Rivista Arti Marziali Cintura Nera 509 – Gennaio 2025

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In un combattimento di strada lo scontro avviene quasi sempre a distanza ravvicinata, il Trapping, la distanza più pericolosa ed efficace nel combattimento, dove si combatte corpo a corpo e c'è un contatto costante tra le nostre braccia e quelle dell'avversario. Nell'OLIVA Combat System (O.C.S.), i movimenti sono fluidi, non prescritti e la posizione delle gambe cambia continuamente e liberamente. L'obiettivo è affrontare e superare tutte le difficoltà e gli ostacoli che possiamo incontrare nella nostra linea di attacco, combinando elementi come LapSao, Pak-Sao, Gunting, Hubad, pugni a catena, colpi di gomito, colpi di ginocchio, colpi alla testa, colpi agli occhi e lo sviluppo di esercizi di sensibilità Chi-Sao e Lap-Sao.... Combat Trapping è un sistema di combattimento efficace, destinato agli ufficiali delle forze speciali, ma adattato anche all'uso civile. Le tecniche, basate sulla semplicità e sulla logica, danno luogo a una strategia di difesa semplice ed efficace. O.C.S. è un sistema professionale in costante sviluppo, incentrato sul combattimento da strada puro e duro. Questo sistema ci insegna a gestire lo stress, a imparare a controllare le situazioni di grande pressione psicologica. Non dimenticate mai che l'autodifesa deve essere funzionale, semplice ed efficace. L'obiettivo è la sopravvivenza, quindi siate diretti, attaccate con vigore e siate il più efficaci possibile, e ricordate sempre la regola numero 1: “In strada non ci sono regole”.

Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.

Avi Nardia presenta un'opera completa sul disarmo con pistola, filmata durante un seminario presso l'Accademia BJJ del Maestro John Machado in Texas, USA. Partendo da movimenti estremamente semplici, il professor Nardia mostra in dettaglio e in modo progressivo vari metodi di disarmo contro le minacce della pistola in un'ampia varietà di situazioni, pistola da davanti, da dietro, di lato, dalle ginocchia o persino mentre guidiamo la nostra auto. Vedremo la classica “x” e le sue varianti, il cucchiaio, il “Baseball Choke”, l'assassino, il mago, ... tutti movimenti molto semplici basati sul concetto SPEC (Secure, Position, Effect, Distance) e, naturalmente, combinati con elementi e tecniche classiche del Brazilian Jiu Jitsu (Armbar, headlock, leve, sweep, ecc). Dobbiamo giocare con i movimenti, provare tutte le situazioni e saper adattare il nostro corpo, perché in strada nulla è scritto.

Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità.

Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.

Unisciti ai grandi! Unisciti ai grandi!

Date 16, 17 e 18 maggio 2025 Date 16, 17 e 18 maggio 2025

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MAESTRI DI BUDO 2025

L'evento:

Come di consueto, (fermata solo dalla pandemia) la rivista Budo International (Black Belt) ha l'onore di riunire periodicamente i suoi amici in un grande evento internazionale.

Lo scopo è quello di ritrovarsi, fare nuove amicizie, scambiare esperienze, contatti, imparare gli uni dagli altri, sempre in un'atmosfera di cameratismo, onore e rispetto.

L'evento consiste in un grande seminario il sabato, dove i partecipanti si alterneranno per incontrare tutti i Maestri.

La sera stessa si terrà la cena di gala, con cibo tradizionale delle Canarie e spettacoli speciali, che culminerà con la consegna dei diplomi ai Maestri, foto, ecc...

Partecipare a questo evento significa appartenere (o entrare) in un club esclusivo governato dall'onore e dalle buone maniere, diretto dal nostro direttore Alfredo Tucci. Implica anche, come è logico, apparire nella rivista speciale che verrà realizzata sull'evento, come è consuetudine.

Verrà inoltre realizzato un video su tutte le attività.

Questa volta abbiamo scelto l'ambiente privilegiato delle Isole Canarie, tra Europa e America, con un clima straordinario e una bellezza spettacolare, di fronte alla spiaggia di Las Canteras.

Le Isole Canarie sono una destinazione turistica con un ampio servizio e magnifici collegamenti internazionali che indubbiamente facilitano l'incontro.

Prezzi:

Il prezzo di partecipazione all'evento è di 210 euro; questa quota comprende la partecipazione alla cena di gala e la partecipazione come insegnante a fianco dei Grandi Maestri internazionali nel seminario del sabato.

I partecipanti sono pregati di osservare un'etichetta corretta alla cena: donne: abito lungo; uomini: giacca da pranzo, cravatta, abito formale tradizionale (kimono ecc...) o guayabera.

Per apparire sulla locandina dell'evento è necessario confermare la propria presenza e i nuovi partecipanti devono aver versato la propria quota. Per farlo, contattare Alfredo Tucci via e-mail all'indirizzo: budo@budointernational.com.

Attività extra:

Il team degli amici della Federazione di Garrote Canario, sta preparando tutta una serie di attività speciali parallele per i partecipanti, fornite e facilitate dalle autorità locali, che possono essere consultate in seguito (surf, esibizioni di arti marziali locali, garrote Canario, lucha Canaria, escursioni, eventi in spiaggia, ecc... ecc...).

Modalità di pagamento:

Versamento di 210 euro sul conto del BANCO DE SANTANDER

BUDO MASTER CANARIAS 2025

IBAN ES34 2100 6769 7202 0044 7308

Unisciti ai grandi! Unisciti ai grandi!

Ci sono due hotel tra cui scegliere per partecipare all'evento.

L'NH Imperial Playa e l'NH Playa Las Canteras, offrendo così un'ampia gamma di condizioni e prezzi ai nostri partecipanti.

Per effettuare le vostre prenotazioni con prezzi speciali per i BUDO MASTERS in uno o nell'altro hotel e confermare i prezzi per il soggiorno, i giorni, ecc... Usa questo link:

https://www.nh-hotels.com/es/event/budo-masters-2025

La cena di gala si svolgerà presso l'NH Imperial Playa

N.B. (L'iscrizione all'hotel non significa iscrizione alla manifestazione. Questo deve essere fatto separatamente tramite bonifico bancario, PayPal o Bizum come indicato nella pagina precedente)

Date 16, 17 e 18 maggio 2025 Date 16, 17 e 18 maggio 2025

¡Amunt Valencia! ¡Amunt Valencia!

(Su a Valencia)

Le acque sono scese come uno tsunami dalle montagne, spazzando via vite, fattorie e speranze, portando shock, dolore, morte e disperazione. Il colpo è stato avvertito qui, ma la sua eco si è riverberata in tutto il mondo.

In questi giorni bui, molti mi hanno contattato, alcuni amici e persone che non mi parlavano da anni, hanno avuto un momento di preoccupazione e di ricordo di cui sono grato. Per me e per i miei, fortunatamente non è successo nulla di grave, ma nessuno umanamente sensibile può rimanere ignaro delle conseguenze di questo disastro. Mentre scrivo queste righe, l'atmosfera è irrespirabile, ovunque si vada si percepisce il nervosismo, la rabbia, la collera e un silenzio sordo fatto di un misto di dolore e paura.

I disastri naturali sono una costante nella regione spagnola del Levante e, sebbene i portavoce del cambiamento climatico vogliano sfruttare al massimo questa potente ondata di indignazione, i valenciani sanno bene che le attuali “siccità” non sono altro che le stesse “gocce di freddo” di un tempo.

Gli esseri umani moderni vivono in giardino, dove vogliamo ignorare che la vera natura è la giungla circostante. “Cambiamento climatico” è un pleonasmo, perché il clima non smette mai di cambiare, ma con questa affermazione vogliono venderci un discorso ideologico specifico, dietro il quale giustificano ogni tipo di oltraggio, manovra e imposizione per limitare la libertà, il buon senso e la giusta comprensione dei cervelli menomati dei nostri concittadini del primo mondo attraverso la colpa del ‘peccato terminale’ (opposto e complementare a quello ‘originale’) della nuova religione, l'ambientalismo. Ogni cento anni circa, nel Levante spagnolo, il cielo cade sulla terra e le conseguenze non sono mai piacevoli.

Allora si cercano i colpevoli, perché la rabbia richiede di alzare impalcature ed è meglio appendere qualcuno per i pollici che accettare la nostra eterna piccolezza di fronte a forze che ci superano.

Detto questo, la reazione ai disastri ci ha lasciato due volti chiari: il primo, l'incompetenza dei politici nel gestire situazioni straordinarie. In secondo luogo, l'indiscutibile ondata di solidarietà dei cittadini, che come sempre, in questo Paese di chisciotte, si sono rimboccati le maniche, hanno indossato gli stivali e si sono messi al lavoro, mentre le istituzioni, attonite, si preoccupavano più delle loro poltrone e delle royalties che della realtà delle strade.

È diventato chiaro quello che già sapevamo... la politica è piena di incompetenti che vi si dedicano perché nella vita civile non avrebbero scelta; sono i Razzadannata che piazzano i loro amici e si circondano di persone, non per il loro valore, ma perché non possono metterli in ombra; disgraziati che praticano il nepotismo e lo spreco, favorendo progetti figli delle loro scelte di vita personali, con cui devastano il conto della spesa pubblica. Sono così “consigliati”, eppure, quando è necessario, non sanno prendere una sola decisione corretta.

I valenciani, storicamente orticoltori attaccati alla terra, gente con i piedi per terra, che ama le feste e il rumore, possiedono ancora un vigore eccezionale che li distingue dalle altre regioni spagnole. Quando sono arrivato qui 14 anni fa, ho scoperto che questo carattere lo rende uno strano miscuglio di anarchico e dittatore, a seconda di dove si concentra il suo impegno. La prima cosa che mi ha colpito è che anche allora le strade erano ancora di loro proprietà. Lo si vedeva dal modo in cui guidavano le loro auto, dal modo in cui portavano le loro sedie in strada al tramonto d'estate e dal modo in cui scendevano in strada 10 giorni all'anno per cucinare e, naturalmente, bruciare cose in grande stile, rivendicando con ostentazione la loro proprietà dello spazio pubblico. Altrove in Spagna tutto questo era impensabile solo cinque anni fa.

¡Amunt Valencia! ¡Amunt Valencia!

Nonostante i governi locali di sinistra che si sono succeduti abbiano addomesticato questi cittadini feroci con innumerevoli leggi, piste ciclabili, pedonalizzazioni, ecc. cercando di insegnare loro come vivere la propria vita e le conseguenze delle loro decisioni... creando ingorghi, quando prima non ce n'erano, e vietando tutto il possibile, il valenciano e le sue fallas erano ancora lì, contro ogni previsione.

I “sinistri” (in tutti i sensi) consiglieri comunali, consapevoli che “Las Fallas” erano nemiche del loro discorso, toglievano giorni di baldoria, congelavano le sovvenzioni e limitavano gli spazi di festa; Tuttavia, alla fine, ogni anno, questi anarchici del pubblico, armati di polvere da sparo e razzi, andavano a infrangere i limiti del politicamente corretto con le loro satire statuarie, liberando i tori per le strade, in questa festa, tanto pagana quanto religiosa, tanto orticola quanto lussuosa, e che nessuno è ancora nato in grado di fermare.

Con queste premesse, ho già avvertito i miei amici: “Politici attenti, con questa gente non si scherza...”. Così, quando i suddetti, nascosti dietro il re e la regina, hanno fatto capolino dal punto zero del disastro, sono stati accolti con bastoni, palle di fango e grida di assassini. La rabbia e l'indignazione per l'inefficienza, l'abulia e la vigliaccheria di queste persone sono esplose e le immagini hanno fatto il giro del mondo.

I contadini, come archetipo, sono gente che si attiene alla realtà, gente dura, che si attiene alla natura, gente che non “mangia merda”; gente di pane, pane, e vino, vino, gente che, pur stringendo i pugni per resistere e vincere le forze della natura come nessun altro, odia la retorica e riconosce l'impostore che si toglie la cravatta e l'abito attillato alla moda per un giorno, per cercare di spacciarsi per uno di loro. Sono venuti per la lana e se ne sono andati tarpati! Valencia deriva da “Valentía”. Attenzione ai valenciani!

“I contadini, come archetipo, sono gente incollata alla realtà, gente dura che faja con la natura, gente che non “mangia merda”; gente di pane, pane, e di vino, vino, gente, che pur stringendo il pugno per sopportare e vincere le forze della natura come nessun altro, odia la retorica e riconosce l'impostore che si toglie per un giorno la cravatta e il vestitino attillato alla moda, per cercare di spacciarsi per uno di loro”. Sono venuti per la lana e se ne sono andati tarpati! Valencia deriva da “Valentía”: attenti ai valenciani!”.

Intervista di Enrique de Vicente a

Intervista di Enrique de Vicente a

Shidoshi Alfredo Tucci sul suo canale youtube

Shidoshi Alfredo Tucci sul suo canale youtube

sullo sciamanesimo giapponese di Ebunto degli indigeni del Giappone

sullo sciamanesimo giapponese di Ebunto degli indigeni del Giappone

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COMBATTIMENTO RAVVICINATO COMBATTIMENTO RAVVICINATO

Accademia Avi Nardia: Condividere la Via dello Spadaccino con il Mondo

Per decenni, Avi Nardia è stato sinonimo di eccellenza nelle arti marziali e nell'addestramento alla sicurezza. Ora intraprende un nuovo viaggio per condividere la sua visione in evoluzione con il mondo. Attraverso la Avi Nardia Academy, Avi introduce un approccio strutturato e basato sui principi che

attinge alla sua esperienza nelle arti marziali e nei settori della sicurezza, offrendo un sistema progettato per ispirare, educare e proteggere. Come studente e collaboratore di lunga data di Avi Nardia, ho avuto il privilegio di contribuire a perfezionare l'insegnamento e la diffusione di questo sistema unico. Questo articolo si propone non solo di illustrare l'eccezionale percorso di Avi, ma anche di fornire una visione dell'evoluzione del suo sistema, compreso il mio ruolo nel rendere questi insegnamenti accessibili a un pubblico più vasto.

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Perché evolvere? Un viaggio di crescita e adattamento

Il viaggio di Avi Nardia non è stato privo di sfide. Quando Avi è entrato per la prima volta nel mercato commerciale dell'autodifesa per portare le sue idee al mondo, è stato definito un impostore, nonostante le sue nomine ufficiali come istruttore e creatore del programma di tattiche di difesa utilizzato dallo YAMAM. Avi è stato scelto tra molti stili e sistemi per insegnare alla migliore unità antiterroristica israeliana. Molti guerrieri da tastiera hanno smentito, ma Avi ha fornito le prove delle sue nomine ufficiali: era un membro a pieno titolo della squadra, faceva parte dell'unità di intelligence ed era l'addestratore ufficiale dell'unità. Alla fine la verità ha prevalso e il suo sistema di KAPAP ha guadagnato popolarità.

Da lì, molti opportunisti salirono sul carro. Alcuni arrivarono con il subdolo intento di rubare le sue idee e spacciarle per proprie, mentre altri crearono organizzazioni con il nome KAPAP. Molti usarono semplicemente il nome senza essersi effettivamente formati con Avi, il che portò a una confusione del mercato, impedendo a potenziali studenti autentici di essere esposti al suo sistema.

L'impossibilità di ottenere un marchio per il nome KAPAP ha complicato ulteriormente le cose, portando Avi a prendere la difficile decisione di ribattezzare ciò che insegna con il proprio nome. Questa evoluzione consente ad Avi di garantire che i numerosi stili e sistemi da lui sviluppati risiedano sotto una bandiera unificata che rappresenta veramente la sua visione e la sua dedizione.

Il panorama delle arti marziali è in continua evoluzione e i praticanti devono adattarsi per rimanere rilevanti. La decisione di AviNardia di evolvere il suo sistema nasce da una profonda comprensione del fatto che le arti marziali sono più che semplici tecniche: sono uno stile di vita, guidato dallo spirito di umiltà, coraggio e dedizione di uno spadaccino. Il sistema che Avi insegna oggi si è evoluto con esercitazioni e idee più solide, adattandosi continuamente alle esigenze moderne.

Questa nuova direzione si basa su due pilastri fondamentali: la Divisione Arti Marziali e la Divisione Consulenza e Formazione sulla Sicurezza. Lo scopo è chiaro: creare un ponte tra gli insegnamenti tradizionali delle arti marziali e le applicazioni pratiche dei giorni nostri, creando al contempo opportunità di crescita personale e di leadership sia dentro che fuori dal campo.

