Green Brand 2008

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“Lo Sviluppo Sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare allo stesso modo i propri” Rapporto Brundtland Gro Harlem Brundtland, 1987 Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo, ONU (World Commission on Environment and Development, WCED)

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Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi formato o mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. Tutte le società proprietarie dei marchi presenti nella pubblicazione hanno dato il consenso alla stampa del nome del marchio, del logo, delle fotografie e del testo inseriti nel volume. Eventuali variazioni grafiche o di testo, dopo l’approvazione delle pagine, sono realizzate a insindacabile giudizio dell’editore. Quest’opera è stampata su carta prodotta con cellulose senza cloro, gas e provenienti da foreste controllate e certificate nel rispetto delle norme ecologiche vigenti.

Stampato in Italia - Printed in Italy Vincenzo Bona - Torino (aprile 2008)


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direttore editoriale

BARBARA PICOLLO responsabile editoriale

PAOLO CAGLIERO autori

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STEFANO CASINI MARIO FASSIO DIANA NUZZO IRENE VIEGI segreteria di redazione

LAURA CAMANDONA traduzione

JOLYNE LAROCQUE JAMES MURRAY ringraziamenti Alessandro Conte Tommaso Romagnoli Lorenzo e Letizia

edizioni

b&p communication corso lecce 1 - 10146 Torino tel 0117576293 fax 0115701492 info@bpcommunication.net www.bpcommunication.net

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indice


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EDITORIALE b&p communication

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UNESCO

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ENDORSEMENT Economy

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LifeGate

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RICERCA Charts “Ipsos MORI”

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CASE HISTORY BMW MINI bticino Continental GEOX Gruppo CartaSi Henkel hp IKEA intel NISSAN NOKIA PHILIPS TANDBERG

42 44 46 48 50 52 54 56 58 60 62 64 66

BRAND DIRECTORY

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RESEARCH U.K. Version - Charts “Ipsos MORI”

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PARTNER

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CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

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PREFAZIONE ALLE CASE HISTORY Alberto Abruzzese - Università IULM

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APPUNTI SU GREEN BRAND b&p communication

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CANONI DI SCELTA Gruppo di studio b&p communication

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editoriale


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Nel 1987 viene pubblicato il Rapporto Brundtland, elaborato nell’ambito delle Nazioni Unite, nel cui volume viene data per la prima volta la definizione di sviluppo sostenibile: "Lo Sviluppo Sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare allo stesso modo i propri". Questa affermazione, sino ad alcuni anni fa, è stata disattesa. Oggi governi e grandi aziende stanno rivalutando lo sviluppo economico comprendendo il valore ambientale. È bene comprendere che le attività umane comportano comunque e sempre esternalità negativa. Come dimostra la ricerca qui pubblicata, mentre il mondo occidentale, sulla spinta di una nuova coscienza generale, ha cambiato prospettiva, le popolazioni dei paesi in via di sviluppo operano invece con rendimenti bassissimi, con elevati impatti negativi, in pratica con modelli non sostenibili e con risorse non rinnovabili. Spesso la comunicazione ambientale, ottenuta attraverso comunicati stampa e informazioni per esempio “on-line”, diventa uno strumento troppo diluito nel tempo e poco incisivo. La necessità diventa di svolgere una informazione diretta, finalizzata a comunicare quelle buone prassi “globali” mai illustrate al grande pubblico. Questo libro si pone come uno strumento super partes per divulgare queste buone prassi. Buona lettura.

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U NESCO e Ambiente Temi, Riflessioni e Azioni L’intervento del Prof. Giovanni Puglisi Presidente della Commissione Nazionale Italiana UNESCO

www.unesco.it Per l’Atto costitutivo che ha dato vita all’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, le Scienze e la Cultura) nell’ormai lontano 1945 “scopo dell’Organizzazione è contribuire alla pace e alla sicurezza promuovendo la collaborazione tra le Nazioni attraverso l’educazione, la scienza e la cultura”. Il settore “educazione” e il settore “cultura” - con la tutela del Patrimonio sulla quale incessantemente sono puntati i riflettori dei Media - sono da sempre assi portanti dell’attività unescana. Ma non di minore ampiezza e impatto sulle società dei suoi Stati membri sono le azioni che l’Organizzazione esplica intorno a temi “verdi” diversamente coniugati.

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La natura, come patrimonio naturale dell’umanità e “habitat” che l’accoglie, individua le due centralità attorno alle quali si aggregano intenti e forze dell’Agenzia delle Nazioni Unite in questa materia: l’Ambiente in se stesso, con quanto attiene alla sua tutela e al suo sviluppo, e la ricerca scientifica - terza area della “missione” istituzionalmente affidata all’UNESCO - che, partendo dall’Ambiente, su di esso va a incidere con le ricadute delle acquisizioni e dei risultati conseguiti.

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Un primo piano di riflessioni concerne l’aspetto più strettamente ecologico, in cui s’iscrive lo studio della biosfera e degli ecosistemi nei quali l’uomo, come essere vivente, è inserito in una necessaria interazione con altri organismi e fattori.


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Temi, Riflessioni e Azioni La conservazione di ecosistemi unici e delle bio-diversità esistenti al loro interno è lo scopo che l’Organizzazione persegue con il programma “MAB” (“Man and the Biosphere Programme”) e la rete delle Riserve della Biosfera. Si tratta di aree terrestri, costiere e marine in cui l’obiettivo di preservare specie animali e vegetali, con gli equilibri dell’habitat che è loro proprio, si coniuga con l'utilizzo sostenibile delle risorse naturali a beneficio delle comunità locali. Sempre in quest’ambito, i “geoparchi” costituiscono un formidabile strumento di tutela e valorizzazione del patrimonio geologico, che è insieme prezioso e allo stesso tempo estremamente delicato.

L’UNESCO, che da sempre lo ha a cuore (tra l’altro, ha promosso il censimento dei siti di interesse geologico e nella Lista del Patrimonio Mondiale troviamo numerosi siti di interesse naturale con preminenti valenze geologiche), ha lanciato nello specifico il programma di valorizzazione turistico-ambientale “UNESCO-Geopark”. L’obiettivo del programma è duplice: valorizzare quanto costituisce una testimonianza fondamentale degli elementi e delle fasi evolutive del nostro Pianeta, puntando insieme alla creazione di occasioni di sviluppo socio-economico a livello locale che siano eco-compatibili e si fondino su tali presupposti.

Nelle immagini di queste pagine alcuni Geoparchi UNESCO, in Italia e all’estero.

“I Geoparchi costituiscono un formidabile strumento di tutela e valorizzazione del patrimonio geologico, che è insieme prezioso ed estremamente delicato” green brand

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UNESCO e Ambiente

Nella Rete Globale UNESCO dei Geoparchi (“Global UNESCO Network of Geoparks”) i territori contraddistinti da elementi di grande pregio dal punto di vista geologico in senso lato sono oggetto di attività di ricerca, divulgazione scientifica, tutela ambientale e ricreazione turistica. In Italia tre splendidi parchi, quello di Beigua in Liguria, quello delle Madonie in Sicilia e quello geominerario della Sardegna, avendo ottenuto il prestigioso riconoscimento, si impegnano in questa direzione nelle strategie di gestione e nelle iniziative correlate. Ma l’Ambiente, al quale l’Organizzazione dedica un puntuale e attento lavoro perché si offra alle future generazioni nella sua viva multiformità, interagisce con l’uomo e non è, perciò, solo realtà naturale: è, inevitabilmente, percezione e stimolo, storia e cultura. Nell’ambito esperienziale, condiziona lo sviluppo di individui e società: pensiamo alla ricchezza o alla carenza di risorse alimentari; all’acqua e alle emergenze sanitarie e politiche poste da siccità e desertificazione; a catastrofi naturali, o mutamenti climatici in atto. Da queste situazioni, che gli esseri umani sempre più debbono affrontare, è nata l’esigenza di promuovere una maggiore e rispettosa consapevolezza del legame profondo, fatto di interazioni e reazioni, che intercorre tra l’uomo e il suo habitat.

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All’UNESCO, in considerazione dei diversi piani su cui esplica la propria azione così come della peculiare vocazione formativa, le Nazioni Unite hanno affidato la leadership delle attività da porre in atto per il “Decennio dell’Educazione per lo Sviluppo Sostenibile 2005-2014” (“DESS”). Attraverso gli approfondimenti, i confronti e la promozione di buone pratiche, che il “DESS” propone a tutti gli Stati membri, si vuole sottolineare, durante un adeguato arco temporale, il concetto di “sostenibilità dello sviluppo”, uno dei cardini dell’azione unescana. Il progresso è contraddistinto da una sostenibilità reale - sociale, economica e ambientale - solo quando si manifesta durevole, quando possono beneficiarne tutte le popolazioni del Pianeta, presenti e future, quando le tutele di natura sociale - lotta alla povertà, protezione dei diritti umani e della salute - si integrano con quelle relative alle risorse trovando reciproco sostegno. L’opera dell’UNESCO, nei confronti di ciò che dalla Terra si ricava, si riannoda invece al più ampio e complesso discorso della sostenibilità, riaffiorando in molteplici occasioni. È uno degli argomenti centrali anche nelle celebrazioni in programma nel corso del 2008 per l’Anno Internazionale del Pianeta Terra, che vede l’UNESCO capofila delle iniziative e delle manifestazioni.

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Temi, Riflessioni e Azioni

“Il settore Scienze Naturali dell’UNESCO e i progetti che ad esso fanno riferimento offrono costante attenzione, impulso e impegno alle indagini sulle tematiche ambientali” Un ulteriore, ma tutt’altro che secondario, aspetto del rapporto tra l’Organizzazione e l’Ambiente è quello del paesaggio culturale. Nel 1995 il Centro del Patrimonio Mondiale ha revisionato e ampliato le indicazioni delle “Linee guida operative per l’attuazione della Convenzione del Patrimonio Mondiale” elaborandone una compiuta definizione: “I paesaggi culturali sono beni culturali e rappresentano l’opera combinata della natura e dell’uomo”, e inoltre “illustrano l’evoluzione della società umana e i suoi insediamenti nel tempo, sotto l’influsso di vincoli e di opportunità offerte dal loro ambiente naturale e di successive forze di natura sociale economica e culturale, sia esterne che interne”. Questo riconoscimento dei beni paesaggistici riflette una mutata sensibilità del valore del contesto come valore aggiunto ai patrimoni storicoartististici, una nuova consapevolezza dell’unicum costituito dalle aree geo-culturali, laddove uomo e ambiente, inestricabilmente connessi, danno vita ad “altro da sé”, che ne rappresenta un saliente tratto interattivo.

Naturalmente non è solo con l’espressione della storia e della cultura umanistica, attraverso le loro concrete realizzazioni, che si realizza l’interazione con il nostro habitat. Oggetto di studio appassionato dalla nascita della ricerca scientifica, in quanto primo e forte fattore condizionante della vita umana, l’Ambiente continua ad esserlo in particolar modo nell’attuale congiuntura delle emergenze climatiche del Ventunesimo secolo. Il settore Scienze Naturali dell’UNESCO e i progetti che ad esso fanno riferimento offrono costante attenzione, impulso e impegno alle indagini sulle tematiche ambientali. Commissioni governative e programmi ad hoc approfondiscono con rigore i temi “caldi” di un Pianeta che sempre più, e con criticità sempre più inquietanti, si va riscaldando: oceani e calotte polari, cambiamenti climatici e acque interne. L’Italia dà un consapevole contributo a questo settore ospitando a Venezia l’attività del “BRESCE” (UNESCO Regional Bureau for Science and Culture in Europe) e a Perugia quella del “WWAP” (Water World Assessment Program).

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UNESCO e Ambiente

In campo scientifico il “BRESCE” promuove, principalmente in area europea ed euromediterranea, capacità individuali e istituzionali di ricerca e collaborazione, anche nel settore ingegneristico, privilegiando i temi dell’acqua, delle coste e delle isole, della natura e dell’ecologia. Da alcuni anni ha, inoltre, dato sempre più spazio alla valorizzazione delle attività culturali connesse con i patrimoni storico-artistici e paesaggistico-culturali delle aree di riferimento, considerando l’integrazione tra ambiente e cultura, tra ricerca scientifica applicata e memoria storico-culturale come binomi indissolubili per un mondo a misura d’uomo e a dimensione globale pacificata. Il “WWAP”, insediatosi nella bella sede di Villa La Colombella a Perugia grazie a un accordo tra l’UNESCO e il Governo italiano, svolge un prezioso monitoraggio dello stato delle acque dolci del Pianeta, avvalendosi del contributo,

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ognuno per il settore di propria competenza, di 24 agenzie delle Nazioni Unite, curando nel contempo l’organizzazione di conferenze internazionali e corsi di formazione per studenti, provenienti nella maggior parte dei casi da Paesi in via di sviluppo, sovente fra i primi destinatari dell’azione unescana. Perché educare, approfondire le ricerche e le analisi, diffondere il rispetto per tutte le culture nelle quali si esprime l’interazione tra l’uomo e il suo Ambiente, comunicare i risultati cui gli scienziati sono pervenuti, informare sullo stato del Pianeta, i suoi rischi, le possibili soluzioni sono i pilastri dell’unica strada percorribile: quella della consapevolezza critica, ma necessariamente responsabile. Solo così sarà possibile misurare la capacità dell’Agenzia dell’ONU per la cultura, l’educazione e la scienza di raggiungere i propri fini istituzionali.

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Temi, Riflessioni e Azioni

Poco più di sessanta anni dopo la sua fondazione, se qualcuno dovesse chiedersi se e quanto l’UNESCO abbia raggiunto i suoi scopi, soprattutto in ordine alle grandi questioni dell’alfabetizzazione per tutti e della pace universale e perpetua, potrebbe restare deluso: il tasso di analfabetismo, specie al femminile, non è purtroppo diminuito più di tanto, le guerre e i loro focolai sono sempre accesi e forse in aumento nelle diverse parti del mondo, pur avendoci risparmiato deflagranti conflitti mondiali, come quelli che hanno afflitto il Ventesimo secolo.

“Educare, approfondire le ricerche, diffondere il rispetto per tutte le culture nelle quali si esprime l’interazione tra l’uomo e il suo Ambiente, informare sullo stato del Pianeta, i rischi, le possibili soluzioni sono i pilastri dell’unica strada percorribile: consapevolezza critica, ma necessariamente responsabile” Due cose, però, l’UNESCO ha raggiunto senza timore di smentita: una diffusa coscienza culturale sul valore reale e virtuale dei patrimoni materiali e immateriali dell’Umanità (sia quelli storico-artistici che quelli paesaggistico-culturali), e la consapevolezza che la Natura, l’Ambiente nel quale l’uomo vive non appartengano a lui soltanto, ma a tutta l’Umanità: sono - come si usa dire - qualcosa che ci è stato consegnato dai nostri padri per lasciarlo intatto, anzi migliorato, ai nostri figli. L’una e l’altra sono le condizioni essenziali per fare di quella pace universale e perpetua di kantiana memoria, che è fra gli scopi fondativi dell’UNESCO, un obiettivo politico, ma

soprattutto una condizione esistenziale, quasi un pre-requisito etico, dove insieme ai diritti della persona e del suo ambiente (costruito e naturale, compresi gli animali) siano pane quotidiano i valori del multiculturalismo e della vita pacifica tra i popoli. Siamo appena all’inizio, ma pur sempre in cammino: è questa l’UNESCO, una strada sicura, seppure lunga, verso un mondo nuovo.

