Rivista arti marziali cintura nera budo international settembre 2014

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Il Maggiore Avi Nardia, uno dei principali istruttori ufficiali per l'esercito israeliano e la polizia israeliana nel campo della lotta al terrorismo e CQB, e Ben Krajmalnik, hanno fatto un nuovo DVD elementare sulle armi da fuoco e sicurezza, e tecniche di allenamento derivate dall'IPSC. Il Tiro Istintivo in Combattimento (Instinctive Point Shooting Combat IPSC) è un metodo di tiro basato nelle reazioni istintive e cinematiche di sparare a brevi distanze in situazioni veloci e dinamici. Una disciplina di autodifesa per sopravvivere in una situazione di minaccia per la vita, in cui è necessario avere una grande rapidità e precisione; si deve tirar fuori immediatamente la pistola e sparare a breve distanza, senza usare lo spioncino. In questo primo volume studieremo: il maneggio dell'arma (rivoltella e semiautomatica); la pratica di tiro secco e sicurezza; "Point Shooting" o tiro istintivo, a breve distanza e movimento; esercizi di ritenzione dell'arma, sotto stress e multiple attaccanti; esercizi di ricarica, con caricatore, a una mano, ... e, infine, la pratica in galleria di tiro con pistole, fucili AK-74, M-4, mitragliatrice M-249 e anche lanciagranate M-16.

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ORDINALA A:

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"Esistono solo due giorni all'anno nei quali non si può fare nulla. Uno si chiama ieri e l’altro domani. Pertanto oggi è il giorno ideale per amare, crescere, fare e principalmente vivere". Dalai Lama

L

a trappola della percezione, è uno dei sotterfugi della mente per soggiogare il nostro senso di "realtà", per mantenere la coerenza del nostro Universo personale. La nostra descrizione del mondo per reggersi, ha bisogno della memoria, perché senza di essa non c'è apprendistato possibile. Ed è precisamente la buona memoria quella che permette la doma di animali come il cavallo, l'elefante, il lama o il cammello. Essi, sono sempre esempio nel nostro linguaggio di questo, di una magnifica memoria. La mente possiede i suoi propri meccanismi ed entità, come ogni organismo ed entità, tende a mantenere se stessa, ad alimentarsi per continuare ad esistere; la mente non accetta di negare se stessa, a tal punto che tende a non accettare perfino le sue disfunzioni se è necessario, mentendo a se stessa. La mente è essenzialmente un orpello biologico che si alimenta di sensazioni, sensazioni che essa incornicia meticolosamente in gruppi di associazioni; siccome i suoi strumenti sono estremamente entropici, ha il bisogno imperioso di risparmiare energia e di conseguenza semplifica tutto quello che archivia. La verità è che quello che ricordiamo non è mai quello che successe, nemmeno quello che percepiamo in quel momento, bensì una sommaria sintesi dello stesso, nel senso di facilitare la funzione evolutiva e la sopravvivenza. Per l'evoluzione, la memoria è un marchingegno; il rovo punge: ahi! ... associato all’emozione di fastidio e rabbia ... quindi, cacca. La mela è dolce; il mio cervello mi gratifica con endorfine; lo stomaco smette di dolere ... quindi, la mela è stupenda. Quando ricordiamo la mela non ricordiamo una mela specifica, bensì la sensazione che associamo a quella prima o ultima volta che ne mangiammo una e che ci lasciò la sua forte impronta. La mente è in fondo semplice come il manico di un secchio e se oggigiorno gli diamo così tanta importanza, è perché l'uomo moderno, privo di qualunque riferimento spirituale accettabile, s’identifica se stesso quasi esclusivamente con essa. È incredibile come il "porta attrezzi" del cervello sia situato nel punto centrale del fatto culturale umano, travisando e distorcendo tutto; ma, che cosa sperare di una cultura che fa dei modelli e dei loro alter ego, gli attori, i suoi eroi, mentre ignora i suoi saggi? Già lo diceva Carlos Castaneda, uno dei nostri maggiori vizi è che ci piace dare importanza a noi stessi. Seguendo il vizio di associare di ogni mente, ho osservato che gli esseri umani si dividono in due tipi: quelli che tendono a vivere proiettati nel futuro e quelli che sono ancorati al passato. Il presente, essendo ciononostante l’unica cosa reale dal punto di vista percettivo, è uno spazio quasi sempre incosciente, un momento ridotto alla raccolta di dati che non riusciamo ad afferrare. Così la vita ci passa inavvertitamente tra ricordi e progetti, segnata da tappe associate generalmente a divisorie soggettive, linee vitali generalmente collegate a un'emozione intensa associata al godimento o a un dolore. Los dos biotipos son en cierto modo desgraciados cada uno a su manera, pues a la postre viven enajenados en sus realidades ficticias, ausentes del aquí ahora. Angustiados por cumplir sus planes, los que viven hacia delante, quieren llegar a destino y generalmente se pierden los detalles del camino. Los anclados en el ayer, viven pegados a sus cuitas, o a ilusorios recuerdos, queriendo reproducir ese momento único que nunca volverá, mientras sus lágrimas por la ida del sol, les impiden ver la maravilla de las estrellas. Los sabios Zen intentaron romper esa cadena, serrando los grilletes de la mente con desigual fortuna, porque entre ellos había, claro está, los dos tipos de personas; los que perseguían

"Quando finalmente riesci a vivere il presente, ti sorprenderà tutto quello che puoi fare e che bene lo fai". Dan Millman "Il Guerriero Pacifico"

algo y los que eran perseguidos por algo. Dejaron empero algunas luces en su camino. Recientemente a mi por ejemplo, la práctica del Kyujutsu como meditación, me ha dejado atisbar alguno de ellos. Vaciarse de intención en los resultados ha demostrado ser mucho mas eficaz que procurarlos. Dos flechas clavadas juntas en una situación imposible me lo terminaron por demostrar. Por ende… I due biotipi sono in un certo modo infelici ognuno alla sua maniera, perché alla fine vivono alienati nelle loro realtà fittizie, assenti nel qui ed ora. Angosciati dal compiere i loro piani, quelli che vivono verso l’avanti vogliono arrivare a destinazione e generalmente perdono i dettagli del cammino. Quelli ancorati nel passato, vivono attaccati alle loro pene o a ricordi illusori, desiderando riprodurre quel momento unico che non ritornerà mai più, mentre le loro lacrime per il sole che è andato, impediscono loro di vedere la meraviglia delle stelle. I saggi Zen cercarono di rompere questa catena, segando i ceppi della mente con diversa fortuna, perché tra loro c’erano, chiaramente, i due tipi di persone; quelle che perseguivano qualcosa e quelle che erano perseguitati da qualcosa. Lasciarono ciononostante alcune luci sulla loro strada. Recentemente a me, per esempio la pratica del Kyujutsu come meditazione, mi ha permesso di intravvedere alcune di esse. Svuotarsi dell’intenzione dei risultati ha dimostrato essere molto più efficace che cercarli. Due frecce che si sono piantate unite in una situazione impossibile finirono per dimostrarmelo. Perciò... L'arco teso, il tempo si ferma; passato, presente e futuro sono una sola cosa... la freccia già arrivò... però non era partita ... al pieno segue il vuoto ogni cosa trova il suo posto. Sono momenti di pace e acquietamento, molto efficaci nel combattimento quotidiano delle miserie della nostra mente, però sapendo che il quotidiano è pertinace e ostinato e che nessuno trova soluzione duratura alcuna in questa materia. Io che mi confesso di natura "futurista", ho trovato solo un vantaggio nella mia perversa inclinazione sognatrice del domani, e questo è arrivato non come frutto della mia virtù, bensì degli anni, perché man mano che si avvicina l'orizzonte della proiezione vitale, mi viene più facile apprezzare il momento presente. Edonismo, truffa e sotterfugio, problema e soluzione, inevitabilmente accorrono in mio aiuto quando più disperato sono; perfino la scimmia in gabbia sa masturbarsi con veemenza, però anche il vino più delizioso rende amara la bocca del satollo. Più in là di ricette sintomatiche, è l'umiltà quel punto di partenza indispensabile nel viaggio del qui e ora. Il piccolo s’ingrandisce con la corretta attitudine e vuotandoci ci rassereniamo, permettendo così di tornare a riempirci. I saggi di molte culture hanno attribuito alla respirazione la chiave di questo processo e nessuno che tocchi questa materia può astenersi da questo. Nyoity Sakurazawa Osawa aveva un paio di frasi indimenticabili su questo, e una di esse, rotonda nella sua semplicità, diceva così: "Essere un po’ felici tutti i giorni... sempre più spesso". Forse non è tanto trascendente quanto lo Za Zen, né tanto misterioso, ma mi sembra una proposta interessante per qualsiasi dei due gruppi di "alienati temporali." Alla fine, solo il dolore fisico e il godimento ci riportano al qui e ora in modo immediato, attraverso strade molto distinte senza dubbio, ma altrettanto inappellabili. Al mio maestro di pittura Manolo Tarazona, strambo e unico "bel matto" di ogni dove, piaceva violentare le signore, quando nelle riunioni sociali più selezionate, lanciava le sue trovate. Mentre la gente parlava di quanto gradiva questo o quel pittore e il piacere che gli procurava

Traduzione: Chiara Bertelli


Alfredo Tucci es Director Gerente de BUDO INTERNATIONAL PUBLISHING CO. e-mail: budo@budointernational.com

la sua Arte, egli, che sì era un vero artista, si burlava dei pretenziosi quando veniva interpellato al riguardo: "A me quello che più mi piace nella vita è procurarmi un orgasmo", e aggiungeva "perché allora parlo a tu a tu con dio, il caprone quello con la barba”. Povero Manolo! Quanto talento e quanta ignoranza dentro la sua peculiare saggezza. Si rimpiangono sempre i propri Maestri quando se ne sono andati e per questo motivo bisogna sapere onorarli anche in vita. Non posso parlare in prima persona del biotipo nostalgico, ma attraverso l'osservazione ho trovato due sottili varianti. Quelli che caricano il mondo sulle loro spalle e quelli che negano il presente semplicemente perché sentono la mancanza di quel tempo passato che oramai non ritornerà più. I secondi sono una versione light spesso forzata del primo tipo, l'autentico e afflitto eroe. Conosco bene le miserie della mia variante, ma non sono poche quelle di chi soffre l'opposto. Il passato può essere un padrone terribile, uno strangolatore implacabile di ogni barlume di libertà, di ogni stimolo, e gli stimoli, siano questi reali o inventati, sono uno strumento indispensabile per continuare a vivere. Se l'asino e il cavallo si conducono col bastone e la carota, i nostalgici funzionali tendono a usare solo il bastone dimenticandosi della carota, perché se la guardano, sempre la immaginano amara anziché dolce. Essi sono dominati dal bastone, come, poveri noi, amanti della fantascienza, tossicodipendenti del domani, pensiamo che se ci affrettiamo a sufficienza, prenderemo la carota. Indubbiamente la vita ci torea allungando sempre il palo e insegnandoci che dietro ad ogni “capotazo” (mossa del torero con la cappa n.d.t) per caricare i nostri desideri, scopriremo un giorno che dietro ogni lancio della cappa c’è solo ... aria. Dette inclinazioni definiscono, e non poco, le personalità di entrambi i gruppi. Il nostalgico riconosce prevalentemente il valore del bastone e lo usa su se stesso e sugli altri, con lo stesso zelo che l'amante del futuro, usa e abusa della carota, con se stesso e, non potrebbe essere altrimenti, anche con gli altri. L'uno pessimista nato, l'altro ottimista esacerbato, guardano lo stesso bicchiere, vedendolo mezzo pieno uno, mezzo vuoto l'altro. I nostalgici trattengono bene le cose, ma non gradiscono intraprendere, perché sospettano sempre su tutto. I futuristi possiedono lo stimolo di chi vuole sempre avanzare, sperando che la valle sia più verde dietro la prossima collina, ma sono deboli con i dettagli e la pianificazione ed esausti si perdono facilmente. Davanti ai problemi il primo ricerca le soluzioni nei suoi ricordi e formazione, il secondo nella sua iniziativa e versatilità. Ciechi entrambi, sentono le voci delle sirene suonare dalla parte della loro predilezione, perché tutti ci rifugiamo nell’essenziale, nel conosciuto. Non esiste altra soluzione per quello che siamo, se non quella di rendercene conto per “mettere le nostre barbe in ammollo” (proverbio spagnolo: quando vedi la barba del vicino tagliata, metti la tua in ammollo. Significa che quando si vede qualcosa che accade intorno che può capitare a noi, è necessario prepararci o cercare di evitarlo). Passiamo la vita a caccia di quella tecnica, stratagemma o trucco che riduca le conseguenze negative della nostra natura, e che trattenga, per evitare l'effetto pendolo, quelle positive che così custodiamo. Come in ogni buon cocktail, il saggio aggiungerà al nostalgico alcune gocce temprate della medicina del suo opposto e viceversa, sapendo che, per tanto che si stagioni, un piatto di cipolla, sarà sempre piccante. Frattanto, se viviamo quanto basta e riusciamo alla fine ad essere veramente saggi, finiremo per smascherare quell'impostore, quell'arrivista, quel rigattiere della coscienza che è la mente. Siamo come siamo; sì, ma siamo anche quell'ultimo bastione di difesa, il bambino interiore che non muore mai; il povero è solo ingannato a pensare come gli altri vogliono che pensi, a guardare tutte le cose come il mondo vuole che le guardi, ma in un angolino del nostro interno, se lo cerchiamo è lì, rannicchiato nella sua semplicità e solo lui sa resistere a soccombere completamente al testardo imbroglione. Per questo motivo il gioco https://www.facebook.com/alfredo.tucci.5 e il giocare, sono quell'ultimo e imperituro baluardo davanti agli inganni della pretenziosa mente. Sì. L'unico modo di vincere questa compulsiva bugiarda, è divertirla, però questo sì, senza che lei se ne accorga ... cioè ... giocando. La virtù non si trova, come proclamano i melliflui nel centro, ma agli estremi congiunti e, nel processo della vita, detta combinazione è possibile solo su una delle sue punte; quando siamo vecchi ma pieni di un ricco passato (che probabilmente a volte dimentichiamo), ricordiamo almeno una cosa: giocare come bambini. Non smettete mai di giocare amici miei!



Difesa Personale Nel nostro DVD della Avi Nardia Academy, prodotto da Budo International, parliamo del Ponte di collegamento tra la Scuola Antica di Arti Marziali e il CQB moderno (combattimento corpo a corpo). La mia esperienza come comandante delle FDI (Forze di Difesa di Israele) e poi come ufficiale superiore istruttore dell’unità antiterrorista di Israele, mi ha insegnato che coltivare la mente e lo spirito guerriero deve essere considerato prioritario rispetto al semplice allenamento del corpo. Quando osservo l’attuale situazione delle Ar ti da Combattimento, vedo tr oppi praticanti che rimangono abbagliati da coloro che vengono definiti eroi di guerra e da Grandi Maestri autoproclamati. Alcuni di questi “Maestri” sono persone che difficilmente sopravviverebbero a pochi giorni di allenamento con me; altri invece, sono soggetti che ho espulso dalle FDI o dall’Accademia di Polizia. Non darò mai a queste persone un riconoscimento che non meritano, poichè il mio obbiettivo è spiegare alle generazioni che verranno che un cavaliere dall’armatura luccicante è un uomo che non ha mai messo davvero alla prova il metallo di cui si veste. Allo scopo di fornire una certa prospettiva, ho voluto sviluppare questo DVD per mostrare il ponte tra le antiche scuole di Arti Marziali e il CQB moderno. Voglio ringraziar e Chris Shabazz, un grande Sensei e combattente di Karate a contatto pieno, appartenente alla scuola di Sosai Oyama, per la sua partecipazione alle riprese. Abbiamo fatto le riprese nello Shoshin Dojo, il cui nome significa “La mente dei principianti”. L’addestramento in questo storico dojo mi ispira sempre a continuare nello spirito del “Sempre allievo, a volte Maestro”. Il seguente articolo, scritto da Ken Akiyama, è una guida per il pubblico di questo nuovo DVD. Spero che vi piaccia e vi ringrazio per il vostro supporto. Avi Nardia, Fondatore KAPAP Moderno

Testo e foto: Ken Akiyama e Avi Nardia



Difesa Personale

INSEGNANDO LA VECCHIA SCUOLA DEL COMBATTIMENTO CORPO A CORPO

S

ebbene sia stato ridotto ai minimi termini l’approccio combattivo originale di molte Arti Marziali tradizionali, queste Arti continuano a dare delle importanti lezioni che vanno ben aldilà della dimensione puramente fisica del combattimento. Per sopravvivere nella lotta della vita, sono necessari molto di più che muscoli e tatuaggi. Inoltre, dei muscoli ridondanti sono fondamentalmente inutili per un Maestro che è concentrato nell’evoluzione dei suoi allievi. Per questo, gli allievi novizi devono guardare aldilà del luccichio e dello splendore di tali insegnanti “genuini”. Una delle caratteristiche peculiari della scuola KAPAP di Avi Nardia è che ha sviluppato il suo sistema basandosi su un’ampia esperienza in metodi di addestramento e tecniche delle antiche scuole di Arti Marziali. Naturalmente ci sono un sacco di scuole che pescano le idee a caso dai libri e da Internet e le

mescolano tra loro. Tuttavia il KAPAP moderno di Avi Nardia è un’eccezione perchè si rifà alla sua intelligenza unica, al suo carisma e alla sua formazione nelle antiche scuole delle Arti da Combattimento che comprende: 4°Dan di Judo Kodokan, 6°Dan di Kendo con il Maestro Kubo Akira, 7°Dan di Jujutsu con il Maestro Hanshi Patrick McCarthy (che è anche il mio Maestro) e Cintura Nera di Jiu Jitsu Brasiliano sotto il Maestro RCJ Machado. Questa equazione è stata un fattore determinante, così come la sua esperienza nel programma di addestramento delle reclute delle forze speciali israeliane e il suo servizio come istruttore ufficiale di CQB nell’unità anti-terroristica di elite di Israele. Il risultato di tutto ciò è il sistema più rapido e intuitivo per l’autodifesa del mondo: il moder no KAPAP di Avi Nardia. Quando osserviamo il KAPAP di Avi, vediamo una dimostrazione convincente di Arti Marziali attraverso

la visione di un insegnante di CQB dell’elite mondiale. Di tutti i punti di forza delle TMA (Arti Marziali Tradizionali), ci sono aspetti che risultano poco attuabili o impossibili da mettere in pratica da civili, ufficiali di polizia e/o soldati. Per quello, il moderno KAPAP è in parte definito dal geniale sistema di Avi per identificare ciò che non è insegnabile nel KAPAP stesso. Spesso viene attribuita ad Einstein la seguente frase: “Tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile, ma non più semplice”. Che le abbia davvero pronunciate o meno, queste sagge parole spiegano perchè tanti sistemi di autodifesa falliscono se messi sotto pressione: sono troppo semplici o troppo complicati. La maggior parte dei nostri allievi non hanno tempo o desiderio di studiare le Arti Marziali esoteriche, per tutti gli anni che sono necessari a sviluppare un buon livello di conoscenza essenziale. Detto ciò, il segreto più grande della scuola di


KAPAP di Avi Nardia non ha nulla a che vedere con la tecnica. Il segreto è l’allenamento mentale e questa è la ragione per la quale Avi ha girato questo DVD, per mostrare come si utilizzano i concetti della scuola antica nell’addestramento all’autodifesa e al CQB moderno. Il samurai sapeva che l’atteggiamento mentale e uno spirito indomabile erano di cruciale importanza per il successo sul campo di battaglia. Anticamente un samurai doveva studiare molte Arti, come l’equitazione, il nuoto, e persino la scrittura, la musica e la cultura generale, allo scopo di coltivare una mente aperta, un equilibrio emozionale e, ovviamente, il

dominio tattico. In questa maniera, i samurai si allenavano come guerrieri di mente, corpo e spirito, pronti a combattere in qualsiasi situazione. Miyamoto Musashi è considerato da molti come il migliore spadaccino di tutti i tempi. Nel suo Libro dei Cinque Anelli (1645), scrisse: “Fai della tua postura da combattimento la tua postura di tutti i giorni”. Nel Budo, la lotta contro la posizione, che è conosciuta come kamae, è un tema fondamentale. Infatti, nello studio delle antiche scuole di arti marziali viene messa molta enfasi nel kamae, tanto che gli spettatori non abituali giudicano erroneamente ciò che stanno vedendo quando assistono ad un



allenamento tradizionale. Quello che non capiscono, è che lo studio della postura fisica è in realtà un mezzo per lo sviluppo della postura mentale e spirituale. Uno dei nostri obbiettivi nella Avi Nardia Academy è garantire che questi insegnamenti non vadano perduti, come le antiche tecniche di tiro con l’arco dei guerrieri saraceni. Lo studio della storia è fonte generosa di ispirazione e di lezioni di umiltà. Ricordiamo che la guerra, il CQB e l’autodifesa non sono argomenti nuovi. Nel corso dei millenni, l’umanità si è probabilmente dimenticata di tutto quello che sapeva di questa complessa materia. Prendiamo, per esempio, l’arciere danese che ha sfidato

gli esperti contemporanei recuperando le tecniche di tiro con l’arco antiche. Ha studiato testi antichi e ha riscoperto le tecniche perdute dei guerrieri saraceni per scoccare frecce con velocità e precisione stupefacente. Tramite lo studio della scuola antica, ha stabilito “nuovi” record mondiali che si credevano impossibili e pertanto venivano ritenuti una sorta di mito. In questo nuovo DVD, girato nello Shoshin Dojo, Avi Nardia ci mostra la connessione tra la vecchia scuola e il CQB moderno, in svariate modalità. Una dimostrazione che comprende convicnenti parallelismi tra lo Iaido (l’arte di sguainare la spada) e il




“In questo nuovo DVD, girato nello Shoshin Dojo, Avi Nardia ci mostra la connessione tra la vecchia scuola e il CQB moderno, in svariate modalità. Una dimostrazione che comprende convicnenti parallelismi tra lo Iaido (l’arte di sguainare la spada) e il maneggio appropriato di un’arma da fuoco”


Difesa Personale


maneggio appropriato di un’arma da fuoco. Le armi da fuoco possono essere ciò che di più moderno esiste in fatto di armamenti, ma non sfuggono alla eter na saggezza e alla logica della scuola antica. Un’altro aspetto dell’allenamento integrale della difesa personale è il condizionamento intelligente del corpo. In questo DVD Sensei Chris Shabazz ci mostra dei potenti metodi di condizionamento del corpo, con spiegazioni sulle precauzioni e sui benefici degli esercizi, mentre Avi ci offre una prospettiva importante per una intelligente scelta delle pratiche di allenamento. Molti dei sistemi da combattimento militari si autodefiniscono come “il più letale e distruttivo”. Purtroppo, molte di quelle affermazioni possono essere esatte, ma non nella maniera che ci aspettiamo. I programmi di combattimento e di MMA vengono progettati per uomini tra i 18 e i 22 anni, che sono in eccellenti condizioni fisiche e che sono già stati precedentemente selezionati in base a una qualità evidente e a tipi di personalità ad alto rischio. Nonostante il loro stato fisico e l’entusiasmo, molte reclute e allievi di questi programmi subiscono dei traumi anche permanenti. Questi traumi si possono considerare accettabili in alcuni programmi militari e sportivi, ma nella Avi Nardia Academy ci insegnano che: “La sicurezza su tutto, la sicurezza prima di tutto”. Nella nostra scuola l’allenamento ad alto rischio non è necessario per lo sviluppo dell’efficacia in combattimento di un soldato professionista, di un ufficiale di polizia, o di un dirigente di azienda che sta studiando difesa personale nel suo tempo libero. Questo è un DVD educativo, ispiratore e chiarificatore. Raccomando il DVD a i professionisti di tutti gli stili, sia tradizionali, che moderni. La conoscenza consiste nell’aumentare le capacità e questa produzione di Budo International darà un grande contributo alla vostra collezione, mostrando lo spirito del “Sho-shin – la mente del principiante”.


Tutti i sistemi hanno dei limiti e quando devi passare da un sistema a un altro, devi imparare un’altra Arte e questo è ciò che il Kapap cerca di evitare. Questo è il Kapap, combattere faccia a faccia, un ponte tra i sistemi. Il suo fondatore ha coniato una frase il cui concetto viene impiegato da altri stili di arti marziali tradizionali: “Non portare con te un’arma, sii tu stesso un’arma”. Se la tua mente, il tuo spirito e il tuo corpo sono l’arma, tu sarai un’arma ugualmente efficace come quelle che puoi portare con te. Questo DVD della “Avi Nardia Academy”, tratta della connessione tra la “vecchia scuola” di Arti Marziali e il moderno CQB (Close Quarters Battle). L’esperienza come comandante nelle IDF (Forze di Difesa di Israele) e come ufficiale istruttore della principale unità antiterroristica israeliana, hanno insegnato a Nardia che coltivare la mente e lo spirito del guerriero è prioritario rispetto al mero allenamento del corpo. Tra gli altri, studieremo la sicurezza con le armi, i convincenti parallelismi tra lo Iaido e l’adeguato maneggio di un’arma da fuoco. Le armi da fuoco sono quanto di più all’avanguardia in fatto di armamento individuale, ma non sfuggono all’eterna saggezza e alla logica della vecchia scuola. Esercizi di allenamento adattati dal BJJ, esercizi di disarmo e condizionamento intelligente del corpo tramite addestramenti adeguati, con spiegazioni sui benefici e le relative precauzioni. Un DVD educativo, ispiratore, rivelatore, raccomandato ai praticanti di tutti gli stili, antichi e moderni.


REF.: • KAPAP8



“Coloro che sono esperti nell’arte di preparare la difesa, ritengono essenziale sfruttare la forza degli ostacoli, come le montagne, i fiumi, o le asperità del terreno. Lo fanno in maniera tale che il nemico non sappia da dove poter attaccare. Si nascondono sotto terra ripiegando per nove volte. Coloro che sono esperti nell’arte di attaccare, ritengono essenziale contare sulle stagioni e sui vantaggi del terreno, utilizzando le inondazioni o il fuoco, a seconda delle circostanze. Lo fanno in maniera tale che il nemico non sappia come prepararsi. Scaricano un attacco come un fulmine scaturito dal nono cielo…” TU YU Questo piccolo estratto di un antico poema cinese e che forse ad alcune persone può apparire carente di senso rispetto alle Arti Marziali attuali, è la prova che in varie occasioni il “vecchio” non passa mai di moda. C’è una tendenza generalizzata a disprezzare tutto quello che qualifichiamo come classico o antico. Immersi nella moda delle MMA e degli sport di contatto che vivono una seconda (o terza) giovinezza, che ha portato in televisione e nei grandi stadi degli Stati Uniti e del Giappone i consumatori dello show-business delle A rt i Marz iali. S e do bbiamo trovare un pecca, è precisamente questa. Queste mode non generano praticanti, al contrario ciò che creano

è una grande massa di compratori di videogiochi di MMA, o consumatori di “pay per view” del sabato sera sui network americani. Nei miei numerosi articoli ho difeso la bontà delle MMA e degli sport di contatto dei quali mi dichiaro un fedele ammiratore e ai quali riconosco l’enorme beneficio che hanno portato alle Arti Marziali “tradizionali”. Molti sono “tornati con i piedi per terra” e si sono visti obbligati a rivedere da cima a fondo i loro sistemi, per analizzarli da un punto di vista più pragmatico. In definitiva, a domandarsi se realmente si stavano allenando in maniera corretta e se l’approccio alle tecniche e alle idee era quello che doveva essere. Le MMA hanno riportato sulla terra molti che si trovavano in una sorta di limbo. E questo è davvero un bene per tutte le arti da combattimento. Ma in nessun caso dobbiamo confondere, mescolare o paragonare cose che, come dicevo in un mio articolo di qualche mese fa, sono come “L’ACQUA E L’OLIO”. In un’epoca di predominio delle Mixed Martial Arts, è inevitabile che molti sistemi classici guardino con “sospetto” a ciò che avviene nel panorama degli sport di contatto e nelle suddette e famose MMA. In molte occasioni tendiamo a confondere termini e concetti che poco hanno a che fare gli uni con gli altri e alla fine finiamo col discutere o mettere a confronto cose che semplicemente non

“Per qualche persona poco conoscitrice delle Arti Marziali classiche, è davvero facile affermare quanto inutili e inapplicabili siano quest’ultime se paragonate alle MMA”



“Il nostro obbligo come insegnanti ed eredi di una tradizione secolare, è promuovere la pratica COMPLETA” è possibile fare, perché appartengono a scenari troppo diversi tra loro. Sebbene ci siano alcuni elementi negli sport di contatto, specialmente nel mondo del BJJ e del Grappling, che sono molto interessanti se vogliamo evolvere i sistemi classici e raggiungere una maggiore EFFICIENZA. Per qualche persona poco conoscitrice delle Arti Marziali classiche, è davvero facile affermare quanto inutili e inapplicabili siano quest’ultime se paragonate alle MMA. Anche se già ho trattato questo argomento in un articolo di qualche mese fa, è abbastanza curioso il modello che spesso si usa per tali paragoni. Quando qualcuno di questi “opinionisti” vuole paragonare il vecchio e il nuovo, spesso lo fa scegliendo tra un umile maestro di una piccola scuola (generalmente padre di famiglia, che per pura passione tiene due o tre lezioni alla settimana) e uno dei mostri sacri delle MMA tipo Wanderlei Silva o Fedor Emelianenko, che si dedicano anima e corpo alla lotta guadagnando centinaia di migliaia di euro, firmando contratti pubblicitari, televisivi, ecc… Con questa visione, il paragone è veramente stupido. Allo stesso modo che sostenere che tutti i praticanti di Arti Marziali miste o sport di contatto possono essere simili a questi grandi personaggi del UFC. Nell’epoca del tutto o nulla, del servibile o dell’inutile senza mezzi termini, è complicato trovare persone che siano capaci di vedere che l’essenza del TAO sta proprio nel

mezzo. Mettersi in questa via di mezzo, nella quale possiamo praticare una o l’altra tendenza, ma con la tranquillità di sapere che imparare da ciascuna delle metà, se si guarda con attenzione, ci può fornire un valido punto di partenza per raggiungere i nostri obbiettivi. Oggi vorrei riferirmi a uno dei miei sport preferiti. Lo pratico umilmente, ma con passione e mi ha arricchito tantissimo come praticante di Arti Marziali e come persona a cui piace lo sport da combattimento: il Brazilian Jiu Jitsu. E’ poco più di un anno adesso che ho conosciuto il mio insegnante, Jair Correa de Magallaes (Cintura Nera 2°Dan), fondatore del Blakz Team BJJ. Anche se devo riconoscere che come praticante “fanatico” del WingTsun non mi interessava granchè questo mondo, più praticavo questa “dolce arte”, meglio comprendevo molti dei principi avanzati del Wing Chun Kuen. Curioso, vero? Nel Wing Tsun utilizziamo come anima del sistema il Chi Sao (e il Chi Gerk) che si fonda nell’essere “appiccicosi” per inibire, dirigere e sfruttare la forza dell’avversario. Questo rimanere legati all’avversario ci offre un vantaggio importante al momento opportuno e perciò gli dedichiamo molte ore della nostra pratica. Ma è singolare osservare come molti praticanti di Wing Tsun muovano le braccia (o le gambe) simulando alcune sequenze d’azione e reazione senza mettere davvero in pratica questa idea di appiccicosità. In realtà molti praticanti “spingono” le braccia dell’avversario…


Wing Tsun Quando ho conosciuto il mio insegnante di BJJ Jair Correa, ciò che più mi ha sorpreso del suo modo di combattere è stata la capacità impressionante di utilizzare le gambe come guardia e come portava all’estremo la qualità di restare appiccicato al nemico che cercava di “passare la sua guardia”. Morbidezza, fluidità e coordinazione messe insieme. Pensai…”Questo è puro Chi Sao (Chi Gerk)”. Allora ho cominciato ad interessarmi a un sistema che in appena 80 anni ha raggiunto dei livelli di evoluzione che non possono che definirsi impressionanti! La differenza principale nel metodo di allenamento come BJJ rispetto ad altri sistemi più classici di lotta, risiede precisamente nel “come” si allena.

