Rivista Arti Marziali Cintura Nera 294 Agosto

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"Questo DVD si concentra sulle armi da taglio, per conoscere e comprendere tutti i pericoli che queste comportano, e il suo tema principale è la priorità. L'accento principale nella formazione con un'arma da taglio deve essere messo nei rischi associati con tali armi. Il grande pericolo di queste armi è reale, e deve essere trattato come tale. Ciò significa sapere dove stabilire la priorità nella vostra formazione in modo che sia uno strumento di sopravvivenza, se si presenta una situazione del genere. Affrontiamolo, sei tu chi deve sopravvivere, non è il tuo allenatore, lui ti aiuta ad allenare i tuoi obiettivi, ma non è il tuo obiettivo. Le priorità d'allenamento che uso in Latosa-Escrima sono le seguenti: la realtà, la tecnica e gli esercizi. Realtà: È la comprensione di esattamente ciò che potrebbe accadere e dei pericoli quando si utilizza o si affronta un'arma da taglio. Esercizi:. La maggior parte di essi sono utilizzati per sviluppare e migliorare le capacità di movimento utilizzate nell'applicazione tecnica. L'accento in quest’Allenamento con Armi da Taglio deve mettersi nella corretta posizione e nella priorità di sviluppare voi stessi per una situazione del genere. La tecnica non ti darà le competenze per far fronte a un'arma da taglio, ti darà solo lo scenario di come potrebbe funzionare. Non confondere gli esercizi e le tecniche con il sistema, questi sono solo strumenti per sviluppare le tue abilità.

REF.: • LAT-3

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“La prova più chiara della saggezza è un'allegria continua" Michel de MONTAIGNE. er gli allievi che cominciano l'allenamento di un’Arte Marziale, non risulta sempre facile distinguere l'oro… dal moro. Polvere e paglia vanno spesso per mano e separarli non è solo un compito arduo, bensì una missione quasi impossibile se non si conta su coordinate elementari per giudicare qualcuno e ciò vale ancor di più su un tema che spesso si ignora completamente. Il tema non è frivolo in un mondo pieno di falsari, maneggioni, perditempo, prevaricatori e bugiardi, disposti ad approfittarsi del candore e dell’ignoranza personale. Non sono da meno, né hanno meno colpe, coloro che basano il loro inganno su un auto-inganno e che camminano per il mondo convinti di essere la reincarnazione dell’asso di coppe. Come sapere, dunque, se un individuo è o meno un vero Maestro? Alcuni indizi per valutare il vero livello e la vera Maestria di una persona sono semplici da scoprire per chiunque, altri però non proprio così semplici. Tra i primi emergono quelli che si caratterizzano per agire in negativo, ossia per fare o dire quella serie di cose che un vero Maestro non farebbe né direbbe mai e che tenterò di spiegare in questo testo. Non è necessario avere conoscenze particolari per eliminare dalla tua lista chiunque agisca in quel modo. I secondi, al contrario, richiedono un'esperienza importante sul piano tecnico, filosofico e Marziale, e saranno probabilmente di poca utilità per un allievo al momento di scegliere e riconoscere un vero Maestro. C’è tuttavia una serie di valori e caratteristiche coincidenti in tutti quelli degni di tale designazione e che ho potuto appurare ampiamente tra gli esperti che ho conosciuto durante i molti anni in cui servo come direttore di questa rivista. Voglio che la mia esperienza possa servire a chi, onestamente, desidera sapere con chi si giocherà il futuro, in un tema che, senza dubbio, occuperà molto tempo ed energie nella sua vita, e dal quale potrà ottenere molto, se ha saputo rivolgersi al personaggio giusto. Naturalmente, l'umiltà è una di quelle caratteristiche che ogni Gran Maestro possiede. E occhio! Non è che non abbiano un ego. Per arrivare ad essere un Maestro di qualunque cosa bisogna averlo, credo! E preferibilmente enorme! La perseveranza e l’impegno dai quali deriva la perfezione non solo nascondono il suo grande motore, le sue deficienze, bensì la sua inseparabile controparte, i suoi eccessi e le sue pretese che lo spronano a crescere per arrivare finalmente dove altri non sono arrivati. In realtà succede che la sua evoluzione e la sua pratica hanno saputo pulirsi in un modo tale che l'ego ormai non è più presente, non disturba più nessuno, né se stesso, né gli altri. L'umiltà, condizione sine qua non per qualunque maestro che lo sia veramente, dimostra due cose, la prima: che uno sa abbastanza per sapere che sa molto poco e che per quanto arrivasse a sapere, sarebbe sempre un niente se paragonato alla dimensione della sua ignoranza. La seconda: che uno non deve dimostrare niente all’esterno, non deve convincere nessuno di niente, perché possiede la serenità e la fermezza interiori che hanno posto fine all'iniziale incertezza che divora l'uomo comune. Di conseguenza, se c’è qualcuno che continua a gettarsi dei fiori, non è un vero Gran Maestro. Qualunque siano le sue abilità acquisite nell’allenamento, non sostituiranno mai l’enorme risultato che soggiace all'umiltà. Quando qualcuno elogia se stesso,

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si denigra e squalifica agli occhi del mondo, perfino nel mondo degli stupidi che, sfortunatamente, non sono pochi. Perfino lo stesso grande Giulio Cesare, sul quale non vi è dubbio che dimorasse un fenomenale ego ma, è giusto dirlo, ben sostenuto da eccezionali risultati, ebbe il pudore di parlare di se stesso in terza persona… Beh, forse sono diventato stupendo, ma se non è stato per pudore, ho saputo per lo meno avere l'intelligenza di diventarlo. D'altra parte, i Grandi Maestri non parlano male di nessuno. No. Non è che siano santi o autistici; se chiedi loro un'opinione su qualcosa o su qualcuno, te la daranno ed essa sarà senza dubbio sincera, ma si astengono dall’esprimere opinioni di propria iniziativa su altre persone. Agiscono così non perché si siano auto-imposti tale abitudine, bensì perché non passano il tempo a giudicare il prossimo e tanto meno a denigrarlo per in conclusione ovviamente - risaltare loro al di sopra degli altri. I Grandi Maestri normalmente apprezzano le cose positive negli altri, perché comprendono il valore unico e irripetibile di ogni essere vivente ed è frequente che sia proprio su questo che si focalizzino in modo del tutto naturale. Così agiscono con naturalezza in modo costruttivo, apportando pennellate affettuose e spontanee sul quadro che ognuno dipinge nella propria esistenza. I loro suggerimenti aprono porte inaspettate nelle vite degli altri, perché considerano l'insieme e perché vivono naturalmente in un costante stato di creatività ben al di là dei modelli formali. Giungendo alla radice di qualunque cosa, una persona comprenderà necessariamente l'origine comune di tutti gli esseri umani; forse per questo un Gran Maestro riconosce la virtù nella differenza e comprende il posto che ogni cosa ha nella vigna del Signore, astenendosi dall'esclusivismo che caratterizza il fanatico, incapace di vedere il cielo al di là dell'insenatura del buco nel quale si è messo. Ma la manica larga di un Gran Maestro è ampiezza di vedute e in nessun modo mancanza di rigore. Al contrario, la Maestria porta con sé la meridiana esattezza e la certezza pratica, la mancanza di paura e l’economia totale. Questa combinazione gli permette di essere fluido e colui che è fluido non si ossessiona né si blocca in piccolezze, che siano formali o personali. Un Maestro è sicuro di sé e perciò non ha bisogno che lo applaudano né che lo adorino, quindi non innalzerà mai se stesso, né si collocherà più alto degli altri. Sa che è molto più quello che ci rende simili che quello che ci distingue, perché possiede una visione ampia e generosa. L'autorità che sgorga da un Maestro è naturale e semplice, mai artificiosa né elaborata. Non è l'abito né le tonsure che fanno il monaco, bensì la sua vita. Perciò, un Gran Maestro insegna col suo esempio, perché sa con certezza che è l’unica cosa che lascia un’autentica impronta sugli altri, l’unica cosa non invasiva e davvero rispettosa del mondo. Chiunque continui a pavoneggiarsi delle sue conquiste o dei suoi risultati non può essere considerato un Gran Maestro. Per arrivare alla maestria si deve superare il livello formale della tecnica e avendola conquistata, prescindere da essa. Ci sono livelli in questo cammino e nessun racconto esprime, secondo me, al meglio questa progressione come quello dei gatti cacciatori e del topo invincibile del libro "L'Arte della guerra" commentato da Sánchez Barrio e dal sottoscritto, vostro servitore. Shoken, un esperto nell'arte della spada, era disturbato da un grosso topo che non lo lasciava dormire. Invitò i migliori gatti dei paraggi e la sua casa si trasformò in


un’arena da combattimento. Il risultato era sempre lo stesso: i gatti, sconfitti dagli attacchi del topo, finivano per fuggire miagolando. Shoken decise di uccidere egli stesso il topo. Lo attaccò con la sua sciabola, ma il topo schivava tutti i colpi. Rinforzò le sue cariche, ma il topo era intoccabile. Ricoperto di sudore, finì per rinunciare. Un giorno sentì parlare di un gatto che aveva fama di essere il miglior cacciatore di topi della provincia. Quando Shoken lo vide, perse tutte le speranze; era nero, vecchio ed aveva un aspetto deplorevole, ma dato che non aveva niente da perdere, lo portò nella sua stanza. Il gatto entrò lentamente, come se non succedesse niente e si sdraiò. Il topo, fiducioso, si avvicinò e vedendolo cominciò a dubitare; si avvicinò ancora di più, leggermente spaventato. Il gatto lo acchiappò e lo portò fuori dalla stanza. Quella stessa notte, i gatti che avevano partecipato alla lotta contro il topo si riunirono in casa di Shoken ed invitarono il gatto anziano a presiedere l'assemblea sulle Arti Marziali. Un gatto dei tetti disse: "Io sono il più forte, conosco molte tecniche per acchiappare i topi; i miei artigli e i miei salti sono potenti e ho molti stratagemmi, ma quel topo non era come gli altri”. Il gatto nero dichiarò: “La forza e la tecnica non sono sufficienti per vincere, non rappresentano neanche la metà dell'arte”. Quindi parlò un gatto tigrato: “Io alleno sempre il mio ki e la mia respirazione. Mi alimento di legumi e di zuppa di riso; per questo motivo la mia azione è forte. Ma non sono riuscito a sconfiggere quel topo. Perché?” Il vecchio gatto gli rispose: “La tua azione e il tuo ki sono forti, ma sei più debole di quel topo. Se sei attaccato al tuo ki, si trasforma in una forza vuota. Se il tuo ki è troppo rapido e breve, sei solo appassionato; benché tu abbia molto ki, sei debole perché ti fidi troppo di te stesso”. Poi parlò un gatto grigio. Non era forte, ma era intelligente. Aveva superato le tecniche, ma aveva ancora ambizioni e spirito di profitto ed era stato costretto anche a fuggire. Il gatto nero gli disse: “Sei molto intelligente e forte, ma non sei riuscito a vincere perché avevi una meta, un’ambizione e l'intuizione del topo era più forte. Non hai saputo unificare la tua forza, la tua tecnica e la tua coscienza attiva. Io, in un solo istante, ho utilizzato queste tre facoltà in modo non consapevole, naturale e automatico. In questo modo sono riuscito ad uccidere il topo. Ma - continuò - in un paese vicino conosco un gatto ancora più forte di me. È molto vecchio e i suoi peli sono grigi. Non sembra molto forte. Dorme tutto il giorno. Non mangia carne, né pesce; solamente zuppa di riso… e a volte un po' di sake. Non ha mai acchiappato un solo topo, perché tutti hanno paura di lui e fuggono dalla sua presenza. Un giorno entrò in una casa che era piena di topi. Tutti fuggirono rapidamente e cambiarono casa. Questo gatto riusciva a cacciarli addirittura dormendo. È un animale veramente molto misterioso”. Un vero Maestro è naturale e semplice nella sua complessità, ma soprattutto è sempre un tipo felice. E per proseguire con i gatti, come diceva Gato Pérez nella sua canzone: “Chi non ha felicità, non è né saggio... né un bel niente”.

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Alfredo Tucci è Direttore Editoriale di BUDO INTERNATIONAL PUBLISHING CO. e-mail: budo@budointernational.com

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Grandi Maestri

Sifu Paolo Cangelosi. Il suo nome è ormai un simbolo in tutto il mondo di verità Marziale, di impegno con i suoi allievi e con la tradizione più pura del Kung Fu. Le sue varie serie di video hanno rivelato a studenti di ogni par te del pianeta, stili profondamente diversi come il Pa Kua, il Tai Chi, l’Hung Gar, ecc. Tuttavia, sono dovuto passare 33 anni di pratica prima che, finalmente, una sua opera su uno degli stili che più padroneggia e che più gli piace, il Wing Chun, vedesse la luce. Sifu Cangelosi lo imparò direttamente in Cina dal suo Maestro Fu Han Tung. Il suo stile, al di là delle peculiarità tecniche che lo caratterizzano, è sviluppato interamente su un modo di intendere il Kung Fu sempre tradizionale, didattico ed estremamente pr eciso. Sifu Cangelosi ha preparato un video fuori serie, nel quale ci conduce nei meandri della sua forma e della sua conoscenza del Wing Chun, attraverso una completa approssimazione che include le origini e le tradizioni filosofiche, i principi e, naturalmente, le applicazioni tecniche.

“All’inizio il mio allenamento era esclusivamente tecnico e fisico, ma con il tempo la pratica divenne sempre più interiorizzata. Lo studio delle applicazioni attraverso i principi dell’intercettazione e del controllo, mi aiutò a comprendere il significato della traduzione del suo nome: “piccola idea” (“Sil Lim Tao”)”



Grandi Maestri rimarcare la Dobbiamo ricreazione del mito della creazione dello stile, magnificamente filmata. Due lunghe ore che soddisferanno i palati più esigenti. Nel presente articolo conosceremo alcuni aneddoti che illustrano le esperienze del Maestro Cangelosi nel suo apprendistato dello stile, ed alcune considerazioni su uno stile che ha sempre più adepti tra gli amanti del Kung Fu.