Avi vuole guidare gli studenti e gli istruttori a guardare oltre le abilità fisiche, aiutandoli a sviluppare una comprensione più profonda di come i valori marziali si applicano nella vita di tutti i giorni. La nuova struttura è progettata per essere adattabile, sia che si tratti di un principiante che vuole sviluppare la fiducia in se stesso, sia che si tratti di un artista marziale esperto che vuole padroneggiare concetti integrati.

Recentemente ho avuto il privilegio di essere con Avi a Belgrado, dove abbiamo condiviso questa visione del nuovo sistema con praticanti e studenti del KAPAP provenienti da tutto il mondo. Il campo annuale in Serbia si è tenuto

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nell'ottobre 2024. Nel corso di tre giorni, abbiamo ripassato le esercitazioni e i concetti con i partecipanti e, cosa più importante, abbiamo sottolineato che, pur accogliendo chiunque abbia onore e integrità, ci uniamo a noi, sottolineando che la nostra organizzazione si impegna a essere progressista, trasparente e apolitica. Cosa possono aspettarsi gli studenti?

AviNardia Academy offre un programma strutturato suddiviso in quattro livelli di formazione, ognuno dei quali si basa sul precedente:

Sistema AviNardia (CDC - Combattimento a distanza ravvicinata): Il combattimento a distanza ravvicinata si concentra sugli scontri corpo a corpo. Agli studenti del sistema di combattimento a distanza ravvicinata di AviNardia viene

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insegnato ad apprezzare l'impatto dei principi. Gli otto principi che regolano il CDC sono:

1. Diritto di ingaggio: Comprendere i limiti legali, morali ed etici nell'affrontare un ingaggio. Questo è qualcosa che io definisco il test ELM. Tutte le decisioni relative agli incarichi devono essere supportate dal punto di vista etico, legale e morale. Gli operatori devono razionalizzare questi aspetti nella loro formazione come parte di un sistema completo di sicurezza personale.

2. Posizione relativa: Si riferisce al mantenimento di posizioni vantaggiose. Dobbiamo lavorare per rafforzare la nostra posizione rispetto alla persona o alle persone che stiamo ingaggiando. Questo vantaggio può essere valutato in base a tre aspetti, coperti dalle istruzioni 3M: vantaggio matematico, vantaggio meccanico e vantaggio cartografico.

3. Equilibrio: Riconoscere come il nostro equilibrio e quello della persona o delle persone che ingaggiamo possano influire sul risultato. Spostare l'equilibrio dell'avversario, mantenendo il proprio equilibrio dinamico e statico, consente un impiego più efficace di tattiche e tecniche. Questo principio è anche correlato al concetto di tridimensionalità.

4. Leva: L'uso della meccanica corporea per creare vantaggi che riducono al minimo lo sforzo necessario per ottenere il controllo o l'applicazione di tecniche e risultati desiderabili.

5. Tridimensionalità: Considerare i domini fisico, emotivo e psicologico durante gli scontri è un must. Gli incontri del mondo reale sono intrinsecamente tridimensionali e l'addestramento deve rifletterlo. Le nostre esercitazioni e i nostri protocolli proprietari aiutano a creare percorsi neurologici che migliorano le prestazioni negli scontri e sviluppano la resilienza e una determinazione senza paura.

6. Anatomia e fisiologia funzionale: Sfruttare la conoscenza dell'anatomia e della fisiologia umana per massimizzare l'efficacia della tecnica e garantire un movimento efficiente.

7. SPEC: SPEC sta per Strategia, Posizione, Esecuzione e Controllo. Questi aspetti chiave guidano l'operatore nella pianificazione, nel posizionamento, nell'esecuzione delle tecniche e nel mantenimento del controllo durante l'incontro.

8. Regola + 1: considerare sempre un elemento aggiuntivo, come una mossa inaspettata, un fattore ambientale o una minaccia invisibile, per rimanere adattabili e preparati in qualsiasi situazione.

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I quattro livelli di addestramento sono

i seguenti:

1. Sistema AviNardia Livello 1: combattimenti semplici e non letali con l'uso dei punti di pressione come equalizzatore. Questo livello enfatizza il controllo e l'uso efficace di tecniche non letali per gestire i conflitti.

2. Sistema AviNardia Livello 2: Combattimenti KAPAP. Questo livello introduce un approccio più completo al combattimento corpo a corpo, combinando le abilità fondamentali con concetti tattici per mitigare le minacce.

3. Sistema AviNardia Livello 3: KAPAP Krav Maga - Jiu-Jitsu israeliano. Questo livello avanzato si concentra sull'integrazione di varie tecniche di combattimento, incorporando elementi di diverse discipline come il Jiu-Jitsu giapponese, il Karate, il Kendo, la Muay Thai e il Jiu-Jitsu brasiliano, sotto la bandiera del Jiu-Jitsu israeliano. I praticanti di questo livello si dedicano alla pratica delle arti marziali miste.

4. Seotai a AreNa n d e a Lerallo 46 Jiu-Jitsu integrato. Questo livello riunisce tutte le abilità e le conoscenze precedenti in una pratica integrata e coesa, enfatizzando l'adattabilità e la combinazione perfetta di varie tecniche e discipline. Come dice AviNardia: “Studiare il vecchio, per capire il nuovo”.

Un percorso completo per tutti

Gli studenti che si uniscono all'Accademia AviNardia possono aspettarsi un viaggio arricchente che va oltre l'apprendimento del combattimento. Ecco alcune delle esperienze fondamentali che li attendono:

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1. Un approccio basato sui principi: Il sistema di Avi non si concentra solo sulle tecniche, ma sulla comprensione dei principi che fanno funzionare quelle tecniche. Che si tratti di Judo, Jiu-Jitsu brasiliano, Muay Thai o spada, gli studenti imparano i concetti fondamentali che collegano le diverse arti marziali e come applicarli in vari contesti.

2. Sviluppo completo del carattere: Per gli studenti più giovani, c'è una forte attenzione alla formazione del carattere attraverso le arti marziali. Le lezioni promuovono la disciplina, la fiducia e il rispetto, qualità essenziali sia nelle arti marziali che nella vita.

3. Arti marziali come formazione alla leadership: L'accademia offre programmi come la formazione aziendale e il team building per coltivare la resilienza, la leadership e la capacità di lavorare efficacemente con gli altri. Queste abilità sono preziose nelle relazioni personali, negli ambienti aziendali e nelle comunità.

4. Un sistema marziale integrato: La filosofia delle arti marziali di AviNardia integra diverse influenze,

tra cui il Jiu-Jitsu giapponese, brasiliano e israeliano. Questa miscela unica assicura che gli studenti abbiano un'esperienza olistica, imparando il meglio da ogni arte in modo coesivo. Gli studenti sono sfidati ad adattarsi e integrare idee diverse, rendendoli artisti marziali più versatili.

5. Competenza nella sicurezza con una base marziale: Gli studenti interessati a lavorare nel campo della sicurezza troveranno una formazione specializzata in campi come la protezione ravvicinata, la protezione dei VIP e gli scenari di sparatoria attiva. L'accento è posto sulla comprensione delle minacce del mondo reale e sulla capacità di reagire con la sicurezza e la calma di un professionista esperto.

6. Apprendistato e tutoraggio per istruttori: Per chi è appassionato di insegnamento, AviNardia Academy offre un tutoraggio e una formazione per istruttori. Avi crede nella trasmissione non solo delle competenze, ma anche della giusta mentalità e delle metodologie di insegnamento, creando una nuova generazione di istruttori pronti a guidare con principio e scopo.

Il cammino verso il futuro

Il sistema ristrutturato di AviNardia testimonia l'intramontabilità dei valori delle arti marziali, assicurando al contempo la loro rilevanza per le sfide moderne. È un invito a chiunque voglia rafforzare non solo il proprio corpo, ma anche la propria mente e il proprio

spirito. Che si tratti di un artista marziale, di un professionista aziendale, di un operatore della sicurezza o semplicemente di una persona in cerca di un percorso di crescita, l'Accademia AviNardia offre un percorso completo.

Per Avi, questa nuova struttura significa condividere la sua dedizione di sempre in un modo accessibile, d'impatto e inclusivo. Unendosi a questa comunità, gli studenti si troveranno guidati dall'ideologia di uno spadaccino: disciplina, abilità, adattabilità e, in definitiva, un viaggio per diventare esseri umani migliori.

Se siete pronti a esplorare il guerriero che è in voi, le porte dell'Accademia Avi Nardia sono aperte a tutti gli individui che condividono i nostri valori.

“Bruciate

tutte le navi!”

Per realizzare i propri sogni, non c'è strada da percorrere senza un impegno incrollabile, al 100%. Qualsiasi cosa che non sia una dedizione totale è un mero diversivo, un esercizio di futilità che non può essere considerato un vero e proprio inseguimento della realizzazione dei sogni. Diventa invece una fantasia fugace, un regno in cui ci immaginiamo di raggiungere e diventare tutto ciò che desideriamo, ma senza la sostanza o la determinazione per renderlo reale. Queste fantasie sono un esercizio di creatività e l'espressione senza limiti della nostra immaginazione, una fuga bella ma transitoria.

Tuttavia, la fantasia, per sua natura, non è destinata a essere presa sul serio; è un'indulgenza effimera, slegata dalle esigenze della realtà.

La realizzazione dei sogni, tuttavia, è una questione completamente diversa. Non è la danza eterea della fantasia, ma una sintesi di realtà, speranza e possibilità illimitate. È il culmine dei nostri desideri più profondi, forgiati e raffinati durante l'innocenza della giovinezza, quando i nostri cuori erano incontaminati e l'orizzonte della nostra immaginazione si estendeva all'infinito. Questi sogni sono radicati nell'essenza stessa del nostro essere, scolpiti nell'arte divina della nostra anima e toccati dalla mano di Dio nel momento della nostra creazione. Sono residui sacri del nostro scopo più vero, quello che eravamo destinati a perseguire quando vagavamo nella meraviglia dell'infanzia, senza il peso dell'esistenza, e quando tutto sembrava raggiungibile.

Questi sogni sono, in sostanza, un ricordo del Giardino dell'Eden, una connessione profonda e inconscia con un passato primordiale in cui vivevamo in armonia con l'infinito. In quei momenti, tutto era possibile e i nostri fardelli non erano portati da noi, ma da Dio. Vivevamo in uno stato di spensierata beatitudine, immersi nello stupore della creazione, con il cuore pieno di gioia e lo spirito alle stelle.

Ma quando cresciamo, la purezza di questi sogni si offusca, rovinata dalla dura realtà della vita. Il perseguimento dei nostri sogni comincia a sembrare arduo, appesantito dalla lotta, dal sacrificio e dalle sfide incessanti dell'esistenza. Questo risveglio rispecchia il momento in cui l'umanità ha assaggiato il frutto proibito, il momento in cui abbiamo acquisito la conoscenza del bene e del male. Con questa conoscenza è arrivato il pesante fardello della consapevolezza di sé, della responsabilità e della fatica. La facilità e l'innocenza dell'Eden sono state sostituite dalla fatica della sopravvivenza e dalla complessità dell'esistenza umana. Nel perseguire i nostri sogni, affrontiamo tutto il peso di questo fardello, e il cammino da percorrere richiede tutto ciò che abbiamo da dare. È affascinante, quasi poetico, che la mela morsicata, simbolo della caduta in disgrazia dell'umanità, sia diventata l'emblema di una delle icone culturali moderne più influenti: il logo del più grande marchio tecnologico. Questo parallelo riflette una coincidenza accidentale o sussurra verità più profonde sulla nostra natura, sulle nostre lotte e sulle storie che continuiamo a vivere come specie?

Rendendosi conto delle immense difficoltà e delle sfide apparentemente insormontabili che si frappongono alla realizzazione dei nostri desideri più profondi, la maggior parte di noi si ritira. Abbandoniamo l'inseguimento dei nostri sogni e riorientiamo i nostri sforzi verso qualcosa di più gestibile, più pratico, qualcosa che offre sicurezza ma che non ha la brillantezza di ciò che avevamo immaginato un tempo. La maggior parte di noi, forse il 99% dell'umanità, finisce per accontentarsi di meno di ciò che desidera veramente. Tuttavia, l'accontentarsi non spegne la fiamma della nostra passione, né placa completamente la sete dei nostri desideri inappagati. Questi sogni non scompaiono, ma sprofondano nei recessi della nostra anima, dove fermentano, come lievito in una botte sigillata, trasformandosi in amarezza. Questa passione sepolta, lasciata a marcire, può trasformarsi in qualcosa di più oscuro. Si manifesta come malcontento, risentimento, gelosia e una serie di emozioni distruttive: proprio il terreno fertile su cui prospera il male. Questi sogni non realizzati, ora contaminati dalla disperazione, diventano una fonte di vulnerabilità spirituale. L'obiettivo finale del male è smantellare l'umanità nel suo

nucleo spirituale, sostituendo la speranza con la disperazione e la luce con l'oblio.

La verità, tuttavia, è che l'unico modo per realizzare veramente i nostri sogni, l'unico modo per recuperare la luce e la speranza, è affrontare di petto le difficoltà e le sfide che la vita inevitabilmente pone sul nostro cammino. Queste difficoltà non sono arbitrarie: sono proporzionali alla grandezza del sogno. Più grande è il sogno, più formidabili sono gli ostacoli. Questo è il modo in cui la vita, o forse il modo in cui Dio, mette alla prova la nostra determinazione. Quanto profondamente lo vogliamo? Fino a che punto siamo disposti a spingerci? Quanto siamo disposti a sacrificare di noi stessi? Queste prove non hanno lo scopo di scoraggiarci, ma di affinarci. Nulla di valore si ottiene facilmente, ed è proprio lo sforzo, la cura, il pensiero e l'energia che riversiamo nel perseguimento che dà valore ai nostri sogni.

Il termine “facile” non ha alcun valore reale. Infatti, il concetto stesso di “facile” è un'illusione; anche ciò che sembra facile comporta costi nascosti, sfide invisibili e sottili sacrifici. Realizzare qualcosa di significativo richiede uno sforzo, ed è proprio questo sforzo a conferire un significato alla realizzazione.

Pertanto, la vera chiave per realizzare i nostri sogni non risiede nell'ampiezza della nostra immaginazione o nei vantaggi materiali che possiamo possedere. Risiede nel nostro carattere, nella nostra tenacia, perseveranza, coraggio, forza, resilienza, forza d'animo e disciplina. Queste qualità non sono innate ma coltivate, spesso dolorosamente, attraverso le lotte che affrontiamo nella vita. Si forgiano nel fuoco delle difficoltà, si temprano con il fallimento e si affinano con la sofferenza. Ogni prova che affrontiamo è un'opportunità per diventare più forti, più coraggiosi e più fermi nella nostra ricerca.

Questa filosofia trova eco negli insegnamenti dell'Hwa Rang Do, dove la coltivazione delle nobili virtù umane è al centro della pratica. Attraverso la disciplina e l'impegno, i praticanti mirano a incarnare le caratteristiche che permettono di realizzare i sogni e superare le avversità. Queste virtù - tenacia, coraggio e resilienza - non sono solo qualità umane, ma doni divini, instillati da Dio attraverso le prove e le tribolazioni che incontriamo. Le difficoltà producono forza. Il fallimento favorisce la tenacia. La sofferenza produce coraggio.

Alla fine, non è l'assenza di lotta, ma la capacità di abbracciarla e superarla a definire il perseguimento dei sogni. Le nostre prove non sono barriere, ma pietre miliari. Ogni sfida che affrontiamo ci avvicina al compimento del nostro scopo, alla realizzazione della vita che siamo destinati a vivere. E nell'affrontare queste sfide, onoriamo non solo noi stessi, ma anche la scintilla divina che è in noi e che rifiuta di accontentarsi, che osa sognare.

Il concetto di “Bruciare tutte le navi” trae origine da leggende di battaglie epiche, in cui i guerrieri, dopo aver navigato verso le coste nemiche, si trovavano di fronte a probabilità insormontabili e alla triste prospettiva della sconfitta. In questi momenti terribili, il generale al comando emetteva un ordine audace e irreversibile: “Bruciate tutte le navi”. Con l'unico mezzo di ritirata inghiottito dalle fiamme, ai guerrieri non restava altra scelta che avanzare in battaglia con assoluta determinazione, combattendo con ogni grammo di forza, perché la loro sopravvivenza dipendeva interamente dal loro successo. Non si trattava solo di eliminare l'opzione fisica della ritirata, ma di forgiare uno stato mentale di impegno inflessibile. Il mantra divenne chiaro: “Combattere o morire”.