Questi due punti hanno provocato una evoluzione del sistema che è degna di studio e di ammirazione da parte di molti praticanti di Arti Marziali.

Osserviamo in profondità il perché - I ruoli di entrambi i praticanti sono completamente definiti (passador, guardero)

– Scuole con una struttura formativa non così definita che insegnano senza alcun limite (apprendimento rapido del sistema) e che successivamente impiegano il tempo per migliorare quanto appreso.

- Il praticante lavora minuziosamente la tecnica adattandola alle sue necessità (agonistica o BJJ Arte Marziale) e aggiunge tecniche o abilità solo quando ha totale confidenza con le tecniche di base. Aggiunge a ciò che già possiede! NON ACCUMULA tecniche, schemi o sequenze che appena conosce e che soprattutto non comprende (nella grande maggioranza dei casi).

In entrambi i casi il problema principale del nostro sistema è, a mio avviso, che lo stile non si evolve in base a quanto lo si padroneggia. Ovvero, una persona impara forme, tecniche ed esercizi che pratica per periodi più o meno lunghi. L’istruttore di tur no quando vede un miglioramento nella comprensione dell’esercizio, gli da lo strumento seguente. Ma ci sfugge un “piccolo

Se adesso guardiamo il nostro amato sistema… Ci sono principalmente DUE modi di imparare o praticare Wing Tsun, a seconda del ramo o del lignaggio da cui si proviene. Ma tentando di sintetizzare per comprendere meglio a cosa mi riferisco nell’articolo odierno, diremo che ci sono: – Scuole che insegnano poco a poco il sistema in “materie” e che impiegano molto tempo per completare il programma

“La differenza principale nel metodo di allenamento come BJJ rispetto ad altri sistemi più classici di lotta, risiede precisamente nel “come” si allena”



Wing Tsun


“Cosa accadrebbe se dotassimo il praticante di conoscenze tecniche, della comprensione e dello sviluppo delle stesse con l’obbligatorietà di consolidare tutti questi punti, prima di aggiungere qualcos’altro al suo bagaglio?”

dettaglio”: nel nostro sistema non siamo in grado di applicare in sparring ciascuna delle idee di questo sistema perché manca l’essenza del combattimento: il combattimento stesso! Si cresce nel dominio delle tecniche e nella conoscenza degli schemi, ma raramente si mette alla prova una capacità combattiva poiché non si pratica quasi mai, nella stragrande maggioranza delle scuole di Wing Tsun. Nel mondo del Grappling (bjj e altri) tutte le giornate di pratica si terminano facendo sparring. Pertanto, lo stesso combattimento è la guida e il banco di prova delle idee e delle tecniche del proprio stile. Questi aspetti mi hanno fatto riflettere sul modo di allenarsi e di focalizzare la pratica e ho deciso di mettere in atto alcuni cambiamenti nella maniera di farlo. All’inizio era soltanto un’idea, ma adesso comincio a trasformarla in realtà durante gli allenamenti. Da un paio di anni abbiamo deciso di introdurre dei cambiamenti nel metodo di allenamento per ottenere un miglioramento sostanziale delle qualità dei praticanti.

Domando ad alta voce Cosa accadrebbe se dotassimo il praticante di conoscenze tecniche, della comprensione e dello sviluppo delle stesse con l’obbligatorietà di consolidare tutti questi punti, prima di aggiungere qualcos’altro al suo bagaglio? Cosa accadrebbe se obbligassimo alla più esigente perfezione tecnica ENTRAMBI i praticanti, definendo perfettamente i loro ruoli, dimenticando il concetto che qualcuno fa lavorare l’altro, per passare a lavorare

ENTRAMBI un confronto tecnico? (passador/guardero).

E’ questo il link con il verso all’inizio del nostro articolo di questo mese… Se guardiamo agli insegnamenti antichi, vedremo che questo aspetto che vi sto definendo è qualcosa di assolutamente necessario per una vera evoluzione. Nel piccolo poema che cito al principio della colonna e che potete trovare in alcune versioni de “L’Arte della Guerra” di Sun Tzu, si riflette perfettamente questa idea, che altro non è che impregnare tutta la pratica tecnica e strategica dell’idea di “yin e yang”. Ancora una volta tor no a mettere al centro dell’attenzione la necessità di svolgere la pratica di un’arte come il Wing Tsun con quei dettagli che sono totalmente imprescindibili dalla pratica stessa: cultura tradizionale cinese, filosofia, strategia dell’Arte della Guerra, conoscenze di medicina cinese, ecc… Il nostro obbligo come insegnanti ed eredi di una tradizione secolare, è promuovere la pratica COMPLETA e lo studio di quest’arte per diversi motivi. Potremmo citarne vari, ma ce n’è uno che sta sopra di tutti: pratichiamo Wing Tsun (e le Arti Marziali in genere) perché è BUONO. Perché fa bene a chi lo pratica. Perché costruisce ponti tra le persone e perché educa a dei valori tutti i praticanti che intraprendono la Via delle Arti Marziali cinesi. La pratica di un’arte di vita… Wing Tsun Sifu Salvador Sanchez Fondatore TAOWS Academy




Eskrima Arti Marziali Filippine L’Eskrima è un’arte marziale filippina che sta diventando ogni giorno più popolare, in quanto sempre più persone ne riconoscono la completezza. L’uso delle armi in quest’Arte è noto, ma il combattimento senza armi è importante almeno in egual misura. Nel combattimento senza armi SCS usiamo il nome Pangamot per riferirci ad esso.

Parlando del SCS Per oltre 30 anni, Frans Stroeven ha sviluppato nuove idee, nuovi concetti e tecniche all’interno dell’Eskrima. Egli ha cominciato a praticare questa disciplina sotto la tutela del GM Bill Newman, uno dei principali esperti al mondo di Arti Filippine. Quando si parla di Eskrima si pensa a Dan Inosanto, Cacoy Cañete e Frans Stroeven, poiché hanno svolto un ruolo importante nella diffusione dell’Arte in tutto il continente europeo. Frans Stroeven è restio ai titoli o ai gradi ed ha una sua convinta opinione sull’utilità di questi ultimi. Pensa che al giorno d’oggi vengano usati per fini più commerciali e non hanno nulla a che vedere con l’esperienza o le capacità. Frans dice: “Sono un uomo semplice che ama l’Eskrima, mi nutro di Eskrima e respiro Eskrima, tutto qui”. Frans non vuole essere chiamato Gran Maestro, preferisce semplicemente essere chiamato Frans. Questa mentalità rende il suo stile più accessibile, perché lo stesso Frans è una persona accessibile. Questo spiega la grande parabola ascendente nell’apprendimento dei suoi allievi. Imparare l’Eskrima nel sistema SCS significa che si possono acquisire i fondamentali importanti del metodo. Ma la cosa più importante è l’approccio allo sviluppo di nuove combinazioni e tecniche. L’SCS è fortemente influenzato dall’Eskrima originale, inoltre si completa con la mentalità europea e le sue metodologie di allenamento. Pertanto, l’SCS è uno stile di vita di un sistema in costante evoluzione. L’organizzazione conta su questo obbiettivo ed è nata con un solo proposito: la diffusione dell’Eskrima e far si che il mondo conosca quella sviluppata da Frans.


“Per oltre 30 anni Frans Stroeven ha sviluppato nuove idee, nuovi concetti e nuove tecniche all’interno dell’Eskrima”


Eskrima

Scuola olandese Esiste la scuola olandese? Si, esiste. Gli olandesi sono combattenti formidabili. Nella Kickboxing sono nell’elite mondiale. Pensate a Peter Aarts, Remy Bonjasky, Ernesto Hoost, Quattro volte vincitore del K1! E a Sem Schilt, che ha fatto lo stesso. Pensate a Anton Geesink che ha vinto come primo “non giapponese” una medaglia d’oro nel Judo ai Giochi Olimpici, superando il suo rivale nipponico. La ragione principale del successo della scuola olandese è la mentalità di combattimento. Gli olandesi sono creativi, non copiano soltanto le tecniche,


bensì ne sviluppano di proprie, con altrettanti metodi di allenamento. La scuola olandese non si basa sulle tradizioni ma sui concetti e sulle tecniche per vincere. Nell’Eskrima non è differente. Frans dice sempre: “Non siamo un museo”… In un libro su Ernesto Hoost, l’autore parla dei colpi che porta

proposito di colpire duramente e continuare a colpire. Possiamo dire che l’aggressività è nel DNA dell’SCS.

e delle sue combinazioni di pugni. Portare colpi e avanzare durante un attacco è importante per mettere l’avversario fuori posizione e fuori equilibrio. In questa maniera, contrattaccare è difficile. Quando si para non si deve retrocedere, ma bisogna fare un passo in avanti per chiudere la distanza all’avversario. Questo è il modo di pensare olandese: “Colpisci il tuo avversario, il più duro e rapido possibile”. Nell’SCS questa linea di pensiero viene portata a un livello totalmente nuovo. La parata è considerate negativa, un pensiero negativo. Naturalmente ai nuovi allievi vengono insegnate le parate, ma gli allievi avanzati dovranno concentrarsi su degli attacchi diretti. Prima attaccare, poi parare. Allo scopo di realizzare correttamente questi principi, bisogna rispettare certi requisiti: Comprendere il linguaggio del corpo; il gioco dei piedi; il

Nella maggior parte degli stili di Eskrima non c’è contatto tra l’arma e il corpo. Nell’SCS il contatto è normale. Anche i principianti potranno sperimentare il contatto sin dalle loro prime lezioni. Solo in questa maniera si può lavorare in modo realistico e sicuro. Questa forma di addestramento offre enormi benefici. In primis, l’allievo comprende come raggiungere un obbiettivo specifico. In secondo luogo, ottiene un maggior controllo sul bastone e il coltello. Terzo, consegue una migliore visione per realizzare contrattacchi, tecniche di disarmo e per eseguire delle prese. Quarto e ultimo, aumenta la potenza e la resistenza. Nei seminari, gli allievi che non hanno una certa esperienza in questo tipo di combattimento, si ritraggono quando il corpo entra in contatto con un bastone o un coltello. Non sono abituati al contatto e accusano il dolore. Nell’allenamento dell’SCS si inizia con un contatto leggero. Gli

Allenamento mentale e spirituale L’allenamento al contatto pieno è molto importante nell’SCS.


Eskrima allievi più esperti sono abituati a ricevere colpi addosso. In questa maniera, l’allenamento può essere fruttuoso e tutte le tecniche e i principi vengono applicati in modo aggressivo e realistico.

Zonizzazione Cos’è la zonizzazione e qual’è il suo scopo? Durante i seminari di Frans, questa domanda viene fatta spesso. Frans spiega che la zonizzazione è una componente importante dell’Eskrima, ma che ogni tanto è mal interpretata o viene falsata. Mentre Frans stava facendo una dimostrazione a Cebu, tra i tanti che stavano assistendo c’era Dionie Cañete, che a un certo punto gridò a Frans: Non guardare il tuo avversario, ma gli spettatori! Frans ha spiegato che capiva ciò che Cañete intendeva dire: nella zonizzazione, la difesa è tanto importante quanto l’attacco. Quando si attacca in una determinata maniera, già si sa cosa farà l’avversario e quale sarà il suo contrattacco. Per esempio: con l’uso della zonizzazione si contrasta il primo attacco dell’avversario e allo stesso tempo si può controllare il suo bastone destro… quindi l’avversario può solo attaccare di nuovo con la sinistra. Ma questo non importa, perché nel contrastare e controllare l’attacco, allo stesso tempo si può bloccare automaticamente il nuovo attacco (con la sinistra). Questa è la zonizzazione.

“All’allievo di SCS viene insegnato a costringere il proprio avversario a difendersi e a mantenerlo sotto pressione”


La zonizzazione è l’essenza del controllo dello scontro, avere una visione della sequenza logica dei movimenti del corpo e dunque anticiparli.

Volontà di vincere La volontà di vincere è molto importante nell’SCS. All’allievo di SCS viene insegnato a costringere il proprio avversario a difendersi e a mantenerlo sotto pressione. Questo richiede una mentalità focalizzata e determinata nella vittoria. L’SCS vuole che i suoi praticanti si sentano vincitori, ricercando dentro se stessi quel sentimento di intensa aggressività e riuscendo quindi a controllare tale aggressività. Frans dice: “Il vero significato dell’uso dell’energia di avanzamento nell’attaccare l’avversario, risiede nel concetto di aggressione controllata, gli attacchi devono essere duri e veloci”.

Le Armi nell’SCS Nell’SCS, in realtà usiamo qualsiasi cosa come arma. Non importa che genere di arma. Se uno padroneggia il bastone e il coltello, si possono utilizzare allo stesso modo anche altre armi. Frans afferma: “Le armi non sono per giocare. Ci alleniamo all’uso reale delle armi, bastone, coltello, karambit, tonfa, ascia, bastone da taschino e spada. queste sono le armi standard che utilizziamo”. Come abbiamo detto prima, se sappiamo usare un bastone e un coltello, si può usare qualsiasi cosa come arma e non è necessario un ulteriore addestramento. Quando si tratta di lotta con coltello, l’SCS offre anche un sistema di combattimento con coltello. Solo se si conosce il coltello, è possibile difendersi con successo contro un coltello! Questo è un qualcosa in cui crediamo fermamente nel SCS. La lotta con il coltello rappresenta una base solida per l’uso di altre armi, per questo è a un livello così alto. Il Sistema Mondiale di Lotta con il Coltello (WKFS) come parte dell’SCS, oggi è molto diffuso tra gli artisti marziali e anche nel mondo delle Forze Speciali. Nel sistema si insegna il maneggio di coltelli, esercizi, tecniche di disarmo con e senza afferrare il coltello, attacco di coltello, grappling a terra con coltello e anche il maneggio e l’uso di diversi tipi di quest’arma.

Mentalità nella lotta con coltello La lotta con il coltello è una parte indispensabile della legittima difesa, però è anche più di quello. Essa è e continuerà ad essere un elemento assai pericoloso, nel quale vita o morte sono vicini. Gli scontri con coltello continuano ad essere pericolosi

anche per chi è esperto, anche nel combattimento controllato di alto livello sappiamo che c’è il rischio di farsi male. Bisogna accettare che in uno scontro reale quasi sempre sanguineremo, non importa quanto si è esperti. Saper accettare tutto questo, può essere un grande vantaggio.

Il Pangamot Il Pangamot nel SCS è realistico, duro e ha un forte orientamento verso l’autodifesa. Significa “il combattimento totale”, tutto è permesso nella lotta di strada filippina. La vittoria è fondamentale. Lo stile di combattimento senza armi delle Filippine, si chiama anche Panantukan, Panajakman o Mano Mano. Ma il Pangamot nel SCS va molto oltre. La Boxe sporca, il concetto di figura 8, la presa filippina Tapi Tapi, il concetto di coltello Banga Banga, spada e daga, anti Dumog, fuga e cattura, presa lacoste, gomitate e testate, esercizi di sensibilità, hubad higot, presa e flusso, calci sotto la cintura e una mentalità di combattimento, sono alcuni degli elementi e principi che sono stati allenati nel Pangamot SCS.

Mentalità stradale L’SCS vuole rimane legato al combattimento e alla mentalità della strada. Gli allievi SCS non sono pugili, ne Kickboxers, ne Grapplers perfetti. I praticanti imparano a non boxare con un pugile, e a non andare a terra con un grappe. Nel SCS si utilizza il principio dell’antiboxe, anti-grappling, ecc. Fondamentalmente, tutto ciò che è proibito nella boxe, nella Kickboxing e in altre Arti Marziali, si può fare nell’SCS. Mordere, tirare i capelli, pizzicare, colpire all’inguine, alla gola, agli occhi, ecc. E’ davvero un combattimento sporco. L’obbiettivo del SCS è essere un lottatore versatile. Molto spesso una rissa comincia con degli spintoni e termina con colpi selvaggi. Nella lotta con armi non si deve sottovalutare l’uso improvviso di armi nascoste.

Uno stile unico L’SCS di Fran Stroeven come stile di lotta unico, sviluppato per la strada e per situazioni di combattimento, sta diventando sempre più creativo. Si inventano nuovi concetti e tecniche, non c’è possibilità di stagnazione. Volete vedere l’SCS in azione? Cercate su Google “Frans Stroeven” e potrete trovarlo su YouTube. Provatelo voi stessi, di certo non ve ne pentirete! Vi darà il benvenuto nel suo mondo, il mondo dell’Eskrima. Potete mettervi in contatto con lui a: HYPERLINK "mailto:info@scseskrima.com" info@scseskrima.com O visitare il suo sito web HYPERLINK "http://www.scseskrima.com" www.scseskrima.com e HYPERLINK "http://www.knifefightingsystem.com" www.knifefightingsystem.com






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Il gruppo KMRED è stato creato da C h r i s t i a n W i l m o u t h , Faustino Her nandez, Dan Zahdour e Jerome Lydoine. Questo gruppo non ha intenzione di essere una federazione di Krav Maga, ma solo un insieme di istruttori e professionisti appassionati della difesa personale e di sport da combattimento, che lavorano a un programma tecnico comune. Infatti, i club storici del gruppo KMRED presenti in Francia sono affiliati alla federazione delegata di Krav Maga in questo paese, la FFKDA. È grazie alla forza di quest’ultima, che svolge un grande lavoro per far conoscere il Krav Maga al maggior numero di persone, che, in Francia, il gruppo KMRED prospera. Questo avviene anche per i clubs che abbiamo in Danimarca. Infatti, le strutture locali in cui si pratica il Krav Maga Ricerca Evoluzione e Sviluppo sono associate alle istituzioni federali ufficiali.


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l gruppo KMRED non ha come proposito trovare o aprire nuovi clubs. A volte, tuttavia, alcune strutture o persone chiedono di potersi unire alla nostra scuola. In questo caso li accogliamo a braccia aperte, a condizione che sia veramente la passione a spingerli, che i valori che difendiamo siano condivisi da loro e che le strutture rispettino un accordo in cui si richiede che si uniscano alle istituzioni ufficiali con cui lavoriamo. Abbiamo deciso dunque, attraverso questo articolo, di presentarvi i club “storici� del gruppo KMRED e gli attuali istruttori e assistenti che insegnano il nostro programma.


primi due club che sono sorti sono il club KMRED di Dax, nelle Landes (Francia) e il club KMRED Ustaritz/Bayona, nei Paesi Baschi (Francia). Questi due club contano ad oggi oltre 200 professionisti e un team di una dozzina di insegnanti e assistenti capeggiati da due dei co-fondatori del Krav Maga Ricerca Evoluzione e Sviluppo: Christian Wilmouth e Faustino Hernandez. Il terzo club che si è unito al KMRED è il club di Mouguerre, anch’esso nei Paesi Baschi (Francia) ed è diretto da Serge Michelena. Questa struttura accoglie circa 50 praticanti.

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a quarta entità è presente in Danimarca, a Copenaghen, ed è diretta con maestria da Dan Zahdour, anch’egli co-fondatore della nostra scuola. Quest’ultimo, membro di spicco dei servizi governativi di quel paese per molti anni, si è circondato di assistenti la cui credibilità è assoluta, il che porta molti professionisti a frequentare i suoi corsi in cerca di un metodo realistico adatto alle loro necessità. Poco dopo, un centro specializzato in arti marziali e sport da combattimento, il cui istruttore capo si chiama Mickael Delaporte, si è unito al nostro gruppo per diventare il quinto club che ha intrapreso questa grande avventura. Oggi, con oltre un centinaio di allievi e due assistenti qualificati, Michael continua a condividere la sua passione nel suo centro di Coarraze Nay en Bearn (Francia). Inoltre, da qualche mese, un istruttore KMRED ha dovuto, per motivi professionali, trasferirsi sull’isola di Reunion, nell’Oceano Indiano (Francia). È laggiù che Jean François Lebian ha deciso di diffondere gli insegnamenti della scuola.


Per ultimo, un giovane talentuoso che, per diversi anni, ha speso tempo e risorse per formarsi nel centro di Dax sotto la direzione di Christian Wilmouth, dopodiché ha deciso, essendosi diplomato istruttore KMRED, di aprire una sezione del Krav Maga Ricerca Evoluzione e Sviluppo nella regione della “Piccardia”, nei pressi della città di Compiegne. Non ci sono dubbi sul successo che attende Yohan de Castro. Il gruppo, attraverso questi club e i loro istruttori, insegna il Krav Maga per tutto l’anno, ma organizza anche numerosi seminari e corsi specialistici. Così, dopo un seminario a Copenaghen (Danimarca) a Giugno, seguito da un seminario intensivo di tre giorni a Dax (Francia) e da un altro corso per un’unità militare specializzata a Luglio, Christian Wilmouth dirigerà a Settembre alcuni seminari sull’isola di Reunion e alle Mauritius. In conclusione, per questo mese di Settembre 2014, il gruppo KMRED augura a tutti i club, ai fan delle arti marziali e sport da combattimento, una splendida nuova stagione.






Punti Vitali


Kyusho vs. Dim Mak Dim Mak/ Dian Xue: (Il Tocco della morte o il Tocco della morte ritardata) Kyusho: (Punti Vitali) Anche se per il principiante può sembrare che siano lo stesso (la maggior parte delle persone che iniziano a lavorare con entrambi i nomi o classificazioni, dicono che sono la stessa cosa e usano gli stessi punti di pressione), poichè tutti e due attaccano le aree vitali, ma in realtà sono molto differenti...nei loro moderni adattamenti. Infatti, il Kyusho moder no è molto lontano dall’originale e pertanto non può essere associato al Dim Mak/Dian Xue, dal momento che ora sono assai diversi tra loro. Questa affermazione si basa su molte ragioni e soprattutto sui risultati sperimentati da un’intensa ricerca, sia fisica che scientifica. Poichè Budo International ha documentato l’errata evoluzione dei vecchi paradigmi della Medicina Tradizionale Cinese, adesso dobbiamo andare ancora più a fondo negli antichi e autentici percorsi, per lavorare con l’applicazione medica e scientifica che è


Punti Vitali


stata avvalorata e non con il nuovo concetto basato sulla mancanza di indagini e prove valide. Queste illustrazioni sono state prese dal manuale sulla morte da Seiko Fujita (https://www.kyusho.com/seiko-fujita/) con disegni di altre 30 scuole. Nessuno utilizza punti di Agopuntura in quanto a nomi, e tantomeno venivano utilizzati in altra maniera. Questi rappresentano le strutture anatomiche più profonde del corpo umano e il modo di crear loro dei danni. Lo stile Syournzi definisce chiaramente: “Ci sono 365 punti nel corpo umano e 360 punti che si utilizzano per la cauterizzazione. Nello stile Syournzi si usano 26 punti di attacco e 24 punti di chiusura”. Osservate che ci sono 26 obbiettivi da attaccare e 24 da chiudere..., lasciando gli altri come “punti” curativi (agopuntura) e ben distinti dai punti di attacco. Allora, perchè queste due abilità sono differenti? In primo luogo e prima di tutto, il principale obbiettivo delle discipline precedenti era come uccidere l’avversario e il Kyusho moderno è diretto solo a provocare delle disfunzioni fisiche, inclusa la perdita di conoscenza. Anche i nomi raccontano una storia diversa, perchè non esiste il concetto di morte o di sacrificio nel kanji e nemmeno


Punti Vitali


“Poichè Budo International ha documentato l’errata evoluzione dei vecchi paradigmi della Medicina Tradizionale Cinese, adesso dobbiamo andare ancora più a fondo negli antichi e autentici percorsi, per lavorare con l’applicazione medica e scientifica che è stata avvalorata e non con il nuovo concetto basato sulla mancanza di indagini e prove valide” nella terminologia del Kyusho. Nel Kyusho c’è anche una ricerca della reazione immediata, cosa che è ben lontana dal concetto della terminologia o delle metodologie ritardanti. Dunque, qual’è il fattore determinante che separa questi due sistemi nella loro propria essenza (che non deve confondersi)? In primis, nessuno di questi è basato sull’Agopuntura... Questo è importante, perchè molta gente è tratta in inganno o crede che questo sia il caso, tuttavia, non è questo il vero meccanismo che c’è dietro. Per favore, consultate gli articoli precedenti (HYPERLINK "http://www.kyusho.com/nopoint/" http://www.kyusho.com/nopoint/), che spiegano nel dettaglio tale aspetto. Non sono basati sul Chi, sugli elementi, sui cicli o su altri modelli medici tradizionali cinesi. I Meridiani e i cicli sono un modello artificiale, disegnato per spiegare una teoria di lavoro e il metodo di insegnamento e non una struttura fisiologica dell’anatomia umana. Alcuni credono che sia così semplice come un attacco ai nervi, e se stanno attaccando i vasi sanguigni, il che in parte è certo, sono però lontani da tutta la storia o dalla spiegazione. C’è una semplice idea da considerare: il Dim Mak ha bisogno di un certo lasso di tempo per ottenere delle disfunzioni e l’obbiettivo finale, mentre il Kyusho è istantaneo..., quindi, già questo indica che la struttura è diversa e pertanto anche la finalità da adempiere. La lettura di testi antichi o di affermazioni ad effetto e le rispettive trasposizioni alle pratiche moderne non sono fattibili o corrette, in quanto si sono allontanate tra loro in maniera significativa e per il futuro si vede una sempre maggior divergenza. Questo non vuol dire che sia bene o male, ma che è necessario che il lettore conosca e comprenda ciò che sta succedendo. Come si potrebbe sospettare, entrambe sono abilità, sono attacchi ai processi e alle funzioni fisiologiche, ma hanno varie stratificazioni e anche se tutte si sovrappongono o influiscono reciprocamente in qualche modo, non le controllano. Una in verità


Punti Vitali


è diretta agli organi di protezione innata del corpo e in parte, lavora per proteggere le altre funzioni e la fisiologia. Perciò, utilizzare i nomi di tutti e due durante lo stesso allenamento, è semplicemente sbagliato. Se vogliamo svolgere un allenamento serio, l’istruttore deve essere interpellato in merito a similitudini, differenze e correlazioni, per determinare se realmente conosce in profondità uno, entrambi o nessuno degli stili. Ma più importante delle parole è l’azione: possono farlo, possono dimostrarlo e quindi insegnarlo? E ancora più importante è che si possa lavorare in sicurezza o rimediare ai problemi di salute così seri che si provocano, che possono anche essere permanenti! Per una maggior chiarezza, confronteremo gli attacchi del Kyusho ai nervi e gli attacchi del Dim Mak al sangue (il livello di entrata) per illustrare le diversità e le divergenze. Ancora una volta, questa è solo una piccola dimostrazione delle abilità e non una descrizione completa, perchè avremmo bisogno di diversi libri per farla; al posto di ciò, faremo una descrizione semplificata affinchè sia compresa chiaramente. Nel Kyusho, quando attacchiamo il nervo c’è una reazione istantanea destinata a proteggere il corpo: stringendo i muscoli, allentando le articolazioni, ritrarsi dall’attacco con una reazione istantanea (Riflesso) e altre varie protezioni istintive. Queste misure di protezione cercano di conservare le funzioni regolari e mantenere la vita. Quando si attacca un nervo possiamo riconoscere le differenze anche dalle apparenze esterne, visto che vediamo una reazione assai rapida: la caduta, la rigidità del corpo o persino il recettore che si contorce a terra. La rianimazione deve essere instantanea e si possono avere effetti secondari se dura molto tempo, se non si esegue correttamente come succede nel caso dell’attacco al sangue del Dim Mak. Usando il Dim Mak, si attacca il sangue tramite colpi o compressioni del tessuto vascolare. La pressione arteriosa scende velocemente, per evitare un effetto più negativo sul corpo. Questo causa varie reazioni osservabili, in maniera tale da poter individuare, anche visivamente, ciò che è successo. Questi aspetti osservabili sono conseguenze ritardate, come uno svenimento o un lento indebolimento del corpo fino a cadere a terra. La profondità dell’attacco si vede quando l’individuo solleva la testa ed è apparentemente sveglio a terra (anche se non è capace di pensare coerentemente e di controllare il proprio corpo) con sintomi come nausea, sudori freddi e perdita di colore della pelle. È di nuovo anche osservabile che sollevandolo per rianimarlo, la sua pressione arteriosa è alterata. Questo problema dura molto di più di quando si attacca un nervo e chi lo subusce non è in grado di tornare facilmente alla pratica. Con attacchi più profondi, il soggetto può arrivare a sentire i sintomi per una settimana o due. Questo è un processo molto complesso e richiede diversi accorgimenti per recuperare la normalità e i risultati della struttura sono variabili. È richiesta una grande dose di pazienza e capacità supplementari, per accedere al punto con la mano o il piede e sono di ristretta controllabilità. Bisogna anche tener conto che i processi di riattivazione sono molto differenti e la rianimazione del nervo non aiuterà il



Punti Vitali

destinatario. Infatti, la posizione per eseguirla potrebbe anche peggiorare l’effetto su quest’ultimo. Quindi, ci sono molte più cose che la gente tende a ignorare o a negare, citando il sistema in cui lavorano... Come portatori della fiaccola della tecnica, dobbiamo assicurarci di essere precisi nella descrizione, potenti nell’applicazione e coscienti di trasmettere le informazioni corrette alle generazioni future. Devo dire che, a mio avviso, il Dim Mak non è il miglior metodo per la difesa personale nella nostra società attuale. Il Kyusho è molto più applicabile, immediato e non arreca danni o minacce alla vita altrui. Tuttavia, entrambi devono essere studiati (anche solo per il loro valore storico e di prospettiva), per conoscere completamente il valore di tutti e due. Naturalmente, si può acquisire una certa abilità nel Kyusho senza studiare il Dim Mak originale, tuttavia, dopo aver studiato il Dim Mak, sia separatamente che in correlato al Kyusho, si può raggiungere un nuovo livello di comprensione e delle capacità significative. Oltre ad apprezzare pienamente le forme antiche (sia a livello storico che pratico), è necessario comprendere queste differenze. La lettura del Kyusho in questi termini è incredibilmente benefica e aiuta il praticante a svilupparsi più coerente alla forma originale, ma per apprezzarla e capirla, deve guardare allo scopo originario...e quello non è il Kyusho moderno. Ciò nonostante, il Kyusho è più rapido e più sicuro da usare e richiede meno abilità per accedere ai punti. Pertanto, fornisce maggiori possibilità per la difesa personale ai giorni nostri. L’abilità o lo stile che sceglierete, dipenderà dai vostri obbiettivi personali. Questi sistemi si possono studiare come un insieme, ma per favore, cercate prima di conoscere tutte le ramificazioni e soprattutto, le adeguate misure di recupero.