WING CHUN Avevo solo 11 anni e mi ritrovavo nello scantinato di un palazzo, dove mi recavo per studiare quotidianamente il Kung Fu. Un uomo si stava esercitando di fronte ad una colonna di cemento, catturando la mia attenzione con i suoi movimenti simmetrici e la posizione statica delle sue gambe. La mano eseguiva un gesto lento di rotazione, accompagnato da una leggera vibrazione. Era il mio Maestro Fu Han Tung e stava praticando una forma dello stile Wing Chun: la Sil Lim Tao. Avevo iniziato a praticare le Arti Marziali da circa 3 anni con il Ju Jitsu e, da poco, il Kung Fu. Quando cominciai a studiare il Wing Chun, i primi mesi furono dedicati all’esclusiva pratica delle posizioni base e dei loro spostamenti, dei cambi di guardia e dei pugni fondamentali. Nel mio cuore si celava la speranza -e l’impazienza- dell’allievo, di poter iniziare al più presto la forma vista praticare dal mio Maestro. Più cresceva la mia esperienza nello stile e più ne apprezzavo le sue qualità tecniche. L’esecuzione della prima forma mi aveva affascinato per la precisione millimetrica delle sue tecniche, per il suo ritmo che alternava movimenti lenti ad altri veloci ed esplosivi e per l’energia che trasmetteva attraverso le sue azioni.


Wing Chun “Oltre alla costruzione geometrica delle tecniche, il mio Maestro sottolineava l’importanza della respirazione e dello sguardo, che accompagnavano sempre ogni gesto di espansione e di contrazione della forma�


Dentro di me, tutto ciò, creava una preziosa sensazione suscitata dal senso di antico e di arcano propri della tradizione dello stile. Mi stavo innamorando del Wing Chun. Dopo pochi mesi, vidi sull’edizione australiana di un libro di Wing Chun la stessa forma. Mi rese orgoglioso sapere che stavo studiando anch’io quello che altri Maestri, dall’altra parte del mondo, praticavano ed insegnavano.

Poco dopo il successo dei film di Bruce Lee, riconobbi, in una foto, l’attore in una postura del Sil Lim Tao, capii così che se tutti praticavano quella forma, allora era sicuramente importante esercitarla e scoprirne i suoi segreti. All’inizio il mio allenamento era esclusivamente tecnico e fisico, ma con il tempo la pratica divenne sempre più interiorizzata. Lo studio delle applicazioni attraverso i principi dell’intercettazione e del controllo,


mi aiutò a comprendere il significato della traduzione del suo nome: “piccola idea” (“Sil Lim Tao”). Il mio Maestro utilizzava la colonna di cemento dello scantinato per farmi capire il concetto della “linea centrale” e dei “livelli”, le coordinate di riferimento teoriche sul corpo umano per evidenziare i bersagli utili e le traiettorie d’azione, da utilizzare per eseguire i movimenti. Al centro della colonna, una linea verticale corrispondeva alla linea centrale del mio corpo, le mie

braccia dovevano agire lungo linee rette in direzione di essa, con tecniche di attacco e di difesa, solo così sarebbero state più rapide ed efficaci. La colonna era, inoltre, percorsa da tre linee orizzontali immaginarie su tre livelli, che corrispondevano al viso, al plesso solare e al basso addome. L’intersezione con la linea centrale verticale disegnava sei aree chiamate “i 6 cancelli” o “le 6 porte”, che erano i bersagli di riferimento che si potevano raggiungere attraverso traiettorie rette o convergenti. Oltre alla costruzione geometrica delle tecniche, il mio Maestro sottolineava l’importanza della respirazione e dello sguardo, che accompagnavano sempre ogni gesto di espansione e di contrazione della forma. Il ritmo interno danzava e fluiva con la fisicità delle tecniche e manifestava un perfetto equilibrio energetico. Fu così che iniziai a rendermi conto che il Wing Chun era uno stile difficile da collocare tra gli stili esterni. Non a caso il mio Maestro era solito dire che si poteva praticare tranquillamente anche a 100 anni d’età. Sono cresciuto per circa 10 anni con l’insegnamento esclusivo del mio SiFu Fu Han Tung, senza sapere nulla di quello che accadeva nelle altre scuole del resto del


Grandi Maestri mondo. La mia esperienza, nel frattempo, si era arricchita con la conoscenza anche di altri stili di Kung Fu e di altre Arti Marziali, ma il Wing Chun si distingueva per i suoi concetti e principi di azione che lo rendevano apparentemente semplice, ma estremamente efficace. Nel mio primo viaggio ad Hong Kong, circa 25 anni fa, ebbi modo di vedere altre persone praticare questo stile. Riconobbi che vi erano differenze nell’impostazione delle tecniche e diverse interpretazioni delle loro applicazioni, ma i principi di azione sui quali avevo lavorato con il mio SiFu erano simili. Malgrado le personalizzazioni dei vari Maestri, l’anima dello stile ne risultava immutata. Mi allenai in scuole differenti, tutte derivanti dalla corrente del Gran Maestro Yip Man e potei notare che alcune cose da me conosciute non venivano praticate. Il mio Maestro mi spiegò che molte tecniche insegnatemi derivavano da uno dei paesi di origine dello stile, ed erano rimaste patrimonio tecnico delle vecchie scuole; mi fece, inoltre, l’esempio dell’utilizzo della palla di pietra, dell’anello di bambù, della fascia e di altri attrezzi, che con il passare del tempo si andavano perdendo, perché le generazioni moderne stavano abbandonando i metodi di allenamento tradizionale. Ricordo un giovane cinese che m’invitò a praticare con lui il “Chi Sao”, l’esercizio delle mani appiccicose. Questo è uno dei settori tecnici che caratterizzano maggiormente il metodo Wing Chun. Il Chi Sao si basa sul lavorare mantenendo il contatto, sviluppando il controllo degli arti attraverso la sensibilità e la cedevolezza, intuendo il minimo movimento dell’avversario rispettando ed applicando i principi e i movimenti chiave dello stile: “un’arte nell’esercizio”. Il mio Maestro mi diceva che entrare in contatto a corta distanza con un buon praticante di Wing Chun è come cadere in una ragnatela. Il giovane cinese -che si faceva chiamare Willy-, dopo aver preso contatto con le mie braccia, si scagliò su di me con grande aggressività, al di fuori di tutti i principi di questo esercizio, senza rispettare nessuna regola tecnica dello stile. Affondò un pugno che non arrivò a bersaglio, si sbilanciò, cadde in avanti, tentando ancora di calciarmi circolarmente i genitali: sembrava un bambino che doveva per forza vincere. Era forse per lui quello il Chi Sao? Molte persone hanno le idee confuse riguardo a questo esercizio, lo scambiano per un combattimento



Grandi Maestri “Avevo solo 11 anni e mi ritrovavo nello scantinato di un palazzo, dove mi recavo per studiare quotidianamente il Kung Fu. Un uomo si stava esercitando di fronte ad una colonna di cemento, catturando la mia attenzione con i suoi movimenti simmetrici e la posizione statica delle sue gambe. La mano eseguiva un gesto lento di rotazione, accompagnato da una leggera vibrazione. Era il mio Maestro Fu Han Tung e stava praticando una forma dello stile Wing Chun: la Sil Lim Tao�


Wing Chun libero, in realtà è soltanto un metodo per estrapolare alcuni elementi da applicare successivamente in modo libero. Un altro dei settori tecnici che caratterizza questo stile sono le tecniche di gamba. Fa sempre parte dei miei ricordi: “calciare” era una parte integrante nei miei allenamenti quotidiani. Per me, in quel periodo, saper calciare voleva dire avere la muscolatura delle gambe elastica, essere veloci e riuscire a portare qualsiasi tecnica oltre il livello del viso. Quando il mio Maestro mi parlava dei calci del Wing Chun, non riuscivo ad apprezzare il loro valore tecnico; ma notavo la netta differenza dell’impostazione di questi movimenti che lo stile utilizzava. Questi calci avevano delle caratteristiche particolari e, come per le tecniche di braccia, preferivano la linea retta. Il corpo per calciare si può impostare frontale o semilaterale. La posizione della schiena e del bacino rimangono composte, ovvero non s’inclina all’indietro il busto e non si fanno sporgere le anche in avanti, permettendo quella continuità tra braccia e gambe che caratterizza questo metodo. Il calcio spesso non ha richiamo, una volta sferrato scende a terra con la gamba distesa, questo per mantenere lontano l’avversario. Anche il caricamento, a volte, è minimo, per ottimizzare l’economia del movimento e per risultare imprevedibile. Un’altra caratteristica sono le combinazioni dei calci portati su differenti livelli di altezza, e tra quelli semilaterali e quelli frontali, spesso portati con la stessa gamba. Calciare a medio e a basso livello, permette al praticante di agire in modo efficace, senza dover acquisire una straordinaria elasticità muscolare e mobilità articolare, ed, inoltre, di poter usare anche la corta distanza. Sono molto interessanti le tecniche di difesa con le gambe che il Wing Chun sviluppa: parate, arresti e controlli. Le “parate” deviano la traiettoria del colpo dell’avversario. Gli “arresti” interrompono l’azione nella fase crescente. I “controlli”, entrano in contatto e seguono la tecnica spostandola o bloccandola nella sua azione. Ricordo un aneddoto a proposito delle tecniche di gamba di questo stile. Come vi ho già detto, “calciare” era una delle pratiche che mi affascinava di più nell’Arte Marziale. Mi allenavo tutti i giorni calciando a vuoto ed ai sacchi, portando più di tremila tecniche, così che avevo raggiunto dopo pochi anni un ottimo livello. Un giorno il mio maestro Fu Han Tong mi invitò ad effettuare uno scambio tecnico di gamba con lui. All’inizio ero un po’ bloccato, calciavo lentamente ed ero prevedibile, poi lui m’incitò ad aumentare il ritmo, così che io pensai di essere in un esame. Portai, allora, alcune tecniche più decise e veloci, che oltrepassarono facilmente la sua difesa. Finito l’allenamento ricevetti i suoi complimenti. Tornando a casa mi sentivo sconcertato, perché avevo avuto un momento di esaltazione come se fossi diventato più bravo del mio Maestro, ma nello stesso tempo mi sembrava di aver mancato di rispetto a lui. Passarono alcune settimane ed il Sifu m’invitò una seconda volta ad eseguire con lui un combattimento con le sole gambe. Reduce dalla prima esperienza, gli chiesi se si trattava di un esame o di un semplice allenamento. Mi rispose “….Dai il massimo!” Sempre con il dovuto controllo della tecnica iniziai a calciare, ma questa volta i miei colpi erano sempre fuori misura, e quando la distanza si accorciava, le mie gambe venivano bersagliate dai suoi imprevedibili calci. Spesso non riuscivo neppure a staccare le gambe da terra. Quel giorno capii tante cose. Imparai ad apprezzare le tecniche del Wing Chun e, soprattutto, che cosa vuol dire “essere un Maestro”.


Grandi Maestri Oggi molti praticanti limitano questo stile alla difesa personale, ma non dobbiamo dimenticare tutto quello che è stato creato nel tempo dai vecchi Maestri. Il Wing Chun è Kung Fu e, come tutti gli stili tradizionali, ha un suo programma tecnico ricco di storia, significati, simbologie e metodi propri di addestramento. Tutto ciò non può essere cancellato da una semplice tecnica di “pugni a catena”. Sono passati 33 anni da quando vidi il mio Maestro praticare Wing Chun di fronte alla colonna, anni dedicati allo studio, alla ricerca e alla pratica, al fine di perfezionare un metodo che unisca l’antico e il moderno, la tradizione e l’evoluzione scientifica. Un metodo di tramandamento che rispetti e

mantenga vivi i valori etici, spirituali e tecnici di quello che oggi tutti chiamano Wing Chun. Vorrei ricordare ai praticanti di Wing Chun che, nonostante la provenienza da scuole e correnti diverse, siamo tutti alla ricerca di un perfezionamento tecnico e di una crescita interiore, che da sempre sono stimolo comune per i praticanti di Arti Marziali. Non dimentichiamoci anche l’insegnamento più prezioso che l’Arte ci dona: il rispetto per essa e per tutti coloro che la seguono con il cuore. Non perdiamoci, quindi, in sterili polemiche o critiche distruttive, se incontriamo nella nostra via un Wing Chun un po’ diverso dal nostro...


Wing Chun

“Vorrei ricordare ai praticanti di Wing Chun che, nonostante la provenienza da scuole e correnti diverse, siamo tutti alla ricerca di un perfezionamento tecnico e di una crescita interiore, che da sempre sono stimolo comune per i praticanti di Arti Marziali�








Noi tutti abbiamo spesso sentito quella frase eloquente: "Tu ti difendi come ti alleni". Allo stesso modo, il Maestro Bruce Lee ha detto nella sua filosofia marziale, un'altra frase da ricordare: «Non temo l'uomo che ha praticato diecimila calci diversi, temo l'uomo che ha praticato un unico calcio diecimila volte." Bruce Lee non l'avrebbe potuto meglio esprimere, tutti sappiamo molto bene il messaggio di queste parole. Più si ripete questo stesso concetto, più efficacemente memorizzanno il nostr o corpo e la nostra mente i movimenti consolidati. Questo pensiero è noto come memoria muscolare.


