anno I - numero 2 | luglio - settembre 2008
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 45% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB BERGAMO - COBALTO SRL In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di BERGAMO per la restituzione al mittente che si impegna al pagamento dei resi. www.businessgentleman.it
numero 2 | luglio - settembre 2008 | € 7,00
Consumi da 10,3 a 16,1 litri/100 Km (ciclo combinato). Emissioni CO2 da 272 a 380 g/km.
Jeep® è un marchio Chrysler LLC.
800 633 223 jeepgrandcherokee.it
JEEP GRAND CHEROKEE. ADESSO IL MONDO È PIATTO. Raffinato e impeccabile su strada, sa quando lasciare spazio alla potenza grazie a un motore 3.0 V6 turbodiesel Common Rail da 218 CV con filtro antiparticolato. Esclusivo sistema di trazione Full-Time Quadra-Drive II ® , per affrontare con la massima disinvoltura qualsiasi terreno. I sistemi elettronici Hill Descent, Start Assist e il dispositivo antiribaltamento ERM garantiscono estrema sicurezza. Pienamente appagante con gli innovativi sistemi MyGIG™20 e NAV, il climatizzatore automatico e i prestigiosi inter ni. JEEP GRAND CHEROKEE. SPINGETEVI OLTRE.
Manifatturiero
Settore trainante in Lombardia: il primato delle medie imprese
Consulenze aziendali
La strada per il rilancio tra qualità, efficienza e risparmio
Lady B
Cristina Bombassei: una carriera senza sconti fi no ai vertici di Brembo
Evoluzioni professionali
Ordine dei Commercialisti di Milano intervista al presidente Martino
Case History
Storie e ritratti di successo: Persico, Principe di Savoia e ITA
Clarence Seedorf
CAMPIONE anche nel business Non solo calcio: si distingue dai “colleghi” per spirito imprenditoriale, formazione e vision. Ma la sua passione è la solidarietà con progetti a sostegno dei bambini in tutto il mondo
Clarence Seedorf fotografato da Jeroen Hofman
CË 8D<I@:8 <Ë G@LË M@:@E8 :FE ;<CK8 8@I C@E<J Mfc` efe$jkfg [X D`cXef# G`jX# IfdX \ M\e\q`X g\i 8kcXekX# E\n Pfib$A=B \ :`eZ`eeXk`# Zfe Zfdf[\ Zf`eZ`[\eq\ g\i LJ8# :XeX[X# 8d\i`ZX CXk`eX \ :XiX`Y` G\i `e]fidXq`fe` m`j`k` `c j`kf [\ckX%Zfd fggli\ Z_`Xd` /+/ ./' *.-
[\ckX%Zfd
;\ckX 8`i C`e\j @eZ# )''/
La casa degli imprenditori dà più spazio alle imprese e ai servizi... ... flessibili, personalizzati e interdisciplinari per sostenere la competitività delle imprese.
a, rezz u c i ,S ente i lità b Am Qua e rgia Ene
on cati u d E
ne azio r t s i n i Amm
le aca le d n i S nzia e d i ev e Pr
e zion a v Inno ica olog n c te
i port s a r T
o ziari n a n to fi Pun
er e sk p zion e a z d z i l p a Hel zion a n r e lâ&#x20AC;&#x2122;Inte pres m i delle
ne azio c i n u e Com agin m m eI
g ketin r a M ivo ciat i o s s a zion n e nv e Co i port p a R oni ituzi t s I con i upp e gr li toria terri
rio ieta c o S le, Fisca le ana g o eD
udi io st c i f f U
Editoriale di Mauro Milesi Prossimità e network, la visione B&G Legenda delle icone di lettura Business & Gentleman ha studiato dei richiami grafici per aiutare la “navigazione” dei servizi e offrire informazioni aggiuntive. Innanzitutto ogni articolo presenta un’icona che ne identifica la
Innovazione e sviluppo sono fattori che funzionano diversamente a seconda della prospettiva in cui vengono analizzati: da un lato c’è la visione allargata sul piano nazionale, dall’altro quella più ristretta legata a macro-aree specifiche del territorio. Questa differenziazione è un elemento di valutazione sempre più forte da parte degli economisti e degli studiosi che analizzano le dinamiche di crescita di alcuni fattori fondamentali per l’evoluzione delle imprese.
tipologia di contenuto: Giornalistico: servizi, approfondimenti, interviste realizzate dai nostri giornalisti e dai collaboratori B&G. Tecnico-scientifico: studi e ricer-
Un bell’articolo di Riccardo Viale sul Sole24Ore di qualche tempo fa ci sottolinea alcuni dati interessanti emersi dai recenti rapporti Ocse: la globalizzazione ha determinato variazioni diverse allo sviluppo tecnologico se si guardano le nazioni e le regioni. E come tutti sappiamo, la disparità tra andamento nazionale e regionale è un elemento ancora più forte in Italia rispetto ad altri paesi europei.
che che hanno una connotazione tecnico-scientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi. Divulgativo: notizie, curiosità, anteprime, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse
Sono, quindi, le marco-aree territoriali e non gli stati centrali a determinare lo sviluppo di un particolare fattore economico, di una tipologia d’impresa, di un elemento d’innovazione rispetto a un altro? Se prendiamo come esempio Silicon Valley la risposta appare positiva perché lì piuttosto che altrove negli Stati Uniti è emersa una fitta rete di imprese nel campo tecnologico.
generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design Inoltre la lettura può riservare informazioni aggiuntive con le seguenti icone Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico Url: la segnalazione di siti e por-
Però la visione deve essere più profonda perché, accanto ad elementi territoriali, ci sono elementi istituzionali che favoriscono il fiorire di alcune situazioni piuttosto che altre: la presenza di università, di infrastrutture, la determinazione delle politiche fiscali, ecc. Insomma, il successo di un settore innovativo all’interno di una regione è frutto sia delle condizioni “particolari” del territorio (vivacità, capitale umano, fi losofie imprenditoriali, cultura d’impresa, ecc.) sia delle condizioni “istituzionali” che sono determinate da politiche centrali.
