Rivista cartacea e digitale della Scuola di Psicologia - UniFi
Brainst rming A cura del Collettivo Laboratorio 15
maggio-giugno 2015
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Brainstorming di Maggio/Giugno a cura del Collettivo Laboratorio 15 brainstormingmagazine.wordpress.com
Se ce l’ha fatta l’Irlanda di Arturo Mugnai
Guardare da lontano la vittoria del Si nel referendum per la modifica della costituzione irlandese relativamente alle unioni civili fa venire in mente quelle volte in cui scoraggiati dalle difficoltà nel raggiungere un obiettivo pensiamo a qualcuno di simile a noi che quell’obiettivo lo ha raggiunto pienamente. Più che sminuire l’altro-checi-somiglia si tratta di elevare-noi-stessi oltre quelle stesse difficoltà che anche il nostro simile avrà incontrato. Oggi il commento che va per la maggiore sembra essere In Italia non ce la faremo mai. Oppure Noi abbiamo il vaticano. Ah si? L’Irlanda fino al 1993 considerava l’omosessualità come un reato, a proposito delle difficoltà.
A sostenere il referendum in questione c’era anche l’area cattolica di centrodestra e secondo alcuni, l’esito del voto è anche una reazione mossa dall’insoddisfazione nei confronti della chiesa irlandese. La modifica della costituzione irlandese non sembra immersa completamente in un movimento radicale, ma anzi sembrerebbe aver agito anche uno specifico sentimento cattolico di sostegno verso la famiglia, di accoglienza dei più deboli e di senso di comunità, che ha spianato la strada all’estensione dei diritti matrimoniali alle persone omosessuali. Restiamo soli a compiacerci delle nostre radici utilizzandole come scusa quando qualcun’altro che ci somiglia fa un passo in avanti in materia di diritti civili. Le radici non c’entrano niente. Andate a chiederlo all’Irlanda
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Birdman
Recensione di Francesca Boddi
Birdman, film di Alejandro Gonzàlez Inarritu (2014) racconta la storia di Riggan Thomson, attore di professione che, dopo un periodo di gloria grazie all'interpretazione di un supereroe, “Birdman” appunto, sperimenta un periodo di profondo oblìo durante il quale cerca di affermarsi nuovamente come attore; interpretando un nuovo personaggio in un nuovo spettacolo. Durante le prove teatrali, il protagonista alterna momenti di disagio nello staccarsi dal personaggio precedente, grazie al quale i suoi fan continuano ad acclamarlo e riconoscerlo per strada. per la gran parte del film, viene perseguitato da voci e visioni di birdman che lo portano ad un vero e proprio loop tra dissociazione e delirio. Questo film, secondo me, fa riflettere sulla difficoltà che si riscontra in maniera diffusa nel fattore umano.
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La difficoltà dal distaccarsi da ciò che nella vita sembra ormai aver preso una piega giusta: posizioni lavorative, mete, relazioni che ad un certo punto sembrano cullarci come madri nel complesso vortice dell'abitudine; abitudine, non solo riferita a come vediamo noi stessi ma anche riferita a come gli altri ci vedono e ci cristallizzano. Ogni volta che la piega sembra liscia dovremmo riprendere in mano la camicia, strapazzarla un po e vedere le nuove pieghe che si formano, dargli un nome, dargli un luogo e rifletterci su: sono piÚ attraenti o la piega precedente resta la migliore?
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Leonardo Nencioli
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Poesie per l'estate
di Francesca Boddi
Gocce I pensatori gocce blu riposano sugli scogli aspettando sprazzi di luce in mezzo ad una tempesta, inchini di sirene, giochi di schiume e nuvole dalle magiche forme; i pensatori gocce blu stanno lĂŹ ad aspettare risposte.
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Mare plastico Ti colori piĂš di rado d'azzurro e di bianco, si confondono tra le sfumature plastiche contro natura; e t'increspi piĂš spesso quasi a voler spruzzar rabbia. Se dico mare rispondi sempre tu? a te regalavi gioiose gocce.. buona estate mare plastico!
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Summer Girandole di luce passeggiano tra le secche spighe di questo cuore di terra e ciondola la notte sulla pelle bagnata degli innamorati.