Farang Combat

“Non temo l'uomo che ha praticato diecimila calci diversi, temo l'uomo che ha praticato un unico calcio diecimila volte.�


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econdo il dizionario, la parola "memoria", tra i suoi tanti significati, fa riferimento alla "capacità psichica attraverso la quale si mantiene e ricorda il passato." Applicare questo concetto al caso dei nostri muscoli implica che il nostro sistema muscolare è in grado di ricordare alcune attività fisiche che abbiamo realizzato qualche tempo fa. Ciò significa che la mente apprende un nuovo concetto e lo trasmette ai muscoli, per iniziare lo sviluppo di questa cosiddetta "memoria muscolare". Il processo è assimilato e i muscoli ricordano ciò che il cervello li comunica. In senso stretto, la memoria muscolare è la capacità del nostro corpo per fare movimenti ed esercizi senza nemmeno pensarci. Un chiaro esempio di questo è il ciclismo. Assimilando la frase del Maestro Lee e considerando l'indiscutibile definizione del dizionario, possiamo concludere che un allenamento mirato a svilupare la memoria muscolare è sostanziale per lo sviluppo di un artista marziale. Quando il nostro allenamento difensivo e sportivo è eseguito con lo scopo di sviluppare questo



termine, dobbiamo tener conto di due elementi principali: la raccolta di informazioni e una pratica costante. "Più non è necessariamente migliore di meno." Quando lavoriamo per sviluppare la nostra memoria muscolare, la raccolta di informazioni nel nostro allenamento dovrebbe essere condizionata; cioè, la più elementare possibile. Ad esempio, quante tecniche impariamo nei nostri rispettivi stili marziali di una particolare sezione? Questa domanda mi porta a rivivere dei momenti speciali con il mio primo maestro, che molto convincente ha illustrato i miei primi passi nelle Arti Marziali con inflessioni di attacchi di collo. Con abilità insuperabile, lui mi ha indottrinato con 15 tecniche di base. Dopo due settimane di pratica, il mio insegnante mi ha fatto combattere con due dei suoi migliori allievi. E con mia grande sorpresa, i quindici tecniche apprese non sono state mai viste nel corso dell'azione; a

quanto pare sono state dimenticate. Con una ilarità tempestiva, il Maestro mi ha detto che dovevo scegliere due dei quindici tecniche apprese e praticarle per un'altra settimana. Al termine del tempo indicato dal Maestro sono stato attaccato di nuovo dai suoi migliori allievi e sorprendentemente, sono riuscito a difendermi alla svelta. Se portiamo un pesante fardello sulle nostre spalle, il corpo non sarà in grado di eseguire i movimenti prontamente. Al contrario, se portiamo un carico leggero, il nostro corpo si muoverà in modo più efficace. Quando viene applicato alla memoria: minore è l'informazioni, migliore è la ritenzione. Il Farang Combat ha diverse combinazioni di pugni, raggruppate in tre diverse aree, vale a dire: Ottagonale, Triangolare e Circolare. Accedendo alla cosiddetta area Ottagonale, troviamo otto combinazioni offensive insieme a otto movimenti, che sviluppano la velocità e la coordinazione dell'individuo in modo efficace. Contemplando la modalità di combinazioni chiamata Triangolare, troviamo tre spostamenti configurati in modo difensivo. Il primo movimento di spostamento, denominato "Triangle Drop", è una mossa difensiva che cerca il riavvicinamento tra il difensore e l'attaccante, al fine di stabilire le proiezioni dinamiche. Il secondo movimento chiamato "Double Straight" produce attacchi lineari in corsa, cercando l'instabilità dell'avversario. Il terzo metodo, denominato "Hammer Kill", integra i movimenti di 45 gradi, a t t a c c a n d o sorprendentemente i livelli bassi e alti del corpo. Concludiamo citando ancora una volta una delle icone della cultura popolare nell'ultimo terzo del XX secolo e artista marziale, Bruce Lee: "Nel caos cerca la semplicità e nella discordia cerca l'armonia". Bruce Lee


Farang Combat























Questo nuovo DVD di Fu-Shih Kenpo del Soke Raul Gutiérrez si concentra sulle forme tradizionali dello stile, le loro applicazioni e la difesa personale. In particolare studieremo con attenzione la forma "La Tigre si difende", con le sue corrispondenti applicazioni tecniche, la forma "I Denti della Tigre", e il lavoro libero con armi. Poi il Maestro spiega in dettaglio tutta una serie di tecniche avanzate di difesa, spiegando il motivo per cui certi movimenti sono eseguiti, lanciando avvertimenti su aspetti a prendere in considerazione, e indicando i possibili angoli d'attacco e le varianti che possano essere applicate in ciascun gruppo tecnico. Il DVD si completa con una serie di tecniche di combattimento per la competizione sportiva e il condizionamento fisico, dove il Maestro Gutiérrez insegna come preparare le nostre armi, le braccia e le gambe, per l'autodifesa e il combattimento. Certamente una forma di lavoro la cui ricchezza si trova nello scambio e il coordinamento con altri stili, e imparando a rispettare le nostre diverse fonti di studio.

REF.: • FUSHIH-2 Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.

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Dal suo uso come strumento di campagna ad Okinawa, alla sua introduzione come difesa nella maggior parte dei corpi di sicurezza pubblici e privati, il Tonfa ha conquistato una meritata fama di compagno efficace, versatile, contundente, affidabile e maneggevole. Il Capitano Jacques Levinet ci presenta oggi il suo ultimo DVD su quest’arma, in un articolo col quale ci propone sempre una visione orientata all’efficacia, al realismo e all’utilità pratica del suo utilizzo, nonché alla relativa formazione. Un lavoro da non perdere se tu, stimato lettore, sei interessato all'autodifesa professionale.


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www.academielevinet.com Tonfa Operativo Le origini del tonfa, chiamato anche "tongwa, tuifa, tunkua, tuiha", sono famose per derivare dalle antiche isole cinesi di Okinawa, dove si usava, in primo luogo, come attrezzo agricolo, come una manovella per fare girare i denti per macinare il grano e, dopo, come strumento di guerra, per permettere ai contadini, privati delle loro armi dall'occupante giapponese, di lottare contro i samurai dell'epoca. Benché attualmente continuino nelle arti marziali ad essercene due di tonfa di legno utilizzati nella pratica del Kobudo, è stato adottato solo, ed in un materiale metallico prima e composto dopo, dagli anni ‘70 negli Stati Uniti d'America e, in un secondo momento, da numerose forze dell'ordine nel mondo intero. Il suo uso professionale è stato identificato con numerosi appellativi che vanno dal "tonfa poliziesco" al "tonfa sicurezza", passando per il "tonfa professionale" ed altri termini simili. Esistono tanti nomi diversi quante forme di tonfa. A partire dal 2000, grazie alla sua tripla esperienza come Capitano di polizia, gran maestro di arti marziali ed esperto internazionale delle forze dell'ordine, lo specialista in difesa personale e tattiche poliziesche, Jacques Levinet, avendo effettuato la sua personale riflessione sul tema, ha sviluppato un metodo rivoluzionario, adatto al XXI secolo, per trarre il massimo vantaggio da questa arma non letale. Così nacque il Tonfa Operativo Polizia o TOP, che non è una nuova designazione ma un procedimento inedito e molto efficace per un uso intermedio e

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Jacques Levinet complementare con l'arma di pugno e le manette. Per tutte queste ragioni, il TOP sta creando un crescente interesse nel mondo intero.

Origini Deriva da altre invenzioni dell'autore. • L’SPK - Questa difesa personale che ha un successo notevole in numerosi paesi, ha dato al TOP la sua originalità per le sue applicazioni concrete nella pratica. Le difese dell’SPK sono i supporti che hanno permesso al TOP di giungere a tali risultati. L'assenza di orpelli e la pedagogia sono state le chiavi del successo di questi due metodi che forniscono, a civili e professionisti, i mezzi per far fronte alle aggressioni della strada. • Il ROS - C'è un vincolo interattivo di esistenza tra il Reale Operational System, un metodo completo per le forze dell'ordine, ed il TOP, che è uno dei suoi moduli esattamente come il BOP (bastone operativo Polizia), i GTOIP (gesti tecnici operativi di intervento e di

protezione) ed il PRO (protezione vicina operativa). Il ROS evolve in funzione delle sue applicazioni sul campo e dei "feedback" ottenuti regolarmente dalla squadra direttiva AJL (Academia Jacques Levinet). Le difficoltà della strada sono quelle che hanno la priorità nel TOP, per questa ragione la tecnica passa in secondo piano e la dimostrazione narcisista non ha spazio. La realtà si impone al di sopra della fantasia, per lasciare posto alla operatività. • Non adozione della formazione - Spesso gli allenamenti del tonfa non vengono adottati sia per scarsità di tempo, che per mancanza di competenze, per assenza di un piano di formazione, senza dimenticare la mancanza di volontà politica di fornire i mezzi economici per ottenerla. Dare un tonfa ad un poliziotto non è sufficiente affinché sia operativo, è necessario un servizio post vendita. Detto in altro modo, una formazione iniziale contro corrente ed una formazione continua che segua la corrente con degli aggiornamenti e dei "feedback" regolari. Perciò, il Capitano Levinet ha voluto rimettere tutte le cose in chiaro. La formazione TOP è molto più lunga che nella maggior parte dei casi ed effettua un'eliminazione radicale delle tecniche che non funzionano nella realtà. È stato strutturato un piano di formazione sia dal punto di vista tecnico che giuridico. Assenza di aggressioni stereotipate, di attacchi predeterminati, di difese sicure con tonfa di gomma piuma, di prese di mano armata

irrealizzabili per la strada. Nessuna passività, nessun allenamento ludico; al loro posto la dura legge della strada. I risultati non si sono fatti attendere. La modifica e l'evoluzione delle tecniche sono risultate vitali ed il tonfa è diventato davvero operativo nel pieno senso della parola.

Specificità Il TOP ha una cor nice di impiego affinché ogni professionista comprenda la sua utilità, qualunque sia il suo servizio di impiego e la sua dotazione materiale. L'influenza dei GTOIP è stata un fattore importante perché si suppone che le forze dell'ordine intervengano la maggior parte del tempo in squadra. • La complementarietà - Il lavoro del TOP non è mai considerato in maniera isolata, ma prende in considerazione la totalità del materiale di coercizione a disposizione di chi lo utilizza. Un

intervento può cominciare a mani nude, avere bisogno dell'uso del tonfa, delle manette ed, in certi casi, dell'arma da fuoco per dissuadere o rispondere. Il poliziotto deve adattarsi, perché non sa mai quando e come giunge un pericolo. Con il TOP, la chiave, l’ammanettamento ed il


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“Non c'è lettura "cieca" degli articoli della legge sulla legittima difesa. Il poliziotto o il militare spiega la tecnica utilizzata nell'azione, affinché sia conforme alla legge del suo paese”



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controllo possono essere concomitanti in un ordine aleatorio secondo il rischio. Determinati parametri sono ineludibili come estrarre il tonfa prima dell'arma da pugno e viceversa, riporre l'arma da fuoco prima del tonfa, salvo in caso di fuoco di risposta immediato. Da questo punto di vista, il cambio della mano che utilizza il tonfa è imprescindibile per utilizzare la mano forte ed afferrare le manette o l'arma da fuoco. • I punti chiave - Prendono la forma di risposte concrete per gli agenti soli o in squadra, e non quella di un insegnamento puramente teorico. • La distanza - Dipende dalla reazione di fronte al pericolo. Se lo vediamo venire, la difesa si farà ad una distanza anticipata. Si preferiscono i blocchi indiretti più che le parate dirette col corpo del tonfa, grazie alle impugnature in polso punta, spada punta e tomahawk punta. Se la nostra attenzione non ci ha permesso di vedere arrivare l'attacco, la difesa sarà inaspettata e molto ravvicinata. In questo caso, si prediligono il riflesso condizionato ed i blocchi indiretti col corpo del tonfa, grazie alle prese impugnatura tallone, spada tallone e mini tomahawk. Quindi, la distanza condiziona la tecnica naturale, innata e riflessa. • Le impugnature - Nel TOP non bastano le


www.academielevinet.com impugnature più comuni chiamate dal “lato piccolo o grande”. Le si adatta in funzione delle missioni, il che apre un campo d’azione importante negli interventi in ambienti ristretti o chiusi. L'impugnatura feticcio del TOP è il mini tomahawk, che offre l'opportunità di cambiare facilmente mano forte, di agganciare e di spingere, anche di bloccare una chiave con un controllo di protezione. La piccola e la grande forca del TOP in impugnatura spada punta e spada tallone, proteggono contro qualunque attacco ascendente o discendente. Le forche facilitano il disarmo per aggancio. L'impugnatura del TOP non serve solo per afferrarlo, serve anche per rispondere, agganciare, bloccare ed esercitare punti di pressione. • Liberazione delle mani - Le tecniche del TOP permettono i cambi di mano per un ammanettamento o un controllo. Bisogna avere un tempo di anticipo sull'evoluzione della situazione. O basta la risposta, o è necessario neutralizzare, condurre in piedi, portare al suolo, utilizzare congiuntamente un ammanettamento, una perquisizione, un controllo in piedi, un controllo in uscita con un aggancio del tonfa nelle manette. In

“Spesso gli allenamenti del tonfa non vengono adottati sia per scarsità di tempo, che per mancanza di competenze, per assenza di un piano di formazione, senza dimenticare la mancanza di volontà politica di fornire i mezzi economici per ottenerla”




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sintesi, non si lascia mai il TOP dal principio alla fine dell'intervento. Le chiavi a twist ed israeliane sono aiuti eccellenti in questo campo, perché liberano le due mani.

Pedagogia Professionale Il piano di formazione del TOP esige che gli istruttori con la denominazione AJL trasmettano la pedagogia ufficiale con i riferimenti deontologici e legislativi propri di ogni paese dove si realizza l'allenamento. • Spiegazioni giuridiche - Nel TOP non c'è lettura "cieca" degli articoli della legge sulla legittima difesa. Il poliziotto o il militare spiega la tecnica utilizzata nell'azione, affinché sia conforme alla legge del suo paese. Non si tratta di un semplice ragionamento, bensì di una dimostrazione in stile ricostruzione giudiziale. Deve assicurare agli occhi di un giudice o di un superiore gerarchico, la legittimità dell'intervento. La pedagogia del TOP fornisce tutte le situazioni favorevoli legali per ottenere questo risultato, come le risposte stoccate al corpo in impugnatura polso punta, gomito verso l'alto, per evitare qualunque percussione poco fortunata


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al viso. Allo stesso modo, il controllo non è sinonimo di tiro di risposta, ma anche di uscita da un ambiente ostile o di protezione per l'agente e l'individuo. • Terminologia specifica - Nel TOP, le parole sono un mezzo per attenuare la responsabilità. Non si usa mai il termine "colpi", sinonimo di aggressione, bensì quello di "risposte", che equivale ad una difesa. Si parla con una voce alta ed intelligibile in una cornice professionale. Il controllo degli ambienti e la curiosità degli spettatori, con i loro telefoni cellulari, foto e video, ci obbligano ad un minimo di prudenza. L'intervento associa sicurezza, protezione ed azione nel rispetto più stretto della legge del paese in questione.

• Formazione adattata - I criteri giuridici di intervento nel TOP si adattano al paese in questione. Per esempio, negli Stati Uniti l'utilizzo dell'arma da fuoco è meno pressante che nei paesi europei, c'è pertanto meno tecnicità di TOP. Invece, si dà più importanza alle chiavi di coercizione con controllo in uscita e di protezione. • Creazione di situazioni realistiche - Il TOP privilegia il lavoro in squadra con alcuni esercizi di PLI (“Protection, Liaison, Intervention” - Protezione, Unione, Intervento) con dei tonfa duri. Non si usano tonfa di gomma piuma per sanzionare le posizioni sbagliate o la mancanza di controllo. Che cosa potrebbe avere di buono questo allenamento sicuro che non si avrà per la strada.