tali sul tema trattato Argomenti correlati: segnalazione di servizi B&G che trattano argomenti simili Citazione: un ipse dixit che impreziosisce il discorso trattato Bibliografia: la segnalazione bibliografica collegata all’argomento
In ogni caso, resta un elemento per noi fondamentale: la dimensione territoriale dell’economia è un importantissimo fattore distintivo per guardare e analizzare il mondo delle imprese, per capirle più a fondo e per costruire con esse relazioni. Su questa prospettiva ha mosso i primi passi e continua il suo cammino Business & Gentleman, che ha scelto di concentrare maggiormente la sua attenzione sulla macro-area economica che interessa principalmente la Lombardia: regione fondamentale per l’economia nazionale ed europea. Siamo ritornati su questa scelta per aggiungere ai lettori qualche elemento di valutazione in più sulle ragioni che ci hanno spinto in questa direzione. Non certo per campanilismo e nemmeno per rivendicare primati rispetto ad altri territori: come dicevamo non basta la dimensione territoriale per spiegare tutto, ma è una prospettiva interessante per approfondire le cose. La questione fondamentale è la prossimità. Ossia la possibilità di trasformare una rivista e questo progetto editoriale in qualcosa di più ampio e articolato, approfondendo le relazioni con il territorio e i tessuti istituzionali, produttivi, professionali. Questa vicinanza ci permette di strutturare sinergie e partnership: dar vita a un network che trasformi B&G nel baricentro di iniziative, eventi, opportunità che vengono realizzate con il mondo economico che ci circonda. Tutto questo mantenendo alta la concentrazione sui contenuti istituzionali e sulla caratura della pubblicazione che non può rischiare di livellarsi verso una visione troppo particolare, ma deve essere apprezzata a tutto tondo.
6
stile intramontabile
dynamism Hotel Principe di Savoia 20124 Milano (I) Piazza della Repubblica 17 | t. +39 02 62305555 f. +39 02 653799 reservations@hotelprincipedisavoia.com | www.hotelprincipedisavoia.com
Sommario numero 2 | luglio - settembre 2008
8.
Editoriale
50.
Economia tra nazioni e regioni. Il valore della prossimità
14.
Il Gentleman
Hi-Tech
52.
Anteprime
54.
ICT e imprese
58.
Manifatturiero
64.
Consulenze
68.
Idrogeno
72.
Persico
76.
Seedorf
80.
Lady B
Stefano Cerveni
Odysseus
Ciao Italia
Web e Adv Crescono gli investimenti nella pubblicità online
84.
Campione anche nel business e nella solidarietà
46.
Turismo & Affari
Internazionalizzazione Esportare negli USA. In collaborazione con Promos
88.
Intervista a Cristina Bombassei e le nuove sfide di Brembo
Leadership Orientamento d’impresa e comunicazione interna
90.
Coaching Il rapporto tra Manager e Staff: pregi e difetti del team armonico
8
Compasso d’Oro: è Torino la capitale
102.
Orologeria Sfida al tempo e al conformismo
108. Motori La doppia anima della Lamborghini Gallardo
112.
Maestri d’ascia Imbarcazioni: un’arte antica che continua oggi
116.
I giovani che scelgono l’estero. Quattro storie da scoprire
L’azienda col vento in poppa e le nuove sfide
40.
100. Design
Navigare nelle idee. Il premio alle imprese innovatrici
Tempo di concretezza e aziende già in azione
36.
Pietro Fabbrini
Musil A Brescia il museo dedicato all’industria
Ristorazione e impresa. La ricetta del “Due Colombe”
La svolta verso la strada della qualità
32.
96.
Parola a Ezio Indiani, direttore del Principe di Savoia
L’approfondimento tematico: il successo delle medie imprese
28.
Luigi Martino
Comunicazione L’arte di parlare in pubblico: consigli e tecniche
Case history sulla ITA International Tobacco Agency
Il rapporto sull’Information Technology
24.
94.
L’Ordine dei commercialisti di Milano
Il progetto “Local” di Smau che raddoppia in Lombardia
20.
John Nash
Corporate Governance Quando diventa un valore aggiunto per le PMI
Le confessioni di una mente straordinaria
Assodomotica e Building Automation: ecco le novità
18.
92.
Analisi antropologica sull’uomo contemporaneo
Tra etica ed estetica. Moda, stile e comportamenti
16.
Marc Augé
Sigari Novità ed eventi: Milano in prima linea
118.
Turismo a cinque stelle Oman e un viaggio da “Mille e una notte”
124. Wellness life A Merano il paradiso per fuggire dallo stress
128. L’agenda delle fiere Esibizioni, appuntamenti, esposizioni in tutti i settori
Fashion Business
Moda da yacht Tempo libero sinonimo di stile gentleman: Per ciascuna passione il mondo della moda off re un ampio ventaglio di tendenze e stili. Con l’arrivo dell’estate, insieme a yacht e barche che iniziano a solcare il mare si arricchiscono quindi i guardaroba sia maschili che femminili. Se per le donne l’estate 2008 i “nuovi” indumenti trendy saranno le t-shirt e i lunghi camicioni aperti, magliette impreziosite da stampe e pailettes o mini abiti, per l’universo maschile Missoni propone il modello “mood marinaro” con le maglie patchwork. In una collezione dominata dall’acqua o meglio dai suoi delicatissimi colori, Missoni vede il suo “uomo di mare” nei panni di un globetrotter dei mari, esploratore e scienziato, ricercatore, “per lui la barca è uno strumento per muoversi e il mare è un oggetto di studio”. Nell’uomo Missoni 2008 si trovano accenni più arditi come le scarpe di tala con inserti di raso lucido o il cappellino la cui foggia riporta agli anni Sessanti, a certe pellicole che hanno fatto la storia del cinema. Per Donatella Versace i pantaloni dell’uomo del futuro variano da extra slim a proporzioni macro come quelli dei samurai. Le t-shirt sono senza maniche con il collo alto pronte a trasformarsi in polo, il doppiopetto diventa gilet con bretelle sulla schiena.
