TS35_Il demanio idrico - aspetti legislativi e gestionali_CS

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

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E LE ASSENZE DAL SERVIZIO


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05 ZIONE AL ERRITORIALE

Materiale didattico prodotto ad uso interno a supporto dei corsi di formazione per il personale della Regione Piemonte

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

Evoluzione del demanio idrico e normativa fondamentale

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Capo I - NOZIONE DI DEMANIO

1. Beni demaniali e patrimoniali La parola demanio deriva dal latino “demanium o domanium”, corruzione di “dominium” secondo il CAMMEO (Digesto Italiano, vol. IX, parte I, pag. 842), come riportato dal BENNATI, autore di un magistrale Manuale di Contabilità di Stato (Jovene Editore, Napoli 1977, pagg. 26-27), il quale - attingendo al grande romanista di scuola napoletana ARANGIO-RUIZ (Istituzioni di diritto romano) - distingue le res in commercio o res privatae, cose sottoposte al dominio privato, dalle res extra commercium, suddivise in res sacrae, cose destinate al culto delle divinità, e res publicae, cose destinate all’uso della generalità dei cittadini come fiumi, pozzi, strade, teatri etc..; nel diritto medioevale, secondo l’autore, è scomparsa la categoria delle res sacrae mentre le res publicae si sono confuse nei beni personali del Principe. Con il codice napoleonico del 1804 e quello del Regno d’Italia del 1865 (l’art. 427, che elencava propriamente i beni demaniali : “Le strade nazionali, il lido del mare, i porti, i seni, le spiagge, i fiumi e

torrenti, le porte, le mura, le fosse, i bastioni delle piazze da guerra e delle fortezze, fanno parte demanio pubblico” e l’art. 428, che recitava : “Qualsiasi altra specie di beni appartenenti allo Stato forma parte del suo patrimonio”), è nata l’attuale suddivisione dei beni pubblici in demanio e beni patrimoniali ; il diverso linguaggio giuridico e le mutazioni corografiche sono evidenti ! La legge sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato (R.D. 2440 del 1923) ed il relativo regolamento di attuazione (R.D. 827 del 1924) individuano i beni del demanio e del patrimonio pubblico, “secondo le norme del codice civile” (art. 1/827, comma 1). Il codice civile vigente - R.D. 16 marzo 1942 n. 262, libro terzo, Della proprietà - dedica ai beni pubblici gli articoli da 822 a 831 e li distingue in demanio pubblico (822-825) e patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni, in quanto all’epoca non esistevano le regioni (826-829) ; questi ultimi beni vengono, poi, suddivisi comunemente in patrimonio indisponibile e patrimonio disponibile. Le peculiarità dei beni pubblici, ad esclusione di quelli del patrimonio disponibile, consistono in : a) appartenenza ad un ente pubblico territoriale - Stato, Regioni, Province e Comuni - per gli uni e gli altri ; b) inalienabilità e imprescrittibilità (inusucapibilità) nonchè inespropriabilità, solo per i beni demaniali ; c) natura o destinazione, ossia : - per i beni demaniali, ossia lido del mare, spiaggia, porti, fiumi, torrenti, laghi ; opere destinate alla difesa nazionale (l’art. 822, comma 1, c.c. individua il c.d. “demanio necessario”, che può appartenere solo allo Stato ed è tale per natura) ; strade, autostrade e strade ferrate; aerodromi ; acquedotti ; immobili di interesse storico, archeologico e artistico ; raccolte di musei, archivi, pinacoteche e biblioteche (l’art. 822, comma 2, individua il c.d. “demanio accidentale”, che appartiene allo Stato ed altri enti pubblici territoriali per la destinazione ad usi pubblici) ; - per i beni patrimoniali indisponibili, ossia foreste demaniali ; miniere ; cave e torbiere (quando la disponibilità è sottratta al proprietario del fondo) ; cose d’interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo ; gli edifici destinati a sede degli uffici pubblici - con i loro arredi - dello Stato, Regioni, Province e Comuni. Il passaggio dei beni pubblici dal demanio al patrimonio, c.d. “sdemanializzazione”, deve essere dichiarato dall’autorità amministrativa e il relativo atto deve essere pubblicato nei modi stabiliti dalla legge (per lo Stato è la Gazzetta Ufficiale e per le Regioni sono i Bollettini Ufficiali, mentre il buon vecchio FAL = foglio annunzi legali della provincia è stato abolito) e dai regolamenti comunali e provinciali (art. 829 c.c.). Per i beni patrimoniali indisponibili non occorre la “sdemanializzazione” ma basta una semplice “dismissione” attuata mediante un apposito verbale, nel quale viene fatto constare che sono stati dismessi dalla p.a. che li aveva in uso e non servono più ad un qualsiasi uso pubblico. L’utilizzazione dei beni demaniali, quando non sia diretta ed immediata da parte degli enti pubblici territoriali per soddisfare i bisogni collettivi, è sottoposta al regime delle concessioni, che si concretizzano mediante atti autoritativi unilaterali della p.a. (concessione amministrativa) ed atti aggiuntivi bilaterali

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(capitolato, disciplinare); raramente l’utilizzazione di tali beni ò regolata da una convenzione, nel qual caso si parla di “concessione-convenzione”. L’art. 119, ultimo comma, della Costituzione prevede che i Comuni, le Province, le Città metropolitane (istituite con Legge Costituzionale del 18.10.2001 n. 3 e non ancora attivate) e le Regioni abbiano un proprio patrimonio, attribuito secondo principi generali fissati da leggi dello Stato. I beni patrimoniali disponibili, oltre che alienabili e usucapibili, sono normalmente utilizzati da privati e sono soggetti al regime di locazione (fabbricati) o di affitto (terreni), secondo le norme del codice civile e le altre leggi in materia. Questi brevi cenni introduttivi sono necessari per inquadrare meglio l’argomento “Demanio Idrico”, di cui ci occuperemo nel prosieguo e che rappresenta indubbiamente una magna pars del demanio pubblico. (*) (*) Il Sole 24 Ore del 2.11.2006, in un articolo a carattere istituzionale - a commento dell’ emananda finanziaria 2007 (poi legge 296/2006) - distingue e quantifica i vari demani esistenti in Italia in: - marittimo, ossia lidi del mare, spiagge, rade, foci dei fiumi, canali per 7.550 Km di coste; - forestale per 6.847.487 ha., pari al 22% del territorio nazionale; - idrico, tutte le acque superficiali e sotterranee (234 fiumi, 400 laghi, torrenti, ghiacciai, porti e approdi per la navigazione interna, 116.873 posti barca); - militare, ossia caserme, terreni, ex-arsenali, depositi di munizioni, torrioni, ex-ospedali, basi logistiche, poligoni di tiro, magazzini, capannoni, aeroporti, ex-polveriere, ex-gallettifici, batterie (mai censito); - stradale e autostradale, con una rete di 6.700 km (concessioni pluridecennali); - aeronautico, ossia aerodromi civili, militari, doganali, sanitari; - storico-artistico, tutti i beni riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico. (www.demaniore.com)

2. Demanio idrico 2.1. Generalità I terreni e i fabbricati possono essere di proprietà pubblica o privata, mentre le acque sono pubbliche per natura e per definizione, tanto quelle superficiali che quelle sotterranee ; stante la rilevanza ambientale e sociale del loro utilizzo, ne discende l’importanza della loro corretta gestione amministrativa ed economica, secondo regole codificate e stringenti. Il BENNATI afferma : “Gli acquedotti rivestono il carattere di demanialità indipendentemente dal fatto che convoglino acque pubbliche. Essi non fanno parte del demanio idrico (il quale è demanio necessario) e possono appartenere tanto a privati che ad enti pubblici, assumendo la natura di beni demaniali solo allorquando appartengano ad enti territoriali (art. 822, 2° comma, c.c.)” ; quanto affermato perentoriamente dall’autore sta a significare che tutta l’acqua è un bene comune della collettività mentre la sua gestione può essere di tipo pubblico o di tipo privato. Lo stesso autore precisa : “In questa categoria sono da comprendere anche i canali appartenenti allo Stato (canali demaniali), cavi artificiali nei quali vengono convogliate acque da fiumi, torrenti, laghi, rivi, colatoi e sorgenti, cioè da corsi di acque pubbliche, sia per uso di irrigazione o di forza motrice sia per uso di navigazione.” (op.cit., pag. 49) Egli cita poi i canali Cavour, che erano gestiti dalla Direzione generale del Demanio, Amministrazione generale dei canali demaniali di irrigazione, con sede in Torino, mentre i “navigli” presenti nelle Province di Milano, Varese, Como e Pavia - di minore importanza - erano amministrati dall’Intendenza di Finanza di Milano. “I canali Cavour costituiscono la più vasta ed importante rete di canali di irrigazione dello Stato e interessano le Province di Torino, Alessandria, Vercelli, Novara e Pavia. L’intera rete è costituita dal Canale maestro Cavour, che deriva dal Po a Chivasso e scarica nel fiume Ticino a Cameri e da una fitta rete di canali derivatori e diramatori, principali e secondari, che si sviluppano per oltre 2.400 km.” (op.cit., pag. 50) Come si può vedere si tratta di un reticolo esteso per circa due volte la lunghezza dello stivale!

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2.2.

Normativa storica di base

2.2.1. T.U. 523/1904 (R.D. 25 luglio1904) Il primo testo di legge organico in materia di demanio idrico o più esattamente di opere o pertinenze idrauliche è il R.D. 25 luglio 1904 n. 523, Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie. Il testo di legge - dopo aver statuito la competenza esclusiva dell’autorità amministrativa, con espressa esclusione di “qualsiasi intervento dell’autorità giudiziaria” (art. 2, comma 2, 3° alinea), anche in caso di contestazione - classifica gli interventi di natura regolatoria del flusso delle acque, di difesa e conservazione etc…in cinque categorie: 1) la prima concerne la conservazione dell’alveo dei fiumi di confine, e i canali artificiali navigabili, le cui opere competono esclusivamente allo Stato, e sono disposte per legge (art. 4/523); 2) la seconda riguarda l’arginazione o rettificazione di alveo dei fiumi e quando sono di grande interesse per una o più province, le cui opere competono allo Stato - per legge - ma le cui spese obbligatorie di costruzione, manutenzione e sorveglianza si ripartiscono tra lo Stato, la/le provincia/e ed eventuali altri interessati (artt. 5-6/523); 3) la terza attiene alle opere non comprese nella prima e seconda categoria, che servono: a) a difendere ferrovie, strade e altri beni demaniali statali, provinciali e comunali; b) migliorare il regime dei corsi d’acqua; c) impedire inondazioni, straripamenti, corrosioni etc…; questa classificazione avviene ad opera del Ministro dei LL.PP., su parere dei Comuni e Province interessati, che concorrono alle spese di costruzione, mentre la manutenzione è a cura e spese del consorzio degli aventi interesse (artt. 7-8/523); 4) la quarta si riferisce a sistemazione dell’alveo e contenimento delle acque: a) di fiumi e torrenti; b) dei grandi colatori e importanti corsi d’acqua; il Ministero dei LL.PP. può dichiarare obbligatorie le spese di costruzione (cui può partecipare ev. lo Stato per incapienza dei consorziati) e metterle a carico - oltre che dei consorziati, direttamente interessati anche della Provincia e del/dei Comuni (art. 9/523); 5) la quinta prevede le opere a difesa di centri abitati contro le corrosioni di un corso d’acqua e le frane; le relative spese sono a carico del Comune ed eventualmente dei proprietari e possessori che ne traggano vantaggio; il riparto è approvato dal prefetto (artt. 10-11/523). Gli articoli successivi del R.D. 523/1904 precisano che se i lavori ai fiumi e torrenti riguardano ponti, strade o ferrovie debbano farvi fronte le amministrazioni competenti; che l’approvazione dei progetti da parte dell’autorità competente (il Governo solo dalla prima alla terza categoria) ha valore di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. Inoltre, sono di un certo rilievo gli artt. 33 e 35, che prevedono la concessione in affitto ai frontisti di terreni arginati e/o golenali (golena = zona compresa tra il letto di magra di un corso d’acqua e l’argine naturale o artificiale), che concorrono alla rendita patrimoniale dei consorzi idrici, trattati dagli articoli 1831/523. Di somma importanza sono, infine, gli articoli 93 (che inibisce qualsiasi opera se non autorizzata dall’autorità amministrativa), 96 (che elenca una serie di divieti relativi alle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese come ad es. formare chiuse o pietraie per la pesca, effettuare piantagioni dentro gli alvei, sradicare o bruciare ceppi che sostengono le ripe dei fiumi e torrenti, etc…), 97 (che prevede quali opere possano eseguirsi, previa autorizzazione ( ad es. ripari a difesa delle sponde, dissodamenti di terreni laterali ai fiumi e torrenti a distanza minore di metri 100 dalla linea a cui giungono le acque ordinarie, estrazione di ciottoli, ghiaia, sabbia ed altre materie dal letto dei fiumi, torrenti e canali pubblici, occupazione delle spiagge dei laghi con opere stabili).

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2.2.2. T.U. 1775/1933 (R.D. 11 dicembre 1933) Il secondo testo di legge organico in materia di demanio idrico - più propriamente indirizzato alle concessioni e tutele demaniali delle acque pubbliche - è il R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775, Testo unico delle disposizioni sulle acque e impianti elettrici, che incorporava ed abrogava (art. 234) ben 19 norme di legge preesistenti, risalenti dal 1888 fino al 1929 ; dette norme spaziavano dalla derivazione ed utilizzazione alla giurisdizione e al contenzioso, dal servizio idrografico allo sfruttamento a scopo di produzione di energia idroelettrica ; queste ultime sono sempre più presenti nella legislazione posteriore al 1900, segno di una diffusione sempre più pervasiva e capillare dell’energia elettrica, a scopi civili e/o industriali, su tutto il territorio nazionale. La citata legge istituisce gli elenchi delle acque pubbliche (art. 1), il catasto delle utenze di acqua pubblica (art. 5) e distingue le utenze stesse (art. 6) in: - grandi derivazioni: 1) lt 100 al secondo (=1 modulo, art. 35/1775, come modificato dall’art. 1 D.Lgs. 12 luglio 1993 n. 275, nonché art. 1081/3 c.c.) per usi potabili, industriali e scorte a fini antincendio o di sollevamento; 2) lt 1.000 al secondo (=10 moduli) per usi irrigui, anche meno nel caso in cui basta una minore quantità per irrigare una superficie superiore a 500 ha. di terreno; 3) quantità ragguagliata alla potenza nominale media annua di 3.000 KW per produzione di forza motrice; queste derivazioni erano assentite con decreto del Ministro per i Lavori Pubblici; ora sono assentite dalle Regioni in virtù dell’art. 89 D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 e del D.Lgs.30 marzo 1999 n. 96, art. 33;

n.b. Alla scadenza della concessione senza rinnovo ovvero in caso di rinuncia di “grandi derivazioni” le opere di raccolta, regolazione, derivazione, i canali adduttori o di scarico etc… delle acque passano allo Stato senza compenso (art. 25/1775 per forza motrice; art. 28/1775 per uso potabile, irriguo o bonifica). piccole derivazioni, ossia tutte le altre: queste erano assentite dal Provveditore Regionale alle Opere Pubbliche, sentito l’Intendente di Finanza, competente per territorio (art. 15); ora sono assentite dalle Province, in forza della legge richiamata nonché del citato D.Lgs. 96/1999, art. 34.

n.b. Alla scadenza della concessione senza rinnovo ovvero in caso di rinuncia di “piccole derivazioni” le opere costruite sull’alveo, sulle sponde o sugli argini dei corsi d’acqua possono essere ritenute dallo Stato o il concessionario deve rimuoverle (art. 30/1775). Il T.U. 1775/1933 - rivisitato dal D.Lgs. 12 luglio 1993 n. 275 - fa espresso divieto di derivare o utilizzare acqua pubblica o privata (ove sia suscettibile comunque di uso pubblico) senza un provvedimento concessorio dell’autorità competente, pena una sanzione pecuniaria di minore o maggiore entità a seconda della violazione e la cessazione dell’utenza abusiva, salva ad ogni evenienza la prevalenza dell’interesse pubblico nel mantenere l’opera (art. 17).

2.3. Evoluzione normativa recente 2.3.1. La legge 18 maggio 1989 n. 183, Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, distribuisce le competenze in materia di difesa del suolo e sistemazione-regolazione-utilizzazione di acque superficiali e sotterranee tra lo Stato (Ministeri dei Lavori Pubblici - ora delle Infrastrutture - e dell’Ambiente) e le Regioni ; dispone l’istituzione delle autorità di bacino inizialmente solo due, Il Magistrato delle Acque di Venezia e il Magistrato per il Po di Parma, successivamente aumentati a nove; individua i bacini idrografici, distinguendoli in quelli di rilievo nazionale (n. 7 per il versante adriatico + n. 4 per il versante tirrenico), quelli di rilievo interregionale (n. 11 per il versante adriatico + n. 2 per il versante ionico + n. 5 per il versante tirrenico) e quelli di rilievo regionale (tutti gli altri).

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2.3.2. Il D.Lgs. 30 marzo 1993 n. 275, già richiamato nel capitolo che precede, nei primi nove articoli ha variato alcune disposizioni dell’originario T.U. 1775/1933 mentre - negli articoli da 10 a 14 - ha introdotto alcune novità legislative, tra cui: 1) la denunzia dei pozzi esistenti, a qualunque uso adibiti, presso le province (art. 10); 2) il monitoraggio delle acque di fognatura, a carico delle province (art. 11); 3) le maggiorazioni dei canoni dall’1.1.1994 per forza motrice, uso potabile, usi irrigui e usi industriali; i canoni vengono dimezzati nei casi di scorte idriche a fini antincendio - rispetto al canone ante 1.1.1994 - o di restituzione delle acque di scolo per usi irrigui - rispetto al canone aggiornato - (art. 12); 4) l’adeguamento dei canoni sempre dall’1.1.1994 per l’estrazione di materiale litoide dall’alveo dei corsi d’acqua; vengono dettati criteri per la misurazione delle quantità e qualità prelevate e previste sanzioni per le violazioni (art. 13): 5) l’aumento del 30% dei canoni pure dall’1.1.1994 per le concessioni di spiagge e pertinenze dei laghi (art. 14). 2.3.3. La legge 5 gennaio 1994 n. 36, Disposizioni in materia di risorse idriche, - nota come “legge Galli” esordisce all’art. 1 con alcune importanti affermazioni di principio : “Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà .” (comma 1) “Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.” (comma 3) Per le acque termali e minerali valgono le disposizioni dettate dall’art. 34 D.Lgs. 112/1998 e dall’art. 9 D.Lgs. 96/1999 (competenza esclusiva provinciale). L’art. 2 della legge n. 36 del 1994 sancisce: “L’uso dell’acqua per consumo umano è prioritario agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo.”… (comma 1) e l’art. 3 conferisce all’Autorità di Bacino il potere-dovere di garantire l’equilibrio tra le disponibilità di risorse e i fabbisogni per i diversi usi assentiti. L’art. 8 istituisce il servizio idrico integrato, gestito dagli ambiti territoriali ottimali (ATO), per il rispetto dell’unità di bacino o sub-bacino idrografico o di bacini contigui e per un’adeguata dimensione gestionale. 2.3.4. Il D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112, Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione della legge 15 marzo 1997 n. 59 (c.d. Bassanini 1), negli articoli da 86 a 92, disciplina il passaggio delle risorse idriche e della difesa del suolo dallo Stato alle Regioni ed enti locali, competenti per territorio. Esso trasforma, inoltre, il Servizio nazionale dighe in Registro Italiano Dighe (RID), che vigila sui concessionari ed approva - su delega delle Regioni - i progetti delle dighe. Il regolamento di attuazione del D.Lgs. 112/98, in mancanza di leggi regionali ad hoc, per le Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Marche, Lazio, Molise, Campania, Puglia e Calabria - pertanto, per una consistenza territoriale e demografica molto elevata - è stato adottato con D.Lgs. 30.3.1999 n. 96, che agli artt. 33 e 34 ripartisce tra le Regioni e le Province le competenze in materia di risorse idriche e difesa del suolo. Il D.Lgs. 112/1998 è stato corretto e integrato con D.Lgs. 29.10.1999 n. 443, che non ha apportato modifiche sostanziali.

3. Pertinenze demaniali Pertinenza civilisticamente parlando è la cosa desinata in modo durevole al servizio o ad ornamento di un’altra cosa (art. 817 c.c.); il regime giuridico della cosa principale regola anche la cosa pertinenziale, se non è disposto diversamente (art. 818 c.c., comma 1); le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici (art. 817, comma 2, c.c.).

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Le pertinenze idrauliche demaniali non hanno una definizione specifica ma vanno ricercate nelle singole disposizioni normative come, a titolo esemplificativo: a) quelle previste dal R.D. 523/1904: 1) all’art. 3, che richiama “le opere intorno alle acque pubbliche”, con esclusione dei fiumi di confine e dei canali navigabili, di cui non si hanno casi concreti (art. 4 = I cat.); 2) all’art. 5, che cita “le opere lungo i fiumi e loro confluenti arginati, dal punto in cui le acque cominciano a correre dentro argini o difese continue”, ossia quelle di II cat.; 3) all’art. 7, che riguarda opere di difesa ferroviaria e stradale, miglioramento al regime dei corsi d’acqua, difesa dei centri abitati da inondazioni,.straripamenti, corrosioni, ossia quelle di III cat.; 4) all’art. 9, che prevede opere “concernenti la sistemazione dell’alveo e il contenimento delle acque di fiumi, torrenti, grandi colatori e importanti corsi d’acqua, ossia quelle di IV cat.; 5) all’art 10, che concerne “le opere che provvedono specialmente alla difesa dell’abitato contro le corrosioni di un corso d’acqua e contro le frane”, ossia quelle di V cat.. b) quella prevista dall’art. 28/2 t.u. 1775/1933, che devolve allo Stato, senza compenso, tutti i manufatti (opere di raccolta, regolazione, derivazione; canali adduttori dell’acqua, impianti di sollevamento e di depurazione, condotte principali dell’acqua potabile, canali principali di irrigazione e condotte di scarico) in caso di mancata rinnovazione, decadenza o rinuncia alla concessione; c) quella prevista dall’art. 73/1775, che dispone da una parte l’esonero dal pagamento del canone per derivazione d’acqua a favore di chi ottenga la concessione di costruire serbatoi o laghi artificiali e dall’altra la possibilità di imporre contributi a carico degli utenti dell’acqua accumulata in tali serbatoi o laghi artificiali; in mancanza di iniziativa privata, il Ministero dei Lavori Pubblici (ora delle Infrastrutture) può costruire direttamente serbatoi o laghi artificiali ovvero consentire lo sfruttamento ad uso irriguo e/o potabile delle acque contenute negli invasi costruiti ad uso idroelettrico (art. 88/1775). d) quella prevista dalla legge 5.1.1994 n. 37, art. 6, che parla di pertinenze idrauliche demaniali a proposito di coltivazioni arboree sulle aree adiacenti ai corsi d’acqua, rifacendosi ad una legge remota del 1937 (n. 402). Di pertinenze demaniali si può parlare in presenza di pozzi o fontanili, che per lo più sono di proprietà privata ma vengono attratti alla demanialità per il principio generalissimo che tutte le acque di utilità pubblica sono per definizione demaniali; l’estrazione ed utilizzazione di acque sotterranee, comprese quelle ad uso privato (orti, giardini, usi domestici) sono regolate dagli artt. 92-106 del R.D. 1175/1933, che prevedono l’autorizzazione governativa anche per le opere ed impianti necessari allo sfruttamento, ossia le pertinenze. Di pertinenze idrauliche si può parlare anche a proposito di opere di consolidamento - effettuate da privati, previa autorizzazione demaniale con annesso disciplinare e per scopi propri - sulle sponde di laghi, fiumi, torrenti nonché a proposito di ponticelli, passerelle, etc…che scavalcano fiumi o torrenti. A questo punto, torna più utile che mai il principio codicistico ex art. 818/2 dell’autonoma regolamentazione delle pertinenze, rispetto al demanio idrico vero e proprio, che non è toccato direttamente dall’utilizzo del concessionario; infatti, in questi casi, la concessione demaniale ed il relativo canone riguardano il manufatto e non l’utilizzo dell’acqua pubblica in se stessa.

4. Ampliamento del demanio Il vigente codice civile (R.D. 262/1942) è stato radicalmente innovato con legge 5.1.1994 n. 37, agli artt. 942-945 e 946, attribuendo al demanio pubblico porzioni di terreno, che il testo originario assegnava ai privati ossia: 1) i terreni abbandonati dalle acque correnti (art. 942);

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2) le isole o unioni di terra, che si formano nel letto dei fiumi o torrenti (art. 945); 3) gli alvei abbandonati (art. 946). Tutti questi fenomeni naturali vanno ad accrescere il demanio idrico, che è per sua natura dinamico, proprio perché connesso a fenomeni mutevoli; tanto mutevoli, da trasformarsi talvolta in eventi calamitosi per uomini e cose. (*) Inoltre, anche l’intervento dell’uomo può portare talvolta ad ampliamenti del demanio idrico, che non può essere statico, come non è e non può essere statico il catasto delle utenze, di cui all’art. 5/1775, per effetto di: a) captazioni di acque sotterranee, che vengono concesse ove ne esistano le condizioni e sono sfruttate ad uso potabile o industriale; b) prese e canali di derivazione, lungo i corsi d’acqua principali o secondari; c) creazione di invasi per i più svariati usi, come produzione di energia elettrica, accumulo di acqua potabile o irrigua, antincendio etc… Tutte queste opere ed altre consimili e le acque, cui esse sono asservite, diventano demaniali, essendo per definizione tutte le acque suscettibili di utilizzo per interesse generale di proprietà pubblica, ossia dello Stato, con esercizio delle funzioni amministrative in capo alle Regioni o alle Province, come già accennato al capitolo precedente (artt. 33 e 34 D.Lgs. 30.3.1999 n. 96). Vedasi al riguardo quanto dispone anche l’art. 909, comma 1, c.c. che sottrae al dominio privato le acque pubbliche e quelle sotterranee. In questo senso si può parlare di ampliamento del demanio idrico, a prescindere da altre tipologie di ampliamenti demaniali, come potrebbe verificarsi ad es. per il demanio marittimo nell’ipotesi in cui l’avanzata del mare sommergesse terre emerse o addirittura vestigia storiche, come nell’area puteolana (c.d. subsidenza). Solo per un raffronto di tipo tecnico ma molto significativo si può richiamare qui il demanio miniere, che più propriamente è costituito da beni patrimoniali indisponibili (combinato disposto degli articoli 826/2 e 840/1 c.c.); la legge prevede che ove nel sottosuolo di un terreno vengano rinvenute miniere o giacimenti di idrocarburi, come avvenuto in anni recenti nella Val d’Agri (PZ), il privato perda la signoria del sottosuolo, che diventa demaniale; si tratta di un vero e proprio ampliamento del demanio. (*) PROVINCIA OGGI, mensile di opinione e cultura d’impresa, di Confindustria Cuneo - luglio 2008 n. 6 riferisce a pag. 2: “Le precipitazioni intense e diffuse, che hanno investito il Piemonte il 29 e 30 maggio, hanno interessato una vasta porzione del territorio cuneese, in particolare le valli Maira, Grana-Mellea, Stura di Demonte, Po e Varaita. Complessivamente, in questi due giorni le stazioni pluviometriche dislocate in Provincia di Cuneo hanno registrato precipitazioni prossime (quando non superiori) a 200 mm nell’arco di 24 ore (Castelmagno, Paesana, Crissolo, Monterosso Grana)… Le piogge cadute si sono inserite in un quadro idrogeologico pregresso di saturazione dei suoli, dovuto ai piovaschi delle ultime due settimane; questa situazione ha contribuito a rendere più marcati gli effetti al suolo e la risposta dei corsi d’acqua… In Valle Grana, le acque dell’omonimo torrente hanno asportato parte della sede stradale e 200 metri di linea elettrica interrata a monte di Pradleves, fatto questo che ha determinato l’isolamento di Castelmagno. Erosioni e frane anche a Monterosso Grana e nel vallone di Santa Lucia di Coumboscuro… Il torrente Grana-Mellea ha prodotto i danni maggiori nel territorio del Comune di Savigliano, dove la piena è arrivata nella notte di venerdì 30 maggio, interessando in special modo i quartieri di borgo Marene e borgo Pieve. Allagamenti si sono registrati in aziende ed abitazioni private, con danni rilevanti… Esondazioni anche nel territorio di Cavallermaggiore, con inquinamento di pozzi ed interruzione del servizio di acquedotto”. (articolo a firma di Giampaolo Testa, intitolato: E’ stata l’alluvione dei fiumi minori) A pag. 4, lo stesso periodico titola: “In pianura la vendetta delle valli abbandonate”, sottotitolo: “Le esondazioni e le frane hanno causato danni ingenti a molte aziende associate a Confindustria, facendo fermare la loro attività produttiva”.

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“…Allo stabilimento dell’Acqua Sant’Anna, in frazione Roviera a Vinadio, la produzione si è fermata per alcuni giorni. Nel piazzale, di fronte agli impianti di imbottigliamento dell’acqua prodotta da Fonti di Vinadio srl, i camion sono rimasti bloccati per un’ordinanza emessa dalla Protezione Civile, che ha impedito a tutti i mezzi di peso superiore alle 35 tonnellate, di transitare sulla statale 21…” (articolo a firma di Gilberto Manfrin)

5. Finalità e interessi demaniali L’art. 42 della Costituzione riconosce e garantisce la proprietà privata (comma 2) ma ne sancisce l’espropriabilità per motivi di interesse generale (comma 3) e questo principio aderisce perfettamente al demanio idrico, in ipotesi ad es. di acque private superficiali o sotterranee, che possono diventare pubbliche per esigenze di utilizzo antincendio o per siccità prolungata; in ogni caso, l’utilizzo deve sempre essere graduato, privilegiando l’uso potabile ed a seguire gli altri usi. Anche l’art. 43 della Costituzione prevede il superamento del pur legittimo interesse privato con l’espropriazione di “determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscono a servizi pubblici essenziali” e quale servizio pubblico si può ritenere più essenziale di quello idrico, assieme alla tutela della salute e dell’ambiente? Anche se la tendenza attuale è quella di privatizzare tutto: l’acqua, la sanità, la scuola, i trasporti ferroviari, l’energia elettrica etc… già pubblici ab origine o nazionalizzati nel secolo XX. (*) Il demanio in generale e quello idrico in particolare è pubblico per antonomasia, in quanto ha lo scopo di soddisfare interessi di portata ed utilità generale, in taluni casi direttamente ed in altri indirettamente. (**) L’utilizzo diretto ed immediato dei beni demaniali può avvenire senza attivare particolari e/o specifici procedimenti amministrativi, che consistono in una domanda ed un’autorizzazione o concessione, munite di un disciplinare, con un canone di legge da corrispondere, di solito annualmente. Ad es. le spiagge del mare o dei laghi - ove non concesse a privati - possono essere utilizzate da chiunque come bene comune, senza vincoli di alcuna natura; mentre, laddove esista una concessione amministrativa, l’interesse generale viene soddisfatto solo indirettamente attraverso l’utilizzo da parte dei cittadini delle aree date in concessione - attrezzate e sorvegliate - mediante il pagamento di un equo corrispettivo, di cui una parte deve remunerare il concessionario per il suo investimento e un’ altra deve coprire il canone corrisposto, in misura (auspicabilmente) proporzionale al valore economico della risorsa e successivamente (o forse sarebbe meglio dire preventivamente, in quanto i canoni demaniali vanno pagati anticipatamente) deve rimpinguare le casse dello Stato, delle Regioni e degli enti locali, per il soddisfo dei bisogni collettivi, cui gli stessi sono obbligati a vario livello. Ovviamente, sia l’utilizzo diretto che quello indiretto dei beni pubblici sono soggetti a tutela degli organi preposti tanto al fine di preservarli da abusi quanto per monitorare l’uso corretto degli stessi, secondo le regole dettate dai disciplinari o dalle convenzioni. A questo proposito interviene l’art. 823, comma 2, codice civile, che dichiara: “Spetta all’autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico…” e per meglio attuare questo scopo il legislatore ha introdotto - con il DPR 13 luglio 1998 n. 367 -un corpus normativo ben articolato, al fine di rendere effettiva ed efficace la tutela dei beni demaniali attraverso una polizia demaniale, costituita da funzionari tecnici del Dipartimento del Territorio, in servizio presso gli Uffici del Territorio dei capoluoghi di provincia, muniti di apposito tesserino personale di riconoscimento (c.d. ispettori demaniali). (*) Il prof. F. Giavazzi - Corriere della Sera dell’1.9.2008 - sostiene che il nostro paese è il terzo al mondo per consumo pro-capite di acqua giornaliero (lt 400), dopo gli Stati Uniti (lt 600) e l’Australia (lt 500), e che questo avviene: 1) perché la rete idrica è un colabrodo, con perdite tra il 30% e il 50%, 2) perché spesso l’acqua potabile viene “rubata” per irrigare i campi e 3) perché costa poco; il tutto dipende sostanzialmente dal fatto che solo il 5% degli acquedotti è gestito dai privati, cui è stato affidato mediante asta competitiva; quindi, anche un grande economista - di area progressista - spinge nella direzione della privatizzazione dei servizi pubblici o di pubblica utilità per una gestione più efficiente e redditizia.

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(**) Il Sole 24 Ore del 22.7.2008, a firma di Massimiliano Del Barba, riporta: “ Il processo di razionalizzazione gestionale del servizio idrico italiano comincia a entrare a regime e i suoi primi risultati si vedono. Al 31 dicembre 2007, il taglio del numero di gestori locali di acquedotti e reti fognarie ha infatti superato il traguardo del 50%... Il numero di gestori attivi a fine 2007 è stato praticamente dimezzato, passando dai 7.826 del 1999 a 3.986. Un passo avanti verso la semplificazione, anche se l’obiettivo di arrivare a 92 gestori, cioè uno per Ambito Territoriale Ottimale, è ancora lontano. La legge prevede che ogni ATO, cioè l’unità geografica corrispondente a ciascun bacino idrografico, si assuma il compito di individuare, attraverso le autorità d’ambito, un unico affidatario, comunale o privato, del servizio idrico integrato responsabile del prelievo, della distribuzione e della depurazione delle acque pubbliche…”

6. Terreni abbandonati dalle acque Come per il fenomeno dell’ampliamento del demanio, di cui al capitolo 4, possono verificarsi fenomeni di: a) terreni abbandonati dalle acque correnti di fiumi e torrenti (art. 942 c.c.), con spostamento dell’acqua da una riva all’altra, come avviene spesso nelle anse per effetto di piene eccezionali; per questi terreni rimane la proprietà del demanio; b) ritiro del mare o dei laghi; fenomeni piuttosto frequenti, come insegnano i casi della Repubblica Marinara di Pisa o del lago Trasimeno; c) abbandono totale dell’alveo di un fiume o torrente (art. 946 c.c.), con la creazione di un nuovo letto; anche in questo caso rimane la proprietà demaniale del vecchio alveo. I succitati articoli del codice civile sono stati radicalmente modificati con legge 5 gennaio 1994 n. 37, così come l’art. 947, che nella nuova formulazione prevede che il mutamento del letto di fiumi e torrenti, sia naturale che artificiale, non fa venir meno la natura di bene demaniale per i “terreni abbandonati per fenomeno di inalveamento” ed introduce un principio generale, che è esclusa - in ogni caso - la sdemanializzazione dei beni del demanio idrico (947/3 c.c.). (*) L’unica eccezione alle regole suddette è costituita dalle unioni di terra ed incrementi, che si formano “successivamente e impercettibilmente” (art. 941 c.c. - Alluvione), che possono diventare proprietà dei privati frontisti. (*) La Corte di Cassazione, Sez. II Civile, con sentenza n. 2608 del 6.2.2007, ha trattato un caso molto interessante di applicazione degli artt. 946 e 947 c.c., ponendo in risalto le modifiche al codice civile introdotte dalle legge 37/1994. La Corte d’Appello di Bologna aveva giudicato il caso come “usucapione”, per pacifico ed ininterrotto possesso di un terreno lungo il fiume Secchia da parte dei privati, che avrebbero effettuato opere di contenimento e di difesa spondale lungo il fiume ma avrebbero acquisito a monte detti terreni, per alluvione risalente agli anni 1905-1911; cioè l’usucapione faceva seguito ad una sdemanializzazione de facto, a seguito di unione di terreno non più demaniale da molti anni. L’Avvocatura Generale dello Stato – intervenuta in giudizio in rappresentanza dell’Agenzia del Demanio – aveva sostenuto che l’accrescimento del terreno in capo ai privati era avvenuto per intervento artificiale, da inquadrare nella fattispecie dell’art. 947 c.c. e, pertanto, non ascrivibile ad alluvione. La Cassazione, invece, è partita dalla distinzione tra la vecchia e la nuova formulazione degli artt. 946 e 947 c.c. (ante e post legge 37/1994), per cui anteriormente l’alveo abbandonato spontaneamente ed irreversibilmente dalle acque poteva essere assegnato ai proprietari “rivieraschi”, mentre l’abbandono dell’alveo provocato dall’ intervento dell’uomo non poteva portare al alcun riconoscimento a favore dei privati; viceversa, nel nuovo regime non si fa luogo ad alcuna distinzione di causa-effetto e l’alveo abbandonato permane sempre e comunque in capo al demanio idrico. Talchè, essendo i fatti di causa antecedenti alla legge 37/1994 e di molto, letteralmente “da prima dell’ultimo conflitto mondiale”, come comprovato da prove testimoniali non contraddette, la Corte ha dato ragione ai privati, lasciando invariato il dispositivo della sentenza d’appello e mutandone la motivazione.

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7. Delimitazione delle aree demaniali Come qualsiasi proprietà immobiliare, pubblica o privata, è delimitata da confini catastalmente definiti e raffigurati graficamente, anche il demanio ha dei propri confini o limiti, che in alcuni casi sono rappresentati dalle linee di demarcazione delle particelle catastali interessate, come ad es. nella coltivazione delle miniere, mentre in altri casi esistono dei limiti o barriere “naturali”, come per le acque interne possono ritenersi le sponde e gli argini dei fiumi e dei torrenti o dei laghi, i quali possono anche presentare degli arenili, alla cui fine deve collocarsi il confine/limite del bene demaniale; le aree sottoposte a tutela demaniale (autorità di bacino e/o regione/provincia) sono comunque più estese, come meglio si vedrà in seguito. La delimitazione d’alveo è atto preliminare indispensabile per stabilire quale parte rimane “alveo” demanio pubblico - e quale possa essere “sdemanializzata”, ossia passata al patrimonio dello Stato oppure intestata ai privati frontisti. La delimitazione può essere chiesta dai privati o essere effettuata nell’interesse dell’amministrazione pubblica agli effetti della polizia idraulica, sia per la tutela della demanialità contro ogni usurpazione che per prevenire e/o reprimere ogni attività abusiva di privati. In ogni caso, è l’autorità di bacino (già Magistrato per il Po di Parma ora AIPO per le regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto), che ha il potere-dovere di delimitare l’alveo di fiumi e torrenti a sponde variabili o incerte, tenendo conto del criterio di “piena ordinaria”, ossia di quel livello che raggiungono le acque statisticamente in 75 casi su 100, anche se in qualche periodo dell’anno essi rimangono asciutti. La procedura prevede che: 1) 2) 3)

le persone o gli enti interessati presentano istanza di delimitazione all’autorità di bacino (ora sono n. 9 in tutta Italia), documentandola sotto il profilo ideologico e topografico; l’autorità di bacino predispone un verbale di delimitazione, che viene sottoscritto, in sopraluogo, da frontisti, Comune, Servizio OO.PP. e Difesa Suolo, Ufficio Idrografico, Catasto etc…; l’autorità di bacino emette il decreto di delimitazione, contenente tutto gli elementi necessari a regolarne gli effetti giuridici.

La delimitazione d’alveo non comporta l’automatico riconoscimento del diritto di proprietà a favore dei frontisti per alluvione o avulsione (*), in quanto trattasi di provvedimento di polizia idraulica; il riconoscimento del diritto deve avvenire tramite l’amministrazione demaniale (Regione). Catastalmente, gli alvei non hanno numero di particella e neppure estimo; per cui si parla di acque esenti da estimo, che vengono iscritte a partita speciale e che, pertanto, non hanno né qualità di coltura né classe e neppure reddito agrario e dominicale.

(*) L’avulsione viene trattata più espressamente al cap. 10.

8. Concetto di piena ordinaria Spesso nella comune esperienza si attraversano ponti e si osservano paesaggi di alvei di fiumi o torrenti di dimensioni sproporzionate rispetto alla effettiva portata media delle acque; questi spazi enormi danno talvolta la sensazione che le acque abbiano preso ormai un’altra direzione e che dell’alveo abbandonato si possa fare l’uso che se ne voglia, con la più ampia discrezionalità. Infatti, in alcuni alvei sono sorti insediamenti industriali piuttosto consistenti mentre in altri risultano costruite abitazioni private o posizionati campeggi. Francamente, non si sa se addebitare questi comportamenti abnormi ad insipienza dei privati o a negligenza dell’autorità preposta; tanto che talvolta per effetto di eccezionali piogge la furia devastatrice delle acque travolge tutto e si piangono morti e danni incalcolabili, che potevano e dovevano essere evitati prima con il buon senso e poi con il rispetto delle leggi.

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Tuttavia, a prescindere dalle piogge torrenziali o eccezionali, che ad intervalli di tempo più o meno lunghi si verificano, le stagioni molto piovose - di solito in primavera o in autunno -, che si alternano a periodi di siccità, comportano un livello delle acque correnti o dei laghi misurato e/o misurabile, con rilevazioni mensili. Così, oltre l’Ufficio Idrografico del Po in Torino, esistono delle Sezioni (vedi cap. 9) lungo i maggiori corsi d’acqua per misurane la portata minima, massima e media e nei punti sensibili delle sponde dei laghi (come ad es. nella Piazza del Municipio di Verbania-Pallanza) esistono delle tarature, che misurano il livello delle acque; spesso si parla di “livello di guardia”, tecnicamente chiamato di “massima piena”, al di sopra del quale le acque esondano. All’inverso, si può verificare periodicamente od occasionalmente nei corsi d’acqua o nei laghi una “magra” ossia una penuria di acqua, insufficiente per gli usi consueti, come irrigazione, abbeveraggio, antincendio, potabile etc…; in questi casi occorre una graduazione del soddisfacimento dei bisogni emergenti. A questo punto, si può definire il concetto di piena ordinaria - come già accennato nel cap. 7 - la portata (per i corsi) o la quantità (per gli invasi) di acqua, che raggiunge i livelli prestabiliti dalle misurazioni statistiche nel 75 per cento dei casi osservati, a prescindere dall’eventualità che gli stessi invasi o corsi d’acqua possano restare asciutti in parte o del tutto per qualche periodo dell’anno.

9. Criteri di misurazione La misurazione delle acque pubbliche - a parte le tarature di cui ante, fatta a scopi più che altro statistici viene effettuata in moduli, la cui definizione si rinviene nell’art. 1081del codice civile, già citato nel capitolo 2.2, che recita: Il modulo è l’unità di misura dell’acqua corrente. (comma 2) Esso è un corpo d’acqua che scorre nella costante quantità di cento litri al minuto secondo e si divide in decimi, centesimi e millesimi. (comma 3) Naturalmente, la misurazione dell’acqua erogata avviene se ed in quanto esista una bocca o presa di derivazione prestabilita c.d. “bocca tassata” (art. 1080). Esiste però anche un criterio diverso di misurazione dell’acqua prelevata ossia quella necessaria a raggiungere un determinato scopo come ad es. irrigare un ettaro di terreno; vedasi l’art. 35/2 R.D. 1775/1933, che parla di derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata oppure la lettera c) dell’art. 6/1775, che qualifica come grande derivazione una quantità d’acqua necessaria e sufficiente ad irrigare non meno di 500 ettari di terreno. Nella determinazione dei canoni demaniali, prevista dall’art. 35 T.U. sulle acque pubbliche, è determinante sia la quantità utilizzata, che la destinazione d’uso (potabile, irrigazione, industriale, idroelettrico, antincendio etc…) nonchè la restituzione o meno delle colature e dei residui. Esula da questa trattazione la misurazione dell’acqua in metri cubi, che connota il consumo dell’acqua potabile, erogata dagli acquedotti comunali o consortili, di cui alla bollettazione annuale degli enti preposti alla gestione di tale bene primario. Va tuttavia fatto notare che ormai l’ARPA - che è incaricata dalla Regione di misurare i livelli delle acque nei maggiori fiumi - misura la portata in mc/sec, nei vari punti di osservazione, detti “Sezioni”, che attualmente sono 7: Po - al confine con la provincia di Pavia - a Isola S.Antonio (AL), Sesia - in Alta Valsesia - a Campertogno (VC), Dora Baltea - nel Canavese - a Tavagnasco (TO), Tanaro ad Alba (CN), Stura di Demonte a Fossano (CN), Bormida - tra Acqui T. e Alessandria - a Cassine (AL), Grana nell’omonima Valle - a Monterosso (CN).

10. Limite della demanialità Tutti i beni demaniali e patrimoniali indisponibili sono permeati dal criterio basilare dell’interesse generale e sono regolati da norme prevalenti ed inderogabili; ove manchino o cessino le esigenze di natura pubblica e subentrano legittimi interessi economici dei privati, come previsto dagli artt. 41/43 della Costituzione, interviene la normativa di tipo privatistico, che - pur accordando alla proprietà privata ed al suo sfruttamento la dovuta tutela giuridica - è meno stringente e comunque non richiede interventi della p.a., salva la concessione o l’autorizzazione, a seconda dei casi.

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Si può inserire in questo ambito il fenomeno dell’avulsione (già citata al cap. 7), per ribadire il concetto che - laddove non emerga alcun interesse pubblico o generale prevalente - viene riconosciuto e garantito dalla legge l’interesse privato di maggior peso economico-sociale o di migliore utilizzo della risorsa: il terreno, che si stacca “per forza istantanea” da un fondo contiguo ad un fiume o torrente e viene trasportato verso un fondo inferiore o la riva opposta, viene intestato al proprietario del fondo cui si è unito, tralasciando il demanio idrico; è dovuta un’indennità al proprietario del fondo sminuito (art. 944 c.c.). Per le acque si possono verificare casi di fontane, pozzi, bacini, canali e acquedotti privati, come prevedono gli articoli 909 e 911 c.c., che accordano ampia libertà di eseguire opere per l’estrazione, scavi, ampliamenti, sotterramenti etc… oltre che naturalmente la facoltà di uso, senza sottostare all’ obbligo del canone. Esistono delle limitazioni a proposito dei pozzi, come prevede l’art. 10 D. Lgs 12.7.1993 n. 275, che consistono essenzialmente nel fatto che debbano essere denunziati alle province e debbano ottenere l’autorizzazione o quantomeno una ricognizione. L’utilizzo delle acque private può avvenire sia sotto forma individuale che di consorzio volontario (art. 918 c.c.) e la legge dispone che i proprietari debbano eseguire a proprie spese ed obbligatoriamente la costruzione o la riparazione delle sponde e degli argini di canali o di bacini, necessarie ad evitare danni a terzi, previa autorizzazione in linea idraulica (Servizio OO.PP. e difesa suolo). I terzi, dal canto loro, non possono opporsi allo scolo naturale delle acque (c.d. stillicidio), che defluiscono dai fondi soprastanti, salva la necessità di regimentare lo scolo mediante fossati e simili, come da disciplinare.

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Capo II – LE ACQUE PUBBLICHE

1. Individuazione delle acque pubbliche Avendo già accennato, nel capo I capitolo 2, alle acque in generale ed a quelle pubbliche in particolare, a questo punto occorre puntualizzare il concetto di acque pubbliche, alla cui individuazione e gestione sono interessati gli enti pubblici deputati a gestire il demanio idrico. Il R.D. 1775/1933, all’art. 1, dava una definizione di acque pubbliche come quelle che isolatamente - per la loro portata o per l’ampiezza del bacino imbrifero - oppure in considerazione del sistema idrografico in cui fossero inserite avevano attitudine a soddisfare esigenze di “pubblico generale interesse”; occorrevano quindi due requisiti, uno oggettivo o naturale (portata o ampiezza del bacino) ed un altro soggettivo o artificiale (inserimento in un sistema di sfruttamento o utilizzazione), per determinare la natura di acqua pubblica. La legge n. 36/1994 all’art. 1 dà una definizione di acque pubbliche più estesa ed onnicomprensiva, indivuandole in “tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte”; il criterio è talmente vasto ed assorbente che bisognerebbe escludere a priori l’esistenza di acque private, come pozzi, fontane, laghetti, acquedotti privati etc… Senonché, la stessa legge propone uno strumento di separazione delle acque, in pubbliche e private, dal momento che annette alla natura pubblica delle acque scopi economici di risparmio e rinnovo delle risorse idriche e finalità di vivibilità ambientale ed equilibrio idrologico, dando anche una scala di priorità a partire dal consumo umano ed a seguire per gli altri usi. Pertanto, si può ritenere che le acque di modesta entità come le piccole sorgive superficiali (stagni o pozzi privati poco profondi) e i fossati o le cisterne di raccolta delle acque piovane, per innaffiare orti o giardini, per abbeverare animali, per usi domestici etc.. siano tutte acque di esclusivo interesse privato e come tali non soggette né a regolamentazione da parte delle autorità di bacino o regionali nè a tutti i vincoli e le tutele, che gravano sulle acque pubbliche.

2. Opere ammissibili A proposito di pertinenze demaniali, si è già detto dei molteplici interventi dell’uomo sulle acque pubbliche e private, al fine di captarle, accumularle in apposite vasche o invasi con appositi sbarramenti (ad es. dighe), incanalarle in superficie (canali o rogge) o sotterraneamente (condutture) verso i punti di utilizzo del più vario tipo (irriguo, industriale, potabile etc…), restituirle dopo l’utilizzazione - ev. depurate - nei casi in cui ciò è previsto ed altro ancora: tutte queste opere idrauliche attengono direttamente allo sfruttamento dell’acqua. Ci sono poi molte pertinenze idrauliche che riguardano indirettamente l’acqua, come quelle che vengono realizzate per contenere i fenomeni di erosione dei corsi d’acqua o del mare, costruire argini rinforzati per le piene eccezionali dei fiumi o torrenti, edificare ponti carrabili o passerelle pedonali per l’attraversamento di corsi d’acqua, etc… Tutte le opere connesse ai suddetti interventi umani diretti o indiretti, pubblici o privati (quando riguardano acque pubbliche), richiedono un’apposita domanda preventiva all’autorità competente, che sia autorità di bacino o servizio opere pubbliche e difesa suolo della regione oppure eventualmente le sezioni decentrate nei capoluoghi di provincia, corredata da idonei disegni e progetti dell’ intervento previsto. Segue la concessione autorizzatoria dell’autorità competente o talvolta anche la convenzione, con allegato capitolato d’oneri e con la fissazione del canone annuo, ove questo sia dovuto, cosa che avviene nella maggior parte dei casi. Si può addirittura dare il caso che - ove manchi o non sia tempestivo l’intervento conservativo o manutentivo delle pertinenze idrauliche da parte del privato, quando sia a ciò tenuto per legge o convenzione - possa intervenire direttamente la regione o la provincia o il comune per eseguire le opere ritenute necessarie ed indifferibili ed il relativo costo - salvo eventuali penali, ivi compresa la revoca della concessione - venga addebitato al concessionario inadempiente.