Nella Taekwon-Do, punto vitale è definito come qualsiasi area sensibile o fragile nel corpo vulnerabile ad un'attacco.È essenziale che lo studente di Taekwon-Do possieda una conoscenza dei diversi punti in modo da poter utilizzare il corretto strumento d'attacco o bloccaggio. L'attacco indiscriminato è riprovevole per essere inefficiente e uno spreco di energia."Generale Choi Hong Hi, THE ENCYCLOPEDIA OF TAEKWON-DO, Volume II, pag 88. Il Taekwon-Do è una delle arti marziali più diffuse e professionali attualmente nel mondo (fondata il 11 aprile 1955 dal generale Choi Hong Hi), e continua a prosperare anche dopo la morte del suo fondatore nel mese di giugno 2002. Nel corso del tempo i fattori sportivi hanno ottenuto priorità e gran parte dei metodi originali di autoprotezione sono stati ignorati o scartati. Negli scritti originali del generale Choi, una gran parte dell'attenzione, la struttura e anche l'uso di punti vitali "Kupso" (o Kyusho), nonché lo sviluppo di armi per accedervi, fu delineata, ma non è satata mai completamente insegnata. Kyusho International ha sviluppato un programma per illuminare, educare, integrare e restituire a questa incredibile arte marziale i concetti del suo fondatore. Questo nuovo programma ha il pieno sostegno del figlio del fondatore, Choi Jung Hwa. L'obiettivo di questa serie è quello di indagare i modelli (TUL), che vengono eseguiti in conformità con i precetti del fondatore nella "The Encyclopedia of Taekwon-Do" (15 volumi scritti dal generale Choi Hong Hi, compresi i suoi "punti vitali"). Attraverso questa struttura, il Kyusho sarà inizialmente integrato di nuovo nel Taekwon-Do. Kyusho International è orgogliosa di aiutare in questo compito di collaborazione monumentale e storica.

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Il Wing Tsun è un eccellente stile di Boxe Cinese, che permette di dedicare tutta una vita alla pratica e alla crescita integrale del praticante. Idee, tecnica, filosofia, ecc… tutto fa parte di un’ARTE ancestrale e deve essere studiata e compresa come un TUTTO. Sifu Salvador Sanchez, nel suo secondo DVD, parla dell’uomo di legno e di come questo influisca nella pratica del Wing Tsun. Dato che nel sistema attuale la Forma si impara ai livelli più avanzati dello stile, molti praticanti che abbandonano non hanno l’opportunità di conoscere le sue idee, le tattiche e le strategie, e non possono includerle nella loro pratica. Per la TAOWS Academy è molto importante che il praticante comprenda che è questo è ciò che fa in tutti i suoi aspetti della pratica, e quindi in questo DVD seguiremo la stessa impostazione che seguiamo in qualsiasi lezione, seminario o allenamento. La nostra impostazione comprende 6 passi: il primo è l’idea da sviluppare, ciò che vogliamo ottenere. La seconda parte sono le forme (Siu Nim Tao, Chum Kiu, Biu Jee, Uomo di legno, ecc…) a seconda dei livelli; la terza sono gli spostamenti, la mobilità. Il quarto pilastro è il Chi Sao – Chi Gerk, l’aderenza, l’anima del nostro sistema. Il quinto elemento è la non aderenza, il non contatto, sapere cosa fare per arrivare al contatto con l’avversario in modo sicuro. Alla fine, il sesto settore è lo Sparring, il combattimento o Lat Sao. Bruce Lee diceva che s’impara a combattere combattendo ed è la cosa più esatta che un artista marziale abbia mai detto. Come renderemo il Wing Chun un Arte Marziale efficace e rispettata? Praticando esercizi di sparring che ci avvicinino al combattimento in maniera progressiva, fino a che ciascuno di noi ottenga il massimo, come fighter, che questo meraviglioso sistema ci può offrire.

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Iaijutsu – della funzionalità, del cielo e dell’inferno!... maestri più anziani sono chiari quando affermano che una tecnica deve funzionare. Però, cosa significa funzionare? Come sarebbe questo funzionare all’interno dei concetti del Iaijutsu? Tutte le tecniche possiedono una efficacia che inizia dal pensiero, che da quel momento indica al corpo come deve procedere affinchè l’ordine venga totalmente eseguito. Tuttavia, secondo questo modo di pensare l’efficacia, esistono due punti da considerare: velocità o strategia? Di certo, anche se si integrano tra loro, dobbiamo separare bene le due questioni. La velocità è il focus della realtà di fronte al pericolo, che deve essere accompagnata da un intenso allenamento di sviluppo della forza interiore, che si manifesterà nei tagli rendendoli puliti, efficaci – empirici! La strategia, a sua volta, è la via di accesso alle difese del nemico; è lo strumento necessario per rendere effettivi tutti i movimenti sotto un’ottica realistica, al contrario delle forme praticate nei Kata, l’arte di creare il cielo e l’inferno nello stesso istante. Accade semplicemente questo: Il subconscio umano ha registrato il passato vissuto duramente e ora lo restituisce, con le sensazioni da esso generate, sottoforma di terrore istintivo. Sono state sviluppate le migliori strategie per garantire la vittoria; alcuni sono arrivati ad addestrarsi con kimono di colori differenti, credendo che questi influenzassero la loro anima e il loro spirito. Se osserviamo il tutto da un punto di vista storico e antropologico, infatti, è in quel passato biologico primitivo che il popolo giapponese ha cercato le figure demoniache delle quali credono sia popolato l’inferno,

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ricostruendo così l’ambiente nel quale esse si muovono. Da allora diversi termini riferiti ai Kata, in gran parte, divennero nomi poetici. Un amico che ha visto un film intitolato “The Hidden Blade”, mi ha domandato di questi nomi, poichè nella pellicola viene utilizzato il termine “artigli del diavolo”. In questa analogia con l’arte della spada praticata nella realtà, i diavoli sono effettivamente primitivi, mostri pre-umani con pelo, coda, artigli e corna, come gli animali: esseri feroci, capaci di qualsiasi crudeltà. Ma questo era soltanto lo stato dell’uomo primitivo, indifeso, alla mercè dei predatori e delle calamità naturali, in un pianeta che era ancora teatro di un caotico subbuglio di forze primordiali. Ciò significa che lo Spadaccino dovrebbe diventare feroce al punto di trasformare il proprio spirito e poi ritornare alla purezza precedente. I maestri spiegavano che la terra situata in basso, campo di tante battaglie, era piena di pericoli mortali. Dal cielo, in alto, venivano la luce e il calore portatori di vita. In basso il dolore, in alto l’allegria. Il passo dal primo al secondo livello di altezza, fornì questa immagine e plasmò l’idea dell’ascesa che va dall’inferno al paradiso. Quindi l’evoluzione venne concepita come un processo di redenzione, che vuol dire liberazione dalla materia terrena e dai suoi dolori, per conquistare la felicità del cielo. Si pensò all’inferno come a qualcosa che deve stare in basso, nascosto nelle tenebrose e ardenti viscere della terra, mentre al paradiso come il luogo più in alto, popolato da esseri alati e liberi nei luminosi spazi del cielo; il tutto tenendo presente che l’universo spirituale giapponese è visto in maniera ortodossa e verticale. Molte sono state le scuole che hanno mantenuto nelle loro tecniche segrete alcuni termini che indicavano questo


Bugei


“Una volta che lo Hara è contratto, chiudiamo gli occhi per sentire l’energia interna e, attraverso questa, procediamo nell’elaborazione del movimento nella nostra mente”

parallelismo. Il Gran Maestro dell’Arte della Spada dovrebbe essee in grado di tagliare l’anima del suo nemico; ciò significa, in senso figurato, discendere agli inferi e salire al cielo... Potere estremo! Ho promesso a un caro amico, Maestro di Shindo Muso Ryu, che avrei scritto sull’argomento e così lo faccio, profondamente, in segno di rispetto per la sua competenza e la sua persona. Chisai... Termine giapponese che significa piccolo. All’interno della comprensione, la linea che attraversa il momento in cui la mente rimane sola; l’attimo in cui essa cerca la spiegazione del momento, della verità che da l’impulso a sguainare la spada. Il coraggio che fa si che la lama lasci la Saya... Questo è uno stato di solitudine, di espansione e di ritrazione! Se la mente non è completamente sola, non c’è liberazione del momento, del corpo, dello spirito, delle verità e delle non verità... Solo quando la mente è capace di eliminare tutte le influenze, tutte le interferenze, quando è capace di restare completamente sola, indipendente, senza compagnia, libera da ogni influenza del nemico che popola la nostra mente... Libera dall’aspettativa del certo e dell’incerto; libera dalla miglior strategia da utilizzare! In verità, in questo stato non c’è strategia, non esiste vuoto, non esiste il momento. Ci sommergiamo nella vacuità dell’incertezza del combattimento, della spada viva e vera. Solo in quello stato di solitudine c’è la liberazione della mente; solamente in questo stato la spada diventa pericolosa, viva..., tenace! Tuttavia, tale condizione di

solitudine non è comprensibile per uno spirito mediocre che ripete soltanto i gesti del maestro; la mente si esercita in una attività, nella tecnica, nel modo di fare qualcosa. Non c’è stile, non c’è via! Per la giovane spada, rimane solo il dubbio davanti al Metsuke; dubbio su dove trovare la perfezione. Per i più saggi, lo stato completo davanti al Metsuke avviene dal fatto di come viene definito il concetto di perfezione. Comunque, abbiamo detto, che nel viaggio che la mente effettua al momento della comprensione, erano liberi coloro che vivevano in un sistema gerarchizzato – i Samurai. Sarebbe dunque tutto racchiuso nello Hara? Per chi studia l’Haragei, il Metsuke e lo Hara sono strettamente legati. Parallelamente allo Hara c’è lo stomaco, il che ci riporta al dubbio di questo mio grande amico: la profondità scoperta tra il nutrimento assimilato e il Metsuke. Lo stomaco è perfetto per ciò riguarda la sua funzione digestiva, il cuore lo è anch’esso in virtù della sua funzione nel sistema circolatorio. Aldilà della loro perfezione individuale, partecipano indirettamente alla perfezione totale dell’organismo attraverso il funzionamento armonioso del tutto... Questo è il punto che cerchiamo quando chiudiamo gli occhi, nello sbattere delle nostre palpebre in comunione con il tutto! La risposta è semplice: per il Metsuke, lo stomaco è il simbolo dell’ego; nella via della spada, l’egocentrismo è


Bugei


sottinteso come concetto di libertà e di separazione. Al contrario, l’amore, la coscienza, la liberazione della mente quando si esegue il movimento, rappresenta l’unione, il maestro. È la forza che tor na ad equilibrare l ’ u n i l a t e r a l i t à dell’egocentrismo. Se non fosse così, la tecnica originale sarebbe un’unità squilibrata. Ma, secondo la comprensione dell’allievo, cosa dovrebbe essere la perfezione nella via della spada? Dico che, allo stesso tempo che consideriamo la perfezione come un equilibrio tra due forze opposte e complementari, non possiamo sminuire la manifestazione isolata di una qualsiasi di queste due forze. Quindi, in un sistema perfetto, è diritto della mente, della coscienza, chiudere gli occhi cercando di vedere con gli occhi dell’anima la pratica e l’uso dei propri attributi. Se l’equilibrio fosse determinante, non esisterebbe la libertà e neanche il sentimento, e in questa maniera sarebbe come un’imposizione schiavista. Metsuke, al contrario, significa libertà..., libertà della mente, del cuore, libertà di se stesso. È semplice, chiudi gli occhi! Vedi quello che esiste nella tua coscienza in questo momento. Percepisci il posizionamento reale della tua spada. È li che risiede la coscienza della tua spada interiore come manifestazione tecnica e non nella tua spada materiale. La spada in se è solo un oggetto che rappresenta lo strumento necessario per una pratica di guerra. Tuttavia, ferma, abbandonata in un

qualsiasi posto, è inoffensiva! Il dualismo tra l’immaginario e il reale diventa il punto di interazione nella dissoluzione dell’Ego, dell’importanza dell’oggetto che sostituisce – per i più laici – il processo che lo manipola. Nella via della spada, nel cercare, nell’osservare dall’interno verso l’esterno, dallo “Tsuka” al “Kisaki”, vi è l’asse che stabilisce questa ricerca-coscienza, l’asse che favorisce l’evoluzione tecnica; l’occhio che cerca e la mente trovata, pertanto la dualità. E cosa potremmo scoprire dentro l’ampio senso che definisce la via quando la spada viene abbandonata? Che tipo di “io” è quello che cerca? Sguainare una spada significa esprimere un desiderio. Però, visto a livello di “Jutsu”, esprime una ricerca del reale e dell’immediato, nel momento in cui la coscienza si espande e apriamo le nostre verità per guardare in faccia in manifestarsi delle emozioni. Sappiamo che forse è pericoloso agire sotto queste influenze, anche se non abbiamo suffuciente forza, ne chiarezza, per astenerci dal farlo. Abbiamo bisogno di imparare l’arte di respirare, di inspirare e espirare, smettendo di fare qualsiasi cosa e acquietando le nostre emozioni. Far ribollire tutto per poi calmarlo! Negli stati più elevati della spiritualità dove si trova lo sviluppo delle potenzialità creative, nelle manifestazioni della Natura individuale di ciascuno!

“Appena chiudiamo gli occhi e sentiamo tutta l’energia del corpo in un unico istante del Metsuke, percepiamo un piccolo intervallo di tempo tra l’aprire gli occhi e iniziare ad estrarre la spada”


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Ma vediamolo in un altro modo Appena chiudiamo gli occhi e sentiamo tutta l’energia del corpo in un unico istante del Metsuke, percepiamo un piccolo intervallo di tempo tra l’aprire gli occhi e iniziare ad estrarre la spada. È di questo piccolo istante di cui ora parleremo. Una volta che lo Hara è contratto, chiudiamo gli occhi per sentire l’energia inter na e, attraverso questa, procediamo nell’elaborazione del movimento nella nostra mente. In questo momento iniziamo un lungo cammino del flusso di energia dello Hara, fino a che essa non esplode sottoforma di movimento. Questo cammino percorso dall’energia di definisce “Shuu Chuu Dou” – che in giapponese sarebbe la concentrazione – la via che conduce la forza verso la concentrazione. Molti dei Tatsujin – specialisti – affermano che è possibile sentire la forza interiore percorrendo questa via, prima di trasformarla in Nuki (estrazione), o Kiri (taglio). In questo unico attimo tra l’aprire gli occhi e impugnare la spada, ci opponiamo totalmente all’autorità ester na, comprendendo che tale autorità è una delle cause del

disordine. Attraverso il Metsuke dissolviamo i dubbi, la paura e la sfiducia in un solo movimento, tutto sarà deciso. Senza questa liberazione interiore prima di estrarre la spada, la persona accetta, obbedisce, essenzialente perchè ha paura – paura di non raggiungere i propri scopi, di sbagliarsi nella via, nell’estrazione, nel taglio, ecc... Così, l’intervallo, lo spazio che è il tempo esistente tra la persona e la spada sparisce e la persona rimane direttamente in contatto con il fatto; esiste sono il fatto e non la persona che lo osserva. In questo processo accadono varie cose: si elimina completamente il conflitto quando l’osservatore è l’osservato (perchè in quel caso l’osservatore è la paura stessa) e rimaniamo con tutta quell’energia che assume la forma della paura. Il coraggio samurai si esprimeva dall’interno verso l’esterno. Una volta che non c’è intervallo tra noi e il fatto, una volta che l’energia siamo noi e la spada, non c’è alcun conflitto. Durante l’azione che precede il Metsuke, non c’è azione positiva riguardo alla paura. Non esiste nessun genere di azione positiva, se non uno stato di

osservazione, di percezione del fatto, una reale percezione di ciò che è, poichè l’immagine è stata eliminata. Quando vediamo, esternamente e internamente, tutto questo disordine – la confusione, la sofferenza, la solitudine, la totale mancanza di significato della vita così come la viviamo – possiamo concepire delle idee meravigliose, ma queste idee sono mere invenzioni, teorie. L’atto stesso di estrarre la spada, dissolve tutte le illusioni! Un monaco chiese a Ta-Chu: “Le parole sono la Mente?” “No, le parole sono condizioni esterne. Esse non sono la Mente” disse il Maestro. “Allora, al di fuori delle condizioni esterne, dove possiamo trovare la Mente?” “Non esiste Mente aldilà delle parole”, disse il saggio “Se non esiste Mente indipendente dalle parole, cos’è in fin dei conti la Mente?”, domandò il monaco confuso. “La Mente è senza forma e senza immagini. In verità, la Mente non dipende, ne è indipendente dalle parole. È eternamente serena e libera nel suo movimento”.


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Nuovi libri! Questo libro è il primo che parla apertamente di una tradizione Sciamanica giapponese che dal Secolo XII rimase segreta. Si tratta della cultura spirituale degli Shizen ("i naturali"), un popolo che raggiunse la sua massima espressione intorno al Secolo XIV sull'Isola di Hokkaido, al Nord del Giappone. La cultura apparteneva alla popolazione Aino, culla di guerrieri e sacerdoti, gli abitanti originari delle Isole, di razza caucasica e in perenne lotta con gli invasori Yamato. Oggigior no solo un tre percento dei giapponesi possiede geni Aino, tuttavia la sua saggezza sul mondo spirituale fu tale che, nonostante l'essenza fu mantenuta segreta, "contaminò" intensamente la cultura giapponese e la sua influenza si può percepire in aspetti dello Shinto, nello Shugendo, nelle Arti Marziali e nelle tradizioni e abitudini di tutto il Giappone. I saggi Miryoku, gli Sciamani del popolo Shizen, erano temuti e ricercati persino dallo stesso Shogun per via del loro potere e delle loro conoscenze. L'e-bunto è rimasto talmente segreto che anche digitando il suo nome su Google, non ne esce niente. La ricchezza della sua eredità è enor me e le sue conoscenze del mondo spirituale e delle interazioni con esso sono sorprendenti e poderose. Filosofia, psicologia, strategia, alimentazione, medicina spirituale ... le materie che compongono l'ebunto sono molto vaste e ricche mentre la sua Cosmogonia possiede la finezza, la profondità e la raffinatezza della Grecia classica. Questo lavoro è dunque una primizia storica, ma anche una fonte d'ispirazione per comprendere come i popoli antichi esplorarono l'ignoto, interagendo in modo sorprendente con le forze dell'Universo, a partire dall'analogia e dal linguaggio dei fatti, giungendo a conclusioni che solamente ora la scienza moder na incomincia ad intravvedere. Una conoscenza che lontano dal rimanere un qualcosa d'infor mativo o sterile, fu utilizzata come medicina spirituale, trasmettendoci un bagaglio immensamente ricco che solo ora, finalmente, incomincia ad aprirsi al resto dell'umanità, trovando in questo modo il suo giusto riconoscimento.

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Cinema Marziale CHUCK NORRIS, RICORDANDO IL PICCOLO DRAGO… Quando Bruce Lee conobbe John Benn, il “boss mafioso” de “L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente”, gli disse: “John, non diventerai ricco con questo film, ma diventerai famoso…” Effettivamente, nessuno si arricchì con quel film, comunque, con la fama e il riconoscimento che ottennero a proprio beneficio, la grande maggioranza che hanno avuto la fortuna di trovarsi sulla sua strada, hanno vissuto di “rendita” per molti anni. Ovviamente, Chuck Norris non fa eccezione… Indiscutibilmente, “I 3 dell’Operazione Drago” è il classico per eccellenza del cinema di ar ti mar ziali, tuttavia il miglior combattimento di questo genere nella storia della settima arte è quello che ha visto Bruce Lee contro Chuck Norris, nel Colosseo a Roma, in “L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente”. Non a caso in quel momento è stato definito il combattimento del secolo e effettivamente lo è stato e lo è, perché fino ad oggi non è stato superato da nessun’altro film e perché è stato girato più di 40 anni fa… Dopo la morte di Bruce Lee, il trono di “Re delle arti marziali” è rimasto vacante, sembrava che nessun orientale avesse il talento sufficiente per occuparlo, allora Hollywood cercò un’alternativa. Logicamente, l’unico occidentale con fama e conoscenze marziali per farlo, a quell’epoca, era Chuck Norris. Il primo attore occidentale del cosiddetto cinema di arti marziali di Hollywood che aprì un sentiero che anni dopo percorreranno altri attori come Steven Seagal, Jean Claude Van Damme, Jeff Speakman, Wesley Snipes, ecc.


Testo: Gladys Caballero & Pedro Conde. Foto de portada: Michael Tudela. Foto dell’articolo: Pedro Conde.



Reportage Chuck Norris, anticipando il declino del cinema marziale, spopolò prima in Nordamenrica e poi nel resto del mondo con “Walker Texas Ranger”, serie televisiva composta da tre episodi pilota di 90 minuti e 200 episodi di 45 minuti. In questa sono apparse grandi stelle ed esperti di arti marziali. Indubbiamente, colui che ha dato l’opportunità a Chuck Norris di entrare nella settima arte è stato Bruce Lee, opportunità che non sprecò e grazie alle sue scelte azzeccate e a un po’di fortuna. E’probabilmente l’attore più rispettato del cinema marziale, per lo meno in Nordamerica dov’è una vera istituzione. Ma come nacque l’amicizia tra Bruce Lee e Chuck Norris? “Conobbi Bruce Lee nel 1968 a New York, nel torneo All American Grand Championship che si disputava al Madison Square Garden. Io gareggiavo e lui era una celebrità ospite. Quando vinsi, l’organizzatore mi presentò Bruce Lee. Anche se io sapevo chi era e lui mi aveva già visto in altre competizioni, non avevamo ancora avuto l’occasione di conoscerci personalmente. Lo avevo visto nella sua incredibile dimostrazione nel Torneo Internazionale di Long Beach del 1964 e conoscevo il suo lavoro come attore nella serie Green Hornet. Bruce si complimentò con me, riconoscendo la difficoltà nel battere Joe Lewis nella finale del campionato. Parlammo amichevolmente e scoprimmo che eravamo ospiti nello stesso hotel. Era dalle 10.00 che stavo combattendo ed erano le 23.00, ero molto stanco, ma desideravo conoscerlo da troppo tempo. Quindi iniziammo a parlare e a scambiarci opinioni e tecniche e alla fine prendemmo un taxi insieme. Eravamo davvero coinvolti dalla nostra conversazione. Prendemmo l’ascensore e ci fermammo al suo piano, lui alloggiava al 7° ed io al 9°, e continuammo a parlare, così uscì dall’ascensore e mi fermai sul pianerottolo. Erano quasi le 24.00 e la cosa successiva che ricordo è che mi tolsi la giacca e cominciammo ad allenarci…Ti giuro, la volta che ho riguardato l’orologio erano le 7.00 del mattino. Bruce era così dinamico, che sembravano passati solo 20 minuti. Fu incredibile che nessuno chiamò la sicurezza dell’hotel, lamentandosi di due pazzi che facevano dei movimenti strani sul pianerottolo. Non potevo crederci, avevo un volo di ritorno a Los Angeles tra due ore. “Va bene dai” – disse Bruce – “quando ritorniamo ci alleneremo di nuovo insieme”. Poco tempo dopo, mi invitò ad allenarmi nel giardino di casa sua a Culver City, California. Bruce aveva ogni genere di attrezzatura nel suo giardino, compreso un uomo di legno che egli stesso aveva costruito, un palo coperto per portarci i colpi, scudi e guanti da boxe. Ci allenavamo due volte alla settimana, dalle tre alle quattro ore a sessione. L’abbiamo fatto per anni. Bruce mi insegnò alcune delle sue tecniche di Kung Fu e io alcuni dei calci alti del Tae Kwon Do. Un aneddoto significativo era che quando io e Bruce cominciammo ad allenarci insieme, lui non portava calci alti, i suoi concetti si basavano sul portarli al di sotto della cintura, per cui gli insegnai a darli a una certa altezza. Bruce sosteneva che dare un calcio alla testa era come colpire con un pugno alle gambe, il che ha una sua logica e su quello basava il proprio lavoro di gambe nel Jeet Kune Do; ma io gli dissi che secondo me si doveva avere la capacità di calciare a ogni livello e dunque gli insegnai i calci alti, girati, ecc, che naturalmente imparò molto in fretta! Aveva un dono speciale per imparare e assimilare. In meno di sei mesi portava i calci al mio stesso livello e li aggiunse al suo repertorio con un’efficacia micidiale. Credo che la grande varietà di attrezzature da allenamento che possedeva, contribuiva parecchio a tutto ciò. Da quel punto di vista, era anni luce avanti a tutti, ma a parte quello, Bruce era estremamente saggio e competente nelle arti marziali e, dalla testa ai piedi, uno degli uomini più forti che io abbia mai conosciuto.” Chuck Norris conserva dei ricordi affettuosi di quegli anni di allenamenti, al punto da rilasciare, in certe occasioni, delle dichiarazioni sorprendenti… “Bruce è stato sin dall’inizio un pioniere nel Full Contact, è stato il primo a utilizzare guanti e protezioni quando in America si conosceva solo il Karate, ma… (Chuck Norris sorride e aggiunge) non ha mai combattuto. Mi sono allenato con lui per anni, ma non ha mai combattuto con me. Io gli dicevo: “Bruce, facciamo un piccolo combattimento”, e lui mi rispondeva “No, pratichiamo tecnica, tecnica”, per cui non ho mai avuto l’opportunità di misurarmi con lui. Eseguiva sempre tecniche, swash!, e questo era tutto”. (Norris esegue due veloci tecniche di pugno e poi si ricompone). Più di un lettore si domanderà, perché non hanno mai combattuto? Cosa facevano in quegli allenamenti? A quell’epoca, Makiwara a parte, venivano impiegate poche attrezzature nelle arti marziali e Bruce Lee è stato un precursore e un innovatore nell’adattare attrezzi per ottimizzare i suoi allenamenti. Chuck Norris, così come altri esperti di arti marziali, era




Cinema Marziale d’accordo che grazie a questi si ottenevano grandi risultati in un breve periodo di tempo. “Bruce Lee aveva un magnifico equipaggiamento da allenamento e in effetti facevamo solo quello, ci allenavamo: sacco da Boxe, calci e tutto questo genere di cose. Non abbiamo mai combattuto insieme, io ero un fighter professionista e lui non lo era, ma era in gamba, molto in gamba. Sicuramente in un combattimento reale lo avrei sconfitto, ma a Bruce Lee non interessava arrivare a ciò e…nemmeno a me” Curiosamente e al contrario di quanto molti pensano, la prima volta che Bruce Lee ha chiamato Chuck Norris per partecipare a un film, non è stato in “L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente”. Il suo debutto nel cinema lo si deve a Bruce Lee, ma è stato nel lungometraggio “Missione compiuta, stop. Bacioni Matt Helm”, film con protagonisti Dean Martin, Elke Sommer e Sharon Tate, nel quale il Piccolo Drago era coreografo delle scene d’azione e le cui riprese avvennero nel Luglio del 1968. Gli inizi di Chuck Norris nel cinema non furono molto incoraggianti… “Poco prima del campionato internazionale, ricevetti una chiamata di Bruce Lee e mi disse che aveva ottenuto un contratto come coordinatore degli stuntman per il film “Missione compiuta, stop. Bacioni Matt Helm” (“The Wrecking Crew”) con Dean Martin e Elke Sommer. ‘C’è una piccola parte e penso che tu potresti farla molto bene’ – mi disse Bruce. ‘Sarai la guardia del corpo

di Elke, combatterai contro Dean Martin e dirai una frase nel dialogo. Ti interessa?’. ‘Ovviamente’, gli risposi. Anche se non ne sapevo nulla di recitazione, pensai che sarebbe stato buono provarci. Mi comunicò la data in cui dovevo presentarmi sul set delle riprese ed era un giorno dopo il Campionato Internazionale”. Chuck Norris non voleva che gli toccassero il viso per non compromettere le riprese con la faccia piena di lividi, perciò in finale, negli spogliatoi, disse a Skipper Mullins (il karateka n° 3 del ranking internazionale): “Domani avrò la mia parte in un film. Colpiscimi al corpo, ma non toccarmi la faccia”. Questi gli rispose: “Molto bene, ma sarai in debito con me per questo”. Ovviamente Skipper non mantenne la sua parola e dopo aver marcato una serie di punti, colpì Chuck Norris con violenza in un occhio. Norris vincerà quel torneo, ma si è portato sul set uno spiacevole souvenir… “Il giorno dopo arrivai sul set con un livido che costò al truccatore un ora di lavoro per coprirlo. Ero eccitato quando entrai negli studi per prepararmi al mio debutto. Non ero mai stato prima su un set e non sapevo cosa aspettarmi. Lo studio era una immensa nave e la location in cui stavamo lavorando era un cubo gigante con soffitti altissimi, luci enormi e abbaglianti, e cavi dappertutto. Decine di persone andavano da un posto all’altro come formiche e io mi chiedevo come era possibile girare un film con un caos del genere. Il regista prese subito il comando delle operazioni e ci mettemmo a lavorare. Come molti altri


