonica. Una lieve complessità affumicata dovuta alla fermentazione in legno e un finale lungo e setoso. Ogni anno Gorgona si mostra con un’etichetta nuova, illustrata da Simonetta Doni. Quest’anno il tema è quello dei venti di Gorgona (nella foto). Il grecale è fresco e asciutto. Lo scirocco umido e caldo porta salinità. Il libeccio mantiene l’aria in costante movimento, garantendo la salubrità delle uve, e il maestrale abbraccia Gorgona nei pomeriggi estivi, rinfrescando le vigne. Fattori naturali e umani che rendono il vino unico ed emozionante. La speranza è che, una volta in libertà, anche i detenuti che lo producono possano scoprirne il gusto, magari seduti a un bar nella loro città. F
Ormai non basta la ‘prova del pollice’ per verificare che il cornicione sia resiliente, né che l’impasto abbia accumulato abbastanza ore di lievitazione prima di essere utilizzato: sul fronte della pizzeria contemporanea, la nuova frontiera sono topping gastronomici sempre più complessi e articolati. In altre parole, ciò che va a finire sul disco non sono più le singole materie prime (salsiccia & friarielli, acciughe & burrata e via così), bensì
FORBES TRENDS
Frutto simbolo dell’estate, già da qualche tempo l’anguria – o cocomero, in base alle regioni – è entrata a pieno titolo tra gli ingredienti dell’alta cucina, e da un lato all’altro dell’Italia sono diversi i locali di fine dining che l’hanno inserita come protagonista di una serie di preparazioni, e non come semplice elemento decorativo. Tra i primi a introdurlo nei suoi menù è stato Mario Uliassi a Senigallia, ma oggi accade di trovarla in Sicilia, dove lo chef Domenico Perna del PepeRosa di Capo d’Orlando usa l’anguria insieme al latticello e al caviale croccante. Oppure in Toscana, con chef come Stefano Pinciaroli (Ps a Cerreto Guidi), Lorenzo Romano (Insolita Trattoria a Firenze), Fabrizio Marino (Maggese a San Miniato) e Fabrizio Bartoli (Osteria Ancestrale a Bolgheri): ognuno di loro utilizza l’anguria nel gazpacho, alla brace, arrosto o alla giapponese, in una sorta di inedito sashimi.
abbinamenti gourmet degni di un ristorante d’alta cucina, magari ‘cucinati’ prima di finire sulla pizza. Rispetto alla classica napoletana, però, a questa tipologia occorre dare spessore: ecco perché i maestri pizzaioli usano doppie o triple cotture (forno, vapore e padellino), che forniscono un supporto sufficiente ai topping più elaborati. Il rischio? Costruzioni troppo voluminose, poco funzionali perché difficili da far entrare in bocca.
C’era una volta il brunch, ma da qualche tempo la nuova moda è il ‘brinner’, ossia la colazione all’ora di cena. Il trend, che è nato in Australia all’inizio degli anni Duemila e nel nostro Paese è popolare soprattutto tra la Generazione Z, nasce dall’unione tra colazione (breakfast) e cena (dinner) e indica la cena con cibi solitamente consumati a colazione. Attenzione, però: non si tratta di replicare in chiave serale la colazione tipica italiana – la classica tazza di caffelatte, magari con cereali, e un paio di biscotti – ma di attingere alle colazioni più internazionali e articolate, da quella inglese a quella americana, fino al McBreakfast di McDonald’s. Secondo più nutrizionisti, infatti, la nostra colazione ha un carico di zuccheri troppo elevato per essere consumata prima di andare a dormire. Alle porte di Firenze la catena Place of Charme ne ha ideato una versione dal sapore made in Tuscany, con il bacon che affianca il pecorino di Pienza, i fagioli all’uccelletto e le salsicce.
di Marco Gemelli
FORBES CARS
di Serena Cappelletti
Dagli smartphone alle macchine è un attimo. Così Xiaomi ha presentato la SU7, la sua prima auto elettrica. Pensata e realizzata in appena tre anni, grazie a un investimento di 1,4 miliardi di dollari, con quasi 400 ingegneri e diecimila tra esperti e tecnici, anche europei. La prima motorizzazione sarà l’Hyperengine V8s, che sul prototipo Xiaomi SU7 Ultra arriva a 578 cv e accelera da 0 a 100 km/h in 1,97 secondi. L’azienda intende l’auto come il naturale prolungamento di uno smartphone, grazie anche al sistema operativo HyperOS che interagisce con molte componenti. In Cina da aprile ha avuto già oltre 75mila ordini, con diecimila consegne già a giugno. Il modello base parte da 27mila euro.