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Come avviene per tutte le strutture o risorse strategiche, dal punto di vista giuridico, sociale o economico (ferrovie, strade, autostrade, cimiteri, caserme etc…) esiste anche per i beni demaniali in genere ed in particolare per il demanio idrico una fascia di rispetto, ossia una fascia - posta oltre i confini del bene medesimo - all’interno della quale è fatto divieto di svolgere attività straordinarie, come ad es. la costruzione di manufatti, l’effettuazione di scavi etc… mentre possono persistere le attività ordinarie, quali la coltivazione dei terreni, il pascolo del bestiame etc… E’ abbastanza nota la c.d. legge “GALASSO”, che vieta di costruire manufatti a distanza inferiore a ml. 150 dalle sponde dei corsi d’acqua (attualmente vige il PAI = piano assetto idrogeologico, adottato dalla regione che può variare la distanza in più o in meno, rispetto a detto limite generale). Analoga disposizione è contenuta nell’art. 142, 1° comma, legge 22 gennaio 2004 n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, che considera aree tutelate per legge: a) una fascia di ml. 300 dalla linea di battigia del mare; b) una fascia di ml. 300 dalla linea di battigia dei laghi; c) una fascia di ml. 150 dalle sponde o dagli argini dei corsi d’acqua, iscritti negli elenchi previsti dal T.U. 11.12.1933 n. 1775. Gli scopi di tali norme sono evidenti: - proteggere fiumi e torrenti da smottamenti e/o frane di terreni con entrostanti manufatti, specialmente nei casi in cui la giacitura dei terreni è in declivio, ostruendo in tal modo il letto del corso d’acqua e - in senso inverso - consentire alle piene eccezionali di fiumi e torrenti di esondare nei terreni adiacenti agli alvei senza creare ulteriori problemi ad insediamenti umani (case) o animali (stalle) o addirittura commerciali (capannoni) ovvero alle infrastrutture (strade e ferrovie); - tutelare il paesaggio da manufatti che lo deturpano quando non le devastano del tutto. Gli abusi sul territorio hanno causato nel recente passato eventi luttuosi, come ad es. è avvenuto per un campeggio in Comune di Soverato (CZ), costruito nel letto di un torrente asciutto da anni, che improvvisamente si è gonfiato a causa di piogge improvvise e torrenziali, travolgendo uomini e cose. Altrettanto noti sono i casi del “mostro di Fuenti” sulla costiera amalfitana (albergo a picco sul mare tra la strada costiera ed il mare) e di “Punta Perotti” a Bari, mostri dal punto di vista ecologico e paesaggistico, oltre che strettamente urbanistico.

3.

Competenze d’acqua

Le competenze sulle acque sono prioritariamente pubbliche, in quanto - come già accennato tutte le acque o sono pubbliche di fatto oppure sono potenzialmente idonee ad uso pubblico per i casi di necessità (ad es. prolungate siccità o urgenze antincendio) e solo secondariamente private, tanto sotto forma individuale che collettiva, come avviene ad es. per acquedotti consortili o per rogge di coutenze ad uso irriguo e/o industriale. Tralasciando le competenze di natura privatistica, quelle pubbliche – già facenti capo esclusivamente allo Stato, attraverso il Ministero dei Lavori Pubblici e il Ministero delle Finanze nonchè i loro organi periferici (Provveditorato alle OO.PP., Intendenza di Finanza, Capitanerie di Porto) – sono ormai da tempo devolute alle autorità di bacino o alle regioni ed altri enti locali, a seguito dell’entrata in vigore della legge 183/1989 e soprattutto dopo l’emanazione delle disposizioni di attuazione della legge “Bassanini 1” (n. 59/1997) D.Lgs. 112/1998 e D.Lgs. 96/1999 -, che attribuiscono a Regioni, Province e Comuni competenze ripartite in materia di demanio idrico, navigazione interna, porti lacuali e marittimi di interesse regionale, etc… con riguardo alle funzioni regolamentari ed amministrative, ferma restando la titolarità del demanio idrico in capo allo Stato. La carta costituzionale - art. 117, nuovo stile a seguito della legge costituzionale n. 3/2001 -, dopo aver fatto salve le materie riservate esclusivamente allo Stato, come ad es. la tutela ambientale, dell’ecosistema, dei beni culturali (comma 2), elenca le materie in cui la competenza tra lo Stato e le Regioni è

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“concorrente”, tra cui sono degne di rilievo ai fini nostri: alimentazione (leggi anche acqua potabile), protezione civile (esondazioni, corrosioni di acque pubbliche), governo del territorio (bacini imbriferi), produzione-trasporto-distribuzione nazionale di energia elettrica (dighe, canali di adduzione e di scarico, condotte forzate delle centrali idroelettriche), come da comma 3. Tutte le altre materie sono devolute alla competenza esclusiva delle Regioni, ex comma 4/117 Cost.; bisogna però aggiungere ancora - tra le competenze regionali - quelle delegate dallo Stato per la sola regolamentazione; tra esse si possono includere quelle inerenti la tutela dell’ambiente, con riferimento ad es. alle acque di scarico fognario/industriale, oppure dell’eco-sistema, con riferimento ad es. alla regimentazione delle acque pubbliche ed infine la tutela dei beni paesaggistici, tra i quali si possono includere ad es. le pertinenze lacuali o le opere per la navigazione interna dei laghi (Maggiore, Como, Garda). Le finalità pubbliche da perseguire sono ben delineate dalle citate leggi gemelle n. 36/1994 e n. 37/1994, non a caso intitolate - rispettivamente - “disposizioni in materia di risorse idriche “ e “norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche”.

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Capo III – VINCOLI AMBIENTALI E PAESAGGISTICI

1.

Individuazione dei vincoli

I vincoli sulle acque pubbliche e relative pertinenze sono quelli previsti dalla legge e possono essere a carattere generale, essendo trasfusi nel codice civile e nelle norme poste a tutela dei beni pubblici in genere e delle acque pubbliche in specie, soprattutto per fini sociali, oppure a carattere particolare, ossia per scopi di tutela ambientale e/o paesaggistica, a seconda che mirino a preservare l’ambiente ovvero luoghi o siti di interesse pubblico. Su questa seconda linea si pone l’art. 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.Lgs 22 gennaio 2004 n. 42, che stabilisce la tutela per legge – come già accennato al cap. 3 del Capo II – con le seguenti fasce di rispetto: - dei territori costieri del mare e contigui dei laghi fino a 300 metri dalla battigia, anche per i territori elevati sul mare e sui laghi; quindi bisogna calcolare anche i pendii digradanti verso il mare e i laghi oppure le scogliere a picco, benché il calcolo dei 300 metri dalla battigia in questi casi possa diventare piuttosto arduo (art. 142, 1° comma, lettere a e b); - dei fiumi, torrenti e corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal T.U. 1775 del 1933 sulle acque e sugli impianti elettrici una fascia di 300 metri dalle sponde o piedi degli argini; in quest’ultimo caso non si distingue tra argini maestri e argini di deriva, presenti nei grandi fiumi, ma la dicitura generica farebbe pensare agli argini di deriva, per aversi una maggiore sicurezza insita nella maggiore distanza dal grande corso d’acqua (art. 142, 1° comma, lettera c). 2.

Il permesso di costruire

Il T.U. per l’edilizia approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, come aggiornato con D.Lgs. 27.12.2002 n. 301, ha introdotto nella legislazione edilizia - essenzialmente privata - degli istituti giuridici del tutto nuovi, quali il permesso di costruire (art. 10 e segg.), in luogo della previgente licenza edilizia, e la dichiarazione di inizio attività (D.I.A.), in luogo della previgente domanda di autorizzazione (art. 22 e segg.). Detti istituti sono definiti dalla legge “titoli abilitativi” e sono rilasciati dallo sportello unico per l’edilizia, essendo diventata residuale la vecchia Commissione Edilizia, che può essere ancora prevista dai regolamenti edilizi Comunali come organo consultivo (art. 4). Non occorrono i titoli abilitati, per espressa disposizione dell’art. 7/380, nei casi di opere pubbliche eseguite da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree demaniali, sia per quelle eseguite direttamente che per quelle seguite mediante enti istituzionalmente preposti ovvero mediante concessionari di servizi pubblici. Al contrario, gli interventi edilizi su aree demaniali eseguiti dai privati sottostanno a tutte le regole del T.U. 380 (art.8) e, pertanto, richiedono il permesso di costruire.

3. Conformità delle opere esistenti Ribadito il principio che non occorre il permesso di costruire per le opere eseguite dalle pubbliche amministrazioni statali o comunque insistenti su aree demaniali, ove eseguite direttamente da chi le gestisce: è il caso di interventi edilizi sui beni del demanio idrico, gestiti dalle autorità di bacino o dalle regioni; ribadito che lo stesso principio vale per le opere eseguite da chi gestisce un servizio pubblico in concessione, come potrebbe essere ad es. la navigazione interna affidata ad enti creati ad hoc; per i privati concessionari del demanio idrico vale la normativa generale e, qualora abbiano eseguito delle opere non autorizzate, esse sono da sanare dal punto di vista amministrativo e questo può avvenire solo qualora siano conformi alle nuove norme edilizie oppure qualora esse vengano adeguate alle medesime. Questo stato dei luoghi e delle opere da regolarizzare può emergere in sede di rinnovo o modifica delle concessioni oppure nello svolgimento dei compiti di polizia idraulica e delle acque assegnati alle regioni e agli enti locali dall’art. 89, lettere c) e g), D.Lgs 31 marzo 1998 n. 112.

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4. Pareri necessari per il permesso di costruire Lo sportello unico per l’edilizia, previsto dall’art. 5 D.P.R. 380/01, prima di rilasciare il permesso di costruire deve richiedere: - il parere delle autorità competenti (autorità di bacino e/o regioni/province) in materia di assetti e vincoli idrogeologici, come da comma 4, lettera g); - gli assensi in materia di servitù viarie, ferroviarie, portuali ed aeroportuali, come da comma 4, lettera h); la regola dovrebbe valere tanto per i porti marittimi che per i porti lacuali, in assenza di specificazioni di legge. Occorre, al riguardo, rammentare che il D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, portante delega di funzioni a Regioni, Province e Comuni, prevede - all’art. 79 - il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative (non della proprietà) in materia - tra le altre - di “navigazione e porti lacuali”, con ulteriori precisazioni - agli artt. 97 e 98 - sulla portata delle attività delegate; il trasferimento di funzioni comprende la gestione governativa dei grandi laghi: Maggiore, di Como e di Garda. Occorre, inoltre, rammentare tutte le disposizioni introdotte dal D.Lgs. 112/1998, art. 89, come puntualizzato dagli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 96/1999, che elencano una lunga ed articolata serie di competenze devolute alle Regioni ed agli Enti Locali, tra cui la gestione di opere idrauliche, le dighe (escluse quelle assegnate al RID, Registro Italiano Dighe), la difesa delle coste ed abitati costieri; per queste ultime entità si dovrebbe trattare tanto delle coste del mare quanto di quelle dei laghi, in assenza di specificazione. Tutte queste funzioni amministrative in materie di demanio idrico devolute dallo Stato comportano dal punto di vista urbanistico, il parere della Regione o delle Province, a seconda dell’importanza dell’opera o pertinenza idraulica, preventivamente al rilascio del permesso di costruire.

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Appendice Si riportano a titolo esemplificativo due casi verificati dal sottoscritto - in sede di attività ispettiva anno 1996 - presso l’allora Sezione Staccata Demanio di Vercelli della Direzione Compartimentale del Territorio per le Regioni Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, prima del passaggio delle competenze in materia di demanio idrico alle Regioni e alle Province (1998-1999) nonché prima dell’attivazione dell’Agenzia del Demanio (2001).

A – Pertinenza idraulica in provincia di Vercelli

Alla confluenza del rio Ottina con il torrente Cervo in Comune di Buronzo (VC) si è formato ab

immemorabili un terreno alluvionale di ben 109.860 mq, censito catastalmente al f. 21 particella n. 89.

I privati frontisti se ne sono appropriati per porzioni molto consistenti, ossia: -gli intestatari dei mappali 7 e 61 si sono annessi una porzione di mq. 15.620, lungo il Cervo; -l’intestatario dei mappali 19 e 20 si è annesso una porzione di circa mq. 40.000, lungo il Cervo; -il medesimo si è annesso una ulteriore porzione di circa mq. 54.200, alla confluenza del rio Ottina con il torrente Cervo. I dati suindicati vennero forniti nel 1983 dall’Ufficio Tecnico Erariale di Vercelli all’Intendenza di Finanza di Vercelli, a seguito di un atto notarile registrato presso l’Ufficio del Registro di Biella nel 1982, nel quale il venditore - oltre alle particelle originariamente di sua proprietà nn. 19 e 20 f. 21 di Buronzo (VC) - cedeva anche mq. 94.200 circa di terreno alluvionale (mq. 90.300 secondo l’acquirente). Nel 1988 l’acquirente inoltrava all’Intendenza di Finanza di Vercelli richiesta di “riconoscimento del diritto di proprietà” del terreno alluvionale “che è venuto a formarsi ed unirsi ai mappali n. 19 e 20, man mano ed impercettibilmente nel tempo, a causa della naturale tendenza del torrente Cervo a raddrizzare, in quel punto, il proprio alveo“. L’UTE di Vercelli, interpellato nuovamente, con nota del 1989 riferiva che il terreno alluvionale in realtà si era unito alla preesistente proprietà privata per effetto di opere artificiali a monte e valle dell’area in argomento; per cui il caso veniva qualificato come pertinenza demaniale. Nel 1994 il privato acquirente inoltrava al Magistrato per il Po di Parma - Ufficio Operativo di Alessandria richiesta di delimitazione dell’area alluvionale “per conseguire l’accolonnamento di detto appezzamento”. Successivamente, su richiesta della citata Sezione Staccata Demanio di Vercelli dell’allora Dipartimento del Territorio, il Corpo Forestale dello Stato di Vercelli attestava - con nota del gennaio 1996 - che la maggior parte del mappale 89 era tenuta a risaia (circa ha. 4,0), una parte era tenuta a pioppeto (ha. 2,5) e la rimanente era abbandonata. Con nota pure del gennaio 1996 della S. S. Demanio, l’Ufficio Registro di Vercelli veniva incaricato di richiedere al privato il pagamento - ai soli fini interruttivi della prescrizione - di lit. 28.393.000 a titolo di indennizzo per il terreno coltivato a risaia e di lit. 10.396.000 per il terreno coltivato a pioppeto, in attesa della pronuncia del Magistrato per il Po; il relativo avviso di liquidazione mod. 16 venne notificato a settembre del 1996.

B – Pertinenza lacuale in provincia di Biella

Sul lago di Viverone, nell’omonimo paese, esisteva ed esiste tuttora una struttura palafitticola, in prossimità della riva, cui si accede da una passerella; detta struttura è infissa nel fondo del lago - piuttosto basso in quel punto - mediante colonne in cemento armato, che reggono una piattaforma, su cui insiste un fabbricato in muratura, adibito a ristorante-balera. La concessione della spiaggia demaniale era stata chiesta da un privato nel 1949, con durata dal 1948 al 1971 e l’Intendenza di Finanza di Vercelli, dopo aver acquisito il disciplinare predisposto dal Genio Civile di Vercelli ed il parere UTE di Vercelli in merito ai canoni pregressi dovuti, demandava all’Ufficio Registro di Biella di riscuotere le somme dovute, con nota del mese di ottobre 1970. L’U.R. di Biella iscriveva articolo a campione certo, capitolo 2616 del bilancio delle entrate dello Stato - ai sensi della legge di contabilità demaniale del 7.4.1888 - ed introitava tutti i canoni arretrati a gennaio del 1971; poi - con cadenza annuale - introitava i canoni dovuti “successivamente e consecutivamente”,

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secondo una formula d’uso: canone iniziale lit. 6.120 (1948), elevato a lit. 30.000 dal 1949, a lit. 60.000 dal 1961 ed a lit. 420.00 dal 1981 (aumento di 4 volte, portato dal d.l. 546/1981); con l’applicazione della rivalutazione ISTAT il canone nel 1987 raggiungeva la somma di lit. 669.840 e nel 1990 di lit. 1.005.000, per effetto del D.M. 20.7.1990. Tuttavia, la Sezione Staccata Demanio di Vercelli - con nota del 1995 - chiedeva all’U.R. di Biella di applicare un indennizzo anziché il regolare canone, non essendo mai stata assentita formale concessione demaniale per l’utilizzo dello specchio d’acqua lacuale; l’indennizzo veniva fissato - su parere tecnico UTE in lit. 5.000/mq per complessivi mq. 600 di superficie occupata e così lit. 3.000.000 annue dal 1989, rivalutate a lit. 4.500.000 dal 1990 (d.l. 90/1990 conv. In legge 165/1990), limitando cioè la richiesta agli ultimi 5 anni, secondo le norme prescrizionali del codice civile. Il relativo avviso di liquidazione mod. 16, notificato a maggio 1995, venne impugnato in via amministrativa davanti alla Direzione Compartimentale del Territorio di Torino dagli eredi dell’originario “concessionario”, i quali produssero anche una perizia asseverata di un geometra di Cavaglià, nella quale si confutava l’operato UTE e si prospettava una valutazione dell’area demaniale occupata di lit. 2.250/mq, che comportava un indennizzo annuo di lit. 1.350.000. La citata D.C.T. di Torino accoglieva l‘esposto e stabiliva in via provvisoria l’indennità di occupazione nella misura indicata dalla perizia di parte ma nel contempo deferiva ogni determinazione finale alla Direzione Centrale Demanio dell’allora Dipartimento del Territorio.

Pucciarelli

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Rosario


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ELEMENTI TECNICI PER LA GESTIONE DEI BENI DEMANIALI

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1) LA DETERMINAZIONE DEGLI ONERI CONCESSORI Si richiamano preliminarmente le norme del C.C. in merito alla distinzione fra Demanio Pubblico e Demanio Patrimoniale, quest’ultimo ancora suddiviso in quello indisponibile (beni in uso governativo) ed in quello disponibile (detenuto in via privatistica). E’ fondamentale l’art. 823 laddove specifica che : - i beni del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano; - spetta all’autorità amm/va la tutela dei beni di demanio pubblico. Questa ha facoltà di procedere sia in via amm/va, sia avvalendosi di mezzi ordinari a difesa della proprietà. Questi assiomi, che bisogna ripetere ogni giorno nel lavoro di gestione dei “beni demaniali” per non dimenticarli, rendono indispensabile una stretta collaborazione fra il rappresentante della proprietà (Agenzia del Demanio) e l’Amm/one che li gestisce (Regione). Si è appreso che i maggiori problemi emergono nella gestione delle occupazioni di corsi d’acqua pubblici e di pertinenze idrauliche. Giova ricordare che, per il combinato disposto degli artt. 946 e 947 del C.C. (alveo abbandonato conseguente all’opera dell’uomo, pertinenze idrauliche a seguito di delimitazione d’alveo ecc.) l’accolonnamento dei cespiti in capo al Demanio Pubblico è sempre conseguente alla “delimitazione d’alveo”, pronunciata nel tempo dagli organi di tutela all’uopo preposti quali l’Intendenza di Finanza, (ora Agenzia del Demanio), l’Ufficio Tecnico di Finanza (diventato poi Ufficio Tecnico Erariale, Ufficio del Territorio ed ora Agenzia del Territorio), il Magistrato del Po, l’Ufficio del Genio Civile, la Prefettura competente territorialmente ecc. Esistono indubbie difficoltà nella ricerca dei fascicoli presso l’Agenzia del Demanio o presso gli Uffici del Genio Civile (ex), in cui reperire i decreti prefettizi di delimitazione d’alveo; la ricerca potrebbe svolgersi anche presso gli Archivi di Stato, deputati a ricevere gli atti “dismessi” dalle Amm/oni dello Stato, in base alle risultanze della “Commissione per lo scarto degli atti di archivio”, che, periodicamente, svolge la propria attività in ogni amm/one dello Stato. Si nutrono perplessità invece di trovarli presso gli archivi dell’ex 1^ sezione degli UUTTEE o presso la Direzione Generale del Demanio a Roma. A parere dello scrivente non è da escludersi l’ipotesi di procedere, nei casi più contestati, ad una nuova delimitazione d’alveo, per confermare o modificare la situazione preesistente, per la quale risulta ora difficile documentarne la legittimità. 1.1) Il procedimento della quantificazione dei canoni. Le operazioni preliminari consistono nell’individuare il “contenuto della concessione” e quindi la tipologia dell’utilizzazione. (Permanente, saltuaria, con opere stabili rimuovibili o non rimuovibili, i motivi che hanno generato la concessione ecc).Il secondo aspetto da considerare è la consistenza della occupazione/utilizzazione, e quindi non solo la superficie occupata, ma anche quella commercialmente e complessivamente realizzata sul cespite demaniale. Ad esempio nel caso di un edificio multipiano, verrà considerato il coacervo della superficie commerciale insistente sul bene demaniale, in quanto la stessa costituisce il parametro tecnico di base per la determinazione del canone. Ne consegue la necessità che il concessionario produca gli elaborati grafici completi (piante, sezioni, prospetti, particolari, computi ecc.) da cui poter rilevare l’esatta consistenza dell’utilizzazione. L’elaborato di progetto verrà oltretutto utilizzato dall’Amm/one concedente per verificare che il concessionario non modifichi od ampli nel tempo le condizioni e la consistenza della concessione. E’ ovvio il compito dell’Amm/one concedente di verificare l’ammissibilità in linea tecnica, giuridica ed amm/va, delle opere da eseguirsi dal concessionario. Negli scarichi di acque usate, civili e/o industriali, ad esempio, dovrà essere certificata l’idoneità delle depurazione e prodotto il nulla osta degli organi preposti (ASL, ARPA ecc.), oppure le concessioni edilizie, il nulla osta delle Soprintendenze competenti per i beni soggetti a tutela ecc. (architettonici, ambientali, artistici ecc).1.2) La determinazione del canone. Valore di mercato . Stime.

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La determinazione del canone deve essere condotta tenendo ben presenti due principi fondamentali e cioè: - il contenuto dell’occupazione e quindi la sua consistenza; - il beneficio del concessionario. Ad esempio, la creazione di una rampa di raccordo fra un terreno privato ed una strada su argine fluviale, va esaminata non solo stimando il canone proporzionalmente all’area occupata, ma anche tenendo conto del vantaggio conseguito dal privato in relazione al minor tragitto del percorso realizzato rispetto a quello sviluppato su strade pubbliche per raggiungere il proprio terreno. Il canone di libero mercato è quello che verrebbe a realizzarsi in una libera contrattazione di affitto. Si può affermare però che esiste un solo mercato degli affitti per gli immobili urbani, per cui, nelle utilizzazioni di beni di demanio pubblico occorre determinare il canone di base partendo dal valore venale del bene ed applicando ad esso un saggio percentuale di investimento.

1.2.1 Criteri di stima. La teoria dell’estimo individua diversi criteri, non sempre applicabili nelle fattispecie considerate. Si espongono comunque qui di seguito, a solo scopo informativo, rimandando in appresso gli ulteriori approfondimenti con esempi su alcuni criteri. a) Criterio del valore di mercato. E’ il criterio più ricorrente. Consente di individuare il valore di mercato collocando il bene da stimare in una “scaletta “ di valori noti di beni simili. Si consiglia di utilizzare come fonti di informazione valutativa : - l’Osservatorio Immobiliare pubblicato su Internet dall’Agenzia del Territorio. Bisogna ricordare che i valori sono riferiti (tra un minimo ed un massimo), alla tipologia prevalente, ossia quella più ricorrente nella zona considerata. Ad esempio, a Bardonecchia, nella zona “Pineta”, vi sono poche case costruite nell’anteguerra o di recente, mentre la maggior parte è stata costruita nel dopoguerra fra gli anni ‘ 50 e ’70. I valori dell’Osservatorio sono quindi riferiti a quest’ultima tipologia perché prevalente. - il Consulente Immobiliare. Trattasi di rivista tecnica specializzata, pubblicata bimensilmente; i numeri pubblicati il 15.6 e 15.12 di ogni anno riportano i valori di mercato (zone centrali, semiperiferiche o periferiche) di immobili in tutti i capoluoghi di Provincia e dei Comuni più rappresentativi di ogni Provincia. Viene anche indicata l’incidenza dell’area. Si ricorda infatti che il valore dell’immobile è costituito dalla somma del valore dell’area su cui insiste ed il valore del fabbricato, per cui a volte è utile conoscere il valore della prima. L’incidenza dell’area è variabile in genere dal 15 – 18% per le aree periferiche ed extraurbane, al 50 – 60 % per le zone centrali o pregiate. Il Consulente Immobiliare, che si riferisce ad immobili nuovi, riporta diverse tabelle con coefficienti correttivi (riduttivi od amplificativi), relativi all’età, allo stato manutentivo, al livello di piano, alle pertinenze ecc.- le indagini effettuate nel territori, presso Agenzie Immobiliari, reclamizzazioni di vendita, presso cantieri relativi ad edifici in vendita ecc. b) Criterio di surrogazione. La stima nasce dal confronto fra un bene di noto valore ed in grado di “surrogare” l’utilità del bene che si deve stimare. Segue il principio di valutare due beni che abbiano la stessa utilità, di uno dei quali si conosce il valore.( Ad esempio, per valutare una chiesa, si può assimilarla ad un magazzino di volume analogo). c) Valore di trasformazione. E’ costituito dalla differenza di valore fra quello del bene trasformato e di quello del bene preesistente. E’ il criterio adottabile per valutare le consistenti trasformazioni edilizie di un edificio, senza che sia stata variata la consistenza in superficie ed in volume. d) Valore complementare. Nel caso di un ampliamento, il valore complementare è dato dalla differenza fra il valore del bene ampliato ed il valore del bene preesistente. e) Valore a “sito e cementi”. Nell’ipotesi di edifici compromessi strutturalmente, inagibili ecc. il valore è dato da quello dell’area di terreno, al netto delle spese di demolizione. f) Valore di esproprio.

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Viene utilizzato nel caso di beni (specie in aree urbane) compresi in zone destinate a servizi dal PRGC. Poiché considera la media fra il valore venale di mercato ed il coacervo di 10 annualità di reddito dominicale, il valore di esproprio è praticamente pari al 50% del valore di mercato. ( Le dieci annualità di RD hanno infatti un valore irrisorio).g) Valore di capitalizzazione E’ determinato applicando al fitto annuo, certo e noto, un saggio di capitalizzazione adeguato. h) Valore di costo deprezzato. Costituisce il valore minimo del bene ed è formato dalla somma del valore dell’area e di quello di costruzione dell’edificio, deprezzato in base all’età. Nei casi di occupazione di pertinenze idrauliche si ritengono più agevolmente applicabili i criteri relativi del valore di mercato, quello complementare e quello del costo deprezzato. In ogni caso la stima può compendiare elementi di stima diversi, poiché scopo della stima è quello di individuare il giusto prezzo che il concessionario deve corrispondere in rapporto al contenuto e consistenza della concessione; - beneficio del concessionario.

1.2.2. ) Il saggio di investimento.- Il saggio legale. Il saggio di interesse da applicare ai valori dei beni oggetto di stima per ricavare il canone della relativa utilizzazione viene differenziato in relazione alle finalità delle opere realizzate sulla proprietà demaniale. Se le finalità sono pubbliche, quali le coperture dei corsi d’acqua fatte dai Comuni per l’ampliamento della viabilità, (coperture vere e proprie, ponti ecc), si applica il saggio legale, quale misura minima adottabile, mentre se le finalità sono di natura privatistica (quando cioè vi è l’interesse del privato) si applicherà un saggio dui investimento. Questo è un saggio medio fra il saggio relativo al costo del denaro (prime-rate, mutui ecc.) ed il saggio medio di investimenti tipici (BOT, CCT Fondi ordinari, Fondi Assicurativi, titoli azionari ecc.).- Anno per anno conviene fare una indagine finanziaria per stabilire il saggio di investimento da adottare nelle stime effettuate nell’anno. 1.3 ) I canoni agevolati. Sono quelli stabiliti per legge in riferimento , ad esempio, agli attraversamenti elettrici, alle derivazioni d’acqua, ai canoni minimi ricognitori per utilizzazioni irrisorie ecc.Esistono inoltre alcune situazioni in cui può essere pattuito un canone ridotto, in ordine a particolari impegni del concessionario. Ad esempio, il complesso immobiliare in Torino denominato “ La Cavallerizza” di Via Verdi (alloggi , magazzini ecc.) era stato concesso al Comune di Torino per realizzarvici spazi di utilizzazione pubblica ( mostre, teatri, spazi per dibattiti e spettacoli ecc.).In questo caso il canone determinato applicando al valore del bene un saggio legale, è stato ridotto ulteriormente al 10 % in base ad una legge speciale e disposizione della Agenzia del Demanio. Per l’uso di alloggi nell’ambito urbano si può applicare la legge 431 del 1998 con contratti in regime convenzionato, con il quale sono predefiniti la durata ed i criteri per il calcolo del canone di affitto ( numero degli elementi dell’unità immobiliare, suddivisione delle zone ecc.), che è quindi un canone agevolato perché inferiore a quello di mercato. Si vegga il sito www.comune.torino.it/locare.1.4 ) Esempi di criteri valutativi Si ritiene che più della teoria possa essere utile una esemplificazione dei criteri da seguire in diversi casi di utilizzazione segnalati nel corso dell’incontro. L’utilizzazione di valori “tabellari” di canoni predefiniti può essere valida in qunto consente di perequare nel territorio lo stesso carico fiscale (a parità di utilizzazione si applica in teoria lo stesso canone). In realtà non sempre è corretto; basta pensare alla diversità di valore fra una zona urbana ed una periferica per rendersi conto che è pure necessario diversificare i canoni perche riferiti a valori diversi anche se per uguali utilizzazioni.

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E’ bene perciò accompagnare la scelta del canone tabellare con una vera e propria stima, per non rischiare, in caso di richiesta di chiarimenti del magistrato in una eventuale vertenza, la dichiarazione di apoditticità del canone tabellare, perché non suffragato da una stima. 1.4.1) Scarico di acque usate. Occorre porsi la domanda su quale sia l’interesse od il vantaggio conseguito dal concessionario con la realizzazione dello scarico. Da una parte si valuterà l’area asservita dall’occupazione e dall’altra la spesa che il concessionario sopporterebbe annualmente per lo svuotamento di eventuali pozzi a tenuta. La “spesa” diventerebbe il “valore annuo” del beneficio del concessionario, per cui al Demanio va riconosciuto almeno l’interesse su tale valore applicando il saggio di investimento, ossia l’interesse su una somma che il concessionario risparmia ogni anno e che può investire in altro modo. Il canone complessivo sarà costituito perciò dalla somma del canone annuo per l’area occupata (potrebbe esserci uno scarico senza occupazione di area), e dell’interesse sulla spesa risparmiata. 1.4.2 ) Copertura di corso d’acqua pubblica. Se la copertura è realizzata dal Comune per finalità pubbliche, verrà applicato il saggio legale al valore dell’area demaniale occupata. Per la determinazione di quest’ultimo (nell’ipotesi che la copertura sia destinata a viabilità pubblica e quindi a servizi), si utilizzerà il valore di esproprio. Se la copertura è realizzata o finanziata dallo Stato, ma se l’interesse è del Comune pur se finalizzato ad un interesse pubblico, (l’opera viene consegnata in concessione al Comune), al canone per l’area occupata dovrà aggiungersi il saggio legale sul costo di costruzione dell’opera. 1.4.3 ) Copertura di corso d’acqua. Uso privato. Si ipotizzi un condominio che occupa 1800 mq di area demaniale con copertura realizzata dallo stesso, una incidenza dell’area del 25%, un valore degli alloggi di 1000 €/mq, una superficie commerciale degli alloggi di 950 mq., un indice di edificabilità di 1 mq SLP / mq di terreno (SLP equivalente a quella commerciale). In questo caso 950 mq dell’area è da considerarsi come area fabbricabile pertinenziale, mentre la rimanente superficie di 850 mq come area cortilizia. Il valore dell’area è dato da : - mq 950 x €/mq 1000 x 0,25 = € 237500,00 - mq 850 x €/mq 1000 x 0,25 x 0,20 = € 42500,00 totale € 280000,00 (L’area cortilizia, non edificabile, è valutata di norma pari ad 1/5 dell’area edificabile). Per la determinazione del canone di base si applicherà il saggio di investimento su detto valore. Per calcolare il canone annuo effettivo dovrà essere sottratto da quello base un valore ricavato mediando : a) il costo medio delle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria della copertura sostenuto dal Condominio annualmente; b) l’interesse (saggio di investimento applicato al costo di costruzione deprezzato della copertura. Il primo è crescente nel tempo mentre il secondo è decrescente. E’ corretto quindi che a fronte degli aumenti dei valori immobiliari nel tempo e quindi del canone base, vi sia un riconoscimento di una detrazione crescente perché correlata all’aumento dei costi di manutenzione. 1.4.4 ) Darsena. Esistendo un mercato degli affitti dei posti barca, occorrerà valutare il N° di posti barca ospitabili dalla darsena. Ad esempio se la darsena ha una superficie di 400 mq ed è in grado di ospitare 3 posti barca, e supponendo una superficie di parcamento del mercato di 100 mq / barca ( superficie teorica occupata di 300 mq), il canone comprenderà: - il canone di libero mercato per tre posti barca ; - il canone calcolato sulla superficie residua di 100 mq. In un ambito urbano si determinerà l’indice di edificabilità medio della zona, l’incidenza dell’area fabbricabile, il valore di questa e quindi il canone, applicando il saggio di investimento al valore dell’area di mq 100.-(superficie 400 mq – 300 mq = 100 mq). In un ambito non urbano si applicherà il saggio al costo di costruzione della porzione di darsena di 100 mq. 1.4.5 ) Edifici su pertinenze idrauliche. La situazione non è difforme da quella relativa alle coperture di corsi d’acqua.

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Concorre alla formazione della consistenza dell’occupazione tutta la superficie commerciale insistente sull'area demaniale. Si procederà quindi alla ricerca dei valori di mercato degli immobili, dell’incidenza dell’area, dell’indice di edificabilità medio della zona, ed alla valutazione dell’area edificabile pertinenziale e di quella eventuale di natura cortilizia.2) L’ ACCATASTAMENTO. Ogni operazione relativa ad eventuali variazioni o denuncie di accatastamento di nuovi immobili deve essere preceduta dalla “visura” degli atti catastali (NCEU e Catasto Terreni), anche eventualmente “storica”, nonché dal reperimento degli estratti di mappa, allo scopo di identificre lo stato delle informazioni nella banca dati catastale. Qualora siano rilevate discordanze fra stato di fatto e banca dati (consistenza, intestazione ecc. ) dovrà essere presentata un’istanza per la correzione degli errori (a condizione che si tratti di errori della Amm/one catastale). Le procedure al C.T. ed NCEU prevedono comunque adempimenti separati che qui si riassumono. 2.1 Catasto Terreni – Ambito agricolo. Può interessare le pertinenze idrauliche, laddove si sia verificato un cambio di qualità colturale o di classe. Deve essere utilizzata la specifica modulistica disponibile presso l’Agenzia del Territorio o su Internet. (Denuncia di cambiamento ecc. ) 2.2 Catasto Terreni – Ambito urbano. La procedura più ricorrente riguarda la introduzione in mappa di fabbricati, attraverso il così detto “tipo mappale”. Le operazioni di rilievo sul terreno consistono nell’uso di una strumentazione specifica con la quale vengono rilevati i punti delle poligonali ed i vertici dei fabbricati, in riferimento ad un sistema cartesiano, per cui ad ogni punto battuto vengono attribuiti i valori planimetrici cartesiani in rapporto al sistema di base del C.T.- Il rilievo viene appoggiato ai cosidetti “punti fiduciali” esterni all’area ed al fabbricato da rilevare, di note e prestabilite coordinate. Il Catasto Terreni, pur rimanendo del tipo geometrico particellare, oggi è anche numerico, in quanto i vertici delle particelle, delle poligonali, dei fabbricati ecc. sono individuati sulla mappa per il tramite delle loro coordinate. Gli elaborati da redigersi per i tipi mappali o per i tipi di frazionamento, con il programma Pregeo 8 (ora anche altimetrico) sono comunque quelli sottoelencati. Viene omessa la loro descrizione, in quanto molto complessa, per la cui redazione da parte di personale tecnico specializzato, occorre una buona conoscenza del programma Pregeo 8. - Modello 3 SPC - Modelli 51 (oltre al modello 51 F TP per i tipi di frazionamento) - Elaborato grafico del rilievo - Rilievo mod. 51 - Libretto delle misure (rilievo celerimetrico, punti fiduciali ecc.) - Relazione tecnica OSSERVAZIONI Nelle utilizzazioni/concessioni di pertinenze idrauliche, occorre verificare che il concessionario non effettui ampliamenti di fabbricati o cambi di coltura nei terreni. In caso affermativo occorrerà richiedere che il concessionario proceda a proprie cura e spese agli aggiornamenti degli atti catastali. In caso di inadempienza dovrà provvedere l’Amm/one concedente con intervento d’ufficio. 1.5 ) Nuovo Catasto Edilizio Urbano (NCEU) Come per il catasto terreni, sono indispensabili degli accertamenti preliminari per verificare, attraverso le visure della banca dati e delle planimetrie, la regolare rispondenza fra stato di fatto/diritto reale e le risultanze degli atti catastali. In caso di difformità occorre procedere alla segnalazione di eventuali errori nella consistenza, nella intestazione ecc. (errori dell’Amm/one catastale). In caso di difformità non dovute ad errori, occorrerà procedere alla denuncia di variazione.

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Per il NCEU la procedura di aggiornamento degli atti è regolata dall’attivazione del programma DOCFA 3.1.In caso di variazione bisogna individuare con precisione la relativa motivazione (frazionamento, fusione, ristrutturazione, esatta rappresentazione grafica, variazione interna, ampliamento, accorporo, scorporo, stralcio di area urbana, afferente, demolizione parziale e/o totale ).Il programma Docfa prevede la produzione di diversi elaborati quali: - l’elaborato planimetrico, indicativo di tutte le unità immobiliari che costituiscono il fabbricato, compresi i beni comuni non censibili ed i beni comuni cesibili; - il modello D1 comprendente diversi quadri (generale, quadro B relativo alle variazioni, quadro U relativo alle unità immobiliari ecc; - i modelli I N 1^ parte e I N 2^ parte ( II N per gli industriali) con le caratteristiche degli edifici e delle unità immobiliari; - le planimetrie delle unità immobiliari.Il classamento prevede l’attribuzione della categoria catastale, della classe e della consistenza automaticamente; in base alle tariffe d’estimo previste per ciascuna categoria e classe, viene determinata la rendita catastale (che può essere però modificata dall’operatore motivando la scelta).Le categorie comprendono gli immobili a destinazione ordinaria e cioè: - gruppo A, relativo ad abitazioni, ville, palazzi, castelli ed affini la cui consistenza è espressa in vani catastali; - gruppo B, relativo ad edifici di uso collettivo (collegi, convitti, ospedali, prigioni, uffici pubblici, scuole, biblioteche ecc.) la cui consistenza è espressa in volume (mc); - gruppo C, relativo ad edifici di natura commerciale (negozi, magazzini, laboratori, fabbricati per lo sport, stabilimenti balneari, autorimesse, tettoie, posti auto ecc.) la cui consistenza è espressa in superficie (mq); nonché gli edifici aventi scopo di lucro (gruppo D comprendente gli opifici, gli alberghi, i teatri, le banche ecc.). Nel gruppo D è da evidenziare la categoria D/9 definita come “edifici galleggianti o sospesi, assicurati a punti fissi del suolo e ponti privati soggetti a pedaggio “.Completa il gruppo E (immobili a destinazione particolare) comprendente le stazioni, i ponti comunali e provinciali, i fari, le torri, le chiese ecc.) Sia per i fabbricati del gruppo D, sia per quelli del gruppo E, la rendita catastale viene determinata per stima diretta a cura dell’Ufficio del Territorio, sulla base di quella proposta dal denunciante (Stima con il criterio del costo di costruzione). Si allega in calce alla presente memoria l’elenco delle categorie catastali previste per i gruppi A,B, C, D ed E.In realtà è stato nel tempo introdotto un ulteriore gruppo di categorie (categoria F) comprendente le aree urbane, le unità collabenti, le unità in corso di costruzione o di finizione, i lastrici, tutte caratterizzate dall’identificativo catastale (foglio, numero subalterno), ma dall’assenza di rendita catastale. Occorre ricordare infatti che il catasto è stato istituito per fini fiscali, per cui è giusto considerare come non ancora produttivi di reddito i fabbricati in corso di costruzione ecc. Può verificarsi il caso e la necessità di dover disporre degli identificativi catastali di unità immobiliari non ancora finite, (ciò accadein caso di compravendita di unità in corso di costruzione), e quindi non produttive di alcun reddito. E’ stato sollevato il caso del fabbricato insistente in parte su terreno demaniale ed in parte su terreno privato. Mentre al C.T. risultano correttamente le due porzioni di aree in capo al privato ed al Demanio dello Stato, è necessario che anche il fabbricato sia identificato da due numeri distinti, ad esempio XJY e HGK, uno per la porzione insistente sul terreno privato e l’altro per la porzione insistente sul terreno demaniale. In genere ad ogni porzione di fabbricato viene attribuito il numero corrispondente della mappa del C.T.- Conseguentemente ogni porzione urbana comprenderà i subalterni 1, 2, 3, ecc.: Avremo in conclusione foglio Z , numero XJY subb. 1,2,3 ecc. e foglio Z , numero HGK subb. 1,2,3 ecc. Per le unità unità che insistono sulla proprietà privata non esistono problemi di intestazione, mentre per quelli insistenti sul Demanio saranno accolonnate in capo al Demanio per il terreno ed in capo al privato come “diritto di proprietà superficiaria”. Il caso più complesso è quello relativo ad esempio, ad unico alloggio insistente in parte su proprietà privata ed in parte sul Demanio, in cui gli identificativi sono, sempre ad esempio, foglio 16 n. 141 per il fabbricato su terreno privato e foglio 16 n. 226 per il fabbricato su terreno demaniale.

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In questo caso sono originati due subalterni, ciascuno per ogni numero, graffati fr intestazione, ma con un unico classamento.

Il risultato finale sarà : - foglio 16 n. 141 sub 1 in proprietà a Rossi Mario graffato al foglio 16 n. 226 s Demanio dello Stato per il terreno ed a Rossi Mario per la proprietà superficia Comune di Stresa) Cat. A/2 Cl. 3 v.c. 4,5 .Si porta a conoscenza che il programma DOCFA prevede, come “titolo di possesso”, le - proprietà - proprietà superficiaria - proprietà per l’area - nuda proprietà - nuda proprietà superficiaria - abitazione - abitazione su proprietà superficiaria - diritto del concedente - diritto dell’enfiteuta - superficie - uso - uso su proprietà superficiaria - usufrutto - usufrutto con diritto di accrescimento - usufrutto con enfiteusi - usufrutto su proprietà superficiaria - oneri (utilista della superficie, servitù ecc.) Caso per caso dovrà essere scelta la denominazione più corretta. La denuncia di variazione o di nuova costruzione edilizia potrebbe essere necessaria n delle concessioni, ed ove sia prevista l’assunzione in consistenza al Demanio del fabbri concessione. Dopo aver promosso la promulgazione del decreto di decadenza della concessione e l’a Demanio dello Stato ( patrimonio disponibile?!) dei cespiti immobiliari che insistono (quali le pertinenze idrauliche), l’Amm/one concedente, d’intesa con quella demanial consistenza l’immobile redigendo gli elaborati previsti in materia ed affettuando g catasto, anche se limitatamente all’intestazione. (voltura, trascrizione ai RR.II. ecc).-

3) LA MANUTENZIONE – REALIZZAZIONE DI NUOVE OPERE. La mancanza di tempo non ha consentito di approfondire gli argomenti previsti, an rilevanza rispetto ai temi precedenti.

3.1 Lavori di carattere idraulico ed idrogeologico. L’Amm/one Demaniale ha l’indiscutibile diritto di accedere ai propri beni per eseguire 30idraulico e idrogeologico, senza che il concessionario possa vantare diritti di sorta e eventuali occupazioni, che potrebbero anche richiedere la sospensione dell’esercizio de


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ciascuno afferente alle diverse particolari tipologie dell’intervento edilizio. Ad esempio, per semplici lavori di manutenzione straordinaria è sufficiente la presentazione del DIA semplificato, per modifiche interne con cambi di destinazione è necessario il Dia ordinario, mentre per ampliamenti, sopraelevazioni ecc. con modifiche nella SLP o nei volumi è necessario il permesso di costruire. Gli elaborati minimi comprendono : - denuncia di inizio attività - elaborato grafico con estratto PRGC, estratto catastale, piante e sezioni, particolari; - documentazione fotografica; - DURC (documento di regolarità contributiva dell’impresa).Nei casi più complessi del permesso di costruire, completeranno il progetto la relazione tecnica, il verbale colore, il computo metrico estimativo, i modelli relativi agli impianti L. 46/90, il calcolo del contributo del costo di costruzione, il modello ISTAT, , il parere ASL, richiesta parere ai VVdF per prevenzione incendi ove previsto, documentazione relativa all’impatto acustico, a quello ambiente, eventuali convenzioni e/o concessioni, prospetto limiti all’attività edificatoria. Si allega in calce l’elenco della documentazione prevista dal Comune di Torino in materia edilizia. Per “il prospetto limiti” merita ricordare : a) il vincolo di tutela dei beni culturali di cui all’art. 2 del D.L.vo 490/99, per il quale è previsto il preventivo parere della Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici /art. 23 D L.vo 490/99); b) il vincolo di tutela dei beni paesaggistici ed ambientali di cui all’art. 139 e 146 del D. L.vo 490/99 il cui benestare è da richiedere al Settore Beni Ambientali della Regione Piemonte (art 151 D.L.vo 490/99); c) il vincolo di interesse archeologico e paleontologico di cui al D.L.vo 490/99 (ex L. 1089/1939), per il quale è necessario richiedere il preventivo parere alla Soprintendenza Archeologica; d) il vincolo di tutela ai sensi della L. 6.12.91 n. 394 “legge quadro sulle aree protette”. Il parere deve essere richiesto agli Enti di salvaguardia previsti dell’Amm/one Regionale. Vi sono infine limiti all’edificazione di tutela ecologica, quali : - vincolo idrogeologico e zona boscata (art. 30 LUR); - fascia di rispetto delle sponde dei fiumi, dei torrenti ecc. (art. 29 LUR); - fascia cimiteriale (art. 27 LUR – comma 5); - fascia di rispetto da zone industriali (art. 27 LUR comma 7); e limiti di tutela funzionale, quali le fasce di rispetto da strade, ferrovie, elettrodotti, acquedotti, gasdotti ecc. E’ ovvio che nell’esame di progetti di opere da eseguirsi su beni demaniali, occorre verificare il superamento dei vincoli sopraelencati, ove esistenti o l’acquisizione dei relativi pareri favorevoli. Il piano di manutenzione dovrà riguardare essenzialmente i fabbricati e gli impianti assunti in consistenza al Demanio per termine della concessione, ove previsto, e salvo l’eventuale rimozione in pristino dello stato originario. Il piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti è regolato dalle norme dell’art. 40 del Regolamento DPR 554 del 21.12.99 in materia di LL.PP. (legge quadro n. 109 del 11.2.1994), ed è costituito dai seguenti documenti operativi: a) manuale d’uso ( collocazione dell’intervento, rappresentazione grafica, descrizione , uso corretto); b) manuale di manutenzione ( collocazione, documenti grafici, risorse necessarie, livello minimo delle prestazioni, anomalie riscontrabili, manutenzioni dirette dell’utente o di ditte specializzate); c) programma di manutenzione (sottoprogramma delle prestazioni, dei controlli, degli interventi di manutenzione. 4) LE CONCESSIONI MIGLIORATIVE – APPALTI – CONTRATTI – DIREZIONE LAVORI. Riguarda l’esecuzione di lavori da parte del concessionario che accrescono il valore del cespite demaniale interessato o che migliorano la sicurezza e/o il regime idraulico. La realizzazione delle opere pubbliche è regolato dalla Legge 109 del 11.2.94 e dal relativo Regolamento di cui al DPR 554 del 21.12.99. Nell’esecuzione dei lavori si dovrà porre particolare attenzione alle norme del Piano di Sicurezza e di Coordinamento, redatto da professionista abilitato (nei casi previsti dalla legge), su disposizione dell’Amm/one committente, nonchè alle norme del Piano Operativo di Sicurezza e del PIMUS (piano di montaggio, uso e smontaggio dei ponteggi) che debbono essere predisposti dall’impresa appaltatrice.

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Sempre in materia di lavori e di canoni, si riporta l’esempio di un concessionario che realizza una difesa spondale, ampliando però la superficie cortilizia con occupazione di area demaniale. Al valore dell’area cortilizia venutasi a creare per effetto della costruzione di un muro di sponda dovrà detrarsi il costo di costruzione -(ovviamente se utile per il regime idraulico).- Il saggio di investimento applicato alla differenza dei due valori consentirà di determinare il canone di merito. Se la differenza è negativa verrà applicato il canone minimo ricognitorio. E’ chiaro che se l’opera è realizzata dall’Amm/one Demaniale o da chi per essa, si determinerà il canone il relazione al beneficio del concessionario. Nel caso di un muro costruito dal concessionario, senza occupazione di aree demaniali, occorre valutare il “beneficio del concessionario”, commisurato presumibilmente al maggior costo annuo che il concessionario avrebbe sostenuto per la manutenzione della sponda senza il muro. Il maggior costo annuo viene capitalizzato all’attualità dividendolo per il saggio di investimento, determinando così il “valore” del beneficio, al quale si deve detrarre però il costo dell’opera.- Sulla differenza di valori, si determinerà il canone dovuto. Se il concessionario è tenuto contrattualmente all’esecuzione di lavori pena la decadenza della concessione in caso di inadempienza, occorre promuovere, se inadempiente, il decreto di decadenza della concessione, con la ripresa in possesso del cespite, verbalizzando le opere ancora da rimuovere, i cui lavori saranno eseguiti d’ufficio a maggiori spese del concessionario. Negli atti di concessione è opportuno comunque prevedere, in alternativa alla rimozione, il diritto dell’Amm/one concedente di ritenere le opere senza nulla dovere al concessionario.