www.missoni.it www.futureconceptlab.com
12
Moda: il Gentleman diviso tra etica ed estetica Essere gentiluomini oggi è una questione di fi losofia tra impegno, valori, responsabilità e capacità di godersi appieno il meglio della vita a cura della redazione
Cambiano i tempi, cambiano le mode. Essere gentiluomo oggi è legato a quattro valori principali: sostenibilità, etica, tutela dell’ambiente e tempo libero. È quanto emerge dal nuovo studio condotto dal Future Concept Lab per conto di Reda, azienda leader nella produzione dei tessuti di pura lana, su un campione di 450 uomini, tra i 30 e i 54 anni. La maggior parte degli intervistati ha affermato che essere gentiluomini rappresenta un modo di sentirsi e di comportarsi al di là del proprio status e lo si può diventare attraverso l’educazione. I valori portanti risultano essere: l’investimento negli affetti, l’assunzione di responsabilità, sia in ambito lavorativo che come impegno civile e sociale, la discrezione nel non avere atteggiamenti esibizionisti e l’educazione. La ricerca, inoltre, ha evidenziato che il gentleman contemporaneo ha a cuore l’ambiente e si impegna per migliorare la società in cui vive. Il Tempo e lo spazio, parametri cardine della qualità della vita individuale diventano valori anche nella scelta di un prodotto: è fondamentale che un vestito duri nel tempo (il 47,3% del campione ha dato voto 9 o 10 su scala da 1 a 10) e possa garantire un’etichetta Made-in-Italy (38,2%), a indicare
provenienza dei materiali e rispetto delle regole etiche nel processo di lavorazione. Essere gentleman significa anche sapersi godere il proprio tempo libero, sentendosi libero di poter derogare ai propri obblighi. La qualità di vita risulta sempre più legata a doppio fi lo con la qualità del tempo, solo però se in stretta alleanza con la qualità dello spazio, da preservare e difendere con impegno costante e personale. Secondo i risultati della ricerca, etica ed estetica devono essere sempre più legate: il bello e il buono non possono essere contrapposti. Alle aziende si chiede oggi che investano in prodotti che siano giusti, autentici, ben fatti, oltre che belli; si desiderano prodotti realizzati secondo gli standard di sostenibilità, ma non si sacrifica per questo l’estetica. |
Soluzioni Hi-Tech
Chorus by Gewiss Innovazione funzionale e risparmio energetico: due concetti che costituiscono la filosofia di base dei moderni impianti domotici. È il caso di Chorus, il sistema domotico internazionale ideato da Gewiss, per consentire la supervisione e la gestione delle funzioni dell’impianto sia localmente, grazie a interfacce grafiche, sia da remoto attraverso Internet. Oggi attraverso la creazione di reti di dispositivi programmabili con funzioni innovative, è possibile aumentare il comfort e la sicurezza anche in ufficio. A questo proposito Chorus off re dispositivi all’avanguardia, che permettono ad esempio di comandare l’accensione delle luci in maniera automatica, mediante il rilevamento del movimento delle persone all’ingresso dell’ambiente. Una funzione, che, unitamente alla possibilità di regolarizzare la quantità di luce e di regolare periodicamente le veneziane, permette di risparmiare energia. È inoltre possibile gestire in modo automatico il sistema di riscaldamento, differenziandone l’utilizzo per zone e microzone in base alla loro funzione e di evitare la dispersione di calore. Chorus dà la possibilità di disattivare temporaneamente il riscaldamento o il condizionamento limitatamente all’ambiente interessato e di riattivarli automaticamente al momento della chiusura.
14
Building Automation Systems la Lombardia traina il settore L’analisi di Assodomotica sottolinea un incremento del mercato. In prima fi la ci sono le aziende lombarde testo di Desirée Cividini
Sicurezza ambientale, ma anche risparmio energetico e maggiore controllo del personale. Con l’applicazione delle moderne tecnologie anche all’interno dell’azienda, la qualità di vita nell’ambiente di lavoro è destinata a migliorare. Non a caso la diff usione dei Building Automation Systems anche all’interno degli uffici è in continua espansione: a dirlo sono i dati forniti da Assodomotica. Alla fine del 2007 gli impianti installati sul territorio nazionale erano circa ventimila, di cui circa il venti per cento solo in Lombardia, dove il mercato sta attraversando una grande fase di crescita, complice anche una maggiore consapevolezza da parte degli utenti dei benefici che la domotica può fornire. Sicurezza, comfort e risparmio energetico sembrano essere tra i vantaggi maggiori comportati dall’applicazione dei sistemi di Building Automation all’ ambiente di lavoro. Essendo le aziende sempre più attente ai costi e all’efficienza, tra le applicazioni più richieste ci sono quelle che consentono di ottenere un maggiore risparmio energetico e che aumentano la sicurezza all’interno dell’ambiente lavorativo. “Si
va dai sistemi di telesorveglianza via internet, la cui richiesta da parte della aziende è notevolmente aumentata nel corso del tempo- ha spiegato il presidente di Assodomotica Paolo Mongiovì-, all’installazione di impianti che consentano di ottenere un maggiore risparmio energetico e di ridurre i consumi, come quelli utilizzati per la gestione degli impianti luminosi”. Un mercato che per quanto riguarda le aziende lombarde è destinato a crescere ulteriormente nel corso dei prossimi anni: “Le previsioni sono sempre maggiori, anche alla luce del fatto che rispetto al passato esistono sistemi con prezzi sempre più accessibili”- sottolinea Mongiovì, il quale parla di una crescita annuale del mercato nell’ordine del cinquanta per cento. Questo anche alla luce del fatto che recenti studi dimostrano come l’applicazione della domotica all’ambiente di lavoro contribuisca anche ad aumentare la flessibilità d’uso degli spazi, favorendo quindi la produttività dei lavoratori. |
