INSIDE
38 | Crescere per far crescere la produttività Aumentare le dimensioni delle aziende italiane per renderle più competitive. A lanciare l’appello è Valerio De Molli, ceo di The European House - Ambrosetti. Che quest’anno ha festeggiato il 50esimo anniversario del Forum di Cernobbio con un’edizione tra le più importanti di sempre. di Alessandro Mauro Rossi
48 | Ritorno vincente
Raffaella Galamini
50 | Protezione all’avanguardia
Andrea Celesti
52 | Sicurezza senza compromessi
Andrea Celesti
THE
56 | La carica dei 100 manager
con Rainbow Consulting
64 | L’energia del futuro
CONTRARIAN
67 | Un’altra visione
Massimiliano Carrà
70 | La grande sete
Enzo Argante
72 | Ombre europee
Emilio Cozzi
BEST
75 | Spinta verde
Danilo D’Aleo
78 | Il motore dell’industria
Gabriele Di Matteo
80 | 70 anni in salute
Matteo Borgogno
82 | Inseguendo il sole
Maurizio Abbati
84 | Il sapore del rispetto
Enzo
Primo
Roberto Pianta
86 | Fragranze di storia
Andrea Celesti
MASERATI GRANTURISMO FOLGORE
100% ELECTRIC IT TURNS YOU ON
DIGITAL TRANSFORMATION
89 | Tutto più facile
Lavinia Desi
92 | La formula della crescita
Maurizio Abbati
94 | Partner intelligente
Maurizio Abbati
96 | Progresso affidabile
Marco Gemelli
98 | Uguaglianza tra i banchi
Attilio Nucetti
100 | L’era delle brave persone
Francesca Lai
103 | Robot tuttofare
Primo Marzoratti
104 | Innovazione made in Italy
Elisa Serafini
106 | Il guardiano dei dati
Agostino Desideri
108 | Imparare dai migliori
Raffaella Galamini
BRANDVOICE
con Msd
110 | Un investimento per la vita
GOOD STORIES
113 | Questione di equilibrio
Camillo de Angelis
116 | In nome dell’efficienza
Elisa Serafini
118 | Un gigante tra i monti
Maurizio Abbati
120 | Le case dell’eccellenza
Penelope Vaglini
122 | Sostenibilità al top
Ettore Mieli
124 | Cambio di marcia
Maurizio Abbati
126 | Dritti alla soluzione
Elisa Serafini
128 | Aziende da manuale
Matteo Chiamenti
130 | Le persone al centro
Agostino Desideri
131 | Un ponte per il domani
Andrea Celesti
132 | Beauty a tutto tondo
Lavinia Desi
134 | Incontro per il futuro
Danilo D’Aleo
136 | Manager del cambiamento
Maurizio Abbati
BRANDVOICE
con Teha Group e Philip Morris
138 | Italia 5.0
SMALL GIANTS
A cura di Piera Anna Franini
141 | Suoni milionari
BRANDVOICE
con InMode
146 | Tecnologia è bellezza
DESIGN
A cura di Valentina Lonati
149 | Dna circolare
152 | Il bello di restituire
154 | Come un’opera d’arte
Francesca Lai
FORBES LIFE
157 | Lusso a bordo
Susanna Tanzi
160 | Il benessere al centro
Penelope Vaglini
162 | La task force della sostenibilità
Penelope Vaglini
164 | Giocare d’anticipo
Marco Gemelli
165 | Plein secondo Plein
Attilio Nucetti
167 | Tempo da investire
Mara Cella
168 | La forza della solidarietà
Lavinia Desi
170 | Un vino memorabile
Cristina Mercuri
171 | Forbes design
Valentina Lonati
172 | Forbes tech
Gabriele Di Matteo
173 | Forbes cars
Serena Cappelletti
174 | Forbes trends
Marco Gemelli
LIVING
175 | Milano Alessia Bellan
176 | Roma Mara Cella
177 | New York Aka Sarabeth
178 | Pensieri e parole
Politica e soldi
READY FOR EVOLUTION
OTTOBRE, 2024 | VOLUME 84
Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017
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WRITERS
Massimiliano Carrà, Andrea Celesti, Matteo Chiamenti, Carola Desimio, Roberta Maddalena, Matteo Novarini, Edoardo Prallini, Matteo Sportelli
SPECIAL CONTRIBUTORS
Smart mobility: Giovanni Iozzia
Technology: Gabriele Di Matteo
Space economy: Emilio Cozzi
Responsibility: Enzo Argante
Contributors: Maurizio Abbati, Alessia Bellan, Matteo Borgogno, Serena Cappelletti, Tommaso Carboni, Mara Cella, Matteo Chiamenti, Danilo D’Aleo, Camillo de Angelis, Lavinia Desi, Agostino Desideri, Piera Anna Franini, Raffaella Galamini, Marco Gemelli, Francesca Lai, Valentina Lonati, Primo Marzoratti, Ugo Mattei, Cristina Mercuri, Ettore Mieli, Attilio Nucetti, Cosimo Maria Palleschi, Roberto Pianta, Aka Sarabeth, Elisa Serafini, Susanna Tanzi, Penelope Vaglini Grafica: Filippo Scaglia
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Top selection
PEOPLE IN FOCUS
Quattro personaggi sotto i riflettori, scelti dal direttore di Forbes Italia
ANDREA ORCEL
Continua senza sosta la scalata di UniCredit nei confronti della tedesca Commerzbank. L’istituto bancario guidato da Andrea Orcel ha presentato alla Bce un’istanza regolamentare per acquisire una partecipazione superiore al 10% e fino al 29,9%.
TA-DAAN
Roberta Ligossi, Sara Pianori, Costanza Tomba e Valeria Zanirato, quattro ragazze under 30, hanno fondato
Ta-Daan, una startup per permettere all’artigianato contemporaneo di farsi conoscere anche fuori dalla tradizionale bottega.
JASMINE PAOLINI
GIORGIO ARMANI
Non solo moda. Dopo Dubai e Città del Messico, ora anche Rio de Janeiro. Il gruppo Armani ha stretto un accordo con Patrimar, impresa di costruzioni e sviluppo immobiliare, per la progettazione di un complesso immobiliare di lusso a Rio de Janeiro, in Brasile.
È stato un anno d’oro per la tennista italiana (anche dal punto di vista economico perché ha guadagnato più di 4 milioni di dollari) che ha conquistato la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi nel doppio femminile con la compagna Sara Errani.
di Alessandro Mauro Rossi
Voglia di crescere in pace in un mondo in tempesta
Il calendario della politica internazionale ha segnato in evidenza la data di martedì 5 novembre 2024. È la giornata delle elezioni americane, il giorno della verità per il duello tra Kamala Harris, candidata per il Partito democratico subentrata in corsa allo zoppicante Joe Biden, e il focoso Donald Trump, che non ha ancora digerito la sconfitta di quattro anni fa. Per l’Italia e l’Europa, chiunque vinca, non cambierà molto, almeno per quanto riguarda le politiche economiche. I rapporti tra il Vecchio e il Nuovo Continente sono consolidati e non muteranno drasticamente. Più probabile l’influenza del nuovo inquilino della Casa bianca sui conflitti che in questo momento più riguardano il mondo occidentale: quello tra la Russia e l’Ucraina e quello israelo-palestinese che ormai vede coinvolto a tutto tondo anche il Libano, con il rischio di conseguenze ancora più disastrose di quanto già non lo siano, non solo per la regione e le sue popolazioni ma per il mondo intero. Forbes ha deciso di occuparsi proprio delle elezioni americane con uno speciale dove si valutano non solo i patrimoni dei due principali contendenti, ma anche le politiche economiche dei due partiti in lizza, le caratteristiche del corpo elettorale, e di conseguenza sociale, che li appoggia e i riflessi a più ampio raggio che possono essere determinati da ognuno dei due candidati.
ormai da mezzo secolo il Forum di Cernobbio a cui, quest’anno più di sempre, partecipano leader mondiali.
Al centro della presentazione di De Molli a Cernobbio c’erano proprio i temi della pace e la proposta di una road map che ha fatto il paio con le proposte della regina Rania di Giordania. Nell’intervista di copertina di questo numero 84 di Forbes, De Molli parla anche di uno dei grandi temi del nostro tempo: la crescita in rapporto alla competitività e alla produttività. Un combinato disposto essenziale per lo sviluppo, che però si innesta in un quadro italiano e mondiale complicato che passa dai rapporti del governo con i paesi del Nord Africa per il controllo dei flussi migratori e dell’approvvigionamento energetico, ma soprattutto dall’allargamento della sempre più pericolosa guerra israelo-palestinese, ora estesa anche al Libano, e dall’altra guerra, quella tra Ucraina e Russia, che non accenna a diminuire di intensità.
Classifiche
D’altra parte il mondo è in tempesta e la navicella Italia spesso viene sballottata da una parte e dall’altra in forza anche delle sue storiche difficoltà, ma sempre pronta a difendersi dai marosi grazie alle sue storiche risorse. Per analizzare il momento abbiamo chiesto aiuto a Valerio De Molli, amministratore delegato di Teha, uno dei think tank più autorevoli d’Europa, che fa riferimento alla Ambrosetti e organizza
Sul fronte economico, a parte i problemi interni, ci sono da considerare i rapporti Italia-Cina: dal mancato rinnovo dell’adesione alla Nuova Via della Seta, che aveva portato più vantaggi concreti al Dragone che a noi, il governo deve cercare di ricostruire un rapporto con Pechino più equilibrato a livello commerciale senza innervosire gli Usa, perché comunque non possiamo fare a meno del gigante asiatico.
E poi il ruolo dell’Italia nell’Unione europea: con la Francia e la Germania politicamente e socialmente molto divise e deboli, il nostro Paese potrebbe ritagliarsi un ruolo importante all’interno dell’Unione. Nelle prossime settimane potremmo giocarci la carta del commissario europeo italiano Raffaele Fitto. Se riuscirà a convincere i partner che l’Italia è un Paese che ha voglia di sostenere la politica europea e non mettersi di traverso, potrebbero aprirsi nuovi orizzonti. Forbes è il giornale dell’ottimismo. E noi vogliamo essere ottimisti. F
di Andrea Giacobino
Avvocato gentiluomo
Alla carriera da ufficiale Stefano Loconte ha anteposto sempre le sue passioni. Oggi è un professionista di riferimento nel mercato della pianificazione patrimoniale, di cui è stato precursore in Italia. “A 54 anni inizia la parte più bella del mio percorso”
Avvocato per caso, ma ora non immaginerebbe di fare un lavoro differente. È questa la storia, in parte singolare, di Stefano Loconte, professionista di riferimento nel mercato del wealth planning e della pianificazione patrimoniale. Dopo la maturità scientifica, infatti, aveva una sola fissazione: diventare un ufficiale dei Carabinieri. Per due anni consecutivi vinse il concorso per l’ammissione all’Accademia militare di Modena (170° e 171° corso), ma in entrambi in casi come ufficiale dell’Esercito e non dei Carabinieri. Tutte e due le volte rinunciò all’ammissione perché non era quello a cui ambiva. Rifiutò un percorso di prestigio per dare spazio alle proprie passioni, cosa che lo avrebbe caratterizzato per tutta la sua vita professionale.
Per due anni consecutivi
Loconte vinse il concorso per entrare all’Accademia militare di Modena, ma in entrambi i casi come ufficiale dell’Esercito e non, come sperava, dei Carabinieri. Tutte e due le volte rinunciò all’ammissione. Non era quello che sognava
A questo punto riprese gli studi universitari. Si era iscritto a giurisprudenza mentre si prodigava per la carriera militare solo perché era la facoltà con il minor numero di esami e in due anni ne aveva sostenuti solo tre. Nei 21 mesi successivi sostenne i 18 rimanenti e si laureò nei termini ordinari. A quel punto scelse di divenire notaio, ma al termine della pratica biennale il professionista che gestiva lo studio gli disse una cosa che lo gelò: “Stefano, tu devi fare l’avvocato perché il tuo approccio e la tua capacità di analisi sono quelli di un avvocato”. Lui accettò, un po’ timoroso, il consiglio (dopo aver chiarito che non era un modo per mandarlo via dallo studio) e iniziò la pratica legale. Divenne avvocato a 26 anni e subito aprì un suo studio a Bari, della cui provincia è originario.
La sua passione è far dialogare i vari rami del diritto nell’ot-
tica dei fenomeni economici, che non possono mai essere oggetto di una visione parziale, ma necessitano di un approccio olistico. Per pura casualità gli capitò di partecipare a un convegno sul trust e se ne appassionò. Ma anche in quel caso prevalse la voglia di fare qualcosa di cui in Italia non si parlava nemmeno. Il trust è infatti uno strumento, ma deve essere inquadrato all’interno di un sistema di altri strumenti che sono al servizio delle esigenze della persona fisica. Con riferimento non solo agli assetti patrimoniali, ma anche al contesto famigliare. È il mondo della pianificazione patrimoniale o, come si direbbe all’estero, del wealth planning. Un mondo praticamente sconosciuto in Italia e di cui Loconte è il precursore. L’Italia era ed è terra di grandissimi giuristi, ma nessuno di loro aveva mai pensato di adottare quell’approccio. Cominciò quindi a scrivere sulle testate giornalistiche tecniche, proponendosi: se quello che produceva fosse piaciuto, il discorso sarebbe andato avanti; diversamente era pronto ad accettare un rifiuto. In sostanza, non aveva nulla da perdere e sapeva che le opportunità doveva generarsele da solo. Infatti, proviene da un piccolo paese in provincia di Bari e non può certo definirsi un figlio d’arte: suo padre faceva il carabiniere e sua madre la casalinga. Lo studio a Bari cominciò così a crescere, arrivò una prima praticante, e nel tempo Loconte avrebbe messo assieme 15 collaboratori. Loconte era esigente e perfezionista, in primis con sé stesso. Cercava di trasmettere i suoi principi e valori a tutti coloro che collaborano con lui.
Poi il mercato si accorse di lui, arrivarono i primi contatti di clienti che lo cercavano dal resto d’Italia, e in particolar modo da Milano, e così decise di provare a frequentare la grande città. Nel 2010 aprì il suo studio milanese, cui seguirono quello di Roma e le piccole strutture estere a supporto del business nazionale. Nel 2014 inventò e sviluppò il primo master in pianificazione patrimoniale e wealth management, giunto alla decima edizione; l’anno dopo venne pubblicata la prima edizione del suo manuale Strumenti di pianificazione e protezione patrimoniale, arrivato alla quarta edizione (nel 2025 è prevista la quinta). Continua a scrivere su riviste divulgative e scientifiche, nazionali e internazionali. In tutto questo è anche riuscito a sviluppare un percorso universitario, divenendo professore di diritto tributario all’Università Lum, con incarichi anche in altri atenei e relative business school.
Lo studio continua a crescere con un modello di servizio focalizzato sui cosiddetti private client, grazie anche ai servizi offerti attraverso una società fiduciaria e una trustee company (fondata già nel 2010) a lui riferibili e integrate nelle
attività. In Aipb (Associazione italiana private banking) ha assunto il ruolo di viceresponsabile della Commissione tecnica wealth planning e, a coronamento di un percorso, nel novembre 2023 ha assunto il ruolo di presidente di Step Italy, la branch italiana di Step – The Society of Trust and Estate Practitioners, la più grande organizzazione al mondo che racchiude gli esperti di wealth planning e pianificazione patrimoniale.
I suoi clienti sono famiglie con patrimoni importanti, i cosiddetti hnwi (high net worth individual, coloro che hanno un patrimonio netto personale di oltre 1 milione di dollari), che si affidano a lui per la pianificazione, l’organizzazione e la gestione del loro patrimonio. Il tutto in un contesto di massima riservatezza. Loconte è soddisfatto: “Siamo solo all’inizio, a 54 anni inizia la parte più bella del mio percorso”. A condizione di riuscire ulteriormente ad aggregare intorno a lui persone che abbiano il suo stesso spirito e approccio, cosa sempre più difficile nell’attuale contesto di mercato. Ma, ovviamente, sempre facendo quello che gli piace di più e solo se continua a divertirsi nel suo lavoro. F
ECONOMIC SCENARIOS
di Ugo Mattei
La sfida delle apparenze
A poche settimane dal voto, la battaglia fra Trump e Harris è fatta più di costruzioni mediatiche che delle questioni di cui una potenza in crisi di egemonia dovrebbe occuparsi. E la raccolta del consenso dell’elettore medio è stata consegnata ai candidati vicepresidenti
Ci siamo abituati a trattare gli Stati Uniti con il rispetto dovuto alla più antica democrazia del mondo. Le prossime elezioni americane sono tuttavia la dimostrazione della perdita di prestigio di quello che, fino alla fine del secolo scorso, era il modello di riferimento planetario. Il Partito repubblicano punta per la terza volta su Donald Trump. Dopo la vittoria ‘minoritaria’ del 2016 contro Hillary Clinton - prima donna ad affrontare la finalissima alle presidenziali, che perse pur prendendo quasi tre milioni di voti in più - Trump ha perso nel 2020 contro Biden, raccogliendo comunque quasi 80 milioni di voti. L’amministrazione Biden è stata particolarmente scialba e corrotta, soprattutto in pandemia, e ha palesato notevole arroganza guerrafondaia. Trump, che molto abbaia e poco morde in politica estera, aveva evitato escalation in Siria, dove Hillary aveva già promesso macelli, guadagnandosi un certo rispetto internazionale, soprattutto da parte di Putin ed Erdogan, uomini forti a lui affini. Dopo l’attentato ‘dell’orecchio’, sulle cui interpretazioni molto potrebbe scriversi, i giochi sembravano fatti a favore dello sfidante, cosa che finalmente ha convinto il Partito democratico delle ragioni di coloro che da mesi chiedevano a ‘Sleepy Joe’ un passo indietro. Anticipare il dibattito presidenziale è stata la mossa decisiva nel progetto di cambiare cavallo per giocare una campagna elettorale meno scontata. Gli elettori democratici si sono così trovati offerta, nell’ambito di puri giochi di palazzo, una candidata donna, appena 60enne, che aveva dimostrato scarsissimo consenso nelle primarie del 2020, ma che, grazie a un imponente dispositivo mediatico, potrebbe anche fermare il quasi ottuagenario Trump.
Dire che sulla Russia i due candidati sono identici serve a spogliare Trump del solo punto di simpatia per l’elettorato più articolato e colto
A un mese dal voto, dunque, la battaglia è in gran parte determinata dalla costruzione mediatica intorno ai due candidati, e i temi discussi dipendono più dall’immagina-
rio che i due evocano piuttosto che dalle reali questioni che una potenza in crisi di egemonia dovrebbe affrontare. La raccolta del consenso dell’elettore medio, attraverso la solita strategia rassicurante, è stata consegnata ai candidati vicepresidenti. I due usano ricette simili, mostrandosi compassionevoli con i perdenti dei processi sociali, quella middle America bianca che fatica a far tornare i conti a fine mese. Occorre ingannarla perché la festa della Corporate America, che garantisce al 10% della popolazione che conta di arricchirsi a spese del 90%, possa continuare. La politica dei tassi alti, presentata come risposta all’inflazione, volta in realtà a fiaccare le rivendicazioni salariali deprimendo l’occupazione, sembra aver avuto successo ed è comunque garantita dalla Federal Reserve. Solo Trump ha polemizzato blandamente nei confronti di Jerome Powell, presidente della Fed. Invero, è interesse dei candidati glissare sull’economia politica della crisi di egemonia, ossia sul dominio antisociale delle multinazionali, da cui entrambi ricevono i miliardi che corrompono la democrazia americana (solo il vp di Trump ha simpatizzato con la politica antitrust Lina Khan). Vero, Musk è schierato sul fronte Trump e Soros su quello Harris, ma ciò non significa che la strategia di big tech e big finance abbandoni la postura bipartisan. Per ragioni simili, a entrambi conviene assai poco affrontare il massacro di Gaza, una situazione che può denominarsi o meno genocidio per ragioni ideologiche, ma che certo costituisce una delle peggiori efferatezze della storia umana. Anche qui non bisogna farsi ingannare dai distinguo pelosi. L’aggressivo fronte sionista, ormai costituito più da cristiani massimalisti che da ebrei, può contare su un’organizzazione capillare, potentissima e ricchissima. È bipartisan e non bada a spese pur di cancellare dalla scena politica chi sostiene i ragazzi, forse addirittura in
maggioranza ebrei, che provano a mobilitare i campus a favore della causa palestinese. Tanto Trump quanto Harris quasi certamente continueranno la criminale politica di armare la mano di Israele. Solo diversi tassi di ipocrisia spiegano narrazioni in parte diverse rispetto al comune stato di soggiogazione alle lobby.
Su Russia e Ucraina invece la sostanza sembra diversa. La polemica di Trump contro la Nato, volta a trasferirne l’intero costo sull’Europa, è chiave della politica isolazionista Make America Great Again. La politica è strutturale e va oltre il facile argomento elettorale contro la vicepresidente dell’amministrazione uscente. Occorre tuttavia sempre tenere presente che meno della metà degli elettori statunitensi ha un passaporto. La larga maggioranza non viaggia e ha idee vaghissime sul resto del mondo. Neppure il rischio del conflitto mondiale è così un tema chiave per vincere negli stati in bilico (salvo il Michigan, dove la comunità araba è significativa), la cui opinione pubblica non è certo quella che si respira nei campus universitari. Nondimeno, dire che sulla Russia i due candidati sono identici serve a spogliare Trump del solo punto di simpatia per l’elettorato più articolato e colto. Dunque bene hanno fatto i dem a spostare la partita sul piano ideologico, scegliendo una donna di colore. Certo, è patetico dipingere Kamala, figlia di una bramina professoressa universitaria e di un importante economista marxista giamaicano atterrato su una cattedra a Stanford (la più ricca università statunitense), come modesta ragazza della classe media. Tuttavia l’operazione sembra per ora funzionare e il gap a favore di Trump, che continua a puntare sulla questione migranti, da affrontarsi con pugno ancor più duro e crudele di quanto già abbiano fatto tutte le amministrazioni precedenti (compreso Obama), pare sia stato colmato. Anche la polemica contro
il woke e il politicamente corretto appare meno nuova rispetto al 2016, ma basta chiacchierare con bambinaie, giardinieri e meccanici, perfino a Berkeley, per capire che la principale arma trumpista potrebbe essere meno spuntata di quanto si voglia credere.
Trump gode dell’appoggio della Corte Suprema che è riuscito a strutturare con una maggioranza di sei a tre. Tuttavia proprio la corte, con la giurisprudenza bigotta in materia di aborto, potrebbe danneggiarlo, regalando a Harris un consenso femminile molto più motivato rispetto a quello di cui (non) ha goduto Hillary Clinton. D’altra parte la fedeltà dem agli interessi di big pharma, conclamatasi in era pandemica, ha prodotto lo spettacolo inimmaginabile del figlio omonimo di Bobby Kennedy schierato con i repubblicani, dopo che Harris ha rifiutato di negoziare il suo ritiro da candidato indipendente, con sondaggi superiori al 3%.
Un problema di Harris è che per Trump sarà facile dipingerla come crede, avendo Kamala sostenuto tutto e il contrario di tutto in California: dalla pena di morte quando era procuratrice generale alla concentrazione del capitale nella Silicon Valley da senatrice. Dalla nostra periferia non resta che augurarsi, con l’ottimismo della volontà, che, in caso di vittoria, Trump vada in continuità con la sua scorsa presidenza di pace, magari proprio per la sua fascinazione per gli uomini forti. Se vincesse Harris, invece, la speranza è che, sotto le pelle di una politica ambiziosissima che con grande razionalità è fin qui riuscita a sfuggire come un’anguilla a ogni presa di posizione rischiosa per la sua carriera, esista una donna che smetta di confondere le battaglie progressiste con l’arcobaleno e il politicamente corretto e che magari, cominciando dai migranti e da Gaza, provi a insegnare al mondo che si può restare umani. F
WHAT’S NEW
WHO’S NEXT
Donald Trump ha un patrimonio 475 volte superiore a quello di Kamala Harris, J.D. Vance è dieci volte più ricco di Tim Walz. Forbes ha calcolato i patrimoni dei candidati dei due principali partiti statunitensi e dei loro vice. E ha stilato l’elenco dei miliardari che li sostengono
Tutti i dollari del presidente
M Donald Trump
Molti si domandano se Donald Trump e Kamala Harris siano davvero così diversi, soprattutto in economia. Di certo esiste una differenza enorme tra i loro patrimoni: il candidato repubblicano, con una fortuna personale di 3,8 miliardi di dollari, è 475 volte più ricco dell’avversaria democratica, che si ferma a 8 milioni.
Secondo dati di Forbes aggiornati al 20 settembre, Trump è la 905esima persona più ricca del mondo. La maggior parte della sua fortuna è dovuta a Trump Media & Technology Group, l’azienda che ha lanciato il social Truth dopo la cacciata da Twitter dell’ex presidente. Trump possiede circa il 65% della società, che ha sede in Florida ed è quotata al Nasdaq. La capitalizzazione di mercato, al momento in cui questo giornale va in stampa, è di circa 3 miliardi di dollari ed è precipitata negli ultimi mesi: le azioni vengono scambiate a poco più di 14 dollari, contro un picco di oltre 79 raggiunto a marzo.
Dai tempi del padre di Donald Trump, Fred, il patrimonio della famiglia è sempre stato legato alle proprietà immobiliari, soprattutto a New York. Tra queste, l’asset di maggiore valore è una quota del 30% - valutata 248 milioni di dollari - di 1290 Avenue of the Americas, un grattacielo di Manhattan che si trova a pochi isolati dalla Trump Tower, quartier generale degli affari del miliardario. Nel complesso, il
· Patrimonio: 3,8 mld $ · Asset di maggiore valore: 65% di Trump Media · Altri asset: proprietà immobiliari, resort, campi da golf, accordi di licenza, un elicottero, due aerei
SPECIALEUSA2024 CONFRONTO TRUMP-HARRIS
patrimonio immobiliare di Trump è di circa 1 miliardo di dollari.
Valgono poco meno i resort e i campi da golf, l’altra voce consistente della sua fortuna. Quello di maggiore valore è Mar-a-Lago, che durante la presidenza Trump è stato una sorta di seconda Casa Bianca. La tenuta di Palm Beach, in Florida, vale oggi più di 300 milioni di dollari e ha quasi triplicato i guadagni rispetto al 2014, l’ultimo anno prima dell’ingresso in politica di Trump. Tra gli altri asset del candidato repubblicano ci sono accordi di licenza, un elicottero e due aerei.
Kamala Harris
· Patrimonio: 8 mln $ · Asset di maggiore valore: casa a Los Angeles · Altri asset: proventi di libri, pensione della California
Per Trump incassare lo stipendio da presidente degli Stati Uniti400mila dollari l’anno - non farebbe alcuna differenza. Non è così per Harris, il cui patrimonio - condiviso con il marito Doug Emhoff, ex avvocato specializzato nel mondo dello spettacolo e nella proprietà intellettuale - è associato in gran parte alla sua casa di Los Angeles, valutata 4,4 milioni di dollari. Dal 2020 sulla proprietà c’è un’ipoteca di 2 milioni. Il resto della fortuna di Harris, che è figlia di un professore di economia di Stanford e di un’oncologa, è legato a contanti, fondi indicizzati, obbligazioni e pensioni. La vicepresidente ha incassato anche mezzo milioni di dollari dai libri che ha pubblicato prima di entrare in carica. Presto comincerà a percepire 8.200 dollari al mese di pensione dallo stato della California, dove è stata procuratrice distrettuale di San Francisco dal 2004 al 2011 e procuratrice generale dal 2011 al 2017, prima dell’elezione a senatrice. Nel 2026 dovrebbe iniziare a incassare anche una pensione federale. Se anche Harris dovesse perdere le elezioni di novembre, il suo patrimonio non dovrebbe risentirne. Il suo predecessore alla vicepresidenza, Mike Pence, ha visto aumentare la sua fortuna dopo avere lasciato la carica, grazie a libri, consulenze e conferenze. F
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SPECIALEUSA2024
J.D. VANCE PATRIMONIO: 10 MILIONI $
Il candidato vice di Trump deve gran parte della sua fortuna al libro Elegia americana, che ha venduto oltre tre milioni di copie ed è diventato un film diretto da Ron Howard
Il candidato vicepresidente del Partito repubblicano, J.D. Vance, ha un patrimonio di 10 milioni di dollari. Lo deve in gran parte a Elegia americana, un libro del 2016 in cui ha raccontato la sua infanzia in una famiglia umile dell’Ohio e, secondo diversi critici, ha aiutato a comprendere perché Donald Trump abbia fatto presa sulla classe operaia bianca statunitense. Elegia americana ha venduto più di tre milioni di copie e nel 2020 è diventato un film diretto da Ron Howard.
Vance è nato nel 1984 ed è stato cresciuto soprattutto dai nonni materni, che negli anni ‘50 si erano tra-
sferiti dal Kentucky a Middletown, nell’Ohio, nell’ambito di una migrazione di massa verso i centri industriali. È stato nei Marine, dove ha servito in Iraq, e al ritorno negli Usa ha studiato legge alla Ohio State University e a Yale. Ha lavorato in studi legali a Cincinnati e poi a Washington, dove nel 2014, assieme alla moglie, ha comprato una casa per 590mila dollari, indebitandosi per 600mila. Oggi la proprietà vale 850mila dollari e il debito è di circa 480mila.
Vance si è poi trasferito per un periodo in California, dove ha lavorato in un’azienda di biotecnologie e in Mithril, società di venture capital fondata dal miliardario di PayPal Peter Thiel. Dopo il successo di Elegia americana è tornato nell’Ohio e nel 2017 ha speso 1,4 milioni di dollari per una casa di 4.700 metri quadrati con cin-
que camere da letto a East Walnut Hills, un quartiere di Cincinnati a netta maggioranza democratica. L’anno seguente ha creato una società di venture capital con cui ha investito, tra l’altro, in Rumble, uno YouTube di destra che è ora partner di Truth, il social di Trump.
Negli anni Vance è passato da repubblicano moderato e oppositore di Trump, che una volta chiamò “l’Hitler d’America”, a grande sostenitore dell’ex presidente. Nel 2022 è stato eletto al Senato, dove percepisce uno stipendio di 174mila dollari l’anno. Dopo il ritorno a Washington ha investito 1,6 milioni per comprare una casa da 2.500 metri quadrati nella vicina Alexandria, in Virginia (ora ne vale 1,8). Anche Alexandria, come East Walnut Hills, nel 2020 ha votato nettamente per Biden F
TIM WALZ PATRIMONIO: 1 MILIONE $
Il governatore del Minnesota, vice di Harris, è il politico meno ricco di queste elezioni. Tutta la sua fortuna è legata a pensioni maturate da lui e dalla moglie, ex insegnanti
Il governatore del Minnesota Tim Walz, scelto come vice da Kamala Harris, è il politico meno ricco di queste elezioni presidenziali, perlomeno fra i due maggiori partiti statunitensi. Il suo patrimonio è di 1 milione di dollari, poco più del doppio della cifra mediana (540mila dollari) per un americano della sua età (60 anni). Un’anomalia: la somma non comprende né azioni o obbligazioni, né una casa di proprietà, ma solo le pensioni maturate da lui e dalla moglie Gwen.
Walz, nato nel Nebraska nel 1964, si è arruolato nell’Army National Guard,
la riserva militare statunitense, quando aveva 17 anni. Da giovane ha fatto vari lavori, tra cui il costruttore di silos per il grano. Si è laureato allo Chadron State College nel 1989, poi ha insegnato per un breve periodo inglese e storia nel sud della Cina per conto di una ong. È tornato quindi negli Stati Uniti, dove ha insegnato prima nel Nebraska, poi, dopo il matrimonio, in un liceo di Mankato, nel Minnesota. Tra il 2003 e il 2004, come membro dell’Army National Guard, è stato in Italia per nove mesi nell’ambito dell’operazione Enduring Freedom, parte della guerra al terrorismo lanciata dagli Usa dopo l’11 settembre. Poco più tardi ha lasciato l’esercito, dopo avere maturato una pensione stimata da Forbes fra i 200mila e i 350mila dollari, che dovrebbe percepire da quest’anno.
Walz è stato eletto alla Camera dei rappresentanti nel 2006. In quel ruolo ha iniziato a guadagnare 165.200 dollari l’anno, che sono diventati 174mila al termine dei suoi sei mandati.
Dal 2019 è governatore del Minnesota. Il suo stipendio è sceso a 128mila dollari, ma può abitare nella residenza del governatore a Saint Paul. Ha venduto allora la casa in cui abitava a Mankato per poco più di 300mila dollari. La moglie ha lasciato il posto da insegnante e ha iniziato un lavoro part-time alla Augsburg University di Minneapolis per uno stipendio simile (circa 60mila dollari annui). Come governatore, Walz ha accesso a un piano pensionistico che oggi dovrebbe valere circa 100mila dollari. Se dovesse diventare vicepresidente, il suo stipendio aumenterebbe dell’84%: guadagnerebbe 235mila dollari l’anno F
TIFOSI MILIARDARI
Da una parte l’erede dalla dinastia Mellon, il cofondatore di Home Depot, la proprietaria dei Dallas Mavericks e i gemelli rivali storici di Zuckerberg. Dall’altra Bloomberg, Spielberg e i cofondatori di LinkedIn e Facebook. Ecco chi sono i finanziatori miliardari delle campagne di Trump e Harris
LLa sfida delle donazioni tra democratici e repubblicani è stata equilibrata per un anno e mezzo. Tra gennaio 2023 e giugno 2024 la campagna di Joe Biden ha raccolto 284 milioni di dollari, contro i 217 di quella di Donald Trump. Da quando il presidente in carica si è fatto da parte e la sua vice, Kamala Harris, è diventata la candidata democratica, non c’è più stata partita. La campagna di Harris ha raccolto 84 milioni nelle prime 24 ore dalla svolta e ha chiuso luglio con 204,5 milioni, contro i 47,5 dell’avversario. Ha dichiarato poi di avere raccolto altri 361 milioni ad agosto, mentre Trump si è fermato a 130. Il totale al 31 agosto era di 678,2 milioni contro 309,2. Il dibattito del 10 settembre ha aiutato ancora la vicepresidente, con altri 47 milioni in 24 ore.
Entrambi i candidati sono sostenuti da alcune delle persone più ricche
Nelle prime 24 ore dopo il dibattito del 10 settembre la campagna di Kamala Harris ha raccolto 47 milioni di dollari
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I miliardari che hanno donato almeno 1 milione di dollari a una campagna
76,5 mln $
La donazione di Timothy Mellon alla campagna di Donald Trump
104,7 mld $
Il patrimonio di Michael Bloomberg, il più ricco donatore miliardario
84 mln $
La raccolta di Harris nelle prime 24 ore dall’annuncio della candidatura
Linda McMahon, una delle principali finanziatrici della campagna di Trump.
d’America. A fine agosto Harris aveva ricevuto donazioni per almeno 1 milione di dollari da 28 miliardari, per 116 milioni complessivi; Trump da 27, per un totale di 162 milioni.
Il più generoso fra tutti è stato Timothy Mellon, membro di una famiglia diventata ricchissima del XIX secolo che oggi ha un patrimonio complessivo di 14,1 miliardi di dollari. Mellon, che ha una fortuna personale di circa 1 miliardo, ha donato 76,5 milioni alla campagna di Trump. Tra i sostenitori repubblicani ci sono anche Linda McMahon, moglie del miliardario del wrestling Vince McMahon, Miriam Adelson, vedova del magnate dei casinò Sheldon Adelson e proprietaria dei Dallas Mavericks della Nba, Bernard Marcus, cofondatore di Home Depot, e i gemelli Cameron e Tyler Winklevoss, fondatori della piattaforma di criptovalute Gemini, conosciuti soprattutto per avere accusato Mark Zuckerberg di avere rubato
SPECIALEUSA2024 CONFRONTO TRUMP-HARRIS
loro l’idea di Facebook.
La lista non comprende la persona più ricca del mondo, Elon Musk, che ha dichiarato il suo sostegno a Trump, ma, al momento in cui questo giornale va in stampa, non risulta avere fatto donazioni negli ultimi quattro anni.
Il più ricco tra i miliardari che si sono schierati è quindi nel campo democratico. Michael Bloomberg, fondatore della multinazionale dei media ed ex sindaco di New York, che nel 2020 corse contro Harris e Biden per la nomination democratica, ha un patrimonio di 104,7 miliardi di dollari (dato aggiornato al 20 settembre) e ha donato ai democratici 23,7 milioni. Reid Hoffman, cofondatore di LinkedIn, ha contribuito con 20,8 milioni. Tra i sostenitori di Harris ci sono anche Dustin Moskovitz, cofondatore di Facebook, l’ex amministratore delegato di Google Eric Schmidt, il regista Steven Spielberg e l’ex chief operating officer di Meta Sheryl Sandberg. F
di Tommaso Carboni
The Investigation
GLI USA IN BILICO
Donald Trump e Kamala Harris hanno lo stesso obiettivo di fondo: l’egemonia sulla Cina. Per ottenerla, però, propongono ricette diverse. In comune hanno la vaghezza sui temi economici. La certezza è che il vincitore, chiunque sia, aumenterà il deficit statunitense, già molto alto. A poche settimane dalle elezioni presidenziali, ecco i programmi dei due candidati
DDonald Trump e Kamala Harris, il diavolo e l’acqua santa. Radicalmente diversi, dichiarano di avere in testa due versioni altrettanto diverse del loro paese. Quella di Trump la conosciamo. Il suo movimento Maga (Make America Great Again) è l’espressione ideologica di un populismo conservatore che ha fatto proseliti anche in Europa. Quando Harris accusa Trump di essere poco rispettato, lui risponde: “Non è vero, Viktor Orban, un leader forte, un uomo forte, mi ammira moltissimo”. Verrebbe da pensare che per gran
parte degli americani Orban sia un nome come un altro: non hanno la minima idea di chi sia e avrebbero difficoltà a trovare l’Ungheria sulla mappa. Invece, per la base degli elettori di Trump, quel nome è familiare: Tucker Carlson, star del giornalismo di destra, è volato a Budapest per incontrarlo di persona. E lo ha raccontato grosso modo così: un leader conservatore modello, contro l’immigrazione di massa, la globalizzazione, in difesa dei valori cristiani della tradizione. Nel suo reportage, Carlson ha presentato l’Ungheria come un paese che ha scelto una via diversa da quella dell’Occidente liberale, secondo lui moralmente in declino. Il grande nemico: la burocrazia di Bruxelles, simbolo del globalismo, contro cui Orban è in lotta perenne. Questa è la teoria.
Chi guarda da vicino sa che la pratica è molto più sfumata. Innanzitutto, l’Ungheria ha beneficiato moltissimo della globalizzazione e del mercato unico di Maastricht. È cresciuta sfruttando il suo vantaggio comparato, ovvero costi di produzione più bassi. Ed essendo meno ricca, ha anche goduto di lauti trasferimenti di denaro dagli altri paesi dell’Unione europea. Altro che sovranismo. Ma le cose non sono così nette nemmeno dall’altra parte dell’Oceano. Harris si fa erede della politica economica di Joe Biden. Più inclusiva e aperta di quella di Trump, certo, eppure fondamentalmente radicata (ormai) in un approccio ‘America First’, in campo economico e industriale. È da un pezzo che gli Stati Uniti credono meno nell’apertura dei
mercati, quel mondo di regole globali che loro stessi hanno contribuito a edificare. Per Trump, ma anche per il team di Biden, globalizzazione e rapporto con la Cina andavano largamente riformati. La cura: intervento dello Stato nell’economia, sussidi, tariffe, protezionismo. Biden ha mantenuto i dazi di Trump contro l’export cinese e lo scorso maggio li ha resi più impervi. Tasse più alte per batterie, celle solari, acciaio, alluminio, attrezzature mediche. L’aumento più vistoso ha colpito le auto elettriche. Una tassa proibitiva del 100%. Cosa ha riservato invece agli alleati? Da una parte, Biden ha sospeso i dazi imposti da Trump su acciaio e alluminio europei; dall’altra, ha firmato due grandi leggi all’insegna del nazionalismo industriale. Una specie di ‘America first’, anche se con
un tocco verde e più di diplomazia. Gli obiettivi sono due: vincere la competizione tecnologica con la Cina e stabilizzare il sistema politico americano. L’idea del partito democratico è che un’industria più forte rinvigorisce la classe media, disinnescando il virus populista. Il problema è che così l’Europa si è trovata in mezzo a politiche industriali aggressive: non solo quella cinese, la più pericolosa, ma anche quella americana. I sussidi e gli sgravi fiscali dell’alleato Biden sono destinati solo alla manifattura prodotta negli Stati Uniti. L’industria europea rischia di finire svantaggiata, a meno che non trovi accesso ad aiuti dello stesso livello. La risposta è stata in larga parte allentare i vincoli sugli aiuti di stato, però con un effetto discorsivo sul mercato unico europeo.
L’altra strada, suggerita anche da Mario Draghi, è fare debito comune. In ogni caso, sarà difficile emulare la potenza di fuoco degli Usa. Gli economisti più liberali non si strapperanno i capelli: per loro gli aiuti di stato sono spesso sinonimo di spreco e corruzione. Quanto alle politiche di Biden, l’Inflation Reduction Act, lanciato come stimolo alle tecnologie verdi, vale 1.200 miliardi di dollari di sovvenzioni entro il 2032. Altre decine di miliardi sono finiti nel Chips and Science Act, una legge per incoraggiare la produzione di microchip avanzati in America. Ed è proprio questo il punto, sia per un’ipotetica amministrazione Harris (che seguirà la linea di Biden) che per un ritorno alla Casa Bianca di Trump: riportare a casa la ma-
nifattura, raggiungere la sicurezza delle catene di approvvigionamento, mantenere la supremazia nei settori considerati strategici. Trump lo fa in modo sfacciato e abrasivo. Biden ha lavorato per rinsaldare le alleanze, sia in Europa che in Asia. Ma l’obiettivo comune dei due resta soffocare la concorrenza cinese. E questo può portare a divergenze di interessi e priorità anche con gli alleati più stretti. Un esempio è la produzione di microchip (o semiconduttori), che fa perno su Taiwan, coinvolgendo però una vasta rete di aziende e fornitori in Corea del Sud, Giappone, Stati Uniti, Olanda. L’idea di dividere il mondo in due blocchi tecnologici contrapposti - Cina da una parte, Stati Uniti dall’altra - è giudicata im-
possibile: avrebbe costi enormi per tutti, e la Cina è ancora un mercato troppo importante per gli alleati dell’America, tra cui Giappone, Taiwan e Corea del Sud.
Tutto questo per dire cosa? Che tutto sommato cambierebbe poco tra una vittoria di Trump e una di Harris? Abbiamo visto che l’obiettivo di fondo di repubblicani e democratici è lo stesso: l’egemonia sulla Cina. L’amministrazione Biden però crede nelle alleanze per affrontare sfide comuni (la Cina, la Russia, il cambiamento climatico) e Harris seguirebbe lo stesso approccio. Per il suo avversario invece è un gioco a somma zero. Da uomo d’affari, Trump ha una visione utilitaristica delle alleanze. Ai paesi
Nato dice: “Pagate, altrimenti non vi difendo”. All’Unione Europea: “Comprate i nostri prodotti, altrimenti aumenterò i dazi ai vostri”. La politica come arte di chiudere accordi. Lo stile, a volte, somiglia a quello di un capo mafioso. Ma la sostanza? Ricordiamoci che anche Obama chiedeva agli europei di rafforzare gli eserciti. E davvero Trump sarebbe la rovina dell’Ucraina? Non è detto. Un conto è la campagna elettorale, un altro la responsabilità di governo. Anche a Trump, se vince, non converrà servire una mano troppo favorevole a Putin: sarebbe controproducente, perché dietro la Russia c’è la Cina, oggi il grande nemico. Però lo stile è anche sostanza.
Obama chiedeva senza minacciare. Trump sui dazi si spinge molto più in là. Ha parlato più volte di imporre una tariffa universale del 10% su tutte le importazioni, oltre ad applicare una tariffa del 60% sui prodotti provenienti dalla Cina. Danneggerebbe l’export europeo, quindi sarebbe un colpo sgradevole alla nostra economia. Harris è contraria: “I dazi più alti faranno aumentare i prezzi in America e colpiranno il potere d’acquisto dei nostri cittadini”. Tanto basta per farcela preferire a Trump. Per il resto, i due rivali hanno in comune di essere piuttosto vaghi sull’economia. Trump ha una ricetta tipicamente di destra, anche se adattata al nuovo corso populista e protezionista: far crescere il Pil con
deregulation e tagli delle tasse, mentre i dazi dovrebbero stimolare la manifattura interna e raccogliere denaro per coprire il deficit. Ma potrebbe anche succedere il contrario. Secondo Adam Posen, presidente del Peterson Institute for International Economics, un think tank di Washington, una tariffa universale del 10% danneggerebbe migliaia di aziende statunitensi che per il loro business dipendono dalle importazioni. Ed è probabile, avverte Posen, che l’Unione europea aumenti a sua volta i dazi come rappresaglia, “paralizzando altre migliaia di aziende statunitensi che dipendono dalle esportazioni estere”.
L’unica certezza, dicono gli economisti, è un aumento del deficit americano, già
molto alto. Ma anche in questo caso Harris sembra preferibile a Trump. Secondo diverse analisi, il tycoon avrebbe un effetto più destabilizzante sul deficit. Una stima pubblicata il 26 agosto dal Penn Wharton Budget Model (Pwbm), un gruppo di ricerca apartitico, lascia pochi dubbi sul fatto che Harris sia più responsabile dal punto di vista fiscale. I calcoli del Pwbm stimano che l’agenda di Trump aumenterebbe il deficit federale di 5.800 miliardi di dollari nel prossimo decennio, quasi cinque volte di più rispetto al piano di Harris, che nello stesso periodo aggiungerebbe 1.200 miliardi. Una differenza di cinque volte a sfavore di Trump, tuttavia, è pro-
The Investigation
babilmente esagerata, fa notare un articolo dell’Economist. Andrebbe considerato, infatti, che le politiche di Trump (deregulation e tagli di tasse) potrebbero essere migliori per la crescita economica, almeno stando al modello del Pwbm. Tenuto conto di questo, Trump aggiungerebbe al deficit ‘solo’ 4mila miliardi di dollari, rispetto ai 2mila di Harris; in ogni caso entrambi appesantirebbero il bilancio, ma Harris meno di Trump. Le proposte di quest’ultimo farebbero salire il deficit all’8% del Pil all’anno, rispetto al 6% attuale, mentre quelle di Harris lo porterebbero verso il 7%.