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La disciplina della navigazione nazionale un approccio in ottica di benchmarking: l’applicazione della normativa da parte delle capitanerie portuali e dei comuni costieri IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

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I riferimenti normativi z z

Codice della Navigazione approvato con R.D. 30 marzo 1942, n. 327 Regolamento per la Navigazione Marittima approvato con D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

z z z z z z z z

Decreto Legge n. 400/1993, convertito dalla Legge n. 494/1993 e s.m. e i. Decreto Ministeriale 5 agosto 1998 n. 342 e s.m. e i. Decreto Ministeriale 30 luglio 1998 n. 343 e s.m. e i. Decreto Legislativo n. 112/1998 – artt. 104 e 105 Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269 e s.m. Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1 commi da 250 a 257 (Finanziaria 2007) D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 D.M. 14 aprile 1998

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I riferimenti normativi z z z z z

Legge Regionale 28 aprile 1999, n. 13 e s.m. e i. Legge Regionale 3 gennaio 2002, n. 1 Legge Regionale 17 agosto 2006, n.21 Piano di utilizzazione delle aree demaniali marittime (PUD) Linee guida sulle spiagge libere e attrezzate e criteri per la concessione di nuovi stabilimenti balneari

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

z z z z

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Circolare del Ministero dei Trasporti e della Navigazione n. 77 del 17/12/1998 Circolare del Ministero dei Trasporti e della Navigazione n. 116 del 26/02/2001 Circolare del Ministero dei Trasporti e della Navigazione n. 120 del 24/05/2001 Circolare del Ministero dei Trasporti e della Navigazione n. 141 del 30/09/2003 Note dell’Agenzia del Demanio e della Regione Liguria

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Premessa z

Il demanio marittimo come risorsa economica

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Settore delicato, in continua evoluzione (anche normativa) di fondamentale importanza per lo sviluppo economico del sistema paese

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Principio di sussidiarietà a vantaggio del cittadino

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I Comuni della Liguria gestiscono le funzioni amministrative in materia di demanio marittimo a decorrere dal 1° gennaio 2002

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Obiettivo perseguito: diffusa conoscenza della normativa, standardizzazione per una corretta e positiva gestione del bene demaniale


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Programma z

Analisi degli articoli chiave del Codice della Navigazione e del Regolamento per la Navigazione Marittima

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Le Autorità Portuali

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La gestione amministrativa dell’attività turistico-balneare: l’ordinanza balneare

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Art. 28 Beni del demanio marittimo Fanno parte del demanio marittimo [c.c. 822]: a. Il lido, la spiaggia, i porti, le rade; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

b.

Le lagune, le foci dei fiumi che sboccano a mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente col mare;

c.

I canali utilizzati ad uso pubblico marittimo

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Art. 29 - 35 z

29. Pertinenze del demanio marittimo

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30. Uso del demanio marittimo. L’amministrazione della marina mercantile regola l’uso del demanio marittimo e vi esercita la polizia [c.n. 1164]

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31. Limiti del demanio marittimo dei confini di singoli beni, la cui demanialità è riconosciuta ex lege) 33. Ampliamento (dichiarazione di pubblico interesse per l’espropriazione, per zone di limitata estensione e di lieve valore adiacenti al demanio, per Decreto del Ministro) 34. Destinazione di zone demaniali marittime ad altri usi pubblici (verbale di consegna)

32.ASPETTI Delimitazione IL DEMANIOzIDRICO: LEGISLATIVI (accertamento E GESTIONALI z z

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35. Esclusione di zone dal demanio marittimo (… zone demaniali … non ritenute utilizzabili per pubblici usi del mare). La legge n. 340 del 24 novembre 2000 ha disposto, all’art. 1 la delegificazione e la semplificazione del procedimento di passaggio dal demanio al patrimonio pubblico (c.d. sdemanializzazione: rilevazione delle aree, decreto di sclassifica)

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Art. 36 Concessione di beni demaniali z

L’amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

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Durata e tipologia degli impianti determinano chi ha la competenza per il rilascio del titolo di concessione (atto o licenza)


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Art. 37 Concorso di più domande di concessione z

… è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico

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turistico-ricreative: attrezzature non fisse e completamente amovibili

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È altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze (art.2, primo comma, D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, con L. 4 dicembre 1993, n. 494)

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Art. 39 Misura del canone z

determinata dall’atto di concessione

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se il concessionario è un ente pubblico o privato, che opera per fini di beneficenza o per fini di pubblico interesse, sono fissati canoni di mero riconoscimento del carattere demaniale dei beni

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

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tuttavia (Reg. Cod. Nav. Art. 37): … quelle nelle quali il concessionario non ritrae dai beni demaniali alcun lucro o provento

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Canone demaniale z z

Il canone è dovuto anticipatamente (art. 16 del Reg. Cod. Nav.) È dovuto anche quando il concessionario non usufruisce in tutto o in parte della concessione La misura minima del canone è stabilita dalla Legge L’importo del canone è indicizzato annualmente (ISTAT)

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Il titolo di concessione Ubicazione, estensione e confini del bene oggetto della concessione z Scopo / attività che il concessionario è autorizzato a svolgere con indicazione delle modalità di esercizio della IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI EeGESTIONALI concessione i periodi di sospensione dell’esercizio eventualmente consentiti z Durata z Natura / forma / dimensioni / struttura delle opere z Identificazione del concessionario z Importo del canone z Deposito cauzionale z Condizioni particolari z

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Art. 55 Cod. Nav. e 22 del Reg. z

Entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo l’esecuzione di nuove opere è sottoposta ad autorizzazione Il D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300 ha implicitamente abrogato il disposto dell’art. 55 comma 2 (… l’autorizzazione si intende negata se entro novanta giorni l’amministrazione non ha accolto la domanda dell’interessato): la domanda di autorizzazione si considera accolta qualora non venga comunicato all’interessato il provvedimento di diniego entro 90 (ora 30) giorni.

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Art. 45 bis z z

Viene autorizzato l’outsourcing nella gestione del bene demaniale Previa autorizzazione dell’autorità competente (che ha rilasciato la concessione) il concessionario può affidare ad altri soggetti la gestione dell’intera attività oggetto della concessione o di attività secondarie nell’ambito della concessione Per le concessioni ex art. 18 della Legge 28 gennaio 1994 n. 84 e s.m. si applica una disciplina speciale (comma 4 art. 13 L. 8 luglio 2003 n. 172)

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TS 35 Taccuino di formazione area specialistico-settoriale

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Contravvenzioni Art. 1161 – ammenda di 516,00 euro per abusiva occupazione di spazio demaniale (occupazione, si impedisce l’uso pubblico, innovazioni non autorizzate) z in caso di veicolo si applica una sanzione amministrativa da 103,00 euro a 619,00 euro. IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI z Estrazione abusiva di arena o altri materiali: sanzione amministrativa da 1.549,00 euro a 9.296,00 euro z Art. 1164 – Inosservanza di norme sui beni pubblici – relativamente all’uso del demanio marittimo - violazione di legge, regolamento, ordinanza: sanzione amministrativa da 1.032,00 euro a 3.098,00 euro z Art. 1174 – Inosservanza di norme di polizia (porti e aeroporti) sanzione amministrativa da 1.032,00 euro a 6.196,00 euro z

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Art. 37 Concorso di più domande di concessione z

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… è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione … … a giudizio dell’amministrazione … ad un più rilevante interesse pubblico se turistico ricreative è data preferenza alle richieste per attrezzature non fisse e completamente amovibili E’ altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze

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Art. 46 Subingresso nella concessione z z

Avviene su richiesta del concessionario Chi subentra si fa carico di ogni onere relativo alla concessione demaniale (ad es. canoni pregressi non pagati) In caso di morte del concessionario subentrano gli eredi che devono comunque chiederne conferma entro sei mesi, sotto pena di decadenza L’amministrazione concedente non interviene in merito al trasferimento dei beni strumentali relativi all’esercizio dell’attività (interessa solo il bene demaniale)

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Art. 49 Devoluzione delle opere non amovibili Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI GESTIONALI ordinarne laE demolizione con la restituzione del demaniale nel pristino stato. c.d. incameramento (testimoniale di stato e iscrizione delle opere incamerate nell’inventario dei beni del “demanio pubblico dello stato” (ramo marina mercantile) a termine degli articoli 3 e 4 del regolamento per l’amministrazione del patrimonio e della contabilità dello Stato (R.D. 827/1924)

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Art. 47 Decadenza z z z

Mancata esecuzione delle opere o mancato inizio dell’attività Uso non continuato Mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo Omesso pagamento del canone Abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione Inadempienza degli obblighi sottoscritti o derivanti da norme di legge o da regolamenti

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Deposito cauzionale (art. 17 del Reg. Cod. Nav) z z

Il deposito cauzionale è a garanzia degli obblighi assunti con la concessione Importo – Contenuto della concessione – Entità della concessione – Importo del numero di rate del canone il cui omesso pagamento comporta la decadenza della concessione

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Nell’atto di concessione deve essere specificato che l’amministrazione può incamerare la cauzione, che deve comunque essere reintegrata Minimo il doppio del canone annuale


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Licenza suppletiva (art. 24 del Reg. Cod. Nav.) z

Previa richiesta da parte del concessionario per variazioni – nell’estensione della zona concessa – nelle opere – nelle modalità di esercizio della concessione stessa L’amministrazione può rilasciare atto o licenza suppletiva Semplice autorizzazione se non venga apportata alterazione sostanziale al complesso della concessione e non vi sia modifica nell’estensione della zona demaniale

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Autorità Portuali in Italia Legge 28 gennaio 1994, n. 84 “…disciplina l'ordinamento e le attività portuali per adeguarli agli obiettivi del Piano Generale dei Trasporti, dettando contestualmente principi direttivi in ordine all'aggiornamento e alla definizione degli strumenti attuativi del piano stesso, nonché all'adozione e modifica dei Piani Regionali dei Trasporti”

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Classificazione dei porti z

Con Decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione sono stabilite categoria, classe e funzione del porto

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Categoria I: difesa militare e sicurezza dello Stato

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Categoria II

– Classe I: rilevanza economica internazionale – Classe II: rlevanza economica nazionale – Classe III: rilevanza economica regionale

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Criteri

– Entità del traffico – Capacità operativa degli scali – Livello di efficienza dei servizi di collegamento con l’entroterra

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Autorità Portuali in Italia Compiti delle Autorità Portuali •

indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti

manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale (banchine, capannoni industriali, nonché mantenimento dei fondali)

affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale

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Piano Regolatore Portuale z z

E’ lo strumento per la programmazione e realizzazione delle opere portuali È adottato dal Comitato Portuale previa intesa con i Comuni interessati. Il PRP è inviato per il parere al Consiglio Superiore di Lavori Pubblici (45 giorni di tempo per esprimere un parere, silenzio – assenso) Procedura per la valutazione dell’impatto ambientale Approvazione della Regione

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Autorità Portuale z z z

Personalità giuridica di diritto pubblico Rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei Conti Non può esercitare, né direttamente né tramite la partecipazione di società, operazioni portuali ed attività ad esse strettamente connesse La manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni (fondali compresi) e la fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale sono affidate in concessione dall’Autorità Portuale mediante gare pubblica

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Organi dell’Autorità Portuale z

Presidente

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Comitato Portuale

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Segretariato generale (Segretario Generale e segreteria tecnico-operativa)

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Collegio dei Revisori dei Conti

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Entrate delle Autorità Portuali z z

Canoni di concessione delle aree demaniali e delle banchine Cessione di impianti Tasse sulle merci sbarcate e imbarcate Contributi di Regioni, Enti Locali ed altri enti Entrate diverse

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Operazioni portuali z

Operazioni portuali: carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale svolti nell’ambito portuale

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Servizi portuali: prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali

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Compito di vigilare sull’espletamento delle operazioni portuali e dei servizi portuali e sull’applicazione delle tariffe

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Ordinanza balneare z

Emanata annualmente dai Comuni costieri (Sindaco) e dalle Autorità Portuali (Presidente) Obiettivo: disciplinare le attività balneari lungo il litorale e, in generale, la fruizione del bene demaniale Regole alle quali tutti i concessionari devono sottostare

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La gestione amministrativa dei beni demaniali - 1

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Durata della stagione balneare z z

1° maggio – 30 settembre I concessionari di stabilimenti balneari hanno l’obbligo di apertura dello stabilimento balneare per il periodo 15 giugno – 15 settembre Attività elioterapica non medica, ricreativa, ludica e sportiva: periodo maggiore (ora solare) L’elioterapia deve essere preventivamente autorizzata A partire dal 1 marzo è possibile procedere con il montaggio delle strutture che devono essere inderogabilmente smontate entro il 31 ottobre L’ordinanza deve essere esposta al pubblico

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Divieti z Lasciare natanti in deposito z Lasciare, oltre il tramonto del sole, sulle spiagge libere, ombrelloni, sedie,… z Occupare la fascia di transito z Campeggiare / accamparsi e pernottare z Sostare / transitare con veicoli Praticare attività, anche ludiche, che possano minacciare l’incolumità o IL DEMANIOz IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI z z z z z z z z

comunque turbare la tranquillità o recare molestia al pubblico Condurre cani o altri animali sulla spiaggia durante la stagione balneare Esercitare attività a scopo di lucro Organizzare manifestazioni Abbandonare rifiuti Bruciare sterpaglie Effettuare pubblicità/volantinaggio Sorvolare le spiagge Utilizzare shampoo/sapone o simili presso le docce lava salino (idonea cartellonistica)

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Obblighi dei concessionari z

Periodo di apertura – 15 giugno – 15 settembre – Dalle ore 09.00 alle ore 19.00

Vento forte: bandiera gialla Ombrelloni sicuri Consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia, anche al fine della balneazione Pulizia dell’arenile (estate ed inverno)

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Varie z

Foci dei fiumi e libero deflusso delle acque: provvedono i Comuni alla rimozione della eventuale barra sabbiosa; il materiale sabbioso viene distribuito sulle spiagge limitrofe Gavitelli per l’ormeggio e strutture ludiche galleggianti devono essere autorizzati (concessione a titolo oneroso)

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Ordinanza balneare (CP) z z

Emanata dal Capo del Circondario Marittimo Obiettivo: disciplinare esercizio dell’attività balneare (sicurezza) e della navigazione da diporto, dello sci nautico e della pesca

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Ordinanza balneare (continua) Obbligo di avere i servizi di salvataggio operativi durante i periodi di apertura dello stabilimento balneare z Obbligo di segnalare l’assenza di servizio di salvataggio (bandiera rossa / apposita cartellonistica) IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI z Zona di mare riservata ai bagnanti (200 metri, gavitelli di colore rosso, massimo 50 metri) z Spiaggia libera: “Attenzione limite acque interdette alla navigazione (metri 200 dalla costa) non segnalato z Acque sicure (metri 1,60 di profondità, galleggianti di colore bianco o cartellonistica) z

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Divieti di balneazione Nei porti Nel raggio di metri 100 dalle imboccature e dalle strutture portuali z Negli specchi acquei di manovra delle navi IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI z Nelle foci dei fiumi z Negli specchi acquei circostanti le navi mercantili z Fuori dai porti, in prossimità di zone di mare in cui sono in corso lavori di pontili per un raggio di 50 metri z All’interno dei corridoi di lancio z Nelle zone di mare antistanti i cantieri navali o zone di rimessagio z z

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Servizio di salvataggio In orario di apertura: un assistente abilitato ogni 80 metri di fronte mare z Postazioni di salvataggio sopraelevate di almeno un metro e mezzo dalla spiaggia z Indossare una maglietta di colore rosso con la scritta IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI “SALVATAGGIO” z Dotazione del bagnino / della postazione di salvataggio / dello stabilimento balneare z L’assistente ai bagnanti non può essere impegnato in altre attività o comunque destinato ad altro servizio, salvo i casi di estrema forza maggiore e, comunque, previa sostituzione con altro operatore abilitato z Discipline particolari per le colonie balneari / piscine z

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Inoltre… z

Corridoi di lancio (boette di colore giallo/arancione, una ogni 10 metri, larghezza almeno 20 metri, lunghezza 200 metri, non meno di 10 metri nei primi 50 metri dalla battigia Disciplina la pesca (con canna) La pesca subacquea Sci nautico e paracadutismo ascensionale Noleggio natanti da diporto Navigazione dei jet-sky Tavole a vela e kite-surf

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S.I.D. Sistema Informativo Demanio Marittimo Progetto avviato nel 1993 ed oggi in fase di completamento z finalità di consentire una efficace gestione dei beni del demanio marittimo attraverso la puntuale identificazione IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI e conoscenza del loro reale stato d’uso disponendo, per l’intero territorio nazionale, di una cartografia catastale aggiornata e revisionata z Semplificazione dei processi amministrativi e loro armonizzazione z Introduce modelli ed applicazioni gratuite per il rilascio, rinnovo e variazione delle concessioni demaniali (D1, D2, D3) z

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S.I.D. Sistema Informativo Demanio Marittimo Con Circolare del 4 marzo 2008 del Ministero dei Trasporti vengono chiarite le modalità operative per la generazione dei dati di aggiornamento / allineamento dei sistemi informativi dell’Agenzia del Territorio – dell’Agenzia del Demanio – del Ministero dei Trasporti (demolizione acquisizione, sdemanializzazione, delimitazione, demanializzazione, gestione dei limiti territoriali ed amministrativi z L’Agenzia del Territorio per gli aspetti catastali e l’Agenzia del Demanio per gli aspetti dominicali z Prenotazione degli identificativi catastali del bene da realizzare (es. un numero di particella per ciascun corpo di fabbrica, se il corpo di fabbrica comprende più unità immobiliari ciascuna sarà contraddistinta da un Eproprio numero di particella e dal relativo subalterno) IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI GESTIONALI z Intestazione della ditta da iscrivere negli atti catastali: “nome del concessionario” proprietà superficiaria (per il fabbricato), “Demanio Pubblico dello Stato (ramo marina mercantile) proprietà per l’area (concedente) z dal 1° marzo 2008 nella concessione dovrà essere indicato l’identificativo catastale z ICI (il concessionario di aree demaniali è un soggetto passivo per l’ICI: previsione introdotta dall’art. 18, comma 3, della Legge 388 del 23/12/2000 (Finanziaria 2001) che ha modificato l’art. 3, comma 2, del Decreto Legislativo 30/12/1992, n. 504) z Devono essere puntualmente riportate negli atti catastali le variazioni soggettive (intestazione) e oggettive (stato o reddito imponibile dei beni) z La circolare vale anche per gli immobili realizzati nell’ambito di concessioni demaniali marittime rilasciate anteriormente all’emanazione della circolare stessa z

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La gestione amministrativa dei beni demaniali - 2

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lo Stato QUADRO NORMATIVO Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 112 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

89. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali. 1.Sono conferite alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59 , tutte le funzioni non espressamente indicate nell'articolo 88 e tra queste in particolare, sono trasferite le funzioni relative: e) alle concessioni di spiagge lacuali, superfici e pertinenze dei laghi;

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la Regione Lombardia Decreto legislatico 112/1998 legge Regionale 29 ottobre 1998, n. 22 e smi Riforma del trasporto pubblico locale in Lombardia delega ai comuni delle funzioni concernenti • il rilascio di concessioni per l’utilizzo dei beni del demanio lacuale e dei porti interni • l’accertamento e la riscossione di canoni e indennizzi • la vigilanza • la tutela amministrativa e giudiziale delle aree da violazioni e abusi • la rimozione di occupazioni abusive, relitti e rifiuti

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

la Regione lombardia ha incentivato la formazione di accordi per la gestione in forma associata delle competenze conferite DgR con Direttive per l’esercizio della delega

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la Regione Lombardia anni 2000 – 2001: formazione di 5 gestioni associate tra i comuni dei laghi • lago di como • lago di garda • lago d’Iseo • lago di lugano • lago maggiore IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

anni 2004 – 2005 le gestioni associate si sono trasformate in consorzi • consorzio del lario e dei laghi minori • consorzio gestione associata dei laghi d’iseo, endine e moro • consorzio dei comuni della sponda bresciana del lago di garda e del lago d’idro • consorzio laghi ceresio, Piano e ghirla • consorzio gestione associata dei laghi maggiore, comabbio, monate e varese

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08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

la Regione Lombardia consorzio gestione associata dei laghi maggiore, comabbio, monate e varese

4 laghi

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

35 comuni consorziati

116,6 km sponde

200.000 residenti

1.300 posti d’ormeggio (porti pubblici e aree similari)

3.000 pratiche di concessione

canoni accertati nel 2007: circa € 3.000.000

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la Regione Piemonte QUADRO NORMATIVO Legge Regionale 26 aprile 2000 n. 44 “Disposizioni normative per l'attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112”. Dal 1 gennaio 2001 competenza della Regione per la determinazione dei canoni di concessione sulle aree del demanio idrico nonché all’introito dei relativi proventi.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

Legge Regionale 18 maggio 2004, n. 12 “Disposizioni collegate alla legge finanziaria per l’anno 2004” Disposizioni in materia di concessioni e di consorzi Regolamento regionale sulla disciplina delle concessioni sulle aree appartenenti al demanio della navigazione interna piemontese” n. 6/R del 05.08.2004 e sm.i. Precisate le funzioni amministrative dei Comuni territorialmente interessati e delineati gli indirizzi operativi per la gestione di tali funzioni.

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la Regione Piemonte QUADRO NORMATIVO

Regolamento regionale recante: “Prime disposizioni per il rilascio delle concessioni per l’utilizzo di beni del demanio idrico fluviale e lacuale non navigabile e determinazione dei relativi canoni (LR 12/2004) n. 14/R del 06.12.2004 IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI Legge Regionale 17 gennaio 2008, n. 2 Disposizioni in materia di navigazione interna, demanio idrico della navigazione interna e conferimento di funzioni agli enti locali” Funzioni amministrative trasferite ai Comuni e alle Gestioni Associate

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la Regione Piemonte

Regolamento regionale sulla disciplina delle concessioni del demanio della

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

navigazione interna piemontese e smi n. 6/R del 5.08.2004 - n. 1/R del 31.01.2005 n. 3/R del 23.05.2005 – n. 5/R del 07.09.2005 n. 5/R del 7.05.2007

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la Regione Piemonte Regolamento regionale sulla disciplina delle concessioni del demanio della navigazione interna piemontese e smi

CAPO I - PRINCIPI GENERALI art. 1 – ambito di applicazione

2.Il presente regolamento disciplina, ai sensi dell’articolo 13 della legge regionale 5 agosto 2002, n. 20 (Legge finanziaria per l’anno 2002) e dell’articolo IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

della legge regionale, la materia del riassetto organizzativo e funzionale del demanio della navigazione interna, al fine di procedere: a) alla formazione di un’anagrafe regionale delle utilizzazioni dei beni;

b) alla definizione dei criteri per la determinazione dei canoni di concessione; c) alla definizione dei criteri e delle modalità per il rilascio delle concessioni.

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la Regione Piemonte Regolamento regionale sulla disciplina delle concessioni del demanio della navigazione interna piemontese e smi

art. 2 – Definizioni

1.Demanio della navigazione interna della Regione Piemonte Le aree ed i beni appartenenti al demanio idrico statale e le zone portuali, site in quei comuni rivieraschi piemontesi individuati con apposito provvedimento amministrativo della Giunta regionale

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

2.Demanio della navigazione interna è l’ambito territoriale demaniale, lacuale e fluviale, in acqua ed a terra, funzionale all’esercizio di un uso turistico, ricreativo, sportivo e commerciale dell’area. 3.Demanio della navigazione interna consiste nella superficie navigabile delle acque lacuali e fluviali, nelle aree prospicienti a terra con le relative pertinenze (aree, strutture, fabbricati ed ogni quant’altro è necessariamente funzionale all’esercizio di un uso demaniale del bene).

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la Regione Piemonte Regolamento regionale sulla disciplina delle concessioni del demanio della navigazione interna piemontese e smi

art. 3 – Zone portuali

1.Le zone portuali piemontesi sono approvate con provvedimento della Giunta regionale previa delimitazione dei confini delle aree stesse effettuata dalla struttura regionale competente IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

2.Gli atti relativi all’individuazione e alla delimitazione delle zone portuali, sono trasmessi al competente ufficio statale per gli aspetti e le verifiche legate al trasferimento della titolarità demaniale di tali aree, ai sensi dell’articolo 11 della L 281/1970 sono trasferiti alle regioni e fanno parte del demanio regionale i porti lacuali area portuale = demanio regionale area fuori zona portuale = demanio statale

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art. 4 – Sdemanializzazioni

DA: Demanio pubblico dello Stato (indisponibile, inusucapibile, inalienabile) A: Patrimonio dello Stato (disponibile, alienabile) 1.È obbligatorio il parere regionale 2.Parere espresso con apposito atto della Giunta regionale, previa istruttoria della struttura regionale competente 3.Verificare che l’area: • non sia alveo (l’alveo è definito dalla quota di piena ordinaria del lago, cioè la quota delle acque del lago raggiunta nel 75% delle volte. Per il lago Maggiore, la quota di piena ordinaria è + 194,97 m slm = + 1,81 sullo zero dell’idrometro di Angera. Parere Consiglio Superiore dei LL.PP. Del 13/10/1942) • non sia da preservare per necessità idrauliche o di tutela ambientale • non sia una pertinenza servente, anche indirettamente, agli usi collettivi delle acque sopraddetti

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

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art. 4 – Sdemanializzazioni

4.Costituiscono usi collettivi: • l’approdo per le unità di navigazione; • il transito e l’accesso all’acqua; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI • l’ormeggio (anche solo temporaneo); • il deposito del natante; •il diporto nautico (anche con piccolo natante,tavola a vela, pedalò o simile); • la balneazione; • il diporto balneare; •ogni altra attività di pubblico generale interesse rilevanti per la comunità insediata nel territorio considerato.

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la Regione Piemonte Regolamento regionale sulla disciplina delle concessioni del demanio della navigazione interna piemontese e smi

CAPO II - PRINCIPI DI GESTIONE Art. 5 – Principi digestione

1.Gestione del demanio della navigazione interna in conformità al Piano stralcio IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

per l’assetto idrogeologico del bacino del Po e delle sue norme di attuazione

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art. 5 – Principi di gestione

2.Le concessioni riguardano le seguenti attività e tematiche a) pubbliche di diporto, boe; b) balneari e connesse;

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c) commerciali e connesse; d) ittiche e connesse; e) navali e di cantieristica navale; f) ricreative e turistiche; g) sportive; h) pesca sportiva;

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art. 5 – Principi di gestione

2.Le concessioni riguardano le seguenti attività e tematiche i) installazione magazzini di deposito merci; l) servitù di passaggio e simili;

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m) strade, piazzali, ecc., ad uso pubblico; n) installazione tabelloni pubblicitari; o) installazione cabine telefoniche; p) abitazioni ad uso privato; q) aree protette, parchi, giardini ad uso pubblico e privato; r) attività private da diporto, scali, approdi, ormeggi, boe.

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art. 5 – Principi di gestione

3.Le aree ed i beni del demanio della navigazione interna sono adibiti a soddisfare bisogni collettivi o di pubblico interesse finalizzati ad un uso turistico, ricreativo e commerciale dell’aree e dei beni considerati. IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

4.Ogni qualvolta la spiaggia è meglio utilizzata con la predisposizione di servizi, viene rilasciata la concessione finalizzata ad attività nautiche. 5.La decisione in merito ad una richiesta di concessione demaniale deve essere sempre motivata, anche in caso di assenso.

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art. 5 – Principi di gestione

6.Compatibilmente con la situazione morfologica del terreno, tra due aree in concessione deve essere mantenuta d’ufficio un'area che consenta il totale libero accesso alla battigia. IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

7.Il concessionario non può mai impedire l'accesso ed il transito pubblico lungo la battigia adiacente la propria concessione. 8.È consentita, a titolo gratuito e senza il rilascio di alcuna autorizzazione, salvi i diritti dei terzi, la raccolta del legname trasportato e abbandonato dalle acque nelle aree del demanio della navigazione interna.

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art. 5 – Principi di gestione

9.Gli interventi sulle aree del demanio della navigazione interna effettuati dagli enti pubblici interessati riferiti alle seguenti attività a) pulizia degli specchi d'acqua mediante la rimozione di modeste sedimentazioni di materiali litoidi, limi, sabbie, ghiaie o ciottolame, IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI asporto di rifiuti solidi, piante e arbusti che siano di ostacolo alla navigazione o al regolare deflusso delle acque; b) interventi di pulizia delle sponde, dei percorsi rivieraschi, sfalcio dell'erba, di taglio cespugliame nonché di piante presenti sulle sponde e loro pertinenze; fatte salve le autorizzazioni del caso rilasciate dagli organismi preposti, non sono soggetti ad alcuna concessione, né alla corresponsione di oneri, e sono regolamentati da apposite convenzioni, tra i Enti pubblici interessati e la Regione Piemonte, adottate entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente normativa.

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CAPO III – CONCESSIONI DEMANIALI art. 6 – Regole generali

1.In zona portuale, concessioni rilasciate dalla Regione Piemonte, secondo i criteri stabiliti dall’articolo 2 della LR 18.05.2004, n.12. 2.Fuori zona portuale, concessioni rilasciate dai comuni territorialmente interessati e secondo i criteri stabiliti dall’articolo 2 della LR 18.05.2004, n.12.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

3.Le concessioni sono assentite previo pagamento di oneri concessori. 4.Per le concessioni di durata pari o inferiore ai 12 mesi, l’importo del canone è calcolato in relazione a quanto previsto dal comma 5, dell’articolo 19. Tali concessioni non sono rinnovabili.

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art. 6 – Regole generali

5.Per le concessioni di durata superiore ai 12 mesi, la concessione viene rilasciata in annualità con scadenza al 31 dicembre. I canoni del primo anno sono dovuti per l’intera annualità, qualora la concessione sia rilasciata nel primo semestre dell’anno solare, per metà qualora la concessione venga rilasciata nel IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI secondo semestre dell’anno solare. 6.Il termine di scadenza della concessione di durata superiore ai 12 mesi, deve sempre essere ricondotto alla data del 31 dicembre dell’anno stabilito quale scadenza della concessione. 7.Per la sola definizione del periodo di concessione, l’inizio del rapporto concessorio è sempre ricondotto all’anno solare intero.

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art. 6 – Regole generali

8.L'occupazione e l'uso d’aree e beni del demanio della navigazione interna è subordinato al rilascio, da parte dell’autorità amministrativa competente, di appositi atti denominati:

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

a) titolo per la concessione; b) concessione.

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art. 6 – Regole generali

9.Il titolo per la concessione rappresenta l’atto presupposto della concessione stessa e individua il potenziale soggetto concessionario dell’area e/o del bene demaniale. 10.Il possesso del titolo per la concessione consente all’interessato di poter presentare legittimamente le istanze necessarie per ottenere i pareri e le autorizzazioni relativi all’occupazione richiesta. Il possesso del titolo per la concessione è pregiudiziale all’eventuale rilascio dell’atto finale di concessione.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

11.La concessione è l’atto amministrativo con il quale viene individuato il soggetto beneficiario e disciplinati i termini dell’occupazione e l’uso d’aree e beni appartenenti al demanio della navigazione interna per un periodo determinato.

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art. 6 – Regole generali

12.La concessione, compatibilmente con le esigenze dell’interesse pubblico, è un modo d’utilizzazione del bene demaniale volto ad una valorizzazione del bene stesso. 13.Una nuova concessione non può essere assentita se confligge con un’altra in corso di validità o con interessi pubblici sullo stesso ambito.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

14.Qualora una concessione insista su due territori comunali, l’autorità concedente competente in via amministrativa al rilascio della concessione è quella in cui insiste la maggior estensione dell’area oggetto della concessione stessa. 15.In tutti le aree/beni in concessione, sono vietate le pubblicità con qualsiasi mezzo, se non autorizzate preventivamente dall’autorità concedente.

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art. 7 – sub concessione, trasferimento

1.La subconcessione è vietata. Il rapporto concessorio ha carattere essenzialmente fiduciario: l’atto negoziale (contratto di concessione, disciplinare, ecc.) che deve accompagnare l’atto amministrativo di concessione affinché il rapporto sia efficacemente instaurato, è un atto personale e pertanto il IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI contraente non può cedere ad altri il rapporto, neanche parzialmente, senza l’assenso dell’altro contraente-concedente. 3.L'affidamento a terzi della gestione dell'attività principale, connessa al bene concesso, costituisce ipotesi eccezionale ed è subordinata a) alla eccezionalità del caso; b) alla temporaneità e relativa limitatezza spaziale del bene demaniale rispetto all’eventuale bene patrimoniale privato cui si trova strettamente vincolato; c) alla autorizzazione preventiva dell'autorità concedente.

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art. 7 – sub concessione, trasferimento

6.Il trasferimento della concessione è consentito, senza variare l’originaria destinazione d’uso oggetto della concessione e previa comunicazione all’autorità competente, nei seguenti casi: a) trasferimento tra attività commerciali; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI b) cessione o vendita d’azienda; c) conferimento tra associazioni riconosciute; c bis) qualora il soggetto subentrante sia frontista rispetto al bene oggetto di concessione. 7.Le concessioni di cui siano titolari persone fisiche sono trasferibili per successione a causa di morte agli eredi; questi ultimi devono dare comunicazione all’autorità concedente entro sei mesi dalla data di decesso del titolare della concessione, pena la decadenza della concessione stessa.

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art. 8 – Decadenza, revoca, recessione

1.L’autorità concedente può dichiarare la decadenza del concessionario: a) per il mancato pagamento del canone; b) per abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione; c) per inadempienza degli obblighi derivanti dalla concessione; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI d) per mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo per il quale è stata rilasciata la concessione; e) per la violazione delle clausole di tutela o di conservazione dell’area/bene concesso. 2.L’autorità inoltra le contestazioni al concessionario con raccomandata A.R., assegnando un termine massimo di 30 giorni per rimuovere la causa o fornire giustificazioni.

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art. 8 – Decadenza, revoca, recessione

3.Trascorsi 30 giorni o con giustificazioni non ritenute idonee, la decadenza della concessione è disposta con provvedimento dell’autorità concedente, fatto salvo il diritto al risarcimento degli eventuali danni. 4.È facoltà dell’autorità concedente revocare la concessione medesima anche anteriormente alla scadenza, qualora l’area/bene concesso occorra per ragioni di pubblica utilità, senza che per tale fatto il concessionario possa pretendere alcun compenso e nulla possa eccepire.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

5.La revoca va esercitata con un preavviso di sei mesi precedenti alla data in cui il rilascio dell’area/bene concesso deve avere esecuzione. 6.Il concessionario può recedere in qualsiasi momento, con avviso scritto motivato, almeno tre mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.

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CAPO IV – PROCEDURE DI CONCESSIONE art. 9 – nuove concessioni

1.Domanda in bollo con allegato: a) Documentazione relativa alla capacità a contrarre con la pubblica amministrazione IL DEMANIO IDRICO: LEGISLATIVI E GESTIONALI b) leASPETTI generalità del richiedente c) l’utilizzo previsto per l’area e/o bene d) la durata della concessione richiesta e) l’individuazione dell’area o del bene su mappa catastale effettuata da un professionista abilitato, e deve riportare la superficie dell’area demaniale oggetto di richiesta di concessione f) eventuali documenti attestanti precedenti concessioni e/o autorizzazioni g) adeguata documentazione fotografica

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art. 9 – nuove concessioni

3.Nel caso previsto dall’articolo 2, comma 4, lettera c) della l.r. 18.05.2004, n. 12, deve essere allegata apposita relazione, redatta da un professionista abilitato, che definisca: a) le caratteristiche dell’intervento; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI b) l'eventuale costo dell'opera, le previsioni temporali di copertura degli investimenti. 4.Entro 15 giorni dal ricevimento, domanda pubblicizzata mediante affissione, per 15 giorni, all'albo pretorio del comune interessato. 5.Se area fuori zona portuale, la domanda deve essere inviata per conoscenza alla struttura regionale competente.

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art. 9 – nuove concessioni

7.Le eventuali opposizioni devono pervenire, tramite raccomandata A.R., all’autorità concedente, entro trenta giorni decorrenti dal giorno di inizio della pubblicazione della domanda all'albo pretorio comunale. IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

8.L’autorità concedente ha l'obbligo di valutare le opposizioni pervenute, dando conto delle valutazioni e delle scelte effettuate nelle premesse dell’atto presupposto della concessione, denominato titolo per la concessione.

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art. 9 – nuove concessioni

9.L’Amministrazione attiva la fase istruttoria: a) rispetto dei vincoli di destinazione d’uso dell’area/bene interessato; b) rispetto delle rotte della navigazione pubblica e l’entrata e l’uscita dei porti e le vie navigabili in generale; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI c) rispetto delle zone di interesse ecologico e naturalistico e simili; d) rispetto delle aree dedicate alla riproduzione ittica e alle attività legate alla pesca professionale; e) deve essere tutelata la fruizione pubblica dei beni demaniali limitrofi allo spazio richiesto. 10.Se il richiedente è ente pubblico, la domanda è considerata prioritaria rispetto ad eventuali concorrenti privati e l'ente può usufruire dei benefici sui canoni di concessione.

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art. 9 – nuove concessioni

Caso di domande concorrenti: 11.Se contenuto demaniale (uso richiesto) non analogo, è preferito il richiedente con maggiori interessi pubblici o risponda a rilevanti esigenze di IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI pubblica utilità o assicuri un maggior investimento per interventi di manutenzione o valorizzazione del bene. 12.Se analogo contenuto demaniale, procedura ad evidenza pubblica, il cui termine economico minimo di riferimento è quello stabilito dalla struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna.

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art. 10 – autorizzazione temporanee

1.Esigenze temporanee (quali giostre, attrazioni e strutture per fiere, sagre o festività o brevi periodi, ecc.) di durata pari o inferiore a 12 mesi. 2.Previo nulla-osta rilasciato dell’ente pubblico concessionario all’occupazione temporanea di cui al comma 1, al soggetto richiedente viene rilasciata apposita autorizzazione dal comune interessato.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

3.Autorizzazione è a carattere oneroso (canone calcolato ai sensi del comma 7, articolo 19), solo nel caso in cui l’occupazione stessa abbia fini di lucro. 4.Le procedure per il rilascio dell’autorizzazione sono quelle previste dagli articoli 12 e 13, in quanto applicabili;

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art. 10 – autorizzazione temporanee

4-bis. Fermi gli obblighi generali previsti all’articolo 16, commi 1, 2, 3, 4 e 5, in quanto applicabili. Se durata inferiore a 60 giorni naturali e consecutivi, ovvero IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI comportanti l’applicazione di un canone di importo inferiore a 250 euro, non occorrono di norma, e fatte salve particolari esigenze di fruizione delle aree demaniali, né la fase di pubblicazione in albo pretorio né il versamento del deposito cauzionale previsti agli articoli 12 e 13.

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art. 11 – Rinnovo di concessioni

1.Alla scadenza di concessione già assentita la stessa è rinnovata al titolare della concessione previa domanda di rinnovo, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2,comma 4 della l.r.18.05.2004,n.12. IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

2.Domanda di rinnovo presentata all’autorità concedente tra i 180 ed i 60 giorni prima della scadenza della concessione. 3.Nel caso di assenza di variazioni, non va presentata alcuna documentazione, ma nella domanda deve essere contenuta la dichiarazione di non modificazione dello stato dei luoghi e del tipo uso. L’autorità concedente può richiedere integrazioni motivate della documentazione se ritenuto necessario ai fini del completamento della pratica.

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art. 11 – Rinnovo di concessioni

4.L’autorità concedente deve dare pubblicità alla domanda di rinnovo mediante affissione, per quindici giorni, all'albo pretorio del comune dove è situata l'area o il bene richiesto in concessione di apposito avviso pubblico contenente i dati IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI E GESTIONALI essenziali dellaLEGISLATIVI domanda (tipo di area/bene, superficie, tipo di utilizzo, ecc.).

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art. 12 – Rilascio della concessione In zona portuale - REGIONE

1.Comunicazione di avvio del procedimento (art 7 e 8 L 241/90 e smi) 2.Eventuale richiesta di integrazione documentale, da presentarsi entro 30 giorni, pena l'archiviazione della richiesta

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

3.Verificare l'assentibilità dell’istanza (art. 9, c. 9 – rispetto dei criteri, e art. 9, c. 10, 11 e 12, titoli di preferenza) Rilascio al richiedente del titolo per la concessione 4.Se il richiedente non intendesse proseguire nell’iter di concessione deve inviare una comunicazione di rinuncia

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art. 12 – Rilascio della concessione In zona portuale - REGIONE

5.Espletata l’istruttoria entro 30 gg. dal ricevimento dei pareri e delle autorizzazioni necessarie (fatte salve richieste integrative che interrompono i termini), si determinano gli importi dovuti per l’occupazione richiesta, ovvero motivato diniego alla concessione (previa comunicazione dei motivi ostativi ai IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI sensi dell’art. 10-bis della L 241/1990 e smi) 7.Il richiedente deve corrispondere alla Regione Piemonte: a) l'importo di una annualità del canone a titolo di deposito cauzionale b) l'importo del canone di concessione demaniale anticipato 7 bis. Se c’è rinnovo di concessione in continuità con la situazione preesistente, il richiedente deve integrare il deposito cauzionale (integrazione dovuta se la differenza tra nuova e vecchia cauzione è inferiore a 25 €)

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art. 12 – Rilascio della concessione In zona portuale - REGIONE

8.I pagamenti devono essere effettuati, nella forma e nei modi stabiliti dalla Regione, prima della sottoscrizione della concessione 9.Il richiedente trasmette l’attestazione di pagamento

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

10.Entro 15 giorni dall’accertato avvenuto versamento, il richiedente è invitato, a mezzo di raccomandata AR, di procedere alla formale stipula dell'atto di concessione 11.Il richiedente NON può essere immesso nel possesso del bene prima della sottoscrizione del disciplinare di concessione

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art. 13 – Rilascio della concessione FUoRI zona portuale - COMUNE

1.Comunicazione di avvio del procedimento (art 7 e 8 L 241/90 e smi) 2.Eventuale richiesta di integrazione documentale, da presentarsi entro 30 giorni, pena l'archiviazione della richiesta

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

3.Verificare l'assentibilità dell’istanza (art. 9, c. 9 – rispetto dei criteri, e art. 9, c. 10, 11 e 12, titoli di preferenza) Rilascio al richiedente del titolo per la concessione 4.Se il richiedente non intendesse proseguire nell’iter di concessione deve inviare una comunicazione di rinuncia

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art. 13 – Rilascio della concessione FUoRI zona portuale - COMUNE

5.Espletata l’istruttoria entro 30 gg. dal ricevimento dei pareri e delle autorizzazioni necessarie (fatte salve richieste integrative che interrompono i termini), il Comune richiede alla Regione di determinare gli importi dovuti per l’occupazione richiesta, ovvero provvede al motivato diniego alla concessione IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI (previa comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell’art. 10-bis della L 241/1990 e smi) 7.La Regione invita il richiedente a corrispondere: a) l'importo di una annualità del canone a titolo di deposito cauzionale b) l'importo del canone di concessione demaniale anticipato 7 bis. Se c’è rinnovo di concessione in continuità con la situazione preesistente, il richiedente deve integrare il deposito cauzionale (integrazione dovuta se la differenza tra nuova e vecchia cauzione è inferiore a 25 €)

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art. 13 – Rilascio della concessione FUoRI zona portuale - COMUNE

8.I pagamenti devono essere effettuati, nella forma e nei modi stabiliti dalla Regione, prima della sottoscrizione della concessione 9.Il richiedente trasmette l’attestazione di pagamento alla Regione e al Comune

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

11.Il Comune, entro 15 giorni dall’accertato avvenuto versamento, invita il richiedente, a mezzo di raccomandata AR, di procedere alla formale stipula dell'atto di concessione 12.Il richiedente NON può essere immesso nel possesso del bene prima della sottoscrizione del disciplinare di concessione

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art. 13 – Rilascio della concessione FUoRI zona portuale - COMUNE

13.Decorso inutilmente il doppio del limite, di cui al comma 11, il richiedente può rivolgersi alla struttura regionale competente per chiedere un intervento IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI sostitutivo 14.L’intervento sostitutivo può essere attivato, secondo i criteri e le modalità procedurali previste dalla legge regionale 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali), solo previa diffida scritta della struttura regionale al comune interessato e successiva inadempienza immotivata dello stesso

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art. 14 – Disciplinare di concessione

1.Sono a carico del concessionario tutte le spese per la registrazione del disciplinare di concessione, di segreteria e di bollo. 2.Il provvedimento di concessione deve specificare: a) chiara individuazione dell’area e/o del bene oggetto della concessione; b) tipo di utilizzazione-destinazione dell’area e/o del bene concesso; c) durata della concessione; d) obblighi di manutenzione dell’area e/o del bene; e) i casi di decadenza o revoca della concessione; f) diritti di accesso pubblico alla battigia i di eventuali transiti diversi, ecc; g) obblighi di diligenza e vigilanza ed eventuali responsabilità, anche verso terzi; h) gli oneri concessori quantificati sulla base della vigente normativa con richiamo espresso alle clausole di revisione automatica previste dalle norme vigenti;

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art. 14 – Disciplinare di concessione

i)

il diritto di intervenire nell’area e/o nel bene in concessione, da parte dell’autorità concedente, in via sostitutiva, per eliminare situazioni di pericolo o comunque dannose per l'uso pubblico del demanio con rivalsa sul concessionario; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI l) previsione che alla fine della concessione l’autorità concedente può chiedere la restituzione dell’area sgombera da eventuali strutture (il tutto a spese del concessionario) e che in mancanza la struttura realizzata, in buono stato di conservazione, diventa di proprietà dell’Amministrazione statale senza pagamento di indennizzi, corrispettivi o simili in favore del concessionario; m) gli eventuali altri adempimenti di tipo specifico legati alla singola concessione n) i termini per il versamento degli oneri concessori o) tempi di inizio e termine dei lavori per l’eventuale opera da realizzarsi.

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art. 14 – Disciplinare di concessione

3.Il provvedimento di concessione deve essere sottoscritto dal richiedente per accettazione. Dal momento della sottoscrizione tale provvedimento assume anche valore contrattuale tra le parti. La sottoscrizione può avvenire anche IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI tramite scambio di lettere raccomandate A.R. 4.Concluso l’iter di concessione, personale dell’autorità concedente, ove necessario, immette il concessionario nel possesso delle aree/beni oggetto della concessione, tramite apposito verbale di consegna. 5.Ove l’autorità concedente non ritenga necessario apposito verbale di consegna, può aggiungere specifica clausola motivata al termine del provvedimento di concessione, con accettazione espressa del concessionario.

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art. 15 – oneri concessori

1.2. Spese di istruttoria per presentazione domande e opposizioni € 50,00, sia comuni che Regione. IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

3.Il titolare di una concessione pluriennale deve versare a beneficio della Regione Piemonte, per gli anni successivi al primo versamento, previsto ai commi 8, degli articoli 12 e 13, e per tutta la durata della concessione, entro il 28 febbraio dell’anno di riferimento, l'importo annuale anticipato del canone di concessione demaniale soggetto all'adeguamento ISTAT, di cui all’art. 7 della l.r. 18.05.2004, n.12, provvedendo altresì ad inviare alla struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna, l’attestato di pagamento relativo al canone di concessione.

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art. 15 – oneri concessori

4.Per le concessioni, il ritardato pagamento di un’annualità oltre il termine del 28 febbraio dell’anno di riferimento ovvero della mensilità dovuta qualora la IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI concessione sia inferiore a 12 mesi, comporta il pagamento del canone più una penale pari al 3 per cento del canone dovuto, qualora il pagamento sia effettuato entro trenta giorni dalla data suddetta ovvero entro trenta giorni dalla mensilità inevasa. 5.Il ritardato pagamento oltre il termine di scadenza di cui al comma 4, comporta il pagamento del canone più una penale pari al 3 per cento del canone dovuto nonché gli interessi legali maturati.

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art. 15 – oneri concessori

5 bis. Per le occupazioni riconducibili alle autocertificazioni di cui alle fattispecie relative all’articolo 21, comma 5 ed all’articolo 2, commi 8 e 9, della legge regionale 18 maggio 2004, n. 12, sono da applicarsi unicamente gli interessi legali maturati per ritardati pagamenti, sino alla definizione della IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI pratica amministrativa. 6.Per le concessioni pluriennali, in caso di mancato pagamento entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento, la concessione è considerata decaduta. 7.Nel caso di mancato pagamento del canone nelle forme ordinarie, come in ogni altro caso in cui non siano spontaneamente versate somme dovute, a qualsiasi titolo, in dipendenza di norme contenute nel presente regolamento e formalmente richieste, si procede alla riscossione coattiva mediante ruolo affidato ai concessionari del servizio riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 17, comma 2 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.

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art. 15 – oneri concessori

8.Il ruolo, di cui al comma 7, è formato e reso esecutivo dalla Direzione regionale Bilanci e Finanze, Settore Tributi, su richiesta della struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna. 9.La richiesta, di cui al comma 8, deve contenere, oltre ai dati identificativi del soggetto o dei soggetti da iscrivere a ruolo, gli importi da addebitare a ciascuno di essi, la liquidazione delle eventuali penali e degli interessi e gli estremi del titolo di credito.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

10.La Direzione regionale Bilanci e Finanze, Settore Tributi, risponde limitatamente alla procedura di riscossione coattiva, restando di competenza della struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna, ogni altra questione relativa alle somme dovute dai soggetti debitori, ivi compreso il contenzioso di merito.

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art. 15 – oneri concessori

11.È compito della struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna, valutare la concreta utilizzazione dell’area o del bene appartenente al demanio della navigazione interna, nel caso questo rilevi ai fini IL DEMANIO ASPETTI LEGISLATIVIdel E GESTIONALI dellaIDRICO: determinazione canone. 12.In particolare la struttura regionale verifica: a) se le occupazioni sono ad utilizzazione esclusiva o meno o in che misura; b) se si tratti di occupazione da parte di un medesimo soggetto che ne fa un uso esclusivo o di più usi contigui con possibilità di mantenere comunque un uso diverso, anche indiscriminato, negli spazi di risulta.

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art. 15 – oneri concessori

13.È responsabilità della struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna, definire le modalità interpretative per la corretta ed equa applicazione degli oneri concessori ad ogni singolo caso. 14.La struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna, in presenza di situazioni particolari per l’interesse pubblico, può definire, motivatamente, procedure di pagamento rateizzate purché le stesse prevedano opportuni interessi per i differiti pagamenti così autorizzati.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

14 bis. Nel caso di concessioni per le quali la determinazione del canone avviene secondo le modalità di cui all’articolo 19, comma 4 bis, il deposito cauzionale di cui all’articolo 12, comma 7, ovvero dell’articolo 13, comma 7, viene determinato in misura pari al 30 per cento del canone annuo.

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art. 16. - obblighi del concessionario

1.Il concessionario, dal momento del rilascio della concessione, assume tutte le responsabilità per danni derivanti dalle opere realizzate sull’area/bene concesso e per gli usi impropri difformi dalla concessione. 2.L ’autorità concedente mantiene sempre il diritto di intervenire in via sostitutiva per eliminare situazioni di pericolo, o in ogni caso dannose per l’uso pubblico del demanio.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

3.Il costo degli interventi sostitutivi è posto, se del caso, a carico del concessionario. 4.Il concessionario si assume l’onere: a) della manutenzione ordinaria; b) del pagamento delle utenze; c) del pagamento delle spese di gestione; d) della stipulazione dell'assicurazione contro i danni, ove necessario.

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art. 16. - obblighi del concessionario

5.Il concessionario assume l’impegno di restituire l'area o il bene concesso nel medesimo stato in cui si trovava al momento della consegna, salvo il normale deperimento d'uso. 6.Ogni concessionario deve apporre sui confini dell’area o sul bene in concessione (boe escluse) apposito cartello, fornito dall’autorità competente alla consegna dell’area/bene in concessione.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

7.Il cartello, di cui al comma 6, deve essere pubblicamente visibile e la manutenzione del cartello è a cura del concessionario. 8.L’ autorità concedente controlla e può intervenire in caso di inadempimento con possibilità di rivalsa delle spese sostenute.