Questo stesso spirito è la mentalità che dobbiamo adottare se vogliamo realizzare i nostri sogni. L'inseguimento dei nostri sogni richiede un livello di impegno che non lascia spazio a fughe, alternative e assolutamente nessun “piano B”. Per avere veramente successo, non ci deve essere nessuna rete di sicurezza, nessuna opzione secondaria che comprometta il nostro obiettivo primario. Tutto ciò che è inferiore a un impegno totale e totalizzante diluisce il nostro sforzo e frammenta la nostra concentrazione.

Molti di noi, tuttavia, creano quello che chiamano un “piano B”, una strategia di ripiego nel caso in cui il nostro obiettivo primario non dovesse funzionare. Sebbene ciò possa sembrare pragmatico, spesso riflette una mancanza di fiducia nella nostra capacità di riuscire nel piano A. Creando un piano B, diciamo a noi stessi che il fallimento non è solo una possibilità, ma un'aspettativa. Questa riserva mentale mina la nostra determinazione e, in realtà, la nostra fiducia nel raggiungimento del Piano A è compromessa fin dall'inizio.

Quel che è peggio, il Piano B diventa spesso una comoda illusione. Ci permette di mascherare i nostri dubbi e le nostre insicurezze, continuando ad apparire ambiziosi e coraggiosi agli occhi degli altri. Diciamo a noi stessi che stiamo raggiungendo le stelle con il Piano A, ma in fondo stiamo già coprendo le nostre scommesse, riponendo più fiducia nella sicurezza modesta e realizzabile del Piano B. Questo autoinganno non solo ci priva del successo, ma sminuisce anche l'autenticità della nostra ambizione. Sembriamo grandiosi nelle nostre aspirazioni, ma in realtà ci stiamo tranquillamente

accontentando, mentre cerchiamo l'approvazione e l'ammirazione degli altri per un obiettivo che non abbiamo pienamente raggiunto.

Quando si fallisce in qualsiasi piano - che se ne abbia uno o cento - la verità rimane la stessa: si è fallito. Tuttavia, l'illusione del piano B ci offre un ingannevole premio di consolazione. Ci permette di inquadrare il fallimento come un successo, perché “almeno siamo riusciti nel piano B”. Ma questa è un'illusione. Il piano B non è un successo; è semplicemente l'ombra di ciò che si era veramente in grado di ottenere. È il compromesso a cui vi siete accontentati perché non eravate disposti a impegnarvi pienamente nella vostra aspirazione più alta. In realtà, il Piano B è un monumento ai vostri dubbi, non al vostro successo.

Il vero successo richiede di bruciare le tappe, di eliminare tutte le alternative e di investire interamente nel perseguimento dei propri sogni. Il successo non viene dalla copertura delle scommesse o dagli sforzi a metà; viene dal mettere tutto in gioco e dall'osare credere nella propria capacità di farcela. Quando non c'è via d'uscita, né possibilità di ripiegare, si è costretti a fare appello a tutta la propria forza, intraprendenza e resilienza. Si attinge a riserve di potenziale che non si sapeva esistessero, perché il successo ora non è solo un'opzione, ma l'unica opzione.

I sogni non si realizzano con i compromessi. Si realizzano grazie a una convinzione incrollabile, a uno sforzo incessante e al coraggio di accettare il rischio di fallire senza distrarsi o diluirsi. Per avere successo in qualcosa di significativo, non

si deve lasciare alcuna via di fuga o di ritiro dal perseguimento dei propri obiettivi.

L'unico piano che vale la pena di avere è il piano A. Bruciare le navi e andare avanti. Per gli antichi guerrieri Hwarang, il Quarto Codice - “Im Jun Moo Twae” o “Coraggio di non ritirarsi mai di fronte al nemico” - era più di un invito al coraggio; era una dichiarazione di determinazione inflessibile. Questo principio richiedeva un impegno assoluto verso la vittoria o la morte. Ai loro occhi, la ritirata non era un'opzione, perché tornare vivi senza la vittoria non era semplicemente disonorevole, era impensabile. L'essenza di questo codice è profonda: non si scende in battaglia con il cuore diviso. La vittoria o la morte sono gli unici risultati, perché il vero guerriero non lascia spazio alla resa o al compromesso.

Questo principio si applica a tutti gli aspetti della vita in cui si perseguono grandi imprese. Nei tempi moderni, spesso diluiamo questa etica guerriera concedendoci il falso conforto di opzioni di ripiego - il “piano B”. Sebbene l'intento di creare piani di riserva possa sembrare pratico, in realtà è radicato nella paura del fallimento e nell'aspettativa inconscia di una sconfitta. Ma come possiamo ambire veramente alla grandezza se stiamo già pensando a una via di fuga? L'anima conosce la verità e non può essere ingannata. Quando copriamo le nostre scommesse e dividiamo la nostra attenzione, compromettiamo la purezza del nostro impegno. La vera crescita e la realizzazione non nascono da tentativi a metà, ma da una dedizione incessante, anche di fronte a ripetuti fallimenti.

È essenziale capire che il fallimento non è un nemico, ma la fucina in cui si temprano forza e saggezza. Possiamo fallire mille volte nel perseguire un unico obiettivo, ma ogni fallimento ci insegna, ci modella e ci avvicina alla maestria. La paura di fallire, invece, ci paralizza e ci spinge a elaborare piani di riserva che alla fine diluiscono il nostro sforzo e la nostra determinazione. Impegnarsi a fondo significa riconoscere che il fallimento non è una meta, ma un percorso necessario verso il successo. In questo modo, un “piano B” diventa superfluo: un prodotto della paura che cerca di isolarci dal bruciore della perdita piuttosto che spingerci verso la grandezza.

Tuttavia, quando non riusciamo ad affrontare la verità delle nostre paure, le conseguenze si manifestano dentro di noi. Il subconscio, il sé nascosto, sa quando stiamo scendendo a compromessi e covando la paura e troverà il modo di rivelare questa verità. Per alcuni, questa verità è sepolta nella negazione, dove si rifiutano di affrontare i propri errori. Per altri, è ammantata di arroganza, in cui si raddoppiano l'ego e l'orgoglio per mascherare le proprie insicurezze. Molti si rassegnano alla mediocrità, intorpidendo le proprie ambizioni e accettando una vita di tranquilla disperazione. Altri ancora vivono in una nebbia perenne, disorientati e senza meta, incapaci di conciliare il loro tumulto interiore. Queste risposte sono tutti sintomi di una vita vissuta senza pieno impegno, una vita in cui la paura ha preso le redini.

L'unico modo per vivere pienamente è impegnarsi completamente al 100% e, se fosse possibile, al 110%. Questo impegno comporta l'inevitabilità del dolore, della perdita e della sofferenza, perché vivere pienamente significa abbracciare ogni aspetto dell'esperienza umana, anche le sue difficoltà. Evitare il dolore non è vivere, è semplicemente esistere. Spesso è solo nei momenti di confronto con la mortalità, propria o altrui, che ci rendiamo conto di non aver vissuto veramente. Tragicamente, a quel punto il peso del tempo spesso ci schiaccia e la finestra per perseguire i nostri sogni sembra essersi chiusa. In questi momenti di chiarezza, ci viene lasciato il compito di scegliere come trascorrere il tempo che ci rimane.

Alcuni si lasciano consumare dall'amarezza, vivendo nella solitudine e nel risentimento. Altri cercheranno di riconquistare la loro giovinezza, aggrappandosi alle fugaci scintille di ciò che era possibile un tempo. Molti si rassegneranno all'inevitabile, contando i giorni che restano con tranquilla accettazione. Ma c'è chi, anche di fronte alla morte, sceglie di affrontare la vita con rinnovato coraggio. Capiscono che se il tempo può essere finito, lo spirito è eterno e il modo in cui viviamo non è definito da quanto tempo abbiamo a disposizione, ma dalle scelte che facciamo.

In definitiva, non è il successo o il fallimento nel realizzare i nostri sogni a definirci, ma piuttosto lo spirito con cui abbiamo vissuto. Ci siamo rannicchiati davanti all'ignoto, schiavi della paura? Oppure abbiamo sfidato con coraggio la tirannia del dubbio e della disperazione? La vita, come la battaglia, richiede il coraggio di non ritirarsi, di non vacillare di fronte alle avversità. Richiede la forza di bruciare le navi, di impegnarsi completamente e senza riserve, sapendo che nel perseguire i nostri sogni potremo anche fallire, ma avremo vissuto veramente.

Per gli Hwarang, e per noi, vivere con coraggio sfidando la paura è l'unica vera vittoria.

Muay Thai Boran: imparare a combattere come un elefante

La descrizione della potenza rilassata degli elefanti compare in molti racconti della tradizione siamese come simbolo di forza funzionale. In Thailandia, gli elefanti sono stati utilizzati per molti decenni sia per scopi civili che militari. Un esempio tipico di quest'ultima categoria sono i famosi elefanti da guerra (yutthahatthi, ยุทธห ตถ ). In passato, infatti, gli elefanti da guerra venivano addestrati e guidati dall'uomo per scopi militari. Speciali unità militari impiegavano truppe montate su elefanti.

Disegno di Lydia De Novellis

Le antiche epopee indiane del Ramayana e del Mahabharata descrivono dettagliatamente la guerra con l'uso di elefanti. A partire dal XV secolo, anche la Thailandia adottò l'uso di elefanti da guerra. In molte battaglie dell'epoca, era prassi comune che i leader combattessero in sella agli elefanti da guerra. Il 25 gennaio 1592 (epoca di Ayutthaya), nell'ultima battaglia della quinta invasione birmana del Siam, dalla posizione di combattimento sul suo elefante da guerra, il re Naresuan riconobbe il principe ereditario birmano MingyiSwa (anch'egli in sella a un elefante da guerra) e lo uccise con un colpo della sua letale lancia Ngaaw.

Gli antichi maestri di Muay hanno analizzato attentamente il modo in cui gli elefanti usano le loro armi naturali per attaccare e distruggere: le loro proboscidi possono essere un'arma formidabile se usate per schiacciare, afferrare o rompere. Allo stesso modo, le zanne possono essere usate per perforare, strappare o strappare: una spinta in avanti può trasformare le zanne in lance giganti in grado di penetrare qualsiasi barriera. Quando l'elefante si spinge verso l'alto, può tagliare qualsiasi tipo di materiale con la punta delle zanne. Colpendo verso l'alto e verso il basso con le zanne, un elefante può martellare e distruggere con estrema facilità. Tutte queste azioni hanno ispirato i maestri siamesi: nel corso dei secoli, infatti, hanno sviluppato diverse strategie e tecniche di combattimento che ricordano un elefante da guerra che combatte su un campo di battaglia.

Una delle scene più spettacolari a cui i soldati siamesi hanno probabilmente assistito durante le battaglie campali è stato lo scontro tra due elefanti in carica. Quando due elefanti da guerra si caricano a vicenda, incrociano le zanne (Chang Prasan Nga) in un violento scontro frontale. Allo stesso modo, quando un combattente di Muay Thai viene attaccato, può difendersi e contrattaccare oppure, utilizzando la strategia dell'elefante da guerra in carica, può attaccare l'aggressore, bloccandolo nella sua posizione. Un noto stile regionale chiamato Muay Korat includeva questa strategia di combattimento come uno dei cinque atti principali (Mae Mai) che i suoi praticanti dovevano padroneggiare sin dall'inizio dell'allenamento in quello stile. Ad esempio, contro un gancio lungo (chiamato Wiang Kwai o buffalo swing in questo stile), il combattente Korat è addestrato a fare un passo in avanti e ad occupare la linea centrale dell'avversario. Vengono applicati un blocco simultaneo e un pugno verticale ininterrotto. Il pugno viene mantenuto in posizione verticale, poiché questa è la regola tecnica di questo stile. Il bersaglio ideale del colpo è la gola dell'attaccante: il danno inflitto da un tale contrattacco è potenzialmente molto grave (pagina seguente).

Il contrattacco è considerato l'apice dell'arte della Muay: quando un combattente è molto abile nel contrastare gli attacchi dell'avversario, si dice che abbia raggiunto l'apice della sua arte marziale. Tra i molti modi di applicare l'arte del contrattacco, l'attacco all'attacco (detto anche controcolpo) è al primo posto per la sua efficacia in combattimento. Infatti, quando un contrattaccante riesce a colpire “dentro” il colpo dell'avversario, il contrattacco risultante sarà più potente di qualsiasi attacco diretto. A volte, il contrattacco viene eseguito insieme a un blocco o a una deviazione: in questo caso, entrambe le azioni devono essere eseguite all'unisono, per essere più efficaci.

Le armi del corpo della Nak Muay che imitano le zanne dell'elefante sono tradizionalmente i gomiti (sok) e i pugni chiusi (mahd). Nelle applicazioni della strategia Chang Prasan Nga, le punte dei gomiti sono utilizzate per colpire, tagliare verso l'alto e colpire verso il basso.

1. Forare. Quando l'avversario carica e tenta di colpire con un gancio corto o lungo alla testa, non indietreggiare. Utilizzate invece la forza delle gambe per scattare in avanti e conficcare la punta dei gomiti nello sterno, nella gola o nel viso dell'avversario. Il primo risultato sarà quello di chiudere rapidamente la distanza, impedendo al pugno dell'avversario di raggiungere il bersaglio. In secondo luogo, il passo in avanti caricherà l'attacco con i gomiti di una grande energia cinetica. Questa energia si aggiungerà alla forza dello slancio dell'avversario, provocando un impatto molto duro. La durezza della vostra arma naturale e la superficie d'impatto ridotta (la punta dei gomiti) renderanno il vostro contrattacco estremamente efficace.

2. Fendente verso l'alto. A volte l'avversario si avvicina con le braccia tese nel tentativo di afferrarvi al collo o alla gola. Anche se questo non è consigliabile, accade spesso nella foga di un combattimento all'ultimo sangue. In caso di attacco di questo tipo, non tiratevi indietro. Utilizzate la strategia dell'elefante alla carica e avanzate con entrambi i gomiti alzati davanti al viso. Seguite immediatamente con una doppia gomitata verso l'alto che si infila nelle braccia dell'avversario. Dirigere le punte dei gomiti verso il mento dell'avversario con un fendente deciso verso l'alto. È probabile che uno dei gomiti colpisca la punta del mento dell'avversario con una potenza esplosiva. La presa al collo non sarà completata e l'avversario potrebbe essere messo drammaticamente al tappeto (pagine precedenti).

3. Martellamento. I gomiti di un Nak Muay possono anche agire come le zanne dell'elefante quando vengono pesantemente colpiti dall'alto su un oggetto. In questo caso, l'attacco con il doppio gomito può essere eseguito in attacco diretto, nella maggior parte dei casi abbinato a un salto, oppure può essere applicato dopo una tecnica difensiva. Ad esempio, quando viene attaccato con un calcio frontale spinto, il praticante di Muay Boran può deviare il calcio in arrivo con una deviazione bassa per sbilanciare l'avversario e prepararsi al contrattacco. Dopo la deviazione bassa, il Nak Muay salta e attacca i lati del collo dell'avversario con la punta dei gomiti. In alternativa, il bersaglio del doppio colpo di gomito può essere la sommità della testa, un punto di attacco potenzialmente letale.

