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PEPEL
In copertina: Il cuore nelle mani (fiducia) tecnica mista su lamiera riciclata, 100% riciclo anno 2014, 25x25 cm. Progetto grafico Liberementi www.liberementi.it Editore Biancoscuro www.biancoscuro.it
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PEPEL
Allo specchio “Mi sono rifiutata di farmi toccare e con un bastone mi hanno spaccato il cranio. Mi hanno accoltellata lasciandomi morire dissanguata. Come fossi spazzatura, mi hanno messa in un sacco di plastica nero, mi hanno avvolta con il nastro adesivo e mi hanno gettata sulla spiaggia, dove dopo qualche ora mi hanno ritrovata. Ma peggio della morte è stata l’umiliazione che è venuta dopo. Dal momento in cui è stato trovato il mio corpo, nessuno si è chiesto dove fosse finito il bastardo che aveva ucciso i miei sogni, le mie speranze, la mia vita. No, invece hanno iniziato a farmi delle domande inutili. A me, riuscite a crederci? A una morta, che non può parlare, che non può difendersi. Che vestiti indossavi? Perché eri da sola? Come fa una donna a viaggiare senza nessuno? Sei entrata in un quartiere pericoloso, che ti aspettavi? Hanno criticato i miei genitori, perché mi hanno dato le ali, perché mi hanno insegnato ad essere indipendente, come qualunque altro essere umano. Hanno detto loro che di sicuro avevamo fatto uso di droghe e ce lo siamo andate a cercare, che qualcosa dobbiamo aver fatto, che dovevano tenerci più sotto controllo. E solo da morta mi sono resa conto che no, che per il mondo non sono uguale a un uomo. Che la mia morte, in fondo, è colpa mia, che lo sarà sempre. Se, invece, i titoli dei giornali avessero riportato che a morire erano stati due ragazzi, le persone avrebbero parlato del dolore per quelle morti e poi, con il loro falso e ipocrita discorso dalla doppia morale, avrebbero chiesto la massima pena per i loro assassini. Eppure, essendo donne, tutto viene ridimensionato. Diventa meno grave, perché certo, me lo sono cercato. Mi hanno dato ciò che mi meritavo perché ho fatto ciò che volevo io, perché non mi sono fatta sottomettere, perché non ho voluto restare a casa, perché ho investito i miei soldi nei miei sogni. Per questo e per molto altro, mi hanno condannata. E mi sono
afflitta, perché io ormai non ci sono più. Ma tu sì, tu ci sei ancora. E sei una donna. E devi sopportare, che continuino a ripetere il solito discorso del “farsi rispettare”, che è colpa tua se per strada ti urlano che vogliono toccarti, leccarti, succhiarti uno qualsiasi dei tuoi genitali perché indossi dei pantaloncini quando fanno 40°C, che se viaggi da sola dei una “matta” e che, di sicuro, se ti succede qualcosa, se calpestano i tuoi diritti, te lo sei cercato.” Guadalupe Acosta Per Marina Menegazzo e María José Coni Estratto della lettera di Guadalupe Acosta riportato nello sfondo dell’illustrazione.
Allo specchio
china e inchiostro su carta anno 2009/2016, 21x30 cm. Illustrazione Pepel 2009 su estratto della lettera di Guadalupe Acosta
Ritratto di Clara
penna a china su carta anno 2014, 8x26 cm.
Autoritratto con mio padre penna a china su carta anno 2016, 17x21 cm.
Sweet dreams
(Il potere di trasformare le cose brutte in cose belle)
trittico di illustrani, china su carta anno 2010, 15x21 cm.
A sinistra:
Perseveranza
coppia di illustrazioni, china su carta anno 2014, 21x30 cm.
Piedino
matita su carta anno 2015, 15x21 cm.
A sinistra:
Lucia e il Mazzariol
matita su carta anno 2015, 15x21 cm.
(Illustrazione realizzata per il libro “El Mazzariol” edizioni Amazon 2015)
Il giocattolo rotto
(Ciò che hai gettato, ha dato a me la gioia) coppia di illustrazioni, china su carta anno 2014, 21x30 cm. (x2)
(Opera premiata con menzione d’onore al concorso artistico “Contea di Ceneda e Tarzo 2016)
Guerriera
china e inchiostro su carta anno 2009/2016, 21x30 cm.