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art. 16. - obblighi del concessionario

9.Sulle boe deve essere riportato, a cura del concessionario, il numero identificativo della concessione di appartenenza. 10.I concessionari d’aree attrezzate, al fine di consentire l'accesso all’acqua da parte di soggetti handicappati e la loro mobilità all'interno delle aree stesse, possono predisporre appositi percorsi da posizionare sulla spiaggia, sia perpendicolarmente che parallelamente alla battigia, fatte salve le acquisizioni delle varie autorizzazioni necessarie ai sensi delle normative vigenti, anche se detti percorsi non risultano riportati specificamente nel titolo concessorio.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

11. Allo stesso fine detti percorsi possono anche congiungere aree limitrofe in concessione previa semplice comunicazione all’autorità concedente; tali percorsi devono comunque essere rimossi alla fine della stagione balneare.

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caPo v - vIgIlanZa e SanZIonI art. 17. – vigilanza e tutela dei beni demaniali

1.La vigilanza è attività strumentale e necessaria, ed oltre ad essere svolta dai soggetti che ne hanno l’obbligo per legge, quali tutte le forze di Polizia giudiziaria, compresa quella municipale, può essere esercitata dal comune tramite i dipendenti ai quali tale incarico viene affidato. In tal caso è opportuno IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI che, per renderlo manifesto ai terzi, venga espressamente formalizzato il potere di sopralluogo, accertamento e sanzione in tali soggetti. 2.La Regione, attraverso la struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna, mantiene un ruolo di vigilanza sul territorio, ai sensi della normativa in materia, nonché di indirizzo, monitoraggio e controllo sia sull’uso delle aree e dei beni del demanio della navigazione interna sia sull’esercizio delle funzioni da parte degli enti locali interessati, provvedendo, ove necessario, anche ad emanare circolari applicative ed esplicative della presente disciplina.

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art. 18. – Sanzioni

1.Chiunque occupa senza la prescritta concessione un’area o un bene del demanio della navigazione interna, è perseguito ai sensi dell’articolo 1161 del r.d. 327/1942 (Codice della Navigazione). IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

1161. Abusiva occupazione di spazio demaniale e inosservanza di limiti alla proprietà privata. Chiunque arbitrariamente occupa uno spazio del demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna, ne impedisce l'uso pubblico o vi fa innovazioni non autorizzate, ovvero non osserva i vincoli cui è assoggettata la proprietà privata nelle zone prossime al demanio marittimo od agli aeroporti, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato. Se l'occupazione di cui al primo comma è effettuata con un veicolo, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 103 a euro 619; in tal caso si può procedere alla immediata rimozione forzata del veicolo in deroga alla procedura di cui all'articolo 54.

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art. 18. – Sanzioni

2.Chiunque estrae, senza la prescritta concessione, materiali vari nell’ambito delle aree del demanio della navigazione interna, è perseguito ai sensi dell’articolo 1162 del r.d. 327/1942. IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

1162. Estrazione abusiva di arena o altri materiali. Chiunque estrae arena, alghe, ghiaia o altri materiali nell'ambito del demanio marittimo o del mare territoriale ovvero delle zone portuali della navigazione interna, senza la concessione prescritta nell'articolo 51, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.549 a euro 9.296.

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art. 18. – Sanzioni

3.Coloro che non rispettano gli obblighi riportati nella concessione, fatte salve le sanzioni penali, se previste, e la decadenza dalla concessione stessa, incorrono nell’applicazione delle sanzione amministrativa dall’articolo 3 della legge regionale 3 agosto 1993, n. 39 (Determinazione sanzioni amministrative inerenti violazioni in materia di navigazione interna). IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI 1. La non osservanza di una disposizione prevista dalle normative disciplinanti la navigazione sulle acque interne piemontesi, comporta una sanzione amministrativa: da un minimo di lire 100.000 ad un massimo di lire 1.000.000. 2. L'Autorità competente a ricevere il rapporto, di cui all'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 ed a procedere ai conseguenti adempimenti, è il Presidente della Giunta Regionale.

4.I proventi derivanti dalle sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 sono introitati dai comuni competenti per territorio secondo le procedure di cui alla legge 24 novembre 1989, n. 689 (Modifiche al sistema penale). [L 689 del 24/01/1981]

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caPo vI – canonI DI conceSSIonI art. 19. – Determinazioni canoni

1.A far data dal 1° gennaio 2001 ed ai sensi dell’ articolo 2, comma 6 della l.r. 18.05.2004, n. 12, i canoni annui per le concessioni sul demanio della navigazione interna sono così determinati:

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

a) scenari territoriali divisi sulla base dell'alta, normale e minore valenza demaniale - "categoria A", "categoria B" e "categoria C";

b) canoni diversi per uso di aree scoperte, di impianti di facile rimozione, di impianti di difficile rimozione, "tabella 1"; c) canoni annui per specchi acquei determinati in relazione alla loro distanza dalla costa, "tabella 2"; d) canoni annui per boe, pontili fissi e mobili, zattere, e galleggianti in genere, "tabella 3".

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art. 19. – Determinazioni canoni

2.Ai fini dell'applicazione della presente disciplina la suddivisione degli scenari territoriali di riferimento da classificare nelle categorie A, B e C, è articolata sulla base dei seguenti elementi: a) caratteristiche fisiche, ambientali e paesaggistiche; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI b) grado di sviluppo turistico esistente; c) stato delle acque con riferimento alla balneabilità; d) ubicazione ed accessibilità agli esercizi; e) caratteristiche delle strutture, delle attrezzature e dei servizi. 3.La Giunta regionale con proprio provvedimento amministrativo adotta la classificazione degli scenari territoriali nelle categorie: A, B e C. 4.La classificazione degli scenari territoriali è soggetta normalmente a revisione quadriennale con il medesimo procedimento.

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art. 19. – Determinazioni canoni

4 bis. Il canone annuo per la concessione di edifici o parti di essi, è determinato dalla struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna, sulla base dei valori locativi in comune commercio e IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI può essere versato anche in forma rateizzata nel corso dell’anno. Entro il periodo di cui all’articolo 2, comma 4 lettera c) della l.r. 12/2004, il canone è sottoposto a rideterminazione ogni nove anni. 5.L’importo delle concessioni rilasciate per un periodo pari o inferiore ai 12 mesi, non può essere inferiore: a) € 50,00 - concessione inferiore a 30 giorni; b) € 250,00 - concessione tra i 31 ed i 180 giorni; c) € 500,00 - concessione tra i 181 ed i 365 giorni.

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art. 19. – Determinazioni canoni

5.L’importo annuo delle concessioni di cui al comma 1, lettera b) e c), (aree scoperte, impianti di facile rimozione, impianti di difficile rimozione, specchi acquei) rilasciate per un periodo superiore ai 12 mesi, non può essere inferiore a € 500,00.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

6.L’importo delle autorizzazioni di cui al comma 3, dell’articolo 10, (autorizzazioni temporanee) non può essere inferiore: a) € 50,00 – autorizzazione inferiore a 30 giorni; b) € 250,00 – autorizzazione tra i 31 ed i 180 giorni; c) € 500,00 – autorizzazione tra i 181 ed i 365 giorni. 8.Il canone delle concessioni di cui al comma 1, lettere b) e c), relativo alle occupazioni pari o inferiori a 1 mq, è determinato in misura fissa in € 100,00 annue.

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art. 20. – canoni agevolati

1.Per fini di beneficenza, per le attività di volontariato di pubblica assistenza e di protezione civile le concessioni vengono rilasciate a titolo gratuito. 2.La concessione delle aree del demanio della navigazione interna è gratuita per gli interventi attuati dagli enti di gestione di Aree protette ai fini d’istituto. La concessione è gratuita nei casi in cui le aree del demanio della navigazione interna sono destinate a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali, o per gli interventi di ripristino, recupero e manutenzione ambientale.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

3.Per le concessioni rilasciate ai soggetti, di cui all’articolo 9, comma 10, (enti pubblici) la misura del canone annuo è ridotta del 90 per cento. 4.Per le concessioni rilasciate ad enti o organismi statali, la misura del canone annuo è ridotta del 50 per cento.

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art. 20. – canoni agevolati

5.In presenza di qualsiasi evento dannoso d’eccezionale gravità che comporti una minore utilizzazione delle aree/beni oggetto della concessione, la misura del canone annuo è ridotta del 50 per cento. 6.L'accertamento dell'incidenza dell'evento dannoso sull'utilizzazione delle aree/beni oggetto della concessione, è condotto dalla struttura regionale competente in materia di demanio della navigazione interna.

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

7. Nei casi in cui le aree del demanio della navigazione interna sono date in concessione a sodalizi o associazioni affiliate alle Federazioni sportive nazionali o alle discipline sportive associate al CONI o agli enti di promozione sportiva nazionali, che esercitano attività sociali senza fini di lucro, è prevista la riduzione del 50 per cento dei canoni di cui all’articolo 19, comma 1, lettere b) e c) (aree scoperte, impianti di facile rimozione, impianti di difficile rimozione, specchi acquei).

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art. 20. – canoni agevolati

8.Per le concessioni per le quali il concessionario non ha un diritto esclusivo di godimento ovvero per le quali il diritto esclusivo del concessionario sia limitato all'esercizio di una specifica attività che non esclude l'uso comune o altre possibili fruizioni consentite da leggi o regolamenti, la misura del canone annuo IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI è ridotta del 40 per cento. 9.Per le imprese con finalità turistiche, la misura dei canoni di cui all’articolo 19, comma 1, lettere b) e c), sono ridotti del 20 per cento. ”Imprese con finalità turistiche" si intendono quelle imprese che per natura, immediata contiguità e relazione sono tipicamente legate alla fruizione dei beni del demanio idrico della navigazione interna per finalità nautiche, diportistiche e di fruizione delle sponde, quali: campeggi, stabilimenti balneari, attività di noleggio, locazione e rimessaggio natanti e boat service.

Regione Piemonte – Corso sul Demanio Idrico

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art. 20. – canoni agevolati

10.Riduzioni dei canoni di cui all’articolo 19, comma 1, lettera d), (boe, pontili fissi e mobili, zattere, e galleggianti in genere) per: a) pescatori professionisti la cui attività quale fonte principale del reddito familiare deve essere comprovata da idonea documentazione: 50%; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI b) ormeggiatori al di fuori delle aree protette dai porti pubblici: 50%; c) servizi di trasporto pubblico non di linea, di noleggio e locazione: 60%; d) servizi di trasporto pubblico di linea, Forze dell'ordine: 80%. 11.Sodalizi o associazioni affiliate alle Federazioni sportive nazionali o alle discipline sportive associate al CONI o agli enti di promozione sportiva nazionali, che esercitano attività sociali senza fini di lucro, la misura del canone annuo per concessioni di boe è ridotta del 50%.

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art. 20. – canoni agevolati

12.Le riduzioni di cui ai commi precedenti, non sono cumulabili tra loro. In caso di compresenza di più fattori di riduzione, si applica la riduzione più favorevole. 13. Per: a) cantieristica navale; b) boat service; IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI c) noleggio e locazione; d) turistico ricettive; e) balneazione; l’organizzazione in acqua delle attività a loro connesse a mezzo di: pontile, zattera, corridoio di navigazione, impianto boe su catenaria corridoio di navigazione, impianto boe su catenaria, area di balneazione delimitata, è oggetto di unica concessione e gli oneri relativi sono ricondotti all’occupazione dello specchio d’acqua comprendente tutta l’attività sviluppata nel sito considerato.

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art. 20. – canoni agevolati

14.Per i sodalizi o associazioni affiliate alle Federazioni sportive nazionali o alle discipline sportive associate al CONI o agli enti di promozione sportiva nazionali, che esercitano attività sociali senza fini di lucro, le aree attrezzate in acqua per IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI l’attività d’istituto (campo di slalom, trampolino di sci nautico, campo canottaggio, corridoio di navigazione, impianto boe su catenaria, pontile, area di balneazione delimitata, ecc.), sono oggetto di unica concessione e gli oneri relativi sono ricondotti all’occupazione dello specchio d’acqua comprendente tutta l’attività sviluppata nel sito considerato.

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art. 21. – norme transitorie

5 bis. Per le concessioni di cui al comma 5, laddove si proceda al rinnovo a far data dal 1 gennaio 2007, non occorre procedere alla affissione in albo pretorio di cui di cui all’articolo 11, comma 4, e non sono dovute le spese di istruttoria di cui all’articolo 15, commi 1 e 2.

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la Regione Piemonte

Regolamento regionale recante: “Prime disposizioni per il rilascio delle concessioni per l’utilizzo di beni del demanio idrico fluviale e lacuale non navigabile e determinazione dei relativi canoni (LR 12/2004)

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n. 14/R del 06.12.2004

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Procedimento Amministrativo di Contenzioso 1.

accertamento

2.

avvio del procedimento

3.

gestione del procedimento

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino

5.

esecuzione d’ufficio dell’ordinanza

6.

Procedura di recupero spese

7.

gestione del contenzioso

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Procedimento Amministrativo di Contenzioso 1.

accertamento

Sopralluogo in loco verbale di sopralluogo Data e ora Nominativo funzionario e qualifica

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Identificazione del luogo (catastale e/o indirizzo) Nominativo trasgressore e/o proprietario Chiara identificazione stato dei luoghi Descrizione manufatti, calcolo aree Eventuali dichiarazioni del trasgressore e/o proprietario Allegare planimetria / Disegno Sottoscrizione Funzionario e trasgressore Allegare documentazione fotografica

Il funzionario verifica la documentazione in atti

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Procedimento Amministrativo di Contenzioso 2.

avvio del procedimento -

legge 7 agosto 1990, n. 241 - art. 7 e 8

comunicazione di avvio del procedimento – Raccomandata AR - Fatta salva la facoltà di adottare provvedimenti cautelari Amministrazione competente Oggetto del procedimento promosso

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

Ufficio e persona responsabile del procedimento La data entro la quale deve concludersi il procedimento 90 giorni (art. 2) – salvo diversa regolamentazione dell’Amministrazione Termine entro il quale presentare osservazioni e/o controdeduzioni Rimedi esperibili in caso di inerzia dell’Amministrazione procedente - Nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione istanza Se la comunicazione personale non è possibile o risulti gravosa forme di pubblicità idonee

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Procedimento Amministrativo di Contenzioso 3.

gestione del procedimento -

legge 7 agosto 1990, n. 241 – art. 7 e 8

I soggetti interessati dal procedimento Qualunque soggetto cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento • possono prendere visione degli atti del procedimento • possono presentare memorie scritte e documenti IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

l’amministrazione ha l’obbligo di valutare quanto presentato - nel provvedimento finale se ne deve dar conto l’eventuale richiesta di documentazione integrativa da parte dell’amministrazione interrompe i termini di chiusura del procedimento

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Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino

l’amministrazione ha sempre il dovere di concludere il procedimento con un provvedimento espresso L 241/90 art. 2 ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato L 241/90 art. 3 ordinanza di rimessa in pristino stato al trasgressore Accertamento Comunicazione di avvio del procedimento Dare atto della documentazione presentata con motivazione di non accoglimento Presa d’atto della presenza delle strutture o del perdurare dell’occupazione ORDINA al trasgressore la rimozione e la rimessa in pristino stato dei luoghi Termine entro il quale adempiere (30 giorni) Avviso che in caso d’inadempienza si interverrà d’ufficio con spese a carico del trasgressore Termine e autorità a cui proporre ricorso

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino aUToRITÀ a cUI PRoPoRRe RIcoRSo

TRaP – Tribunale Regionale delle acque Pubbliche Sezione specializzata della Corte d’Appello

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

TSaP – Tribunale Superiore delle acque Pubbliche Roma TaR – Tribunale amministrativo Regionale

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08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino aUToRITÀ a cUI PRoPoRRe RIcoRSo

R.D. 11 dicembre 1933, n. 1755, art. 140 – TU sulle acque pubbliche

TRaP – Tribunale Regionale delle acque Pubbliche IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI Demanialità delle acque – controversie

in tema di utilizzazione delle acque, anche controversie tra privati Limiti dei corsi e dei bacini – controversie relative all’estensione del demanio idrico e alla sua delimitazione – la competenza si estende oltre che all’alveo anche alle rive e agli argini Controversia riguardante la delimitazione di un alveo lacuale TAR Lombardia, sez II, 7/12/2005, n. 4746 Quantificazione delle somme spettanti a titolo risarcitorio all’Amministrazione per abusiva occupazione di area demaniale TAR vari in merito

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino aUToRITÀ a cUI PRoPoRRe RIcoRSo

R.D. 11 dicembre 1933, n. 1755, art. 140 – TU sulle acque pubbliche

TRaP – Tribunale Regionale delle acque Pubbliche IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

Diritti relativi a derivazioni e utilizzazioni di acqua pubbliche Indennità per occupazioni ed espropriazioni occorrenti per l’esecuzione di opere idrauliche Risarcimenti danni da opere idrauliche eseguite dalla p.a., opere in contrasto con il buon regine delle acque pubbliche Indennità di espropriazione dei diritti esclusivi di pesca sulle acque demaniali

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino aUToRITÀ a cUI PRoPoRRe RIcoRSo

R.D. 11 dicembre 1933, n. 1755, art. 140 – TU sulle acque pubbliche

TRaP – Tribunale Regionale delle acque Pubbliche IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALIRICORSO TERMINI ENTRO CUI PROPORRE

Il ricorso al TRaP non è soggetto a un termine di decadenza Da tenere in considerazione che il diritto fatto valere in giudizio è soggetto a prescrizione, la cui durata varia in relazione all’oggetto della vertenza.

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino aUToRITÀ a cUI PRoPoRRe RIcoRSo

R.D. 11 dicembre 1933, n. 1755, art. 140 – TU sulle acque pubbliche

TSaP – Tribunale Superiore delle acque Pubbliche IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

Appelli contro le sentenze del TRAP Controversie che hanno ad oggetto provvedimenti amministrativi, espressione di un potere autoritativo dell’Amministrazione. Provvedimenti diretti alla realizzazione di un’opera idraulica Provvedimenti che abbiano un’incidenza immediata e diretta sul regime delle acque Provvedimenti circa la potabilità delle acque

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TS 35 Taccuino di formazione area specialistico-settoriale

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino aUToRITÀ a cUI PRoPoRRe RIcoRSo

R.D. 11 dicembre 1933, n. 1755, art. 140 – TU sulle acque pubbliche

TSaP – Tribunale Superiore delle acque Pubbliche IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

Contravvenzioni alle norme di polizia demaniale Provvedimenti di riduzione in pristino dello stato dei beni del demanio idrico Provvedimenti di ritiro delle concessioni dei diritti esclusivi di pesca TERMINI ENTRO CUI PROPORRE RICORSO Il termine per ricorrere al TRaP è di 60 giorni dalla notifica del provvedimento

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Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino aUToRITÀ a cUI PRoPoRRe RIcoRSo

R.D. 11 dicembre 1933, n. 1755, art. 140 – TU sulle acque pubbliche

IL DEMANIO ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI TRaPIDRICO: – vertenze che riguardano

diritti soggettivi – delimitazioni demaniali

TSaP – il cittadino fa valere un suo interesse legittimo – rimessa in pristino stato

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino aUToRITÀ a cUI PRoPoRRe RIcoRSo

TaR – Tribunale amministrativo Regionale Rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, e non in quella del tribunale superiore delle acque, le controversie riguardanti la concessione di IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI godimento di un tratto di spiaggia lacuale, senza interessamento alcuno del regime delle acque del lago Massima del Consiglio di Stato, sez. VI, 17/02/2006, n. 664 TERMINI ENTRO CUI PROPORRE RICORSO Il termine per ricorrere al TaR è di 60 giorni dalla notifica del provvedimento, o ricorso straordinario al Presidente della Repubblica entro 120 giorni

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 4.

chiusura del procedimento – ordinanza di rimessa in pristino

ordinanza di rimessa in pristino stato notificata al trasgressore entro il termine assegnato, il trasgressore ripristina lo stato originario dei luoghi verifica Archiviazione

Verbale di accertamento per IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

Il trasgressore non ripristina lo stato originario dei luoghi nei termini assegnati eSecUZIone D’UFFIcIo Dell’oRDInanZa, con spese a carico del trasgressore

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TS 35 Taccuino di formazione area specialistico-settoriale

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 5.

esecuzione d’ufficio dell’ordinanza eSecUZIone D’UFFIcIo Dell’oRDInanZa

affidamento dell’incarico a una Ditta specializzata e impegno di spesa ordinanza alla Ditta IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

Citare precedente ordinanza Dare atto della non ottemperanza del trasgressore Indicare l’importo necessario all’intervento Dare atto che le spese (anticipate dall’Amministrazione) sono a carico del trasgressore Indicare giorno e ora dell’intervento l’ordinanza deve essere trasmessa anche al trasgressore (con raccomandata aR) Se necessario, richiedere l’intervento delle forze dell’ordine verbale di rimozione con relazione fotografica

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 6.

Procedura di recupero spese

Richiesta pagamento spese di rimozione al trasgressore allegando copia della fattura della Ditta IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

Procedura di recupero spese IngIUnZIone DI PagamenTo ai sensi del RD 14 aprile 1910, n. 639

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 6.

Procedura di recupero spese Modello di INGIUNZIONE DI PAGAMENTO

Protocollo – data – Resp. Procedimento IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO Premesso che: • avvio del procedimento IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI •ordinanza al trasgressore •ordinanza alla ditta Dato atto che •è stata effettuata ordinanza d’ufficio •l’importo della rimozione è di € …, a carico del trasgressore •richiesta al trasgressore del pagamento, ma pagamento non effettuato Visto il RD 639/1910 INGIUNGE A Cognome Nome il pagamento di € … per … entro 30 giorni dalla notifica. Modalità di pagamento Avverso il presente provvedimento è ammesso ricorso all’Autorità Giudiziaria Ordinaria

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 6.

Procedura di recupero spese IngIUnZIone DI PagamenTo ai sensi del RD 14 aprile 1910, n. 639

notifica dell’ingiunzione tramite l’ufficiale giudiziario competente per territorio Trascorsi giorni dallaEnotifica IL DEMANIO IDRICO:30 ASPETTI LEGISLATIVI GESTIONALI

– senza ricorso o con ricorso respinto – è possibile procedere alla richiesta di pignoramento mobiliare

la richiesta va fatta all’ufficiale giudiziario competente per territorio l’Amministrazione dovrà indicare un soggetto che provvederà alla custodia dei beni pignorati – anche il Sindaco del luogo Trascorsi 10 giorni dal pignoramento, la vendita verrà eseguita dall’amministrazione, con le modalità previste dagli art. 10 e seguenti del RD 639/1910.

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TS 35 Taccuino di formazione area specialistico-settoriale

08402 - Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali

Procedimento Amministrativo di Contenzioso 7.

gestione del contenzioso

IL DEMANIO IDRICO: ASPETTI LEGISLATIVI E GESTIONALI

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

La gestione amministrativa dei beni demaniali e gli aspetti giuridici

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TS 35 Taccuino di formazione area specialistico-settoriale

AREE DEMANIALI - Sdemanializzazione tacita - Presupposti - Comportamenti univoci e concludenti. La sdemanializzazione tacita deve risultare da comportamenti univoci e concludenti da cui emerga con certezza la rinuncia alla funzione pubblica del bene. Pres. Riccio, Est. Lodi - B. M.. (avv. Monti, Razeto, Grappi e Paoletto) c. C. M. altri (avv. Deluigi, Saguato e Di Gioia) e Comune di Terzo (n.c.) (Conferma TAR Emilia Romagna n. 42/1996). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V 12 aprile 2007 - (C.c. 21 marzo 2006), n. 1701

Nota : la presente pronuncia è riportata a fini meramente conoscitivi. Essa è sovente invocata dai privati che richiedono la sdemanializzazione ma non accettata dalla Pubbliche amministrazioni procedente. Le motivazioni per esteso che si invita a lettere non sono del resto così imperative coma risulta la massimizzazione in quanto l’illustrazione specifica della fattispecie risulta alquanto peculiare Aree demaniali - Opposizione a ordinanza di rilascio di immobile - Riparto di giurisdizione. L’orientamento della prevalente giurisprudenza individua la regola del riparto di giurisdizione in tema di opposizione ad ordinanza di rilascio di immobile, emessa sul presupposto della sua appartenenza al demanio, nel seguente principio: ove il privato deduca vizi dell’atto amministrativo, lamentandosi della correttezza dell’azione espletata, la cognizione spetta al giudice amministrativo, mentre, laddove il medesimo si limiti a negare la demanialità del bene, chiedendo che sia accertato il proprio pieno e libero diritto di proprietà, la cognizione si radica in capo al giudice ordinario (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2004 n. 6655 ed 11 luglio 2003 n. 4147, Cass. Civ., Sez. Un., 15 giugno 1996 n. 5522). Pres. Biancofiore, Est. Dell’Olio - C.C. (avv. Matacera) c. Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Capitaneria di Porto di Crotone (Avv. Stato) – T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. II - 13 novembre 2006, n. 1313

Nota : la sentenza sopra riportata è un tra le tantissime che riconducono la competenza giurisdizionale alla rigorosa valutazione del petitum e della causa petendi. Aree demaniali - Artt. 633 e 639 bis c.p. - Occupazione di terreni - Art. 1161 cod. nav. - Concorso di reati - Ammissibilità. E’ ammissibile il concorso di reati fra il delitto di cui agli art. 633 e 639 bis C.P. (occupazione di terreni), e la contravvenzione di cui all'art. 1161 R.D. 327/42, essendo diverse le due condotte illecite e differenti i beni giuridici tutelati; in alcuni casi, le due condotte possono coincidere, quando l'introduzione abusiva si protrae nel tempo ed è stata effettuata al fine di occupare il suolo demaniale o di trarne altrimenti profitto: l'elemento discriminante è rappresentato dall'elemento psicologico, essendo richiesto il dolo specifico nel delitto e solo la colpa per la contravvenzione. TRIBUNALE di Santa Maria Capua Vetere - Sez. I penale - 24 luglio 2006, Sentenza n. 1104

Nota : la sentenza in esame è molto complessa ed articolata. Il testo, riportato integralmente, merita una lettura per i numerosi spunti di riflessioni in essa rappresentati. Demanio - Ordinanza di rilascio di un immobile emessa dalla P.A. - Diniego della demanialità del bene - Giurisdizione. La giurisdizione, a norma dell’art. 386 c.p.c., va determinata in base all’oggetto della domanda, dovendo essere preso in considerazione il cosiddetto petitum sostanziale, da identificarsi non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione chiesta al giudice (c.d. petitum formale), ma soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione soggettiva

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

dedotta in giudizio con riguardo, in particolare, ai fatti indicati a sostegno della pretesa avanzata nel giudizio (cfr., di recente, Cass. SS.UU. 3 marzo 2003, n. 3077). L’applicazione del suesposto principio giurisprudenziale all’ipotesi in cui la p.a. emetta ordinanza di rilascio di un immobile, sul presupposto della sua appartenenza al demanio, e il privato occupante insorga avverso tale ordinanza, comporta che la cognizione della controversia spetta al giudice amministrativo, ove il privato deduca vizi dell’atto amministrativo, mentre spetta al giudice ordinario, ove il privato neghi la demanialità del bene e chieda che sia accertato il proprio pieno e libero diritto di proprietà (cfr. Cass., Sez. Un., 15 giugno 1996, n. 5522). Pres. Varrone - Est. Salemi - Leone (Avv.ti Diaco e Stanga) c. Ministero della marina Mercantile e la Capitaneria di Porto del Compartimento marittimo di Vibo Valentia (Avvocatura Generale dello Stato) (Annulla Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria - Sede di Catanzaro - n. 579 del 3 maggio 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 14/10/2004 (25 giugno 2004), Sentenza n. 6655

Nota : la sentenza sopra riportata è un tra le tantissime che riconducono la competenza giurisdizionale alla rigorosa valutazione del petitum e della causa petendi.

Acqua - Materia delle acque pubbliche - Competenza del TSAP - Limiti. La giurisdizione di legittimità del TSAP in unico grado ha ad oggetto i ricorsi avverso provvedimenti amministrativi che incidono direttamente sulla materia delle acque pubbliche, mentre ricorre la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo riguardo ai provvedimenti aventi un’incidenza soltanto strumentale e indiretta su detta materia. Non rientra, cioè, nella giurisdizione del TSAP in unica istanza qualsiasi lite comunque connessa alla materia delle acque pubbliche, ma occorre che l’atto impugnato concerna in modo immediato e diretto il regime giuridico e l’utilizzazione delle acque stesse. Pres. Iannotta - Est. Mastrandrea - Unione dei Comuni Adige Guà (avv.ti Dalla Santa e Guzzardi) c. Regione Veneto (avv.ti Morra e Pallottino) ed altri (T.A.R. Veneto, III, 21 dicembre 2001, n. 4341 e sez. III, 1° febbraio 2003, n. 935). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 14 maggio 2004, n. 3139

Nota : la sentenza specifica un elemento di delicata valutazione, ossia quando prevale la competenza del Tribunale delle Acque. Si ricorda che la definizione a priori della competenza giurisdizionale è necessaria ai sensi della legge 241/90 in quanto nel provvedimento – qui presumibilmente sanzionatorio – deve essere indicata l’Autorità alla quale il presunto trasgressore può ricorrere e i termini entro cui può agire.

La concessione rilasciata dal demanio fluviale è un provvedimento del tutto autonomo e diverso dalla concessione edilizia - capanno da pesca - la rimozione delle parti difformi e successiva demolizione della costruzione abusiva per decadenza del provvedimento concessorio. Sono infondate le doglianze connesse con la concessione rilasciata dal demanio fluviale in quanto questo si estrinseca in un provvedimento del tutto autonomo e diverso dalla concessione edilizia, provvedimento quest’ultimo avente finalità e garanzie del tutto specifiche e che comunque, ai fini che qui interessano, costituisce l’unico provvedimetno abilitativo alla realizzazione del manufatto sotto il prevalente profilo urbanistico-edilizio. (L’appellante, ottenuta la concessione edilizia e la successiva variante per realizzare un capanno da pesca, non ha costruito nel termine decadenziale previsto dalla disposizione di cui all’art.27 della Legge R. Emilia-Romagna n.47/1978, il relativo solaio ed inoltre eseguiva la palificazione di sostegno del capanno medesimo in “cemento” anziché in “legno”, come tassativamente previsto.) Ne consegue che le censure attinenti alla pretesa ammissibilità della palificazione in cemento non può essere ritenuta rilevante ai fini del pieno riscontro della legittimità della concessione edilizia che, in relazione alla specifica regolamentazione

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TS 35 Taccuino di formazione area specialistico-settoriale

tipologica della realizzazione in questione - capanno da pesca - richiede ed impone la palificazione in legno. Di conseguenza il Sindaco, con successive ordinanze ha dapprima disposto la rimozione delle parti difformi, e successivamente, sull’accertato presupposto della mancata realizzazione del necessario solaio, accertava la decadenza della concessione ingiungendo la conseguente demolizione della costruzione abusiva. La mancata realizzazione di tale requisito fondamentale della validità del provvedimento concessorio, ha poi legittimamente comportato l’adozione dell’adottato provvedimento decadenziale. Consiglio di Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5162

Nota : è senza dubbio fondamentale rammentare sempre che ogni provvedimento amministrativo ha una propria tipicità e che pertanto gli aspetti attinenti l’edilizia debbono essere distinti da quelli di tutela ambientale e che entrambi non debbono essere confusi con la polizia idraulica. Tale presupposto è fondamentale sia per la instaurazione di un corretto procedimento amministrativo ( partecipazione e comunicazioni) che per la natura ed i contenuti dell’atto concessorio o sanzionatorio afferente il demanio idrico. Definizione e concetto del demanio idrico - pertinenze e demanialità - sdemanializzazione. Fanno parte del demanio idrico, perché rientrano nel concetto di alveo, le sponde e le rive interne dei fiumi, cioè le zone soggette ad essere sommerse dalle piene ordinarie (mentre le sponde e le rive esterne, che possono essere invase dalle acque solo in caso di piene straordinarie, appartengono ai proprietari dei fondi rivieraschi), ed altresì gli immobili che assumano natura di pertinenza del medesimo demanio per l'opera dell'uomo, in quanto destinati al servizio del bene principale per assicurare allo stesso un più alto grado di protezione. Tale rapporto pertinenziale e la conseguente demanialità del bene accessorio permangono fino al momento in cui la p.a. manifesti la sua volontà di sottrarre la pertinenza alla sua funzione, mentre la sdemanializzazione non può desumersi da comportamenti omissivi della medesima. Cassazione civile sez. un., 18 dicembre 1998, n. 12701

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

Commissione Tributaria Regionale di Ancona Sezione 02 SENTENZA N. 24/2/04 FATTO Con atto notificato il 4.9.2003, depositato il successivo 17.9.2003 (rubricato al R.G.A. con il . 729/03) il Comune di San Benedetto del Tronto (AP) ha impugnato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno , Sez. II, n.98/2/02 del 22 maggio 2002, con cui, previa riunione, sono stati accolti i ricorsi proposti dalla Sig.ra ***avverso gli avvisi di accertamento e liquidazione dell’Imposta Comunale sugli Immobili ( ICI) relativa, rispettivamente, all’anno fiscale 1995 per lire 1.284.000 (ric. R.G. n.1316/2001), all’anno 1996 per lire 1.284.000 (ric. R.G. n.1317/2001), all’anno 1998 per lire 1.595.000 (ric. R.G. n.1318/2001), e all’anno fiscale 1997 per lire 1.326.000 (ric. R.G. n.1319/2001) , limitatamente alle maggiori imposte accertate negli importi sopraindicati ,oltre alle sanzioni e agli interessi, a fronte dell’asserita disponibilità da parte della Sig.ra *** di alcuni edifici adibiti a stabilimento balneare , realizzati dalla medesima sulle aree del demanio marittimo ottenute in concessione dalla competente Autorità statale, ubicate sul lungomare di S. Benedetto del Tronto e regolarmente accatastati. L’accoglimento delle accennate iniziative giudiziarie da parte del Giudice tributario di primo grado ha trovato giustificazione essenzialmente nella circostanza della ritenuta inesistenza, nei periodi di imposta cui fanno riferimento gli impugnati atti di accertamento ,di norme giuridiche preordinate ad assoggettare all’ICI i beni pubblici oggetto di concessione demaniale, dal momento che l’inclusione dei titolari di concessioni demaniali nel novero dei soggetti passivi dell’imposta suddetta , è avvenuto soltanto a decorrere dal 1.1.2001, per effetto di quanto espressamente disposto a titolo innovativo dall’art 18 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 che ha modificato l’art 3 del D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, recante l’istituzione dell’ICI e l’individuazione dei soggetti passivi della stessa imposta. Secondo il ragionamento seguito dal Giudice di prime cure, il concessionario di beni demaniali non acquista alcun diritto reale di godimento sui beni oggetto di concessione, risultando titolare di semplice diritto personale di fruizione degli stessi e, quindi, il medesimo non può essere annoverato tra i soggetti passivi della relativa imposta comunale sugli immobili , considerato che l’art 3 del D.lgs. n. 504 del 1992, ricomprende tra i contribuenti obbligati al suo pagamento soltanto i proprietari di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed i titolari di diritti reali di godimento sugli stessi, almeno fino al 31.12.2000, dal momento che dopo tale data il Legislatore ha esteso l’imposizione anche ai concessionari di beni ed aree demaniali. Con l’atto di appello oggetto di giudizio, il Comune di San Benedetto del Tronto soccombente in primo grado, intende contestare la legittimità della sentenza impugnata, avverso la quale vengono dedotte censure di violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art 3 del D.lgs. n. 504 del 1992 e dell’art 822 del Codice civile e dell’art 36 e seguenti del Codice della Navigazione. Secondo il difensore dell’Ente locale appellante, con la modifica apportata all’art 3 del citato D.lgs. n. 504 del 1992, con decorrenza 1.1.2001, il Legislatore ha inteso estendere l’assoggettamento ad ICI dei concessionari di soli terreni demaniali, in quanto nel caso di costruzioni realizzate sulle aree oggetto di concessione , i privati concessionari sono titolari di un autonomo diritto di superficie sugli edifici stabilmente infissi al suolo demaniale e ,quindi, erano tenuti al pagamento dell’ICI anche prima dell’entrata in vigore della novella recata all’art 3 del D.lgs n. 504 del 1992, dall’art 18 della legge n. 388 del 2000. Per tale ragione la parte appellante ritiene errato l’assunto del giudice di prime cure preordinato a negare natura reale al diritto di uso di cui gode il concessionario di beni demaniali, in quanto l’art. 41 del Codice della Navigazione consente di iscrivere ipoteca sulle opere dal medesimo realizzate sui beni del demanio marittimo, a comprova della natura reale dei diritti che il titolare di concessione può vantare sui manufatti costruiti sui terreni del demanio. La titolarità di un autonomo diritto reale , da parte del concessionario di aree pubbliche inedificate, sulle costruzioni edilizie realizzate sulle stesse, trova conferma anche nelle disposizioni recate dagli artt. 46 e 49 dello stesso Cod. Navig. che riconoscono , rispettivamente, la possibilità del concessionario di alienare autonomamente tali manufatti edilizi, salva la necessità di ottenere la voltura della concessione da parte dell'acquirente, nonché la facoltà, in caso di scadenza della concessione, di rimozione dei manufatti amovibili da parte dei concessionari dei terreni del demanio marittimo dichiarati decaduti. Da ciò la prospettata illegittimità dell’appellata decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno che ha disconosciuto la titolarità da parte della Sig.ra *** di un autonomo diritto di godimento sugli edifici costituenti lo stabilimento balneare dalla medesima gestito in Comune di San Benedetto del Tronto, e

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TS 35 Taccuino di formazione area specialistico-settoriale

regolarmente accatastati, in quanto considerati beni stabilmente infissi al suolo e da ciò la legittimità dell’atto di accertamento e liquidazione di maggiore imposta oggetto di contestazione in questa sede giudiziaria. La parte privata appellata non si è costituita in giudizio. Con successiva memoria depositata il 6.2.2004,il difensore del Comune appellante ha diffusamente ribadito le proprie tesi a sostegno dei motivi di impugnazione in precedenza dedotti. Il ricorso, fissato per la discussione alla pubblica udienza del 1.3.2004, è stato rinviato alla successiva udienza del 22.3.2004, in occasione della quale è stato assunto in decisione dal Collegio. DIRITTO Per la decisione della presente impugnativa si impone la preliminare qualificazione dei rapporti giuridici che caratterizzano l’utilizzo dei beni del demanio marittimo da parte dei privati concessionari che ne ottengono l’uso per la realizzazione di stabilimenti balneari. Stante quanto previsto dal Codice della Navigazione, con tale tipo di atto concessorio l’Autorità marittima consente ad operatori privati o pubblici di occupare tratti di spiaggia allo scopo di impiantarvi uno o più stabilimenti balneari destinati a facilitare e rendere più confortevole la balneazione nei periodi estivi da parte dei soggetti interessati ad usufruire, dietro pagamento di un corrispettivo, dei servizi messi a disposizione del gestore di tali strutture turistico-ricettive, quali ombrelloni, cabine spogliatoio, docce, bar, ristoranti e spazi ed attrezzature destinate all’attività sportiva o al rimessaggio di piccole barche. E’ evidente che l’approntamento di uno stabilimento balneare richiede inevitabilmente anche la realizzazione di manufatti edilizi o di strutture infisse stabilmente al suolo, ancorché amovibili, destinati in concreto a rendere possibile l’erogazione dei servizi cui si è fatto cenno. Né del pari può essere messo in dubbio che alcune di tali costruzioni, per le loro peculiarità, vengono a qualificarsi come manufatti o edifici aventi le caratteristiche per l’iscrizione nel catasto urbano e come tali astrattamente assoggettabili all’Imposta comunale sugli immobili (I.C.I.). La possibilità per il concessionario di aree del demanio marittimo di realizzare in proprio tali manufatti, con il consenso dell’Amministrazione competente, per una migliore fruizione dei terreni e tratti di spiaggia ottenuti in concessione, trova conferma sul piano normativo nell’espressa previsione dell’art.41 del Codice della navigazione che riconosce al concessionario la possibilità di costituire ipoteca sulle opere da lui costruite sui beni demaniali, seppure previa autorizzazione dell’Autorità concedente. Tale autonomo diritto di godimento e di disposizione condizionato dei beni e delle opere realizzate da chi utilizza aree demaniali marittime in vigenza della concessione, trova ulteriore conferma nel disposto dell’art.46 del citato Codice della navigazione, ove si precisa la possibilità per il concessionario di alienare tali manufatti ad un terzo che può subentrare nella titolarità della concessione, sempre previa autorizzazione dell’Amministrazione demaniale. Pertanto, sulla base di quanto previsto dal riferito quadro normativo di riferimento e dallo stesso contenuto dei singoli atti di concessione di beni del demanio marittimo, tra cui anche quello di cui è causa che ha ad oggetto l’utilizzo di un tratto di spiaggia in vista della realizzazione e del mantenimento di uno stabilimento balneare ad uso pubblico, se la concessione di terreni o di tratti di arenile facenti parte del demanio marittimo comporta la facoltà di edificare, non vi è dubbio che il diritto del titolare della stessa sui manufatti e sulle costruzioni autonomamente realizzate durante il periodo di operatività della concessione, presenta connotati identici al diritto di superficie disciplinato dagli artt.952 e 953 del Codice civile. In base a tali norme, infatti, si riconosce al titolare del diritto dominicale la possibilità di autorizzare un altro soggetto a fare e mantenere sopra e sotto il suolo del proprietario edifici di cui il costruttore qualificato come superficiario ne acquista la piena proprietà, con facoltà di disporne durante il periodo di efficacia dell’atto di concessione. L’art.953 del Cod. civ. prevede inoltre che , se la costituzione del diritto di superficie è stata fatta a tempo determinato, esso si estingue alla sua scadenza ed il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione. Donde, alla stregua del complesso delle disposizioni normative richiamate, si evince chiaramente che il concessionario di aree facenti parte del demanio marittimo libere da costruzioni al momento dell’attribuzione del titolo concessorio, risulta titolare di un autonomo e separato diritto di superficie sugli edifici realizzati su tali terreni di cui può liberamente disporre durante la vigenza del rapporto concessorio, seppure con il

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

consenso dell’Amministrazione demaniale, al punto da potere costituire sugli stessi manufatti anche diritti reali di garanzia e farne oggetto di autonoma cessione in favore di altro soggetto che intende sostituire nel godimento della concessione ex artt.41 e 46 del Cod. Navig. L’esclusività del diritto di superficie sugli edifici costituenti lo stabilimento balneare in capo al concessionario costruttore degli stessi , trova un ulteriore conferma normativa nel disposto dell’art. 49 del Codice della navigazione che , alla scadenza della concessione, ha previsto la possibilità per il concessionario di rimuovere le opere amovibili, a conferma dell’accennata riferibilità di tali manufatti all’esclusiva titolarità di chi li ha realizzati, stabilendo nel contempo, al pari di quanto contemplato dall’art.953 del Cod. civ. in materia di diritto di superficie, in caso di inamovibilità degli stessi, l’estinzione del diritto di superficie su tali costruzioni realizzate sulle aree demaniali e la loro contestuale acquisizione da parte dello Stato senza alcun compenso. Il convincimento del Collegio circa la natura del rapporto giuridico che deriva dall’assegnazione in concessione di beni del demanio marittimo e del suo contenuto costitutivo di un vero e proprio diritto di superficie ad aedificandum in favore del soggetto concessionario, trova conferma anche nell’orientamento della giurisprudenza che ha riconosciuto l’autonomia del diritto di superficie del concessionario di aree demaniali inedificate sui manufatti realizzati sulle medesime in virtù di facoltà consentite dall’atto concessorio, per effetto del quale si viene a determinare una scissione orizzontale dell’assetto dominicale, nel senso che il concedente mantiene la proprietà del suolo ed il concessionario acquista la proprietà superficiaria dell’opera sovrastante dal medesimo realizzata ( Cass. Civ.Sez.I.27 febbraio 1980, n.1369; 4 maggio 1998, n.4402: SS. UU. Civ. 13 febbraio 1997, n.1324; Comm. Trib. Reg. AN.Sez.7,4 giugno 2003, n.38). Va infine segnalato che tale accennata qualificazione come diritto di superficie del diritto del concessionario di aree del demanio marittimo sulle costruzioni dal medesimo realizzate , trova un ulteriore giustificazione normativa nella stessa previsione dell’art.1 del Cod. Nav. il quale prevede espressamente che , in presenza di lacune rinvenibili nello stesso Codice, operano in materia le norme del Codice civile e da ciò, quindi, la possibilità di valorizzare la relativa disciplina in tema di diritto di superficie, in mancanza di specifiche disposizioni normative preordinate a qualificare le facoltà giuridiche del concessionario sulle costruzioni realizzate sul suolo demaniale marittimo. Ciò premesso , per quanto riguarda più in particolare l’assoggettamento all’Imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) dei beni concessi in superficie, va osservato che l’art.3,III comma del D.lgs.n. 504 del 1992, nel suo testo originario, a differenza di quanto previsto per il titolare del diritto di usufrutto sui beni immobili assoggettati ad imposta che era stato ritenuto autonomo soggetto passivo della stessa, per i terreni concessi in diritto di superficie, aveva assoggettato ad imposizione soltanto il proprietario concedente con diritto di rivalsa sul superficiario. Donde , con riferimento all’accennato dato normativo, soggetto passivo d’imposta nel caso considerato era il solo proprietario concedente il quale era quindi tenuto a farsi carico degli obblighi di versamento del tributo all’Ente locale impositore; per cui nessuna pretesa diretta poteva quest’ultimo vantare nei confronti del superficiario al quale la legge imponeva soltanto l’obbligo di rimborsare il proprietario concedente qualificato contribuente principale delle somme dovute a titolo di imposta per i terreni inedificati oggetto della concessione del diritto di superficie , nonché per gli eventuali edifici insistenti sugli stessi realizzati direttamente dal superficiario ( Comm. Trib. Prov. Venezia, III,26 gennaio 1995, n.343; Parma,I,12 luglio 1998, n.505; Corte Cost. 28 maggio 1999, n.200). Tale quadro normativo di riferimento ha subito tuttavia una radicale modificazione per effetto dell’art.58 del D.lgs. 15 dicembre 1997, n.446, con cui è stata operata una riscrittura del citato art.3 del D.lgs. n. 504 del 1992 che nella sua nuova formulazione ha ricompreso, a decorrere dal 1.1.1998, tra i soggetti passivi dell’imposta anche i titolari del diritto di superficie sui beni immobili i quali in tal modo sono diventati diretti responsabili degli obblighi tributari in precedenza facenti carico ai proprietari dei terreni oggetto di concessione ad edificare. Ciò ha comportato che , a decorrere dall’anno fiscale 1998, anche i concessionari di beni demaniali titolari di un distinto diritto di proprietà superficiaria sulle costruzioni realizzate sui tratti di spiaggia ottenuti in concessione dalla competente Autorità marittima, sono divenuti autonomi soggetti passivi di imposta ai fini del pagamento dell’ICI, in quanto proprietari superficiari dei manufatti dai medesimi realizzati costituenti gli stabilimenti balneari (Cass. Civ. sez.I.10 luglio 1999, n.7273). Tutto ciò premesso, va inoltre segnalato che , a decorrere dal 1.1.2001, per effetto della nuova modifica apportata al II comma dell’art 3 del D.lgs. n. 504 del 1992, con l’art 18, II comma della legge 23 dicembre 2000, n.388, è stata operata un’ulteriore estensione degli obblighi tributari dei concessionari di beni

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demaniali ai fini del pagamento dell’ICI, i quali si sono visti qualificati come soggetti passivi di imposta anche nell’ipotesi in cui l’oggetto della concessione sia limitato al mero utilizzo di aree inedificate o sulle quali già insistono edifici preesistenti realizzati dall’Amministrazione concedente. Donde , con riferimento a quanto argomentato, una volta accertato che il concessionario di aree del demanio marittimo risulta titolare di un autonomo diritto di superficie sulle costruzioni ed i manufatti dallo stesso realizzati con l’assenso dell’autorità concedente, nell’esercizio delle facoltà edificatorie riconosciute dal provvedimento di concessione, ne consegue che il medesimo deve essere qualificato a tutti gli effetti come soggetto passivo di ICI ,soltanto a decorrere dal 1.1.1998, in quanto, come si è avuto modo di precisare, prima di tale data la relativa obbligazione tributaria faceva carico al proprietario concedente con diritto di rivalsa sul concessionario superficiario, stante l’originario contenuto dell’art 3 del D.lgs. n. 504 del1992, prima della modifica allo stesso apportata dall’art. 58 del D.lgs. n.446 del 1997. Al riguardo , il Collegio non ritiene potersi condividere la tesi interpretativa privilegiata dal giudice di prime cure che ha riconosciuto natura del tutto innovativa al disposto dell’art 18 della legge 23 dicembre 2000, n.388 che ha assoggettato ad ICI anche i beni demaniali dati in concessione con obblighi tributari a carico dei concessionari, dal momento che tale ampliamento della base impositiva si riferisce soltanto ai beni immobili sui quali i concessionari non possono rivendicare alcun diritto autonomo( aree libere da costruzioni o interessate da edifici e manufatti realizzati dal proprietario concedente e ricompresi come tali nell’oggetto della concessione). Al contrario, per gli edifici ed i manufatti realizzati direttamente dal concessionario e sui quali il medesimo può vantare , come si é avuto modo di precisare, un autonomo di ritto di superficie, l’obbligo di pagamento dell’ICI da parte del medesimo, non è stato affatto introdotto per effetto dell’art.18 della legge n. 388 del 2000, ma preesisteva, già a decorrere dal 1.1.1998, in conseguenza della prevista ricomprensione tra i soggetti passivi della stessa imposta dei titolari di diritto di superficie ,ad opera dell’art.58 del D.lgs. 15 dicembre 1997, n.446 . Tutto ciò premesso, per quanto concerne la vicenda di cui è causa, poiché gli atti di accertamento di imposta di cui si controverte si riferiscono distintamente agli anni fiscali 1995, 1996, 1998 e 1997 , ritiene il Collegio che la pretesa tributaria fatta valere dall’appellante Comune di San Benedetto del Tronto sia da ritenere fondata per quanto riguarda l’atto di accertamento di maggiore imposta comunale sugli immobili relativo all’anno fiscale 1998, poiché per le ragioni esposte essa attiene ad un periodo di imposta in cui l’obbligo di pagamento dell’ICI sugli edifici e manufatti realizzati in proprio dalla Sig.ra Mascaretti Maria Pia sui terreni del demanio marittimo avuti in concessione ed adibiti a stabilimento balneare, faceva carico alla stessa concessionaria, tenuto conto che la medesima risultava titolare di un autonomo diritto di superficie su tali costruzioni e come tale si qualificava, per le ragioni esposte, come soggetto passivo della relativa imposta ex art. 3 del D.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall’art 58 del D.lgs. n. 446 del 1997. Al contrario, per quanto riguarda invece gli atti di accertamento di maggiore imposta oggetto di causa relativi agli anni fiscali 1995, 1996, 1997, ritiene invece il Collegio che la pretesa tributaria fatta valere dal Comune appellante sia priva di fondamento giuridico, poiché, per le ragioni esposte, essa attiene a periodi di imposta per i quali l’obbligo di pagamento dell’ICI faceva carico al proprietario concedente con diritto di rivalsa sul superficiario il quale , quindi, non poteva essere qualificato come autonomo soggetto passivo del relativo tributo. In considerazione di quanto sopra precisato, l’appello va in parte accolto con la conseguente riforma dell’impugnata sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno, limitatamente al disposto annullamento dell’atto comunale di accertamento di maggiore ICI dovuta dalla Sig.ra *** per l’anno 1998 (ricorso di primo grado n.1318/2001 R.G.) Vanno invece respinti i residui capi impugnatori fatti valere con l’atto di appello relativi agli anni fiscali 1995, 1996 e 1997, per i quali va confermata la sentenza del giudice di prime cure di annullamento di rispettivi atti impositivi oggetto di ricorso in primo grado. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese relative ai due gradi di giudizio, attesa la novità e la problematicità delle questioni esaminate. P.Q.M. La Commissione Tributaria Regionale delle Marche , Sezione II, in parte respinge ed in parte accoglie l’appello in epigrafe indicato, nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto riforma la sentenza impugnata per quanto riguarda la statuizione di accoglimento del ricorso di primo grado R.G n. 1318 del 2001.