Prof. Giovanni Puglisi Presidente della Commissione Nazionale Italiana UNESCO

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E ndorsement www.lifegate.it

Se si cercano su Internet parole come “Protocollo di Kyoto”, “agricoltura biologica”, “ecopsicologia”, probabilmente ci s’imbatterà in uno dei diecimila articoli del portale LifeGate. Se girando la manopola dell’autoradio si sentono Ben Harper, i Massive Attack e Roger Waters, Peter Gabriel e Giovanni Allevi senza spot tra una canzone e l’altra, probabilmente sarà LifeGate radio. È il network LifeGate, nato nel 2001 con un portale Internet che offre news, articoli e schede su temi di ambiente, tecnologia, alimentazione, salute, e una radio in FM che diviene un fenomeno di culto: solo musica di qualità ed eco-informazione. C’è anche un magazine, pionieristicamente free-press. “Ed è dai numeri del successo presso i navigatori, gli ascoltatori, i lettori che si riconoscono in LifeGate formando una community attenta ai temi della qualità della vita - ricorda Marco Roveda, fondatore di LifeGate - che abbiamo sentito l’esigenza di progettare servizi di Csr in sintonia con questa ondata di consapevolezza”. L’attenzione all’ambiente, la sensibilità delle persone sono in crescita esponenziale. Come dare alle aziende gli strumenti per contattarle? “L’evoluzione della responsabilità sociale d’impresa - spiega Stefano Corti, direttore LifeGate ecopartners - è l’emergere di una volontà concreta di promuovere azioni nel sociale, nel rispetto dell’ambiente, portando questi temi all’interno dei processi aziendali, e cercare poi di valorizzare questa scelta etica all’esterno. È un passaggio importante.

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Prima si cercava di creare valore all’interno e poco si voleva comunicare, oggi questi temi sono sempre più d’interesse per il pubblico e ciò porta le aziende a volerlo fare”. La Csr diventa un fattore distintivo perché è l’unico modo con cui ci si può seriamente posizionare sul mercato, comunicare i propri valori, ottenere un vantaggio competitivo, creare opportunità di business importanti. Tutti gli indicatori sul boom dell’economia verde, tutte le ricerche da Edelman a Accenture, da Ernst&Young a Tandberg, tutti i comunicati stampa sugli impegni in area Csr a livello nazionale e mondiale che sommergono la redazione di LifeGate ce lo confermano. Sotto l’egida LifeGate sono nati Impatto Zero®, che dà modo alle aziende di calcolare, ridurre e compensare la CO2 e LifeGate energia rinnovabile, fornitore e produttore di energia pulita. “È corretto pretendere da un’azienda di delineare una traiettoria, fissare una serie di obiettivi nel tempo. Pensiamo alla funzione acquisti, che deve diventare sensibile agli acquisti verdi, dalla cancelleria alla flotta aziendale fino all’energia elettrica - conclude Corti - pensiamo all’individuazione di un ethic manager con poteri e responsabilità di presidio… l’approccio della Csr è serio in funzione di come la struttura organizzativa integra questa realtà”. Quel che fa LifeGate con le aziende è creare percorsi di sviluppo sostenibile, suggerendo come comunicarlo: per una Csr fondata su azioni concrete e comunicazione.

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People Planet Profit: LifeGate promuove un nuovo stile di vita e un modello economico dove le persone, il pianeta e il profitto vivono in armonia. Al primo portale di eco-cultura, a una radio di culto, al primo magazine free-press di settore si affiancano Impatto Zero速, primo progetto italiano che concretizza il Protocollo di Kyoto, LifeGate energia rinnovabile, unico fornitore esclusivo di energia pulita in Italia, e LifeGate ecopartners, advisor per lo sviluppo sostenibile. green brand

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E ndorsement www.blogonomy.it

Economy è il business magazine di Mondadori nato nel 2003, con l’obiettivo di analizzare lo scenario economico attuale in modo completo, competente e chiaro, evidenziando casi eccellenti di aziende di successo e opportunità emergenti. Innovativo per il linguaggio semplice e diretto e per lo stile essenziale, Economy offre un’informazione a tutto tondo non solo sul tessuto economico nazionale, ma anche sulle realtà economico-finanziarie internazionali, grazie al supporto di partnership di rilievo, tra cui quelle con l’Insead di Fontainebleau e il New York Times Syndication. In ogni numero, Economy offre analisi e approfondimenti dello scenario economico internazionale, con un occhio particolarmente attento alle tematiche ambientali e alle nuove prospettive di mercato. La sua prossimità con le Piccole e Medie Imprese italiane permette ad Economy di avere una prospettiva chiara e aggiornata, anche sulle realtà emergenti nazionali. Gli argomenti trattati nel magazine sono suddivisi in quattro sezioni principali: attualità, investimenti, management e made in Italy. Su questi temi, ogni settimana, vengono presentati sondaggi, inchieste e dossier esclusivi, supportati da pareri autorevoli di esperti italiani e internazionali.

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Con una readership di 128.000 lettori (dati Audipress 2007/II) che lo attesta come leader dell’informazione economica in Italia e con una diffusione di 75000 copie, secondo i dati di ADS Media mobile rilevati nell’arco di tutto il 2007, Economy si rivolge principalmente alla business community italiana, composta da manager, imprenditori e professionisti. Il target di riferimento ha prevalentemente un'età giovane, un reddito, un posizionamento e un livello d’istruzione elevati.

Uno dei tratti distintivi del magazine è quello di avere sempre mostrato una costante attenzione verso i temi dall’energia pulita, dedicando storie di copertina all’argomento, dossier approfonditi sulle aziende attente al tema e stringendo una partnership col GSE.

Economy offre analisi e approfondimenti dello scenario economico e finanziario internazionale, con un occhio particolarmente attento alle tematiche ambientali e alle nuove prospettive di mercato. green brand

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I psos MORI Fonte: Ricerca “Ipsos MORI”, 2007 Commissionata da Tandberg Concessione d’uso a b&p communication

Prefazione Da quando le prime preoccupazioni inerenti i cambiamenti climatici furono espresse negli anni ottanta, non c’è mai stata così tanta pressione sulla razza umana nell’adottare pratiche amichevoli verso l’ambiente come oggi. Siamo bombardati ogni giorno con messaggi sull’impatto delle emissioni carboniche, dalle copertine delle riviste ai film come quello di Al Gore intitolato “Una verità scomoda”. Si stanno facendo proporre e dibattere ovunque nel mondo mandati e incentivi per spingere i commerci ad adottare politiche “environmentally friendly”. In che modo questo “going green” tocca il modo in cui viviamo? In che modo ha un impatto sui prodotti che compriamo e le aziende per cui lavoriamo? Chi vogliamo che ci guidi verso una più grande responsabilità ambientale?

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Come possono le nuove tecnologie aiutarci? E qual è il modo migliore per avere un impatto positivo nei nostri posti di lavoro? Per rispondere a queste domande, Tandberg con Ipsos MORI al fine di condurre un’indagine sugli atteggiamenti delle persone provenienti da 15 paesi diversi. L’indagine ha cercato di scoprire gli atteggiamenti globali riguardanti i cambiamenti climatici e, in particolare, ha cercato di esaminare come siano percepiti dai consumatori e dagli impiegati, nonchè gli sforzi delle aziende per diventare più responsabili a livello ambientale. Fino ad ora, questa indagine è uno dei progetti globali di ricerca più grandi per quel che riguarda gli atteggiamenti dei consumatori, i cambiamenti climatici e l’impatto sui marchi aziendali.

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Buone prassi e impatto sui Brand Values

Metodologia • Ipsos MORI ha intervistato membri del grande pubblico e lavoratori in 15 mercati diversi: Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Russia, Spagna, Svezia e Stati Uniti

• Le interviste sono state condotte tramite un’indagine scritta

• Tutti i risultati sono rappresentativi a livello nazionale a meno che non sia indicato diversamente

• Un totale di 16.823 persone sono state intervistate, rappresentando una popolazione di quasi due miliardi di persone

• Le interviste sono state completate fra maggio e luglio 2007

Responsabilità aziendale per l’ambiente e reputazione della marca L’indagine Tandberg/Ipsos MORI ha rivelato l’importanza di un comportamento responsabile verso l’ambiente per aumentare il “corporate brand equity” (patrimonio di marca aziendale) e il “competitive advantage”. Più della metà dei consumatori globali intervistati ha detto che preferirebbe comprare prodotti e servizi da un’azienda con una buona reputazione ambientale e quasi l’ottanta percento degli impiegati globali crede che lavorare per una organizzazione etica a livello ambientale sia importante. Questa ricerca rappresenta 1 miliardo di consumatori e più di 700 milioni di impiegati in tutto il mondo.

Infatti, il 24% degli intervistati crede che le loro azioni individuali dovrebbero essere la chiave per spingere i cambiamenti ambientali, un senso di responsabilità personale che è potenzialmente sostenuto dalle loro scelte di acquisto e dai posti di lavoro. Nonostante il fatto che abbiano indicato la preferenza a comprare prodotti “green” e a lavorare per le organizzazioni responsabili verso l’ambiente, un sorprendente 32% degli intervistati ha ammesso che non ha ancora attuato azioni personali per ridurre i cambiamenti climatici. Stanno aspettando che quei prodotti e servizi diventino facilmente accessibili, oppure che i governi e i posti di lavoro facciano un passo avanti e stabiliscano la priorità?

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Il comportamento Aziendale e l’Ambiente Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

Più della metà degli intervistati crede che il governo dovrebbe assumere una posizione nel limitare gli effetti dei cambiamenti climatici, citando come guida chiave nel movimento ambientale per il 47% i governi nazionali e per l’11% le istituzioni internazionali. Tutti gli intervistati sono convinti che il governo abbia un’influenza maggiore sugli altri “stakeholders” (interessati). Infatti, le politiche, i sussidi e gli incentivi sono stati valutati come i fattori più probabili per migliorare il comportamento aziendale nei confronti dell’ambiente.

Impiegati di alcuni mercati hanno indicato il “competitive positioning” (il posizionamento competitivo) e il timore di pubblicità negativa come preoccupazioni che potrebbero spingere le loro organizzazioni a diventare più “environmentally-friendly”, dimostrando che la percezione esterna della marca può avere un effetto notevole sulla decisione di un’azienda di diventare “go green”. L’indagine rivela alcune informazioni essenziali per le aziende che stiano cercando di costruire una loro marca in territori ben specifici del mondo e con “target markets” particolari.

Il 12% degli intervistati è convinto che i commerci/aziende avrebbero dovuto assumere la guida per limitare gli effetti dei cambiamenti ambientali.

Nonostante il fatto che ci siano differenze interessanti fra i paesi intervistati (dettagliati nei grafici in seguito), e anche qualche differenza fra certi gruppi demografici all’interno dei paesi Nazioni coinvolte Ad esempio, sviluppare e cercare individuati, questo sondaggio indica nuove tecnologie “environmentally-friendly” che grossi gruppi di clienti, impiegati, soci e è stato indicato come un fattore fondamentale al fine di investitori nel mondo stanno pensando ripetutamente a queportare ad un aumento di responsabilità aziendale verso sta questione a livelli differenti. l’ambiente. Le aziende dovrebbero essere consapevoli che il consumaProgrammi di riciclaggio, programmi per la riduzione di tore “green” oppure l’impiegato “green” può trovarsi in quaacqua/rifiuti e acquisti “environmentally friendly” sono già lunque posto, ovunque l’azienda stia conducendo i propri visti come iniziative efficaci in azienda. affari.

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Buone prassi e impatto sui Brand Values Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

• Sezione 1 Australia Brasile

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Canada

34

Cina Francia

67 23

Germania

28

Gran Bretagna

27

Italia

40

Olanda

35

Norvegia

30

Russia

32 18

Svezia

46

USA

42

% Risposte

L’acquisto dei prodotti e dei servizi La percentuale degli intervistati concorda con l’affermazione “Sarei più disposto a comprare i prodotti e i servizi da un’azienda con una buona reputazione verso la responsabilità ambientale.” Più della metà degli intervistati è meglio disposta a comprare i prodotti e i servizi da un’azienda che possieda una buona reputazione verso l’ambiente. Questa cifra è particolarmente alta in Cina, con il 67% degli intervistati concorde. Anche in Australia è alto, con il 52%. Tuttavia, questi numeri si sono ridotti notevolmente in Europa, Germania, Gran Bretagna e Francia, con rispettivamente il 28%, il 27% e il 23%. Gli Stati Uniti, la Svezia e il Canada sono in mezzo con il 42%, il 46% e il 34%.

33

Giappone

Spagna

Il comportamento aziendale per l’ambiente e il suo impatto sul valore della marca

52

E’ chiaro che comprare i prodotti da organizzazioni responsabili verso l’ambiente è già importante per i consumatori in tutto il mondo. Nel complesso, il 53% dei consumatori che vorrebbe comprare i prodotti e i servizi da una di queste aziende rappresenta più di un miliardo di persone solo nei 15 paesi intervistati. Con il fulcro sull’ambiente, è facile immaginare che anche questa tendenza negli acquisti aumenterà. Mentre succederà che tante aziende non avranno altra scelta se non quella di smettere di ignorare il loro ruolo verso il cambiamento climatico, visto che così facendo i risultati saranno solo perdite economiche. green brand

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Il comportamento Aziendale e l’Ambiente Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

Fare appello ai potenziali impiegati La percentuale degli intervistati, indica quanto concordi o meno con l’affermazione: “Preferirei lavorare per un’azienda con una buona reputazione verso la responsabilità ambientale”. In tutti i paesi intervistati, l’80% degli impiegati ha risposto che preferirebbe lavorare per un’organizzazione con una buona reputazione verso la responsabilità ambientale. La Germania sembra essere l’eccezione, con solo il 55% degli intervistati d’accordo sul fatto che lavorare per un’azienda con una buona reputazione ambientale sia importante. Il 30% dei tedeschi intervistati era in disaccordo, forse perché le loro organizzazioni sono già costrette ad aderire a norme ambientali severe. Sembra che gli individui siano più preoccupati di lavorare per un’azienda sensibile all’ambiente piuttosto che comprare i loro prodotti. Questo suggerisce che gli impiegati sentono una responsabilità verso l’ambiente e un legame notevole con le azioni dei loro datori di lavoro. • In accordo 81

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2

6 2

USA

Norvegia

13 6

3

Spagna

3

Italia

Gran Bretagna

Germania

Francia

2

7

Russia

5

Svezia

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16

16

13 8

Cina

Canada

Brasile

22

20

13 4

2

2

Australia

22

32

18 10

68

57

30

10

77

69

55

15

81

79

74

72

% R i s p o s t e

• In disaccordo 85

84

Olanda

86 81

Giappone

87

• Indifferente


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Buone prassi e impatto sui Brand Values Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

Incoraggiare le organizzazioni a diventare più responsabili verso l’ambiente. La percentuale degli intervistati, indica quello che crede sia il fattore più utile ad incoraggiare le loro organizzazioni a diventare più responsabili verso l’ambiente rispetto ad oggi. Quando è stato chiesto quale potesse essere il fattore che incoraggerebbe in modo più probabile le loro organizzazioni a diventare più responsabili di oggi, due opzioni sono state le più popolari: le politiche del governo, i sussidi oppure gli incentivi sono stati al primo posto negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Canada, Russia, Spagna e Francia, mentre la disponibilità di tecnologie “environmentally-friendly” sono risultate al primo posto in Giappone, Norvegia, Paesi Bassi, Svezia e Germania. Gli intervistati in Cina, Italia e in Brasile hanno votato per le due opzioni con soglie approssimativamente uguali. 40

39 37 3434

35

34

33

33

29 26 25

32

28

26

25

24

23

22 19 17

17

10

9 7 7

9

10 8

10

10 8 8

8

8

6

5

13

13 11

6

6

Russia

Norvegia

Olanda

Giappone

Italia

Gran Bretagna

Germania

Francia

Cina

Canada

8

7

5

4

Brasile

9

USA

12

11 8

Spagna

11 8

25

21

19 17

1414

Australia

% R i s p o s t e

29

Svezia

35

• Governi Nazionali/politiche e incentivi • Disponibilità tecnologiche • Posizionamento competitivo • Cattiva pubblicità

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Il comportamento Aziendale e l’Ambiente Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

E’ interessante notare che il posizionamento competitivo e il timore di cattiva pubblicità siano al terzo e quarto posto nel complessivo, dimostrando che “going green” è considerato come un potenziale effetto visibile sulla marca aziendale e sulle percezioni pubbliche delle aziende di oggi. La Francia è il paese con la preoccupazione più alta per questi punti, con il17% che indica la cattiva pubblicità e il 12% il posizionamento competitivo come fattori più probabili ad incoraggiare la loro organizzazione ad essere più responsabile verso l’ambiente di quanto non lo sia. La cattiva pubblicità è anche vista come fattore importante in Gran Bretagna e in Giappone (del 10% in entrambi i casi); stare al passo con i concorrenti oppure avanti è anche visto come fattore importante per il 10% negli Stati Uniti, Cina, Brasile, Germania, Norvegia e Russia.