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Cursus con Label Il TOP fornisce un'aura significativa grazie ai seguenti punti: • Programmi multi lingue -La maggior parte degli istruttori TOP dell'AJL sono poliglotte (inglese, tedesco, spagnolo, portoghese), per dare una formazione diretta e comprensibile a tutti. • La categoria ROS – TOP - Il cursus, il piano di formazione, l’aggiornamento, i feedback, il certificato

rinnovabile ogni anno, dotano il cosiddetto istruttore ROS-TO di un criterio di qualità molto pregiato. • Riconoscimenti internazionali - Le esibizioni ed i seminari TOP del fondatore, in tutto il mondo, hanno risvegliato l'entusiasmo dei maggiori esperti internazionali delle forze dell'ordine. Il Tonfa Operativo Polizia non è un accessorio di esibizione come il nunchaku, bensì la migliore arma non letale, dalla quale il Capitano Levinet ha trarre tutta l'efficacia professionale, fino ad ora ineguagliata.

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GM GERMAN IN MEMORIAM

Le leggende si fanno, non nascono spontaneamente. I Grandi Maestri si definiscono tali per la conoscenza e l'esperienza acquisite con gli anni, e la loro abilità nel condividerle con la successiva generazione. La loro maestria nelle Arti e nelle relazioni che coltivarono durante tutto il loro allenamento li hanno fatti entrare nelle grazie dei loro mentori. Sono questi anni d’ispirazione e di comunicazione che hanno dato vita e significato ai


loro stessi stili individuali. Riconosciuto da molti come Maestro di Maestri, David Germán è una vera e propria leggenda nella comunità delle Arti Marziali. Questo Gran Maestro, grandemente rispettato ed innovatore, fa parte del lascito di grandi Maestri e della grande storia della maestria nelle Arti Marziali. Con i suoi più di cinquant’anni di esperienza e di allenamento, è attualmente uno dei maggiori esponenti delle Arti Marziali del mondo.


GM David German

L

e radici di Germán nelle Arti Marziali sono molto profonde. Il suo stile nacque negli anni sessanta in un periodo caratterizzato dalla revisione, dalla ristrutturazione e dalla ridefinizione delle Arti Marziali. Cominciò la sua carriera nelle Arti Marziali praticando il Jujutsu. Dopo aver acquisito la cintura nera divenne amico, socio e protetto del defunto Edmund K. Parker, il quale poi avrebbe rivoluzionato le Arti Marziali in America. Come vero e proprio pioniere ed innovatore, Parker ridefinì e pulì il Kenpo, creando quello

GM GERMAN IN MEMORIAM che sarebbe poi stato riconosciuto in tutto il mondo come Kenpo Americano. Nel 1956, Parker inaugurò il suo dojo a Pasadena, California, e cominciò ad accumulare una clientela di allievi affezionati ed ansiosi di conoscenze. Germán fu uno dei suoi primi discepoli, collaborò con lui allo sviluppo e alla costruzione della sua sala di allenamento. Il suo studio di Pasadena divenne la casa di Germán, ed il fatto di allenarsi e di collaborare con Parker lo fece sentire parte integrante del sistema Kenpo. Germán non fu solamente un allievo dell'Arte. Più tardi venne riconosciuto come uno degli “originali” del kenpo Americano.


TAI karate Una delle cose che contribuì all'enorme successo del sistema Kenpo di Parker era la sintonia piena con la mentalità americana. Parker sfidava Germán ad essere se stesso e ad avere ampiezza di vedute. Costantemente animava la giovane cintura nera a coltivare la sua creatività e ad incorporare tecniche proprie al sistema di Kenpo. Alla fine, Germán sviluppò molti dei codici del Kenpo e divenne il creatore ed il

coreografo de “La forma numero quattro” del Kenpo. I due colleghi manterranno l'amicizia e la collaborazione durante tutta la loro vita, discutendo i sistemi, affinando le tecniche e sviluppando innovazioni che modellarono e diedero forma alle Arti Marziali così come le conosciamo attualmente.

Lo scambio di idee Parker animava i suoi allievi affinché non limitassero la loro conoscenza delle Arti Marziali solo alla sua istruzione. Germán si associò con alcune delle figure più importanti della comunità delle Arti Marziali. Gli anni di allenamento e di scambio di


GM David German

GM GERMAN IN MEMORIAM


TAI Karate idee e di tecniche con le leggende della sua epoca, diedero forma alla sua filosofia delle Arti e risvegliarono in lui una creatività che contagiò coloro che gli stavano attorno. Alcune cose si apprendono di più quando si insegnano. Normalmente è nei momenti di conversazione riposata e di scambio di idee che più si stimola l'immaginazione. Germán ricevette la visita del defunto Mas Oyama nella sua casa in California. Ebbe modo di godere della compagnia di Oyama, l'illustre fondatore del Karate Kyokushin, celebre per la sua forza sorprendente e per la sua astuzia in qualunque combattimento, sia con lottatori che con tori selvaggi. Germán difese l'efficacia delle Arti Marziali classiche combinandole con il grappling puro e con il Chin Na. La sua esperienza nel grappling risaliva alla sua amicizia con “Judo” Gene LeBell, considerato da molti come “l'uomo più duro che esista”. Trasmise la sua esperienza nel grappling ad altri le cui conoscenze cominciavano con le tecniche di colpo. Le sue chiavi articolari e i suoi blocchi di braccia arricchirono il sistema di Budo Jujutsu del defunto e magnifico Al Thomas. Gli anni di allenamento e di collaborazione con Thomas fecero di Germán l'erede ufficiale del sistema di Budo Jujutsu.


Una leggenda vivente Germán continuò a sviluppare e ad ampliare le proprie innovazioni nelle Arti. Combinando la sua esperienza nel Kenpo con il grappling e il Chin Na, creò un sistema ibrido conosciuto come Karate di Transizione Azione Incorporati. Il Karate TAI (Kenpo) integra gli attacchi devastanti del Kenpo con le dolorose tecniche di chiavi articolari del Jujutsu e del Chin Na, combinando magistralmente le Arti in una transizione fluida dal colpo al grappling. L'antica Arte cinese delle prese e del controllo, il Chin Na, rivolge ed utilizza la forza dell'aggressore contro se stesso. Quando si combina il Chin Na con la varietà di tecniche di lotta al suolo ed in piedi del Karate TAI, il risultato è un sistema di difesa personale sommamente efficace. Germán riuscì a trasmettere la conoscenza e l'esperienza acquisite con gli anni ad altre persone disposte a riceverle e mantenerle. La sua relazione ed amicizia con il Dottore Christian Harfouche cominciò tre decadi fa in


“Parker sfidava Germán ad essere se stesso e ad avere ampiezza di vedute. Costantemente animava la giovane cintura nera a coltivare la sua creatività e ad incorporare tecniche proprie al sistema di Kenpo”.


GM David German California, quando il concetto delle Arti Marziali di quest’ultimo venne trasformato da questo Gran Maestro americano e dal suo stile di lotta aggressivo. Dopo aver ottenuto il decimo Dan in Karate TAI, Harfouche fu nominato erede ufficiale del sistema di Germán. Con il passare degli anni, David Germán ha lavorato come guardia del corpo di molti personaggi famosi ed ha allenato celebrità come Wayne Newton. Ha portato a termine più di mille dimostrazioni di Arti Marziali a Las Vegas, in luoghi prestigiosi come l’Hotel Tropicana. Il suo programma televisivo “L'Arte del Karate, di David

GM GERMAN IN MEMORIAM Germán” è stato una fonte di educazione e di informazione per moltissima gente in passato. Questo Gran Maestro di sessantatre anni continua a stupire il pubblico dei seminari e, allo stesso modo, i suoi allievi, con le sue conoscenze enciclopediche di Chin Na, la straordinaria velocità delle sue mani e la sua brillante creatività.


TAI Karate


GM David German

GM GERMAN IN MEMORIAM RIP 2005

GRAN MAESTRO DAVID GERMÁN ·Cintura nera di decimo grado in Karate TAI ·Maestro di Kenpo ·Esperto in Budo Jujutsu ·Maestro di Chin Na ·Esperto in Kung Fu Tigre-bianca ·Esperto in Kung Fu Sopracciglio-Bianco ·Esperto in Grappling UNA PRIMIZIA DI BUDO! David Germán fu allievo del defunto Ed Parker e ha studiato a fondo le relazioni del movimento marziale in varie Arti come il Kenpo, il Jujutsu, l’Aikido e il Chin Na. Nel suo nuovo video “Kenpo: la Forma TAI”, dimostra e spiega come incorporare le azioni di transizione, passando rapidamente ed efficacemente dal colpo al grappling.


“ Il Karate TAI (Kenpo) integra gli attacchi devastanti del Kenpo con le dolorose tecniche di chiavi articolari del Jujutsu e del Chin Na�












Evan Pantazi

Attacchi ai punti del corpo Una delle aree più difficili del Kyusho su cui lavorare risulta essere anche la più letale, dato che la natura ha creato la protezione efficace della cavità del corpo necessaria per evitare danni gravi agli organi interni. Questo livello di informazioni necessiterà di uno studio molto serio per poterci lavorare bene, in modo tale da poter raggiungere gli obiettivi precisi e corretti in una situazione di combattimento reale. Le strutture anatomiche protettrici non sono solo sostanziali, ma anche estremamente mobili e puntualmente protette da tutta la struttura umana. Possono essere protette istantaneamente dalle braccia, dalle gambe, dalla testa, dalle spalle ed anche dal tronco stesso. Aggiungete a questo altre dinamiche come il movimento, l'eccesso di peso o la massa muscolare e capirete perché questo livello d’esecuzione richieda molto più tempo per lavorarci adeguatamente. Il tronco è una combinazione intricata di ossa, cartilagini, tendini, muscoli, grasso e pelle, che venne sviluppata dalla natura per permettere la massima adattabilità e protezione. La stessa esistenza dell'individuo conta molto su questa protezione durante il corso della sua vita, specialmente in situazioni dure dove le cadute, le lesioni e gli attacchi premeditati entrano in gioco. La pelle stessa è collegata alla struttura dei muscoli attraverso una membrana fine e molto flessibile. Questo permette di evitare o di variare qualsiasi contatto, impedendo una connessione più diretta e concentrata. Aggiungete dei possibili strati di grasso che agiscano da ammortizzatori e comprenderete il primo livello di protezione degli organi di cui è in possesso tutto l’essere fisico. I nervi che esistono tra le strutture anatomiche che abbiamo menzionato, saranno più difficili da comprimere contro una struttura della schiena per causare un impulso elettrico verso il sistema nervoso, a causa dell'alta mobilità della superficie. Poi ci sono i muscoli del tronco, che non solo permettono il movimento ed il controllo, ma offrono anche uno strato ammortizzatore alle strutture soggiacenti. Il muscolo pettorale, il dorsale e gli addominali sono molto

“Colpendo i punti dai lati e frontalmente avremo un maggior accesso e molte meno probabilità di causare un danno fisico visibile”


Kyusho

“Il tronco è una combinazione intricata di ossa, cartilagini, tendini, muscoli, grasso e pelle, che venne sviluppata dalla natura per permettere la massima adattabilità e protezione”


Evan Pantazi



Evan Pantazi grandi e possono addirittura essere potenziati, provocando un aumento della profondità del tessuto, formando così una struttura ancor più protettiva. Quando un muscolo si contrae, la densità ed il potenziale di protezione aumentano anche di molto. Quest’azione non solo copre i nervi ed allevia la tensione degli organi interni, ma inoltre non permetterà tanto facilmente un effetto di penetrazione, dato che lo stress è condiviso da una superficie maggiore di tessuto. La cartilagine e l'osso della struttura delle costole servono come meccanismo di assorbimento e di trasferimento di energia. Le costole sono arrotondate ed la loro angolatura disperde l'impatto diretto o la compressione, in modo simile all'arco di un ponte che distribuisce il peso tra le basi. Anche le ossa dure sono collegate alla cartilagine, la quale è flessibile ed offre un maggior assorbimento dello shock e dello trasferimento di una commozione indotta. Perfino la composizione morbida e la flessibilità degli stessi organi si adatta ed aggiusta per proteggere la funzione. Perciò aggiungete tutti questi strati strutturali esterni, il movimento morbido e flessibile del corpo stesso che può spostarsi, girare e deformarsi per assorbire l'impatto, aggiungete poi la libera mobilità delle posizioni del braccio in tutte le sue angolature, delle gambe, che possono regolare la distanza o muovere completamente il torso, e persino della testa, che si muove in modo naturale per mantenere l'equilibrio dei movimenti del corpo, e vedrete come tutto questo rappresenti uno scudo incredibile. Tutto questo può essere compensato, e si può produrre comunque un grave danno interno comprendendo questi ostacoli ed alcune componenti essenziali. Uno studio adeguato aggiungerà questi concetti alle capacità del praticante con il minimo sforzo necessario, ma con molta pratica. Invece dei metodi di forza tradizionali, il praticante di Kyusho impara la localizzazione, gli angoli ed i metodi per mezzo dei quali riesce a superare questi strati di difesa, per