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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. II, 20/1/2006 (C.c 17/11/2005), Sentenza n. 2592 Omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 6.05.03 il Tribunale Monocratico di Termini Imerese dichiarava Scimeca Rosario colpevole del reato di cui all'art. 633 cod. pen. (per aver arbitrariamente invaso una striscia di terreno di mt. 2,50 x 20) ai danni di Celano Rosalia e lo condannava alla pena di euro 200,00 di multa, oltre le spese processuali. Condannava altresì il predetto al risarcimento dei danni alla parte civile, Celano Rosalia, danni da liquidarsi in separata sede, nonché alla refusione delle spese di costituzione nella misura di euro 1.500,00. Con sentenza del 18.2.04, depositata il 27.2.04, la Corte d'Appello di Palermo, Quarta Sezione Penale, confermava la sentenza sopra citata appellata da Scimeca Rosario, avendo ritenuto la modifica della situazione di fatto per l'apposizione della recinzione in data 17 giugno 1998, recinzione che si diceva prima non esistente, con particolare riferimento alla deposizione geom. Ciaccio), condannando l'imputato al pagamento delle ulteriori spese processuali. Con ricorso depositato il 22.4.04 l'Avv. Scimeca Francesco, difensore di fiducia di Scimeca Rosario, impugnava la pronuncia d'appello svolgendo i motivi di gravame che in seguito saranno esaminati. All'udienza odierna hanno avuto luogo la relazione della causa e la sua discussione nella quale il P.G. ed il difensore hanno assunto le conclusioni in epigrafe riportate. Questa Corte ha quindi deliberato la presente sentenza che è stata pubblicata mediante lettura in udienza del solo dispositivo. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il ricorso proposto avverso la sentenza di secondo grado il difensore dello Scimeca ha dedotto ex art. 606, comma 1 °, lett. b) ed e) cod. proc. pen. l'erroneità, l'illogicità e comunque l'insufficienza della motivazione della sentenza in ordine all'affermazione della responsabilità del ricorrente in relazione al reato di cui all'art. 633 cod.pen., nonché l'assoluta mancanza di motivazione in ordine alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per maturata prescrizione ai sensi dell'art. 157 n. 4 cod. pen.. Rilevava infatti il difensore che la Corte d'Appello di Palermo avrebbe dovuto dichiarare non doversi procedere in ordine al reato ascritto al ricorrente perché a quella data era già maturata la prescrizione ai sensi dell'art. 157 n. 4 cod. pen. (prescrizione 5 anni reato punito con pena inferiore a 5 anni, nella specie reclusione fino a due anni). La difesa del ricorrente lamenta poi che la Corte palermitana abbia escluso, con una telegrafica ed infondata asserzione, l'esistenza di una precedente recinzione ed abbia ritenuto che l'imputato avesse apposto la recinzione nel giugno 1998 a delimitazione del confine dividente i fondi finitimi delle parti in causa. Precisava come invece risultasse da documentazione che il confine di fatto fosse stato individuato dal C.T.U. e segnato in loco dal C.T.U. Geom. Giardina in data 25.3.1985 da paletti in ferro. Con il secondo motivo di ricorso il difensore lamenta che la Corte d'Appello abbia tralasciato, senza alcuna ragione, l'esame della relazione del C.T.U. nominato dal Tribunale di Termini Imerese in sede civile, prodotta dalla parte offesa nel giudizio penale, e che sia precipitosamente giunta alla conclusione di confermare la sentenza impugnata senza addurre una motivazione logico-giuridica a fondamento della decisione. Il difensore pertanto chiede l'annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata. Deve, innanzitutto, escludersi che il termine di prescrizione si sia già maturato. Il delitto di invasione di terreni demaniali di cui agli artt. 633 e 639 cod. pen. ha natura permanente, atteso che l'offesa al patrimonio demaniale perdura sino a che continua l'invasione arbitraria del terreno al fine di occuparlo o di trame profitto (Cass. n. 2026 del 26.11/22.1.04, ric. P.M. in proc. Cavallo, rv. 227949). In ogni caso, seppure si volesse andare di contrario avviso, la tesi accusatoria individua il fatto reato nella collocazione della recinzione in data 17 giugno 1998; onde il termine di prescrizione pari a 7 anni e sei mesi, verrà a maturazione il 17 dicembre 2005 e alla data dell'udienza odierna non si è, quindi, maturato. Sono, invece, fondate le altre censure svolte dal ricorrente, risultando carente nel caso di specie una corretta applicazione dell'art. 633 cod. pen., con particolare riferimento all'elemento soggettivo del reato. Infatti, il reato presuppone nell'agente il dolo specifico della occupazione della cosa altrui al fine di trarne profitto e la dimostrazione dell'esistenza dell'elemento soggettivo così connotato non discende in modo automatico dalla consapevolezza che la controparte contesta la legittimità dell'occupazione, come può essere

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nel caso di specie, ove pendeva una controversia civile per l'accertamento del confine tra la proprietà Scimeca e la proprietà Celano. La consapevolezza di procedere ad attività edilizia su terreno demaniale in base ad un'autorizzazione paesistica illegittima, mentre non esclude la responsabilità penale per la violazione della normativa urbanistica, non implica necessariamente quella per la violazione dell'art. 633 cod. pen. (ed quelli di cui agli artt. 632 e 639, coc. pen., con il primo collegati). Il reato di invasione di terreni ed edifici è connotato da una specifica destinazione alla tutela degli interessi proprietari e presuppone nell'agente il dolo specifico della occupazione della cosa altrui al fine di trarne profitto. La dimostrazione dell'esistenza dell'elemento soggettivo così connotato non discende in modo automatico dalla consapevolezza che l'autorizzazione rilasciata dall'amministrazione, cui corrisponde una volontà effettiva di consentire l'attività edificatoria, è illegittima per violazione di legge. Va poi considerato che la norma di cui all'art. 633 cod. pen. (invasione di terreni o edifici) intende tutelare non la proprietà in senso giuridico civilistico, bensì la posizione di fatto tra soggetto e bene; tuttavia si impone pur sempre, nel caso della imputazione di cui alla citata nonna, l'indagine sulla coscienza e volontà dello agente di porre in essere un comportamento intimamente connesso alla consapevole appartenenza del bene ad un altro soggetto. Così si è espressa questa Corte anche in altra simile fattispecie (vedi sent. n. 6949, del 17/05/1988 - 09/05/1989 sez. 2 ric. Oliva, rv. 181298) relativa alla ritenuta insussistenza del reato per esclusione della consapevolezza della altruità del bene, in quanto gli imputati avevano inteso ripristinare un loro diritto, non importa se solo preteso o reale, e pertanto "non intendevano arbitrariamente invadere un terreno altrui". L'accertata sussistenza nel caso di specie della recinzione mediante rete metallica sembra essere stata semplice sostituzione o completamento di una palificazione già in precedenza attuata, nel corso degli accertamenti della causa civile o comunque della contestazione esistente fra le parti circa gli esatti confini delle rispettive proprietà. E' stato affermato, da un'opinione giurisprudenziale che si ritiene di confermare nel presente caso, che la condotta tipica del reato consiste nell'introduzione dall'esterno in un fondo altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione: l'art. 633, infatti, non è posto a tutela di un diritto, ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia già in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato (Cass. 14.1.94, Lazoi). L'immutazione dello stato dei luoghi cui fa riferimento la giurisprudenza citata dalla sentenza impugnata non può riferirsi di certo alla sostituzione di un manufatto (nella specie la rete) ad altro preesistente (i pali infissi a confine) e svolgente una funzione di delimitazione in tutto simile all'altro. Del resto, è stato anche affermato da questa sezione della Corte che la sola consapevolezza dell'illegittimità dell'invasione di un altrui bene immobile non vale, di per sé, a rendere configurabile il dolo specifico richiesto per la sussistenza del reato di cui all'art. 633 cod.pen, caratterizzato dalla finalità di occupare l'immobile o di trame altrimenti profitto, non potendosi, in particolare confondere - nel caso di beni demaniali - l'elemento soggettivo richiesto per la fattispecie criminosa con quello sufficiente per l'illecito amministrativo dell'omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico (sent. n. 14799 del 24/01/2003 - 28/03/2003, ric. Ruffino, rv. 226432). Il comportamento di Scimeca Rosario, pertanto, per quanto non conforme a diritto risultava mancare di quel dolo specifico necessario alla configurazione della fattispecie criminosa. Il ricorso risulta pertanto fondato, dovendosi disporre l'annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. P.Q.M. La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 novembre 2005.

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il

fatto

non

sussiste.


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Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sez. I penale - 24 luglio 2006, Sentenza n. 1104 Omissis A) Del reato p. e p. dall'art. 633-639 bis c.p. perchè nella qualità di procuratore speciale della XXX S.p.A. occupava arbitrariamente senza alcuna autorizzazione e/o concessione una superficie di 1.500.000 metri quadrati di demanio dello Stato, gestendo sopra tale superficie una vera e propria città abusiva costituita da: - complessi di fabbricati ad uso residenziale per un totale di circa 11.000 vani pari a un milione di metri cubi ed una superficie coperta di circa 160.000 metri quadrati; - complessi di fabbricati destinati ad uso di servizi pubblici quali Caserma Carabinieri, chiesa, Ufficio postale e ad uso sanitario assistenziale per una superficie complessiva di 6.000 metri quadrati; - complessi e fabbricati destinati ad uso commerciale per una superficie complessiva di 37.000 metri quadrati; - complessi di fabbricati destinati ad uso ricreativo per una superficie complessiva di 8.000 metri quadrati; - complessi di fabbricati destinati ad uso turistico residenziale per una superficie complessiva di 35.000 metri quadrati ed in particolare N. 5 alberghi denominati: 1) HOTEL RESIDENCE ITALIA, 2) HOTEL RESIDENCE COSTA BLEU; 3) HOTEL RESIDENCE FONTANA BLEU; 4) ALBERGO ACACIE; 5) PARCO MARINO RIO BLU; - complessi destinati a parcheggio per una superficie di circa 130.000 metri quadrati di cui 50.000 all'aperto; - complessi destinati ad aree verdi attrezzate per una superficie complessiva di circa 300.000 metri quadrati; - complesso di opere di urbanizzazione dell'intero territorio costituito da: rete viaria principale e secondaria, rete fognaria per un totale di 50 Km. circa, rete elettrica per un totale di circa 60 Km., rete di illuminazione pubblica per un totale di circa 60 Km. B) del reato p. e p. dall'art. 21 legge 319/76, perchè realizzando la rete fognaria servente la città abusiva di cui al capo a) ed avente recapito nella zona Nord dell'insediamento abusivo, scaricava e comunque effettuava scarichi di acque reflue provenienti da insediamenti produttivi senza avere richiesto la prescritta autorizzazione; C) del reato p.e p. dall'art. 632, 639 bis c.p. perchè deviava le acque del canale artificiale dei Regi Lagni mediante la divisione a metà dell'invaso con la creazione di un istmo artificiale ed il dragaggio artificiale della vecchia foce, al fine di procurare a sè un ingiusto profitto, costituito dalla utilizzazione degli spazi così ricavati ai fini edilizi e di urbanizzazione; D) del reato p.e p. dallì'art. 734 c.p. perchè mediante le condotte indicate sub a) b) c) d) ed f) distruggeva ed alterava le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità ex Regio Decreto n° 1797/39; E) del reato p. e p. dagli artt. 54 e 1161 R..D 30.03.1942 N° 327 (C.d.N:), perchè arbitrariamente con parte delle opere di cui ai precedenti capi di imputazione, occupava uno spazio di demanio marittimo compreso nella fascia di rispetto di metri 300 dalla linea della battigia.

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F) del reato p.e p. dall'art. 388 c.p., perchè si sottraeva all'adempimento degli obblighi nascenti dalle seguenti sentenze: Sentenza del 02.02.1978 Tribunale di Napoli prima sezione Civile N'' 2896/78 scritto al N° 17376 del ruolo generale degli affari contenziosi del 1973; Sentenza N° 1433 del 14.04/21.09.1982 della Corte di Appello di Napoli N° 2013/78 del R.G.; Sentenza N° 2352 del 11.11.1983 depositata in cancelleria il 12.04.1984 R.G. 12/122364/83 a mente delle quali era tenuto a restituire allo Stato ampie zone del demanio pubblico; G) del reato p.e p. dall'art. 2 L. 283/62, perchè esercitava l'attività alberghiera e quindi preparava, confezionava nonchè deteneva in deposito sostanze alimentari presso gli alberghi specificati al capo a) senza la prescritta autorizzazione di cui all'articolo sopraindicato; H) del reato p.e p. dall'art. 22 R.D. n. 1265/34 perchè adibiva gli immobili di cui al capo a) ad uso abitativo senza essere munito della prescritta licenza di abitabilità. In Castel Volturno fino al 20/ marzo/ 1999

Proc. Nr. 893/01 mod. Trib. (procedimento riunito al nr. 3371/00 mod. Trib) Proc. Nr. 8858/99 mod. PM I) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv, e 483 CP perchè, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, nella qualità di Amministratore Unico del XXX attestava falsamente in sei ricorsi inoltrati il ........ al T.A.R. Campania, avverso e per l'annullamento di provvedimenti dell'Ufficio Tecnico Servizio Urbanistica del Comune di Castelvoltuno con i quali venivano rigettate le richieste di concessione edilizia in sanatoria, avanzate dalla società XXX S.p.A. ai sensi della legge 47/85, per numerosi manufatti realizzati abusivamente in Castelvoltuno, la maggioranza dei quali inequivocabilmente realizzati su aree del demanio dello Stato, che le opere realizzate dalla società XXX S.p.A. in Pinetamare di Castelvoltunno, la maggioranza dei quali inequivocabilmente realizzati su aree del demanio dello Stato, che le opere realizzate dalla società XXX S.p.A. in Pinetamare di Castelvoltuno ed oggetto delle domande di condono edilizio: prot. 23984 del 31.10.86; prot. 6455 dell'1.3.95, prot. 6418 dell'1.3.95; prot. 9764 del 30.53.95; prot. 6417 dell'1.3.95; prot. 23986 del 31.7.86 erano state realizzate entro il 31.12.67 ivi compresi i manufatti abusivi rientranti nella licenza edilizia n 135 che sarebbe stata rilasciata dal Sindaco del Comune di Castelvoltuno il 14.3.64, sebbene è assolutamente certo dai rilievi fotografici del 1974 che a quest'ultima data non vi era alcuna traccia degli edifici menzionati (che sarebbero stati realizzati a mente delle citate istanze entro il 1967), e che gli edifici oggetto delle altre istanze di condono sarebbero stati realizzati entro il 31.12.93, mentre in realtà dai rilievi fotografici risultano essere stati realizzati in epoca successiva, circostanze allo stesso note nella citata qualità e che infine le oblazioni si riferivano ad opere di completamento, mentre i manufatti erano opere nuove totalmente abusive; L) del reato p. e p. dagli artt. 56 e 640 comma II CP, perchè poneva in essere atti idonei consistiti nelle false dichiarazioni di cui al capo precedente, diretti in modo non equivoco ad indurre il T.A.R. Campania ed il Comune di Castelvoltuno in errore sulla condonabilità, delle opere di cui alle richieste di condono, al fine di procurarsi l'ingiusto profitto ai danni di Enti Pubblici, costituito dal rilascio di, concessioni edilizie in sanatoria per manufatti palesemente illegittimi e realizzati in epoche successive ai periodi previsti dalla legge di condono, non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla sua volontà; M) del reato p.e p. dagli artt. 48, 56 e 479 CP perchè con artifizi e raggiri consistiti nelle false dichiarazioni di cui al capo a) dell'imputazione, inducendo in errore il Comune di Castelvolturno ed il TAR Campania, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco ad attestare falsamente, nelle formazione dei predetti atti concessori in sanatoria, che le opere (...), evento non verificatosi per cause indipendenti dalla sua volontà. Accertato il 31/3/1999 in Castelvolturno il 10.6.99 omissis

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

PREMESSA SULLA INTERPRETAZIONE DELLE FATTISPECIE DI CUI ALL'ART. 633 C.P. E ALL'ART. 1161 COD. NAV. ART. 1161 COD. NAV. Il reato di arbitraria occupazione di area demaniale implica l'instaurazione di un rapporto di fatto illegittimo, che esclude in tutto o in parte quello preesistente riguardante il soggetto pubblico, dal quale il privato (occupante) possa trarre un qualsiasi profitto. La giurisprudenza è costante nel ritenere che la demanialità è una qualità del territorio che deriva direttamente dalla legge, sicchè i beni che ne sono oggetto sfuggono a qualsiasi forma di sdemanializzazione tacita, potendosi attuare quella espressa mediante uno specifico provvedimento di carattere costitutivo della competente autorità amministrativa. Sul punto è stato precisato che per la determinazione dell'appartenenza o meno di un bene al demanio marittimo, e quindi, per la definizione dell'oggetto della tutela penale, la giurisprudenza non ha ritenuto necessario la previa promozione del procedimento di delimitazione di cui all'art. 32 cod. nav., trattandosi di qualità, quella demaniale appunto, discendente direttamente dalla legge (per tutte: Cass. Pen. 31.5.2002, sez. III, n. 21386). In tale ottica è stato condivisibilmente sostenuto che ai fini dell'esclusione del requisito dell'arbitrarietà nell'occupazione di area demaniale marittima sono irrilevanti, rispetto all'istituto della concessione, le figure giuridiche dell'acquiescenza (la costruzione del porto sarebbe "avvenuta sotto gli occhi di tutti e nel silenzio acquiescente di tutti") degli organi preposti e del conseguente consenso dell'avente diritto (Nella specie la S.C. ha osservato che la concessione è un atto amministrativo che acquista giuridica esistenza ed efficacia solo se emessa nella forma che documentalmente la individua, non ammette equipollenti e non può essere surrogata da manifestazioni di consenso od omissione di dissenso, se non nei casi espressamente e tassativamente previsti dalla legge; che il consenso scriminante è solo quello concernete diritti soggettivi privati - il che non può dirsi in ordine a consenso eventualmente prestato all'uso o all'occupazione di beni demaniali - e, inoltre, e soprattutto è necessario che il consenso del titolare del diritto preceda la condotta dell'agente) (Cass. pen. 10.1.1996, sez. III,

n. 3747, 24.4.19995, Sez. II, n. 4332, 27.7.1994, Sez.III, n. 8450, 24.1.2003, Sez. III, n. 3535, 24.2.2003, Sez. III, n. 8759).

Sotto tale profilo, è stato sostenuto che il ritardo della pubblica amministrazione nella repressione di eventuali illeciti su area demaniale, se implica una possibile responsabilità per omissione di atti di ufficio a carico degli organi di controllo dello Stato e degli enti locali, non può mai sortire effetti di esclusione della responsabilità penale nei confronti del responsabile della occupazione senza titolo e, perciò, arbitraria (si veda Cassazione 22.2.1996, n. 865, Coppola, pronunciatasi in merito alla legittimità del sequestro preventivo disposto dal G.I.P. del Tribunale di Santa maria Capua Vetere in data 28.7.1995 nell'ambito del presente provvedimento). Neppure può essere invocata una sorta di causa di giustificazione atipica di inesigibilità sociale in quanto la destinazione demaniale di un bene già risponde per sua natura ad una finalità sociale positiva ed eventuali opere anche utili alla collettività, possono essere realizzate solo in conformità e nel ieno rispetto della normativa che regola la materia, giammai attraverso una arbitraria sostituzione autoritativa provata ai soggetti pubblici. L'art. 1161 del Codice della Navigazione prevede quattro ipotesi contravvenzionali distinte: "l'arbitraria occupazione di spazio del demanio marittimo", l'esercizio di attività che ne "impediscono l'uso pubblico", l'esecuzione in tali zone di "innovazioni non autorizzate" e l'"inosservanza delle disposizioni degli artt. 55, 714 e 716 cod. nav.". La distinzione tra le predette ipotesi appare chiara, riguardando la prima "l'abusiva occupazione diretta" del demanio marittimo; la seconda l'esercizio di attività impeditive dell'uso pubblico che possano svolgersi anche in zone non demaniali e di proprietà privata; la terza l'esecuzione di innovazioni non autorizzate anche in presenza di un rapporto concessorio; la quarta le utilizzazioni della proprietà privata in contrasto con i vincoli, a favore del pubblico demanio marittimo, previsti dal codice della navigazione.

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Definiti i contorni dell'oggetto della tutela penale, occorre esaminare i presupposti per la configurabilità del reato in esame, che, come detto, viene integrato ogni qualvolta vengono poste in essere arbitrarie occupazioni od innovazioni in spazi demaniali marittimi, eseguite attività impeditive dell'uso pubblico, ovvero realizzate opere senza titolo nella fascia di rispetto di cui all'art, 55 cod. nav. La norma in esame attua una tutela completa e articolata del demanio marittimo, prevedendo come reato quattro forme alternative di condotta, costituite dall'occupazione diretta o dall'esecuzione del demanio di innovazioni non autorizzate o dall'impedimento dell'uso pubblico di esso ovvero dall'inosservanza delle disposizioni degli artt. 55, 714 e 716 cod. nav. Sotto il profilo oggettivo, quindi, l'ipotesi astratta contempla un reato a forma mista, nel senso che una sola delle azioni alternativamente previste è sufficiente a concretarlo e che la commissione di cui o più di tali azioni realizza un'ipotesi di concorso di reati (cfr. in tali termini terza sezione Penale della Corte di Cassazione, sentenza del 16.2.01, n. 611). Quanto all'impedimento all'uso pubblico del demanio, si sottolinea come l'art. 1161 cod. nav. non pone alcuna limitazione riguardo i modi e ai termini in cui l'impedimento deve essere realizzato per divenire penalmente rilevante. Ne deriva che il reato configurato è a forma libera, in quanto il precetto penale comprende qualsiasi tipo di condotta che, al di fuori dell'occupazione diretta, impedisca tale uso, ad esempio, precludendovi o anche semplicemente rendendovi più difficile l'ingresso mediante opere realizzate in zona limitrofa a quella demaniale. In tale ottica, si rende colpevole del reato previsto dall'art. 1161 cod. nav. colui che, pur senza occupare direttamente una zona demaniale, ne impedisce tuttavia l'uso pubblico mediante l'esecuzione nella sua proprietà di opere, quali sbarramenti, recinzioni, cancelli e simili, che se non negano in diritto, ostacolano comunque in concreto l'esercizio di fatto delle facoltà di raggiungere il demanio e, quindi, di usufruirne secondo la destinazione che gli è propria (si veda Cass. da ultimo citata). Sotto il profilo della natura permanente del reato in esame, la Cassazione ha sottolineato che la violazione persiste finchè dura la condotta antigiuridica dell'agente o fino a quando sia intervenuta sentenza di condanna e tale assunto legittima di per sè l'adozione della misura cautelare del sequestro preventivo, diretto ad impedire che il comportamento illecito, protraendosi nel tempo, possa produrre ulteriori e più gravi conseguenze (Cass. Pen. 2.12.1999, sez. V, n. 5215 Cass. pen. 3.5.2002, sez. III, n. 16240). In ordine al momento di cessazione della permanenza del reato di cui all'articolo 55 del codice della navigazione, sono recentemente intervenute le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione con la sentenza 27 febbraio - 8 maggio 2002, n° 17178, secondo cui "il reato previsto dagli articoli 55 e 1161 del codice della navigazione ha natura permanente, ma che tale permanenza cessa al termine dell'esecuzione delle opere abusive". Nell'esprimere tale principio di diritto, le sezioni unite hanno posto l'accento sulla distinzione tra l'abusiva occupazione del demanio marittimo 8art. 54, anche mediante esecuzione di innovazioni non autorizzate) e la esecuzione non autorizzata di operare nella zona di rispetto dello stesso demanio (art. 55). L'art 55 citato stabilisce testualmente che l'esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo o dal ciglio di terreni elevati dal mare è sottoposta all'autorizzazione del capo del compartimento; e al comma 5 aggiunge che quando siano abusivamente eseguite nuove opere entro la zona indicata nei primi due commi del presente articolo, l'autorità marittima provvede ai sensi dell'articolo precedente; quest'ultimo, e cioè l'art. 54, a sua volta recita che qualora siano abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, il capo del compartimento ingiunge al contravventore di rimettere le cose in pristino entro il termine a tale fine stabilito e, in caso si mancata esecuzione dell'ordine, provvede d'ufficio, a spese dell'interessato; infine, l'art. 1161, comma 1, prevede le sanzioni per la violazione delle norme su riferite e statuisce perciò che chiunque arbitrariamente occupa unno spazio del demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna, ne impedisce l'uso pubblico o vi fa innovazioni non autorizzate, ovvero non osserva le disposizioni degli artt. 55, 714 e 716, punito con l'arresto

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fino a sei mesi o con l'ammenda fino a £ 1.000.000, sempre che il fatto non costituisca più grave reato. Procedendo all'analisi delle norme su citate, risalta con tutta evidenza che il legislatore ha dichiaratamente distinto, anzitutto sul piano terminologico, tra l'abusiva occupazione (anche mediante esecuzione di innovazioni non autorizzate) del demanio marittimo (art. 54), e la esecuzione non autorizzata di operare nella zona di rispetto dello stesso demanio (art. 55). La distinzione, resa maggiormente evidente dal fatto che i due diversi comportamenti sono previsti da norme distinte, è dovuta anche all'ovvia ragione che nell'ipotesi dell'occupazione del demanio marittimo il soggetto attivo invade in maniera permanente un bene di proprietà dello Stato; mentre nell'ipotesi di costruzione nella zona di rispetto, il bene utilizzato per l'esecuzione dell'opera è normalmente di proprietà, dello stesso privato che l'ha effettuata, e quindi non si verifica alcun tipo di invasione di un immobile altrui. Ciò posto, sembra opportuno evidenziare che il termine occupazione, nella nostra lingua designa una presa di possesso stabile o temporanea, di un bene, mentre il termine esecuzione indica l'attuazione sul piano pratico o materiale di un'opera. Dunque è agevole rilevare che, secondo l'interpretazione più coerente al significato proprio della parole secondo la connessione di esse, e all'intenzione del legislatore (art. 12 delle preleggi), la occupazione di un bene demaniale costituisce un reato permanente dal momento che la condotta illecita si compie con il fatto della presa di possesso del bene e si protrae per tutto il tempo in cui questa persiste; e che, invece, nel caso di esecuzione di un'opera, l'azione vietata si perfezione ed esaurisce con la materiale attuazione dell'opera stessa, la quale va dall'inizio alla ultimazione dei lavori, con la conseguente configurabilità di una permanenza circoscritta nell'ambito di questi due momenti. Nel caso di specie, oltre a quanto sarà appresso specificato, si ritiene concretata innanzitutto l'ipotesi della occupazione da parte del XXX del bene demaniale marittimo in relazione alle particela 1 e 2 del folio 47 e 1 del folio 49 sopra specificate, in violazione dell'art 54 cod. nav. In particolare, prima con l'immissione in possesso dei beni demaniali precedentemente occupati dal padre, poi attraverso la gestione della XXX s.p.a, l'attuale imputato ha posto in essere la tipica condotta sanzionata dall'art. 1161 cod. nav. realizzando nuove costruzioni, nonchè attraverso le opere di manutenzione degli immobili acquisiti. ART. 633 C.P. Oggetto della tutela, in dottrina e in giurisprudenza, è il diritto di godere e disporre del patrimonio immobiliare da parte sia del proprietario che del possessore e l'inviolabilità di tale patrimonio, per la consequenziale ed inevitabile esigenza di arrivare a disordini sociali, costituisce un interesse pubblico e quindi da difendere (C.f.r. F. antolisei, Manuale di diritto penale, Parte speciale I, Giuffrè, MIlano 1982). D'altronde, in accordo con la dottrina maggioritaria (Venditti, Invasione di terreni o edifici, in Enc. Dir, vol. XXII, 1972, p. 626) la giurisprudenza ha costantemente, ritenuto che il delitto ex art. 633 c.p. non richiedesse, per la sua sussistenza un ingresso violento nel terreno e/o l'edificio poichè il termine "invasione" non deve essere inteso etimologicamente, cosa questa che implica quasi un concetto di violenza fisica ma nel senso d'accesso arbitrario contro la volontà del proprietario e non momentanea. Il vantaggio che si dovrebbe conseguire è insito nella occupazione stessa del bene altrui venendosi così a ledere la obiettività giuridica costituita dalla tutela del possesso e dalla disponibilità dell'immobile anche indirettamente poichè può essere riferito anche alla utilità economica dello stesso. La giurisprudenza ha affermato che l'azione prevista dall'art. 633 c.p. necessita come conditio sine qua non sia la penetrazione nell'immobile dall'esterno che la violazione dell'esclusività della proprietà o del possesso con la conseguenza che il reato de quo non è configurabile qualora l'autore si trovi già legittimamente nel possesso

o nel compossesso dell'immobile e lo utilizzi al di là dei limiti consentitigli o del suo diritto (C.f.r. Tribunale Milano, 14 luglio 2004 ed in particolare Cassazione penale, sez. II, 27 novembre

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2003, n. 49169 in Cass. pen. 2005, f. 2, 456 secondo la quale "nel reato di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 c.p. la nozione di "invasione" non si riferisce all'aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce "arbitrariamente", e cioè contra ius, in quanto privo del diritto d'accesso. La conseguente "occupazione" deve ritenersi pertanto l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva occupazione. Nel caso in cui l'occupazione si protragga nel tempo il delitto ha natura permanente e cessa soltanto con l'allontanamento del soggetto dall'edificio o con la sentenza di condanna. Dopo la pronuncia della sentenza la protrazione del comportamento illecito dà luogo ad una nuova ipotesi di reato che non necessita del requisito dell'invasione ma si sostanzia nella prosecuzione dell'occupazione". Sulla natura del dolo richiesto per questa ipotesi criminosa la giurisprudenza è concorde nel ritenere che "la sola consapevolezza della illegittimità dell'invasione di un l'altrui bene immobile non vale, di per sè, a rendere configurabile il dolo specifico richiesto per la sussistenza del reato di cui all'art. 633 c.p., caratterizzato dalla finalità di occupare l'immobile o di trarne altrimenti profitto, non potendosi, in particolare, confondere - nel caso di beni demaniali, per i quali il reato è perseguibile d'ufficio, ai sensi dell'art. 639 bis c.p. - l'elemento soggettivo richiesto per la fattispecie criminosa con quello sufficiente per l'illecito amministrativo dell'omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico" (così Cassazione penale, sez. II, 24 gennaio 2003, n. 14799 in Riv. pen. 2003, 48; Cassazione penale, sez II, 17 ottobre 2003, n. 43393 in Cass. pen. 2005, f. 1, 62 secondo cui "non integra il delitto di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 c.p. la condotta di chi sia sempre vissuto in un immobile di proprietà pubblica, locato a suo padre, e dopo il trasferimento di quest'ultimo abbia continuato il pagamento dei bollettini indicando come causale l'indennità di occupazione, in attesa della formale assegnazione in suo favore, sia per l'assenza del dolo specifico che per la mancanza dell'elemento materiale rappresentato dalla necessaria arbitraria invasione dell'immobile"). Sempre secondo la costante giurisprudenza, (Cassazione penale, sez. II, 6 aprile 2001, n. 23800, in Riv. pen, 2001, 830) in tema di reato di invasione di terreni o edifici vanno fissati i seguenti punti: 1) l'elemento materiale non è l'occupazione (che è una delle finalità illecite dell'invasione), ma l'invasione, ossia l'accesso dell'esterno nell'altrui immobile che non deve essere del tutto momentaneo, ma che, tuttavia, non richiede una protrazione per un periodo di tempo definito; 2) l'introduzione deve essere arbitraria, nel senso che deve avvenire senza l'approvazione dell'avente diritto, ovvero senza una legittimazione dei pubblici poteri ecc.); 3) il dolo specifico, richiesto come elemento soggettivo, deve avere la finalità dell'occupazione (che implica il concetto di durevolezza), oppure di trarre comunque un diverso profitto, che non va inteso come dato strettamente patrimoniale e direttamente conseguente all'invasione, ma può consistere anche in un uso strumentale del bene per conseguire altre utilità". nella fattispecie, il XXX ha posto in essere una vera e propria condotta di arbitraria immissione nel possesso di beni altrui, vale a dire appartenenti allo Stato. E la natura demaniale delle aree territoriali invase, risultava di tutta evidenza sia dalle caratteristiche orografiche e naturali delle stesse, sia dalla totale mancanza di validi titoli di provenienza privata. A parere di questo giudice, ai fini della configurabilità del reato in esame, non rileva il fatto che la condotta illecita sia stata cominciata da terzi (nella specie, il padre) in epoca remota, in quanto ciò che rende penalmente significativa la condotta descritta dall'art. 633 c.p., è l'altruità del bene di cui l'agente si impossessa, in uno con la consapevolezza circa l'attuazione di una situazione possessoria priva di titolo legittimante. Del resto, il XXX, quale legale rappresentante della società gerente la proprietà immobiliare costruita sul demanio marittimo e forestale, era destinatario di atti di diffida da parte dell'Autorità che ne rivendicava il titolo proprietario, nonchè il pagamento di indennizzi di occupazione. Del resto, in materia era intervenuta la sentenza della Corte di Cassazione n. 2352 del 1984, la quale attribuiva in via definitiva alla Amministrazione forestale i terreni demaniali illecitamente occupati da XXX. Della vicenda era perfettamente al corrente anche il XXX, il quale, con evidente intento strumentale, continuò a rivendicare la proprietà intentando un ulteriore

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giudizio (poi estinto) sul medesimo presupposto già ritenuto infondato dalla Cassazione, vale a dire l'esistenza di una scrittura privata attestante l'acquisto delle aree in questione da parte di XXX dagli eredi XXX, con atto 10.4.1963. Tuttavia, l'imputato ha sempre mantenuto il possesso e la gestione di tutta l'area abusivamente occupata, ponendo in essere un'attività di trasformazione edilizia e successiva gestione a fini di profitto economico di un vasto tratto demaniale del litorale domizio, denominato "Riviera fontana Bleu", dove un tempo, per circostanza pacifica, vi erano solo pinete sino alla spiaggia. E, sotto altro e concorrente profilo, tale contegno sostanzia, con estrema e chiara immediatezza, anche l'elemento soggettivo del dolo specifico volto alla realizzazione di un profitto. Concludendo va puntualizzato che possono ritenersi provati gli estremi integrativi delle fattispecie di reato contestate all'imputato, sia relativamente all'aspetto dell'occupazione punita dall'art. 633 C.P., sia in relazione alla contravvenzione di cui all'art. 1161 R.D. 327/42. In proposito va osservato che è ammissibile il concorso di reati fra il delitto di cui agli art. 633 e 639 bis C.P., e la contravvenzione di cui all'art. 1161 R.D. 327/42, essendo diverse le due condotte illecite e differenti i beni giuridici tutelati; tuttavia, in alcuni casi (come quello che ci occupa), le due condotte possono coincidere, quando l'introduzione abusiva si protrae nel tempo ed è stata effettuata al fine di occupare il suolo demaniale o di trarne altrimenti profitto, mentre l'elemento discriminante è rappresentato dall'elemento psicologico, essendo richiesto il dolo specifico nel delitto e solo la colpa per la contravvenzione. LA RIFERIBILITÀ DEI FATTI A XXX omissis

LA PENA a)

il vincolo della continuazione tra i reati

In considerazione dello svolgersi dell'intera vicenda, nonchè della successione temporale delle condotte criminose, valutate nella loro fenomenologia spaziale e cronologica, presentano i necessari requisiti della previa programmazione, almeno nelle linee essenziali, finalizzata all'attuazione di un disegno criminoso unitario, supportato da un'unica ed onnicomprensiva determinazione psicologica unificante le varie azioni. Ne consegue che appare applicabile l'istituto del reato continuato di cui all'art. 81 cpv. C.P. fra le condotte contestate per cui è intervenuta condanna. Omissis LE QUESTIONI CIVILI 1. LA LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE La legge n. 349 del 1986 - "Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale" rappresenta il risultato di un laborioso e contrastato iter parlamentare, che è stato caratterizzato da un ampio dibattito sorto dalla necessità, già all'epoca particolarmente avvertita, di apprestare una adeguata tutela al bene ambientale. Infatti, attraverso la istituzione di un apposito ministero e al previsione di un congegno di responsabilità per danni ambientali, secondo lo schema della tutela aquiliana, la legge 349/86 fornisce, con la disposizione dell'art. 18, la risposta normativa al crescente interesse collettivo alla protezione dell'ambiente.

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Non essendo questa la sede più opportuna per soffermarsi sul risultato conseguito in termini di politica legislativa dalla L. 349/86, ci limitiamo, ai fini propri che ci occupano, ad indicare i punti più qualificati in ordine alla tutela giurisdizionale ivi contenuta. In particolare, dal testo dell'art. 18, si rileva: che "qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge, che comprometta l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l'autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato (primo comma)"; che l'azione di risarcimento del danno ambientale, anche se esercitata in sede penale, è promossa dallo Stato, nonchè dagli enti territoriali sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo (terzo comma); che la giurisdizione nelle azioni di risarcimento appartiene al giudice ordinario (2° comma), il quale con la sentenza di condanna dispone, ove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile (ottavo comma) e liquida il danno anche in via equitativa (sesto comma); nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della sua responsabilità (settimo comma). Inoltre, i cittadini e le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni, possono denunciare i fatti lesivi di beni ambientali, al fine di sollecitare l'azione di risarcimento (quarto comma); tali associazioni possono, altresì, intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi (quinto comma). In relazione alla tematica dell'esercizio dell'azione civile nel presente processo, si ritiene evidente l'attinenza alla tematica della legittimazione ad agire, sia in via ordinaria, sia in via straordinaria attraverso la sostituzione processuale prevista dall'art. 81 c.p.c.. In tale ottica va letta la disposizione dell'art. 18 L. 349/86 laddove prevede (terzo comma) che l'autore dell'illecito è obbligato al risarcimento del danno ambientale nei confronti dello Stato, individuato titolare della relativa azione, e riconosce la legittimazione ad agire anche agli enti territoriali sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo. Si pongono, sul piano della titolarità del potere di agire in giudizio, due diversi problemi non necessariamente collegati tra loro: a) stabilire se l'azione di risarcimento del danno ambientale è esercitata dallo Stato in via sostitutiva rispetto ai cittadini, nel senso che lo Stato fa valere, nella qualità di sostituto processuale, un diritto - la protezione e la tutela del bene ambientale di cui la collettività è titolare; oppure se lo Stato (inteso come Stato-persona o come Statocomunità), in quanto soggettivamente individuato come titolare del diritto al risarcimento fa valere con la relativa azione una posizione sostanziale propria; b) qualificare la legittimazione degli enti territoriali a promuovere l'azione di risarcimento del danno ambientale, come legittimazione straordinaria (secondo lo schema del capoverso dell'art. 81 c.p.c., che detta il principio secondo cui nessuno può far valere in giudizio un diritto altrui se non nei casi espressamente previsti dalla legge), in quanto il risarcimento è previsto a favore dello Stato, per cui l'azione di tali enti risulterebbe esperita su un diritto altrui; oppure come legittimazione concorrente, fondata su un titolo diverso ma collegato a quello dello Stato, per cui le due azioni sarebbero esercitabili disgiuntamente. Le due questioni prospettate sub a) e sub b), pur essendo concettualmente autonome, presentano un punto di incontro. Infatti, la soluzione di entrambe dipende dalla identificazione della esatta natura del diritto al risarcimento del danno ambientale riconosciuto esclusivamente allo Stato, in relazione alla ratio ed allo spirito dell'art. 18 L. 349/86. A tal fine occorre muovere preliminarmente dalla individuazione dell'interesse tutelato dalla normativa in esame, ricercarne la eventuale titolarità e la tecnica di imputazione e, conseguentemente, qualificare la legittimazione a farlo valere in giudizio. in proposito sono prospettabili due interpretazioni, caratterizzate dalla comune idea che, per apprestare tutela al bene ambientale, sia innanzitutto necessario soggettivare l'interesse collettivo alla protezione dell'ambiente per scoprirne il naturale titolare legittimato a farlo valere in giudizio. secondo una prima impostazione, il bene ambientale appartiene alla collettività nazionale, ma per essa è amministrato dallo Stato, il quale è tenuto ad assicurarne la protezione sia in via amministrativa, sia attraverso l'azione civile si sensi del terzo comma art. 18 L. 349/86, contro i

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fatti che ne determinano la compromissione. In tale prospettiva il bene ambiente è configurabile come bene pubblico affidato alle cure dello Stato, al quale la L. 349/86 riconosce una situazione soggettiva di vantaggio conferendogli la esclusiva titolarità del diritto al risarcimento. Alla stregua di questa prima impostazione, relativamente ai problemi che ci siamo posti, sono intuibili le conseguenze. Sulla prima questione, non si è di fronte ad una ipotesi di legittimazione sostitutiva dello Stato nei confronti dei cittadini, in quanto esso agisce per far valere, in nome e per conto proprio, un diritto proprio - il risarcimento del danno cagionato all'ambiente, sebbene tale sua titolarità sia funzionalizzata alla fruizione del bene da parte della collettività. In relazione, invece alla seconda questione che ci compete, la legittimazione riconosciuta agli enti territoriali colpiti dall'illecito previsto dall'art. 18 L. 349/86, si deve considerare come legittimazione straordinaria, in quanto diretta a far valere nel processo un diritto altrui, vale a dire dello Stato, al quale sono direttamente da imputare gli effetti giuridici inerenti all'azione di risarcimento del danno così come si ritiene disposta dalla citata disposizione. In tale ottica l'ente territoriale sarebbe abilitato ad esperire l'azione, nella sua qualità di sostituto processuale, in quanto anche esso è coinvolto dagli effetti della sentenza, poichè interessato al ripristino dello stato dei luoghi e dalla condanna del responsabile del danno. Comunque, al giudizio dovrebbe prendere parte anche lo Stato sostituito nella persona del Ministero dell'ambiente, come litisconsorte necessario, in quanto titolare della posizione sostanziale dedotta in giudizio, altrimenti non potrebbe emettersi una valida pronuncia. A tale lettura è sottesa una particolare visione della L. 349/86, dalla quale si deduce che gli interessi collettivi da essa tutelati - la protezione del bene ambientale - sono stati concepiti interessi propri ed esclusivi dello Stato, individuato quale idoneo soggetto a cui imputare la titolarità esclusiva del diritto al risarcimento di cui all'art. 18 della citata legge. Secondo un'altra ricostruzione - che si ritiene preferibile - della realtà normativa scaturente dalla L. 349/86, la soggettivazione dell'interesse collettivo alla protezione dell'ambiente, è proposta in maniera diversa. Esclusivo titolare dell'interesse socialmente e giuridicamente rilevante alla protezione del bene ambientale, nonchè destinatario della sua tutela, è la collettività che, soggettivizzata, ha nello Stato (nell'ente territoriale Regione, Provincia, Comune) soltanto il gestore di quell'interesse. A tale concezione si attaglia la formula dell'"ente esponenziale", d'uso comune nella tematica degli interessi diffusi. Da questo punto di vista si accentua il dato pragmatico della mera gestione da parte dello Stato del diritto sociale dell'ambiente: lo Stato-comunità, a cui compete la tutela dell'interesse della collettività, assorbe completamente in sè lo Stato-persona. da ciò consegue che il danno inferto al bene ambientale, fa sorgere un diritto al risarcimento che appartiene non allo Stato, ma alla collettività la quale è legittimata ad agire in giudizio nella sua espressione territoriale massima (lo Stato), o quella compresa entro limiti territoriali minori (Regione, Provincia, Comune). Questa impostazione risulta essere confortata dall'orientamento della Corte Costituzionale emerso nella sentenza del 30 dicembre 1987 n. 641 (i Foro It. 1988, 694 e ss.), in cui la Corte ha fornito una dettagliata interpretazione della funzione della L. 349/86 ed in particolare del ruolo che assume la disciplina dell'art. 18, della stessa legge, nell'ambito dell'attuale ordinamento giuridico. In primo luogo, nella pronuncia citata, è stato evidenziato che il Ministero dell'ambiente, istituito con la L. 349/86, "...per le funzioni ad esso attribuite, assurge a centro di riferimento dell'interesse pubblico ambientale e di fatto realizza il coordinamento e la riconduzione ad unità delle azioni politico amministrative finalizzate alla sua tutela". Da una siffatta definizione della funzione del Ministero dell'ambiente, non risulta una posizione soggettiva di vantaggio ad esso riconosciuta dalla L. 349/66, ma si evince il suo ruolo di ente esponenziale della collettività in relazione alla salvaguardia ed alla protezione del bene ambientale, il quale "... non è certamente possibile oggetto di una situazione soggettiva di tipo appropriativo ma è ... fruibile dalla collettività". Pertanto, il diritto al risarcimento del danno ambientale risulta - nell'orientamento della Corte Costituzionale - riconosciuto allo Stato non in funzione di una sua titolarità rispetto al bene, ma in funzione del suo ruolo esponenziale - e quindi di espressione - della collettività, alla quale va imputata la titolarità dell'interesse alla tutela dell'ambiente. Venendo, ora, alla soluzione delle questioni innanzi prospettate, alla luce di quest'ultima interpretazione, della quale si è fatta portatrice la Corte Costituzionale, è senz'altro da ritenere che - in relazione al primo problema - non sussiste nello Stato - ente esponenziale una legittimazione sostitutiva rispetto ai cittadini in quanto l'azione di risarcimento del danno

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prodotto all'ambiente, risulta come proposta dalla collettività, in quanto questa, in uno con lo Stato, è titolare della posizione sostanziale dedotta in giudizio; infatti la titolarità del diritto al risarcimento è indicata dall'art. 18 L. 349/86 a favore dello Stato-comunità. Rimangono, peraltro, impregiudicate le azioni individuali proposte ex art. 2043 e ss. dai soggetti danneggiati, anche se fondate sugli fatti lesivi, data la diversità della situazione - diritto soggettivo e non interesse collettivo - dedotta in giudizio. La soluzione del secondo problema, se cioè la legittimazione degli enti territoriali a promuovere l'azione ex art. 18 L. 349/86, si configuri o meno quale straordinaria rispetto a quella già riconosicuta allo Stato, è legata alla individuazione della natura del risarcimento previsto dalla stessa norma che prevede l'azione. sul punto non si può tralasciare quanto la Corte Costituzionale, con la citata sentenza del 30.12.87 n. 641, ha osservato in merito ala disposizione dell'art. 18 L. 349/86. In relazione alle finalità protettive del bene ambientale conseguite con la detta norma - attraverso il congegno della tutela aquiliana - la Corte ha sottolineato che "si è, così, in grado di provvedere non solo alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato, ma anche a prevenire e a sanzionare l'illecito ... la responsabilità civile può ben assumere, nel contempo, compiti preventivi e sanzionatori". Da tale puntualizzazione della Corte, nonchè dalla lettere dell'art. 18 L. 349/86, si evince la duplice funzione che viene ad assumere il risarcimento del danno ambientale, che a tal fine può ritenersi formato da due componenti egualmente rilevanti e tra loro strettamente collegate: da un lato si evidenzia la funzione ripristinatoria finalizzata alla reintegrazione del patrimonio danneggiato o, se ciò non fosse possibile, comunque, finalizzata al pagamento dell'equivalente rispetto alla alterazione arrecata al bene ed alla conseguente perdita subita dalla collettività, in relazione alle eventuali spese che l'ente territoriale, su sui è inciso il danno, abbia dovuto sostenere; dall'altro si evidenzia la funzione sanzionatoria - quindi anche general-preventiva -, in quanto il risarcimento può estendersi anche oltre le spese necessarie per il ripristino, poichè il danno è determinato in base alla gravità della colpa individuale dell'autore, o dal profitto da questo ottenuto quale risultato del suo illecito comportamento (cfr. terzo comma art. 18 L. 349/86). Da una tale natura e funzione del diritto al risarcimento del danno ambientale, risulta - come osserva ancora la Corte nella sopra citata sentenza "...superata la considerazione secondo cui il diritto al risarcimento del danno sorge solo a seguito della perdita finanziaria contabile nel bilancio dell'ente pubblico, cioè della lesione del patrimonio dell'ente", e risalta con maggiore rilievo il fatto che, nella fattispecie prevista all'art. 18 L. 349/86, "...non si incide su di un bene appartenente allo Stato". Per quanto concerne, poi, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 18, L. 349/86 allo Stato ed agli enti territoriali, la Corte Costituzionale ha evidenziato che essa "... non trova fondamento nel fatto che essi hanno affrontato spese per riparare il danno o nel fatto che essi abbiano subito una perdita economica, ma nella loro funzione a tutela della collettività e della comunità nel proprio ambito territoriale e degli interessi all'equilibrio ecologico, biologico e sociologico del territorio che ad essi fanno capo". E' da rilevare, dunque, che la Corte Costituzionale, attraverso le considerazioni contenute nella sentenza del 30.12.87 n. 641, assume una precisa posizione in merito alla individuazione della natura del risarcimento del danno ambientale e della conseguente legittimazione a promuovere la relativa azione. Si viene così a indicare una linea interpretativa del contenuto e della funzione dell'art. 18 L. 349/86, dalla quale discende che la legittimazione ad agire è ivi attribuita allo Stato ed agli enti territoriali in virtù della loro istituzionale funzione, propria a ciascuno di essi, di tutela della collettivià e quindi dell'interesse collettivo all'equilibrio ambientale - inteso in tutte le sue componenti - del territorio a cui essi enti fanno capo. La legittimazione degli enti territoriali, prevista dall'art. 18 L. 349/86, si configura, pertanto, come legittimazione concorrente rispetto a quella attribuita dalla stessa norma allo Stato, poichè si riferisce alla loro qualità di enti esponenziali della collettività, qualità analoga a quella dello Stato. Ed è su tale qualità, comune ad entrambi, che si fonda la legittimazione prevista, tanto per lo Stato quanto per gli enti territoriali, a promuovere l'azione ex art. 18. Il carattere concorrente della legittimazione dello Stato e degli enti territoriali si palesa ancor più se si tiene conto che le due azioni potrebbero essere esercitate anche per conseguire due differenti scopi che, però, si unificano nella loro rilevanza giuridica così come concretata dalla L.