• Sezione 2 - Di chi è esattamente la responsabilità? Il governo a confronto con l’azienda Agli intervistati è stato chiesto chi dovrebbe prendere la guida nel limitare gli effetti dei cambiamenti climatici. Quasi la metà (il 47 %) crede che il governo nazionale dovrebbe assumerne il compito. Queste cifre sono particolarmente alte in Cina, Francia e nei Paesi Bassi con il 57%, 55% e il 54% dei voti. Contrariamente, porzioni significative in Brasile, Giappone e Germania credono che questa responsabilità sia dell’individuo (il 49%, il 47%, il 33%). In tutti i paesi, quasi uno su quattro (il 24%) pensa che l’individuo sia la chiave di svolta. Globalmente, il 12% pensa che i commerci e le aziende debbano guidare la responsabilità verso l’ambiente. Questa cifra è più alta in Germania, Italia e Stati Uniti (tutti al 20%). Mentre l’ambiente è diventato una questione sempre più politica negli anni recenti, forse non è sorprendente che questi risultati dimostrino che la maggior parte degli intervistati creda che il governo del loro paese dovrebbe guidare la nazione nel limitare gli effetti dei cambiamenti climatici. Tuttavia, nei paesi largamente conosciuti come leader negli affari globali, come gli Stati Uniti e la Germania, il richiamo per le aziende è più alto.

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Buone prassi e impatto sui Brand Values Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

25 14 49 13 40

Canada

32 14 57

Cina

19 9 55 20 7

20 41

Gran Bretagna

26 14 49

Italia

12 20 22

Giappone

47 12 48

Olanda

Russia Spagna Svezia USA

18 15 54 11 7 45 12 12 47 22 11 47

18 12 37 24 20

% Risposte

• Il governo nazionale • L’individuo • Le aziende

31 33

Germania

Norvegia

La percentuale degli intervistati crede che gli individui dovrebbero assumere la guida nel limitare gli effetti dei cambiamenti climatici rispetto a quelli che hanno agito, sino ad oggi, per ridurli.

25

Brasile

Francia

L’Individuo

50

Australia

Si poteva prevedere che in quei paesi dove qualche azione individuale sull’ambiente fosse consueta, la leadership da parte degli individui potesse essere considerata un ingrediente chiave per i cambiamenti climatici. Su questa falsariga, poteva essere previsto che dove la partecipazione individuale fosse stata bassa sino ad ora, l’aspettativa per gli individui di prendere il comando fosse anche bassa. Tuttavia, queste variabili non sono legate. Nella maggior parte dei paesi, l’azione individuale è molto più alta dell’aspettativa di una leadership individuale. E’ possibile che la gente creda che possa far parte della soluzione relativa le azioni individuali, però non crede che dovrebbero essere in una posizione di leadership per influenzare gli altri “stakeholders”. In tutti i paesi, una media del 45% ha fatto passi personali per ridurre i cambiamenti climatici, però solo il 24% crede che gli individui dovrebbero prendere la guida. E’ considerevole che un’alta porzione degli intervistati in Canada (56%), Australia (55%) e in Cina (52%), dica che ha preso misure personali per ridurre il proprio “carbon footprint” (consumi carbonici), nonostante il fatto che meno intervistati in quegli stessi paesi credano che gli individui dovrebbero dirigere le azioni per ridurre i cambiamenti climatici (rispettivamente il 32%, il 25% e il 19%).

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Il comportamento Aziendale e l’Ambiente Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

E’ prevedibile che in quei paesi dove qualche azione individuale sull’ambiente sia abbastanza normale, la leadership da parte degli individui sia considerata un ingrediente chiave per i cambiamenti climatici.

Su questa falsariga, si poteva prevedere che dove la partecipazione individuale sia stata bassa sino ad ora, anche l’aspettativa per gli individui di prendere la guida sia bassa. Tuttavia, queste variabili non sono collegate.

• Individui che dovrebbero prendere la guida • Individui che hanno agito per ridurre i cambiamenti climatici 25

56

55

52 49 47

46

45 42

41

37 35 33

32

3333

32

29 26

% R i s p o s t e

24

18

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USA

Svezia

Spagna

12

Russia

Olanda

11

Giappone

Italia

Gran Bretagna

Germania

Francia

Cina

Canada

Brasile

12

Australia

26

22

18

17

Norvegia

19

21

20


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Buone prassi e impatto sui Brand Values Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

• Sezione 3 Come possono essere incoraggiate le aziende ad essere più responsabili verso l’ambiente? La percentuale degli intervistati indica quali iniziative ambientali consideri come più efficaci nel proprio posto di lavoro. (i primi tre risultati).

• I programmi di riciclaggio • I materiali commerciali “environmentally friendly” • La riduzione delle emissioni di acqua/rifiuti

85 84 85

82 78 77

66

64 60

60

57 53

% R i s p o s t e

52 48

59 55

54

47

50

55 50

49

48 47

39

3939

49

44

35

46

43 39

39

38

34

31 26

25

2727 21 15

14

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USA

Svezia

Spagna

Russia

Norvegia

Olanda

Giappone

Italia

Gran Bretagna

Germania

Francia

Cina

Canada

Brasile

Australia

8

27


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Il comportamento Aziendale e l’Ambiente Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

• % Le politiche per la riduzione dei viaggi • % I programmi per lavorare da casa

Agli intervistati è stato chiesto quali tra una serie di iniziative ambientali riterrebbero più efficaci per il proprio posto di lavoro. Complessivamente, i programmi di riciclaggio sono stati la scelta più popolare con il 65% dei voti. Altre iniziative popolari sono state l’uso di materiali commerciali che non danneggino l’ambiente: la carta riciclata (il 60%), la riduzione delle emissioni di acqua e di rifiuti (il 60%). La popolarità del riciclaggio nel posto di lavoro non è sorprendente considerando che, in tanti uffici nel mondo, esistono già programmi operativi per il riciclaggio della carta o delle bottiglie. Tali programmi sono anche molto visibili e dipendono dall’individuo per poter avere successo, mentre le decisioni per l’acquisto dei materiali commerciali “environmentally-friendly”e la riduzione dei rifiuti sono solitamente responsabilità dei dipartimenti e del senior management.

Australia Brasile

29 24 2 6

Canada

35 32

Cina

41 44

Francia

25 7

Germania

16 6

Gran Bretagna Più di un quinto degli intervistati (il 21%) crede che le politiche per ridurre i viaggi siano il modo più efficace per ridurre il “carbon footprint” della propria azienda, e un altro 18% crede che i programmi per lavorare da casa siano una buona iniziativa ambientale per il proprio posto di lavoro. Queste opzioni sono state particolarmente popolari in Canada, Cina e Stati Uniti. Interessante invece che gli intervistati in Brasile, in Italia, in Spagna e in Russia siano stati i meno portati a pensare che qualsiasi delle iniziative ambientali proposte fossero efficaci nel proprio posto di lavoro, e avessero la più alta percentuale di risposte “non so” e “nessuno dei precedenti” dell’indagine. Ridurre i viaggi per affari e lavorare da casa sono entrambe opzioni popolari e fattibili per le organizzazioni che cerchino di diventare più responsabili verso l’ambiente. È importante per i commerci considerare queste opzioni al fine di mantenere l’interazione personale tra impiegati e clienti.

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15 15

Italia

9 10

Giappone

34 30

Olanda

25 24

Norvegia Russia Spagna Svezia USA

19 14 9 4 5 6 23 10 29 35


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Buone prassi e impatto sui Brand Values Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

• Sezione 4 La visione delle generazioni sui cambiamenti climatici Guardare i risultati dell’indagine da una prospettiva demografica offre interessanti differenze d’opinione fra le generazioni. Quando è stato chiesto quanto siano d’accordo oppure in disaccordo con l’affermazione:“ Preferirei lavorare per un’azienda che abbia una buona reputazione sulla responsabilità verso l’ambiente”, i 4/5 degli impiegati di età tra i 35 e 54 - un gruppo notevole in tutti i paesi - hanno risposto che preferirebbero lavorare per un’azienda con una buona reputazione ambientale. Il gruppo demografico meno disposto ad essere fortemente in accordo sul lavorare per un’azienda con una buona reputazione ambientale era composto da intervistati con meno di 24 anni. Questo è sorprendente, considerando che tale gruppo d’età è cresciuto decisamente all’ombra dei cambiamenti climatici.

% Risposte

Fortemente in accordo

Meno di 24 anni

21

25 - 34

30

48

35 - 44

30

50

14

45 - 54

30

50

15

55 - 64

37

65 +

36

47

25

17

In accordo Indifferente Contrario

40

15

Fortemente contrario Non sa/non risponde

33

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13

5

4

9

29


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Il comportamento Aziendale e l’Ambiente Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

Quando è stato chiesto quale sarebbe il fattore che più probabilmente potrebbe incoraggiare la loro organizzazione a diventare ancora più responsabile verso l’ambiente, la disponibilità delle tecnologie “environmentally-friendly” è stata votata ripetutamente nei primi due posti, è stata la prima scelta per gli intervistati con meno di 24 anni. Sembra che la generazione più giovane consideri i progressi delle tecnologie “environmentally-friendly” un fattore chiave per ridurre le emissioni carboniche e per assicurare che le organizzazioni siano incoraggiate ad essere più responsabili verso l’ambiente. Essendo cresciuti con l’iPod nelle loro tasche e i telefoni cellulari attaccati alle loro orecchie, i ragazzi di oggi con età inferiore ai 25 anni sono più disposti alla tecnologia e quindi meno spaventati rispetto alle generazioni più vecchie. Quando è stato chiesto chi, secondo loro, dovrebbe prendere l’iniziativa nel limitare gli effetti dei cambiamenti climatici, quelli fra 25 e 64 anni sono stati più disposti a pensare che i governi nazionali dovrebbero prendere la guida, mentre quelli sotto i 26 anni e quelli con più di 65 anni credevano che dovesse essere principalmente responsabilità dell’individuo.

30

Meno di 24 anni

29% 27% 10%

La disponibilità delle tecnologie “environmentally-friendly” Le politiche del governo, i sussidi o gli incentivi La pressione degli impiegati

25 - 34

31% 29% 10%

Le politiche del governo, i sussidi o gli incentivi La disponibilità delle tecnologie “environmentally-friendly” Il posizionamento competitivo

35 - 44

33% 28% 11%

Le politiche del governo, i sussidi o gli incentivi La disponibilità delle tecnologie “environmentally-friendly” Il posizionamento competitivo

45 - 54

32% 26% 10%

Le politiche del governo, i sussidi o gli incentivi La disponibilità delle tecnologie “environmentally-friendly” Il posizionamento competitivo

55 - 64

31% 20% 9%

Le politiche del governo, i sussidi o gli incentivi La disponibilità delle tecnologie “environmentally-friendly” I programmi oppure la pressione dalle organizzazioni internazionali

65 +

26% 17% 10%

Le politiche del governo, i sussidi o gli incentivi La disponibilità delle tecnologie “environmentally-friendly” Niente

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Buone prassi e impatto sui Brand Values Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

% Risposte

Governo Nazionale

Meno di 24 anni

33

25 - 34

46

35 - 44

51

45 - 54

50

55 - 64

41

65 +

31

37

14

26

12

22

10

11

3 2

12

22

11

3 3

Responsabilità dell’individuo Commercio/aziende Gruppi/istituzioni internazionali

20

23

12

16

11

10

3 4

7

3

Nessuno dei precedenti Non sa/non risponde

33

7

12

9

8

Sembra che i membri delle generazioni più giovani siano più disposti ad assumere una responsabilità personale per i propri consumi energetici. Non solo, ma questo punto di vista sembra aver fatto il giro completo col tempo, visto che gli intervistati con più di 65 anni fanno parte del secondo gruppo demografico che mette al secondo posto la responsabilità personale, al di sopra della responsabilità dei governi. Tuttavia, nonostante le suddette differenze nelle opinioni delle varie generazioni, uno degli aspetti più sorprendenti dei risultati dell’indagine è stata la coerenza delle opinioni tra i differenti gruppi demografici intervistati. In generale, i punti di vista dei gruppi demografici individuali non sono variati così tanto, come poteva essere ragionevole presumere avendo condotto un ampio sondaggio in molti paesi di questo genere. Questo schema suggerisce che il messaggio globale sui cambiamenti climatici, che sta raggiungendo ogni generazione e ogni gruppo demografico, possa solo essere una cosa positiva. Col trascorrere del tempo però, diventa sempre più importante che questo messaggio sia radicato nei nostri figli attraverso l’istruzione nelle scuole e sostenendo e consigliando gli individui durante la loro crescita. green brand

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Il comportamento Aziendale e l’Ambiente Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

Conclusioni

Questa indagine, una delle più grandi del genere, ha rivelato qualche tendenza importante. Forse la più rilevante riguarda l’impatto che le azioni decise dalle aziende verso i cambiamenti climatici hanno sulla percezione delle loro marche aziendali da parte dei clienti e degli impiegati. Stiamo già vedendo cambiare gli schemi degli acquisti dei consumatori, con la sostenibilità dei prodotti che gradualmente sta diventando importante per gli acquirenti tanto quanto la qualità e il costo. Gli impiegati vogliono sentirsi sicuri sapendo che le organizzazioni per cui lavorano abbiano un piano “verde,” e che stiano effettuando le pratiche e i programmi per ridurre i loro consumi energetici. Mentre passa il tempo, vedremo indubbiamente i laureati scegliere di lavorare per aziende che abbiano una coscienza ambientale, provocando una gara ancora più feroce per assumere i lavoratori di miglior talento. Le tecnologie che riducono il consumo d’energia, i rifiuti e i viaggi dimostrano grande promessa per le organizzazioni che stiano cercando di aumentare la loro reputazione “verde” e il loro vantaggio competitivo. L’adozione di tecnologie “verdi” è destinato a continuare, visto che sempre più

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aziende riconoscono la necessità di implementare programmi ambientali misurabili e concentrarsi sui bisogni della mano d’opera più giovane. Globalmente, i giovani sono più favorevoli ad accogliere l’uso della nuova tecnologia per aiutare ad affrontare i cambiamenti climatici. La buona notizia è che si sono già abituati alla comunicazione visuale, avendo passato ore immersi nel mondo dei video in linea, di siti Web interattivi e della rete aperta di comunicazione. Sempre di più, la loro generazione si volgerà alla comunicazione su richiesta, faccia a faccia, anche sul posto di lavoro. Frederik Halvorsen, l’amministratore delegato di TANDBERG dice: “Le tecnologie che convinceranno le organizzazioni a diventare più “environmentally-friendly” sono quelle che hanno avuto una redditività dal capitale investito, costruendo il valore della marca e il vantaggio competitivo. Speriamo che i risultati di questo sondaggio mobilitino più organizzazioni a cercare soluzioni per diventare più responsabili verso l’ambiente”. Non ci sono dubbi che stiamo andando verso la direzione giusta per agire a livello globale contro i cambiamenti climatici.

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Buone prassi e impatto sui Brand Values Fonte: Sondaggio Ipsos MORI, 2007

La grande domanda è: ci arriveremo abbastanza in fretta? Giudicando dai risultati di questa indagine, ci sembra di essere in ampio accordo sul fatto che i governi debbano ricoprire un ruolo maggiore di quello odierno. Questo sondaggio rappresenta, per i nostri leader mondiali, un notevole appello alla mobilitazione. I cittadini di tutto il mondo li stanno osservando, per far sì che si assumano una maggiore responsabilità, sia agendo direttamente contro i grandi inquinatori, stabilendo e insistendo su rigidi target per diminuire le emissioni carboniche, sia semplicemente assistendo e aumentando la consapevolezza della situazione e incoraggiando trading e singoli a fare di più.

quella della mancanza di responsabilità personale di individui e di aziende che parlano di consapevolezza ambientale ma non agiscono. Con le numerose campagne su come diventare “carbon neutral”, il messaggio inerente i cambiamenti climatici sta sicuramente raggiungendo la popolazione. Tuttavia, a meno che gli individui e le aziende siano pronti ad agire in prima persona e ad essere responsabili per ridurre i loro consumi energetici quotidiani, è difficile immaginare come potremmo procedere insieme, nel breve termine, e fare LA differenza abbastanza grande da essere utile per il pianeta.