Di fatto, Harris sembra voler conservare alcuni dei tagli di tasse di Trump – il suo staff ha solo accennato a una crescita dell’imposizione per chi guadagna più di 400mila dollari l’anno, confermando però un aumento delle tasse sulle società dal 21 al 28%. Trump, invece, ha oscillato tra l’abbassare quell’imposta al 15 o al 20%, il che avrebbe impatti diversi sul deficit. Dal lato spese, Harris vorrebbe concedere finanziamenti alle piccole aziende e incrementare i crediti d’imposta per i figli e per l’acquisto di case. La sua idea, in sostanza, è questa: più tasse per i più ricchi, aumentando al contempo la spesa federale per i meno abbienti. Il focus di Trump, invece, è sulla riduzione delle tasse e l’introduzione di nuovi dazi. Quest’ultimo aspetto, anche per Goldman Sachs, è quello più problematico. Tariffe più alte rischiano di causare inflazione, spiega la banca, rendendo i beni impor-
Trump vorrebbe deportare milioni di immigrati illegali. Queste persone, però, vivono e lavorano negli Stati Uniti. Espellerle, oltre a essere costoso, sarebbe un danno per il tessuto economico
tati più costosi. Invece di stimolare la manifattura interna, i dazi potrebbero danneggiare le aziende americane che dipendono dalle importazioni. Secondo Goldman Sachs, questo rischia di frenare la crescita economica. L’altro ostacolo, ancora secondo la banca, è l’ostilità di Trump verso l’immigrazione. Il miliardario vorrebbe deportare milioni di immigrati illegali; la realtà è che queste persone vivono e lavorano negli Stati Uniti, ed espellerle, oltre a essere costoso, sarebbe un danno per il tessuto economico. Probabile risultato: più inflazione e meno crescita. Resta comunque un grado notevole di incertezza, perché le agende economiche dei due candidati sono scarne di dettagli, soprattutto quella di Harris. Il punto
centrale è che da entrambe le parti c’è poco riguardo per il problema del debito. Negli ultimi cinque anni, con Trump e Biden, il deficit federale è stato in media del 9% del Pil, e le agenzie di rating, come Fitch e S&P, hanno declassato il debito americano. Tuttavia raddrizzare il debito non sembra una priorità né per l’opinione pubblica, né per i politici. In campagna elettorale se ne parla poco. L’enfasi è su altro: difendere la sanità, le pensioni, gli abitanti di un paese che invecchia. Ci sono di mezzo anche la sfida geopolitica con la Cina e la lotta al cambiamento climatico. Una congiuntura sfavorevole al rientro del deficit. Quando diventa insostenibile? Gli Usa sembrano avere un margine ancora ampio. Il Giappone, con un debito pari al 155% del Pil, non ha problemi a emettere nuove obbligazioni. E il dollaro dà un vantaggio unico: è la valuta globale per eccellenza, cosa che assicura un appetito forse inestinguibile per il debito americano. Ciò che conta è la forza sottostante dell’economia, e gli Stati Uniti hanno ancora le aziende più innovative e produttive del mondo. Ma per l’Europa, nel duello Trump-Harris, l’aspetto forse più importante è politico. Un successo di Trump darebbe energia a quei politici, spesso a destra, che indeboliscono l’Ue. Primo fra tutti Orban, ma in Italia anche Salvini. A Giorgia Meloni, sotto sotto, conviene sperare in una vittoria di Harris. F
di Cosimo Maria Palleschi
Geopolitica
AMERICHE DIVERSE
Tasse, protezionismo, sostegno a Ucraina e Israele, Nato, rapporto con l’Europa: da molti anni le presidenziali statunitensi non mettevano di fronte candidati con visioni opposte in economia e in politica estera come Kamala Harris e Donald Trump
“Economia delle opportunità. Tutti abbiano l’opportunità di costruire benessere per loro stessi e per i loro bambini”. Così la candidata democratica Kamala Harris ha sintetizzato la visione economica dell’America che vorrebbe guidare. Un’idea completamente diversa da quella del suo avversario repubblicano, Donald Trump. Da tempo negli Stati Uniti non si vedevano visioni di politica economica ed estera divergenti come in questa tornata elettorale. L’attuale vicepresidente ha incentrato la campagna elettorale su misure come la riduzione dei costi dei prodotti alimentari e dei beni di prima necessità, la creazione di un fondo da circa 40 miliardi di dollari per costruire tre milioni di nuove case in quattro anni, un contributo di 25mila dollari alle fami-
glie per acquistare la prima casa e il ripristino del Child Tax Credit, un credito d’imposta fino a 6mila dollari annui per le famiglie con figli. Per finanziare queste spese Harris vuole aumentare la tassazione sui redditi superiori ai 400mila dollari e quella per le aziende dal 21 al 28%. Ritiene fondamentale investire nella classe media, perché “quando la classe media è forte, l’America è forte”. Trump è all’opposto. Oltre allo smantellamento delle politiche green di Biden, intende estrarre più petrolio e gas, abbassare al 15% le tasse sui ricchi e sulle aziende che producono in America e, soprattutto, imporre dazi pesantissimi sulle importazioni, dal 10% al 60% (su
alcune merci cinesi). Le nuove tasse andrebbero a colpire non solo 18 miliardi di merci, come avvenuto finora, ma fino a 3.400 miliardi di dollari di import. Misure fortemente criticate dalla sua avversaria, secondo la quale porteranno solo a un aumento dei prezzi per i consumatori americani.
Gli economisti Clausing e Lovely stimano che i dazi voluti da Trump costerebbero alle famiglie americane 1.700 dollari in più l’anno. Secondo Moody’s, inoltre, le politiche protezioniste potrebbero far passare l’inflazione dal 3% al 3,6% e la disoccupazione dal 4,1% al 5% nel 2025. Il think thank Tax Foudation stima che dazi al 10% ridurrebbero la produzione industriale statunitense dello 0,7% e porterebbero a perdere oltre 500mila posti di lavoro. Un effetto opposto a quello voluto dal candidato repubblicano. Anche l’abolizione della tassa sulla previdenza sociale, proposta da Trump, è ritenuta insostenibile dal Comitato per un Bilancio Responsabile, che stima in 1.600 miliardi in dieci anni il costo aggiuntivo per le casse federali.
Dall’altro lato, l’idea di Harris di tagliare le agevolazioni ai proprietari immobiliari che aumentano gli affitti di oltre il 5% annuo secondo alcuni esperti potrebbe rivelarsi controproducente e spingere a edificare meno per tenere alto il valore e il prezzo degli affitti. Trump, poi, che in passato ha criticato a più riprese il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, definendolo “un nemico più grande per gli Usa rispetto a Xi Jinping”, vorrebbe imporre un maggior controllo governativo sulle scelte di politica monetaria. Il candidato repubblicano ha rimarcato al Wall Street Journal di aver avuto “molto successo e di avere un istinto migliore rispetto alla persone che lavorano alla Fed e al suo presidente”, giustificando così il suo desiderio di controllo sull’istituzione.
In politica estera le divergenze sono ancora più marcate. Harris si muoverà in continuità con il suo predecessore: rafforzamento della Nato e delle relazioni con l’Ue, partnership con paesi Asean (Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico) e India e rivalità strategica con la Cina. La competizione con Pechino sarà la partita geopolitica fondamenta-
le per la candidata democratica, secondo la quale “l’America, non la Cina, vincerà la competizione per il XXI secolo”. Non saranno secondari, però, gli scenari di conflitto in Ucraina e Israele. Non è in dubbio il sostegno incondizionato alla causa ucraina portato avanti da Biden. Tema scottante e divisivo per l’elettorato dem è invece il conflitto israelo-palestinese. Un sondaggio mostra come solo il 23% dei democratici approvi appieno l’azione militare israeliana (contro il 76% dei repubblicani). Questione spinosa per Harris: se da una parte le viene contestato di non appoggiare totalmente Israele, dall’altra, soprattutto tra gli elettori più giovani, la vicinanza a Tel Aviv è ritenuta eccessiva e criminale. Trump, invece, è da sempre scettico nei confronti della Nato, arrivando ad affermare che Putin “potrà fare quello che vuole con gli stati europei”. Per lui è urgente mettere fine in qualche modo, mai ben specificato, alla guerra in Ucraina, perché gli Stati Uniti non possono continuare in eterno ad armarla e finanziarla. Trump si dedicherà totalmente al contrasto alla Cina, con l’Europa in secondo piano. Un disimpegno
americano non sarebbe una buona notizia per gli europei, che dovrebbero creare rapidamente una difesa comune finora inesistente. In Medio Oriente Trump, il primo a spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, appoggia incondizionatamente ogni azione militare di Netanyahu.
L’impatto di queste scelte di politica economica ed estera non avrà un riflesso solo negli Stati Uniti. L’elezione di Harris sicuramente avrebbe un impatto meno sconvolgente, anche se c’è da considerare che un appoggio prolungato all’Ucraina potrebbe mettere alle corde la Russia e costringerla all’utilizzo di armi atomiche tattiche, con impatti gravissimi anche in Europa. Trump, invece, con le sue idee dirompenti potrebbe influire in maniera più netta anche sul resto del mondo. In primis, i dazi che propone danneggerebbero fortemente paesi esportatori come Cina, Germania e la stessa Italia. In secondo luogo, la sua idea di ‘America first’ indebolirebbe la Nato e l’Ue, che potrebbe trovarsi in difficoltà a sostenere da sola l’Ucraina o addirittura a fronteggiare la Russia. F
SOCIAL RESPONSIBILITY SHORT NEWS
di Enzo Argante
VERO O FALSO
Una piattaforma innovativa, guidata da tecnologie avanzate di intelligenza artificiale, progettata per distinguere tra le opere creative prodotte da esseri umani e quelle generate da sistemi di IA. L’obiettivo è garantire trasparenza e autenticità. Usando modelli di IA all’avanguardia, analisi linguistiche e identificazione degli stili artistici, identifAI offre una soluzione per determinare l’origine di contenuti come testi, musica e immagini. La piattaforma fa da guida per differenziare e apprez-
zare i contributi unici sia dei creatori umani che di quelli artificiali, in un panorama in continua evoluzione. “IdentifAI usa algoritmi sofisticati e tecniche avanzate di machine learning per l’analisi delle immagini, permettendo di identificare segnali di creazione basata su IA”, spiega il fondatore Marco Ramilli (nella foto). “Il servizio confronta l’immagine fornita con schemi, artefatti e attributi di vari modelli di IA e immagini generate da umani, facilitando il riconoscimento della fonte”.
L’ALBERO CHE NON C’È
LA PLASTICA DIVENTA RISORSA
In un anno, 410mila tonnellate di carbonio organico riversate nei suoli agricoli, 5,6 milioni di tonnellate di CO2 evitate, 409 milioni di metri cubi di biogas prodotti, 9,4 milioni di euro distribuiti ai gestori della raccolta differenziata e quasi 500mila euro investiti in ricerca e sviluppo. È la fotografia della School of Management Bocconi sugli impatti del sistema Biorepack. “Nei primi tre
Il Monte Bianco ha 142 nuovi alberi in più. Alberi invisibili all’occhio umano, ma capaci di migliorare la qualità dell’aria e dell’ambiente: sono quelli del Bosco Invisibile di Skyway Monte Bianco, risultato del lavoro di manutenzione e pulizia realizzato da Acrobatica, azienda di ristrutturazioni di esterni con a capo la ceo Anna Marras, che ha usato i prodotti di REair, la società di Raffaella Moro, ceo e founder, che si occupa di eco-tecnologie per la depurazione dell’aria esterna e interna agli edifici. Jacopo Rossi, direttore commerciale Nord Italia di Acrobatica, ha detto: “Siamo partiti dal tetto d’Europa e ora siamo pronti a far crescere boschi virtuali in tutta Italia”. Nicola Parenti, co-founder di REair, ha aggiunto: “La nostra tecnologia si può applicare non solo ai grandi centri urbani, ma anche a strutture ricettive in ambienti di incomparabile bellezza, che possono fare da esempio per un uso attento e rispettoso del nostro straordinario patrimonio naturale”.
anni di attività, il consorzio ha consentito alla filiera delle bioplastiche di gestire al meglio il riciclo organico degli imballaggi, contribuendo ai risultati di riciclo in Italia e promuovendo il corretto conferimento dei manufatti da parte dei cittadini nella raccolta differenziata dell’umido domestico e la loro corretta etichettatura e riconoscibilità”, ha detto Marco Versari (nella foto), presidente di Biorepack. “Così abbiamo valorizzato la raccolta della frazione umida dei rifiuti, che, attraverso il compostaggio, diventa una risorsa per mantenere la salute del suolo”.
APOGEO SPACE fa rotta verso l’India
L’azienda bresciana Apogeo Space è stata selezionata dall’Agenzia spaziale europea (Esa) tra le vincitrici del concorso European-Indian Space Startup Competition. L’iniziativa mirava alla selezione delle startup spaziali europee più promettenti con un potenziale profilo di business per il mercato indiano, o progetti collaborativi con partner indiani. Occorreva proporsi come potenziale new entry nel mercato spaziale del paese, delineando vantaggi e prospettive del proprio business. Apogeo Space sta costruendo la prima costellazione italiana di picosatelliti (con una massa inferiore al chilogrammo) per l’internet of things, cioè per connettere macchine e dispositivi. Insieme con altre tre aziende - la svizzera Riverkin, la francese Spacedreams e Zaitra, della Repubblica Ceca - riceverà una somma come sponsorizzazione per presenziare al Bengaluru Space Expo a settembre.
INVOLVE SPACE CHIUDE UN ROUND DA 2,5 MILIONI
Non solo satelliti: per osservare la Terra è anche possibile sollevare sonde fino a 30 chilometri di quota con palloni stratosferici per ottenere immagini e rilevazioni talvolta anche più dettagliate, o per costruire una rete di connessione. Involve Space, azienda specializzata in questo tipo di servizio e con uno score di 30 missioni di successo, ha chiuso
un round di investimento seed da 2,5 milioni di euro, integrato con 500mila euro in prestiti convertibili. L’investimento è guidato da Earlybird Venture Capital, supportato da Takeoff, l’acceleratore dedicato all’aerospazio e alle tecnologie avanzate del Cdp Venture Capital National Network, ed è co-investito da Unicredit, Fondazione Crt, Plug and Play e Tli Space. Involve Space ha anche annunciato l’ingresso in cda di Alastair Westgarth, l’ex amministratore delegato di Google Loon, e dell’astronauta Paolo Nespoli nell’advisory board.
Cdp scommette su Fast Aerospace
L’idea di spedire satelliti in orbita con un velivolo invece che con un decollo verticale ha ormai qualche decennio, ma non è ancora esplosa come soluzione commerciale (vedi il fallimento di Virgin Orbit). Ci sta provando la startup italiana Fast Aerospace con un nuovo modello di veicolo ipersonico senza pilota, Hyperdart, che trasporta un razzo destinato ad accendersi in quota e raggiungere lo spazio. Cassa Depositi e Prestiti Venture Capital ci ha messo una fiche da 500mila euro, per un investimento proof of concept. Fast Aerospace è stata fondata da giovani ingegneri del Politecnico di Milano e il progetto Hyperdart mira a far decollare, entro il 2026, il primo aviolanciatore ipersonico: secondo l’azienda, potrà prendere il volo dalla pista di un qualsiasi aeroporto e consegnare all’orbita carichi fino a 250 chilogrammi.
CRESCERE PER FAR CRESCERE LA PRODUTTIVITÀ
Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House - Ambrosetti e Teha Group, con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a Cernobbio.
CAUMENTARE LE DIMENSIONI DELLE AZIENDE ITALIANE PER RENDERLE PIÙ COMPETITIVE. A LANCIARE L’APPELLO
È VALERIO DE MOLLI , CEO DI THE EUROPEAN HOUSEAMBROSETTI . CHE QUEST’ANNO HA FESTEGGIATO
IL 50ESIMO ANNIVERSARIO DEL FORUM DI CERNOBBIO CON UN’EDIZIONE TRA LE PIÙ IMPORTANTI DI SEMPRE
Cinquant’anni e non dimostrarli per la capacità di attrazione, il dinamismo, il rinnovato interesse. Cinquant’anni e dimostrarli per l’esperienza e l’affidabilità acquisita in mezzo secolo di incontri, workshop, interviste, dibattiti, sempre a Villa d’Este a Cernobbio, organizzati da Teha Group in quello che è diventato il punto di riferimento e di confronto dell’economia e della politica italiana ma non solo, viste le presenze internazionali che ogni anno lo arricchiscono. Forbes ha intervistato il managing partner e ceo di The European House – Ambrosetti e Teha Group, Valerio De Molli, per fare un bilancio, ma anche per cercare di capire dove va l’economia italiana ed europea.
The European House – Ambrosetti rimane la holding company, e a luglio è stato costituito un nuovo veicolo societario, Teha Group, per accelerare l’espansione anche attraverso operazioni di finanza straordinaria.
Allora, soddisfatto di questi vostri primi 50 anni a Cernobbio?
Soddisfattissimo, ho vissuto in prima persona il 70% della storia del Forum, 35 edizioni, e con responsabilità crescenti da quando sono diventato ad, nel 2000, e ancora più da quando insieme ad altri partner abbiamo liquidato il fondatore nel 2008. I risultati e le presenze di qualità del 2024
Il Forum in numeri
50a edizione
300 tra relatori e partecipanti
27 paesi rappresentati
23 sessioni di lavoro
20+ appuntamenti stampa
22 lavori di ricerca presentati
1 consulente generato dall’IA
7 parlamentari Usa
2 commissari europei
9 ministri italiani
5 capi di stato e di governo
12 governi rappresentati
testimoniano un’edizione di successo, forse la più importante di sempre. Per citare alcuni numeri, nei tre giorni di Forum abbiamo ospitato cinque capi di stato e di governo, 12 governi, nove ministri italiani, sette tra senatori e membri della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha introdotto i lavori del Forum, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è resa disponibile per un confronto e un dibattito di grande sostanza ed estremamente incisivo, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha partecipato di persona con un’ampia delegazione di ministri e ceo per conoscere la nostra business community italiana. In tre giorni abbiamo mobilitato oltre 2.800 persone in loco, tra partecipanti, delegazioni, giornalisti, fornitori, autisti e sicurezza. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’impegno, la passione, la dedizione e la qualità del gruppo di lavoro. Quest’anno eravamo 120 in loco a Villa d’Este.
Quali iniziative avete intrapreso per celebrare questo anniversario?
Abbiamo progettato una serie di iniziative non solo per celebrare l’anniversario, ma anche per
valorizzare il patrimonio di conoscenze consolidato in mezzo secolo. Abbiamo ripercorso la storia del Forum con un video celebrativo a cura di Cristiana Capotondi e un libro a cura di Sergio Romano e Ferruccio de Bortoli, che hanno ben interpretato lo sviluppo geopolitico internazionale e italiano attraverso gli spunti emersi negli anni di incontri a Villa d’Este. In questa direzione va anche la mostra fotografica 50 anni di sguardi sul mondo in collaborazione con Ansa, che associa i fatti salienti degli ultimi 50 anni con gli incontri e i personaggi che si sono avvicendati al Forum. A Cernobbio è stato anche dedicato un francobollo della Repubblica Italiana della serie tematica ‘Le eccellenze del sapere’, di cui siamo molto orgogliosi. Infine, a sorpresa per gli ospiti, siamo stati omaggiati da un sorvolo delle Frecce Tricolori sul Lago di Como, uno dei momenti più emozionanti di questa edizione.
Quale è il vostro modello di business? Il Forum ha una partecipazione limitata. Come un vero e proprio club.
Una caratteristica del Forum, da sempre, è l’esclusività: i lavori si svolgono a porte chiuse sotto Chatham House Rule per agevolare il libero scambio di opinioni in un dibattito autorevole e mai scontato. Dal 2000 la partecipazione è limitata a 300 persone, con una lunga lista d’attesa, per consentire a tutti di beneficiare di occasioni di incontro e dialogo, anche con i relatori con cui è possibile interagire nei momenti di networking. Crediamo che questa modalità sia funzionale per rispettare la missione di offrire alla classe dirigente internazionale e italiana una piattaforma di approfondimento se-
“In tre giorni abbiamo mobilitato oltre 2.800 persone in loco, tra partecipanti, delegazioni, giornalisti, fornitori, autisti e sicurezza”
identikit
Sposato e con tre figli, De Molli è managing partner e amministratore delegato di The European HouseAmbrosetti dal 2000 e di Teha Group dal 2024. Nel 2008 è protagonista, con altri partner, del management buyout di The European House - Ambrosetti liquidando il fondatore. È inoltre director di Ambrosetti Group Limited di Londra, presidente di The European House - Ambrosetti Middle East, deputy chairman di The European House - Ambrosetti Africa, senior advisor del fondo di venture capital in Italia United Ventures e mentor di Kairos Society, associazione di giovani imprenditori americani. Dal 2011 è anche membro di Ypo (Young presidents’ organization). Realizza docenze su tematiche di strategia e di sistemi di governo per imprese, associazioni e università. È autore del libro Verso l’eccellenza.IConsigli di amministrazione: uno strumento perunefficace sistemadigoverno societario.Propostee indicazioni, edito da Sperling & Kupfer, e del libro I Riferimenti fondamentali della gestionestrategica-I paradigmidelsistema impresa, edito da Ipsoa. Ha fondato e continua a presiedere importanti think tank, come Observatory on Europe a Bruxelles, Osservatorio sull’eccellenza dei sistemi di governo in Italia, Meridiano Sanità, Cashless Society.
ria e qualificata, supportata da analisi e contenuti – solo in questa edizione ne abbiamo presentati 22 – sugli scenari geopolitici, economici, tecnologici e sociali e sulle loro implicazioni per imprese e paesi. È la ricchezza di contenuto a motivare i membri della nostra community a essere partecipi di un grande disegno. Questo è il ruolo che, come think tank indipendente, vogliamo continuare a svolgere nei prossimi 50 anni. Penso proprio di poter dire… the best is yet to come!
Nel mondo girano i cosiddetti cigni neri, eventi negativi di difficile previsione. Voi, invece, riuscite ogni tanto ad avvistarne qualcuno. Secondo lei dove può posarsi il cigno nero in un prossimo futuro?
I punti interrogativi sono tanti e i focolai di crisi geopolitica sono in aumento nell’ultimo biennio. L’aggressione russa in Ucraina è tutt’altro che finita, il contrattacco israeliano nella striscia di Gaza sta procurando una devastazione, i mal di pancia in Iran contro Israele e Stati Uniti sono tutt’altro che sopiti. Ma anche gli Houti nello Yemen, l’ipotesi di aggressione cinese a Taiwan, il fermento in Sud America. Le elezioni americane sono un ulteriore elemento di incertezza, anche se in alcuni casi forse sopravvalutato: in politica estera, come già nel passaggio tra Biden e Trump, non mi aspetto rivoluzioni. Nel contesto della guerra che più è vicina geograficamente, come Teha Group sottoscriviamo il percorso di pace che abbiamo delineato nel
paper sulla guerra russa in Ucraina e a cui mi sono dedicato nel mio intervento di apertura al Forum, presentando cinque raccomandazioni.
Quali sono?
Le raccomandazioni sono il risultato di mesi di interlocuzioni con nove think tank e istituzioni di sette paesi (tra cui Russia e Ucraina). In primis raccomandiamo il censimento dei danni procurati dalla guerra, di cui ancora non c’è una ricognizione precisa. Una volta compresi gli impatti, bisogna poi fare un’analisi dettagliata del fallimento diplomatico degli Accordi di Minsk. È infatti essenziale comprendere a fondo le motivazioni di ciascuna delle parti per evitare altri errori in futuro. Occorre poi dotarsi di un fondo per la ricostruzione post-bellica.
Ricostruzione che poi significa sviluppo. Significa anche sviluppo. Significa prima di tutto rendere possibile la vita delle famiglie in Ucraina, che adesso è sotto scacco, fragile, piena di incertezza e inquietudini. Il percorso di pace andrà frazionato in azioni a breve e medio-lungo termine per soddisfare i bisogni immediati e gli obiettivi di lungo periodo. Infine, a valle di questo percorso, si può pensare di organizzare una conferenza di pace –perché no, magari proprio a Cernobbio per la 51esima edizione – con i delegati dei due paesi, oltre a governi terzi e organizzazioni internazionali, per definire un tentativo di riequilibrio dei rapporti.
L’introduzione ai lavori del Forum di Cernobbio del presidente
Poi c’è l’altro problema, quello della guerra tra Israele e Palestina.
In questo contesto, la soluzione è stata indicata dalle parole incredibilmente efficaci della regina Rania di Giordania al Forum di Cernobbio. L’unica soluzione da lei prospettata è quella di avere due stati, Israele e Palestina, con gli uni che devono riconoscere gli altri nella loro autonomia e indipendenza. È anche la posizione del presidente Biden e dell’alto rappresentante Borrell.
Rimaniamo sul tema della pace visto da un’altra angolazione. Il rapporto di Mario Draghi alla Commissione europea vede lo sviluppo e il futuro dell’Europa che passano anche attraverso grandissimi investimenti sugli armamenti.
In un mondo così instabile, così poco decifrabile, così complesso, bisogna rafforzare le attività di ricerca e sviluppo, anche nel settore della difesa, e strutturare soluzioni di tecnologia avanzata per tutelare i cittadini europei. La difesa è solo una delle industrie da potenziare, in un
In effetti la produttività è il vero nocciolo della questione economica.
Nella ricerca del Teha Club proponiamo proposte concrete, con un approccio bottom-up. Un primo problema da affrontare è la frammentazione delle industrie in molti ambiti: difesa, istituzioni finanziarie, energia, telecomunicazioni, infrastrutture, trasporti. Un mercato interno più fluido, come approfondito dal presidente Letta nel Rapporto sul mercato interno europeo, è un prerequisito per la produttività.
Non ci dimentichiamo però che gli stipendi italiani sono tra i più bassi d’Europa…
Anche questa è una battaglia su cui ci spendiamo da anni. Dobbiamo intervenire sul cuneo fiscale. Non solo abbiamo salari tra i più bassi in Europa, ma siamo anche l’unico Paese con una contrazione dei salari reali negli ultimi 30 anni. Al contempo, il costo del lavoro per le aziende è tra i più alti. Così il sistema non può rimanere in piedi nel lungo termine.
“Nel 2000 la Cina rappresentava l’1,9% del Pil mondiale e l’Unione europea il 28,7%.
Oggi la Cina è al 17,8%, l’Ue al 16,6%”
quadro più ampio di miglioramento della produttività, così come da missione del lavoro del presidente Draghi. Proprio alla produttività mi sono dedicato nella presentazione che ho fatto al ministro Adolfo Urso in chiusura dei lavori a Cernobbio, in veste di portavoce della ricerca del Teha Club Rilanciare la produttività: quale politica industriale per l’Italia e per l’Europa? .
Cosa è successo alla produttività negli ultimi anni?
Nel 2000 tutti i paesi erano allineati in termini di produttività. Negli ultimi 25 anni la produttività negli Stati Uniti è cresciuta di oltre il 45%, in Europa del 22%, mentre l’Italia è rimasta ferma. È questa arretratezza che Draghi sottolinea ed è la vera debolezza europea. Tra le conseguenze, basta pensare che nel 2000 la Cina rappresentava l’1,9% del Pil mondiale e l’Unione europea il 28,7%; oggi la Cina rappresenta il 17,8%, superando la quota dell’Ue (16,6%).
Nonostante tutto siamo la seconda manifattura d’Europa.
In un’altra nostra piattaforma, il Global attractiveness index, strumento chiave per misurare l’attrattività di un Paese, dimostriamo la straordinaria forza del made in Italy. La bilancia commerciale manifatturiera dell’Italia supera i 100 miliardi di euro ed è seconda in Europa e quinta al mondo. È un risultato straordinario, se consideriamo che l’Italia ricopre lo 0,2% della superficie terrestre e ospita l’0,001% della popolazione. I prodotti made in Italy sono sul podio delle quote di mercato dell’export nel 16,2% delle categorie merceologiche censite dall’Unctad (la conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo). La nostra potenza manifatturiera è però ostacolata dalla fragilità della struttura dimensionale delle nostre imprese. Il nostro rapporto ha messo a fuoco questo limite: la produttività sale di pari passo con la crescita delle dimen-
sioni. Più l’azienda è grande, maggiori sono la produttività, gli stipendi e gli investimenti in ricerca e sviluppo.
Però questo è il paese dei piccoli giganti, delle medie, piccole e piccolissime imprese. È proprio questa la criticità. Nel nostro Paese sono proprio le cosiddette micro imprese (con meno di dieci dipendenti) ad avere tra i più bassi livelli di produttività d’Europa. Proponiamo di dirottare progressivamente parte delle risorse finanziarie delle famiglie italiane, delle fondazioni bancarie e degli investitori istituzionali per incoraggiarne l’incremento dimensionale verso gruppi più grandi e più solidi. Questo potrebbe impattare fino a 350mila imprese tra startup, micro e pmi.
Quindi?
L’equazione è semplice. Per migliorare la produttività deve crescere la dimensione media.
Sì. E come si fa?
Incentivando al massimo le aggregazioni, anche attraverso strumenti finanziari. Negli Stati Uniti ci sono oltre 700 search fund, veicoli che coniugano finanza, impresa e management tramite cui i manager possono acquisire un’azienda. In Italia ce ne sono solo 11.
Però domina sempre il tema che le aziende non riescono a finanziarsi in Borsa e devono ricorrere alle banche.
La Borsa Italiana è tra le più piccole d’Europa in proporzione al Pil (36,5% nel 2023), pari a un quarto della Francia (127,8%). Il listino delle piccole imprese Euronext Growth Milan ha dimensioni medie ridotte e un problema di liquidità, con il 20% delle giornate di negoziazione senza scambi. Sorge la domanda: qual è il flottante reso disponibile dalle imprese? In Francia il 33% delle imprese ha listato oltre metà del capitale, da noi solo il 5%. Non c’è mercato, non ci sono investimenti. E anche il mantra di Teha è: ‘Senza investimenti, non c’è lavoro. Senza lavoro, non c’è crescita. Senza crescita, non c’è futuro’.
Poi c’è il grande tema dell’azionariato popolare, un altro tabù italiano. Questa è un’altra suggestione che ho presentato al ministro Urso e che avevo già presentato al ministro Giorgetti. È uno strumento che la Germania usa da tempo e che in Italia è adot-
tato da grandi gruppi, tra cui Intesa Sanpaolo, Prysmian, Essilor Luxottica. Ispirandosi alle grandi società quotate, è possibile trasferire le best practice anche alle pmi non quotate, per raggiungere una ripartizione di redditi e ricchezza più diffusa tra imprenditore e dipendenti.
Temo però che in Italia ci sia un problema culturale. Tra la gente comune si dice ancora ‘giocare in Borsa’ e non investire. Sono d’accordo, dobbiamo favorire un cambio di cultura insieme agli incentivi concreti, per esempio attraverso un credito fiscale per gli imprenditori che quotano la maggioranza del capitale. Secondo le nostre analisi, il trasferimento di risorse finanziarie alle micro e pmi consentirebbe un consolidamento del mercato, abilitando la crescita dimensionale di quasi 20mila imprese manifatturiere, per una crescita della produttività del 5,7%, e creando 380mila nuovi posti di lavoro. Non è una rivoluzione industriale, ma una prima piccola azione per innescare il cambiamento. F
Valerio De Molli ha vissuto in prima persona 35 delle 50 edizioni del Forum di Cernobbio.
di Enzo Argante
L’ETICA DEL LEGNO
Nel 1963 Mauro Saviola trasformava una falegnameria in un’azienda di pannelli truciolari. Oggi quella realtà è diventata un gruppo da oltre 800 milioni di euro di fatturato e duemila collaboratori. A guidarlo è il figlio del fondatore, Alessandro
OObiettivo: decarbonizzare. Non a parole, ma nei fatti. Con un piano (pubblicato assieme al bilancio di sostenibilità 2023) che punta a contenere entro 1,5° C l’aumento delle temperature globali, in linea con l’Accordo di Parigi. E che prevede due tipi di intervento: investimenti diretti per ridurre le emissioni e interventi su possibili scenari non direttamente riconducibili al gruppo (decarbonizzazione della catena di approvvigionamento o dell’intero settore energetico). Grazie a queste iniziative, il gruppo Saviola sarà in grado di ridurre le emissioni del 21% entro il 2026.
L’azienda è nata nel 1963, quando il fondatore Mauro Saviola trasformava la sua attività di falegnameria di Viadana (Mn) in un’industria di pannelli truciolari, che nel tempo si è specializzata nell’economia circolare. In particolare nel le-
gno-arredo, con la produzione del pannello ecologico 100% recycled wood, esclusiva mondiale che l’ha posizionata come protagonista della green economy. Il gruppo guidato dal figlio, Alessandro, è il primo riciclatore di legno al mondo: trasforma la materia prima seconda in pannelli e componenti di arredo in sintesi tra ecologia e design. “Siamo capofila delle istanze del settore del legno e dell’arredo made in Italy”, spiega il presidente, “e abbiamo alimentato una sensibilizzazione verso l’utilizzo del legno post-consumo destinato alla produzione di mobili”.
La trasformazione è cominciata negli anni ‘90, quando il gruppo ha iniziato un percorso basato sul riciclo del legno post-consumo, creando un sistema capace di raccogliere, trasformare e rigenerare il legno. Un sistema capace di sostenersi da solo: l’imprenditore ebbe l’intuizione, con una visione innovativa per quegli anni, di realizzare pannelli e mobili senza abbattere alberi, ma ricorrendo a un network di raccolta in tutta Europa per recuperare il legno di scarto. Attraverso la rete di centri di raccolta di Savionet, Saviola può recuperare oltre 1,5 milioni di tonnellate di legno usato all’anno, che alimentano la realizzazione dei pannelli ecologici. Un processo che permette di salvare diecimila alberi al giorno e di presentare prodotti come i pannelli nobilitati Poro Registro, con finiture che riproducono alla vista e al tatto le venature del legno vergine. Saviola propone, inoltre, altri prodotti quali laminati, bordi e schienali, creando un pacchetto completo a disposizione dell’industria del mobile e del canale contract per architetti, progettisti e designer.
Gli stabilimenti del gruppo Saviola a livello globale
L’investimento in nuove tecnologie, acquisizioni e impianti
Il modello di business ha avuto un grande successo internazionale: l’azienda ha duemila collaboratori e nel 2022 ha superato i 900 milioni di fatturato. Ha investito 120 milioni in nuove tecnologie, acquisizioni e impianti e può essere definito una eco-ethical company, che lavora rispettando l’ambiente attraverso l’eco-sostenibilità e l’etica del riciclo. Il gruppo ha destinato risorse importanti ad attività di promozione di cultura e sport, di sostegno alle fasce più deboli e al terzo settore. “Ci siamo impegnati in oltre 150 partnership con enti e associazioni del territorio”, dice il presidente. “Durante il Covid abbiamo sostenuto il comprensorio medico dell’Oglio Po Casalmaggiore (Cr), le amministrazioni locali e le associazioni del territorio. Non solo aiuti al territorio: ogni anno riconosciamo un premio extra in aggiunta a quello previsto dal contratto secondo livello aziendale, per condividere con i collaboratori i risultati economici positivi aziendali. A giugno 2022 abbiamo riconosciuto ai dipendenti 2mila euro in busta paga, per uno stanziamento complessivo di 3 milioni. A gennaio 2023 altri 1.500 euro”.
Intensa anche la comunicazione, con un’impronta ai valori della sostenibilità e della cura del territorio. In particolare, con la campagna di sensi-
bilizzazione Nuova Vita, lanciata per promuovere il valore del riciclo anche nel legno arredo, in cui sono stati coinvolti brand ambassador come l’attore Giovanni Storti, il cantante Francesco Gabbani e la content creator Aurora Cavallo. Caratteristiche principali del gruppo sono l’integrazione di aziende nazionali e internazionali e la suddivisione in cinque business unit controllate dalla capogruppo Saviola Holding: Savionet, il network; Saviola, con il pannello ecologico 100% recycled wood; chimica sostenibile con Sadepan; mobili ecologici in kit con Composad; life science con Saviolife. Una struttura che permette di gestire processi di innovazione avanzata: è il caso della nuova business unit Saviola di Mortara, quarta linea per la produzione di pannelli nobilitati denominata Wemhöner2. L’obiettivo del nuovo impianto, firmato da tutto il team tecnico composto da 90 persone, è potenziare la capacità produttiva, con una resa giornaliera stimata di diecimila metri quadrati al giorno (circa 1.000 pannelli), e migliorarne le performance tecniche. Innovazione anche in campo culturale e divulgativo. È il caso della partnership per Cuore, un nuovo spazio dedicato a ricerca, memoria e innovazione. Situato al piano terra del Palazzo dell’Arte di Triennale Milano, è pensato come un luogo per accogliere i visitatori, la comunità scientifica, gli studiosi e i ricercatori, ma anche una rete che unisce università, sovrintendenze, fondazioni pubbliche e private, aziende. Gruppo Saviola ha 15 stabilimenti nel mondo e 830 milioni di fatturato complessivo nel 2023. F
Uno stabilimento del gruppo Saviola. Nell’altra pagina Alessandro Saviola, presidente di Saviola Holding.
di Primo Marzoratti
TECNOLOGIA QUOTIDIANA
3M, multinazionale statunitense presente in Italia da 60 anni, produce oggetti che vanno dai post-it ai nastri adesivi. A guidarla nel nostro Paese, dal 2023, è Laura Galli, ingegnere chimico. “Ogni giorno
una persona incontra le soluzioni della nostra azienda almeno 100 volte”, dice
Probabilmente non ci facciamo caso, ma molti degli oggetti e delle tecnologie che usiamo ogni giorno hanno a che fare con 3M. Fondata più di 120 anni fa, questa multinazionale, che produce oggetti che vanno dai post-it ai nastri adesivi, è diventata parte della nostra quotidianità. In Italia l’azienda opera da oltre 60 anni, con due stabilimenti produttivi e un centro di distribuzione. Dal 2023 a guidarla nel nostro Paese, con le cariche di presidente e ad, è Laura Galli, ingegnere chimico con un’esperienza internazionale. Galli ha raccontato il suo percorso e ha parlato delle sfide future per un’azienda che continua a puntare sull’innovazione, sempre con un occhio alla sostenibilità, sfruttando punti di forza come tecnologia, produzione industriale e presenza globale.
Partiamo da 3M: qual è la sua storia?
3M è una realtà multinazionale e consolidata, fondata nel 1902 nel Minnesota e
quotata alla Borsa di New York. Vanta eccellenze nei settori industria, elettronica, energia, sicurezza, grafica, automotive, trasporti, design e consumo. È conosciuta a livello mondiale per la sua capacità di trasformare idee innovative in prodotti e soluzioni che migliorano la vita quotidiana. Con oltre 100mila brevetti registrati, investe costantemente in ricerca e sviluppo per portare sul mercato tecnologie all’avanguardia. Ha un fatturato globale di 25 miliardi di dollari, 55mila prodotti, 63mila dipendenti, 50 piattaforme tecnologiche. Possiamo stimare che ogni giorno una persona incontra soluzioni 3M almeno 100 volte, e non è mai più lontana di tre metri da una nostra tecnologia. In Italia ha una presenza consolidata da oltre 60 anni, con la sede principale a Pioltello, nel Milanese, due stabilimenti produttivi a Grassobbio, in provincia di Bergamo, e a Marcallo con Casone, in provincia di Milano, oltre a un centro di distribuzione a Carpiano, sempre nel Milanese.
Che percorso l’ha portata a essere presidente e ad di 3M Italia?
Mi sono laureata in ingegneria chimica al Politecnico di Milano. Poi sono entrata in 3M e ho ricoperto diverse posizioni, fino a diventare, nel novembre 2022, vice president per la personal safety division per Europa, Medio Oriente e Africa. La nomina in questo ruolo, che tuttora mantengo, è stata una grande soddisfazione, sia perché questa è la divisione da cui ho iniziato e che ho contribuito a far crescere, sia perché la divisione incarna perfettamente i valori di 3M. Da fine 2023 ricopro il ruolo di presidente e ad di 3M Italia. In questo periodo di grandi cambiamenti, sono fiera di guidare 3M a utilizzare il suo portafoglio tecnologico per creare soluzioni sempre più innovative, rispondendo alle richieste dei clienti e contribuendo allo sviluppo di un futuro più sostenibile. Etica e compliance rimarranno al centro del mio ruolo, insieme all’attenzione costante nei
Laura Galli, presidente e ad di 3M in Italia, si è laureata in ingegneria chimica al Politecnico di Milano.
confronti delle esigenze dei dipendenti, costruendo una solida base di fiducia e credibilità, assieme alla collaborazione e al lavoro di squadra.
Che ruolo ha giocato la sua formazione nel percorso professionale e nella sua visione della leadership?
La laurea in ingegneria mi ha consentito di costruire una struttura mentale e un modo di ragionare fondamentali per il mio percorso personale e professionale. Mi è servita come base nel continuo apprendimento e nell’accrescimento delle mie competenze in settori e ambiti molto diversificati. La tecnologia ha sempre fatto parte del mio lavoro. 3M è un’azienda con forte contenuto innovativo e portare innovazione sul mercato è parte integrante del mio ruolo e di quello del mio team. Inoltre, per guidare organizzazioni complesse e multiculturali è molto importante avere una visione chiara, dare la direzione e ispirare. È fondamentale la capacità di motivare gli altri e di costruire un team in cui tutti possano dare il meglio e crescere.
Lei è anche vicepresidente Emea della divisione personal safety di 3M: di che si tratta?
Personal safety è la divisione di 3M che offre soluzioni complete per affrontare in modo proattivo le crescenti esigenze di salute e sicurezza dei lavoratori. Un portafoglio prodotti che varia dalla protezione delle vie respiratorie a quella dell’udito, con soluzioni aggiuntive per la comunicazione, dalla protezione di testa, occhi e viso all’anticaduta. Con le tecnologie e le soluzioni 3M ogni anno si possono ridurre incidenti sul luogo di lavoro e malattie professionali, non solo all’interno di fabbriche e officine, ma anche nell’ambito delle costruzioni e nelle strutture ospedaliere. I team di vendita, marketing e tecnici in Emea e in Italia, forti anche di una collaborazione interna a livello globale, si impegnano ad aiutare i clienti a comprendere
rischi e pericoli all’interno delle loro strutture e a collaborare con loro per trovare le migliori soluzioni possibili.
Ricopre altri incarichi al di fuori di 3M?
Sono presente in board importanti. Sono vicepresidente del Centro Studi Americani, con sede a Roma, e vicepresidente di AmCham Italy. E per continuare a coltivare la mia passione per l’arte sono anche presidente della Fondazione 3M, un’istituzione culturale permanente Ets (Ente del terzo settore). F
di Raffaella Galamini
RITORNO VINCENTE
Max Pellegrini ha lavorato in America per 15 anni. Nel 2020 ha deciso di rientrare in Italia, per dare
visione
una
“più internazionale” ai figli e per prendere la guida di Namirial, azienda di digitalizzazione e servizi fiduciari. Da allora ha ampliato il business e triplicato il fatturato
Quella della trasformazione digitale è una partita che Namirial ha imparato a giocare su più tavoli da quando, nel 2020, in azienda è giunto Max Pellegrini a ricoprire il ruolo di amministratore delegato. Pellegrini si può definire un manager di ritorno. Dopo 15 anni di esperienze negli Stati Uniti, ha scelto di tornare in Italia per amore dei figli, che, nati a New York, “stavano diventando un po’ troppo americani. Prima del college volevo che trascorressero un paio d’anni in Europa per dare loro una visione più internazionale”, spiega il manager. Poi, tra il Covid, la morte di George Floyd e il movimento Black Lives Matter negli Stati Uniti e l’opportunità di una sfida
manageriale in Namirial, si sono creati i presupposti per il ritorno in Italia.
Prima dell’arrivo del manager, l’azienda di Senigallia (An) si era fatta conoscere sul mercato nazionale per l’attività di digitalizzazione e per i servizi fiduciari. “Aveva quasi 50 milioni di ricavi, ma appena il 10% proveniva dall’estero. C’era un grande potenziale di crescita”, ricorda Pellegrini. Con il nuovo amministratore è arrivata la fase di accelerazione. Nel giro di quattro anni il fatturato è più che triplicato, il modello di business è stato ampliato e completato: client di firma, posta elettronica certificata, fatturazione elettronica, solo per citare alcuni dei servizi. La società, anche attraverso una serie di acquisizioni, ha avviato un’espansione sui mercati esteri. “Oggi i ricavi internazionali sono superiori al 30%, distribuiamo in 85 paesi con 170 partner che rivendono i nostri servizi, abbiamo seimila enterprise customer, 60mila aziende e 100mila professionisti. L’azienda è cresciuta in tutte le direzioni”, sottolinea Pellegrini, ricordando che il team era già molto forte fin dal suo arrivo. “Io ho contribuito cercando di managerializzare alcuni processi finanziari e organizzativi e irrobustendo gli aspetti legati alla tecnologia, senza rinnegare quella sana imprenditorialità italiana”, aggiunge. Una formula che ha mantenuto nella fase di acquisizioni, “in cui siamo stati attenti ad attrarre aziende molto simili a noi”. Così Namirial ha potuto svilupparsi e aprirsi ai mercati esteri senza snaturarsi.
Pellegrini ha dato la sua impronta nello scrivere e codificare i principi guida. “Namirial è stata la prima azienda in Italia a ottenere la certificazione ufficiale per le pratiche di diversity & inclusion. Abbiamo inoltre contribuito alla riduzione dell’impronta di CO2 di molte aziende, grazie a una serie di servizi fiduciari. Penso, ad esempio, alla firma digitale, che non costringe più a spostarsi”.
Con Pellegrini Namirial è diventata un modello da esportare: “L’Italia, in tema di servizi trust, è avanti: pensiamo alla fatturazione elettronica obbligatoria, alla pec, alla conservazione a norma, allo spid e alla firma digitale. Esperienze che hanno creato una bellissima palestra e che ora portiamo all’estero, per scrivere una nuova storia anche fuori dall’Europa”.
Nell’immediato il manager punta a un consolidamento in Italia, dove oggi l’azienda è una delle realtà imprenditoriali più significative. Per il medio-breve periodo guarda all’Europa, dove “ci sono grandissime opportunità di cre-
I paesi in cui
Namirial distribuisce i suoi servizi
La crescita dell’azienda nel mercato latinoamericano nel 2023
scita, con 250 qualified service provider: noi siamo uno dei più grandi e un naturale consolidatore del mercato”. Ma le prospettive più interessanti arrivano dal mercato latino-americano, dove nel 2023 la crescita è stata del 30%, dal Medio Oriente e dal Sud-est asiatico. In estrema sintesi, la tabella di marcia per Pellegrini è “l’Europa adesso, l’America Latina tra 18 mesi e dal 2026 il Medio Oriente e il Sud-est asiatico”. Un grande banco di prova per il mercato interno ed europeo sarà l’introduzione, alla fine del 2026, del wallet digitale. Un ulteriore contributo in un’ottica di digitalizzazione del Paese. Di pari passo con il consolidamento e l’espansione sui mercati, Pellegrini porta avanti la valorizzazione dell’altro grande asset aziendale: le persone. “Ci siamo strutturati per attrarre e gestire i talenti. Abbiamo investito molto nei giovani, attraverso accordi con le università di Napoli, Ancona e Padova. Abbiamo creato un’accademia che forma tutti gli anni decine di tecnici e sviluppatori. I migliori elementi, al termine del percorso, vengono assunti”. C’è poi una formula per offrire ai giovani talenti la possibilità di esprimersi ‘out of box’: “Due
volte all’anno organizziamo hackathon, coinvolgendo 25-30 ragazzi. Forniamo loro temi da sviluppare, strumenti, risorse e 24 ore di tempo. Da questi appuntamenti sono venute fuori due delle innovazioni di prodotto più importanti degli ultimi tempi: siamo stati la prima società nel mondo a offrire un digital assistant nel processo di firma, ottenendo review positive dagli analisti, e abbiamo sviluppato un software per la conservazione dei dati sensibili, come quelli sanitari”. Per l’ad saper “coinvolgere le persone, suscitando una sana competizione e offrendo la possibilità di divertirsi, finisce per creare un ambiente magico, bello e sfidante”. F
di Agostino Desideri
PROTEZIONE ALL’AVANGUARDIA
Advanced Microwave Engineering, azienda fiorentina nata nel 1999, è un punto di riferimento globale nella sicurezza attiva. Le sue soluzioni servono a prevenire incidenti sul lavoro
LLa sicurezza sul lavoro è un fattore chiave che si estende a tutte le aree di un’impresa, tanto da diventare parte integrante delle strategie esg. Per raggiungere i propri obiettivi, le aziende devono saper scegliere partner in grado di elevare la sicurezza e mantenere il focus sulle persone. È qui che entrano in gioco società come Advanced Microwave Engineering (Ame), che sviluppa soluzioni tecnologiche innovative per la sicurezza e ha sede a Firenze. Nata nel 1999, l’azienda, che fa di ‘Safety works: good for people, good for business’ il suo motto, è diventata in poco tempo un punto di riferimento globale nella sicurezza attiva, esportando in tutto il mondo e collaborando con aziende di varie dimensioni. “La responsabilità per la sicurezza dei dipendenti è un impegno a lungo termine e la scelta della soluzione giusta fa tutta la differenza. La sicurezza deve essere al primo posto perché è sostenibile, responsabile e possibile. La nostra ambizione è aiutare le aziende, grandi e piccole, a raggiungere il prossimo livello di cultura della sicurezza e a conseguire i loro obiettivi esg nel modo più efficiente e snello possibile”, racconta Claudio Salvador, presidente di Ame. L’azienda lavora su tecnologie all’avanguardia per proteggere gli operatori e promuovere una cultura della prevenzione attiva in ogni ambiente di lavoro. Le sue soluzioni, impiegate nei settori dell’edilizia, della logistica e degli impianti industriali, permettono di ridurre gli infortuni e garantire i migliori risultati esg. Ma le soluzioni di Ame offrono vantaggi che vanno oltre la prevenzione. La mancata attuazione delle normative sulla sicurezza, infatti, può esporre a rischi legali e a ingenti costi dovuti agli incidenti sul lavoro, come fermi produttivi e problemi di gestione del personale. Senza con-
Filippo Bonifacio (a sinistra) e Claudio Salvador, fondatori di Advanced Microwave Engineering.
siderare la crescente attenzione da parte degli investitori per le aziende che adottano politiche solide in materia di sicurezza. “Nulla è più importante delle vite delle persone e investendo in ricerca e tecnologia intelligente, Ame fornisce soluzioni altamente innovative che hanno un impatto reale”, aggiunge Filippo Bonifacio, founder e ceo. “Crediamo nel potere di azioni forti e, collaborando con altri marchi audaci e intelligenti per ottenere il massimo beneficio dalle nostre soluzioni integrate, possiamo supportare le imprese nel diventare luoghi di lavoro sicuri e sostenibili”. Tra le soluzioni proposte dall’azienda c’è Amesphere, un dispositivo lanciato di recente in grado di attivare avvisi riguardo alla presenza e alla posizione di veicoli e pedoni in situazione pericolosa, oltre ad azioni correttive come rallentamenti. Qui l’azienda ha adottato un approccio basato sull’oggettività dei dati, da cui ricava informazioni fruibili e utili per gli stakeholder. Con una dashboard intuitiva e notifiche personalizzate, Ame permette di individuare i rischi e intervenire tempestivamente. Ma queste non sono le uniche iniziative della società, che continua a investire in ricerca e sviluppo, esplorando l’integrazione di tecnologie avanzate, come intelligenza artificiale e internet of things. Un’espansione globale che mira a portare i benefici di soluzioni come Amesphere a un numero crescente di aziende in tutto il mondo. F
di Andrea Celesti
SICUREZZA SENZA COMPROMESSI
Con la convergenza delle identità fisiche e digitali, Matica offre soluzioni che collegano le credenziali tradizionali all’autenticazione, all’autorizzazione e ai diritti di accesso online
Il passaggio dal mondo fisico a quello digitale rende indispensabile ripensare al modo in cui gestiamo le nostre identità. Il divario tra le credenziali tradizionali e l’autenticazione, l’autorizzazione e i diritti di accesso online non è semplice da colmare. L’identità digitale (digital Id) è una soluzione innovativa per superare questo gap, offrendo ai cittadini un modo semplice e sicuro per identificarsi online senza il bisogno di documenti fisici. Tra le realtà di questo mercato c’è Matica, società con sede in Svizzera che progetta e produce soluzioni di identità e pagamento. Acquisita nel 2007 da Sandro Camilleri, attuale ceo, l’azienda è impegnata nello sviluppo di un software digital Id all’avanguardia. “Siamo in un’era ponte, in cui al documento fisico si sta affiancando quello digitale. Come azienda stiamo sviluppando software per completare le nostre soluzioni di digital Id, utilizzando una gamma di pacchetti personalizzati per applicazioni di sicurezza specifiche”, dice Camilleri. Con la sua tecnologia, Matica ha sviluppato una soluzione end to end hardware e software per fare in modo che tutti i dati siano crittografati dall’emissione fino al Mobile Id. Per consolidare la sua presenza sul mercato internazionale e aprirsi a nuove opportunità di sviluppo,
Sandro Camilleri, amministratore delegato di Matica.
la società ha annunciato l’apertura della sua prima sede produttiva nordamericana in South Carolina, con un investimento da 3 milioni di dollari. Lo stabilimento creerà 50 posti di lavoro, offrendo sistemi di emissione centralizzata nei settori del secure Id e finanziario, come reti di personalizzazione di schede su larga scala e modelli desktop. “Nel nostro settore il mercato americano è il più grande al mondo e se vuoi fare dei numeri importanti devi essere qui. C’è bisogno di una presenza produttiva e tecnologica importante su questo territorio”, prosegue Camilleri. Si calcola che la nuova apertura porterà ad aumentare dal 27% al 40% la quota del fatturato di Matica attribuita agli Stati Uniti. Lo sviluppo della fabbrica e l’applicazione delle nuove tecnologie sono inclusi nel piano strategico 2025-2030, con il quale l’azienda punta a capitalizzare il potenziale del mercato statunitense e diventare protagonista mondiale del settore. Dal 2007 Matica ha registrato una crescita esponenziale, decuplicando il fatturato e consolidando la propria presenza globale, con 200 dipendenti e 11 sedi in tutto il mondo, tra cui Italia, Cina e Stati Uniti. In parallelo con il percorso di espansione in America, Matica si è impegnata a rimanere al passo con l’innovazione tecnologica, integrando l’intelligenza artificiale in molte sue operazioni: “L’IA sta penetrando nella vita di tutti. E qui entra in gioco il tema della sicurezza. Le frodi sono costate negli Stati Uniti oltre 300 milioni di dollari e la gente ha paura di essere hackerata. Con un documento soltanto digitale i dati sono sempre online e possono essere rubati. Pertanto i governi stanno pensando a una soluzione end to end, in modo che i cittadini abbiano sia il documento fisico (smart card), sia quello digitale su mobile”. F
SERGIO MARULLO DI CONDOJANNI
Ceo di Angelini Industries
Nato a Messina nel 1978 e laureato in giurisprudenza con indirizzo economico finanziario all’Università Luiss Guido Carli, è oggi alla guida di Angelini Industries. In passato, dal 2018 al 2022, è stato consigliere di amministrazione di Banca Aletti. È stato, inoltre, membro dell’advisory board del G20 Business Summit Italy 2021, uno degli engagement group ufficiali istituiti nell’ambito del G20, il foro di collaborazione internazionale fra economie industrializzate e paesi emergenti, durante la presidenza di turno dell’Italia (dicembre 2020 - ottobre 2021). Dal gennaio 2019 è vice presidente di Angelini Holding, la holding industriale del gruppo, e dal luglio 2020 ne è anche amministratore delegato.