Per informazioni sull'IMBA:

Sito ufficiale dell'IMBA: www.muaythai.it

Europa: Dani Warnicki (IMBA Finlandia)

Sud America: Juan Carlos Duran (IMBA Colombia)

Oceania: Maria Quaglia (IMBA Australia)

Segreteria generale: Marika Vallone (IMBA Italia)

L’ Accademia del Movimento Marziale, fusione delle conoscenze del Kyusho Jitsu e del Tuite Jitsu del M°Frisan Gianluca assieme alle c

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tecnica nella formazione di Istruttori di alto livello marziale e rende disponibile a tutti i principi universali nascosti nei movimenti delle arti marziali inter ne ed ester ne, unificandoli e focalizzandoli nella precisione, per portare il Kyusho ad un nuovo livello In questo 3°

dettagliato dei punti di pressione della testa, drills e efficienza tecnica, modi p e r f a r p e n e

c o r p o dell’avversario … ma non solo capiremo che in realtà “stordire” un aggressore può essere semplice ed efficace Prima dell’analisi dei punti di pressione, della loro localizzazione, dell’angolo migliore p e r c o l p i r l i , s f r e g a r l i , m a n i p o l a r l i continuiamo con i principi del movimento marziale, caratteristica unica della nostra a c c a d e m i a . I l p r o s s i m o p a s s o è c a p i r e c o m e a v v i e n e l a t r a s m i s s i o n e d i q u e s t a forza, cioè in che modo si possa caricare di “ p o t e n z i a l e ” i l c o l p o e l o s i s c a r i c h i s u l l ’ a v v e r s a r i o . Ta s s e l l o d o p o t a s s e l l o i l l a v o ro

i n t e r n o e d e s t e r n o s u l n o s t ro c o r p o , re n d e r à l a

s t r u t t u r a e l ’ a l l i n e a m e n t o d e l n o s t r o c o r p o u n o strumento affilato per poter usare “moltiplicatori di forza”

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c o n c r e t a m e n t e , s e n z a t e n e r c o n t o d i a s p e t t i e s t e r n i e n o n

m o d i f i c a b i l i c o m e l a “ s e n s i b i l i t à ” d e l n o s t ro a v v e r s a r i o a g l i

attacchi Kyusho!

Ref.: • KfRISAN-9

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Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili) Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata

Ref.: •kapap-12

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Le Arti Marziali e la conoscenza dell'autodifesa

Le origini dell'autodifesa affondano le loro radici nelle forme più elementari di lotta che si sono sviluppate in tutto il mondo, indipendentemente l'una dall'altra. Questa ipotesi è stata confermata da ricerche archeologiche condotte in varie parti del mondo. Non c'è quasi paese che non abbia una sua autentica forma di combattimento “popolare” o qualche altro tipo di gioco in grado di soddisfare l'istintivo bisogno dell'uomo di combattere come mezzo per abituarsi alla lotta per la sopravvivenza.

Possiamo sicuramente affermare che l'abilità di autodifesa è antica quanto l'uomo. Le persone hanno sempre cercato di trovare e sviluppare questa abilità per difendersi dagli aggressori. La morte è sicuramente la più grande paura dell'uomo. Questa paura e la volontà di superarla hanno portato gli uomini a perfezionare le arti marziali e a rafforzare il proprio corpo e il proprio spirito con l'obiettivo di difendere la propria vita e sopravvivere. Gli esseri umani hanno acquisito esperienza nelle arti marziali nel corso dei secoli e l'hanno accumulata per poterla poi utilizzare in vari conflitti e battaglie. Fino a poco tempo fa, l'uomo era sicuro che gli altri lo avrebbero rispettato se avesse dimostrato di essere più potente o abile di loro. Le Arti Marziali e la conoscenza dell'autodifesa

Oggi la vita di una comunità umana è un po' diversa e le persone non risolvono le loro dispute combattendo tra loro. Nella società contemporanea esistono diverse istituzioni che hanno il compito di proteggere i cittadini e i loro diritti civili. Tuttavia, la conoscenza delle arti marziali non è superflua. Un uomo in grado di proteggersi da un attacco saprà come mantenere la propria compostezza in una situazione del genere. Un uomo di questo tipo saprà parlare con le persone che vogliono attaccarlo in modo impavido e pacifico. La sua calma e la sua sicurezza sono la sua migliore protezione e possono aiutarlo ad essere attaccato raramente o mai. L'autodifesa comprende la salvaguardia della propria integrità fisica e mentale. Sebbene esistano diversi esperti che si occupano del tema del conflitto, analizzandone l'origine o trovando una soluzione adeguata al problema, il problema è ancora presente.

Certo, al giorno d'oggi i litigi sono più rari, ma a volte i conflitti vengono risolti con l'aggressività, che spesso è il

risultato dello stile di vita odierno. A volte l'uomo è esposto a una violenza improvvisa senza un vero motivo. L'uso della forza contro l'aggressore è, in questi casi, necessario. Ogni persona ha il diritto di proteggersi quando è necessario, quindi conoscere l'uso di una determinata arte marziale può essere di grande aiuto. Le moderne tecniche di autodifesa devono tenere conto del tempo in cui viviamo; devono essere efficienti ma sempre di carattere difensivo, perché agire per autodifesa non è un reato. La mancanza di comprensione è la causa della maggior parte dei conflitti. Molti di essi finiscono in uno scontro fisico tra individui o gruppi di persone. La gente definisce la violenza come un'applicazione della forza a scopo di abuso. La maggior parte delle persone ha un'idea di chi siano gli amici e i nemici. Di solito pensiamo al nostro nemico come a una persona che non conosciamo, qualcuno che è ostile e ha intenzioni malvagie. Questo è generalmente vero, ma gli abusanti possono essere molte altre persone diverse. A volte si verificano anche conflitti

Le Arti Marziali e la conoscenza dell'autodifesa

Le Arti Marziali e la conoscenza dell'autodifesa

tra amici o coetanei. Possono verificarsi tra persone più giovani o più anziane. Possono verificarsi vari conflitti al lavoro o a scuola, così come tra i membri della famiglia, che si ripercuotono sull'intero nucleo familiare.

L'opinione generale afferma che le vittime di un'aggressione o di un abuso sono persone fisicamente più deboli, per esempio anziani, disabili, persone di corporatura più piccola, bambini e di solito donne. Tutte queste opinioni stereotipate sono parzialmente vere. Se dessimo un'occhiata alle statistiche odierne sulle vittime di violenza, arriveremmo a conclusioni sorprendenti e in qualche modo scioccanti. Secondo queste statistiche, le vittime di violenza sono quasi equamente distribuite tra il genere maschile e quello femminile. Tuttavia, è necessario sottolineare che le donne vengono solitamente attaccate con un'intenzione e un motivo diversi rispetto agli uomini.

Le Arti Marziali e la conoscenza dell'autodifesa

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Le donne sono sempre state convinte che i loro padri, fratelli, mariti o protettori le avrebbero tenute al sicuro dagli aggressori. Le donne sono di solito più piccole e fisicamente più deboli degli uomini e, quindi, degli aggressori. Tuttavia, questo non disturba una donna determinata e coraggiosa che conosce le arti marziali e che vuole difendersi da un aggressore. Ecco perché è necessario educare le donne alla difesa personale.

I bambini sono esposti alla violenza diretta e indiretta. Per violenza diretta si intende l'applicazione della forza fisica. I bambini sono spesso vittime di bullismo a scuola, nel cortile o per strada. Per questo motivo è bene motivare un bambino a praticare un'arte marziale.

Spesso le vittime di un'aggressione sono persone di varie professioni che, per la natura del loro lavoro, devono entrare in contatto con altre persone, tra cui quelle che rappresentano una certa minaccia o che potrebbero essere dei potenziali bulli. Esiste un gran numero di professioni così “rischiose”, per cui chi lavora in questi settori di competenza dovrebbe allenarsi con un'arte marziale o almeno conoscere una tecnica di autodifesa.

Le tecniche di autodifesa contemporanee sono sicuramente basate su varie arti marziali. Tutti conoscono bene la maggior parte di esse. Ogni nuovo periodo storico ha portato e ampliato nuove conoscenze e alcune nuove tecniche e strategie di autodifesa. Oggi, molte di esse vengono migliorate sulla base dell'esperienza personale. Alcune tecniche sono state scartate perché si sono rivelate inefficaci, mentre altre sono state modernizzate. Alcune vecchie tecniche sono tornate in auge, così come alcune prese che in passato non erano state sufficientemente enfatizzate.

Le Arti Marziali e la conoscenza dell'autodifesa

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Le Arti Marziali e la conoscenza dell'autodifesa

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L'attacco è un attacco, non un'autodifesa

Il principio di base che vale per la difesa personale è il seguente: meno è meglio. Più la tecnica è semplice, meglio è. Rispettando questo principio, la scelta delle tecniche di autodifesa sarà sempre appropriata ed efficace per la popolazione generale. Per questo motivo, nella scelta delle moderne tecniche di autodifesa dobbiamo prestare particolare attenzione all'epoca e alle circostanze in cui viviamo. Dobbiamo prestare attenzione alla popolazione ampia e diversificata, alla sua età e al suo sesso. Inoltre, dobbiamo essere consapevoli della diversità delle tecniche che sono appropriate per gruppi specifici di persone. Le tecniche devono essere modificate e adattate a un gruppo o a un individuo specifico. Le tecniche contemporanee devono essere efficaci, ma non troppo complicate, soprattutto se sono rivolte alla popolazione generale. Occorre prestare particolare attenzione al fatto che la maggior parte delle persone non possiede conoscenze nel campo delle arti marziali e dell'autodifesa.

Alcuni esperti affermeranno che le moderne abilità di autodifesa sono certamente basate sulle tecniche delle arti marziali orientali. Questa affermazione è vera solo in parte, perché fino ad oggi ogni Paese ha sviluppato la propria arte marziale e, di conseguenza, la propria tecnica di autodifesa. Dire che una certa tecnica è migliore solo perché è nata in Oriente o in Occidente non è ragionevole né corretto. Nei Paesi di tutto il mondo si possono trovare molte tecniche di autodifesa efficaci, alcune delle quali sono molto adatte anche all'uso odierno. Alcune tecniche devono essere un po' modificate o modernizzate, ma sono essenzialmente molto valide e utili per la popolazione.

È certo che le arti marziali orientali come judo, karate, aikido, jujutsu, kung fu o tae kwon rappresentano la base della maggior parte delle tecniche di autodifesa. Tuttavia, non bisogna dimenticare che molte altre arti marziali esistevano già prima delle tecniche citate e che il loro scopo fondamentale era l'autodifesa. Abilità come la lotta, il pugilato o la boxe francese (savate) rientrano in questa categoria. Non vanno trascurate altre arti marziali, ad esempio quelle originarie del Brasile, come la capoeira o il Brasilianjujutsu (BJJ), o le abilità di autodifesa russe incorporate nello sport da combattimento sambo (autodifesa senza armi).

Tuttavia, per avere una conoscenza completa delle tecniche di autodifesa, è necessario evidenziare alcune abilità, come l'arte marziale giapponese ko- budo o l'abilità francese la canne. Vanno menzionate anche le abilità asiatiche come il kali, l'escrima, il bando, il vietvodao vietnamita o il caliradman birmano. Alcune abilità sono meno conosciute o addirittura quasi dimenticate, come l'abilità inglese di combattere con un bastone (cudgelling).

Le Arti Marziali e la conoscenza dell'autodifesa

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Alcune tecniche di autodifesa comprendono anche varie tecniche di stretta di mano con alcuni dispositivi pratici, come un ventaglio, una matita, un ago, qualcosa che possa amplificare un colpo (un kongo- yavara o un pugile), una frusta (cintura), una falce (o un'arma a forma di falce), o oggetti come un ombrello, una scopa, diversi spray, chiavi, vestiti, scarpe, borse, giornali ecc. Oggi, per difendersi, si utilizzano altri dispositivi molto diffusi. Si tratta in genere di spray irritanti (gas lacrimogeni) e di elettroshock (in passato chiamati “bastoni per il bestiame” a causa del loro scopo primordiale).

Una parte delle tecniche di autodifesa è identica a diverse arti marziali, quindi non sorprende che la stessa presa sia spesso rivendicata da diverse arti marziali. Ne esistono numerose e in questo articolo ne sono state citate solo alcune, le cui tecniche sono applicabili alla difesa personale. Naturalmente, molte altre si possono trovare nella stessa categoria.

Molte impugnature sono state modificate e adattate alle circostanze in cui viviamo oggi. Ogni nuova era porta con sé nuove informazioni e ricerche, nonché nuove tecniche “moderne”. O, per meglio dire, tecniche vecchie e modificate che vengono presentate come nuove e moderne con un nuovo nome o titolo. Un esempio è il Krav Maga israeliano o il Systema russo e così via.

La conclusione secondo cui l'attacco è la migliore modalità di difesa potrebbe essere efficace in un modo di combattere sportivo e talvolta tra gruppi di bulli di strada. Tuttavia, questo non è il caso quando si tratta di autodifesa.

Chi attacca per primo è sicuramente avvantaggiato, ma l'attacco non è un modo di difendersi e non sarà mai percepito come tale, ma solo come un contrattacco. Chi attacca per primo avrà

un problema quando cercherà di dimostrare che si stava difendendo. Per questo motivo (in quanto attaccante) si assume la colpa e le conseguenze. È fondamentale essere pronti a diversi tipi di attacco quando ci si difende. Inoltre, è necessario prevenire l'aggressore con una misura adeguata (vari modi di bloccare o prendere un pugno), dopo di che è possibile contrattaccare.

Se per qualcuno è più facile prendervi o spingervi, non è necessario difendersi allo stesso modo. Questo è anche un consiglio nel caso in cui l'aggressore vi attacchi con un pugno o un piede. L'aggressore sarà molto probabilmente più forte di voi e per questo motivo dovrete dargli un calcio il più forte possibile per difendervi efficacemente. Se non siete i primi a sferrare un pugno, ma solo a difendervi, non abbiate paura di oltrepassare la linea di difesa necessaria, ma anzi difendetevi con coraggio, forza e ferocia. Se non avete sferrato un pugno forte all'aggressore, il suo

secondo attacco seguirà e potrebbe essere ancora più potente e disastroso. Non sottovalutate mai l'aggressore. Se vi rendete conto che l'aggressore è troppo forte, cercate immediatamente di trovare un'arma o uno strumento che possa esservi utile per difendervi. È estremamente difficile difendersi contemporaneamente da due aggressori. A questo punto è necessario seguire il consiglio di base della difesa personale: difendersi da un aggressore e poi rivolgersi all'altro. Per chiarire: la tecnica di base di un uomo che si trova di fronte a un attacco di due o più aggressori è quella di convertire la propria difesa in due combattimenti con un solo uomo, invece di condurre un unico combattimento contro due o più aggressori.

L'attacco con un attrezzo o un'arma è il tipo di attacco più pericoloso. A volte lo strumento può essere pericoloso quanto l'arma. Non c'è differenza se un aggressore ha in

mano un coltello, delle forbici, un bisturi, un cacciavite, un martello, un'ascia, un tubo di ferro o se vi attacca con un altro tipo di attrezzo o arma. Questo tipo di attacco è estremamente pericoloso e deve essere preso sul serio. Un uomo che vi attacca con un attrezzo o un'arma ha sicuramente il desiderio di farvi seriamente del male o forse addirittura di uccidervi. Non pensate a quanto sia determinato l'aggressore, ma siate pronti a difendervi.

Se siete testimoni di un'aggressione a un anziano, a una donna, a un bambino o a qualsiasi persona che non sia in grado di difendersi da sola, potreste essere costretti ad aiutarla. Se non c'è nessuno che può o vuole aiutare, dovrete decidere da soli come aiutare la persona.

La maggior parte delle persone non sa che gli strumenti possono essere usati come armi per la difesa personale. Alcuni strumenti-armi possono essere usati da chiunque in qualsiasi momento, ma la maggior parte delle persone non

li nota nemmeno e non sa come usarli per la difesa personale. Una normale matita, un libro, una cintura, una spilla per capelli, un ombrello, le chiavi, una borsa a tracolla, una scarpa, una scopa o qualche altro strumento pratico possono essere trasformati in un eccellente dispositivo di autodifesa.

Anche le unghie delle donne possono essere trasformate in un ottimo strumento, così come raspe, spazzole, bisturi o piccole forbici. La scelta è estremamente ampia, ma occorre sapere come utilizzare un determinato oggetto. Esistono numerosi negozi specializzati che vendono utensili diversi. Qui si possono trovare diversi tipi di boxer, spray, elettroshock, mazze e molti altri oggetti che possono essere utilizzati per la difesa personale.

È fondamentale che, nel momento di un'aggressione, sappiate usare le cose e gli oggetti di cui siete circondati e non pensiate a ciò che avreste potuto trovare in auto o a

casa. È molto probabile che non possiate scegliere lo strumento per difendervi e che dobbiate usare quello più vicino alla vostra posizione e al luogo in cui vi trovate. La giusta scelta dell'attrezzo e il momento in cui usarlo avranno un ruolo decisivo per il risultato. Alcune armi sono migliori da usare a una distanza maggiore, mentre altre funzionano meglio nel combattimento ravvicinato. Assicuratevi di usare con saggezza ciò che avete a portata di mano, perché a volte, ad esempio, una tazza di tè o caffè caldo può essere un ottimo strumento di difesa personale. Se gettate un liquido caldo in faccia a un aggressore, la sua reazione potrebbe darvi il vantaggio desiderato e confonderlo.