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349/86. Intendiamo qui riferirci alla diversità dell'interesse ad agire che potrebbe lo Stato e gli enti territoriali all'esperimento della azione ex art. 18. L'interesse del primo, sempre in quanto ente esponenziale della collettività, risulterebbe prevalentemente rivolto alla funzione sanzionatoria del risarcimento del danno ambientale; mentre l'interesse dei secondi, anch'essi considerati quali enti esponenziali della collettività, sebbene in riferimento ad un più ristretto ambito territoriale, verrebbe ad essere rivolto alla funzione ripristinatoria o, comunque, diretto alla reintegrazione del danno anche in relazione alle spese sostenute per fronteggiarlo. Due aspetti, questi, che, comunque, si unificano indissolubilmente nella lettera della disposizione in esame. infatti, le somme riscosse a seguito della azione di risarcimento sono, vincolate alla reintegrazione del danno ambientale, in ogni caso, cioè sia se l'azione venga esercitata dallo Stato sia se venga promossa dall'ente territoriale. E' opportuno, infine, segnalare che è prospettabile un'altra chiave di lettura della L. 349/86, tesa a superare la necessità di soggettivare il diritto alla tutela dell'ambiente. in tale ottica l'interesse della collettività, per divenire giuridicamente rilevante, non necessiterebbe del riferimento ad un soggetto di diritto. Infatti, poichè la collettività è intesa come ente indeterminato e indeterminabile sul piano soggettivo, l'interesse che la legge tutela ha carattere necessariamente obiettivo. Obiettivare la materia giuridica che in misura crescente alimenta l'idea dei diritti collettivi, appare, secondo questo orientamento, l'unico mezzo per superare l'ambiguità insita nelle figure intermedie tra diritto ed interesse legittimo. In tema di danno ambientale, il vero ed unico problema è quello di rendere giustiziabile e quindi effettiva, la tutela che è ricolta non ad un soggetto, ma al bene in quanto tale. Per cui diviene irrilevante la individuazione di una situazione soggettiva tutelata, assumendo rilievo maggiore la identificazione, in relazione al bene ambientale, di un danno risarcibile in conseguenza di un determinato comportamento antigiuridico. Alla stregua di tali considerazioni, la tutela dell'ambiente non passa attraverso l'attribuzione di una situazione soggettiva di vantaggio, ma attraverso la valutazione del comportamento di chi arreca pregiudizio ad interessi socialmente e giuridicamente rilevanti. Il bene ambientale assume, pertanto, una rilevanza puramente obiettiva, tradotta in norma dalla L. 349/86, che a tal fine predispone forme di pura legittimazione ad agire. Il termine Stato indica, dunque, la collettività nazionale non personificata, a vantaggio della quale devono rifluire gli effetti della pronuncia ripristinatoria - sanzionatoria; per cui il diritto al risarcimento riconosciuto allo Stato assume carattere meramente strumentale. Rimossa, così, l'idea della esistenza di un diritto fatto valere in giudizio dallo Stato come proprio, la sua legittimazione ad agire si configura quale mero strumento processuale e si allinea con identica valenza a quella degli enti territoriali minori. Anche per quest'altra via, quindi, in riferimento ai due problemi innanzi prospettati, inerenti la tematica della sostituzione processuale, si profilano altrettante ipotesi di legittimazione ad agire conferite dalla legge in via ordinaria. Infatti, dalle premesse esaminate, risulta evidente che debba escludersi una legittimazione sostitutiva dello Stato rispetto alla collettività, in quanto lo Stato agisce ex art. 18 L. 349/86 per la difesa di un interesse obiettivo, che resta sempre tale. In secondo luogo la legittimazione degli enti territoriali prevista dalla più volte citata disposizione, risulta essere concorrente con quella dello Stato, in quanto analogamente riferita ad una situazione obiettiva giuridicamente rilevante, per la quale la legge 349/86 prevede la tutela giurisdizionale. Una volta chiarita la natura concorrente della legittimazione prevista per lo Stato e per gli enti territoriali minori, riferita, come si è visto, alla medesima funzione esponenziale nei confronti della collettività, va ora inquadrato il problema della legittimazione in via sostitutiva delle associazioni o organizzazioni ambientaliste per far valere in giudizio la pretesa risarcitoria per danno ambientale in favore dello stato. Nell'ordinamento è espressamente prevista all'art. 9 comma 3 del D.L.vo 267/2000 una legittimazione straordinaria delle associazioni in questione quando prevede che esse possano 'proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale' e che 'l'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate a favore o a carico dell'associazione'. il

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tenore letterale di tale disposizione lascia immediatamente desumere la natura straordinaria della legittimazione ad agire delle dette organizzazioni o associazioni, conformemente al principio prescritto dall'art. 81 c.p.c. Tuttavia, il principio indiscusso che tutte le associazioni o organizzazioni, riconosciute o non, possono costituirsi parte civile, qualora abbiano subito una lesione di un diritto soggettivo (o anche di un interesse giuridicamente rilevante secondo la sentenza delle Sezioni Unite civili n. 500 del 1999) del sodalizio dalla azione criminosa, viene da alcuni disconosciuto alle associazioni ecologiche, in relazione al danno ambientale, per il disposto dell'art. 18 L. 349/1986. Questo articolo stabilisce, tra l'altro, che l'azione di risarcimento del danno ambientale, anche se esercitata in sede penale, è promossa dallo Stato nonchè dagli enti territoriali sui quali incidono i beni oggetto del fatto lesivo e che le associazioni, individuate a sensi dell'art. 13 stessa legge, possono intervenire nel giudizio. Per taluni la facoltà di intervento consente alle associazioni solo l'ingresso nel processo alle condizioni e con i limiti di cui agli artt. 91 ss. c.p.p.; tale tesi è sostenuta con riferimento al testo letterale della norma, ai lavori preparatori da cui emergerebbe una volontà del Legislatore in tale senso, ed all'art. 212 delle norme di coordinamento al codice di procedura vigente secondo il quale - quando le leggi o i decreti consentono la costituzione di parte civile al di fuori delle ipotesi indicate nell'art. 74 c.p.p. - è permesso solo l'intervento nei limiti di cui agli artt. 91 ss c.p.p. (Cass. Sez. 4, 17.12.1988, n. 12659 imp. Zorzi; Sez. 3, 23.6.1994 n. 7572, imp. Galletti). La giurisprudenza di legittimità è andata oltre questo principio è ed ha rilevato che il danno ambientale presenta, oltre a quella pubblico, una dimensione personale e sociale quale lesione del diritto fondamentale all'ambiente salubre di ogni uomo e delle formazioni sociali in cui si sviluppa la personalità; il danno in oggetto, in quanto lesivo di un bene di rilevanza costituzionale, quanto meno indiretta, reca una offesa alla persona umana nella sua sfera individuale e sociale. Tale rilievo porta alla conclusione che la legittimazione a costituirsi parte civile per danno ambientale non spetta solo ai soggetti pubblici, in nome dell'ambiente come interesse pubblico, ma anche alle persone singole o associate in nome dell'ambiente come diritto fondamentale di ogni uomo. Di conseguenza la legittimazione in oggetto spetta anche alle associazioni ecologiche quando hanno subito dal reato una lesione di un diritto di natura patrimoniale (ad esempio, per i costi sostenuti nello svolgimento della attività dirette ad impedire pregiudizio al territorio o per la propaganda) o non patrimoniale (ad esempio, attinente alla personalità del sodalizio per il discredito derivante dal mancato raggiungimento dei fini istituzionali che potrebbe indurre gli associati a privare l'ente del loro sostegno personale e finanziario). Sulla possibilità delle associazioni ambientaliste a costituirsi parte civile, nel caso in esame, si è pronunciata la prevalente giurisprudenza di legittimità sia pure con differenti motivazioni (Cass. V, Sez. 6^ 10.1.1990, n. 59 imp. Monticela; Sez. 3 26.2.1990, n. 2603 imp. Contento; Sez. 3 11.4.1992 n 4487 imp. Ginatta; Sez. 3 13.11.1992 n. 10956 imp. Serlenga; Sez. 3 21.5.1993 5230 imp. Tessarolo; Sez. 3 28.10.1993 n. 9727 imp. Benericetti; Sez. 3 19.1.1994 n. 439 imp. Mattiuzzi; sez. 3 6.4.1996 n. 3503 imp. Russo; Sez. 3 19.11.1996 n. 9837 imp Locatelli; Sez. 3 26.9.1996 n. 8699 imp. Perotti; Sez. 3 10.6.2002 n. 22539 imp. Kiss Gunter). A questo punto, si impone una precisazione: non sono legittimati a costituirsi parte civile gli enti e le associazioni quando l'interesse perseguito sia quello genericamente inteso all'ambiente o, comunque, un interesse che, per essere caratterizzato da un mero collegamento con l'interesse pubblico, resta diffuso e, come tale, non proprio del sodalizio e non risarcibile. Quando, invece, l'interesse alla tutela dell'ambiente non rimane una categoria astratta, ma si concretizza in una realtà storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo, esso cessa di essere comune alla generalità dei consociati. in questo caso, possono costituirsi parte civile le associazioni che sono centri di tutela e di imputazione dell'interesse collettivo all'ambiente che, in tale modo, cessa di essere diffuso e diviene soggettivizzato e personificato. Perchè una associazione si possa considerare ente esponenziale della collettività, in cui si trova oggetto della protezione, necessita che abbia come fine statutario essenziale la tutela dell'ambiente che diviene la ragione dell'ente, sia radicata sul territorio anche attraverso sedi

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locali, sia rappresentativa di un gruppo significativo di consociati, abbia dato prova di continuità della sua azione e rilevanza del suo contributo a difesa del territorio. A tali condizioni le associazioni ecologiste sono legittimate alla azione per la difesa del proprio diritto soggettivo alla tutela dell'interesse collettivo alla salubrità dell'ambiente. Peraltro, posti i medesimi requisiti strutturali di rappresentatività, dall'art. 9 D.L.vo 267/2000 in capo a tali associazioni si evince un tipico potere di azione anche in via sostitutiva dell'ente territoriale comune o provincia, volto a far valere in giudizio le ragioni risarcitorie dell'ente esponenziale titolare del diritto al risarcimento. Applicando tali principi al caso concreto, si deve rilevare che la WWF Italia ha nel suo statuto (art. 5) come fine primario la protezione dell'ambiente in tutte le sue articolazioni, che prevedere in modo specifico e, pertanto, l'interesse in oggetto è elemento costitutivo del sodalizio; inoltre ha dato ampia prova di avere svolto a livello nazionale e internazionale attività a tutela dell'ambiente, è insediata sul territorio e presente con sezioni e sottosezioni, può riconoscersi alla stessa un potere rappresentativo degli interessi collettivi coinvolti nella presente vicenda processuale, in quanto certamente agisce per la tutela dell'interesse collettivo alla salubrità del territorio, esclusivamente per finalità di pubblica utilità. ne consegue che ne può essere ammessa sia la costituzione in proprio, sia in qualità di sostituto processuale del Comune di Castelvolturno e della Provincia di Caserta. La costituzione di parte civile da parte di Legambiente e da parte della Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli, va, invece, inquadrata esclusivamente come esercizio di un diritto di azione volto alla riparazione degli interessi (la cui tutela è espressamente contemplata nei rispettivi statuti) lesi a cagione della condotta illecita accertata in questa sede. 2. IL DANNO Sul piano oggettivo, il danno cagionato al territorio di Castelvolturno, per effetto della condotta di invasione ed occupazione sopra descritta, risulta autoevidente dal solo raffronto tra lo stato dei luoghi anteriore agli atti di invasione e quello attuale: una estesa area di demanio forestale e demanio marittimo (pari a circa 1.500.000 di mq) è stata oggetto di una incredibile opera di trasformazione abusiva, comportando un radicale mutamento orografico e idrografico del territorio e la completa alterazione della sua natura originaria (insediamenti boschivi, dune desertiche a ridosso del litorale, occupazione dell'arenile, deviazione del Corso dei Regi Lagni, alterazione del tratto di costa attuata mediante l'apposizione abusiva di scogliere e di pennelli), attraverso la realizzazione di una zona ampiamente urbanizzata, tanto da potere essere efficacemente definita come una città abusiva realizzata su suolo demaniale in totale assenza di atti autorizzativi o concessori da parte delle competenti autorità. Il rapporto di casualità tra la condotta illecita accertata in questa sede e l'enorme danno cagionato all'ambiente è di natura diretta ed immediata, in quanto la trasformazione del territorio naturale in zona urbana a tutti gli effetti implica la necessaria distruzione degli elementi ambientali. Come è stato condivisibilmente sostenuto, il danno ambientale costituisce un surplus rispetto al danno alle singole componenti materiali dell'ambiente. infatti, l'ambiente in senso giuridico, quale bene unitario ma anche immateriale ..., rappresenta ... un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, si distingue ontologicamente da questi e si identifica in una realtà, priva di consistenza materiale, ma espressione di un autonomo valore collettivo, specifico oggetto, come tale, di tutela da parte dell'ordinamento, rispetto ad illeciti, la cui idoneità lesiva va valutata con riguardo a siffatto valore e indipendentemente dalla particolare incidenza verificatasi su una o più della dette singole componenti, secondo un concetto di pregiudizio che, sebbene riconducibile a quello di danno patrimoniale, si connota tuttavia per una pià ampia accezione di danno svincolata da una concezione aritmetico-contabile (Cass. 98/1087; vedi anche Corte Cost. 87/641 e parere CdS n. 426/01, oltre a Cass. 98/5650, Cass. 95/9211 e Cass. 92/4562).

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L'edificazione abusiva, ove pregiudizievole all'ambiente, è assoggettata alla disciplina risarcitoria di cui all'art. 2043 anche ante L. 349/86. Attesa la natura meramente ricognitiva dell'art. 18 legge 349/86 cit, diventa pertanto irrilevante il dato temporale della conclusione dell'opera di edificazione. Peraltro, ove si consideri che il danno ambientale non è limitato alla mera attività di trasformazione del territorio, ma è riconducibile alla continuità tra l'edificazione e la gestione delle opere abusive, la permanenza dell'illecito fa sì che esso rientri, anche sotto il profilo temporale, nell''ambito di applicabilità della L. 349/86. Sotto questo aspetto, più specificamente attinente alla condotta posta in essere dal XXX quale rappresentante legale della società XXX, anche la sola attività di utilizzo con profitto economici di opere edilizie può costituire fonte di danno ambientale perchè se quest'ultimo si identifica nella lesione dell'interesse, costituzionalmente protetto, alla "conservazione, ... razionale gestione e ... miglioramento delle condizioni naturali (aria, acqua, suolo e territorio), l'esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini, di tutte le specie animali o vegetali che in esse vivono allo stato naturale ed in definitiva della persona umana in tutte le sue estrinsecazioni" (Corte Cost. 87/210), è evidente la sussistenza di tale tipo di danno anche in relazione al mero sfruttamento del territorio abusivamente trasformato, in quanto anche tale sfruttamento esclude la "razionale gestione e il miglioramento delle condizioni naturali" nonchè "l'esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini". D'altra parte, lo stesso fatto che l'art. 18 L. 349/86, il quale prevede una disciplina specifica per il danno ambientale, al comma 6 individui tra i criteri di liquidazione del danno "il profitto conseguito dal trasgressore" sta a significare che anche l'utilizzazione economica del territorio, ove ad essa sia riconducibile una condotta illecita in contrasto con la disciplina dettata, integra anche l'illecito civile. Pertanto, nella fattispecie in esame, il danno ambientale può essere ricondotto in via unitaria all'opera di edificazione e di gestione delle opere abusive e l'illecito, perdurando nel tempo, finisce per rientrare, anche sotto il profilo temporale, nell'ambito di applicabilità della L. 349/86. L'attività di edificazione e gestione abusiva del territorio assume la veste di "illecito permanente", il quale, a differenza dell'"illecito istantaneo ad effetti permanenti", è risarcibile mediante un'azione il cui dies a quo decorre dalla cessazione della permanenza. (Cfr. Cass. 90/594; Cass. 97/6967 e Cass. 80/1624, in cui si sottolinea che l'esecuzione di una costruzione in violazione di norma di edilizia dia luogo ad un illecito permanente, con la conseguenza che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno non decorre dalla data di realizzazione della costruzione ma da quello di cessazione della permanenza, e cioè dal momento in cui la costruzione viene demolita, ovvero dal momento in cui essa viene resa legittima mediante rinuncia dell'amministrazione, che irroghi una sanzione pecuniaria, ad ordinarne la demolizione, ovvero dal decorso del termine utile per l'usucapione del diritto reale di mantenere la costruzione nelle condizioni in cui si trova). Richiamati, dunque, integralmente i fatti che sono posti a base della presente vicenda processuale, in questa sede va riconosciuta l'esistenza del rapporto di casualità tra la condotta accertata a carico di XXX e il danno all'ambiente arrecato al territorio oggetto di invasione ed occupazione abusiva. Ne consegue la condanna al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili costituite quali articolazioni dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (tutte rappresentate e difese dall'Avvocatura dello Stato), nonchè alla Regione Campania, ciascuna per quanto di rispettiva competenza in relazione alle specifiche attribuzioni di tutela e gestione del territorio e in ordine al danno derivante dalla occupazione illecita del demanio marittimo e forestale e della compromissione all'ambiente a questa collegata, anche in riferimento al danno all'immagine arrecato alle predette Istituzioni Statali e Regionale. Aspetto la cui valutazione in termini di definizione del diritto al risarcimento, quantificazione e liquidazione dello stesso, va rimesso al giudice civile. Analogamente, nei medesimi termini, va accolta la pretesa risarcitoria avanzata dalla WWF Italia in via di sostituzione processuale del Comune di Castelvolturno e della Provincia di

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Casera, nei confronti dei quali enti territoriali la valutazione e liquidazione del danno sarà oggetto di delibazione in separata sede. Va, altresì, riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni sofferti iure proprio dalle associazioni ambientaliste WWF Italia, Legambiente e L.I.P.U., in quanto i fatti accertati a carico del Coppola Francesco, oltre ad avere leso il bene ambientale, hanno mortificato e vanificato l'azione di tutela dell'ambiente e del territorio svolta dalle predette associazioni, compromettendone le finalità statuarie. Anche in riferimento a tale ultima statuizione, la specificazione del titolo risarcitorio sarà oggetto della valutazione del giudice civile. Quanto alla forma risarcitoria, se per equivalente o specifica, seppure anche sotto tale aspetto la valutazione è rimessa al giudice civile, si ritiene qui opportuno evidenziare che nonostante l'art. 18 L. 349/86 operi una collocazione formale del rimedio del ripristino dello stato dei luoghi in un comma successivo a quello che prevede il risarcimento per equivalente e quello in via equitativa, è sicuramente prevalente l'orientamento in giurisprudenza sul carattere prioritario del ripristino. Facendo espresso riferimento alla ratio dell'art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, nella parte in cui prevede che il giudice dispone "il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile", a prescindere da una richiesta della parte in causa e con l'unico limite di ammissibilità relativo alla verifica della impossibilità materiale di tale riduzione in pristino (senza, cioè, quelle che sono le condizioni di ammissibilità per l'applicazione dell'art. 2058 c.c.) è agevole desumere che la scelta del legislatore obbedisca ad una precisa esigenza pratica: quella cioè di apprestare, di fronte alla lesione dei beni ambientali, e in conformità con la natura sociale di tale danno, una modalità di risarcimento che si traduce in una sentenza di condanna al rispristino della situazione precedente in modo da mettere "la collettività interessata in condizione di godere pienamente del bene danneggiato". In materia la Cassazione (Cass. Pen. 22-10-1988, in RPE; 1989, 20) si è pronunciata in tal senso affermando che la condanna al ripristino dei luoghi a spese del responsabile assume posizione dominante tra le forme risarcitorie, in virtù di deroga al disposto di cui al secondo comma dell'art. 2058 c.c., e costituisce pertanto ... la misura "privilegiata" da adottare, sol che sia possibile, a preferenza della condanna al risarcimento pecuniario, in quanto essa sola è idonea a sopprimere la fonte della sequela dei danni futuri (a volte di difficile previsione e di ancor più opinabile quantificazione in termini monetari attuali). Le Sezioni Unite hanno confermato tale orientamento sostenendo che la preferenza ... accordata alla misura risarcitoria in forma specifica rispetto a quella per equivalente pecuniario, trae ampia giustificazione dall'intento di favorire una più fattuale (anche se tendenziale) coincidenza tra i soggetti portatori degli interessi lesi dal degrado ambientale e di soggetti beneficiari del ripristino dello stato dei luoghi, in un contesto caratterizzato ... dalla difficoltà di identificare i primi e di graduarne comparativamente i singoli pregiudizi (Cass. Sez. Un. 25-1-1989, n. 440, in RGA, 1989, 103). Il risarcimento in forma specifica attraverso il rimedio del ripristino dei luoghi danneggiati assurge, dunque, a criterio prioritario nella materia del danno ambientale uguale o simile a quella preesistente al danno. Le considerazioni sin qui formulate valgono, inoltre, a segnare la differenza funzionale tra l'art. 18 e l'art. 2058 c.c.: il ruolo prioritario svolto dalla modalità risarcitoria del ripristino dell'ambiente danneggiato viene affermato dall'art. 18 in modo così perentorio da derogare all'art. 2058 c.c., comma secondo, in base al quale "il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore". Il ripristino dello stato dei luoghi è infatti svincolato da qualsiasi valutazione da parte del giudice sui costi gravanti sul danneggiante per rimuovere gli effetti dannosi del suo comportamento illecito. L'unico limite resta quello della circostanza racchiusa nella formula legislativa "ove sia possibile". In tale ottica, è da ritenere ammissibile un ripristino solo parziale,

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qualora cioè solo in parte risulti possibile la reintegrazione delle risorse ambientali compromesse, cumulandosi ad esso il risarcimento pecuniario per la parte restante. Omissis P.Q.M. Letti gli artt. 533 e 535 C.P.P., dichiara XXX colpevole dei reati ascrittigli ai capi A, C, E, F, G, (proc. Pen. 3371/00 mod. 16), I, riqualificata la condotta come violazione dell'art. 374 C.P.P, L, M (A, B e C proc. N. 893/01 mod. 16) e, ritenuta la continuazione tra le condotte contestate, lo condanna alla pena di anni quattro di reclusione e Euro novecento di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Letti gli artt. 338 e ss. C.P.P., condanna XXX al risarcimento dei danni in favore della parti civili costituite, da liquidarsi per tutte in separata sede anche in riferimento alla possibilità della riduzione in pristino delle aree oggetto di occupazione illecita, ed in particolare: ł In favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, riguardo al danno derivante dalla occupazione illecita del demanio marittimo e forestale e della compromissione dell'ambiente a questa collegata, anche in riferimento al danno all'immagine arrecato alle predette Istituzioni Statali; ł In favore della Regione Campania, per i danni patrimoniali derivanti dalla illecita occupazione del suolo demaniale, nonchè all'immagine della predetta Istituzione in riferimento alla carretta gestione del territorio in funzione del perseguimento del pubblico interesse. ł Legambiente Campania, in riferimento al danno ambientale conseguente alla condotta di occupazione abusiva di suolo demaniale; ł WWF Italia, quale sostituto processuale della Provincia di Caserta e del Comune di Castelvolturno, in riferimento al danno ambientale conseguente alla condotta di occupazione abusiva di suolo demaniale; ł L.I.PU., in riferimento al danno ambientale conseguente alla condotta di occupazione abusiva di suolo demaniale. Condanna altresì il predetto XXX alla rifusione delle spese di costituzione e difesa di parte civile che si liquidano: ł Per l'Avvocatura dello Stato in complessivi € 3.000,00 per onorario ed € 300,00 per spese, oltre IVA e CPA; ł Per la Regione Campania in complessivi € 3.000,00 per onorario ed € 30,00 per spese, oltre IVA e CPA; ł Per l'Avv. Luigi Mazzone in complessivi € 1.500,00 per onorario ed € 150,00 per spese, oltre IVA e CPA; ł Avv. Maurizio Balletta in complessivi € 2.000,00 per onorario ed € 200,00 per spese, oltre IVA e CPA; ł Avv. Fausto Porcu in complessivi € 2.000,00 per onorario ed € 200,00 per spese, oltre IVA e CPA. Letto l'art. 530 C.P.P., assolve XXX dai reati ascrittigli ai capi B e H della rubrica, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Letto l'art. 531 C.P.P., dichiara di non doversi procedere nei confronti del predetto in ordine al reato ascrittogli al capo D della rubrica, perchè estinto a seguito di prescrizione. Giorni novanta per il deposito della motivazione. Santa Maria Capua Vetere, 8 luglio 2005. Il Giudice

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Codice civile 822. Demanio pubblico. Appartengono allo Stato (1) e fanno parte del demanio pubblico [c.c. 1145] il lido del mare [c.c.942], la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti [c.c. 945], i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia [c.c. 2774; c.n. 28, 29, 692] (2); le opere destinate alla difesa nazionale [c.c. 879]. Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade (3), le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia (4), le raccolte dei musei, delle pinacoteche degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico [c.c. 11, 823] (5). -----------------------(1) Per quanto riguarda il demanio delle Regioni vedi l'art. 119, quarto comma, Cost.; l'art. 57, L. cost. 26 febbraio 1948, n. 5, Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; gli artt. 32 sgg. Del R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, Statuto della Regione siciliana; l'art. 14, L. cost. 26 febbraio 1948, n. 3, Statuto speciale per la Sardegna; l'art. 5, L. cost. 26 febbraio 1948, n. 4, Statuto speciale per la Valle d'Aosta; l'art. 55, L. cost. 31 gennaio 1963, n. 1, Statuto speciale della Regione Friuli- Venezia Giulia. (2) Vedi il R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, di approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici. (3) Vedi la L. 12 febbraio 1958, n. 126, recante disposizioni per la classificazione e la sistemazione delle strade di uso pubblico. (4) Per quanto riguarda la protezione delle bellezze naturali gli immobili di interesse storico, vedi la L. 29 giugno 1939, n. 1497, ed il relativo regolamento di esecuzione approvato con il R.D. 3 giugno 1940, n. 1357. (5) Vedi, anche, gli artt. 3, 4, 5, R.D. 23 maggio 1924, n. 827, di approvazione del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilitĂ generale dello Stato. I beni culturali indicati nel presente articolo, appartenenti allo Stato, alle regioni, alle province, ai comuni, costituiscono il demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico, sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico, ai sensi dell'art. 54, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 e sono destinati al godimento pubblico ai sensi dell'art. 98 dello stesso decreto. 823. Condizione giuridica del demanio pubblico. I beni che fanno parte del demanio pubblico [c.c. 822, 825], sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi [c.c. 1145], se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano [c.n. 30, 700] (1). Spetta all'autoritĂ amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa a facoltĂ sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietĂ [c.c. 948, 949, 950, 951] e del possesso [c.c. 1168, 1169, 1170, 1171, 1172] regolati dal presente codice. -----------------------(1) Vedi il D.L. 5 luglio 1972, n. 288, sulla esportazione delle cose di interesse artistico ed archivistico ed il R.D. 23 maggio 1924, n. 827, di approvazione del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilitĂ generale dello Stato. 824. Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali. I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'articolo 822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico [c.c. 823, 1145]. Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali [c.c. 11, 825].

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825. Diritti demaniali su beni altrui. Sono parimenti soggetti al regime del demanio pubblico [c.c. 823] i diritti reali che spettano allo Stato, alle province e ai comuni su beni appartenenti ad altri soggetti [c.c. 824], quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi. 826. Patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni. I beni appartenenti allo Stato, alle province e ai comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato [c.c. 827] o, rispettivamente, delle province e dei comuni [c.c. 11, 828, 829]. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato (1), le miniere (2), le cave e torbiere (3) quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo [c.c. 840], le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo [c.c. 839, 932] (4), i beni costituenti la dotazione della presidenza della Repubblica, (5) le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari [c.n. 745] e le navi da guerra. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei Comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, gli altri beni destinati a un pubblico servizio (6). -----------------------(1) Vedi il R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, recante riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e terreni montani. (2) Per la ricerca e la coltivazione delle miniere, vedi il R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, ed il R.D.L. 15 giugno 1936, n. 1347. (3) Vedi il R.D.L. 15 settembre 1942, n. 1146, recante norme per l'incremento delle ricerche di giacimenti di lignite. Per quanto concerne la polizia delle miniere e delle cave vedi il D.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 e le relative norme d'integrazione ed adeguamento contenute nel D.P.R. 24 maggio 1979, n. 886. (4) In materia di ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi vedi la L. 11 gennaio 1957, n. 6 e la L. 21 luglio 1967, n. 613. (5) Testo così modificato a seguito della mutata forma istituzionale dello Stato. Vedi l'art. 84 Cost. (6) La Corte costituzionale, con sentenza 25 giugno-21 luglio 1981, n. 138 (Gazz. Uff. 29 luglio 1981, n. 207), ha dichiarato: 1) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità del presente comma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; 2) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità del presente comma, in riferimento agli artt. 3, 24, 28 e 113 Cost. 827. Beni immobili vacanti. I beni immobili che non sono in proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato. 828. Condizione giuridica dei beni patrimoniali. I beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, in quanto non è diversamente disposto, alle regole del presente codice. I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano. 829. Passaggio di beni dal demanio al patrimonio. Il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato deve essere dichiarato dall'autorità amministrativa. Dell'atto deve essere dato annunzio nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

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Per quanto riguarda i beni delle province e dei comuni, il provvedimento che dichiara il passaggio al patrimonio dev'essere pubblicato nei modi stabiliti per i regolamenti comunali e provinciali. 830. Beni degli enti pubblici non territoriali. I beni appartenenti agli enti pubblici non territoriali sono soggetti alle regole del presente codice, salve le disposizioni delle leggi speciali. Ai beni di tali enti che sono destinati a un pubblico servizio si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 828. 831. Beni degli enti ecclesiastici ed edifici di culto. I beni degli enti ecclesiastici sono soggetti alle norme del presente codice, in quanto non è diversamente disposto dalle leggi speciali che li riguardano. Gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico, anche se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla loro destinazione neppure per effetto di alienazione, fino a che la destinazione stessa non sia cessata in conformità delle leggi che li riguardano.

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Codice penale

Art. 631. Usurpazione. Chiunque per appropriarsi, in tutto o in parte, dell'altrui cosa immobile, ne rimuove o altera i termini è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 206. Art. 632. Deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi. Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, devia acque, ovvero immuta nell'altrui proprietà lo stato dei luoghi, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 206. Art. 633. Invasione di terreni o edifici. Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032. Le pene si applicano congiuntamente, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata, ovvero da più di dieci persone, anche senza armi. Art. 634. Turbativa violenta del possesso di cose immobili. Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, turba, con violenza alla persona o con minaccia, l'altrui pacifico possesso di cose immobili, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro 103 a euro 309. Il fatto si considera compiuto con violenza o minaccia quando è commesso da più di dieci persone. Art. 635. Danneggiamento. Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 309. La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso: 1. con violenza alla persona o con minaccia; 2. da datori di lavoro in occasione di serrate, o da lavoratori in occasione di sciopero, ovvero in occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 330, 331 e 333; (1) 3. su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all'esercizio di un culto, o su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici, o su altre delle cose indicate nel n. 7 dell'articolo 625; 4. sopra opere destinate all'irrigazione; 5. sopra piante di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento;

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5-bis) sopra attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive. (1) La Corte costituzionale con sentenza 6 luglio 1970, n. 119 ha dichiarato l'illegittimitĂ del presente numero nella parte in cui prevede come circostanza aggravante e come causa di procedibilitĂ d'ufficio del reato di danneggiamento il fatto che tale reato sia commesso da lavoratori in occasione di uno sciopero o da datori di lavoro in occasione di serrata.

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Costituzione della Repubblica Italiana Art. 117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchÊ dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistematributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e CittĂ metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento

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della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

Art. 119. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

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La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.

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Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 21 aprile 1998 - Supplemento Ordinario n. 77

(Rettifica G.U. n. 116 del 21 maggio 1997)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 5, 76, 87, 117, 118 e 128 della Costituzione; Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa; Vista la legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell'attivitĂ amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 febbraio 1998; Acquisita, in relazione all'individuazione dei compiti di rilievo nazionale di cui all'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; Acquisito il parere della Conferenza unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Acquisito il parere della Commissione parlamentare consultiva in ordine all'attuazione della riforma amministrativa, ai sensi dell'articolo 5 della legge 15 marzo 1997, n, 59; Acquisito il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 marzo 1998; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali; Emana il seguente decreto legislativo: Titolo I Disposizioni generali Capo I Disposizioni generali Art. 1.

Oggetto

1. Il presente decreto legislativo disciplina, ai sensi del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59, il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni, alle province, ai comuni, alle comunitĂ montane o ad altri enti locali e, nei casi espressamente previsti, alle autonomie funzionali, nelle materie non disciplinate dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, dal decreto legislativo 18 novembre 1997, n. 426, dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, dal decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3, dal decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, nonche' dal decreto legislativo recante riforma della disciplina in materia di commercio, dal decreto legislativo recante interventi

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per la razionalizzazione del sostegno pubblico alle imprese e dal decreto legislativo recante disposizioni in materia di commercio con l'estero. 2. Salvo diversa espressa disposizione del presente decreto legislativo, il conferimento comprende anche le funzioni di organizzazione e le attività connesse e strumentali all'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, quali fra gli altri, quelli di programmazione, di vigilanza, di accesso al credito, di polizia amministrativa, nonche' l'adozione di provvedimenti contingibili e urgenti previsti dalla legge. 3. Nelle materie oggetto del conferimento, le regioni e gli enti locali esercitano funzioni legislative o normative ai sensi e nei limiti stabiliti dall'articolo 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 4. In nessun caso le norme del presente decreto legislativo possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato, alle sue amministrazioni o ad enti pubblici nazionali, di funzioni e compiti trasferiti, delegati o comunque attribuiti alle regioni, agli enti locali e alle autonomie funzionali dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Art. 2.

Rapporti internazionali e con l'Unione europea 1. Lo Stato assicura la rappresentanza unitaria nelle sedi internazionali e il coordinamento dei rapporti con l'Unione europea. Spettano allo Stato i compiti preordinati ad assicurare l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea e dagli accordi internazionali. Ogni altra attività di esecuzione e' esercitata dallo Stato ovvero dalle regioni e dagli enti locali secondo la ripartizione delle attribuzioni risultante dalle norme vigenti e dalle disposizioni del presente decreto legislativo. Art. 3.

Conferimenti alle regioni e agli enti locali e strumenti di raccordo 1. Ciascuna regione, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro sei mesi dall'emanazione del presente decreto legislativo, determina, in conformità al proprio ordinamento, le funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente a conferire tutte le altre agli enti locali, in conformità ai principi stabiliti dall'articolo 4, comma 3, della stessa legge n. 59 del 1997, nonche' a quanto previsto dall'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142. 2. La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative e' attribuita ai comuni, alle province e alle comunità montane, in base ai principi di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. Le regioni, nell'emanazione della legge di cui al comma 1 del presente articolo, attuano il trasferimento delle funzioni nei confronti della generalità dei comuni. Al fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui al comma 5 del presente articolo. Nell'ambito della previsione regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra, la regione esercita il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge stessa. La legge regionale prevede altresì appositi strumenti di incentivazione per favorire l'esercizio associato delle funzioni. 3. La legge regionale di cui al comma 1 attribuisce agli enti locali le risorse umane, finanziarie, organizzative e strumentali in misura tale da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni e dei compiti trasferiti, nel rispetto dell'autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali. 4. Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il Governo adotta con apposito decreto legislativo le misure di cui all'articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59. 5. Le regioni, nell'ambito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di

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consentire la collaborazione e l'azione coordinata fra regioni ed enti locali nell'ambito delle rispettive competenze. 6. I decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono comunque emanati entro il 31 dicembre 1999. 7. Ai fini dell'applicazione del presente decreto legislativo e ai sensi dell'articolo 1 e dell'articolo 3 della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni e i compiti non espressamente conservati allo Stato con le disposizioni del presente decreto legislativo sono conferiti alle regioni e agli enti locali. Art. 4.

Indirizzo e coordinamento 1. Relativamente alle funzioni e ai compiti conferiti alle regioni e agli enti locali con il presente decreto legislativo, e' conservato allo Stato il potere di indirizzo e coordinamento da esercitarsi ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Art. 5.

Poteri sostitutivi 1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattivitĂ che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere. 2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. 3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri puo' adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed e' immediatamente comunicato rispettivamente alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Statoregioni" e alla Conferenza Stato-CittĂ e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunitĂ montane, che ne possono chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'articolo 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59. 4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente. Art. 6.

Coordinamento delle informazioni 1. I compiti conoscitivi e informativi concernenti le funzioni conferite dal presente decreto legislativo a regioni ed enti locali o ad organismi misti sono esercitati in modo da assicurare, anche tramite sistemi informativo-statistici automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle informazioni fra le amministrazioni, per consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio nazionale. 2. Lo Stato, le regioni, gli enti locali e le autonomie funzionali, nello svolgimento delle attivitĂ di rispettiva competenza e nella conseguente verifica dei risultati, utilizzano sistemi informativo-statistici che operano in collegamento con gli uffici di statistica istituiti ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. E' in ogni caso assicurata l'integrazione dei sistemi informativo-statistici settoriali con il Sistema statistico nazionale (SISTAN). 3. Le misure necessarie sono adottate con le procedure e gli strumenti di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

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Art. 7.

Attribuzione delle risorse 1. I provvedimenti di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, determinano la decorrenza dell'esercizio da parte delle regioni e degli enti locali delle funzioni conferite ai sensi del presente decreto legislativo, contestualmente all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative. Con la medesima decorrenza ha altresì efficacia l'abrogazione delle corrispondenti norme previste dal presente decreto legislativo. 2. Per garantire l'effettivo esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, i provvedimenti di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che individuano i beni e le risorse da ripartire tra le regioni e tra le regioni e gli enti locali, osservano i seguenti criteri: a) la decorrenza dell'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti contestualmente all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali, puo' essere graduata, secondo date certe, in modo da completare il trasferimento entro il 31 dicembre 2000; b) la devoluzione alle regioni e agli enti locali di una quota delle risorse erariali deve garantire la congrua copertura, ai sensi e nei termini di cui al comma 3 del presente articolo, degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel rispetto dell'autonomia politica e di programmazione degli enti; in caso di delega regionale agli enti locali, la legge regionale attribuisce ai medesimi risorse finanziarie tali da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni delegate, nell'ambito delle risorse a tale scopo effettivamente trasferite dallo Stato alle regioni; c) ai fini della determinazione delle risorse da trasferire, si effettua la compensazione con la diminuzione di entrate erariali derivanti dal conferimento delle medesime entrate alle regioni ed agli enti locali ai sensi del presente decreto legislativo. 3. Con i provvedimenti di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, alle regioni e agli enti locali destinatari delle funzioni e dei compiti conferiti sono attribuiti beni e risorse corrispondenti per ammontare a quelli utilizzati dallo Stato per l'esercizio delle medesime funzioni e compiti prima del conferimento. Ai fini della quantificazione, si tiene conto: a) dei beni e delle risorse utilizzati dallo Stato in un arco temporale pluriennale, da un minimo di tre ad un massimo di cinque anni; b) dell'andamento complessivo delle spese finali iscritte nel bilancio statale nel medesimo periodo di riferimento; c) dei vincoli, degli obiettivi e delle regole di variazione delle entrate e delle spese pubbliche stabiliti nei documenti di programmazione economico-finanziaria, approvati dalle Camere, con riferimento sia agli anni che precedono la data del conferimento, sia agli esercizi considerati nel bilancio pluriennale in vigore alla data del conferimento medesimo. 4. Con i provvedimenti, di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, si provvede alla individuazione delle modalità e delle procedure di trasferimento, nonche' dei criteri di ripartizione del personale. Ferma restando l'autonomia normativa e organizzativa degli enti territoriali riceventi, al personale trasferito e' comunque garantito il mantenimento della posizione retributiva già maturata. Il personale medesimo puo' optare per il mantenimento del trattamento previdenziale previgente. 5. Al personale inquadrato nei ruoli delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, si applica la disciplina sul trattamento economico e stipendiale e sul salario accessorio prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto regioni-autonomie locali. 6. Gli oneri relativi al personale necessario per le funzioni conferite incrementano in pari misura il tetto di spesa di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. 7. Nelle materie oggetto di conferimento di funzioni e di compiti ai sensi del presente decreto legislativo, lo Stato provvede al finanziamento dei fondi previsti in leggi pluriennali di spesa mantenendo gli stanziamenti già previsti dalle leggi stesse o dalla programmazione finanziaria triennale. Sono finanziati altresì, nella misura prevista dalla legge istitutiva, i fondi gestiti mediante convenzione, sino alla scadenza delle convenzioni stesse.

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8. Al fine della elaborazione degli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, la Conferenza unificata Stato, regioni, cittĂ e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata "Conferenza unificata", promuove accordi tra Governo, regioni ed enti locali, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), del medesimo decreto legislativo. Gli schemi dei singoli decreti debbono contenere: a) l'individuazione del termine, eventualmente differenziato, da cui decorre l'esercizio delle funzioni conferite e la contestuale individuazione delle quote di tributi e risorse erariali da devolvere agli enti, fermo restando quanto previsto dall'articolo 48 della legge 27 dicembre 1997, n. 449; c) l'individuazione dei beni e delle strutture da trasferire, in relazione alla ripartizione delle funzioni, alle regioni e agli enti locali; d) c) la definizione dei contingenti complessivi, per qualifica e profilo professionale, del personale necessario per l'esercizio delle funzioni amministrative conferite e del personale da trasferire; e) d) la congrua quantificazione dei fabbisogni finanziari in relazione alla concreta ripartizione di funzioni e agli oneri connessi al personale, con decorrenza dalla data di effettivo esercizio delle funzioni medesime, secondo i criteri stabiliti al comma 2 del presente articolo. 9. In caso di mancato accordo, il Presidente del Consiglio dei Ministri provvede, acquisito il parere della Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 10. Nei casi in cui lo Stato non provveda ad adottare gli atti e i provvedimenti di attuazione entro le scadenze previste dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 e dal presente decreto legislativo, la Conferenza unificata puo' predisporre lo schema dell'atto o del provvedimento e inviarlo al Presidente del Consiglio dei Ministri, per le iniziative di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Si applica a tal fine la disposizione di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. 11. Ove non si provveda al trasferimento delle risorse disposte ai sensi dell'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei termini previsti, la regione e gli enti locali interessati chiedono alla Conferenza unificata di segnalare il ritardo o l'inerzia al Presidente del Consiglio dei Ministri, che indica il termine per provvedere. Decorso inutilmente tale termine il Presidente del Consiglio dei Ministri nomina un commissario ad acta. Art. 8.

Regime fiscale del trasferimento dei beni 1. I decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che trasferiscono a regioni ed enti locali i beni in relazione alle funzioni conferite, costituiscono titolo per l'apposita trascrizione dei beni immobili che dovrĂ avvenire con esenzione per gli enti interessati di ogni onere relativo ad imposte e tasse. Art. 9.

Riordino di strutture 1. Al riordino degli uffici e delle strutture centrali e periferiche, nonche' degli organi collegiali che svolgono le funzioni e i compiti oggetto del presente decreto legislativo ed eventualmente alla loro soppressione o al loro accorpamento con altri uffici o con organismi tecnici nazionali, si provvede con i decreti previsti dagli articoli 7, 10 e 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 2. Le disposizioni di cui all'articolo 7, comma 4, del presente decreto legislativo si applicano anche al personale delle strutture soppresse o riordinate in caso di trasferimento ad altra amministrazione. Art. 10.

Regioni a statuto speciale 1. Con le modalitĂ previste dai rispettivi statuti si provvede a trasferire alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in quanto non siano giĂ attribuite, le funzioni e i compiti conferiti dal presente decreto legislativo alle regioni a statuto ordinario.

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Omissis

Titolo III TERRITORIO AMBIENTE E INFRASTRUTTURE Capo I Disposizioni generali in materia di territorio ambiente e infrastrutture Art. 51.

Oggetto

1. Il presente titolo disciplina il conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti amministrativi in tema di "territorio e urbanistica", "protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti", "risorse idriche e difesa del suolo", "opere pubbliche", "viabilitĂ ", "trasporti" e "protezione civile". Capo II Territorio e urbanistica Sezione I - Linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale Art. 52.

Compiti di rilievo nazionale 1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti relativi alla identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali, alla difesa del suolo e alla articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, nonche' al sistema delle cittĂ e delle aree metropolitane, anche ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno e delle aree depresse del paese. 2. Spettano allo Stato i rapporti con gli organismi internazionali e il coordinamento con l'Unione europea di cui all'articolo 1, comma 4, lettera e), della legge 15 marzo 1997, n. 59, in materia di politiche urbane e di assetto territoriale. 3. I compiti di cui al comma 1 del presente articolo sono esercitati attraverso intese nella Conferenza unificata. 4. All'articolo 81, comma primo, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, la lettera a) e' abrogata. Sezione II - Urbanistica, pianificazione territoriale e bellezze naturali Art. 53.

Funzioni soppresse

Sono o restano soppresse:

a) le funzioni consultive, spettanti al Consiglio superiore dei lavori pubblici ai sensi dell'articolo 2 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, sui progetti e le questioni di interesse urbanistico; b) le attribuzioni spettanti al Ministero dei lavori pubblici ai sensi dell'articolo 5 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, in materia di piani territoriali di coordinamento; c) le funzioni relative alla tenuta dell'albo degli esperti di pianificazione; d) le residue funzioni statali in materia di piani di ricostruzione; e) le funzioni giurisdizionali delle commissioni centrale e regionali di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica.

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Art. 54.

Funzioni mantenute allo Stato 1. Sono mantenute allo Stato, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a) della legge 15 marzo 1997, n. 59, le funzioni relative:

a) all'osservatorio e monitoraggio delle trasformazioni territoriali, con particolare riferimento ai compiti di cui all'articolo 52, all'abusivismo edilizio ed al recupero, anche sulla base dei dati forniti dai comuni;

b) all'indicazione dei criteri per la raccolta e l'informatizzazione di tutto il materiale cartografico ufficiale esistente, e per quello in corso di elaborazione, al fine di unificare i diversi sistemi per una piu' agevole lettura dei dati;

c) alla predisposizione della normativa tecnica nazionale per le opere in cemento armato e in acciaio e le costruzioni in zone sismiche;

d) alla salvaguardia di Venezia, della zona lagunare e al mantenimento del regime idraulico lagunare, nei limiti e con le modalitĂ di cui alle leggi speciali vigenti nonche' alla legge 5 marzo 1963, n. 366;

e) alla promozione di programmi innovativi in ambito urbano che implichino un intervento coordinato da parte di diverse amministrazioni dello Stato. 2. Le funzioni di cui alle lettere a), b), c) ed e) del comma 1 sono esercitate di intesa con la Conferenza unificata. Art. 55.

Localizzazione di opere di interesse statale 1. Le procedure di localizzazione delle opere pubbliche di interesse di amministrazioni diverse dalle regioni e dagli enti locali sono attivate previa presentazione alla regione, ogni anno, da parte dell'amministrazione interessata, di un quadro complessivo delle opere e degli interventi compresi nella propria programmazione triennale, da realizzarsi nel territorio regionale. 2. Nei casi di variazione degli strumenti urbanistici vigenti conseguente all'approvazione di progetti di opere e interventi pubblici, l'amministrazione procedente e' tenuta a predisporre, insieme al progetto, uno specifico studio sugli effetti urbanistico-territoriali e ambientali dell'opera o dell'intervento e sulle misure necessarie per il suo inserimento nel territorio comunale. Art. 56.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali 1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni amministrative non espressamente mantenute allo Stato dalle disposizioni della presente sezione. Art. 57.

Pianificazione territoriale di coordinamento e pianificazioni di settore 1. La regione, con legge regionale, prevede che il piano territoriale di coordinamento provinciale di cui all'articolo 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, assuma il valore e gli effetti dei piani di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela

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delle bellezze naturali, sempreche' la definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma di intese fra la provincia e le amministrazioni, anche statali, competenti. 2. In mancanza dell'intesa di cui al comma 1, i piani di tutela di settore conservano il valore e gli effetti ad essi assegnati dalla rispettiva normativa nazionale e regionale. 3. Resta comunque fermo quanto disposto dall'articolo 149, comma 6, del presente decreto legislativo. Art. 58.

Riordino e soppressione di strutture 1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, e' ricompresa, in particolare, la direzione generale del coordinamento territoriale presso il Ministero dei lavori pubblici.

omissis Capo III Protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti Sezione I - Funzioni di carattere generale e di protezione della fauna e della flora Art. 68.

Funzioni

1. E' soppresso il programma triennale per la tutela dell'ambiente. Art. 69.

Compiti di rilievo nazionale 1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono compiti di rilievo nazionale per la tutela dell'ambiente quelli relativi: a) al recepimento delle convenzioni internazionali e delle direttive comunitarie relative alla tutela dell'ambiente e alla conseguente definizione di obiettivi e delle iniziative necessarie per la loro attuazione nell'ordinamento nazionale; b) alla conservazione e alla valorizzazione delle aree naturali protette, terrestri e marine ivi comprese le zone umide, riconosciute di importanza internazionale o nazionale, nonche' alla tutela della biodiversitĂ , della fauna e della flora specificamente protette da accordi e convenzioni e dalla normativa comunitaria; c) alla relazione generale sullo stato dell'ambiente; d) alla protezione, alla sicurezza e all'osservazione della qualitĂ dell'ambiente marino; e) alla determinazione di valori limite, standard, obiettivi di qualitĂ e sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell'ambiente sul territorio nazionale; f) alla prestazione di supporto tecnico alla progettazione in campo ambientale, nelle materie di competenza statale; g) all'esercizio dei poteri statali di cui all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349; h) all'acquisto, al noleggio e all'utilizzazione di navi e aerei speciali per interventi di tutela dell'ambiente di rilievo nazionale; i) alle variazioni dell'elenco delle specie cacciabili, ai sensi dell'articolo 18, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157; l) all'indicazione delle specie della fauna e della flora terrestre e marine minacciate di estinzione; m) all'autorizzazione in ordine all'importazione e all'esportazione di fauna selvatica viva appartenente alle specie autoctone; n) all'elencazione dei mammiferi e rettili pericolosi; o) all'adozione della carta della natura; p) alle funzioni di cui alle lettere a), b), c) ed e) dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, come risultano modificate dall'articolo 1, comma 8, della legge 19 maggio 1997, n. 137, nonche' quelle attualmente esercitate dallo Stato fino all'attuazione degli accordi di programma di cui all'articolo 72.