A volte ritornano, le icone. Ford rispolvera la Capri, la passione di tante generazioni, in versione suv, quattro porte e posteriore da sportiva anche se con cuore (motore) elettrico. Arriverà in Inghilterra da dicembre, nel resto d’Europa a inizio 2025. Ford Capri sarà prodotta in Germania, a Colonia. Trazione posteriore o integrale, autonomia fino a 627 km e cabina hi-tech. Con l’Explorer condivide la piattaforma meb di origine Volkswagen e non solo. L’ampio schermo a colori, al centro della plancia, è il perno dell’architettura. Come dinamica di guida, tra ammortizzatori, barre e molle con regolazioni specifiche e sistemi di controllo di trazione e stabilità, divertimento e sportività sono garantiti.
La Fiat Grande Panda rilancia uno dei modelli più venduti in versione più grande, base di altri due modelli entro il 2026 (tra cui la nuova Multipla). Più lunga di 34 cm di quella attuale (3,99 metri contro 3,65), è colma di richiami all’icona, mentre i fari sono composti da cubi opalini. Gli interni hanno 13 litri di spazio utilizzabile con due schermi, uno da 10”, l’altro da 10,25”. Capacità di carico di 310 litri. La versione elettrica avrà 360 km di autonomia, con batteria di 44 kWh al litio, ferro e fosfato che si ricarica da 11 kW a 100 kW, cioè dal 20 all’80%, in 26’. Gli altri motori solo ibridi, con cambio automatico e tre cilindri 1.2 Puretech da 100 cv. Prodotta in Serbia, sarà ordinabile da settembre da 19mila euro per l’ibrida, da 24mila euro per l’elettrica.
FORBES DESIGN
di Valentina Lonati
Disegnato dal duo Zaven, il divano Za:Za di Zanotta ha recentemente vinto il XXVIII Compasso d’Oro, il premio dedicato al design italiano dell’Associazione per il disegno industriale. Ispirato al principio dell’amaca, che accoglie e sospende gli elementi imbottiti, Za:Za è composto da una struttura in tubolare d’acciaio che sostiene in sospensione delle cinghie allentate, a creare un alloggiamento per i cuscini. Pensato come un manifesto di sostenibilità, Za:Za è realizzato con materiali riciclati e riciclabili, è facilmente disassemblabile e non contiene colle.
Dalla fine degli anni Ottanta Davide Groppi inventa e produce lampade. Le sue sono luci “che arrivano dal cuore e dal cervello, intuizioni che affiorano da un certo modo di essere e di pensare, dove semplicità, leggerezza, emozione, invenzione e stupore sono gli ingredienti fondamentali”. Quest’anno il suo sistema luminoso Anima è stato premiato con il Compasso d’Oro: una scultura filiforme e leggera, composta semplicemente da uno stelo e una base. Una lampada poetica, nata per riportare l’animo umano all’essenzialità.
Quando anche l’ombra è di design. Insignito del Compasso d’Oro, MrX è il sistema ombreggiante firmato da Marco Acerbis per Talenti. Una soluzione estetica e architettonica che si apre a compasso, permettendo l’estensione della tenda per un’ombra ampia e gradevole. Un oggetto di design dinamico, discreto e funzionale, che determina una svolta nell’universo degli ombreggianti. Realizzato in estrusi di alluminio e disponibile in diverse varianti di colore, si adatta a ogni contesto, offrendo un comodo spazio dove potersi riparare nelle giornate estive.