Evan Pantazi


Kyusho interferire non solo sui nervi relazionati, ma anche sulla fonte o sullo stesso organo. Per prima cosa vedremo gli strumenti di cui abbiamo bisogno, dato che per utilizzare i palmi, i pugni, i gomiti, le gambe o i piedi avremo bisogno di forza, per lottare contro queste barriere protettrici. Utilizzando le nocche (in molte Arti vengono utilizzate, ma spesso non si comprende appieno il loro potenziale), la punta delle dita, le ossa del polso o determinate parti dei piedi, la forza non sarà più il fattore chiave. Inoltre, eliminando la necessità della forza, della portata del movimento ed anche della velocità necessaria, il movimento risulterà minimo, offrendo un minor tempo di reazione all'avversario nell'uso della sua mobilità e del suo movimento corporale per proteggersi. I nervi che inviano gli impulsi al cervello affinché funzionino gli organi interni, viaggiano lungo la colonna vertebrale separandosi in ramificazioni in ogni vertebra e/o spazio intercostale (spazio tra le costole) ed attraverso tutto il tronco. Le ramificazioni nervose non solo si estendono lungo le costole ed il resto del corpo, ma attraversano anche ognuno degli organi interni, facendo in modo che funzionino continuamente ed efficacemente. In ognuno di questi spazi intercostali c’è una vena, un nervo ed un’arteria che rappresentano l'itinerario di accesso verso il funzionamento degli organi. Come abbiamo già menzionato in altri articoli, i punti di pressione sono aree attraverso le quali possiamo eludere gli strati di protezione e manipolare una sezione del nervo direttamente e, a loro volta, le funzioni inter ne dell'individuo. Utilizzando piccoli strumenti o armi speciali per arrivare a questi punti tra i muscoli, i tendini e le ossa, con l'angolazione corretta, debiliteremo o scompenseremo la fonte dell'energia degli organi. Questa è

anche la ragione per cui gli antichi Maestri lavoravano con il Makiwara, per sviluppare l’indurimento delle nocche e per migliorare così l'abilità di penetrazione. I punti della schiena che corrispondono ai meridiani dell’Agopuntura (Meridiano della Vescica) sono i più avanzati per il di Kyusho. Si praticante considerano più avanzati perché l'abilità dell'individuo deve essere di alto livello per poter gestire la loro connessione diretta con il Sistema Nervoso Centrale e gli organi stessi. Tuttavia, si deve essere coscienti del fatto che esiste la possibilità di causare un danno grave e/o permanente all'individuo. Questi nervi salgono lungo la colonna vertebrale e colpendoli con l'angolazione giusta (ognuno di essi ha un angolo d’accesso specifico) possiamo premerli contro una superficie ossea, provocando un forte impulso nervoso verso il sistema nervoso centrale. Ma è anche possibile danneggiare la colonna vertebrale fisicamente, causando la disfunzione completa della struttura corporale. Colpendo correttamente questi punti si evita che una gran parte del flusso di energia arrivi agli organi interni, provocandone lo stallo. Colpendo i punti dai lati e frontalmente avremo un maggior accesso e molte meno probabilità di causare un danno fisico visibile. Tuttavia, provocheremo dolore, disfunzione, perdita del controllo corporale, abbassamento della pressione sanguigna, oltre a sintomi di nausea e stati alterati della coscienza. Questi punti invieranno l'energia superflua verso gli organi ed il sistema nervoso, producendo i molti effetti possibili. Un solo punto attaccato correttamente può mettere fine al conflitto; tuttavia, colpendo più punti si causeranno più disfunzioni, che produrranno un effetto molto maggiore. Questo si applicherà anche a molte posizioni della mano del Kata antico, sviluppate per


Evan Pantazi bloccare le posizioni nelle applicazioni e negli insegnamenti moderni. Queste posizioni possono essere cambiate -divenendo più funzionali- in posizioni offensive piuttosto che difensive in diversi modi. Colpendo i punti del braccio anziché i punti del corpo, l'impulso nervoso viaggia lungo la colonna vertebrale, dove simultaneamente si trasmette al cervello, attraverso un processo chiamato convergenza, e ad altre aree del corpo, attraverso un processo chiamato invece divergenza. Con la divergenza, i nervi e gli organi relazionati divengono più sensibili e addirittura si alterano, di modo che quando vengono attaccati da altri mezzi più diretti, come un colpo diretto all'organo o al nervo corrispondente, si produce immediatamente una maggior disfunzione ed un danno istantaneo. Di conseguenza, se si attacca correttamente un punto corporale,

invieremo prima l'impulso all'organo, poi alla colonna (a meno che non si attacchi direttamente un punto della colonna e l'impulso si trasmetta direttamente al sistema nervoso centrale anziché all'organo), per confluire al cervello, interferendo nel passaggio con molte altre parti del corpo e della testa. Per cui attaccando il corpo con una mano debilitiamo il collo e le braccia per un attacco successivo. Colpendo vari punti del corpo si otterrà il massimo effetto sull'organo ed un potenziale distruttivo maggiore. Colpendoli simultaneamente, la disfunzione severa è imminente (sempre a seconda di un accesso adeguato e della durezza


Kyusho dell’attacco). Dato che il corpo è ben equilibrato per natura, possiede l'abilità di trasferire l'eccesso di carico energetico ad altre aree per auto-proteggersi ed autoconservarsi. È bilaterale, il che significa che tutto quello che succede da un lato del corpo -interferendo sui nervi di quel lato della colonna vertebrale-, si riflette anche nell'altro. Poniamo il caso che si attacchi il fegato per mezzo di un punto di pressione. Questo influirà sull'organo ed anche confluirà e divergerà verso altre aree del cervello e del corpo. Ma se attacchiamo due punti simultaneamente sui due lati del corpo, gli impulsi confluiranno dai due lati del cervello e del sistema nervoso. Nell’uso dei punti del corpo deve prevalere la precauzione ed il buon senso, e la sperimentazione può condurre a gravi lesioni della salute e non vi raccomandiamo di praticarlo da soli. Qui

ne parliamo a mo’ di informazioni storiche, come interpretazione delle informazioni solo per quanto concerne le possibilità e la validità delle posizioni delle mani dei Kata antichi o dei sistemi di lotta. Nella linea centrale anteriore del corpo esistono vari punti potenti di facile accesso tra le due sezioni addominali -uno di essi, in particolare, illustra bene alcuni dei principi che abbiamo menzionato. Cominceremo dal plesso solare, poiché la maggior parte delle persone è abituata ad usarlo come punto di riferimento e avrà subito colpi su quest’area durante la pratica e l’allenamento. Questo punto renderà difficile la respirazione, poiché non state solo


Evan Pantazi


Kyusho accedendo ad un nervo, ma state anche colpendo il diaframma. Un colpo diretto su questo punto risulterà molto doloroso e debilitante, a causa degli spasimi muscolari del diaframma e dei muscoli dell'area locale. Questa concentrazione di tensione muscolare ruba forza anche ad altri muscoli, e sistematicamente debilita tutta la struttura corporale. Tuttavia, esiste un modo più distruttivo di attaccare questo punto, in grado di causare dolore e disfunzione ancor più acuti. Se si colpisce con una superficie piccola, come una nocca, e ad un’angolazione di 45 gradi, invieremo un impulso diretto al sistema nervoso. Se colpiamo con il pugno o addirittura con il palmo, il dolore interno e la disfunzione non saranno paragonabili a quelli prodotti dal colpo con una sola nocca o con un attacco simile. Il pugno impatterà soprattutto sulla superficie più esterna dei muscoli e delle costole; questo provocherà la contrazione della struttura muscolare circostante, aumentando la densità e la capacità di protezione. Usando una sola nocca colpiremo il nervo con una superficie minore ed invieremo l'impulso direttamente alla cavità corporale e all'organo interno. Evitando la costola e la protezione muscolare, i muscoli si rilassano, invece di contrarsi. Non solo si provocheranno i sintomi spiegati precedentemente, ma il dolore raggiungerà anche la schiena, le regioni della parte bassa addominale e delle gambe. Questo produrrà un gran dolore, la contrazione del diaframma causerà problemi respiratori, perdita del controllo della vescica, disfunzione dei muscoli delle gambe ed altererà lo stato della coscienza. Perciò è importante non solo il raggiungimento del bersaglio, ma anche l'angolazione dell’attacco e dell'arma, per ottenere il massimo effetto. Nonostante possa sembrare già sufficientemente potente, l’effetto può anche essere intensificato, impiegando i punti del braccio prima di attaccare il

plesso solare. Come abbiamo detto prima, i nervi del braccio inviano impulsi nervosi alla colonna vertebrale, da dove simultaneamente viaggiano verso il cervello e scendono attraverso i nervi spinali. Questo attiva ed altera tutto il sistema nervoso centrale ed anche molti dei nervi periferici, raddoppiando o triplicando i suoi effetti. Questo processo funziona nei due versi, perché intensificherà anche tutti i colpi e gli effetti sui nervi della testa, dopo aver colpito il plesso solare con lo stesso procedimento. Per cui se colpite l'avversario nello ST-5, anche se gli effetti impressionano, saranno ancor maggiori dopo che l'impulso nervoso convergerà nella colonna vertebrale assieme all’attacco al plesso solare verso il cervello, stimolando nel processo tutti i nervi craniali. Per un metodo ancor più pericoloso, combinatelo con un altro punto corporale che provochi ramificazioni ed effetti più gravi. Giusto al lato del corpo, allo stesso livello del plesso solare, si trova un punto chiamato Spleen-21 (Milza-21), nel punto a metà tra la fronte e la schiena. Questo punto deve essere colpito con precisione di lato, con una nocca e con un piccolo giro per pizzicare il nervo intercostale contro la costola. I colpi simultanei confluiranno da due aree diverse verso il cervello ed attraverso il sistema nervoso centrale e periferico, e convergeranno anche negli stessi organi interni. Usate qualsiasi combinazione di queste variazioni, come le braccia e gli attacchi multipli al corpo e potrete apprezzare il fattore di intensificazione. Per esempio, se vi aggrediscono e rispondete con un colpo ai nervi del braccio attaccante, avanzate il corpo per un colpo doppio e risulterà devastante per gli organi interni e per la salute dell'individuo. Ritardare la funzione normale di un organo per causare il suo stallo o una sua disfunzione, può provocare a sua volta tossicità, fatica e danni ad una o varie funzioni del corpo. Se non viene adeguatamente trattata (la medicina antica e l’accesso alla stessa era poco comune e non veniva capito a sufficienza), si possono produrre dei gravi effetti a lungo termine; questo è il metodo più utilizzato, protagonista delle storie e delle leggende sul “Tocco della Morte Ritardata”. Ripeto, si deve andare all'origine, non solo alla superficie.






Grandi Maestri


Nella società della comodità, l'antico spirito di sacrificio dei pionieri, è un'esperienza poco compresa. Tuttavia, la tempra e la caparbietà che derivarono da quelle esperienze portarono al successo del quale oggi godono le AAMM. Così dice il proverbio: “Da nonni ricchi… nipoti poveri!” Non vi è, tuttavia, tale mancanza nei sistemi Marziali che hanno saputo evolvere positivamente e persino raffinarsi, così come è accaduto al nostro invitato di oggi in copertina, il Gran Maestro Kwang Sik Myung. L'errore si basa su una visione del mondo che affonda le sue radici in concetti come il diritto (a discapito dell'obbligo o del dovere), la pace, come opposto della guerra (quando essa in realtà non è altro che assenza di guerra), in definitiva, della “bontà Universale di tutte le cose”, invece della visione di un guer rier o: permanentemente allerta di fronte ad un mondo ostile, dove la Pace è prima di tutto una conquista figlia dell’abilità di canalizzare le tensioni, più che un risultato “dello stato naturale delle cose”. Farebbe pertanto bene vivere in uno stato di “ansia infinita di pace”, di armarsi come un cavaliere e di prepararsi per la guerra, perché è il guerriero cosciente l'unico garante vero della Pace, non quello che la persegue come fine, perché in definitiva (questo è il senso paradossale delle cose…) troviamo sempre quello da cui fuggiamo.


Hapkido Oggi visita queste pagine un guer rier o all'antica. Fedele erede della tradizione che il suo Maestro gli trasmise, condivide con tutti noi in questa intervista la conoscenza e le esperienze di un tempo eroico, il tempo dei pionieri, uno specchio attraverso il quale non dovremmo mai smettere di guardare come va il mondo. Per questo vi raccomando di ascoltare con attenzione e rispetto i suoi consigli, senza pregiudizi, perché dai grandi Maestri c'è sempre qualcosa da imparare, che non è necessariamente tecnico. In più, gli amanti dell’Hapkido saranno felici della possibilità di approfondire le tecniche che il Gran Maestro Kwang Sik Myung ha voluto condivider e direttamente con loro, attraverso un video realizzato espressamente per i seguaci di questa rivista. Come ben sapete, questa iniziativa audiovisiva di Budo è basata sull'idea di poter avere un veicolo di apprendistato di qualità, in mancanza dell'adeguata attenzione che meriteremmo come collettivo nei mezzi televisivi. Questi prodotti sono resi possibili dalla gentilezza degli autori, ma anche dall'interesse degli allievi di poter accedere ad un materiale di alta qualità tecnica in casa loro, senza la necessità di recarsi in altri paesi, per poter così scegliere il loro cammino o imparare da molte più fonti rispetto a quanto fosse possibile fare in passato. Il prezzo è in funzione della domanda e, come sono solito dire, questo, nel bene e nel male, non è il calcio! Per cui dobbiamo adattarci. Per noi è sempre un piacere contare su gente di gran qualità come il Maestro di oggi, per poter in questo modo perseguire il nostro destino di leader mondiali nella comunicazione del settore. Per cui, per la cronaca ed affinché ne rimanga una prova tangibile, vi ringraziamo per la vostra attenzione ed il vostro appoggio mensile a questa iniziativa, perché siete voi che la rendete possibile con la vostra passione, che è poi la nostra, per le Arti Marziali. Alfredo Tucci



Hapkido

Gran Maestro Kwang Sik Myung Storia vivente del Hapki-do Presidente della World Hapkido Federation (Federazione Mondiale di Hapkido), il Gran Maestro Kwang Sik Myung è l'erede di un lascito molto speciale, una disciplina Marziale che imparò direttamente dal suo fondatore, il Gran Maestro Choi Yong Sul. Stimati lettori, oggi avete in copertina ed in questo articolo, una delle figure più importanti delle Arti Marziali e, certamente, un punto di riferimento imprescindibile se parliamo dell’Hapki-do nel Mondo, il Gran Maestro MYUNG, KWANG SIK, 10 º Dan e Presidente della WORLD HAPKIDO FEDERATION (Federazione Mondiale di


Grandi Maestri Hapkido). E questa non è un'opinione o un'affermazione detta con leggerezza, in realtà il GM ricevette il 10º Dan dalle mani del suo Maestro, il fondatore di quest’Arte, il Gran Maestro Choy Yong Sul. Il nostro invitato nella copertina di questo mese è, senza dubbio, una persona molto speciale, dalle grandi qualità umane e da una sensibilità peculiare, ma, come spesso accade tra i Maestri marziali tradizionali, con un enorme carattere; è uomo di principi e con un codice di condotta Marziale. Questo è il risultato di una vita intera di consacrazione all'Arte. La sua vita cambiò quando nel 1950 si trovava alle Superiori. Cominciò a praticare quello che allora si chiamava Hapkiyukwonsul. Questa era la denominazione che il Gran Maestro Choi Yong Sul dava alla sua Arte Marziale. Parte essenziale della sua formazione si realizzò nel monte Taebaek, dove visse una vita monastica devota alla pratica del Ki, tra le altre tecniche. Poi dovette abbracciare il suo destino ed oggi è l'erede e il Presidente della Federazione Mondiale di Hapkido. Coreano di nascita, attualmente, e già da alcuni anni, vive a Los Angeles, California, da dove coltiva il suo destino e il suo dovere, che altro non è che diffondere la sua Arte Marziale. In questo compito ha ottenuto grandi successi grazie al suo impegno personale, insegnando sempre in modo tradizionale, ma anche grazie alla notevole diffusione nelle migliori e più prestigiose riviste di tutto il mondo; ha scritto numerosi libri e realizzato vari video dimostrativi che hanno avuto una rimarchevole diffusione in molti paesi. Come saprete, il 10º Dan lo detengono solo i fondatori o i creatori di un’Arte Marziale. Tale titolo, a meno che non siano loro a deciderlo, non può essere ostentato da nessun altro. Il Gran Maestro Choy Yong Sul concesse il 10º Dan solo al GM Myung; per coloro che non sono ferrati in tradizioni marziali, questo significa che, di conseguenza, egli fu l'eletto dal fondatore come erede del suo lascito, cioè gli passò il testimone e l'obbligo di continuare a dirigere l'Arte dell’Hapkido nel Mondo. Il Gran Maestro Myung è, come potete immaginare, un grande esperto Hapki-doka. La maggior parte dei grandi Maestri di questa bella Arte Marziale sono stati suoi allievi e sono passati per la World Hapkido Federation.


