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IL MONDO IN TASCA
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SECOLO NELLE FOTOG " CARTE DE VISITE"
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ASSOCIAZIONE PER LA FOTOGRAFIA STORICA. TORINO
Versione ebook a cura di Matteo Parpani e Gabriele Chiesa in licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)
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IL MONDO IN TASCA IL XIX SECOLO NELLE FOTOGRAFIE ((CARTE DE VISITE ))
Testi di ANDREA MANDARINO GIANLUIGI PARPANI
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ASSOCIAZIONE PER LA FOTOGRAFIA STORICA. TORINO
BIBLIOTECA CIVICA VILLA AMORETTI Parco Rignon - Via Filadelfia, 205 - Torino Dal 1 al 26 aprile 2003
Progetto e organizzazione: Associazione per la Fotografia Storica, Torino Città di Torino. Biblioteche Civiche Torinesi Curatore: Laura Danna Leonardo Si ringraziano: Simonetta Benozzo, Giovanni Bianco, Valeria Calabrese, Giulia Caducei, Margherita Chiapasco, Marisa Cortese, Antonio Cutrupi, Roberto Emprin Gilardini, Annamaria Garbero, Aldo Imarisio, Santo Leonardo, Tommaso Mattina, Paolo Messina, Remo Perazzo, Enza Proietti, Guido Ruffa, Silvana Sabbione, Roberto Scorza. Per le fotografie © collezioni: Laura Danna e Santo Leonardo, Torino - Luciana Mercatanti e Luciano Cattarin, Prato - Gianluigi Parpani, Lodi Isa e Simone Tarchi, Firenze - Maria e Mario Tozzi, Torino Stefano Viaggio, St. Pierre (Aosta) Consulenza uniformologica: Massimo Piatto Stampa: Dal Broi Fotolito: Alfabeta Grafica
C: i■ REGIONE
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CITIÀ DI TORINO
ASSOCIAZIONE PER LA FOTOGRAFIA STORICA Via Po 12 - 10123 Torino (Italia) Tel. e Fax 0039.11.8395382 - 0039.347.5894089 e.mail: laudann@tin.it ©
Biblioteche Civiche Torinesi
Il Sistema Bibliotecario urbano di Torino ha accolto con piacere la proposta di una nuova collaborazione con l'Associazione per la fotografia storica di Torino per una mostra sulle ((cartes de visite)). Argomento poco noto ai più) ma degno di essere divulgato per le emozioni che ci trasmettono quelle piccole immagini di volti) costumi) luoghi del passato) oggetto di raccolta attenta e appassionata da parte di un selezionato gruppo di collezionisti. Il salone aulico della settecentesca Villa Amoretti) in cui ha sede l )omonima Biblioteca civica) un po )discosta dal rumoroso traffico cittadino) è parsa il luogo più adatto per esporre le opere proposte) affiancate da una bibliografia e da una selezione di testi delle Biblioteche civiche torinesi che ci riportano al tempo evocato dalle immagini., Paolo Messina
Con questa iniziativa prosegue /)intento della nostra Associazione di divulgare e di creare occasioni di riflessione su tematiche) tecniche e protagonisti della Storia della Fotografia. La moda delle cartes de visite segnò e ben rappresentò un )epoca. Dopo la magica scoperta di jissare )) le immagini) il poterle riprodurre a bassi costi e commercializzarle in piccoli formati nei soggetti più dispar(!,ti) raccoglierle e collezionarle in albums era veramente per tuomo dell)ottocento come (possedere il mondo )). I presupposti che scaturivano dalla 1ebbre )) di raccogliere le immagini di luoghi esotici) di personaggi celebri e delle amenità più inconsuete) dovevano essere molto simili a quelli che ci hanno portati da bambini·ad intraprendere almeno una raccolta di figurine) con la differenza sostanziale che nell )ottocento) per molti) era questo l )unico modo di avvicinarsi a luoghi e persone che altrimenti sarebbero stati inarrivabili. La nostra Associazione non ha saputo resistere al fascino di questo argomento) anche perché molte delle nostre collezioni sono iniziate) non a caso) con la raccolta delle ((cartes de visite ))) ma ho constatato con piacere che tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione di questa mostra sono stati positivamente ((contagiati )) ed hanno risposto con sensibilità ed entusiasmo. Laura Danna Leonardo
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La Carte de Visite, tra divulgazione, società e industria. La fotografia in formato "carte de visite" è stata, nel mondo, la prima vera forma di democratizzazione dell'immagine in tutte i suoi aspetti espressivi e, soprattutto, sociali. Nei prima anni di sviluppo e diffusione, che vanno dal 1839 al 1851, la fotografia dimostra, sin dalle prime apparizioni, un grande potere di fascinazione e una enorme potenzialità di penetrazione nel tessuto sociale. Potenzialità però ancora a uno stato latente. In questa fase arcaica, databile fino al 1851 circa, caratterizzata da procedimenti molto sperimentali e dai risultati spesso imprevedibili, la direzionalità dell'estetica e dell'espressività dei neonati procedimenti fotografici, e parlo principalmente della dagherrotipia e della calotipia, era affidata a una cerchia elitaria di studiosi o facoltosi intraprendenti legati alle varie aristocrazie sociali e scientifiche che, per ataviche motivazioni autoprotezionistiche e di difesa di casta, riservarono la Fotografia a pochi gruppi sociali. Gli alti costi dei materiali e