www.gewiss.com www.assodomotica.it
Anteprime
Il progetto “local” di Smau L’evento fieristico di Milano si territorializza e si apre ancora di più al mondo delle imprese. Start up a Padova già riuscito con successo: nel febbraio 2009 toccherà a Brescia. L’ad di Smau Pierantonio Macola: “Progetto ambizioso rivolto non solo alle grandi aziende, ma soprattutto alle PMI”
Smau raddoppia in Lombardia e si avvicina sempre di più al mercato business. La celebre manifestazione legata all’ICT che si svolge ogni anno a Milano ha infatti avviato una politica di localizzazione sul territorio con un format dedicato al mondo delle imprese. Esperimento già riuscito con successo in Veneto e che il prossimo anno sboccerà anche a Brescia. Da febbraio 2009, infatti, si svolgerà nella città “Leonessa” uno dei quattro appuntamenti fieristici “local” che porteranno l’innovazione direttamente “a casa” dell’imprenditore della piccola e media impresa. Un’iniziativa che nasce con l’obiettivo di avvicinare a Smau anche aziende di dimensioni più piccole, che non si riconoscono in un evento di così ampia portata come quello di Milano, e di istituire un appuntamento annuale dedicato alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione ampiamente diff use sul territorio lombardo. Dalle analisi effettuate nel corso del 2007 è infatti emerso come il Nord-Ovest sia l’area geografica caratterizzata dalla spesa IT per addetto mediamente più elevata, con un valore stimato in circa 950 euro rispetto a una media nazionale che si attesta a circa 850 euro per addetto. A conferma di tale dato è stato riscontrato che il Nord Italia, e in particolare le regioni del Nord-Ovest, 16
mostrano complessivamente dei livelli di adozione delle ICT (Information and Communication Technologies) superiori in media rispetto ai dati nazionali. Tra questi si possono citare ad esempio la maggiore diff usione di ERP rispetto ad altri sistemi gestionali meno evoluti e la maggiore diff usione di applicazioni di Business Intelligence. In questo contesto Smau, attraverso il lancio di una serie di appuntamenti locali denominati Smau Business, intende realizzare un’azione di vero e proprio marketing dell’industria IT. “L’obiettivo - spiega Pierantonio Macola, amministratore delegato Smau - è l’aumento nazionale della spesa in moderne tecnologie in termini quantitativi e soprattutto qualitativi, per far sì che l’industria possa competere con il mercato globale. È un progetto ambizioso che punta a coinvolgere non solo le aziende di grandi dimensioni, ma anche e soprattutto le piccole e medie imprese, cuore pulsante dell’economia italiana”. L’appuntamento di Brescia di fatto replicherà quello organizzato a maggio a Padova, dove è stato lanciato il nuovo format che toccherà anche Bari, Parma e Torino. “La novità che accomuna tutti gli appuntamenti Smau è proprio la nuova progettualità - prosegue Macola - : un format snello, che proporrà una serie di contenuti e iniziative mirati a coinvolgere non solo i responsabili dei
sistemi informativi delle imprese e delle pubbliche amministrazioni centrali e locali, ma anche i manager delle diverse funzioni aziendali. Oggi più che mai, tutti i professionisti sono chiamati a cercare nell’innovazione le nuove leve per migliorare la propria attività e produttività e l’obiettivo di questi eventi è proprio di fornire strumenti utili a comprendere le potenzialità e il linguaggio delle nuove tecnologie: dati e trend di mercato, workshop indipendenti a cura di analisti e docenti italiani, casi di successo di adozione di ICT raccontati direttamente dalle imprese clienti e non ultima l’Agenda dell’innovazione, una pubblicazione che aiuterà i decisori aziendali nella scelta delle tecnologie a supporto delle diverse funzioni aziendali”. Inoltre, grazie ad un accordo con la School of Management del Politecnico di Milano, in ogni evento locale verrà presentata una ricerca sull’adozione delle tecnologie presso le imprese della regione, attraverso una survey realizzata su un campione rappresentativo di PMI operanti sul bacino di riferimento. Insomma un evento su misura che come sottolineato da Macola - possa facilitare la comunicazione tra gli imprenditori delle imprese locali e i fornitori di soluzioni informatiche. |
WORLD BUSINESS FORUM 29-30 ottobre 2008 | fieramilanocity, Milano
Conoscenza Ispirazione Eccellenza
GARRY KASPAROV | MUHAMMAD YUNUS | FRANCIS FORD COPPOLA | JACK WELCH C.K. PRAHALAD | ANGELA HIRATA | RICHARD BOYATZIS | JUAN ENRIQUEZ JIMMY WALES | ALESSANDRO PROFUMO PER ISCRIZIONI:
Numero Verde 800.93.94.36 | hsmglobal.com/it/wbf
ALTRI EVENTI HSM ITALIA 2008
•
ULTIMI POSTI 17-18 giugno | Milano WORLD MARKETING & SALES FORUM
| INFORMAZIONI GENERALI: info.it@hsmglobal.com NOVITÀ
• 18-19 novembre | Milano
• 24 novembre | Milano
WORLD HIGH PERFORMANCE FORUM
INNOVAZIONE E CREATIVITÀ EDWARD DE BONO
Il meglio del management mondiale su hsmglobal.com Main Sponsor
Associated Business School
Supporting Partner
Media Partner
Business&Gentleman
18
luglio - settembre 2008
Settori specializzati
ICT,
le famiglie battono le imprese Il rapporto sul settore dell’Information & Communication Technology: mercato in crescita, ma soprattutto nei privati (+10,5%). Gli investimenti per le aziende sono aumentati dell’1,9% a cura della redazione