Reportage a quell’epoca, non sapendo nulla di riprese cinematografiche, pensavo che i registi accendessero le loro macchine da presa e gli attori facevano la loro parte, così come si fa alle scuole medie. Mi stavo proprio sbagliando. Ogni scena erano ore di riprese. Le luci dovevano essere risistemate, gli angoli di ripresa rivisti e gli attori dovevano essere istruiti e messi ai loro posti. Il mio debutto nel cinema si riduceva a una sola frase. Nel film Dean Martin entrava in un night club, dovevo pararmi di fronte a lui e dirgli: “Mi permette, Signor Helm?”. La sequenza doveva concludersi con una colluttazione tra Dean e il sottoscritto. Nelle settimane precedenti alle riprese, ho ripetuto quella frase più e più volte guardandomi allo specchio del bagno, cercando di trovare il tono migliore per pronunciarla. Quando le macchine iniziarono a girare, Dean Martin entrò puntuale. Quando lo vidi avvicinarsi, sentivo la mia gola e il mio corpo irrigidirsi. La frase mi uscì come sussurrata: “Mi permette, Signor Helm?” Dean Martin non sembrò far caso alla mia voce roca e diligentemente mi diede la pistola. Ho pensato: Qui si conclude la mia carriera artistica! Non riesco nemmeno a dire correttamente una semplice frase!” Con tante ore di allenamento assieme, è stato inevitabile che nascesse una reciproca stima tra di loro, dove il rispetto e l’empatia erano sempre presenti, per cui non è strano che condividessero sogni e confidenze:

“La sua qualità più grande e probabilmente il suo più grande difetto erano la stessa cosa: Bruce Lee viveva e respirava arti marziali. Tutto ciò che era mondano e parte della vita normale, lo viveva sempre in funzione dell’allenamento nelle arti marziali. Non sono sicuro che sapesse cosa voleva dire rilassarsi. Eravamo buoni amici, quanto basta perché lui mi confidasse qual’era il suo sogno: ‘Chuck, voglio essere una stella del cinema’ – mi disse – ‘tutto ciò che faccio è per questo obbiettivo’. Bruce stava insegnando a varie celebrità come Kareem Abdul Jabbar, James Coburn, Lee Marvin e Steve McQueen. I suoi allievi spesso lo proponevano per piccole parti nei loro film e Bruce Lee aveva lavorato come controfigura in molti di questi. Ma non era soddisfatto di essere una controfigura delle star, voleva che il suo nome apparisse sotto le luci al neon delle locandine dei cinema e con la motivazione che aveva Bruce, non vi erano dubbi che ci sarebbe riuscito”. Aprirsi la strada a Hollywood non era facile, soprattutto per un orientale. In quel periodo non c’era nessun attore asiatico che fosse protagonista di una produzione nordamericana. Seguendo il consiglio dei suoi amici, Bruce Lee accettò un contratto con la Golden Harvest come protagonista di due film che si sarebbero girati nel sudest asiatico. “Bruce andò a Hong Kong per continuare la sua carriera di attore e per circa due anni non ebbi sue notizie. Una mattina mi chiamò al telefono da Hong Kong e mi disse: ‘Chuck, ho girato due film a Hong Kong e sono stati un grande successo, ho appena terminato di scrivere la sceneggiatura di un film che girerò a Roma, al Colosseo’ – mi disse emozionato – ‘Due gladiatori che combattono alla morte! Il bello è che noi stessi prepareremo la coreografia. Ti prometto che il combattimento sarà il momento culminante del film; voglio realizzare una scena che tutti ricorderanno per sempre’. ‘Geniale’ – risposi – ‘Chi vince?’ domandai. Bruce, ridendo, disse: ‘Ioooo, sono la star!’. ‘Ah, sconfiggerai l’attuale campione mondiale di Karate?’, ‘Noooo’ – rispose Bruce – ‘Ucciderò l’attuale campione mondiale di Karate’. Mi misi a ridere e presi l’impegno di fare il film accettando di parteciparvi, perché sapevo che se Bruce era così coinvolto non sarebbe stato una stupidaggine. Ho sempre rispettato il suo modo di fare le cose e ammiravo particolarmente la sua insistenza nella perfezione e nel realismo nelle arti marziali”. Tre settimane dopo Bruce Lee chiamò un’altra volta Chuck Norris, informandolo che iniziavano le riprese del film, così gli chiese se era pronto per andare a Roma. In quel momento Chuck Norris venne informato che il suo ruolo era quello di un fighter mercenario, un artista marziale, ingaggiato per dare una lezione a Bruce Lee. “Non ero mai stato prima in Europa, quindi chiesi a Bob Wall, mio caro amico e socio delle scuole di Karate, se mi poteva accompagnare. Quando arrivammo all’aeroporto Leonardo Da Vinci di Roma, Bruce ci stava aspettando con la troupe per riprenderci mentre scendevamo dall’aereo. Bruce voleva usare la scena




Cinema Marziale dell’arrivo come parte del film. Poiché c’era Bob con me, Bruce decise che anche lui vi partecipasse. Erano passati due anni dall’ultima volta che avevo visto Bruce, ma era gentile come sempre. Non si vergognava di mostrare affetto e ci diede un grande abbraccio prima di portarci alla nostra auto. Per la scena del Colosseo voleva avere un formidabile avversario. Io pesavo 73 kg contro i suoi 65 e voleva che io ingrassassi altri 9 o 10 chili. Fortunatamente il mio metabolismo era molto lento e potevo aumentare 3 o 4 chili in meno di una settimana, naturalmente se diminuivo i miei esercizi e trascuravo la mia dieta. Gli dissi: ‘Splendido! Posso mangiare fino a scoppiare a spese della produzione’. Bob ed io passammo due settimane a spasso come semplici turisti, visitando luoghi come la Basilica di S. Pietro in Vaticano, monumenti come la fontana di Trevi e i meravigliosi giardini di Villa Borghese. Trovai un ristorante dove potevo mangiare pasta e gelato a sazietà, il migliore che abbia mai provato in vita mia. Quasi tutte le sere cenavamo alla Taverna Flavia in Trastevere. Cominciai immediatamente a prendere peso, raggiungendo l’obbiettivo nei tempi prestabiliti”. Le riprese di “Il furore della Cina terrorizza anche l’Occidente” cominciarono il 10 Maggio del 1972, contando su un budget di 350.000 dollari. La troupe iniziava a lavorare alle sei del mattino e terminava alle sei o alle otto di sera, a seconda delle giornate. I primi giorni, Bruce Lee si dedicò a girare gli esterni di cui aveva bisogno, filmando alcune delle strade e piazze più

rappresentative di Roma, come via Veneto, i giardini di Villa D’Este a Tivoli, Piazza Navona, ecc. Quando terminò, fu la volta di girare il combattimento al Colosseo con Chuck Norris. Siccome non avevano il permesso di effettuare le riprese nell’anfiteatro, fecero passare le macchine da presa dentro delle borse da viaggio e dopo aver dato una mancia ai sorveglianti perché “facessero finta di nulla”, cominciarono a lavorare… “Bruce ed io andammo al Colosseo per rivedere i dettagli della grande scena di combattimento. Era una sensazione strana, essere insieme a lui in uno di quei tunnel che conducevano all’arena. Mi vennero in mente film come “Spartacus”, dove Kirk Douglas lottò nell’arena e provai un sentimento di rispetto pensando ai veri combattimenti a morte che si svolgevano regolarmente nel Colosseo, per intrattenere la popolazione romana. Il Colosseo era più grande e impressionante di come lo avevo immaginato. Ci sedemmo in uno dei gradoni di pietra dell’arena e discutemmo della scena. Bruce prese appunti sulle angolazioni dei punti di ripresa. Pianificò la scena come se fossimo due gladiatori che lottavano l’uno contro l’altro. Dal momento che noi stessi ci occupavamo del tutto, lui mi chiese: ‘Che vuoi fare?’ – io gli dissi – ‘Beh, io farei questo e questo…’ - mostrandogli alcune tecniche che pensavo sarebbero state interessanti. Lui mi disse, ‘ok’ e quindi si preparò le sue contromosse. Uscimmo nell’arena e facemmo dello sparring libero. Siccome ci


Reportage conoscevamo molto bene, in quanto c’eravamo allenati insieme per molto tempo, la scena riuscì alla perfezione. In essa, Bruce non faceva altro che attaccarmi, tutto lì. Attaccare, attaccare e attaccare. Cercava di stancarmi e il tutto girato a rallentatore. Ricordo che mi si muoveva intorno, con quei suoi bei movimenti fluidi, cercando di stancarmi e quando io cercavo di attaccare, lui si abbassava e schivava continuamente. Alla fine, quando andai a vuoto con tutti i miei colpi, cominciai a sentirmi stanco. Lui avanzò, portando colpi in tutti i miei punti vulnerabili e mettendomi KO. Ero completamente esausto. Poi mi scagliò contro una parete e arrivammo al punto in cui io gridai e Bruce mi spinse contro il muro. Quello fu il momento in cui mi ruppe il polso, il gomito e il ginocchio destro, caddi a terra e cercavo di rialzarmi. Quinid giungemmo alla fatidica scena nella quale io cerco di alzarmi e continuare a combattere facendo una gran fatica, allora Bruce mi guardò come a dire “ fermiamoci qui, ho vinto io…”. C’era una macchina che filmava facendo una panoramica tra la sua e la mia faccia, da un lato all’altro. Ciò che volevano trasmettere era che io, in qualche maniera, sorridevo, con un sorriso di gratitudine, non uno tipo “io sono un professionista, o si vince o si muore” e io preferivo morire prima di arrendermi o perdere… Era quel genere di sorriso lì! In quel momento gridai e mi lanciai addosso a Bruce, quasi volando e lui mi bloccò afferrandomi per il collo. L’unica cosa che potevo fare era colpirlo con una serie di pugni ai reni,

quando alla fine lui mi ruppe il collo. Allora mi adagiò dolcemente a terra e si allontanò mostrando pena per avermi ucciso. Fortunatamente, Bruce non mi obbligò a essere eccessivamente cattivo, quello era un combattimento tra due professionisti. Alla fine dello scontro, quando lui mi uccide, mi copre con la giacca del mio karategi e pone la cintura sulla mia salma, con fare molto cerimoniale e rispettoso”. Il duello richiese tre giorni di riprese, il combattimento sarebbe stato il climax del film. Secondo Linda Lee, la grande sfida con Chuck Norris necessitò di ben 20 pagine di regia scritta e venne pianificata con estrema minuziosità, come se fosse la coreografia di un balletto professionale. Bruce Lee disegnò la coreografia a casa sua, spesso provandone i suoi movimenti. La vedova sostiene che ‘Improvvisamente gli veniva un’ispirazione e mi diceva: Vieni qui, proviamo questo!’. Tutto quel lavoro e la genialità di Bruce Lee vennero plasmati per il grande schermo. Chuck Norris dice a riguardo: “Fu una scena difficile e stimolante, ma mi sono divertito a realizzarla. Anche se Bruce era un regista novello, sapeva ciò che voleva e in che modo la macchina doveva riprenderla. Così come Bruce aveva previsto, la nostra scena di combattimento divenne un cult. Attualmente, possiamo chiedere a qualsiasi praticante di arti marziali qual è il suo duello preferito in un film e quasi tutti risponderanno di ricordare la scena tra Bruce Lee e il sottoscritto in “Il Furore della Cina




terrorizza anche l’Occidente”. È incredibile quanto sia venuta bene, considerando che avevamo solo una macchina da presa”. Ma che cos’è che la rende così diversa? Perché una prestigiosa pubblicazione nordamericana l’ha inclusa tra le migliori 10 scene d’azione della storia del cinema? “Al giorno d’oggi c’è una grande quantità di scene di combattimento molto valide. Il combattimento tra Bruce ed io era più di tipo emozionale, ci guardavamo, ci osservavamo, e tra un’inquadratura

e l’altra, lottavamo. Questo è ciò che ha reso il duello di “Il Furore della Cina terrorizza anche l’Occidente” così eccitante. Bruce era assai intelligente, ha sempre voluto far passare le emozioni sullo schermo, perché le tecniche che si utilizzano sono le stesse che uso io nei miei film, ma quell’enfasi emotiva che

Bruce era capace di trasmettere alla situazione…era qualcosa di speciale. Generalmente i duelli sono combattimenti, un po’ di colpi, di movimenti, ecc. Ma Bruce era davvero pronto, sapeva come usare la macchina da presa per creare emozioni e tensione nello scontro,


Reportage

generando un pathos senza eguali. In quel terreno bisogna riconoscere che era un genio”. Ci furono problemi logistici, di tempo, di permessi e altre innumerevoli difficoltà da superare a Roma, per cui la scena di combattimento non venne terminata… “Bruce, Bob Wall ed io volammo ad Hong Kong per filmare il resto

delle nostre scene. Il giorno che arrivammo là, Bruce aveva dato disposizioni perché fossimo invitati al programma televisivo “Enjoy Yourself Tonight”, il più famoso della città, la versione di Hong Kong del programma statunitense “The Tonight Show” con Johnny Carson.” Invitati dalla HK-TVB, Bruce, Norris e Bob Wall parteciparono per eseguire una dimostrazione di arti marziali e concedere un’intervista. L’intenzione di Bruce Lee era presentare Norris e Bob Wall al pubblico di Hong Kong. “Quando entrammo in onda, il presentatore Josiah Lau, che conosceva Bruce Lee, gli disse: ‘Bruce, il nostro pubblico segue moltissimo le tue vicende, potresti dirci cosa hai fatto di recente?’ Bruce rispose: ‘Raymond Chow ed io siamo stati di recente a Roma per girare gli esterni del nostro nuovo film. Qui con noi a Hong Kong c’è un altro artista marziale, campione d’America di Karate, il signor Norris è arrivato direttamente dagli USA a Roma per lavorare con noi. Oltre a lui, è qui con noi un altro esperto americano di Karate, si tratta del signor Bob Wall. Entrambi hanno partecipato al nostro film “Il Furore della Cina terrorizza anche l’Occidente” Lau gli disse: ‘Ho appreso dai giornali che Norris e Bob Wall sono tuoi allievi, è anche risaputo che quando hanno iniziato a seguirti erano già personaggi famosi e campioni di Karate da molti anni. Credo che il tuo JKD deve essere davvero molto potente!’ Bruce, scuotendo la testa e agitando le sue mani, disse. ‘No, non giocare a questo gioco con me, io non ho mai detto che sono miei allievi, siamo amici, quando abbiamo tempo ci troviamo assieme e parliamo di arti marziali’. Dopodichè Bruce Lee spiegò che cos’era il Jeet Kune Do e espresse diverse opinioni sulle arti marziali in generale e in particolare sul Kung Fu cinese. Il pubblico voleva vedere il Drago in azione, ma Bruce rifiutò l’invito e disse: ‘Il pubblico di Hong Kong mi conosce già, oggi presentiamo questi due personaggi, artisti marziali in “Il Furore della Cina terrorizza anche l’Occidente” e nella vita reale, Norris e Bob Wall. Sono loro oggi i protagonisti. Dovresti far parlare loro oggi’. Le persone presenti in studio applaudirono il suggerimento. Norris e Bob, sorridenti, si alzarono e domandarono ‘Cosa volete vedere?’.

Visto che i presenti non sapevano molto di arti marziali, non sapevano cosa rispondere, allora Bruce disse: ‘Posso suggerire una cosa? In definitiva, gli artisti marziali allenano quattro cose, precisione, aggressività, velocità e forza. Credo che potremmo fare un gioco per dimostrare la precisione dei loro calci. Bob Wall terrà una sigaretta in bocca e Norris gliela toglierà con un calcio’. Tutti rimasero estasiati all’idea. Bruce aggiunse: ‘Come tutti sappiamo, le nostre gambe sono fatte per camminare, se vogliamo usarle per raggiungere un oggetto che sta in alto è piuttosto complicato controllarle. Questo accade perché quando sollevate una gamba, l’altra deve sopportare tutto il peso del corpo. Calciare con precisione non è facile, soprattutto se si deve colpire velocemente un oggetto piccolo. Bob deve tenere la sigaretta con la bocca, per cui, se Norris non è preciso, è evidente che Bob può essere ferito alla bocca o al naso’. Porse rapidamente una sigaretta a Bob Wall, Norris osservò Bob per alcuni secondi, in un attimo girò il suo corpo, alzò la sua gamba destra e colpì la sigaretta...questa volò per aria… Gli spettatori scoppiarono in un applauso, ma non erano soddisfatti, volevano di più…Chuck Norris racconta: “Mi chiesero di fare alcune dimostrazioni di arti marziali e iniziai colpendo con un calcio una sigaretta tenuta in bocca da Bob, ruppi alcune tavolette, poi Bob ed io facemmo un’esibizione di combattimento libero. Presi Bob con un calcio girato all’indietro, colpendolo in pieno petto e lanciandolo dall’altra parte dello studio. Tutti rimasero impressionati, ma Bob si alzò come se nulla fosse. Quando concludemmo l’esibizione, il presentatore del programma voleva vedere la protezione che Bob avrebbe usato per il petto. ‘Quale protezione?’ disse Bob, mentre apriva la parte alta del suo Gi. Aveva il segno del mio piede nel suo petto!”. Quando finì la dimostrazione, Lau li domandò: “Molte persone dicono che entrambi siete allievi di Bruce, però lui nega, dice che siete amici. Qual è la verità?” Chuck Norris, come sempre molto rispettoso e prudente, rispose: “Magari lui pensa che le nostre tecniche di Karate non siano abbastanza buone e che noi non siamo all’altezza di essere suoi allievi, tuttavia noi ammiriamo il suo Kung Fu. Quindi, anche se non ci tratta come suoi allievi, noi lo consideriamo nostro maestro”.




Cinema Marziale Quelle dichiarazioni in diretta causarono problemi al colosso americano, poiché molti praticanti di arti marziali cercavano la fama, alcuni esperti come Lau Tai Chuen, che dopo aver sfidato Bruce Lee a mezzo stampa, conseguivano il loro proposito. Nel caso di Lau, nonostante non avesse mai combattuto con Bruce, grazie alla pubblicità che ne trasse si guadagnò una parte in un film, anche se poi la sua carriera cinematografica è stata una meteora, lavorando solo in quattro lungometraggi. Qualcuno, seguendo l’esempio di quest’ultimo, cercò di fare lo stesso con Chuck Norris: “Il giorno dopo, in un giornale locale, qualcuno mi sfidò in un combattimento. Bruce era stupito dell’articolo e me lo lesse – ‘Cosa credi che debba fare?’ gli domandai – ‘Non farci caso’ – mi disse – ‘A me mi sfidano di continuo. Tutta gente che vuol farsi pubblicità’. Tuttavia, Bob era alquanto infastidito. – ‘Io non sono il protagonista del film’ – disse a Bruce – ‘Che ne dici se accetto io?’ – ‘Vai, se è quello che vuoi’ – rispose Bruce. Bob si presentò la sera seguente nel programma televisivo e disse: ‘Un telespettatore ha sfidato il mio insegnante, Chuck Norris. Chuck è un combattente migliore di me. Perciò voglio affrontarlo io. Chiunque tu sia, combatti prima con me e dimostra che sei un degno rivale per poterlo fare con lui. Il nostro duello sarà in questo programma televisivo, perché tutti a Hong Kong possano vedere come ti faccio a pezzi.’ Lo sfidante, chiunque egli fosse, non si presentò mai e nessun’altro mi ha mai più sfidato a Hong Kong”. Completarono il film, Bob Wall e Chuck Norris tornarono negli Stati Uniti, al loro lavoro di istruttori di arti marziali. Entrambi si dimenticarono del film, pensando che sarebbe stato proiettato solo in Asia e che Bruce avrebbe continuato la sua carriera come attore, dopo aver visto e aver toccato con mano la fama che egli aveva ottenuto in Oriente. Tutti e

due pensavano che Bruce si sarebbe dedicato totalmente alla sua carriera e che sarebbe passato molto tempo prima di potersi rivedere, ma si sbagliavano… “A metà Luglio del 1973, Bruce venne a Los Angeles per una visita di controllo. Mi chiamò per andare a pranzo assieme, avvisai Bob Wall e ci recammo in un ristorante di Chinatown. Devo ammettere che vidi Bruce davvero bene. Snello e forte. Bruce si mostrava molto fiducioso. Ci raccontò che i dottori di Hong Kong non avevano scoperto la causa di alcuni svenimenti di cui era stato vittima di recente; quello era il vero motivo della sua visita in città. Era venuto a fare dei test in uno dei migliori ospedali di Los Angeles. Era molto contento perché i dottori non gli avevano riscontrato nulla, gli dissero che aveva il fisico di un diciottenne. Ai suoi trentadue anni, appariva in perfette condizioni di forma, ma io ero perplesso. ‘Beh, ma se stai così bene, cosa pensano abbia causato i tuoi mancamenti?’ Bruce, mentre mangiava, mi disse: ‘ Tensione suppongo, eccesso di lavoro, mancanza di riposo, le stesse cose di sempre’. Iniziò a parlarci dello sfiancante lavoro della sua ultima produzione “I 3 dell’Operazione Drago” (Enter the Dragon). Era molto ottimista sui suoi risultati. La verità è che sia fisicamente che mentalmente, era nel suo miglior momento. Ne parlammo con Bob di ritorno verso casa. – Dopo una breve pausa, aggiunge – Fu l’ultima volta che lo vidi da vivo…” Poco dopo quel pranzo il “Piccolo Drago” tornò ad Hong Kong, nulla lasciava presagire i terribili avvenimenti che si stavano avvicinando…Bruce Lee morì il 30 Luglio del 1973. cinque giorni dopo venne celebrata una cerimonia funebre in un lussuoso locale centrale, anche se piccolo, della “Kowloon Funeral Home”. Secondo i media, i funerali dell’attore richiamarono 25.000 persone. Amici, familiari,


Reportage colleghi di lavoro e un’infinità di sconosciuti si riunirono per dare l’ultimo saluto a Bruce Lee. Il giorno dopo debuttò a Hong Kong “I 3 dell’Operazione Drago”. Forse i produttori vollero approfittare del fatidico momento per proiettare il suo ultimo lavoro!... Il 31 di Luglio Bruce Lee venne sepolto a Seattle, il funerale fu più tranquillo e intimo. Assistettero circa centottanta persone, tra amici e parenti. La bara era coperta di fiori bianchi, gialli e rossi, collocati in modo tale da formare il simbolo Ying-Yang. Portarono il feretro Steve McQueen, James Coburn, Dan Inosanto, Taky Kimura, Peter Chin e Robert, il fratello di Bruce Lee. Tra gli amici e i familiari più stretti, c’era Chuck Norris… “Quattro giorni dopo aver mangiato con lui, appresi la terribile notizia della sua morte. Non volevo crederci, lo avevo appena visto così radioso e vivace, l’immagine della salute, dell’emozione e della felicità. Come poteva essere? I rumors circa la sua misteriosa scomparsa volarono attraverso il Pacifico più velocemente del Jet che trasportò la sua salma. Alcuni asserivano che Bruce era morto perché aveva ingerito marijuana, scatenando dubbi sul presunto uso di droghe. Altri suggerivano che la sua ben nota esperienza con gli steroidi gli causò la morte. Altri ancora dicevano che Bruce era stato assassinato con un colpo mortale da un killer, un esperto di tecniche omicide orientali. Alcune delle spiegazioni proposte sulla sua dipartita potevano essere accettabili, ma la maggioranza erano ridicole. Forse i rumors erano semplicemente la maniera che il mondo aveva per dare una spiegazione alla realtà: che nessuno di noi ha garantiti i prossimi cinque secondi. La vita è un regalo di Dio. In quei gior ni, la versione ufficiale sulla morte presentata dai medici legali di Hong Kong, parlava di un

edema cerebrale causato da una reazione ipersensibile all’ingrediente di una pasticca per il mal di testa, molto simile alla rara reazione che colpisce alcune persone quando vengono punte da un ape. I dottori statunitensi dissero che fu un aneurisma cerebrale. Bruce fu sepolto a Seattle e a causa della sua forte affinità con la comunità cinese, ebbe una precedente cerimonia a Hong Kong, con una partecipazione di oltre venti mila fans. Io mi recai al funerale di Seattle insieme a Bob Wall, Steve McQueen e James Coburn, quest’ultimo era uno degli studenti privati di Bruce e fece un discorso molto commovente sul suo maestro. Terminato il funerale, Bob, James, Steve ed io volammo di ritorno sullo stesso aereo, tuttavia il volo fu estremamente silenzioso. Ciascuno di noi pareva immerso nei propri pensieri, analizzando il messaggio che riservava per noi la morte di Bruce. Era li, al massimo della sua condizione, al top della sua carriera e d’improvviso, tutto era finito… Ovviamente egli raggiunse il suo scopo di diventare una superstar, ma per cosa? A cosa sarebbe servito tutto ciò alla meravigliosa moglie e ai due figli che lasciava? Dopo la sua morte ho pensato a molte cose e sono arrivato alla conclusione che la vita non si valuta in base agli anni, ma ai traguardi raggiunti. Bruce ne aveva due nella sua vita: uno era l’essere riconosciuto come artista marziale, il che ovviamente gli è riuscito e l’altro, l’essere apprezzato come attore…e anche quello l’ha ottenuto. Per cui Bruce raggiunse le due mete che aveva nella sua vita, nel breve lasso di tempo di 32 anni. Molti di noi vivranno 80 anni e non raggiungeranno mai gli obbiettivi che si sono posti…” La puntata pilota della serie “Kung Fu” venne messa in onda negli USA il 14 Ottobre del 1972 e all’inizio s’intitolava “The Warrior”. La serie era basata sull’idea originale del


Cinema Marziale “Piccolo Drago”, diventando un grande successo. Grazie a lui, in Occidente cominciano a divulgarsi le arti marziali. Ironicamente, il 17 Agosto del 1973, a quasi un mese dalla sua morte, debutta a New York “I 3 dell’Operazione Drago”. Due giorni dopo uscirà in altre città nordamericane. Stava nascendo il mito… Il pubblico richiedeva sempre più film di Bruce Lee. Il 7 Agosto del 1974, quasi un anno dopo l’uscita di “Enter the Dragon”, uscì “L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente”… “Mi ero quasi dimenticato del film quando cominciarono ad annunciarla nelle sale. Quando uscì nel sud della Califor nia, molti dei miei allievi si affrettarono per andare a vederlo. La mattina seguente, in una delle mie scuole, tutti mi fissavano come se non potessero credere che Bruce non mi avesse ucciso…Era una cosa molto divertente, percepivo chiaramente che erano impressionati da ciò che avevano visto la sera prima. Credo che si può dire che le scene di combattimento di “L’urlo di Chen…” erano il massimo in fatto di realismo e perfezione di qualsiasi film di arti marziali che un fan abbia mai potuto vedere. Certamente, Bruce Lee aveva scoperto la formula vincente per i suoi film. La gente riempiva i cinema per vederli. Il budget per “L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente” era di 240.000 dollari e alla fine ne ha incassati più di ottanta milioni in tutto il mondo”. L’immagine di Chuck Norris che combatte contro Bruce

Lee apparve in svariate pubblicazioni. In Occidente cominciarono ad uscire un’infinità di film sulle arti marziali. Il colosso americano venne nuovamente ingaggiato nel 1974 dalla Golden Harvest, per tornare a interpretare il cattivo in “Massacro a S.Francisco” (“Karate Cop”). Nel Sudest Asiatico gli studios cercavano un successore del “Piccolo Drago”, ma non se ne trovavano. Quando il genere cominciò a decadere, uscirono film con cloni di Bruce Lee. Chuck Norris non si è mai proposto di diventare una stella di Hollywood, infatti, appena terminato di girare “The Turn of the Dragon”, avrebbe lavorato in una modestissima produzione nordamericana intitolata “The Student Teachers” e sarebbe poi tornato a occuparsi delle sue lezioni nelle sue palestre. Nel 1977 fu per la prima volta protagonista di un lungometraggio intitolato “Breaker Breaker”, un anno dopo uscirà nelle sale con “Commando Black Tigers”. Per la prima volta, nelle riviste e nella promozione, veniva annunciato come il successore di Bruce Lee. In Occidente il pubblico era stufo di tutte le produzioni cinesi e aveva bisogno di un nuovo eroe…il resto è storia… Agli inizi della sua carriera era inevitabile che lo paragonassero a Bruce Lee e gli facevano domande sul suo stile di combattimento… “Il Jeet Kune Do è un sistema geniale, ma bisogna dire che era fatto solo per Bruce Lee. Per svilupparlo lui introdusse all’interno di un unico sistema di lotta tutte


quelle tecniche che conosceva attraverso altri maestri ed esperti. Inoltre, prendeva molte delle sue conoscenze dalla sua grande biblioteca, ma ripeto, il Jeet Kune Do era adatto soltanto a lui; non è un sistema che un altro poteva mettere in pratica, perché per farlo era necessaria la sua genialità, il suo talento e quello non ce l’ha nessuno. Per questi motivi, posso assicurare che Bruce Lee era il JKD e il JKD era Bruce Lee. Bruce non lasciò un sistema di combattimento che i suoi allievi potessero seguire, nemmeno Dan Inosanto poteva farlo, perché variava moltissimo ed era così complesso che non saprò mai se esiste un sistema con regole e basi da rispettare per raggiungere la sua perfezione”. Ciascuna arte marziale possiede le sue peculiarità e la sua identità che la rende diversa dalle altre. Nel caso del Jeet Kune Do, qual è la sua caratteristica principale? Secondo Chuck Norris: “L’essenza del Jeet Kune Do è la velocità e l’esplosività, c’è solo un problema: non tutti hanno queste qualità. Bruce era estremamente veloce…era un fanatico, era il praticante di arti marziali più fanatico che abbia mai conosciuto; egli le viveva, le respirava,

dalla mattina alla sera la sua mente era solo per le arti marziali. Ciò che lo ha reso così grande fu che non si fossilizzò con la tradizione. Cercava sempre mille modi per perfezionarsi. Amava la vita, la godeva in ogni momento, era una persona assai ottimista, non mostrava pessimismo davanti a nulla, aveva tanta energia, un’energia incredibile che ci trasmetteva”. Il combattimento del secolo rimase impresso negli occhi di migliaia di spettatori. Ovviamente in più di un’occasione è stato chiesto a Chuck Norris sul livello marziale del suo amico e compagno di allenamento, soprattutto agli inizi della sua carriera quando gli facevano di continuo la stessa domanda: Cosa sarebbe successo in un combattimento reale tra di voi? La sua risposta, a grandi linee, è sempre stata la stessa… “Io so soltanto che grazie a Bruce Lee conosciamo le arti marziali a livello mondiale. Senza di lui non avrebbero mai raggiunto la diffusione attuale e perciò egli ne è l’icona indiscutibile, ruolo che occupa da più di 40 anni. Tutto il resto erano e sono banalità senza significato, ciò che è fuori discussione è che i suoi film ancora non sono stati superati e che nessun altro attore, aldilà di quanto si siano evolute le arti da combattimento, è stato capace di detronizzarlo e per come se la passa adesso questo genere cinematografico, non vedo nessun erede a breve termine, quindi: Lunga vita al “Re”! Mai nessuno ha fatto così tanto per le arti marziali!