la ancora poco chiara indicazione d'uso dell'immagine fotografica, sia sotto l'aspetto iconografico e commerciale, sia come forma di industria a largo respiro, stabilizzarono i risultati racchiudendoli nelle mani di pochi fotografi che gestirono, con grande fatica, la loro esistenza aziendale. Solo con l'avvento della scoperta della tecnica del collodio umido (1851) le cose cambiarono radicalmente, nel senso che l'industria percepì con discreto anticipo le enormi e redditizie possibilità di una probabile, ma fino ad allora inespressa, richiesta su larga scala di materiali specifici per il raggiungimento di risultati, in ambito fotografico, sicuri e stabili, lontani da quelli che si inseguivano, spesso con grande senso di frustrazione, con l'uso delle precedenti tecniche. Con il notevole abbattimento dei costi si poterono così ampliare i guadagni da parte dei fotografi che si liberarono dai limiti lavorativi, spostando la loro attenzione su quegli aspetti di ridefinizione 7
estetica e di rappresentazione tenuti ai n1argini fino a quel momento. E' a quegli anni, 1851-55, che si possono ric.o ndurre le prime apparizioni di fotografie di piccolo formato, in genere 6 x 10 cm, incollati su cartoncini di poco superiori, raffiguranti ritratti di persone. Analizzando quelli fino a noi pervenuti, (e alcuni esempi li ritroviamo in questa mostra), notiamo innanzitutto il procedimento di assemblaggio molto rudimentale e artigianale, con formati diversi fra loro, utilizzando anche tecniche legate a tipologie degli anni precedenti come la calotipia o il positivo diretto al collodio umido (molto raro e utilizzato soprattutto per immagini di piccolo formato), e con le indicazioni dello studio fotografico scritto con calligrafia incerta, posizionate secondo il libero arbitrio del fotografo. Notiamo inoltre che i soggetti ritratti sono ancora personaggi di classi sociali elitarie, i militari ad esempio rappresentavano una fascia di mercato particolare, collegata all'esigenza di testimoniare o di possedere con un'immagine un ricordo costante e tangibile. Fino a tutto il 1859, anno che per praticità di collocazione storica e per semplificazione si è stabilito come data di debutto internazionale della Fotografia in Carte de Visite, sono apparse in Europa varie forme di anticipazione di questo nuovo standard fotografico. In un certo senso possiamo considerare la Carte de Visite come l'unione di due esigenze diverse: da una parte il classico biglietto di presentazione, diffusosi nelle principali Corti d'Europa a cavallo tra Sei e Settecento utilizzato come informazione discreta e snobistica, e dall'altra l'autocompiacimento formale e personale delle nuove forze sociali in ascesa nell'Ottocento, sostenitrici delle dilaganti tecnologie come la Fotografia. Prima del 1859 vari fotografi rivendicarono la paternità dell'invenzione della Carte de Visite, il primo addirittura sembra essere stato il fotografo di Marsiglia Louis Dodero che nel 1851 su La Lumière pubblicò una lettera dove proponeva l'uso di piccoli ritratti su documenti ufficiali, facendo mostra di un ottimo spirito imprenditoriale. Altri esempi di precursori sono stati i francesi E. Delessert
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e il conte Aguado, come segnalò in una lettera del 1854 Ernest Lacan, mentre sir David Brewster nel 1857 segnalava che l'invenzione della Carte de Visite si doveva ricondurre al duca di Parma che utilizzò dei suoi piccoli ritratti fotografici sui biglietti da visita. Citiamo anche il fotografo T. Bullock che nel 1857 rivendicava il primato. Alcune fonti dell'epoca indicano l'inizio della diffusione addirittura in America. Al di là di tutte queste imprecise attribuzioni, possiamo risolvere la questione indicando due date importanti: la prima è la data di deposito del brevetto da parte del fotografo francese André Adolphe Eugène Disdéri nel 1854 e la seconda è il 1859 anno di esplosione del fenomeno in sé. Vale la pena soffermarsi sul fotografo Disdéri in quanto la sua carriera come professionista definisce in modo sintomatico i molti aspetti, positivi e negativi, che caratterizzavano la figura del fotografo ottocentesco in cerca di affermazione e fortuna, aspetti che ritroviamo anche in altri grandi proto-fotografi come Daguerre, inventore del dagherrotipo, o Talbot, inventore del calotipo. Disdéri era di origine italiana (nato a Genova nel 1819), fino all'età di quarant'anni svolse varie attività con scarso successo, nel 1848 fu costretto a lasciare Parigi inseguito dai debiti, si trasferì a Brest e qui aprì, grazie a un finanziamento del cognato, uno studio di dagherrotipia, ma anche questa impresa fallì e l'attività fu rilevata dalla sua ex moglie. Si spostò allora a Nimes nel 1853 dove imparò la tecnica al collodio umido e l'anno successivo tornò a Parigi dove, in società con un certo Diosse, aprì, all'indirizzo di Boulevard des Italiens, un grosso studio fotografico, ma la sua produzione rientrò nei canoni dell'ordinarietà, in linea con quelle degli altri grandi studi parigini, inoltre il notevole numero di persone alle sue dipendenze lo costrinsero a sostenere alti costi di impresa e ben presto anche questa società fallì. Probabilmente tra il 1856 e il 1857 riprese in considerazione il suo brevetto per la Carte de Visite. All'epoca il costo di un singolo ritratto su una lastra di 24 x 18 cm costava a Parigi dai 50 ai 100 franchi, il che escludeva 9