Il suo antenato, classe 2004, vendette 130 milioni di pezzi a livello mondiale. Ora Motorola, nell’era dell’IA e della portabilità, ha voluto riportare sul mercato il Razr, che nel frattempo ha preso le sembianze di un pieghevole molto fashion, che sta nel palmo della mano e può essere usato come una handycam per le riprese video. La cerniera ha subito un’ulteriore ingegnerizzazione e, guardando i video,
Design sofisticato ed ergonomia annunciano subito che siamo di fronte a un prodotto premium e costoso. Le cuffie Sonos Ace, proposte dalla casa di Santa Barbara, California, hanno cuscinetti auricolari in memory foam rivestiti di ecopelle. Il loro giogo in metallo cromato permette rotazioni in varie direzioni, mentre la cerniera è perfettamente nascosta. I padiglioni auricolari aderiscono magneticamente. Distinguere la cuffia sinistra dalla destra è facilissimo perché hanno colori diversi. Peso di 312 grammi, modalità cancellazione del rumore a livelli altissimi: in mezzo alla folla o in un vagone della metropolitana l’annullamento del rumore esterno sfiora il 90%. Il collegamento Bluetooth in dotazione è 5.4.
non si percepisce affatto. Processione di comprovata potenza Snapdragon 8S Gen 3, batteria 4000 mAh che offre una ricarica molto più rapida della generazione precedente. La dimensione del display aumenta a 6,9 pollici grazie a una cornice ridotta e ugualmente robusta, impermeabile Ipx8. Migliora il comparto fotografico, mentre l’intelligenza artificiale integrata è Gemini di Google.
, azienda nata come spin-off del marchio Oppo, ha scelto Milano per il lancio globale del suo smartphone top di gamma, il Gt6. L’azienda di Shenzhen ha offerto la sua interpretazione di intelligenza artificiale con l’apertura di un Next AI Lab finanziato dalla società, che coinvolge Qualcomm e la sua nuova generazione di processori, oltre a Google e Microsoft. L’obiettivo è rendere accessibile i modelli di IA ai giovani con esperienze inedite. “È nostra intenzione coinvolgere 100 milioni di giovani a livello globale entro i prossimi tre anni. Realme è convinta che l’IA integrata negli smartphone sarà il vero game changer del mercato”, dice Alessandro Laterza, head of sales di Realme Italia. Uno dei valori aggiunti del Gt6 è la possibilità di girare video con visione notturna, grazie ad algoritmi proprietari e alle prestazioni dei processori.
di Gabriele Di Matteo
FORBES TECH
IL TALENTO È MINI
Piccolo è bello. Chi non ci crede deve visitare Small is Beautiful, la mostra che ha già conquistato oltre 250mila visitatori a Parigi, Londra, New York e Bruxelles. Per la prima volta in Italia, fino al 19 settembre allo Spazio Messina (Fabbrica del Vapore), l’esposizione, dedicata al movimento nato sui social network con l’hashtag #MiniatureArt, mette in scena il talento di 19 artisti da tutto il mondo che interpretano con una cura maniacale per i dettagli l’arte della miniatura: dalla fotografia alla scultura, fino alla pittura. Un viaggio attraverso mondi ridotti ai confini del possibile, dove sentirsi giganti al cospetto di opere delle dimensioni di pochi millimetri, e anche meno, da osservare con lenti d’ingrandimento per essere meglio apprezzate. Small is Beautiful è un viaggio onirico in un universo creato a dimensione di formica.
LIVING
di Alessia Bellan
LODE ALLA CITTÀ e altre delizie
Un menu che celebra la ricchezza, i sapori e i colori dei migliori ingredienti di stagione. Da Pellico3, il ristorante di Park Hyatt Milano, la carta estiva dello chef Guido Paternollo (foto), ingegnere milanese convertito alla cucina, si conferma un esempio di come sostenibilità e creatività possano andare di pari passo. Un tributo alla natura e alle sue risorse, con un’attenzione particolare all’elemento vegetale e alle salse. Nove i piatti nuovi, tra cui un tris d’assi in apertura: la zucchina trombetta, pistacchio, levistico, da assaporare in sequenza per
apprezzarne ogni sfumatura; lo spaghetto acido cotto in acqua di pomodoro, emulsione alle vongole, vongole veraci e calamaretti spillo; e il risotto alle erbe amare, pinoli e jus vegetale. Esercizi di stile i secondi: animella di vitello croccante, finferli, albicocca, verbena, salsa al vin jaune e il rombo ‘Lardo’ di sep-
pia alle erbe, darphine di patate, fagiolini, ciliegie, salsa ai molluschi e prezzemolo. Ricercate anche le proposte dolci, come la tarte fine alle fragole, aceto di fiori, fiordilatte di capra, un quadro di delicatezza e raffinatezza che cattura la bellezza della stagione, o l’anguria, lime e vaniglia, un sorso d’estate. Per gli amanti della cucina lombarda c’è il menù ‘La mia città’, con quattro piatti che celebrano Milano: carpaccio di manzo come una tartare, risotto allo zafferano, midollo gratinato, lardo, gremolada, jus di vitello, filetto di manzo alla milanese, millefoglie di patate alla senape, insalata di verdure di stagione e la millefoglie al panettone.