Di sicuro, è vero che i nostri leader politici non agiscono a vuoto. Guardando i risultati dell’ indagine, forse la preoccupazione più grande per il nostro pianeta dovrebbe essere

Una cosa è certa: dobbiamo tutti, individui e organizzazioni, agire direttamente e affrontare il riscaldamento globale insieme e velocemente.

Anche se è stato fatto ogni sforzo per verificare l'esattezza di queste informazioni, né Tandberg né b&p communication possono assumersi la responsabilità sulle informazioni, opinioni o conclusioni presenti nell'elaborato.

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A lberto Abruzzese Università IULM “Il tema enunciato è eco-sensibile. Una sensibilità tuttavia allo stato nascente. E dunque un movimento che in larghissima misura attende ancora di farsi istituzione”

La Ricerca presentata nelle pagine precedenti del volume analizza l’orientamento delle nazioni nei confronti di modi di produzione, prodotti e consumi “verdi”, ovvero fondati, e sarei tentato di dire “strutturati”, su uno specifico interesse strategico per la loro sostenibilità, oltre che per la loro qualità e il loro costo. Il tema enunciato è eco-sensibile. Una sensibilità tuttavia allo stato nascente. E dunque un movimento che in larghissima misura attende ancora di farsi istituzione. In qualche modo - nonostante il colore verde sia quanto di più simbolicamente connesso a una natura integra e rigogliosa, spontanea, innata, connaturata appunto alla vita stessa degli esseri umani e al loro sicuro divenire, maturare - si può dire che si tratta invece di promuovere una sensibilità artificiale, ovvero di sentire e far sentire una vocazione che ci costringa ad andare contro la natura della nostra stessa civiltà, contro le sue radici, contro il suo spirito. Paradossalmente anche contro i suoi splendori.

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Contro i principi di autorità, efficienza, produttività, e persino socialità che la hanno animata. Lascio al lettore il compito di valutare i dati emersi dalla ricerca. Sono interessanti. Possono aiutarci comunque a pensare. Verrebbe la voglia - e spero che lo si possa fare in futuro - di discutere alcuni dei dati che più destano sorpresa. Penso ad esempio alla posizione della Cina come Paese in testa ai contesti interessati a guadagnare una buona reputazione. A correggere l’occidentalismo catastrofico che hanno pur tuttavia adottato. Questo contrasta con altri volti della Cina sul piano delle libertà individuali. Crea quindi il sospetto che molto spesso questo genere di sondaggi - pur corretti sul piano formale subiscano un gioco assai complesso di falsificazioni consapevoli o magari anche inconsapevoli. Oppure mettano a nudo l’incremento di incoerenza invece che di coerenza dei nostri sistemi.

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Eco-Sensibilità: movimento pubblico o privato?

Qual è dunque il quadro emergente? Non entusiasmante riguardo alla effettiva consapevolezza dei diversi contesti analizzati, e in particolare c’è poco da essere soddisfatti per l’Italia, anche quando non risulti l’ultima della fila per arretratezza. Un quadro che rivela certamente grandi novità quanto al decollo culturale di posizioni “verdi” in netta controtendenza rispetto al passato, ma mostra anche vuoti e disomogeneità, ritardi, ambiguità. E questo non per le percentuali in positivo, che invece sono spesso indubbiamente apprezzabili. Non per quanti assumono finalmente punti di vista corretti, come ad esempio la priorità che anche nel campo della sfera pubblica hanno o dovrebbero avere le scelte individuali non attendendo che siano solo i poteri dall’alto a muoversi a favore dell’Ambiente e contro il suo degrado: e dunque priorità delle etiche personali sulle etiche di Stato o di marca. E neppure per il rinato appello al ruolo di promozione che le istituzioni o i vertici dell’Economia possono svolgere in quanto snodo necessario per superare le resistenze o la frigidità o l’ignoranza che vengono sino a noi dalle tradizioni dei singoli (assai meno nei giovani che nelle vecchie generazioni), dalle culture aziendali più chiuse all’innovazione

Alberto Abruzzese E’ professore ordinario della cattedra di Sociologia della Comunicazione presso l’Università IULM di Milano. Ha insegnato Sociologia delle comunicazioni di massa all'Università La Sapienza di Roma e Sociologia dell’arte e Sociologia della cultura a Napoli. Svolge ricerche sulle comunicazioni di massa e organizza ricerche, convegni e seminari.

sul piano dei contenuti (anche quando si parli di esperienze non legate alle tecnologie) e infine dalle distrazioni del consumismo (che pure è stato sicuramente - ed è un dato teorico da tenere sempre presente più di quanto di solito faccia l’ecologismo più banale - uno dei fattori di maturazione di una sensibilità ambientale diffusa).

“Un quadro che rivela certamente grandi novità quanto al decollo culturale di posizioni “verdi” in netta controtendenza rispetto al passato, ma mostra anche vuoti e disomogeneità, ritardi, ambiguità” green brand

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Alberto Abruzzese, Università IULM

“A mio avviso, il quadro dei dati raccolti risulta poco entusiasmante non in senso statistico ma culturale” E questo perché mostra un avanzamento delle culture “verdi” troppo cauto o lento non in sé ma rispetto alla cornice in cui resta confinata la sua visione strategica, e cioè quella che non guarda a un rinnovamento radicale delle etiche, politiche ed economie delle nazioni sviluppate, ma guarda solo a un perfezionamento in chiave ecologica dei privilegi del mondo sviluppato rispetto al mondo che è restato indietro, tragicamente dimenticato dalle società che ora cominciano a preoccuparsi del proprio futuro. Già: il futuro. Questa ricerca offre un terreno di confronto importante per il futuro, in merito a politiche nazionali e internazionali, globali e locali, pubbliche e private. E non un futuro lontano, ma immediato ed anzi in larga misura in corso se non già accaduto. Forse già perduto. Un confronto in cui si sono già da tempo giocate e sempre più si giocano differenze storiche, sociali e culturali tra diversi soggetti individuali e collettivi, tra diversi sistemi di percezione, sensibilità e organizzazione sia dei propri luoghi che del proprio ambiente di riferimento, dei propri stili di vita e del destino del mondo.

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Un confronto quindi in cui è in gioco la reputazione non solo delle imprese, ma anche dei loro dipendenti e dei loro clienti. Giusta, a questo proposito, la prospettiva che la ricerca indica assai bene sin dall’inizio chiarendo che il tema della sostenibilità dei processi di sviluppo e della loro deregolamentazione, della loro inversione di tendenza a fini ecologici non può investire di responsabilità uno solo tra gli attori sociali.

“A dovere sentirsi responsabili sono proprio tutti: dall’amministratore al cittadino” E ci si deve sentire responsabili non in merito soltanto all’economia-politica delle merci e alle culture dei mercati, non soltanto agli intermediari che si snodano lungo l’intera filiera che va dall’impresa al consumatore, ma anche e forse soprattutto i maggiori fattori di responsabilità devono essere i gangli cruciali del sistema di poteri e di valori in cui questa filiera si colloca e opera: innanzi tutto la formazione, la scuola e l’università. E anche la famiglia, come primo luogo e motore di sensibilizzazione del futuro cittadino-consumatore eco-sensibile, potrà sempre meno incidere in tale direzione se vengono definitivamente a mancare le istituzioni che avrebbero dovuto addestrare gli adulti assai prima dei loro figli ad una vita sostenibile, eco-compatibile. È quindi molto importante che ricerche di questo tipo tengano costantemente presente la complessità dei mezzi e dei fini di cui trattano.

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Eco-Sensibilità: movimento pubblico o privato?

“La relazione secca tra telelavoro e risparmio dei consumi energetici imposti dalla mobilità tradizionale può nascondere implicazioni infinitamente più vaste, di ordine privato e pubblico” E credo che alla ricerca e alla formazione scientifica spetti il compito di guardare con qualche distacco i risultati di questo genere di meritori lavori e le stesse indicative testimonianze che qui si sono raccolte dando voce ad alcune imprese particolarmente sensibili al “green”. Il distacco necessario a dare uno scopo effettivamente collaborativo ai nostri studi. Infine, per l’ambito disciplinare che caratterizza il nostro Ateneo, l’Università IULM di Milano, di particolare interesse risulta il tema finale della ricerca, quello dedicato alle relazioni strette - e positive, per quanto ancora in attesa di una

piena condivisione (a mio parere per mancanza di un adeguato approfondimento teorico sulle dimensioni attuali dell’abitare post-moderno) - tra ecologia e innovazione tecnologica delle piattaforme comunicative. Anche in questo caso la relazione secca tra telelavoro e risparmio dei consumi energetici imposti dalla mobilità tradizionale può nascondere implicazioni infinitamente più vaste, di ordine privato e pubblico. Qui si misura il peso che una riflessione sui Media può avere per ri-disegnare l’esperienza quotidiana e ri-costruire, quindi ri-leggere, dunque criticare i processi storici e sociali che l’hanno preceduta.

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APPUNTI su green brand “Le aziende, con le loro decisioni, strategie e direttive, possono dare più o meno impulso, per prime, a processi di produzione, nuovi prodotti, merci e soluzioni a minore impatto ambientale”

Domanda e offerta. Produzione sostenibile e consumi responsabili. Lo sviluppo e l’ulteriore slancio di scelte, politiche e orientamenti eco-compatibili, attenti alla tutela dell’Ambiente e in linea con uno Sviluppo sostenibile, dipendono in buona misura dagli stessi elementi e fattori che determinano le regole e gli scenari del mercato: l’incontro tra domanda e offerta. Da una parte le aziende, che con le loro decisioni, strategie e direttive possono dare più o meno impulso, per prime, a processi di produzione, nuovi prodotti, merci e soluzioni a minore impatto ambientale. Dall’altro lato i cittadini e consumatori, che con le loro scelte e propensioni hanno la possibilità di premiare o respingere ciò che gli viene proposto, influendo in questo modo sul sistema produttivo a monte. E anche su quello politico-istituzionale, l’altro elemento fondamentale in grado, attraverso leggi e normative, di svolgere un ruolo determinante in questo campo. Alcuni, anche tra i più recenti, effetti e risultati di questo a volte proficuo incontro tra domanda e offerta di beni e soluzioni eco-compatibili e rispettosi dell’Ambiente sembrano incoraggianti e aprono la strada a nuove prospettive.

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Qualche esempio? Il Piemonte, nel 2006, è stata la prima regione italiana ad avviare un progetto per la vendita di detersivi “alla spina”, eliminando le singole confezioni e i contenitori con vuoto a perdere. Un’iniziativa che ha coinvolto le principali catene della grande distribuzione, da Coop a Crai e Auchan, e che ha fatto risparmiare nella sola regione più di centomila flaconi di detersivo in un anno, con il sistema self-service: il cliente acquista il flacone una sola volta e si rifornisce sempre con quello tutte le volte che ne ha bisogno, ci attacca sopra il tagliando di acquisto adesivo e paga alla cassa. Oppure, presso gli Ecopoint dei supermercati Crai, ad esempio, attraverso dei distributori fatti a canne di plastica trasparenti, premendo una leva scendono a scelta pasta, riso, legumi, cereali e spezie, o anche caffè e caramelle, nella quantità desiderata. Tutti prodotti sfusi, spesso di marca, e senza la tradizionale confezione la merce può raggiungere prezzi inferiori dal 20 al 70%, che vengono raccolti in sacchetti biodegradabili e trasportati su carrelli realizzati con materiale riciclato.

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Domanda e offerta tra aziende e cittadini-consumatori

Del resto, basti pensare che ogni anno in Italia vengono prodotti, usati, e spesso subito dopo gettati nella spazzatura, circa 15 miliardi di sacchetti di plastica. In base a questi numeri, si calcola che la produzione dei sacchetti di plastica sia responsabile dell’emissione di 400mila tonnellate di anidride carbonica in un anno. Questo almeno fino al primo gennaio del 2010, quando entrerà in vigore una norma che prevede l’uso di plastica biodegradabile: un chilo di olio di girasole e mezzo chilo di mais sono sufficienti per realizzare circa 100 buste di bio-plastica. E utilizzando materie prime naturali e non chimiche si evita di impiegare fiumi di gasolio. Anche nel settore automobilistico qualcosa si muove. Secondo un’analisi dell’Unrae, l’Associazione delle Case automobilistiche estere presenti in Italia, nel primo trimestre del 2008, mentre nel complesso il settore ha subito una forte flessione del 10% nelle vendite, le vetture a basso impatto ambientale hanno raggiunto una quota di mercato del 5,3% rispetto al 2,9% dello stesso periodo dello scorso anno.

Ma in molti casi, per non dire sempre, una buona idea per affermarsi deve anche diventare conveniente. Per le varie parti in causa. E ovviamente, nonostante le note positive, rimangono tante ombre e molto ancora da fare. Resta il fatto che lo sviluppo e la diffusione di logiche, politiche e comportamenti eco-sostenibili, e attenti alla salvaguardia dell’Ambiente e delle risorse naturali, dipendono innanzitutto da un fattore culturale, oltre che, appunto, di convenienza. E risulteranno direttamente proporzionali alla cultura, responsabile e favorevole a uno Sviluppo sostenibile, presente nella società, tra i cittadini e consumatori, e nelle aziende. Una questione culturale che, se e quando si afferma, è più forte, solida, efficace e duratura di effimere mode e tendenze passeggere o della mera convenienza economica, e costituisce il principale elemento in grado di trainare il cambiamento.

Crescono, tra l’altro, le immatricolazioni di auto a doppia alimentazione, benzina e Gpl o metano, mentre si fanno strada anche quelle elettriche e a idrogeno.

“Appunti” su Green Brand a cura di Stefano Casini casini@bpcommunication.net

“Lo sviluppo e la diffusione di logiche, politiche e comportamenti eco-sostenibili, e attenti alla salvaguardia dell’Ambiente e delle risorse naturali, dipendono innanzitutto da un fattore culturale, oltre che di convenienza” green brand

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C anoni Risultati ottenuti dal gruppo di studio di b&p communication. Sintesi delle informazioni raccolte con la ricerca Ipsos Mori, dal gruppo di studio IULM e dalle attività di ricerca interne.

L’attività svolta da b&p nell’ambito della ricerca ambientale è stata di sintesi tra i risultati ottenuti dalla ricerca Ipsos Mori, commissionata da Tandberg, concessa in uso con diritti di pubblicazione, e il contributo dell’Università IULM di Milano, che si è occupata di realizzare uno scenario italiano e internazionale. I punti principali di questa sintesi si sono soffermati su nuovi modus operandi delle aziende o delle istituzioni. In particolare, si è posto l’accento su quelle che siano le nuove tecnologie applicate piuttosto che i nuovi metodi operativi interni alla filiera per affrontare con successo il problema della eco-compatibilità o della sostenibilità. Si è deciso quindi di inserire all’interno del volume “Green Brand” - collana Brand Concepts - le aziende che rispecchino alcuni dei parametri quì elencati.

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• Attività di sensibilizzazione all’interno del posto di lavoro. La soddisfazione del dipendente che opera all’interno di una azienda “going green” non solo migliora l’aspetto aziendalistico ma impatta favorevolmente sia da un punto di vista finanziario che ambientale. • Ricerca interna finalizzata alla maggior sostenibilità dei prodotti realizzati e immessi sul mercato. • Nuovi progetti o buone prassi per le attività future. Studi e valutazioni per esternalità positive o negative. • Studio e applicazione dei progetti di “logistica attiva”, per esempio le attività legate alla produzione alimentare, con conseguente abbattimento dei trasporti e quindi delle emissioni.