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Il GM Myung è tutto quello che ci si aspetta di trovare in un Gran Maestro, un bene d'altra parte molto scarso, poiché sono assai pochi; uomo retto, devoto anima e corpo all’Hapkido, non smette di viaggiare per il mondo realizzando seminari ed insegnando questa stupenda Arte. La sua consacrazione è paragonabile solo al suo entusiasmo, che non può che essere sorprendente in un uomo della sua età. Come persona, nell'intimità è amico dei suoi amici, amante della famiglia, rispetta al di sopra di ogni cosa la lealtà. Oggi arriva sulle nostre pagine con un meritato riconoscimento, e lo fa disposto a condividere tutta la sua esperienza e tutte le sue conoscenze con voi, amici lettori, non solo attraverso questa intervista, ma anche grazie un interessante lavoro istruttivo in video, del quale siamo sicuri rimarrete soddisfatti. Ciò aiuterà a far conoscere ancor di più molti aspetti tecnici dell'Arte; non invano la sua metodologia di insegnamento gli ha conferito una fama Mondiale.

A richiesta del GM Myung, vogliamo evidenziare il senso di alcuni termini usati nell'intervista, per esempio: Il Maestro non dice mai “ALLENAMENTO”, bensì “PRATICA”, in quanto sostiene che la prima parola ha una connotazione sportiva, mentre la seconda possiede un senso puramente Marziale. Per il Gran Maestro, l’Hapkido è un’Arte Marziale in tutta la sua dimensione, NON uno sport, perciò parlerà anche di “DISCEPOLI” e non di “ALLIEVI”, ecc.… I Maestri tradizionali, come il nostro invitato di oggi, possiedono inoltre un senso molto definito delle loro Arti che può sorprendere in Occidente, è bene ricordare che la forza delle Arti attuali proviene dalle loro origini e che la via del guerriero non è il risultato della nascita spontanea, bensì di un modo di vedere la vita. Perciò non perdetevi nulla dell'intervista!

INTERVISTA B.I: Com’era la pratica dell’Hapkido con il GM Choi Yong Sul?

GM Myung: Molto dura, troppo dura! Lui viveva a Taegu, nel Sud della Corea, e veniva ad insegnarci a Seul; a volte dovevamo andare fino a là, percorrevamo molti chilometri per poter imparare, questo sviluppava in noi un vero spirito di sacrificio. La gente cerca la comodità e spesso la qualità non va di pari passo con la comodità. Era veramente molto duro. B.I: Che ricordi ha di quella pratica? GM Myung: Il dolore. Era sempre doloroso! Ci faceva sempre piangere, era molto dura. Il Maestro Choi aveva un carattere molto forte ed una gran personalità, a volte credevo che potesse rompermi il braccio e mi diceva: “Devi avere pazienza” e stringeva più forte. A volte, pensai veramente che sarei potuto morire! B.I: In qualche occasione pensò di abbandonare? GM Myung: No, mai! Anche se in certi casi pensai che dovevo essere pazzo per continuare a praticare. Ora mi sento molto


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soddisfatto per aver proseguito, ma a quell'epoca ero contento solo quando tornavo a casa mia. B.I: Quali tecniche erano più pericolose e quali di esse richiesero più sforzo per essere assimilate? GM Myung: Molte tecniche. La maggior parte delle tecniche di Hapkido possono essere molto pericolose. B.I: In tutti quegli anni quale fu il momento più difficile per lei? GM Myung: Senza dubbio quando mi ritirai sulle montagne per imparare con i monaci, quello fu molto duro, fu un enorme sacrificio. B.I: Perché prese la decisione

di ritirarsi sulle montagne? GM Myung: Perché, benché avessi imparato molto, io volevo avere un livello più alto nella mia mente, era una lotta con me stesso, volevo di più e praticare più intensamente. B.I: Richiese molto tempo raggiungere i suoi obiettivi? GM Myung: Rimasi per molto tempo nel monastero… alla fine lì mi sentivo come in famiglia. Mi insegnarono a fare una buona meditazione KI e a migliorare la mia tecnica. Questa è la ragione per la quale la mia religione è l’Hapkido. B.I: Raccomanderebbe ai suoi discepoli di vivere questa stessa esperienza? GM Myung: Ovviamente, è per

questo motivo che sto scrivendo un libro che racconta la mia esperienza, benché io abbia già scritto undici libri sulle tecniche, questo è più centrato sulla meditazione. Se muoio, voglio che questo sia il mio lascito per i miei discepoli. B.I: Di che cosa ha bisogno un praticante di Hapkido per poter arrivare alla Maestria che lei possiede? GM Myung: Per prima cosa deve avere l'umiltà e lo spirito di sacrificio, per poter dare tutto senza chiedere niente in cambio. Ma, soprattutto, una mente aperta ed un atteggiamento positivo. Se così non fosse, non esisterebbe l’Hapkido e neanche la Federazione Mondiale.


Hapkido B.I: Come e perché esistono tante scuole di Hapkido in Spagna? GM Myung: Nell’Hapkido esistono molte scuole “Kwan”. Questo non è un problema, poiché tutte hanno gli stessi principi. Tutto comincia con la prima generazione di Maestri ed a partire da lì sorgono le successive generazioni che, logicamente, continuano a creare scuola; ma è qui, e probabilmente per ignoranza, che sorgono le confusioni. L’Hapkido è solo uno! Le scuole sono tante e differenti, poiché, come tutti sapete, l’Hapkido è un’Arte ed ognuno deve esprimersi a modo suo. Pertanto, non importa quante scuole “kwan” ci siano, ciò che veramente importa è che tutte siano riunite lì dove il fondatore, il GM Choy, ripose tutta la sua fiducia, cioè nell'organizzazione Mondiale da lui creata, la World Hapkido Ferderation. Perciò, invito tutti gli Hapkidoka Spagnoli a mettersi in contatto con i Maestri Reyes, attraverso la Federazione Spagnola di Hapkido (FEH). B.I: Perché quella richiesta di evidenziare l'importanza di alcuni termini? GM Myung: L’Hapkido è una vera Arte Marziale, NON uno sport. È Arte e scienza, con i propri principi e i propri valori fondamentali come il rispetto, l'umiltà, la lealtà e l'amore verso la patria, i genitori, eccetera… che sono imprescindibili per un'adeguata pratica. Lei tenga conto che l’Hapkido, con la pressione di un solo dito su un punto vitale del corpo, può arrivare a produrre la morte, pertanto comprenderà la grande importanza che ha il modellare il carattere di chi riceve questi insegnamenti. Un Artista Marziale “PRATICA”, uno sportivo “SI ALLENA”. Di una vera Arte non si può pretendere di fare uno sport, con le sue regole e la sua normativa, poiché per strada, sfortunatamente, non esistono né regole né norme; tuttavia, si possono realizzare eventi dove l'Artista Marziale (purché il suo Maestro glielo permetta) sviluppa e dimostra le sue abilità, ma sono due cose molto differenti. Il vero Artista Marziale deve lasciare da parte il suo ego. B.I: Come ci si sente ad essere il sostegno di tanti discepoli di tutti i paesi del mondo? GM Myung: Molto orgogliosi; tutti sono molto diversi, ma hanno qualcosa in comune: lavorano molto duramente e sanno che stanno praticando una vera Arte Marziale. B.I: Come definirebbe l’Hapkido, con parole sue? GM Myung: L’Hapkido è il cammino dell'armonia. L’Hapkido, in realtà, è come la madre di tutte le Arti Marziali. Una madre che ha molti figli, e l’Hapkido, essendo l'Arte più completa, è come se avesse molte e differenti Arti, sia del combattimento che marziali. È come una mano ed ogni dito è un'arte: Karate, Muay-Thai, Tae-kwon-do, Kung Fu, Gumdo, Ki Gong, ecc... B.I: L’Hapkido adesso è diverso da come si praticava all’inizio? GM Myung: Ovviamente, è evoluto e si è sviluppato con la pratica e l'insegnamento. Abbiamo investigato su come depurarlo ed adattarlo ai nuovi tempi. Le situazioni di aggressione non sono oggi le stesse di


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Hapkido cinquant’anni fa, e nemmeno la mentalità degli allievi è la stessa. Lavoro sempre nella direzione di migliorare non solo l'Arte Marziale in sé, ma anche, cosa non meno importante, il modo con cui essa possa essere insegnata al meglio. Nel corso del tempo e dopo migliaia di seminari in molti paesi, ho potuto notare queste necessità e per questo motivo ogni anno realizzo un nuovo video, per mostrare i miglioramenti realizzati, così come le nuove tecniche. B.I: Crede che questo sviluppo possa confondere i praticanti di Hapkido? GM Myung: No, indubbiamente no. Le tecniche possiedono sempre gli stessi principi fondamentali, la stessa essenza, l’unica cosa che cambia è la pratica delle stesse e l’impostazione. Per esempio, i discepoli degli Stati Uniti, della Spagna o della Corea non hanno le stesse inquietudini. I coreani preferiscono i calci, perché la Corea è un paese con molte montagne e questo conferisce loro gambe forti. In America preferiscono i pugni. Bene, l’Hapkido ha le stesse radici per tutti: cambia solo il modo in cui si insegna, adattandosi alle circostanze sociali, poiché le forme di aggressione sono diverse in ogni paese, ma ciò che non cambia mai, né cambierà, sono i suoi principi fondamentali. B.I: Di quali principi parla? GM Myung: Dell'acqua, dell'armonia e del circolo.


Grandi Maestri B.I: Che significato hanno? GM Myung: Il primo significa che esattamente come l'acqua può modellare, limare e perfino distruggere la roccia, un piccolo potere può affrontare un grande potere. Una persona più piccola o più debole di un'altra, non ha bisogno della forza per vincere, perché l’Hapkido utilizza punti di pressione, affinché si possa ferire più facilmente. All’inizio, l’Hapkido veniva insegnato solo a membri della nobiltà, alla famiglia reale e ai monaci che erano fisicamente più deboli dei contadini. Era un'Arte Marziale segreta ed insegnava come affrontare con successo un avversario più forte, o perfino vari avversari contemporaneamente. È facile chiudere il pugno, ma se si torce un dito o addirittura si rompe, puoi far cadere un avversario. Noi insegniamo questo tipo di tecniche. Il secondo fa riferimento al fatto che il corpo umano ha due correnti di energie: quella interna e quella esterna. Quella esterna è facile da vedere: come colpisci, quanto veloce sei in grado di correre, quanto in alto riesci a saltare… Tutto questo è limitato, possiamo vederlo nei Giochi Olimpici: i risultati si differenziano assai poco gli uni dagli altri, mentre l'energia interna non ha limiti. La respirazione ha molto a che vedere con questo, per questo motivo facciamo esercizi di respirazione in ogni lezione. La filosofia coreana dice che l'Universo è immenso ed il corpo umano è piccolo, ma l'uomo può eguagliare l'Universo unificandosi ad esso. Come esistono la Luna e il Sole, anche il corpo umano ha due parti che in coreano vengono chiamate l'Um e lo Yang.


Hapkido L'anno ha quattro stagioni, l'uomo ha quattro estremità. Le linee di Agopuntura sono dodici, come i mesi dell'anno, ed i punti di pressione sono 365, come i gior ni dell'anno. I punti di pressione possono essere usati in due modi: possono dare la vita o possono toglierla. Nell’Hapkido esistono vari modi di premere; se premi in un determinato modo puoi curare, se invece vuoi far male, un Hapkidoca può rendere insensibile, ferire e persino uccidere. Il terzo principio è il circolo e parla dell'unione. Quando un uomo ed una donna si uniscono per

formare una famiglia, fanno anche crescere la loro comunità ed il mondo. Ognuno di noi fa parte di un tutto, nel quale dobbiamo cercare di far prevalere l'armonia e la pace. B.I: Per finire ci dica che cosa rappresenta per lei l’Hapkido? GM Myung: Senza dubbio, l’Hapkido è la mia vita e la mia religione, una forma di vita. B.I: Grazie per le sue parole e siamo onorati che lei abbia voluto condividere le sue conoscenze con i nostri lettori. GM Myung: Grazie a voi.


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“La filosofia coreana dice che l'Universo è immenso ed il corpo umano è piccolo, ma l'uomo può eguagliare l'Universo unificandosi ad esso”










L’Aikido non ha un unico obiettivo, ha una prospettiva universale frutto del genio di O’Sensei Ueshiba. Per questo ogni Maestro rappresenta un’occasione unica ed irripetibile di percepire l’ineffabile che esiste nell’Arte senza artificio, il vero spirito del “Budo amorevole” di Ueshiba. Oltre la tecnica soggiace la lettura personale della stessa, ma sempre come frutto di quel grande principio, la rielaborazione. Proprio a causa di tutto ciò a volte nell’Aikido, più che in qualsiasi altra Arte, la relazione intima con il Maestro acquisisce una trascendenza formale. Devi conoscere i Maestri ed allenarti con loro, guardarli, osservare il loro modo di muoversi ed assorbire i loro metodi. Oggi vi faremo conoscere attraverso la nostra copertina uno di questi Maestri, che per noi è un onore presentarvi. Lui dirige l’Aikikai di Osaka, uno dei più autorevoli centri di quest’Arte in Giappone. Gentile, tranquillo, ogni tanto si lascia sfuggire una risatina timida. Ama ascoltare i silenzi e non essere disturbato, li “respira” e percepisce senza giudizi: E’ un Maestro di Arti Marziali ed è il capo istruttore dell’Osaka Aikikai. Oggi, oltre a questa intervista, abbiamo il piacere di presentarvi il suo primo DVD con Budo. Per gli allievi dell’Aikido Occidentale, è un’occasione per conoscere in anteprima cosa bolle in pentola oggi in Giappone, per quanto concerne l’Arte di Ueshiba. Per noi è un piacere ed un onore annoverare tra la galleria dei nostri titoli il nome di questo grande Aikidoka. Il Maestro Kazuo Nomura è stato intervistato da Malet Alexandre. Traduzione dal Giapponese all’Inglese realizzata da Andrea Forbes Johnson. I disegni sono di Fumihito Umeda.