automaticamente una larga parte di pubblico potenziale. Partendo da questi presupposti, sospinto dall'impellente necessità di sanare i suoi debiti, Disdéri elaborò un sistema per ottenere, con l'ausilio di un apparecchio per lastre al collodio umido, appositamente modificato e composto da quattro obiettivi ravvicinati e da un'unica lastra, otto piccoli singoli ritratti non simultanei, usando un dorso scorrevole. Ogni obiettivo poteva essere aperto singolarmente per l'esposizione consentendo di variare la posa del soggetto. Questo portò ad abbattere notevolmente i costi sostenuti dal fotografo, ridusse il prezzo delle fotografie al pubblico e aprì una nuova forma di mercato imprenditoriale. Disdéri per dodici piccole fotografie formato Carte de Visite chiedeva 20 franchi. Nel 1860 l'ottico parigino Hermagis mise in produzione una macchina fotografica a 4 obiettivi e dorso scorrevole destinata a entrare in uso nei principali studi fotografici del mondo. Altra data legata in maniera indissolubile a Disdéri e alla Carte de Visite è il 1859, anno della famosa fotografia del imperatore Napoleone III. L'episodio considerato memorabile attraverso gli scritti lasciati da Nadar, secondo recenti studi in realtà è falso: l'imperatore in partenza con il suo esercito per portare soccorso a Genova al re di Sardegna, decise di fermarsi nello studio di Disdéri per farsi ritrarre. In realtà è stato appurato che l'esercito in uscita dalla città fece un altro percorso. In ogni caso possiamo considerare questa situazione come una prima forma di marketing pubblicitario. Disdéri, grazie alla benevolenza dell'imperatore e della famiglia imperiale, si trovò ben presto sommerso da un successo sorprendente: commercializzò migliaia di immagini dei reali facendo fronte a innumerevoli richieste, la moda dilagante del ritratto in Carte de visite costrinse Disdéri ad ampliare l'attività aumentando il personale, tutta Parigi, a cominciare dall'entourage di corte, sfilò nel più rinomato studio della città. In pochi anni i suoi guadagni lo portarono a diventare una delle personalità più 10
ricche di Francia, con due studi attivi e centinaia di persone al . . suo serv1z10. Si passò così dalle rudimentali e semplicistiche esigenze dei primi ritratti in questo formato, degli anni cinquanta, alla standardizzazione industriale. Ben presto, accanto a quelle piccole grandi fucine di immagini, che erano gli studi cittadini di ritrattistica, si sviluppò un indotto legato alla produzione su larga scala di: prodotti chimici, carte fotografiche all'albume, cartoncini di supporto prestampati, arredi per studi, decorazioni, fondali ... dipinti su commissione a noti pittori locali. I ritmi di lavoro serrati, le pressanti esigenze della clientela spostarono in breve tempo l'atteggiamento del fotografo nei confronti della persona ritratta da una visione calma e riflessiva, (permessi solo da riprese su committenza più impegnative), a soluzioni per la posa impersonali e standardizzate, stereotipate in formule atte a semplificare i risultati e a sottrarre il professionista da quegli obblighi formali che hanno sempre accompagnato i creatori di immagini, in sostanza nel confronto commerciale fotografo-cliente emerge la matrice di gusto e di formazione estetica che li accomuna, smascherando la loro comune estrazione e provenienza sociale. Il piccolo formato permise anche al fotografo di aggirare i costi del ritocco in auge con l'uso dei formati di stampa superiori utilizzati fino ad allora e contribuì alla quasi totale scomparsa della figura professionale del ritoccatore di fotografie, collegato solo più a quei professionisti che mantennero la loro esclusività. Se da una parte vi fu un incremento degli studi di ritrattisti, con conseguente abbattimento dei costi, dall'altra molti importanti fotografi che avevano fino allora caratterizzato la loro produzioni con immagini di grandi dimensioni e di grande qualità, non riuscendo ad adeguarsi alle nuove esigenze della committenza, furono costrette a cessare l'attività come nel caso dei F.lli Bisson, famosi per le loro splendide e avvolgenti vedute di montagna. 11