Le tecniche di autodifesa sono nella maggior parte dei casi uguali per uomini e donne, ma non sono affatto identiche. Le differenze si trovano in piccoli, ma importantissimi dettagli. È meglio che ogni individuo adatti certe tecniche a se stesso e alle proprie competenze, nonché alle proprie capacità attuali di metterle in atto per la difesa personale.

David “Sensei” Stainko

Professore di kinesiologia

Maestro 7° Dan Mixed Martial Scientists

Due Coltelli Due Coltelli

L’arte dei due coltelli

È forse la specialità meno conosciuta e praticata, sia in occidente che in oriente. Del resto anche la più nobile arte di combattere con due spade non era molto diffusa anche se, all’occorrenza, aver sviluppato tale capacità risultava molto utile soprattutto se si doveva affrontare più avversari. Manovrare due armi uguali, una impugnata con la mano destra e l’altra con la sinistra, richiede una grande coordinazione psicomotoria affinché le due armi diventino un vantaggio per colui che le adopera e non un ostacolo.

Le guardie e le impugnature

La posizione di guardia può variare molto: possono essere assunte posizioni “aperte” Ovvero con le braccia divaricate distanti tra loro sia sul piano orizzontale (con le braccia allargate) che sul piano verticale ( una mano in alto e l’altra in basso). Si possono addirittura tenere le braccia incrociate, e anche in questo caso, sia con entrambe le braccia alla stessa altezza oppure con un braccio più in basso e l’altro più in alto. La differenza sostanziale però è data dalla scelta effettuata nell’impugnare le armi. Abbiamo quattro combinazioni fondamantali:

1. Tutte e due le armi in posizione diritta, impugnatura che gli statunitensi chiamano hammer grip,

2. Entrambe con la posizione rovesciata, negli Usa è l’impugnatura denominata Ice pick grip.

3. La posizione mista in cui nella mano destra il coltello è tenuto diritto e nella sinistra invece è rovesciato

4. Completa la quaterna la combinazione opposta in cui nella mano sinistra il coltello è impugnato diritto e nella a destra è tenuto rovesciato.

La scelta di una delle combinazioni sopracitate influenza la tattica del combattimento sia nell’aspetto offensivo che difensivo. Questa considerazione è molto importante perché si può avere un quadro generale dell’avversario proprio osservando la scelta che egli ha fatto sia nell’impugnare le armi sia notando la posizione delle braccia: se queste sono aperte o chiuse, se simmetriche o asimmetriche, se sono lontane o vicine al suo corpo, se muove molto le braccia o se sta prevalentemente sta fermo, se muove molto i piedi oppure se esegue passi misurati ecc..

È utile ricordare che sia la posizione assunta sia la scelta delle impugnature può mutare. Questo ci porta a capire se l’altro ( ma anche noi stessi) preferisce la stabilità o la mobilita.

Presa fissa o mobile ?

Tra i popoli dell’area jonica il cambio dell’impugnatura non è un abbellimento o un gioco di abilità ma una strategia che, se usata con la giusta strategia, può sorprende l’avversario. In molti sistemi “militari” al contrario si preferisce una impugnatura salda ed inamovibile arrivando addirittura a legare il coltello al polso. Non si tratta in questa sede di decidere cosa è meglio o peggio in fondo si tratta di una scelta individuale legata anche la tempo che si può dedicare alla mortale arte. Entrambi i sistemi hanno vantaggi e svantaggi. Nel metodo dell’arma fissa, sia che il coltello sia impugnato diritto che rovesciato, si pone l’accento sulla presa stabile, l’arma deve restare salda in mano anche se le gambe e le braccia stanno tremando per effetto dell’adrenalina. Inoltre la presa salda può facilmente resistere alle insidie del sudore o addirittura alla viscosità del sangue. I coltelli adatti alla “presa stabile" li si riconosce subito per la conformazione del manico dove, spesso, ogni dito trova il suo alloggio sicuro e l’impugnatura sembra adattarsi al palmo della mano conferendo all’uomo una sensazione di sicurezza, di essere tutt’uno con il coltello. Al contrario i coltelli con un manico semplice senza particolari scanalature sono fatti per facilitare la mobilità. I movimenti fondamentali che si devono eseguire senza intoppi per coloro che prediligono la presa dinamica sono tre :

Due Coltelli Due Coltelli

“I vantaggi della presa mobile sono molti come è facile intuire, tuttavia anche i rischi sono altrettanto evidenti.”

Due Coltelli Due Coltelli

1. Cambio orientamento del filo (ovviamente per i coltelli che non hanno doppio filo). Si fa ruotare l’arma sul proprio asse longitudinale. Col solo movimento delle dita si porta il filo, a piacere, all’interno o all’esterno a seconda del bisogno. Manovra che va eseguita sia con l’arma impugnata diritta che rovesciata.

2. Cambio impugnatura: si passa da quella diritta a quella rovesciata e viceversa. L’azione deve essere eseguita naturalmente senza esitazioni tentennamenti o ritardi.

3. Cambio di mano. Consiste nel passare l’arma da una mano all’altra questo movimento può essere eseguito in tre modi :

1. Sul fianco

2. Dietro la schiena

3. In alto sopra la testa (sollevando entrambe le braccia).

È evidente che il terzo punto sopra esposto non si applica quando si impugnano due coltelli ma uno solo.

I vantaggi della presa mobile sono molti come è facile intuire, tuttavia anche i rischi sono altrettanto evidenti. La scarsa capacità di controllare le proprie emozioni, le condizioni ambientali, l’essere fuori esercizio potrebbe far sì che una manovra mobile con l’obiettivo di ottenere un vantaggio sull’altro, possa rivelarsi invece un autogol. Da quanto abbiamo detto si deduce che in una situazione di scontro all’arma bianca, la presa mobile è adatta a coloro che sanno mantenere il sangue freddo e soprattutto che si trovino in piena forma tecnica derivata da un allenamento e una pratica costante.

Ecco spiegato il perché in molti sistemi si usa la presa fissa e sicura perché si rivolge soprattutto a persone che non possono spendere gran parte del loro tempo ad esercitarsi con l’arma quindi si sacrifica la ricchezza delle scelte strategiche a favore di una minore varietà di movimenti ma certamente più sicuri.

A coloro che non amano l’arma doppia posso dire che allenarsi ad usare le due armi porta ad un sensibile miglioramento nell’uso dell’arma singola ma soprattutto a tenere in giusta considerazione la funzione della “mano libera”. Quindi facilmente deduciamo che anche se siamo predisposti all’uso dell’arma singola ci conviene fare esperienza del combattimento con l’arma doppia perché così facendo svilupperemo delle abilità che potremmo spendere anche quando manovreremo una sola ar ma riuscendo a dare la giusta attenzione alla mano libera.

Parate attacchi e contrattacchi col doppio coltello

È lampante che la parata effettuata con una mano armata anziché “nuda” risulti essere una parata “attiva” ovvero capace, nella sua azione difensiva, di infliggere già un danno all’avversario. Quanto abbiamo appena detto aggiunge un ulteriore vantaggio all’impiego della arma doppia. Tuttavia non solo la parata ma anche gli attacchi risultano potenziati con i due coltelli. Per fare un esempio chiarificatore molto semplice: l’avversario riuscirà con facilità ad intercettare la prima arma, tuttavia, facilmente, può sfuggire al suo controllo la seconda che può raggiungere così il bersaglio indisturbata.

Anche i due attacchi portati di punta e simultaneamente possono scendere dall’alto raggiungendo le due succlavie, oppure salire dal basso per infilarsi al di sotto della gabbia toracica. Gli attacchi simultanei più sorprendenti sono quelli asimmetrici: un coltello scende mentre l’altro sale raggiungendo, il primo la succlavia, il collo, oppure l’occhio; mentre l’altro, contemporaneamente, sale eludendo la cassa toracica per colpire un organo interno.

Interessante è l’attacco di punta simultaneo portato con due impugnature diverse per esempio, il coltello e impugnato rovesciato nella mano destra mentre è diritto nella mano sinistra; l’avambraccio destro protegge il collo, il viso e prepara la strada al coltello che si trovandosi davanti al vostro petto che minaccia l’avversario con la punta.

Di più difficile esecuzione sono i colpi simultanei in cui un coltello taglia mentre l’altro attacca con la punta. Badate bene, si tratta di un’azione eseguita contemporaneamente, la punta entra mentre l’altro taglia. Il movimento del coltello che taglia puoi essere sia col braccio che agisce “aprendo” sia con un movimento a chiusura. L’attacco di punta può, a sua volta portato sopra il braccio che taglia (di diritto o di rovescio) sia sotto il braccio tagliante.

Abbiamo dato per scontato che i due coltelli indipendentemente dalla combinazione di impugnatura o di attacco scelta siano uguali tra loro, invece dovremmo imparare a porre l’attenzione all’uso simultaneo di due armi diverse per peso forma e dimensione. Per esempio un coltello o pugnale In una mano ed uno di più piccole dimensioni nell’altra o ancora meglio un coltello e un kerambit, il coltello ricurvo del sud est asiatico.

E per finire una nota di colore che hi avuto modo di osservare di persona: tra le comunità zingare si è diffuso l’uso del cacciavite a taglio (talvolta reso davvero tagliente sfregandolo contro il marciapiede) al posto del coltello. Quest’arma occasionale è sicuramente più facile da giustificare in caso di controlli da parte degli agenti della pubblica sicurezza. Altre volte invece il cacciavite viene usato in coppia con il coltello, abbiamo quindi una simpatica ma letale combinazione in cui in una mano c’è il coltello e nell’altra il cacciavite.

Concludendo l’uomo è nato sprovvisto di artigli o zanne ma la sua capacità di adattarsi e imitare la natura lo ha portato a crearsi artificialmente attrezzi che compensano e talvolta superano con grande efficacia il deficit naturale. Deduciamo che in fondo l’arma segreta dell’uomo è il suo formidabile cervello dobbiamo solo imparare ad usarlo!

Due Coltelli Due Coltelli

今日、世界中で犯罪が増加しているため、自衛プログラムが重要になっています。 スポーツ武道のトレーニングよりも包括的なものです。

PFS プログラム Systey は、創設者であるマスターアーメドアルフーリの監督の下、戦闘分野の軍事専門家と武道の高等インスト ラクターによって作成され、諜報活動や実際の対決と歩調を合わせる最も重要な戦闘プログラムの 1 つと考えられています。。 今日、それはいくつかの国で広まっています 軍人と民間人が社会と社会を守るための重要なプログラム

I programmi di autodifesa sono molto importanti al giorno d'oggi a causa dell'aumento della criminalità in tutto il mondo e sono più completi dell'allenamento sportivo delle arti marziali.

Il programma PFS è stato sviluppato da esperti militari nel campo del combattimento e da istruttori di arti marziali di alto livello sotto la supervisione del suo fondatore, il Maestro Ahmed Al-Houli, ed è oggi considerato uno dei programmi di combattimento più importanti per il combattimento reale. La sua pratica si è diffusa in diversi Paesi. Un programma importante per il personale militare e civile per proteggere la società.

Aspetti fondamentali

“Per gli artisti marziali e i professionisti della sicurezza, l'efficacia di un sistema di autodifesa è fondamentale, soprattutto se è destinato alle forze di sicurezza private, alle forze dell'ordine, agli ufficiali giudiziari o alle unità speciali. Tale sistema deve essere realistico, diretto e, soprattutto, affidabile nella sua applicazione.

Con oltre 40 anni di esperienza nelle arti marziali e più di 25 anni nel settore della sicurezza, ho sviluppato una profonda conoscenza della sicurezza, delle tattiche e della psicologia, che applico quotidianamente nella pratica. Questa esperienza confluisce nell'OLIVA Combat System (O.C.S.), un sistema di autodifesa appositamente sviluppato e caratterizzato da pragmatismo, professionalità ed efficacia. L'obiettivo è garantire la massima efficienza nella difesa personale con un allenamento compatto e pratico.

L'O.C.S. è più di un semplice sistema di combattimento: è un concetto ben congegnato che soddisfa i requisiti dell'odierno settore della sicurezza e fornisce le basi per una capacità operativa sicura e mirata”.

1) Aspetti primari

2) Il sistema di combattimento OLIVA è il risultato di anni di esperienza nel settore della sicurezza e di un'intensa attività di formazione e ricerca a livello internazionale. La mia vita è sempre stata dedicata alle arti marziali e all'autodifesa per privati e forze dell'ordine, il che mi ha portato alla convinzione: “Le forze di sicurezza, le forze dell'ordine, i tutori della legge e le forze speciali devono essere addestrati in modo professionale ed efficace!” Questa convinzione non deve mai essere trascurata o sottovalutata.

3) Questo programma è una misura fondata per iniziare prima del giudizio e dei reati reali ai diversi livelli delle forze dell'ordine e per metterli in linea con la legislazione e l'autorità di protezione civile. È un programma di autodifesa su misura per le forze di sicurezza.

4) Primo aspetto: autodifesa olistica

5) Nella sicurezza privata o nelle forze di sicurezza, il tema dell'autodifesa non può essere considerato in modo isolato. Punti focali importanti sono la giusta mentalità (“Niente violenza!”), la comunicazione, la de-escalation, l'autoprotezione, la sicurezza personale e le abilità di autoprotezione, nonché i principi legali. Questi aspetti devono essere perfettamente padroneggiati per poterli applicare efficacemente.

6) Secondo aspetto: preparazione a situazioni eccezionali

7) È della massima importanza preparare le forze di sicurezza private alla sicurezza dinamica, alla psicologia del 8) coping, la gestione dello stress da combattimento, l'addestramento alla difesa dalle minacce, il ciclo del conflitto a 360° e la strategia 4D. In situazioni estreme, questi argomenti possono salvare vite umane o neutralizzare pericoli. Un approccio non professionale è grave e controproducente, perché può costare la salute o la vita.

1) Terzo aspetto: uso appropriato della forza

2) Essere consapevoli della situazione legale, assicurarsi di rispettare il quadro giuridico del paese in cui ci si trova ogni volta che si utilizzano le tecniche. È vostra esclusiva responsabilità conoscere le leggi in materia e rispettarle. La definizione di forza “ragionevole” ed “eccessiva” può variare da Paese a Paese. In caso di dubbio, contattare le autorità competenti o le forze dell'ordine locali. È particolarmente importante che gli agenti di polizia conoscano le linee guida interne sull'uso della forza.

Quarto aspetto: autodifesa realistica

1) L'autodifesa realistica non è bella da vedere, ma è molto efficace. La bella difesa personale, invece, non è realistica e non è efficace, anche se è bella da vedere. Gli scontri reali non sono arti marziali.

2) Quinto aspetto: mentalità

3) Una mentalità al 100% paralizza gli aggressori o gli autori di violenza nella maggior parte dei casi, agendo all'interno del loro ciclo di osservazione, orientamento, decisione e azione. Con questa mentalità siamo in vantaggio e possiamo riportare la situazione sotto controllo.

4) Sesto aspetto: i livelli di aggressività

5) Non sottovalutare mai i diversi livelli di aggressività. Il livello di aggressività di un aggressore può essere decisivo. La nostra risposta deve essere tempestiva e appropriata, perché non sappiamo mai se la resistenza si trasformerà in un'aggressione letale. Pertanto, dobbiamo essere estremamente preparati a sopravvivere fino all'aggressione letale con una difesa perfetta.

6) Settimo aspetto: aggressione indotta da droghe

7) L'autodifesa quando si ha a che fare con persone sotto l'effetto di droghe è uno scenario comune. Le tossicodipendenze

possono essere suddivise in quattro gruppi principali: Allucinogeni, Stimolanti, Depressori e Inalanti. Riconoscere e comprendere questi gruppi è fondamentale per una risposta corretta.

8) Ottavo aspetto: la consapevolezza della realtà

9) La consapevolezza che un alterco in servizio o nella vita privata può essere fatale o addirittura mortale rende più efficace l'intero concetto di formazione. Aumenta la percezione, la comprensione della realtà e il controllo emotivo. La vera realtà deve essere compresa al 100%. La preparazione a incontri ravvicinati fisicamente e psicologicamente pericolosi aumenta le possibilità di sopravvivenza.