• Utilizzo delle nuove tecnologie - vedi Video conferenza per la diminuzione dei viaggi e spostamenti dei dipendenti con relativa diminuzione delle emissioni CO2 nell’ambiente.

• Applicazione di tutti quei parametri di sostenibilità che vanno da nuove piantumazioni, in base ai consumi di CO2, alle utilizzazioni di procedimenti per la creazione o l’utilizzo di energia a impatto zero.

• Gestione responsabile degli stakeholder, ponendo particolare attenzione a che la filiera di produzione sia sostenibile.

• Progetti di informazione dedicati al mondo del consumer: “Meglio si consuma meno si produce.”

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www.bmw.it

Con i suoi tre marchi BMW, MINI e Rolls-Royce, il BMW Group si concentra esclusivamente sui segmenti premium dei mercati internazionali dell’automobile e della moto, con una coerenza che non ha eguali. La sua leadership è il frutto di un approccio strategico a lungo termine e di un’azione sostenibile a 360°. Bastano i suoi tre marchi, BMW, MINI e Rolls-Royce, a spiegare l’eccellenza a tutto tondo di BMW Group, l’azienda fondata nel 1916 e specializzata nel segmento premium dell’industria automobilistica. Il BMW Group è oggi leader mondiale nell’offerta di automobili e motociclette “Premium” in termini di tecnica, prestigio, innovazione, sicurezza e protezione dell’ambiente. L’azienda è presente con 23 stabilimenti in dodici Paesi e dispone di una rete mondiale di ricerca e sviluppo per individuare in tempo i trend e offrire ai clienti le soluzioni più idonee.

Valore e responsabilità sociale Tutte le attività del BMW Group mirano a un aumento costante e duraturo del valore dell’azienda. I principali fattori di successo sono la concentrazione sul segmento premium, le capacità e la grande disponibilità dei collaboratori, il massimo orientamento al cliente e una capacità innovativa saldamente ancorata alla cultura aziendale.

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Il profitto è però intrinsecamente legato all’assunzione di precise responsabilità che mirano a preservare la diversità culturale dei Paesi e dei territori in cui l’azienda è presente. Ma è lo sviluppo sostenibile il fulcro della responsabilità BMW. Esso coinvolge l’intero gruppo e dispiega tutto il suo effetto nella somma e nel coordinamento di competenze, azioni e motivazioni individuali. Secondo un’autorevole ricerca dello scorso anno, il BMW Group utilizza infatti le proprie risorse economiche, sociali e ambientali con un’efficienza ben cinque volte maggiore rispetto all’economia tedesca nel suo complesso. Inoltre, anche nel 2007, per il terzo anno consecutivo, il BMW Group è stato leader nel segmento automotive per il rispetto degli indici di sostenibilità Dow Jones (DJSI).

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Inoltre - anche grazie all’attività svolta nel centro di riciclaggio RDZ - il BMW Group ricicla i propri veicoli in maniera ecologica, soddisfacendo già oggi i severi standard per le quote di riciclo e riutilizzo dei materiali che l’Unione Europea richiede per il 2015. Alla base di queste performance c’è l’applicazione del progetto EfficientDynamics: una serie di accorgimenti tecnici presenti sulle auto e sulle moto di nuova generazione, finalizzati a massimizzare il risparmio di carburante e di emissioni. Se l’obiettivo di lungo periodo è la produzione di auto a idrogeno, attualmente frenata da problemi distributivi e di infrastrutture, il presente ecofriendly di BMW significa materiali e design più leggeri e resistenti, sistemi start-stop, propulsioni mild-hybrid e full hybrid.

Verso l’auto a idrogeno Con la sua concertata e condivisa strategia di mobilità sostenibile, che comprende miglioramenti in termini di efficienza energetica e una sempre maggiore elettrificazione della propulsione, il BMW Group sta riducendo le emissioni di CO2 di tutta la sua flotta. I risultati sono lusinghieri: nell’attuale line-up ci sono 22 modelli BMW e 5 MINI che emettono meno di 140 g/km di CO2. Nel 2008 il BMW Group venderà in Europa oltre 700.000 vetture sotto i 140 g/km CO2 con un risparmio energetico di 150 milioni di litri di carburante rispetto al 2006, ovvero l’equivalente del fabbisogno energetico della città di Ginevra per quattro anni.

Dai veicoli ai processi produttivi I siti industriali del BMW Group applicano la filosofia della clean production, che prevede processi e lavorazioni energy saving (-26% di energia consumata negli ultimi dieci anni), minimizzazione del consumo di acqua e solventi, riduzione dei rifiuti prodotti, minore impatto della logistica e dei trasporti, conservazione dello stato naturale e della biodiversità delle aree circostanti, senza dimenticare il controllo di fornitori, filiali e concessionarie.

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Gli stabilimenti di Spartanburg (Germania) e Steyr (Austria) sono due esempi, tra i tanti, di questo approccio virtuoso. Se il primo copre il 63% del suo fabbisogno energetico con il metano prodotto da una vicina discarica di rifiuti, nel secondo tutte le acque reflue della produzione vengono riutilizzate, con un risparmio annuo di circa 30 milioni di litri d’acqua, pari al consumo di un paese di 750 abitanti.

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www.bticino.it

BTicino, impresa italiana del Gruppo Legrand, è fra i più importanti produttori mondiali del settore delle apparecchiature elettriche in bassa tensione per distribuzione dell’energia, comunicazione (citofonia e videocitofonia, telefonia) e controllo di luce, audio, clima e sicurezza negli spazi abitativi, di lavoro e di produzione. BTicino da sempre ha messo a frutto le specificità del modello imprenditoriale italiano, coniugando aggiornata cultura del progetto e del “saper fare” con innovazione e sviluppo sostenibile, fondato sulla valorizzazione delle risorse, a cominciare da quelle umane.

La sua applicazione è facilitata dalla presenza dei centri di competenza sul territorio, luoghi produttivi e di competenza tecnologica, dove l’analisi può essere eseguita sull’intero iter del prodotto (preproduzione, produzione, distribuzione, uso, smaltimento).

BTicino adotta una politica integrata (IPP, Integrated Product Policy) che associa crescita economica e aspetti ecologici e sociali, rivolta da una parte verso il prodotto, dall’altra verso gli utilizzatori - dall’utente finale ai progettisti, agli installatori attenta a funzionalità e fruibilità. Le prestazioni ambientali sono fattori determinanti dell’iter produttivo, dal reperimento e controllo delle materie prime alla progettazione, dalla qualità degli spazi di lavoro a quella dei prodotti finali, considerati nel loro “ciclo di vita” fino allo smaltimento. Inoltre, la scelta dell’azienda - con sedi in oltre 70 Paesi nel mondo - di non delocalizzare la produzione, ribadisce la sensibilità ambientale e sociale verso i contesti d’insediamento.

Strumenti operativi La pratica dell’LCA (Life Cycle Assessment, Valutazione del ciclo di vita) è uno tra gli strumenti di cui si avvale BTicino per realizzare le politiche ambientali.

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Questo approccio ha consentito a BTicino, fin dagli anni Ottanta, la sostituzione, nei suoi prodotti e in fase di lavorazione, di numerose sostanze dannose, come cadmio, cromo VI, solventi e piombo, allineandosi alla direttiva RoHS, con l’obiettivo di estendere tale eliminazione a tutti i suoi prodotti. È inoltre certificata ISO14001 per i siti produttivi in Italia. In più, conforme alle normative RAEE su commercializzazione e smaltimento dei prodotti, opera in una logica di “design for disassembling”, ad esempio marchiando i componenti plastici con la sigla di identificazione dei materiali. BTicino si avvale anche di una costante attività di divulgazione interna ed esterna all’azienda, per incentivare “comportamenti virtuosi” fra i dipendenti e sensibilizzare il pubblico più vasto.

Risultati concreti e prospettive L’applicazione di questo insieme di strumenti ha portato a risultati concreti in diversi ambiti, dalla riduzione delle emissioni di sostanze pericolose nel processo produttivo alla realizzazione di edifici eco-compatibili basati su sistemi domatici. Riguardo agli insediamenti produttivi, BTicino prefigura l’estensione, già in atto, della certificazione ISO oltre i confini nazionali. Nell’ambito delle politiche legate al prodotto, nel prossimo futuro l’azienda prevede di dotare i propri prodotti di profili che ne descrivano le prestazioni ambientali (profili ambientali di prodotto). Infine BTicino, che lega storicamente la sua offerta alla distribuzione dell’energia, compresa quella proveniente da fonti fotovoltaiche, è interessata alle sorgenti energetiche alternative nella volontà di legare crescita economica e ambientale provocando ricadute positive a livello sociale.

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www.continental-italia.it

Il Gruppo Continental è uno dei principali fornitori dell’industria automobilistica mondiale ed è leader europeo nell’offerta di pneumatici per automobili e veicoli commerciali. Con i suoi brand, tutti di primissimo piano, punta all’eccellenza tecnologica. Che non è mai disgiunta dall’impegno ambientale.

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www.geox.com

“La nostra azienda investe molto in ricerca, il nostro fine è quello di apportare un costante miglioramento ai nostri prodotti. Gli oltre 40 brevetti in attesa di essere immessi sul mercato, non sono solo una risorsa per mantenere il nostro vantaggio competitivo, ma anche la garanzia della nostra promessa di benessere per i nostri consumatori nei cinque continentiâ€? Mario Moretti Polegato

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www.cartasi.it

In Italia il Gruppo CartaSi è il player numero uno nei sistemi di pagamento elettronico e nella gestione delle carte di credito Visa e Mastercard. In virtù di questa leadership, il Gruppo è consapevole del ruolo positivo che può svolgere a favore della collettività e del territorio. Il suo impegno ambientale segue due direttrici: il coinvolgimento dei dipendenti e la mobilità urbana sostenibile. Nato nel 1985, il Gruppo CartaSi è leader in Italia nel mercato dei sistemi di pagamento in cui opera offrendo a banche e aziende servizi di emissione e gestione delle carte di credito dei circuiti internazionali Visa e Mastercard e agli esercenti convenzionati servizi di card processing e gestione POS.

Il Gruppo occupa oltre 1000 dipendenti e offre i suoi servizi a 800 banche italiane, a 430.000 esercenti convenzionati e a 7 milioni di titolari. CartaSi gestisce il 24% delle carte di credito in circolazione in Italia (34%, se si considerano solo le carte attive).

Una strategia a favore della collettività La consapevolezza del ruolo positivo che può svolgere a favore della collettività e del territorio in cui opera ha portato il Gruppo a sviluppare una strategia volta a minimizzare il proprio impatto ambientale e a partecipare ad iniziative a sfondo sociale, promuovendo la raccolta di fondi per iniziative di solidarietà e di tutela dell’ambiente, in Italia e nel mondo. Riguardo i green issues, il Gruppo CartaSi è impegnato a gestire correttamente e, ove possibile, a prevenire gli impatti ambientali più rilevanti direttamente legati alle attività aziendali (consumi di risorse naturali, produzione di rifiuti), cercando di creare tra i dipendenti una sempre più diffusa consapevolezza sulle conseguenze che le scelte imprenditoriali possono generare sulla sostenibilità dello sviluppo economico. Agire in modo responsabile comporta innanzitutto il rispetto delle regole.

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Per questo motivo, oltre a garantire la conformità alle normative ambientali, il Gruppo ha aderito ad iniziative internazionali, quali il Global Compact, impegnate, tra l’altro, a garantire un continuo coinvolgimento di tutti i dipendenti sulle iniziative rivolte alla riduzione dell’impatto ambientale. Questo si traduce in iniziative volte alla riduzione dei consumi energetici e di risorse sempre più “scarse” e preziose, come l’acqua e la carta.

L’eco-efficienza interna: un valore condiviso Dal 1997 nella sede di Corso Sempione è stato adottato il gas metano, in sostituzione del gasolio, per l’alimentazione della centrale termica. Nel 1998 è stato sostituito il parco frigoriferi con macchine ad alto rendimento dotate di un sistema di recupero parziale del calore destinato alla produzione di acqua calda. Inoltre, il Gruppo utilizza esclusivamente lampade a basso consumo energetico e si impegna costantemente a controllarne lo spegnimento generale a fine orario di lavoro. Tante sono anche le iniziative interne rivolte a sensibilizzare i dipendenti sulla minimizzazione degli sprechi nel consumo d’acqua.

Mobilità sostenibile in città Nel 2001 il Gruppo CartaSi ha nominato il “Mobility Manager” per avviare un piano di razionalizzazione degli spostamenti dei dipendenti tra l’abitazione privata e il posto di lavoro. Nel 2002 ha aderito (prima società privata in Italia) al progetto “Mobilità sostenibile nelle aree urbane”, co-finanziato dal Ministero dell’Ambiente, per sviluppare strategie che riducano il traffico veicolare privato a favore dell’uso dei mezzi pubblici. Con il “Piano Spostamenti Casa-Lavoro”, realizzato nel 2003 in collaborazione con l’Agenzia Milanese Mobilità e Ambiente, il Gruppo CartaSi si occupa della riorganizzazione degli spostamenti del personale dipendente, tenendo conto sia delle necessità individuali, sia degli obiettivi da raggiungere (riduzione del traffico, del consumo energetico, dell’inquinamento atmosferico e acustico, delle emissioni di gas serra). L’acquisto di abbonamenti ai mezzi pubblici a prezzi scontati per il proprio personale, l’applicazione di un ulteriore sconto ai soci del Cral Aziendale e la rateizzazione del costo annuale dell’abbonamento in busta paga si sono rivelati degli utili ed efficaci incentivi. Ma non solo: per agevolare i dipendenti che portano i bambini presso il nido aziendale, sono stati predisposti dei parcheggi interni, che permettono di risparmiare tempo, carburante ed emissioni nocive.

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www.henkel.it

Ogni giorno i consumatori di oltre 125 Paesi nel mondo danno fiducia ai marchi Henkel. L’azienda è infatti sinonimo di prodotti premium con elevate prestazioni. Questa promessa di qualità è strettamente legata al tema della sostenibilità sociale e ambientale. Henkel è tra i principali leader con marchi e tecnologie accomunati dalla caratteristica di rendere la vita più facile, piacevole e bella. Henkel opera in tre aree di business - Detersivi e cura della casa, Cosmetica e igiene della persona, Adesivi Tecnologie - e fa parte delle aziende Fortune Global 500. I suoi 52.000 dipendenti nel mondo sono impegnati nel dare valore al claim aziendale “A Brand like a Friend”, assicurando che i clienti di più di 125 Paesi possano avere fiducia nelle soluzioni Henkel.

Valore e sostenibilità People, Planet, Profit. È intorno a questi tre concetti che si sviluppa la mission Henkel: offrire ai consumatori prodotti con le migliori performance, coniugando obiettivi economici con il rispetto dell'ambiente e delle comunità in cui l'azienda opera. Alla base c’è una visione aziendale molto chiara: quella di essere un’azienda leader

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i cui prodotti sono studiati per offrire un contributo prezioso alla Società e per promuovere costantemente lo sviluppo sostenibile nei Paesi in cui è presente. La sostenibilità ambientale, che è da sempre correlata alle performance di prodotto e all’eccellenza qualitativa, fa parte del DNA dell’azienda. Il Gruppo si è dato fin dalle origini regole di impatto ambientale spesso più restrittive delle leggi in vigore nei diversi Paesi, con un impegno dichiarato ufficialmente fin dal 1982 con la pubblicazione dei “Principi Henkel sulla tutela del consumatore e dell’ambiente” e quella successiva nel 1992, tuttora aggiornata ogni anno, del Report di Sostenibilità del gruppo Henkel. Impegno riconosciuto da svariate istituzioni internazionali, come ad esempio il Dow Jones Sustainability Indexes, che ha nominato Henkel tra i leader mondiali di settore per il 2007/2008.

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Ecco il motivo dell’iniziativa di comunicazione sintetizzata dal logo “Qualità e Responsabilità” e mirata a rendere il consumatore consapevole dei vantaggi derivanti dall’uso di detergenti altamente performanti unito a corretti dosaggi, all’utilizzo di cicli brevi e basse temperature di lavaggio.