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AUTORE: B. RICHARDSON

AUTORE: SALVATORE OLIVA

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TITOLO: BRUCE LEE: L’UOMO E LA SUA EREDITA

AUTORE:RANDY WILLIAMS

AUTORE:JOAQUIN ALMERIA

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TITOLO: HOMENAJE A BRUCE LEE AUTORE: TED WONG & CASS MAGDA

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TITOLO: JEET KUNE DO BRUCE LEE’S YMCA BOXING

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AUTORE: BOB DUBLJANIN

TITOLO: JEET KUNE DO ELEMENTS OF ATTACK

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DVD/RANDY4 TITOLO: CONCEPTS & PRINCIPLES

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TITOLO: JKD “EL CAMINO DEL PUÑO INTERCEPTOR”

REF.: DVD/RANDY3 TITOLO: WING CHUN KUNG FU: BIU JEE

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AUTORE:TIM TACKETT

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TITOLO: THE WOODEN DUMMY INGLES/ITALIANO

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TITOLO: TITOLO: ESPADA Y DAGA BUKA JALAN SILAT



Arti Coreano Strategie di combattimento e di leva articolare del Hwa Rang Do® Il Hwa Rang Do® gestisce fondamentalmente 3 range di distanza di combattimento ed una variante di grande interesse applicativo: il blocco con un ginocchio (OKP). È noto che la maggioranza delle Arti Marziali si focalizza su una particolare distanza di combattimento al fine di rendere massima l’efficacia proprio in tale area. Il Hwa Rang Do® si Sforza di gestire tutte le possibili eventualità tattiche e strategiche che possono presentarsi in un combattimento reale, non soggetto a regole o restrizioni. L’idea è quella di preparare lo studente a reagire e combattere in ogni tipo di condizione realmente plausibile che possa presentarsi, quindi a qualsiasi distanza che abbia un senso pratico. Si distinguono quindi: DISTANZA I (Kan’Gyok): La distanza iniziale di un combattimento reale è spesso quella in cui i due avversari si trovano in piedi l’uno di fronte all’altro fuori dall’area di tiro dei reciproci calci e pugni. La cosa più importante, in questa fase, è chiudere velocemente ed efficacemente la distanza così da poter colpire o applicare leve articolari e spazzate o atterramenti. Questo va addestrato opportunamente imparando a muoversi in avanti con movimenti semplici, radenti e possibilmente unici (mai incrociare le gambe e mai troppi passi). DISTANZA II (ChopHap): A prescindere dal fatto che lo si desideri o meno è plausibile dire che l’80% dei combattimenti reali arriva alla situazione in cui i due avversari sono in piedi e si afferrano reciprocamente. Le leve articolari, i punti di pressione, gli atterramenti e le proiezioni con leva nonché i colpi a corta distanza (gomitate, ginocchiate e testate) divengono le armi essenziali da impiegare e coordinare. DISTANZA III-A (Chase/OKP): La distanza II inizia in piedi e finisce generalmente a terra a causa di spinte e strattonamenti. La distanza III-A, anche detta posizione su un ginocchio (One Knee Position = OKP) si sviluppa attraverso una posizione dominante di contatto


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Arti Coreano con l’avversario in cui lo si gestisce mediante l’applicazione di una forte pressione sul suo corpo attraverso il ginocchio (ad esempio su schiena, torace, plesso solare, ecc.), ciò mentre egli e riverso a terra. La OKP è un’ottima posizione per finire il combattimento applicando una leva articolare o una sottomissione senza per questo la necessità di dover ruotare a terra o finirvi come nelle note tecniche di grappling. Proprio in considerazione di ciò la OKP è un’applicazione fondamentale per Forze di Polizia e Militari. La posizione in questione, infatti, consente un notevole controllo dell’avversario e ne diminuisce le possibilità di difendersi, usare armi e contrattaccare o scappare. A questo va aggiunto che OKP permette di controllare una persona (ad esempio un soggetto in arresto) dando la possibilità all’agente di impiegare simultaneamente la sua pistola o il suo sfollagente verso eventuali altri aggressori. DISTANZA III-B (TongGyol): Alla distanza II purtroppo le spinte e gli strattonamenti / spazzate possono portare anche entrambi gli avversari al suolo, sempre in condizioni di contatto. Questa è la distanza III-B, alla quale l’apprendimento delle tecniche di grappling e di sottomissione veloce risultano vitali per la sopravvivenza, spesso di più delle classiche tecniche di colpo a corta distanza (il suolo ed il forte contatto annichiliscono molto l’efficacia dei colpi con braccia e gambe). Il Hwa Rang Do® considera questa fase la più delicata, l’ultima e la meno favorevole dove finire per svolgere azioni di difesa personale contro aggressori. LEVE ARTICOLARI: Come si può ben capire le distanze di combattimento II, III-A e III-B richiedono una conoscenza approfondita delle tecniche di leva articolare e di intrappolamento. Il curriculum del Hwa Rang D® inerente le leve articolari è veramente impressionante data la sua vastità; esso si basa su: lo studio dell’anatomia umana (In Sool), la corretta angolazione delle giunzioni articolari, la precisa distanza dall’avversario, una distribuzione del



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l’applicazione veloce, nella leva, di pressione, energia interna (KI) e di tecniche di vibrazione per eventualmente dislocare l’articolazione. La prima classificazione delle leve articolari del Hwa Rang Do® si basa nell’individuare le chiavi articolari o le tecniche di rottura per giunzioni ossee che piegano solo in una direzione e non ruotano o ruotano poco. La classica applicazione di dell’esempio in fig. 1 è un arm-bar ed il target della leva è il gomito, una ben nota articolazione a cerniera soggetta a precisi limiti strutturali. Questa prima classe di tecniche è molto efficace nel rompere e rendere inservibili gambe e braccia avversarie, nonché nel guidare l’avversario a muoversi in una certa direzione. La seconda classe di tecniche di leva articolare raccoglie le leve applicabili alle articolazioni strutturate come sfere innestate in una

guida più o meno circolare, si pensi al polso, alle spalle ed all’anca. L’aspetto fondamentale qui è sottoporre l’articolazione ad angoli di rotazione particolari che ne diminuiscano la stabilità (vedere fig. 2, si tratta di una rotazione WES-lock, Wrist/Elbow/Shoulder), I legamenti ed I tendini che operano sull’articolazione perdono la loro capacità di rimanere integri e conservare l’integrità del giunto. Questa classe di tecniche determina molto dolore nell’articolazione dell’avversario prima di comprometterla quindi vengono impiegate spesso per controllare il movimento degli arti (si pensi al caso di dover disarmare un avversario). Esiste poi una terza classe di leve applicabili indistintamente a giunti articolari incernierati (gomito) o con sfera (anca o spalla). Esse richiedono un afferramento e contenimento dell’articolazione molto spinto e forte, inoltre sono basate su rotazioni preventive e successive pressioni oltre le possibilità di movimento naturale. Per tali motivi sono applicabili generalmente a piccolo articolazioni come quelle delle dita e solo talvolta a polsi e gomiti. In fig. 3 si può vedere una tecnica di rottura delle dita. Spezzare un dito avversario è molto semplice qualora lo si ruoti appena prima di applicare la pressione in quanto la stabilità articolare del dito ruotato sul suo asse è minima Ci sono diverse alter classificazioni di alto livello possibili per le leve articolari nel Hwa Rang Do®. Un’ultima che andiamo a considerare è la compressione dell’articolazione. Spesso chiamate tecniche di “separazione delle articolazioni” si possono applicare anche ad articolazioni grandi e potenti come il ginocchio. Nella fig. 4 (separazione del ginocchio svolta a terra), la tecnica di compressione opera con lo stesso principio di uno schiaccianoci. Si inserisce qualcosa dotato di spessore (proprio arto o oggetto, ad es. un bastone) nell’incavo dell’articolazione avversaria e si applica pressione portando l’articolazione al Massimo della sua rotazione. Ne risulta che le due ossa dell’estremità articolare tendono a separarsi. Gomiti e ginocchia sono classici target di questa classe. CONCLUSIONI: A seconda del tipo di obiettivo che ci si pone, lo studio delle leve articolari cambia radicalmente. Nel Hwa Rang Do® il primo tipo di studio delle leve è inerente la difesa personale da avversario che vi afferra in una grande varietà di modi. Nel secondo tipo di studio, più avanzato, si apprende come applicare le leve ad aggressori armati (es. coltello, bastone, ecc.). Salendo nel livello di studi si possono vedere leve articolari contro più avversari simultaneamente, con tecniche acrobatiche, ecc. È importante avere chiaro in mente cosa ci si propone di fare all’avversario prima di focalizzare il proprio studio sulle leve. Controllare una persona problematica, farla arrendere e fermare, è molto diverso da renderne inabile un’articolazione o prelevarne un’arma come un coltello. SI vuole intendere che sebbene si impieghi la stessa leva, magari sulla stessa articolazione, cambiando l’obiettivo si ottengono tecniche totalmente differenti. A ciò va aggiunto che non è possibile applicare una leva come semplice risposta ad un attacco di un avversario. Bisogna essere pronti a quello che avviene in realtà, ossia un comportamento avversario difficilmente prevedibile che deve essere gestito mediante almeno due o tre tecniche in sequenza (quantomeno devono essere pronte nella mente di chi si difende). Non è diverso dal gioco degli scacchi, c’è una mossa avversaria ed una nostra di risposta ma poi ce ne sono alter per cui dobbiamo essere pronti a valutarle ed agire velocemente di conseguenza con delle alternative efficaci. Questi motivi sono le principali ragioni per cui imparare le leve articolari e le loro applicazioni in campo reale ed approfonditamente è molto difficile e richiede anni di pratica, fluidità di esecuzione, auto-controllo e capacità di adattamento alle situazioni. Ciò nondimeno, questo complesso studio consente di ottenere una grande comprensione della biomeccanica umana e delle debolezze tipiche delle persone, sia fisiche che mentali.




Sempre tenendo come scenario di fondo l'Ochikara, "La grande forza" (chiamata ebunto nella lingua vernacolare degli Shizen), la saggezza segreta degli antichi sciamani giapponesi, i Miryoku, l'autore ci immerge in un mondo di riflessioni genuine, capaci di muovere nel lettore allo stesso tempo il cuore e la testa, collocandoci continuamente davanti all'abisso dell’invisibile, come la vera ultima fr ontiera della consapevolezza personale e collettiva. Lo spirituale, non come religione bensì come studio dell’invisibile, fu il modo di avvicinarsi al mistero dei Miryoku, nella cornice di una cultura tanto ricca quanto sconosciuta, allo studio della quale l'autore si è dedicato intensamente. Alfredo Tucci, direttore della casa editrice Budo International e autore di una grande quantità di titoli sulla via del guerriero negli ultimi 30 anni, ci offre un insieme di riflessioni straordinarie e profonde che possono essere lette indistintamente senza un determinato ordine. Ognuna di esse apre una finestra dalla quale guardare diversi temi da un angolo inaspettato, spruzzati di umore a volte, di forza e grandiosità altre, ci colloca davanti a temi eterni, con lo sguardo di chi è appena arrivato e non condivide i luoghi comuni con i quali tutti sono d’accor do. Possiamo affermare con certezza che nessun lettore rimarrà indifferente davanti a questo libro, tale è la forza e l'intensità del suo contenuto. Dire questo, è già molto in un mondo pieno di presepi gruppali, d’ideologie interessate e comportamentali, di manipolatori e insomma, di interessi spuri e mediocrità. È dunque un testo per anime grandi e persone intelligenti, pronte a guardare la vita e il mistero con la libertà delle menti più inquiete e scrutatrici dell’occulto, senza dogmi, senza morali passeggere, senza sotterfugi.


Consonanza e vuoto "Rifiutandoci d’accettare un potere superiore immutabile che ci supera, abbiamo colmato il vuoto a colpi d’imperativi personali e improvvisamente la nostra vita è diventata inquietante". Aleksandr Isayevich Solzhenitsin "Tentare" è molto più semplice, e al tempo stesso, infinitamente più complesso. Richiede immaginazione, disciplina e proposito" Carlos Castaneda

Gli antichi sacerdoti sciamani Shizen, I Miryoku, scoprirono che il loro potere nella magia dipendeva in larga mis ura dalla lo ro capacit à di t o ccare le fo rz e che conformavano l'Universo di energie e tensioni, nelle quali tutti gli esseri sono inseriti, ... ma senza essere toccati da esse. Questa impresa della volontà e della conoscenza richiedeva un’esausta preparazione e un lungo allenamento, generalmente feroce e spietato. Come per i guerrieri, la loro formazione implicava un ferreo allenamento, nella cornice di una disciplina inumana, anche perché l’invisibile, al contrario dell’umano, non si prende riposi.


Se tutto nell'Universo vibra in toni specifici, i Miryoku scoprirono che per toccare ogni cosa, era indispensabile identificare prima la sua frequenza per dopo entrare in consonanza con essa. Dovevano in un certo modo trasformarsi in quello che toccavano, se volevano realmente raggiungerlo o effettivamente modificarlo. Simile impresa della consapevolezza d’essere, implica una trasgressione di ogni ordine riguardo alla realtà consensuale, ieri come oggi, per la maggioranza degli umani. Le persone normalmente accettano un quadro di coerenza pratico rivolto al conseguimento di risultati percettibili sul piano materiale e il mantenere attivo questo programma consuma tutte le loro energie. Gli Sciamani dovevano per

cambiamento nella storia della specie, preso nel suo insieme, non implica relativamente più di alcuni secondi nella linea temporale della nostra storia. Quasi tutto ciò che siamo e che abbiamo, lo dobbiamo a milioni di anni di evoluzione vivendo, agendo e pensando in un altro modo. La medicina si emancipò dai barbieri alla fine del XVII secolo e i nostri migliori scienziati del secolo dei lumi, conciliarono senza pudore il metodo scientifico con lo studio dell'astrologia o dell'alchimia. Per quanto che ora la scienza, attraverso lo studio del Micro e del Macro, stia toccando i limiti dell'incoerenza riguardo alla percezione del visibile, la nostra descrizione del mondo più vicino, del quotidiano, si

“Detta forma di consonanza richiede un peculiare stato di abbandono. Uno non si può trasformare in qualcosa senza smettere di essere lui stesso”

definizione abitare tra due mondi, entrando e uscendo continuamente da essi, stabilendo la comunicazione tra i piani visibile e invisibile senza soluzione di continuità. Oggi possediamo il metodo scientifico che ci permette di corroborare in modo inequivocabile le relazioni tra le cose, ma a quel tempo non era la logica ma l'analogia, l’unico modo di scoprire la natura delle cose. L'uomo moderno guarda con sdegno e arroganza questa tappa dell'umanità, senza comprendere che tale

ostina a non cambiare. I risultati nella fisica quantica, invece che mettere in discussione la nostra personale visione del mondo, servono per fare processori più veloci che ci permettano di continuare ad agire in questo quadro di realtà selezionata, come se non fosse successo nulla. La scienza come cammino di cambiamento della coscienza è in questo senso un assoluto fallimento, perché agisce da fuori modificando la lettura della realtà, non il vissuto della realtà. Cambiamo l'ambiente ma non cambiamo noi.

I Miryoku al contrario, erano allenati a cambiare loro stessi, molte volte costretti da esercizi che oggi considereremmo crudeli. Per esempio, per percepire con esattezza l'energia inerente alla paura, i maestri sfruttavano le fobie più profonde dei loro neofiti. Se avevi per esempio paura dei serpenti, ti mettevano legato prono con un sacco di serpenti in testa. Così per un Miryoku, la paura, da quel momento in poi, non era qualcosa di estraneo, bensì una forma vibratoria codificata con precisione, un "luogo" della coscienza


al quale potevano ricorrere solo attraverso il suo ricordo, un'energia o una tensione con la quale entrare in consonanza. La rinascita dell'interesse per la conoscenza delle culture antiche, molte di esse anteriori all'era scientifica, come quello dei Miryoku, sta germogliando come funghi tra gli uomini moderni che vivono tutto sommato alienati nella cornice di una realtà che ignora la metà

coscienza. C'è senza dubbio un divorzio tra entrambe le visioni dell'Universo che convivono subdolamente nell'incoerenza di chi in pratica accetta e usa entrambi i postulati di giorno in giorno. Laico e religioso tuttavia si antepongono e confrontano continuamente perfino nelle società più avanzate e generano, fino al ridicolo, continue contraddizioni nella convivenza tra le persone. I

“Se tutto nell'Universo vibra in toni specifici, i Miryoku scoprirono che per toccare ogni cosa, era indispensabile identificare prima la sua frequenza per dopo entrare in consonanza con essa”

della sua natura e che impone una visione del mondo completamente insoddisfacente per risolvere non solo le grandi domande dell'essere umano, ma quello che è molto più importante per ognuno di noi, la nostra relazione personale con il mistero, la vita e la morte. La scienza come metodo, suppose lo smascheramento di quelle "verità" stabilite dalle religioni maggioritarie che, di fatto, sopravvivono come cornice normativa di convivenza socio culturale piuttosto che come un atto della

fanatismi non aiutano, siano dell’una o dell’altra banda, e gli individui tendono a naufragare nella confusione e nel marasma, giorno dopo giorno. Com’è lontano tutto ciò dall’esemplare pragmatismo col quale i Miryoku guardavano all'Universo visibile e invisibile! Un mondo di energie e tensioni in continuo movimento che seguiva modelli prevedibili; prevedibili sì, in larga misura, tale e come lo considera la scienza, perché come per gli scienziati, anche per loro esisteva un Ordine; se tale cosa esisteva,

dipenderebbe dalla nostra conoscenza la possibilità di comprendere le sue nature, le sue tendenze e direttrici, per anticipare reazioni ed eventualmente interagire con essa. Al contrario degli scienziati tuttavia, la scienza sacra degli sciamani Shizen, l'e-bunto, li mise al centro di tali trasformazioni, come una pietra di paragone capace di penetrare nell’invisibile, toccare la frequenza richiesta e ritirarsi senza essere toccato da essa. Detta forma di consonanza richiede un peculiare stato di abbandono. Uno non si può trasformare in qualcosa senza smettere di essere lui stesso. La pratica continua di detta metamorfosi probabilmente generò in alcuni di questi sacerdoti una tendenza al disinteresse che caratterizzò quelli della loro stirpe. Il loro sguardo poteva essere freddo o caldo all’estremo, ma detta capacità era terrificante per gli altri che, sebbene li cercassero per necessità, generalmente temevano ed evitavano la loro compagnia. Il prezzo della solitudine fu uno di quelli da loro pagati frequentemente, ma non furono nemmeno pochi, quelli che,



frutto della pratica dell'abbandono, finirono per trasformarsi alla fine dei loro giorni in saggi, conosciuti come Oita, i vecchi in Shizengo. Quest’abbandono era la seconda condizione necessaria per uscire indenni dalle loro acrobazie nell’invisibile; toccare senza essere toccati, implica lo svuotarsi, l’essere senza essere, un'esperienza che ripetuta può condurre a stati trascendenti dell'individualità. I miei ultimi anni d’investigazione, studio e apprendistato nella tradizione Shizen hanno toccato, come non poteva essere altrimenti, la mia percezione del mondo e questo si è riflesso direttamente o indirettamente nei miei scritti. Nel libro che presento oggi, redigo molti di questi testi il cui scenario non è altro che la mia esperienza con lo spirituale, spirituale inteso non come il religioso, bensì come l’invisibile. La mia gradazione come Shidoshi, Joho in Shizengo, è solo un passo in più lungo questo cammino, un cammino di studio che sono lontano dall’aver concluso e del quale sono debitore di molte delle mie riflessioni qui edite. Come sempre, non pretendo di convincere nessuno di niente, solamente condivido le mie riflessioni e scoperte e se a qualcuno sono di profitto, meglio che meglio. Entrare in consonanza con l'Universo dei Miryoku, è la più grande sfida della coscienza alla quale ho avuto accesso durante tutta la mia vita, perché in pratica mette in discussione ogni versione della realtà dall'esperienza e non solo dal pensiero. Con un’audacia fredda e una sfrontatezza favolosa, entrarono in altre dimensioni e realtà, per creare un sistema di conoscenze vasto e sconcertante. Seguirono una strada fatta per pochi, ma come avamposto della consapevolezza umana, ci portarono tutti un po' con loro, perché rendendo possibili i loro risultati, ci mostrarono che dietro il velo del consenso di gruppo, esistono realtà possibili da toccare se riusciamo a entrare in consonanza e generare un vuoto. I Miryoku furono senza dubbio, per la loro disciplina e coraggio senza pari, veri guerrieri spirituali. A tutti loro, del passato e del futuro, dedico questo libro e saluto con rispetto, ponendo sul suolo la mia fronte con rispetto. Joho Alfredo Tucci Managing Director BUDO INTERNATIONAL PUBLISHING CO


Kenpo LE FORME O KATA DEL FU-SHIH KENPO, 3ª PARTE Assorbire l’attacco adottando una posizione neutra parallela alla sua, eliminando in questa maniera parte del nostro perimetro corporale e permettendo di realizzare una parata a mò di cuneo, che è rafforzato dal movimento del nostro corpo. Parata che, per il suo carattere attivo, può diventare un attacco con la base del pugno al bicipite o all’avambraccio. Realizzando questa azione guadagniamo anche tempo prima del possibile impatto del suo pugno, poichè aggiungiamo distanza al percorso dello stesso. Allo stesso tempo o in modo continuato, impatteremo la sua gamba d’appoggio con un calcio circolare basso (in questo caso potrebbe essere quella anteriore, se è dovuto avanzare) o piuttosto con un calcio frontale o ascendente con l’avampiede, da un lato per agire sulle sue “radici” (equilibrio) e nella replica, sommare un’altra linea di dolore diretta al cervello. Abbassando la nostra gamba dopo l’impatto del calcio circolare, effettuiamo un colpo a sciabola discendente rovesciato alla sua zona laterale del collo o del viso, utilizzando l’effetto del peso corporeo e la gravità – quello che conosciamo come il “matrimonio con la gravità” – con l’animo di rafforzare il nostro attacco.


“Le tecniche del Fu-Shih Kenpo si trasmettono da maestro a discepolo, tramite il Kihon, i kata e le loro applicazion pratiche�


Kenpo Prima di questa prima risposta da parte nostra, concateniamo un’altra sequenza di attacchi per, come dicevo prima, neutralizzare una possibile risposta dall’altro settore del corpo, oppure per assicurare la mia posizione di fronte all’attaccante, realizzando un attacco di palmo, avambraccio o a sciabola, secondo le circostanze, verso l’altra zona del collo o del viso, per poi continuare con un pugno inverso a livello medio e un pugno circolare a livello alto, entrambi con lo stesso braccio. Per finalizzare, a fronte di una possibile continuazione dell’azione, recuperiamo la distanza di sicurezza per visualizzare correttamente il contorno e adottare nuove misure contro nuove e potenziali situazioni o risposte. Questo lavoro da realizzare è una delle possibili interpretazioni delle distinte tecniche. Lo studio, la pratica, la ricerca, ecc., ci permettono di analizzare, evolvere e sviluppare nuove teorie sui pilastri

tradizionali e contemporanei che sostengono questa meravigliosa Arte Marziale denominata “Fu-Shih Kenpo”, o “Scuole Spirituali di Kenpo”.

I KATA E IL LORO SIGNIFICATO Le arti marziali nacquero per la necessità di combattere per la sopravvivenza, la protezione della famiglia, contro i soprusi e le ingiustizie in generale. Attraverso queste, si ricerca lo sviluppo fisico, mentale e spirituale del praticante. Le arti marziali a carattere sportivo si basano sulle tecniche, ma sono state adattate a determinate regole per la competizione. Tutto questo le spoglia totalmente della loro essenza originaria. Nascono


come attività dell’uomo-entità sociale, come una mera attività fisica. L’arte marziale ha bisogno del totale impiego dell’energia per l’applicazione di una tecnica, perciò la mente, il corpo e le stesse tecniche devono essere dirette all’obbiettivo, mantenendo prima, durante e dopo, un completo stato di equilibrio fisico e mentale. Necessita di un’azione istantanea per applicare le tecniche e questo viene definito “kime”. Le tecniche del Fu-Shih Kenpo si trasmettono da maestro a discepolo, tramite il Kihon, i kata e le loro applicazion pratiche. Coloro che insegnano o praticano Fu-Shih Kenpo come arte marziale, parlano di dojo, Kenpo-gi, Sensei, Gakushi, Junshi, renshi, Kyoshi, o Hanshi. Al contrario, chi lo insegna o lo allena come un sport, parla di palestra, uniforme, allenatore e allievo.

KATA Per praticare correttamente il kata, ogni singolo movimento deve essere ripetuto più volte, memorizzando il principio e vivendolo fino a sentirlo davvero, mettendo l’attenzione sulla giusta posizione, sugli spostamenti, sulla difesa e il contrattacco. Dobbiamo anche tener conto della nostra condotta marziale, dello sguardo, dell’equilibrio, della velocità, della forza, della coordinazione, ecc. Dopo verranno collegate le diverse combinazioni che contengono tutto questo, fino ad ottenere la sufficiente resistenza che permetta al praticante di realizzare integralmente le forme, conservando intensità di rendimento dall’inizio alla fine. Tutto questo è possibile, comprendendo l’idea e i concetti di un Kata, che porti il praticante a un continuo allenamento, serio e responsabile. Se la respirazione è corretta, aiuterà a regolare il flusso dell’aria e a sincronizzarlo con la ripetizione del movimento o della tecnica. Non si devono eseguire i movimenti memorizzati, prestabiliti, senza rendersi conto ciò che si sta facendo. La pratica dei kata deve essere approfondita dalla conoscenza dei principi del Fu-Shih Kenpo.

“Per praticare correttamente il kata, ogni singolo movimento deve essere ripetuto più volte, memorizzando il principio e vivendolo fino a sentirlo davvero”


La mente deve essere chiara, recettiva e tutti i movimenti si devono effettuare in maniera naturale, evitando la rigidità. Questo si definisce “kime”, o punto focale. Si raggiunge rilassando

impariamo a controllare sufficientemente il sistema nervoso, ma tutto dipende dal livello di impegno che abbiamo davanti. Alcuni permettono di disimpegnarci senza

Quando il Kata è eseguito da una persona ben allenata, la sua dinamica e la bellezza dei suoi movimenti diventa estetica, potente e convincente per la sua elevata qualità.

la muscolatura per ottenere velocità nell’azione riflessa e contraendo solo nel preciso momento dell’impatto con l’obbiettivo. Ying/Yang, Drago/Tigre, rilassato/contratto. La concentrazione è vitale, se uno si concentra su una sola cosa può essere sicuro di raggiungere il suo scopo. Per dominare i nervi e dare spazio alla tecnica, bisogna mantenere la tranquillità. Ma sappiamo tutti che questo non è per niente facile. Ho parlato con grandi professionisti e tutti sono d’accordo che è praticamente impossible evitare di essere in qualche modo nervosi in determinati momenti. Con l’allenamento e l’esperienza, tutti

essere in alcun modo nervosi, altri lo siamo un pò di più e in certe occasioni...molto di più. Bill Wallace, per esempio, a volte mi ha detto che era sempre nervoso prima dei suoi incontri di Full Contact, ma lo credeva un aspetto positivo. I kata devono essere movimenti pieni di energia, non devono essere fini a se stessi e devono dimostrare potenza, forza penetrante. Devono far si che lo spettatore, che sia un praticante di arti marziali o meno, rimanga impressionato, affascinato e inoltre deve anche consentire di comprendere ciò che stiamo cercando di dimostrare. L’arte in quanto tale, se non si sente, non si può trasmettere.

Il kata non è una semplice serie estetica di tecniche, la sua esecuzione rappresenta un combattimento e anche se molti artisti marziali sono attratti solo dal combattimento e pensano che l’allenamento dei kata non sia utile per uno scontro reale o sportivo, si stanno sbagliando di brutto. L’allenamento dei Kata o Forme racchiude un sacco di valori unici e necessari per tutti gli autentici artisti marziali. Ci for niscono coordinazione, destrezza, repertorio tecnico, concentrazione, forza, resistenza ecc... e se padroni di tali movimenti li metterete in pratica durante un combattimento, allora vedrete i vostri risultati.