10) Nono aspetto: meno è meglio

11) Per un'autodifesa realistica ed efficace, vale un principio fondamentale: meno è meglio.

Responsabilità e consapevolezza giuridica nell'azione

Ogni azione deve essere sempre conforme alle leggi e ai regolamenti vigenti nel Paese in cui si svolge. Ciò è di fondamentale importanza per preservare la propria integrità e rafforzare la fiducia nel sistema giuridico. È importante agire in modo lecito, corretto e appropriato per proteggere se stessi e l'integrità della comunità.

In quanto individui, siete pienamente responsabili delle vostre decisioni e delle conseguenze che ne derivano. È essenziale conoscere a fondo il quadro giuridico in cui si opera. Solo così è possibile garantire che le proprie azioni siano non solo eticamente giustificabili, ma anche legalmente valide.

Un comportamento responsabile significa essere consapevoli che ogni azione può avere conseguenze di vasta portata. Spetta a voi plasmare positivamente questi effetti e assicurarvi che siano conformi alla legge. Prendendo le vostre decisioni con saggezza e tenendo sempre conto delle basi legali e morali, contribuite attivamente a creare un ambiente stabile ed equo.

Proporzionalità: la chiave per un'applicazione equilibrata delle misure

“La

proporzionalità rappresenta l'equilibrio tra potere e moderazione, dove la giustizia agisce come elemento equilibratore e regola l'imprevedibile.”

Nell'ambiente urbano, dove spesso domina il caos, le forze dell'ordine hanno un ruolo cruciale da svolgere. Sono responsabili del mantenimento dell'equilibrio tra giusto e sbagliato e tra doveri e libertà individuali. La loro presenza e autorità sono un simbolo di sicurezza e il loro compito è quello di tenere d'occhio ciò che accade nello spazio pubblico. In questo contesto, la proporzionalità è un principio centrale. Questo principio non è solo un concetto teorico, ma una base essenziale per il lavoro quotidiano e la formazione delle forze di sicurezza. Soprattutto in situazioni di autodifesa, ogni misura deve essere proporzionata alla minaccia. La forza utilizzata non deve superare quanto necessario per garantire il rispetto del principio di proporzionalità. Due principi fondamentali guidano l'azione in queste situazioni: Sussidiarietà e proporzionalità. La sussidiarietà richiede l'uso dei mezzi minimi necessari per scongiurare il pericolo. L'obiettivo è evitare un'escalation della situazione, il che richiede una valutazione approfondita della situazione e un coordinamento preciso dei mezzi utilizzati.

La proporzionalità, invece, si riferisce alla ponderazione degli interessi legali da proteggere. I vari interessi legali devono essere classificati in base alla loro importanza:

1. la vita

2. integrità fisica

3. la libertà

4. onore

5. proprietà e patrimonio

Questi interessi legali non sono isolati, ma devono sempre essere soppesati l'uno con l'altro nel contesto della rispettiva situazione. La proporzionalità impone alle forze di sicurezza di contrastare le minacce con mezzi appropriati, senza usare la forza inutilmente. Il principio di proporzionalità deve essere sempre tenuto in considerazione quando si ricorre a mezzi coercitivi, che si tratti di manette o addirittura di armi da fuoco, per evitare l'escalation della violenza e disinnescare la situazione.

Un esempio pratico lo illustra: Le forze di sicurezza che si trovano di fronte a una situazione potenzialmente pericolosa devono usare la forza solo se non c'è un modo più blando per scongiurare la minaccia. L'uso della forza deve sempre essere commisurato alla gravità della minaccia. Ciò significa che la forza non deve mai essere fine a se stessa, ma deve sempre servire a proteggere interessi legali superiori.

Per me, personalmente, è della massima importanza che sia le forze di sicurezza private che gli agenti delle forze dell'ordine sviluppino una profonda comprensione della proporzionalità. Solo così potranno agire in modo responsabile ed efficace in situazioni di emergenza per ridurre al minimo i pericoli e garantire allo stesso tempo la

protezione dei cittadini. Una solida formazione in questo campo è quindi essenziale per mettere in pratica il principio di proporzionalità.

Conclusione: il ruolo essenziale della proporzionalità “Nel labirinto della proporzionalità, il diritto e la ragione danzano un tango affascinante, per formare le fondamenta di un ordine giusto nel ritmo audace dell'equilibrio.”

La proporzionalità è la chiave per un'azione efficace e responsabile delle forze di sicurezza. Interiorizzando questo principio e implementandolo nella loro formazione, non solo creano un ambiente sicuro, ma promuovono anche la fiducia dei cittadini nello Stato di diritto. In un momento in cui le sfide che le forze dell'ordine devono affrontare sono in costante aumento, è essenziale che esse padroneggino l'equilibrio tra comportamento autoritario e rispetto dei diritti delle persone. In questo modo, la proporzionalità diventa un principio guida indispensabile quando si lavora per la sicurezza di tutti.

Autodifesa e soccorso: i limiti della difesa

“Abbiamo un diritto alla difesa? Sì, il diritto di difenderci in caso di emergenza immediata.

difesa, purché la difesa sia appropriata e proporzionata.”

Nel mondo della difesa personale, i concetti di autodifesa e di soccorso d'emergenza sono di importanza cruciale. Ma in quali circostanze ci è consentito intervenire per difenderci? Quali sono i limiti dell'autodifesa? Queste domande non sono importanti solo per gli esperti di sicurezza, ma per ogni individuo, poiché influenzano direttamente il nostro comportamento legale in situazioni di crisi.

La legittima difesa interviene quando c'è un attacco presente e illegale contro una persona in grado di difendersi. Ma cosa significa in concreto? È lecito usare le armi o addirittura uccidere un aggressore? La proporzionalità della difesa gioca un ruolo centrale in questo caso. Una reazione eccessiva può avere conseguenze legali. È quindi fondamentale conoscere le disposizioni di legge e i paragrafi pertinenti del Paese in cui ci si trova.

La legittima difesa è un diritto fondamentale che spetta a tutti. In caso di atto di autodifesa, in genere si applica il diritto alla legittima difesa, il che significa che non ci sono conseguenze penali per chi si difende. Questo principio non solo protegge l'individuo, ma è anche alla base dell'intero sistema giuridico.

La conoscenza di questi principi giuridici è importante per le forze di sicurezza private e per tutti i cittadini. Conoscendo la legge e il quadro giuridico, siamo in grado di proteggere meglio noi stessi e gli altri in situazioni critiche. L'autodifesa e il pronto intervento non sono concetti astratti, ma hanno un impatto reale sulla nostra vita quotidiana e sulla sicurezza della nostra società.

“Di fronte all'autodifesa, non viene comminata alcuna punizione. L'autodifesa è un diritto inalienabile di ogni essere umano e costituisce un fondamento del nostro sistema giuridico che fornisce protezione e difesa.”

Il mio ultimo libro “The Iron Mind”(La mente di ferro) parla di Noah Bentley, un giovane uomo messo alla prova dalla vita. Noah deve superare ostacoli inaspettati e si trova ad affrontare sfide che spingono ripetutamente la sua forza interiore al limite. Inizia con una serie di contrattempi apparentemente insignificanti che si trasformano in una complessa prova di carattere. Si trova di fronte a decisioni che potrebbero cambiare per sempre la sua visione di sé e del mondo che lo circonda.

Ogni svolta costringe Noah a guardare più a fondo dentro di sé e a scandagliare l'essenza del suo spirito - qualcosa che ho dovuto sperimentare personalmente.

La lotta di Noah non riguarda solo la forza fisica, ma anche la chiarezza mentale, la fiducia e la disciplina. Il suo viaggio rivela quanto sia importante allenare non solo il corpo ma anche la mente nell'arte del Kung Fu.

Con “The Iron Mind” voglio restituire al mondo un pezzo della mia decennale esperienza di maestro e insegnante di Kung Fu. Non si tratta solo di un'avventura, ma di una guida ispiratrice su come superare i limiti interiori e trovare la forza di superare qualsiasi sfida - nello spirito del Kung Fu.

Mente di Ferro Sifu Martin Sewer

L'onore

giapponese oltre il Dojo

(Di Shidoshi Jordan Augusto e Juiz Amador Daniel)

Come dicevano gli antichi: “Più vecchio è il toro, più duro è il corno”.

Vengo costantemente avvicinato da studenti o addirittura insegnanti di altre arti che vogliono gentilmente saperne di più sull'onore giapponese. Più che controverso, è un argomento che può essere valutato e analizzato da molte prospettive diverse, a seconda del suo punto centrale.

In questa prima sezione, lo esaminerò dalla prospettiva costruttiva del pensiero giapponese, per poi passare all'aspetto riflessivo, data l'importanza di sottolineare che è attraverso questo pregiudizio che prevalgono le azioni del popolo giapponese. Sebbene il folklore e i media sfruttino a dismisura questo concetto, possiamo analizzare in modo coerente e appropriato il significato dell'onore giapponese.

Un gruppo etnico è solitamente caratterizzato da un popolo che si è sviluppato dallo stesso gruppo antico; spesso gruppi etnici vicini hanno le stesse caratteristiche fisiche, ma vengono chiamati in modo diverso a causa delle loro radici storiche, archeologiche e antropologiche.

Secondo il pensiero della maggior parte delle persone, l'unico gruppo etnico esistente in Giappone è quello giallo. Tuttavia, questo non è del tutto vero. Come i rossi, anche i gialli hanno generalmente pochi o nessun pelo sul viso e molto poco sul corpo. Inoltre, esistono alcune differenze nel colore della pelle tra i gialli del Giappone e quelli del continente, ad esempio. Su questa base, possiamo notare che una parte della popolazione giapponese (una parte molto piccola, tra l'altro) ha caratteristiche fisiche diverse dal resto.

Questi individui, che oggi non superano le 30.000 unità, discendono da un popolo che abitava l'isola di Hokkaido da tempi molto remoti. Sembra che il gruppo etnico sia molto simile a quello del Caucaso e che possa provenire dai Monti Urali in Russia. Questo gruppo etnico è noto come “Ainu”. Gli Ainu furono incorporati nella popolazione giapponese quando l'Impero, sviluppatosi nel sud-est, iniziò a occupare l'intero arcipelago.

La maggior parte delle caratteristiche del Giappone è stata profondamente influenzata dalle

relazioni con la Cina e la Corea, dove la civiltà (come la intendiamo noi, cioè con una struttura di governo centrale) era molto più antica.

Se vogliamo avere un approccio profondo e corretto, dovremmo adottare l'idea che un uomo su 200 in vita è un discendente del conquistatore mongolo Gengis Khan, noto per le sue pulsioni sessuali e per aver fondato il più grande impero della storia nel XIII secolo, secondo uno studio genetico pubblicato oggi.

Se viaggiamo un po' indietro nel tempo e ricordiamo la nostra infanzia, gli eroi e tutte le cose belle che ci hanno riempito gli occhi, troveremo una piacevole avventura che, con il passare del tempo e l'arrivo delle responsabilità, ci ha fatto smettere di coltivare i nostri sogni che, nella fase adulta della nostra vita, non sembrano più così magici.

Bei tempi, quando tutto era romantico e pieno dell'incommensurabile saggezza dei nostri insegnanti, che avevano sempre un'aria mitica e cinematografica. Tuttavia, man mano che ci rendiamo conto e maturiamo un po' di più, cominciamo a vedere che si tratta di uomini normali che non hanno nulla di speciale.

Con l'arrivo dello studio della filosofia (a cui si ha accesso solo nelle lauree più avanzate - almeno così era ai miei tempi), iniziamo a vedere che non esistono uomini speciali, ma piuttosto uomini che fanno cose speciali.

Con l'arrivo della professione di insegnante, ci troviamo spesso di fronte all'inevitabile personalità dell'Essere Umano che, in un modo o nell'altro, costruisce la nostra personalità, sia essa buona o cattiva. Ho sempre capito che nella vita di ogni professionista ci saranno sempre due fasi principali:

- Diventare competente.

- Mostrare al mondo la propria competenza.

Questa seconda fase è un po' complicata.

Da bambini, tutti aspiriamo a raggiungere i nostri obiettivi, che si manifestano sotto forma di sogni e desideri, ma solo quando siamo più grandi ci rendiamo conto che il segreto di ogni risultato è la cosa più semplice del mondo: sapere cosa farne.

La modernità ci ha portato così tante cose interessanti che a volte perdiamo la strada di fronte all'evoluzione. Forse la paura delle nostre domande ci fa isolare, o addirittura preferiamo rimanere in posizione eretta, chiusi. “La fiducia, come l'arte, non

deriva dall'avere la risposta a tutto, ma dall'essere aperti a tutte le domande”.

Ricercare, allenarsi duramente, creare modi per fare esperienza e sbagliare molte, molte volte è senza dubbio ancora il modo migliore per acquisire una tecnica di tutto rispetto. Un grande presidente americano disse una volta che “non dobbiamo mai permetterci di essere applauditi, perché dovremo anche permetterci di essere fischiati”. L'ascesa e la caduta fanno parte della stessa medaglia e non c'è altro modo per migliorarsi.

“Le parole non hanno senso finché non diventano abitudini”.

“Metà di ciò che sei dipende da ciò che pensi di te stesso”.

Se vogliamo capire qualcosa, dobbiamo guardare alle sue origini. Secondo gli storici, sia i cinesi che i giapponesi hanno origine dalla cultura mongola.

Secondo i miei insegnanti, l'onore giapponese può essere compreso da due prospettive:

1) Giri (義理 ) / Ninjō (人情 )

- Giri (義理 ) si riferisce all'obbligo di agire secondo i dettami della società nei confronti di altre persone. Si applica, tuttavia, solo a persone specifiche con le quali si hanno determinate relazioni sociali ed è quindi una norma particolare e non universale.

- Il Ninjō (人情 ) si riferisce in senso lato ai sentimenti umani universali di amore, affetto, pietà, simpatia, tristezza e simili, che si provano “naturalmente” nei confronti degli altri, come nei rapporti tra genitori e figli o tra amanti. Giri implica una forza morale che costringe i membri della società a impegnarsi in attività reciproche socialmente previste, anche quando la loro inclinazione naturale (ninjō) potrebbe essere quella di fare diversamente.

2) Honne (本音 ) e Tatemae (建前 )

Sono termini giapponesi che si riferiscono ai sentimenti e al comportamento esterno di una persona. Honne (本音 ) si riferisce ai veri sentimenti e desideri di una persona (本音 , Hon'ne, “vero suono”), Tatemae (建前 ) invece si riferisce al comportamento e alle opinioni che una persona mostra in pubblico (建前 , tatemae, “costruito sulla facciata”, “facciata”). Questa distinzione ha iniziato a essere fatta nel dopoguerra. Le onne di una persona possono essere contrarie a ciò che

ci si aspetta dalla società o a ciò che è richiesto in base alla sua posizione e alle circostanze, e spesso vengono tenute nascoste, tranne che agli amici più intimi. Tatemae è ciò che ci si aspetta dalla società e che si richiede in base alla propria posizione e alle circostanze, che possono corrispondere o meno al proprio onore. In molti casi, il tatemae porta a dire palesi bugie per evitare di esporre i propri veri sentimenti interiori.

Cause

Nella cultura giapponese, il fallimento pubblico e la disapprovazione degli altri sono visti come particolari fonti di vergogna e di riduzione della posizione sociale. Per questo motivo è comune evitare il confronto diretto o il disaccordo

nella maggior parte dei contesti sociali. Tradizionalmente, le norme sociali impongono di cercare di minimizzare il disaccordo; se non lo si fa, si può essere considerati offensivi o aggressivi. Per questo motivo, i giapponesi tendono a fare grandi sforzi per evitare il conflitto, soprattutto nel contesto di gruppi numerosi. Rispettando questa norma sociale, ci si protegge socialmente dalle trasgressioni degli altri.

Il Giappone ha iniziato a diventare una nazione nell'Era Yamato, iniziata alla fine del III secolo d.C.. Gli antenati dell'attuale imperatore iniziarono a governare un piccolo numero di Stati con le stesse regole, che oggi sono le province di Nara e Osaka.

Il principe Shotoku ( 聖徳太子 ) attuò la prima costituzione del Giappone nel 604. Questo periodo vide anche l'introduzione del buddismo dal continente eurasiatico.

L'Era Nara iniziò all'inizio dell'VIII secolo con la fondazione della prima capitale a Nara. La capitale fu spostata a Kyoto, dando inizio all'Era Heian (平安時代), quando l'influenza delle famiglie nobili era predominante.