Gli italiani hanno una vera e propria fame d’innovazione. Lo dimostrano le imprese, che nel 2007 hanno investito oltre 16 miliardi di euro in Information Technology, con un incremento dell’1,9% rispetto all’anno precedente; lo confermano le famiglie che, nonostante la contrazione generale dei consumi, hanno speso oltre 1 miliardo di euro per dotarsi di tecnologie innovative, con un balzo di ben 10,5% rispetto al 2006. Vi è poi la corsa a Internet: raddoppiati in due anni gli accessi a banda larga, cresce l’uso dei servizi on line turismo, banche, e-commerce, intrattenimento, informazione, cultura. Sul fronte pubblico si registra invece uno scenario completamente in controtendenza alle scelte degli italiani. La domanda It della Pubblica amministrazione è scesa nel 2007 dello 0,6%, oscillando negli ultimi anni intorno a un’asfittica quota di 3 miliardi di euro. È quanto emerge dal Rapporto Assinform 2008 sull’andamento del settore Ict nel 2007. Nel 2007 il mercato aggregato dell’ICT (informatica + telecomunicazioni) ha raggiunto i 64.390 milioni di euro (+0,9%). Se da una parte il comparto delle telecomunicazioni (apparati, terminali e servizi per reti fisse e mobili) si è mosso con lentezza (+0,4%, contro il +2,1% dell’anno prima) e, sostenuto dalla sola componente dei servizi su rete mobile, non è andato oltre ai 44.200 milioni di euro, dall’altra il comparto dell’informatica è invece cresciuto del 2%, a quota 20.190 milioni, manifestando una maggiore vitalità. Ciò è avvenuto grazie ancora e soprattutto alla crescita della domanda di apparecchiature (hardware, +
4,8%), cui ha molto contribuito la persistenza della domanda di personal computer (+13,1% in unità e +5,5% in valore). Dal 2005 al 2007, la penetrazione del cellulare nelle famiglie italiane è infatti passata dall’80,8 all’ 85,5%, quella del pc dal 43,9% al 47,8% e quella di Internet dal 34,5% al 38,8%, lasciando intendere che la cosa che manca è un quadro di riferimento che favorisca l’uso dell’ICT in chiave di innovazione nel sistema produttivo. In campo informatico, quanto alle imprese, cui è ascrivibile quasi il 95% del mercato IT, è da rilevare che le dinamiche d’investimento, per quanto contenute, siano state positive in tutte le classi dimensionali. Sono infatti cresciuti sia gli investimenti IT delle grandi imprese (10.873 milioni, +1,7%, contro l’1,3% del 2006 e lo 0,9% del 2005), delle medie (4.767 milioni, +1,9%, contro l’1,8%, del 2006 e l’1,7% del 2005) e anche delle piccole (3.495 milioni + 0,6%, contro il modesto 0,3% del 2006 e il calo dell’1,4% del 2005). Le dinamiche viste cambiano di molto poco la ripartizione della domanda IT per classi dimensionali d’impresa. Questa vede ancora largamente al primo posto le grandi aziende, con oltre 250 addetti (con una quota di mercato del 56,8%), seguite dalla medie, con 20-249 addetti (24,9%) e dalle piccole sino a 49 addetti (18,3%), con una domanda ancora proporzionalmente molto inferiore al loro peso, sia in chiave di contributo al PIL che di occupazione. Proprio quest’ultimo aspetto lascia intravedere quali potrebbero essere le potenzialità di interventi volti ad incrementare gli investimenti IT nell’impresa minore. 19
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Puntare sulla competenza Immaginate un ufficio senza più carte e telefoni fissi sulla scrivania; al loro posto un semplice kit tecnologico composto da telefono cellulare con la possibilità della videoconferenza e funzioni BlackBarry, un computer portatile, una company card per accedere al network aziendale e un cercapersone universale. L’ufficio come lo conosciamo noi si trasformerá nei prossimi 20 anni, questo é quanto riportato nella relazione pubblicata recentemente da Johnson Controls Global WorkPlace Solutions, azienda americana leader nella fornitura di servizi per migliorare gli ambienti di lavoro. Il rapporto “Workplace Futures” esamina come e perché l’ambiente di lavoro nel mondo cambierá entro il 2030, aiutando cosí l’industria a capire meglio quali saranno le forze che determineranno il cambiamento di questi ambienti.
Lo spaccato della domanda per settori d’utenza conferma il ruolo trainante delle banche ( 4.578 milioni, +1,7%) dell’industria ( 4.157 milioni, + 2,0%) e delle aziende della distribuzione e dei servizi ( 2.293 milioni, +3,2%), per l’effetto combinato di dinamiche e peso. Nel settore pubblico la PAL ha fatto registrare progressi, mentre l’Amministrazione Centrale ha fatto registrare un calo della spesa del 3.2%.
Una delle prospettive piú verosimili vede il professionista del 2030 vincolato maggiormente da limiti di tempo in un luogo di lavoro che comprenderá lo spazio per le interazioni sociali, sará un luogo di pari opportunitá e offrirá al
Il valore del commercio elettronico B2C in Italia (insieme delle vendite effettuate via Internet da siti italiani verso i consumatori finali italiani e stranieri) registra dal 2000 al 2006 un tasso di crescita che non è mai stato inferiore del 40% annuo e nel 2007 ha raggiunto quota 5,3 miliardi di euro. La maggior parte delle vendite on line avviene nel mercato interno, essendo la quota verso l’estero di 900 milioni di euro, con l’Ue, gli Usa e il Giappone i principali destinatari. Le stime per il 2007 indicano che le vendite al dettaglio nel mondo, sul canale dell’e-Commerce, supereranno i 300 miliardi di euro. Fra le criticità vi sono limiti strutturali a partire dalla scarsa penetrazione di Internet e della banda larga, costi e assetti della logistica distributiva. Limiti culturali dovuti alla diffidenza degli italiani verso l’utilizzo della carta di credito on line e alla scarsa propensione all’acquisto a distanza.
dipendente una maggiore possibilitá di scelta su quando, dove e come lavorare. Comunque, la prospettiva non é del tutto positiva e l’azienda potrebbe dover affrontare alcune situazioni difficili a livello globale. La relazione esplora tre possibili panorami dell’ambiente di lavoro nel 2030. Il primo, “Jazz”, descrive un villaggio globale competitivo dove il luogo di lavoro é visto come un network.
L’analisi delle applicazioni B2B, ovvero di applicazioni di tecnologie digitali ai processi interaziendali cliente-fornitore, ha messo in luce come i progetti in atto nelle imprese italiane riguardino soprattutto aziende di grandi dimensioni, mentre le Pmi possono essere coinvolte attraverso progetti a livello di distretto.