(Illustrazione Pepel 2009 su estratto passaggio del libro�Da Bersagliere ad Ardito�, di Ludovico Lommi e considerazioni personali)
Attila e Mazzariol matita su carta anno 2015, 15x21 cm.
(Illustrazione realizzata per il libro “El Mazzariol� edizioni Amazon 2015)
La favola di Andromeda non è umana, non ha sesso, non ha una Vita. E’ una creatura aliena. E’ una creatura alienata. Vive la vita che ci si aspetta che Andromeda viva. Un giorno Andromeda prende il coraggio a due mani. Si aliena dall’alienazione della vita aliena: dalla vita non Vita che ci si aspetta che Andromeda viva. Per alienarsi dall’alienazione della vita aliena, Andromeda si rifugia fra le stelle di una nebulosa. Vivere fra le stelle è comunque alienante, ma Andromeda ne è felice, perché alienarsi dall’alienazione della vita aliena le permette di coltivare la propria solitudine e godere della propria diversità. Eppure, alienata fra le stelle della propria nebulosa, Andromeda scopre di aver scoperto l’universo.
Scoprire se stessi è il più grande dei tesori. E senza aver conosciuto le catene non si può trovare la libertà. Andromeda passa da una società chiusa in uno spazio aperto, all’infinita libertà trovata in uno spazio ristretto. La luce che custodisce con amore è la rappresentazione della serenità che si incontra solo dopo essersi concessi il diritto di essere se stessi. Conoscere noi stessi ci permette di capire cosa sia l’amore. Le “Mummie Nere” o “Rubber Dolls” dell’artista Pepel sono rappresentazioni plastiche delle caratteristiche mentali dell’essere umano. Non pretendono di essere riproduzioni di corpi umani, ma solo figure antropomorfe. Per questo molto spesso non hanno sesso e/o non rispettano le proporzioni di un corpo umano. La decisione di fasciare le Mummie con bende di camera d’aria (e raramente di altro materiale) nasce dal desiderio di rendere le opere più simili all’artista stessa, costretta per anni in strette fasciature.
La “Mummia” Andromeda è stata realizzata nell’agosto del 2015 con materiali di riciclo (scheletro in rete metallica, struttura fisica in carta di giornale, pelle in camera d’aria di trattore, bende e capelli in camera d’aria di bicicletta) e tiene fra le mani una sfera di luce a rappresentare la consapevolezza acquisita ed il ritrovamento di sé.
Andromeda
mummia in rete metallica, carta, camera d’aria di trattore e bicicletta. 100% riciclo anno 2015, 60x80 cm. (Opera vincitrice del BIANCOSCURO Art Contest 2016 - premio Copertina e premio Giuria Popolare)
A sinistra:
Tristan
Mummia in camera d’aria di bicicletta, fil di ferro e carta. 100% riciclo. anno 2014, 5x14 cm.
Acrobata
Mummia in camera d’aria di bicicletta, fil di ferro e carta. 100% riciclo. anno 2014, 5x14 cm.
Tridimensionale Digitale su DiBond
alluminio, anno 2015, 90x90 cm.