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Energy and climate

Water and wastewater

L’iniziativa di comunicazione, in cui il verde e il rosso del logo esprimono la sintesi virtuosa tra sensibilità ambientale e qualità, sarà progressivamente estesa agli innumerevoli prodotti dell’azienda, nonché a tutti i materiali di comunicazione.

Un impegno di sostenibilità a tutto tondo In Henkel, ogni processo è sottoposto al vaglio di sostenibilità: fornitori, processi interni, partner sono tutti coinvolti dalla ricerca di maggiore efficienza e minore impatto ambientale.

Health and safety

Materials and waste Social progress

Un dialogo virtuoso con i consumatori Oggi Henkel ha deciso di comunicare con più forza e chiarezza questo impegno, che è parte integrante della propria cultura aziendale. È la divisione “Detersivi e detergenti per la casa” a guidare il nuovo corso. L’occasione è il lancio del progetto Qualità e Responsabilità - La performance basata sulla sostenibilità: tutti i detersivi per la casa oggi presenti sul mercato abbinano elevate performance qualitative ai massimi livelli di eco-sostenibilità, soprattutto in termini di risparmio idrico ed energetico. Questo vale non soltanto a livello industriale, ma anche dal punto di vista dell’utilizzo del prodotto da parte del cliente finale. I requisiti che hanno permesso di raggiungere tali obiettivi sono stati, tra gli altri, l’uso di materiali riciclati e di materie rinnovabili nel ciclo produttivo, l’introduzione di principi attivi più efficaci e di nuove formule che garantiscono lo stesso numero di lavaggi con meno prodotto (ad esempio, il formato da 3 litri diventa da 2,5), pack più compatti che concorrono a ridurre gli imballi e i relativi costi di smaltimento, oltre che a migliorare l’efficienza logistica della filiera. Collaborando con il cliente finale però, si raggiungono risultati ancora migliori.

Numerosi sono i progetti in essere (descritti nel Report annuale di Sostenibilità scaricabile dal sito www.henkel.com) così quelli allo studio per prossima implementazione. Uno dei più recenti riguarda, in collaborazione con AEM, la decisione di Henkel Italia di acquistare solo energia elettrica generata da centrali che utilizzano fonti interamente rinnovabili; ma molti altri, nelle aree che spaziano dal waste management fino alla riduzione di emissioni di CO2, sono pronti per diventare nuove iniziative che rafforzano la promessa di Henkel di fornire Qualità assoluta nei propri prodotti Henkel in modo Responsabile per la salvaguardia del nostro futuro.

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www.hp.com/it

“HP è un’azienda attenta all’ambiente da anni; è semplicemente parte del nostro DNA e della nostra cultura. Abbiamo deciso di avere un ruolo guida in tutte le iniziative dedicate al miglioramento del clima globale e continueremo a cercare modi sempre più innovativi per ridurre le nostre emissioni di CO2 e l’impatto dei nostri prodotti sull’ambiente.” Mark Hurd, Presidente e CEO HP.

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www.ikea.it

“Creare una vita quotidiana migliore per la maggioranza delle persone”. Questa è la filosofia di IKEA, che non solo ne ispira la strategia commerciale, ma influisce in modo determinante sull’orientamento nel campo della responsabilità sociale e ambientale e sull’idea delle risorse umane. Sul piano commerciale l’azienda offre un vasto assortimento di articoli di arredamento, di qualità e funzionali, a prezzi così vantaggiosi da permettere al maggior numero di persone di acquistarli. Sul fronte ambientale e sociale, IKEA è impegnata nell'obiettivo di rendere complessivamente positivo l'impatto della propria attività nel lungo termine e a ridurre al minimo gli effetti derivanti dalle attività stesse della filiera. Partendo da questa ispirazione, definisce una strategia sociale e ambientale che abbraccia tutte le attività

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della filiera, dalla concezione del prodotto alle attività dei negozi. L'obiettivo di IKEA Italia Retail è quello di rendere sempre più sostenibile l'attività dei propri punti vendita, concentrandosi in particolare sul tema del risparmio energetico, su quello della mobilità, sulla differenziazione dei rifiuti e coinvolgendo in questo impegno i propri collaboratori e i propri clienti. La volontà e l’impegno di realizzare un progetto di gestione ambientale e sociale di rilievo si esprime già nella struttura organizzativa dell’azienda.

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Per esempio, nel nuovo negozio IKEA di Corsico, alle porte di Milano, è prevista la costruzione di uno dei sistemi di geoscambio più grandi d’Europa. Sfruttando l’inerzia termica del terreno grazie a un complesso sistema di sonde che attraversano il suolo, il geoscambio contribuisce a riscaldare e raffreddare il negozio in funzione delle reali necessità climatiche. L’energia prodotta dall’impianto consente di ridurre drasticamente i consumi energetici per il condizionamento del negozio con ripercussioni positive sul bilancio totale della CO2 emessa in atmosfera. Sul fronte della mobilità sostenibile, IKEA si pone l’obiettivo di incentivare e promuovere l’uso di mezzi alternativi all’automobile privata sia per i propri dipendenti che per i propri clienti. Anche in questo caso, se l’obiettivo è comune a tutti i negozi, le soluzioni trovate variano di negozio in negozio. A Bari, i clienti e i dipendenti possono raggiungere il negozio direttamente in treno. In altre realtà, laddove il servizio pubblico non è in grado di garantire un buon collegamento con il negozio, IKEA ha promosso autonomamente, finanziandoli, l’introduzione di servizi di navetta. I risultati dell’impegno di IKEA si rilevano dal miglioramento delle performance ambientali registrate, ad esempio, a partire dal 2005 al 2007 e riportate nel report sociale ambientale dell’azienda. In particolare, è migliorata la percentuale di raccolta differenziata, raggiungendo quota 57% e, in comparazione con il 2005, è migliorata la percentuale di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili, pari all'85.17%. Questo grazie anche alla scelta di approvvigionarsi da un consorzio che fornisce unicamente energia idroelettrica. Non solo. I progetti portati avanti dai singoli negozi mostrano come la cultura ambientale si diffonda sempre più. In questo senso, c’è un ampio ventaglio di iniziative sia per i dipendenti che per i clienti, come l’organizzazione di seminari sul tema del risparmio energetico, con la collaborazione di Legambiente. Questa struttura prevede in Italia la presenza di un “team” dedicato, nella sede centrale, che imposta la linea strategica e coordina le attività dei negozi. Inoltre per ciascuna unità operativa (negozio o deposito) è prevista la presenza di un responsabile ambientale e sociale che opera secondo le linee guida definite dalla sede. Sul fronte energetico tutti i negozi sono coinvolti nel progetto “IKEA goes renewable”, il cui obiettivo è quello di approvvigionarsi per il 100% di fonti rinnovabili e di migliorare del 25% l’efficienza energetica rispetto al 2005. Questo sforzo accomuna tutti i punti vendita, ma le modalità per il raggiungimento a volte lasciano spazio alla fantasia e a soluzioni impiantistiche innovative.

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www.intel.it

Soluzioni hi-tech e innovazione, ma anche attenzione all’Ambiente e alle politiche eco-compatibili. Per un percorso di sviluppo virtuoso e responsabile, in grado di portarci verso un futuro di eco-tecnologie.

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www.nissan.it

Nissan appartiene al top group delle case automobilistiche mondiali e crede nello sviluppo di una “società mobile sostenibile”. Ecco perché si impegna al massimo per ridurre l’impatto sull’ambiente e per offrire ai clienti prodotti eco-friendly basati su tecnologie innovative. Con un obiettivo imprescindibile: la riduzione di emissioni di CO2. 11 centri di ricerca e sviluppo, 7 centri design, 16 impianti industriali, oltre 10 mila concessionari in 160 Paesi del mondo: sono solo alcuni dei numeri della Nissan Motor Company Ltd., fondata in Giappone nel 1933. Anche grazie all’alleanza con Renault, sigillata nel 1999, l’azienda sta vivendo un “nuovo corso” vitale e proficuo, che nel 2006 l’ha vista rinnovare completamente la propria gamma e tagliare il traguardo dei 100 milioni di veicoli prodotti nel corso della sua lunga storia.

racchiusa nel claim “Symbiosis of People, Vehicles and Nature”, mira a gestire l’impatto generato dalle sue attività aziendali e dall’utilizzo dei suoi veicoli da parte dei clienti, nonché a impiegare le risorse a livelli compatibili con la capacità di assorbimento dell’ambiente.

Crescere nel business per migliorare la società La visione che guida il marchio Nissan, Enriching People’s Lives, dice tutto: l’azienda è infatti determinata a contribuire allo sviluppo del mondo e delle persone. E lo fa con un approccio che è allo stesso tempo “bold and thoughtful”, cioè audace nell’immaginazione e nelle dinamiche progettuali e riflessivo nell’azione e nel business. Coerentemente, i suoi principali obiettivi sono quelli di assicurare una crescita profittevole all’azienda e di concorrere al miglioramento della società. Un autentico eco-innovatore Nissan ha a cuore il futuro del Pianeta e delle prossime generazioni. La sua filosofia ambientale,

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I veicoli. Meno CO2, più innovazione Ridurre del 70% dai livelli del 2000 le emissioni di CO2 dei nuovi veicoli entro il 2050: è questo l’obiettivo a lungo termine dell’azienda. Come raggiungerlo? In primo luogo attraverso l’adozione di tecnologie avanzate che migliorino i consumi dei veicoli a benzina, che nei prossimi anni continuerà a rappresentare il più diffuso carburante automobilistico. Nel contempo, Nissan lavora su nuovi e diversi fronti, sviluppando veicoli diesel più puliti, ma anche veicoli alimentati da combustibili ecologici biologici ricavati da piante e da altre fonti di energia rinnovabile, veicoli elettrici ibridi (HEV), a celle di combustibile (FCV) e veicoli elettrici “puri” (EV) ad emissioni zero. Questi ultimi, anzi, entro il 2050 dovranno rappresentare oltre la metà dell’intera produzione del gruppo. Per conseguire tale obiettivo, sono stati fissati tre traguardi specifici, sanciti nel Nissan Green Program 2010: la riduzione delle emissioni di CO2, la riduzione delle altre emissioni allo scarico e il riciclaggio delle risorse con un tasso di ricuperabilità dei modelli di nuova generazione che punta al 95%.

Per promuovere la diffusione di veicoli elettrici Nissan collabora con altri settori al fine di implementare le infrastrutture necessarie e di migliorare le tecnologie. È in quest’ottica che va letta la creazione della joint-venture con NEC Corporation per ottimizzare la produzione di batterie.

Le attività. Una strategia ad ampio raggio Ridurre le emissioni di anidride carbonica è per Nissan la sfida numero uno e si traduce in una serie di azioni concertate, volte ad abbattere la CO2 nell’atmosfera non solo nelle diverse fasi del ciclo di vita del veicolo - e dunque in relazione ai consumi di carburante e alle prestazioni motoristiche - ma anche durante ogni attività dell’azienda: dalla fabbricazione al trasporto, fino alla guida dei veicoli da parte dei clienti. Due esempi recenti lo confermano: l’ampliamento del parco eolico dello stabilimento di Sunderland (UK), che presto soddisferà il 6% del fabbisogno energetico del sito e consentirà un risparmio annuo di CO2 pari a oltre 4.000 tonnellate, e il taglio delle emissioni raggiunto dallo stabilimento di Barcellona (-12% rispetto al 2005), pari a 9.400 tonnellate annue in meno.

Un occhio orientato ad un presente da migliorare, e l’altro aperto sul futuro: è questo lo sguardo eco-consapevole del marchio Nissan.

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www.nokia.it

La cura dell’ambiente è parte integrante della strategia aziendale e dei valori Nokia. Da oltre un decennio il Gruppo finlandese è tra i maggiori fautori di iniziative environmentally friendly nel settore delle comunicazioni mobili, sia sotto il profilo dell’offerta produttiva, sia nella gestione delle attività aziendali. Leader mondiale nelle comunicazioni mobili, oggi Nokia è il motore della trasformazione, della crescita e dello sviluppo dei mercati convergenti di Internet e della comunicazione. Nokia produce una vasta gamma di dispositivi mobili mediante i quali assicura ai clienti una ricca esperienza multimediale con l’ascolto di brani musicali, la navigazione su Internet, video, TV, sistemi per l’elaborazione di immagini, videogiochi e comunicazioni mobili aziendali. Senza dimenticare l’offerta di infrastrutture, soluzioni e servizi per le reti di comunicazione.

L‘impegno ambientale Nokia è, dunque, parte integrante della sua cultura aziendale e si declina non solo nell’offerta di prodotti ecocompatibili, ma anche nella gestione delle sue attività aziendali: dalla scelta delle materie prime al consumo energetico, dalle abitudini lavorative (favorendo, ad esempio, il telelavoro e l’uso delle videoconferenze) alla corretta modalità di recupero dei prodotti al termine della loro vita utile.

Offrire una tecnologia a misura d’uomo, cioè affidabile, semplice da utilizzare, sicura. Favorire e facilitare la connessione tra le persone e gli affetti. Far sentire i propri clienti vicini tra loro, anche ad un livello profondo ed emotivamente significativo. Sono questi i valori fondanti del marchio Nokia. Valori che hanno una ricaduta positiva sull’impegno ambientale del brand.

Market leader, green leader In virtù della sua leadership, Nokia si sente profondamente responsabile nei confronti dell’ambiente. Si tratta di un valore forte e condiviso: le donne e gli uomini Nokia sono infatti coinvolti non soltanto come lavoratori e operatori economici, ma anche come cittadini e abitanti di un mondo da salvaguardare.

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Una ricerca sempre più eco-friendly Nokia investe molto in ricerca e sviluppo (5,6 miliardi di euro solo nel 2007, pari a circa l’11% del fatturato) e la cura dell’ambiente è da sempre al centro della sua strategia produttiva. Oggi un telefono cellulare Nokia non presenta tracce di PVC e può essere riciclato fino al 65 - 80%. L’azienda ha predisposto punti di raccolta per il recupero dei prodotti usati in ben 85 Paesi e nell’ultimo decennio ha ridotto del 90% il consumo medio di energia utilizzata dai caricabatteria in modalità “no-load”, soddisfacendo ampiamente i severi requisiti Energy Star fissati dalla Environmental Protection Agency.

In anticipo sui tempi, Nokia è stato il primo produttore a introdurre nei propri dispositivi un indicatore acustico che invita gli utenti a scollegare il caricabatteria quando il telefonino è carico: si stima infatti che se tutti i clienti Nokia staccassero il caricabatteria dopo l’uso, si risparmierebbe una quantità di energia pari all’alimentazione di 100.000 abitazioni europee di taglio medio. Simbolo di questo atteggiamento virtuoso è il Nokia 3110 Evolve, un dispositivo mobile dotato di una cover realizzata con oltre il 50% di materiali naturali rinnovabili e presentato sul mercato - come tutti i prodotti di nuova generazione - con un packaging più piccolo e compatto, che consente un risparmio di materiale di oltre il 50%. Ma la responsabilità ambientale di Nokia si traduce anche in iniziative di sensibilizzazione sia a livello locale, come il concorso “Caccia al Navigator”, che ha sostenuto la “Festa dell’albero” di Legambiente , che a livello internazionale, come la creazione - in collaborazione con WWF e IUCN - di una community online (www.connect2earth.org) dedicata ai giovani che vogliono esprimere la propria opinione sulla situazione ambientale mondiale tramite filmati, fotografie, proposte e commenti.

Un futuro sempre più verde e responsabile L’impegno ambientale di Nokia non si ferma. Anzi, continua ad aggiungere idee e stimoli alle attività in essere. Un esempio significativo di questo approccio è Remade, un nuovo concept di dispositivo cellulare che ha l’obiettivo di utilizzare percentuali sempre più elevate di materiale rigenerato e rinnovabile. Alla base di questo concept l’idea di realizzare scocche di cellulari ottenute dal riutilizzo di lattine e bottiglie di plastica e tasti che derivano da vecchi pneumatici. Queste sono solo le prime innovazioni di una lunga serie che il brand sta progettando per il futuro. La salvaguardia della Natura è al centro della filosofia aziendale Nokia. E non poteva essere altrimenti, se si pensa ai paesaggi finlandesi, che sono tra i più verdi e incontaminati d’Europa.