“Consiglieri saggi” individua un ambiente di lavoro sicuro, responsabile, con una particolare attenzione per l’equilibrio vita personale/lavoro e vede l’ambiente di lavoro come una comunitá. Il
Per il 2008 si stima una crescita del mercato ICT (aggregato informatica e telecomunicazioni) dell’ordine dell’1,9%, di un punto percentuale in più rispetto al 2007. Il relativo miglioramento porterà il mercato ICT al valore complessivo di 65.643 milioni, ma si confronterà con tassi più sostenuti attesi in tutti i Paesi guida dell’Europa, e sarà più che altro funzione di una ripresa sul fronte delle telecomunicazioni. Infatti per queste ultime è prevista una crescita del 2,1%, mentre per l’informatica, l’attuale situazione congiunturale lascia presagire una crescita inferiore a quella del 2007 e pari all’1,6%. | 20
terzo scenario, “Dantesco”, é un mondo frammentato che dá maggior importanza al profitto piuttosto che ai dipendenti e vede l’ambiente di lavoro come una fortezza. Di certo lo scenario piú probabile é verosimilmente una combinazione di eventi e condizioni di tutti e tre i panorami.
Settori specializzati
I vantaggi della fatturazione elettronica Business TV, settore in crescita Un terzo delle aziende italiane comunica con la televisione. Secondo una ricerca dell’Osservatorio TV dell’Università Bocconi emerge quanto l’uso del video sia ormai diffuso nelle imprese di grandi dimensioni, con il 40% che lo ritiene strumento importante o strategico per la propria comunicazione. Tramite business e brand tv, canali tematici su Internet e video prodotti dall’azienda, il mezzo è usato sia per coinvolgere ed informare i dipendenti sia per promuovere e crescere il brand all’esterno. “La ricerca mostra come un numero crescente di aziende utilizzi il video per sperimentare forme e modalità di comunicazione nuove a pubblici diversi spiega Paola Dubini, responsabile dell’Osservatorio Business TV della Bocconi -. E con l’abbattimento di costi di produzione e la proliferazione dei canali di diffusione aumenta la sperimentazione, con le imprese che utilizzano i video per raccontare la propria storia, per raccontarsi, per far raccontare ai propri dipendenti la loro storia.” Secondo la ricerca, circa il 30% delle aziende italiane produce o utilizza in modo continuativo il video per comunicare a pubblici diversi. Il 14%, infatti, ha una business tv, il 10% usa video in modo diffuso e organizzato (ma non tramite business tv)
Dalla gestione integrata e digitale dell’intero ciclo dell’ordine, dall’allineamento delle anagrafiche alla riconciliazione dei pagamenti. La fatturazione elettronica crea un valore aggiunto per il mondo dell’impresa. A dirlo è il rapporto 2008 dell’Osservatorio fatturazione elettronica e dematerializzazione del Politecnico di Milano che ha messo in evidenza vantaggi e benefici economici portati dal settore. Se da una parte, la Legge Finanziaria 2008 ha stabilito l’obbligo di fatturazione elettronica nei confronti della pubblica amministrazione, sul fronte delle aziende la strada risulta essere ancora in salita. Dall’analisi emergono dieci modelli o paradigmi di adozione, sinteticamente classificabili in due classi principali: i modelli di fatturazione elettronica in senso stretto, comprendenti tutte le soluzioni volte a digitalizzare e automatizzare il processo che va dalla creazione della fattura all’archiviazione della stessa e che include modelli di sola conservazione sostitutiva o modelli di fatturazione elettronica vera e propria; i modelli di fatturazione elettronica in senso ampio o di integrazione e dematerializzazione del ciclo ordine-pagamento, in cui il dominio di analisi è allargato all’intero processo logistico-commerciale e amministrativo-finanziario, dalla creazione dell’ordine alla chiusura del ciclo dei pagamenti e delle annesse riconciliazioni.
e il 6% ha una tv aziendale in fase di attivazione. Il 40% delle aziende che utilizzano il video in modo continuativo si rivolgono prevalentemente a un target interno e il 20% a uno esterno. Il video risulta essere uno strumento di recente introduzione nelle imprese italiane. Il 22% lo ha introdotto nel periodo 2000-04, il 48% a cavallo tra il 2005 e 2006 e il 26% nell’ultimo biennio. Per quanto riguarda il ruolo che il video ha assunto nella comunicazione aziendale, il 33% dichiara che è importante e l’8% lo ritiene strategico, il 28% che agisce di supporto alla comunicazione tradizionale e il 21% che è marginale. I contenuti delle business tv vengono aggiornati mensilmente nel 20% dei casi, settimanalmente nel 18% e quotidianamente nel 17%. Nel dettaglio, le business tv interne prediligono un aggiornamento quasi quotidiano e le brand tv un aggiornamento
Da un punto di vista settoriale, lo studio del Politecnico evidenzia come il comparto degli elettrodomestici sia quello in grado di ottenere i maggiori vantaggi da una completa integrazione e dematerializzazione del ciclo ordine-pagamento: il risparmio in valore assoluto è di circa 70 euro a ciclo, corrispondenti a una riduzione percentuale del costo iniziale che va dal 65% all’85%, a seconda del settore. La cifra scende a 25 euro nel settore farmaceutico, che può contare in partenza su una maggiore accuratezza documentale di base. In relazione al grado di adozione a oggi di queste soluzioni in Italia, dai risultati della ricerca emerge che la fatturazione elettronica, nelle sue varie accezioni, è ancora un fenomeno poco diff uso: meno di un’azienda su dieci, al momento, ha fatto questa scelta e appena un’impresa su trenta ha scelto le soluzioni più integrate.