Per tutti gli anni sessanta, attraverso una rapida diffusione prima nelle principali corti europee e successivamente nelle classi sociali a loro direttamente collegate, fino ai ceti popolari, la Carte de Visite invase la vita quotidiana, permettendo il possesso diretto di un'iconografia quasi feticista e morbosa, legata a personaggi fino ad allora irraggiungibili, come reali, alti militari, personaggi dello spettacolo o simboli popolari, scrittori famosi e politici, passando così da desideri verbali a desideri di classe visivi. Presto sorse anche l'esigenza di conservare, per una più pratica e veloce fruizione, questi piccoli ritratti in albums, dove il criterio era quasi sempre soggettivo e prevalentemente legato al desiderio di accostare i propri conoscenti ai personaggi più rinomati. Albums confezionati per assecondare il gusto dell'epoca, correndo di pari passo con evoluzioni di mercato e decorazioni accattivanti. Anche in Italia sorsero con grande rapidità studi fotografici improntati prevalentemente sul ritratto massificato, i più rapidi a recepire le nuove esigenze del mercato sono stati a Torino Schemboche, Le Lieure, Montabone, Di Chanaz; a Milano Duroni, Pagliano, Ganzini, Deroche & Heyland; a Roma D'Alessandri, Suscipj, Altobelli; a Padova Sorgato; a Napoli Sommer e Bernoud, a Firenze i f.lli Alinari, a Verona il Lotze, a Palermo La Barbera, seguiti nel corso degli anni da studi più piccoli, spesso a conduzione familiare o itineranti. Se la produzione italiana tendenzialmente non si discosta di molto dai risultati d'oltralpe, evidenzia però una fenomenologia con varie sfaccettature. La possibilità di entrare in contatto con un vasto numero di turisti stranieri in visita in Italia vede il concentrarsi del maggior numero di studi di ritrattistica nei principali centri d'arte meta del Grand Tour, inoltre la presenza di una aristocrazia di minore entità rispetto agli altri paesi europei, costrinse, sin dagli inizi, i fotografi italiani verso una clientela più popolare e occasionale. La stessa industria italiana assecondò con maggiore ritardo e lentezza le nuove richieste di materiali fotografici o di 12
quelli strettamente collegati ad essi. E' anche vero che le maggiori richieste di immagini fotografiche in Italia nel periodo di espansione della Carte de Visite (1859-70) riguardavano principalmente la vedutistica urbana e paesaggistica e le opere d 'arte realizzate dai migliori fotografi internazionali (tra tutti: MacPherson, Anderson, Bernoud, Alinari, Ponti), il che contribuì enormemente a rallentare l'introduzione del nuovo piccolo formato nel tessuto sociale. Vi furono anche episodi emblematici che legarono la Carte de Visite alla storia d'Italia come il famoso album costruito pazientemente da Alessandro Pavia, milanese attivo a Genova, terminato nel 1867, raffigurante i Mille di Garibaldi. Questa mostra è anche l'occasione per notare che, nella rappresentazione del ritratto in Carte de Visite, l'omologazione del soggetto, di qualsiasi nazione faccia parte, è costante e straordinariamente uniforme. Questo è dovuto a vari motivi, alcuni li abbiamo già accennati, altri sono identificabili nelle pose troppo veloci, necessarie per soddisfare le enormi richieste, nell'uso di strumenti derivanti dagli studi di scultura e dagherrotipia per tenere immobile il soggetto durante le ancora troppo lunghe esposizioni, l'uso stereotipato della luce naturale, i fondali uguali per tutti che non consentivano una adeguata esaltazione della personalità ritratta, la ripresa a figura intera che, a causa del piccolo formato, poneva decisamente in secondo piano la possibile espressività del viso, non a caso la famosa fotografa inglese J.M. Cameron definiva importante "la grandezza dell'uomo interiore, oltre ai lineamenti dell'uomo esteriore" cioè quell'aspetto che un grande artista dell'immagine doveva cercare nel ritratto e che viceversa la Carte de Visite tendeva a mortificare. Ma al di là di questo, vorrei sottolineare come, attraverso le istanze sociali e industriali, queste fotografie abbiano portato fino a noi una considerevole quantità di informazioni sul costume e sul suo mutare nel tempo, ci hanno permesso, grazie alla possibilità di essere conservate in condizioni migliori delle fotografie di grande formato,di venire a conoscenza di soggetti spesso perduti per sempre. 13
Già verso la fine degli anni sessanta la Carte de Visite iniziò la sua lenta parabola discendente: le enormi richieste iniziali si stabilizzarono, obbligando i fotografi a veicolare i loro sforzi imprenditoriali verso forme più presenti di pubblicità locale su quotidiani, riviste, manifesti e costringendoli a maggiori impegni finanziari per mantenere la clientela. Era ancora molto ambito il personaggio del momento che, se immortalato nel proprio studio fotografico, garantiva una quota notevole di vendite presso il pubblico. Considerevole sviluppo ebbero in questi anni la pubblicizzazione di miglioramenti tecnici, o presunti tali, che dovevano rendere il prodotto offerto più attraente ed esclusivo come l'invenzione di sistemi protettivi dell'immagine fotografica, citiamo il "sistema Leandro Crozat", utilizzato in Italia dal fotografo Paolo A. Crisanti sin dal 1866 ed in seguito da Ganzini, G. Rossi, Lombardi etc. Anche la diversificazione dei soggetti fu una strada percorsa, oltre che dalle classiche vedute di città d'arte di gradimento per una clientela straniera, dai soggetti particolari come gli artisti dei , circhi o le popolazioni di etnie lontane ed esotiche, gli animali in pose curiose o i costumi popolari e regionali frequentemente acquerellati da abili artisti. Oltre ai nudi, molto richiesti dai pittori, si diffusero, attraverso canali non ufficiali, fotografie pornografiche in Carte da Visite. Sintomatico fu il caso Diotallevi · scoppiato a Roma nel 1862: due giovani fotografi diffusero immagini fotografiche oscene dei reali di Napoli, ospiti del Papa dopo la fuga dal forte di Gaeta nel 1861. In realt~ le Cartes de Visite in questione furono un pretesto per nascondere implicazioni politiche e intrighi spionistici. Tra i vari tentativi di sostenere il prodotto "Cartes de Visite", furono introdotti anche usi diversi da quelli portati avanti fino ad allora: citiamo l'uso dei piccoli ritratti come documenti di identificazione o di partecipazione a circoli ed associazioni e l'introduzione, verso gli anni ottanta, della fotografia sui biglietti augurali natalizi. 14