LA CARICA DEI 100 MANAGER
Hanno fondato società di successo, sono al timone di multinazionali e hanno alle spalle carriere internazionali. Anche quest’anno Forbes Italia ha selezionato 100 nomi di uomini e donne – di seguito riportati in ordine alfabetico – che, con una leadership innovativa, digitale e attenta alla sostenibilità, stanno guidando le loro aziende verso le nuove sfide del futuro
CARMELA BAZZARELLI
Ceo di Kraft Heinz Italia
BEATRICE BELEGGIA
Ceo di Pianegonda
ANDREA BERTONI
Ceo di Davis & Morgan
SALVATORE BOCCHETTI
Ceo di Zaccanti
LORENZO BOGLIONE
Vicepresidente di BasicNet
MARTA BONATI
Country manager di Ebury
FILIPPO BONIFACIO
E CLAUDIO SALVADOR
Founder di Advanced Microwave Engineering
CRISTIANO BOSCATO
Ceo & founder di Dinova
CLAUDIO BOSO
Fondatore e presidente di Careisgold
RENATO BRUNETTI
Presidente e amministratore delegato di Unidata
ELISA BRUNO
Ceo di Level Shoes
SANDRO CAMILLERI
Founder & ceo di Matica Group
MARIANO CAMPAGNOLO
Presidente di L’Ottocento
MAURO CANESCHI
Ceo di Guala Closures
FRANCESCO CANZONIERI
Amministratore delegato di Nextalia
GIOVANNI COSTANTINO
Founder & ceo di The Italian Sea Group Giovanni Costantino, nato a Taranto nel 1963, a 19 anni era già imprenditore nel settore dell’edilizia e degli arredi su misura, un’esperienza che dura circa dieci anni. Nel 1997 ha iniziato la collaborazione con il gruppo Natuzzi, dove ha assunto ruoli di crescente responsabilità, fino a diventare ceo della business unit furniture nel 2000. Nel 2008 è tornato all’imprenditoria acquistando Tecnomar e, nel 2011, il brand Admiral. Nel 2020 ha fondato The Italian Sea Group e nel 2021 l’ha quotata in Borsa. Del 2022 l’acquisizione di Perini Navi e Picchiotti, mentre nel 2023 ha comprato la storica ebanisteria Celi 1920.
2024
FRANCESCA COSTANZO
Managing director di Omd italia
Intuizione, talento e pensiero fuori dagli schemi. Sono gli ingredienti per il successo secondo Francesca Costanzo, piemontese di nascita, con una formazione economica, oggi managing director di Omd Italia. È entrata in Omnicom Media Group nel 2016 per lanciare la nuova sigla Omni@, che ha guidato per circa due anni fino a quando, nel 2018, ha iniziato a ricoprire la carica di managing director di Omd, la principale media agency del gruppo. In questi anni ha giocato un ruolo cruciale nella gestione innovativa di clienti in mercati molto diversificati, guardando con lungimiranza ai cambiamenti: trasformazione digitale, espansione dell’offerta oltre al media, intelligenza artificiale. Allo stesso tempo, attenta alle dinamiche di diversità e inclusione, ha contribuito a far ottenere a Omg la certificazione di gender equality per due anni consecutivi.
PASQUALE CATALDI
Ceo & co-founder di Altus
DAVIDE CATANIA
Ceo di Alidays
FILIPPO CECCHI
Ceo di Aquila Energia
MIRELLA CERUTTI
Managing director di Sas Italy e regional vice president Central and East Europe di Sas
ANTONIO CHIARELLO
Ad di ClubDeal
IVANA CIABATTI
Founder, ceo & president of the BoD di Italpreziosi
ROBERTO CINGOLANI
Amministratore delegato e direttore generale di Leonardo
DAVIDE COLLODORO
Ceo di Erker Studio
ANDREA COSTANTINI
Ceo di Smart Capital
GIOVANNI COSTANTINO
Presidente & ceo di The Italian Sea Group
FRANCESCA COSTANZO
Managing director di Omd Italia
SABATO D’AMICO
Ceo di D’Amico - D&D Italia
LUCA DE GAETANO
Fondatore e presidente di Plastic Free
MARCO DE MATTEIS
Ceo di De Matteis
Agroalimentare
VALERIO DE MOLLI
Managing partner e amministratore delegato di The European HouseAmbrosetti
MARIANO DI BENEDETTO
Ceo Southern Europe, Mena, Turkey di Dentsu Italia
GIUSEPPINA DI FOGGIA
Amministratore delegato e direttore generale di Terna
ANTONIO DOMINICI
Amministratore delegato di Vivibanca
RODOLFO ERRORE
General manager di Ludoil
PIER EZHAYA
General manager tour operating di Alpitour World
GIOVANNI FARESE
Manager e co-fouder di Webidoo General
GIORGIA FAVARO
Managing director di McDonald’s Italia
DANIELE FERRERO
Ceo and chairman, principal shareholder di Venchi
FLAVIO FERRETTI
Ceo di Noberasco
MELISSA
FERRETTI PERETTI
Vp and country manager di Google Italy
NICOLÒ FISOGNI
Ceo and founder di Surveyeah
RICCARDO FOCACCIA
Ceo di Focaccia Group
Automotive
RODOLFO ERRORE
General manager del gruppo Ludoil
Professionista con esperienza internazionale, durante il suo percorso da manager pubblico ha contribuito alla strutturazione di Garanzia Italia, misura di aiuti alle imprese durante l’emergenza sanitaria Covid-19, che ha aiutato a ripristinare il rapporto tra stato, banche e imprese. Approdato nel 2021 in Ludoil, ha condiviso il percorso di crescita del gruppo non solo con costante crescita delle revenue, ma con l’implementazione di un piano strategico fortemente focalizzato sul raggiungimento di obiettivi industriali e di partnership finanziarie e nella sostanza fondato su tre pillar: consolidamento del core business, crescita per linee esterne, green transition in un contesto di forte sinergia tra la storia e l’esperienza imprenditoriale degli azionisti e un approccio dinamico e innovativo, focalizzato su alleanze industriali e finanziarie. Oggi Errore è general manager del gruppo Ludoil e ceo di Luce, green sub-holding del gruppo che investe in clean project per la produzione e la distribuzione di energia da fonti rinnovabili, con la missione di contribuire alla transizione energetica del Paese.
GIANGIACOMO IBBA
Ad di Crai Secom e presidente di Società Fratelli Ibba – Gruppo Abbi Laureato in economia aziendale all’Università degli Studi di Parma, ha iniziato subito a lavorare nel gruppo. Ha mosso i primi passi fondando nel 2002 il Consorzio Crai Sardegna, del quale è diventato presidente. A 27 anni ha preso le redini dell’azienda di famiglia, la Fratelli Ibba, come presidente. In poco tempo l’ha portata a consolidarsi come realtà di riferimento tra le più importanti sul territorio sardo e nella gdo, aumentando il fatturato da 12 a oltre 750 milioni e aumentando i punti vendita a più di 350. Dal 2009 è diventato presidente di Crai Cooperativa, di cui la Fratelli Ibba è socia dal 1989, e nel settembre 2022 ha assunto il ruolo di amministratore delegato. A giugno 2022 è stato nominato ad di Crai Secom, realtà presente su tutto il territorio nazionale con una rete di oltre 1.800 punti vendita. Attualmente è anche membro del Consiglio del territorio Centro Italia di UniCredit, vicepresidente di Confcommercio Oristano e membro dei Consigli direttivi di Adm e Gs1.
VANESSA FORTAREZZA
Senior vice president e country leader di Salesforce Italia
LUCIA FORTE
Ceo di Oropan
GIORGIO GABURRO
Ceo di Galleria Gaburro
DOMENICO GALEOTTI
E MASSIMILIANO PIANTA
Co-founder di Crudemon
ALBERTO GALLAS
Ceo di Gallas Group
LAURA GALLI
Presidente e amministratore delegato di 3M
ROBERTO GAVAZZI
Ceo e presidente del gruppo Bozzi De Padova
MARCO HANNAPPEL
Presidente e ad di Philip Morris Italia
GIANGIACOMO IBBA
Ad di Crai Secom
SERGIO IORIO
Founder and ceo di Italmatch
Chemicals Group
MASSIMO LA GRECA
General manager Italy and Iberica di Swarovski
SILVANO LANCINI
Executive president & general manager di Smeup
ALESSANDRO LATTUADA
Managing director di Otsuka
Pharmaceutical Italy
ERIKA LE NOAN
Presidente di Damman Frères
ROBERTO LEONELLI
Ceo Italy di Publicis Groupe
CARLO LUZZATTO
Amministratore
delegato e direttore generale di Rina
SIMONA MAGGINI
Italy country manager di Wpp
GIOIA MANETTI
Svp, ceo di Autoscout24
MATTEO MANFREDI
Founder e ceo di Gestio
Capital; presidente di Sampdoria
LORENZO MARCONI
Ceo di Scic e Schiffini
SERGIO MARULLO
DI CONDOJANNI
Ceo di Angelini Industries
FILIPPO MASCELLARO
Presidente e ad di Maxelway
International Group
LEONARDO MASSA
Managing director Italia di Msc Crociere
FRANCESCA MONACO
Ceo di Themoirè
PAOLO MONTANARO
Presidente di Mv Line Group
GIAN MARIA MORRA
Ceo di Gmm
MALACHY MUSSO
Ceo di Nord Engineering
ANTONIO NERI
President & ceo di Hewlett
Packard Enterprise
ELISABETTA NONINO
Ceo di Nonino Distillatori
GIAN MARIA MORRA
Ceo di Gmm
Imprenditore napoletano, classe 1983, ha fondato Gmm Farma, tra i leader italiani nell’importazione parallela di medicinali, con sede a Nola presso l’Interporto Campano. Nel 2021 ha dato vita a Relief Hp, con sede a Dubai, che si occupa di esportare nuovi medicinali e tecnologie in paesi in via di sviluppo. È presidente di Affordable Medicines Italia, l’associazione che rappresenta il settore del parallel trade di medicinali. Grazie anche al suo impegno e alla collaborazione con le istituzioni, a partire dal 2021 tutti i medicinali importati rimborsati dal Ssn dispongono di una riduzione di prezzo del 7% per i cittadini in tutte le oltre 20mila farmacie italiane. Morra riveste, inoltre, il ruolo di consigliere delegato per l’export della So.Farma.Morra, portando l’azienda di distribuzione farmaceutica della sua famiglia a essere presente in oltre 60 paesi nel mondo.
2024
STEFANO NOVARESI
Ceo di Knapp Italia
Laureato al Politecnico di Milano in ingegneria gestionale, ha perfezionato la sua formazione presso la Sda Bocconi, la Hult International Business School-Ashridge in Gran Bretagna e lo Iese di Barcellona. È stato C-level executive e direttore generale in società nazionali e multinazionali nella distribuzione farmaceutica. Ha ricoperto ruoli presso associazioni italiane, come Adf, Ass.ne distributori farmaceutici, Ailog, Consorzio Dafne, ed europee (Girp di Bruxelles). Professore a contratto all’Università Cattolica di Milano, è anche autore di numerosi articoli e promotore di convegni sui temi della supply chain, della leadership e dell’innovazione tecnologica. Dal 2021 è ceo di Knapp Italia.
STEFANO NOVARESI
Ceo di Knapp Italia
MARCO OGLIENGO
Founder & ceo di Jet Hr
GIUSEPPE PAGLIARA
Ceo di Nicolaus Tour
CLAUDIO PARASCHIV
Ceo & founder di Lacertosus
ANDREA PASQUALI
Ceo di Hopafin
MASSIMILIANO PELLEGRINI
Ceo di Namirial
MARCO PODINI
Presidente esecutivo e ceo di Dedagroup
MARIA LUISA PODINI
Ceo di Md
MASSIMO POZZETTI
Ceo di Pastiglie Leone
ROBERTO RABASCO
Chief sustainability and esc investment di Cementeria
Costantinopoli
PIER FRANCESCO RIMBOTTI
Fondatore e ad di Infrastrutture
ROCCO ALESSANDRO ROGGIA
Ad di Roseto Group
FILIPPO SALIS
Ceo & founder di Sfre
VALERIA SANDEI
Ad di Almawave
ALESSANDRO SAVIOLA
Presidente del gruppo Saviola
ALBERTO SCHÖN
Ceo di Rossocorsa
CRISTINA SCOCCHIA
Ceo di Illycaffè
VERONICA SQUINZI
Ceo di Mapei
RAFFAELLA TAVAZZA
Ceo di Locauto Group
ANDREA TEJA
Head of Gea Digital
FABIO TOMASSINI
Ad e general manager di Risparmio Casa
ANGELO TROCCHIA
Ceo di Safilo Group
OLGA URBANI
Presidente di Urbani Tartufi
GIOVANNI
BATTISTA VACCHI
Ceo del gruppo Colombini
MAURIZIO VEROLI
Ceo di Hoya Lens Italia
ENRICO VITA
Amministratore delegato di Amplifon
LEONARDO
VOLPICELLA
Ad di Pescaria
ANDREA ZIELLA
Amministratore
delegato Mattel Italy, sales director & Mattel creations lead Emea
GIOVANNI
ZOPPAS
Ceo di Tecnica Group
ANGELO TROCCHIA
Ceo di Safilo Group
Nato a Formia, in provincia di Latina, il 27 aprile 1963, Angelo Trocchia è il ceo di Safilo Group dal 2018. Dopo il phd in ingegneria aeronautica alla Sapienza di Roma, ha conseguito un Mba allo Stoà/Mit di Napoli. Nel 1991 ha intrapreso una lunga carriera internazionale in Unilever, ricoprendo ruoli di crescente responsabilità, fino a diventarne presidente e amministratore delegato per l’Italia dal 2013 al 2018. Oggi, in Safilo, guida il turnaround del gruppo, attraverso il riposizionamento del portafoglio di brand, la trasformazione digitale e la sostenibilità.
2024
L’energia del futuro
Un approccio nuovo alla consulenza nel campo energetico e assicurativo. È quello lanciato da Alessandro Maria Sani, imprenditore che nel 2022 ha fondato la Rainbow Consulting per offrire un supporto altamente qualificato per orientarsi in questi mercati complessi
Negli ultimi anni, il tema del costo dell'energia e della concorrenza nel settore è diventato sempre più pressante. Le fluttuazioni dei prezzi energetici e la complessità delle offerte proposte sul mercato hanno portato sia aziende che privati a dover analizzare con attenzione le opzioni disponibili, spesso presentate in modo poco chiaro o con termini tecnici di difficile comprensione. Questo genera non solo confusione, ma anche un rischio concreto di sottoscrivere contratti che possono nascondere insidie e costi aggiuntivi. A complicare ulteriormente il panorama, la crescita del settore assicurativo rende la scelta delle coperture più adatte altrettanto complessa: ogni polizza deve essere valutata con attenzione, in modo da evitare spese superflue o protezioni inadeguate.
siano essi aziende o privati, un supporto altamente qualificato per orientarsi in questi mercati complessi, attraverso un completo servizio di consulenza. "Forniamo alle aziende una consulenza approfondita ed esperta per le loro esigenze energetiche, attraverso un'analisi dettagliata dei consumi, identifichiamo le inefficienze e proponiamo soluzioni personalizzate anche
“Il 2024 rappresenta per noi l’anno delle conferme, della stabilizzazione e dell’espansione ancora più capillare sul territorio. Siamo un’azienda giovane, ma in costante crescita”
In questo contesto si inserisce Rainbow Consulting, una realtà fondata nel novembre del 2022 da Alessandro Maria Sani, un giovane imprenditore che è riuscito a cogliere l’opportunità di coniugare due settori in forte crescita: l’energia e le assicurazioni. La missione dell’azienda è infatti chiara: fornire ai clienti,
per ridurre i costi operativi. In tutto ciò sviluppiamo strategie per ottimizzare le spese e implementare pratiche di consumo più virtuose”. Un servizio che va oltre la semplice consulenza tecnica e che si traduce in un progetto di risparmio energetico e sostenibilità a lungo termine. Sani fin da subito ha cercato di bruciare le tappe e così, mentre
era ancora iscritto al corso di laurea di economia aziendale, ha iniziato a operare in un’agenzia assicurativa, come tanti giovani alle prime esperienze. Partita Iva e lavoro a provvigione per iniziare. La famosa gavetta, che, se fatta bene, porta i suoi risultati: lavoro duro, studio per aumentare le proprie skill commerciali e amministrative, corsi di formazione trasversali e un master - vinto per meriti lavorativi - alla Sda Bocconi. "Mi sono concentrato particolarmente sull’acquisizione e gestione di clientela corporate e, nonostante la giovane età, ho riscosso i primi successi, e così il mio portafoglio ha iniziato ad avere una consistenza importante e sempre più rilevante. I primi anni mi ha mosso anche un senso di riscatto, ho cercato di visualizzare il mio sogno, il mio futuro. Volevo avviare un’attività mia e creare una realtà motivante, un’azienda dove ogni collaboratore potesse sentirsi ascoltato e crescere personalmente, così da sentirsi fiero di lavorare a un progetto comune”. Da qui l’idea nel 2023 di Rainbow Consulting di ampliare la propria presenza e di aprire nuove sedi da nord a sud. “Il 2024 rappresenta
per noi l’anno delle conferme, della stabilizzazione e dell’espansione ancora più capillare sul territorio. Siamo un’azienda giovane, ma in costante crescita. Il nostro punto di forza è proprio la formazione continua di un gruppo eterogeneo, molto legato professionalmente e, soprattutto, emotivamente coeso. Per focalizzarci anche nel settore dell'energia rinnovabile, abbiamo dato vita a Ret - Rainbow Eco Transition, specializzata nella produzione e installazione di pannelli solari e fotovoltaici, sia per abitazioni che per aziende e industrie. La nostra missione è promuovere la transizione ecologica attraverso soluzioni energetiche all'avanguardia, personalizzate per massimizzare l'efficienza e ridurre l'impatto ambientale: il tutto offrendo un servizio completo e chiavi in mano, dalla consulenza iniziale all’installazione”.
Attualmente Rainbow Consulting - attraverso più di 70 collaboratori attivi distribuiti in nove sedi operative - intermedia 30 differenti compagnie, lavorando sia direttamente attraverso la propria rete commerciale, sia dando la possibilità ad altre aziende di operare con i suoi prodotti e servizi. L’obiettivo è concludere il 2024 con 2,5 milioni di fatturato, per arrivare a un incremento del 400% rispetto all’anno scorso. “E proprio perché credo nella forza della squadra”, conclude Sani, “voglio ringraziare sia Kevin Hernandez, il responsabile amministrativo della Rainbow Consulting, e Nicolas Vernaccini, general manager e mio socio in Ret. Per il 2025 l’idea è quella di creare una holding del gruppo Rainbow e coinvolgere altri professionisti, per arrivare ad almeno 150 collaboratori sparsi su tutto il territorio nazionale, permettendoci così di raggiungere
il fatturato di 10 milioni di euro, grazie anche alla creazione di una nuova società operante nel settore assicurativo dedicata alle famiglie”.
Il percorso di Rainbow Consulting è emblematico di come un’idea imprenditoriale innovativa, unita a una strategia solida e a un team motivato, possa avere successo
anche in un mercato complesso e competitivo. Con la sua capacità di adattarsi alle esigenze del mercato e la sua attenzione verso la sostenibilità, Rainbow Consulting si prepara a un futuro ricco di opportunità, continuando a crescere e a innovare per rispondere al meglio alle necessità dei suoi clienti.
IL CORAGGIO DI OSARE
UN’ALTRA VISIONE
Fondatore e ad di Gestio Capital, Matteo Manfredi ha comprato nel 2023 la Sampdoria, diventando il più giovane presidente di calcio tra Serie A e Serie B. Il suo obiettivo è riportare il club dove merita, applicando gli aspetti tipici della gestione manageriale
DDisciplina, lavoro, programma. Questa la ricetta che Matteo Manfredi ha scelto per salire sul treno giusto. Un treno che negli anni lo ha portato su due binari diversi, ma sempre più interconnessi: quelli della finanza e dello sport, con l’ingresso da protagonista nella Sampdoria, uno dei club storici del calcio italiano. Pavese, classe 1979, Manfredi è un imprenditore lucido, analitico e spassionato, con una visione chiara e una determinazione che ha radici profonde e familiari. “Essendo figlio di un banchiere, la finanza è stata da subito protagonista della mia vita”, dice. “Sono cresciuto in un ambiente in cui i tecnicismi della finanza erano all’ordine del giorno, già nei confronti da bambino con papà”. L’imprenditore, dopo la laurea in economia alla Cattolica di Milano, ha lasciato l’Italia per continuare gli studi alla Columbia University, dove si è specializzato in business administration and ma-
nagement. Una fermata necessaria per la sua formazione accademica, che però, a un certo punto, si è intersecata con un altro binario, meno convenzionale per l’alta finanza: l’esperienza di tre anni nell’esercito italiano, dove ha assunto il ruolo di tenente. “È stata una scuola di vita. Una fase importante del mio percorso, che consiglierei a tutti, anche a mio figlio. Anche se non so se riuscirò a convincerlo”, racconta Manfredi, che dopo questa avventura è tornato sul tragitto iniziale. Prima in PwC, come management consultant, dedicandosi principalmente a operazioni multi-asset e assistenza a istituti bancari del Regno Unito, e poi in Barclays Bank e in Lloyds Group, dove si è occupato di consulenza strategica per operazioni di sviluppo di carattere internazionale.
Esperienze che, dopo la crisi dei mutui sub prime del 2008, lo hanno portato “verso il suo treno”: la creazione di Gestio Capital, multi family office con sede a Londra e poi anche a Milano (soprattutto per gli effetti della Brexit), di cui è ancora presidente e amministratore delegato. L’obiettivo era offrire una gestione patrimoniale indipendente e personalizzata per ottimizzare gli asset dei clienti. “Osservavo da vicino il settore del wealth management e notavo come molti clienti, pur avendo grandi patrimoni, venissero gestiti in modo inadeguato. Anche nelle grandi banche, i clienti erano solo numeri”, afferma. Questo, unito alla complessità delle infrastrutture bancarie, creava una situazione in cui molte opportunità di valorizzazione degli asset
venivano perse. Manfredi e il suo team si rivolgono a un numero ristretto di clienti - principalmente imprenditori che hanno liquidato del tutto o in parte la loro azienda e necessitano di una gestione complessa del loro patrimonio - per garantire un servizio altamente personalizzato. “Una delle caratteristiche distintive di Gestio Capital è il suo ruolo di external asset manager. Non tocchiamo mai i conti dei nostri clienti”, spiega Manfredi. “Non ci occupiamo dell’attività di custodia, che rimane in seno alla banche, ma della gestione patrimoniale, per ottimizzare le strategie di investimento riducendone i costi, spesso molto elevati e ancora nascosti”.
L’approccio di Manfredi è quello di diversificare gli investimenti dei clienti, bilanciando strumenti liquidi con una piccola porzione di asset illiquidi, come il private debt e il real estate, e seguendo al tempo stesso idee capaci di rivoluzionare i mercati. Un’allocazione degli investimenti molto simile a quelle di realtà ancora più importanti, come Iconiq Capital di Mark Zuckerberg, che integra ed equilibra il rischio e le aspettative di ritorno. In questo modo Gestio è riuscita a scovare e inserire nel suo portafoglio diverse chicche. Tra queste spiccano l’investimento nel settore farmaceutico in Ghana e in Uganda, quello in SpaceX, l’azienda aerospaziale di Elon Musk, e quello in OpenAI, la società fondata da Sam Altman, madre di ChatGPT. “Forse
Matteo Manfredi, 45 anni, è originario di Pavia. Nell’altra pagina, la tifoseria della Sampdoria.
è l’investimento di cui sono più orgoglioso. Anche perché siamo riusciti a entrare in uno dei momenti migliori, in contemporanea con Microsoft”, dice Manfredi.
Nell’estate del 2023 l’imprenditore è entrato letteralmente in campo, acquisendo la Sampdoria, prossima al fallimento. “È stata un’occasione di mercato. È vero, ci abbiamo ragionato più e più volte, ma alla fine ha prevalso la passione, la volontà di salvare e di riportare in auge un club storico del calcio italiano ed europeo”. Una decisione un po’ in controtendenza con l’animo analitico e lucido di Manfredi, oggi il più giovane presidente tra Serie A e Serie B. “Non lo nego, anche io sono stranito. Vorrei vivere la società come se fosse un semplice asset, ma non ci riesco. La Sampdoria risponde a logiche differenti, soprattutto per la responsabilità che abbiamo verso i nostri tifosi e il sistema calcio. Il calcio, e in generale lo sport, ha una componente emotiva e sensoriale che nessun altro settore è capace di generare”. Questo però non significa che non si possano applicare aspetti tipici della gestione manageriale. Manfredi è determinato a introdurre una governance chiara e una programmazione di medio-lungo termine. “La scommessa è quella di riuscire ad applicare al calcio logiche di programmazione e di lungo termine che spesso vengono a mancare”.
L’obiettivo, in sintesi, è quello di riportare stabilità nella società, assicurando che ogni parte del club, dalla dirigenza al centravanti, sposi la causa e lavori con una visione comune. “Bisogna venire a Genova, crederci e portare avanti il progetto. A prescindere da tutto”, afferma. Tesi che trova esempio in un aneddoto della scorsa stagione. Due giorni prima della sfida interna contro il Palermo del 4 novembre 2023, Manfredi ha richiamato in ritiro i suoi dopo alcune prestazioni negative. “Mi davano del pazzo. Ma avevo bisogno di avere un confronto con loro. Anche perché alcuni non sapevano cosa fosse la Sampdoria, non sentivano quel senso di appartenenza. Se perdiamo, ho detto loro, l’allenatore resterà il medesimo anche per le prossime partite”. Risultato? I blucerchiati hanno vinto uno a zero e hanno cominciato una salita che li ha portati fino ai playoff per la Serie A. Obiettivo che in questa stagione la Samp insegue senza attenuanti, soprattutto dopo l’ultima campagna acquisti e l’investimento di circa 100 milioni di euro nel giro di due anni. “Per noi questo è l’anno, soprattutto dopo gli sforzi economici che abbiamo fatto. Vogliamo essere ciò che diciamo di essere e scrivere una nuova pagina della nostra storia”. F
di Enzo Argante
La grande sete
L’Italia ha un grave problema idrico. Non riguarda solo l’acqua da bere, ma anche quella che serve alla produzione agroalimentare e industriale. Una soluzione potrebbero essere i dissalatori. Ma bisogna fare più sistema e snellire la burocrazia
INIn Sicilia sono stati spesi inutilmente 3,5 miliardi di euro, con laghi svuotati e una diga in costruzione da quasi 50 anni. In Basilicata - che serve anche la Puglia - e in Sardegna mancano circa 1 miliardo di metri cubi d’acqua all’anno. Soprattutto, c’è un acquedotto colabrodo che perde più di 41 litri ogni 100 immessi nelle reti di distribuzione. Segnali inquietanti di un futuro di siccità che incombe sul nostro Paese, che danno il senso della tragedia ambientale ed economica che si sta consumando. Perché non si parla solo di acqua da bere, ma anche di quella che serve alla produzione agroalimentare e industriale in generale. Luigi Patimo, presidente della Camera di Commercio di Spagna in Italia, è anche il country manager italiano di Acciona, multinazionale che fa degli impianti di dissalazione uno dei business portanti. Dissalatori: ecco la principale soluzione alla grande sete in un Paese che ha quasi ottomila chilometri di coste pronte all’uso.
Forse la prendiamo sottogamba. La grande sete non minaccia solo il sistema alimentare, ma la sopravvivenza stessa del pianeta. La grande sete ha, purtroppo, una storia
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lunghissima che stiamo cercando di interrompere, perché siamo tutti consapevoli che il pianeta sta soffrendo. Voglio citare un dato su tutti: negli anni ‘70 l’Italia era il primo produttore mondiale di frutta, che ha bisogno di tanta acqua, così come tanti altri tipi di colture. La Spagna era seconda, ma ci ha superato ed è tuttora prima. L’Italia è scesa progressivamente e nel 2020 è uscita dalla top 10. Questo argomento ha un filo conduttore: non siamo stati in grado di approvvigionarci di acqua come avremmo dovuto. Perché? Perché il sud della Spagna è coperto da sistemi di dissalazione dell’acqua e viene utilizzata la tecnologia dell’osmosi inversa, che ha fatto passi da gigante nell’ultimo periodo, facendo diminuire l’impegno energetico da 23 kilowattora per metro cubo di acqua prodotta a 2,5. Praticamente dieci volte in meno rispetto a 30 anni fa. Acqua dissalata significa irrigazione dei campi, miglioramento delle condizioni economiche degli agricoltori, contrasto ai periodi di siccità che, negli ultimi anni, si susseguono sempre più numerosi.
Questa consapevolezza c’è a livello politico e finanziario?
La politica affronta la questione con le misure che ritiene più opportune e lo fa con gli strumenti tipici della politica. Ritengo, comunque, che serva una programmazione industriale adeguata. In soli nove mesi abbiamo realizzato dissalatori per conto di alcune delle principali industrie italiane. E ci sono, invece, amministrazioni pubbliche che pianificano da anni la costruzione di questi impianti fondamentali per l’approvvigionamento idrico. C’è di mezzo la lentezza della burocrazia, certo, con problemi serissimi legati alle autorizzazioni, alle valutazioni di impatto ambientale.
Sta cambiando qualcosa? Stiamo affrontando la questione in maniera adeguata e sistemica?
Ultimamente c’è una diversa sensibilità e, quindi, un miglioramento della percezione della necessità di questi strumenti. Questo non risolve definitivamente il problema, ma sicuramente aiuta. Si sta andando nella giusta direzione, ma c’è ancora troppa burocrazia: vanno snellite le procedure per autorizzare gli impianti, ma soprattutto vanno affidate le procedure a un soggetto industriale. I volenterosi sindaci di comuni più o meno importanti che si improvvisano gestori di questa emergenza non sono sufficienti: è necessario farlo a livello industriale, con un programma a medio e lungo termine, coinvolgendo le associazioni di categoria. Noi l’abbiamo fatto con importanti risultati e, in particolare, le grandi utility italiane hanno dimostrato di avere le capacità di velocizzare questi processi. Per questo, insieme a loro, dobbiamo cercare di cambiare il sistema.
I dissalatori sono una soluzione importante alla grande sete, se non quella principale. Ci sono controindicazioni, per esempio a livello di impatto ambientale?
Il dissalatore entra in un sistema protetto, che è quello dell’area marina, e l’unica cosa che fa è restituire una quantità d’acqua con il doppio dei sali al mare. Non ci sono controindicazioni, nessun episodio di inquinamento. Solo in alcuni casi, in presenza di grandi dissalatori, è stato notato un diradamento della posidonia. Ma questo accade se l’acqua viene scaricata direttamente sulla posidonia, circostanza che non si verifica mai, anche grazie ai sistemi dei reticoli di distribuzione dell’acqua e di restituzione per osmosi diretta al mare. Sono problemi di poco conto se si considera che, senza i dissalatori, siamo in grossa difficoltà sia da un punto di vista di approvvigionamento idrico primario, quindi di acqua potabile, che da quello agricolo. I primi progetti realizzati nel sud della Spagna per la dissalazione in agricoltura risalgono alla fine degli anni ‘90, con grandi benefici all’agricoltura e all’industria. Non solo: sugli utenti italiani grava un costo dell’energia molto elevato. Paghiamo l’energia elettrica più del doppio rispetto alla media europea e non ci sono politiche energetiche dedicate all’approvvigionamento idrico. A questo proposito, sarebbe utile che la politica favorisse la sinergia tra il sistema industriale e il sistema di approvvigionamento idrico, per creare le condizioni ideali per produrre questo bene importantissimo a un costo compatibile con le tasche dei cittadini.
Acciona è una multinazionale spagnola, sostenibile anche in altri campi, come quella delle infrastrutture. In Italia qual è la situazione in questo settore?
Ci occupiamo di importanti infrastrutture aeroportuali e portuali, di grandi collegamenti autostradali, della realizzazione delle gallerie che molto spesso accorciano le distanze e riducono drasticamente i tempi di percorrenza, a vantaggio della produttività. In questo settore in Italia c’è ancora molto da fare e il Paese ne ha davvero tanto bisogno. Con il Pnnr c’è una grandissima occasione per fare bene anche nei prossimi anni. Servono infrastrutture più estese ed efficienti, ma serve anche massima attenzione alla corretta manutenzione e alla gestione. Non tenerne conto nei futuri budget sarebbe un grave errore. F
di Emilio Cozzi
Ombre europee
Fra crisi estive e una concorrenza sempre più aggressiva dall’America, lo spazio francese teme anche il sorpasso dell’Italia. Uno scenario da approfondire secondo Simonetta Di Pippo, ex direttrice dell’Ufficio spazio all’Onu e oggi alla guida dello Space Economy Evolution Lab di Sda Bocconi
PPiù di un fremito ha animato l’estate spaziale: il ritorno in orbita con Ariane 6 non ha risolto tutti i problemi di sovranità europea, anzi. Prima il presidente dell’agenzia spaziale francese, Philippe Baptiste, poi David Lisnard e Jean-Luc Moudenc, sindaci rispettivamente di Cannes e di Tolosa, hanno suonato l’allarme: Baptiste nei confronti della concorrenza di compagnie come SpaceX, che a suo dire dovrebbe portare a imporre solo lanciatori made in Europe agli stati dell’Unione; i due sindaci, per paventare un sorpasso dell’Italia sulla Francia, anche a fronte di un momento difficile per Airbus e Thales, e ribadendo implicitamente rivalità e frammentazioni nel continente. Frattanto SpaceX non ha rallentato il proprio ritmo e, a fine agosto, ha scritto l’ennesimo record: due missioni lanciate a distanza di un’ora e cinque minuti l’una dall’altra. Abbiamo chiesto un parere su cosa stia succedendo a Simonetta Di Pippo, per otto anni direttrice dell’Unoosa, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico, e oggi alla guida dello Space Economy Evolution Lab di Sda Bocconi.
Di Pippo, in due mesi SpaceX è passata attraverso due indagini della Federal Aviation Administration, in entrambi i casi tornando a volare in pochi giorni. Possiamo parlare dav-
vero di concorrenza tra Ariane 6 e Falcon9 e, in generale, fra Europa e America?
Per parlare di concorrenza dovremmo avere due oggetti comparabili, ma Falcon9, e in generale gli Stati Uniti, e Ariane 6, e in generale l’Europa, non lo sono. E questo non solo perché il primo volo di Ariane 6 è arrivato in ritardo rispetto alle attese, che è una questione importante ma non cruciale. Occorrerebbe risalire a quando l’Esa decise di abbandonare Ariane 5 e sviluppare il suo successore: in quel momento, nel 2014, Elon Musk andava già alla grande, la sua tecnologia con booster riutilizzabili preludeva a una conquista inesorabile del mercato. Per accorgersene, sarebbe bastata una visita nel 2010 o nel 2011 alla sede di SpaceX a Hawthorne. Certo, oggi, con booster e motori prodotti come in una catena di montaggio e quattro rampe a disposizione, lanciare a distanza di un’ora diventa possibile e, presto, sarà la normalità. La domanda da porsi a livello europeo è: anche se snellissimo le procedure rivedendo il concetto di georitorno (per il quale a ogni paese membro dell’Esa è garantito un investimento industriale sul territorio nazionale proporzionale a quanto versato, ndr) riusciremmo a essere competitivi?
Purtroppo no. E per capire il perché servirebbe appunto ripercorrere la storia dell’Esa, che è un’organizzazione intergovernativa. Significa che sono gli stati membri i responsabili delle decisioni. In questo quadro, parlare di concorrenza è arduo.
Ariane 6 promette di essere affidabile quanto il predecessore, ma non molto concorrenziale in quanto a costi di lancio. È un vettore nato vecchio?
Ariane 6 è un gioiello, ma a volte scelte strategiche scorrette sono la discriminante per il successo di uno sviluppo. L’Europa dovrebbe interrogarsi sul perché decise come decise e capire come evitare gli stessi errori in futuro. Che cosa manca, ancora, per
sviluppare un ecosistema efficiente come quello statunitense, in termini servizio di lancio? Manca un approccio meno protezionistico dello status quo, che tuttavia sappiamo essere una questione che l’Europa deve affrontare non solo nel settore spaziale. Si parla molto di new space e di come sia facile andare nello spazio; beh, non lo è. Le startup che non riescono a fare il salto di qualità necessario abbondano; spesso vengono finanziate idee che poi si fatica a mettere a terra e gli investitori hanno scarsa contezza delle peculiarità del settore. Attenzione poi a pensare che piccolo sia necessariamente bello, e mi riferisco al comparto satellitare: è vero, piccolo è bello, sempre serva scopi specifici. Per ottenere prestazioni più precise e, talvolta, uniche, forse piccolo è meno bello, almeno per il momento.
Proprio sugli smallsat, La Tribune ha fatto scoppiare un caso evocando un sorpasso imminente dell’Italia sulla Francia. È una prospettiva verosimile?
Ammetto di non capire il concetto di sorpasso. Il mondo è competitivo, la space economy rappresenta la spina dorsale dell’economia del futuro, ergo più competenze distribuite ci sono, meglio è per tutti.
L’allarme francese riguarda la scarsa lungimiranza nella programmazione: aziende come Thales e Airbus accusano una richiesta bassa di grandi satelliti e soffrono sugli smallsat. Eppure la Francia ha creato incubatori per far crescere nuove realtà dedicate proprio ai piccoli satelliti. Che cosa ne pensa?
Che, sempre sia corretta, la strategia francese non darà risultati subito. Il problema è cosa accadrà nel frattempo.
Intanto, mentre il 72% delle vendite spaziali globali è generato dai mercati istituzionali (difesa, meteorologia e scienza), la Francia fa eccezione, con solo il 49%. Ma avere un mercato meno dipendente dalle risorse pubbliche non è indice di una competitività più alta?
Sugli investimenti istituzionali il discorso è sempre lo stesso: obiettivi sfidanti, tecnologie nuove
da sviluppare, finanziamenti pubblici o forme di partenariato pubblico-privato sempre più innovative. Quanto riportato sul sistema francese mi sembra un interessante problema statistico, ma la forza di un’azione strategica consiste nel saper coniugare azioni incisive a breve termine con obiettivi lungimiranti. Se questo sia il caso della Francia, lo scopriremo presto.
Il sorpasso dell’Italia viene perlopiù accreditato alla costellazione Iride, finanziata accedendo al Pnrr. Che cosa succederà dopo? Si rischia di ‘drogare’ il mercato o abbiamo un ecosistema capace di procedere con le sue gambe?
Nella sua storia, l’Italia ha lanciato circa 80 satelliti, di cui 14 commerciali, diversi cubesat, e solo 31 registrati in base alla Convenzione sulla registrazione degli oggetti lanciati oltre l’atmosfera. Significa che la costellazione Iride per l’osservazione della Terra, costituita da 35 satelliti, entro il 2026 metterà in orbita la stessa quantità di oggetti spaziali istituzionali lanciati dal 1964, quando il 15 dicembre diventammo la terza potenza spaziale al mondo con il San Marco. Adesso servirà garantire continuità. L’azione incisiva a breve termine è stata impostata; concentriamoci sulla lungimiranza. F
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ll viaggio alla scoperta delle Eccellenze Italiane
Il roadshow nei territori è il progetto che ci dà l’occasione di incontrare direttamente “a casa loro” gli imprenditori per parlare di temi di loro interesse come l’accesso al credito, l’internazionalizzazione, la sostenibilità e l’innovazione. Per parlare di questi argomenti coinvolgiamo gli esperti di settore capaci di spiegare con precisione le nuove tendenze di mercato, gli sviluppi legislativi e le soluzioni più idonee per ogni imprenditore. Per il 2024 e 2025 il nostro tour prevede 10 tappe distribuite su tutto il territorio italiano.
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Forlì - Cesena Maggio
Varese Novembre
SPINTA VERDE
DDecarbonizzazione, digitalizzazione e distribuzione. È intorno a questi tre pilastri che si fonda la visione aziendale di E.On Italia , società che ha deciso di uscire dalla generazione da fonti fossili nel 2015, concentrandosi su clienti, reti e soluzioni per la generazione distribuita. Affermandosi così come uno dei protagonisti della transizione energetica. Tema ampio e complesso, che racchiude tanti obiettivi: dal risparmio energetico all’indipendenza energetica, uno dei punti cardine della strategia europea, come dimostrano i recenti progressi del piano d’azione RepowerEu, lanciato a maggio 2022 dalla Commissione in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Nei due anni trascorsi dall’avvio del piano sono state ridotte le importazioni di carbone, petrolio e gas russi, è diminuita del 20% la domanda di gas e ed è aumentata sensibilmente la diffusione delle energie rinnovabili nell’Ue. Se nel 2021 l’energia elettrica proveniva per il 39% da fonti rinnovabili e per il 36% da combustibili fossili, nel 2023 questi dati sono passati al 45% e al 28%.
per la generazione rinnovabile da fotovoltaico ai sistemi di accumulo, passando per le soluzioni di riscaldamento e raffrescamento, con 1,54 terawattora di energia verde fornita ogni anno. “Investiamo molto nel fotovoltaico e nell'accumulo di energia perché crediamo nel futuro dell’autoconsumo”, spiega Luca Conti , ceo di E.On Italia. Grazie a questa tecnologia, infatti, i clienti possono produrre energia in modo autonomo, accumularla e utilizzarla, riducendo la dipendenza dalla rete nazionale e dalle
getica e sull'eliminazione degli sprechi. "Formare le nuove generazioni è fondamentale per creare una cultura del risparmio energetico e della sostenibilità”, sottolinea Conti, che con la società promuove anche diversi progetti nel campo della tutela ambientale, come le iniziative Energy4Blue per la protezione dei mari, in collaborazione con Ioc Unesco, e Boschi E.On, che ha portato alla piantumazione di 118mila alberi in Italia. "Non vogliamo essere solo fornitori di soluzioni efficienti, ma anche attori di un cambiamento culturale verso un mondo più sostenibile", insiste Conti. Un impegno che la società dimostra anche con i numeri riportati nel suo ultimo bilancio di sostenibilità, relativo al 2023. Anno in cui E.On ha evitato, grazie all’energia verde fornita, l’emissione di 730mila tonnellate di CO2, ha installato 25mila soluzioni innovative, tra cui 4.400 impianti fotovoltaici residenziali, e promosso oltre 1.100 ore di volontariato aziendale.