mensile. Le scelte editoriali sono orientate a una comunicazione in pillole, con il 42% dei canali che trasmettano video che non superino i tre minuti. Infine, l’esperienza dell’utilizzo della business tv è ritenuta positiva dall’81% del campione, con l’88% che intende continuare e sviluppare l’esperienza. Il 9%, invece, sta riflettendo su come trovare un nuovo ruolo per le loro tv. “Il video come leva comunicativa è in grado di cogliere numerosi obiettivi - spiega Francesco Saviozzi, coordinatore della ricerca-. Rivolto all’interno diventa, oltre a leva strettamente informativa, strumento di motivazione, coinvolgimento e condivisione tra dipendenti. Rivolto all’esterno, invece, diventa strumento di
La diff usione dei modelli di fatturazione è frenata, sempre secondo il rapporto, da una sostanziale mancanza di consapevolezza da parte del management delle organizzazioni, e soprattutto da parte dei top executive, del significato di fatturazione elettronica in senso ampio e del valore legato ai progetti di fatturazione elettronica e da una resistenza alla collaborazione di fi liera, con fornitori, clienti e provider di servizi, in base alla quale si riconosce la dipendenza sempre più significativa delle proprie prestazioni dai servizi degli altri attori, soprattutto nelle supply chain complesse e articolate.
differenziazione nelle attività di promozione e di brand building.
21
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Manifatturiero, la media impresa fa grandi risultati Oltre 1.200 aziende, il 31% del totale nazionale: fatturato superiore ai 43 miliardi e 159 mila addetti a cura della redazione
Oltre 43 miliardi di fatturato, 10 miliardi di valore aggiunto, 817 milioni di utili, 159.000 addetti, un terzo del fatturato dall’export che cresce del 71,5% in dieci anni. Sono questi alcuni numeri del sistema delle medie imprese manifatturiere lombarde emersi dalla ricerca sulle medie imprese industriali in Lombardia, realizzata da Unioncamere e Mediobanca. Le medie imprese manifatturiere lombarde si sviluppano come consolidamento e crescita delle imprese minori e complessivamente rappresentano il 14% circa del valore aggiunto dell’industria manifatturiera a livello nazionale. Il Lombardia sono presenti 1.266 imprese che rappresentano il 31% del totale nazionale. L’indagine copre l’universo delle medie imprese manifatturiere italiane definite nella classe 50-499 dipendenti e 13-290 milioni di euro di fatturato; con l’ultimo censimento, sono state individuate 3.984 società che assicurano il 14% della produzione manifatturiera italiana in valore, percentuale che sale al 22% considerando 22
l’indotto; la maggiore concentrazione di imprese è in Lombardia dove hanno sede il 74,9% delle imprese manifatturiere di medie dimensioni del nordovest e il 31% di quelle italiane. Le medie imprese manifatturiere in Lombardia nel 2005 erano 1.266 per un fatturato di 42,7 miliardi di euro, un valore aggiunto pari a 10,1 miliardi di euro e utili per 817 milioni di euro. Il 35,6% del fatturato (pari a oltre 15 miliardi di euro) è realizzato all’estero e il settore complessivamente occupa 159.000 addetti. I settori in cui operano sono principalmente la meccanica (31,7% del totale), i beni per la persona e la casa (18,9%), la siderurgia (15,7%), la chimica (13,7%) e l’alimentare (11,6%). I profitti delle medie imprese lombarde, dopo aver toccato il minimo nell’esercizio 2003 sono tornati a salire e nel 2005 la percentuale sul fatturato è stata dell’1,9%, superiore all’1,7% italiano. Tra il 1996 e il 2005 il fatturato delle medie imprese
Lombardia e sviluppo
23
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Secondo uno studio realizzato da Unioncamere e Mediobanca, in Lombardia sono presenti 1.266 imprese manifatturiere che rappresentano il 31% del totale nazionale e producono
lombarde è cresciuto del 53,1%, (58% a livello nazionale). Cresce soprattutto il fatturato export, +71,5% (47,2% Italia), e in Lombardia è di segno positivo anche la crescita dei dipendenti con +14,5% in dieci anni. Positivo anche l’andamento del valore aggiunto che per le imprese medie del settore manifatturiero in Lombardia segna +37,1% (41,6% in Italia) e si concentra per oltre il 50% nei settori del made in Italy, sebbene tale percentuale sia inferiore rispetto al dato nazionale (62%).
oltre 43 miliardi di fatturato, 10 miliardi di valore aggiunto, 817 milioni di utili con 159.000 addetti. I profitti, dopo aver toccato il minimo nell’esercizio 2003, sono tornati a salire e nel 2005 la percentuale sul fatturato è stata dell’1,9%, superiore all’1,7% italiano
24
Le medie imprese lombarde, in termini di valore aggiunto, si concentrano invece nella meccanica (37,2%) e “negli altri settori” (36%), soprattutto chimica e metalsiderurgia. Minore rispetto al dato nazionale è la percentuale del valore aggiunto nell’alimentare (7,8%) e nei beni per la persona e per la casa (18,8%). I distretti industriali e i sistemi produttivi locali della Lombardia sono rispettivamente 11 e 4, specializzati soprattutto nel tessile, abbigliamento e calzature (in totale 8 tra distretti e SPL) e nel legno e produzione e lavorazioni metalli. Per quanto riguarda i distretti, il fatturato più alto spetta alle medie imprese delle valli bresciane con oltre 5,6 miliardi di euro e 141 imprese nel 2005 (per un fatturato medio annuo superiore a 40 milioni di euro), seguite da quelle del Lecchese metalli con quasi 5 miliardi di euro e 145 imprese (34 milioni di euro di fatturato medio a impresa). Importante la performance delle medie imprese del distretto industriale della Bergamasca-Valcavallina-Oglio/Valseriana dove appena 19 imprese raggiungono un fatturato medio di 34,7 milioni