All'accelerazione del declino della Carte de Visite contribuì in maniera considerevole anche l'avvento del nuovo "Formato gabinetto" di 11 x 16 cm introdotto nel 1866 in Inghilterra da F.R. Window, che permise al mercato di ritrovare nuovi interessi e nuove mode. Molto interessante è stata anche l'evoluzione dei dorsi delle Cartes de Visite. Dei primi tentativi della prima metà degli anni cinquanta, realizzati in proprio dai fotografi e con esiti incerti e secondari, abbiamo accennato; dal 1860, per esigenze pratiche, il fotografo delega il pre-confezionamento del supporto e dei cartoncini sui quali viene applicata la foto a ditte specializzate e tipografiche (famosa a Torino fu la Litografia Doyen) che sviluppano dorsi fondamentalmente semplici ed essenziali con i soli dati dell'indirizzo dello studio. In seguito, con l'acquisizione da parte del fotografo di maggiore fama e di numerosi riconoscimenti pubblici, conferiti da parte di personalità politiche, e con la partecipazione a esposizione nazionali e internazionali, i dorsi si arricchiscono di nuovi elementi informativi e decorativi atti a sottolineare la bravura e la professionalità del fotografo. Con il passare degli anni subentrano altre caratteristiche come il colore di fondo, elementi di distinzione professionale, l'indicazione di nuovi brevetti fotografici, raggiungendo la massima espressione con gli anni settanta, quando la flessione del mercato porta a sviluppare nuovi elementi di attrazione per avvicinare nuovi clienti. Per tutti gli anni Ottanta la Carte da Visite coesiste con altri formati come il Mignon o il Promenade, tutti creati con l'unico obiettivo di vivacizzare un mercato ormai estremamente variegato e soffocato dall'affacciarsi alla ribalta della cartolina sia in forma tipografica che fotografica, che apparve per la prima volta in Germania verso il 1884, ma che dilagò in Francia verso la fine del secolo. Andrea Mandarino
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Simbologia e collezionismo nel linguaggio universale delle cartJ? s de visite. Troppo spesso si è disconosciuta, nella storia della fotografia , l'importanza di quella rivoluzione socio-intellettuale rappresentata dal fenomeno cartes de visite. probabilmente hanno concorso a questo fatto alcuni elementi tra i qui1,li il modesto aspetto, la piccola dimensione e la grande diffusionr che contribuisce a penalizzare la rarità di un oggetto disponibile in così larga misura. Questi elementi contrastano violentemente con la pr~sentazione dell'immagine, tipica degli anni 1840-1850, dove la . fofbgrafia assumeva un'importanza artistica pari a quella pittorica, elem~riti che evidenziano, secondo il pensiero del critico, la distruzione . 1-"' dell'arte fotografica asservita alle esigenze del commercio. Molti pregiudizi probabilmente hanno avuto origine dalla disputa corltinua tra i cosiddetti artisti-fotografi, che deprecavano le cartes de visite considerandole immagini convenzionali, povere e mancanti di creatività ed i fotografi-corµmerciali, che rivendicavano la paternità di un prodotto ritenuto pur sempre artistico, realizzato nei loro grandi ateliers fotografici in quaptità industriale, stimolati da un mercato sempre pil) fiorente ma an,ç he sempre più esigente. L'arte del fotografo è statt1 spesso avvalorata dalla ricerca esasperata dell'individualismo e clella espressività anche se rimangono ampie carenze di questo approccio estetico perché il lavoro di alcuni fotografi, molto noti all'epoca, è stato analizzato criticamente ed esaltato da numerose e ripetitive citazioni che hanno influenzato le maggiori pubblicazioni, mentre migliaia di eccezionali fotografi, appassionati del loro lavoro, ma schivi e più modesti, sono totalmente dimenticati. E' necessario tuttavia rivalutare questo fenomeno esplorando maggiormente i differenti usi delle molteplici tematiche delle cartes de visite come un riflesso della gente e del periodo in cui queste icone hanno realizzato il loro massimo sviluppo. E' una storia sicuramente interessante di ampio rilievo socio-culi '