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www.philips.it

La grande sfida di Philips è quella di migliorare continuamente la qualità della vita delle persone. Fare business in modo consapevole e sostenibile, mettendo le persone e la società al primo posto è quindi il presupposto fondamentale di una strategia di crescita economica che non vada a scapito dell’ambiente o della società. Philips è un’azienda globale, leader nei settori dell’healthcare (salute e cura dell’individuo), dell’illuminazione (dalle lampadine domestiche ai sistemi professionali) e dei prodotti lifestyle (televisori, entertainment, rasoi, cura della persona). Occupa circa 125.000 dipendenti in oltre 60 Paesi, ha raggiunto nel 2007 un fatturato di 27 miliardi di Euro ed è leader nel Dow Jones Sustainability Index per il settore dei beni semidurevoli. Nella sua storia ultracentenaria, Philips ha sempre offerto prodotti, servizi e soluzioni innovative ma solo da qualche anno (2004) ha scelto esplicitamente una promessa di brand (“Sense and simplicity”) dal forte contenuto responsabile, che pone la qualità della vita dei propri clienti al centro di tutta la ricerca e lo sviluppo e che spinge verso soluzioni ancora più semplici e ricche di senso, rispettose dell’ambiente e della società in cui Philips opera.

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Impegno globale e sostenibilità ambientale L’obiettivo principale di tutti i programmi di sostenibilità ambientale di Philips è quello di ridurre l’impatto dei propri prodotti agendo su due livelli: da un lato ottimizzando i processi produttivi attraverso il controllo e il rinnovamento degli impianti (riducendo quindi il consumo di risorse ed emissioni); dall’altro attraverso la progettazione di prodotti a minor impatto ecologico. Ne è un esempio la lampada Cosmopolis per l’illuminazione pubblica che, oltre a consentire un significativo risparmio energetico, riduce di circa il 30% l’emissione di anidride carbonica. Per verificare costantemente la compatibilità ambientale dei propri prodotti, oltre alle normali certificazioni ISO, Philips ha sviluppato un sistema di classificazione interna nel quale confronta i propri prodotti con quelli dei competitor, assegnando l’etichetta “Green Flag” a tutti quelli che si distinguono per le performance ecologiche.

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La crescita del portafoglio dei green products (che oggi rappresentano già il 20% del fatturato globale) è uno degli indicatori chiave scelto dall’azienda per i propri programmi di miglioramento, analizzati annualmente nel Sustainability Report (giunto ormai alla 10° edizione).

Il risparmio energetico: soluzioni concrete Forte della sua leadership nel settore dell’illuminazione elettrica, Philips ha fatto dell’efficienza energetica una bandiera del suo impegno, tanto da farsi promotore di iniziative di call to action presso il Parlamento Europeo e di un’ampia campagna di sensibilizzazione (“asimpleswitch”) che incoraggia i cittadini a sostituire le tradizionali lampadine a incandescenza con alternative energy saving (Philips è stata main sponsor di LiveEarth, il grande evento mediatico lanciato l’anno scorso da Al Gore sui problemi del riscaldamento globale). Nella sola Europa tale cambiamento consentirebbe un risparmio dell’80% dei costi legati all’illuminazione domestica. Ma la cosa importante è che non c’è bisogno di attendere lo sviluppo di nuove tecnologie per fare qualcosa di buono per il nostro pianeta: Philips è già presente sul mercato con lampadine “green” per uso domestico che fanno risparmiare ben il 50% di energia in più rispetto a quelle tradizionali e con apparecchi televisivi a schermo piatto (LCD) che ri-

sparmiano dinamicamente energia grazie a sensori automatici per la regolazione del contrasto (non a caso un Tv Philips è stato eletto “Green Product” dell’anno dalla giuria del premio EISA).

La sostenibilità: una sfida, un’opportunità Philips ha sempre creduto che l’unico modo per fare business sia quello che tenga in pieno conto delle istanze di tutti coloro che sono a contatto con l’azienda: i dipendenti, in primis, i clienti, le istituzioni, ma anche chi vive sul territorio in cui Philips opera. Questo approccio “sostenibile” fa parte del suo DNA. Non si tratta quindi di un generico impegno per il bene comune, ma di una precisa strategia di crescita, che passa attraverso la ricerca di opportunità di business sostenibile soprattutto nel settore dell’healthcare, offrendo un accesso agevolato ai sistemi di cura nei paesi emergenti, promuovendo soluzioni per rendere gli ospedali più a misura d’uomo e contribuendo alla realizzazione di sistemi di monitoraggio domestico dei pazienti (con sgravio dei costi sociali e un enorme vantaggio psicofisico per chi si trova a casa propria a “recuperare” dopo un intervento o una malattia). Perché le sorti del nostro futuro sono nelle mani di chi, come Philips, se ne prende la responsabilità da subito.

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www.tandberg.it

La mission di TANDBERG è migliorare il modo in cui le persone comunicano, dando loro gli strumenti per essere più produttive tramite la natural communication, con soluzioni di videocomunicazione che consentano di realizzare ritorni sugli investimenti significativi, permettendo alle aziende di restare competitive. La preoccupazione per l’ambiente è in crescita. In tutto il mondo si stanno attuando norme e direttive nazionali per ridurre le emissioni di anidride carbonica e contrastare i cambiamenti climatici. Le aziende, così come i singoli, stanno cercando nuovi modi per modificare le tendenze attuali, investendo in iniziative socialmente responsabili finalizzate a tutelare l’ambiente. La diffusione e il successo dei sistemi di videocomunicazione TANDBERG sono la dimostrazione tangibile che oggi è possibile adottare un approccio più “ecologico”, riuscendo al tempo stesso a migliorare i livelli di produttività aziendale.

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Azienda innovatrice nel settore video dal 1989, la norvegese TANDBERG, nata come produttrice di apparecchi radio, è oggi leader di mercato (41% in valore) per i sistemi di videocomunicazione e telepresenza, infrastrutture di rete e sistemi di gestione. La presenza sul mercato del brand è trasversale sia per i prodotti che per i clienti, che vanno dalle banche (21 delle 26 banche più grandi al mondo) alle università (65 delle 100 università più importanti), rivelando così una flessibilità e un’affidabilità che sono le chiavi del successo della marca.

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Videoconferencing is green! I prodotti TANDBERG sono, per loro natura, green: trasmettere una riunione in videoconferenza riduce costi ed emissioni di CO2 per le aziende che decidono di utilizzare questo tipo di tecnologia. I clienti TANDBERG hanno infatti riscontrato che i sistemi di videocomunicazione possono ridurre in media del 30% la necessità di viaggiare per lavoro, migliorando i risultati finali. Una società di grandi dimensioni può sostituire con riunioni video fino a 20.000 voli di andata e ritorno a breve raggio l’anno, evitando così l’emissione di 2.200 tonnellate di CO2 nell’atmosfera. Per citare qualche risultato concreto, Vodafone ha evitato oltre 13.500 viaggi aerei in un anno e ridotto conseguentemente le emissioni inquinanti dell’azienda di oltre 5.000 tonnellate, mentre le dogane svedesi riducono le loro emissioni di CO2 di 7 tonnellate ogni mese con 60 riunioni fatte in videoconferenza anziché di persona.

Il risultato è stato la creazione di una policy che investe tutte le sedi TANDBERG e che prevede la riduzione dei viaggi in trasferta, l’incentivazione del lavoro da casa, l’acquisto di materiali per l’ufficio eco-friendly per ottenere una riduzione delle emissioni di CO2 che sia almeno del 10% entro il 2009. L’iniziativa dell’auditing interno è stata apprezzata anche dai clienti TANDBERG, dimostrando che, oltre ai risultati concreti e misurabili, è importante diffondere il più possibile la cultura e la sensibilità verso l’ambiente.

Green Manifesto In linea con la cultura ecologista e ambientalista tipica della Norvegia, paese in cui si trova il quartier generale di TANDBERG, il brand ha deciso di portare un radicale cambiamento anche all’interno dei propri uffici. Partendo da un sondaggio interno che dimostrava che i dipendenti sarebbero stati molto più motivati a lavorare per un’azienda sensibile alle tematiche ambientali, TANDBERG ha iniziato, con l’aiuto di una società di consulenza specializzata in policy ambientali, un’indagine tecnica approfondita, al fine di evidenziare quali fossero le aree di miglioramento per ridurre le emissioni di CO2 e energia consumata sia dagli impianti che dagli uffici.

Le attività per il presente e il futuro di TANDBERG sono mirate alla diffusione di un vero e proprio “pensiero verde”; tavole rotonde indette con altre aziende in cui fare green brainstorming, un manifesto ecologista scritto dal CEO Fredrik Halvorsen, un sito web (www.seegreennow.com) interamente dedicato ai suggerimenti per tutte le aziende che vogliano cambiare il loro approccio nei confronti delle tematiche ambientali e soprattutto la creazione di una eco-label per tutti i brand operanti nello stesso settore di TANDBERG, che permetta ai consumatori di fare un acquisto informato e consapevole dei prodotti basati sulle tecnologie video. Perché, come si evince dal manifesto ecologista TANDBERG, per difendere l’ambiente è necessario cambiare prima di tutto la mentalità e il comportamento di chi ci vive.

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BMW MINI

IKEA

BMW Italia S.p.A. Via della Unione Europea, 1 20097 San Donato Milanese MI

Ikea Italia Retail s.r.l. Strada Provinciale 208, 3 20061 Carugate MI

bticino

intel

BTicino S.p.A. Via Messina, 38 20154 MILANO

Intel Corporation Italia S.p.A. Milano Fiori - Pal. E, 4 20090 Assago MI

Continental

NISSAN

Continental Italia S.p.A. Via Rondoni, 1 20146 MILANO

Nissan Italia s.r.l. Via Tiberina Km. 15,740 00060 Capena RM

GEOX

NOKIA

Geox S.p.A. Via Feltrina Centro, 16 31030 Biadene di Montebelluna TV

Nokia Italia S.p.A. Via Roma, 108 20060 Cassina de’ Pecchi MI

Gruppo CartaSi

PHILIPS

CartaSi S.p.A. Corso Sempione, 55 20145 MILANO

Philips Via G. Casati, 23/25 20052 MONZA

Henkel

TANDBERG

Henkel Italia S.p.A. Via Amoretti, 78 20157 MILANO

TANDBERG Via Giovanni Falcone, 9 20094 Corsico MI

hp Hewlett-Packard Italiana s.r.l. Via G. Di Vittorio, 9 20063 Cernusco sul Naviglio MI

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I psos MORI Source: Ipsos MORI, 2007 Sponsored by Tandberg Concession of use to b&p communication

Overview Since concerns about climate change were first expressed back in the 1980s, there has never been more pressure on the human race to “go green” than there is today. We are bombarded with messages about the impact of carbon emissions every day, from magazine covers, to films such as Al Gore’s “An Inconvenient Truth.” Mandates and incentives to drive businesses to adopt environmentally-friendly policies are being proposed and debated around the world. But how is “going green” really affecting the way we live our lives? Does it impact the products we buy and the companies we work for? Who do we want to lead us towards greater environmental responsibility? How can new technologies help us? And what is the best way to go about making a positive impact within our workplaces?

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How can new technologies help us? And what is the best way to go about making a positive impact within our workplaces? To answer these questions, TANDBERG teamed up with leading global research firm Ipsos MORI to conduct a survey of people’s attitudes in 15 countries. The survey aimed to discover global attitudes toward climate change, and particularly to examine how companies’ efforts to become more environmentally responsible are perceived by both consumers and their own employees. This survey is one of the largest global research projects into consumer attitudes toward climate change and its impact on corporate brands that has been conducted to date.

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Corporate environmental behavior and Brand Values

Methodology

• Ipsos MORI interviewed members of the general public and workers across 15 markets: Australia, Brazil, Canada, China, France, Great Britain, Germany, Italy, Japan, Netherlands, Norway, Russia, Spain, Sweden and the United States

• Interviewing was conducted via omnibus survey in each market

• All results are nationally representative, unless otherwise marked (Brazil and China urban areas only)

• A total of 16,823 people were interviewed, representing a total global population of almost two billion people

• Interviews were completed between May and July 2007

Corporate environmental responsibility and Brand reputation The TANDBERG/Ipsos MORI survey revealed the importance of responsible environmental behavior for increasing corporate brand equity and competitive advantage. More than half of global consumers interviewed said they would prefer to purchase products and services from a company with a good environmental reputation, and almost 80% of global workers believe that working for an environmentally ethical organization is important. That amounts to one billion consumers and over 700 million workers worldwide.

In fact, 24% of respondents believe that their individual action should be a key to driving environmental change, a sense of personal responsibility that is potentially borne out by their choice of consumer purchases and workplaces. Despite stating their preference to buy “green” products and work for environmentally responsible organizations, a surprising 32% of respondents admitted that they have not yet taken personal action to reduce climate change. Are they waiting for those products and services to become more readily available, or for governments and workplaces to step forward and set the priority?

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Environmental responsibility Source: Ipsos MORI, 2007.

Over half of respondents felt that government should take the lead in limiting the effects of climate change, with 47% percent citing national government and 11% citing international institutions as the key drivers in the environmental movement. Respondents worldwide felt that government has a major influence on other stakeholders.

Workers in some markets cited competitive positioning and the fear of bad publicity as issues that would encourage their organizations to become more environmentallyfriendly, showing that external brand perception can indeed have a marked effect on whether a company chooses to “go green.” The survey reveals some essential information for corporations that are looking to build their brand in specific parts of the world and with particular target markets.

In fact, it was government policies, subsidies, and incentives that were rated the most likely to change corporate environmental behavior. Twelve percent of respondents felt that business/corporations should take the lead when it comes to limiting the effects of the climate change. For example, developing and sourcing environmentally-friendly technologies was listed as a major factor leading to increased corporate environmental responsibility.

While there are some intriguing differences among all countries surveyed (all detailed in the charts below), and some other differences among certain demographic groups within individual countries, this survey Countries covered indicates that large groups of potential customers, employees, partners, and investors across the world are consistently thinking about this issue on a variety of levels. Recycling programs, water/waste reduction programs, and environmentally-friendly purchasing are already seen as Companies should be aware that the “green” consumer or being the most effective environmental initiatives in the workthe “green” worker can appear in any place they may be place. doing business.

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Corporate environmental behavior and Brand Values Source: Ipsos MORI, 2007.

• Section 1 Australia Brazil

32

Canada

34

China France

67 23

Germany

28

Great Britain

27

Italy

33

Japan

40

Netherlands

35

Norway

30

Russia Spain

32 18

Sweden USA

Corporate environmental behavior and its impact on brand value

52

46 42

The purchase of products and services Percentage of respondents agreeing to the statement “I would be more likely to purchase products or services from a company with a good reputation for environmental responsibility”. More than half of all respondents would be more likely to purchase products and services from a company with a good environmental reputation. This figure was particularly high in China, with 67% of respondents concurring. Australia was also high with 52%. However, these numbers reduced considerably in Europe, with Germany, Great Britain and France recording 28%, 27% and 23% respectively. The United States, Sweden and Canada were in the middle with 42%, 46% and 34%. It is clear that buying products from environmentally responsible organizations is already important to consumers worldwide. Overall, the 53% who would be more likely to purchase products and services from a company with a good environmental reputation represents over one billion people just in the 15 countries covered. With the increased focus on the environment, it’s easy to imagine this trend increasing. As it does so, it will give many companies little option to ignore their role in addressing climate change, as failure to do so will start to hurt them financially.

% of Respondents green brand

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Environmental responsibility Source: Ipsos MORI, 2007.