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2. Lo Stato continua a svolgere, in via concorrente con le regioni, le funzioni relative: a) alla informazione ed educazione ambientale; b) alla promozione di tecnologie pulite e di politiche di sviluppo sostenibile; c) alle decisioni di urgenza a fini di prevenzione del danno ambientale; d) alla protezione dell'ambiente costiero. 3. Sono altresì mantenute allo Stato le attività di vigilanza, sorveglianza monitoraggio e controllo finalizzate all'esercizio delle funzioni e dei compiti di cui al comma 1, ivi comprese le attività di vigilanza sull'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA) e sull'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM). 4. I compiti di cui al comma 1, lettere b) e p), sono esercitati, sentita la Conferenza unificata e i compiti di cui al comma 1, lettera o) sono esercitati previa intesa con la Conferenza Statoregioni. Art. 70.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali 1. Tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate nelle disposizioni degli articoli 68 e 69 sono conferite alle regioni e agli enti locali e tra queste, in particolare: a) i compiti di protezione ed osservazione delle zone costiere; b) il controllo in ordine alla commercializzazione e detenzione degli animali selvatici, il ricevimento di denunce, i visti su certificati di importazione, il ritiro dei permessi errati o falsificati, l'autorizzazione alla detenzione temporanea, ad eccezione della normativa di cui alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e di flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES), resa esecutiva dalla legge 19 dicembre 1975, n. 874; c) le competenze attualmente esercitate dal Corpo forestale dello Stato, salvo quelle necessarie all'esercizio delle funzioni di competenza statale. Art. 71.

Valutazione di impatto ambientale 1. In materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) sono di competenza dello Stato: a) le opere ed impianti il cui impatto ambientale investe piu' regioni; b) le opere e infrastrutture di rilievo internazionale e nazionale; c) gli impianti industriali di particolare e rilevante impatto; d) le opere la cui autorizzazione e' di competenza dello Stato. 2. Con atto di indirizzo e coordinamento da adottare entro otto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono individuate le specifiche categorie di opere, interventi e attività attualmente sottoposti a valutazione statale di impatto ambientale da trasferire alla competenza delle regioni. 3. Il trasferimento delle competenze attualmente in capo allo Stato e' subordinato, per ciascuna regione, alla vigenza della legge regionale della VIA, che provvede alla individuazione dell'autorità competente nell'ambito del sistema delle regioni e delle autonomie locali, ferma restando la distinzione tra autorità competente e soggetto proponente. Art. 72.

Attività a rischio di incidente rilevante 1. Sono conferite alle regioni le competenze amministrative relative alle industrie soggette agli obblighi di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, l'adozione di provvedimenti discendenti dall'istruttoria tecnica, nonche' quelle che per elevata concentrazione di attività industriali a rischio di incidente rilevante comportano l'esigenza di interventi di salvaguardia dell'ambiente e della popolazione e di risanamento ambientale subordinatamente al verificarsi delle condizioni di cui al comma 3 del presente articolo.

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2. Le regioni provvedono a disciplinare la materia con specifiche normative ai fini del raccordo tra i soggetti incaricati dell'istruttoria e di garantire la sicurezza del territorio e della popolazione. 3. Il trasferimento di cui al comma 1 avviene subordinatamente all'adozione della normativa di cui al comma 2, previa attivazione dell'Agenzia regionale protezione ambiente di cui all'articolo 3 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, e a seguito di accordo di programma tra Stato e regione per la verifica dei presupposti per lo svolgimento delle funzioni, nonche' per le procedure di dichiarazione. Art. 73.

Ulteriori conferimenti alle regioni in conseguenza di soppressione di funzioni statali 1. Sono altresĂŹ conferite alle regioni, in conseguenza della soppressione del programma triennale di difesa dell'ambiente ai sensi dell'articolo 68 le seguenti funzioni:

a) la determinazione delle prioritĂ dell'azione ambientale;

b) il coordinamento degli interventi ambientali;

c) la ripartizione delle risorse finanziarie assegnate tra i vari interventi. 2. Qualora l'attuazione dei programmi regionali di tutela ambientale richieda l'iniziativa integrata e coordinata con l'amministrazione dello Stato o con altri soggetti pubblici o privati, si procede con intesa, accordo di programma o convenzione. 3. E' conferita, previa intesa, alla regione Sardegna l'attuazione di tutti gli interventi necessari per la realizzazione del programma di salvaguardia del litorale e delle zone umide nell'area metropolitana di Cagliari di cui all'articolo 17, comma 20, della legge 11 marzo 1988, n. 67. La regione Sardegna succede allo Stato nei rapporti concessori e convenzionali in atto e dispone delle relative risorse finanziarie. Art. 74.

Disciplina delle aree ad elevato rischio di crisi ambientale 1. L'articolo 7 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e' abrogato. 2. Le regioni, sentiti gli enti locali, nei rispettivi territori, individuano le aree caratterizzate da gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici, nell'atmosfera e nel suolo che comportano rischio per l'ambiente e la popolazione. 3. Sulla base dell'individuazione di cui al comma 2, le regioni dichiarano tali aree di elevato rischio di crisi ambientale. La dichiarazione ha validitĂ per un periodo di cinque anni ed e' rinnovabile una sola volta. 4. Le regioni definiscono, per le aree di cui al comma 2, un piano di risanamento teso ad individuare in via prioritaria le misure urgenti atte a rimuovere le situazioni di rischio e al ripristino ambientale. 5. Le disposizioni contenute nei commi da 1 a 4 si applicano anche alle aree dichiarate ad elevato rischio di crisi ambientale al momento dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo. 6. Resta salva l'efficacia dei provvedimenti adottati in base all'articolo 7 della legge 8 luglio 1986, n. 349, fino all'emanazione della disciplina regionale e all'adozione dei relativi strumenti di pianificazione.

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Art. 75.

Riordino di strutture 1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9 del presente decreto legislativo sono ricompresi in particolare: a) il Consiglio nazionale per l'ambiente; b) la Consulta per la difesa del mare; c) la Commissione scientifica sul commercio internazionale di specie selvatiche di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 7 febbraio 1992, n. 150; d) la Consulta tecnica per le aree naturali protette di cui all'articolo 3, commi 7 e 8, della legge 6 dicembre 1991, n. 394. Sezione II - Parchi e riserve naturali Art. 76.

Funzioni soppresse

1. E' soppresso il programma triennale per le aree naturali protette. Art. 77.

Compiti di rilievo nazionale 1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti e le funzioni in materia di parchi naturali e riserve statali, marine e terrestri, attribuiti allo Stato dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394. 2. L'individuazione, l'istituzione e la disciplina generale dei parchi e delle riserve nazionali, comprese quelle marine e l'adozione delle relative misure di salvaguardia sulla base delle linee fondamentali della Carta della natura, sono operati, sentita la Conferenza unificata. Art. 78.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali 1. Tutte le funzioni amministrative in materia di aree naturali protette non indicate all'articolo 77 sono conferite alle regioni e agli enti locali. 2. Con atto di indirizzo e coordinamento sono individuate, sulla base di criteri stabiliti d'intesa con la Conferenza Statoregioni, le riserve statali, non collocate nei parchi nazionali, la cui gestione viene affidata a regioni o enti locali. Sezione III - Inquinamento delle acque Art. 79.

Funzioni soppresse

1. Sono soppressi i seguenti piani: a) il piano di risanamento del mare Adriatico; b) il piano degli interventi della tutela della balneazione; c) il piano generale di risanamento delle acque; d) il piano generale di risanamento delle acque dolci superficiali destinate alla potabilizzazione. Art. 80.

Compiti di rilievo nazionale 1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i seguenti compiti: a) la definizione del piano generale di difesa del mare e della costa marina dall'inquinamento; b) l'aggiornamento dell'elenco delle sostanze nocive che non si possono versare in mare; c) la fissazione dei valori limite di emissione delle sostanze e agenti inquinanti e degli obiettivi minimi di qualitĂ dei corpi idrici;

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d) la determinazione dei criteri metodologici generali per la formazione e l'aggiornamento dei catasti degli scarichi e degli elenchi delle acque e delle sostanze pericolose; e) la determinazione delle modalità tecniche generali, delle condizioni e dei limiti di utilizzo di prodotti, sostanze e materiali pericolosi; f) l'emanazione di norme tecniche generali per la regolamentazione delle attività di smaltimento dei liquami e dei fanghi; g) la definizione dei criteri generali e delle metodologie concernenti le attività di rilevamento delle caratteristiche, di campionamento, di misurazione, di analisi e di controllo qualitativo delle acque, ovvero degli scarichi inquinanti nelle medesime; h) la determinazione dei criteri metodologici per l'acquisizione e la elaborazione di dati conoscitivi e per la predisposizione e l'attuazione dei piani di risanamento delle acque da parte delle regioni; i) l'elaborazione delle informazioni sulla qualità delle acque destinate al consumo umano; l) l'organizzazione dei dati conoscitivi relativi allo scarico delle sostanze pericolose; m) l'elaborazione dei dati informativi sugli scarichi industriali di sostanze pericolose; n) la definizione dei criteri generali per l'elaborazione dei piani regionali di risanamento delle acque; o) la individuazione in via generale dei casi in cui si renda necessaria l'installazione di strumenti di controllo in automatico degli scarichi industriali contenenti sostanze pericolose; p) la prevenzione e la sorveglianza nonche' gli interventi operativi per azioni di inquinamento marino; q) la determinazione dei criteri generali per il monitoraggio e il controllo della fascia costiera finalizzati in particolare a definire la qualità delle acque costiere, l'idoneità alla balneazione nonche' l'idoneità alla molluschicoltura e sfruttamento dei banchi naturali di bivalvi; r) la definizione di criteri e norme tecniche per la disciplina degli scarichi nelle acque del mare; s) l'autorizzazione agli scarichi nelle acque del mare da parte di navi e aeromobili. 2. Restano altresì ferme le attribuzioni relative all'attuazione e alla verifica del piano straordinario di completamento dei sistemi di collettamento e depurazione delle acque reflue di cui all'articolo 6 del decretolegge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e successivamente modificato dall'articolo 8 della legge 8 ottobre 1997, n. 344, fermo restando che per la programmazione degli ulteriori finanziamenti lo stesso dovrà essere verificato d'intesa con la Conferenza Statoregioni, per le finalità di cui all'articolo 11, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36. 3. I programmi specifici di intervento per evitare o eliminare inquinamenti derivanti da fonti significative di sostanze pericolose diverse dalle fonti soggette a regime di valore limite di emissione comunitarie e nazionali sono adottati sulla base di criteri generali stabiliti attraverso intese nella Conferenza unificata. Art. 81.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate negli articoli della presente sezione e tra queste, in particolare: a) la tenuta e l'aggiornamento dell'elenco delle acque dolci superficiali; b) la tenuta e l'aggiornamento dell'elenco delle acque destinate alla molluschicoltura; c) il monitoraggio sulla produzione, sull'impiego, sulla diffusione, sulla persistenza nell'ambiente e sull'effetto sulla salute umana delle sostanze ammesse alla produzione di preparati per lavare; d) il monitoraggio sullo stato di eutrofizzazione delle acque interne e costiere. 2. Sono altresì conferite alle regioni interessate in conseguenza della soppressione del piano di risanamento del mare Adriatico di cui all'articolo 79, comma 1, lettera a), le funzioni di coordinamento, a detti fini, dei piani regionali di risanamento delle acque. Sezione IV - Inquinamento acustico, atmosferico ed elettromagnetico Art. 82.

Funzioni soppresse 1. E' soppresso il piano nazionale di tutela della qualità dell'aria.

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Art. 83.

Compiti di rilievo nazionale 1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 hanno rilievo nazionale i compiti relativi:

a) alla disciplina del monitoraggio della qualità dell'aria: metodi di analisi, criteri di installazione e funzionamento delle stazioni di rilevamento; criteri per la raccolta dei dati; b) alla fissazione di valori limite e guida della qualità dell'aria; c) alla fissazione delle soglie di attenzione e di allarme; d) alla relazione annuale sullo stato di qualità dell'aria; e) alla fissazione e aggiornamento delle linee guida per il contenimento delle emissioni, dei valori minimi e massimi di emissione, metodi di campionamento, criteri per l'utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili e criteri di adeguamento degli impianti esistenti; f) alla individuazione di aree interregionali nelle quali le emissioni nell'atmosfera o la qualità dell'aria sono soggette a limiti o valori piu' restrittivi, fatto salvo quanto disposto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 84; g) alla determinazione delle caratteristiche merceologiche, aventi rilievo ai fini dell'inquinamento atmosferico, dei combustibili e dei carburanti nonche' alla fissazione dei limiti del tenore di sostanze inquinanti in essi presenti; h) alla determinazione dei criteri per l'elaborazione dei piani regionali di risanamento e tutela della qualità dell'aria; i) alla definizione di criteri generali per la redazione degli inventari delle fonti di emissione; l) alla fissazione delle prescrizioni tecniche in ordine alle emissioni inquinanti dei veicoli a motore; m) all'accertamento delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore e alla disciplina delle revisioni dei veicoli stessi, con riguardo alle emissioni inquinanti; n) alla determinazione dei valori limite e di qualità dei criteri di misurazione, dei requisiti acustici, dei criteri di progettazione diretti alla tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico; o) al parere dei Ministri dell'ambiente e della sanità, di intesa con la regione interessata, previsto dall'articolo 17, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, limitatamente agli impianti di produzione di energia riservati alla competenza dello Stato, ai sensi dell'articolo 29 del presente decreto legislativo. 2. Le funzioni di cui alle lettere a), b), e), f), h), i) e l) del comma 1 sono esercitate sentita la Conferenza unificata. Art. 84.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali 1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate nelle disposizioni degli articoli 82 e 83 e tra queste, in particolare, le funzioni relative: a) all'individuazione di aree regionali o, di intesa tra le regioni interessate, interregionali nelle quali le emissioni o la qualità dell'aria sono soggette a limiti o valori piu' restrittivi in relazione all'attuazione di piani regionali di risanamento; b) al rilascio dell'abilitazione alla conduzione di impianti termici compresa l'istituzione dei relativi corsi di formazione; c) alla tenuta e all'aggiornamento degli inventari delle fonti di emissione. Sezione V - Gestione dei rifiuti Art. 85.

Funzioni e compiti mantenuti allo Stato 1. Restano attribuiti allo Stato, in materia di rifiuti, esclusivamente le funzioni e i compiti indicati dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, nonche' quelli già attribuiti allo Stato da specifiche norme di legge relative a rifiuti radioattivi, rifiuti contenenti amianto, materiali esplosivi in disuso, olii usati, pile e accumulatori esausti. Restano ferme le competenze dello Stato previste dagli articoli 22, comma 11, 31, 32 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio

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1997, n. 22, anche per quanto concerne gli impianti di produzione di energia elettrica di cui all'articolo 29 del presente decreto legislativo. Capo IV Risorse idriche e difesa del suolo Art. 86.

Gestione del demanio idrico

1. Alla gestione dei beni del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti per territorio. 2. I proventi ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico sono introitati dalla regione e destinati, sentiti gli enti locali interessati, al finanziamento degli interventi di tutela delle risorse idriche e dell'assetto idraulico e idrogeologico sulla base delle linee programmatiche di bacino. 3. Nella programmazione dei finanziamenti dello Stato in materia di difesa del suolo, da definirsi di intesa con la Conferenza Statoregioni, si terrĂ conto, ai fini della perequazione tra le diverse regioni, degli introiti di cui al comma 2, nonche' del gettito finanziario collegato alla riscossione diretta degli stessi da parte delle regioni attraverso la possibilitĂ di accensioni di mutui. Art. 87.

Approvazione dei piani di bacino 1. Ai fini dell'approvazione dei piani di bacino sono soppressi i pareri attribuiti dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, al Consiglio superiore dei lavori pubblici e alla Conferenza Stato-regioni. Art. 88.

Compiti di rilievo nazionale 1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti relativi: a) al censimento nazionale dei corpi idrici; b) alla programmazione ed al finanziamento degli interventi di difesa del suolo; c) alla determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta elaborazione e consultazione dei dati, alla definizione di modalitĂ di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonche' indirizzi volti all'accertamento, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio; alla valutazione degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo; d) alle direttive generali e di settore per il censimento ed il monitoraggio delle risorse idriche, per la disciplina dell'economia idrica e per la protezione delle acque dall'inquinamento ; e) alla formazione del bilancio idrico nazionale sulla scorta di quelli di bacino; f) alle metodologie generali per la programmazione della razionale utilizzazione delle risorse idriche e alle linee di programmazione degli usi plurimi delle risorse idriche; g) alle direttive e ai parametri tecnici per la individuazione delle aree a rischio di crisi idrica con finalitĂ di prevenzione delle emergenze idriche; h) ai criteri per la gestione del servizio idrico integrato come definito dall'articolo 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 36; i) alla definizione dei livelli minimi dei servizi che devono essere garantiti in ciascun ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonche' ai criteri ed agli indirizzi per la gestione dei servizi di approvvigionamento, di captazione e di accumulo per usi diversi da quello potabile; l) alla definizione di meccanismi ed istituti di conguaglio a livello di bacino ai fini del riequilibrio tariffario; m) ai criteri e agli indirizzi per la programmazione dei trasferimenti di acqua per il consumo umano laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e cio' travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici; n) ai compiti fissati dall'articolo 17 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, in particolare alla adozione delle iniziative per la realizzazione delle opere e degli interventi di trasferimento di acqua; o) ai criteri ed indirizzi per la disciplina generale dell'utilizzazione delle acque destinate a scopi idroelettrici ai

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sensi e nei limiti di cui all'articolo 30 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, fermo restando quanto disposto dall'articolo 29, comma 3; p) alle direttive sulla gestione del demanio idrico anche volte a garantire omogeneità, a parità di condizioni, nel rilascio delle concessioni di derivazione di acqua, secondo i principi stabiliti dall'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36; q) alla definizione ed all'aggiornamento dei criteri e metodi per il conseguimento del risparmio idrico previsto dall'articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36; r) alla definizione del metodo normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento del servizio idrico; s) alle attività di vigilanza e controllo indicate dagli articoli 21 e 22 della legge 5 gennaio 1994, n. 36; t) all'individuazione e delimitazione dei bacini idrografici nazionali e interregionali; u) all'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di mancata istituzione da parte delle regioni delle autorità di bacino di rilievo interregionale di cui all'articolo 15, comma 4, della legge 18 maggio 1989, n. 183, nonche' dei poteri sostitutivi di cui agli articoli 18, comma 2, 19, comma 3, e 20, comma 4 della stessa legge; v) all'emanazione della normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento e di opere di carattere assimilabile di qualsiasi altezza e capacità di invaso; z) alla determinazione di criteri, metodi e standard volti a garantire omogeneità delle condizioni di salvaguardia della vita umana, del territorio e dei beni; aa) agli indirizzi generali ed ai criteri per la difesa delle coste; bb) alla vigilanza sull'Ente autonomo acquedotto pugliese. 2. Le funzioni di cui al comma 1 sono esercitate sentita la Conferenza unificata, fatta eccezione per le funzioni di cui alle lettere t), u) e v), che sono esercitate sentita la Conferenza Stato-regioni. Art. 89.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali 1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni non espressamente indicate nell'articolo 88 e tra queste in particolare, sono trasferite le funzioni relative: a) alla progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura; b) alle dighe non comprese tra quelle indicate all'articolo 91, comma 1; c) ai compiti di polizia idraulica e di pronto intervento di cui al regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 e al regio decreto 9 dicembre 1937, n. 2669, ivi comprese l'imposizione di limitazioni e divieti all'esecuzione di qualsiasi opera o intervento anche al di fuori dell'area demaniale idrica, qualora questi siano in grado di influire anche indirettamente sul regime dei corsi d'acqua; d) alle concessioni di estrazione di materiale litoide dai corsi d'acqua; e) alle concessioni di spiagge lacuali, superfici e pertinenze dei laghi; f) alle concessioni di pertinenze idrauliche e di aree fluviali anche ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 37; g) alla polizia delle acque, anche con riguardo alla applicazione del testo unico approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775; h) alla programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri; i) alla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo nonche' alla determinazione dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 29, comma 3, del presente decreto legislativo; l) alla nomina di regolatori per il riparto delle disponibilità idriche qualora tra piu' utenti debba farsi luogo delle disponibilità idriche di un corso d'acqua sulla base dei singoli diritti e concessioni ai sensi dell'articolo 43, comma 3, del testo unico approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775. Qualora il corso d'acqua riguardi il territorio di piu' regioni la nomina dovrà avvenire di intesa tra queste ultime; 2. Sino all'approvazione del bilancio idrico su scala di bacino, previsto dall'articolo 3 della legge 5 gennaio 1994 n. 36, le concessioni di cui al comma 1, lettera i), del presente articolo che interessino piu' regioni sono rilasciate d'intesa tra le regioni interessate. In caso di mancata intesa nel termine di sei mesi dall'istanza, ovvero di altro termine stabilito ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, il provvedimento e' rimesso allo Stato.

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3. Fino alla adozione di apposito accordo di programma per la definizione del bilancio idrico, le funzioni di cui al comma 1, lettera i), del presente articolo sono esercitate dallo Stato, d'intesa con le regioni interessate, nei casi in cui il fabbisogno comporti il trasferimento di acqua tra regioni diverse e cio' travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici. 4. Le funzioni conferite con il presente articolo sono esercitate in modo da garantire l'unitaria considerazione delle questioni afferenti ciascun bacino idrografico. 5. Per le opere di rilevante importanza e suscettibili di interessare il territorio di piu' regioni, lo Stato e le regioni interessate stipulano accordi di programma con i quali sono definite le appropriate modalità, anche organizzative, di gestione. Art. 90.

Attività private sostitutive di funzioni amministrative 1. Con decreto del Presidente della Repubblica, si stabilisce la classificazione delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta e delle traverse, individuando quelle per le quali l'approvazione tecnica puo' essere sostituita da una dichiarazione del progettista che asseveri la rispondenza alla normativa tecnica della progettazione e della costruzione. Art. 91.

Registro italiano dighe - RID 1. Ai sensi dell'articolo 3, lettera d) della legge 15 marzo 1997, n. 59, il Servizio nazionale dighe e' soppresso quale Servizio tecnico nazionale e trasformato in Registro italiano dighe - RID, che provvede, ai fini della tutela della pubblica incolumità, all'approvazione tecnica dei progetti ed alla vigilanza sulla costruzione e sulle operazioni di controllo spettanti ai concessionari sulle dighe di ritenuta aventi le caratteristiche indicate all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito con modificazioni dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584. 2. Le regioni e le province autonome possono delegare al RID l'approvazione tecnica dei progetti delle dighe di loro competenza e richiedere altresì consulenza ed assistenza anche relativamente ad altre opere tecnicamente assimilabili alle dighe, per lo svolgimento dei compiti ad esse assegnati. 3. Ai sensi dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, con specifico provvedimento da adottarsi su proposta del Ministro dei lavori pubblici d'intesa con la Conferenza Statoregioni, sono definiti l'organizzazione, anche territoriale, del RID, i suoi compiti e la composizione dei suoi organi, all'interno dei quali dovrà prevedersi adeguata rappresentanza regionale. Art. 92.

Riordino di strutture 1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, sono ricompresi in particolare: a) gli uffici del Ministero dei lavori pubblici competenti in materie di acque e difesa del suolo; b) il Magistrato per il Po e l'ufficio del genio civile per il Po di Parma; c) l'ufficio per il Tevere e l'Agro romano; d) il Magistrato alle acque di Venezia, definendone le funzioni in materia di salvaguardia di Venezia e della sua laguna. 2. Con decreti da emanarsi ai sensi dell'articolo 9 del presente decreto legislativo, si provvede, previa intesa con la Conferenza unificata, al riordino degli organismi e delle strutture operanti nel settore della difesa del suolo nonche' all'adeguamento delle procedure di intesa e leale cooperazione tra lo Stato e le regioni previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, in conformità ai principi e agli obiettivi nella stessa stabiliti. 3. Con uno o piu' decreti da emanarsi ai sensi degli articoli 11 e 12 della legge 15 marzo 1997, n. 59, si provvede al riordino del Dipartimento dei servizi tecnici nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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4. Gli uffici periferici del Dipartimento dei servizi tecnici nazionali sono trasferiti alle regioni ed incorporati nelle strutture operative regionali competenti in materia. Capo V Opere pubbliche Art. 93.

Funzioni mantenute allo Stato 1. Sono mantenute allo Stato le funzioni relative: a) alla responsabilità dell'attuazione dei programmi operativi multiregionali dei quadri comunitari di sostegno con cofinanziamento dell'Unione europea e dello Stato membro, escluse la realizzazione e la gestione degli interventi; b) alla programmazione, progettazione, esecuzione e manutenzione di opere pubbliche relative a organi costituzionali o di rilievo costituzionale o internazionale; c) alla programmazione, progettazione, esecuzione e manutenzione di grandi reti infrastrutturali dichiarate di interesse nazionale con legge statale; d) alla programmazione, progettazione, esecuzione e manutenzione di opere in materia di difesa, dogane, ordine e sicurezza pubblica ed edilizia penitenziaria; e) alla programmazione, alla localizzazione e al finanziamento della realizzazione e della manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili destinati a ospitare uffici dell'amministrazione dello Stato, nel rispetto delle competenze conferite alle regioni e agli enti locali e fatte salve le procedure di localizzazione e quanto previsto dall'articolo 55; f) alla regolamentazione e alla vigilanza relativamente al sistema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici; g) ai criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e alle norme tecniche per le costruzioni nelle medesime zone; h) alla valutazione tecnico-amministrativa dei progetti delle opere di competenza statale ai sensi del presente articolo. 2. Resta ferma la ripartizione di competenze prevista dalle vigenti leggi relativamente agli interventi per il Giubileo del 2000 e per Roma capitale. 3. Sono, altresì, mantenute allo Stato le funzioni attualmente attribuite all'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici e all'Osservatorio dei lavori pubblici. 4. Le funzioni di cui alle lettere e), g) e h) del comma 1 sono esercitate sentita la Conferenza unificata. Art. 94.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali 1. Ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono delegate alle regioni le funzioni relative alla progettazione, esecuzione e manutenzione straordinaria di tutte le opere relative alle materie di cui all'articolo 1, comma 3, della medesima legge n. 59, non espressamente mantenute allo Stato ai sensi delle lettere c), d), e) e f) dell'articolo 93 del presente decreto legislativo. Tali opere comprendono gli interventi di ripristino in seguito ad eventi bellici o a calamità naturali. 2. Tutte le altre funzioni in materia di opere pubbliche non espressamente indicate nelle disposizioni dell'articolo 93 e del comma 1 del presente articolo sono conferite alle regioni e agli enti locali e tra queste, in particolare: a) l'individuazione delle zone sismiche, la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone; b) l'autorizzazione alla costruzione di elettrodotti con tensione normale sino a 150 kV; c) la valutazione tecnico-amministrativa e l'attività consultiva sui progetti di opere pubbliche di rispettiva competenza; d) l'edilizia di culto; e) il ripristino di edifici privati danneggiati da eventi bellici; f) le funzioni collegate alla cessazione del soppresso intervento nel Mezzogiorno, con le modalità previste dall'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

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Art. 95.

Interventi di interesse nazionale in aree urbane e metropolitane 1. Fatto salvo quanto disposto dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo 54 e dalla lettera f) del comma 1 dell'articolo 93, la realizzazione delle opere di cui al comma 1 dell'articolo 94 dichiarate di interesse nazionale e finanziate con leggi speciali relative a singole aree urbane o metropolitane e' delegata alle cittĂ metropolitane ovvero, in mancanza, al comune capoluogo per le opere da realizzarsi nel territorio comunale e alla provincia per le opere da realizzarsi nel restante territorio dell'area urbana o metropolitana interessata. 2. Ai soggetti di cui al comma 1 spetta, per i territori di rispettiva competenza, il coordinamento generale degli interventi relativi ad opere di competenza dello Stato, della regione e degli enti locali. 3. La programmazione generale degli interventi di cui al comma 1 e' definita in sede di commissioni presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri, e composte da un pari numero di rappresentanti dello Stato e di rappresentanti della regione e della cittĂ metropolitana o, in assenza, del comune capoluogo e della provincia. La composizione e i compiti di tali commissioni sono definiti con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Art. 96.

Riordino di strutture 1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, sono ricompresi gli uffici centrali e periferici dell'amministrazione dello Stato competenti in materia di opere pubbliche e, in particolare: a) il Dipartimento per le aree urbane presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri; b) il Consiglio superiore dei lavori pubblici; c) la direzione generale delle opere marittime del Ministero dei lavori pubblici; d) gli uffici del genio civile per le opere marittime; e) la direzione generale dell'edilizia statale e dei servizi speciali; f) i provveditorati regionali alle opere pubbliche. 2. Sono soppresse le sezioni autonome del genio civile per le zone terremotate di Palermo, Trapani e Agrigento istituite con la legge 5 febbraio 1970, n. 21. Omissis Capo VIII Protezione civile Art. 107.

Funzioni mantenute allo Stato 1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti relativi: a) all'indirizzo, promozione e coordinamento delle attivitĂ delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, delle comunitĂ montane, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale in materia di protezione civile; b) alla deliberazione e alla revoca, d'intesa con le regioni interessate, dello stato di emergenza al verificarsi degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225; c) alla emanazione, d'intesa con le regioni interessate, di ordinanze per l'attuazione di interventi di emergenza, per evitare situazioni di pericolo, o maggiori danni a persone o a cose, per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi e nelle quali e' intervenuta la dichiarazione di stato di emergenza di cui alla lettera b); d) alla determinazione dei criteri di massima di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225; e) alla fissazione di norme generali di sicurezza per le attivitĂ industriali, civili e commerciali; f) alle funzione operative riguardanti: 1) gli indirizzi per la predisposizione e l'attuazione dei programmi di previsione e prevenzione in relazione alle

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varie ipotesi di rischio; 2) la predisposizione, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, dei piani di emergenza in caso di eventi calamitosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e la loro attuazione; 3) il soccorso tecnico urgente, la prevenzione e lo spegnimento degli incendi e lo spegnimento con mezzi aerei degli incendi boschivi; 4) lo svolgimento di periodiche esercitazioni relative ai piani nazionali di emergenza; g) la promozione di studi sulla previsione e la prevenzione dei rischi naturali ed antropici. 2. Le funzioni di cui alle lettere a), d), e), e al numero 1) della lettera f) del comma 1, sono esercitate attraverso intese nella Conferenza unificata. Art. 108.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali 1. Tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate nelle disposizioni dell'articolo 107 sono conferite alle regioni e agli enti locali e tra queste, in particolare: a) sono attribuite alle regioni le funzioni relative: 1) alla predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, sulla base degli indirizzi nazionali; 2) all'attuazione di interventi urgenti in caso di crisi determinata dal verificarsi o dall'imminenza di eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge 24 febbraio 1992, n. 225, avvalendosi anche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; 3) agli indirizzi per la predisposizione dei piani provinciali di emergenza in caso di eventi calamitosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992; 4) all'attuazione degli interventi necessari per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi; 5) allo spegnimento degli incendi boschivi, fatto salvo quanto stabilito al punto 3) della lettera f) del comma 1 dell'articolo 107; 6) alla dichiarazione dell'esistenza di eccezionale calamitĂ o avversitĂ atmosferica, ivi compresa l'individuazione dei territori danneggiati e delle provvidenze di cui alla legge 14 febbraio 1992, n. 185; 7) agli interventi per l'organizzazione e l'utilizzo del volontariato. b) sono attribuite alle province le funzioni relative: 1) all'attuazione, in ambito provinciale, delle attivitĂ di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali, con l'adozione dei connessi provvedimenti amministrativi; 2) alla predisposizione dei piani provinciali di emergenza sulla base degli indirizzi regionali; 3) alla vigilanza sulla predisposizione da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da attivare in caso di eventi calamitosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) della legge 24 febbraio 1992, n. 225; c) sono attribuite ai comuni le funzioni relative: 1) all'attuazione, in ambito comunale, delle attivitĂ di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali; 2) all'adozione di tutti i provvedimenti, compresi quelli relativi alla preparazione all'emergenza, necessari ad assicurare i primi soccorsi in caso di eventi calamitosi in ambito comunale; 3) alla predisposizione dei piani comunali e/o intercomunali di emergenza, anche nelle forme associative e di cooperazione previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, e, in ambito montano, tramite le comunitĂ montane, e alla cura della loro attuazione, sulla base degli indirizzi regionali; 4) all'attivazione dei primi soccorsi alla popolazione e degli interventi urgenti necessari a fronteggiare l'emergenza; 5) alla vigilanza sull'attuazione, da parte delle strutture locali di protezione civile, dei servizi urgenti; 6) all'utilizzo del volontariato di protezione civile a livello comunale e/o intercomunale, sulla base degli indirizzi nazionali e regionali. Art. 109.

Riordino di strutture e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco

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1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, sono ricompresi, in particolare: a) il Consiglio nazionale per la protezione civile; b) il Comitato operativo della protezione civile. 2. Con uno o piu' decreti da emanarsi ai sensi degli articoli 11 e 12 della legge 15 marzo 1997, n. 59, si provvede al riordino delle seguenti strutture: a) Direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi presso il Ministero dell'interno; b) Corpo nazionale dei vigili del fuoco; c) Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Omissis Capo V Beni e attività culturali Art. 148.

Definizioni

1. Ai fini del presente decreto legislativo si intendono per: a) "beni culturali", quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà così individuati in base alla legge; b) "beni ambientali", quelli individuati in base alla legge quale testimonianza significativa dell'ambiente nei suoi valori naturali o culturali; c) "tutela", ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali; d) "gestione", ogni attività diretta, mediante l'organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione; e) "valorizzazione", ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione; f) "attività culturali", quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte; g) "promozione", ogni attività diretta a suscitare e a sostenere le attività culturali. Art. 149.

Funzioni riservate allo Stato 1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono riservate allo Stato le funzioni e i compiti di tutela dei beni culturali la cui disciplina generale e' contenuta nella legge 1 giugno 1939, n. 1089, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, e loro successive modifiche e integrazioni. 2. Lo Stato, le regioni e gli enti locali concorrono all'attività di conservazione dei beni culturali. 3. Sono riservate allo Stato, in particolare, le seguenti funzioni e compiti: a) apposizione di vincolo, diretto e indiretto, di interesse storico o artistico e vigilanza sui beni vincolati; b) autorizzazioni, prescrizioni, divieti, approvazioni e altri provvedimenti, anche di natura interinale, diretti a garantire la conservazione, l'integrità e la sicurezza dei beni di interesse storico o artistico; c) controllo sulla circolazione e sull'esportazione dei beni di interesse storico o artistico ed esercizio del diritto di prelazione; d) occupazione d'urgenza, concessioni e autorizzazioni per ricerche archeologiche; e) espropriazione di beni mobili e immobili di interesse storico o artistico; f) conservazione degli archivi degli Stati italiani preunitari, dei documenti degli organi giudiziari e amministrativi dello Stato non piu' occorrenti alle necessità ordinarie di servizio, di tutti gli altri archivi o documenti di cui lo Stato abbia la disponibilità in forza di legge o di altro titolo; g) vigilanza sugli archivi degli enti pubblici e sugli archivi privati di notevole interesse storico, nonche' le competenze in materia di consultabilità dei documenti archivistici; h) le ulteriori competenze previste dalla legge 1° giugno 1939, n. 1089, e dal decreto del Presidente della

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Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, e da altre leggi riconducibili al concetto di tutela di cui all'articolo 148 del presente decreto legislativo. 4. Spettano altresì allo Stato, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59, le seguenti funzioni e compiti: a) il controllo sulle esportazioni, ai sensi del regolamento CEE n. 3911/1992 del Consiglio del 9 dicembre 1992 e successive modificazioni; b) le attività dirette al recupero dei beni culturali usciti illegittimamente dal territorio nazionale, in attuazione della direttiva 93/7/CEE del Consiglio del 15 marzo 1993; c) la prevenzione e repressione di reati contro il patrimonio culturale e la raccolta e coordinamento delle informazioni relative; d) le funzioni relative a scuole e istituti nazionali di preparazione professionale operanti nel settore dei beni culturali nonche' la determinazione dei criteri generali sulla formazione professionale e l'aggiornamento del personale tecnico-scientifico, ferma restando l'autonomia delle università; e) la definizione, anche con la cooperazione delle regioni, delle metodologie comuni da seguire nelle attività di catalogazione, anche al fine di garantire l'integrazione in rete delle banche dati regionali e la raccolta ed elaborazione dei dati a livello nazionale; f) la definizione, anche con la cooperazione delle regioni, delle metodologie comuni da seguire nell'attività tecnico-scientifica di restauro. 5. Le regioni, le province e i comuni possono formulare proposte ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui al comma 3, lettere a) ed e), del presente articolo, nonche' ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione. Lo Stato puo' rinunciare all'acquisto ai sensi dell'articolo 31 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, trasferendo alla regione, provincia o comune interessati la relativa facoltà. 6. Restano riservate allo Stato le funzioni e i compiti statali in materia di beni ambientali di cui all'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312.

omissis Titolo V POLIZIA AMMINISTRATIVA REGIONALE E LOCALE E REGIME AUTORIZZATORIO Capo I Disposizioni in materia di polizia amministrativa regionale e locale e regime autorizzatorio Art. 158.

Oggetto

1. Il presente titolo ha come oggetto le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla materia "polizia amministrativa regionale e locale". 2. Le regioni e gli enti locali sono titolari delle funzioni e dei compiti di polizia amministrativa nelle materie ad essi rispettivamente trasferite o attribuite. La delega di funzioni amministrative dallo Stato alle regioni e da queste ultime agli enti locali, anche per quanto attiene alla subdelega, ricomprende anche l'esercizio delle connesse funzioni e compiti di polizia amministrativa. Art. 159.

Definizioni 1. Le funzioni ed i compiti amministrativi relativi alla polizia amministrativa regionale e locale concernono le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le competenze, anche delegate, delle regioni e degli enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica.

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2. Le funzioni ed i compiti amministrativi relativi all'ordine pubblico e sicurezza pubblica di cui all'articolo 1, comma 3, lettera l), della legge 15 marzo 1997, n. 59, concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonche' alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni. Art. 160

Competenze dello Stato 1. Ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e 4, e dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono conservati allo Stato le funzioni e i compiti di polizia amministrativa nelle materie elencate nel predetto comma 3 dell'articolo 1 e quelli relativi ai compiti di rilievo nazionale di cui al predetto comma 4 del medesimo articolo 1. 2. L'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza resta disciplinato dalla legge 1 aprile 1981, n. 121, e successive modifiche ed integrazioni, che individua, ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, le forze di polizia. Art. 161.

Conferimenti alle regioni e agli enti locali .1 Sono conferiti alle regioni e agli enti locali, secondo le modalità e le regole fissate dal presente titolo, tutte le funzioni ed i compiti di polizia amministrativa nelle materie ad essi rispettivamente trasferite o attribuite, salvo le riserve allo Stato di cui all' articolo 160. Art. 162.

Trasferimenti alle regioni 1. E' trasferito alle regioni, in particolare, il rilascio dell'autorizzazione per l'espletamento di gare con autoveicoli, motoveicoli, ciclomotori su strade ordinarie di interesse di piu' province, nell'ambito della medesima circoscrizione regionale, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Del provvedimento e' tempestivamente informata l'autorità di pubblica sicurezza. 2. Il servizio di polizia regionale e locale e' disciplinato dalle leggi regionali e dai regolamenti degli enti locali, nel rispetto dei principi di cui al titolo V della parte II della Costituzione e della legislazione statale nelle materie alla stessa riservate. Art. 163.

Trasferimenti agli enti locali 1. Le funzioni e i compiti di polizia amministrativa spettanti agli enti locali sono indicati nell'articolo 161 del presente decreto legislativo. 2. Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione, sono trasferiti ai comuni le seguenti funzioni e compiti amministrativi: a) il rilascio della licenza di vendita ambulante di strumenti da punta e da taglio, di cui all'articolo 37 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e all'articolo 56 del regolamento di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635; b) il rilascio delle licenze concernenti le agenzie d'affari nel settore delle esposizioni, mostre e fiere campionarie, di cui all'articolo 115 del predetto testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; c) il ricevimento della dichiarazione relativa all'esercizio dell'industria di affittacamere o appartamenti mobiliati o comunque relativa all'attività di dare alloggio per mercede, di cui all'articolo 108 del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; d) il rilascio delle licenze concernenti le agenzie di affari, di cui all'articolo 115 del richiamato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ad esclusione di quelle relative all'attività di recupero crediti, pubblici incanti, agenzie matrimoniali e di pubbliche relazioni; e) il rilascio della licenza per l'esercizio del mestiere di fochino, previo accertamento della capacità tecnica

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dell'interessato da parte della Commissione tecnica provinciale per gli esplosivi, di cui all'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302; f) il rilascio dell'autorizzazione per l'espletamento di gare con autoveicoli, motoveicoli o ciclomotori su strade ordinarie di interesse esclusivamente comunale, di cui all'articolo 68 del predetto testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e all'articolo 9 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; g) il rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento dell'attività di direttore o istruttore di tiro, di cui all'articolo 31 della legge 18 aprile 1975, n. 110; h) le autorizzazioni agli stranieri per l'esercizio dei mestieri girovaghi, di cui all'articolo 124 del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. 3. Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione, sono trasferite alle province le seguenti funzioni e compiti amministrativi: a) il riconoscimento della nomina a guardia giurata degli agenti venatori dipendenti dagli enti delegati dalle regioni e delle guardie volontarie delle associazioni venatorie e protezionistiche nazionali riconosciute, di cui all'articolo 27 della legge 11 febbraio 1992, n. 157; b) il riconoscimento della nomina di agenti giurati addetti alla sorveglianza sulla pesca nelle acque interne e marittime, di cui all'articolo 31 del regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1604, e all'articolo 22 della legge 14 luglio 1965, n. 963; c) il rilascio dell'autorizzazione per l'espletamento di gare con autoveicoli, motoveicoli e ciclomotori su strade ordinarie di interesse sovracomunale ed esclusivamente provinciale, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. 4. Dei provvedimenti di cui al comma 2, lettere a), e), f) e g), e di cui al comma 3 e' data tempestiva informazione all'autorità di pubblica sicurezza. Art. 164. Abrogazione di norme 1. Sono abrogate le seguenti disposizioni: a) la legge 13 dicembre 1928, n. 3086, nonche' il riferimento alla legge medesima contenuto nella tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300; b) l'articolo 76 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, fermo restando l'obbligo di informazione preventiva all'autorità di pubblica sicurezza; c) l'articolo 19, comma 1, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; d) l'articolo 19, comma 4, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, nella parte in cui prevede la comunicazione al prefetto e i poteri di sospensione, revoca e annullamento in capo a quest'ultimo in ordine: all'articolo 19, comma 1, numero 13), in materia di licenza agli stranieri per mestieri ambulanti; all'articolo 19, comma 1, numero 14), in materia di registrazione per mestieri ambulanti; all'articolo 19, comma 1, numero 17), in materia di licenza di iscrizione per portieri e custodi, fermo restando il dovere di tempestiva comunicazione al prefetto dei provvedimenti adottati. e) gli articoli 72, 74, 75, 81 e 83 del predetto testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in materia di attestazione dell'attività di fabbricazione e commercio di pellicole cinematografiche; f) l'articolo 111 del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in materia di rilascio delle licenze per l'esercizio dell'arte fotografica, fermo restando l'obbligo di informazione tempestiva all'autorità di pubblica sicurezza. 2. E' altresì abrogato il comma 5 dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 24 luglio 1977, n. 616, nella parte in cui si riferisce ai numeri 13), 14) e 17) del comma 1 dello stesso articolo 19. 3. Nell'articolo 68, primo comma, del piu' volte richiamato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, le parole "rappresentazioni cinematografiche e teatrali" sono abrogate.

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Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137" omissis

Articolo 181

Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformitĂ da essa 1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformitĂ di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici e' punito con le pene previste dall'articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. 2. Con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato. Copia della sentenza e' trasmessa alla regione ed al comune nel cui territorio e' stata commessa la violazione.

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I BENI DEMANIALI Note di dottrina La Pubblica Amministrazione, per poter svolgere i compiti ad essa affidati nel perseguimento del pubblico interesse, si serve oltre che di risorse umane anche di beni materiali: all'interno di questa seconda categoria possiamo collocare i beni pubblici che per molteplici profili sono assoggettati ad una normativa peculiare. In primo luogo esistono beni rientranti nel c.d. patrimonio disponibile i quali possono essere ggetto di contratti di alienazione, di contratti di acquisto e possono essere gravati da diritti reali; questi si distinguono dai beni demaniali in ordine ai quali, per quanto concerne la circolazione e la tutela, é prevista una disciplina per così dire derogatoria. La distinzione si giustifica anche a livello costituzionale poiché l'art. 42 Cost. premette che la proprietà può essere pubblica o privata, con ciò implicitamente consentendo al legislatore ordinario di prevedere una disciplina normativa differenziata.

Beni del Demanio Necessario e Accidentale

La disciplina dei beni demaniali é contenuta nel codice civile, agli artt. 822 e ss; essi si distinguono in beni demaniali necessari e beni demaniali accidentali. Cominciando dal demanio necessario l'art. 822 c.c. afferma che questo comprende in primo luogo i beni del marittimo costituito dal lido del mare, spiagge, porti, lagune, rade, foci e canali utilizzabili ad uso pubblico marino; tra i beni del demanio necessario la legge annovera i beni del demanio idrico (fiumi, torrenti, laghi ed altre acque pubbliche) nonché i beni del demanio militare. Il minimo comune denominatore é rappresentato da ciò, che essi appartengono allo Stato ma eccezionalmente anche alle regioni o ad altri Enti territoriali, secondo le specifiche realtà proprie di ciascuna regione. Inoltre essi si caratterizzano per la loro scarsa obsolescenza consistendo in beni immobili. Diversi dai beni del demanio necessario sono i beni del demanio accidentale costituito da strade, autostrade, aerodromi, acquedotti, immobili di interesse storico, archeologico, artistico, raccolte di musei, pinacoteche, archivi, biblioteche ed altri beni assoggettati allo stesso regime. Oggi sono da escludere le strade ferrate poiché con l. 210/1985 esse sono state sdemanializzate. Alcuni beni rientranti nel demanio comunale come cimiteri e mercati comunali sono sottoposti allo stesso regime. Almeno due differenze si palesano rispetto ai beni demaniali necessari: essi non sono costituiti necessariamente da beni immobili potendo anche consistere in universalità di mobili ed inoltre non appartengono necessariamente allo Stato o alla regione o ad altri Enti pubblici territoriali L'art. 823 c.c. detta una prima regola in ordine al regime della circolazione di tutti i beni demaniali: essi sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore dei terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Essi sono incommerciabili e tuttavia i beni demaniali necessari sono altresì intrasferibili potendo appartenere solo allo Stato o ad altri Enti pubblici territoriali. Sempre la disposizione in esame detta un'altra norma che chiaramente si giustifica col carattere pubblicistico dell'amministrazione pubblica: spetta ad essa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico, potere questo che si concretizza nell'adozione di provvedimenti di polizia demaniale, ma non le è impedito di servirsi degli ordinari mezzi di difesa della proprietà e del possesso rivolgendosi al giudice ordinario. L'art.829 c.c. prevede la possibilità che beni del demanio accidentale siano trasferiti al patrimonio indisponibile dietro adeguata pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'atto che dispone tale passaggio. Il venir meno della qualità di bene demaniale comporta la cessazione del diritto di uso eventualmente riconosciuto a terzi nonché delle eventuali limitazioni derivanti dalla natura demaniale del bene stesso. Beni del Patrimonio Indisponibile

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I beni patrimoniali indisponibili sono indicati dagli artt. 826c.c. e 830c.c. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della presidenza della Repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari (Cod. Nav. 745) e le navi da guerra. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a pubblico servizio (art. 826 c.c.) La disciplina dei beni patrimoniali indisponibili si applica altresì ai beni appartenenti agli enti pubblici non territoriali. In ordine alle acque termali, minerali e foreste il d.p.r. 616/1977 ne ha disposto il passaggio al patrimonio indisponibile della regione; cave e torbiere possono essere sottratte al proprietario del fondo in caso di mancato o insufficiente sfruttamento per essere anch'esse acquisite al patrimonio indisponibile della regione. Le miniere sono riservate al patrimonio indisponibile dello Stato. Infine l'ultima categoria di beni patrimoniali indisponibili é costituita dalle cose mobili di interesse storico, paletnologico, paleontologico e artistico appartenenti a qualsiasi ente pubblico; questi beni sono assoggettati alla disciplina dei beni patrimoniali indisponibili ma la loro raccolta in musei, pinacoteche, archivi e biblioteche ne comporta una diversa configurazione poiché attribuisce loro la qualità di beni demaniali accidentali. Il regime previsto per questi beni dall'art. 828 c.c. ha come conseguenza quella di rendere impossibile la sottrazione alla loro destinazione mentre gli atti di disposizione e la costituzione di diritti reali parziari a favore di terzi sono possibili purché rispettino il vincolo di destinazione di cui sopra. In ordine alla cessazione della qualità di bene demaniale e di bene del patrimonio indisponibile, questa si verifica in occasione della distruzione, perdita dei requisiti di bene demaniale o accidentale, cessazione della destinazione. E' interessante inoltre fare cenno al tema dei diritti che possono essere costituiti sui beni pubblici e privati, fra i quali si annoverano oltre al diritto di proprietà demaniale sui beni pubblici, i diritti spettanti agli enti territoriali sui beni altrui costituiti per l'utilità di alcuni dei beni demaniali o per il conseguimento di fini di pubblico interesse. Un esempio potrebbe esser dato dalla costituzione del diritto di servitù gravante su un fondo privato per la realizzazione di un acquedotto pubblico o per l'installazione di tralicci per il trasporto dell'energia elettrica; diversa é invece la servitù di via alzaia che grava sui fondi lambiti da corsi d'acqua navigabili. In entrambi i casi si tratta di servitù prediali pubbliche. L'art. 825 c.c. dispone che diritti su beni beni privati possono essere costituiti altresì per la realizzazione di un interesse pubblico: va notato che la tutela degli stessi può esser chiesta da ogni membro della collettività. Una menzione infine meritano gli usi civici: diritti di uso, godimento e proprietà spettanti alla collettività su terreni di proprietà di comuni ovvero di privati per rendere possibile l'esercizio di attività quali il pascolo, la pesca, la caccia ecc.

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PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA TITOLARITÀ’ DELLA VIGILANZA E DELLA POLIZIA AMMINISTRATIVA SUL DEMANIO L’evoluzione normativa che ha interessato il regime gestionale del demanio idrico negli ultimi anni ha ingenerato incertezze anche per quanto concerne i controlli sul demanio idrico, espletati, sino a poco tempo fa, unicamente dallo stato. Ci si è chiesti come mai un soggetto che ha conservato la titolarità del bene ma ha trasferito/delegato la funzione amministrativa connessa agli atti di gestione e di ammnistrazione in generale di detto bene non possa espletare la vigilanza sulla sua proprietà essendo evidente che è il soggetto titolare della funzione amministrativa connessa alla gestione ad essere chiamato a verificare la rispondenza tra il titolo di godimento del bene e la reale situazione della concessione in sito. L’articolo 105 comma 2 lettera l) del D. L.vo 112/98, attuativo della legge 59/97, nell’esplicitare il conferimento di funzioni alle Regioni e agli Enti Locali sul demanio, parla di “rilascio di concessioni di beni del

demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento.........”.