Negli ultimi due periodi, il governo era stato incentrato sull'imperatore e amministrato dalla nobiltà. Questo fu l'inizio di sette secoli di dominio feudale sotto il comando di una successione di shogun o governanti militari.

Dopo il trionfo sui Taira (平 ), Minamoto-no-Yoritomo (源頼朝 ) stabilì il quartier generale del suo shogunato (governo militare “di partito”) a Kamakura (鎌倉 ), nella regione del Kanto (関東 ) - vicino a Tokyo. Questo luogo divenne la capitale amministrativa e politica e Yoritomo assunse alcuni poteri amministrativi, che in precedenza erano stati esercitati dagli imperatori, in reazione a quella che considerava la decadenza di Kyoto (dove si teneva la corte imperiale).

Minamoto collocò i samurai come poliziotti ed esattori in tutto il Paese e in ogni distretto. Incoraggiò l'austerità, le arti marziali e la disciplina necessarie per ripristinare un controllo effettivo in tutto il Paese, soprattutto sui clan ribelli delle province più lontane. In questo periodo, l'influenza dei samurai sulla cultura giapponese diede origine all'introduzione di elementi di forza e ordine pratico. È in questo periodo che viene istituito il Bushido (武士道 ) (codice di condotta dei samurai) e ha luogo il primo Harakiri (腹切り).

L'Harakiri è uno degli aspetti più intriganti e affascinanti del codice d'onore dei samurai: consiste nell'obbligo o nel dovere del samurai di suicidarsi in determinate situazioni o quando pensa di aver perso l'onore. Letteralmente significa “taglio dello stomaco”. Questo suicidio rituale è chiamato anche seppuku (切腹 ), che è un modo più elegante per dire la stessa cosa.

Varie circostanze potevano portare un samurai a praticare l'harakiri.

Tra queste:

- Come punizione e come modo per recuperare il proprio onore personale, poiché era stato perso in qualche atto indegno del nome della sua famiglia e dei suoi antenati;

- Per evitare di essere fatti prigionieri sui campi di battaglia, poiché tra i samurai era considerato un immenso disonore arrendersi all'avversario, quindi preferivano rinunciare alla propria vita piuttosto che consegnarsi nelle mani del nemico. Neanche arrendersi era una buona scelta, perché i prigionieri venivano quasi sempre torturati e maltrattati;

- In un atto di pura lealtà, il samurai si uccideva persino per attirare l'attenzione del suo signore Daimiô (大名 ) su qualcosa di sbagliato che stava facendo e metterlo in guardia.

Alcuni samurai si suicidavano anche quando vedevano il declino dei loro padroni, o addirittura quando questi morivano, come modo per accompagnarli per sempre e per seguire il precetto secondo cui un samurai non doveva servire più di un daimyo nella sua vita.

Il rituale dell'harakiri veniva praticato come segue:

In primo luogo, il samurai si lavava per purificare il corpo e l'anima e poi si dirigeva verso il luogo dell'esecuzione, dove si sedeva alla maniera orientale. Poi prendeva la sua spada corta wakizashi (脇差 ), o un pugnale affilato, e conficcava l'arma nel lato sinistro dell'addome, tagliando al centro del corpo e terminando tirando la lama verso l'alto. Era importante che il taglio avvenisse nell'addome, considerato il centro del corpo, delle emozioni e dello spirito del popolo giapponese. In questo modo, il samurai tagliava letteralmente la sua “anima”.

Era anche importante che il samurai scrivesse un poema di morte, una breve composizione poetica in cui il guerriero registrava le sue ultime impressioni sul mondo, qualche desiderio nascosto o semplicemente un addio formale.

La morte per eviscerazione era lenta e dolorosa e poteva durare ore. Nonostante ciò, il samurai doveva mostrare un controllo assoluto di sé e non poteva mostrare alcun segno di dolore o paura.

Al fianco del suicida stava un amico o un parente, il kaishakunin (介錯人 ), che portava una spada. Era una sorta di assistente nel rituale; se il samurai mostrava di non poter più sopportare il dolore, il kaishakunin gli dava il colpo di grazia tagliandogli la testa.

Sarebbe stata considerata un'immensa mancanza di rispetto se la testa del samurai fosse rotolata via davanti ai suoi parenti, che di solito assistevano all'esecuzione. Per questo motivo, il kaishakunin doveva colpire il collo del samurai in modo da lasciare la testa a penzoloni, per evitare che venisse decapitata. Il kaishakunin doveva quindi essere uno spadaccino esperto, perché non poteva fallire nel suo compito. Era considerata una posizione onorevole.

Tra le famiglie di samurai era consuetudine insegnare ai figli maschi, alla vigilia dell'età adulta, come eseguire il seppuku.

Non sempre il rituale veniva seguito alla lettera in ogni dettaglio. In alcuni casi estremi, come sui campi di battaglia dove non c'era tempo per questi preparativi, il samurai rinunciava alla sua vita semplicemente conficcandosi la spada nel ventre.

Il primo harakiri registrato nella storia risale al 1170, quando Minamoto Tametomo ( 源為朝 ), una figura quasi leggendaria del clan Minamoto, si suicidò dopo aver perso una battaglia contro l'altrettanto famoso clan Taira.

Il suicidio rituale aveva un grande significato per il popolo giapponese. Superando la paura della morte, il samurai superava anche questo grande enigma dell'umanità e si distingueva dalle altre classi esistenti all'epoca. È stato questo stesso spirito samurai a spingere i piloti suicidi (kamikaze) a farsi saltare in aria con i loro aerei durante la Seconda guerra mondiale.

Purtroppo, ancora oggi, il suicidio è visto da alcuni giapponesi come il modo migliore per riconquistare l'onore perduto. Questo spiega i continui suicidi di uomini d'affari in bancarotta, studenti che non hanno ottenuto buoni risultati, ecc.

La classe militare, i samurai, ha governato il Giappone dall'epoca Kamakura (fine del XII secolo) fino alla fine dell'epoca Edo, nella seconda metà del XIX secolo.

Si parla molto del Bushidô e delle sue fantastiche parabole d'onore, che incantano gli occidentali.

Bushidô (武士道 ) significa “Via del guerriero” Bushi (武士 ) = guerriero, militare, samurai; e Dô (道 ) o Michi = strada, metodo, disciplina), ed è un codice d'onore (non scritto) seguito dai samurai (che costituirono una casta dal 1192 al 1867).

Per diventare un vero guerriero, quale strada seguire? La pratica marziale può diventare un percorso che conduce all'etica, alla saggezza? Queste domande sono state sollevate da quando la classe dei guerrieri è diventata preponderante in Giappone nel XII secolo. Gli sforzi del bushi (guerriero) si sviluppavano già su tre livelli:

- Tecnicamente: doveva praticare le arti della guerra per raggiungere la massima abilità;

- Moralmente: doveva dimostrare devozione al dovere e fedeltà incondizionata;

- Spiritualmente: dovevano elevarsi all'impassibilità e all'abnegazione di fronte alla morte.

Ma fu solo durante la pace del periodo Edo (1615-1868) che il termine bushido fu usato per indicare l'esaltazione delle virtù marziali. Come tale, il bushido fu fondato nel XVII secolo da Yamaga Sokō (山鹿素行 ), il cui pensiero era influenzato dal razionalismo confuciano.

L'Hagakure (葉隠 ) (libro nascosto tra le foglie, scritto da Yamamoto Tsunetomo (山本常朝 ) nel 1716) dà al bushidô una versione più radicale e intransigente. La classe dominante espiava il suo dominio: la morte alla minima deviazione nel comportamento, la morte facile come soluzione di tutti i conflitti. Per sfuggire alle contraddizioni della pace marziale, si delinearono due linee: esaltare i valori della subordinazione, dell'ordine e della disciplina e interpretare l'etica del servizio nel senso di un lavoro utile e fruttuoso. Sotto l'influenza del confucianesimo, il guerriero si trasformò in un funzionario meticoloso, attento alla gestione degli interessi affidati alle sue cure. Questa ideologia burocratica regnava negli ambienti vicini al potere centrale.

Tuttavia, man mano che ci si allontanava da Edo (l'odierna Tokyo), man mano che si scendeva dagli spiriti talentuosi e disciplinati agli ambienti più rudi, dove i guerrieri (a volte semplici ronin senza lavoro) non avevano altro che la loro vita da dare, si scoprivano altri sentimenti: l'onore diventava più rude, il raddoppio della lealtà mostrava un disprezzo per i talenti raffinati che erano semplicemente utili, e lo spirito di guerra suscitava compagnia, avventatezza, disattenzione e prodigalità.

Yamamoto Tsunetomo, le cui parole sono raccolte nell'Hagakure, divenne, dal suo angolo di provincia, l'interprete degli aspetti più radicali del bushido. Il suo sguardo va dritto alle conclusioni estreme:

- Che il guerriero sia confuso con la morte;

- Gli altri, che siano contadini o abitanti delle città, possono arricchirsi, lavorare, fare progetti - ma il guerriero vive senza domani, sforzandosi costantemente di essere tutto ciò che deve essere. Che vive come se fosse già morto: non ha più nulla da temere;

- In un'esperienza di unità degli opposti vicina allo Zen, si eleverà alla libertà, alla serenità. La sua violenza estremamente tesa potrà allora raccogliere gli stessi frutti della “non-violenza buddista”;

- Un tale uomo non si lascia schiavizzare dai fini che persegue, dai doveri che adempie. Nulla di ciò che fa lo vincola se si esercita a mantenere la sua volontà al culmine della morte.

Ci si rende conto che il bushidô è la morte. In alternativa, si può solo scegliere la morte. È così. Si va avanti con calma. Dire che morire dopo una sconfitta è morire stupidamente è un'opinione frivola della gente della

capitale. Quando ci si trova di fronte alla scelta tra la vita e la morte, non si deve considerare il fine: tutti preferiscono vivere, e indubbiamente lo vuole anche la ragione; ma continuare a vivere senza aver raggiunto il fine desiderato è vigliaccheria.

Ci troviamo quindi su un terreno traballante. Morire dopo una sconfitta è morire completamente, è una follia, ma non è disonorevole. Questo è il terreno sicuro del bushido. Quando si muore ogni mattina e ogni sera, senza sosta, quando si è ovunque e sempre ancorati alla morte, allora si ottiene necessariamente la libertà del bushido e, al riparo da ogni disonore, si realizza la propria vocazione.

Mai il rapporto tra la volontà e la morte è stato espresso con tanta forza e semplicità, liberando l'uomo da tutto il resto, aprendogli lo spazio di un vuoto essenziale al di là dei suoi compiti particolari e risvegliandolo all'impossibile che deve riconoscere in se stesso. Questi sentimenti, espressi all'inizio del XVIII secolo, mostrano che, senza paura, senza macchia e senza speranza, il samurai vive indifferente al futuro, ai progetti, ai successi e ai profitti. Nel disprezzo della ragione, gli basta l'intimità con la morte, che è l'unico principio di ogni virtù.

I privilegi dell'aristocrazia guerriera furono aboliti anni dopo, ma non i suoi valori. Durante la Seconda guerra mondiale, fu incoraggiata la lettura dell'Hagakure. Infine, è alla rinascita del bushido, messa a repentaglio dalla sconfitta, che il romanziere Yukio Mishima ha voluto dedicare e sacrificare la sua vita.

In effetti, fino al 1853, il Giappone non ha subito alcuna influenza da parte dei valori umani occidentali.

“La dignità e l'onore personali non possono essere protetti da altri, ma devono essere salvaguardati soprattutto dall'individuo”. (Mahatma Gandhi)

"... Cinquanta indigeni delle Canarie dei migliori nuotatori che si possano trovare, ciascuno dotato di un cabarco e di una tablachina di drago". In questo modo, gli indigeni delle Canarie furono utilizzati come truppe d'élite nell'assalto a Tenochtitlan, in Messico, all'inizio del XVI secolo. Questa nuovo lavoro della Federación de Lucha del Garrote Canario, si concentra sul Tolete tradizionale, sulla sua caratteristica presa a una mano al centro, sulle guardias (derecha, troquiada, ...) e sulle tecniche di base (correderas, vueltas, lazos, molinetes...), oltre che sulla sua applicazione nelle combinazioni di combattimento. Nel Tolete canario tradizionale l'obiettivo è rompere la mano armata dell'aggressore e concludere con forza con un colpo definitivo. Non ci sono controlli o riduzioni. L'opposto è vero per l'applicazione di polizia, dove la proporzionalità all'aggressione e persino l'integrità dell'aggressore stesso sono protetti dalla legge. L'applicazione militare non ha tali limitazioni, ma il suo uso come difesa da parte della polizia militare sì. Le caratteristiche del Tolete Operativo Tattico per le operazioni delle forze di polizia civili e militari favoriscono questi aspetti, in quanto si tratta di un attrezzo estremamente versatile. Le sue dimensioni e l'impugnatura centrale con efficaci rotazioni del polso facilitano movimenti rapidi e ripetuti di impatto alla mano armata, consentendone sia l'annullamento che il conseguente controllo per un'efficace riduzione, preservando così la vita dell'agente ed eliminando la minaccia con il minimo danno.

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I l G r a n M a e s t ro M a r t i n S e w

o completo di Bak Hok Pai, lo stile della gru bianca. La gru è un animale elegante. Con la sua veste di piume bianche, un momento si erge come un sovrano, a guardia del suo territorio Un attimo dopo, sbatte le ali e a v a n z a a l l a

un'immagine chiara di questa graziosa creatura nella loro mente, la maggior parte trova difficile immaginare questo grande uccello in un combattimento Come c o m b a

minacciata? Come tutti gli

strategie e le tattiche dell'animale durante u

all'uomo. Questo ha anche dato origine a

resistito alla prova del tempo e sono insegnati nella mia scuola oggi: Tigre, G

Padroneggiare tutti questi stili animali e gli elementi che li accompagnano r e n d e u

, dicono le leggende del Kung Fu, ed è naturalmente parte della filosofia di un v e

appartiene ai livelli avanzati, quattro degli s t i l i m

principianti sotto forma di seminari. In questi, gli studenti desiderosi non solo ottengono una v i s i

imparano anche le prime tecniche di combattimento del rispettivo stile animale, e il commento più comune è: "Non avrei mai pensato che queste tecniche potessero essere così efficaci !

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Sifu Paolo Cangelosi ci presenta una vera perla dei programmi tradizionali dello stile Hung Gar, secondo il lineage del Gran maestro ed eroe Wong Fei Hung da considerarsi il padre dell’Hung Gar moderno. Si tratta della forma “Loon Ying – l’Ombra del Drago”, estratta dalle forme Ng Ying Kune e Sap Ying Kune. L’inizio di questo set prevede lo studio delle tecniche del drago, attraverso un sistema molto sofisticato e complesso basato sulle tecniche psico-corporee, respirazione, tensione dinamica delle fasce tendinee e muscolari, tecniche isotoniche affiancate da emissioni di suoni gutturali che si rifanno alle emozioni e stati d’animo dell’individuo, non che a vibrazioni che corrispondono al tono energetico degli organi vitali. Tutto questo ha una grande associazione con i canoni della medicina tradizionale cinese e che tecnicamente nella sua pratica si vede espresso nella forma del drago dove troveremo un susseguirsi di combinazioni di suoni e movimenti che creano questa danza energetica ed emotiva con un ordine cronologico per arrivare a liberare l’essere umano dai suoi blocchi mentali, dalla sua debolezza fisica e psicologica e riattivare le funzioni vitali degli organi e visceri connessi tra loro. Come si può capire questa è l’essenza principale di questo stupendo esercizio che ha preso posizione nelle più importanti forme dello stile Hung Gar. Sicuramente si otterrà il massimo arrivando a studiare la forma “Tit Sin Kune”, il filo di ferro, dove si specializzerà e completerà questo panorama tecnico culturale, un tesoro proveniente dai grandi studi realizzati e tramandati dal grande maestro Tit Kiu San.

Ref.: •HUNG-4

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Il Gran Maestro Joe Moreira visita nuovamente Zurigo

Il diploma di cintura dei fratelli Vacirca, Franco e Demetrio, nel mese di dicembre 2024

Di seguito un omaggio a una personalità speciale: Il Gran Maestro Joe Moreira ha fatto nuovamente visita alla città di Zurigo. Domenica 1 dicembre 2024 ha conferito il grado ai fratelli Franco e Demetrio Vacirca. Un vero maestro di Brazilian Jiu-Jitsu. Come nessun altro esperto di BJJ, si sforza di diffondere la sua conoscenza e la sua visione attraverso numerosi viaggi in tutto il mondo.