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Budo International: Quando ha iniziato a praticare l’Aikido? Kazuo Nomura: Ho iniziato con l’Aikido nel 1969, sotto la direzione dell’ultimo Bansen Tanaka Shihan. Ho ricevuto il grado di 6º Dan nel 1982.

B.I.: Cos’è l’Aikido? K . N . : L’ A i k i d o è u n ’ a r t e m a r z i a l e m o d e r n a consolidata da elementi dell’antico Ju Jitsu g i a p p o n e s e e d è s t a t a c re a t a d a M o r i h e i U e s h i b a , chiamato anche O'Sensei.


Aikido Partendo da un’arte marziale, egli la trasformò in uno stile di vita (michi, do). Attraverso la pratica delle tecniche, un fondamento mentale sviluppato che ci insegna come vivere. O’Sensei diceva che la pratica dell’Aikido e la pace mondiale sono connesse ad un livello individuale. Attualmente molte persone praticano l’Aikido, data la sua diffusione in tutto il mondo.

B.I.: In accordo con la sua esperienza, cos’è l’Aikido? K.N.: E’ “Il Budo dell’Amore e della Pace”. Non si tratta di combattere conto altre persone, ma di uno stile di vita con il quale posso coltivare la mia coscienza. Attraverso la pratica miglioro; mi insegna a fissarmi un obiettivo per p e r f e z i o n a re i l m i o c a r a t t e re . L’ o b i e t t i v o s e m p re irraggiungibile è possedere il carattere di Dio, puntare alla



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perfezione. O’Sensei disse: “L’allenamento spirituale finisce quando si muore”. B.I.: La società di oggi è insicura e violenta. Non è difficile applicare il principio del “Budo dell’Amore e della Pace” nella nostra società? K.N.: Quando si affronta la questione della violenza, alcune persone pensano che le armi siano necessarie. Vi sono anche quelli che pensano che dovremmo semplicemente evitarla. Ed è lì che vediamo il primo passo nel Bujitsu, passando dall’impiego della violenza, all’uso corretto della forza. Nella pratica dell’Aikido, vogliamo passare dal livello della tecnica al cammino Do, per evolvere poi verso la tappa successiva. Attraverso la nostra pratica di Aikido possiamo incontrare la risposta alla domanda finale su come proteggersi e come affrontare la violenza. B.I.: Che insegnamenti principali di Tanaka Bansen Shihan hanno influito di più nella pratica di oggi?


K.N.: L’Aikido ci insegna tutto. In particolare ricordo che diceva “entra dal basso”. Abbassa i fianchi, sii uno solo con il movimento d’entrata dal basso. E’ una tecnica che si applica anche nella vita quotidiana. C’è un detto che afferma: “Il riso che è completamente maturo, inclina la testa”. Sta a significare che quanto più una persona cresce come essere umano, tanto più diventa modesta. Questo descrive perfettamente il concetto. B.I.: Cosa si può raggiungere attraverso la pratica dell’Aikido? K.N.: L’Aikido è il metodo perfetto per difendersi e per rimanere sani. Attraverso la pratica si può coltivare il sentimento della pace che è connesso con il rilassamento della mente. Le relazioni personali migliorano e si sviluppa un sentimento di gratitudine per tutto ciò che ci circonda. Non si tratta delle tecniche, ma del modo in cui vivere la vita. B.I.: In che cosa differisce l’Aikido dalle altre Arti Marziali? K.N.: L’Aikido è molto diverso dalle altre Arti Marziali per distinti aspetti. Le tecniche non servono per lottare e per vincere. E’ un addestramento del comportamento per aspirare alla perfezione come essere umani. La ricerca della pace e dare il meglio di noi stessi per migliorarci, è ciò che rende unico l’Aikido. Nell’Aikido è importante cooperare con il tuo compagno di allenamento. Questo significa che


“ Prima di tutto abbiamo bisogno del potere della respirazione. Nella pratica non usiamo solamente i nostri muscoli, come forma che va oltre la pratica, usiamo il potere del rilassamento con la visualizzazione e l’intenzione�


Aikido entrambi devono concentrarsi nel movimento corretto. Uke dà la sua energia a nage (tori) per ottenere il massimo dalla tecnica. Non si tratta di chi sia il più forte, ma di chi riesca a perfezionare il movimento. Questo perfezionamento del movimento si raggiunge in parte senza forzarlo, ma incontrando la maniera più ragionevole di muoversi in accordo con la propria forza.

K.N.: Prima di tutto abbiamo bisogno del potere della respirazione. Nella pratica non usiamo solamente i nostri muscoli, come forma che va oltre la pratica, usiamo il potere del rilassamento con la visualizzazione e l’intenzione. Il nostro potere deve provenire dal nostro centro (tanden), dobbiamo lasciar cadere il nostro peso e stabilire il nostro senso nel centro. La somma delle nostre coscienze può essere liberata in una sola volta dal nostro tanden.

B.I.: Cosa si intende per “livello alto nell’Aikido”? K.N.: Nell’Aikido ripetiamo: “Pratica una tecnica alla volta”, perché dobbiamo poter eseguire la tecnica senza pensare ad essa. In definitiva, dobbiamo poter lasciare andare la nostra mente senza preoccuparci del movimento. Possiamo trascendere la forma senza cercare di essere speciali rispetto ad essa. In questo stato possiamo manifestare infinite possibilità. Non vi è alcun limite e questo è l’input per sperimentare il Budo.

B.I.: E in relazione all’addestramento con armi? K.N.: Quando si inizia per la prima volta l’allenamento, l’uso delle armi tende ad interferire con il processo di apprendimento della forma e del movimento. Dopo aver imparato il movimento corretto, penso

B.I.: Come funziona il Ki nell’Aikido? K.N.: Penso che il Ki si basi sulla coscienza e sull’energia, giungere ad essere cosciente del movimento dell’altra persona e fondersi col suo Ki. Questo significa inoltre fondersi con l’energia dell’universo (tutta l’energia naturale). Il Ki ha una forza che si connette. Si cerca di sviluppare una coscienza comune con l’altra persona, anche se l’avversario è un nemico. Allo stesso modo si cerca di riconoscere le proprie benedizioni. B.I.: Qual è il suo consiglio in riferimento alla pratica dell’Aikido?


che la pratica con le armi sia positiva e dobbiamo essere in grado di saperle usare. E’ anche un modo di imparare il movimento da un punto di vista differente. B.I.: Cos’è importante per migliorare? K.N.: Non essere presuntuosi. Ricorda che non sarai mai perfetto anche se continui a praticare. Tutti possiamo migliorare, sempre. Inoltre puoi migliorare solo se continui a praticare con pazienza e perseveranza. E’ importante concentrarsi anche sui buoni esempi ed imitarli.

Serie Tecnica Katatedori kokyuho 1. Uke attacca al centro il compagno di allenamento. Nage (tori) abbassa il suo peso e si concentra per non perdere l’equilibrio, pertanto la circolazione del suo Ki è continua, stabile e può fondersi con il Ki di Uke. 2. Abbassa il tuo peso, rilassa la parte superiore del corpo e concentra il tuo Ki nella parte più bassa del corpo. Quando si uniscono, libera il tuo Ki in avanti pensando ad una circolazione a spirale, per far cambiare posizione al centro del tuo compagno. 3. Concentrati sull’equilibro e rilassa il tuo tanden più basso. Libera la potenza della respirazione dal tuo tanden. 4. La tua mente è libera e si dilata senza limiti. Il tuo Ki segue la tua mente e la tecnica si applica da sola. In qualsiasi momento puoi controllare e proteggere il tuo compagno di allenamento da una lesione.



E’ molto importante anche essere obiettivi sulla nostra destrezza. Riconoscere i punti di forza e i punti deboli. B.I.: Che consiglio dai a coloro che iniziano per la prima volta a praticare l’Aikido? K.N.: Al principio ricordare tutti i dettagli di ciascuna tecnica può sembrare impossibile. Quando arrivi a ricordarli, sei giunto al primo livello. Senza dubbio molte persone hanno mollato prima di giungere a questo livello. Essendo un’Arte Marziale completa, l’Aikido è aperto a tutti. Per questo motivo vi è una tendenza ad avvicinarsi e ad investigare l’Aikido in maniera troppo superficiale. Se non prendi sul serio la pratica, ti starai esercitando solamente sui movimenti. Per tanto il mio consiglio è di cercare di sviluppare un sentimento per ciascun movimento e di non preoccuparti troppo dei dettagli. Nessuno può eseguirlo in maniera perfetta all’inizio, cerca solamente di farlo meglio che puoi, prestando attenzione a coloro che ti circondano. B.I.: Quali sono gli altri livelli? K.N.: Il primo livello è seguire i principi delle tecniche. Puoi rafforzare il tuo corpo ed incrementare la tua concentrazione. Il secondo livello è pensare e fissare l’obiettivo per migliorare. Per raggiungere gli obiettivi devi riuscire a raggiungere la flessibilità e a modellarti in accordo con le tue necessità. Diventa moderato, stabile fisicamente e mentalmente, così la tua energia fluirà più facilmente. Il terzo livello è praticare, in Giappone usiamo la parola “Keiko”. All’interno del terzo livello la tua pratica nel dojo e nella vita quotidiana è un tutt’uno. Qualunque cosa tu faccia o pensi, devi essere cosciente che è parte della pratica. Tutto è pratica e pertanto il tuo allenamento non ha una forma, ma è completo. E’ Budo. La tua energia si fonde con tutto. Senti le cose prima di ascoltarle, vederle, annusarle o toccarle. Riassumendo brevemente. Il sistema di 3 livelli può condurti verso 3 importanti destrezze marziali: 1) La Solidità 2) Il controllo 3) La sensibilità (l’avversario è già sconfitto prima di iniziare il combattimento) B.I.: Cosa intende con la frase “l’avversario è già sconfitto”? Ha detto che non si tratta di vincere! K.N.: Voglio dire che l’obiettivo è vincere senza combattere e non vincere combattendo. Il mio allenamento è basato su questo principio. B.I.: Come viene praticato questo principio? K.N.: Semplicemente allenandoti, essendo veramente amorevole con gli altri. Inizia con la tua famiglia e nel dojo. Allora sarai più cosciente della realtà nello spazio che ti circonda. B.I.: Grazie Maestro Nomura.


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DVD & Video




Minou Risso

mail: budo.cinturanera@gmail.com






Il DVD "Krav Maga Ricerca e Sviluppo" sorgè dalla voglia di quattro esperti di Krav Maga e sport da combattimento: Christian Wilmouth, Faustino Hernandez, Dan Zahdour e Jerome Lidoyne. Ad oggi, loro dirigono molti club e conducono un gruppo di una ventina di professori e istruttori di molteplici discipline, dalla Krav Maga alle MMA, Mixed Martial Arts. Questo lavoro non è destinato a mettere in evidenza un nuovo metodo nè una corrente specifica di Krav Maga. Il suo scopo è semplicemente quello di presentare un programma di Krav Maga messo a fuoco sull'importanza del " c o n t e n u t o " , condividendo in questo modo le nostre esperienze.

REF.:KMRED1

Tutti i DVD prodotti da Budo Inter national vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.

ORDINALA A: Budo international.com






Dr. Harfouche

I l su o nom e ha fatto ir r u zione con grande forza nel panorama internazionale delle Arti Marziali, messo in copertina nelle tre principali riviste Nordamericane e nelle 7 edizioni di Budo International in Europa ed America Latina. Da dove deriva questo successo? Nei tempi del “Cross fighting” gli stili come quello che ha sviluppato questo Maestro, senza dubbio possiedono un'attrattiva speciale. Un sunto comprensivo e pratico per generare lottatori completi nel seno di un'or ganizzazione ben dir etta, che si occupa in modo innovativo di rispondere all'evoluzione dell'apprendistato degli allievi. Non avevo avuto il piacere di conoscere il Maestr o Har fouche fino al nostr o incontro nella Hall of Fame della “International School of Martial Arts” dell'anno scorso; una gradevole esperienza che voglio condivider e con voi. Il Dr. Harfouche è un uomo sereno, estremamente educato, sensitivo e per cettivo, qualità che senza dubbio devono essere di grande utilità nella sua opera di reverendo. La sua immagine non è quella abituale di un uomo religioso e sicuramente la sua pratica delle Arti disciplinari, lo colloca in una posizione eccezionale in quell’ambiente. Egli afferma

Testo: Burton Richardson. Foto: © www.budointernational.com

1001 Strangolamenti!


“La premessa basilare dello strangolamento per la difesa personale è che un aggressore incosciente, non è più un aggressore. Non ti trovi più in pericolo, se lasci il tuo aggressore privo di conoscenza”


“Un altro modo di bloccare l'entrata dell'aria è coprire la bocca ed il naso, evitando che l'ossigeno arrivi ai polmoni. Si tratta di provocare l'asfissiaâ€?


Dr. Harfouche che spesso le persone che intraprendono una vita religiosa si abbandonano, r elegando il lor o corpo fisico ad un secondo piano, una scelta con la quale egli non è in alcun modo in sintonia. Il suo carattere aperto e la sua umiltà (così scarsa tra i maestri di AAMM) gli hanno permesso di proseguire i suoi studi con altri istruttori e Maestri, un lavoro del quale godono i suoi allievi, dato che i n c o r p o r a immediatamente questi insegnamenti al suo bagaglio tecnico. Da questo carattere aperto e sicuro di sé, sgorga una peculiare capacità di leadership, una tranquilla simpatia con la quale è facile entrare in empatia. I suoi video istruttivi sono stati accuratamente elaborati e sono di grande utilità per gli appassionati allievi che ad essi si avvicinano. In questa occasione, il Maestro Harfouche ha affrontato uno dei temi che più interesse sta risvegliando attualmente tra i lottatori, gli strangolamenti, e come è sua abitudine, lo ha snocciolato in modo completo e comprensibile. Un lavoro eccezionale che segnerà un prima ed un dopo nello studio di questa materia. Alfredo Tucci


“Una parte importante dell’impostazione di lotta del dott. Harfouche è relazionata all'applicazione di una grande varietà di strangolamenti in una situazione reale”


Dr. Harfouche Si spengano le luci! Il dott. Christian Harfouche, Gran Maestro di Shorite Ryu Tai Jutsu, ha creato un sistema completo di allenamento di Arti Marziali chiamato Full Body Boxing. Il suo obiettivo è offrire agli artisti marziali una visione ampliata e completa della complessa difesa personale tradizionale di tutti gli stili. Non desidera deviare gli allievi e gli istruttori dal loro stile originale, bensì completare quello che stanno facendo offrendo loro un altro sistema di allenamento. Una parte importante dell’impostazione di lotta del dott. Harfouche è relazionata all'applicazione di una grande varietà di strangolamenti in una situazione reale. Benché la maggior parte degli artisti marziali sappiano che cos’è uno strangolamento, il dottor Harfouche approfondisce molto l'insegnamento e l'allenamento dei diversi modi di “spegnere le luci” di un avversario. Qui avete alcuni dei concetti chiave che insegna il Gran Maestro.