In questa direzione, E.On guida la transizione energetica in Europa con oltre 47 milioni di clienti e 1,6 milioni di chilometri di reti di distribuzione. In Italia si conferma leader nel campo dell’innovazione energetica, con l’implementazione, solo nel 2023, di oltre 25mila soluzioni, che spaziano dagli impianti
oscillazioni dei prezzi energetici. Una svolta essenziale per il settore e per le abitudini e le richieste dei consumatori che, finalmente, dopo anni di scetticismo, stanno diventando parte integrante di questa grande sfida. Qui E.On ha avuto un ruolo di grande importanza, con la continua attenzione al tema dell’educazione alla sostenibilità. Per esempio, con il Progetto Scuole E.On il gruppo ha coinvolto, solo nell’ultimo anno, oltre 21mila studenti italiani in iniziative di sensibilizzazione sull'efficienza ener -
Dati rilevanti ai quali si aggiungono oltre un milione di clienti nel 2024 –traguardo raggiunto con la liberalizzazione del mercato residenziale -, 662 dipendenti (in crescita del 13%), un ebitda rettificato di gruppo di 4,9 miliardi di euro e un utile netto di 1,8 miliardi di euro al 30 luglio 2024, in linea con le aspettative. La società ha riconfermato l’orientamento per l’anno fiscale: ebitda tra gli 8,8 e i 9 miliardi di euro e utile netto tra 2,8 e 3 miliardi di euro. Una corsa che trova riscontro negli investimenti previsti: 2,9 miliardi nella transizione energetica solo nella prima metà del 2024, oltre il 20% in più
La società ha creato l'E.On Academy, con cui offre 100 ore di formazione gratuita a neodiplomati e lavoratori desiderosi di riqualificarsi nel mondo delle energie rinnovabili
rispetto allo scorso anno. La maggior parte di questi investimenti, circa 2,1 miliardi, è stata destinata all'espansione, all'aggiornamento e alla digitalizzazione dell'infrastruttura di rete di E.On. Entro il 2028 la società prevede di investire un totale di 42 miliardi di euro per potenziare le reti di distribuzione e migliorare l’efficienza energetica degli edifici. "La transizione energetica richiede
competenze specifiche e investimenti consistenti", evidenzia Conti. A questo proposito, la società in Italia ha creato l’E.On Academy, attraverso la quale offre 100 ore di formazione gratuita a neodiplomati e lavoratori desiderosi di riqualificarsi nel mondo delle energie rinnovabili, per inserirli nella squadra di installatori di impianti fotovoltaici e termoidraulici dell’azienda. “E.On Academy vuole rappresenta -
re un polo d’eccellenza nella formazione di nuove figure professionali green”, dice Conti. “Vogliamo risponde re in maniera concreta alla crescente domanda di installatori specializzati, figure fondamentali per attuare la transizione energetica del nostro Paese. Inoltre, l’academy è anche al servizio dei nostri partner, che potranno usufruire di training e aggiornamenti in base alle specifiche necessità”. F
n BEST IN CLASS n
Il motore dell’industria
Intel ha presentato una nuova generazione di processori, elemento chiave per il funzionamento di settori che vanno dal manifatturiero alla difesa. “ora vogliamo riequilibrare la filiera, che è sbilanciata verso oriente”, dice il manager nIcola ProcaccIo
NNessuna auto potrebbe muoversi nelle strade senza un bagaglio tecnologico fatto di microchip. Una vettura elettrica, in media, ne prevede addirittura alcune migliaia. Nessun aereo potrebbe volare, nessun drone potrebbe portare medicine nelle zone di guerra, nessun satellite potrebbe garantire le trasmissioni. Per questi e altri 1.000 motivi i microprocessori sono da considerarsi il nuovo petrolio. Solo i microchip permettono il funzionamento di industrie che vanno dal manifatturiero alla difesa. Questa indispensabilità li ha trasformati in oggetti del desiderio per gli stati e li ha resi destinatari di investimenti miliardari in ricerca e sviluppo. “Il fenomeno non ci stupisce”, commenta Nicola Procaccio, Emea client computing marketing director e Italy country lead di Intel. “Dal lancio del 4004 in poi abbiamo continuato a scandire i ritmi dell’innovazione e dire che oggi i microprocessori siano il nuovo petrolio è molto calzante. L’economia che si basa sui semiconduttori arriverà a valere 1.000 miliardi di dollari entro 2030. Nei prossimi 50 anni questo sarà un asset strategico a livello geopolitico, proprio come lo è stato il petrolio nei 50 anni precedenti. Ma a differenza del petrolio, per i chip possiamo decidere dove aprire gli impianti di produzione. Intel ambisce a riequilibrare la filiera, che oggi è sbilanciata verso l’Oriente:
1.000 mld $
Il valore previsto per l'economia basata sui semiconduttori nel 2030
80%
La quota dei chip più avanzati che viene prodotta in Asia
l’Asia produce circa l’80% dei chip più avanzati. Lo sforzo di Intel, unica azienda non asiatica a poterlo fare, è riequilibrare la situazione, investendo negli Stati Uniti e in Europa, e rendere più sostenibile e resiliente la filiera, per evitare interruzioni e carenza di prodotti come avvenuto durante la pandemia, costringendo interi settori a fermarsi”.
All’Ifa di Berlino avete presentato gli ultimi frutti della vostra ricerca e sviluppo, i processori Intel Core Ultra. Cosa cambierà?
I nuovi Intel Core Ultra Serie 2, nome in codice Lunar Lake, sono i processori basati sulla tradizionale architettura x86 per pc più efficienti mai realizzati. Sono in grado di offrire le prestazioni richieste dal pubblico più esigente, ottimizzando il risparmio energetico per pc portatili sottili e leggeri.
Il grande tema di oggi è la diffusione dell’intelligenza artificiale generativa in tante attività umane, a cominciare dal miglioramento della produttività. I Core Ultra Serie 2 rispondono a questa domanda?
Questa nuova generazione di microprocessori segna un nuovo standard di settore per i cosiddetti AI pc, cioè quelli che consentono l’uso dell’IA anche senza internet, grazie alla potenza di elaborazione dedicata, all’efficienza, all’ampia compatibilità, con oltre 500 modelli di IA già ottimizzati e tantissime applicazioni supportate, e a un miglioramento enorme nella grafica integrata. Come è nostra tradizione,
n BEST IN CLASS n
ascoltiamo le esigenze degli utenti e dei partner, tra cui circa 100 costruttori di hardware a livello globale, e in base a queste indicazioni indirizziamo le soluzioni tecnologiche. Abbiamo visto che l’efficienza è il focus principale. La nostra architettura è stata costruita da zero con questo obiettivo. Si rinnova la presenza di un terzo motore di elaborazione oltre a cpu e gpu, ovvero l’npu, unità di elaborazione neurale, che ora offre fino a 48 Tops, ovvero 48mila miliardi di operazioni al secondo di accelerazione IA, mentre abbiamo notevolmente migliorato l’efficienza della cpu, costituita da core più performanti (p-core) e core più efficienti (e-core), dando a questi ultimi una funzione più ampia che in passato, a beneficio del risparmio dei consumi.
Dove trovare questi nuovi processori annunciati alla recente fiera berlinese?
Sono all’interno di quasi 100 AI pc prodotti dalle nostre storiche azien-
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Quali saranno i prossimi passi di Intel?
Continuiamo a fare tecnologia per migliorare la vita delle persone. Abbiamo una roadmap molto solida, sia per i pc che per i data center, l’IA e il software. Il prossimo passo è continuare a migliorarci.
Chiudiamo tornando all’inizio. La legge di Moore, che ha guidato il progresso tecnologico dei vostri prodotti, si arresta di fronte al limite fisico della miniaturizzazione. Come avete superato tale limite oggettivo?
de partner. Ricordo che questa nuova generazione di pc consumerà fino al 50% di batteria in meno rispetto alla precedente. Io che viaggio per lavoro chiedo ai nuovi pc leggerezza per facilitare la mobilità, resistenza della batteria, che possa coprire tutta la giornata lavorativa, e, ovviamente, sicurezza. Ma non basta. Oggi chi usa un pc ha bisogno di gestire rapidamente le applicazioni necessarie e Intel offre proprio questo.
Se tradizionalmente la legge di Moore veniva portata avanti con il cosiddetto modello tick-tock - in una generazione si rimpiccioliva il processo produttivo e in quella successiva si ottimizzava l’architettura -, adesso si agisce su più leve: advanced packaging, ovvero il modo in cui i transistor sono impilati nello spazio, che consente di aumentarne la densità; poi ci sono la ricerca sui materiali, le interconnessioni, il software. Continua a essere importante anche l’avanzamento della tecnologia del processo produttivo, e secondo la nostra roadmap il prossimo anno usciremo con il nodo 18A, dove A sta per Ångström, quindi 1,8 nanometri, e poi proseguiremo con il 14A. I core di Intel Core Ultra Serie 2 sono fatti con processo produttivo a tre nanometri fornito da fonderia esterna, che è stato possibile utilizzare grazie alla tecnologia di packaging avanzato di Intel Foveros 3D, che consente di inserire più processi produttivi diversi all’interno di un singolo chip, scegliendo quello più opportuno per ogni funzione. Il processore è ormai un system-on-a-package, con diversi mattoncini, chiamati tile, e in quest’ultima generazione anche la Ram è integrata nel processore. Ci sono numerose opzioni possibili per raddoppiare il numero dei transistor per dispositivo alla cadenza richiesta dai clienti. La Legge di Moore si ferma solo quando l’innovazione si ferma e non è certo il nostro caso: puntiamo a raggiungere 1.000 miliardi di transistor in un singolo device entro il 2030. F
70 anni in salute
Zaccanti è un distributore di strumenti e apparecchiature elettromedicali nato nel 1954. oggi è alla terza generazione imprenditoriale, rappresentata dal ceo Salvatore Bocchetti. che vuole innovare, ma salvaguardando i principi che hanno sempre ispirato l’attività
ZZaccanti distribuisce da anni sul mercato italiano strumenti e apparecchiature elettromedicali dei brand più importanti. Quest'anno la società, che ha la sede a Bologna, festeggia i 70 anni dalla nascita. Per l’occasione abbiamo chiesto al suo ceo, Salvatore Bocchetti, di raccontarci la storia dell’azienda e dirci quali sono i suoi prossimi obiettivi.
Quali sono le origini di Zaccanti?
Tutto è partito, nel 1954, dalla passione per la medicina e le nuove tecnologie di Silvio Franco Zaccanti, che fondò l'azienda e diede inizio a una storia fatta di passione per la ricerca e l'innovazione. L'idea di Silvio era
ricercare e individuare strumenti, apparecchi e soluzioni per migliorare la performance del Servizio sanitario nazionale, a tutela della salute del paziente. Questo obiettivo verrà perseguito anche da Carlo Zaccanti, figlio di Silvio, alla guida dell'azienda dal 1970 al 2007. Carlo è stato un imprenditore visionario, impegnato nella ricerca di strumentazioni in grado di ridurre l'invasività degli interventi tradizionali. È stato un precursore in Italia della chirurgia minivansiva e laparoscopica. Con lui è nata l'idea del primo ospedale per la conservazione di cellule staminali, che purtroppo non riuscì a vedere realizzato a causa della sua improvvisa e tragica scomparsa. Io rappresento, quindi, la terza generazione alla guida della Zaccanti, di cui sono ceo dal 2009. In questi anni la società ha subito un rinnovamento profondo, pur salvaguardando i principi che hanno sempre ispirato la sua attività. La
Zaccanti coniuga storia e innovazione. Siamo un’azienda locale radicata sul territorio che mi piace definire una piccola multinazionale, per la struttura e l'organizzazione messa a punto soprattutto negli ultimi anni.
Che cosa vede quando guarda al settore in cui opera la società? Che cosa è servito per conquistarne il vertice?
Evoluzione, ricerca, passione. Quello dell'elettromedicale è un settore in continua evoluzione. La tecnologia corre veloce e per questo la Zaccanti ha sempre riservato la massima attenzione alla ricerca di strumenti e apparecchiature elettromedicali di ultima generazione, per garantire una sanità antropocentrica, in cui al centro stanno l’operatore della sanità e il paziente. La passione per la ricerca è rimasta invariata nei 70 anni della nostra storia. E proprio la passione, il know how e le sinergie costruite in tanti anni di lavoro ci hanno consentito di crescere e migliorarci, fino a essere da anni leader nel settore.
Che cosa la rende più orgoglioso tra i traguardi raggiunti dall’azienda?
I risultati di continua crescita della Zaccanti non sono certo scontati. Abbiamo anche vissuto momenti di difficoltà, per esempio quello legato alla spendig review tra il 2011 e il 2012. Grazie alla dedizione al lavoro e all’attaccamento all’azienda di tutti i dipendenti e i collaboratori, però, siamo riusciti a superare i momenti difficili e a crescere triplicando il fatturato. Per noi sono fondamentali le persone.
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Quali obiettivi si dà Zaccanti per i prossimi anni?
Mantenere una costante attenzione a tutte le evoluzioni del settore, grazie anche alla partnership funzionale con le migliori aziende e i migliori professionisti. Lavorare per assicurare un’importante crescita, affinchè la Zaccanti abbia sempre un posizionamento cardine sul mercato, che le permetta l’immissione della tecnologia più innovativa, a salvaguardia della salute del paziente. Festeggiamo i 70 anni di storia con un’importantissima novità: a maggio abbiamo lanciato, ricevendo subito grande riscontro, il progetto Téleion, che nasce dal desiderio di creare un prodotto unico nel suo genere, espressione delle migliori qualità e tecnologie sul mercato, applicate alle sale operatorie chiavi in mano. Grazie alla nostra esperienza ci proponiamo oggi come primo player sul mercato ad avere un prodotto chiavi in mano, con un know how e un installato di apparecchiature costruiti in tanti anni di esperienza.
Che cosa c'è nel futuro prossimo del settore healthcare in Italia?
La sanità pubblica vive un momento di grandi criticità. Il sistema sanitario nazionale appare sempre più a rischio. La pandemia ha modificato le aspettative dei cittadini, richiedendo un sistema più efficiente e accessibile. In questo contesto, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) offre un’opportunità unica per riformare il settore, promuo-
Salvatore Bocchetti. Nell'altra pagina, gli uffici di Zaccanti.
"Carlo Zaccanti è stato un imprenditore visionario.
Con lui è nata l'idea del primo ospedale per la conservazione delle cellule staminali"
vendo l’innovazione e la digitalizzazione per trasformare l’ecosistema attraverso gli investimenti. Infine, un tema che mi sta molto a cuore: il payback, che rischia di avere un grave impatto sulle imprese, sui lavoratori e sull’esercizio dei diritto alla salute di tutti i cittadini. È necessario trovare una soluzione alle conseguenze che l’applicazione della misura oggetto della recente sentenza della Corte costituzionale, secondo cui il payback sarebbe un fondo sociale che costituisce un contributo di solidarietà, potrebbe avere sul sistema. È indispensabile invertire velocemente la rotta, attraverso l’intervento tempestivo delle istituzioni, con un piano di azioni concrete. In qualità di membro del consiglio di presidenza elettromedicale di Confindustria dispositivi medici, lavorerò per modificare il sistema. F
Inseguendo il sole
Fondata dieci anni Fa, la siciliana Tresun è diventata una delle principali società italiane nel settore Fotovoltaico utility scale. e sogna ancora più in grande: “vogliamo essere la prima azienda in europa per qualità e quantità dei servizi”, dice il ceo, MassiMo alfredo lauria
UUna caccia al sole quella di Massimo Alfredo Lauria, che lo ha portato a lasciare l'attività di geometra per diventare prima direttore generale di un istituto di vigilanza e poi co-fondatore e ceo del gruppo Tresun, eccellenza italiana nel settore fotovoltaico utility scale fondata nel 2014, che ha oggi quasi 200 dipendenti, con un fatturato di svariati milioni di euro.
Lauria, com’ è stato il percorso di crescita di Tresun?
Mistico e glorioso, in quanto tutto è nato dalla sofferenza economica di tre ex colleghi di lavoro, oggi soci, che non percepivano lo stipendio da otto mesi. Eravamo in grandi difficoltà economiche e avevamo famiglia, ma anche una grandissima voglia di fare e un progetto da seguire. Questo è stato fondamentale. Perciò dico sempre, specialmente ai giovani: prendete carta e penna e scrivete, progettate il vostro futuro. Non è stato facile, ma devo dire che era, è stato e sarà il nostro destino. Avevo e continuo ad avere una missione chiara e determinata, fatta di passione, tanta curiosità e molto studio. Sono stato caparbio a trasmettere questa mia visione sul futuro delle rinnovabili ai miei due soci, Domenico Pennisi e Pla-
cido Pulvirenti, che mi hanno seguito e grazie alle loro doti operative hanno permesso che il progetto Tresun diventasse pian piano realtà. Senza di loro non ce l’avrei mai fatta. Siamo partiti con una società semplificata, creata con soli 1.000 euro di capitale sociale e zero dipendenti, se non gli stessi tre soci fondatori, i quali, ognuno con l’apporto delle proprie competenze e dei propri ruoli, mossi da forte sintonia, empatia e determinazione, hanno portato la società a diventare una realtà consolidata e in classifica ai primi posti nel settore dell’operation & mainte-
nance (o&m) e dell’engineering - procurement and construction (epc) di impianti fotovoltaici di grande taglia.
Un impegno che vi ha portato anche a ottenere diversi riconoscimenti.
La società è stata inserita nella classifica delle aziende leader della crescita negli anni 2023 e 2024 stilata da Statista assieme al Sole 24 Ore. Il Financial Times l’ha inserita nella classifica delle 1.000 aziende in Europa a maggiore crescita, sempre negli anni 2023 - 2024. Siamo stati premiati nel 2023 a Milano a Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana, come eccellenza dell’anno nel settore innovazione; impianti fotovoltaici epc”.
Il vostro percorso di crescita vi ha portato anche a fare acquisizioni?
Acquisizioni no. Quest’anno l’azienda ha fondato altre due società, assumendo l’identità di gruppo Tresun. La prima è la Pianotrafo, specializzata nella costruzione e nella riparazione di trasformatori in resina applicati al settore fotovoltaico e industriale. L'altra la Proximo, specializzata in servizi di sfalcio erba e lavaggio moduli in impianti fotovoltaici. In Sicilia a costruire questo tipo di trasformatori, al momento, ci siamo solo noi.
A cosa sono dovuti questi risultati e chi sono i vostri clienti?
I risultati sono dovuti alla passione, all’amore, alla dedizione per
il lavoro. Siamo fortunati ad avere un know how forte, preparato e variegato che non è arrivato già pronto, ma si è formato con noi, ha sposato e continua a sposare i nostri progetti e le nostre sfide. E poi da noi si guadagna tanto! I nostri clienti sono fondi d’investimento e multiutility multinazionali.
Cosa vi distingue dai concorrenti?
Sicuramente l’ampia offerta dei servizi, la proattività e la reattività, ma soprattutto competenze specifiche in ambito elettrotecnico ed elettromeccanico che altri non hanno. Tresun Chasing the Sun svolge servizi di nicchia tramite il proprio laboratorio di elettronica, dove effettua la riparazione e la rigenerazione di inverter fotovoltaici guasti o dismessi, inserendosi così tra le aziende
"Tutto è nato dalla sofferenza di tre ex colleghi, oggi soci, che non percepivano lo stipendio da otto mesi"
virtuose in Europa che adottano processi di economia circolare.
Guardando al futuro, quali sono gli obiettivi della società?
L’obiettivo principale è diventare la prima azienda in Europa per qualità e quantità dei servizi di manutenzione e costruzione di impianti fotovoltaici di grande taglia. Oggi gestiamo in manutenzione circa 600 Megawatt di impianti fotovoltaici su tutto il territorio nazionale e in base al nostro piano industriale al 31 dicembre 2025 dobbiamo arrivare a 1 Gigawatt. Per quanto riguarda invece l’epc, stiamo partecipando a un progetto ambizioso di circa 250 Megawatt che affronteremo con personale proprio e con qualche subappalto, considerata la grandezza. F
di Roberto Pianta
Il sapore del rispetto
SoStenibilità, capitale umano, coraggio e amore per la tradizione. coSì Lucia Forte ha portato il pane di altamura in 23 paeSi con la Sua oropan, che ha un fatturato di 45 milioni di euro e 2.400 punti vendita Su tutto il territorio nazionale
AAdottare scelte strategiche sostenibili oggi non solo porta benefici all’ambiente e alle persone, ma valorizza anche il territorio in cui l’azienda opera, determinando una crescita qualitativa e quantitativa dell’impresa. La storia di Oropan, che realizza e commercializza prodotti da forno rispettando le uniche e tradizionali ricette della terra di origine (Altamura, in provincia di Bari), ne è un esempio. E il percorso di Lucia Forte, oggi al timone dell’azienda insieme ai fratelli Francesco e Daniele, illustra come, per essere un’imprenditrice di successo, non si debba solo inseguire i numeri. “Innovare in chiave sostenibile la cultura d’impresa è una missione che ci vede impegnati da oltre 15 anni", afferma l’amministratore delegato. "È una scelta volontaria, non dettata da normative, che ci ha resi competitivi e pionieri in scenari globali sempre più esigenti". I risultati, alla fine, sono arrivati: 45 milioni di euro di fatturato, cinque linee di produzione che lavorano a ciclo continuo, 23 paesi serviti e più di 2.400 punti vendita distribuiti sul territorio nazionale sono la conseguenza di un approccio basato sull’innovazione sostenibile.
Che cosa significa intraprendere un percorso di questo tipo? Per Lucia Forte si traduce in un'evoluzione soprattutto culturale, che permea ogni aspetto dell'azienda, dai prodotti ai
I giovani aspiranti panificatori in formazione alla Academy n BEST IN CLASS n
processi, coinvolgendo l'intera supply chain. “Il nostro piano strategico triennale di sostenibilità si fonda su quattro pilastri: welfare, cura dell’ambiente, crescita economica e valore per il territorio”, continua Forte. Prima di tutto, per innovare in questa direzione, bisogna partire dall’azienda e dalle persone che la compongono: “Valorizziamo il nostro capitale umano, promuovendo le diversità e le pari opportunità. Quest’anno oltre cinquemila ore sono state investite in formazione. Inoltre abbiamo fondato la prima Academy del pane, in cui si stanno formando
15 giovani aspiranti panificatori”. Un esempio di progettualità nato dalla convinzione che formare ed evolvere le competenze dei dipendenti possa aumentare l’efficienza aziendale, permetta di gestire meglio i cambiamenti e di semplificare i processi interni.
La sostenibilità si riflette anche nell'etica d'impresa, attestata da varie certificazioni e dal riconoscimento incrementale, da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), del rating di legalità, con il massimo punteggio di tre stelle. E poi nella cura verso il pianeta: “Il nostro impegno sull’efficienza energetica e sulle fonti rinnovabili ha generato sia significativi benefici ambientali, sia una sostanziale riduzione dei costi operativi”.
Le linee di produzione che lavorano a ciclo continuo
Un altro pilastro è la scienza: Oropan collabora con importanti università e centri di ricerca per creare prodotti ad alto valore funzionale e salutistico. I risultati, anche in questo caso, sono arrivati in fretta: l’azienda è stata la prima al mondo a produrre pane fresco di semola rimacinata di grano duro, 100% pugliese e certificata Iscc Plus, garanzia di una produzione che tutela la biodiversità, protegge il suolo, l’aria e l’acqua, causa zero deforestazione, garantisce il rispetto dei diritti dei lavoratori e l’equa redistribuzione del valore aggiunto lungo tutta la filiera. Inoltre è proposto in un packaging realizzato con carta Fsc riciclabile. Dal vantaggio competitivo al valore per il mercato, la filiera e il territorio: “Siamo stati in grado di conseguire performance economiche, finanziarie
e patrimoniali crescenti e contemporaneamente generare valore aggiunto lungo la filiera, dimostrando che è possibile coniugare la crescita economica a un forte senso di responsabilità verso clienti, dipendenti, collaboratori, fornitori e comunità”. L’azienda si impegna a costruire e mantenere rapporti solidi e duraturi, promuovendo un dialogo continuo e partecipativo con tutti gli interlocutori, affinché l’intera supply chain sia sostenibile.
La scommessa non finisce qui. Forte già guarda al futuro, con un obiettivo ambizioso: raggiungere la carbon neutrality entro il 2029, bilanciando le emissioni di gas serra generate con quelle riassorbite. “Per realizzare questo obiettivo abbiamo delineato un piano d'azione concreto: aumenteremo progressivamente l'uso di energia da fonti rinnovabili, ci impegneremo nell'acquisto di energia pulita e sostenibile e otterremo, entro la fine del
2024, quattro importantissime certificazioni per il nostro percorso di ecosostenibilità, che riguarderanno la quantificazione delle emissioni di CO2 generate dalle attività aziendali, il consumo idrico, la misurazione dell’impronta di carbonio e l’implementazione dello standard Iso 50001. Tutto ciò per fornire ai consumatori informazioni dettagliate sull’impatto ambientale di ogni articolo, consentendo loro di fare scelte consapevoli e sostenibili e, nel contempo, di contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici”.
Per Forte, tuttavia, il primo pilastro dello sviluppo di Oropan rimane il capitale umano. Ed è per questo che chi sta al timone, nel tempo, può e deve fare la differenza. “La nostra chiave di sviluppo risiede in una leadership orientata alla valorizzazione delle risorse, con un occhio di riguardo per quelle femminili. Essere una leader significa creare uno spazio in cui tutte le persone possono sentirsi ascoltate e valorizzate, senza distinzioni di genere", afferma. La sua guida si basa sulle fondamenta del coraggio, dell’inclusione e dell’ispirazione. "Guidare significa dare coraggio, ispirare significa dare forza," aggiunge Forte. “Per un futuro migliore sono necessari il coraggio di osare e di sfidare lo status quo, l’inclusione, come principio per prendere ogni decisione, e l'ispirazione, per motivare il team a dare il meglio di sé”. L’innovazione sostenibile in Oropan non è una destinazione, ma un viaggio continuo di miglioramento iniziato in uno dei forni medioevali più antichi di Altamura. Un percorso in cui il rispetto per il tradizionale processo di panificazione si fonde con l’innovazione di prodotto, dei processi e, soprattutto, della cultura d’impresa. Un’avventura in cui Forte ha deciso di investire tempo, passione e tutta la sua capacità di leadership, per rendere Oropan un punto di riferimento nel settore agroalimentare e un’ambasciatrice del made in Italy nel mondo. F
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Fragranze di storia
Officina PrOfumO-farmaceutica di Santa Maria novella preSenta una collezione di Sei eau de parfuM per un viaggio olfattivo che rievoca l'eredità dei giardini Medicei
PPiù di otto secoli di storia e maestria si fondono in ogni goccia. Officina Profumo-Farmaceutica di Santa Maria Novella rievoca l'eredità dei giardini medicei fiorentini con una collezione di sei eau de parfum che ridefiniscono il ruolo della profumeria artistica. Un viaggio olfattivo attraverso il tempo, nato da una ricerca storica che celebra le piante rare e i fiori preziosi coltivati dai Medici e la bellezza della natura. La collezione è un invito a scoprire fragranze che evoca-
no un'esperienza in grado di trasportare in un mondo di raffinatezza e sofisticatezza. Si parte da L’Iris, un viaggio tra note verdi e floreali, fino al cuore caldo e avvolgente della concreta di iris fiorentina. C'è poi Bizzarria, un’esperienza olfattiva che celebra un agrume leggendario, un ibrido naturale di arancio amaro, cedro e limone. E ancora Gelsomino, ispirata al gelsomino preferito di Cosimo III De' Medici, con le sue note delicate ma audaci, e Magnolia, con il suo bouquet floreale intenso e avvolgente. Oggi la collezione ha due nuove fragranze, uscite in anteprima in Europa il 18 luglio e poi lanciate negli Stati Uniti a settembre. Si tratta di Acqua, eau de parfum ispirata alle fontane del-
le ville medicee che cattura la freschezza e la vitalità dell'acqua in movimento e in cui il fiore di loto e l’accordo fresco pera sono i protagonisti principali, e Quercia, che combina suggestioni legnose profonde ed eleganti capaci di evocare la maestosità di questa pianta, per un'esperienza olfattiva intensa e sofisticata. La collezione I Giardini Medicei è racchiusa in cofanetti coffret-book. Ogni fragranza, disponibile in tutte le boutique del marchio, è accompagnata da un cofanetto illustrato ispirato agli archivi storici della maison. Uno scrigno con un doppio fondo per custodire tesori, gioielli e oggetti speciali. Un omaggio all'eleganza e alla raffinatezza del Rinascimento. F
Scopriremo chi sono i creator più influenti del 2024
Durante la serata saranno proclamati anche i vincitori del contest di Forbes “I NUOVI VOLTI DI FORBES”
Scansiona il QR Code per scoprire tutti i dettagli dell’evento
di Lavinia Desi
DIGITAL TRANSFORMATION
TUTTO PIÙ FACILE
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Digitalizzare la pubblica amministrazione (Pa) è una delle sfide più importanti per migliorare i servizi, ridurre la burocrazia e ottimizzare l’uso delle risorse pubbliche. È questo l’obiettivo di Tim Enterprise, la business unit del gruppo guidato dall’ad Pietro Labriola che accompagna la trasformazione digitale del sistema imprenditoriale italiano e delle amministrazioni locali con soluzioni tecnologiche.
Tim Enterprise è guidata da Elio Schiavo, chief enterprise and innovative solutions officer di Tim, si avvale di una squadra di oltre cinquemila persone e punta su connettività, cloud, internet of things (IoT), intelligenza artificiale e cybersecurity, oltre a offrire una rete di 16 data center. “Vogliamo semplificare le scelte tecnologiche di aziende ed enti pubblici che si trovano oggi a operare in un mercato sempre più veloce, in cui il cloud e l’intelligenza artificiale sono fra i principali acceleratori della trasformazione digitale”, ha detto Schiavo. “Lo facciamo attraverso la più grande piattaforma Ict italiana, che si avvale di tecnologie avanzate come cloud, IoT, cybersecurity e intelligenza artificiale. In questi comparti siamo protagonisti: basti pensare che nel 2023 abbiamo registrato ricavi cloud per 1 miliardo di euro, con un trend in forte crescita che è proseguito nel primo semestre di quest’anno. Mettiamo a
disposizione risorse e competenze per far crescere tutta la filiera dell’innovazione, anche attraverso centri di eccellenza, come il primo customer innovation center a Torino, per rafforzare il rapporto con le aziende, la pubblica amministrazione e i nostri partner, rendendoci sempre più portatori di innovazione. Continuiamo a sviluppare applicazioni sempre più avanzate per la gestione delle smart land con Tim Urban Genius, anche grazie all’adozione dell’IA, per realizzare il modello di città evoluta, sostenibile e sicura capace di rispondere alle esigenze delle istituzioni locali e dei cittadini. Vogliamo inoltre sostenere, valorizzare e promuovere il processo di digitalizzazione del patrimonio artistico e culturale italiano, tra i più ricchi al mondo, creando nuove forme di divulgazione e nuove prospettive attraverso l’innovazione con piattaforme di eXtended reality”.
Tim Enterprise sta crescendo molto, specialmente nei settori del cloud e dell’IoT. Nei primi sei mesi del 2024 ha registrato ricavi da servizi per 1,4 miliardi di euro, con un incremento del 6,4% rispetto all’anno precedente, consolidando la sua posizione di leadership nel mercato Ict, che rappresenta ormai il 61% del fatturato totale. Nel settore del cloud, i ricavi hanno superato 1 miliardo di euro nel 2023, con una crescita che è proseguita nel 2024 grazie anche al pieno avvio operativo del polo strategico nazionale (di cui Tim è principale socio e abilitatore tecnologico) e a partnership con i principali operatori mondiali, come Google Cloud, Oracle e Broadcom.
“Continuiamo a sviluppare applicazioni sempre più avanzate per la gestione delle smart land con Tim Urban Genius, per realizzare il modello di città evoluta, sostenibile e sicura capace di rispondere alle esigenze di istituzioni e cittadini”
La partnership con Google Cloud ha portato alla creazione delle prime due Google Cloud Region a Milano e Torino, mentre, nell’ambito dell’accordo con Oracle, Tim Enterprise diventerà il partner della seconda Oracle Cloud Region italiana, a Torino. La business unit di Tim ha stretto con Broadcom un’alleanza che l’ha resa il primo VMware cloud service provider di livello Pinnacle in Italia. Altro recente traguardo è l’avvio del primo customer inn ovation center di Tim Enterprise e Google Cloud a Torino, un hub tecnologico pensato per dimostrare le potenzialità del cloud e dell’IA, applicabili a settori come smart city, turismo, manifattura, retail e finanza. Il centro non solo permette di esplorare nuove tecnologie, come la realtà aumentata e l’IA generativa, ma si occupa anche di accelerare la trasformazione digitale di aziende e pubblica amministrazione.
Tim Enterprise investe anche nelle smart city. La piattaforma di intelligenza urbana Tim Urban Genius è uno strumento per le amministrazioni locali che vogliono gestire meglio il territorio e aumentare la qualità della vita dei cittadini. Tim Urban Genius elabora grandi volumi di dati in tempo reale, fornendo informazioni utili per ottimizzare la mobilità, gestire le emergenze e valorizzare il patrimonio turistico. Un esempio di successo è la smart control room per Venezia, che usa tecnologie come IoT, big data e 5G per gestire traffico e flussi turistici in tempo reale.
Il settore turistico è una delle priorità per Tim
Enterprise, che, attraverso tecnologie come la realtà aumentata e la realtà virtuale, supporta la digitalizzazione del patrimonio culturale italiano. Nel 2024, durante il Festival Internazionale Taobuk a Taormina, ha offerto ai visitatori un’esperienza immersiva che ha combinato contenuti 3D, immagini e video a 360 gradi, permettendo ai visitatori di esplorare la città attraverso un percorso virtuale interattivo. Un’ulteriore iniziativa è quella dell’app VisitAR Bologna, che offre contenuti di realtà aumentata per scoprire la città.
Un progetto che consente di unire cultura e tecnologia per valorizzare il patrimonio artistico italiano è quello realizzato con Opera di Santa Croce a Firenze, dove Tim Enterprise ha introdotto una nuova modalità di fruizione delle opere attraverso la realtà aumentata su dispositivi 5G. F
di Maurizio Abbati
LA FORMULA DELLA CRESCITA
Nata a Spoleto nel 1998, Italmatch Chemicals è oggi un’azienda da 1.100 dipendenti e 700 milioni di euro di fatturato. Un risultato frutto della combinazione tra acquisizioni e ricerca e sviluppo. “La digitalizzazione è un pilastro della nostra strategia”, dice Maurizio Turci, direttore generale corporate
LLa trasformazione digitale guida l’innovazione e la crescita globale, rappresentando una sfida cruciale per le aziende contemporanee. Un processo che sta ridefinendo le modalità operative e i modelli di business tradizionali. Italmatch Chemicals, gruppo della chimica di specialità, fondato nel 1998 a Spoleto e con sede centrale a Genova, ha raccolto da tempo questa sfida.
L’azienda è specializzata in additivi per il trattamento acque, lubrificanti, oil & gas e ritardanti di fiamma per le materie plastiche, con una particolare attenzione alle soluzioni sostenibili e circolari. Opera attraverso 20 stabilimenti produttivi e sette centri di ricerca e sviluppo in tutto il mondo. Lo sviluppo dal punto di vista digitale ha accelerato questa evolu-
zione e permesso a Italmatch di mantenere una posizione competitiva sul mercato e con una forte attenzione a innovazione e sostenibilità dei processi. Lo dimostrano i numeri, con il passaggio, dal 1998 a oggi, da 30 a 1.100 dipendenti e da 20 a 700 milioni di euro di fatturato. Una crescita sia per linee interne, grazie alla ricerca e sviluppo, che per m&a, con dieci operazioni negli ultimi sette anni. Quanto sia stata importante la trasformazione digitale lo spiega Maurizio Turci, direttore generale corporate di Italmatch Chemicals Group, con alle spalle 25 anni di esperienza nelle industrie manifatturiere in diversi paesi. “La digitalizzazione è un pilastro della nostra strategia di crescita. Viviamo in un mondo sempre più complesso, definito da alcuni studiosi con la sigla Vuca (dalle iniziali dei termini volatile, incerto, complesso e ambiguo in inglese) e da altri come Bani (fragile, ansioso, non lineare e incomprensibile). Non è semplice dire quale sarà il new normal che ci attende. È chiaro, però, come il mondo sia ormai sempre più connesso e competitivo. Per avere un’idea dell’impatto della digitalizzazione sulle nostre vite basta pensare ai 150 zettabyte (migliaia di miliardi di miliardi di byte, ndr) di dati prodotti nel mondo nel solo 2024, di cui le aziende elaborano solo l’1%. Da questo capiamo quanto sia importante la digitalizzazione per restare all’avanguardia. Per Italmatch non rappresenta un’iniziativa isolata. Poiché operiamo in tutto il mondo, si tratta di una leva strategica per mantenere la competitività in un mercato in continua evoluzione come quello chimico. La digitalizzazione ci permette di essere più flessibili, di rendere più efficienti i processi operativi e aumentarne la sostenibilità”.
Qual è stato il percorso che ha portato oggi Italmatch a essere un gruppo leader su scala globale e quali sono stati i fattori decisivi?
Il nostro percorso è iniziato nel 1998 con un buy-out su un piccolo stabilimento focalizzato sulla produzione di derivati del fosforo per fiammiferi, a Spoleto. Negli anni ci siamo espansi grazie alla r&s e tramite una serie di acquisizioni che ci hanno per-
DIGITAL TRANSFORMATION
messo di crescere a livello sia nazionale che internazionale. La nostra prima grande acquisizione è avvenuta nel 2007, quella dello stabilimento ex AkzoNobel di Arese, vicino a Milano. È stata una svolta cruciale che, grazie anche al supporto dei fondi di private equity, ha dato inizio a un processo di centralizzazione delle nostre operazioni in ambito digitale. Oggi abbiamo adottato un modello integrato di digitalizzazione e stiamo portando avanti numerosi progetti che coinvolgono diverse aree aziendali: gestione automatizzata dei processi di supply chain, procurement, planning degli stock e business intelligence, nuovi modelli per l’area sales con crm adeguati, efficientamento dei processi finanziari e digitalizzazione delle risorse umane con strumenti di talent retention.
Quanto incide la digitalizzazione sulla supply chain, anche in relazione a un tema oggi essenziale come la sostenibilità?
Per Italmatch, che ha impianti e uffici in 16 paesi e oltre duemila tra clienti, partner e fornitori, questo aspetto è fondamentale. Il nostro focus sulla trasformazione digitale si inserisce in un approccio integrato a livello di gruppo in termini di sostenibilità. Per questo stiamo lavorando per introdurre un sistema informatizzato che ci permetterà di
gestire le operazioni di approvvigionamento delle materie prime e il rapporto con i fornitori in maniera ancora più efficiente e sostenibile. Ci consentirà di ottimizzare la pianificazione aziendale e garantire maggiore tracciabilità nella relazione con i partner, per creare una supply chain sicura, equa e trasparente.
Quali sono le vostre visioni per il futuro e cosa vi attendete da queste trasformazioni in termini di crescita aziendale?
Dal punto di vista tecnologico continueremo a investire nella digitalizzazione, esplorando in particolare le possibilità offerte dall’intelligenza artificiale. Riteniamo possa portare benefici enormi, ma che vada usata in modo consapevole e inquadrata in una governance responsabile. Sul fronte della sostenibilità vogliamo continuare a essere protagonisti. L’ottimizzazione delle operazioni, la riduzione delle emissioni e la ricerca di nuovi processi a basso impatto sono e saranno ancora temi prioritari. Vogliamo continuare a essere un punto di riferimento nel settore e siamo convinti che la strada intrapresa ci consentirà di mantenere la leadership nel mercato. Tutto questo sarà possibile anche grazie all’integrazione tra capitale umano e tecnologico. A livello di sistema Paese auspichiamo sempre maggiori investimenti in competenze digitali. Come Italmatch, invece, stiamo implementando nuovi schemi operativi e di leadership, favorendo la collaborazione intergenerazionale con progetti di reverse mentoring, upskilling e reskilling. Un’integrazione tra colleghi esperti e generazioni Y e Z, e presto anche Alpha, che contribuiscono, con nuove sensibilità sempre più digitali, alla promozione di una cultura di innovazione continua. F
di Maurizio Abbati
PARTNER INTELLIGENTE
Smeup affianca le imprese che vogliono essere accompagnate nel processo di trasformazione digitale. E nell’era dell’IA ha scelto un approccio che valorizza prima di tutto la competenza umana
UUna nuova visione strategica per il futuro, tra tecnologia e competenze. Smeup, azienda di tecnologie digitali e soluzioni aziendali, si prepara ad affrontare nuove sfide e consolidamenti, dopo un percorso di crescita dimensionale e geografica, configurandosi come partner per imprese che vogliono essere accompagnate nel processo della trasformazione digitale, mettendo a loro disposizione il proprio know how. Il presidente Silvano Lancini delinea le strategie che guideranno l’azienda nei prossimi anni.
Dopo aver acquisito aziende italiane specializzate in soluzioni verticali e aver integrato nel proprio portafoglio un partner Sap di riferimento a livello nazionale, smeup ha deciso di puntare sull’innovazione dei propri prodotti per offrire soluzioni sempre più avanzate, in grado di rispondere alle necessità di clienti di settori differenti. “Lavoriamo ogni giorno per garantire soluzioni all’avanguardia e in grado di rispondere alle esigenze in continua evoluzione del mercato. Sentiamo di avere le persone e le competenze giuste per affrontare le sfide di oggi e di domani, anche grazie alle ultime acquisizioni”, sottolinea Lancini.
“Spesso si sottovaluta un tema importante: senza una base di dati di qualità da cui partire, l’intelligenza artificiale non può produrre risultati significativi”
Sull’intelligenza artificiale, Lancini offre una visione che unisce innovazione tecnologica e valore umano. “L’entusiasmo per l’IA ricorda l’euforia per internet degli anni ‘90, ma è essenziale non lasciarsi trasportare dagli slogan”, avverte. Smeup adotta un approccio che valorizza l’intelligenza umana prima di tutto, integrandola poi con le capacità offerte dalla tecnologia. “L’intelligenza artificiale è uno strumento potente, ma il suo pieno potenziale si realizza solo quando è supportata da solide competenze umane e da una gestione
Il Silvanopresidente
Lancini. Sotto lo showroom di smeup a Erbusco (Bs). Nell’altra pagina, la sede di Nova Milanese (Mb).
accurata dei dati. Spesso si sottovaluta un tema importante: senza una base di dati di qualità da cui partire, l’IA non può produrre risultati significativi”. Smeup ha investito in aziende con competenze avanzate nell’IA e continua a collaborare strettamente con i clienti per comprendere gli ambiti più rilevanti per l’applicazione dell’intelligenza artificiale, migliorando al contempo la raccolta e l’organizzazione dei dati, essenziali per alimentare efficacemente questi sistemi.
Lancini guarda anche ai trend tecnologici del futuro, sottolineando l’importanza crescente delle piattaforme applicative cloud e dell’efficienza operativa. Tuttavia ribadisce che la vera competenza risiede nella capacità di comprendere i processi aziendali e fornire soluzioni su misura per i clienti. “Il nostro obiettivo”, afferma, “è diventare il miglior partner possibile per i clienti. Non ci limitiamo a offrire prodotti, ma anche consulenza e supporto specializzato, adattati alle esigenze specifiche di ciascun cliente”.
Lancini sottolinea anche come la transizione digitale rappresenti oggi un elemento cruciale per supportare i clienti nel raggiungimento dei loro obiettivi di sostenibilità. Smeup continua a investire nelle competenze e nelle conoscenze, sia condividendo il proprio know how con i clienti, sia formando i propri collaboratori, con un focus particolare sui giovani talenti. “La digitalizzazione, abilitata da una gestione efficace dei dati, aiuta le aziende a intraprendere un percorso verso un futuro più sostenibile e di successo”, conclude Lancini. F
di Marco Gemelli
PROGRESSO AFFIDABILE
Come ogni rivoluzione tecnologica, l’IA porta con sé incognite e problemi. Tra le sue applicazioni chiave c’è quella nel settore del digital trust. “Gli spazi destinati alla fiducia digitale sono sterminati”, dice Igor Marcolongo di InfoCert-Tinexta Group
CCe ne accorgiamo guardando sui social foto o video palesemente irreali, o ascoltando la voce riprodotta alla perfezione di personaggi noti usata nelle maniere più diverse, ma sarebbe una terribile semplificazione ridurre il fenomeno alla manipolazione di immagini e filmati. L’intelligenza artificiale si sta affermando sempre più come una tecnologia di base che – se ben usata – può portare all’umanità benefici tanto dirompenti quanto quelli apportati in passato dall’elettricità o dalla macchina a vapore. Certo, come ogni accelerazione repentina della tecnologia, accanto alle opportunità porta con sé incognite e problemi: è il caso dei pericoli del fake content, che può colpire la reputazione di individui e organizzazioni, ma anche dei rischi cyber e di altri connessi a piccole e grandi scelte condizionate da bias e interpretazioni errate dei dati (le cosiddette ‘allucinazioni’ dell’IA).
“L’IA non può essere concepita solo come una tecnologia, perché interagisce con le diverse branche della vita delle organizzazioni”
C’è però un ambito su cui vale la pena di soffermarsi, ossia il suo utilizzo negli ecosistemi digitali, in particolare nel settore del digital trust. Un’applicazione tipica dell’intelligenza artificiale è a supporto delle tecniche di identificazione basate su face matching,
ovvero sul riconoscimento facciale del cliente che presenta un documento di identità, in cui, grazie all’IA, è possibile verificarne sia la presenza concreta (la cossiddetta ‘liveness’), sia la coerenza tra viso e foto sul documento. “Quest’ultimo, tuttavia, deve dare la certezza della propria autenticità: l’IA viene ancora in soccorso, grazie a tecnologie di anti-tampering documentale che rilevano la correttezza formale, verificando in tempo reale font, allineamenti, dimensioni, elementi di sicurezza del documento e restituendone uno score di affidabilità”, spiega Igor Marcolongo, head of business evolution di InfoCert-Tinexta Group Altre soluzioni che si avvalgono dell’IA sono usate per sviluppare assistenti digitali che dimostrano sensibilità emotiva e capacità di instaurare un dialogo significativo con l’utente, funzionando come agenti virtuali intelligenti affidabili. “Una delle prime applicazioni di questo genere”, continua Marcolongo, “è il progetto Present (Photoreal realtime sentient entity) nell’ambito di Horizon Europe, programma quadro dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione nel periodo 202127. Con la diffusione dei large language model (modelli linguistici di grandi dimensioni alla base della cosiddetta IA generativa) è stato possibile lanciare sul mercato soluzioni che assistono i clienti quando si trovano a interagire con i contact center o mentre utilizzano prodotti come la firma elettronica e la posta certificata. Ciò permette di creare relazioni con l’utenza chiamata a conversare con i prodotti: aggiungere funzionalità alle soluzioni tecnologiche semplifica loro la vita. Ciò è tanto più vero quando si chiede all’IA di sostituire il tradizionale ufficio protocollo o ufficio posta, soprattutto all’interno delle grandi organizzazioni. Oggi è possibile ottenere classificazioni automatizzate della corrispondenza digitale in ingresso, inclusa la Pec: l’IA è in grado di leggere e capire il contenuto dei messaggi e di smistare le comunicazioni alle persone giuste, a valle della corretta interpretazione
delle diverse tipologie di documenti (meeting report, contratti, reclami, atti amministrativi e corrispondenza ordinaria), garantendo il rispetto di tempistiche previste, ad esempio in caso di reclamo”. Non è tutto. “Questi risultati”, prosegue Marcolongo, “si raggiungono solo se si lavora in squadre costituite da persone di varia provenienza dal punto di vista della formazione: dagli esperti di tecnologia a quelli di business, da quelli di marketing a quelli di compliance. Soprattutto ora che ogni utilizzo dell’intelligenza artificiale si confronterà con il framework normativo di Bruxelles. Servono skill trasversali in grado di coordinarsi, nonché un team multidisciplinare, curioso e orientato alla sfida. L’IA non può essere concepita solo come una tecnologia, dal momento che interagisce con le diverse branche della vita delle organizzazioni, e richiede quindi di essere valutata con approccio olistico”.
Se quindi l’intelligenza artificiale offre opportunità, non vanno tralasciati rischi e questioni etiche che investono chi deve rapportarsi con gli sviluppi del settore. “Per mitigare gli impatti negativi della tecnologia”, spiega ancora Marcolongo, “un approccio one size fits all non è efficace. Occorre agire in maniera olistica su diversi livelli”. Il dibattito è grande, anche con un intervento del Papa, allo scorso G7 in Puglia, sugli aspetti etici dello sviluppo e dell’utilizzo dell’IA. E intensa è la discussione tra i giuristi sull’efficacia dell’AI Act e su come renderlo applicabile. “Ritengo che le tecnologie di digital trust, che già oggi garantiscono la veridicità e la fiducia delle singole transazioni digitali”, continua Marcolongo, “possano contribuire alla costruzione di una ‘trustworthy AI’. Anzi, più ci si addentra in questo ambito, più si riconosce che gli spazi destinati alla fiducia digitale sono sterminati, perché l’IA può diventare un alleato formidabile di chi invece vuole mistificare la realtà. Oltre allo sviluppo di nuove tecnologie e standard, come quello sviluppato dalla Coalition for Content Provenance and Authenticity (C2pa) per combattere le fake news, occorre agire anche sull’accountability dei soggetti che intervengono nella catena di addestramento e configurazione dei modelli alla base, rendendoli individuabili grazie a un’identità digitale certificata. Serve avere un corretto sistema di logging and tracking delle azioni, che devono essere rese immodificabili e integre e mantenute nel tempo per poter attribuire le relazioni di causa-effetto ai responsabili, nonché riuscire a dare evidenza del dataset utilizzato per l’addestramento dei modelli di IA”. In quanto area di business volta a garantire l’identità e l’integrità del contenuto, oltre al tempo di una transazione o il suo valore legale, il digital trust è un pilastro per costruire le basi di un ambiente digitale sicuro, affidabile e rispondente a standard di fiducia sempre più impegnativi. F
di Attilio Nucetti
UGUAGLIANZA TRA I BANCHI
Negli ultimi anni, specie con la pandemia, l’istruzione è diventato una fucina di sperimentazione digitale. C2 Group ed Edu Group forniscono soluzioni all’avanguardia alle scuole, oltre che a Pa e altre organizzazioni. Così anche gli istituti più isolati possono accedere a tecnologie avanzate
NNegli ultimi 15 anni il sistema educativo italiano ha affrontato una rivoluzione. Ad amplificare questo processo c’è stato il periodo della pandemia, che ha costretto le scuole a ragionare su nuovi modi per portare gli alunni nelle classi. Da istituzioni tradizionalmente rigide, gli istituti sono diventati quindi fucine di sperimentazione digitale, grazie anche alle idee di imprenditori e giovani aziende. C2 Group ed Edu Group, società fondate da Stefano Ghidini, hanno saputo cogliere l’opportunità offerta dalla trasformazione tecnologica, emergendo come protagonisti nel settore dell’educazione digitale in Italia. C2 Group, fondata nel 1996, è stata capace di sfrut-
tare l’innovazione tecnologica per fornire soluzioni all’avanguardia a pubbliche amministrazioni, scuole e organizzazioni in tutto il Paese. Grazie a partnership strategiche con i principali colossi tech, ha creato un ecosistema che non solo distribuisce tecnologia, ma offre consulenza, formazione e supporto continuo. Crescita costante, rafforzamento finanziario, “all’attivo un patrimonio da oltre 20 milioni di euro”, ha dichiarato Ghidini, e reinvestimento costante degli utili. Con questi ingredienti il gruppo è pronto a consolidare il ruolo di leader nel processo di digitalizzazione dei clienti, a partire dalle scuole italiane, supportando un’educazione più inclusiva e moderna.