Il suo straordinario impegno per la diffusione del Jiu-Jitsu brasiliano e il suo atteggiamento di grande disponibilità sono ugualmente apprezzati da tutti i suoi studenti. Non mi risulta che abbia mai detto o fatto qualcosa di negativo, e lo conosco da molti anni. La prima volta è stata in occasione di un allenamento presso la scuola Rickson Gracie di Santa Monica, e successivamente quando sono entrato in contatto con il Grandmaster Reylson Gracie prima che partisse per Las Vegas.

Il Grandmaster Reylson, figlio dell'ex Grandmaster Carlos Gracie, si era da poco trasferito da Rio de Janeiro negli Stati Uniti per fondare la sua scuola in California. Successivamente, il Maestro Joe Moreira fu invitato in California dal Gran Maestro Reylson per partecipare alla conduzione delle lezioni.

Dal Judo al (Gracie) Jiu-Jitsu...

Il Maestro Joe aveva iniziato a praticare il Judo da bambino, ma nel 1967 incontrò il suo primo insegnante di Jiu-Jitsu, il Grandmaster Reylson Gracie, a Rio de Janeiro. Tre anni dopo, a causa della sua passione per le competizioni di Judo, ha studiato con il rinomato maestro George Medhi, dove ha continuato a svilupparsi in questa disciplina. Oggi detiene il grado di 3° Dan di Judo, di cui è molto orgoglioso.

Tuttavia, è l'ex gran maestro Francisco Mansur a impressionarlo maggiormente e a renderlo ciò che è oggi. Mansur è stato uno dei primi detentori di cintura rossa a essere istruito e diplomato direttamente dall'ex Grandmaster Hélio Gracie. Nel 1984, il Maestro Joe è stato insignito della cintura nera dal Grandmaster Mansur e due anni dopo ha ottenuto anche la cintura nera di Judo.

Per il Maestro Joe, il Jiu-Jitsu è più di un'arte marziale o di uno sport. In una conversazione, tuttavia, ha detto che anche il Judo gli ha portato numerosi benefici. “All'epoca c'era solo un numero limitato di tornei di Jiu-Jitsu, per questo ho partecipato anche ai campionati di Judo”, mi ha detto il Maestro Joe. Poi ho partecipato a gare di MMA, anche se solo negli Stati Uniti.

“Il Jiu-Jitsu è la soluzione per una vita migliore. Vi darà la fiducia necessaria per vivere in questo mondo, in cui il futuro è indefinito. Non solo migliorerà la vostra salute fisica, ma

anche il vostro benessere mentale e la capacità di vivere in tranquillità con voi stessi. Se questi sono i vostri obiettivi, ne avrete anche la capacità e la vostra vita sarà lunga e prospera”. -Maestro Joe Moreira, cintura rossa di 9° grado

Il modello del Judo per la realizzazione delle competizioni di Jiu-Jitsu

Il Maestro Joe è stato uno dei primi brasiliani a recarsi in Giappone per allenarsi nel Judo e competere con i migliori judoka del Kodokan. Tra questi pionieri c'erano anche i maestri Marcelo Behring e Edson Carvalho. Gli allora giovani talenti brasiliani erano visti con grande scetticismo da tutti, persino gli esperti giapponesi li prendevano sul serio, poiché erano noti per essere eccezionali combattenti “Newaza” (specialisti del suolo).

Moreira raggiunse un livello così alto da vincere una medaglia d'argento ai Campionati mondiali di judo. Tornato in patria, si dedicò a diffondere la sua visione del Jiu-Jitsu. In breve tempo, divenne il più importante organizzatore di competizioni di Jiu-Jitsu in Brasile, tra cui la prima “Copa Atlantico Sul”. A questo torneo parteciparono alcuni degli atleti più famosi di tutti i tempi, tra cui il celebre Renzo Gracie. Tutto questo avveniva prima che venissero istituiti i Campionati del Mondo IBJJF.

Quando la Federazione Internazionale di BJJ (IBJJF) era ancora in fase di costituzione, al Maestro Joe fu chiesto dal Maestro Carlos Gracie Junior, il fondatore della IBJJF, di sostenerlo nell'organizzazione e nella gestione dei tornei IBJJF negli Stati Uniti, cosa che Moreira fu felice di fare anche in qualità di Presidente della Federazione statunitense di

BJJ. Nel 1996, quando l'IBJJF organizzò i primi Campionati del Mondo a Rio de Janeiro, fu ancora il Maestro Joe a mettere insieme la prima squadra americana di BJJ e a portarla in Brasile.

I primi detentori di cintura nera negli USA

Nel 1989, su invito personale del Gran Maestro Reylson Gracie, il Maestro Joe fu invitato in California, dove inizialmente avrebbe dovuto lavorare solo come insegnante, ma le cose andarono diversamente dal previsto. Il Maestro Reylson decise di cercare fortuna a Las Vegas, dove incontrai

anche il Maestro Reylson per la prima volta. Avevo anche saputo dal mio insegnante di San Paolo di allora, il professor Waldomiro Perez Junior, anch'egli in visita a Zurigo in quel periodo, che il Maestro Joe si trovava in California. Il suo soggiorno negli Stati Uniti fu caratterizzato da numerose sfide. Ma grazie alla sua conoscenza del Jiu-Jitsu, sapeva, come diceva sempre, come dominare la situazione e trarne il meglio. Il Maestro Joe mi ha raccontato di essersi trovato in una situazione precaria durante la sua permanenza negli Stati Uniti e di essere in procinto di tornare in Brasile. Tuttavia, amici e conoscenti lo sconsigliarono e sottolinearono che aveva un compito importante da svolgere negli Stati Uniti. Questo gli ha dato la motivazione per continuare a lavorare per realizzare la sua visione. Per raggiungere questo obiettivo, tuttavia, è stato spesso costretto a intraprendere altre attività e a lavorare duramente. Ma con pazienza e perseveranza, alla fine il successo è arrivato.

Incontrò una persona che all'epoca era cintura blu del Maestro Rickson Gracie presso la sua scuola di Santa Monica, dove si allenava regolarmente. Disse che il Maestro Joe avrebbe dovuto presentarsi al Maestro Rickson sul tappeto. Lo studente chiese a Rickson il permesso di presentare Moreira. Rickson fu generoso e disse: “Certo,

Macaco, può venire quando vuole!”. Il Maestro Joe visitò poi la scuola del Maestro Rickson a Santa Monica. Questo fu anche il mio primo incontro con il Maestro Joe sul tatami del Maestro Rickson. Ho ancora un ricordo vivido di questo incontro, perché Rickson si complimentò molto per il lavoro di piedi del Maestro Joe dalla posizione di guardia. Sebbene all'epoca avessi ancora una scarsa conoscenza del Gracie Jiu-Jitsu, le spiegazioni di Rickson furono per me immediatamente comprensibili e chiare. Il Jiu-Jitsu con Rickson, almeno nel periodo che ho trascorso lì, era caratterizzato dalle posizioni di vertice (monta e posizione dei 100 chili). Il Maestro Joe, invece,

aveva una tecnica speciale per lavorare fuori dalla posizione di guardia. Utilizzava le gambe con notevole costanza, ricordando lo stile di combattimento di una piovra.

Dopo questo incontro, un gruppo di persone interessate chiese a Joe se volesse insegnare. Joe era aperto all'idea di insegnare lui stesso e dopo poco tempo fu in grado di perseguire la sua visione del BJJ in una piccola sede. All'epoca il prezzo di una lezione era di 20 dollari USA, pagati in contanti sul posto. Erano bei soldi, mi disse il Maestro Joe. Inizialmente si tenevano due lezioni al giorno, ma la domanda di lezioni era superiore all'offerta. In

seguito a questo sviluppo, nuovi istruttori di alto livello si stabilirono sotto la direzione del Maestro Joe, il che aprì numerose nuove opportunità per presentare il Brazilian Jiu-Jitsu a un vasto pubblico.

In quel periodo, il Gran Maestro Rorion Gracie pubblicò una serie di video intitolata “Gracie Jiu-Jitsu Basics”, che portò il Brazilian Jiu-Jitsu a riscuotere un crescente interesse. Alcuni praticanti si sottoposero a un serio allenamento e completarono le sessioni di formazione con i fratelli Machado, Gracie o persino con il Maestro Joe. Tuttavia, la maggior parte degli allenatori del settore delle arti marziali non mostrava alcuna affinità con le tecniche di lotta brasiliane. Tuttavia, si è potuto osservare un

crescente interesse per il grappling. Questo ha portato alcuni allenatori a cercare di acquisire le conoscenze necessarie per raggiungere rapidamente un certo livello di competenza e generare un reddito ragionevole. Di conseguenza, vennero istituite scuole di grappling in una grande varietà di luoghi. A quel tempo, il motto era: “Meno è meglio” e ‘... l'orbo è il re tra i ciechi!’, che è valido ancora oggi.

Vivevo a Hermosa Beach, una città situata tra Santa Monica e Redondo Beach. Il mio allenamento principale era ancora alla Gracie Jiu-Jitsu Academy di Torrance. Data la breve distanza tra casa mia e Redondo Beach, che potevo percorrere a piedi in pochi minuti, partecipavo a sessioni di allenamento private e di gruppo con Rigan e John Machado. Avevo appena conosciuto il più anziano di loro, Carlos Machado, con cui avevo preso qualche lezione privata. Tuttavia, ha lasciato la California per andare in Texas al fianco della star del cinema e maestro di karate Chuck Norris. Lì ha fondato la sua scuola di Brazilian Jiu-Jitsu.

Fin dall'inizio, Joe Moreira ha cercato di trasmettere la sua visione del Brazilian Jiu-Jitsu e la sua eccellente reputazione di istruttore di Brazilian Jiu-Jitsu gli ha aperto numerose opportunità. Uno dei più attivi detentori di cinture nere era Roy Harris, che, come l'autore di queste righe, si era avvicinato al Brazilian Jiu-Jitsu dal Jeet Kune Do (JKD) di Sifu/Guro

Dan Inosanto.

Sebbene il Maestro Joe abbia trascorso gran parte del suo tempo come insegnante in questo periodo, è diventato presto un atleta professionista di MMA con due combattimenti in due eventi UFC. La rilevanza di questo periodo nella vita del Maestro

Joe non può essere determinata con certezza, ma si può ipotizzare che abbia avuto un ruolo significativo. Negli incontri di MMA lo si poteva vedere combattere accanto ad atleti di MMA come Marco Ruas e Renzo Gracie, per cui il Maestro Royce Gracie non era più l'unico “brasiliano” nell'ottagono.

A ciò ha fatto seguito l'uscita della serie completa di video del Maestro Joe, prodotta e commercializzata dalla Panther Productions. Di conseguenza, migliaia di persone interessate ebbero l'opportunità di imparare una serie di tecniche di Jiu-Jitsu brasiliano. Questo è stato particolarmente vero per le persone come me e mio fratello, che hanno dovuto affrontare un viaggio considerevole in termini di tempo e di budget per lezioni private e di gruppo.

“Invito tutta la famiglia a continuare ad allenarsi e ad evolversi con me. Costruiamo la nostra comunità per diventare migliori, più forti e, infine, per garantire la nostra eredità per il futuro”. -Maestro Joe Moreira, cintura rossa di 9° grado

La prima e non ultima visita del GM Joe a Zurigo

La visita del Maestro Joe risale al 2014, quando avevo appena deciso di prendere una casa mia dopo la perdita del nostro Dojo, perché il proprietario

della casa aveva chiesto di costruire un nuovo spazio commerciale. Il modo semplice e rilassato in cui il Maestro Joe insegna il Brazilian Jiu-Jitsu rende possibile anche ai principianti partecipare a uno dei suoi seminari. Il suo Jiu-Jitsu comprende tutti gli aspetti del (Gracie) Jiu-Jitsu, dalla lotta in piedi, al lancio e alla lotta a terra. Anche l'autodifesa è una parte importante del suo insegnamento, come sviluppato dall'ex grandmaster Hélio Gracie. Spesso mi viene chiesto, soprattutto dai judoka, se il Jiu-Jitsu di Moreira contenga anche elementi di altre arti marziali, in particolare del Judo. Posso rispondere a questa domanda con un “sì-no!”, poiché il suo Jiu-Jitsu è largamente influenzato dall'allenamento del suo maestro Francisco Mansur. Tuttavia, come lui stesso afferma, il Judo ha avuto un ruolo importante nella sua crescita personale. Si consiglia vivamente di procurarsi la serie di video didattici dell'ex gran maestro Francisco Mansur presso Budo International. Questa include non solo una serie di tecniche di Jiu-Jitsu, ma anche un'introduzione completa al metodo di insegnamento Mansur-Gracie. Sebbene ogni gran maestro abbia fatto le sue esperienze e i suoi ulteriori sviluppi, il concetto originale del gran maestro Hélio è riconoscibile in ogni tecnica. Nel dicembre di quest'anno, abbiamo ricevuto nuovamente la visita del Gran Maestro Joe Moreira. Oltre a partecipare a una sessione di allenamento della squadra di Jiu-Jitsu dei fratelli Vacirca a Zurigo, ci siamo diplomati. È un onore straordinario per noi essere diplomati da questa persona e gran maestro eccezionale e continuare a promuovere un eccellente Jiu-Jitsu brasiliano in Europa con lui al nostro fianco. La nostra intenzione è quella di promuovere il Jiu-Jitsu per aiutarlo a diventare più riconosciuto. Grazie, Grandmaster Joe Moreira, per questo onore e speriamo di incontrarci di nuovo molto presto. Keep it Real!

Cosa succede dopo aver imparato i fondamentali e gli intermedi? Qual è il passo successivo nel vostro percorso di apprendimento del Gracie Jiu-Jitsu? La struttura del programma Gracie Concepts dei fratelli Vacirca definisce tre livelli principali di sviluppo degli studenti: GC Fundamentals, GC Intermediate e infine (in due parti separate) GC Advanced Gracie JiuJitsu. Questi livelli indicano diversi livelli di maturità per gli studenti del Gracie Jiu-Jitsu, che alla fine raggiungono la Faixa Preta (cintura nera). In questa fase, la maggior parte dei praticanti di Gracie Jiu-Jitsu ha trascorso diversi anni con noi e può dimostrare un alto livello di esperienza, una profonda comprensione della filosofia dei Concetti Gracie e un forte legame e passione per l'allenamento e la condivisione del Jiu-Jitsu con i compagni di allenamento, indipendentemente dal loro livello di cintura o dalle loro caratteristiche fisiche. Benvenuti nel programma avanzato di Gracie Jiu-Jitsu GC che vi porterà al livello successivo di scioltezza. Ricordate che il Gracie Jiu-Jitsu è molto più che autodifesa. È uno stile di vita positivo. 47 min.

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L'Okichitaw è un'arte marziale indigena basata sui metodi di combattimento dei guerrieri delle nazioni indiane Assiniboine e Plains Cree. In questa raccolta, il capo George J. Lepine ci introduce all'uso di 3 delle armi più temute dai guerrieri indiani: il Gunstock Warclub, il Tomahawk e il coltello. Il Gunstock Warclub era una delle armi da impatto più potenti, poiché oltre a colpire con una forza incredibile, poteva anche tagliare o pugnalare. Per la sua somiglianza con un fucile, il Gunstock War Club era anche usato per far credere al nemico di essere in possesso di armi da fuoco. Il Tomahawk da combattimento era una delle armi più apprezzate dai guerrieri, uno strumento che la storia ci ha consegnato alla mente come aggressivo e spietato. Il capo Lepine spiega in dettaglio i concetti di base del funzionamento del Tomahawk, l'addestramento, il lancio, i 20 movimenti, le applicazioni di difesa e attacco e le tecniche di contrasto. Infine, conosceremo il metodo tradizionale di allenamento per maneggiare il coltello “Mokiman”, da soli, sfruttando ciò che la natura ci offre, gli alberi, il terreno, l'acqua, ... al fine di sviluppare una meccanica corporea ottimale per offrire la massima quantità di impatto all'avversario. Con questo lavoro, Okichitaw continua a onorare le tradizioni indigene per garantire non solo che questa conoscenza rimanga, ma che continuiamo a muoverci nello stesso modo in cui lo facevano i nostri antenati.

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