La favola di C’era una volta una farfalla nata in un garage pieno di... beh... pieno di camere d’aria e pezzi di stoffa... Insomma, in un garage pieno di cose strane, ecco. Era una creatura grande grande, dalle ali ricoperte di fili colorati e stoffe luccicanti che sognava con tutta se stessa di poter vedere la luce del sole. Butterfly non era una farfalla come le altre. Non era stata creata da madre natura, ma progettata e costruita dall’essere umano. A volerla era stata una donna bionda che pensava di poterla possedere, usare, assoggettare al proprio volere, utilizzare per attirare l’attenzione e per innalzare attraverso essa il proprio ego. Per far questo aveva chiesto ad una giovane artista di plasmarla con materiali di riciclo. Secondo la donna bionda, la creatura doveva essere un bell’oggetto. Doveva essere destinata ad occupare un intero muro vicino alla vetrina del nuovo bar che avrebbe presto inaugurato. Doveva essere piatta, ma non essere un quadro. Doveva essere unica e doveva essere moderna. Doveva attrarre l’attenzione dei passanti. Doveva rappresentare la libertà, il volare altro, il cibarsi del nettare della vita. Insomma, doveva rappresentare la donna bionda che l’aveva commissionata. Un po’ troppi doveri per rappresentare la libertà, non trovate? Per questo Butterfly nacque in un garage pieno di cose strane. Alla farfalla non importava quale fosse la propria natura. Sapeva solo che le farfalle non vivono a lungo e tutto ciò che vogliono è poter volare finchè ne hanno il tempo. Tutte le farfalle vogliono volare, anche quelle che nascono in un garage pieno di cose strane. Ma i giorni passarono e con essi anche pensiero del volo. Butterfly ormai non faceva altro che aspettare paziente il momento in cui la donna bionda l’avrebbe presa a vivere con se. Ogni giorno le sue ali si arricchivano di nuovi fili colorati, di nuove stoffe luccicanti, di nuove sfumature. Ma quel momento non arrivava mai. Allora cominciò a chiedersi cosa in lei fosse sbagliato e se per caso la donna bionda non la volesse più con sè. Poi, una notte, presa dallo sconforto e dall’angoscia, decise di chiedere spiegazioni all’artista che l’aveva plasmata. Decise che non ne poteva più di quegli eterni punti di domanda. Decise che conoscere una verità dolorosa non poteva essere peggio del dolore provocato dal non conoscere la verità. Così l’artista le rispose. In Butterfly non c’era nulla che non andasse. Era diversa dalle altre farfalle, si, ma non meno bella. E la prova era che la donna bionda non l’aveva più voluta con sé ancor prima di scoprire come fosse fatta. Non l’aveva più voluta con sé perchè per averla avrebbe dovuto pagare. È così che accade per tutte le creature del mondo. Metterne al mondo una comporta delle responsabilità. Ed è così che accade per le farfalle plasmate nei garage pieni di cose strane. Volerne una comporta che la si debba comprare. Ma la donna bionda non riteneva giusto dover pagare. Ella riteneva che l’artista dovesse sentirsi onorata di esser stata scelta per dar vita a quella farfalla. E che tanto onore dovesse bastare. Butterfly non seppe più che fare. Per tutta la vita aveva solo aspettato, sognato e colpevolizzato se stessa. Sapeva solo che non voleva più assomigliare alla donna bionda che l’aveva voluta e poi abbandonata. Così chiese all’artista di procurarle uno specchio nel quale riflettersi e
fare la propria conoscenza. Poi le chiese di svuotarle le ali dai fili colorati e dalle stoffe luccicanti. Piano piano il suo corpo cambiò forma e Butterfly si sentì mano a mano più libera. Ora non somiglia nemmeno più ad una farfalla. È persino diventata piccola piccola. Non somiglia più a nulla che il mondo conosca. Ora è diventata una scultura. Il suo sogno di vedere la luce del sole si è avverato. Ha avuto l’opportunità di viaggiare, di entrare in un teatro, di vedere le piazze, i palazzi, i verdi prati pieni di fiori... Ora Butterfly ha più ali di quante ne avesse quando era una farfalla. Beh certo, di tanto in tanto le capita ancora di sentirsi sbagliata, di aver paura di non essere abbastanza, di venir nuovamente abbandonata... Ma in fin dei conti è normale, non vi pare? È così per tutte le creature, anche per quelle che non nascono in un garage pieno di cose strane.
Butterfly
scultura in camera d’aria di bicicletta, stoffa, fil di ferro e carta. 100% riciclo. anno 2014, 30x30 cm.
Symbiosis
matita su carta riciclata anno 2015, 15x21 cm.
Mela-bruco
matita su carta riciclata anno 2015, 15x21 cm.
Yara
china e inchiostro su carta anno 2010/2016, 15x21 cm.
Sarah
china e inchiostro su carta anno 2010/2016, 15x21 cm.
Abbraccio
installazione in plexiglass fuso su stoffa e cartone. 100% riciclo. anno 2014, 23x23 cm.
Illusione
installazione in plexiglass fuso su stoffa e cartone. 100% riciclo. anno 2014, 23x23 cm.