Dr. Harfouche La premessa basilare dello strangolamento per la difesa personale è che un aggressore incosciente, non è più un aggressore. Non ti trovi più in pericolo, se lasci il tuo aggressore privo di conoscenza. Saper affrontare il fatto che una persona sotto l'effetto di droghe può sopportare una quantità incredibile di colpi, è importante e prezioso quanto saper sferrare i colpi stessi. Perfino i pugni, i calci, le gomitate e le ginocchiate migliori possono sortire pochi effetti contro una persona che non sente dolore. Come vi sentireste se in una lite sferraste un calcio potente e perfettamente piazzato e l'avversario non battesse ciglio? Ho un amico che ha vissuto un’esperienza del genere. Il mio amico Levi ha un negozio. Una sera lo chiamò un impiegato dicendo che c'era un giovane che si comportava in modo strano e che si rifiutava di andare via. Levi, una cintura nera con due decadi di esperienza nelle Arti Marziali, è un uomo molto forte. Andò subito al negozio per risolvere il problema. Si trovò di fronte ad un uomo di un metro sessantacinque di altezza, che pesava approssimativamente sessantadue chili. Nulla di imponente, diciamo, soprattutto se si pensa che Levi pesa più di cento chili. Cercò di convincere l'uomo ad abbandonare il locale, ma questi attaccò improvvisamente. Levi gli sferrò direttamente un potente calcio all'inguine. Un colpo diretto! Per la sorpresa totale di Levi, il calcio non ebbe assolutamente nessun effetto sull'uomo. Dato che l'aggressore continuava ad attaccare, Levi lo colpì con forza con il gomito, rompendogli il naso e chiudendogli un occhio. L'uomo gli si gettò sopra. Levi lo allontanò spingendolo al suolo. Come un animale selvaggio, si agganciò al polpaccio di Levi e lo morse attraversandogli i jeans

con i denti. Levi lo allontanò e gli sferrò un calcio, colpendolo con lo stinco sulla clavicola. L'uomo si rimise in piedi, con la spalla in una posizione visibilmente innaturale, in quanto si era rotto la clavicola, e continuò a lottare. Levi lo stampò contro la parete e gli piazzò alcune ginocchiate: sentì come gli si rompevano le costole. L'uomo cadde a carponi per riaggrapparsi alle gambe di Levi. Levi gli diede un calcio sui denti con la punta del piede. L'aggressore si rialzò con i denti rotti ed uscì correndo dal negozio verso l'autostrada. Fortunatamente, la polizia era appena arrivata e catturò l'uomo prima che si perdesse nel traffico. Levi ed io discutemmo sull'incidente il giorno dopo e sulla necessità di applicare lo strangolamento. È l'unica tecnica su cui possiamo fare affidamento quando l'aggressore non sente dolore. Potete essere certi che Levi ora pratica diligentemente gli strangolamenti durante il suo allenamento.



Dr. Harfouche Immaginatevi di trovarvi in una situazione del genere? E se l'aggressore fosse un uomo alto e corpulento? Confido che questa storia vi abbia motivati ad approfondire di più le tecniche di strangolamento. In quel caso, eccovi alcuni punti essenziali che il dottor Harfouche desidera farvi conoscere. Harfouche sottolinea che esistono due tipi basilari di strangolamenti: bloccando l'entrata dell'aria e bloccando il flusso del sangue. Bloccando l'aria impediamo all'aggressore di ricevere aria nei polmoni. La mancanza d’aria nei polmoni implica la mancanza d’aria nel cervello. Questo conduce ad uno stato di perdita di sensi. Esistono due modi basilari di bloccare l'entrata dell'aria. Il primo è chiudendo la trachea, affinché l'aria non scorra fino ai polmoni. Questo normalmente si ottiene premendo con forza l'avambraccio contro la parte anteriore del collo. Per quanto efficace esso possa risultare per bloccare la somministrazione d’aria, NON LO RACCOMANDIAMO! Attaccare la trachea implica un grave problema ovvero può rompersi, riempirsi di sangue e passare troppo tempo prima che l'ossigeno arrivi ai polmoni. Se si produce una cosa del genere, l'aggressore può morire di asfissia. Se applicate una tecnica di Arti Marziali all'aggressore e muore, avrete molto tempo per praticare la vostra


“E se in una qualche occasione vi trovate nella terribile situazione di dover affrontare un avversario sotto l'influenza delle droghe, assicuratevi di applicare una tecnica di strangolamento, di premere l'interruttore e di ‘spegnere le luci’”


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disciplina con i detenuti della prigione dove vi toccherà soggiornare. Non desideriamo ferire nessuno e, sicuramente, vogliamo evitare di finire in prigione. Perciò non va schiacciata la trachea. Un altro modo di bloccare l'entrata dell'aria è coprire la bocca ed il naso, evitando che l'ossigeno arrivi ai polmoni. Si tratta di provocare l'asfissia. Il problema è che mettendogli la mano o il braccio sulla bocca, rischiamo che ci morda. Questo ci conduce al metodo preferibile per l'applicazione dello strangolamento, ovvero bloccando il flusso sanguigno. Impedendo che il sangue ossigenato fluisca fino al cervello dell'aggressore, causeremo la sua perdita di conoscenza. Il miglior modo di ottenere questo è chiudere i vasi sanguigni che passano ai lati del collo. Chiudendo la linea di somministrazione, si taglia la somministrazione. Si verifica la perdita dei sensi. Questo è il metodo più giusto ed umano di finire un attacco. Esistono tre metodi basilari per ottenerlo. Uno è realizzando lo strangolamento con il braccio, un altro utilizzando i vestiti o un materiale adeguato ed il terzo è una combinazione dei due precedenti. Lo strangolamento con il braccio più comune è la presa da dietro, chiamata anche strangolamento da dietro o strangolamento per il collo a forma di V. La chiave di questo movimento consiste nell’allineare l'incavo del nostro gomito con la trachea dell'avversario. Stringendo con il braccio aumenterà la pressione ai lati del collo, non sulla trachea. Se siete vicini allo strangolamento ma vi sembra di avere l'avambraccio sulla trachea dell'avversario, semplicemente lasciate cadere il gomito fino a collocarlo correttamente. Il programma del dottor Harfouche include molti metodi per arrivare a questa posizione e varie tecniche per terminare lo strangolamento. Il Gran Maestro lo finisce in piedi o al suolo. Può usare il braccio che rimane libero per rinforzare lo strangolamento o anche, a volte, la mano che rimane libera per afferrare il braccio dell'avversario, mentre potenzia lo strangolamento con il collo e la testa. È sempre bene disporre di varie opzioni al momento di applicare una tecnica di strangolamento, nel caso in cui ci si trovi in una situazione in cui non possiamo applicare la nostra tecnica preferita. Utilizzare il bavero per applicare uno strangolamento è un altro metodo molto efficace per mettere fuori combattimento il nostro avversario. Lo stesso colletto del capo d'abbigliamento può essere stretto per esercitare una pressione incredibile sul collo dell'avversario, senza pregiudicare la trachea. Il colletto può anche essere usato a mo’ di manico per aumentare la forza di uno strangolamento con l'avambraccio, nella parte laterale del collo. In molti degli strangolamenti del dottor Harfouche si usa sia

“Il dottor Harfouche sottolinea anche che gli strangolamenti non dovrebbero essere applicati da soli. Vanno integrati ai colpi”



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l'avambraccio che i vestiti per giungere all'obiettivo. Applica gli strangolamenti con il bavero da davanti, di lato, da dietro, da sopra e da sotto. Per strada, chiunque con una giacca o con una camicia è suscettibile di uno strangolamento con il bavero. È conveniente disporre di un'ampia varietà di tecniche per la sua applicazione. Il dottor Harfouche sottolinea anche che gli strangolamenti non dovrebbero essere applicati da soli. Vanno integrati ai colpi. Risulta più facile posizionarsi per applicare uno strangolamento quando l'avversario è stordito o squilibrato da un colpo. Benché non senta dolore, un colpo ben assestato può alterare quanto basta l'equilibrio di un avversario, per concederci l'apertura di cui abbiamo bisogno per “spegnergli la luce”. Harfouche utilizza anche le proiezioni con l'anca o con la gamba ed altre ancora, per collocarsi in una posizione utile ad applicare lo strangolamento. Potete assicurarvi una buona presa del bavero per abbatterlo, poi, quando l'avversario arriva al suolo, potete trasformare la presa del bavero in una tecnica di strangolamento. Assicuratevi di praticare gli strangolamenti partendo da situazioni con colpi, proiezioni e grappling. Se avete bisogno di assistenza in questo campo, il dottor Harfouche può aiutarvi. Il Gran Maestro Harfouche ha raggruppato una gran quantità di informazioni a proposito di un'ampia varietà di strangolamenti in un DVD utilissimo, che ho avuto il piacere di vedere. Include strangolamenti con colpi e proiezioni, in piedi e al suolo. Include anche combinazioni in cui si applicano simultaneamente chiavi e leve al braccio con lo strangolamento. Se non siete sicuri di che cos’è lo “strangolamento dell'impiccato” o se non conoscete il “giro del crocifisso con il collo” o le temute “forbici della morte”, guardate il DVD del dottor Harfouche “SOFFOCAMENTI E STRANGOLAMENTI”. Se siete interessati ad aggiungerlo al vostro sistema tradizionale, vi suggerisco di dare un'occhiata al programma di Full Body Boxing in HYPERLINK "http://www.victorioushands.com" www.victorioushands.com. E se in una qualche occasione vi trovate nella terribile situazione di dover affrontare un avversario sotto l'influenza delle droghe, assicuratevi di applicare una tecnica di strangolamento, di premere l'interruttore e di “spegnere le luci”.

UNA LUCE PER IL MONDO La compassione è la forza trainante che pulsa dietro questo veterano delle Arti Marziali, con ben 36 anni di esperienza. Nel 2000 ha personalmente fornito alimenti a 53 mila persone ed ha distribuito 34 mila paia di scarpe Nike tra le famiglie più bisognose della sua comunità. Ma la portata del suo sogno e della sua visione non finisce in casa, continua fino ad arrivare ad un mondo bisognoso. Filosofo, maestro, leader e pioniere del Shorite Ryu Tai Jutsu (Mani Vittoriose Arti Corporali), una delle Arti Marziali più attraenti e complete del mondo da Bruce Lee in poi, il dottor Christian Harfouche si è fatto carico della missione di portare alla vittoria le persone in tutti i campi della loro vita.

“Lo strangolamento con il braccio più comune è la presa da dietro, chiamata anche strangolamento da dietro o strangolamento per il collo a forma di V”



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DVDs & videos



Il Programma Kyusho Tactical Control (KTCP) è stato progettato per controllare la scalata dei conflitti attraverso la ricerca giuridica e medica, spiegamento tattico, test sul campo e coordinamento. Questo programma è stato progettato appositamente, ma non esclusivamente, per le Forze dell'Ordine Pubblico, Sicurezza, Emergenza, Guardia Costiera, Militari, Agenzie Governative, Escort e sicurezza personale. Questo modulo base è costituito da un insieme di 12 obiettivi principali integrati in 4 moduli di controllo della scalata di forza. Ci sono numerose strutture deboli nel corpo umano che possono essere utilizzate da un agente per ottenere semplicemente il controllo di un individuo, più efficienti rispetto al tradizionale utilizzo della forza come indica il protocollo. Di là dalla fase di ordine verbale, in una situazione di crescente conflitto, è in questi punti Kyusho (vitale) dove l'agente può fare uso dei sistemi interni di controllo fisico, come i nervi, la struttura dei tendini e i naturali riflessi nervosi del corpo. Non richiede grande forza nemmeno un complesso controllo motore o la vista, soggetti di fallimento in stati di alta adrenalina. Questa informazione è dedicata ai membri coraggiosi e resistenti delle Agenzie in tutto il mondo. Grazie per quello che fate!

REF.: • KYUSHO 22

Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.

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Tenendo sempre come sfondo l’Ochikara, “la grande forza” (chiamata e-bunto nel dialetto degli Shizen), la saggezza segreta degli antichi sciamani giapponesi, i Miryoku, l’autore ci sommerge in un mondo di riflessioni genuine, capaci allo stesso tempo di smuovere nel lettore il cuore e la testa, collocandoci continuamente di fronte all’abisso dell’invisibile, come vera, ultima frontiera della coscienza personale e collettiva. La spiritualità non come religione, ma come studio dell’invisibile, è stato il modo per avvicinarsi al mistero dei Miryoku, nel segno di una cultura tanto ricca quanto sconosciuta, allo studio della quale l’autore si è dedicato intensamente. Alfredo Tucci, direttore dell’editrice Budo International e autore di un gran numero di titoli sulla via del guerriero negli ultimi 30 anni, ci offre un insieme di riflessioni straordinarie e profonde, che possono essere lette indistintamente senza un ordine preciso. Ciascuna di esse ci apre una finestra dalla quale osservare i temi più svariati, da un punto di vista insospettabile, a volte condito da humour, altre da efficacia e grandiosità, ponendoci di fronte ad argomenti eterni, con lo sguardo di chi ci è appena arrivato e non condivide i luoghi comuni con i quali tutti sono abituati ad avere a che fare. Possiamo affermare con certezza che nessun lettore rimarrà indifferente davanti a questo libro, tale è la forza e l’intensità del suo contenuto. Dire questo, è già un bel dire in un mondo pieno di presepi collettivi, di ideologie interessate e tendenziose, di manipolatori e in definitiva, di interessi spuri e di mediocrità. E’ dunque un testo per animi nobili e persone intelligenti, pronte a guardare la vita e il mistero con la libertà delle menti più inquiete e scrutatrici dell’occulto, senza dogmi, senza moralismi di convenienza, senza sotterfugi.





REF.: • LEVI LEVI8

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