Grandi Maestri







Yoga & Kyusho Kyusho (il punto vitale) dello sviluppo energetico “Postura Pelvica” Katikasana Nella postura “Seduta Primordiale” Raja Purasana nella quale ci siamo concentrati ad assestare la Kundalini attraverso la parte posteriore delle gambe e il Chakra radice, abbiamo scoperto un aspetto stimolante degli esercizi. La postura seduta, aiuta a consolidare l’energia in maniera che non provochi possibili effetti collaterali. Una volta che la Kundalini è salita, abbiamo una nuova chiarezza, coscienza ed energia. Le vecchie calcificazioni sono sbloccate e siamo un’altra volta come nuovi, specialmente dopo esserci totalmente assestati. Ora abbiamo un

nuovo inizio all’insegna dei vecchi blocchi eliminati e delle vie energetiche che fluiscono con maggior efficacia. Adesso siamo in grado di notare, assorbire e sentire le sottili variazioni e differenze di energia negativa della terra e di energia positiva del sole che circolano attraverso il nostro corpo. Questa è una nuova capacità, dal momento che abbiamo decalcificato i nostri sistemi e siamo più coscienti e in sintonia con l’abbondante e costante flusso delle energie. Questa opposizione di energie è quella che crea una fonte più generosa e un magazzino per la nostra energia personale e la nostra personalità. Quando una persona possiede un’energia bloccata o calcificata, prova come una restrizione e/o un sovraccarico emozionale. Questo a sua volta porta alla tensione, all’ansia, al pensiero irrazionale o confuso, ad un

malfunzionamento fisiologico che, dunque, significa una cattiva salute fisica e spirituale. Ciò influisce sui rapporti e sul rendimento nella misura in cui iniziamo a trascurare, ad isolarci o ad abusare di coloro che ci circondano o di noi stessi, perché siamo in una fase di prematura decadenza. Questo può trasformarsi in una spirare negativa, visto che le nostre motivazioni e il nostro entusiasmo diminuiscono sempre di più. Il viaggio nelle profondità dell’Arte dello Yoga apre l’individuo, rompe le calcificazioni e ci porta verso una coscienza rinnovata, come ben sapete. Tuttavia, un aspetto fondamentale è che una volta liberata questa energia rancida o malefica, che viene bruciata e i focolai sono sotto controllo, siamo pronti per rinnovarci con le fresche vibrazioni della terra, del sole e di tutte le entità e manifestazioni naturali. L’ordine nel quale


assorbiamo la nuova energia è cruciale, perché andrà a determinare il risultato della nostra nuova personalità. Cominciare con l’energia negativa ci aiuterà a ottenere un’essenza più tranquilla e consolidata, che a sua volta provocherà meno stress e una più efficiente funzionalità. Al contrario, se partiamo prima dall’assorbimento della nuova energia positiva, potremmo arrivare ad sentirci più ansiosi e cominciare un’altra volta a sviluppare dei blocchi o delle calcificazioni. Allo scopo di raggiungere ciò, guardiamo alla terra come principale fonte di energie negative, la stessa terra. Quando lavoriamo nello Yoga, la nuda terra è la fonte migliore, ma non sempre è possibile trovarci in questo ambiente a causa del clima o del contesto locale. Perciò, a volte, bisogna provare a lavorare su superfici di legno o di pietra, con un rivestimento morbido di cotone se è possibile. Vogliamo essere più naturali e vicini alla terra possibile, per assorbire le migliori vibrazioni in armonia con la natura. Se ciò non è fattibile, le posizioni assolveranno comunque ai loro scopi, magari non così velocemente, efficacemente e profondamente.

che fluisce. Questa energia si percepirà più lentamente e con oscillazioni più grandi tra le onde che fluiranno con sempre maggior forza. Siccome questa si incontra con l’energia negativa nel perineo, sentirete che entrambe cominceranno a muoversi circolarmente, con la positiva sulla superficie della parte inferiore dell’addome e la negativa che inizia la rotazione dall’osso sacro. Provando queste due vibrazioni a spirale in questa maniera (simile al simbolo cinese di Yin e Yang), sentirete che dopo si espanderanno in tutta l’area pelvica interna. Il mantenimento di questa spirale che fluisce è possibile per tutto il giorno, durante il lavoro, la meditazione, o l’esercizio dello yoga. Questo nucleo interno non deve essere trattenuto o costruito, piuttosto deve essere allenato per aumentare i flussi di tutto il corpo in maniera spontanea e non controllata. Noi cerchiamo soltanto di prendere coscienza di questa esistenza, per poter arrivare ad essere più coscienti di entrambe le energie e dei loro percorsi naturali.

“Postura Pelvica” Katikasana

Prima di adottare la postura arcuata, inspirate lentamente e profondamente per sentire le vibrazioni e il peso nella parte posteriore delle gambe e al suolo. Poi espirate altrettanto lento e profondo in modo da rilassare tutto il corpo, quindi, sollevate il bacino e tirate verso l’alto dall’ano e dalla base del perineo. Questo servirà per tirare l’energia dalla terra alle piante dei piedi e alla regione pelvica inferiore. Quando iniziate a espirare, inclinate la testa più all’indietro e stirate lentamente dalla fronte all’addome, poiché adesso andiamo ad inspirare lentamente. Sentite che il respiro e le vibrazioni lavorano dal sesto al primo Chakra, dove le due energie espanse si riuniranno. Mantenete questa posizione arcuata, inspirando e espirando sentite il flusso completo e continuo di energia positiva e negativa che dunque inizia a girare. Mantenete la postura quando l’energia a spirale si espande riempiendo la struttura del bacino di una qualità sferica tridimensionale. Siate coscienti della velocità variabile e delle frequenze vibrazionali che iniziano e alimentano la spirale energetica. Lavorate lentamente per sviluppare questa capacità e la conoscenza delle qualità vibrazionali che entrano dai due poli, conosciute e unite circolarmente nello schema universale. Nel caso, non solo sarete capaci di mantenere tale sensazione durante tutto il giorno e nelle attività quotidiane, ma sentirete anche la loro presenza in voi e la loro assenza negli altri. Vi state trasformando in autentici illuminati.

Cominciamo questo circuito di rivitalizzazione con le piante dei piedi e la loro connessione alla terra. Permettiamo che l’energia negativa della terra entri nella pianta dei piedi, per poi salire dalla parte interna della gamba verso il perineo o il Chakra radice. Mentre ci estendiamo in questa posizione, sentiremo che la gamba e l’interno coscia si stirano e la parte posteriore delle gambe che si contrae per inibire il flusso di energia. Mentre stirate, tirate verso l’alto dalla base perineale e dall’ano per fare in modo che le energie fluiscano verso terra. Prestate attenzione all’influenza che il sollevamento del perineo esercita sulla qualità vibrazionale dell’interno coscia e di tutta la struttura pelvica. Sentite le sottili sfumature e siate coscienti di esse, per confrontare l’essenza con le energie positive che entrano simultaneamente nel terzo occhio e fluiscono verso il basso, fino ad unirsi con il Chakra radice. Queste energie negative si sentiranno molto velocemente nella vibrazione e anche negli aspetti vibrazionali. Mentre il corpo arcua la schiena e chiude i canali energetici della colonna vertebrale, Shushuma, Ida e Pingala, iniziate ad arcuarvi dalla parte frontale delle gambe e continuate fino a che la parte inferiore dell’addome, lo stomaco, la gola e il petto siano davanti all’arco della schiena, per stendere, assorbire e permettere che le energie positive scendano ad aprire i chakra dal sesto al primo. Nel frattempo che arcuate e aprite la parte superiore del corpo in questo modo, siete consapevoli della sensazione vibrazionale di questa energia positiva

Respirazione e intenzione.

Prossima Posizione 17 “Postura Addominale” Vajrolyasana


Yoga & Kyusho

Testo: Evan Pantazi Istruttrice di Yoga: Carolina Lino - Ponta Delgada, Azzorre Foto: Tiago Pacheco Maia - Ponta Delgada, Azzorre


Leandro Bocchicchio intervista i responsabili della YARINOHANZO casa produttrice di Katana Cintura Nera: Che cos’è Yari No Hanzo e come nasce questa idea? Francesco Buffini: Yari No Hanzo era il soprannome di un guerriero nato e vissuto nel medioevo giapponese che si chiamava appunto Hattori Hanzo, reso celebre dal film Kill Bill. Nel film veniva presentato come un forgiatore di spade, ma in realtà era un guerriero. Yari No Hanzo era il soprannome dovuto alla sua abilità nell’uso della lancia, Yari in giapponese, quindi significa letteralmente “Hanzo della Lancia”. Il nostro è un progetto che nasce dalla necessità di offrire un qualcosa di diverso ai tanti appassionati, ma che era assai difficile da trovare, ovvero prodotti specifici per Arti Marziali Giapponesi. C.N.: Da dove scaturisce questa passione per il mondo del Sol Levante e in particolar modo per le spade giapponesi? Alessandro Pizzo: La nostra passione nasce dal Dojo, dove ci siamo incontrati per la prima volta rimanendoci subito abbastanza simpatici. Allora io facevo un lavoro commerciale ma la mia passione per le arti marziali era molto grande. Da quel momento sono passati 10 anni e guardando indietro abbiamo fatto molte cose. Yari No Hanzo, come diceva Francesco, nasce dall’esigenza di dare un prodotto solido e affidabile al praticante di Arti Marziali che in quel momento aveva come strumento di maggior uso una spada di bassa qualità e pagata a caro prezzo.

Quando abbiamo intravisto uno spazio utile in cui poter fare cultura e anche un lavoro etico e apprezzabile per la comunità marziale, non abbiamo esitato un attimo. C.N.: Francesco, visto il vostro legame con la pratica marziale, come influenza quest’ultima lo sviluppo della vostra attività in termini di ricerca di materiali, pezzi e quant’altro la caratterizza? F.B.: Beh, io pratico Arti Marziali da circa trent’anni e utilizzando quotidianamente armi e gli attrezzi a loro connessi mi rendo conto di quello che manca, o di ciò che è necessario per migliorarli. In definitiva sfrutto la pratica per migliorare la qualità dei prodotti da offrire. C.N.: Per la ricerca di quella qualità di cui parlava Francesco, vi recate molto spesso in Giappone. Ogni quanto ci andate? E quando siete là su cosa vi concentrate in particolare? A.P.: Noi ci andiamo tutti gli anni, anche più di una volta all’anno.

Dobbiamo prendere spunto e iniziativa da un certo tipo di produzione, nel senso che l’oggetto giapponese è ciò da cui prendiamo la maggior parte delle ispirazioni, perché la manifattura nipponica, nello specifico della Katana, ha un rilievo storico e artigianale molto importante. Quello che c’è da dire è che noi oltre a ricevere spunto da tutto questo, ci basiamo sul feedback positivo che riceviamo da tutti i marzialisti di una certa esperienza, sia a livello locale che internazionale, per avere gli input sufficienti su cui poter lavorare. Molti di loro ci danno suggerimenti, per esempio, sulle misure e sebbene non possiamo soddisfare tutte le esigenze, queste opinioni convergono per formare alla fine un oggetto che in taluni casi si differenzia. Infatti abbiamo più di sessanta modelli a disposizione in catalogo, dal prodotto più “ruffiano”, che va bene per qualsiasi genere di pratica, a quello più specialistico. C.N.: Nei viaggi in Giappone, oltre a curare la ricerca artigianale dei


Intervista

vostri pezzi, riuscite ad avere tempo per approfondire la pratica, magari attraverso personaggi importanti legati alle vostre discipline di appartenenza? F.B.: I viaggi in Giappone sono iniziati prima della nascita della Yari No Hanzo proprio per la pratica. Andavamo a studiare da Masaaki Hatsumi, Soke della Bujinkan, e successivamente abbiamo unito le cose visitando musei e collezioni private per trarre spunti su cosa realizzare per la Yari No Hanzo. Comunque tutto è nato prima, dalla pratica stessa. C.N.: Che cosa vi impressiona di più del mondo giapponese, dal momento che sono molti anni che ormai lo frequentate e ha influenzato il vostro percorso di vita e professionale? F.B.: Principalmente io sono legato al Giappone per via delle Arti Marziali. Quello che ammiro di più è la dedizione totale all’Arte e la ricerca maniacale della perfezione. A.P.: Beh, la penso come il mio collega in quanto la ricerca della perfezione è un modo di vivere, oltre che un punto di riferimento nelle Arti Marziali. Sicuramente nel mio primo

viaggio r i m a s i impressionato dall’incontro tra tradizioni antiche e modernità. Un’integrazione unica tra entrambe le realtà, con in più la perla della ricerca dell’estrema perfezione nel dettaglio di qualsiasi cosa. C.N.: Che cos’hanno di così particolare, o meglio, qual è il segreto della forgia che rende così speciali le spade giapponesi? A.P.: La storia delle spade giapponesi è davvero vasta e qui non posso certo dilungarmi troppo. Posso si dirti cosa facciamo noi sulle nostre spade per renderle così qualitative. Anzitutto ci tengo a chiarire che noi seguiamo la costruzione della spada a partire dall’idea. Una volta visti i vari modelli a cui ci ispiriamo, essa viene sviluppata su un computer qui in Italia e disegnata in tutte le sue geometrie, vengono scelte le qualità dei materiali e selezionate per la forgia in Cina. Queste spade vengono realizzate in Cina perché sono comunque repliche di Katana, è doveroso sottolinearlo per rispetto degli specialisti. Fin dall’inizio abbiamo sempre cercato di rendere i pezzi più simili e conformi agli originali. Siamo

partiti dieci anni fa da pezzi abbastanza semplici per arrivare ad alcuni con montature tipiche particolari utilizzate in alcune scuole antiche di Iaido, l’estrazione della spada giapponese. Una volta che la spada è in fase di forgiatura, sviluppiamo le nostre idee seguendole personalmente o attraverso dei nostri funzionari di fiducia, cercando di accompagnare la produzione dal primo all’ultimo elemento di ogni prodotto, in modo che arrivi perfetto al destinatario. Inoltre, quando il pezzo giunge nei nostri magazzini in Europa, esso subisce 10 controlli accurati in modo che vengano eliminati i difetti residui dovuti alla forgiatura artigianale, rigorosamente fatta a mano. Nessuno dei nostri oggetti viene fatto tramite procedure meccanizzate o di tipo industriale. Il solito oggetto del medesimo modello può avere una tolleranza di differenza di circa il 2%. Approfitto di questa intervista per affrontare, tra le altre cose, un argomento che ci viene sottoposto spesso sul nostro sito o alle varie fiere: per il mercato italiano non disponiamo di


questo caso si nota subito la differenza tra i due pezzi: lo Tsukaito deve essere avvolto saldamente all’impugnatura, cosa che non accade nella spada di qualità inferiore, perché non deve muoversi durante la pratica, o peggio sciogliersi. Con le nostre spade questo non accade. Come dicevo prima, il Saya deve bloccare la lama e scuotendola deve rimanere ben dentro il fodero (ci mostra come). Queste sono soltanto due delle cose che vengono più richieste dai praticanti di Iaido. Poi c’è il “suono” della lama e ho portato un campione per far capire meglio cosa voglio dire. (Segue una dimostrazione in cui Francesco esegue dei movimenti con una lama di bassa qualità, che non produce alcun suono, e una di loro recente fabbricazione che invece emette un sibilo netto e pulito).

lame affilate, perché la legge italiana al momento non consente l’introduzione sul territorio di quest’ultime, di conseguenza questa è la nostra policy. C.N.: Francesco, vedo che con te hai una spada. Ce la puoi descrivere nei suoi dettagli? F.B.: Questa in particolare non è una Katana, ma uno Iaito, una lama da Iai per le estrazioni. Questa qui è caratterizzata da un bilanciamento spostato verso la Tsuba (la guardia) e da una lama molto leggera. La caratteristica principale di tutte le lame che proponiamo, dalla più economica alla più cara, è che sono forgiate e polite, cioè lucidate, a mano. Tutte le impugnature, le Tsuka, hanno l’anima in legno, a differenza di quanto si trovava in commercio negli anni ’80 e ’90 dove queste erano in plastica. Sopra l’anima di legno viene applicata la tradizionale pelle di razza, o Same, e in questo caso lo Tsukaito, cioè la fasciatura dell’impugnatura è in cotone, ma può essere anche in seta, o di pelle, o di poliestere. Il Sageo (fettuccia di cotone intrecciata

secondo vari tipi di trame e di svariati colori e tipologie) in questa spada è originale giapponese, ma in alcuni casi può essere cinese e quindi più morbido, di una qualità che comunque va bene per la pratica. La cosa importante per la pratica stessa, è che le nostre Katana sono realizzate in modo da evitare certe problematiche. Ad esempio, uno dei classici problemi che si riscontrano è rappresentato dal fatto che rivoltando la katana verso il basso la lama esce, senza che il Saya (il fodero) la blocchi adeguatamente. (Tira fuori un campione di Katana che presenta tale difetto) C.N.: Ci puoi dunque far capire le differenze sostanziali tra una Katana buona e meno buona e anche alcune delle qualità fondamentali per poterla considerare davvero valida? F.B.: Quello che vedete qui è un prodotto vecchio, di quelli che si trovavano 20/30 anni fa, quando ho cominciato a praticare e che mi ha spinto a cercare delle novità (mostrandoci il campione di cui sopra e uno invece di pregevole fattura). In

C.N.: Ci puoi spiegare qual è il fattore che determina l’emissione del “suono” della lama? F.B.: Esso dipende dalla geometria della lama, dalla sua curvatura e soprattutto dal Bohi, la scalanatura che viene erroneamente conosciuta da tutti come “scola sangue”, ma che in realtà altro non è che una decorazione della lama che serve anche ad alleggerirla. C.N.: Quindi una buona spada deve produrre un bel suono o c’è altro che deve possedere per poter essere ritenuta tale, o di livello superiore? F.B.: Si, la qualità stessa dipende dal fatto se la lama è dritta, se questa è stata forgiata in maniera corretta, se rispetta le geometrie e le forme. Se la spada è stampata, specialmente se lo è la lama, essa non suonerà, con o senza Bohi. C.N.: Vi ringrazio per averci concesso questa intervista. Avete qualcosa in particolare da dire ai nostri lettori? A.P.: Sinceramente vorrei solo dire di continuare a praticare con passione e li saluto tutti, così come saluto e ringrazio voi per questa intervista. F.B.: Io mi unisco ai saluti e li invito a seguirci sul nostro sito internet e sulla nostra pagina Facebook.








Tomahawk

“Spero che questo breve articolo vi ispiri ad avvicinarvi al combattimento con ascia e tomahawk e magari anche a volergli dare un’opportunità!”

IL CONCETTO DI LOTTA CON L’ASCIA E IL TOMAHAWK LA VIA DEL GUERRIERO HYPERLINK "http://WWW.TOMAHAWKCOMBAT.COM" WWW.TOMAHAWK-COMBAT.COM Nell’articolo di questo mese voglio offrire ai miei lettori una prospettiva sull’affascinante Arte Marziale con ascia e Tomahawk e magari consentire l’accesso a un sistema che sicuramente apprezzeranno in un futuro a lungo termine. Facendo di necessità virtù, ho ideato il mio sistema – il TCS Concept Fighting con Ascia & Tomahawk. Spero che questo breve articolo vi ispiri ad avvicinarvi al combattimento


Difesa Personale con ascia e tomahawk e magari anche a volergli dare un’opportunità! La ragione per la quale tempo fa ho iniziato a praticare il combattimento con l’ascia è piuttosto semplice. Volevo rivivere l’emozione di maneggiare questa antica ed efficace arma della nostra cultura in chiave moderna e permettere così che i miei allievi si potessero avvicinare ad essa.

Le differenze Che cosa distingue le antiche asce da guerra dalle nostre armi moderne? Naturalmente la forma, le dimensioni e il materiale. Le armi di oggi, come il Tomahawk che abbiamo sviluppato, sono più leggere e più pratiche e per questo possono essere utilizzate efficacemente nel combattimento corpo a corpo. L’ascia si può reperire con grande facilità, il che fa si che sia una grande arma di scorta per il personale militare. Nel mio sistema insegno l’uso con una sola mano e con vari stili di presa, le asce doppie, ascia e coltello, ascia e cintura e doppia ascia


Tomahawk

lunga. Questa varietà consente al professionista di scegliere tra una serie di opzioni. Imparare a lavorare con due armi aiuta anche a saper usare la mano più debole.

Il sistema Il TCS Fighting Concept con Ascia & Tomahawk è il mio modo personale di vedere gli scontri con l’ascia. Le lezioni sono strutturate in maniera sistematica e sensata. Offriamo una serie di livelli per praticanti principianti, intermedi e avanzati. I livelli più alti si basano su quelli più bassi, il che garantisce un sicuro e duraturo apprendimento. Ogni livello si concentra su determinati contenuti insegnando dunque i principi, così come gli elementi tattici e strategici per il combattimento. Perché “Concept”? Così come tutti i nostri sistemi, utilizziamo l’etichetta “Concept” per dimostrare che il combattimento con l’ascia può essere insegnata come un sistema integrale.

Tecniche di Ascia Tutte le tecniche dipendono dal tipo di presa, dalla misura, dalla forma e dal peso dell’ascia che si utilizza. Le opzioni sono tagli, colpi, colpi a martello, colpi a martello combinati con strappi, pugnalate combinate con strappi, colpi di punta, piccoli tagli, afferraggi, bloccaggi e le manipolazioni con l’ascia e l’uso della lama come un gancio.


Difesa Personale “Oltre alla vasta gamma di applicazioni per il corpo a corpo, l’asse dell’ascia si può utilizzare con efficacia per le tecniche non letali, come il bloccaggio, il soffocamento, la manipolazione, tirare e spingere”

Contenuti dell’allenamento Oltre agli aspetti tecnici insegniamo anche i principi, i concetti, le tattiche e le qualità corrispondenti. I Contenuti dell’allenamento sono tattiche, allenamento della distanza, modi di portare l’ascia, impugnature, la postura, modi di colpire, applicazioni, allenamento in gruppo a mani nude, strangolamenti, difesa e contrattacco, difesa contro armi affilate, difese contro armi spuntate, difesa contro attacchi con armi da fuoco o fucili, concetti e applicazioni di disarmo, prese, lotta a terra, lotta anti controllo, esercizi energici, flusso di attacco, esercizi per il combattimento, esercizi che sviluppano le capacità, manipolazione del corpo.

Combattimento corpo a corpo A differenza del coltello, l’ascia si può usare in maniera molto più flessibile. Caratteristiche tali come agganciare, tagliare, bloccare, pungere, afferrare, controllare e sottomettere dimostrano

chiaramente i vantaggi dell’ascia, specialmente per situazioni estreme come, per esempio, gli attacchi a mano armata. Non dimentichiamoci che tutte le armi del corpo (le tecniche che usano mani, gomiti, gambe, ginocchia e testa) sono strumenti essenziali per il corpo a corpo e pertanto per la lotta con l’ascia.

Uso Tattico Oltre alla vasta gamma di applicazioni per il corpo a corpo, l’asse dell’ascia si può utilizzare con efficacia per le tecniche non letali, come il bloccaggio, il soffocamento, la manipolazione, tirare e spingere. L’aggressore non deve essere per forza ferito gravemente, e questo è un chiaro vantaggio dell’uso dell’ascia. Questo fa si che l’ascia sia uno strumento molto interessante per il suo impiego nell’esercito e magari anche per alcune situazioni quotidiane.

L’addestramento degli Istruttori Per il momento, stiamo costruendo e promuovendo il sistema, perciò offriamo

una formazione rivolta alla pratica per istruttori di TCS Concept Fighting con ascia e Tomahawk. La nostra priorità è la più alta qualità nell’insegnamento. Offriamo corsi speciali in seminari intensivi. Il programma di allenamento altamente professionale, si basa in un piano di studi interessante, che contiene lo sviluppo delle abilità tecniche, tattiche, le componenti mentali, oltre che i principi e le metodologie.

In sintesi Per me, l’ascia è allo stesso tempo una parte importante nella via del guerriero e un’antica arma europea. Sono sicuro che stiamo assistendo alla rinascita di quest’arma, che sicuramente troverà il posto che merita nel mondo delle Arti Marziali. Per maggiori informazioni visitate: HYPERLINK "http://www.tomahawkcombat.com" www.tomahawk-combat.com Foto: Thomas Suchanek Scritto da: Peter Weckauf & Irmi Hanzal, Thomas Schimmerl


Tomahawk

“A differenza del coltello, l’ascia si può usare in maniera molto più flessibile”


“Non dimentichiamoci che tutte le armi del corpo (le tecniche che usano mani, gomiti, gambe, ginocchia e testa) sono strumenti essenziali per il corpo a corpo e pertanto per la lotta con l’ascia�


Tomahawk







Non è così lontano il tempo in cui la diffusione delle notizie per il mondo, a confronto con oggi, avveniva lentamente e quasi esclusivamente di bocca in bocca. Non c’è da stupirsi, visto che allora non esistevano le moder ne possibilità di comunicazione come internet e la telefonia, e questo vale anche per il mondo delle arti marziali. Un mezzo di comunicazione importante per confrontare novità e capacità erano già a quei tempi gli eventi come, per esempio, i tornei o gli incontri tra maestri.


Ma nonostante i media di comunicazione all’avanguardia, l’Hung Gar Kung Fu originale del monastero Shaolin del Sud, è e sarà un’arte che si può imparare e tramandare esclusivamente attraverso i movimenti del corpo. Non è così strano, perché nella KUNG FU SCHULE MARTIN SEWER gli incontri al di fuori del normale orario di allenamento, sono sempre stati una componente fondamentale. La KUNG FU SCHULE MARTIN SEWER, diretta dal GM Martin Sewer, legittimo successore di Chiu Chi Ling, è considerata una delle scuole più attive che esistono e offre ai suoi allievi numerosi eventi nel corso di tutto l’anno. Il culmine ovviamente è costituito dai seminari ricchi di insegnamenti di Hung Gar, che consentono ai praticanti di tutto il mondo, vogliosi di imparare, di fare dei veri balzi in avanti nelle proprie qualità nel Kung Fu. La base è formata da piccoli e grandi seminari sulle posizioni fondamentali, sulle prime forme, come ad esempio la Yap Moon Kuen e i relativi approfondimenti. Naturalmente, più avanti, non possono mancare seminari sul combattimento con le armi, come per esempio il bastone, la sciabola, o il Nunchaku, che rappresentano una piccola parte delle innumerevoli armi a disposizione nel bagaglio dello Shaolin Hung Gar Kung Fu (spesso si sente parlare delle 18 armi di Shaolin, ma dobbiamo tener conto che il “18” ha un suo significato nel buddismo e si interpreta come “tanto” o “numeroso”). Se osserviamo minuziosamente il piano annuale della scuola, scopriremo che insieme ai seminari di base ci sono le varie visite personali del direttore della scuola e Gran Maestro, Dr. Martin Sewer, nelle quali egli mette a disposizione dei suoi praticanti ed istruttori una profonda visualizzazione della continuità dell’insegnamento nell’Hung Gar Kung Fu. Particolarmente degni di menzione sono soprattutto i famosi seminari sugli stili degli animali, dei quali il Maestro Martin Sewer ne organizza quattro all’anno. Ma questo, ovviamente, non è tutto! Il Camp di Pentecostes per esempio, nei suoi 20 anni di storia della scuola, si è rivelato come uno degli eventi più attesi dagli appassionati praticanti di Kung fu. Nell’ultimo Camp (Giugno 2014) la sua fama si è rafforzata, grazie al fatto di essere stato uno dei più riusciti di sempre! Non è raro che poco dopo l’apertura delle iscrizioni, ogni anno, i posti siano già al completo. Di una simile fama leggendaria gode anche l’annuale Camp autunnale, che si svolge verso la fine dell’anno in Asia. Come è avvenuto anche nell’ultimo di questi, gli iscritti hanno partecipato pieni di energia all’impegnativo allenamento, sotto la direzione del Gran Maestro Martin Sewer e dei suoi istruttori, dedicandosi al 100% alla loro arte. In questo Camp è prevista una pratica giornaliera di 6 ore e mezza. E per diversi giorni consecutivi! 6 ore e mezza di allenamento nelle quali il praticante si concede esclusivamente alla propria passione per l’Hung Gar Kung Fu e migliorare così le proprie capacità. Subito dopo, non di rado si sente dire dagli allievi: “E’ stata un’esperienza semplicemente incredibile e stancante vissuta con i miei ‘fratelli di Kung Fu’ e il mio Sifu. Ma ne è valsa la pena. Sono avanzato come non mai e ho imparato un sacco di cose. Non mancherò anche la prossima volta!”. Secondo Martin Sewer, “Sia gli eventi, che i seminari o i nostri camp, sono molto importanti per la formazione e la coesione della scuola. Sebbene ciascuna delle nostre lezioni sia un’esperienza unica e positiva per l’allievo, noi esseri umani tendiamo ad adagiarci nella


routine quotidiana. Attraverso i seminari e gli eventi è possibile, in quanto appassionati di Hung Gar, lasciar “fuori” la routine giornaliera per alcune ore o interi giorni e concentrare tutta la nostra attenzione sull’arte – così tutti godiamo di momenti stupendi e gli allievi provenienti da luoghi differenti possono conoscersi e divertirsi assieme”. Probabilmente, il più grande evento nel calendario della KUNG FU SCHULE MARTIN SEWER è l’Evento MEGA. Originariamente nacque come una piccola festa per celebrare il compleanno del Gran Maestro Martin Sewer, poi col tempo si è evoluto in un gran galà di Kung Fu – naturalmente con vestiti da gran sera. Allievi, amici maestri, così come giornalisti a tutti i livelli, vengono invitati per festeggiare con la scuola questo evento e onorare il compleanno di Martin Sewer, con esibizioni di team che offrono ai presenti il loro Kung Fu in questo scenario. Nel segno di un grande ritrovo, si informano i partecipanti sullo stato della scuola e la sua organizzazione, si consegnano riconoscimenti e onorificenze, si fanno presentazioni, si aggiornano allievi e ospiti sull’attuale situazione della scuola, quali sono i prossimo obbiettivi e come si intende conseguirli. Inutile dire che il denso programma viene interrotto soltanto da una cosa: lo squisito buffet che esce dalle cucine del lussuoso hotel nel quale si tiene l’Evento MEGA*. Dunque, vediamo che nella KUNG FU SCHULE MARTIN SEWER non mancano le attività straordinarie. Ma tor niamo alla dichiarazione di inizio articolo.


Forse proprio perché oggi le possibilità di comunicare con i media moderni sono immense, è comunque importante incontrarsi “dal vivo” con gente interessante e di successo per scambiarsi delle opinioni. Sia che questo avvenga ad uno dei brevi seminari del venerdì sera o all’Evento MEGA. Prima di tutto vogliamo che ogni allievo della KUNG FU SCHULE MARTIN SEWER, attraverso l’Hung Gar Kung Fu originale, abbia successo nella sua vita e come scuola abbiamo il proposito di offrire, tramite i nostri seminari ed eventi, quante più piattaforme disponibili affinchè i nostri praticanti, nel loro percorso di vita, possano confrontarsi tra loro in maniera rapida ed efficace. Perché in fin dei conti quello che ci interessa, come diciamo sin dall’inizio, è che l’Hung Gar venga imparato efficacemente. Ovvero “dal vivo”.


Pacchetto informativo: Tieniti informato sulle attività e gli eventi del Gran Maestro Martin Sewer e della KUNG FU SCHULE MARTIN SEWER. Scrivi una e-mail a HYPERLINK "mailto:info@shaolin.ch" info@shaolin.ch e iscriviti alla nostra newsletter. Non perdetevi nessuno dei prossimi eventi: 23.08.14/ Scuola Zurigo/ Tecniche del serpente per il combattimento. Seminario 29.98.14/ Scuola Zurigo/ Posizioni base e spostamenti nell’Hung Gar 06.09.14 fino al 19.10.14/ Hong Kong & Cina/ Camp Autunnale 22.11.14 Zurigo/ Evento *MEGA & compleanno del Gran Maestro Martin Sewer 06.12.14/ Scuola Horgen/ Esami ufficiali & Torneo Shaolin Masters.

*EVENTO MEGA HYPERLINK: "http://youtu.be/EiivccExhI0"YouTube: Naturalmente, anche quest’anno avrà luogo l’Evento MEGA! L’esperienza ha messo in evidenza che quanto più si aspetta, tanto più è difficile reperire uno degli ambiti biglietti di ingresso. Se volete celebrare con noi questo evento internazionale di Kung Fu, non esitate a iscrivervi attraverso il comitato organizzatore e a prenotare il vostro biglietto: HYPERLINK "mailto:alex@shaolin.ch" HYPERLINK "mailto:alex@shaolin.ch" alex@shaolin.ch. Tagliandi disponibili fino ad esaurimento.