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turale che va riletta partendo da quella rapidità di diffusione internazionale, avutasi nella produzione di fotografia commerciale, che ha portato alla familiarità . di persone celebri, alla conoscenza dei paesaggi storici, dei costumi popolari, degli aspetti etnografici, delle grandi opere di scultura e pittura e di tutto ciò che, a giudizio del fotografo, era riproducibile pur di incrementare le vendite. Per questo da un'analisi più approfondita ci rendiamo conto che quando parliamo di cartes de visite non è corretto classificarle sotto un unico schema, siamo di fronte ad una terminologia che sta ad indicare un formato che le rende esteticamente simili nelle misure ma sicuramente non nei contenuti. Per questo vanno considerate sotto alcuni degli aspetti più rilevanti quali l'universalità, la simbologia ed il fenomeno del collezionismo che ha promosso l'immagine, ora alla portata di tutti, in un modo nuovo ed appetibile. Tra la forma primitiva della carte de visite e quella correntemente prodotta a partire dal 1860, si è sviluppata una evoluzione che ha evidenziato un divertimento d'elite per portarlo a quella dimensione com~erciale che ha saputo proporre una forma appropriata di rappresentazione e che ha permesso ad una pratica marginale di diventare un fenomeno di costume. I vari Delessert, Aguado ed altri nobili appassionati della nuova arte che si dilettavano a donare agli amici il loro cartoncino da visita sul quale vi era incollata la loro immagine, erano fotografi dilettanti provetti ma, con queste divertenti operazioni hanno concretizzato le prime simbologie di queste piccole immagini. Certo, la qualità della riproduzione su carta salata ritagliata in un piccolo rettangolo di due e mezzo per circa sei centimetri incollato su di un cartoncino approssimativamente quattro per sette, non era sicuramente bella a vedersi ma, il fatto che l'individuo fosse rappresentato con il cappello in mano in segno di saluto al suo arrivo o con il pastrano sulle spalle nell'atto di partire, esaltava con la mimica il ricordo della visita (fig. 1 pag. 16). Solo con Disdéri, che per primo ha contribuito a creare dei nuovi mezzi di riproduzione multipla, viene uniformata una forma appro18
priata di rappresentazione che, secondo l'autore non doveva necessariamente riprodurre l'esattezza matematica delle proporzioni e delle forme dell'individuo, ma variando il punto di ripresa e la dimensione dell'arredo veniva studiata la composizione più idonea. Ecco allora che il ritratto in carte de visite prima di essere l'immagine di un individuo, è il riflesso della sua posizione nei rapporti con il pubblico e del prestigio che lo stesso vuole darsi; inoltre nel suo rapporto con l'immagine, il soggetto diventa un oggetto egli stesso evidenziato tra gli oggetti di arredo che ha scelto per essere leggibile proprio come vuole apparire. Nasce fin dai primi anni sessanta il fenomeno della "cartomania", quella forma di collezionismo grazie al quale sono commercializzate centinaia di migliaia di cartes de visite e che porta celebrità e ricchezza ai fotografi che avevano creduto nelle produzioni tematiche. Questa mania si diffonde velocemente e si estende a macchia d'olio al di qua ed al di là dell'Atlantico, ma non mancano numerose testimonianze provenienti dall'estremo oriente. Cartolerie, uffici postali, librerie e fotografi locali, si occupano della vendita anche per corrispondenza delle immagini da collezione esibendole nelle vetrine, mostrando elenchi e cataloghi ai clienti interessati (fig. 2 pag. 16). E' in questo contesto che si inserisce il messaggio pubblicitario; il retro delle cartes de visite primitive era per lo più anonimo, poi verso la fine anni '50 incomincia a comparire timidamente il nome dell'autore già arricchito verso il 1860 dal logo e da altre informazioni. Troviamo le medaglie premio ottenute nelle varie esposizioni, l'elenco delle filiali dell'atelier, l'annuncio dell'eventuale traslocamento, i brevetti della tecnologia applicata, l'elenco dei prezzi proposti (fig. 3 pag. 16), i simboli massonici, i motti araldici ed altro ancora. L'aspetto estetico del dorso diventa sempre più universale; a parte le sempre frequenti immagini evocanti il sole, la pittura o l'apparecchio fotografico, il probabile approvvigionamento negli stessi stabilimenti stampa dei cartoncini o la riproduzione dello stesso disegno di successo da parte dei vari stabilimenti, fa sì che numerosi fotografi europei utilizzino cartoncini di identica fattura e grafica. 19
In particolare verso il 1862-63 compare un disegno a cornice ovale piuttosto elaborato all'interno del quale, su fondo bianco, sta impresso il nome dell'atelier che risalta sul fondo differentemente colorato della parte all'esterno della cornice. Così, per citarne alcuni, troviamo la stessa immagine sul retro dei cartoncini dei vari Duroni, Deroche & Heyland, Ganzini, Crespi, Gottlieb, Spagliardi & Silo, Calzolari e Capitanio in Lombardia, Schemboche, Tua, Le Lieure, L'Astese, Barzotelli, Carelli, Tamburini e Santini in Piemonte, Sorgato e Jankovich a Venezia, Marzocchini a Livorno, Falardi a Lecce, Brandseph a Stoccarda, Metler und Kun a San Gallo, Mondel & Jacob a Wiesbaden, Kotschanderle a Pilsen, Yanais a Barcellona, Marin a San Sebastian e la presenza di questo stesso disegno anche sulle cartès de visite di Silas Selleck di San Francisco conferma ancora una volta il processo di standardizzazione universale