“L’innovazione portata da C2 Group non si è limitata alla distribuzione di tecnologie, ma ha aperto un vero ‘canale’ dedicato all’integrazione di ambienti didattici moderni”, ha spiegato Ghidini. “Questa rete si distingue per un’offerta completa che, oltre a fornire le tecnologie, garantisce formazione continua, consulenza strategica e supporto tecnico, coprendo l’intero ciclo di vita delle soluzioni tecnologiche introdotte nelle scuole”. Questo modello, spiegano dall’azienda, permette anche alle scuole geograficamente più isolate di accedere a tecnologie
Stefano Ghidini. Nell’altra pagina, il team e la sede di C2 Group.
avanzate e alle metodologie più aggiornate: “Un passo cruciale verso una democratizzazione digitale dell’educazione”.
Il target principale di C2 Group include le oltre ottomila scuole pubbliche italiane, le scuole paritarie e gli istituti tecnici superiori, le pubbliche amministrazioni locali – comuni, province e regioni in testa – e le università, con un’offerta che copre gran parte del sistema educativo. “Le scuole pubbliche costituiscono il core business”, ha spiegato Ghidini, “mentre gli istituti tecnici superiori e le università rappresentano un’area in forte crescita, con richieste sempre più sofisticate di tecnologie a supporto della ricerca e dell’apprendimento”.
L’approccio commerciale del gruppo è orientato non solo alla vendita di prodotti, ma anche alla costruzione di partnership di lungo termine con istituti scolastici e i brand produttori di tecnologia e soluzioni innovative, dai software, all’arredo. Negli anni C2 Group ha consolidato collaborazioni con brand come Google for Education – che per prima l’azienda cremonese ha portato in Italia –, Microsoft Education, Acer, Lego Education e altri, creando un ecosistema di soluzioni integrate che hanno rivoluzionato il modo in cui le scuole italiane affrontano la trasformazione digitale.
Uno degli elementi distintivi del modello di business di C2 Group è la decisione strategica di separare le attività di C2 da quelle di Edu Group. C2 gestisce direttamente le trattative con le scuole, mentre Edu Group opera attraverso una rete di oltre 100 rivenditori. Come ha affermato il ceo, “l’implementazione di tecnologie avanzate nelle scuole non è mai un processo immediato. Richiede un ascolto costante delle esigenze degli istituti, la progettazione di soluzioni su misura, la selezione accurata delle tecnologie più adatte e una formazione continua, per garantire un utilizzo efficace delle nuove risorse. C2 Group ha sviluppato un approccio strutturato che segue tutte queste fasi, garantendo un accompagnamento completo dall’inizio alla fine del progetto. Questo modello di gestione innovativa ha reso l’azienda un partner indispensabile per molte istituzioni educative, che vedono nella tecnologia non solo un modo per modernizzare le infrastrutture, ma anche uno strumento per migliorare l’esperienza di apprendimento”.
Il Pnrr ha aperto nuove opportunità per il settore dell’educazione in Italia, stanziando oltre 2 miliardi di euro per la modernizzazione delle dotazioni scolastiche. Questi fondi sono stati cruciali per permettere alle scuole non solo di adottare nuove tecnologie, ma anche di gestirle e mantenerle nel lungo termine. “Il Pnrr”, ha detto Ghidini, “ha rappresentato un acceleratore di crescita e l’occasione per offrire soluzioni scalabili e sostenibili. L’accesso a questi fondi richiede alle scuole di attuare strategie di lungo periodo. La nostra struttura, con oltre 70 persone, capillare sul territorio, ci ha permesso e permetterà sempre più un vero orientamento al cliente, supportandolo e aiutandolo a gestire in modo efficiente il capitale tecnologico”.
Guardando al futuro, C2 Group ha in programma di ampliare la sua presenza, a livello sia nazionale che internazionale, esplorando nuovi mercati paralleli e stringendo nuove collaborazioni strategiche. L’obiettivo? Continuare a offrire soluzioni innovative, migliorando continuamente la qualità dei servizi e ampliando le opportunità per i clienti. “Solo attraverso la continua sinergia tra scuole, fornitori e produttori è possibile portare sul mercato soluzioni funzionali alle esigenze concrete”, ha dichiarato Ghidini. “Con un impegno costante e una strategia mirata, C2 Group ed Edu Group continueranno a essere protagonisti dell’innovazione educativa in Italia”. F
di Francesca Lai
L’ERA DELLE BRAVE PERSONE
Un nuovo progetto di Alkemy ha l’obiettivo di colmare il gap digitale nei cda e identificare i futuri digital board member, figure in grado di guidare le aziende verso una trasformazione radicale e sostenibile. “Creare valore non significa solo generare profitti, ma anche rispettare i valori etici”
II greci dicevano kalos kai agatos, ossia ‘bello e buono’, per parlare di un eroe. Per gli antichi la perfezione fisica e morale di un individuo dovevano necessariamente coesistere. Migliaia di anni dopo l’idea di perfezione, fortunatamente, è cambiata, così come quella di bellezza, che è solo negli occhi di chi la guarda.
Ma nell’era della trasformazione digitale Alkemy, azienda nata nel 2012 dalla visione del ceo Duccio Vitali, ci ricorda il passato glorioso della più grande civiltà mai esistita. Sin dalla fondazione, in Alkemy vive la convinzione che non basta essere persone competenti e ultra-specializzate per diventare dei talenti. Oggi servono soprattutto gentilezza, empatia e coraggio. In poche parole, ‘persone brave, brave persone’. A parlare non è un sociologo, ma l’amministratore delegato di una realtà diventata punto di riferimento nel campo della trasformazione digitale in Italia. “Ora Alkemy è nella sua fase di adolescenza, energica”, dice Vitali, che di recente ha voluto al suo fianco Paolo Cederle nel ruolo di direttore generale. “La nostra sfida è dimostrare che si può essere competitivi, mirare alla crescita e ai profitti, rimanendo persone brave. Rispettando, cioè, quei valori etici che rendono unico ciò che facciamo”. In questo modo, quanto di bene c’è nel mondo fisico aiuta a migliorare anche la dimensione digitale, che ancora incute timore. “Non bisogna temere la trasformazione digitale. È un cambiamento profondo che va oltre la tecnologia: richiede una visione strategica a lungo termine”, afferma il ceo. Questo perché solo “le aziende che sapranno sfruttare al meglio le potenzialità del
digitale saranno in grado di migliorare l’efficienza operativa, sviluppare nuovi prodotti e servizi e creare nuovi modelli di business”. In questo contesto si colloca il progetto Digital ready for board program, realizzato in collaborazione con Chaberton Partners e lanciato a luglio del 2024. “L’obiettivo è colmare il gap digitale nei cda e identificare i futuri digital board member, figure che siano in grado di guidare le aziende verso una trasformazione radicale e sostenibile”, afferma Vitali. Ma non solo. Un altro aspetto centrale dell’iniziativa è la promozione della rappresentanza femminile nel settore Stem, che Alkemy considera cruciale per il successo della trasformazione digitale.
Ora l’azienda è solida, ma le sfide iniziali sono state impegnative: da un lato convincere le imprese, spesso scettiche, del valore della digitalizzazione come opportunità per innovare e rimanere competitive; dall’altro fornire loro le competenze e gli strumenti necessari per affrontare la transizione. Una delle più grandi fatiche era ed è dimostrare che investire
in tecnologia significa investire nel futuro. “Abbiamo lavorato sodo per diffondere una nuova cultura digitale, creando un’offerta completa che coprisse tutte le fasi della trasformazione digitale, dalla strategia all’implementazione”.
In questo senso l’intelligenza artificiale ha un ruolo decisivo. Vitali sottolinea come l’IA sia molto più di una semplice tecnologia. “L’intelligenza artificiale è un veicolo di trasformazione: consente ora di andare oltre, ottimizzando e automatizzando molte di queste attività, creando nuove opportunità di crescita e innovazione”. In particolare, attraverso un approccio end-to-end, Alkemy non si limita a implementare tecnologie avanzate, ma accompagna i clienti in tutte le fasi della trasformazione: dall’analisi iniziale per identificare le aree di maggiore impatto all’integrazione dell’IA nei processi operativi e strategici. Lo scopo è creare un ecosistema in cui l’IA diventi parte integrante del business e possa evolversi in sintonia con le necessità aziendali e di mercato.
Ma l’avanzata del digitale non si ferma qui. Il ceo prevede un ruolo sempre più rilevante di tecnologie come il metaverso e il quantum computing, che potrebbero rivoluzionare ulteriormente il panorama competitivo. “Le aziende dovranno essere agili e flessibili per rispondere rapidamente ai cambiamenti del mercato e alle nuove opportunità”, afferma. “La sicurezza dei dati e la privacy saranno prioritarie, con le aziende che investono in soluzioni robuste per guadagnarsi la fiducia dei clienti”. Parlando di mondo del lavoro, Vitali è consapevole che l’automazione, l’intelligenza artificiale e altre tecnologie emergenti ridefiniranno il modo in cui svolgiamo le nostre mansioni. Non immagina però un futuro in cui la tecnologia sostituirà le persone, ma piuttosto “uno in cui le supporterà, automatizzando le attività più ripetitive e liberando il capitale umano per concentrarsi su compiti di maggiore valore ag-
Duccio Vitali. Nell’altra pagina, gli uffici di Alkemy.
“Abbiamo lavorato sodo per diffondere una nuova cultura digitale, creando un’offerta completa che coprisse tutte le fasi della trasformazione, dalla strategia all’implementazione”
giunto, come quelle creative e la gestione strategica”. Il futuro ci attende con sfide complesse, ma nulla, nemmeno una rivoluzione, riuscirà a cambiare una costante: il ruolo sociale dell’azienda. Il mantra del giving back si riflette nel purpose di Alkemy ‘We create value with values’, che incarna non solo la volontà di generare valore economico, ma di farlo in modo etico e sostenibile. “Creare valore non significa solo generare profitti, ma farlo in modo responsabile e sostenibile, rispettando valori etici”. Così è nata è la partnership con Auticon, azienda che impiega persone nello spettro autistico, per sviluppare soluzioni digitali accessibili: “Questa collaborazione favorisce l’inclusione sociale, dimostrando come il digitale possa essere un motore di cambiamento positivo, capace di migliorare la società nel suo complesso”. F
Contro i rischi informatici
Di fronte alla sempre maggiore necessità di protezione dei vari dispositivi delle aziende, Brother è in grado di fornire consulenza in materia di printing security
In un mondo sempre più connesso, i professionisti It sono perfettamente consapevoli che le reti aziendali sono soggette a una serie di minacce informatiche. Per molte aziende, infatti, il tema degli attacchi informatici è un’area di crescente sensibilità, soprattutto perché il numero di endpoint connessi in modalità Iot sale costantemente.
E quali endpoint critici, i dispositivi che compongono il parco stampanti di un’azienda devono necessariamente far parte di una strategia globale di sicurezza delle informazioni aziendali. Nonostante la trasformazione digitale in atto, le operazioni di stampa restano un’attività chiave per tutti i business. Le aziende devono quindi assicurarsi che tutti i dispositivi di stampa collegati in rete siano protetti a livello di dispositivo, documento e utente. Molte organizzazioni potrebbero ritenere di essere coperte dalla tecnologia esistente, ma in molti casi ciò non protegge dalle minacce più
recenti. Di conseguenza, l’utilizzo di una flotta mista di vecchi e nuovi dispositivi può comportare falle nel sistema di sicurezza.
Per questo è consigliabile rivolgersi a fornitori che comprendano i rischi interni ed esterni e ottimizzino i flussi documentali. I fornitori di servizi di stampa gestita (Mps) come Brother dovrebbero essere il primo interlocutore, poiché sono in grado di fornire consulenza in materia di printing security. L’emergere di servizi avanzati di sicurezza di stampa mira a migliorare la resilienza contro i tentativi di hackeraggio, rilevare tempestivamente minacce dannose, monitorare continuamente l’infrastruttura di stampa e migliorare le politiche di sicurezza e consapevolezza degli utenti; questo perché non tutti sanno che i dispositivi di stampa possono costituire pericolose porte di accesso alle reti aziendali, spesso sfruttate dai cybercriminali per sferrare attacchi malevoli e rubare informazioni. È quindi opportuno che le aziende
attuino un approccio alla sicurezza a più livelli. Analizzando le criticità dell’ambiente printing e costruendo un piano di sicurezza è possibile mitigare i rischi senza compromettere la produttività. Brother adotta una strategia globale di sicurezza delle informazioni che garantisce un accesso sicuro alla rete e ai dispositivi, senza dimenticare il monitoraggio e la gestione dell’intero flusso documentale, grazie alle soluzioni di security printing, crittografia, pull printing e managed print services. Inoltre, assicura il controllo delle stampe in uscita mediante la soluzione integrata Secure Function Lock (blocco selettivo di sicurezza delle funzionalità), che permette di assegnare a ogni utente funzioni di stampa differenziate, attivabili attraverso un’autenticazione con schede di identificazione Nfc o Pin. Per prevenire i rischi associati a violazioni di documenti memorizzati sugli hard disk interni alle periferiche, buona parte dei dispositivi Brother non necessita, poi, di dischi fissi per l’esecuzione delle operazioni di stampa, mentre per impedire fughe di informazioni i modelli top di gamma sono dotati delle funzionalità di sicurezza Tls/Ssl. La maggior parte dei prodotti, infine, consente di bloccare a distanza chiunque acceda al dispositivo tramite la rete, filtrando gli indirizzi Ip e sfruttando il controllo protocolli, che consente agli amministratori di disattivare i protocolli non necessari senza bloccare completamente l’accesso a tutte le funzioni, come Ftp o Smtp.
di Primo Marzoratti
ROBOT TUTTOFARE
Bob Robotics ha creato un cameriere e un aiutante di fabbrica dotati di intelligenza artificiale.
Entro fine anno arriverà anche l’automa in grado di accogliere i clienti
C’è il cameriere che serve al tavolo e interagisce con i clienti e c’è l’aiutante nel processo produttivo delle fabbriche. Non si parla di esseri umani, ma di robot sviluppati da Bob Robotics, società veneta fondata da Leonardo Fontana. La filosofia dell’azienda? “Crediamo fermamente che l’intelligenza artificiale applicata ai robot possa essere la soluzione definitiva per molti lavori basici e ripetitivi”. Il costo dello ‘stipendio’ di questi robot è di 350 euro al mese. Bob in versione cameriere è nato per aiutare il personale nelle azioni più noiose e ripetitive, come il trasporto dei piatti. È in grado di portare fino a quattro vassoi con una portata di 15 kg per ciascuno. Ha un microfono posizionato nella parte superiore per interagire con i clienti e un monitor per immagini o video, è dotato di ammortizzatori e
Bob in versione cameriere può trasportare fino a quattro vassoi, con una portata fino a 15 kg per ciascuno.
stabilizzatori per andare su vari tipi di superfici e non rischiare di far cadere la merce. Grazie alla sua intelligenza artificiale è in grado di valutare autonomamente il percorso migliore per arrivare a destinazione evitando gli ostacoli, anche se improvvisi.
“Il progetto”, ha spiegato Fontana, “è iniziato nel 2022. È nato da un’esigenza personale: avevo dei locali, facevo fatica a trovare personale e mi sono approcciato al mondo della robotica. A seguito di varie ricerche ho concluso con Orionstar un accordo per la fornitura dell’hardware in esclusiva e abbiamo sviluppato insieme il software per il mercato italiano”. Il tempo ha premiato Fontana: “Siamo arrivati in tantissime città e siamo stati scelti da grandi catene di ristorazione”.
Dopo Bob Cameriere, alcune aziende hanno cominciato ad avanzare richieste per il trasporto di pezzi piccoli e medi. Bob Robotics ha sviluppato allora Carry Bob, “il più avanzato delivery robot al mondo”, si legge sul sito. “Carry Bob”, ha spiegato Fontana, “nasce per essere un supporto al personale della fabbrica per il trasporto e il trasferimento di materiale tra lo stoccaggio grezzo e la produzione, attraverso lo spostamento autonomo punto a punto”.
Presentato a settembre, Carry Bob, grazie all’intelligenza artificiale, è in grado di muoversi liberamente in qualunque magazzino o capannone, senza necessità di intervento strutturale. Il team di Bob Robotics aiuta chi sceglie di affidarsi a Bob a integrare il robot nei processi aziendali. L’obiettivo finale è ridurre i tempi di produzione e alleggerire il carico di lavoro degli operai.
È in previsione, entro fine anno, anche una nuova versione di Bob: grazie a intelligenza artificiale e chatbot, sarà in grado di accogliere i clienti, accompagnarli al punto richiesto e intrattenere conversazioni in qualunque ambito. F
di Elisa Serafini
INNOVAZIONE MADE IN ITALY
Venticinque anni fa Marco Podini decideva di diversificare il business della famiglia, che controlla la catena della gdo Md. Fondava così Dedagroup, uno dei principali gruppi tecnologici a capitale interamente italiano, che oggi ha oltre quattromila collaboratori e ricavi per 342 milioni di euro
L’innovazione si fa anche made in Italy. A dimostrarlo è Dedagroup (Deda), uno dei principali gruppi tecnologici a capitale interamente italiano. Dedagroup offre ad aziende, istituzioni finanziarie e servizi pubblici strumenti e competenze che spaziano dal cloud all’intelligenza artificiale, fino a cybersecurity e piattaforme software proprietarie. Con ricavi consolidati di 342 milioni e oltre quattromila collaboratori, negli anni il gruppo è cresciuto costantemente in Italia e ha ampliato la propria presenza a livello globale, con sedi negli Stati Uniti, in Messico e nel Regno Unito. Oggi ha più di quattromila clienti in oltre 50 paesi. Numeri che dimostrano le potenzialità del sistema italiano.
Per comprendere i segreti di questo successo, Forbes Italia ha intervistato Marco Podini, presidente esecutivo di Dedagroup e amministratore delegato di Lillo, holding di famiglia e controllante di Md, realtà della grande distribuzione con un fatturato 2023 di 4 miliardi di euro.
Dedagroup è nata 25 anni fa dall’intuizione e dalla volontà di Podini di investire sulle potenzialità della tecnologia differenziando il business di famiglia. Oggi offre servizi end-to-end che aiutano le organizzazioni a far crescere il business e ad accelerare la trasformazione digitale.
Podini, qual è l’approccio di Deda all’innovazione?
Lavoriamo in una logica di ecosistema, per creare un contesto che permetta a tutti di cogliere i segnali di una possibile innovazione per il business. È un modello aperto e collaborativo, di confronto continuo con le realtà che lavorano sul futuro, dalla ricerca alle startup, in una logica multisettoriale di scambio e di co-creazione. Adottiamo questo modus operandi anche con i clienti: il confronto costante genera un circolo virtuoso, un loop di innovazione in cui nascono nuove idee e si migliora costantemente, insieme. La nostra è una storia di innovazione continua, costruita negli anni sulle competenze tecnologiche e sulla dedizione verso i clienti, stabilendo spesso relazioni decennali. Innovare significa anche combinare la visione imprenditoriale con gli investimenti e con l’espansione delle competenze, per esempio crescendo negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove abbiamo realizzato le ultime due acquisizioni.
“L’IA ha un impatto reale e immediato nella semplificazione dei processi e stabilisce nuovi benchmark. È necessaria, per tutti gli stakeholder, una strategia chiara di adozione”
Come evolveranno i software di domani?
La nuova generazione di applicazioni native cloud sarà caratterizzata da moduli indipendenti capaci di auto-organizzarsi. Per far fronte a questo cambiamento, in Deda stiamo lavorando per rendere i nostri software sicuri by design – abbiamo lanciato con Fondazione Bruno Kessler un laboratorio di ricerca che ha questo obiettivo – e per far
evolvere le nostre piattaforme software proprietarie a beneficio di tutti i settori che serviamo.
Come interpretate il contributo dell’IA all’evoluzione delle aziende?
L’IA ha un impatto reale e immediato nella semplificazione dei processi e stabilisce così nuovi benchmark. È necessaria, per tutti gli stakeholder, una strategia chiara di adozione dell’IA, per evitare di restare fermi nell’illusione di un’accelerazione iniziale. L’IA stabilisce un nuovo livello di competizione che richiede visione e obiettivi chiari.
Quali attività state sviluppando in ambito cybersecurity?
La sicurezza è un tema che occorre affrontare in modo strutturale, includendo anche le aree di governo, rischio e compliance, su cui c’è una crescente attenzione. In Deda stiamo sviluppando una nuova piattaforma software che combina competenze Grc e cybersecurity per integrare l’IA nell’automatizzazione delle operazioni di monitoraggio del rischio e garantire un nuovo livello di governance della cybersecurity.
Come immaginate la tecnologia sostenibile di domani?
Un esempio per noi è quello del partenariato pubblico-privato Trentino Data Mine per la creazione di un data center di nuova generazione, ospitato nel cuore delle montagne. Un progetto da oltre 50 milioni di euro, in parte finanziato con fondi Pnrr, cui partecipiamo insieme a Covi Costruzioni, Gpi, Isa e Università di Trento. Si tratta di un’infrastruttura tecnologica avanzata che garantirà elevati standard di sicurezza fisica e un’attenzione particolare all’efficienza energetica e che sarà inserita in un ecosistema progettato per ridurre l’impatto ambientale, promuovendo la sostenibilità e la circolarità delle risorse.
Quali sono le vostre strategie future e qual è il senso della nuova identità di Deda?
La nuova corporate identity apre un nuovo capitolo per il gruppo e concretizza il nostro impegno nel fare della dedizione l’aspetto che rende più umana ed efficace l’evoluzione tecnologica di un’azienda. Ci posizioniamo come un acceleratore di tecnologia e di business che aiuta le organizzazioni a coltivare la dedizione, che moltiplica l’impatto positivo della tecnologia sulla crescita sostenibile del business e la trasformazione digitale, così come sul potenziale delle persone e sull’evoluzione della società, per renderla sempre più prospera. Per questo motivo il nostro purpose è ‘Stay Dedicated’. F
di Agostino Desideri
IL GUARDIANO DEI DATI
Mobisec è una realtà specializzata nella protezione delle app mobile, con un software di analisi che aiuta le aziende ad affrontare le criticità. “Vogliamo sensibilizzare tutti su quanto sia importante un approccio improntato alla sicurezza”, dice l’ad Simone Rebeschini
GGli attacchi informatici si evolvono continuamente, sfruttando le vulnerabilità dei sistemi operativi mobili e delle applicazioni. Nuovi malware, phishing e altre minacce emergono ogni giorno, richiedendo una costante attenzione e un aggiornamento delle misure di protezione. Per correre al riparo, le istituzioni europee sono intervenute con una serie di provvedimenti, come la direttiva Nis2, entrata in vigore nel 2023, che, tra le altre cose, ha esteso gli obblighi di cybersecurity a un numero maggiore di settori e servizi considerati critici. Tra le realtà più attive in questo settore c’è Mobisec, specializzata nella sicurezza delle app per dispositivi mobili, oltre che nelle applicazioni web e nei servizi di data intelligence. Forbes Italia ha intervistato l’ad Simone Rebeschini , che ci ha raccontato le iniziative della società in tema di sicurezza e alcuni dei rischi connessi alla sottovalutazione di questo tema.
Qual è l’approccio di Mobisec sul tema sicurezza?
Mobisec è partita nel 2015 e da subito ha scelto di focalizzarsi sulla sicurezza delle app mobile, poiché il normale approccio offerto dal mercato era concentrato sul dialogo client-server e ignorava tutti i rischi legati al sistema tecnologico del dispositivo stesso. Così abbiamo sviluppato, primi in Italia, un software dedicato all’analisi mobile, capace di esaminare in profondità la gestione e gli scambi dei dati in capo all’app. Ai clienti offriamo un report dettagliato dei problemi di sicurezza rilevati. La nostra attività si divide in più fasi: una volta scaricata l’app del cliente dagli store, effettuiamo una serie di test. Alcuni sono mirati a identificare le vulnerabilità (vulnerability assessment), altri sono veri attacchi simulati (penetration test), effettuati con un approccio etico dai nostri esperti: proviamo a forzare l’app lavorando in black box, ovvero senza che ci venga fornita alcuna documentazione e senza un accesso privilegiato ai suoi codici, partendo così alla pari di un hacker malevolo. Successivamente condividiamo e analizziamo insieme al cliente un report che elenca le criticità e dà indicazioni su come risolverle. Inoltre organizziamo le informazioni per priorità, mettendo l’azienda nelle condizioni di affrontare per prime le criticità più rischiose. Proponiamo ai clienti accordi annuali anziché vendere il singolo test. Siamo convinti che l’approccio alla sicurezza debba essere costante e che questo sia l’unico modo per rimanere al passo con i vari aggiornamenti, sia di app che di sistemi operativi. Ciò che è sicuro oggi non lo sarà domani. Un nuovo report può essere fornito nel giro di pochi giorni.
“Siamo l’unica azienda italiana nel progetto Ada, lanciato da Google e guidato da Linux Foundation, che ha l’obiettivo di aggiornare gli standard di sicurezza che tutti
gli sviluppatori devono seguire per creare un’app”
Perché il tema della cybersecurity delle app è così importante e quali sono i rischi connessi alla sottovalutazione di questo tema?
I dati ci raccontano che il 74% delle falle nelle aziende sono imputabili direttamente o indirettamente all’essere umano. Un’app business critical aziendale, ad esempio, capace di elaborare una grande quantità di dati sensibili appartenenti all’organizzazione, può finire nelle mani sbagliate. Per gli hacker prendere di mira un’app è più facile che attaccare un server nel cloud. Dal lato azienda, i rischi sono di tipo reputazionale, legal e di business. L’installazione di app non sicure, ad esempio, può creare vulnerabilità nel sistema aziendale, facilitando l’ingresso di malware e compromettendo la sicurezza dei dati. Applicazioni pensate invece per un mercato b2c portano rischi lato utente: ciò che veramente è a rischio sono le sue informazioni personali (nomi, contatti, messaggi) e quelle sensibili (dati sanitari, finanziari), che potrebbero venire rubate dalle app che ne fanno uso.
L’azienda segue un approccio divulgativo e di sensibilizzazione rispetto al tema della cybersecurity mobile. Grazie alla sua decennale esperienza, Mobisec oggi ha un punto di vista privilegiato su certe tematiche. Il nostro obiettivo è sensibilizzare le aziende e gli utenti finali su quanto sia importante un approccio improntato alla sicurezza. L’ideale sarebbe testare le app prima di rilasciarle, anche in produzione, per garantire la mancanza di regressioni, e testarle anche più volte nel corso dell’anno. Per consentire alle aziende e agli utenti finali di testare autonomamente la sicurezza dell’applicazione abbiamo selezionato un sottoinsieme dei test che effettuiamo abitualmente, inseriti in una versione light del nostro software che sarà disponibile gratuitamente sul nostro sito entro la fine dell’anno.
Quali sono i più grandi traguardi raggiunti dalla società?
Un paio di mesi fa Mobisec è stata certificata come unica azienda italiana nel progetto Ada, lanciato da Google e guidato da Linux Foundation, che vede tra i membri multinazionali come Meta e Apple, il cui obiettivo è creare tavoli di confronto e aggiornare gli standard di sicurezza che tutti gli sviluppatori devono seguire per creare un’app. Per noi è stata una grande soddisfazione. F
di Raffaella Galamini
IMPARARE DAI MIGLIORI
Claudio Bassoli è presidente e ad di Hewlett Packard Enterprise Italia. Le lezioni più importanti le ha apprese direttamente dai fondatori. “In quell’incontro mi sono reso conto di quanto tenessero al benessere delle persone e di quanto i valori dell’azienda fossero all’avanguardia”, ricorda
DDai fondatori della società, William Hewlett e David Packard, ha appreso la lezione più preziosa: “Lavoro flessibile e per obiettivi, fiducia reciproca, impegno a migliorare il modo in cui le persone vivono e lavorano”. Insomma, le cosiddette ‘regole del garage’ che anche oggi sono fonte d’ispirazione per molti imprenditori. Claudio Bassoli, presidente e amministratore delegato di Hewlett Packard Enterprise Italia e vice president di Hewlett Packard Enterprise, ricorda quell’incontro come un momento straordinario. “Non solo perché in quell’occasione sono stato riconosciuto come uno dei 100 migliori venditori mondiali, ma perché, rapportandomi con i due fondatori, mi sono immediatamente reso conto di quanto loro tenessero al benessere delle persone e di quanto i valori su cui avevano basato la loro azienda fossero all’avanguardia”, ricorda.
Una tappa fondamentale di una carriera che in oltre 30 anni, fin dai tempi di Olivetti, l’ha portato a tagliare traguardi importanti. “Oggi dirigere una multinazionale di rilevanza globale sul territorio italiano è una grande responsabilità, piena di sfide quotidiane. Hpe rappresenta un osservatorio privilegiato, dal quale ho una vista lunga sulla trasformazione digitale nell’economia italiana, ritardi e difficoltà compresi. La mia speranza è che le imprese e la pubblica amministrazione sappiano investire nella tecnologia per il progresso del Paese”.
Bassoli ritiene che l’Italia, pur non partendo da
zero, debba puntare a colmare i suoi ritardi nel digitale, nel trasferimento tecnologico alle imprese, nel supporto finanziario alle startup innovative. Non solo manifattura d’eccellenza, quindi, ma investimenti “chirurgici e strategici” nella ricerca e nello sviluppo. Puntando a una sinergia tra pubblico e privato “per stimolare il fiorire di tecnologie che siano all’avanguardia e, al contempo, al servizio del sistema Paese”. Investimenti “in infrastrutture digitali robuste per supportare le applicazioni IA, come data center avanzati e reti di calcolo ad alte prestazioni, capaci di gestire grandi quantità di dati in modo efficiente e sicuro”. Nel contesto geopolitico e internazionale di oggi, “trattenere i dati all’interno del Paese è fondamentale per garantire la sovranità digitale, proteggere la privacy dei cittadini e ridurre la dipendenza da fornitori esteri, oltre che per rafforzare la sinergia di innovazione tra paesi culturalmente affini. Un ecosistema tecnologi-
co solido creerà un ambiente fertile per l’innovazione e attrarrà investimenti sia nazionali che internazionali, oltre a favorire la permanenza di alcuni tra i nostri migliori talenti”.
L’Italia dispone di una straordinaria quantità di dati, che secondo Bassoli, se sfruttati attraverso l’IA e regolamentati con il Data Act, possono permettere un notevole sviluppo economico, soprattutto in settori tradizionali come il manifatturiero, il turismo, l’agroalimentare e la sanità.
“Il mercato dell’IA in Europa potrebbe valere decine di miliardi di euro nei prossimi anni e l’Italia potrebbe giocare un ruolo chiave in questo contesto, specialmente potenziando la competitività delle sue pmi, che rappresentano oltre il 90% del tessuto produttivo”. Altro driver su cui l’Italia può puntare è l’accesso aperto ai dati attraverso il Data Act, che “potrebbe aumentare il Pil europeo del 2,5% entro il 2030, traducendosi in oltre 300 miliardi di euro in più di valore economico. Inoltre, l’adozione di soluzioni IA nel settore pubblico potrebbe migliorare i servizi e ridurre i costi, creando un ciclo virtuoso di efficienza”. L’intelligenza artificiale, se ben sfruttata, potrebbe permettere anche di affrontare alcune delle sfide più urgenti del Paese. Bassoli cita gli esempi dell’invecchiamento della popolazione e della gestione delle infrastrutture sanitarie. “Sfruttare appieno le potenzialità dell’IA e regolamentare in modo
“Trattenere i dati all’interno del Paese è fondamentale per garantire la sovranità digitale, proteggere la privacy dei cittadini e ridurre la dipendenza da fornitori esteri”
Claudio Bassoli, presidente e ad di Hewlett Packard Enterprise Italia, ha alle spalle oltre 30 anni di carriera.
intelligente l’accesso ai dati con il Data Act non solo favorirebbe un nuovo miracolo economico italiano, ma potrebbe anche rendere il Paese un leader europeo nell’innovazione e nella trasformazione digitale”. Una strada non priva di sfide. “La protezione della privacy e della sicurezza dei dati è fondamentale, specialmente per quanto riguarda l’elaborazione di informazioni sensibili, sempre più strategici nella competizione internazionale tra grandi potenze. Inoltre, l’impiego dell’IA nei processi aziendali potrebbe portare alla riduzione di posti di lavoro in alcuni settori, richiedendo un attento bilanciamento tra automazione e occupazione umana”. In sintesi, opportunità e sfide, come in ogni rivoluzione, sono all’ordine del giorno quando si parla di IA. “Per questo, serve educazione, e non solo formazione, riguardo questa tecnologia e il suo impiego. È per questo che Hpe accompagna le aziende nel loro percorso di evoluzione digitale, affinché adottino una strategia equilibrata che sfrutti le opportunità, mitigando i rischi”. F
Un investimento per la vita
The European House - Ambrosetti ha presentato un rapporto che evidenzia come la spesa in prevenzione porti benefici superiori ai costi. Per questo, dicono gli esperti, andrebbe considerata non come una spesa corrente, ma come un investimento, nell'ambito del nuovo Patto di Stabilità e Crescita, alla stregua di difesa, green e digitale
Con la fine dello stato pandemico, all’inizio di quest’anno, il Patto di Stabilità e Crescita europeo è tornato in vigore con importanti revisioni. Il New Economic Governance Framework (Negf) ha lo scopo di semplificare le regole e renderle più flessibili, concedendo maggior controllo agli stati membri e disegnando un nuovo quadro di governance che si pone un duplice obiettivo: da una parte garantire la sostenibilità del debito dei paesi europei, dall’altra promuovere le riforme strutturali e gli investimenti pubblici in grado di rafforzare la stabilità e incentivare la crescita.
Superate la pandemia e la crisi economica a essa collegata, risolta grazie all’avvento dei vaccini, sono stati ripristinati i parametri economici fondamentali fissati dal Patto di stabilità (i parametri di Maastricht), ovvero il 3% per quanto riguarda il rapporto deficit/Pil e il 60% per il rapporto debito/Pil. Per poter raggiungere questi target essenziali era stata fissata, per gli stati membri inadempienti, la scadenza del 20 settembre per la presentazione alla Commissione europea di un piano fiscale di medio termine a quattro anni (estendibile a sette se in linea con le priorità comuni dell’Ue, quali spese in digitale, transizione green, difesa e sicurezza e diritti sociali), con cui ogni paese si impegna ad approvare riforme e investimenti strategici per migliorare la resilienza, promuovere la crescita e favorire la sostenibilità di bilancio. In questo quadro la grande novità è il cambio di significato della parola ‘investimento’, che, da termine puramente contabile, assume una nuova accezione orientata a valorizzare
un esborso che nel lungo periodo porterà una maggiore crescita e una minore spesa futura. Partendo da questa nuova definizione, è lecito domandarsi perché, al pari delle spese in difesa, green e digitale, non debbano essere considerati investimenti strategici anche le spese dedicate alla prevenzione e all’immunizzazione. Per rispondere a questa domanda, The European House - Ambrosetti, in partnership con Vaccines Europe e Ifpma, ha presentato un report dal titolo The value of prevention for economic growth and the sustainability of healthcare, social care and welfare systems (Il valore della prevenzione per la crescita economica e la sostenibilità dei sistemi sanitario, di assistenza sociale e di welfare), che analizza il tema e giunge alla conclusione che la spesa in prevenzione dovrebbe essere considerata dagli stati europei
un investimento, perché, tra crescita potenzialmente più elevata e riduzione delle spese future, comporta benefici superiori alla spesa iniziale. Tra i promotori italiani del progetto c’è Nicoletta Luppi, membro del board di Vaccines Europe e presidente e amministratrice delegata di Msd Italia, che ha così commentato il rapporto: “È opportuno che, così come le spese correnti in difesa, green e digitale sono considerate investimenti strategici per gli stati membri, anche quella in prevenzione e immunizzazione sia una priorità e venga messa sullo stesso piano. Per vincere le sfide del futuro dobbiamo pensare a soluzioni innovative e, come dicono gli esperti che hanno redatto il rapporto, gli interventi di prevenzione possono rientrare a pieno titolo nel concetto di investimenti in sicurezza sociale previsto dal Negf. È auspicabile che
Nicoletta Luppi
Tra crescita potenzialmente più elevata e riduzione delle spese future, l’investimento in prevenzione porta benefici superiori all’esborso iniziale
anche il governo italiano lo consideri nel piano che si appresta a presentare”. Secondo il report Ambrosetti, nel breve termine è necessario che gli investimenti in prevenzione (in particolare l’immunizzazione) siano riconosciuti come benefici per la sostenibilità fiscale a lungo termine, con una maggiore flessibilità all’interno dei piani fiscali-strutturali degli stati membri.
Mentre, nel medio/lungo periodo, le nuove regole fiscali riviste dovrebbero escludere, quando se ne valuta il rispetto, gli investimenti in prevenzione e immunizzazione dai calcoli dei livelli di deficit o debito. Rimane imperativo riconoscere che la crisi permanente deve essere affrontata e superata con soluzioni concrete e innovative. In questo
contesto, integrare la prevenzione - e in particolare l’immunizzazione - nelle strategie fiscali degli stati membri dell’Ue è fondamentale per la promozione della sostenibilità economica dei sistemi sanitari, sociali e di welfare, permettendo loro di adattarsi e prosperare nonostante le sfide difficili e imprevedibili che l’Europa sta affrontando.
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QUESTIONE DI EQUILIBRIO
L“La transizione energetica è irreversibile e dobbiamo garantirne la realizzazione senza sacrificare la competitività del sistema produttivo e la sostenibilità sociale”. L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, si è rivolto così agli stakeholder nella lettera che introduce Eni for 2023 - A Just Transition, il rapporto di sostenibilità dell’azienda.
Anche nell’anno del 70esimo anniversario della compagnia, fondata da Enrico Mattei il 10 febbraio 1953, il documento ha ripercorso i progressi compiuti nei 12 mesi precedenti verso una transizione energetica ‘giusta’, che permetta cioè di raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica al 2050, ma anche di assicurare a tutti l’accesso all’energia in modo sostenibile.
Il rapporto sottolinea come, rispetto al 2018, l’azienda abbia ridotto del 40% le emissioni nette dirette e indirette nel settore upstream (cioè nelle attività di esplorazione e produzione) e del 30% quelle complessive. Nell’ultimo anno ha dedicato particolare attenzione alla riduzione delle emissioni di metano, calate di oltre il 20% per il business upstream. Nell’ottica di una progressiva decarbonizzazione di prodotti e servizi, nel 2023 Eni si è allargata nel campo delle energie rinnovabili. Tra le iniziative più importanti, i 3 GW di capacità installata di Plenitude (l’ex Eni gas e luce) e la nascita di Enilive, in cui sono confluite tutte le attività del gruppo legate alla mobilità, tra cui la bioraffinazione e il car sharing Enjoy. L’azienda ha aumentato la capacità di bioraffinazione e i progetti di carbon capture & storage
(ccs, cattura e stoccaggio del carbonio) e ha rafforzato l’impegno sui due fronti anche nel 2024: a gennaio ha confermato la conversione della raffineria di Livorno in una bioraffineria e poche settimane fa ha annunciato l’avvio del primo progetto di ccs italiano a Ravenna, nell’ambito di una joint venture paritetica con Snam. In parallelo porta avanti l’investimento per lo sviluppo industriale della fusione a confinamento magnetico, che permetterebbe di gene-
rare energia virtualmente illimitata a zero emissioni.
Secondo la visione di transizione giusta dell’azienda, però, il passaggio dalle fonti fossili alle rinnovabili deve avvenire in modo ordinato e progressivo. Si inseriscono in questa prospettiva l’acquisizione di Neptune Energy, che ha oltre il 70% del portafoglio nel settore del gas naturale, e l’avvio della produzione di Congo Lng, il primo progetto di gas naturale liquefatto nel paese africano. Mosse che, ha scritto Descalzi nella lettera agli stakeholder, “rispondono all’esigenza di incrementare l’accesso a energia sicura e a ridotte emissioni come il gas naturale, fondamentale per accompagnare la transizione energetica”.
Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, nel 2022 ancora 760 milioni di persone erano prive di accesso all’elettricità, distribuite soprattutto nell’Africa subsahariana e nel Sudest asiatico
Sia nel campo delle attività tradizionali che in quelle legate alla transizione, ha spiegato ancora l’ad, la strategia prevede di fare leva “su tecnologie proprietarie” e sviluppare “un modello satellitare basato sulla creazione di unità indipendenti che possano accedere autonomamente al mercato dei capitali per crescere e valorizzare il proprio business”.
L’idea di transizione giusta si traduce anche in progetti per
gestire gli impatti sociali della trasformazione, massimizzare le opportunità di sviluppo locale e ridurre le disuguaglianze. Il rapporto ricorda che, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, nel 2022 ancora 760 milioni di persone erano prive di accesso all’elettricità, distribuite soprattutto nell’Africa subsahariana e nel Sud-est asiatico. Secondo le Nazioni Unite, 84 milioni di bambini e giovani non hanno accesso alla scuola, 300 milioni di studenti mancano delle competenze di base di matematica e alfabetizzazione, il 54% dei paesi non ha ancora leggi nelle principali aree della parità di genere, 2,2 miliardi di persone non hanno ancora accesso all’acqua potabile e 3,5 miliardi sono prive di servizi igienico-sanitari gestiti in modo sicuro.
In questo contesto Eni, attiva in 61 paesi, ha incluso tra i pilastri della sua strategia le alleanze per lo sviluppo con le
comunità in cui è presente. “Nei paesi in cui operiamo, le attività di business sono sempre affiancate da piani di azione che rispondono alle esigenze del territorio, migliorandone le opportunità lavorative e l’accesso all’istruzione, alla salute, all’acqua e all’energia”, ha scritto Descalzi nella lettera. L’ad ha citato ad esempio il Centro di Eccellenza Oyo per
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le Energie Rinnovabili e l’Efficienza
Energetica in Congo, pensato - si legge nel rapporto - per contribuire alla creazione di un mercato dell’energia sostenibile integrato e inclusivo nel paese e in tutta la regione. Il centro è gestito dal ministero dell’Istruzione del Congo assieme all’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale. Tra le altre iniziative ci sono la partnership con l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) per promuovere lo sviluppo di competenze per la transizione e quella con l’International Labour Organization per promuovere sicurezza e salute sul lavoro per gli agricoltori che fanno parte delle filiere dell’agri feedstock (coltivazione e spremitura di semi per la produzione di oli vegetali). Nel 2023 Eni aveva 75 accordi di cooperazione attivi, di cui 16 socio-economici e 12 per la salute firmati nel corso dell’anno. F
n GOOD STORIES n di Elisa
Serafini
In nome dell’efficienza
Dinova ha creato Interacta, una pIattaforma che mIglIora la produttIvItà e Il coInvolgImento deI dIpendentI tramIte una comunIcazIone pIù effIcace. “per Il successo è stato fondamentale antIcIpare Il bIsogno dI strumentI per l’engagement”, dIce Il ceo Cristiano BosCato
CComunicazione e interazione sono ingredienti indispensabili per il successo delle imprese. Senza comunicazione interna, processi e outcome, le aziende rischiano di non poter esprimere il loro massimo potenziale. È in questo campo che opera Interacta, la piattaforma tecnologica ideata da Dinova, parte del gruppo Maggioli, progettata per migliorare la produttività e l'engagement dei dipendenti attraverso una comunicazione più efficace, una collaborazione ottimizzata, la condivisione della conoscenza e la gestione semplificata dei processi. Interacta ha più di 150 clienti ed è presente direttamente e con una crescente rete di partner in Italia, Spagna e Grecia. Dinova fattura 80 milioni, ha 300 dipendenti e oltre 1.500 clienti. Forbes ha intervistato Cristiano Boscato, ceo e fondatore di Dinova, precedentemente Injenia, e creatore di Interacta. Boscato è anche direttore accademico e professore aggiunto alla Bologna Business School, è un esperto di intelligenza artificiale e trasformazione digitale. È autore del libro In una notte d’estate ho visto il futuro e ha conseguito una laurea in studi semiotici sotto la guida dello scrittore e semiologo Umberto Eco.
Come sta andando la crescita di Interacta in termini di
espansione di mercato e clienti?
La crescita è stata significativa, registrando un aumento anno su anno del 70%. Per una piattaforma che genera diversi milioni di euro di fatturato, è un risultato importante. Credo che la chiave del successo risieda nell'aver anticipato il bisogno di strumenti di collaborazione che migliorano non solo la produttività, ma anche l’engagement delle persone. Abbiamo creato un ambiente in cui le persone trovano senso in ciò che fanno, crescono professionalmente e migliorano le loro competenze, soprattutto in un'epoca in cui il reskilling e l'upskilling sono essenziali. Questo è stato il motore della nostra crescita.
Quali sono i vostri piani di espansione internazionale?
L'esigenza di strumenti di collaborazione è universale. In molte parti del mondo è un tema già molto avanzato e l'espansione internazionale è per noi una conseguenza naturale. Prevediamo un’espansione ancora più ampia nel nostro piano industriale 2025-2027, che inclu-
derà tutto il territorio europeo, compreso il Regno Unito.
Parliamo del prodotto: quali saranno le novità?
Abbiamo in programma il lancio di una versione gratuita di Interacta, ispirata ai modelli di altri grandi player del settore. L’idea è rendere la piattaforma disponibile su marketplace in modalità freemium, seguendo esempi come quello di Slack, ampliando il nostro target di aziende. Stiamo iniziando a vedere un'adozione crescente anche tra le pmi italiane, che utilizzano Interacta per gestire i loro processi, dal commerciale al marketing, dall’after sales alla ricerca, rendendolo un digital workplace completo, non solo una semplice intranet. La nostra forza sta nella capacità di unire la comunicazione e i processi in un'unica piattaforma.
Il vostro approccio di ‘Umanesimo digitale’ si riflette nell’attenzione verso il benessere aziendale e la felicità. Quali iniziative avete intrapreso in questo ambito?
"Vogliamo creare una piattaforma che si adatti al modo in cui le persone collaborano, permettendo loro di esprimere se stesse"
Abbiamo sviluppato un Manifesto dell'Interazione Naturale, la cui prima tesi è dedicata alla felicità. Il nostro concetto va oltre l’idea di ‘felicità al lavoro’; parliamo di ‘felicità nel posto di lavoro’, ovvero la capacità delle persone di autodeterminarsi e trovare soddisfazione nel loro ambiente lavorativo. Crediamo che una parte fondamentale della felicità derivi dall'uso degli stru-
n GOOD STORIES n
menti giusti, ed è qui che entra in gioco Interacta. Il nostro obiettivo è creare una piattaforma che si adatti al modo in cui le persone comunicano e collaborano, permettendo loro di esprimere se stesse. È un cambiamento rispetto al vecchio paradigma, dove l’uomo si adattava alla tecnologia per migliorare la produttività. Ora, la produttività deve andare di pari passo con l’autoaffermazione delle persone. Abbiamo notato un incredibile impatto sui nostri clienti. I kpi di soddisfazione sono altissimi, con un’adozione della piattaforma che arriva fino all’8085%, contro il 20-30% di una intranet tradizionale. Questo dimostra quanto Interacta sia efficace nel creare un ambiente di lavoro più felice e collaborativo.
Un tema centrale oggi è l'intelligenza artificiale. Come state investendo in questa tecnologia e qual è la sua opinione personale al riguardo? Cosa pensa che dovrebbero fare le istituzioni?