RACCONTI BREVI DI UNA STORIA LUNGA: EPPURE. Ancora vi ricordo che questi sono pezzi di una storia più lunga. Ancora vi ricordo che il brano lo trovate intero (forse con maggior senso) nella versione on-line. Ancora ve lo ricordo, eppure. Non una singola parola. N-o-n u-n-a p-a-ro-l-a sono riuscito a buttare giù. Entro e la vedo chinata sul bancone a pulire dei bicchieri. Rilassata. Quasi come se le piacesse, quasi come se se lo godesse, lì, col suo viso rilassato e preso da pensieri leggeri. Mi guarda. La guardo. Le sorrido. Mi guarda, abbozza un cenno col capo ed increspa le sue sottili sopracciglia, per una frazione di secondo, giusto per una frazione di secondo, talmente breve da chiedermi se ci sia mai stato. Si rimette a fare ciò che stava facendo, o per lo meno, riprende l’azione, ma è tutto un altro fare. Decido di giocare. Quando la vedo così, quando mi immagino di vederla così, forse, provo un senso di difficoltà. Ancora non lo accetto. <Ciao bambina, sei molto carina lo sai? Ti posso conoscere?> <No bimbo, vai a giocare da un’altra parte.> <Dai non fare così, volevo solo chiederti se eri capace di far uscire la birra da quel tubo magico e se me ne riempivi un bicchiere! Io affamato.> (Affamato… ahahah chissà cosa avrebbero detto i Gestaltisti a riguardo…)
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<Ah!!> esclama con tono di chi ti ha smascherato. <Allora non volevi conoscermi veramente! Volevi solo sfruttarmi! Siete tutti uguali voi bambini! > < E comunque, si, lo so fare.> Mentre lo dice, mi regala una linguaccia stizzita, delle sopracciglia arricciate ed un proseguo <Per quella, caro bimbo, mi devi pagare e non c’è bisogno di conoscermi.> Indispettita, ma col sorriso del gioco, mi riempie un boccale di birra con la solita densa fondamenta di vodka che, con ostinata fatica, si mescola alla birra, lasciando tracce differenti di sé, a seconda del livello di profondità che, la tua voglia di affogare, ti spingerà a raggiungere. Forse oggi non è serata. Eppure. La guardo in silenzio.
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Non le piace questo silenzio. E’ un po’ pressante. Sento il suo infastidirsi crescere alla pesantezza del mio sguardo su di lei. Fermo. Impassibile. Tranquillo. Quel contrasto la stava uccidendo. <J. Ma che vuoi?> Dice irritata guardandomi. <Che mi guardi negli occhi e mi dici cosa c’è che non va. Lo sai che non mi piace far finta di niente con te.> Si riempie un bicchiere di birra e comincia, lentamente, a sorseggiarlo. Ogni sorso era un pensiero. Ogni pensiero un ricordo, ogni ricordo di pensiero andava allontanato, tenerlo troppo stretto poteva portarlo ad essere reale, enunciarlo figuriamoci. Quelle parole fermarono il tempo, i nostri sguardi si incrociarono, senza aggiungere altro al momento, se non il dato di realtà. Il ticchettare del tempo rallentò per poterci osservare lì, indecisi sul da farsi.
Da un lato lei, consapevole di aver detto, forse, una pensiero troppo pieno, e delle gambe della madonna, dall’altro lato io, visibilmente toccato da questa bella estetica, tanto cognitiva quanto fisica. Pessimo modo per iniziare un rapporto professionale. Eppure. A levarci d’impaccio da questa situazione del cazzo, ci pensa Paolo. <Dai piccioncini, continuerete a guardarvi in auto o al locale, ma muovete il culo che stiamo andando.> Certo, poi ci sarebbe anche le distrazioni del locale. Alle volte deludenti, alle volte ironiche, alle volte dispensatrici di gioie. Per non parlare del continuo resistere a quella pulsione di morte, di autodistruzione, che mi porta a vedere la scelta giusta, e a fare reiteratamente quella contraria, come quella di unirmi a questa mandria, in questa notte, dannatamente bella per liberare i mostri. Eppure.
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Continua a leggere la storia di Alessandro Attanà su brainstormingmagazine.wordpress.com
Non dico certo che la perdita di equilibrio mi dispiaccia anzi.. Il suo corpo è completamente fuso col mio, ho la sensazione che stia cercando di rompermi. Sento il suo respiro affannato ed intenso su di me, mentre la sua spingente cassa toracica, prende spazio contro la mia, col ritmo di tamburi vichinghi da navi da guerra. Il tempo di far uscire una lacrima dall’angolo dell’occhio destro, che si addormentò fra uno sbuffo e un affanno. La goccia scivolò sul naso, poi finì sull’altra guancia e si estinse prima di abbandonare il corpo e cadere per terra. Non ebbi il coraggio di toccarla.
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Cruciverba
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ORIZZONTALI : 1. Ne soffre chi ha paura dei luoghi aperti – 10. Poste e Telegrafi – 11. Stendere, compilare – 12. Movimento involontario di origine nervosa – 14. Due a Roma – 15. Molto piccola – 16. La sesta nota – 18. Alla fine dei buoi – 19. Fu incoronato la notte di Natale dell'anno 800 – 23. Divieto di pronunciare certe parole – 25. Articolo determinativo maschile singolare – 26. Prima parte di parole composte in cui significa ''due'' – 27. Bestiame composto da pecore e capre – 30. Risposta assolutamente negativa – 31. Imposta comunale sugli Immobili – 32. Consumato, sgretolato – 33. Padre fondatore della Psicoanalisi – 35. Minore di due in Inghilterra – 37. Si possono evadere – 40. Ci si corica il militare – 43. Nichel – 44. A me – 46. Ce n'è uno Morto ed uno Nero – 47. Pari in cera – 48. Il Poema con Ulisse e Penelope.