Weng Chun Il Weng Chun per bambini e ragazzi. Una scuola di vita! Il Weng Chun Kung Fu è una scuola di autodifesa e di combattimento magnificamente concepita, ampiamente riconosciuta dagli esperti. Tuttavia, rappresenta anche un sistema educativo altamente sofisticato per lo sviluppo del carattere di bambini e ragazzi, cosa che è stata poco considerata fino ad ora.

I bambini al giorno d’oggi La vita quotidiana dei bambini e dei giovani al giorno d’oggi, è caratterizzata dall’avere sempre tutto a portata di mano, così da poter raggiungere velocemente i propri scopi e soprattutto non perdere alcuna informazione (che lo riguardi o meno). La nostra percezione è esposta a una costante valanga di informazioni attraverso stimoli visivi e acustici e l’esperienza pratica diretta viene soppiantata dalle realtà virtuali. I bambini e gli adolescenti di oggi optano per avere esperienze indirette o secondarie attraverso la televisione, i videogames, le chat, ecc., non partecipando in prima persona, anima e corpo, alla realtà. Pertanto, molti bambini e giovani moderni sono quasi incapaci di realizzare anche delle sequenze

Testo: Jan Schulz, Christoph Fuß Foto: Gabriela Hoffmann


Sifu Andreas Hoffmann di movimenti alquanto elementari. Non godono di un buono stato fisico e in quanto a pazienza e a capacità per cose di una certa complessità, non sembrano essere molto persistenti. Inoltre, molti bambini di oggi diventano aggressivi e solitari e appaiono privi di orientamento, perchè il loro stile di vita si relaziona sempre meno con ciò di cui ha bisogno un adolescente: un equilibrio adeguato tra tensione e rilassamento, socializzazione e privacy; lavoro e ozio, richiesta e stimolo, dipendenza da se stessi e supervisione, per poter così assicurare che si sviluppino in maniera salutare.

Il Weng Chun Kung Fu – un tesoro educativo Il Weng Chun Kung Fu offre ampie possibilità per bambini e adolescenti, per fare in modo che diventino persone sane e istruite. Ci sono cose da imparare a tutti i livelli: la funzione motoria, la salute mentale ed emozionale, così come le capacità sociali e intellettuali. In primo luogo, l’addestramento continuo nel Weng Chun ha una grande e positiva influenza sullo sviluppo fisico e sull’aumento di una buona salute. Questo è dovuto all’influenza dello Yoga e del Chi Gong, ovvero, l’allenamento congiunto con base nel reciproco rispetto, stimola lo sviluppo delle qualità sociali e aiuta a stabilizzare il carattere attraverso un’impostazione educativa.

Educazione del Weng Chun Kung Fu nelle Arti Marziali In termini educativi, il Weng Chun Kung Fu abbraccia tre aspetti fondamentali: la salute, la difesa personale e lo sviluppo individuale. I primi due si ottengono mediante l’esercizio del movimento dell’Arte e dello sviluppo della personalità, inoltre grazie al dialogo appropriato tra insegnante e allievo.

Secondo l’auto-concezione del Weng Chun Kung Fu, la salute si manifesta sottoforma di benessere e vitalità. Questa concezione riguarda sia il livello fisico che mentale. La Curiosità (motivazione, valore) e l’energia (voglia di vivere e di agire) portano alla partecipazione attiva alla vita e alle sue possibilità... Al contrario, il non fare, l’isolamento e la pigrizia conducono al malessere. Il Weng Chun Kung Fu favorisce la salute fisica e mentale dei bambini e dei giovani, poichè rievoca la gioiosità del movimento che è insita nella natura di un bimbo. Una volta che i ragazzi avranno scoperto (o riscoperto) la loro gioia nel muoversi e si renderanno conto che andare ad allenarsi è diventata un’abitudine, allora, praticare provocherà una grande allegria, perchè il loro impegno verrà ripagato da un’intensa esperienza e da grandi traguardi raggiunti.

L’esperienza del Movimento, la Comprensione dell’Azione, Imparare a conoscersi L’Arte del movimento del Weng Chun Kung Fu offre le condizioni ideali per lo sviluppo individuale. L’apprendimento di questa Arte durante l’infanzia e l’adolescenza forma il carattere in maniera molto particolare; ossia, attraverso l’apprendimento del Weng Chun Kung Fu, i bambini e i ragazzi svolgono un’attività. Riguardo ai suoi effetti educativi, presenta le medesime qualità dell’imparare a suonare uno strumento musicale. In questa Arte, il proprio corpo rappresenta lo strumento e l’obbiettivo è imparare a controllarlo in termini di percezione e azione. Le Arti Marziali fondamentalmente mirano alla percezione totale del proprio corpo e dei suoi movimenti. Per questo proposito, ci sono esercizi disponibili di svariate discipline: gli schemi di

movimento (Look Dim Bun Kuen Fa Kuen Weng Chun Kuen,...), le relative applicazioni e gli esercizi associati (Chi Sao), l’allenamento dell’uomo di legno e del combattimento libero, così come gli esercizi con le armi (bastone lungo e doppi coltelli). C’è da sottolineare che per quanto riguarda quest’ultima disciplina è richiesto uno strumento aggiuntivo (oltre al nostro corpo). Per i praticanti non si tratta di imparare le tecniche singole, ma in pratica di come lavorare con i principi (TAI, sollevare – LAN, parata, controllo – DIM, punto di impatto “cadere” – KIT, deviare e rientrare – GOT intersezione semicircolare verso il basso – WUN, movimento circolare – LAU, corrente, flusso) e i concetti (Sau Qua, Kap, Pau, Cap, Kam Chun, Deng, Poon, Bin) dei movimenti dell’Arte Marziale. Poichè il Weng Chun Kung Fu è un sistema di movimento di molteplici discipline utilizzabili, sia i bambini che i ragazzi mettono alla prova una ampia gamma del loro repertorio di movimenti. Specialmente la maniera in cui vengono trattati i principi e i concetti, che è così peculiare del Weng Chun Kung Fu, porta a una maggiore comprensione del concetto di movimento stesso e della capacità di agire e, pertanto, del proprio io.

Imparare per tentativi – Comprendere osservando e provando Nel Weng Chun, l’obbiettivo è controllare l’avversario con il minimo sforzo. Ciò avviene principalmente per mezzo di movimenti circolari o curvi. Per apprendere questo modo di muoversi, la sperimentazione è assolutamente necessaria. In questa maniera, quando si commettono degli errori, il praticante cerca di correggerli la volta successiva e questo fino a che non si esegue il tutto


Weng Chun


Sifu Andreas Hoffmann


Weng Chun Combattimento, Arte ed Educazione

senza problemi. È lì che gli “errori” diventano nostri amici, perchè ci aiutano nel nostro percorso di apprendimento. Questo può anche essere inteso come apprendimento funzionale, ovvero, imparare ad apprendere. Imparare ad apprendere non significa copiare qualcosa – che è la base – significa metterlo alla prova e svilupparlo mentre lo si esegue. L’apprendimento del bagaglio (ossia, gli esercizi per la salute e l’Arte del combattimento o della difesa personale) va di pari passo con lo sviluppo del carattere, dal momento che il processo è sempre accompagnato dall’auto-esame e dall’intento di andare a fondo a tutto quanto detto e mostrato all’allievo. A causa del fatto che ogni organismo funziona in modo differente e perciò i principi di azione e di esecuzione materiale vengono svolti in maniera leggermente diversa, i bambini si rendono conto presto che anche nel Kung Fu non esiste una verita universale incontrovertibile. Esiste soltanto la verità individuale che lavora per la persona e per il proprio corpo. Questi aspetti rafforzano la capacità di conoscere e di dare luogo a una autonomia individuale. Quindi, tutti i metodi educativi sono rivolti allo sviluppo dell’autocoscienza dell’allievo.

Se i bambini e i giovani riusciranno a riunire le idee e le esperienze del ricco tesoro del Weng Chun Kung Fu, acquisiranno un vasto insieme di strumenti che li aiuterà ad avere fiducia in se stessi, conoscenza e una vita fisicamente sana, perchè capiranno cosa possono fare per essere felici. Aldilà della capacità di difendere se stessi e di un’ampia consapevolezza della propria salute, impareranno ad auto-valutarsi meglio, e a disimpegnarsi nelle situazioni in cui si troveranno. Gli strumenti acquisiti durante l’allenamento, possono essere utilizzati anche nella vita quotidiana. Per arrivare ad ottenere questa esperienza ricca di benefici, saranno seguiti da Maestri professionisti di Arti Marziali adeguatamente qualificati della IWCKFA. Nell’ambito del lavoro educativo con i bambini e i ragazzi, viene data particolare importanza a queste quattro virtù: la disciplina (cooperazione continua), il rispetto reciproco, il superamento delle paure e il coraggio (attitudine ad affrontare le sfide). L’allenamento costante nel Weng Chun Kung Fu aiuta bambini ed adolescenti a recuperare il loro equilibrio interiore, perchè lavora sulla qualità più importante che la vita moderna esige dai più giovani: avere coscienza di se stessi. Ogni situazione di insegnamento durante l’allenamento al combattimento richiede di concentrare tutta l’attenzione nei numerosi e distinti elementi di informazione: distanza, velocità, massa, tipo di movimento, direzione del movimento, epsressione del compagno e propria, tutte variabili necessarie per l’azione. Ciò significa che bisogna focalizzare la percezione sugli aspetti basilari, per entrare al centro dall’esterno, così come fa l’energia negli elementi fondamentali; Che ponte o strategia è appropriata data la situazione? La regolarità nell’allenamento previene la distrazione o lo intorpidimento e l’attaccamento alle illusioni esterne o interne. Usando parole tipiche del Weng Chun, questa qualità si riconosce come Fok Fu ovvero, metaforicamente parlando, dominare la tigre o trasformarsi in una tigre.




Per centinaia di anni, i racconti Marziali sono stati un veicolo di insegnamento insostituibile in tutte le tradizioni. Abbiamo fatto una selezione di alcuni di questi e speriamo di aggiungerne altri nelle prossime uscite, poichè anche nella Rivista apprezziamo l’utilità di questo veicolo; un mezzo dove il letterario si combina con lo spirituale e la tradizione con l’intrattenimento, mettendo in evidenza soprattutto quelli in cui la morale apre una nuova via di riflessione ai lettori. Speriamo che siano di vostro gradimento. Alfredo Tucci

Sulla concentrazione Un giovane e arrogante campione di tiro con l’arco, dopo aver vinto numerosi tornei, decise che era il momento di sfidare un vecchio maestro Zen. Perciò accorse al suo monastero e una volta lì scoccò una freccia che s’infilò proprio al centro di un bersaglio, posto a una distanza considerevole. Non contento di questo, di seguito tirò un’altra freccia che divise a metà la freccia precedente, infilandosi nuovamente al centro dello stesso bersaglio. Allora si diresse dal vecchio maestro e gli disse: “Cosa le pare? Lei è capace di fare questo?” Allora il vecchio maestro, imperturbabile e senza proferire parola, fece un gesto al giovane arciere, indicandogli di seguirlo. Il giovane obbedì e entrambi sparirono in un sentiero di alta montagna. La curiosità del giovane faceva si che egli seguisse il vecchio maestro, mentre entrambi salivano fino ad arrivare alla cima della montagna. Una volta lì, il maestro attraversò un fragile ponte di legno su un precipizio, dunque, con i piedi su un piccolo pezzo di legno sopra l’abisso, mirò un albero lontano e lo colpì con una freccia. Poi disse al giovane: “Ora è il tuo tur no...” e lasciò l’instabile ponte, tornando alla terra ferma. Il giovane arciere, terrorizzato e senza smettere di guardare l’abisso che si apriva sotto i suoi piedi, non riuscì neanche a camminare sul ponte e tantomeno a scoccare e colpire il bersaglio sull’albero. In quel momento il maestro gli disse: “Hai molta perizia con l’arco, ma hai poco equilibrio con la mente, non riesci nemmeno a rilassarti per arrivare a vedere il bersaglio che devi colpire”.

L’oca nella bottiglia Un alto ufficiale del governo, chiamato Chu Li, raccontava al maestro Soho: “Sono anni che conservo questa oca dentro questa bottiglia, le do da mangiare tutti i gior ni e lei cresce, protetta, all’interno di essa. Ma adesso l’oca è così grande che non ci sta più e se rompo la bottiglia per tirarla fuori, potrebbe ferirsi o morire; ma se rimane li dentro altro tempo, non potrebbe vivere molto di più.


Cosa posso fare? Come posso fare per tirarla fuori da dentro la bottiglia senza ferirla? Mi aiuti, Maestro Soho” Qualche istante dopo, l’ufficiale mentre sosteneva l’oca dentro la bottiglia di cristallo, Soho gli gridò: “Chu Li!” L’ufficiale, spaventato, lasciò cadere la bottiglia a terra. Questa si ruppe e l’oca uscì fuori senza alcun danno. Il maestro allora disse: “Ecco fatto, l’oca è uscita!”

Il migliore dei guerrieri Un allievo domandò al maestro: “Cosa posso fare per diventare il migliore dei guerrieri?” Il maestro rispose: “Attraversa quelle colline e quando arrivi alla pianura, insulta la roccia che si trova là nel mezzo ”. L’allievo rispose: “Ma perchè lo devo fare se la roccia non mi risponderà? Il maestro ribattè: Se non ti risponde, colpiscila con la tua spada” L’allievo rispose: “Ma la mia spada si romperà” Al che il maestro lo consigliò: Allora, attaccala con le tue mani” L’allievo replicò: “Ma mi farò male alla mano...oltretutto io non le ho chiesto nulla di tutto ciò, quello che voglio davvero sapere è come posso diventare il più grande dei guerrieri”. Allora il maestro rispose: “Il più grande dei guerrieri è colui che, come la roccia, ignora gli insulti e le provocazioni, ma che è sempre disposto a respingere un attacco nemico”.

Cacciando due conigli Un praticante di arti marziali si avvicinò al suo maestro e gli disse: “Ho studiato con lei per anni, ma mi piacerebbe accrescere la mia conoscenza delle arti marziali con un altro insegnante, per conoscere e imparare un altro stile. Cosa ne pensa?” Il maestro gli rispose: “Il cacciatore che insegue due conigli, corre il rischio di non prenderne nemmeno uno”.

Lavorando duro Un allievo si avvicinò entusiasta al suo maestro e gli disse:


“Sono ansioso di apprendere i suoi insegnamenti e raggiungere l’illuminazione, quanto tempo mi ci vorrà per ottenere la conoscenza e arrivare all’illuminazione? Il maestro rispose: “Circa dieci anni...” L’allievo, mostrandosi impaziente, disse: “Ma io voglio conoscere tutti i segreti in modo molto più veloce! Lavorerò duramente” Lavorerò tutto il giorno, studierò e memorizzerò i sutra per dieci ore al giorno o anche di più. Lavorando così tanto, quanto tempo ci metterò per raggiungere il mio obbiettivo?” Il maestro riflettè un attimo e rispose: “Una ventina d’anni...”

L’adesso Si racconta che un Samurai giapponese fu fatto prigioniero dai suoi nemici e portato in una prigione dove doveva trascorrere solo una notte, dal momento che il giorno

dopo sarebbe stato interrogato, torturato e alla fine giustiziato. Tuttavia, il suo animo non era alterato, non pensava a ciò che gli sarebbe successo all’indomani e dormiva placidamente. Ricordava soltanto le parole del suo maestro Zen: “Il domani non esiste, è un’illusione: l’unica realtà è qui e adesso. La vera sofferenza sta nel vivere ignorando questo insegnamento”.

La forza del ripetere le cose Un maestro di samurai giapponese, aveva una scimmia come mascotte. La scimmia lo seguiva dappertutto ed era presente a tutti i suoi allenamenti e lezioni. La scimmia, che di per se e per sua natura è un’imitatrice, fini con l’imparare tutte le tecniche di attacco e difesa che realizzava e spiegava il maestro dei samurai. Un giorno arrivò al dojo un Ronin, un samurai errante, e sfidò a duello il

maestro, così come era abitudine tra loro. Il maestro accettò, a condizione che prima doveva affrontare la scimmia e poi, se vinceva, avrebbe accettato la sfida con piacere. Il Ronin si sentì umiliato davanti a una simile proposta, ma la tentazione di confrontarsi con un samurai di tale importanza lo portò ad accettare il duello con la scimmia. Il duello iniziò, il Ronin armato della sua lancia e la scimmia con una sciabola di bambù. Il Ronin attaccò la scimmia veloce e diretto con la sua lancia, per terminare la contesa il prima possibile, ma la scimmia, con grande agilità, schivò il primo colpo e si scagliò al contrattacco colpendo per la prima volta il suo avversario. Di seguito, la scimmia, di fronte alla difesa del suo nemico, saltò sulla sua lancia e lo disarmò. Il maestro allora disse al Ronin: “Sin dal primo istante ho capito che non avresti mai potuto sconfiggere la scimmia”. Il Ronin, imbarazzato, annuì e rimase lì come allievo e servitore del Maestro dei Samurai.


La forza del Ki In un villaggio vicino a Kyoto, c’era un maestro di arti marziali, esperto nel combattimento senza armi. La sua fama era tale che eclissava quella degli altri insegnanti della zona, che avevano pochi discepoli. Era riverito da tutti come un gran maestro. Un giorno, un giovane praticante di grande stazza fisica, si recò al suo Dojo per sfidarlo e sconfiggerlo, per così potersi sostituire a lui nella zona e dare lezioni di arti marziali. Il giovane bussò alla porta del dojo, dove fu ricevuto da un anziano di bassa statura che gli disse: “Cosa posso fare per te?” Il giovane artista rispose: “So che qui c’è un gran maestro di arti marziali e io voglio sfidarlo e sconfiggerlo”. Il vecchio rispose. “Non te lo consiglio, è un maestro molto potente, dureresti molto poco con lui”. Al che il giovane rispose: “Ne dubito, guarda di cosa sono capace” E quindi prese un pezzo di legno molto grosso e lo divise a metà con il ginocchio. Il vecchio rimase impassibile e gli replicò: “Vedi quelle grosse canne di bambù? Beh, il maestro ne rompe di continuo”. Il giovane prese il bambù in mano e disse: “Sono davvero molto dure e difficili da dividere”, dopodichè si ritirò. Ma non abbandonò il suo proposito e per quasi due anni continuò ad allenare la sua forza fisica, fino a che non riuscì a rompere un bambù della stessa dimensione. Quindi tornò al Dojo, bussò alla porta, tornò ad aprirgli lo stesso anziano e il giovane gli disse: “Ora sono anch’io capace di rompere questo bambù, così come il maestro di questo Dojo. Adesso voglio sfidarlo”. L’anziano rispose: “Ti prego di scusarmi, ma la volta scorsa ho omesso un piccolo dettaglio sul suo modo di romprerlo, dovevo dirti che il maestro di questo Dojo rompe il bambù senza toccarlo”. L’aspirante rimase perplesso, ma subito dopo l’anziano maestro prese un bambù nella sua mano sinistra, si concentrò alcuni secondi e emise un grido con un tale Kiai che mandò in frantumi il bambù. L’aspirante restò senza parole e dopo una pausa, chiese perdono al maestro e gli domandò di accoglierlo nella sua scuola per studiare con lui.


Jeet Kune Do


Cosa e’ il jeetkune do di bruce lee? Jeet kune do significa “la via dell’intercettazione del pugno”, dove per pugno si intende un colpo in generale. Nel jkd però intercettare il pugno ha come significato intercettare l’intenzione d’attacco da parte dell’avversario, se si intercetta quella volontà hai due strade, una è quella di colpire per primo, l’altra è quella di cercare di cambiare lo stato delle cose e portare il tuo avversario a cambiare idea su quella volontà. Combattere senza combattere. …!!! Vi sembrerà difficilissimo ma vi giuro che un paio di volte, applicando questo principio ci son riuscito realmente. Una volta stavo facendo un’ esibizione per mostrare i principi del JKD, era il 1995, durante questa esibizione vidi arrivare alcuni ragazzi che sapevo essere praticanti di Wing Chun.Uno di loro aveva con se una videocamera, a quel tempo si usava provocare il potenziale rivale per poi cercare di metterlo K.O. ad una sua re a z i o n e non verbale….filmando il tutto.Il filmato veniva messo in circolazione e il rivale aveva a q u e s t o p u n t o l a re p u t a z i o n e macchiata. Il gruppetto era c a p i t a n a t o d a l p ro p r i o S i f u i l q u a l e e r a re a l m e n t e m o l t o famoso. Vedendo arrivare il Sifu di W i n g C h u n e i n t u e n d o l e l o ro intenzioni, mi fermai e dissi: Vi prego di fare un applauso al Sifu che mi ha fatto il grandissimo onore di essere presente quest’oggi alla mia esibizione. A quel punto il Sifu aprì le braccia come per voler dire: E ora che faccio?..Non accadde nulla, mi fecero un bell’applauso al termine dell’esibizione e ora con il Sifu siamo diventati grandi amici. Ecco questo per me significa “combattere senza combattere”, tanti ne parlano e se ne riempiono la bocca, ma realmente ne hanno compreso il significato?

Perché Bruce Lee ha pensato di mettere a punto quest’arte? La motivazione è semplice e complessa allo stesso tempo. Prima di tutto per un discorso pratico, ossia organizzare qualcosa che funzionasse sul serio per strada al contrario delle discipline che a quel tempo andavano per la maggiore in America, non perché di per sé non fossero efficaci ma perché in quel contesto storico e territoriale le arti marziali avevano perso il loro obiettivo principale che era l’efficacia in combattimento, diventando solo delle discipline folcloristiche e coreografiche. Oltre al discorso “efficacia” Lee mise appunto la sua disciplina a causa della sua frustrazione data dal fatto che era un cinese in terra americana. Sappiamo tutti storicamente cosa gli americani pensassero degli uomini di colore. Bruce Lee era un ragazzo cinese di buona famiglia, una famiglia benestante, proiettato in quella dimensione fatta di discriminazione e sottovalutazione per lo straniero, ovviamente si sentì alquanto affranto e destabilizzato. Il suo pallino fu sempre quello di dimostrare la grandezza culturale della razza cinese e capi che poteva farlo attraverso le arti marziali. Per fare quello che si era prefissato doveva fare un pochino di rumore e credo che tutti possiamo convenire che di rumore ne abbia fatto non poco. Doveva diventare il migliore per dimostrare che la sua arte non era un bluff.Ci riuscì sia con l’aiuto della cinematografia che con il grande allenamento cui si sottopose. Il suo fisico tutt’ora è preso ad esempio sulle maggiori riviste di body building e la sua disciplina, seppur con tanti problemi di interpretazione, continua con successo ad esistere attraverso l’opera di molti appassionati seri. Bruce Lee è riuscito a far innamorare delle arti marziali milioni di persone in tutto il globo e chi ama le arti marziali non può più sottovalutare le culture che hanno generato quelle

discipline. Ogni praticante di kung fu sogna di andare in Cina, come ogni praticante di karate sogna di andare in Giappone. Bruce Lee era cinese e il grande amore per questo personaggio ha portato a rispettare e a stimare maggiormente il popolo cinese. Lee dunque è riuscito in quell’intento, la sua disciplina, la sua caparbietà, lo ha portato a centrare il bersaglio. Bruce Lee ha insegnato agli appassionati e praticanti delle arti marziali a rispettare tutte le culture, a non sottovalutare niente e nessuno. Per questo Bruce Lee per me è sempre fonte di grande ispirazione. Le arti marziali, se praticate seriamente, non sono solo un modo di tirar calci e pugni, sono una strada per socializzare, per conoscere l’altro, per raggiungere l’armonia con tutto il creato. Quest’ultima considerazione ci fa anche comprendere il perché del simbolo da lui utilizzato, lo yin e lo yang, due energie complementari e non contrapposte dove l’una esiste per giustificare l’altra. Tutti insieme per progredire, dice un motto dello judo, questa è la vera ragione d’essere delle arti marziali, questa è la vera via al l’autodifesa. Il rispetto dell’altro ti porta a non volerlo prevaricare e quindi per quale ragione combatterlo? Se tutti praticassero correttamente una qualunque disciplina marziale non esisterebbe la necessità di doversi difendere. …questo è il mio credo !!!

Il Pugno che intercetta, diamo un significato alle parole e agli scritti di Sijo Bruce Lee “Non ho inventato nulla di nuovo”, affermò a suo tempo Bruce Lee, infatti in tutte le discipline marziali si crede di possedere la risposta a tutto e ogni disciplina tende ad impartire una conoscenza fissa che poi l’allievo dovrà sviluppare per portare tale conoscenza al punto di libera e personale


Jeet Kune Do

espressione. Quanto sopra descritto è proprio quello che fece il fondatore del Jeet Kune Do. I vari grandi maestri di arti marziali hanno a suo tempo creato qualcosa di nuovo e di vivo ma i loro allievi hanno poi in seguito mutato il sistema appreso, molto spesso deviandolo dalle intenzioni originali del fondatore, questo potrebbe anche andare bene poiché l’evoluzione è nel processo naturale delle cose ma si dovrebbe, per correttezza, dare un nome diverso a ciò che è stato oggetto di mutazione. Certo “un nome è solo un nome” ma allorquando questo nome viene dato servirà a dare una identità a quello che si sta facendo, a quello che si sta praticando o insegnando poiché nel nome è già impressa la caratteristica principale dell’arte e il Jeet Kune Do non fa eccezione. Perché dunque Lee scrisse “un nome è solo un nome”? Spesso il termine JKD è utilizzato da coloro i quali non possono o non

vogliono approfondire, a cui fa comodo creare da se un qualcosa di personale mischiando le proprie esperienze ed utilizzano questo termine come uno specchietto per le allodole. Interpretano come più gli conviene l’affermazione di Bruce Lee: se un un nome è solo un nome dunque anche quello che faccio io è JKD ! In realtà non è così, “un nome è solo un nome” significa che pur praticando una specifica arte marziale con delle caratteristiche ben precise, non devi attaccarti ad essa altrimenti poi non potrai esprimerti liberamente. “Un nome è solo un nome” è un atteggiamento mentale, non ha a che fare con la tecnica, è il principio base del taoismo, ma anche se il taoismo usava quel motto, aveva un preciso e personale metodo per far arrivare all’adepto la corretta comprensione.Quel principio e quegli insegnamenti relativi sono propri del taoismo, un nome che è solo un nome ma con una identità ben precisa.




La stessa cosa vale per il motto “usa il non metodo come metodo e la non via come via”, anche in questo caso è utilizzato furbamente da chi trae vantaggio dalla confusione, un nonmetodo come metodo è di per sé un metodo, solo che è un metodo differente da quelli classici. “Metodo non- metodo” non significa che c’è assenza di metodo. Stile non- stile, come dice la parola stessa, è uno stile con caratteristiche diverse da quello classico. Sul discorso stile però c’è da fare una precisazione, lo stile di Lee è solo lo stile di Lee e nessuno può riprodurlo. Quando si parla di JKD si usa impropriamente la parola stile, generando tanta confusione, in realtà il JKD, come una qualsiasi altra disciplina è una scuola non uno stile. Lo stile è della persona, la scuola, al contrario, determina la caratteristica della disciplina.. Il Jeet Kune Do, come dice il nome stesso, è l’arte di intercettare il pugno, allora tutta la nostra attenzione, tutti gli allenamenti dovranno tendere a far realizzare quest’idea. Intercettare il pugno significa realizzare che stiamo per subire un attacco e che dobbiamo fermare quest’ultimo prima che venga portato, lo si potrà anticipare o stoppare, semplice!!! In realtà però questa semplicità ha un costo considerevole, essere essenziali e spontanei è un punto di arrivo il cui raggiungimento è alquanto difficile, non per la complessità delle cose da imparare o dall’elevato numero di tecniche da allenare ma per la grande dedizione che si deve avere nella ricerca del gesto perfetto.

Ma cosa significa semplice e diretto? Colpisci il bersaglio più vicino a te, può essere il ginocchio, allora perché colpire la faccia? Questa è la via alla semplicità, il jkd è la via per uccidere il proprio ego. Quando si fanno dei seminari o semplicemente si tengono delle lezioni, per far colpo sugli allievi si lascia grande spazio alla creatività , rendendo via via sempre più complicate le soluzioni che diverranno sempre più spettacolari, ma sempre più lontane dalla reale applicazione da strada. C’è l’arte fine a sé stessa e c’è l’arte finalizzata all’applicazione reale, c’è lo zero di Giotto e c’è un quadro di Picasso, probabilmente lo zero di Giotto non è così artistico ma lascia intravedere la grande

tecnica e precisione del suo creatore in modo semplice e diretto appunto. Spieghiamo meglio cosa significa diretto e semplice nel JKD: il colpo va dal punto a al punto b in modo diretto, questo è un modo diretto; un pugno o un calcio che seguono seguono la linea più diretta possibile verso il bersaglio più vicino, qualunque esso sia ,questo si intende per semplice !Se sono semplice e diretto e ho affinato al massimo la mia tecnica questa non sarà intercettata. Anche le emozioni devono essere semplici e dirette e quindineanche le emozione devono essere intercettate. La differenza tra l’arte marziale vera, nel Jeet Kune Do in modo specifico, e gli sport da combattimento è solo data dai diversi obiettivi. Lo sport da combattimento è racchiuso in un regolamento messo a punto per limitare al massimo i danni agli atleti, nell’arte marziale vera non esiste alcuna regola e si affinano proprio quelle tecniche vietate nelle competizioni sportive. I concetti fondamentali del JKD, come abbiamo visto, sono: semplicità, immediatezza e economia di movimento , tuttavia alcune scuole si stanno discostando molto da tutto questo aumentando a dismisura il numero di modi con cui fare sfoggio delle loro arti marziali mixate sotto il nome di Jeet Kune Do facendo collezione di strumenti anziché ridurli all’essenziale, allontanandosi sempre più dall’obiettivo di adottare una via più semplice e diretta. Bruce Lee diceva che infondo già si era in possesso degli strumenti necessari e che erano quelli appresi dal proprio stile classico ma che era poi necessario mettere questi strumenti alla prova e scoprire ciò che ci è utile e ciò che non lo è.

Togli giorno per giorno Abbandonare ciò che è inutile significa eliminare i movimenti non essenziali. Ciascuna arte marziale possiede delle parti utili altrimenti non esisterebbe di fatto nessuno stile e nessuna disciplina, ma tanti insegnanti che si definiscono seguaci di Bruce Lee in realtà stanno attingendo a più arti diventando di fatto più collezionisti che combattenti. Nel Jeet Kune Do non si deve aggiungere ma minimizzare, si tratta di eliminare l’inessenziale, dunque non è una crescita giornaliera ma una diminuzione costante.

"Grazie ad Alessandro Rossetti e a Emanuele Corvino per il loro aiuto come compagni... A Giovanni Tartaglione per le foto e a Anna Rossetti e Michele Bairava per la traduzione in inglese."