Credo che l’IA sia una tecnologia inevitabile e neutra di per sé, ma che avrà un impatto enorme sul mondo nei prossimi 10-15 anni, un cambiamento che oggi è difficile da immaginare. Un esempio? Un neonato potrebbe crescere con un’app che funge da medico e insegnante personale. Tuttavia ci sono questioni etiche, legali e sociali che le istituzioni dovrebbero affrontare. A oggi stanno facendo troppo poco, e rischiamo di vedere gravi squilibri nel mondo del lavoro e nella distribuzione della ricchezza. La sola regolamentazione non basta: serve una gestione attiva del suo impatto. In Dinova abbiamo integrato l’IA in Interacta, collaborando con alcune delle più grandi aziende italiane. L’IA, per noi, è uno strumento per migliorare la conoscenza e supportare i processi decisionali, come un 'collega' aggiuntivo. Tuttavia, il rischio è delegare troppo all'IA, che rimane uno strumento di analisi statistica. È l’intuito umano, infatti, a continuare a fare la differenza nel comprendere e applicare le buone pratiche. F
n GOOD STORIES n di Maurizio Abbati
Un gigante tra i monti
Uno stabilimento all’avangUardia ispirato ai principi della bioedilizia hi-tech, diventato Un modello anche per grandi aziende internazionali. AcquA SAnt’AnnA lo ha costrUito tra le alpi del cUneese, dove qUasi 30 anni fa è entrata nel food & beverage. settore in cUi oggi è tra i primi grUppi italiani
NNon è solo dai settori hi-tech o ad alto tasso d’innovazione che provengono le storie di successo sostenibile del made in Italy. Lo dimostra il caso di Acqua Sant’Anna, che negli ultimi dieci anni ha visto più che triplicare il proprio fatturato, fino a raggiungere i 320 milioni di euro. Allo stesso tempo l’azienda ha proseguito una politica di investimenti portata avanti da Alberto Bertone, presidente e ad, in primis per migliorare efficienza e automazione nello stabilimento di Vinadio (Cuneo). È stato lui a promuovere l’uso di soluzioni robotizzate d’avanguardia per sviluppare velocità di produzione e controlli sulla qualità di altissimo livello, consentendo di raggiungere grandi volumi.
Le prossime sfide di crescita di Acqua Sant’Anna coinvolgeranno sia lo sviluppo dell’export - con una particolare attenzione alla Germania, dopo l’ingresso in Francia nel 2022 -, sia le linee interne, con il lancio di nuovi prodotti e formati. In termini di diversificazione, ad esempio, l’azienda ha conquistato da diversi anni il mercato delle bevande, prima con la linea di tè freddi SanTHE’, poi con prodotti a base di succhi ed estratti naturali, le acque fruttate Fruity Touch e le nuove acque funzionali, come la linea Sant’Anna Beauty, che vede sia
un’acqua arricchita di collagene e zinco, sia, dal 2020, un integratore con acido ialuronico e zinco. A dimostrazione di come l’azienda continui a investire nella diversificazione, cercando di individuare le nuove tendenze del mercato e rispondendo con proposte mirate, spicca inoltre il lancio di Sant’Anna Pro: una bevanda con 15 grammi di proteine e zinco, senza zuccheri, conservanti, coloranti e glutine, disponibile in due gusti. L’azienda ha oggi più di 350 referenze e dieci formati, ma non è solo business: in linea con le scelte di Bertone, ha avviato un progetto di ‘culturalizzazione’ che si sviluppa in più fasi e vede nell’arte un linguaggio universale
in grado di creare valore aggiunto per le dinamiche aziendali, oltre a creare benessere per i dipendenti. La prima fase ha visto la realizzazione di una mostra di 50 scatti di Silvano Pupella, dal titolo Acqua – Liquida bellezza, a cui si aggiungono progetti che coinvolgono importanti artisti italiani e internazionali, come Alessandro Ciffo, Gérard Courbouleix–Dénériaz, in arte Razzia, e Marco Lodola.
L’assetto attuale di Acqua Sant’Anna è l’ultimo atto di una case history familiare dalle radici solide, peraltro in un settore molto frammentato – solo in Italia operano 300 marchi – e dominato da gruppi multinazionali. A iniziare l’avventura imprenditoriale è stata la famiglia Bertone, attiva dagli anni Cinquanta nell’edilizia. Il fondatore, Giuseppe Bertone, morto nel 2008, è stato protagonista di un’epopea imprenditoriale che ha incarnato la definizione del self made man ed è stato affiancato in seguito dai figli Fabrizio e Alberto. Nel 1995 è iniziata una nuova avventura in un settore totalmente diverso, quando Giuseppe venne a conoscenza della qualità superiore dell’acqua che sgorga nelle valli che sovrastano Vinadio, nel cuore delle Alpi Marittime. Dopo aver effettuato sopralluoghi, test e analisi, i Bertone si convinsero delle enormi potenzialità del prodotto, che sgorga in un contesto montano rimasto incontaminato.
Nel ’96 è nata così Acqua Sant’Anna, che in breve è approdata sulle tavole di tutta Italia, arrivando oggi
alla quota di 1,5 miliardi di bottiglie annue. Ora l’azienda è il terzo produttore del mercato bevande ed è entrata tra i primi 25 del food & beverage a livello nazionale. Non solo: nel campo del packaging, con Bio Bottle, è stato il primo marchio al mondo a lanciare nel mass market una bottiglia da 1,5 litri biodegradabile e compostabile, poiché prodotta con un biopolimero di origine 100% vegetale.
Alla base dello sviluppo dei prodotti non c’è solo la qualità organolettica del prodotto – che prende il nome dal santuario nei pressi di Vinadio, il più alto d’Europa –, ma anche ingenti investimenti in ricerca, soluzioni tecnologiche all’avanguardia, automazione, innovazione di prodotto e marketing. Ciò è evidente già varcando la soglia dello stabilimento da 60mila metri quadri: un gioiello di bioedilizia hi-tech in una tranquilla valle alpina, diventato un modello di fama mondiale, studiato anche da molte grandi aziende internazionali.
1,5 mld
Le bottiglie vendute ogni anno da Acqua Sant'Anna
99,5%
La precisione garantita dai robot pallettizzatori nell'impianto di Vinadio
Acqua Sant’Anna ha uno dei più grandi impianti produttivi al mondo: 16 linee di imbottigliamento (13 per l’acqua e tre per le bevande), e le tre più recenti producono fino a 54mila bottiglie all’ora per il formato da un litro e mezzo e 81mila per quello da mezzo litro. Gli investimenti recenti e in corso permettono una capacità produttiva globale di circa tre miliardi di bottiglie annue. A Vinadio lavorano i più moderni robot palletizzatori, concepiti per risparmiare una notevole quantità di plastica in fase di imballaggio. Oltre a garantire una precisione superiore al 99,5%, questi veicoli rispettano l’ambiente (usano batterie ricaricabili anziché carburante) e aumentano la sicurezza sul lavoro.
La filosofia aziendale è orientata alla tutela dell’ambiente e delle risorse e si concretizza in numerose iniziative: la preferenza va alla logistica su rotaia, lo stabilimento è stato costruito secondo i principi della bioarchitettura e della bioedilizia, i camion sono a lng bio, per la pulizia si usa il ghiaccio secco. F
n GOOD STORIES n
di Penelope Vaglini
Le case dell’eccellenza
Hopafin, una delle più importanti holding europee nei settori real estate e creditizio, ha dato vita a società specializzate nelle dimore di lusso: Harves, che si occupa di intermediazione di proprietà, e roseto, dedicata alla locazione di immobili
ILIl comparto immobiliare del lusso è in costante evoluzione e, a partire dal 2023, ha mostrato vivaci segni di ripresa in Asia, Europa e Stati Uniti. L’interesse sempre più ampio da parte di acquirenti di alto profilo a livello globale è legato all’aumento del numero di individui con alta capacità di spesa - destinato a crescere del 40% entro la fine del 2026, secondo il rapporto di Credit Suisse - che ricercano dimore di pregio da acquistare e mettere a reddito, o semplicemente in cui vivere per brevi periodi senza troppi pensieri. Per soddisfare le esigenze e i desideri di coloro che sono interessati agli immobili di qualità sono nati gruppi specializzati come Roseto e Harves, società controllate dalla holding di testa Hopafin, tra le più importanti d’Europa nel settore immobiliare e creditizio. “L’apertura verso il mondo del lusso ha portato Hopafin a fondare Harves, società di intermediazione di proprietà di prestigio, e Roseto, specializzata nella locazione di immobili luxury di proprietà”, racconta Andrea Pasquali, ceo di Hopafin. “Presente a Milano e in località esclusive come Forte dei Marmi e Madonna di Campiglio, è un punto di riferimento per chi cerca dimore di pregio che possano garantire un’alta qualità della vita, grazie a servizi integrati sempre a disposizione degli ospiti”.
Roseto, attiva sul mercato dal 2009, offre differenti soluzioni abitative tra le
oltre 300 unità immobiliari distribuite tra nord e centro Italia, con un servizio altamente personalizzato. Gestita da un team di 25 persone in continua crescita, la società si avvale di partnership con le più importanti realtà italiane nel mondo dell’arredo di lusso e può contare su una squadra giovane e specializzata che collabora per rendere uniche le esperienze dei clienti. Grazie a un facility department, offre un’assistenza puntuale per soddisfare tutte le esigenze legate all’immobile, oltre a un team hospitality che affianca gli ospiti in ogni momento. Diversi dipartimenti completano l’offerta: Roseto Prestige e Roseto Experience. La prima si concentra su affitti di dimore di prestigio nelle zone più esclusive di Milano, personalizzate nell’architettura
e nel design e situate in aree centrali della città, offrendo servizi improntati all’eccellenza e alla massima soddisfazione di coloro che vi abiteranno. La seconda si prende invece cura dei momenti di vacanza, focalizzandosi sul segmento del lusso e presidiando le località italiane più esclusive, unendo il comfort abitativo a servizi personalizzati. L’hospitality manager consente di organizzare, per esempio, escursioni private a cavallo e sessioni di trekking, oltre a uscite in quad e in bicicletta, mentre nei luoghi di villeggiatura invernali assiste gli ospiti per reperire la migliore attrezzatura tecnica per lo sci e le attività sulle piste, oltre a progettare escursioni sulla neve collaborando con i migliori tour operator della zona. Inoltre, consiglia i mi-
Uno degli appartamenti di Roseto a Milano. Nell'altra pagina, una proprietà a Madonna di Campiglio.
gliori indirizzi fine dining, dove godersi un pranzo o una cena all’insegna della buona cucina.
A Madonna di Campiglio si trova Campiglio Wood, complesso di soluzioni abitative realizzate con materiali e finiture tipiche del territorio e un approccio contemporaneo, pensate per trascorrere un weekend o una vacanza immersi tra laghi e foreste, ideali sia per il periodo estivo che per quello invernale. L’offerta si arricchirà con Campiglio Plaza, struttura che unisce residenze di alto livello a spazi commerciali.
“Con Roseto ci spingiamo oltre il mondo immobiliare e i suoi servizi accessori, offrendo esperienze dedicate alla nostra clientela d’élite”, aggiunge Rocco Roggia, ceo di Roseto. “È il caso di Roseto Wine, una cantina con etichette di vini selezionate a cui possono attingere gli ospiti delle residenze e i clienti dell’azienda, grazie a consegne e ritiri personalizzati.
Nella sede di corso Garibaldi a Milano, il chiosco ristrutturato ospita eventi e sostiene
l'arte
Un vero wine club con servizi su misura. L’apertura verso discipline affini all’architettura ha portato inoltre alla creazione di Roseto Artwork, che raccoglie una collezione di opere d’arte contemporanea, a conferma dell’impegno culturale del gruppo. La sede di corso Garibaldi 95 a Milano è il luogo deputato a tale connessione. Un tempo sede del convento di Sant’Anna dei Teatini, oggi il suo chiosco ristrutturato ospita eventi e sostiene attivamente l’arte in diverse occasioni. Durante il Fuorisalone di quest’anno è diventata parte del Brera Design District, con la mostra personale Compagni in un’oasi sotto un cielo stellato di Mario Schifano, mentre dal 7 al 20 ottobre, sarà teatro di Abbi cura di te, esposizione dell’artista Alfredo Rapetti Mogol”. Tali attività culturali arricchiscono l’offerta immobiliare di Roseto, diventando un punto di riferimento per gli amanti della bellezza in ogni sua forma. F
n GOOD STORIES n di Ettore Mieli
Sostenibilità al top
Per il quarto anno consecutivo Kon Group Presenta il SuStainability award, il Progetto che Premia le aziende Più attente ai Parametri esg. aPPuntamento il 17 ottobre a Palazzo mezzanotte, sede della borsa italiana, Per una serata di gala in PartnershiP con Forbes
AAnche nella quarta edizione del Sustainability Award promosso da Kon Group , operatore italiano indipendente in m&a e consulenza finanziaria e direzionale, assieme a Elite, ecosistema del gruppo Euronext che aiuta le piccole e medie imprese a crescere e ad accedere ai mercati dei capitali privati e pubblici, con main partner Azimut, gruppo indipendente globale di asset management, wealth management, investment banking e fintech che da anni promuove la sostenibilità tra gli investimenti dei propri clienti, pare che l’obiettivo sia stato raggiunto: favorire un incremento della cultura della sostenibilità nel sistema imprenditoriale italiano. Il premio sta creando un'élite di imprenditori che ha fatto della sostenibilità il driver dello sviluppo strategico della propria azienda.
A questa quarta edizione 2024 hanno partecipato molte più imprese eccellenti rispetto al passato, segno di una crescente consapevolezza del ruolo strategico di una missione aziendale permeata di sostenibilità. Quest’anno i promotori hanno voluto perciò estendere il numero delle aziende dotate di rating a oltre 250 e premiare, oltre alle top 100 imprese eccellenti italiane, anche quelle imprese
che, partecipando ad almeno due edizioni e accettando quindi di essere seguite nel loro percorso, si sono distinte per aver migliorato le performance in materia di sostenibilità. Tutto in base al rating esg emesso da Altis Advisory, spin-off dell'Università Cattolica, e da Reprisk.
Quest’anno però Kon, in collabo -
razione con Politecnico di Milano ed Et Group, ha proposto un'ulteriore valutazione molto avanzata: il rating sulla finanza (esg integrated finance) e sull'innovazione (esg transformative innovation), per anticipare la regolamentazione finanziaria, facilitando il dialogo tra le imprese e le istituzioni su un tema caldissimo che impatterà
n GOOD STORIES n
notevolmente sul futuro, per sottolineare che la sostenibilità è innovazione e che non esisterà più una capacità innovativa che non tenga conto di uno sviluppo sostenibile, e per evidenziare che l’innovazione deve essere diffusa e può essere un elemento di sistema, attraverso il supporto, non pubblico, alle startup.
I promotori hanno voluto quindi dare al sistema imprenditoriale italiano due asset: una maggiore consapevolezza della sostenibilità delle imprese, attraverso la misurazione con i rating esg dei risultati raggiunti e delle aree di miglioramento, e una grande visibilità, grazie alla partnership con Forbes
Un club esclusivo, insomma, che serve a stimolare il miglioramento in materia di sostenibilità e il raggiungimento rapido di livelli sempre superiori di rating esg, con conseguenti impatti positivi su tutta la comunità.
Un altro obiettivo dei promotori è favorire la più ampia interazione possibile tra i protagonisti. Come nelle edizioni precedenti, ci si aspetta una partecipazione numerosa di imprenditori e massimi dirigenti delle aziende incluse nelle liste, che saranno pubblicate integralmente online pochi giorni prima della cerimonia di premiazione che si terrà il 17 ottobre a Pa -
lazzo Mezzanotte, sede della Borsa Italiana, e a novembre sulla rivista Forbes Italia.
Gli organizzatori si sono impegnati, come già nelle precedenti edizioni, a consegnare personalmente i report di rating esg a tutti i partecipanti e organizzeranno nei prossimi mesi incontri one-to-one con ciascuno per approfondire gli elementi di miglioramento rispetto alla situazione attuale e preparare la strada alla quinta edizione, che, oltre a proseguire con gli attuali partecipanti, vuole ampliare ancora la platea delle imprese sostenibili cui offrire questa grande opportunità di visibilità. F
n GOOD STORIES n
di Maurizio Abbati
Cambio di marcia
Gate, startup fondata da Iveco Group, vuole instaurare un nuovo paradigma
nel settore dei veicoli commerciali: formula pay-per-use, servizi completamente digitali e un’app per semplificare e ottimizzare ogni aspetto della gestione della flotta
SSe dovessimo immaginare un futuro a colori, uno di quei colori sarebbe il verde. La tecnologia green è ormai trasversale a ogni settore dell’economia, non solo per fini ambientali, ma anche come risposta alle esigenze degli investitori e alla crescente disponibilità a modificare l’approccio ai consumi. Una delle giovani realtà italiane che si sono già ritagliate un proprio spazio grazie a proposte innovative è Gate, startup fondata da Iveco Group per instaurare un nuovo paradigma nel settore dei veicoli commerciali, grazie a una formula pay-per-use, flessibile per il noleggio a lungo termine, promuovendo la mobilità sostenibile con un’offerta premium e servizi completamente digitali.
L’obiettivo è guidare la transizione energetica nel settore dei trasporti, anticipando le esigenze del mercato della mobilità sostenibile e digitale attraverso soluzioni smart e di facile adozione, che superino la concezione delle grandi flotte di veicoli spesso non rispondenti alle necessità degli utenti.
L’ecosistema avanzato di Gate - protagonista anche all’Iia Transportation di Hannover - mette a disposizione tre pacchetti: Easy, Energy ed eManager. Ognuno comprende opzioni per le stazioni di ricarica e servizi dedicati, per soddisfare le diverse esigenze dei clienti. La caratteristica più innovativa di Gate è la formula pay-per-use, che
offre la possibilità di un passaggio da un noleggio con canone mensile fisso a un'offerta su misura incentrata sull'utilizzo stimato del veicolo da parte dell'utente, con servizi premium e conguagli successivi basati sui consumi effettivi.
La flessibilità della formula consente ai clienti di scegliere la soluzione migliore per le loro esigenze, dalle consegne dell'ultimo miglio ai trasporti a lungo raggio.
"Siamo pronti a sbloccare il futuro e orgogliosi di accompagnare i nostri clienti verso la mobilità di domani, lavorando insieme al progresso di una società realmente più sostenibile”, ha dichiarato Simone Olivati, president, financial services Iveco Group e head of Gate. Alla base dell’ecosistema Gate c'è quindi la tecnologia green, a cui si unisce il valore di partner di alto livello. Come Bridgestone, una delle principali aziende mondiali nel settore degli pneumatici e delle soluzioni per la mobilità
sostenibile. Il programma Fleetcare di Bridgestone, con il suo ecosistema digitale integrato end-to-end, offre ai clienti Gate servizi di gestione degli pneumatici supportati dalla telematica e dall’intelligenza artificiale, per migliorare l'autonomia e le performance dei veicoli.
Le offerte energetiche proposte da Gate, supportate da partnership con ChargePoint e Octopus Energy, sono progettate per fornire soluzioni complete e sostenibili. Attraverso la partnership con ChargePoint vengono usate avanzate piattaforme software per la gestione delle reti di ricarica, restituendo analisi dati dettagliate. ChargePoint fornisce hardware di ricarica su misura per diverse esigenze, tra cui specifiche di potenza, tipi di ricarica ac/dc, livelli di protezione Ip, livelli di connettività e accessori opzionali come cavi, pali e basi in cemento. Inoltre offre un software all'avanguardia per la
"Siamo pronti a sbloccare il futuro e orgogliosi di accompagnare i nostri clienti verso la mobilità di domani, lavorando insieme al progresso di una società realmente più sostenibile"
espandere la propria catena del valore e offrire una gamma completa di servizi: manutenzione e riparazione, gestione di tasse e immatricolazioni, punti di ricarica pubblici e privati, un servizio pneumatici dedicato, copertura assicurativa e una gamma completa di soluzioni telematiche integrate, come il monitoraggio digitale delle flotte. Altro elemento che rafforza l’offerta è myGate App, progettata per semplificare e ottimizzare ogni aspetto della gestione dei veicoli con una gamma completa di funzionalità avanzate. Disponibile per i clienti Gate, permette agli utenti di controllare i dettagli dei contratti in qualsiasi momento, monitorare i chilometri percorsi dai veicoli e scaricare documenti e fatture relativi ai contratti. A partire dal primo trimestre del 2025 myGATE sarà lanciata anche in Germania. F n GOOD STORIES n
gestione dei punti di ricarica (Charge Point Management System), con funzionalità come il controllo degli accessi, la gestione dei prezzi, il monitoraggio, il riavvio, la manutenzione predittiva e la reportistica dettagliata. A questo si sommano servizi aggiuntivi, tra cui installazione, manutenzione, garanzie estese, consulenza e supporto clienti. La partnership con Octopus Energy si concentra sull'approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili, garantendo energia pulita e sostenibile, e offre piani tariffari innovativi che permettono di risparmiare, spostando i consumi energetici nelle ore non di punta. Inoltre Octopus sfrutta tecnologie avanzate per ottimizzare l'uso dell'energia e la gestione della rete, proponendo soluzioni energetiche efficienti e affidabili. Con il supporto di importanti partner, Gate porta avanti il duplice obiettivo di
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di Elisa Serafini
Dritti alla soluzione
“La chiave è nutrire una cuLtura orientata aLL’innovazione, che ognuno interpreta in modo personaLe”. è La formuLa di OnOfriO Mastandrea, manager che guida in itaLia incyte, azienda biotech che cerca terapie in aree in cui i pazienti hanno poche opzioni, o addirittura nessuna
L'“L’innovazione per noi non è un metodo, è mindset racchiuso nel nostro motto: ‘Solve On’”. A raccontare un’azienda che ha l’innovazione nel dna è Onofrio Mastandrea, regional vice president e general manager di Incyte Italia, azienda biotech focalizzata sulla ricerca e lo sviluppo di soluzioni terapeutiche in aree a elevato unmet need, per le quali i
Qual è il metodo usato in Incyte per incoraggiare l’innovazione all’interno dell’organizzazione?
L'innovazione per noi è un mindset, racchiuso nel motto ‘Solve On’, che ispira l'intera organizzazione e ci stimola a guardare all’opportunità che si cela dietro a ogni ostacolo. Non si tratta di seguire un metodo predefinito, ma di nutrire una cultura orientata all’innovazione, che ognuno interpreta in chiave personale. Oggi guidare l’innovazione significa coinvolgere le persone nel co-creare insieme una visione, e la co-creazione ri -
Quali risultati ha portato questo approccio a livello di business, ricerca e hr?
L’approccio ‘Solve On’ ha guidato la crescita di Incyte nel tempo. In meno di dieci anni siamo passati dall’essere un’azienda presente in un paese, con un prodotto e una sola indicazione, a una presenza in 14 paesi, un portfolio di otto prodotti e 17 indicazioni terapeutiche. In Italia quest’anno abbiamo inaugurato la nuova business unit dedicata alle patologie infiammatorie e autoimmuni, portando alla comunità di pazienti il primo farmaco specifico per il trattamento della vitiligine, una
"Istituzioni e aziende devono lavorare insieme per incentivare l'interesse e la conoscenza da parte delle nuove generazioni verso le materie Stem"
pazienti hanno a disposizione limitate opzioni di trattamento, o addirittura nessuna. Mastandrea, che ha alle spalle un’esperienza in ruoli di leadership nel settore farmaceutico, guida lo sviluppo di Incyte Italia dal 2016. Incyte, nata nel 2002 nel Delaware, è attiva oggi in 14 paesi, con una squadra di 2.500 professionisti, di cui oltre 1.000 impegnati nella ricerca. L’impegno in ricerca e sviluppo si traduce in un portfolio globale di otto prodotti in 17 indicazioni terapeutiche, nelle aree dell'oncologia, dell’ematologia e della dermatologia.
chiede un diverso stile di leadership, diffusa, inclusiva. Ad esempio, ogni anno viene lanciata una call to action rivolta a tutti i dipendenti per presentare progetti innovativi, incentivando la sinergia tra diverse componenti dell’organizzazione. Questo approccio è la chiave per affrontare le sfide del sistema salute, a partire dalla ricerca, ma non solo: adottare nuove prospettive aiuta a ottimizzare i modelli di accesso, generare nuove forme di collaborazione e incentivare la sostenibilità.
patologia a oggi priva di opzioni terapeutiche efficaci. Lo sviluppo dell’organizzazione è andato di pari passo con quello della nostra squadra, composta oggi da quasi 100 persone. Il mindset ‘Solve On’, unito ai nostri valori – positività, alliance ed execution – è il motore di questa crescita e il punto cardinali che orientano il nostro viaggio.
Quali azioni dovrebbero sostenere le istituzioni per incoraggiare lo studio di materie Stem e quali programmi sta promuovendo Incyte in questo campo? Credo che la chiave sia l’alleanza:
Onofrio Mastandrea, regional vice president e general manager di Incyte Italia.
istituzioni e aziende devono lavorare insieme per incentivare l’interesse e la conoscenza da parte delle nuove generazioni nei confronti delle materie Stem e delle opportunità che l’industria life science può offrire. Molti passi sono stati fatti, come l’istituzione della Settimana delle materie Stem, promossa dall'onorevole Marta Schifone per valorizzare l’apprendimento di queste materie e incentivare la collaborazione tra università, settore pubblico e privato. Nella stessa direzione vanno numerose iniziative di Farmindustria e Assobiotech. Anche noi abbiamo voluto dare il nostro contributo. I giovani sono per noi un interlocutore fondamentale, ed è responsabilità condivisa costruire ponti per avvicinarli al nostro settore. Da questa consapevolezza nasce l’iniziativa Iai Academy, programma di talent acquisition lanciato da Incyte Italia per integrare giovani talenti nella nuova business unit dedicata alle patologie autoimmuni e infiammatorie. Grazie alla collaborazione con alcuni dei più prestigiosi poli universitari italiani, abbiamo selezionato 16 specialisti, che hanno raggiunto la nostra squadra, contribuendo a far conoscere le opportunità che il settore biotech può offrire. È anche un esempio di collaborazione virtuosa con l’accademia. In particolare, abbiamo siglato un protocollo di intesa con l’Università Campus Bio-Medico di Roma, gettando le basi per future collaborazioni.
Come si declina il rapporto tra innovazione e sostenibilità nella vostra industria e, in particolare, nella vostra azienda?
La sostenibilità è una delle principali sfide di oggi e coinvolge sia il settore pubblico che quello privato. La sinergia tra le diverse componenti del sistema è fondamentale per affrontarla. Inoltre innovazione e sostenibilità sono legate indissolubilmente: non possiamo progredire senza innovazione, e non possiamo garantire un futuro senza sostenibilità. Ancora oggi spesso l’innovazione viene vista come un costo
e non come un’opportunità. È importante trovare un equilibrio e soprattutto non sacrificare l’innovazione in nome della sostenibilità, ma trovare modelli che rendano la vera innovazione sostenibile nel tempo. Come Incyte sentiamo la responsabilità di generare quanto più valore possibile per la comunità. Lo facciamo cercando di migliorare la vita dei pazienti attraverso nuovi farmaci e ci impegniamo nel declinare la sostenibilità in tutti gli aspetti del nostro agire, dalla ricerca scientifica all’accesso, dalla formazione delle persone alla tutela dell’ambiente in cui viviamo. F
n GOOD STORIES n
di Matteo Chiamenti
Aziende da manuale
DaviDe MonDaini, direttore editoriale di FaMilybiz, è convinto che nell’imprenditoria “esista ancora un po’ di confusione”. ha scritto perciò un libro sulle società a conduzione familiare, per fornire “una bussola” su come migliorarne la governance
SSe volessimo provare a tradurre il governo di impresa in una metafora, si potrebbe dire che è essenzialmente il timone di una nave. Chiaramente, non tutte le navi sono uguali e necessitano del medesimo timone (e timoniere). Un caso specifico e tipicamente italiano è quello delle imprese familiari, in merito alle cui dinamiche di governance subentrano alcune variabili specifiche, come le relazioni fra i familiari stessi: soci, non soci, operativi e non operativi. Lo sa bene Davide Mondaini, direttore editoriale di Familybiz – iniziativa editoriale di Mondaini Partners interamente dedicata a questo segmento aziendale – e autore del libro Governance e Family Lo abbiamo intervistato per discutere dei contenuti del saggio e, più in generale, per riflettere su alcune tematiche legate alle imprese a conduzione familiare.
Nell’introduzione del saggio lei definisce il governo di impresa come un “gioco” tra i tre soggetti che partecipano alle decisioni chiave: i proprietari, gli amministratori e il management. Quali sono le regole di questo gioco, cosa si vince e cosa rischia?
In effetti è proprio un gioco, una relazione profonda, articolata e costante, fra questi tre soggetti. Ma è un gioco
parte i proprietari hanno tanti cappelli: sono soci, membri dell’organo amministrativo (amministratori unici o membri del consiglio di amministrazione) e manager. Dall’altra, i rapporti di parentela fra i membri della famiglia coinvolti nel governo e nella gestione rappresentano un elemento, oltreché di forza, anche di complessità organizzativa, che necessita di essere adeguatamente regolamentato.
"I rapporti di parentela fra le persone coinvolte nella gestione rappresentano un elemento di forza, ma anche di complessità organizzativa"
La prima domanda è d’obbligo: come è nata l’idea di questo libro? È nato dall’osservazione sul campo dei metodi che le aziende, o meglio, le direzioni d’impresa utilizzano per prendere le proprie decisioni strategiche per guidare e controllare l’organizzazione e il business.
speciale, di equilibrio e rispetto, dove nessuno deve uscire vincitore, prevaricatore, poiché l’unico vero vincitore deve essere sempre l’impresa, con la sua competitività e la sua continuità nel tempo.
All’interno di questo tema, quali sono le peculiarità delle imprese familiari?
Il gioco, nelle imprese familiari, diventa spesso più articolato. Da una
Tra le funzioni esercitate dal governo d’impresa vi sono quelle di definire la mission e successivamente eseguire quanto si è concordato. Quali possono essere i principali elementi da monitorare all’interno di questo delicato passaggio di fase?
Direi che, più che eseguire quanto concordato, il compito di chi si occupa di governo debba essere piuttosto quello di trasferire, in modo molto chiaro, le linee guida strategiche che l’impresa deve mettere a terra. Poi la vera e propria fase di esecuzione sarà compito, come descrivo nel libro, del management.
Questo libro si rivolge principalmente a quelle aziende familiari non quotate che hanno, in media, più 20 anni di attività. Perché in questo caso è più accentuata la necessità di adottare un governo d’impresa strutturato,
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mentre in altre realtà è meno raccomandabile?
Il motivo è molto semplice e concreto: un’impresa familiare con più di 20 anni di attività vedrà verosimilmente, al proprio interno, convivere e lavorare insieme diverse generazioni. Ovvero, nel tempo si sarà passati dalla fase del fondatore alla fase dei fratelli o alla fase dei cugini. Sappiamo che, all’aumento del numero dei membri della famiglia, che spesso coincide con un aumento della dimensione e dell’articolazione dell’impresa, diventa indispensabile introdurre nuove re-
gole e strumenti. Queste nuove regole e strumenti rappresentano, di fatto, la nuova governance.
Il suo lavoro è strutturato in tre parti: governance proprietaria, aziendale e familiare. Quali possono essere le principali sinergie da sfruttare tra queste tre aree?
Si tratta di tre aree, di tre dimensioni della governance fortemente correlate fra loro. Ad esempio, gli organi aziendali (assemblea dei soci, consiglio di amministrazione) costituiscono strumenti propri della governance azienda-
le, ma di fatto divengono strumenti di governance proprietaria nel momento in cui vengono definiti nelle clausole dello statuto societario. Ancora, un accordo fra familiari è uno strumento proprio della governance familiare la cui configurazione e caratteristiche verranno, tuttavia, definite nell’ambito del governo proprietario.
Uno dei temi più sentiti dalle imprese familiari è quello del passaggio generazionale. Come può la governance di impresa aiutare proprietà e management all’interno di questo processo?
Il passaggio generazionale, ovvero la successione nella leadership, è uno dei momenti più importanti e delicati nella vita di un’azienda familiare e va affrontato con rigore e regole specifiche. Un buon sistema di governance deve prevedere, per questo processo strategico, specifici meccanismi e una pianificazione adeguata.
Il focus del libro è rappresentato da un nuovo modello che le direzioni d’impresa possono adottare per potenziare il governo delle loro medie e piccole imprese a base familiare. Quali sono, in sintesi, i vantaggi dati dall’applicazione del modello?
Dal mio punto di vista, esiste a tutt’oggi un po' di confusione all’interno delle imprese, e non solo, rispetto al concetto di governance. Mentre negli ultimi 15-20 anni i sistemi di management, ovvero i sistemi per gestire efficacemente le risorse di un'azienda, hanno fatto un bel passo in avanti, si è fatto ancora troppo poco sul potenziamento dei sistemi di governance, ovvero sui metodi e sugli strumenti per guidare strategicamente un’organizzazione. Il modello illustrato nel libro può rappresentare una bussola, una guida operativa per migliorare il governo delle medie e piccole imprese, in particolare quelle familiari. F
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GOOD STORIES n
di Agostino Desideri
Le persone al centro
La muLtinazionaLe itaLiana EsprinEt appLica un modeLLo che si pone L’obiettivo di motivare e vaLorizzare tutti i dipendenti accrescendo Le Loro capacità
INIn un mondo del lavoro in continua evoluzione, le risorse umane rappresentano un asset fondamentale per il successo di ogni organizzazione. Le strategie hr, ben progettate e applicate, non sono più semplici strumenti amministrativi, ma motori che guidano la crescita e la competitività di un’azienda. Un esempio viene da Esprinet, multinazionale italiana della distribuzione di prodotti high tech e della fornitura di applicazioni e servizi per la trasformazione digitale e la transizione verde. Attiva nel Sud Europa, il gruppo opera attraverso i marchi Esprinet, V-Valley e Zeliatech, con 1.800 collaboratori e 4 miliardi di euro di fatturato raggiunti nel 2023. Abbiamo intervistato Ettore Sorace, hr director di Esprinet Group.
Come si sviluppa la vostra strategia hr?
Dalla soddisfazione dei nostri collaboratori dipende quella di tutti gli stakeholder. Questo è il principio che permette di capire la nostra strategia. La funzione hr vuole rispondere ai fabbisogni dei dipendenti per far sì che lavorino con continuità, rispettando le loro esigenze e aspettative. Lavoriamo tutti i giorni cercando di stimolarli a esprimere il loro valore, offrendo iniziative e progetti che abbracciano tre ambiti: diversity, equity e inclusion, engagement e sviluppo.
Quali sono le iniziative sviluppate?
In ambito diversity, equity e inclusion
ci siamo mossi in maniera trasversale, con iniziative che coinvolgono tutta la popolazione aziendale con un impatto su tematiche economiche, di formazione e work life balance. Per quest’ultimo tema prevediamo per ciascun dipendente, a eccezione di chi lavora nella logistica e nei punti vendita Esprivillage, per cui sono state individuate altre iniziative dedicate, lo smart working con dieci giornate mensili e cinque extra annuali, da sfruttare per esigenze particolari. La nostra azienda offriva l’opportunità di lavorare da remoto già prima della pandemia, con due giorni su base settimanale. In seguito, abbiamo incrementato ulteriormente le giornate. In aggiunta, abbiamo definito chiusure aziendali il venerdì e, nel periodo estivo, diamo la possibilità di lavorare da remoto il venerdì mattina, per poi chiudere l’attività nel pomeriggio, a eccezione delle strutture
non compatibili con queste logiche. Offriamo un bonus welfare a tutti i dipendenti, spendibile fino alla fine dell’anno, oltre a iniziative trasversali di formazione continua, come webinar e workshop online. Non mancano iniziative con un impatto sul benessere, come il servizio di sportello psicologico, consulenza pedagogica e care management, oltre a una serie di bonus aggiuntivi a supporto della famiglia. In una logica di supporto al caregiving è stato lanciato il progetto Shape the Future, che ha l’obiettivo di fornire un servizio di orientamento formativo e professionale ai familiari dei dipendenti.
Quali riconoscimenti avete ottenuto?
Sul fronte engagement, nel 2024 abbiamo ottenuto il riconoscimento Best Workplace, rientrando nella classifica delle 15 migliori aziende italiane che hanno avviato iniziative per i dipendenti, che si aggiunge alla certificazione Great Place to Work a livello di gruppo. Tra le iniziative trasversali rientra la flex training week, che permette ai dipendenti di diventare formatori di una materia extraprofessionale in cui eccellono. Nell’ambito dello sviluppo, invece, ci siamo concentrati sulle job rotation internazionali, che permettono a un gruppo ristretto di dipendenti selezionati dall’azienda di trascorrere un periodo di lavoro all’estero per un arricchimento linguistico e formativo. F
n GOOD STORIES n di Andrea Celesti
Un ponte per il domani
Niccolò MagNi e DaviDe Tibò haNNo creaTo boNsai, sTarTup aTTiva Nel seTTore Dei sofTware
azieNDali che sTa aiuTaNDo le iMprese a DigiTalizzare la supply chaiN
SSupportare le aziende nella gestione delle operazioni, riducendo costi e aumentando i ricavi. È questa la missione principale di Bonsai, startup che vuole ritagliarsi un ruolo di primo piano nel settore dei software aziendali grazie alla visione dei suoi fondatori Niccolò Magni e Davide Tibò. Cresciuto nell’azienda di famiglia, Magni ha sempre nutrito una profonda passione per la tecnologia, che l’ha accompagnato in tutte le sue sfide. Osservando da vicino i problemi che le aziende affrontavano nella gestione dei processi, si è accorto presto dell'assenza di soluzioni software flessibili e scalabili pensate per il futuro. “All’inizio avevamo molti partner tecnologici, ma erano molto costosi e lenti. Cercavamo una piattaforma interconnessa, flessibile e un unico partner tecnologico che fosse responsabile della nostra digitalizzazione”.
Su questi presupposti è nato il Software of growth (Sow), un prodotto modulare e scalabile, progettato per integrarsi perfettamente con i sistemi erp esistenti. Ma soprattutto una soluzione di digitalizzazione della supply chain di vendita completa e integrata, capace di ottimizzare i processi in ambiti come vendite, magazzino e decisioni basate sui dati. Grazie alla centralizzazione delle so-
Niccolò Magni
Tra i principali clienti di Bonsai ci sono Tenute Piccini, Baroni
luzioni software, inoltre, le aziende possono ridurre i costi operativi e incrementare le vendite in modo significativo. “Con la nostra soluzione, l’azienda non ha costi di integrazione”, prosegue Magni. “È un collegamento unico e questo non ‘sporca’ il gestionale, ma permette di collegare tutti i moduli a seconda delle esigenze”. Scelto dalle aziende per introdurre nuovi progetti gestiti dai giovani, senza interferire con le strutture esistenti, Sow rappresenta oggi un ponte verso il futuro che prepara le nuove generazioni di imprenditori alle sfide di domani. Tra i clienti più importanti di Bonsai ci sono Tenute Piccini, Baroni Home e Cavalieri: “La nostra soluzione ha permesso a Cavalieri di incrementare gli ordini del 25%, con un risparmio di 18mila euro e un numero maggiore di clienti rispetto al 2022”. Consapevole delle potenzialità del prodotto, Bonsai lavora costantemente per migliorare la sua soluzione e renderla sempre più allineata alle esigenze delle aziende, integrando IA e algoritmi avanzati. “Due mesi fa abbiamo deciso di inserire l’intelligenza artificiale come supporto per tutti i moduli, così da generare contenuti in automatico una volta ricevuti i dati dei prodotti”. Forte del successo della soluzione, per i prossimi mesi l’azienda mira ad allargare il suo raggio d’azione, puntando alla blockchain e allo sviluppo di nuovi moduli. F
n GOOD STORIES n di Lavinia Desi
Beauty a tutto tondo
Giovanni D’antonio è l’amministratore delegato e fondatore di MeDspa.
“il nostro obiettivo è andare oltre il concetto tradizionale di bellezza, concentrandoci su soluzioni che promuovano la salute della pelle e del corpo”, dice
OOffrire soluzioni innovative per la cura della pelle e il benessere in generale: questi gli obiettivi di Medpsa, azienda attiva nei settori della cosmeceutica e della nutraceutica. L’amministratore delegato, Giovanni D’Antonio, ha raccontato a Forbes Italia il percorso che l’ha portato a fondare la società.
Com’è iniziata la sua carriera?
La mia carriera imprenditoriale è nata in un contesto familiare ricco di competenze nel settore della salute. Mia madre, Elena, e mia sorella, Camilla, sono entrambe farmaciste, e questo ha fornito la base scientifica e tecnica per i nostri progetti. Il mio background economico, invece, ha portato uno spirito gestionale e amministrativo che ha completato questa visione. La combinazione di queste tre anime - scientifica, gestionale e imprenditoriale - è stata fondamentale per dare vita a Medspa.
Com’è nata l’azienda?
Medspa è nata per offrire soluzioni innovative e scientificamente avanzate nel campo della skincare e della nutraceutica. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di andare oltre il concetto tradizionale di bellezza, concentrandoci su soluzioni che promuovano la salute della pelle e del corpo nel loro insieme. Recentemente, però, il nostro progetto si è evoluto ulteriormente con la nascita di Limitless Holding, la nostra capogruppo che conta cinque società, ognuna operante in un settore diverso. Questo dimostra quanto il mondo di Medspa sia cambiato e si sia ampliato.
Quali sono i punti di forza dei brand Miamo e Nutraiuvens?
Oggi Miamo è un brand che incarna una filosofia molto chiara: amare se stessi. I nostri consumatori sono sempre più informati e attenti alle scelte che fanno per la loro salute e bellezza. Il patto con
loro è fondato sul rispetto della ricerca scientifica e sulla trasparenza. Ogni prodotto Miamo è supportato da studi rigorosi e da un sistema di protocolli personalizzati, creati per risolvere problemi specifici della pelle. Puntiamo sempre al risultato: il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita dei nostri clienti, e il fatto che continuino a sceglierci e a premiarci è la dimostrazione che stiamo lavorando nella direzione giusta.
Nell’ultimo periodo c’è stato un importante cambio societario: cosa ha riguardato e quali sono i risultati? Negli ultimi anni la crescita significativa che abbiamo sperimentato ci ha spinto a strutturare meglio tutti i reparti dell’azienda, dotandoci del personale migliore per affrontare le nuove sfide del mercato. Questo processo di evoluzione non ha riguardato solo l’interno dell’azienda: abbiamo avviato un importante processo di corporate governance che ha portato alla nascita della nostra capogruppo, Limitless Holding. Il nome stesso riflette la nostra visione: non vogliamo porci limiti. Una struttura di questo genere è fondamentale per affrontare il futuro con la solidità e la flessibilità necessarie. Grazie ai nuovi processi organizzativi e alla corporate governance, stiamo dando vita a un gruppo familiare solido e strutturato, in grado di affrontare in maniera ancora più efficace le sfide e le opportunità del mercato internazionale.
Quali sono i dati di questa crescita?
Nel 2023 Medspa ha registrato una crescita del 55%, portando il fatturato da 20 a 31 milioni di euro. Ora la nostra crescita
si è ulteriormente consolidata e puntiamo a chiudere l'anno a 43 milioni, con un incremento del 38,7%. Per quanto riguarda il gruppo Limitless, contiamo di chiudere il 2024 con un fatturato complessivo di 47 milioni.
State lavorando per ottenere certificazioni, come la 231 e la parità di genere. Cosa comporta questo processo?
Queste certificazioni sono fondamentali per garantire che la nostra azienda operi ai più alti standard di qualità e trasparenza. Attraverso questi processi, vogliamo assicurarci che Medspa sia un polo attrattivo per i migliori talenti, offrendo un ambiente di lavoro inclusivo e in continua crescita. Le certificazioni non solo migliorano la nostra efficienza interna, ma ci permettono anche di rafforzare la nostra posizione sul mercato e di guadagnare ulteriore fiducia da parte di clienti e partner. Siamo orgogliosi di essere recentemente entrati a far parte del Global Compact, un'iniziativa internazionale
Il fatturato previsto per il 2024 dal gruppo Limitless
che promuove pratiche sostenibili e responsabili. Far parte di questo network ci permette di rafforzare il nostro impegno verso obiettivi ambiziosi in termini di sostenibilità, diritti umani e sviluppo etico, confermando la volontà di essere un’azienda innovativa e rispettosa dei più alti standard internazionali.
Prevedete di espandervi all’estero?
La crescita stimata per quest'anno da Medspa
La nostra strategia di espansione internazionale è ormai ben definita: dopo aver consolidato il mercato italiano, puntiamo a portare l’azienda in paesi strategici. Di recente abbiamo chiuso un accordo per entrare nel mercato svizzero entro la fine del 2024 e il nostro obiettivo è espanderci nel Regno Unito nel primo trimestre del 2025. Osserviamo con molta attenzione anche gli Emirati Arabi Uniti e il Medio Oriente, poiché riteniamo che rappresentino opportunità di crescita significative. Vogliamo consolidare la nostra posizione in questi mercati entro il 2026. F
di Danilo D’Aleo
Incontri per il futuro
Mercoledì 13 e giovedì 14 noveMbre andrà in scena a lugano business Matching, l’evento di EdimEn Sa in partnership con Forbes italia. cento i brand Fra espositori, sponsor, Media partner e associazioni di categoria. al centro opportunità e sFide delle iMprese della svizzera italiana
UUna due giorni dedicata al presente, ma soprattutto al futuro delle imprese della Svizzera italiana, per rimarcare l’unicità di un sistema produttivo che ha tanto da proporre in numerosi ambiti, per creare nuovi contatti e sviluppare connessioni utili ad accrescere le opportunità delle aziende. Business Matching è l’evento multisettore firmato Edimen Sa, dedicato ad aziende, professionisti e privati e aperto a tutti coloro che desiderano conoscere
il tessuto imprenditoriale del territorio e fare business, che si svolgerà il 13 e il 14 novembre al Palazzo dei Congressi di Lugano a partire dalle ore 16.30. Il tema principale sarà il futuro delle imprese della Svizzera italiana: dal settore immobiliare a quello bancario e assicurativo, passando per architettura, tecnologia, gastronomia e turismo, per citarne alcuni. In sintesi, un incontro che si propone come un microcosmo capace di sintetizzare l’economia del territorio, definirne le potenzialità, scoprirne i pregi e tracciarne il domani. Saranno presenti oltre 50 aziende, protagoniste delle due giornate con totem interattivi e un’app dedicata all’evento che permetterà non
solo di conoscere gli espositori, ma di fissare appuntamenti per sviluppare la propria attività. Business Matching, infatti, coinvolgerà in totale circa 100 brand fra espositori, sponsor, media partner, associazioni di categoria e supporto tecnico e vedrà il sostegno di Forbes Italia, grazie a una partnership strutturata nei mesi scorsi in virtù del successo dell’edizione del 2023.
Nel dettaglio, l’evento prende vita da un dialogo continuo con le imprese di ogni dimensione della Svizzera italiana, dove il futuro è modellato dall'adozione di tecnologie all'avanguardia e dalla capacità di rispondere con agilità ai cambiamenti globali. In un territorio strategico, che ec-
L'evento racconterà il Ticino come ecosistema vivace e dinamico, capace di resistere alle pressioni globali e cogliere le opportunità
sinistra: Michele Lo Nero, direttore di Edimen Sa,
Roccaforte, responsabile editoriale TuttoCasa e GoTicino,
graphic designer, e Andrea Luzardi, responsabile editoriale
TRA MUSICA E BUSINESS
Al via alla presenza delle autorità istituzionali e dei principali partner, l’evento vedrà innanzitutto la presentazione del primo dei due progetti editoriali firmati Edimen Sa, Storie comuni, un libro che celebra i comuni ticinesi, raccontando passato, presente e futuro. Subito dopo l’attenzione sarà rivolta agli espositori, per la parte più interattiva e dinamica dell’evento: una piattaforma di business networking, progettata per stimolare collaborazioni tra aziende e facilitare l’incontro tra domanda e offerta in un contesto strutturato come il Palazzo dei Congressi. A coronare la prima serata, uno spettacolo inedito di Elio, frontman
di Elio e le Storie Tese, che salirà sul palco insieme a una giovane band di talentuosi musicisti per il suo show esclusivo Quando un musicista ride. Uno spettacolo che promette di intrattenere e sorprendere, anticipando il tour teatrale del 2024/25. Il secondo giorno dell’evento, invece, inizierà con la presentazione del progetto editoriale Storiedimarketing, un volume che esplora le strategie e i successi dei responsabili marketing di importanti aziende del Canton Ticino. La giornata culminerà con un esclusivo closing party con premiazioni, un’occasione conviviale per celebrare la chiusura dell’edizione 2024.
celle nel supporto sia a startup innovative che a storiche aziende familiari, il Ticino si conferma un ecosistema imprenditoriale vivace, un hub dinamico e innovativo e soprattutto un ponte verso un futuro imprenditoriale solido, capace di resistere alle pressioni globali e di cogliere le opportunità. Un aspetto essenziale, considerando che la capacità di restare competitivi passa attraverso un costante aggiornamento tecnologico e un impegno sempre più deciso verso la sostenibilità, coinvolgendo ogni livello aziendale, dal collaboratore al ceo, dall'ideazione alla realizzazione del prodotto. L’appuntamento, quindi, gioca un ruolo chiave nel preparare le aziende e i professionisti a superare con successo queste sfide, offrendo strumenti concreti e momenti di networking ad alto valore e contribuendo alla creazione di un sistema imprenditoriale resiliente e lungimirante. F
n GOOD STORIES n
di Maurizio Abbati
Manager del cambiamento
Dopo più Di 20 anni Di esperienza in vari settori, Paolo Romiti ha Deciso Di mettersi in proprio. oggi si occupa Di migliorare gli inDicatori fonDamentali Di business e aumentare la marginalità
Delle imprese. attività che porta avanti anche grazie alla neonata società gorDon
PPossiamo definirlo “manager del cambiamento”. La sua attività ha come obiettivo il miglioramento degli indicatori fondamentali di business e l'incremento della marginalità delle imprese, attraverso la definizione di modelli che ne favoriscano la crescita. Paolo Romiti, classe 1977, dopo una lunga esperienza come ad in importanti gruppi e società quotate e oltre 20 anni di esperienza nella gestione aziendale, ha deciso di investire le competenze maturate sul campo, in organizzazioni di medio/ grandi dimensioni di vari settori, alla ricerca di un rilancio e una crescita dimensionale.