del formato (fig. 5 pag. 21). La scelta di come si vuole apparire ed il messaggio che si vuole inviare al lettore fa sì che queste piccole immagini trasmettano in modo più o meno evidente, un significato simbolico; significato di prestigio acquisito, di schieramento, o di opinione che spesse volte prevarica quello primitivo del ricordo. Le 23 decorazioni assortite in quattro file, per lo più noh ufficiali, esibite dal maggiore di artiglieria e la cui totalità sulla bilancia dei Valori non raggiunge una medaglia di bronzo al Valor Militare, pur con il doveroso rispetto che ci può legare alla memoria dep'ufficiale, è un esempio per illustrare che anche se spesso la quantità non corrisponde alla qualità, il soggetto vuole presentarsi al prossimo con il petto stracolmo di ricordi dei suoi trascorsi (fig. 4 pag. 16). In altri casi, anche se non comuni, si trovano immagini di militari italiani che mostrano la medaglia francese Commemorativa della Campagna del 1859 "erroneament~" portata a rovescio dopd: che l'antico Alleato ha osteggiato la completa unificazione italiana. Forse per i nostri soldati era senz'altro più gratificante esibire i nomi epici di Magenta, Solferino e di altre vittoriose battaglie riportati sul retro della medaglia che non l'effige di Napoleone III posta sul davanti. Tramite
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la carte de visite possiamo così leggere la discreta e sottile contestazione non altrimenti possibile nell'ambito militare. A conclusione di questa breve ispezione su di alcune delle caratteristiche più salienti delle cartes de visite, non ci re~ta che prendere un album e sfogliarlo e rileggendo le immagini vediamo uno spaccato straordinario della vita che scorre, emotiva e profon9a e ci si meraviglia di provare un sempre maggior interesse per qu~ste figure che a prima vista sembrano irrilevanti. . Molte immagini sono certamente imperfette dal punto di vista essenzialmente tecnico ma, quell'umanità, quell'interpretazione critica della vita, quella perfezione nel tradurre l'espressione di un volto o la creatività di una composizione, ci offrono una scelta ineguale di testimonianze, a volte anche curiose ma sempre di rilevante intensità ed interesse e che esprimono ancor oggi un senso di grande attualità. Gianluigi Parpani
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ANONIMO 1853 ca. carta salata "Signore con cilindro"
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ANONIMO 1853 ca. albumina (riproduzione da dagherrotipo) "Ritratto di signore"
ANONIMO 1855 ca. positivo diretto al collodio umido "Due donne"
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DISDÉRI & C.ie Parigi, 1855 ca. albumina "Lo scrittore Gerard de Nerval"
NADAR Parigi, 1871 ca. albumina "La scrittrice George Sand"
Alphonse J. LIEBERT & C.o Parigi, 1865 ca. albumina "Alexandre Dumas (padre) e la Sig.ra Menken"
BERTALL & C.ie Parigi, 1860 ca. albumina "Lo scrittore Vietar Hugo"
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Alberto Luigi VIALARDI e C.ia Torino, 1860 ca. albumina "Lo scultore Darè"
CARETTE Lille, 1870 ca. albumina "M.me Agar de la Comédie Française"
ANONIMO 1855 ca. albumina "La cantante Adelina Patti"
DISDÉRI Parigi, 1860 ca. albumina "Il pittore Horace Vernet"
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ANONIMO 1870 ca. albumina "Post Mortem"
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Auguste BELLOC Parigi, 1855 ca. albumina "Nudo"
Auguste BELLOC Parigi, 1855 ca. albumina "Nudo"
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WILLIAM BROTHERS Londra, 1860 ca. albumina, fotomontaggio "Reigning Sovereigns and Principal Personages of the day"
30
ANONIMO 1862-63 albumina "Ministero Italiano"
DISDร RI Parigi, 1860 ca. albumina, fotomontaggio "Famille Imperiale Franรงaise"
31
Henry LE LIEURE Torino, 1860 ca. albumina, fotomontaggio "Membri del I Parlamento Italiano"
32
Alessandro DURONI Milano, 1860 ca. albumina "Umberto e Amedeo di Savoia a cavallo con due ufficiali"
Luigi MONTABONE Torino, 4 novembre 1866 albumina "Deputazione per il Plebiscito Veneto"
33
Edoardo DI CHANAZ Torino, 1860 ca. albumina "Camilla Benso Conte di Cavour"
ANONIMO 1860 ca. albumina "Giuseppe Garibaldi"
L. HARDTMUTH Ischl, 1860 ca. albumina "Otto Bismarck e consorte"
Franz HANFSTAENGL Monaco, 1865 ca. albumina "Conte Gyula Andrassy"
35
Gioacchino BOGLIONI Torino, 1860'' ca. albumina "Oddone di Savoia"
ANONIMO 1857 albumina "Vittorio Emanuele II"
Cesare BERNIERI Torino, 1865 ca. albumina "Maria Pia di Savoia, Don Luis di Braganza, i loro figli e Maria Clotilde di Savoia"
ANONIMO 1866 ca. albumina "Margherita di Savoia e il fratello Tommaso Duca di . .... Genova" ~···
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Gustavo REIGER Roma, 1861 albumina, fotomontaggio realizzato da G. Piga "Maria Sofia regina di Napoli"
F.lli D'ALESSANDRI Roma 1860 ca. albumina "Elisabetta d'Asburgo Imperatrice d'Austria"
MAYER & PIERSON Parigi, 1860 ca. albumina "Regina dei Paesi Bassi"
John Jabez MAYALL Londra, 1860 ca. albumina "La Regina Vittoria"