Jeet Kune Do C’è da fare però una importante considerazione, Bruce Lee non trasmise ai suoi seguaci ciò che aveva ottenuto per sé poiché quello che aveva ottenuto era assolutamente qualcosa di personale, ma i metodi con cui arrivare a realizzare l’arte cioè per mettere alla prova gli strumenti già in nostro possesso. Dunque questo è l’aspetto più difficile da comprendere e che ha scatenato così tanta confusione nel mondo del Jeet Kune Do, Bruce Lee non volle trasmetterci il risultato della

sua personale ricerca, altrimenti si parlerebbe di stile e noi sappiamo che il JKD rifugge da questo concetto, egli desiderava piuttosto che ciascuno dei suoi studenti trovasse da sé la propria strada all’essenzialità. La confusione nasce proprio qui dando adito a tanti praticanti di cercare sempre nuovi strumenti senza avere poi mai la possibilità di verificarli sul campo.Se si vuole testare in qualche modo l’efficacia nei propri mezzi bisogna testarli, per testarli c’è lo sparrig, cui Lee dava molta importanza, o

affrontare un vero combattimento, solo così sarà possibile scoprire ciò che realmente è utile e ciò che non lo è, solo in questo modo si potrà realizzare che imparare tante discipline e mixarle non è così utile al combattimento che di per sé è essenziale. Avete assistito a qualche competizione, avete fatto mai sparring o assistito ad una zuffa per strada? Ebbene quante possibilità avete scorto nell’applicare infinite varianti durante questi confronti? Tre pugni, due calci, schiaffi e poi magari a terra, ma tutto molto semplice e veloce,


non c’è tempo per pensare, tutto accade in modo molto violento e repentino dunque tutto deve essere studiato tenendo presente queste verità e il JeetKune Do di Bruce Lee è proprio la disciplina che contempla queste verità nel suo seno, queste verità sono racchiuse tutto proprio all’interno del suo nome il JEET KUNE DO ovvero l’arte di intercettare il pugno.

Concept o Original? Per me non esiste questa dicotomia, L’Original è già Concept e viceversa. Nell’Original c’è la possibilità di trovare una propria dimensione restando però nei canoni del JKD di Lee, per canoni intendo un certo modo di calciare, di tirar pugni, di far trapping, grappling ecc. Il Jun fan JKD è il JKD di Lee e come tutti i suoi allievi dicono o dicevano, solo Lee era in grado di far certe cose. Però all’interno del JKD c’è possibilità di trovare la propria dimensione, per questo c’è un Ted Wong che si muoveva come Lee e amava kickboxare, c’era un Jerry Poteet che era

bravissimo nel trapping e nella corta distanza e un Larry hartsell che era bravissimo nel grappling.Tutti avevano imparato il programma di Lee ma poi a seconda delle proprie caratteristiche si erano specializzati in qualcosa, ma non andando a fare BrazilianJiu Jitsu o wingchun, piuttosto che il panantukan come viene fatto erroneamente da coloro che hanno male interpretato il JKD Concept. Il problema del JKD Concept è che è stato appunto male interpretato, Dan Inosanto stesso non mischia assolutamente nulla, il problema è che ha dato il permesso di farlo ai propri allievi. Dan Inosanto insegna Jun fan Gung Fu che in embrione ha già i principi del JKD….è solo un metodo che da un grande bagaglio tecnico ma che però ha dato il via ad un pò di confusione. Il Concept è qualcosa che puoi utilizzare per approfondire meglio la tua disciplina che sia la Thai o il Taekwondo, puoi usare quei concetti per rendere ancora più semplice ed efficace la tua disciplina, come lo stesso Lee diceva, ma alla fine sempre Thai o Taekwondo stai praticando e non JKD.

Federazione Italiana Jeet Kune Do & Discipline Associate Sezione speciale dell'Organizzazione Dilettantistica Polisettoriare “ARTIDASIA” www.federazioneitalianajeetkunedo.com www.artidasia.com Istruttori che hanno aderito al progetto: • Roberto Di Modugno, Istruttore di Modena, Responsabile federale della scuola di Larry Hartsell attraverso l'insegnamento diretto di sifu Mick Shore. Responsabile Regione Emilia Romagna Cell. 338 345 1860 • Marco Zanchetta, Istruttore di Novara, Responsabile Regione Piemonte e Lombardia, cell. 349 3846051 • Francesco Bonvissuto, Istruttore di Novara, cell. 347 9933651 • Francesco Cuomo Caso, Istruttore di Nocera Inferiore (SA), cell. 393 7994154 • Leonardo Anzelmo, Istruttore di Nocera Inferiore (SA), cell. 389 111 5036 • Emanuele Corvino, istruttore di San Nicola La Strada (CE), cell. 334 9315512 • Alessandro Rossetti, Istruttore di Marcianise (CE), cell. 338 9414132 • Nicola Pibiri, Aspirante Istruttore di Cagliari, Responsabile della Regione Sardegna, cell. 329 9633151 For info please contact: antonio_devivo@libero.it - cell. 0039 3473670062


COME PERFEZIONARE LA TECNICA? La per fezione tecnica si raggiunge quando i nostri movimenti marziali diventano naturali. L’essere umano nasce dotato di schemi naturali di movimenti di lotta e di difesa molto grezzi e triviali (graffiare, mordere, strangolare, sbracciare, ecc.), per cui deve imparare a combattere. I movimenti imparati inizialmente sono artificiali, poichè il loro apprendimento avviene scomponendo sequenze marziali in tecniche semplici, che, una volta assimilate, si concatenano con un dato automatismo. La maestria consiste nell’”integrare” quei movimenti artificiali e frammentati alla nostra natura motoria, ovvero, nel “naturalizzare” le tecniche apprese.

I

n questo modo, un pugno diretto non è più una sequenza di due movimenti concatenati: estensione del braccio – (impatto) – richiamo del braccio...ma si trasforma dunque in un unico movimento naturale. Evidentemente tutti noi esseri umani siamo molto simili, però mai identici, quindi ogni artista marziale, mentre perfeziona e naturalizza le sue tecniche, allo stesso tempo le personalizza, le “rende proprie”, le adatta alla “sua natura e alle sue qualità fisiche”. Questo si ottiene a patto di ripetere e ripetere la tecnica dell’arte marziale o dello sport di contatto che si pratica. La parola tecnica proviene da “tèchne”, un vocabolo di origine greca che si traduce in spagnolo (anche in italiano, ndt.) come “arte” o “scienza”. Questa nozione ci serve per descrivere un genere di azioni regolate da delle norme o da un protocollo definito, che ha lo scopo di giungere ad un risultato specifico. È un procedimento o un insieme di regole, norme o protocolli, che ha l’obbiettivo di ottenere un determinato risultato, sia nel campo delle scienze, della tecnologia, dell’arte, dello sport, dell’educazione, della ricerca, che in qualsiasi altra attività. In altre parole, una tecnica è un agglomerato di procedimenti regolamentati e di schemi che vengono utilizzati come mezzo per arrivare a un fine prestabilito. La tecnica suppone che, in situazioni


Testo: Pedro Conde Foto: David Gramage HYPERLINK: "mailto:davidgramage@gmail.com" davidgramage@gmail.com


similari, ripetere azioni o portare a termine un medesimo procedimento, questo produrrà lo stesso effetto. Pertanto, si tratta di un modo di agire preordinato, che consiste nella sistematica ripetizione di alcune azioni. Nelle arti marziali e negli sport di contatto consiste nel ripetere gli stessi movimenti fino a che non si è capaci di eseguirli alla perfezione, se non sempre, “quasi” sempre.

La maestria tecnica si può riconoscere dal seguente fattore: coloro che la possiedono sono in grado di far sembrare facile ciò che è difficile; le tecniche più complesse appaiono semplici e naturali quando vengono eseguite da un maestro. Questo, che alcuni chiamano naturalezza e altri fluidità, è il prodotto di anni di allenamento, che portano a interiorizzare le sequenze tecniche con

tale perizia da farle diventare movimenti naturali e spontanei per l’artista marziale. Ovviamente, di solito, tutto questo lo si può ottenere soltanto dopo moltissima pratica (non si possono fissare dei tempi generici, perchè tutto dipende dall’intensità e dalla regolarità dell’allenamento, dalla motivazione, dal tipo di tecnica, ecc.). Tuttavia possiamo dare una serie di consigli per


Tecnica ottimizzare lo sviluppo tecnico e quindi accelerare i progressi in quest’ambito. Il primo passo consisterà in un lavoro teorico di analisi dettagliata della serie di “fasi” che compongono una determinata sequenza tecnica. Tale analisi, la si può effettuare su tre differenti piani: anatomico, meccanico e funzionale.

Analisi Anatomica L’analisi anatomica riguarda lo studio scientifico dei diversi elementi corporei implicati nel movimento tecnico.

Bisogna considerare, da un lato, i diversi tipi di articolazioni in gioco, il loro range di mobilità e l’ampiezza richiesta dalla tecnica e i loro limiti, che siano ossei, articolari, legamentosi o muscolari. Dall’altro lato, sono anche estremamente rilevanti i muscoli coinvolti nell’azione: la loro natura, il loro percorso, l’interazione tra loro (se sono antagonisti, sinergici o stabilizzatori). Tutto ciò spesso suona molto tecnico e complicato, ma può essere assai utile per evitare allenamenti scorretti e “frustrazioni” sportive. Ovvero, la nostra particolare struttura ossea può influenzare in maniera importante, ad esempio, la nostra tecnica di calcio, rendendoci difficile portare dei calci alti in modo appropriato. Un limite di movimento dovuto esclusivamente a fattori ossei, non può essere superato attraverso l’allenamento: possiamo “modellare” e rendere flessibili muscoli e legamenti, ma non le ossa. Quindi, è importante conoscere questi dettagli per orientare e razionalizzare il nostro allenamento.

Analisi Meccanica Un’analisi meccanica consiste nello scomporre la sequenza tecnica in movimenti semplici, per studiare come si realizzano e si collegano tra loro. Le ricerche più rigorose applicano ciò che è conosciuta come “scomposizione vettoriale”: analizzare e plasmare sotto forma di vettori le distinte forze e momenti che agiscono nel sistema (movimenti semplici), la cui somma ci da la forza relativa generata dalla sequenza in questione. Entrano anche in gioco le situazioni di equilibrio e altri elementi determinanti e interconnessi come le velocità, i pesi e gli angoli. Tutte queste analisi parziali si integrano in una catena cinematica (di movimento) e ci permettono di ottenere la “sequenza tecnicamente ideale”, per ciò che riguarda la dinamica meccanica. Tra gli sportivi d’elite, questo si studia normalmente tramite dei software informatici. Per i “neofiti”, una buona analisi meccanica potrebbe essere osservare attentamente tutta la serie dei movimenti che compongono la sequenza tecnica, riflettendo e sperimentando sull’utilità e la convenienza di certi angoli, dinamiche, rotazioni, proiezioni, ecc.

Analisi Funzionale In quanto all’analisi funzionale, questa si basa sullo studio del gioco di contrazionedistensione dei differenti muscoli implicati. Nelle ricerche scientifiche si misura e si valuta il lavoro prodotto dai movimenti muscolari. Esistono diversi tipi di contrazione muscolare. La contrazione isometrica si riferisce a quella contrazione che si produce senza che questa sia dovuta a spostamenti o movimenti (ossia, in un certo senso è una contrazione “statica”), pertanto non si tratta di un lavoro meccanico, ma di deformazione (ricordate i tipici esercizi di muscolazione isometrica che si svolgono in molte palestre: con un asciugamano, “spingere una parete”,


ecc.). in un’equazione matematica, il suo valore sarebbe uguale a 0. La contrazione anisometrica (o dinamica, ndt.) suppone uno spostamento, perciò è possibile valutare il lavoro prodotto. Dobbiamo distinguere tra contrazione concentrica, che si ha quando lo stesso muscolo si contrae per produrre il movimento, considerandolo un lavoro positivo; e il suo opposto, la contrazione eccentrica, che presuppone un movimento in senso contrario alla contrazione del muscolo, a causa dell’azione di una forza esterna a questo e che deve essere quindi valutata come un lavoro negativo. Per contrazione isotonica (anche questa è anisometrica) intendiamo quella che fa riferimento a una tensione muscolare costante, solitamente dovuta a una resistenza ester na la cui forza è anch’essa costante. Tutto questo gergo scientifico può disorientare più di qualcuno, però è decisamente raccomandabile dotarsi di un minimo di basi teoriche per conoscere, a grandi linee, come funziona il corpo e comprendere meglio quali esercizi e che pratiche sono più utili a sviluppare la nostra abilità tecnica. Conoscere meglio la nostra anatomia, la meccanica e il funzionamento muscolare, non è certamente qualcosa di aneddotico o gratuito. In termini pratici, la base di tutto il perfezionamento tecnico è indubbiamente la ripetizione ben fatta e da lì la necessità delle conoscenze teoriche, oltre a un’attenta ripetizione, quindi cosciente e di conseguenza auto-correttiva nei minimi dettagli – non una ripetizione meccanica tipo “pilota automatico”. Le prime ripetizioni dovranno essere fatte lentamente, sia per riscaldarsi che per fissare (o ricordare) schemi e dinamiche. La velocità e la potenza di esecuzione aumenteranno progressivamente fino a raggiungere la nostra capacità massima, senza perdere il controllo tecnico. L’espressione “pulire una tecnica” traduce esattamente ciò a cui ci riferiamo: ripetere più volte la sequenza, per limare i dettagli alla perfezione e per far si che il nostro cervello si abitui alla catena dei movimenti fino a “farla

sua” e incorporarla alla nostra “naturale espressività corporea”. Ma di certo, il perfezionamento tecnico non sta solo nella semplice ripetizione, è necessario introdurre la varietà delle situazioni di allenamento. La tecnica si può lavorare “a vuoto”, nel qual caso non si devono mai portare i colpi con potenza incontrollata, se non vogliamo procurarci dei danni alle articolazioni. Nelle arti marziali classiche questo è un lavoro abituale e si realizza di solito con l’esecuzione di forme prestabilite (Kata, Pumse, Tao, ecc.). Negli sport da combattimento è meno frequente il lavoro a vuoto, poichè spesso si ricerca soprattutto il realismo; si realizza soltanto il lavoro di “shadow”, che serve sia a scaldare i muscoli che a perfezionare la tecnica e acquisire fondo atletico. Il lavoro con attrezzi (sacco, focus, pao, scudi, guanti da passata, ecc.) richiede un livello superiore di applicazione tecnica in fatto di realismo, sia per il contatto pieno che per l’esecuzione di spostamenti che simulano il combattimento. L’ultima fase sarebbe quella dell’applicazione tecnica al combattimento reale, che il fine ultimo del perfezionamento tecnico, la “prova del fuoco” della qualità tecnica nel movimento libero e di fronte a un avversario reale e più o meno imprevedibile. Ciò che più spesso accade è che più realistica è la situazione, più si “perde”

o meno si è in grado di applicare la tecnica. Questo è dovuto al controllo di vari fattori; in un’esecuzione a vuoto, normalmente, è sufficiente controllare gli elementi inter ni che possono influenzare la tecnica: equilibrio, spostamento, coordinazione, timing. Di fronte a certi attrezzi o a un avversario, entrano in gioco una lunga serie di fattori esterni che colpiscono la nostra tecnica e che risultano ben più difficili da controllare: spostamento del “target” (l’avversario), potenza d’impatto, precisione d’impatto, correzione o annullamento di una sequenza tecnica, intercettazione o attacco da parte dell’avversario, finte, limitazione dello spazio di combattimento, ecc. Aldilà del realismo, per perfezionare la tecnica è alquanto raccomandabile “osservarsi in azione” e in questa maniera controllarsi e auto-correggersi. Nel caso dell’applicazione tecnica a vuoto – che sia un kata o un lavoro di shadow – è consigliabile effettuarla davanti allo specchio. Nel caso di allenamento con attrezzature o in combattimento, l’auto osservazione diretta è impossibile perchè tutta la nostra attenzione deve essere sull’avversario. La tecnologia ci offre una soluzione: riprendere i nostri allenamenti e combattimenti. Questo è molto importante, perchè anche quando crediamo di padroneggiare alla perfezione una singola sequenza


Tecnica tecnica, se inserita all’interno di una lunga serie di movimenti che la precedono o la seguono, questi la possono influenzare, portandoci alla lunga a produrre dei piccoli “difetti” o errori. La qualità tecnica non è solo una questione estetica, ma è quantomai co lleg at a all’efficacia in combattimento. Da un lato, numerosi sport marziali hanno una grande

considerazione della tecnica: il Judo (dove la differenza tra un Ippon e un Wazari risiede nella qualità della tecnica), il Karate e il Taekwondo sportivi, anche nel light e nel semicontact. Negli sport di contatto, anche s e prima di t ut t o v iene l’efficacia (in quanto qualsiasi tecnica regolamentare che provochi un KO “è valida”, indipendentemente dalla sua qualità), la maestria tecnica sentenzia

numerosi combattimenti quando gli stessi si decidono ai punti. A parte ciò, una miglior tecnica significa s empre una mag g io r efficacia, sempre che intendiamo che la qualità di una t ecnica no n finis ce di perfezionarsi fino a che non si è capaci di applicarla nel combattimento reale, perciò esiste solo una via, allenarsi, allenarsi e allenarsi, e naturalmente, combattere.





Il DVD "Krav Maga Ricerca e Sviluppo" sorgè dalla voglia di quattro esperti di Krav Maga e sport da combattimento: Christian Wilmouth, Faustino Hernandez, Dan Zahdour e Jerome Lidoyne. Ad oggi, loro dirigono molti club e conducono un gruppo di una ventina di professori e istruttori di molteplici discipline, dalla Krav Maga alle MMA, Mixed Martial Arts. Questo lavoro non è destinato a mettere in evidenza un nuovo metodo nè una corrente specifica di Krav Maga. Il suo scopo è semplicemente quello di presentare un programma di Krav Maga messo a fuoco sull'importanza del " c o n t e n u t o " , condividendo in questo modo le nostre esperienze.

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Ling Gar per tutta la vita Il Ling Gar è uno degli stili di Kung Fu familiari viventi più antichi in Cina. Alcuni prestigiosi storici hanno affermato che gran parte degli elementi di presa e dei principi comuni della linea centrale di molti degli stili di Kung Fu conosciuti del sud della Cina, incluso il Wing Chun, si trovano nel Ling Gar. Tuttavia, sorprendentemente, dalle sue origini che si rifanno a più di 25 generazioni, lo stile non era mai stato insegnato al di fuori della famiglia fino a che io stesso l’ho sottratto all’oscurità. La storia del Ling Gar dagli albori della dinastia Ming, intorno al 1368, è commovente, emozionante e colorita come potrebbe essere qualsiasi film di avventura. Tuttavia, la storia del Ling Gar Tzai Kune Do in realtà non parla solo dell’evoluzione degli stili di Kung Fu, tantomeno della storia della sua famosa famiglia, ma piuttosto di un modo di vivere e di come esso sia diventato parte del cuore del patrimonio della Cina. Si potrebbe dire che il Ling Gar si sarebbe trasformato nell’ennesimo caso curioso alla mercè di storici e accademici, se non fosse stato per i miei sforzi. A causa del fatto che forse io sono più conosciuto per i miei ruoli da co-protagonista in numerosi film d’azione internazionali in Asia e per la mia carriera musicale di grande successo, è comprensibile che la gente si dimentichi del fatto che sono membro della 22ª generazione di Sifu del famoso lineage del Ling Gar. Il nome Ling Gar Tzai Kune Do (“La via dell’immobilizzazione di un attacco dall’origine”) è stato creato da mio cugino Ling Yin Shi, uno dei cinque figli di mio zio Abak (Gran Maestro di Ling Gar) che lo ha insegnato a me. Il nome è stato coniato in modo da far si che in Occidente si capisse un po’ di più su questo stile. In Cina queste sono cose che fanno parte della cultura e spesso sono implicite e si imparano in questa maniera. In Occidente non accade lo stesso e le cose devono essere più dirette. Ho forgiato il Ling Gar nel suo ottavo secolo di vita e oltre. Ho fatto tutto il possibile per perpetuare gli insegnamenti che ho ricevuto e che mi hanno trasmesso. Cerco




Kung Fu

anche di fare luce su una tradizione e una forma d’arte che si era quasi perduta, insieme a tanti altri famosi stili di Kung Fu. Sembra che al giorno d’oggi la gente sia più interessata a imparare a combattere rapidamente, soprattutto a livello sportivo, che a decifrare e a studiare i veri insegnamenti della tecnica. A me pare assurdo che arti come le Arti Marziali Cinesi, che hanno una storia antica di circa 3000 anni, vengano trattate come se non significassero niente in assoluto. Per l’autentico Artista Marziale disciplinato sono come il suo sangue e sudore. Circola nelle nostre vene e definisce profondamente ciò che siamo. Ai nostri tempi, tutti possono aggiungere il loro granello di sabbia a favore di ciò che credono sia giusto o sbagliato, o in ciò che viene ritenuto il meglio del meglio. Tutto questo mi diverte e mi terrorizza allo stesso tempo. In quasi 50 anni di studio non è cambiato granchè in realtà, tranne che ci sono più ciarlatani che mai che pubblicano cose, nascosti dietro un gruppo di Facebook o su Youtube, ecc., pieni di retorica e ovviamente senza sapere nulla della materia di cui parlano. Se vi appaio indelicato, in questo caso è perchè lo voglio essere, perchè quelli come noi che hanno passato la loro vita vivendo e respirando la tradizione dell’Arte, sanno esattamente di cosa sto parlando. Qui, a NYC, di recente ho conosciuto alcuni meravigliosi e umili Sifu di Kung Fu; è

sempre una bella sensazione poter dialogare con altri della nostra filosofia personale, senza lasciarsi andare a cavolate tipo “quale stile è il migliore”. Che barba! Mi sono sempre reso conto che il giorno in cui smettiamo di imparare, è il giorno in cui smettiamo di esistere... Detto in modo più appropriato, sarà il giorno in cui non saremo più parte del flusso naturale della vita – il Tao. Ora, dopo aver compiuto 55 anni, applaudo alle grandi lezioni di vita e il mio entusiasmo per la vita stessa si è decuplicato. La chiave delle Arti Marziali per la vita, o come nel mio caso, la chiave del Ling Gar come fonte di vita, sta nell’essere capaci di affrontare le fasi dell’esistenza avanzando attraverso i cambiamenti fisici e mentali dell’invecchiamento. Per accettare tutto questo con grazia e con stile, sto ancora imparando ogni giorno e ciò mi stimola e mi impone di continuare a perfezionare le mie capacità e prestazioni.


Kung Fu Magari avessi ascoltato e prestato più attenzione al mio saggio zio Abak quando ero bambino. Mi ricorderò sempre di quando Abak ci venne a trovare da Hong Kong. Era pieno inverno in Connecticut ed eravamo sotto la neve, un contrasto evidente con il bel tempo che Abak aveva lasciato. Ma alle 5 di mattina era fuori a praticare Tai Chi e Qi Gong. Mio padre entrò in camera mia e cercò di svegliarmi perchè andassi fuori a praticare e ad imparare qualcosa da Abak. Mi alzai e mi affacciai mezzo addormentato dalla finestra gelata. Abak era in assoluto silenzio, in piedi, in una posizione della gru, come se fosse congelato da tempo. Lo osservai un minuto e tornai a dormire. Dieci minuti dopo, mio padre entrò con un bicchiere di acqua ghiacciata e me lo tirò in faccia. Beh, allora mi svegliai di soprassalto. Tolsi la condensa dalla finestra e Abak era ancora in piedi nell posizione della gru, allora iniziò a nevicare ed era come se fosse una statua di ghiaccio che faceva parte del paesaggio. Era vestito come a primavera, mentre io

indossavo il normale abbigliamento invernale che siamo abituati a portare qui, nella costa est degli USA. Non tardai molto a rientrare in casa per riscaldarmi. Grazie a lezioni come questa mi resi conto che, quando ero un ragazzino, non avevo idea della forza che possedeva. Da piccolo la mia risposta a quello fu Bruce Lee. Certe cose succedono lentamente. Ho speso tutta una vita per comprendere la complessità delle Arti Inter ne. Il Ling Gar è una combinazione completa di elementi interni ed esterni. Quando siamo giovani e siamo coinvolti a pieno nello studio della parte marziale delle Arti, che sia nell’agonismo, per impressionare i nostri allievi o per vanità personale, l’Arte di solito si trasforma in un modo per aumentare il proprio ego. Naturalmente, questo non dura a lungo e la pratica delle Arti Marziali fatta così ha vita breve. Perciò ho realizzato che se non investiamo il nostro tempo e il futuro nella pratica delle arti interne, non vivremo mai una vita equilibrata e armoniosa.

Nel 2012 ho portato un gruppo di praticanti al Tempio del Wudang, provincia dell’Hubei, Cina. È stato magnifico e appagante per tutti, non importava che fossero principianti o allievi avanzati. Tutti erano impressionati dall’energia e dal fatto di essere lì e imparare nel Wudang. Per me è stato come tornare a casa, o chiudere un cerchio. Mi ha comunicato qualcosa di così profondo ed esoterico, che la prossima parte della mia vita voglio che sia all’insegna della pratica della calma e della quiete. Per citare Bruce Lee, “sii come l’acqua amico mio!” Questo rende chiara la vita stressante e piena di pressioni che ho vissuto, in modo da poter adesso vivere veramente. Per tutti noi, questo significa mettere da parte alcune cose. Che si tratti di cose materiali o di determinate persone che fanno parte delle nostre vite che assorbono l’energia del nostro Chi, la nostra essenza vitale. È differente per tutti, ma tutti dobbiamo fare uno sforzo e non solo a parole, che è senza dubbio ciò che la maggioranza di noi fa. E’ necessario far si che ciò




Kung Fu

avvenga in ciascuna cellula del nostro essere. Sono tornato da un viaggio in Grecia, un paese che indiscultibilmente è stato protagonista di momenti difficili, sia a livello finanziario che economico. Nonostante ciò abbia influito davvero sulla mentalità delle persone, sembra che la gente non permetta che questo limiti la loro libertà di vivere e di godersi la vita. È bello vedere qualcosa che ci ricorda che non dobbiamo prendere le cose troppo sul serio. La vita è preziosa ma deve essere vissuta anche con entusiasmo e non guardarsi mai indietro. Per concludere, lo studio delle Arti Marziali è stato un viaggio di tutta la vita che mi ha portato in tutti gli angoli del mondo. E’ passata una vita dai primi giorni in cui praticavo Judo e Karate in Inghilterra. Da quando, e in che modo, tutto il mondo venne ipnotizzato da un piccolo uomo cinese chiamato Bruce Lee che travolse tutti quanti! Tutto quello mi entrò nel sangue, solo che ancora non ne ero consapevole. Come tutte le grandi cose, doveva essere assorbita e quindi praticata perchè mi mostrasse il suo vero significato. Sono l’ultimo Sifu

vivente del Ling Gar, un famoso stile familiare di Kung Fu che si è conservato per oltre 750 anni. Ho portato il Ling Gar nel XXI° e oltre. Ho visto le Arti Marziali passare attraverso molti cambiamenti in questi ultimi cinque decenni. Purtroppo, non tutti positivi. Come Artisti Marziali abbiamo la responsabilità di tramandare la conoscenza ai nostri figli e ai giovani, alle persone che hanno sete di sapere. A volte, pur Maestri di un’Arte, ci dimentichiamo che sono un “modo di vivere” e pertanto dobbiamo sempre vivere, respirare e perpetuare l’esistenza dei nostri insegnamenti. Dobbiamo impegnarci per essere dei degni e migliori esseri umani. In primo luogo, non dobbiamo mai scordarci perchè cominciamo ad insegnare le Arti Marziali. Le Arti Marziali sono rispetto, rispetto verso una forma d’arte antica di 3000 anni. Non importa quante cinture, gradi o trofei possiamo vantare, se non si ha rispetto per gli altri e per se stessi. Ho viaggiato per il mondo imparando diversi stili di Arti Marziali, solo per scoprire che non importa da quale stile o paese si provenga, siamo tutti una famiglia. Possiamo parlare una lingua differente,

ma il linguaggio delle Arti Marziali è internazionale. Condividiamo un legame comune che non si può rompere. Molti dei miei compagni sono d’accordo sul concetto che ci nutriamo, respiriamo e viviamo le Arti Marziali, che le Arti Marziali sono nell’aria che respiriamo. Senza di esse, la nostra vita sarebbe pura routine. Dopo 50 anni passati a studiare e a insegnare l’Arte del Ling Gar, mi sento benedetto per essere parte di una tradizione e spero che la storia prosegua per altri 750 anni. A confronto con lo zio Abak, continuo ad essere un principiante e lui diceva la stessa cosa paragonandosi al suo Sifu. “Se non puoi realizzare ciò per cui hai studiato, non dare per concluso l’argomento. Se un altro uomo raggiunge il successo al primo tentativo, tu provaci dieci volte. Se un altro uomo lo raggiunge dopo cento tentativi, tu provaci mille volte. Perseverando in questa maniera, anche i duri di mente possono diventare intelligenti e i deboli possono diventare forti”. Confucio


Il termine “Difesa Personale” ha una connotazione negativa che già dal principio può portare al fallimento per l’individuo. Il problema è che questa etichetta si rispecchia nell’immagine che la persona è vittima di un atto violento o di un’aggressione e quindi deve realizzare un’azione difensiva. Questa premessa di agire dopo che è avvenuto il fatto violento, è la ragione per la quale la maggioranza delle persone soccombe alle azioni dell’aggressore e non recupera mai completamente dall’attacco iniziale o dalla paura che induce tale situazione. La donna non deve mettersi sulla difensiva; deve essere cosciente della propria situazione e non sottostimare o ignorare le possibili minacce. Ella deve essere propositiva, prendere l’iniziativa e avere l’impeto di provocare confusione nella mentalità dell’attaccante, per poter avere qualche vantaggio. “Autoprotezione Kyusho” è un processo di allenamento che offre agli individui più deboli, più lenti, più anziani o meno aggressivi, delle chance contro il più grande, più forte o più aggressivo degli attaccanti. Tramite l’uso degli obbiettivi anatomici più sensibili del corpo, collegati alle proprie azioni e inclinazioni naturali del corpo, puoi proteggere facilmente te stessa o gli altri, anche in situazione di stress o di limitazioni fisiche quando la tua adrenalina si scatena. Attraverso un lavoro graduale e progressivo delle tue innate abilità motorie (invece che delle tecniche altrui), le tue possibilità di vittoria sono notevoli.


REF.: • KYUSHO-21





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