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Che ne sarà dello smartworking?

I dati diffusi dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro parlano chiaro: già a giugno, le riaperture hanno riportato negli uffici il 40% di coloro che durante il lockdown avevano lavorato da casa. Fanno eccezione le grandi aziende, che continuano a sperimentare forme di alternanza casa-lavoro

Superata l’emergenza sanitaria, le attività tornano gradualmente a regime, riportando negli uffici circa il 40% di quanti nei mesi della serrata avevano lavorato da casa. L’elaborazione condotta da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro sui risultati dell’indagine Istat mostra come a qualche mese dalle riaperture, le modalità tradizionali di lavoro vadano riguadagnando terreno: il lavoro da casa, che tra marzo e aprile aveva coinvolto complessivamente quasi il 9% dei lavoratori, già alla fine di giugno riguardava solo il 5,3% delle risorse aziendali.

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Piccole imprese impreparate

E così, si legge nel report della Fondazione, mentre il dibattito sul futuro dello smartworking registra una certa polarizzazione tra fanatici e detrattori, il ritorno all’operatività delle aziende “sembra in parte ridimensionare le aspettative di quanti speravano di imprimere un cambiamento radicale all’organizzazione e alla cultura del lavoro in Italia”. «Non c’è da sorprendersi se circa la metà dei lavoratori ha ripreso a lavorare in sede: le aziende sono arrivate del tutto impreparate alla sfida dell’home working, in molti casi preferendo ricorrere ad altri strumenti, come le ferie», commenta il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca.

Grandi imprese, verso l’alternanza casa-lavoro

L’impatto dello smartworking, d’altra parte, non è stato uguale per tutti e il rientro mostra una realtà altrettanto polarizzata: nelle grandi aziende, dove è arrivato a lavorare da casa il 31% dell’organico, la percentuale di smartworker tocca ancora oggi il 25% della forza lavoro. Garanzia di distanziamento, tutela della salute ed evidenti risparmi economici spingono le realtà più articolate, specialmente quelle a prevalenza di risorse high-skilled, a consolidare forme di alternanza tra lavoro da casa e lavoro in presenza, mentre da parte delle piccole e medie imprese, dove il ricorso al lavoro da remoto è stato meno diffuso e organizzato, si registra un rapido abbandono. «Dobbiamo fare in modo che l’esperienza di questi mesi non vada persa, rendendo il lavoro agile più funzionale anche per quanto riguarda la valutazione della prestazione lavorativa, la verifica dei risultati, la sicurezza sul luogo di lavoro», sottolinea ancora De Luca.

Utility tra le prime nel lavoro a distanza

Il settore energetico figura tra quelli maggiormente coinvolti nella pratica dello smartworking. In particolare, le utility sono tra le realtà che hanno registrato un incremento sensibile dell’incidenza dei lavoratori coinvolti nel lavoro a distanza, passando dal 3,3% dei dipendenti attivi da remoto nel bimestre gennaio-febbraio al 29,6% di marzoaprile. A maggio-giugno ha lavorato da casa il 17,2 del personale, con un balzo di 13,9 punti percentuali rispetto all’era pre-Covid: un dato ben al di sopra della media del settore industriale, che nel suo complesso ha superato di poco il 5% nei mesi di chiusura, assestandosi poi appena sopra al 3%.

F.R.

IN ITALIA PIACE A MANAGER E DIPENDENTI

Il lavoro del futuro sarà probabilmente un mix fluido di incontri fisici e collaborazione digitale. La nuova edizione del Work Trend Index di Microsoft esplora il mondo dello smartworking combinando i risultati provenienti da tre fonti: i trend di utilizzo degli strumenti di collaborazione digitale di Microsoft; i risultati di una survey globale di Harris Poll che a fine maggio ha coinvolto oltre 2.000 persone attive da remoto in sei paesi, di cui 350 in Italia; le evidenze di oltre 30 progetti di ricerca di Microsoft costituiti survey, interviste, analisi, focus group e studi sul cervello umano. In Italia l’89% dei manager si aspetta policy flessibili anche postpandemia, il 72% di manager e dipendenti desidera continuare a lavorare da casa almeno part-time. A livello globale prevalgono invece le criticità: il 60% degli intervistati si sente meno connesso ai propri colleghi e solo il 35% ha uno studio in cui lavorare.

GEOGRAFIA E PROFESSIONI DEL LAVORO A DISTANZA

Le diversità geografiche hanno inciso sulla diffusione e continuano a incidere sulla durata del lavoro agile. Il Nord-Ovest è l’area in cui lo smartworking si è consolidato maggiormente, con un incremento dell’incidenza sui lavoratori di 5,2 punti percentuali che a maggio-giugno ha raggiunto il 6,6%. Al Centro l’incremento è stato del 4,7% nel Nord-Est del 3,3%, al Sud del 3%. Tra le regioni, il Lazio ha registrato l’incremento più significativo. Il lavoro a distanza prevale tra le donne: una dipendente su quattro svolge una delle 13 professioni individuate come potenzialmente agibili in modalità smart. Infine, l’occupabilità da remoto aumenta con il livello di istruzione, dal 10,2% dei diplomati al 35,7% dei laureati.

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