VERTICALI: 2. Personaggio fiabesco orrendo e crudele – 3. Lo erano i Savoia – 4. L'aldilà pagano – 5. Firenze – 6. Né ieri, né domani – 7. Agli estremi delle barche – 8. Pieno di peli – 9. Dittongo latino – 13. Padre degli Dei e Re dell'Olimpo – 15. Il verso di un felino – 17. Abbreviazione di articolo – 18. Dello stesso sesso – 20. Edificio caratterizzato da una serie intricata di corridoi – 21. È più tozzo del cannone – 22. Insieme di disturbi psicopatologici scaturiti dall'ansia – 24. Manici ricurvi a mezzo cerchio – 27. Vocali in more – 28. Atomo negativo o positivo – 29. Il tipo di farina derivata da bassa estrazione – 34. Preposizione semplice – 36. Può essere funebre o elettorale – 38. Stagno – 39. Strumento musicale inventato dal Dio Mercurio – 40. Accanto all'asinello – 41. Una parte dell'aia – 42. Papà inglese – 44. Però – 45. Un'organizzazione paramilitare d'élite del Partito Nazista tedesco.
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San Salvi, un passato che resta presente di Collettivo Laboratorio Quindici
Mercoledì 27 maggio 2015 si è tenuta in Torretta la proiezione di “Col nome del delirio”, documentario storico e autobiografico di Bianca Pananti, Simone Malavolti e Leonardo Filastò, che si figura come una raccolta di interviste a chi ha prestato servizio o ha lavorato nel manicomio fiorentino fino al 1998, anno della sua chiusura. Siamo soddisfatti della realizzazione di questo evento visto che, nella
nostra Scuola, di San Salvi se ne parla sempre meno nonostante ospiti il dipartimento di Psicologia. La proiezione di queste testimonianze, ci offre l'occasione di poter ascoltare dal vivo quelle che sono le storie e le esperienze delle persone che hanno vissuto in prima persona la realtà manicomiale. Persone che hanno assistito all'entrata in vigore della legge 180 del
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13 maggio 1978, "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori". , quella che passerà alla storia come legge Basaglia dal nome dello psichiatra che ha sancito la chiusura delle strutture manicomiali e che, in quanto futuri professionisti della salute, ci riguarda da vicino. Questa legge ha radicalmente cambiato l'approccio del trattamento dei disturbi mentali. L'avvento della legge 180 è stata il frutto di un grande movimento di protesta che, in un'ottica lungimirante ed avanguardista, promuoveva la sospensione delle pratiche barbariche che venivano effettuate sui malati di mente (come ad esempio l'elettroshock) ed un miglioramento delle fatiscenti condizioni di vita in cui gli internati erano costretti a vivere; internati che spesso esperivano violenze sia psichiche che fisiche. Il fine ultimo del movimento basagliano era quello di ridare dignità alla malato in quanto essere umano. Un progetto le cui parole chiave erano integrazione e senso di comunità. La realizzazione di questo piano
trovò numerosi ostacoli, uno in primis la morte prematura dello stesso Basaglia che non riuscì a guidare l'applicazione della legge 180. La chiusura dei manicomi arrivò con netto ritardo, a San Salvi ad esempio si ebbe solo nel '98. A sostituirli ci furono gli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) che non fecero altro che peggiorare la situazione lasciata dai manicomi. Quest'anno anche gli OPG sono stati chiusi e al loro posto ci saranno le REMS (Residenze per l'esecuzione della misura di sicurezza sanitaria), sulle quali ancora non ci esprimiamo viste le lacune organizzative, e finanziarie che di fatto ne stanno bloccando la realizzazione. Questo processo ha stigmatizzato fortemente non solo i "malati mentali" ma anche l'area stessa della città dedicata a queste strutture. Non fa eccezione San Salvi, il quale conserva tutt'ora le mura di contenimento dell'ex manicomio, enfatizzando la presenza di una città dentro la città le quali però sembrano non
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incontrarsi mai. Oggi San Salvi è caratterizzato da nuovi processo di emarginalizzazione e stigmatizzazione. "E' meglio non andarci alla sera" "Ah San Salvi, il posto dei matti?!" E' questo quello che riecheggia in tutta la città di Firenze, ma fortunatamente c'è anche qualcos'altro. Le numerose associazioni che hanno sede a San Salvi e che, giorno dopo giorno, cercano di farlo vivere per renderlo una città aperta, realizzando un po' di quel progetto che oggi sembra così lontano e che porta il nome di Basaglia. Questo è quello che auspichiamo anche noi. In quanto studenti di Psicologia, conveniamo sull'importanza del tenere viva la memoria di San Salvi e allo stesso tempo dare una nuova vita a questo posto. Ovvero fare di San Salvi una luogo vissuto appieno dalla comunità, che si faccia portatore della bandiera dell'integrazione della società multietnica e multiculturale che si sta venendo a creare.
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di Colorinsoffitta
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