JUMPING AD ARTE
C’è tempo fino al 1 settembre per visitare Lampo di genio, la mostra a Palazzo Reale dedicata al ritrattista Philippe Halsman, che ha firmato oltre 100 copertine di Life. Nato a Riga nel 1906, esordì a Parigi negli anni ‘30, lavorando per riviste come Vogue e Vu. Negli anni ‘40, grazie all’amico Albert Einstein, ottenne un visto per gli Stati Uniti. E a New York arrivò il grande successo. Dalle collaborazioni con le più importanti testate ai ritratti per lo show business,
Halsman ha creato un genere. La retrospettiva ne celebra la carriera con 100 immagini provenienti dall’Archivio di New York. Capace di catturare l’essenza dei soggetti, per divertirli e sorprenderli Halsman li faceva saltare di fronte all’obiettivo. Nacque così jumpology, e a prestarsi furono teste coronate, capi di stato e divi, da Marilyn Monroe (foto) ai duchi di Windsor, fino ad Alfred Hitchock. Imperdibile la serie di ritratti realizzati con Salvador Dalì.
MILANO
Una storia di CINEMA E TALENTI
Al Maxxi (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo) di Roma, in occasione della 78esima edizione dei Nastri d’Argento, il brand orologiero Hamilton ha premiato Brando De Sica con l’Hamilton Behind the Camera – Nastri d’Argento per il debutto da regista con il film Mimì-Ilprincipedelletenebre. Un tuffo nel fantasy, presentato fuori concorso a Locarno e vincitore di una menzione speciale al Festival di Sitges, per una commedia in cui una Napoli soprannaturale diventa teatro di leggende noir. Nel 2024, per celebrare i dieci anni di collaborazione con i Nastri d’Argento, il brand manager di Hamilton Italia, Andreas Albeck, ha assegnato il premio speciale Decimo Anniversario a Domenico Cuomo, protagonista del film di De Sica, a conferma dell’impegno del marchio nel valorizzare i talenti del cinema italiano e internazionale, con una particolare attenzione ai ruoli tecnici e a tutte le maestranze, come costumisti, sceneggiatori, direttori della fotografia, etc.
LA SCALA più
colorata di Roma
UN GIARDINO SEGRETO SULL’APPIA ANTICA
Entrare nell’arte si può. L’installazione site-specific Poured Staircase dell’artista britannico Ian Davenport, tra i fondatori del movimento degli Young British Artists nel 1988, è tornata al Chiostro del Bramante. Un’opera, realizzata appositamente per il Chiostro, che negli ultimi due anni ha riscosso un successo straordinario, conquistando migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo grazie al fluire di colori intensi, tra ciano, magenta e giallo, che colano lungo le scalinate rinascimentali. L’opera ora è nella collezione permanente dell’istituzione culturale Dart - Chiostro del Bramante. Un’esplosione di creatività che esplora i piani verticali e orizzontali di ogni gradino e si relaziona con l’architettura rinascimentale progettata da Donato Bramante. Fra le novità dell’estate 2024 c’è un’oasi nascosta tra alberi e sampietrini secolari, un hortus conclusus contemporaneo lungo la regina viarum, immerso nel parco dell’Appia Antica. È Solum (dal latino per ‘suolo’), il ristorante con cocktail bar e intrattenimento musicale degli imprenditori romani Edoardo Marchese ed Edoardo Mamalchi, con la responsabile organizzativa Chiara Paolini. Dall’aperitivo al dopocena, questo salotto en plein air rural chic regala una pausa di relax, lontano dalla frenesia del centro storico. Qui si respirano natura e storia anche nei piatti: il menu punta sulla cucina italiana delle origini, tra richiami al Mediterraneo e al suo entroterra, con un omaggio all’elemento del fuoco e dunque alla cucina alla griglia. “Abbiamo voluto creare un ristorante che fosse anche un salotto per le serate e le notti romane”, ha detto Marchese, “tra il profumo del fieno e delle erbe aromatiche, con una proposta culinaria semplice e ben fatta, insieme a ottimi cocktail”.