L’articolo 1 comma 2 dello stesso Decreto Legislativo specifica che il conferimento comprende anche le funzioni di organizzazione e le attività connesse e strumentali all’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, quali tra gli altri quelli di vigilanza e polizia amministrativa. La vigilanza sul demanio, conferita alle Regioni e agli Enti locali, deve naturalmente essere messa in relazione a quella esercitata dall’Autorità Giudiziaria nei suoi compiti di polizia giudiziaria. Sull’esatta portata della delega inerente le funzioni di polizia amministrativa, invece, è intervenuto il Dicastero competente con un apposito capitolo contenuto nella circolare esplicativa n. 120/2001 rubricato proprio “Polizia Amministrativa”. Ciò anche al fine di evitare che, in assenza di chiarimenti, si pensasse alla Regione/Ente Locale quale Autorità competente, in ogni caso, ad intraprendere tali azioni, ignorando, in tal modo, tutta la delicata questione sulla dominicalità del bene. Vale solo la pena accennare che – ma questo riguarda il demanio marittimo - non possono permanere dubbi sull’individuazione dell’autorità deputata alla vigilanza sul rispetto dell’articolo 54 cod. nav., dato che si configura come un’operazione di polizia giudiziaria; e che quest’ultima, seppur riguardante illeciti penali nelle materie conferite, non è oggetto di conferimento. Il problema interpretativo nasce, invece, per la polizia amministrativa nelle materie oggetto di conferimento; polizia che, ricordiamo ancora una volta, è stata esplicitamente compresa nella portata del disposto di cui all’articolo 1 comma 2 D. L.vo 112/98. Si vuole preliminarmente rilevare come da tale capitolo emerge l’utilizzo dei termini polizia amministrativa e autotutela come se le relative azioni coincidessero. Ancora si identifica l’autotutela amministrativa con le sole ordinanze di riduzione in pristino a seguito di violazioni all’articolo 54 C.d.N. Si precisa che l’autotutela amministrativa dei beni demaniali non consiste solo in quelle ordinanze di ripristino ma, come specificato nella sentenza del Consiglio di Stato – sezione V – 01/10/1999, n. 1224, “comprende

anche la facoltà di revoca o di modificazione, avente forza coattiva, degli atti e delle situazioni divenute incompatibili con la destinazione pubblica del bene.”.

Sempre la stessa sentenza definisce in cosa consiste il potere di autotutela amministrativa dei beni demaniali specificando che “serve sia a proteggere il bene da turbativa sia ad eliminare ogni situazione di contrasto verso il pubblico interesse che deve ispirarne l’uso se destinato a pubblico servizio......” E ancora la polizia amministrativa regionale e locale non si esaurisce solo nell’esplicazione del potere di autotutela amministrativa ma sembra avere una portata più generale comprendente, ai sensi del recente D. L.vo 112/98 articolo 153, “tutte le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai

soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate

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le competenze, anche delegate, delle regioni e degli Enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica”. La citata disposizione può apparire in un certo qual modo indeterminata nella definizione del limite entro il quale la polizia amministrativa può agire. Dato infatti che l’interesse statale legato alla proprietà del bene è – sotto certi aspetti -preponderante rispetto all’interesse locale relativo alla gestione del bene, la disamina relativa alla singola fattispecie ed alla valutazione dell’interesso leso è sicuramente fondamentale ai fine della definizione della competenza ad agire. Rimane la polizia amministrativa, sempre in relazione alle materie trasferite. Tale funzione è stato esplicitamente conferita, insieme alla vigilanza, in quanto azione connessa e strumentale all’esercizio delle funzioni e compiti trasferiti. Su tale aspetto, del resto, è intervenuto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per evidenziare come lo stesso debba essere relazionato al fatto che il bene demaniale appartiene ancora allo Stato e che quindi in specifici alcuni casi, dove l’integrità del bene venga minacciata, anche la polizia amministrativa debba essere esercitata dallo Stato. Ciò in linea di stretto principio. In realtà lo Stato è intervenuto, ad eccezione che per il demanio marittimo, solo a lato dell’Ente territoriale al quale la funzione è stata conferita, e solo nei casi in cui – per rilevanza delle circostanze – la lesione del diritto dominicale si è manifestata con estrema evidenza. Ne discende che tutte le altre azioni di polizia amministrativa e di vigilanza, inerenti le funzioni e i compiti conferiti, debbano considerarsi trasferite alle Regioni/Enti Locali, quali:

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uso difforme da quello assentito non realizzazione delle opere previste nel titolo concessorio; abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione; inadempienza agli obblighi fissati nell’atto di concessione o imposti da leggi e regolamenti; uso non continuato o cattivo uso della concessione; l’accessibilità/visitabilità delle strutture realizzate; casi di revoca o di modificazione, avente forza coattiva, degli atti e delle situazioni divenute incompatibili con la destinazione pubblica del bene;


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Stato, Regioni e sdemanializzazione: la Corte "rafforza" il principio di leale collaborazione. Con la sentenza n. 31 del 2006 la Corte costituzionale si pronuncia su un conflitto fra Stato e Regione Lombardia, riconoscendo la lesione delle attribuzioni regionali per violazione del "principio di leale collaborazione". La pronuncia si inserisce nell'ambito della giurisprudenza costituzionale che, al fine di dare coerenza al quadro istituzionale derivante dalla riforma del Titolo V della Costituzione, valorizza sempre più il suddetto principio, come criterio che consente di bilanciare le esigenze di raccordo e coordinamento fra enti territoriali, con quelle della separazione delle competenze. All'origine del conflitto vi è una circolare con la quale l'Agenzia del demanio delinea la procedura di sdemanializzazione di aree appartenenti al demanio idrico e lacuale[1]. Un provvedimento dell'Agenzia del demanio è, dunque, causa di un conflitto di attribuzione fra Stato e Regione. Al fine di giustificare tale possibilità, la Corte ritiene necessario chiarire come debba essere inteso il termine "Stato" nell'applicazione della norma sui conflitti di attribuzione. In particolare, la Corte ritiene che l'art. 134 della Costituzione si riferisca allo Stato attribuendo ad esso un duplice significato: più ristretto, quando viene in considerazione come persona giuridica che esercita le supreme potestà (prima fra tutte quella legislativa); più ampio, quando deve essere inserito nella prospettiva dei rapporti con gli altri enti territoriali. In tal caso è necessario dare al termine una connotazione "funzionale", in forza della quale lo "Stato" diviene un conglomerato di enti deputati allo svolgimento di funzioni rispondenti ad esigenze unitarie e che, pertanto, si inseriscono nel confronto dialettico con Regioni ed enti locali.[2] La Corte riconosce, dunque, la possibilità per lo Stato, ed anche per le Regioni, di scegliere, sotto un profilo organizzativo, le figure più idonee a conseguire i propri fini: spetterà alla Corte, poi, delineare i contorni delle amministrazioni statali e regionali, secondo una prospettiva non più formale, ma sostanziale e funzionale. Le funzioni esercitate dall'Agenzia del demanio rientrano perfettamente in tale dinamica: l'Agenzia, infatti, esercita funzioni tipiche dell'amministrazione statale che, prima della sua costituzione, erano affidate allo "Stato – persona giuridica". Nell'esercizio delle suddette funzioni, l'Agenzia cura interessi ed esercita potestà riconducibili al potere centrale, divenendo così parte integrante del "sistema ordinamentale statale" nei suoi rapporti con il "sistema ordinamentale regionale". In altri termini, l'Agenzia, nell'esercizio delle funzioni ad essa conferite, può emanare degli atti che, ponendosi sul confine tra le sfere di competenza statale e regionale, sono suscettibili di ledere le attribuzioni regionali: quando ciò avviene si verifica un conflitto ai sensi dell'articolo 134 della Costituzione.

2. Nel caso in esame l'atto che, secondo quanto prospettato dalla Regione Lombardia, sarebbe lesivo delle attribuzioni regionali, è una circolare con la quale l'Agenzia del demanio dà attuazione all'art. 5-bis del d.l. 143 del 2003: la norma prevede la cessione di aree appartenenti allo Stato, che non siano sottoposte a tutela, quando risultino interessate dallo sconfinamento di opere eseguite su fondi attigui di proprietà altrui, in forza di concessioni edilizie o di altri titoli L'Agenzia del demanio interviene così in un ambito di "confine" in cui attribuzioni statali e regionali possono facilmente sovrapporsi. Si consideri, infatti, che rispetto al demanio idrico il d.lgs. 112 del 1998 ha determinato una scissione fra il profilo dominicale, spettante allo Stato, e la gestione dei beni, alla quale sono preposte Regioni e Province autonome competenti per territorio. Non solo: il legislatore delegato ha previsto che i canoni derivanti dalla utilizzazione dei beni del demanio idrico e lacuale vengano introitati dalle Regioni. Proprio in considerazione del ruolo preponderante assegnato alle Regioni nella gestione del demanio idrico e lacuale, in sede di Conferenza Unificata, nel 2002, era stato stipulato un accordo in forza del quale lo Stato avrebbe potuto procedere alla sdemanializzazione dei suddetti beni solo previa intesa con le Regioni e le Province autonome[4]. Riconosciuta l'esigenza di un coinvolgimento dell'ente regionale in un procedimento che, pur avendo ad oggetto beni di proprietà statale va comunque ad intaccare interessi regionali, la Conferenza unificata aveva, dunque, individuato nell'intesa lo strumento idoneo a consentire l'effettiva partecipazione delle Regioni.

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TS 35 Taccuino di formazione area specialistico-settoriale

L'Agenzia del demanio ha disciplinato, invece, il procedimento di sdemanializzazione senza prevedere alcuna forma di coinvolgimento degli enti territoriali deputati alla gestione di tali beni, disapplicando l'accordo stipulato in sede di Conferenza unificata e disconoscendo le attribuzioni spettanti a Regioni e Province autonome in materia di demanio idrico e lacuale: ciò, secondo quanto prospettato dalla Regione Lombardia, causerebbe una violazione del principio di leale collaborazione nei rapporti fra gli enti deputati al governo del territorio.

3. La Corte, nello sciogliere i nodi del conflitto, offre un'interpretazione chiaramente ispirata alle esigenze di tutela del ruolo delle Regioni nella cura degli interessi delle collettività di riferimento. La soluzione poggia da una parte, sulla valorizzazione del principio di leale collaborazione nei rapporti tra gli enti territoriali, dall'altra sul principio di sussidiarietà, come criterio che consente, partendo dalla considerazione della "dimensione" dell'interesse pubblico coinvolto, di individuare il livello di governo idoneo a garantirne la tutela. La Corte rigetta, anzitutto, l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Governo. La difesa erariale aveva, infatti, sostenuto che quand'anche vi fosse stata, nella vicenda, una violazione delle prerogative regionali, essa sarebbe stata ascrivibile non alla circolare impugnata, ma alla norma cui essa dà attuazione. L'art. 5-bis del d.l. 143 del 2005, infatti, pur essendo stato emanato successivamente all'accordo stipulato in seno alla Conferenza unificata, non prevede alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni nella procedura di sdemanializzazione: secondo quanto asserito dal Governo, la Regione avrebbe dovuto, pertanto, sollevare la censura di legittimità costituzionale di questa norma, censura che, peraltro, sarebbe ormai preclusa dal decorso dei termini. Nel rigettare l'eccezione, la Corte ricorda che ogni norma esige di essere interpretata ed applicata coerentemente con il contesto normativo ed istituzionale in cui s' inserisce. L'art. 5-bis del d.l. 143 del 2003 ha ad oggetto beni pubblici destinati, per loro natura, "a soddisfare interessi ricadenti negli ambiti di competenza dei diversi enti preposti dalla Costituzione e dalla legge al governo del territorio". In effetti, coerentemente con tale interpretazione, il legislatore ha conferito alle Regioni e non alla Stato la gestione dei beni in questione, consentendo, pertanto, alla Corte di affermare che "il concreto regime di un bene

appartenente al demanio o al patrimonio dello Stato è la risultante di un intreccio di potestà pubbliche che sottendono altrettanti interessi meritevoli di tutela delle comunità amministrate". Poiché la tutela di questi

interessi è rimessa alle Regioni in quanto enti territoriali deputati alla gestione dei beni del demanio idrico e lacuale e alla riscossione dei canoni, le stesse avrebbero dovuto essere coinvolte nel procedimento. Ma non è l'art. 5- bis del d.l. 143 del 2003, secondo la Corte, a ledere la posizione della Regione. La norma, infatti, è formulata in modo tale da non precludere la previsione, in sede di attuazione, di forme di coinvolgimento dell'ente regionale. Non prevede forme di collaborazione, ma non per questo le esclude: è, pertanto, legittima poiché si presta ad un'interpretazione costituzionalmente orientata. Da qui deriva un vincolo per l'ente chiamato a dare attuazione alla norma, in quanto sarà tenuto a delineare un procedimento di concertazione che coinvolga gli altri livelli di governo del territorio. Lo scrutinio di costituzionalità si concentra, pertanto, sulla circolare dell'Agenzia del demanio. La Corte osserva, anzitutto, che la circolare impugnata dà attuazione all'art. 5-bis del d.l. 143 del 2003, seguendo un'interpretazione della norma non ragionevole e con esiti contraddittori. La circolare dispone, infatti, una generalizzata cessione ai privati delle aree, oggetto dello sconfinamento, senza prevedere alcuna valutazione dell'interesse pubblico sotteso. Ma l'intento del legislatore, secondo la Corte, era diverso: accelerare la cessione non di tutte le aree oggetto dello sconfinamento, ma solo di quelle che, a causa dell'irreversibile mutamento dello stato dei luoghi causato dallo sconfinamento non fossero più utilizzabili per le finalità pubbliche originarie. L'attenzione che il legislatore pone sulla valutazione dell'interesse pubblico, nell'ambito delle procedure di cessione ai privati di aree demaniali, emerge con evidenza se si considera che sono escluse, in modo assoluto e incondizionato, dalla procedura accelerata di alienazione, le aree del demanio marittimo e quelle sottoposte a tutela ai sensi del t.u. in materia di beni culturali e ambientali. E', pertanto, irragionevole un'interpretazione della norma che presuppone, da una parte, l'assoluta esclusione di determinate categorie di beni dalla cessione ai privati, tutelando rigorosamente l'interesse pubblico sotteso e, dall'altra prevede invece una generalizzata dismissione di tutte le altre categorie di beni demaniali, senza consentire agli enti territoriali, di valutare se la tutela degli interessi delle collettività di riferimento imponga il mantenimento della proprietà pubblica di queste aree.

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

Il coinvolgimento degli enti territoriali deputati alla gestione delle aree appartenenti al demanio dello Stato, si impone quindi, anzitutto al fine di consentire un'interpretazione della norma che sia coerente con il dettato legislativo in cui si inserisce. Non solo non può prescindersi da una valutazione dell'interesse pubblico concreto ogni qualvolta si proceda alla cessione ai privati di aree demaniali, ma l'ente deputato ad effettuare tale valutazione deve essere individuato nel rispetto del quadro istituzionale nel quale sono disciplinati i rapporti fra Stato e Regioni in materia di governo del territorio. Tale argomentazione viene rafforzata dalla circostanza che, con la circolare impugnata, l'Agenzia del Demanio ha completamente disatteso il contenuto di un accordo stipulato in sede di Conferenza unificata: ciò costituisce un'ancora più evidente violazione del principio di leale collaborazione. Il principio di ragionevolezza esclude una cessione ai privati di aree demaniali che prescinda dalla valutazione della possibilità di utilizzare queste aree per le finalità pubbliche originarie, i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione impongono che questa valutazione venga effettuata non dallo Stato, che pure è l'Ente proprietario, ma dalla Regione.

4. La Corte risolve, dunque, il conflitto a favore della Regione e lo fa ricorrendo a delle clausole "elastiche", quali appunto la sussidiarietà e la leale collaborazione, il cui uso da parte della giurisprudenza costituzionale, soccorre alla mancanza di formule legislative rigorose nella definizione dei rapporti fra gli enti territoriali, nonostante la maggiore complessità dell'attuale quadro istituzionale. Procedendo per gradi, si ricorda che il fondamento costituzionale della leale collaborazione è rappresentato dall'art. 5, ai sensi del quale la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali, attuando il più ampio decentramento amministrativo. L'elaborazione del principio ha risposto alla necessità di conciliare le esigenze di raccordo e coordinamento fra i vari enti territoriali, di cui la Repubblica si compone, con quelle della separazione delle competenze.[5] Tale principio dovrebbe quindi informare i rapporti fra enti che, in quanto dotati di autonomia costituzionalmente garantita[6], sono chiamati ad esercitare le rispettive funzioni nel pieno rispetto del ruolo e delle prerogative reciproche. All'indomani della riforma costituzionale del 2001 questa esigenza sembra imporsi con maggior vigore: lo Stato non si trova più in una posizione di supremazia gerarchica rispetto agli altri enti, ma, secondo il novellato testo dell'art. 114, insieme ad essi partecipa, in posizione di parità, a costituire la Repubblica.[7] Il Titolo V della Costituzione, riconoscendo pari dignità a tutti gli enti territoriali, in quanto "elementi costitutivi della Repubblica", sembrerebbe, quindi, presentare un'idea del regionalismo ispirato a rapporti di collaborazione tra centro e periferia.[8] Un'interpretazione "fedele" allo spirito della riforma costituzionale si incentra, inevitabilmente, in una valorizzazione dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Tali principi, infatti, "imperniando tutto il dettato costituzionale e non solo gli articoli nei quali sono presenti, garantirebbero la flessibilità delle competenze che è richiesta in un'ottica cooperativa".[9] L'esigenza di valorizzare queste clausole di flessibilità è, come sopra accennato, la conseguenza di una lacuna della riforma: la mancata previsione di strumenti di raccordo fra i diversi livelli di governo. E così la "sussidiarietà è divenuta regola dinamica e collega il principio di legalità con un riparto armonico ed elastico delle funzioni amministrative, (...), il principio di leale collaborazione, infine, è stato espressamente posto al centro della nuova Repubblica delle autonomie".[10] L'idea di un "regionalismo cooperativo" da realizzare ricorrendo a delle clausole di flessibilità idonee a garantire il coordinamento fra centro e periferia, è delineato dalla Corte dalla sentenza n. 303 del 2003. In detta sentenza, la Corte condiziona la legittimità costituzionale della normativa statale di dettaglio, in materie sottoposte alla potestà legislativa concorrente, alla presenza di una "disciplina che prefiguri un iter in cui

assumono il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà". Il principio di leale collaborazione diviene così parametro in grado di condizionare la legittimità costituzionale di una legge che, fondandosi sull'art. 118, vada ad allocare una funzione a livello centrale per salvaguardare esigenze di carattere unitario. In altri termini, l'effettività di tali esigenze non basta a fondare la legittimità costituzionale della norma: la loro valutazione deve comunque avvenire nel rispetto del metodo dell'intesa e dell'accordo.[11] Considerazioni analoghe possono essere tratte dall'analisi della giurisprudenza costituzionale che ha definito i criteri ed i limiti, per l'esercizio dei poteri sostituitivi da parte delle Regioni nei confronti degli enti locali. Non

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vi è alcuna norma costituzionale che disciplina l'intervento sostitutivo della Regione nei confronti degli enti locali, giacché l'art. 120 della Costituzione disciplina unicamente il potere sostitutivo del Governo nei confronti dell'ente regionale. Ciononostante, la Corte, investita della questione della ammissibilità dell'esistenza di un potere sostitutivo anche in capo alle Regioni, si è pronunciata in senso favorevole, ma subordinandone l'esercizio a determinate condizioni: in particolare, la Corte impone che la legge che disciplina l'intervento sostitutivo preveda congrue garanzie procedimentali, ispirate ai principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.[12]

5. La giurisprudenza richiamata consente, quindi, di affermare che il principio di leale collaborazione

costituisce, oramai, un vincolo per il legislatore nel momento in cui delinea un intervento che possa alterare l'equilibrio delle autonomie territoriali.[13] Nella sentenza in rassegna la Corte si misura nuovamente con il principio: la sua applicazione costituisce l'occasione per chiarire come esso debba essere reso operativo nei rapporti fra gli enti territoriali. I punti focali della questione sono i seguenti: in primo luogo, se ed entro quali limiti detto principio vincoli il legislatore al rispetto d'intese e accordi stipulati in una sede istituzionale, qual è la Conferenza unificata, che svolge un ruolo dai confini non ancora certi nel nostro ordinamento. In secondo luogo, nell'ipotesi in cui la norma di rango primario tralasci, ma non precluda, la presenza di forme di coordinamento fra gli enti territoriali, la questione da focalizzare è se il perseguimento delle esigenze della leale collaborazione s' imponga lo stesso in capo alla pubblica amministrazione che è chiamata a dare ad essa attuazione.

La via attraverso la quale si è cercato di rendere concrete le esigenze della leale collaborazione è rappresentata dal cosiddetto "sistema delle Conferenze". Si tratta di tre organi, istituiti in momenti diversi ed attualmente disciplinati dal d.lgs. 281 del 1997: la Conferenza Stato - Regioni, la Conferenza Stato - Città, la Conferenza unificata. In queste sedi dovrebbe essere garantita alle autonomie locali e, soprattutto alle Regioni, un'effettiva partecipazione a quelle decisioni di livello nazionale, di carattere non solo normativo, ma anche amministrativo, destinate ad incidere sull'esercizio delle loro competenze.[14] La disciplina introdotta dal citato decreto legislativo è, dunque, tesa a rafforzare il ruolo delle Conferenze proprio al fine di dotare la leale cooperazione di sedi istituzionali e di procedure formalizzate. Il d.lgs. 281 del 1997, nel disciplinare gli atti conclusivi dei lavori delle Conferenze, individua negli accordi lo strumento privilegiato per l'attuazione del principio di leale collaborazione nei rapporti fra Governo, Regioni e Province autonome. Gli accordi devono essere finalizzati al perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, consentendo agli enti territoriali di "coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e di svolgere attività di interesse comune". Il legislatore delegato non ha previsto però, alcuna misura che sanzionasse il comportamento del Governo o del legislatore nazionale contrastante con un accordo precedentemente raggiunto in sede di Conferenza. Il mancato rispetto dell'accordo costituisce senz'altro una violazione del principio di leale collaborazione, ma non è chiaro fino a che punto ciò possa invalidare gli atti normativi contrastanti con esso. Secondo un primo orientamento, sembrerebbe che la Corte abbia ritenuto soddisfatte le esigenze della leale cooperazione semplicemente per il fatto che un determinato argomento sia stato sottoposto alla discussione in sede di Conferenza. Se ciò che viene concordato in sede di Conferenza si traduce in un preciso atto normativo, la volontà espressa in quella sede assume il valore di un vincolo giuridico; altrimenti, gli impegni assunti valgono esclusivamente sul piano politico, senza avere una vera e propria cogenza. Ne consegue che le Regioni non possono poi denunciare un successivo atto normativo, che si sia discostato dall'accordo raggiunto ex art. 4 del d.lgs. 281 del 1997, per violazione dell'art. 5 della Costituzione. In base a questo ragionamento, la Corte ha rigettato la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle Regioni Piemonte ed Emilia - Romagna, avente ad oggetto un provvedimento legislativo con il quale lo Stato ha disatteso il contenuto di un accordo assunto in sede di Conferenza unificata.[15] Secondo la Corte una decisione assunta dal Parlamento, in sede di approvazione di un provvedimento legislativo (nella fattispecie si trattava della Finanziaria per il 2001), appartiene alla sfera della piena discrezionalità del legislatore, che non essendo vincolata ad alcuna espressa regola costituzionale, non può essere condizionata da un atto assunto in sede di Conferenza unificata. Poiché l'osservanza di un accordo raggiunto in detta sede, nell'ambito di un procedimento legislativo non è imposta né direttamente, né indirettamente dalla Costituzione, ciò non rileva al fine dello scrutinio di legittimità costituzionale.

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La Corte, pertanto, conclude affermando che il principio di leale collaborazione "non può essere dilatato fino al punto da trarne condizionamenti, non altrimenti riconducibili alla Costituzione, rispetto alla formazione e al contenuto delle leggi". La sentenza in rassegna sembra discostarsi da tale pronuncia. Anzitutto, la Corte afferma che non è sufficiente per il rispetto del canone della leale collaborazione, che un argomento sia trattato in sede di Conferenza, ma è necessario che l'accordo al quale si è giunti a conclusione dei lavori, venga poi effettivamente rispettato. Infatti, secondo la Corte "il principio di leale collaborazione, anche in una

accezione minimale, impone alle parti che sottoscrivono un accordo in sede ufficiale di tenere fede ad un impegno assunto".

Posto che nel caso di specie l'impegno assunto in sede di Conferenza è stato disatteso, è necessario comprendere se la lesione sia ascrivibile alla norma di rango primario, come ipotizzato dalla difesa erariale, o se piuttosto derivi dall'attuazione che ne viene data da parte della Agenzia del demanio. Si ricordi che nel rigettare l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale, la Corte ha ritenuto che seppure l'art. 5bis non prevede forme di concertazione con le Regioni, la norma è formulata in modo tale da non escluderne la partecipazione. La Corte, infatti, non ha rigettato l'eccezione sulla base dell'assunto che il legislatore non dovesse garantire il rispetto del citato accordo, ma ha motivato il rigetto sostenendo che la norma deve essere letta nell'ambito del contesto normativo ed istituzionale in cui si colloca e che, pertanto, essa non impedisce ai soggetti competenti a tutelare gli interessi coinvolti nella vicenda, di intervenire al fine di assicurare la valutazione di tali interessi nel procedimento di sdemanializzazione. E' dunque l'interpretazione costituzionalmente orientata che consente di fugare dubbi sulla legittimità costituzionale della norma: fintanto che il legislatore non preclude alla amministrazione di coinvolgere gli altri enti territoriali nel procedimento di sdemanializzazione, essa sarà tenuta a farlo, dovendo così rispettare l'accordo stipulato al fine di concretizzare le esigenze della leale collaborazione. Significativamente, la Corte torna sulla questione interpretativa anche nell'esame della fondatezza, nel merito, della questione: nel ribadire la necessità di interpretare l'art. 5-bis nel rispetto del quadro istituzionale dei rapporti Stato e Regioni in cui interviene, la Corte afferma testualmente che dall'esame di tale norma "solo in estrema ipotesi si potrebbe concludere per una deliberata ed unilaterale deroga all'accordo da parte dello Stato". Seppure non espressamente affermato nella sentenza, la scrupolosità con la quale la Corte si preoccupa di verificare la possibilità di un'interpretazione della norma coerente con l'equilibrio dei rapporti fra gli enti territoriali nella cura del territorio, consente di ipotizzare, secondo un ragionamento a contrario, che essa si sarebbe, invece, pronunciata per l'illegittimità costituzionale di una norma che, intervenendo in una materia già oggetto di un accordo in sede di Conferenza unificata, deliberatamente e inequivocabilmente, imponesse all'amministrazione di disattenderne il contenuto, vanificando, così, le esigenze partecipative realizzate in Conferenza. Se, come la Corte afferma, il principio di leale collaborazione, impone alle parti che hanno stipulato un accordo di tenere fede all'impegno assunto e l'accordo è stato aggiunto in una sede, quale la Conferenza unificata, riconosciuta come la sede ideale per la realizzazione delle esigenze cooperative fra enti territoriali, la discrezionalità del legislatore dovrà ora misurarsi anche con i vincoli derivanti da siffatto accordo. Nel caso di specie, le esigenze partecipative che non vengono soddisfatte (ma neanche precluse) a livello legislativo divengono vincolanti per l'amministrazione: è, infatti, essa che deve dare attuazione alla norma e lo deve fare nel rispetto di tutte le garanzie imposte dalla presenza del pregresso accordo. Il principio di leale collaborazione subisce un'ulteriore dilatazione: qualora le esigenze ad esso sottostanti non trovino soddisfazione a livello legislativo, sarà la pubblica amministrazione a dover dare ad esso compiuta attuazione. Esso diviene, così, uno dei principi ai quali si deve conformare ed adeguare l'azione amministrativa. L'argomento decisivo sul quale la Corte fa leva per annullare la circolare dell'Agenzia del demanio, in quanto lesiva delle attribuzioni regionali si incentra, dunque, sulla presenza del precedente accordo, raggiunto in una sede istituzionale deputata alla collaborazione e al dialogo fra gli enti territoriali.

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La Corte ricorda, infatti, che il principio di leale collaborazione è sì un parametro di legittimità costituzionale, ma è anche un principio elastico e generico che, al fine di informare i rapporti fra gli enti territoriali, necessita di essere concretizzato. La sede ideale nel quale ciò può avvenire è la Conferenza Stato - Regioni: questa sede, nelle parole della Corte, è anche "la più coerente con la sistematica delle autonomie

costituzionali, giacché obbedisce ad una concezione orizzontale - collegiale dei reciproci rapporti più che ad una visione verticale - gerarchica degli stessi".

E' innegabile che il "sistema delle Conferenze" abbia assunto un ruolo centrale nei rapporti fra gli enti territoriali[16]: un'indiretta conferma se ne ha proprio dalla frequenza con cui ciò che avviene in sede di Conferenza diviene poi oggetto, o è comunque richiamato, nella giurisprudenza costituzionale.[17] Ma è anche vero che sull'efficacia delle Conferenze, quali sedi istituzionali deputate alla leale collaborazione, sono state espresse perplessità.[18] In effetti, come già sottolineato, nella riforma costituzionale del 2001, vi è una lacuna, in quanto alla "enfatica" formulazione dell'art. 114 della Costituzione, in forza del quale Stato, Regioni, Comuni, Città metropolitane, sono "elementi costitutivi" della Repubblica e quindi enti dotati di pari dignità costituzionale, non è seguita la creazione di istituzioni idonee a realizzare il dialogo fra questi enti.[19] Inevitabile, pertanto che la giurisprudenza costituzionale rimediasse valorizzando il ruolo delle Conferenze. Questa operazione ermeneutica è ammissibile in quanto la riforma costituzionale si basa su principi elastici, quali appunto la sussidiarietà e la leale collaborazione, che consentono alla Corte Costituzionale di offrire una nuova lettura agli strumenti preesistenti, in modo da realizzare un'interpretazione del quadro istituzionale coerente con il nuovo dettato costituzionale.[20] Tuttavia, è opportuno sottolineare che nella motivazione della sentenza in commento, la Corte Costituzionale, va oltre, lasciando intendere che la circolare dell'Agenzia del demanio avrebbe violato le attribuzioni della Regione, anche laddove non fosse stato stipulato l'accordo in sede di Conferenza unificata. In altri termini, nella vicenda in esame, il principio di leale collaborazione, pur in assenza del citato accordo, avrebbe comunque imposto l'obbligo di coinvolgere l'ente regionale nella procedura di sdemanializzazione. Si ricordi, infatti che l'art. 86 del d.lgs. 112 del 1998 rimette alle Regioni la funzione di gestione del demanio idrico e di riscossione dei canoni. Rispetto al demanio idrico il legislatore delegato ha quindi optato per una "divaricazione" fra il profilo dominicale, spettante allo Stato e quello dell'esercizio delle funzioni amministrative relative alle gestione, spettante alle Regioni. La circostanza è decisiva, perché con questa scelta il legislatore delegato ha riconosciuto che, essendo questi beni destinati a soddisfare interessi delle comunità locali, la gestione degli stessi non può che aspettare agli enti esponenziali di tali collettività. E', dunque, la dimensione dell'interesse pubblico che, secondo il principio di sussidiarietà, guida il legislatore nel riparto delle funzioni amministrative; il principio di leale collaborazione, a sua volta, vincola il legislatore ma anche, come nel caso di specie l'amministrazione, ad assicurare una gestione partecipata e cooperativa del pubblico interesse, coinvolgendo gli enti territoriali deputati alla tutela degli interessi oggetto della vicenda. Le conclusioni alle quali giunge la sentenza in rassegna sono facilmente comprensibili considerando la logica policentrica alla quale si ispira la riforma costituzionale: l'esercizio dei poteri dominicali da parte dello Stato nei confronti di beni la cui gestione è affidata alle Regioni, deve ispirarsi al principio di leale collaborazione, in quanto è necessario bilanciare interessi che fanno capo a soggetti diversi. Interessi non solo statali, ma anche regionali e locali, collaborano a condizionare l'esercizio della potestà pubblica: ciò in quanto il nuovo quadro istituzionale è caratterizzato da una ripartizione di competenze fra i vari livelli di governo della cosa pubblica, causando inevitabili sovrapposizioni ed interferenze. Si impone, quindi, ai fini del rispetto delle prerogative di tutti i soggetti pubblici coinvolti, la presenza di momenti di raccordo tra di loro e la previsione di forme di cooperazione: inevitabilmente, il principio di leale collaborazione sarà sempre più coinvolto, quale parametro di legittimità costituzionale, nella definizione di questi assetti. [1] Circolare della Agenzia del demanio, Direzione generale, del 23 settembre 2003, prot. 203/35540/NOR. [2] Cfr. Corte costituzionale, sent. n. 427/2004, in Foro It., 2005, I, 654 e Corte costituzionale, sent. 72/2005, in Foro It., 2005, I, 965. In particolare, nella seconda pronuncia, la Corte ritiene ammissibile il conflitto di attribuzione fra Stato e Regione sollevato rispetto ad un atto della Agenzia delle entrate, sul

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presupposto della "sostanziale riconducibilità di tale ente, ai fini del conflitto, nell'ambito della amministrazione dello Stato". [3] Nel disciplinare il procedimento di alienazione, l'art. 5-bis del d.l. 143 del 2003, convertito con modificazioni dall'art. 1 della legge n. 212 del 2003, prevede che essa abbia ad oggetto le aree appartenenti demanio e al patrimonio dello Stato, interessate dallo sconfinamento di opere eseguite su fondi attigui di proprietà altrui. L'alienazione deve avvenire mediante vendita diretta in favore del soggetto legittimato che ne faccia richiesta e può riguardare una superficie che, oltre a quello di sconfinamento non vada al di là di tre metri dai confini dell'opera eseguita. [4] Si tratta di un accordo stipulato in data 20 giugno 2002, con il quale la Conferenza unificata, di cui all'art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, ha convenuto che " (...) risultando in alcuni casi particolarmente attive le procedure di sdemanializzazione, il provvedimento finale potrà essere assunto solo a seguito di parere favorevole delle Regioni e delle Province autonome, tenuto anche conto degli indirizzi delle autorità di bacino". [5] Per un'analisi del principio si rinvia a P. Carrozza, Principio di collaborazione e sistema delle garanzie procedurali (la via italiana al regionalismo cooperativo), Le Regioni, 1989, n.2, p. 473.

[6] Così Corte costituzionale, sent. 27 gennaio 2004, n. 43.

[7] G. Corso, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2006. [8] Contra, M. Luciani, Le nuove competenze legislative delle Regioni a Statuto ordinario. Prime osservazioni sui principali nodi problematici della l. cost. 3 del 2001, relazione presentata al convegno dell'A.I.C., Bologna,

14 gennaio 2002, pubblicata su www.associazionedeicostituzionalisti.it. L'Autore sostiene che il regionalismo italiano, dopo la riforma costituzionale, continua a presentare caratteri competitivi, ispirati a logiche concorrenziali nel riparto di competenze fra lo Stato e le Regioni. [9] A. Sterpa, Il sistema delle Conferenze e l'attuazione del titolo V della Costituzione, in B. Caravita (a cura di ), I processi di attuazione del federalismo in Italia, Giuffrè, 2004. [10] F. Cintioli, Le forme di intesa e il controllo sulla leale collaborazione dopo la sentenza 303 del 2003, pubblicato su www.astridonline.it. L'Autore sottolinea come la Corte Costituzionale, nella sentenza 303 del 2003, elabori una "concezione procedimentale e consensuale della sussidiarietà e della adeguatezza", da cui discende che l'ampliamento della potestà legislativa in forza della quale lo Stato attrae in sussidiarietà una funzione amministrativa, non solo deve essere proporzionato all'interesse pubblico concreto ed è sottoposto allo scrutinio stretto di ragionevolezza, ma deve essere soprattutto oggetto di un accordo con la Regione interessata, o meglio deve esplicitarsi in una disciplina che prefiguri "un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese che devono essere condotte in base al principio di lealtà". [11] Corte Costituzionale, sent. 8 luglio 2004, n. 233: la Corte, sulla scia della sentenza 303/2003, riafferma che: " (...) l'osservanza del principio di leale collaborazione è tanto più necessaria in un ambito come quello di una procedura che integra l'esercizio in sussidiarietà da parte di organi statali di rilevanti poteri in materia di competenza regionale". La sentenza è pubblicata su Le Regioni, 2004, fasc. 6, p. 1391, con nota di I. Ruggiu. [12] Cfr. Corte Costituzionale, sent. 27 gennaio 2004, n. 43. Si veda, inoltre, G. Mazzarita, I poteri sostitutivi fra emergency clause e assetto dinamico delle competenze, in Le Istituzioni del federalismo, 2005, fasc. 5. [13] Fra le pronunce più recenti si rinvia a Corte costituzionale, sent. 15 luglio 2005, n. 279; sent. 24 giugno 2005, n. 242; sent. 8 giugno 2005, n. 219; sent. 28 gennaio 2005, n. 51. [14] Per una riflessione sul sistema delle Conferenze si rinvia a P. Carrozza, Gli accordi tra Stato, Regioni e autonomie locali: una doccia fredda sul mito del "sistema delle Conferenze"?, nota a Corte costituzionale, 28 dicembre 2001, n. 437, Le Regioni, 2002, n. 5, p. 1169; R.Bin, Le deboli istituzioni della leale cooperazione, nota a Corte Costituzionale, sent. 507 del 2002, su www.forumcostituzionale.it; A. Sterpa, op.cit. [15] Corte costituzionale, sent. 28 dicembre 2001, n. 437.

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[16] Per un'analisi delle Conferenze, prima della riforma costituzionale del 2001, si rinvia a P. Caretti, Il sistema delle Conferenze e i suoi riflessi sulla forma di governo nazionale e regionale, in Le regioni, 2000, fasc. 3-4, p. 547; F. Pizzetti, Il sistema delle Conferenze e la forma di governo italiana, in Le regioni, 2000, fasc. 3-4, p. 473; A. Sandulli, La Conferenza Stato-Regioni e le sue prospettive, Le Regioni, 1995, fasc. 5, p. 837. [17] Cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 110/2001, 206/2001; 437/2001; 423/2004; 196/2004. [18] R. Bin, op.cit.: l'Autore sottolinea come "un elevato tasso di politicità domini il funzionamento delle Conferenze: ma ciò non deve affatto sorprendere perché è perfettamente coerente con un latro tatto che le caratterizza. Sono organi essenzialmente politici, sia come composizione, sia come modalità di funzionamento ed efficacia dei propri atti". Si veda inoltre, Corte Costituzionale sent. 29 dicembre 2004, n. 423, Foro Italiano, 2005, I, 2291, con nota di E. A. Ferioli. [19] L. Torchia, Concorrenza fra Stato e Regioni dopo la riforma del titolo V: dalla collaborazione unilaterale alla collaborazione paritaria, Le Regioni, 2002, fasc. 4, p. 647: " (...), l'assetto attuale della leale

collaborazione fra i livelli di governo risulta però inadeguato rispetto alle nuove regole di riparto del potere di decidere - con legge, con regolamento, con atto amministrativo - e alla nuova posizione di parità attribuita allo Stato e alle Regioni, sia in quanto elementi costitutivi della Repubblica, sia in quanto enti titolari di potestà legislativa". [20] Si rinvia a G. Falcon, In attuazione ed attuazione del nuovo Titolo V, Le Regioni, 2003, fasc.1.

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ATTI DEL COMITATO DI INDIRIZZO Seduta del 3 dicembre 2003 OGGETTO:

Deliberazione n. 34/2003

Gestione del demanio idrico: articolo 86 del d.lgs. 112/1998 e Accordo sancito dalla Conferenza Unificata in data 20 giugno 2002. Primi criteri ed indirizzi per lo svolgimento delle funzioni di competenza dell’Agenzia ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. e), dell’Accordo Costitutivo.

VISTO l’art. 86 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, che ha trasferito alle Regioni la gestione del demanio idrico, ivi compresi la determinazione, l’introito e la destinazione dei relativi canoni, in attuazione del processo di decentramento amministrativo di cui alla L.59/1997, confermando peraltro allo Stato la titolarità del demanio idrico, quale demanio statale necessario; CONSIDERATO che con l’art. 4, comma 1, lett. e), dell’Accordo Costitutivo (A.C.) dell’AIPO, stipulato in data 2 agosto 2001 dai Presidenti delle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, sono state conferite all’Agenzia le funzioni concernenti l’istruttoria per il rilascio dei provvedimenti di concessione delle pertinenze idrauliche demaniali, nell’ambito del reticolo idrografico di competenza, mantenendo in capo alle Regioni medesime il ricevimento delle istanze di concessione, la valutazione di procedibilità delle stesse, il rilascio del provvedimento finale concessorio e l’introito dei relativi canoni; CONSIDERATO che con l’Accordo n.583, sancito dalla Conferenza Unificata in data 20 giugno 2002 a seguito dell’esame da parte dell’Ufficio del Commissario straordinario per il federalismo amministrativo di alcune problematiche connesse al trasferimento dalle Agenzie del Demanio alle Regioni delle funzioni relative alla gestione del demanio idrico, è stato altresì esaminato l’aspetto dei procedimenti di sdemanializzazione, prevedendo che l’atto finale, tuttora di competenza dello Stato, non può essere comunque assunto se non a seguito di parere favorevole delle Regioni, tenuto anche conto degli indirizzi emanati in materia dalle Autorità di bacino; VISTO il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato prot.70667 del 16.06.2003 - espresso su specifico quesito degli uffici dell’AIPO con il quale si chiedeva se anche le competenze statali per le pratiche di delimitazione d’alveo, già svolte dal Magistrato per il Po sull’intero bacino idrografico quale organo tecnico del Ministero in base alla Circolare prot. 4023 del 18.06.1964, siano da ritenersi trasferite all’Agenzia - con il quale l’Avvocatura ha escluso che tali funzioni rientrino tra quelle conferite alle Regioni ai sensi dell’art.86 del d.lgs.112/1998 e, pertanto, da queste attribuite all’Agenzia; RITENUTO che occorra definire primi criteri ed indirizzi per lo svolgimento delle funzioni istruttorie competenza dell’Agenzia ai sensi del richiamato art. 4, comma 1, lett. e), dell’A.C., non pregiudicando ogni caso le competenze di ciascuna Regione in materia di disciplina delle concessioni demaniali né competenze dello Stato, attraverso le Agenzie del Demanio, in materia di delimitazione d’alveo sdemanializzazione;

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Tutto ciò premesso e per quanto sopra esposto, il Comitato di Indirizzo dell’AIPO, all’unanimità dei componenti, DELIBERA 1. di adottare primi criteri ed indirizzi, contenuti nell’Allegato A alla presente deliberazione quale parte integrante, per lo svolgimento delle funzioni dell’Agenzia di cui all’art. 4, comma 1, lett. e), dell’Accordo Costitutivo, concernenti l’istruttoria per il rilascio dei provvedimenti di concessione delle pertinenze idrauliche demaniali di competenza delle Regioni; 2. di demandare al Direttore dell’Agenzia la definizione di ulteriori disposizioni attuative al fine di: - favorire il raccordo con le strutture regionali competenti al rilascio delle medesime concessioni;

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definire le modalità di archiviazione delle pratiche giacenti relative ai procedimenti amministrativi già del Magistrato per il Po e ora non di competenza dell’Agenzia (delimitazioni d’alveo e sdemanializzazioni), con conseguente trasmissione all’Agenzia del Demanio competente per territorio e contestuale comunicazione ai soggetti interessati; definire le modalità di archiviazione delle pratiche giacenti relative ai procedimenti di concessione, attualmente di competenza delle Regioni, dandone comunicazione ai soggetti interessati.

La presente deliberazione sarà pubblicata sui Bollettini Ufficiali delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto. IL PRESIDENTE Prof. Marioluigi Bruschini Il Segretario verbalizzante Sig.ra Paola Montali

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Allegato A Criteri ed indirizzi per lo svolgimento delle funzioni di competenza dell’AIPO ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. e), dell’Accordo Costitutivo e precisazioni in merito a delimitazioni d’alveo e sdemanializzazioni. 1. Istruttoria per il rilascio dei provvedimenti di concessione delle pertinenze idrauliche demaniali ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. e), dell’Accordo Costitutivo.

Nuove istanze di concessione. Con l’art.86 del d.lgs.112/1998 lo Stato ha conferito alle Regioni le funzioni e i compiti inerenti la gestione del demanio idrico e l’introito dei relativi canoni. Ciascuna Regione ha successivamente disciplinato con propria legge le funzioni amministrative attribuite dalla riforma del decentramento amministrativo, potendo prevedere anche il conferimento di alcune funzioni agli enti locali in ossequio al principio di sussidiarietà. L’effettività del conferimento delle funzioni in materia di gestione del demanio idrico alle Regioni decorre dal 21.02.2001, data di pubblicazione dei provvedimenti (D.P.C.M.) adottati ex art.7 del d.lgs.112/1998. Compete in ogni caso a ciascuna Regione la disciplina dei procedimenti di concessione demaniale anche per le porzioni di reticolo idrografico per le quali, in base all’Accordo Costitutivo, è stata individuata dalle Regioni interessate nell’AIPO l’autorità idraulica competente ai sensi del r.d.523/1904 nonché la struttura tecnico-amministrativa preposta alle istruttorie dei provvedimenti di concessione delle pertinenze idrauliche demaniali. Con riferimento alle fasi del procedimento di rilascio della concessione demaniale, nell’ambito territoriale di competenza dell’AIPO, occorre precisare quanto segue: a) l’istanza di concessione deve essere inviata da parte del soggetto interessato alle strutture delle Regioni che risultino titolari della competenza in materia di rilascio delle concessioni demaniali in base alla rispettiva normativa regionale; b) in caso di erronea trasmissione dell’istanza di concessione agli uffici dell’Agenzia, la stessa deve essere trasmessa alle strutture regionali competenti ai sensi del punto precedente, dandone comunicazione all’interessato; c) le strutture competenti al rilascio delle concessioni, ai sensi delle predette disposizioni regionali, valutate le condizioni di procedibilità dell’istanza, richiedono agli uffici dell’Agenzia di espletare l’istruttoria tecnica ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. e), dell’Accordo Costitutivo; d) conclusa l’istruttoria, l’esito deve essere trasmesso agli Uffici competenti per il rilascio o il diniego della concessione.

1.2. Pratiche in giacenza.

Relativamente alle pratiche in giacenza presso gli uffici dell’Agenzia, sarà data tempestiva informazione agli interessati dell’avvenuto mutamento normativo nell’assetto delle competenze in materia e della necessità che gli stessi, qualora permanga l’interesse al rilascio della concessione, presentino l’istanza secondo modalità e criteri definiti da ciascuna Regione titolare della competenza amministrativa all’adozione del provvedimento finale. 2. Procedimenti di delimitazione d’alveo e di sdemanializzazione.

Nuovi procedimenti.

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TS 35 Taccuino di formazione area specialistico-settoriale

Con il conferimento alle Regioni delle funzioni relative alla gestione del demanio idrico non è tuttavia mutata la titolarità dello stesso che permane in capo allo Stato, essendo il demanio idrico per natura demanio ad appartenenza statale necessaria (diversamente, ad esempio, dal demanio lacuale relativo ai porti di interesse turistico-ricreativo già trasferiti alla titolarità del demanio delle Regioni a far tempo dal D.P.R. 616/1977). Per quanto concerne i procedimenti di delimitazione d’alveo e di sdemanializzazione si deve precisare che: a) permane nella competenza dello Stato e, in particolare, delle Agenzie del Demanio l’adozione di tutti quei provvedimenti che attengono alla titolarità del demanio idrico e alla determinazione della relativa consistenza; b) non risulta attualmente attribuita all’AIPO la funzione di organo tecnico istruttore nei procedimenti esaminati in quanto tale funzione, già del Magistrato per il Po in base a disposizioni amministrative precedenti, non rientra tra quelle conferite dallo Stato alle Regioni con il d.lgs.112/1998 e non è, conseguentemente, contemplata dall’Accordo Costitutivo dell’Ente; c) per quanto riguarda i procedimenti di sdemanializzazione, l’Accordo n.583 sancito dalla Conferenza Unificata in data 20 giugno 2002 stabilisce che il provvedimento finale di competenza dello Stato può essere assunto solo a seguito di parere favorevole delle Regioni, tenuto anche conto degli indirizzi emanati in materia dalle Autorità di bacino; l’AIPO potrà quindi esprimersi soltanto a seguito di specifica richiesta di parere tecnico delle Regioni per il reticolo idrografico di competenza.

2.2. Pratiche in giacenza. Per le considerazioni esposte, le pratiche in giacenza presso gli uffici dell’AIPO o che pervengano in futuro, relative a provvedimenti non di competenza dell’Ente ma dello Stato, devono essere inoltrate alle competenti Agenzie del Demanio, con contestuale comunicazione ai soggetti interessati.

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Il demanio idrico: aspetti legislativi e gestionali TS 35

Indice •

Evoluzione del demanio idrico e normativa fondamentale.......................

3

Elementi tecnici per la gestione dei beni demaniali................................... 23

La disciplina della navigazione nazionale un approccio in ottica di benchmarking: l’applicazione della normativa da parte delle capitanerie portuali e dei comuni costieri ................................................... 37

La gestione amministrativa dei beni demaniali – 1...................................... 53

La gestione amministrativa dei beni demaniali – 2...................................... 59

La gestione amministrativa dei beni demaniali e gli aspetti giuridici........ 105

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Access 2000 TI 15

Direzione Risorse Umane e Patrimonio Direttore regionale: Dott.ssa Maria Grazia FERRERI

SETTORE FORMAZIONE DEL PERSONALE Certificazione n. IT04/0812 del 03/08/2004 ISO 9001/UNI EN ISO 9001 - 2000

e-mail: formazione.personale@regione.piemonte.it - fax 011.432.5955 Responsabile Settore Formazione del Personale: dott.ssa Erminia GAROFALO P.O. Pianificazione e Qualità Sistema Formativo; Gestione Diretta; Progettazione; RSGQ (Responsabile Sistema Gestione Qualità): dott.ssa Nadia CAMBIO P.O. Responsabilità della gestione contabile ed amministrativa delle attività connesse ai processi formativi; Gestione Fornitori Sistema Formativo: sig.a Laura GRELLA Gestione Formazione Programmata; Procedura Forma; Raccordo Referenti Formativi di Direzione: sig.a Lucia BUONOCORE Formazione a Gestione Diretta; Gestione Aule e raccordo Referenti d’Aula; Materiale didattico: sig. Alessandro BERTOLINO Formazione a distanza; Autoformazione e Formazione Progetto: sig.a Gabriella CONTINI Formazione Indiretta: sig.a Roberta VASONI Formazione Linguistica: sig.a Maria PANUCCIO Formazione Obiettivo; Seminari di Direzione; Convegni; Segreteria: sig.a Milena DE CURTIS Segreteria di Settore: sig.a Erica GATTUSO

Editing: Maria Silicato

gennaio 2009

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