Appealing to prospective employees Percentage of respondents saying how strongly they agree or disagree with the statement: “I would prefer to work for a company that has a good reputation for environmental responsibility”. Across all the countries surveyed, 80% of workers said they would prefer working for an organization with a good reputation for environmental responsibility. Germany appeared to be the anomaly here with only 55% of respondents agreeing that working for an environmentally reputable company was important. Thirty percent of Germans surveyed neither agreed nor disagreed, perhaps because their organizations are already required to adhere to strict environmental regulations. It appears that individuals are more concerned about working for an environmentally conscious company than they are about buying products from one. This suggests that employees feel a significant sense of responsibility and association with their employer’s actions concerning the environment. The impact on organizations’ recruitment and retention, and the need to demonstrate green qualities to prospective employees as a key criterion to attract the best talent, should not be underestimated. • Agree 81

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32

16

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13 6

2

9

6 2

USA

3

Spain

3

Sweden

7

Russia

9 5

Italy

Germany

France

2

China

4

8

Great Britain

8

Canada

Brazil

2

21 16

13

13

10 2

22

20

18

10

68

57

30

15

77

69

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Australia

% R e s p o n d e n t s

• Disagree 81

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Norway

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• Neither agree nor disagree 85

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Netherlands

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Japan

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Corporate environmental behavior and Brand Values Source: Ipsos MORI, 2007.

Encouraging organizations to become more environmentally responsible. Percentage of respondents stating what they believed would be most likely to encourage their organization to become more environmentally responsible than it is today. When asked what would be most likely to encourage their organization to become more environmentally responsible than it is today, two options were considered the most popular - government policies, subsidies or incentives came first in the United States, Great Britain, Australia, Canada, Russia, Spain and France, and the availability of environmentally-friendly technologies came first in Japan, Norway, Netherlands, Sweden and Germany. Respondents in China, Italy and Brazil voted for both options in roughly equal numbers. 40

39 37 3434

35

34

33

33

29

29 26 25

32

28

26

25

24

23

22 19 17

17

7 7

9

10 8

10

6

10 8 8

8

8

6

6

Russia

Norway

Netherlands

Japan

Italy

Great Britain

Germany

France

China

Canada

8

7

5

4

Brazil

9

USA

10

9

5

13

13 11

Sweden

12

11 8

Spain

11 8

25

21

19 17

1414

Australia

% R e s p o n d e n t s

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• Government policies/subsidies or incentives • Environmentally friendly technologies • Competitive positioning • Bad publicity green brand

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Environmental responsibility Source: Ipsos MORI, 2007.

Interestingly, competitive positioning and the fear of bad publicity came in third and fifth places overall, showing that “going green” is considered to have a potential visible effect on the corporate brand and public perceptions of today’s organizations. France was the country with the highest concern on each of these points, with 17% citing bad publicity, and 12% citing competitive positioning as being most likely to encourage their organization to be more environmentally responsible than it is today. Bad publicity was also seen as being important in Great Britain and Japan (by 10% in each case) and keeping up with or ahead of competitors was also seen as being key by 10% or more in the United States, China, Brazil, Germany, Norway and Russia.Interestingly, competitive positioning and the fear of bad publicity came in third and fifth places overall, showing that “going green” is considered to have a potential visible effect on the corporate brand and public perceptions of today’s organizations. France was the country with the highest concern on each of these points, with 17% citing bad publicity, and 12% citing competitive positioning as being most likely to encourage their organization to be more environmentally responsible than it is today. Bad publicity was also seen as being important in Great Britain and Japan (by 10% in each case) and keeping up with or ahead of competitors was also seen as being key by 10% or more in the United States, China, Brazil, Germany, Norway and Russia.

• Section 2 - Whose responsibility is it anyway? Government vs. corporation Respondents were asked who they thought should take the lead when it comes to limiting the effects of climate change. Almost half (47%) felt that national government should take the lead. These figures were particularly high in China, France and the Netherlands, with 57%, 55% and 54% of the vote. Conversely, significant proportions in Brazil, Japan and Germany felt that this responsibility was up to the individual (49%, 47%, 33%). Across all countries, almost one in four (24%) felt the individual should be the key. Across the board, 12% felt that businesses and corporations should lead environmental responsibility. This figure was higher in Germany, Italy and the United States (all 20%). As the environment has become an increasingly political issue in recent years, it is perhaps unsurprising that these results show that most respondents believe their country’s government should take the lead in limiting the effects of climate change. However, in countries that are widely considered to be leaders in global business, such as the United States and Germany, the call for corporations to lead the way is higher.

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brand concepts


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Corporate environmental behavior and Brand Values Source: Ipsos MORI, 2007.

25 14 49 13 40

Canada

32 14 19 9 55 20 31 33 20 41

Great Britain

26 14 49

Italy

12 20 22

Japan

47 12 48

Netherlands

Spain Sweden USA

18 15 54 11 7 45 12 12 47 22 11 47

18 12 37 24 20

• National government • The individual • Businesses

7

Germany

Russia

It could have been expected that in those countries where some individual action on the environment is most common, leadership on the part of individuals is considered a key ingredient to climate change.

57

China

Norway

Percentage of respondents who believe individuals should take the lead in limiting the effects of climate change compared with those who have taken personal action to reduce climate change.

25

Brazil

France

The Individual

50

Australia

Along the same lines, it could have been expected that where individual participation has been low to date, the expectation for individuals to lead the charge moving forward is also low. However, these two variables were not in fact tied together. In most countries, individual action is much higher than the expectation for individual leadership. It is possible that people believe they can be a part of the solution by their individual actions, but do not feel they should be in a leadership position to influence other stakeholders. Across all countries, an average of 45% have taken personal steps to reduce climate change, but only 24% believed that individuals should take the lead. Most notably, a high proportion of respondents in Canada (56%), Australia (55%) and China (52%) claimed they had taken personal steps to reduce their carbon footprint, despite the fact that comparatively fewer respondents in those countries believed that individuals should take the lead in reducing climate change (32%, 25% and 19% respectively).

% of Respondents green brand

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Environmental responsibility Source: Ipsos MORI, 2007.

Along the same lines, it could have been expected that where individual participation has been low to date, the expectation for individuals to lead the charge moving forward is also low. However, these two variables were not in fact tied together.

It could have been expected that in those countries where some individual action on the environment is most common, leadership on the part of individuals is considered a key ingredient to climate change.

• Individuals should take the lead • Individuals that have taken personal action to reduce climate change 56

56

55

52 49 47

46

45 42

41

37 35

% R e s p o n d e n t s

3333

32

29 26 24 21

20

18

brand concepts

USA

Sweden

Spain

12

Russia

Netherlands

11

Japan

Italy

Great Britain

Germany

France

China

Canada

12

Brazil

22

18

17

Norway

19

Australia

78

33

32


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Corporate environmental behavior and Brand Values Source: Ipsos MORI, 2007.

• Section 3 How can organizations be encouraged to be more environmentally responsible? Percentage of respondents stating which environmental initiatives they considered as being most effective for their workplace (top three results).

• Recycling programs • Environmentally friendly business materials • Water/waste emissions reduction

85 84 85

82 78 77

66

64 60

60

57 53

52 48

59 55

54

47

50

55 50

49

48 47

49

44 39

3939 35

46

43 39

39

38

34

31 26

25

2727 21 15

14

green brand

USA

Sweden

Spain

Russia

Norway

Netherlands

Japan

Italy

Great Britain

Germany

France

China

Canada

Brazil

8

Australia

% R e s p o n d e n t s

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Environmental responsibility Source: Ipsos MORI, 2007.

Respondents were asked which of a series of environmental initiatives they would consider to be the most effective for their workplace. Recycling programs were the most popular choice overall, with 65% of the vote. Other popular initiatives were the use of business materials that are good for the environment, e.g. recycled paper (60%), and the reduction of water and waste emissions (60%). The popularity of recycling in the workplace is unsurprising as in many parts of the world offices already have some form of paper and/or can and bottle recycling program in operation. Such programs are also highly visible and rely on the individual to make them a success, while decisions regarding, for example, the purchase of environmentally-friendly business materials and reducing waste, are usually the responsibility of certain departments or more senior management. Over one fifth of respondents (21%) find that travel reduction policies are the most effective means of reducing their company’s carbon footprint, and a further 18% believe working-from-home programs to be a good environmental initiative for their workplace. These options were particularly popular in Australia, Canada, China, Japan and the United States. Interestingly, respondents in Brazil, Italy, Spain and Russia were least likely to think that any of the environmental initiatives suggested would be effective in their workplace, and had the highest “don’t know” and “none of the above” responses in the survey. Reducing business travel and working from home are both popular and viable options for organizations looking to become more environmentally responsible. These initiatives reduce carbon emissions as well as raise productivity and cut costs. It is important for businesses considering these options to maintain the personal interaction among their employees and with their customers. Technologies that allow face-to-face interaction can raise the success rate of these programs.

80

• % Travel reduction policies • % Work from home programs Australia Brazil

29 24 2 6

Canada

35 32

China

41 44

France

25 7

Germany

16 6

Great Britain

15 15

Italy

9 10

Japan

34 30

Netherlands

brand concepts

25 24

Norway Russia Spain Sweden USA

19 14 9 4 5 6 23 10 29 35


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• Section 4 The generational views on climate change Viewing the survey results from a demographic perspective offers some interesting differences of opinion between generations. When asked how strongly they agreed or disagreed with the statement: “I would prefer to work for a company that has a good reputation for environmental responsibility,” four-fifths of workers aged between 35 and 54 - a key talent pool across all countries - said they would prefer to work for a company with a good environmental reputation. The demographic group that was least likely to agree strongly that they would prefer to work for a company with a good environmental reputation was those respondents aged 24 and under. This is surprising given that this age group has grown up firmly in the shadow of climate change.

% of Respondents

% Agree strongly

24 and under

21

25 - 34

30

48

35 - 44

30

50

14

45 - 54

30

50

15

55 - 64

37

65 +

36

47

25

17

% Agree % Neither % Disagree

40

15

% Disagree strongly % Don’t know

33

green brand

13

5

4

9

81


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Environmental responsibility Source: Ipsos MORI, 2007.

When asked what would be most likely to encourage their organization to become more environmentally responsible than it is today, the availability of environmentallyfriendly technologies consistently ranked in the top two, and was first choice for respondents aged 24 and under. It seems that today’s younger generation considers advancements in environmentallyfriendly technologies to be a key factor in reducing carbon emissions and ensuring that organizations are encouraged to be more environmentally responsible. Having grown up with iPods in their pockets and mobile phones on their ears perhaps makes today’s under -25s more disposed to technology and hence less fearful of it than older generations. When asked whom they believed should take the lead in limiting the effects of climate change, those aged 25–64 were more likely to think that national governments should take the lead in reducing the impact of climate change, while those under 25 and the 65+ believed that it is primarily the responsibility of the individual.

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24 and under

29% 27% 10%

Availability of environmentally-friendly technologies Government policies, subsidies or incentives Employee Pressure

25 - 34

31% 29% 10%

Government policies, subsidies or incentives Availability of environmentally-friendly technologies Competitive positioning

35 - 44

33% 28% 11%

Government policies, subsidies or incentives Availability of environmentally-friendly technologies Competitive positioning

45 - 54

32% 26% 10%

Government policies, subsidies or incentives Availability of environmentally-friendly technologies Competitive positioning

55 - 64

31% 20% 9%

Government policies, subsidies or incentives Availability of environmentally-friendly technologies Programs of, or pressure from, international organizations

65 +

26% 17% 10%

Government policies, subsidies or incentives Availability of environmentally-friendly technologies Nothing would

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Corporate environmental behavior and Brand Values Source: Ipsos MORI, 2007.

% of Respondents

National Government

24 and under

33

25 - 34

46

35 - 44

51

45 - 54

50

55 - 64

41

65 +

31

37

14

26

12

22

10

11

3 2

12

22

11

3 3

It’s up to the individual Business/corporations International groups/institutions

20

23

12

16

11

10

3 4

7

3

None of the above Don’t know

33

7

12

9

8

It appears that members of the younger generation are more willing to take personal responsibility for their carbon footprints. Interestingly, this viewpoint appears to come full circle over time, as the over 65s surveyed are the second most common demographic group to put individual responsibility above that of national governments. However, despite the aforementioned differences in generational opinion, one of the most surprising aspects of the survey results was in fact the consistency of opinion between the different demographics interviewed. Generally speaking, the views of the individual demographic groups did not vary as much as could be reasonably presumed when conducting large scale, multi-country research of this kind. This pattern suggests that the global message on climate change is reaching every generation and every demographic group, which can only be a good thing. But as time moves on it becomes ever more vital that this message is ingrained in our children, through education in schools and supporting and advising individuals as they grow up. green brand

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Environmental responsibility Source: Ipsos MORI, 2007.

Conclusion

This survey, one of the largest of its kind, has revealed some important trends. Perhaps the most notable of these trends is the impact that taking action regarding climate change has on corporate brands from the perspectives of both customers and employees. We are already seeing consumer buying patterns start to change, with sustainability of products gradually becoming as important to buyers as quality and cost. Employees want to feel secure in the knowledge that the organizations they work for have a “green” agenda, and that they are implementing practices and programs to reduce their carbon footprint. As time goes on we will doubtless see graduates choosing jobs with the most environmentally conscious companies, forcing an even more fierce competition among workplaces for the best talent. Technologies that reduce energy consumption, waste, and unnecessary travel hold great promise for organizations that are seeking to enhance their “green” reputation and competitive advantage.

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The adoption of “green” technologies is expected to continue as more companies recognize the need to implement measurable environmental programs and address the needs of the younger workforce. Globally, young people are more likely to embrace the use of new technology to help address climate change. The good news is that they have already become habituated with visual communication, having spent hours immersed in the world of online videos, interactive Web sites and open communication networks. More and more, their generation will expect on-demand, face-to-face communication in the workplace as well. Fredrik Halvorsen, TANDBERG CEO, comments: “The technologies that will convince organizations to become more environmentally-friendly are those that also have a proven return on investment by building brand value and competitive advantage. We hope that the results of this survey mobilize more organizations to seek solutions to become more environmentally responsible.”

brand concepts


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Corporate environmental behavior and Brand Values Source: Ipsos MORI, 2007.

There is no doubt we are heading in the right direction to act together on a global scale against climate change. The big question is, will we get there fast enough? Judging from the results of this survey, there appears to be large-scale agreement that governments have a bigger role to play than perhaps they do today. This survey represents a significant call to action for world leaders. Citizens across the globe are looking for them to take greater responsibility, whether that is in the form of direct action against the big polluters, setting and sticking to rigid carbon emissions targets, or simply helping raise awareness of the situation and encouraging businesses and individuals to do more. It is certainly true that our political leaders do not act in a vacuum. Looking at these survey results, maybe our planet’s

biggest concern should be the apparent lack of personal responsibility taken by individuals and corporations who “talk the talk” of environmental consciousness but don’t “walk the walk” by taking action. With numerous campaigns about how to become carbon neutral, the message concerning climate change is certainly getting through to the population at large. But unless individuals and companies are prepared to take personal action and be responsible for reducing their day-today carbon footprints, it’s hard to see how we can collectively move forward in the short term and make a big enough difference to the planet. One thing is very clear; we must all - both individuals and the organizations we work for - accept that we have to take direct action and tackle global warming together, and soon.

Whilst every effort has been taken to verify the accuracy of this information, neither TANDBERG nor b&p communication can accept any responsibility or liability for reliance by any person on this white paper or any of the information, opinions or conclusions set out in the white paper.

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partner


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Partner Media

Partner Media Web

Partner Editing Technology

Con la partecipazione di


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Certificazioni Ambientali

Carta

Inchiostri Per questa edizione sono stati utilizzati inchiostri Sun Chemical, WORLD SERIES ed EXACT, formulati su base vegetale, esenti da oli minerali (distillati idrocarburici). Dette quadricromie sono conformi alle normative Europee relative all’assenza dei metalli pesanti (CONEG) ed a quelle riguardanti i giocattoli (EN/71)

Industria Grafica Vincenzo Bona Spa - Bona Industrie Grafiche Numero di certificato: CQ-COC-000014 Prodotti: Stampa di libri su carta FSC Products: Printing of books on FSC paper Indirizzo: Strada Settimo, 370/30, 10156 Torino (TO) Internet: www.vincenzobona.com Scadenza certificato: 09.03.2010


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