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VERRY Fils. Parigi, 1860 ca. albumina "Alessandro II Zar di Russia"
ANONIMO 1855 ca. albumina "Francesco II re di Napoli"
ANONIMO 1860 ca. albumina "Sultano d'Egitto"
Ludwig ANGERER Vienna, 1860 ca. albumina "Francesco Giuseppe d'Asburgo Imperatore d'Austria-Ungheria"
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ANG IO LINI e TUMINELLO Roma, 1865 albumina "Papa Pio IX"
VIRON Lourdes, 1865 ca. albumina "Marie Bernadette Soubirous"
ANONIMO 1888 ca. albumina "San Giovanni Bosco"
Secondo PIA Torino, 1898 albumina "Volto della S.S. Sindone"
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ANONIMO 1875 ca. albumina "Silhouette"
ANONIMO 1860 ca. albumina acquerellata "Gattini"
Frantiseck Josef Arnost FRIDRICH Praga, 1870 albumina acquerellata "Viola tricolor"
DE TORBECHET Allain & C.ie Parigi, 1870 ca. albumina "Denaro francese ''
45
WINDOW & BRIDGE Londra, 1870 ca. albumina "Ritratto multiplo a cammeo"
Pio RIDOLFI Bologna, 1890 ca. albumina "Fotomontaggio"
Ruggero TREVISANI Rimini, 1875 ca. albumina "Fotomontaggio"
Lodovico TUMINELLO Torino, 1865 ca. albumina "Fotomontaggio"
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E.&H.T. ANTHONY da neg. di BRADY New York, 1863 albumina "The Fairy Wedding Group"
STEREOSCOPIC COMPANY Londra 1865 ca. albumina "Il gigante Chang -Yu Sing"
NAUDIN Londra, 1860 ca. albumina "Tom il pianista cieco"
W.H. MASON Croydon, 1870 ca. albumina "La dernière prise"
49
HODCEND
HODCEND
Genova, 1865 ca. albumina "Marinaio e figlio (vestiti)"
Genova, 1865 ca. albumina "Marinaio e figlio (svestiti)"
GAMBARDELLA
S. Maria Capua a Vetere, 1860 ca. albumina "Soppressione delle Corporazioni Religiose"
ANONIMO
1860 ca. albumina "Cacciatore"
51
Coniugi MAZZOCCA . Torino, 1860 ca. albumina "Donne che filano"
VARADY & C.ie Basilea, 1860 ca. albumina "Gruppo familiare"
52
ANONIMO 1860 ca. albumina acquerellata "Costume Sardo"
MEYER PÃ&#x2C6;RE & Fils Milano, 1880 ca. albumina "Lattai o "
53
PUN LUN
1865 ca. albumina "Fumatori d'oppio"
ANONIMO 1870 ca. albumina "Bambine di Ceylon"
Christian PAIER 1865 ca. albumina "Cantatrice e ballerina"
55
Edric L. EATON Omaha, 1870 ca. albumina "Coppia di Pellerossa"
Edric L. EATON Omaha, 1870 ca. albumina "Digger Indians"
ANONIMO 1865 ca. albumina "Indigeno Neozelandese"
ANONIMO 1865 ca. albumina "Indigeno Neozelandese"
57
Cherubin FUMASOLI Aosta, 1875 ca. albumina "Jean Joseph Maquignaz, guida alpina"
58
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Adolphe BRAUN Dornach, 1860 ca. albumina "Vallée de Chamonix - Montanvert"
M.M. BISSON Freres Parigi, 1860 ca. albumina "Monte Rosa"
59
E. HAGLON
Tréport, 1860 ca. albumina "Normandia"
E. HAGLON
Tréport, 1860 ca. albumina "Normandia"
61
Edward JOHNSON Wisbech, 1866 ca. albumina "Veduta"
J.U. LOCHER St. Gallen, 1870 ca. albumina "St. Gallen"
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Giacomo BROGI Firenze, 1869 ca. albumina "Gerusalemme: Porta di Damasco"
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Giacomo BROGI Firenze, 1869 ca. albumina "Veduta di Tiro"
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Giacomo BROGI Firenze, 1869 ca. albumina "Veduta di Jaffa"
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A. GARCIN
Ginevra 1870 ca. albumina "Ginevra"
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PIGNOLET Parigi, 1878 albumina "Esposizione Universale"
PIGNOLET Parigi, 1878 albumina "Palazzo Trocadero"
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ANONIMO
Londra, 1855 ca. albumina "Londra: Cristal Palace"
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ANONIMO
Londra, 1865 albumina "Londra: il Parlamento"
ANONIMO
Londra, 1865 albumina "Londra: la Torre"
69
Edoardo DI CHANAZ Torino, 1855 ca. albumina "Torino: Monte dei Cappuccini"
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Edoardo DI CHANAZ Torino, 1855 ca. albumina "Torino: P.zza Castello"
Edoardo DI CHANAZ Torino, 1855 ca. albumina "Torino: Palazzo Madama"
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C.G. LINDE
Lubecca, 1870 ca. albumina "Lubecca"
72
Raffaello FERRETTI Ferrara, 1865 ca. albumina "Castello Estense"
ANONIMO 1870 ca. albumina "Roma: Tempio della Fortuna Virile"
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Celestino DEGOIX Genova, 1865 ca. albumina "Genova: chiesa della S.S. Annunziata"
Maurizio LOTZE Verona, 1865 ca. albumina "Verona: via Nuova"
Giuseppe LA BARBERA Palermo, 1865 albumina "Palermo: veduta generale"
ANONIMO 1865 ca. albumina "Spalato: il campanile del Tempio"
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Hyppolite DEROCHE & Francesco HEYLAND Milano, 1860 ca. albumina "Milano: stazione"
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ANONIMO 1870 ca. albumina "Venezia: l'Arsenale"
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Giorgio SOMMER & Edmondo BEHLES Napoli, 1870 ca. albumina "Napoli: Santa Lucia e Hotel de Rome"
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Versione ebook a cura di Matteo Parpani e Gabriele Chiesa in licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)
Finito di stampare nel mese di marzo 2003