Costruzione e sostegno gestionale di piani strategici di posizionamento su misura, supporto al lancio di nuovi progetti, consolidamento di modelli esistenti, creazione di nuovi network di imprese e professionisti, consulenza per lo sviluppo di piani di sostenibilità ad hoc. Queste le principali attività che svolge al fianco delle imprese. Un’attività consulenziale portata avanti insieme ad altri professionisti anche grazie alla neonata società Gordon. Un’organizzazione
attraverso la quale Romiti mette a disposizione la sua esperienza per aiutare le imprese a ripensare e valorizzare il loro modello di business nell’ottica dell’innovazione.
Come si definisce il modello di business più opportuno? Esistono caratteristiche vincenti per un'impresa?
Un modello di business prevede necessariamente il coinvolgimento dell’ecosistema in cui l’azienda opera, creando partnership strategiche e aprendosi a un mondo sempre più
cato e del marketing. Molte medie aziende in Italia hanno qualità elevata, ma possono migliorare sotto il profilo dell’innovazione e dello sviluppo del business, competenze che sono invece appannaggio delle più grandi. La definizione di un modello di business vincente parte da questo, affrontando temi come la sostenibilità, la competitività, l’innovazione. Bisogna aprirsi per orientare il proprio modello di business e non chiudersi in se stessi.
La dimensione medio-piccola di molte nostre aziende agisce da freno?
"Per una startup l'idea, anche se geniale, rischia di non essere sufficiente ad affermarsi. Ci vuole un sistema che accompagni nella messa a terra e nella definizione del progetto"
ampio. Deve esserci un do ut des nel sistema, in grado di apportare benefici economici. La rivoluzione digitale di cui si parla è un discorso tecnologico, ma anche culturale. Riguarda il modo in cui vengono gestite diverse componenti, come quella finanziaria, del personale, dell’approccio al mer-
La dimensione d’impresa può essere determinante, tanto quanto la capacità dell’impresa stessa di strutturarsi sotto l’aspetto manageriale. Molte realtà che hanno raggiunto una dimensione critica o si trovano davanti a un ricambio generazionale si rendono conto di dover attingere a modelli di business innovativi per guardare al futuro e hanno la necessità di affidarsi a figure in grado di accompagnarle in questo percorso. Il concetto del ‘piccolo è bello’ non è più sempre vero e anche la media impresa necessita di un approccio innovativo e di capire come rapportarsi con un mercato sempre più competitivo e globalizzato, quindi di guardare a un’internazionalizzazione che permetta di andare oltre confi-
ni talvolta troppo stretti. C’è un altro aspetto importante spesso trascurato: bisogna affrontare il tema delle aggregazioni. Con fatica si cerca collaborazione tra imprese della stessa filiera, che consentirebbe di attingere a competenze manageriali e a strumenti finanziari più sofisticati e necessari per lo sviluppo e la crescita. Serve inoltre una transizione culturale davanti alla quale si fa fatica, per proporsi come soggetto inclusivo e attrattivo anche nei confronti dei collaboratori.
Una delle sfide più importanti e complesse che le imprese sono oggi chiamate ad affrontare è quella della sostenibilità. Una sfida che presenta diverse criticità, ma inevitabile: per aziende che operano uno scambio continuo con l’ecosistema in cui vivono, la sostenibilità è fondamentale. Molti consumatori guardano a questo modello, si scambiano i pareri e ne sono influenzati. È un argomento che fa la differenza, perché altri -
menti si rischia che il sistema non ti prenda più in considerazione. Poi c’è il tema delle impellenze di legge e dei parametri stabiliti, che molte aziende fanno fatica a rispettare. È dunque una necessità e anche un obbligo per salvaguardare il proprio business, che va vista come opportunità e come tale deve essere gestita, con le adeguate competenze specialistiche. Come è stato già detto da manager più esperti di me: 'L’altruismo è la miglior forma di egoismo'.
Ci sono diversi giovani che hanno voglia di fare impresa, che magari vorrebbero lanciare una startup. Quali sono i passi da compiere?
Il tema vero, quando si parla di startup, è che l’idea, anche se geniale, rischia di non essere sufficiente ad affermarsi. Ci dovrebbe essere un sistema che accompagni l’ideatore nella messa a terra e nella definizione del progetto. In Italia ci sono strumenti che funzionano sotto l’aspetto finanziario, ma poi troppo spesso si lascia allo startupper la responsabilità su come utilizzare il capitale raccolto. C’è bisogno di qualcuno che accompagni nella trasformazione dell’idea in un processo industriale, di manager in grado di supportare lo startupper nella costruzione del modello di business e nella gestione degli strumenti finanziari.
Tra le sue attività c'è oggi anche una novità nel campo dell'editoria. Mi si è presentata questa occasione con una piccola realtà che opera nel mondo della grafica editoriale, Grande Foredit. Anche in questo caso si tratta di lavorare per definire un modello di business e ampliare gli orizzonti. È piacevole, perché si tratta di un contesto in cui mi trovo a mio agio per i legami della mia famiglia con il mondo editoriale. F
Italia 5.0
Teha Group e Philip Morris Italia hanno presentato uno studio per misurare la digitalizzazione nei settori agricolo e manifatturiero. Il risultato è un elenco di cinque elementi per un New Deal delle competenze necessarie al Paese per cogliere i benefici dell’innovazione e della tecnologia
L'obiettivo è ambizioso: definire gli elementi per un New Deal delle competenze, necessari per trasformare l’Italia in un Paese 5.0. Teha Group e Philip Morris Italia hanno presentato a Cernobbio, durante la 50esima edizione del Forum di The European House - Ambrosetti, la ricerca Italia 5.0: le competenze del futuro per lo sviluppo dell’innovazione nell’epoca dell’intelligenza artificiale in Italia e in Ue. La premessa dello studio è che, in una società 5.0, la tecnologia non sostituisce l’uomo, ma favorisce lo sviluppo di nuovi modelli di cittadinanza e lavoro, in cui l’individuo è al centro. Hanno partecipato oltre dieci vertici di imprese, delle istituzioni e delle associazioni di categoria, in interviste riservate, e più di 450
aziende e capacità di generare innovazione. Sotto questo aspetto, ha sottolineato Valerio De Molli, managing partner e ceo di Teha Group e The European House - Ambrosetti, “è strategico il ruolo delle aziende capofiliera. L’Italia è un paese di pmi, che generano il 48% del valore aggiunto del Paese e impiegano il 57% degli occupati, ma sono più in difficoltà rispetto a digitalizzazione e competenze, per cui è necessario il ruolo di stimolo della grande impresa”.
A dimostrare l’importanza di fare parte di una filiera è il differenziale tra la media delle aziende agricole italiane e le aziende tabacchicole associate a Coldiretti che collaborano con Philip Morris Italia: +56% per la produttività e +24% per la sostenibilità.
sull’innovazione sensibilmente migliori rispetto alla media italiana ed europea”. In particolare, l’89% dichiara di avere realizzato o di avere in corso progetti agritech, rispetto al 46% della media italiana e al 77% della media Ue. Secondo Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia, “la ricerca conferma che il capitale umano è oggi l’elemento chiave della competitività delle imprese e della crescita dell’economia, elemento ulteriormente valorizzato dalla rivoluzione dell’intelligenza artificiale”. L’Italia, ha aggiunto Metta, “è un Paese di eccellenze anche nella ricerca e nell’istruzione”, ma “sconta un ritardo sistemico sulle competenze digitali, sia di base che avanzate”.
Per colmare questo gap, ha detto Massimo
Per centrare gli obiettivi Ue stabiliti nel Digital Compass bisognerà accelerare l'alfabetizzazione digitale di 15 milioni di cittadini
imprese da quattro paesi Ue (Italia, Germania, Francia e Spagna). La ricerca, condotta assieme a Coldiretti, è servita a misurare la digitalizzazione e le competenze nei settori agricolo e manifatturiero. Il risultato è un elenco di punti da seguire per permettere al Paese di cogliere i benefici dell’innovazione, della digitalizzazione e dell’integrazione delle tecnologie digitali nelle aziende, che ha accelerato con l’avvento dell’intelligenza artificiale.
Secondo gli autori, l’adozione del paradigma 5.0 è un imperativo, perché i paesi che investono di più in ricerca e sviluppo crescono di più, sono più competitivi ed esiste una forte correlazione tra digitalizzazione delle
“La nostra esperienza è emblematica”, ha commentato Marco Hannappel, presidente e ad di Philip Morris Italia. “Grazie alle competenze all’avanguardia della nostra filiera integrata - che oggi coinvolge oltre 41mila persone e più di ottomila imprese - abbiamo costruito negli anni un modello di business invidiato in tutto il mondo, il cui principale driver è sempre stato la capacità di innovare. I dati oggi mostrano i frutti di questo percorso virtuoso e quanto il ruolo di capofiliera sia essenziale, in particolare nel mondo agricolo: grazie agli accordi di programma sottoscritti negli anni da Philip Morris con il ministero dell’Agricoltura e con Coldiretti, gli agricoltori aderenti all’iniziativa mostrano dati
Andolina, presidente regione europea di Philip Morris International, “occorre partire dalle esperienze più virtuose e da una collaborazione pubblico-privato di tipo strutturato. In questo momento storico è fondamentale, da una parte, tenere il passo dell’innovazione, guidandola, per mantenere alta la competitività; dall’altra parte garantire il più ampio accesso possibile a percorsi di formazione all’avanguardia, che accompagnino i professionisti lungo il loro intero percorso in azienda”.
Sulla base dei dati raccolti, la ricerca ha elaborato cinque proposte per lanciare il New Deal delle competenze per l’Italia 5.0. Il primo punto è la formazione in ingresso, con il lancio di un Piano Marshall delle competenze per
Da sinistra: Corrado Panzeri, partner di The European HouseAmbrosetti; Massimo Andolina, presidente regione europea di Philip Morris International; Marco Hannappel, presidente e ad di Philip Morris Italia; Giorgio Metta, direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia
colmare i gap e rendere l’Italia una fucina di talenti. Per centrare gli obiettivi Ue stabiliti nel Digital Compass (80% di adulti con competenze digitali di base) bisognerà accelerare l’alfabetizzazione digitale di 15 milioni di cittadini, aggiungere 137mila laureati Ict, 87mila ingegneri e 140mila iscritti agli Its. Cruciale, in questo senso, sarà l’uso dei fondi del Pnrr.
Oltre alla formazione in ingresso, occorrerà poi quella permanente, con percorsi di reskilling e upskilling. Servirà quindi individuare strumenti normativi per offrire percorsi di miglioramento delle competenze, sostenendo la transizione digitale del mercato del lavoro. Per raggiungere la media Ue di quota di partecipazione a percorsi di formazione e
istruzione della popolazione adulta bisognerà formare almeno 2,8 milioni di lavoratori. Un terzo punto è la digitalizzazione delle pmi, che rappresentano il 98% delle aziende italiane (e il 97% di quelle europee). Bisognerà rendere l’adozione di nuove tecnologie più accessibile, per permettere la digitalizzazione di almeno 126mila aziende e raggiungere il traguardo del Digital Compass (90% di pmi con livello digitale di base).
Occorre inoltre valorizzare il ruolo dei capofiliera come motore per l’innovazione di prodotto e di processo, per la digitalizzazione e per la sostenibilità, promuovendo la diffusione di contratti di filiera, come già avvenuto con successo in Italia. La rilevazione di Teha sulle
aziende europee ha riscontrato infatti che per il 44,9% dei rispondenti in Italia e per il 40,4% negli altri paesi europei il capofiliera favorisce la formazione continua e lo sviluppo di competenze digitali.
Il quinto nodo è la collaborazione pubblicoprivato, perché serviranno quadri regolatori efficaci, stabili, in grado di promuovere l’innovazione di prodotto e di processo e creare un ecosistema tra istituzioni, università e aziende. Sotto questo aspetto, visto il quadro unionale in cui agisce l’Italia, per recuperare competitività rispetto ad altri continenti è fondamentale che queste condizioni vengano garantite e promosse a partire dal legislatore europeo.
A cura di Piera Anna Franini
SMALL GIANTS
SUONI MILIONARI
A CREMONA SI REALIZZANO ALCUNI TRA GLI STRUMENTI AD ARCO PIÙ PREZIOSI AL MONDO. SINGOLI ESEMPLARI POSSONO ARRIVARE A UN PREZZO DI DECINE DI MILIONI DI EURO. QUI, NEL 1570, ANDREA AMATI COSTRUIVA IL PRIMO VIOLINO CON LE CARATTERISTICHE CHE OGGI GLI RICONOSCIAMO. OGGI, IN UN CENTRO DI 71MILA ABITANTI, CI SONO 180 BOTTEGHE, ESPRESSIONE DI UNA FILIERA DELLA MUSICA
ACremona non si vive di sole glorie, per intenderci del tridente Stradivari-Amati-Guarneri: costruttori dei più prestigiosi strumenti ad arco al mondo, dunque violini, viole, violoncelli e contrabbassi. Manufatti oggi dal valore milionario, considerato che per uno Stradivari - fra i tre marchi il più conosciuto - si spende dai 5 milioni in su, con prezzo medio intorno ai 10 milioni. Esempio tra i più recenti: uno Stradivari del 1714 è stato battuto all’asta per 15,4 milioni di euro. Apparteneva a Tokuji Munetsugu, fondatore di una catena di ristoranti di curry in Giappone. Una cosa è certa: con il nuovo millennio, il valore di questi strumenti ha conosciuto un’impennata.
In questa realtà di 71mila abitanti si studia e conserva sì il miracoloso passato, ma per replicarlo nel presente. Ne sono prova le 180 botteghe di liutuai e archettai (costruttori di archetti), la presenza del Museo del Violino Antonio Stradivari, che è scrigno del passato e allo stesso tempo centro di ricerche e produzioni, come il festival Stradivari. Altra emanazione del Museo è il Concorso Triennale Internazionale di liuteria, il più qualificato e qualificante a livello globale, tanto che per gli addetti ai lavori è semplicemente ‘l’Olimpiade’. Poi c’è Cremona Musica, manifestazione dedicata agli strumenti musicali
d’alta gamma con oltre 350 espositori, per la metà stranieri, e un’affluenza di 20mila visitatori fra operatori e musicisti. Premesso che l’ur-violino è un’invenzione del bresciano Gasparo da Salò, il primo violino con le caratteristiche che oggi gli riconosciamo venne messo a punto nel 1570 da Andrea Amati, padre nobile della scuola cremonese di liutai che splendette per almeno due secoli, affossandosi invece nell’Ottocento e inizi Novecento. La fiamma veniva ravvivata con la fondazione, nel 1938, della Scuola Internazionale di Liuteria, che iniziò a calamitare a Cremona studenti da ogni dove, che, una volta formati, ieri come oggi spesso decidono di stabilirsi qui, avviando proprie imprese.
Tanto fermento ne fa una delle capitali mondiali della musica, la
L’Auditorium Giovanni Arvedi. Nell’altra pagina, in alto Edgar Russ, in basso le fasi della lavorazione di uno strumento nella bottega di Lucas Fabro.
numero uno in tema di liuteria: manifattura di lusso che vale circa 8 milioni di fatturato, con 5,5 milioni di export (così gli ultimi dati disponibili del 2019), indotto e vantaggi reputazionali. Lo stesso museo porta in città 115mila visitatori l’anno, di cui il 40% stranieri, come ricorda la direttrice Virginia Villa, un vulcano di iniziative che tanto ha fatto e fa per la città. Nel tempo si è creata una filiera della musica per cui si producono e vendono strumenti e si fa musica. In particolare nell’auditorium Arvedi, grembo
A Cremona la manifattura di lusso nella liuteria vale 8 milioni di fatturato, con 5,5 milioni di export, indotto e vantaggi reputazionali
sonoro pensato per accogliere strumenti secolari che qui trovano le stesse condizioni di umidità e temperatura del caveau che li custodisce. La sala è all’interno del Museo del Violino, in un edificio che Giovanni Arvedi, magnate dell’acciaio, fece restaurare a proprie spese nel 2013 (si parlò di 12 milioni). Questo capitano d’azienda contribuisce in modo significativo al bilancio, di circa 2 milioni, della Fondazione del Museo, che inoltre vive grazie al sostegno del Comune, della Fondazione Stauffer, dell’Associazione Industriali Cremona e della società Alpas, oltre che ai ricavi propri. Vi sono poi i Friends, gruppo internazionale di collezionisti che prestano strumenti al museo e lo finanziano riunendosi per la cena settembrina, che è pure pretesto per tessere relazioni di valore. Il museo custodisce le raccolte provenienti dal museo stradivariano e la collezione ‘Gli archi di Palazzo comunale’, due laboratori di ricerca in collaborazione con il Politecnico di Milano e l’Università di Pavia F
Una galassia di ARTISTI
Essere uno dei liutai di Cremona - dal 2012 patrimonio immateriale Unesco - ha un tale valore da attrarre liutai da ogni angolo del mondo, in particolare dal Giappone, che arrivano per poter fregiare i loro manufatti di questo marchio. Settanta botteghe iscritte alla Camera di Commercio hanno un titolare straniero, spesso ex allevo della scuola di liuteria.
Si impara sui banchi di scuola e nelle stesse botteghe. È il caso - fra i tanti - di Lorenzo Cassi, che nel 2001 ha creato la sua bottega con la moglie, Kathrin Streiff. I due operano su modelli classici cremonesi, bresciani e veneziani, con predilezione per Giovan Battista Guadagnini. Cassi si è formato alla Scuola di Liuteria di Cremona sotto la guida di Vincenzo Bissolotti, nella cui bottega mosse i primi passi. Roberto Cavagnoli agli strumenti moderni affianca quelli di foggia barocca, quindi copie e strumenti antichizzati. Nel 2006 ha ottenuto il terzo premio nella sezione violoncello al concorso di liuteria.
È argentino Hector Marcelo Cavanna, classe 1961. Forte di competenze nel campo della manutenzione e riparazione di pianoforti, dal 2007 ha frequentato la Scuola di Liuteria, e dopo il diploma con il massimo dei voti ha iniziato a vincere medaglie d’oro in vari concorsi. Impiega acero dei Balcani e abete rosso di risonanza della Valle di Fiemme, con resine naturali crea lui stesso le vernici.
Edgar Russ, attivo da 40 anni, ha creato nella propria bottega una squadra internazionale. Al suo fianco opera la coreana Minjeong Kang, in Italia da 25 anni, i primi dei quali spesi nella scuola di liuteria Stradivari, co-fondatrice della bottega.
È a un soffio dalla casa di Stradivari la bottega di Lucas Fabro (1991), anche lui appassionato di musica e lavorazione del legno, con competenze affinate alla Scuola di Liuteria di Cremona, ma anche presso la croata Tonewood.
Edmund Henri Honoré Loeiz, francese, vive e lavora a Cremona dal 1978. Nel 1988 ha vinto il primo premio del concorso Omaggio a Stradivari in edizione unica, presieduta da Salvatore Accardo e Francesco Bissolotti. Il violino vincitore è stato donato a Massi-
mo Quarta, oggi concertista e allora miglior allievo dei corsi della Stauffer. Edmund Henri Honoré Loeiz realizza copie da originali antichi. È anche docente.
Marco La Manna si è formato alla Scuola civica di liuteria di Milano. Specializzato nella costruzione di chitarre jazz manouche, classiche e acustiche, fa restauro e manutenzione di strumenti moderni e antichi a corda pizzicata. Ha allestito il proprio laboratorio all’interno di un antico mulino ad acqua. Poiché la verniciatura è la fase più lunga e complicata della realizzazione di uno strumento, “prepariamo noi stessi le vernici in laboratorio, seguendo le ricette tramandate dalla tradizione dei grandi maestri liutai” spiegano Nicola e Migiwa Lazzari. Nicola, medaglia d’oro alla quarta edizione dell’Olimpiade di Cremona, nel 2015 ha fatto parte della giuria: sigillo alla carriera. La moglie Migiwa, giapponese, dopo la laurea in tromba a Tokyo, prima lavorò nella bottega del Maestro Masato Sato, quindi venne a Cremona facendo apprendistato con Lazzari “che già conoscevo per fama in Giappone”, dice. Sodalizio a un certo punto a 360 gradi, siglato da un matrimonio. F
Crediamo nell’importanza della comunicazione aziendale come propulsore di un cambiamento umano, sociale ed economico positivo.
Comunicare è un impegno.
E gli impegni si mantengono con azioni concrete.
Da una comunicazione che trova riscontro nelle azioni, si genera la reputazione.
La reputazione è un asset intangibile sempre più importante per determinare il valore di un’azienda.
Prendiamocene cura insieme.
InMode: tecnologia è benessere
InMode è stata fondata nel 2008. Con le sue piattaforme a radiofrequenza e luci, offre soluzioni minimamente invasive di medicina estetica, chirurgia plastica, dermatologia, ginecologia e altre discipline mediche. L’obiettivo è potenziare la qualità della vita delle persone
InMode si occupa di progettazione e produzione di tecnologie medicali innovative, ridefinendo il concetto di bellezza e benessere attraverso l’innovazione tecnologica. Con le sue piattaforme a radiofrequenza (rf) e luci, l'azienda offre soluzioni minimamente invasive in medicina estetica, chirurgia plastica, dermatologia, ginecologia e altre discipline mediche, creando trattamenti capaci di cambiare la qualità della vita delle persone.
La storia di InMode è iniziata nel 2008, quando Moshe Mizrhay, global ceo di InMode, ha lanciato l’azienda con Michael Krindel, chief
technology officer. Il percorso del brand è stato segnato, già nei primi otto anni di attività, da oltre dieci certificazioni Fda per le proprie tecnologie innovative, minimamente invasive e non-invasive, comprese le tecnologie con brevetto Rfal (liposuzione radiofrequenza assistita) e tecnologia Ipl. La crescita non si è fermata e nel 2019 InMode è diventata una società quotata in Borsa sul Nasdaq, continuando a espandere la propria presenza a livello internazionale.
L’approccio di InMode si fonda sulla convinzione che la bellezza non sia solo estetica, ma un equilibrio
tra corpo e mente. Grazie ai dispositivi proprietari avanzati, come Morpheus8 per il rimodernamento del viso e del corpo, che a fine 2023 ha registrato oltre un milione di trattamenti effettuati nel mondo, InMode porta il meglio della tecnologia medica direttamente nelle mani dei professionisti.
La missione dell’azienda è quella di offrire piattaforme che combinano innovazione e versatilità. Le tecnologie di InMode definiscono un nuovo standard nel settore, sono progettate per migliorare continuamente: versatili, evolutive e pensate per adattarsi alle esigenze del futuro della medicina estetica e oltre, come dimostra il lancio della piattaforma EmpowerRF nel campo del benessere femminile. Le innovazioni nei trattamenti medicali sono in continua crescita e i medici devono continuare a innovarsi e offrire soluzioni minimamente invasive e non invasive sempre più avanzate ed efficaci, in modo da restare al passo con le nuove esigenze dei pazienti.
InMode vanta premiate e innovative piattaforme, progettate per contrarre, modulare e ridefinire diverse aree del corpo, grazie ai device multiapplicazione che consentono alle pratiche cliniche di offrire ai pazienti un’ampia gamma di trattamenti. Le tecnologie sono clinicamente provate per ridurre i tempi di trattamento e i tempi di recupero. L’obiettivo è ampliare l’impatto delle tecnologie medicali in altri settori della medicina, come l’urologia per intervenire sulla disfunzione erettile, l’oftalmologia per la cura dell’occhio secco e l’otorinolaringoiatria per i
"Vogliamo approcciare nuove branche della medicina, con soluzioni altamente non invasive, provate scientificamente e che garantiscano ai pazienti il ritorno a una vita normale in tempi ridotti rispetto al passato. È la visione del presente e futuro dell'azienda"
disturbi del sonno, abbracciando settori che vanno oltre la cura dell’estetica.
InMode è presente sul mercato italiano dal 2022, introducendo il concetto di HyperLife, una visione che supera i confini dell’estetica tradizionale, integrando bellezza e benessere personale, permettendo a chiunque di esprimere al meglio il proprio potenziale, dentro e fuori. In un’ottica di costante evoluzione verso il futuro, InMode Italia ha lanciato il brand InMode Allure, dedicato all’estetica avanzata e alle
spa di lusso, mettendo al servizio dell’estetica tradizionale l’esperienza medicale. Ad aprile InMode ha aperto le porte ai propri partner attraverso Casa InMode, uno spazio innovativo dove poter scoprire le tecnologie del brand, avere momenti di confronto con Kol selezionati e frequentare corsi di aggiornamento.
“L’impatto in Italia, così come nel resto del mondo, continuerà a crescere, con un focus sulla medicina estetica accompagnato da un piano di espansione chiaro e delineato: approcciare nuove branche della
medicina, con soluzioni altamente non invasive, provate scientificamente e che garantiscano ai pazienti il ritorno a una vita normale in tempi ridotti rispetto al passato. È la visione del presente e futuro dell’azienda”, afferma Alessandro Parini, general manager di InMode Italia.
Con oltre 100 brevetti e più di 50 pubblicazioni scientifiche, InMode continua a innovare per migliorare la qualità della vita delle persone, collaborando con i migliori esperti del settore, per creare soluzioni affidabili, sicure e all'avanguardia.
DESIGN
Usm, azienda svizzera produttrice di arredi modulari, ha definito i passi per la riduzione delle emissioni di CO2 da qui al 2030. “La flessibilità e la longevità dei nostri sistemi offrono enormi opportunità di riutilizzo e riconfigurazione”, dice il direttore della sostenibilità Thomas Dienes
DNA circolare
In un’azienda diventata celebre per i suoi sistemi riconfigurabili all’infinito, il concetto di circolarità non è nuovo. Usm Modular Furniture, realtà svizzera produttrice di arredi modulari, ha da poco presentato l’ultimo Sustainability Report: The Road to Circularity, un manifesto della visione dell’azienda e una presa di impegno nei confronti dell’ambiente e delle persone. Pubblicato a settembre, analizza l’approccio alla sostenibilità dell’azienda nel biennio 20212022, fissando gli obiettivi per il futuro, approvati ufficialmente dall’organizzazione internazionale
Science Based Targets Initiative (Sbti).
“Molti aspetti del design circolare fanno parte dell’etica della
nostra azienda da quando abbiamo iniziato a progettare e a produrre mobili modulari. Questi principi di progettazione, come l’adattabilità e la durabilità, sono alla base dell’approccio di Usm alla sostenibilità dei prodotti”, spiegano nel report Alexander Schärer e Judith Stuber-Schärer, co-titolari di Usm e figli di Paul Schärer, fondatore dell’azienda. Simbolo della filosofia di Usm Modular Furniture è infatti il sistema di scaffalatura modulare Usm Haller, formato da elementi componibili realizzati in lamiera di acciaio inseriti in una struttura fatta di tubi e giunti sferici cromati. Un arredo eternamente contemporaneo, pensato per essere riconfigurato a seconda dei bisogni. Progettato nel
1965 da Paul Schärer in collaborazione con l’architetto Fritz Haller, è rimasto il prodotto di punta dell’azienda, diventando l’emblema dei valori e degli obiettivi di Usm, ovvero la volontà di dare forma ad arredi resilienti e sostenibili perché ideati per durare una vita e oltre.
Usm Modular Furniture è formato da elementi componibili in lamiera d’acciaio, inseriti in una struttura
di tubi e giunti sferici cromati
In questo contesto si inseriscono gli intenti e le azioni concrete per la riduzione dell’impronta ambientale in programma per gli anni a venire: entro il 2030, Usm si è impegnata a ridurre del 42% le emissioni assolute di gas serra di ambito 1 e 2, ovvero direttamente controllabili, come il riscaldamento, l’elettricità e la combustione del parco veicoli. Per quanto riguarda le emissioni di ambito 3, legate a materiali di produzione, acquisto di attrezzature di produzione, logistica e pendolarismo, il target è una riduzione del 25% entro il 2030 rispetto al 2021. “Aspiriamo a diventare un’azienda completamente circo-
pianto di verniciatura a polvere perché utilizzi alternative al gas propano. Per la terza fase (2029 – 2030), l’azienda si impegna a raggiungere una circolarità completa dei processi produttivi, dal design all’incentivo alla restituzione degli arredi dopo l’uso e al loro ricondizionamento. “Ridurre le nostre emissioni a un ritmo così impegnativo è una sfida stimolante per un’azienda con un patrimonio così ricco di design e ingegneria”, ha spiegato Thomas Dienes, direttore della sostenibilità di Usm. “Una delle soluzioni che più ci attraggono è l’economia circolare. La flessibilità e la longevità di un sistema modulare come quello di Usm offrono enormi opportunità di riutilizzo e riconfigurazione. Stiamo esplorando diversi modelli di business e il modo in cui possono funzionare per i nostri clienti, per massimizzare la durata di vita dei nostri prodotti”.
Sul fronte umano invece, Usm si è posta l’obiettivo di “attirare, coinvolgere, motivare e trattenere i talenti per guidare e realizzare gli scopi e gli
Usm si è impegnata a ridurre del 42% le emissioni assolute di gas serra di ambito 1 e 2 entro il 2030
lare, i cui prodotti rimangano in uso per tutta la loro potenziale durata di vita e vengano realizzati in modo efficiente dal punto di vista energetico, idrico e delle risorse, generando emissioni minime di gas a effetto serra”, proseguono Alexander Schärer e Judith Stuber-Schärer. Per monitorare questo aspetto in modo responsabile, Usm ha aderito all’iniziativa Science Based Targets per ridurre le emissioni in linea con le direttive dell’Accordo di Parigi. Inoltre l’azienda continua a certificare le sue linee di prodotti con il Cradle to Cradle Institute per garantire l’aderenza ai principi circolari in tutto il processo produttivo.
In linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030 delle Nazioni Uni-
te, Usm ha definito una road map per concretizzare i suoi propositi. Nella prima fase (entro il 2025), orientata alla riduzione delle emissioni a breve termine, si impegna all’acquisto di acciaio prodotto con minori diffusioni di CO2, all’esplorazione delle alternative all’uso del trasporto aereo, all’introduzione di veicoli a combustibili non fossili, alla revisione degli imballaggi e degli scarti di produzione e all’introduzione di modelli di business circolari per i clienti. Per la seconda fase (2026–2029), diretta alla riduzione delle emissioni su larga scala, Usm prevede l’approvvigionamento di acciaio prodotto senza l’uso di combustibili fossili, la realizzazione di modelli produttivi con un minor uso di materiale e la modernizzazione dell’im-
obiettivi dell’azienda”. Il tempo medio di impiego in Usm a livello internazionale è di 11,1 anni, mentre nella sede svizzera è di 15,2. Per diffondere una cultura del rispetto ambientale, nel 2021 Usm ha creato un Knowledge Hub interno che include informazioni sui concetti chiave della sostenibilità e sull’economia circolare. Il Knowledge Hub fornisce un canale di feedback diretto dove comunicare idee, domande e preoccupazioni. “Nello sviluppo della nostra visione e della nostra road map, è stato molto utile coinvolgere tutti i dipendenti e i partner dell’azienda. È bello vedere che è iniziato un movimento comune per aiutare l’azienda a diventare davvero circolare”, conclude Dienes. F
Il valore di RESTITUIRE
Stosa Cucine redistribuisce il 93% del fatturato a dipendenti, fornitori e comunità locale sotto forma di progetti e attività sociali, sportive e culturali. Il prossimo anno inaugurerà una smart factory pensata per minimizzare l’impatto ambientale
UUna politica di cura e attenzione verso l’ambiente e le persone, con l’impegno di schierarsi al fianco dei dipendenti, della comunità e del territorio. Un impegno che bada ai fatti concreti e ai numeri. Stosa Cucine, azienda di riferimento del comparto cucine, redistribuisce il 93% del fatturato ai dipendenti e ai fornitori - a copertura dei costi operativi, del sistema fiscale e finanziario - e alla comunità locale sotto forma di progetti e attività sociali, sportive e culturali. Un’azienda generatrice di valore umano e sociale che festeggia il 60esimo anniversario preparandosi all’inaugurazione, nel 2025, dello Stosa Green Park, ampliamento del polo produttivo che
prenderà le forme di una smart factory progettata per minimizzare l’impatto ambientale sul territorio di Piancastagnaio, in provincia di Siena.
“L’idea è stata quella di trasformare un lotto industriale in un parco per migliorare la qualità ambientale del territorio circostante e integrarsi in modo armonioso con il paesaggio”, spiega David Sani, direttore commerciale di Stosa Cucine. “Questo approccio ha dato vita a un progetto che rispecchia la nostra visione di un’industria responsabile, in grado di coniugare crescita produttiva e rispetto per l’ambiente. Lo Stosa Green Park diventa così un esempio di come le aziende possano dialogare in maniera costruttiva con il territorio”.
Il nuovo impianto si estenderà su un’area di 150mila metri quadrati complessivi, ospitando macchinari tecnologicamente avanzati e un impianto
fotovoltaico che permetterà di rendere la produzione completamente sostenibile. Nato per dimostrare che anche un insediamento industriale può generare un paesaggio di valore, il progetto prevede inoltre la realizzazione di un parco fluviale. “Una delle nostre prime azioni è stata la piantumazione di nuovi alberi lungo il confine tra la via Cassia e la nostra Factory 7, creando così una barriera verde che funge da filtro naturale”, continua Sani. “Inoltre, il parco accoglierà anche un bacino idrico che contribuirà a una gestione sostenibile dell’acqua”.
Il Green Park si inserisce nel contesto degli obiettivi fissati all’interno del report di sostenibilità dell’azienda, pubblicato nel 2023. “Pubblicare il nostro primo bilancio di sostenibilità è stato un traguardo che riflette l’impegno verso una gestione responsabile e consapevole. Per noi sostenibilità significa
molto più che ridurre l’impatto ambientale, è un approccio a 360 gradi che coinvolge tutti gli aspetti della nostra attività: dalla selezione delle materie prime alla produzione, fino alla gestione delle risorse energetiche e del capitale umano”.
La realizzazione del parco ha già visto la bonifica dell’intera area grazie alla demolizione di un mostro ecologico –l’ex Cotto Montecchi - e lo smaltimento del tetto in amianto e dei rifiuti potenzialmente inquinanti. È stato inoltre realizzato un piano di raccolta delle acque bianche per evitare rischi idrogeologici in supporto all’amministrazione pubblica ed è stato stipulato un accordo con altre realtà locali per canalizzare e rendere utilizzabile l’energia geotermica delle centrali di Piancastagnaio. “Stiamo mitigando l’impatto ambientale dell’ampliamento attraverso un approccio integrato che mette al centro il rispetto per il paesaggio circostante. Si tratta per noi del tassello finale di un percorso iniziato oltre 12 anni fa, quando abbiamo ottenuto la prima certificazione Fsc, a testimonianza della volontà di operare nel rispetto delle risorse naturali”. Gli investimenti nel Building Management System (Bms), sistema avanzato di gestione, consentiranno inoltre di
monitorare e ottimizzare l’uso dell’energia all’interno degli stabilimenti. “Un passo fondamentale sarà l’autoproduzione di energia elettrica attraverso fonti rinnovabili, un investimento che ci permetterà di progredire verso una maggiore indipendenza energetica”. Per assicurare un approccio completo alla sostenibilità, proseguono poi le iniziative di Stosa Cucine dedicate ai dipendenti e alle comunità locali: l’azienda sostiene - attraverso sponsoriz-
zazioni e donazioni - scuole, associazioni sportive e organizzazioni benefiche. Nel 2022 sono state oltre 20 le realtà supportate. “È fondamentale per noi creare valore per tutti, investendo nel benessere dei nostri collaboratori, promuovendo un ambiente di lavoro sicuro e inclusivo e supportando le comunità locali”, prosegue Sani.
La filosofia dell’azienda si traduce in prodotti che connettono design e funzionalità in modo innovativo, anche grazie a un processo di ascolto delle trasformazioni che investono la casa. “La cucina, per noi, non è più solo uno spazio dedicato alla preparazione dei pasti, ma è il cuore della casa. Abbiamo sviluppato soluzioni che integrano la cucina con sistemi di ufficio e armadi, rispondendo alle esigenze di flessibilità e multifunzionalità che caratterizzano il vivere contemporaneo”. Un approccio vincente, come confermato dalle 20 nuove aperture del 2024. “Queste novità segnano un importante passo in avanti nella nostra strategia, che ha sempre lo sguardo rivolto al futuro. Essere un’azienda responsabile, però, significa andare oltre il semplice risultato economico, orientando le proprie azioni verso la creazione di valore per le persone, l’ambiente e la comunità”. F
di Francesca Lai
Arkiroma è il laboratorio di bellezza di David Aquilani dove finestre ed elementi di arredo diventano un’esperienza emotiva. “Il mio è un lavoro sartoriale: nelle creazioni tutto è deciso nel minimo dettaglio”
Come un’opera d’arte
C“Credo in un design a misura d’uomo modellato sulle sue abitudini. Un arredo splendido che parli, rilassi, ispiri, al pari di un’opera d’arte”. A pronunciare queste parole è David Aquilani, fondatore di Arkiroma. Non un semplice shop, ma un polo di alto design dedicato alla progettazione artigianale di finestre, porte, elementi di arredo su misura e sistemi di sicurezza. Mille metri quadrati di showroom ricavato da un capannone in disuso e situato a Tor di Quinto, in via Camposampiero, il più anti -
co borgo artigiano di Roma. Per il nuovo capitolo della sua carriera, Aquilani ha scelto di vivere insieme ai suoi simili, in un quartiere animato da vetrai, restauratori, artigiani della galvanica. “Una dimensione in cui riconosco me stesso e mi sento bene”, dice Aquilani, che di certo non può essere definito un imprenditore standard. Lui appartiene piuttosto a una specie ibrida, in cui il confine tra fare business e fare arte diventa molto sottile. È il risultato di una storia iniziata quattro generazioni fa, con i bisnonni che legarono indissolubilmente la vita della loro famiglia al legno. Ripercorrendo i passi del nonno, David Aquilani è entrato nel mercato non dal varco della grande distribuzione, ma dalla
porta dell’artigianato e del made in Italy. “Io non ho mosso i miei primi passi leggendo un catalogo o un listino prezzi: sono partito dal tronco dell’albero, che è diventato il pannello della porta o la cornice di una finestra”.
La nascita di Arkiroma è l’esito di 25 anni di attività, riflessioni e progetti che portano in un’unica direzione: rendere la finestra un’esperienza emotiva, rendere arte un prodotto di edilizia. Partendo da Finestre e Design, azienda nata per ridefinire il concetto di finestra, trasformando un semplice elemento funzionale in una vera opera di design, con ParquetVivo Aquilani si è spinto a innovare la materia prima, introducendo finiture personalizzabili e nuove soluzioni tec -
niche che migliorano la resistenza e la durata dei pavimenti in legno. Coerentemente con la sua vocazione artistica e culturale, Aquilani, che è anche un collezionista, ha fondato la galleria d’arte Aquilani & Sons in Piazza di Spagna a Roma. Questa realtà è espressione della profonda passione dell’imprenditore per l’Asia: Aquilani si occupa da molti anni di religioni del Sud-est del continente, studiando in particolare il buddismo e il vedanta e restando attento anche all’iconografia cristiano-ortodossa.
L’amore per il legno, la storia di una grande famiglia e l’estro imprenditoriale convivono in Arkiroma. “Ciò che ricerco è il contatto diretto con il cliente, proprio come faceva mio nonno”, commenta. “Solo così è
“Non sono partito da un catalogo, ma dal tronco di un albero, diventato il pannello di una porta o la cornice di una finestra”
possibile creare un pezzo unico, curato, bello”. Il cliente target di Arkiroma è “l’amante del bello, cultore dell’eleganza e della raffinatezza”. Si va da compratori con un tenore di vita medio-alto all’élite dell’extra lusso. Il servizio di consulenza è pensato per offrire un rapporto diretto in cui il rispetto per le esigenze e le aspettative è unito a una competenza elevata. “Il mio è un lavoro sartoriale: nella creazione di una finestra tutto è deciso nel più minuzioso dettaglio, dalla texture alla finitura interna ed esterna, dal vetro alla maniglia e a tutto il resto”. Per questo motivo l’imprenditore si definisce ‘ricercatore di soluzioni’.
Oltre a seguire i sogni dei committenti, il ruolo di Aquilani è quello di affiancare il lavoro del progettista e dell’architetto, sviluppando la fattibilità del disegno iniziale e coniugandolo con le esigenze del cliente. Ciò che non può mancare è l’approccio emotivo. “Consiglio spesso ai miei clienti di togliere più elementi possibili dalla struttura. Lo sguardo può andare oltre quando la finestra, con pochi ingombri, riesce a essere una cornice del paesaggio”.
L’emozione è alla base dell’esperienza in showroom, dove gli spazi sono adornati da gallerie fotografiche, opere d’arte contemporanea, elementi di interior design, soluzioni filo muro, boiserie e vetrate spettacolari. “I visitatori si sentono ospiti di un museo moderno e minimale dal gusto italiano, studiato in ogni minimo dettaglio per solleticare l’immaginazione, giocare con le luci ed emozionare”. Qui fermenta il futuro di Arkiroma, che nella visione di Aquilani diventerà un polo d’arte e cultura, di contaminazioni e collaborazioni. E trasformazioni. Come quella del capannone, una volta fatto di lamiere di metallo, che ora ospita Arkiroma, un laboratorio di bellezza. F
WHAT’S NEW
Lusso a bordo FORBES LIFE
Dimenticate le crociere con animazione invadente e buffet affollati. Chi sceglie le navi Explora vive nella totale esclusività. Uguale ricercatezza sul catamarano Four Seasons Explorer, alla scoperta di luoghi magici e nascosti. E per chi preferisce andare sul classico c’è Royal Clipper, l’imbarcazione a vele quadre più grande del mondo
WHO’S NEXT
EXPLORA I
La nave dei desideri esauditi
Certo, le escursioni offerte durante la navigazione sono irrinunciabili, che siano i Caraibi, il mare del Nord o le isole greche, ma il rischio, per chi sceglie una crociera su Explora Journeys - il brand del lusso di Msc con sede a Ginevra -, è di non avere più voglia di scendere. Un nuovo stile di viaggio che su Explora I, la prima di una flotta di cinque che sarà varata entro il 2027, si esprime così: 461 suite, ampi ponti esterni con 64 cabine private, attici e residenze fronte oceano progettate per essere case sul mare, tutte con vista e terrazza privata, e una scelta tra 11 esperienze culinarie, sei vivaci ristoranti, cene in suite e il ristorante Anthology, dove grandi chef creano menu d’autore in base all’itinerario della nave, oltre a 12 bar e saloni (otto interni e quattro esterni). Il relax a bordo è garantito da quattro piscine e dal centro termale Ocean Wellness, che offre, nei 1.000 metri
quadrati, strutture per il benessere e il fitness al coperto e all’aperto, sale per trattamenti e un salone di bellezza per la remise en forme. Mentre a chi ama lo shopping è dedicata una zona con grandi marchi dell’orologeria come Cartier e Panerai, oltre a gioielli e segnatempo Piaget e alla prima boutique Rolex in alto mare. Per continuare in bellezza, alla Galleria d’Arte, fino alla primavera 2025, sono esposte le opere di due maestri della Pop Art, Andy Warhol e Roy Lichtenstein, con la possibilità di essere guidati nel percorso da luminari d’arte e host.
Attingendo ai 300 anni di eredità marittima della famiglia Aponte, Explora Journeys offre un’esperienza di navigazione coinvolgente e un’ospitalità rispettosa e intuitiva, con visite a terra e itinerari che fondono destinazioni rinomate con porti meno battuti, per un viaggio che ispiri la scoperta in tutte le sue forme. L’unico rischio? Esagerare con lo champagne, offerto 24 ore al giorno, per chi occupa le suite, da uno staff impeccabile e attento a ogni desiderio.
Alla scoperta di Palau
In viaggio verso una delle ultime frontiere del mondo, lo stato insulare di Palau, nel Pacifico occidentale, a bordo di un catamarano che è la quintessenza del lusso. Immersi nella natura, gli ospiti potranno esplorare oltre 340 isole, di cui solo nove abitate, ed entrare in contatto con una biodiversità marina unica e una cultura antica di quattromila anni. Prima riserva nazionale di squali al mondo, Palau ospita anche la laguna meridionale delle Rock Islands, Patrimonio dell’U-
manità dell’Unesco dal 2012. Con una visibilità superiore ai 100 metri sotto la superficie dell’acqua, le numerose lagune offrono un mondo sottomarino di meraviglie da scoprire, con oltre 1.400 specie di pesci e 500 specie di coralli, oltre a numerosi relitti di navi. Il centro immersioni Padi 5 star offre immersioni in siti rinomati come Blue Corner, German Channel, Peleliu Wall, Chandelier Cave e Helmet Wreck, ma anche l’accesso a gemme meno conosciute. Inoltre si può scegliere tra snorkeling, kayak, stand-up paddleboard, pesca e immersioni libere. Tra le escursioni più amate, quella alla Via Lattea,
un ‘lago’ poco profondo circondato da isole, caratterizzato da un fondale di cenere vulcanica che crea un rifugio caldo e blu latteo per sessioni di yoga e bagni di fango ricchi di minerali. Gli orari di arrivo e partenza sono flessibili, mentre le tariffe includono, oltre alle sistemazioni, i pasti serviti a bordo, immersioni e sport acquatici oltre a escursioni, yoga ed esperienze benessere. Tra gli eventi previsti, incontri con il biologo marino, un barbecue sulla spiaggia con musicisti e ballerini locali, un picnic e una romantica cena à deux con i piedi nella sabbia, sotto il cielo stellato.
Itre velieri Star Clippers si muovono tra le acque del Mediterraneo e quelle dell’Atlantico, con itinerari che, nei mesi invernali, porteranno l’intera flotta oltreoceano. Ispirato al leggendario Preussen, Royal Clipper è oggi il più grande veliero e l’unico cinque alberi a vele quadre costruito dopo che il suo predecessore venne varato all’inizio del secolo scorso. Con 42 vele spiegate e 134 metri di lunghezza, è in grado di ospitare 227 passeggeri, ha un fascino speciale ed è all’insegna di ogni comodità. Attuale e moderna, la nave è dotata di ogni comfort e dei più avanzati sistemi di navigazione. L’ammiraglia è ideale per una crociera all’insegna dell’avventura, del relax e della tradizione della vela, con servizi esclusivi e massimo comfort. I ponti all’esterno hanno una superficie di 1.760 metri quadrati e dispongono di tre piscine dove intrattenersi e rilassarsi e di diversi angoli nascosti e silenziosi lungo le balconate sui due lati. I più ardi-
e avventura
ti possono salire in sicurezza sull’albero maestro. I luminosi ed eleganti spazi interni si snodano su tre piani, dove gustare una prelibata cucina. A poppa, una piattaforma permette di tuffarsi e dedicarsi agli sport acquatici. E ancora, il centro benessere Captain Nemo Lounge, con oblò per vedere i fondali marini, offre thalasso, massaggi, idroterapia. Tra le proposte per l’autun-
no, la traversata oceanica da Lisbona a Barbados, passando per Marocco e Madeira (16 notti, partenza il 17 ottobre), e naturalmente i Caraibi, con attraversamento del Canale di Panama passando per la costa colombiana (14 notti, partenza da Bridgetown, Barbados, il 2 novembre).