di Mara Cella
LIVING ROMA
Da sinistra, Andreas Albeck e Brando De Sica (foto Matteo Mignani)
LIVING NEW YORK
di Aka Sarabeth
Il TENNIS ITALIANO aspetta gli US OPEN
Attesa per gli Us Open di tennis, che si svolgeranno a New York dal 26 agosto all’8 settembre. Un evento sportivo che attira in città migliaia di appassionati pronti ad assistere all’ultimo torneo del Grande Slam dell’anno, con i migliori al mondo in campo. Tra questi, il numero uno Jannik Sinner, ma anche altre stelle italiane, come la finalista di Wimbledon, Jasmine Paolini, che punteranno alla vittoria. Come ogni anno, il montepremi sarà da record, con cifre che non saranno lontane da quelle dell’anno scorso (65 milioni di dollari).
Un po’ di Messina in AMERICA
Miscela d’Oro, brand di caffè messinese fondato nel 1946 dalla famiglia Urbano, ha saputo conquistare un posto di rilievo negli Stati Uniti. Da oltre 20 anni è un simbolo di eccellenza, apprezzato sia dagli americani che dagli ‘expat’ italiani. A New York, il caffè Miscela d’Oro è servito in molti ristoranti, bakery e bar di prestigio, contribuendo a consolidare la sua fama internazionale. Tra le location più celebri che offrono questo caffè ci sono Piccola Cucina, con le sue quattro sedi, Villabate Alba, storica pasticceria di Brooklyn, la pizzeria Ribalta e il ristorante The River Café, noto per la sua vista spettacolare su Manhattan.
IN ALTO I CALICI
Piccola Cucina Estiatorio, ristorante siciliano a Soho guidato dallo chef e proprietario Philip Guardione, ha recentemente ottenuto il riconoscimento del Best award of excellence da Wine Spectator. Il ristorante è stato inserito tra i migliori al mondo per la sua offerta vinicola. La cantina, curata dal general manager e sommelier Alfio Scrivano, ha oltre ottomila bottiglie, con una selezione di 500 etichette, e pone un forte accento sui vini siciliani, in particolare quelli della zona dell’Etna.
Alfio Scrivano
“Se non avete il controllo sulla vostra bocca, non avrete il controllo sul vostro futuro.”
Germany Kent
“Per conquistare il popolo, cucinate sempre qualche piatto salato che gli piaccia.”
Aristofane
“Le bugie sono le migliori promesse.”
Pierce Brown
“Un no non nasconde nulla, ma un sì diventa molto facilmente un inganno.”
Søren Kierkegaard
“Un’elezione sta per arrivare. È stata dichiarata la pace universale e le volpi hanno un sincero interesse a prolungare la vita del pollame.”
George Eliot
“Promettere di non fare una cosa è il modo più sicuro per far sì che qualcuno voglia andare a fare proprio quella cosa.”
Mark Twain
“Dimentichiamo le promesse che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che preferiremmo dimenticare.”
Henning Mankell
“Fare un voto è un peccato più grave che infrangerlo.”
Georg Christoph Lichtenberg
PENSIERI E PAROLE
Promesse
“Gli uomini sono uomini, le promesse sono parole e le parole sono vento.”
George R.R. Martin
“Una promessa non mantenuta è un debito non pagato.”
Robert W. Service
“Il rimedio all’imprevedibilità, alla caotica incertezza del futuro, è contenuto nella facoltà di fare e mantenere promesse.”
Hannah Arendt
“Pazzia sconcertante, essere impigliati in quelle promesse fatte con la bocca, che si infrangono giurando.”
William Shakespeare
“Ricorda sempre la sua alleanza, parola data per mille generazioni”
1 Cronache 16,15
“In fin dei conti, siamo i custodi di nostro fratello. Le nazioni che se ne dimenticano periscono. Anche i singoli individui ci rimettono.”
B.C. Forbes
22 MAGGIO • CASTELLO TOLCINASCO GOLF RESORT & SPA
3LUGLIO
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