Partendo dal termine riflessione si intende fornire un ironico parallelismo verso la parola bi-flessione, concependo l’intrattenimento di pensiero come concentrato sul concettualismo dello spazio. Infatti se la cultura è la dimensione continua della riflessione, l’arte diventa in quest’opera la dimensione spaziale della bi-flessione (seppur occorra bi-flettere tre volte).Se l’ambito intellettuale spesso non lascia traccia poiché effimero e speculativo, quello artistico, nello specifico, traguarda un asintotico elemento che percorre una definita impronta visiva, diventandone comunque elemento di concorrenziale ideazione concettuale.
Dea Madre - Madre di sè
matita su carta
anno 2015, 15x21 cm.
Nell’ambito di un gradiente luminoso, la luce o l’ombra sono soltanto la migliore interpretazione che si riesce a percepire nel perimetro del suo contesto spaziale. Rappresentano una “verità” soggettiva che si tramuta in pensiero coreografico celandosi tra illusione, simulazione e dialettica visiva.
Dea Madre - Divenire matita su carta
anno 2015, 15x21 cm.
Pepel
Pepel (al secolo Laura Finotto) è un’artista veneta autodidatta. Nata nel 1981, sviluppa ben presto la propria personalità artistica nella forma del disegno e dell’illustrazione. Di carattere molto chiuso, inizia ad esprimere se stessa ed i propri sentimenti attraverso i personaggi da lei creati, ognuno dei quali rappresenta l’avatar delle diverse sfaccettature della sua complessa personalità. Predilige l’uso di matita, carboncino e china riconoscendosi maggiormente nel bianco e nero, piuttosto che nel colore. Nel 2010, dall’esigenza di trovare sempre nuovi supporti e materiali su cui disegnare e dal desiderio di dare nuova vita e nuova dignità ad oggetti e materiali che la società considera con troppa facilità “cestinabili”, amplia la propria creatività dedicandosi al riciclo, il rinnovo, il riutilizzo di materiali alternativi. Considera l’arte del riciclo come una metafora della vita e dell’amore, paragonando gli oggetti agli esseri umani, spesso ritenuti ormai inutili da qualcuno ma perfettamente in grado di illuminare l’esistenza di altri. Nel 2012, lascia l’attività di famiglia per dedicarsi esclusivamente al combinare arte e riciclo, dando vita a creazioni che fin da subito hanno attratto un pubblico eterogeneo ed internazionale, utilizzando materiali quali camera d’aria di trattore e bicicletta, plexiglass, carta e cartone, legno e ferro. Nel 2014 Inizia a cimentarsi nella creazione di quelle che verranno definite “Mummie Nere” o “Rubber Dolls”: piccole sculture ed installazioni di forma antropomorfa realizzate con ferro e carta (o stoffa) e generalmente ricoperte da fasce di camera d’aria di bicicletta. Queste creazioni, unitamente ai personaggi dei disegni, sono ciò che rende le opere di Pepel riconoscibili e riconducibili all’artista stessa. Ancora una volta Pepel traspone le proprie sensazioni ed i propri stati d’animo su opere d’arte, enfatizzandoli nella posizione del corpo delle “Mummie”. Anche la scelta delle fasciature è totalmente autobiografica e nasce da una lunga condizione fisica che per anni si è ripercossa sulla vita ed il lavoro dell’artista. Le nuove creazioni riscuotono successo principalmente all’estero (Olanda, Germania, Francia, Argentina), dove tutte le opere sono state vendute. In occasione di una mostra collettiva in Veneto, nel 2015 realizza Andromeda: una “mummia” a grandezza naturale che viene presentata con fra le mani una sfera di luce a simboleggiare il proprio ritrovamento e che riceve un premio copertina al concorso Biancoscuro Art Contest 2016 aggiudicandosi, in seguito, anche il premio giuria popolare. Il 2015 è anche l’anno della pubblicazione del primo libro illustrato dell’artista: “El Mazzariol” edito da Amazon e contenente disegni a matita ispirati ad un folletto dell’antico folklore veneto, friulano ed istriano, accompagnati da filastrocche da lei scritte appositamente. Nello stesso anno introduce gradualmente i colori nelle proprie illustrazioni in seguito al nuovo amore per l’aerografia. In tutte le proprie opere, Pepel segue il concept del passaggio dal buio alla luce, dalla tristezza alla serenità, dall’inutilità alla fonda mentalità, in un personale inno all’amata Vita a dispetto delle sue ostilità. Pepel, inoltre, collabora dal 2012 alla realizzazione di eventi artistici e musicali italiani ed internazionali.
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