Ha collaborato Alessia Bellan
di Penelope Vaglini
Il benessere al centro
Blu Hotels, uno dei più importanti gruppi alberghieri d’Italia, punta sul welfare per creare una cultura aziendale solida e per garantire inclusione e soddisfazione dei dipendenti. “Rispetto reciproco e valorizzazione delle diversità sono principi fondamentali”, dice il presidente Nicola Risatti
Innovare per crescere è
l’approccio che definisce Blu Hotels, gruppo alberghiero da oltre 30 anni interprete del mondo delle vacanze italiane. Gli hotel della catena, presenti su tutto il territorio nazionale in destinazioni di mare, montagna e lago, offrono standard qualitativi sempre più elevati. Ne è la dimostrazione il rapporto Horwath Htl 2024, in cui Blu Hotels occupa la seconda posizione come destinazione montagna, mentre è al quarto posto nella classifica Domestic Chains Brands e Leisure Destination. Il successo della formula di Blu Hotels, oltre che alla qualità delle strutture e alla scelta di luoghi strategici nelle migliori località italiane, è legato al benessere dei dipendenti. Il welfare è da sempre parte significativa del modello di business del gruppo e ha un ruolo importantissimo per creare e mantenere nel tempo una cultura aziendale solida. Negli ultimi anni l’attenzione crescente al benessere dei professionisti ha rafforzato la consapevolezza che, se i dipendenti si sentono supportati e rispettati, sono più invogliati a lavorare insieme per il successo dell’azienda. Promuovere un clima positivo e inclusivo, capace di supportare la professionalità di ogni collaboratore, favorisce un clima di fiducia, soddisfazione e coesione all’interno dell’organizzazione, fondamentale per affrontare sfide e perseguire obiettivi aziendali ambiziosi. Il lavoro in questa direzione di Blu Hotels ha permesso al gruppo di ottenere la certificazione per la parità di genere Uni/PdR 125:2022, rilasciata da Kiwa Cermet Italia – un organismo di certificazione accreditato –, distinguendosi come uno dei primi player riconosciuti nel settore dell’ospitalità. “Siamo molto orgogliosi di questo riconoscimento, che premia e valorizza la nostra scelta di adottare criteri di assunzione basati sulla diversity, che mirano a garantire
Sant’Elmo Beach Hotel di Castiadas (Sardegna)
il rispetto e la valorizzazione delle caratteristiche culturali, etniche, religiose, di genere e di orientamento sessuale di ognuno”, ha dichiarato Nicola Risatti, presidente di Blu Hotels. “Siamo convinti, oggi più che mai, che alla base di un ambiente di lavoro sereno ci debba essere il concetto di inclusione, grazie al quale possono coesistere e collaborare gruppi eterogenei di dipendenti. Rispetto reciproco e valorizzazione delle diversità, infatti, sono tra i principi fondamentali di Blu Hotels”.
Negli anni il gruppo ha introdotto una serie di benefit per migliorare la produttività dei collaboratori e migliorare il rapporto tra vita professionale e privata. Pacchetti sanitari integrativi, flessibilità lavorativa, opportunità di formazione, un premio di fine stagione per tutti i dipendenti e un nuovo sistema di gestione delle mance che ne prevede una distribuzione più equa sono solo alcuni degli esempi. Il tema della conciliazione tra vita e lavoro è un elemento sempre più rilevante e ha portato a introdurre
politiche di flessibilità lavorativa che supportano il giusto equilibrio tra vita professionale e privata, permettendo a tutti i dipendenti della sede di gestire meglio i propri impegni personali e familiari. Per tutti i collaboratori che hanno figli sono previsti premi di welfare alla nascita, mentre una biblioteca interna all’azienda è a disposizione delle famiglie, con tanti volumi sui temi di genitorialità e family care. Inoltre il raggiungimento della certificazione per la parità di genere ha permesso di adottare e monitorare politiche di assunzione e promozione equilibrate, ampliando i processi di selezione e promozione che garantiscono l’equità di genere e assicurando che tutte le candidature siano valutate in modo imparziale.
“Questa certificazione è un premio per tutte le persone che ogni giorno contribuiscono a creare un luogo di lavoro in cui i collaboratori, indipendentemente dal genere, hanno le stesse opportunità di crescita”, sottolinea Fabrizio Piantoni, vicepresidente e direttore risorse umane del gruppo. “Si tratta solo del
75%
La quota di occupazione femminile nella sede centrale di Blu Hotels
50%
La quota di occupazione femminile negli hotel del gruppo
primo passo di un percorso continuo verso la creazione di un ambiente di lavoro sempre più equo e inclusivo. Continueremo a collaborare per mantenere e migliorare gli standard raggiunti, affrontando nuove sfide e cogliendo ogni opportunità per crescere insieme”. Blu Hotels ha intrapreso da anni un percorso che l’ha portato a contare su una significativa presenza femminile: oggi il 75% dei dipendenti della sede centrale e il 50% dei dipendenti degli hotel sono donne. La parità di genere in azienda è sempre stata un elemento indispensabile per la crescita. Le collaboratrici sono incoraggiate a candidarsi per posizioni a tutti i livelli, inclusi ruoli di leadership. Oggi la quasi totalità dei capi reparto della sede operativa è costituita da donne, così come più di un terzo dei direttori d’albergo. Un risultato che sottolinea l’impegno costante di Blu Hotels per creare un ambiente di lavoro equo e inclusivo, dove ogni dipendente ha la possibilità di crescere e contribuire al successo dell’azienda. F
di Penelope Vaglini
La task force della sostenibilità
Upper Sky, azienda della mobilità di lusso, ha creato una squadra di esperti e partner che dovrà sviluppare soluzioni innovative per ridurre le emissioni nell’aviazione privata. “Non possiamo permetterci di aspettare”, dice il fondatore Giancarlo Insinna
MMentre i leader mondiali continuano a discutere di clima e sostenibilità in summit internazionali, Upper Sky, azienda della mobilità di lusso, ha già avviato un piano d’azione con un approccio ambizioso, ma al contempo pragmatico. Giancarlo Insinna, fondatore e ceo, ha annunciato di recente la creazione di una task force ambientale: un team composto da esperti e partner strategici che lavoreranno insieme per sviluppare soluzioni innovative nel campo della sostenibilità. Questo gruppo si concentrerà sulla riduzione delle emissioni nel settore dell’aviazione privata e della mobilità di lusso. “Non possiamo permetterci di aspettare. Ogni passo verso l’abbattimento delle emissioni conta”, afferma Insinna, ribadendo l’urgenza di un cambiamento immediato nel trasporto aereo, che rappresenta una delle principali sfide globali in termini di impatto ambientale. Con il suo approccio innovativo alla sostenibilità, Upper Sky ha avviato strette collaborazioni con figure di spicco del panorama internazionale, tra cui Abdullah Yahya Al Yahya, funzionario governativo del Kuwait. Grazie alla sua vasta esperienza nella gestione del progetto Kuwait-Italia per il Golfo Arabo, Al Yahya ha giocato un ruolo cruciale nella creazione di partnership strategiche tra enti pubblici e privati, sviluppando soluzioni ambientali mirate e su misura. “Collaboriamo con esperti sia in Italia che in Kuwait, proponendo progetti che non solo riducono l’impatto ambientale, ma aprono nuove opportunità per il settore”, spiega Insinna, sottolineando come la cooperazione internazionale sia fondamentale per affrontare problemi di portata globale.
Tra le iniziative più innovative proposte da Upper Sky spicca l’ottimizzazione dei voli condivisi tra imprenditori, una soluzione che non solo consente di ridurre i costi operativi, ma che contribuisce in maniera significativa alla riduzione delle emissioni di CO2. “Ogni volo in condivisione è una vittoria per l’ambiente. Riduciamo il nostro impatto senza compromettere l’eccellenza dei servizi che i clienti si aspettano”, sottolinea il ceo. Questo approccio permette di combinare la necessità di efficienza con l’impegno per la sostenibilità, garantendo al contempo il mantenimento degli standard di qualità.
Oltre a questo, Upper Sky sta investendo nel futuro della mobilità sostenibile, puntando sullo sviluppo di una flotta di velivoli elettrici dedicati ai viaggi brevi, accompagnata dalla costruzione di 20 eliporti in Italia, progettati appositamente per la ricarica di questi mezzi di trasporto. “L’elettrificazione dell’aviazione privata non è più un sogno, ma una realtà su cui stiamo investendo. Vogliamo essere tra i primi a rendere il settore davvero sostenibile”, sostiene Insinna. “Questa strategia non solo rappresenta un impegno verso un’aviazione più pulita, ma è anche un esempio concreto di come le tecnologie emergenti possano essere integrate in settori tradizionalmente considerati inquinanti”.
“Collaboriamo con esperti in Italia e in Kuwait, proponendo progetti che non solo riducono l’impatto ambientale, ma aprono anche nuove opportunità”
La visione di Upper Sky non si ferma all’innovazione nell’aviazione. La task force ambientale dell’azienda si concentrerà sulla creazione di una mobilità intermodale, per integrare treni di lusso nei pacchetti di viaggio. “L’intermodalità è il futuro: offrire ai clienti un’esperienza di viaggio completa, che va dai jet privati alle carrozze di lusso sui treni, ci consente di combinare comfort e soste-
nibilità in modo unico”, afferma Insinna. Questa proposta offre una soluzione smart e green, con un’unica esperienza di viaggio fluida ed elegante. Il gruppo di Insinna prevede inoltre di collaborare con il settore delle energie rinnovabili e delle infrastrutture sostenibili, coinvolgendo aziende del settore petrolifero che stanno cercando di compensare il loro impatto ambientale tramite investimenti in settori cruciali, come la sanità e la prevenzione. “Lavoriamo con realtà che, nonostante un passato caratterizzato da alti livelli di inquinamento, stanno facendo passi concreti per contribuire alla sostenibilità. È il segnale che anche i settori più complessi possono essere parte della soluzione”, dice Insinna. Tra le numerose iniziative in fase di sviluppo ci sono anche workshop internazionali e programmi di borse di studio destinati a
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giovani talenti nel campo della sostenibilità, rilasciati coinvolgendo istituzioni di alto profilo sia italiane che kuwaitiane. “Non ci limitiamo a parlare di cambiamento, vogliamo formare la prossima generazione di innovatori ambientali. Offrire opportunità ai giovani è essenziale per costruire un futuro più verde e sostenibile”, conclude Insinna. La formazione e l’educazione delle nuove generazioni sono viste come strumenti fondamentali per garantire un cambiamento duraturo. Upper Sky si sta affermando come leader non solo nel settore del lusso, ma anche nell’impegno verso un futuro più sostenibile. Mentre i leader globali discutono delle sfide climatiche, l’azienda sta mettendo in pratica soluzioni che dimostrano come lusso e sostenibilità possano creare sinergie, generando nuove opportunità per un mondo più responsabile e innovativo. F
di Marco Gemelli
Giocare d’anticipo
“Siamo stati sostenibili per anni senza nemmeno saperlo”. A raccontarlo è Olga Urbani, che, assieme ai cugini Carlo e Giammarco, guida l’azienda umbra Urbani Tartufi
OOggi la loro voce rischierebbe quasi di mescolarsi alle tante storie di aziende vocate (o convertite) alla sostenibilità, se non fosse che le azioni svolte negli ultimi anni dimostrano senza tema di smentita come nel cuore verde dell’Umbria questo tema sia stato sviluppato con largo anticipo. “Siamo stati per anni sostenibili senza nemmeno saperlo”, dice Olga Urbani, presidente di Urbani Tartufi, raccontando come l’azienda si sia avvicinata a questa tematica ben prima che diventasse di tendenza. “Solo quando tutti hanno iniziato a parlare di sostenibilità abbiamo iniziato a raccontare ciò che facevamo e ci siamo accorti di essere stati dei pionieri, nel nostro piccolo”.
Che tanto piccolo non è, dal momento che il progetto TruffleLand – che negli ultimi anni ha portato alla piantumazione di 200mila alberi l’anno in grado di ‘coltivare’ il tartufo a Sant’Anatolia di Narco, nel perugino – è sviluppato su una superficie di oltre duemila ettari. Vendendo e piantando pioppi, lecci e querce alla cui base nasce il tartufo, il progetto contribuisce alla riduzione della CO2 e al benessere del pianeta. È uno dei pochissimi esempi del genere in Italia, mentre in paesi come la Spagna questo modello di business ecosostenibile è più avanti, grazie anche a contributi governativi TruffleLand non è che l’ultimo anello di una catena che rende Urbani Tartufi una realtà virtuosa. È la stessa Olga Urbani – alla guida dell’azienda insieme ai cugini Carlo e Giammarco – a confermarlo: “Mio padre aveva adottato un modello di impresa piramidale, mentre io cerco di modificare questo approccio facendo sì che l’azienda sia composta da un team coeso di persone che lavorano bene insieme e che si stimano”. Proprio su quest’argomento, qualche mese fa Urbani ha tenuto uno speech durante un TedX a Spoleto, raccontando la sua propensione a una visione di impresa sociale. Non è tutto. “Quando abbiamo deciso di raddoppiare la
superficie della nostra sede, da otto a 16mila metri quadrati, ho fortemente voluto le pareti a vetro, affinché tutti i dipendenti potessero godere del panorama della val Nerina e venire al lavoro con uno spirito diverso. In fondo, tanti che oggi lavorano con noi sono i discendenti di chi ha iniziato con la mia famiglia, oltre 170 anni fa”.
La sostenibilità, per la famiglia Urbani, non si limita a quella ambientale. “Nella vita occorre restituire qualcosa di ciò che si è ricevuto. Ed è per questo che, come Urbani Tartufi, finanziamo la fondazione Giulio Loreti, che si occupa di erogare prestazioni e servizi oncologici gratuiti. L’ente è intitolato a mio cognato, scomparso qualche anno fa, che si rammaricava della differenza di possibilità di accesso alle cure tra persone di diverso ceto. Oltre a ciò, sosteniamo strutture in Cambogia e diamo supporto alle bambine peruviane in difficoltà”.
Sul fronte del prodotto, l’ultima linea in casa Urbani è ispirata alla sostenibilità e ai principi eco-friendly che uniscono l’amore per il tartufo all’attenzione verso un cibo sano e naturale. F
di Attilio Nucetti
Plein secondo Plein
Lo stilista tedesco racconta a Forbes Italia i risultati e il futuro del gruppo.
Che ora vuole conquistare anche un altro settore chiave del lusso: quello dell’hospitality
DDa un’annata positiva a un futuro in cui la parola d’ordine sarà espansione. Il gruppo Plein, guidato dal presidente, ceo e direttore creativo Philipp Plein, vuole affermarsi anche in un altro settore chiave del lusso: quello dell’hospitality. Il progetto è quello del Plein Hotel di Milano, “in cui”, ha detto lo stesso Plein, “sveliamo per la prima volta i nostri concept di ospitalità e food & beverage”. A parlare dei risultati di Plein Group e a porre le basi del futuro del marchio è stato lo stesso fondatore.
Qual è il bilancio del 2024 di Philip Plein?
Dopo il 2023, annata eccezionale per lo sviluppo di Plein Sport e di tutto il gruppo Plein, anche il 2024 è stato finora un anno di sviluppo ed espansione del nostro network commerciale e della nostra presenza sul mercato. A marzo abbiamo siglato una licenza esclusiva per il tessile casa del marchio Philipp Plein con il gruppo Mirabello Carrara. Inoltre, questo è stato l’anno del Plein Hotel di Milano. Sono certo che saremo in grado di portare i nostri concept di ospitalità e ristorazione in altri mercati e destinazioni, attraverso partnership di qualità con operatori locali specializzati.
Come lavorerà il gruppo nei prossimi mesi?
In Plein Group crediamo nella capacità di veicolare la nostra identità e i nostri valori di marchio verso una base di clientela più ampia e variegata, lavorando su più categorie merceologiche e segmenti di mercato. Penso al mercato delle fragranze, degli occhiali, degli orologi, della casa, dell’hospitality. Tutto ciò può rappresentare un amplificatore dei valori del marchio e uno straordinario strumento di reclutamento di nuove fasce di clientela. Plein, poi, vuole mantenere
Philipp Plein è presidente, ceo e direttore creativo della sua azienda.
il vantaggio competitivo per quanto riguarda le piattaforme digitali e l’e-commerce, che genera il 50% del fatturato del gruppo.
Che rapporto ha Philip Plein con l’innovazione?
Il nostro gruppo è da sempre sostenitore dell’innovazione e continuerà a esserlo: siamo stati i primi ad acquistare una posizione nel metaverso, a costruirvi un insediamento del marchio Plein e a tenervi degli eventi. Inoltre siamo stati fra i primi marchi di moda a legarsi al mondo degli Nft, mediante la collaborazione con l’artista digitale Anthony Tudisco, e a usare questa forma di arte digitale per realizzare fashion show e campagne pubblicitarie, ma anche per integrare l’offerta merceologica, offrendo ai migliori clienti delle opere Nft abbinate ai prodotti acquistati. Siamo campioni dell’innovazione e continueremo a esserlo.
Alla Milano Design Week 2024 avete presentato una nuova edizione limitata dei vostri orologi. Che caratteristiche hanno? Abbiamo presentato una collezione che comprende due linee: il Philipp Plein Crypto King Flying Tourbillon e il Crypto King Hexagon. Ogni orologio è un capolavoro, realizzato in Svizzera, sinonimo dell’eccellenza dell’orologeria, ed è stato presentato per la prima volta in occasione della fiera Watches & Wonders 2024 di Ginevra, per essere poi riproposto a Milano per la Design Week. F
di Lavinia Desi
FORBES LIFE WATCHES
Il tempo del fitness
Garmin ha presentato una nuova serie di smartwatch pensati per aiutare atleti e appassionati di sport di ogni livello a pianificare con precisione la loro routine settimanale
UUna linea che si propone come il futuro del fitness e della tecnologia da polso. Garmin ha presentato fenix 8, la nuova generazione di smartwatch composta da 16 modelli. I dispositivi sono pensati per accompagnare gli atleti di ogni livello, in ogni fase del loro percorso: dal potenziamento muscolare alla performance in gara.
“Per anni la linea fenix è stata celebrata per le sue caratteristiche, i materiali e il design unico che lo hanno reso un prodotto iconico”, ha commentato Stefano Viganò, amministratore delegato di Garmin Italia. “Con fenix 8 presentiamo la nostra gamma più completa di sempre. Quest’ultima linea non solo aggiunge nuovi dettagli estetici funzionali, allenamenti specifici per lo sport e utili strumenti per comunicare direttamente dall’orologio, ma offre anche l’opportunità di scegliere tra un bellissimo display Amoled e un più tradizionale Mip con ricarica solare, per una durata della batteria ancora maggiore”.
Alcune delle novità riguardano nuove colorazioni e un design innovativo: l’interfaccia è caratterizzata dalla forte luminosità del display Amoled. La serie ha otto modelli con display Mip e ricarica solare integrata. La batteria si conferma di lunga durata: la versione Amoled da 51 mm offre fino a 29 giorni in modalità smartwatch, mentre la versione solar con display always-on garantisce fino a 48 giorni di autonomia. Per resistere a qualsiasi condizione e ambiente, in questa nuova collezione i pulsanti sono waterproof e sulla cassa, in corrispondenza dei sensori interni, è stato aggiunto un elemento di prote-
Qui e in basso, alcuni dei 16 modelli di fenix 8.
zione che garantisce una sicurezza maggiore, oltre a rappresentare un tratto distintivo dell’orologio.
La cassa è disponibile in tre dimensioni: 43, 47 e 51 mm, con un nuovo design della lunetta, ora più sottile, che dà all’orologio un aspetto elegante e migliora la visibilità del quadrante.
Le anse, dotate del sistema di aggancio QuickFit, permettono una facile personalizzazione del cinturino, rendendo l’orologio versatile e perfetto per ogni occasione della giornata.
La nuova collezione di smartwatch Garmin introduce anche allenamenti di forza progettati per aiutare atleti e appassionati a pianificare con precisione la routine settimanale e raggiungere i propri obiettivi.
Inoltre la serie include un profilo dedicato alle immersioni, consentendo monitoraggi fino a 40 metri di profondità. I profili outdoor sono stati arricchiti dalla mappa TopoActive, scaricabile su tutti i modelli e precaricata nelle versioni Sapphire, che fornisce dettagli accurati su reti stradali e conformazione del terreno e un database dei principali comprensori sciistici a livello globale. F
di Mara Cella
FORBES LIFE WATCHES
Tempo da investire
Tony Parise ha fondato Elysium per portare a un livello superiore la rivendita di alta orologeria. Un settore che, dopo la pandemia, ha visto un’impennata di richieste
TTony Parise ha da sempre una passione per il tempo e le lancette blasonate. Questo lo ha portato a fondare Elysium per portare la rivendita di alta orologeria a un livello ancora superiore. Così è nata la boutique di via Pergolesi, 1 a Milano, un luogo in cui gli intenditori, i collezionisti e i nuovi appassionati possono immergersi in una esperienza esclusiva. A tal proposito Parise racconta a Forbes il mercato dell’alta orologeria in Italia: “Attualmente direi un mercato stabile, con quotazioni di alcuni modelli in leggerissimo calo. Ma ciò che noto è la crescita costante dell’interesse per il collezionismo e l’accantonamento. È aumentata la domanda di quanti intendono acquistare per un investimento diversificatorio. Quello dell’orologeria è un mercato d’élite e dinamico e ciò che vedo è un ampliamento della platea degli interessati, con un importante abbassamento dell’età media spinto dalla divulgazione di notizie, informazioni, immagini e contenuti orologieri attraverso i social che raggiungono velocemente la generazione Z: i giovanissimi iniziano ad acquistare il loro primo orologio meccanico molto prima rispetto a noi”.
In effetti nell’epoca post pandemica c’è stata un’impennata di richieste, perché i segnatempo sono un bene-rifugio. Parise ribadisce: “Negli anni abbiamo assistito a un’impennata di richieste e dunque a un aumento spaventoso dei prezzi. In particolare, alcuni modelli sono raddoppiati o addirittura triplicati di valore. Fra i marchi più richiesti Rolex, Patek Philippe, Audemars Pi-
guet e Cartier. Tra quelli po’ di nicchia, anche Richard Mille e Jacob & Co. Anche i collezionisti improvvisamente si sono trasformati in reseller, proprio per la domanda divenuta esponenziale. La motivazione? Un investimento che prende valore e la facilità di rivendere parte delle proprie collezioni per nuovi progetti. Cosa impossibile con un immobile, ad esempio”.
Nel 2022 l’elastico troppo teso ha fatto crollare i prezzi in sei mesi. Ad esempio nelle aste internazionali molte referenze rimanevano invendute e ciò è stato un campanello di un nuovo scenario. La bolla è stata riassorbita a fine 2022, lasciando prezzi comunque più alti del 2020, ma di certo è rientrata quella speculazione degli anni pandemici.
E quali i trend per il futuro? “È rischioso fare previsioni sulle tendenze per il prossimo futuro, ma l’andamento è in crescita perché l’interesse è in crescita”, ribadisce Parise. “Già sono in ripartenza - e lo saranno sempre più - i paesi dell’Est, che fanno numeri incredibili rispetto al resto del continente. Dunque per il futuro ipotizzo una crescita normalizzata, sostenibile, equilibrata, con referenze importanti che potranno raggiungere un +5-7% annuo ma non credo assisteremo più alle speculazioni post Covid. Mi aspetto anche una continua crescita dei mercati emergenti, come l’India, che muove grandi quantità di referenze, o di alcuni stati dell’Africa. Per mia esperienza personale ho anche notato che nei momenti in cui il mercato immobiliare si contrae - come sembra sia previsto per i prossimi anni - ho visto aumentare in modo esponenziale quello dell’orologeria”. F
di Lavinia Desi
La forza della solidarietà
Aiutare i bambini malati di cancro e le loro famiglie, arrivando dove i diritti non sono garantiti. È nata per questo, 22 anni fa, la Fondazione Soleterre, presieduta da Damiano Rizzi
In occasione della quarta edizione di That’s Amore Capri abbiamo incontrato Damiano Rizzi, presidente e co-fondatore di Fondazione Soleterre, charity partner degli eventi realizzati a sostegno del programma di oncologia pediatrica, che garantisce la cura, il supporto psicologico e l’accoglienza ai piccoli pazienti e alle loro famiglie a Pavia e a Taranto.
Cos’è Soleterre e come è nata?
Soleterre è nata nel 2002 per dedicarsi alle ‘terre sole’, una sfida ancora in atto. Luoghi dimenticati e lontani dai riflettori, dove le persone non sanno di avere diritti, come quelli alla salute, all’infanzia, alla vita. L’oncologia pediatrica ci è sembrata da subito uno di questi luoghi estremi. La privazione e la mancanza dei diritti in questa situazione si traducono nell’impossibilità di accesso alle cure. Soleterre è presente e rende concreto quello che veniva dato per impossibile: lì dove questi diritti non sono garantiti, la fondazione è stata in grado di arrivare. Cerchiamo di garantire progetti di vita.
Su quali progetti siete impegnati?
Le attività nascono dalla volontà di offrire, in Italia e nel mondo, supporto psicologico gratuito alle vittime di traumi causati da guerre, malattia, povertà, violenza. Tra guerre, crisi energetica, emergenze climatiche e sanitarie, i bambini sono sempre i più fragili. In un contesto di combattimento, i pazienti oncologici sono i meno protetti tra i pazienti pediatrici. Rimediare a questo squilibrio è il nostro lavoro. L’esperienza internazionale di Soleterre negli ospedali, spesso dislocati in aree di emergenza e guerra, dimostra che è indispensabile integrare sempre di più la psicologia al soccorso medico. Sappiamo che i fattori psicologici, cognitivi, emozionali e motiva-
Uno dei bambini aiutati dalla Fondazione Soleterre in Marocco. Sotto, il presidente e co-fondatore Damiano Rizzi.
zionali influiscono sulla salute fisica. Incidono sempre, in maniera diretta o indiretta, sui disturbi e le malattie. La malattia, a sua volta, si ripercuote sullo stato psicologico. Ciò aumenta l’importanza di prendersi cura dell’aspetto mentale del paziente, in caso di malattie come il cancro. In quattro anni di collaborazione e amicizia, grazie ai soci di That’s Amore Capri, agli sponsor e soprattutto a Valerio Pagano, direttore artistico della kermesse e prima ancora amico fraterno, abbiamo fatto tanto. Le donazioni raccolte in occasione della rassegna si traducono in accoglienza gratuita in prossimità dell’ospedale per i minori in cura e le loro famiglie, riabilitazione e fisioterapia per ridurre gli effetti neuro-motori delle terapie, supporto psico-oncologico per l’elaborazione delle paure che la malattia porta con sé. Solo nel 2023 sono state 416 le famiglie con minori che hanno ricevuto aiuto grazie a That’s Amore.
Perché questo sostegno è cruciale?
Senza l’aiuto che Soleterre ha ricevuto grazie a That’s Amore, non avremmo potuto rispondere ai bisogni che abbiamo incontrato nel nostro lavoro. That’s Amore, in questi anni, è diventato un megafono per diffondere i nostri appelli e valori e farli conoscere ai capresi e ai turisti sull’isola. Mai nessun muro ha aiutato l’umanità e solo stando insieme possiamo affrontare le sfide del futuro, animati dalla spinta di giustizia sociale e solidarietà. La stessa che 22 anni fa ci diede l’impulso a occuparci dei diritti delle persone che vivono nelle terre sole. F
di Cristina Mercuri
Un vino memorabile
Le caratteristiche del suolo, l’altitudine e le modalità di coltivazione fanno del Castello di Vicarello un’eccellenza italiana. Che punta a sbarcare entro dieci anni alla Place de Bordeaux
CClasse 1989, Brando Baccheschi Berti è da sempre impegnato nell’azienda di famiglia, che propone grandi vini e hospitality di lusso. Il Castello di Vicarello rappresenta la storia della famiglia, che dagli anni ‘70 lo cura e lo arricchisce di un tocco esotico. I primi cenni storici risalgono al 1112. Un luogo immerso in 40 ettari tra boschi, ulivi e vigne, dove si celebrano eventi esclusivi e si producono vini. I suoli ricchi di calcare, sassi e minerali vulcanici risalenti all’età pliocenica, il microclima ventilato e asciutto grazie all’altitudine e alla doppia influenza del monte Amiata a est e del mar Tirreno a ovest, la coltivazione della vite ad alberello con altissima densità consentono la maturazione di grappoli perfetti. Il blend del Castello di Vicarello è 45% Cabernet Franc, 45% Cabernet Sauvignon e 10% Petit Verdot, cofermentati, cui segue un periodo di due anni in legni nuovi di diverse grandezze.
Secondo Brando i fattori di successo di un brand sono riconoscibilità, eleganza e costanza qualitativa, con standard che accentuano la scarsità della produzione, alimentando il desiderio nei consumatori. Scarsità che lo rende eleggibile per La Place de Bordeaux, luogo degli scambi internazionali più importanti. Brando conta di essere lì tra meno di dieci anni. E il prezzo? È un fattore di ‘iconicità’ fino a un certo punto. Per Brando, il lusso può anche essere accessibile e nel vino deve essere mirato non solo all’investimento, ma anche alla godibilità del prodotto. La reputazione di Castello di Vicarello cresce anche perché il vino, quando esce sul mercato, è pronto per essere bevuto. L’affinamento è di almeno quattro anni, di cui minimo due in bottiglia, che aiutano il profilo a
ingentilirsi, integrarsi e rendersi attraente fin da giovane. Ogni anno vengono conservate 500 bottiglie per la costruzione di una library. Abbiamo degustato cinque annate.
2018. 14%Abv. 100-200 euro
Annata regolare e soleggiata. Il frutto è rosso e nero, con note tostate. L’acidità è assertiva, accompagnata da tannini vellutati e maturi. Un vino slanciato e dal grande peso di palato.
2016. 14%Abv. 130-150 euro
Annata più fresca e piovosa che ha determinato un vino più sottile e lineare. Naso di fiori secchi e petalo di rosa. Lievemente affumicato, con grande focus sull’acidità fresca e tannini setosi. Un vino molto lungo ed elegante. L’attenzione di Brando è stata importante nel delineare il profilo delle annate più recenti: vini più contemporanei, dal frutto definito e dal palato compatto e verticale.
2013. 14%Abv. 110-130 euro
L’annata ideale, con grande regolarità e luminosità. Naso leggermente evoluto con note di sigaro, tabacco e fiori bianchi. Tannini risolti, acidità integrata. Molto profondo al palato e di grande eleganza.
2011. 15%Abv. 190-220 euro
Un’annata più calda, ma con piacevoli escursioni termiche. Un vino opulento, ma che si mostra vibrante e giovanile, palato allargato e compatto. Tannini di altissima qualità. L’alcol, malgrado i 15%Abv, risulta estremamente integrato, dando piacevolezza e facilità di beva.
2007. 13%Abv. 280-320 euro
Leggera evoluzione al naso di erbe mediche che danno elegante complessità al frutto ancora scuro e definito. Palato densissimo di grande estrazione, dando un profilo profondo. Tannini piacevolmente integrati. F
I rivestimenti hanno il potere di trasformare gli spazi e le energie di una casa, coinvolgendo i sensi e le percezioni: parte da qui la nuova collezione Maximalista di Sartoria, brand di Terratinta Group. Presentata all’ultima fiera Cersaie, Maximalista è una linea ceramica che riscrive alcuni dei parametri classici del rivestimento ceramico, creando drappi tridimensionali che ricordano le modanature delle decorazioni architettoniche. Disponibile nel formato 5x40 cm, è stata pensata in sei varianti di colore morbide e avvolgenti con finitura matt.
FORBES DESIGN
di Valentina Lonati
Un sistema di divani modulare, etico e con un twist scandinavo: presentato da Mdf Italia, Array è stato progettato dallo studio norvegese Snøhetta per ridurre l’impatto ambientale, ottenere soluzioni abitative personalizzate e semplificare la logistica. Array si compone infatti di piccoli moduli facili da smontare e rimontare per la sostituzione o il riciclaggio, consentendo di generare una vasta varietà di configurazioni.
La base stampata a iniezione è in plastica riciclata e la copertura tessile può essere scelta in poliestere riciclato.
Un nido a cui affidare la propria intimità e i propri sogni: pensato come un rifugio, il letto Dimora del brand pordenonese Kristalia si compone di due strutture - caratterizzate da una composizione distintiva e geometrica - che abbracciano il materasso centrale. A progettarlo è stata la designer Cristina Celestino, che ha tratteggiato un’architettura nell’architettura creando una struttura monolitica ma dalle linee morbide, che ispira protezione e tranquillità.
Mentre in Occidente il pubblico sonda le possibilità offerte dagli smartphone che si piegano come libretti, i foldable, e quelli che si chiudono con due dita, i flip, in Oriente Huawei sorprende tutti con un nuovo telefono che ha tre schermi, il Mate Xt Ultimate. Tecnicamente ‘trifold’. Costa 19.999 yuan, equivalenti a 2.809 dollari, ma se il cliente esigente pretende un terabyte di memo-
ria il prezzo sale sui 3mila. Il rivenditore cinese Vmall ha ricevuto 3,7 milioni di ordini già prima che venissero annunciati i prezzi. Nella massima apertura, 10,2 pollici, ha l’aspetto di un tablet. Se si aprono solo due ‘ante’, i pollici sono 7,9. Ha una tripla fotocamera con l’obiettivo principale da 50 megapixel e il peso è di 298 grammi. Nessuna notizia sulla disponibilità fuori dalla Cina.
La sfida dei pieghevoli è anche la compattezza. Con l’arrivo del nuovo Honor Magic V3 si taglia un ulteriore traguardo: quello del foldable più sottile al mondo. Da chiuso 9,2 millimetri di spessore, da aperto 4,4. Merito di un lavoro di reingegnerizzazione dei componenti che nulla toglie alla qualità complessiva, come per la durata della batteria che non cede nonostante le dimensioni. Divisa in due, la batteria esprime un totale di 5.150 mAh. I pannelli Oled sono molto luminosi e, a telefono aperto, la visione di una gara sportiva è emozionante. Processore al top nel mondo Android: Snadragon 8 Gen 3 a quattro nanometri, fino a un terabyte di memoria interna e 16 GB di Ram.
Apple Watch serie 10, lo smartwatch più venduto al mondo, arriva in una nuova versione che garantisce una maggiore durata della batteria, display più ampio e nuove funzioni dedicate alla salute. Spicca quella che rileva le apnee notturne, una condizione che, se non curata, può portare ipertensione e diabete di tipo 2. Resiste sott’acqua fino a 50 metri e rileva il numero delle bracciate o il numero delle vasche in piscina. Con l’introduzione di una nuova rete neurale il dispositivo riesce a eliminare i rumori di fondo durante le telefonate o le chiamate Face Time. Il display Oled è del 40% più luminoso rispetto alla precedente versione. Uno dei minus dell’Apple Watch era il peso, che il nuovo design in alluminio è riuscito a ridurre sensibilmente.
FORBES CARS
di Serena Cappelletti
Con Terramar, il nuovo suv sportivo, Cupra rende omaggio al circuito dove è nato il brand e ne rivendica la doppia anima. E mentre il marchio è partner dell’America’s Cup, spunta questo suv di 4,52 metri, ispirato alle radici di Barcellona. Arriverà a novembre con un prezzo base di 42.250 €. Il design è ancora più deciso e audace con la firma ottica dei tre triangoli per i Cupra Matrix Led Ultra. Proporzioni ampie, quasi da barca con nove colori esterni, interni sportivi, ma con il 73% di tessuti riciclati. Digitalizzazione super con display dell’infotainmente da 12,9”. Cinque decinazioni e tre tecnologie per i motori: Tsi (benzina), hybrid (mild hybrid) e e-Hybrid (ibridi plug-in), dai 150 ai 272 cv di potenza.
Pneumatici e alta cucina, il binomio tra Michelin e la sua guida compie 70 anni. Per celebrare un compleanno così importante l’azienda ha radunato 13 chef stellati a Torino per una sorta di regalo anticipato a tutti gli amici del costruttore di gomme. Mentre la Guida Michelin sarà presentata di nuovo in Emilia: a Modena, nel cuore della food valley, nella città dell’aceto Balsamico e dei motori, il 5 novembre. Ed è incredibile la complementarità tra i viaggi a quattro e a due ruote e la necessità di fermarsi nel posto giusto, capace di garantire la stessa qualità degli pneumatici che ti hanno portato fino a lì. Una complementarità che genera un indotto annuo salito a 438 milioni. Un doppio trionfo.
Esclusiva e tecnologica, anche Maserati si fa elettrica, con la Grecale in versione Folgore. Stesse dimensioni delle termiche - 4,86 metri di lunghezza, 1,94 di larghezza e 1,65 di altezza - e family feeling identico anche negli interni, con quadro strumenti da 12,3” e doppio monitor nella zona centrale (da 12,3” per l’infotainment e da 8,8” per la climitizzazione). Ma il cuore della vettura a zero emissioni è la propulsione con i due motori elettrici, uno per asse, da 205 kW ciascuno per 410 kW totali, cioè 557 cv e 820 Nm di coppia (la batteria è da 105 kWh a 400 Volt), per una velocità limitata a 220 km/h e uno 0-100 km/h in 4,1 secondi. Completano il pacchetto sospensioni pneumatiche e modalità di guida (Max Range, Gt, Sport e Offroad). Il listino parte da 127.100 euro.
FORBES TRENDS
Sono ormai lontani i tempi in cui gli chef nostrani inseguivano i colleghi spagnoli sul terreno della cucina molecolare. Da qualche tempo azoto liquido, fritture non convenzionali, vuoto spinto, CO2 e maltodestrine sembrano aver ceduto il passo a un ritorno di fiamma, ossia un rinnovato interesse verso la cottura a fiamma viva o con le braci. Dalla cucina ancestrale di Fabrizio Bartoli a quella d’avanguardia dello stellato Errico Recanati nelle Marche o di Edoardo Tilli in Toscana, fino a ristoranti vocati alla brace come Vrasa in Campania, in alcuni casi la scelta di puntare sul fuoco vivo ha portato gli chef all’eliminazione completa di elettricità e gas per cucinare.
Il ristretto circolo dei territori italiani che possono definirsi capitali del bere miscelato si arricchisce di un nome in più. Oltre a Firenze, Venezia e Cortina c’è Amalfi, patria del limoncello insieme con Capri e Sorrento, grazie alla prima Cocktail Week andata in scena a fine settembre. Per una settimana l’evento ideato da Paola Mencarelli e dedicato alla mixology d’autore ha tenuto alte le insegne della miscelazione di qualità e del bere consapevole, tra masterclass e guest con bartender di fama. Una sorta di debutto ufficiale nel salotto buono per un liquore come il limoncello, troppo spesso relegato a souvenir dal colore fluorescente per palati senza pretese.
È notizia di poche settimane fa la scomparsa di Roberto Linguanotto, 81 anni, cuoco e pasticciere trevigiano, considerato il padre del tiramisù. Sua l’intuizione che ha portato alla nascita di uno dei dolci più amati al mondo, divenuto famoso negli anni Sessanta come sostituto dello zabaione. Sono diversi gli chef stellati che negli anni si sono cimentati con variazioni gourmet sul tema: dalle star Carlo Cracco e Antonino Cannavacciuolo alla versione scomposta di Davide Puleio a Roma o a quella al tè macha di Corrado Parisi a Bologna, fino al twist ideato dal pastry chef Ferdinando Califano al ristorante Michelasso di Napoli.
UNA MECCANICA CHE INCANTA
Oltre 30 lavori realizzati tra gli anni ‘50 e gli anni ‘90 da Jean Tinguely, tra i maggiori esponenti dell’arte cinetica, occuperanno i cinquemila metri quadrati delle Navate di Pirelli HangarBicocca. Dal 10 ottobre al 2 febbraio la più estesa retrospettiva realizzata in Italia dopo la sua scomparsa nel 1991 mette in luce la radicalità e la natura sperimentale del suo percorso. Tinguely è stato tra i primi a usare oggetti di scarto, ingranaggi e materiali saldati, creando macchine rumorose e cacofoniche dotate di veri motori. Le sue sculture assumono un carattere performativo per via del movimento costante e del coinvolgimento che richiedono al pubblico. L’ingranaggio, e in particolare la ruota, sono elementi fondanti, e il loro funzionamento canonico viene volutamente fatto a pezzi dall’artista, impegnato a liberare la macchina dalla tirannia dell’utilità, favorendo l’imprevisto e l’effimero all’interno di marchingegni assurdi e solo apparentemente esilaranti.
LIVING MILANO
di Alessia Bellan
Non solo un ristorante, ma un viaggio sensoriale che intreccia arte e gusto. Con Cactus Kitchen & Bar (cactus significa fedeltà e durata), Alessio Sebastiani ha voluto creare una maison sartoriale che integri ristorazione, eventi e catering con un forte impegno per la sostenibilità. Situato in una zona pedonale tra Moscova e Brera, il locale si distingue per una proposta culinaria innovativa a base di pesce, con molti tocchi vegani e vegetariani. Una celebrazione della cucina salutare, con piatti mai banali, che soddisfano anche i gourmet, un omaggio alla stagionalità degli ingredienti. In nome della pesca sostenibi-
Il talento di Alessio
le e della tracciabilità, ogni piatto è preparato con prodotti provenienti da fonti affidabili, per garantire qualità e freschezza. Per non parlare delle verdure, che spesso arrivano dall’orto di famiglia del giovane cuoco-imprenditore (da provare una panzanella che sublima quella originale toscana) La location muta al passare delle ore: al mattino, una vivace caffetteria accoglie i clienti con calore; a pranzo, pausa salutare con proposte green dal mondo; la sera, l’ambiente si trasfigura in un raffinato ristorante e cocktail bar, grazie a un concept che sfrutta la luce naturale. Sabato e domenica brunch.
RISERVATO E PERSONALE
Apre il club privato più esclusivo della città. A Villa del Platano, l’ex dimora di Santo Versace in via dei Giardini, The Wilde è un’oasi di comfort per imprenditori e creativi desiderosi di fare network. Cinquanta milioni l’investimento di Three Hills Capital Partners, società di private equity fondata da Mauro Moretti, per la villa modernista in stile Art Deco, quattro piani e
duemila metri quadrati, progettata da Carlo De Carli e Antonio Carminati. I soci, dopo avere sborsato 1.250 euro per la fee e 3.500 per la quota annuale, possono incontrarsi o invitare ospiti nella library al piano terra, sul rooftop con musica dal vivo, nei due ristoranti, uno di cucina mediterranea e l’altro latino-americano d’ispirazione nikkeiana, seduti al cocktail bar, nella cigar lounge o in tutta privacy nel giardino. Il progetto di Gary Landesberg, investitore nel settore del tempo libero e dell’ospitalità, già al timone di imprese come The Arts Club a Londra e Dubai, farà da apripista alle prossime aperture di Londra, Los Angeles e New York.
LA FORZA DELL’ACQUA E DELLA NATURA
Qc Roma - Spa of Wonders è un’oasi naturale immersa nel verde nata seguendo la filosofia dell’Antica Roma imperiale, che poneva l’acqua al centro della gratificazione del corpo e dello spirito. Chi si immerge nelle vasche calde di Qc Roma è circondato da roseti, limoneti e piante officinali, fra il cinguettio degli uccelli, con la musica della natura in sottofondo. Un’idea per un break o un weekend detox d’autunno, per ritemprarsi, scaricare le tensioni e rigenerarsi. Le romantic suite hanno vista sul giardino con terrazzino privato. Da provare l’atmosfera spensierata dell’aperiterme in accappatoio a bordo delle vasche. Ci si può fare cullare dai grandi letti sospesi nella veranda degli allori ed è tutta da scoprire l’esperienza gastronomica, con una cena a lume di candela con vista sugli alberi del parco in cui assaporare l’autunno in tutte le sue sfumature. Un luogo oltre il tempo dove concedersi momenti di relax, lontano dalle routine quotidiana, immersi nell’energia rivitalizzante dell’acqua e della natura.
A PASSEGGIO IN UN QUADRO
L’obiettivo dell’edutainment? Educare intrattenendo. Ne è un esempio la mostra multisensoriale Monet e gli Impressionisti – Digital Experience al Next Museum, nel cuore di Roma. Esibizioni multisensoriali per un percorso emozionale che celebra i 150 anni dalla prima mostra impressionista. Un’occasione per immergersi nelle opere passeggiandovi dentro, fra fedeltà e intelligenza artificiale, proiezione e suono, con un’esperienza adatta a tutta la famiglia. Proiezioni immersive, videomapping, realtà virtuale, photo opportunity, area didattica e contributo dell’IA sono gli ingredienti che consentono di tuffarsi con i cinque sensi fra le opere più celebri di Monet e degli impressionisti. Oltre 1.400 metri quadrati di esposizione suddivisi in diverse aree che seguono una narrazione semplice: colori, suoni e figure in movimento creano un dialogo interattivo tra l’universo emotivo degli artisti e quello dei visitatori.
AUTUNNO CON VISTA
Il Flora Roof Restaurant & Cocktail Bar ha una splendida vista su Roma, dallo storico rooftop al settimo piano dell’hotel Flora di via Veneto, un tempo casina di caccia della famiglia Ludovisi e poi storico indirizzo dell’hôtellerie. La proposta gastronomica è molto varia e spazia dalla colazione con vista sulle bellezze di Roma all’aperitivo glamour al tramonto con dj set, per proseguire con la cena in cui si può apprezzare la cucina italiana contemporanea a firma dello chef Massimo Piccolo, coadiuvato in sala e nella gestione dal nuovo restaurant manager Simone Cavaterra. Seguono gli after dinner affacciati sui tetti di Roma con i drink del bar manager Alessio Mercuri. Fra le proposte dello chef Piccolo per questa stagione, da provare la tartare di fassona con petali di reggiano, misticanza e uovo biologico marinato e la crema di carote e zenzero con robiola: un piatto vegetale ed energetico, dai colori autunnali, per un pieno di vitamina C con un tocco speziato ed esotico.
LIVING NEW YORK
di Aka Sarabeth
La Fiat 500 Gelateria a Manhattan
Angelina Bakery, celebre per i suoi bomboloni e il caffè italiano, ha annunciato una collaborazione con L’Artigiano Gelato, portando i sapori italiani nel cuore di Manhattan. La collaborazione si materializza nella Fiat 500 Gelateria, un carretto del gelato unico nel suo genere, ricavato da una Fiat Cinquecento d’epoca. Posizionato all’incrocio tra la 52esima Strada e Broadway, il carretto offre una selezione di gelati artigianali, tra cui classici come il pistacchio siciliano e gusti innovativi come il caramel affogato. Con questa iniziativa, Angelina Bakery non solo arricchisce la sua offerta, ma prepara anche il terreno per un’espansione che prevede l’apertura di 11 nuovi punti vendita a New York entro il prossimo anno.
DIECI ANNI DI ELEGANZA
Luca Faloni celebra il decimo anniversario del suo brand con un aperitivo nel suo store di New York, a Soho, il 21 ottobre. All’evento saranno presenti importanti figure istituzionali e rappresentanti della stampa italiana e americana, insieme allo stesso Faloni, torinese. Il brand Faloni si distingue
per l’uso di materiali di altissima qualità, come cashmere, cotone spazzolato e lino, in collaborazione con i più prestigiosi produttori italiani. Questo traguardo sottolinea l’impegno del marchio nel portare l’eccellenza dell’artigianato italiano nel mondo, unendo eleganza e tradizione.
HARVARD a New York
Il 15 ottobre si terrà la 2nd Annual Hlsa of New York City Leadership Dinner all’Harvard Club di New York, un appuntamento di grande rilievo per la comunità alumni della Harvard Law School. Dopo il successo della prima edizione, l’evento di quest’anno promette la partecipazione di ospiti di spicco. Il presidente dell’Harvard Law School Association of New York City, Salvo Arena, partner e head of the New York Office di Chiomenti, responsabile della practice internazionale e co-head dell’area
di pratica private equity, si dice entusiasta di ospitare personalità di primo piano del mondo legale e finanziario. Tra i premiati Loretta Lynch, ex procuratore generale degli Stati Uniti, John Finley, chief legal officer di Blackstone, e Doug Braunstein, vice chairman di Wells Fargo. La serata sarà un’occasione per celebrare il successo degli alumni della Harvard Law School e rafforzare i legami tra i membri della comunità. Sotto la guida di Arena, il gala rappresenta anche una celebrazione del contributo di un leader italiano che ha costruito una brillante carriera negli Stati Uniti.
“La democrazia è l’arte e la scienza di gestire il circo dalla gabbia della scimmia”
H.L Mencken
“Dare soldi e potere al governo è come dare whiskey e chiavi della macchina a un adolescente”
P.J. O’Rourke
“La differenza tra la morte e le tasse è che la morte non peggiora ogni volta che il Congresso si riunisce”
Will Rogers
“I palazzi dei re sono costruiti sulle rovine delle cupole del paradiso”
Thomas Paine
“I politici sono uguali ovunque. Promettono di costruire un ponte anche quando non c’è un fiume”
Nikita Krusciov
“La politica è frode e visione allo stesso tempo”
Donald Richmond
Horne
“In tutti i dipartimenti della Chiesa e dello Stato si verificano così tanti pasticci che un uomo non sa chi sarà il prossimo a imbrogliarlo”
Harriet Beecher Stowe
PENSIERI E PAROLE
Politica e soldi
“Non si mette una volpe a fare la guardia ai polli solo perché ha molta esperienza nel pollaio”
Harry S. Truman
“Un politico onesto è colui che, una volta corrotto, rimane tale”
Simon Cameron
“Al diavolo i tuoi principi! Attieniti al tuo partito”
Benjamin Disraeli
“La lobby è il braccio armato della plutocrazia”
William Graham Sumner
“Infatti l’amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori”
Timoteo 6:10
PENSIERO FINALE
“Il riformatore politico è colui che vuole avere la sua occasione alla mangiatoia” — Malcolm Forbes