Lombardia e sviluppo di euro ciascuna (complessivamente oltre il mezzo miliardo di euro). I sistemi produttivi locali lombardi, complessivamente nel 2005 hanno raggiunto un fatturato di oltre 2,1 miliardi di euro, dovuto per il 38% al tessile lecchese, con 830 milioni di euro e 35 medie imprese. È soprattutto il sistema produttivo della Valle dell’Arno, specializzato in produzione e lavorazione dei metalli, a far bene: con appena 16 medie imprese ha fatturato nel 2005 695 milioni di euro (in media 43,4 milioni di euro ad impresa). Sono 413 le medie imprese del settore manifatturiero della provincia di Milano che hanno prodotto nel 2005 quasi 14 miliardi di euro di fatturato per un valore aggiunto che supera i 3,2 miliardi (in entrambi i casi pari al 32% del totale regionale). Il settore manifatturiero delle medie imprese a Milano occupa 48.000 dipendenti ed è attivo soprattutto nel settore della meccanica (31,5%) e della chimica (21,3%). Le medie imprese della provincia di Milano sono inoltre prime in Lombardia per entità di investimenti, 1,5 miliardi di euro tra 2003 e 2005, quasi un terzo degli investimenti di tutte le medie imprese manifatturiere della regione. Le medie imprese manifatturiere nelle province lombarde, escludendo Milano, prime per numero di imprese sono Brescia con 230, Bergamo con 182 e Varese con 103. Per percentuale di fatturato export prima è invece Varese con il 46,1%, seguita da Como (41,2%) e Lecco (38,6%). I settori di attività prevalenti sono la siderurgia a Brescia (35,9%), la meccanica a Bergamo (32,6%), Varese (41,1%), Lodi (35,2%) e Lecco (47,1%), beni per la persona e la casa a Como (44,2%) e Mantova (35,5%), l’alimentare a Cremona (55,3%) e Sondrio (47,2%), la chimica a Pavia (28,2%). |
La funzione dell’industria non è solo e neanche principalmente quella del profitto. Lo scopo è migliorare la qualità della vita mettendo a disposizione prodotti e servizi. Giovanni Alberto Agnelli
Expo 2015: previsti investimenti per 4,1 miliardi per le imprese milanesi In vista dell’Expo 2015 le imprese milanesi sono pronte a investire 4,1 miliardi di euro e ad assumere 98.000 tra dipendenti a tempo indeterminato e collaboratori. È quanto emerge dal sondaggio condotto dalla Camera di Commercio di Milano attraverso Iri Infoscan, realizzato con metodo CATI su duecento imprese milanesi nel mese di maggio 2008, e da una stima su dati del registro imprese. Gli investimenti saranno legati soprattutto alla realizzazione, come fornitore, di opere e infrastrutture (65,9%). In vista dell’Expo le imprese chiedono in primis di potenziare i collegamenti tra la città e i punti di interesse (con Malpensa, con il quartiere fieristico Rho-Pero), interventi contro la piccola criminalità locale (furti, scippi), metropolitane, tram e bus, treni più frequenti, aumento dei vigili di quartiere, aumento dei parcheggi, ristrutturazione degli edifici esistenti, aumento delle zone verdi (parchi e alberi diffusi), rendere gratuiti o scontati i servizi di trasporto, potenziamento delle videocamere nei quartieri, creare aree pedonali e rendere le piazze “luoghi da vivere” (es. aiuole, panchine). Le imprese prevedono di partecipare come “fornitori” (66%) a Expo 2015 tramite la realizzazione di opere e infrastrutture destinate ad essere utilizzate anche dopo l’evento. Oltre la metà delle imprese che prevedono un coinvolgimento diretto in Expo, pensa di avere impatti economici compresi nei 50.000 euro. Il coinvolgimento diretto all’Expo 2015 genera nelle imprese la necessità di nuove assunzioni/collaborazioni (77%), quantificate nell’ordine di 2 o 3 persone aggiuntive (50%). Le priorità su cui “lavorare” in vista dell’Expo 2015 sono servizi pubblici/trasporti (74%) e sicurezza (55%). Ancora più forte per alberghi/ristoranti (79%) e in provincia (77%) la sensibilità sui mezzi di trasporto pubblici. La priorità all’interno dell’area dei servizi pubblici/trasporti riguarda essenzialmente (54%) il potenziamento dei collegamenti tra la città e i punti di interesse come quartiere fieristico e Malpensa. Più in generale la richiesta delle imprese, in quest’area, si focalizza sul miglioramento dei trasporti pubblici (più mezzi, più frequenti). In tema sicurezza è la piccola criminalità locale a preoccupare maggiormente le imprese (61%) in relazione a “Expo 2015”. La richiesta di interventi architettonici/immobiliari si concentra sulla esigenza di un make up estetico alla città.
www.unioncamere.it
25
Business&Gentleman
26
luglio - settembre 2008
Professionalità
Qualità, efficienza e minor costo la strada per il rilancio delle consulenze aziendali Approfondimento sulle attività di consulenza: il nostro Paese è ancora indietro rispetto a Europa e USA. Occorre puntare sulla qualità dei servizi, coinvolgendo molto di più il mercato delle PMI testo di Alessandra Ferretti
Sull’utilizzo della consulenza aziendale, l’Italia è ancora profondamente indietro rispetto ai competitor esteri, in testa Gran Bretagna e Stati Uniti, e deve ancora sviluppare la consulenza specifica sulla piccola media impresa. Ampi spazi di crescita si hanno nella consulenza nella pubblica amministrazione. L’offerta di consulenti aziendali, come spiega Massimo Saita, Direttore del Dipartimento di Scienze Economico Aziendale e ordinario di economia aziendale nell’Università Milano Bicocca, si può dividere in tre tipologie di intervento: “Il primo - spiega Saita - si rivolge all’azienda medio-grande. Il costo è molto elevato, il fatturato giornaliero di un consulente di alto livello si stima in 3-5 mila euro. La consulenza si basa su una rete di relazioni forti e ha natura strategica per il top management. Queste società di consulenza sono prevalentemente di derivazione americana (Mac Kinsey, Bain, Boston Consulting, ecc.) ed il loro servizio viene richiesto da aziende cresciute con joint venture o fusioni. Un esempio? Unicredit durante la fusione con Capitalia, o Banca Intesa nella fusione col Gruppo San Paolo. In questi casi, i manager affidano ai consulenti una riorganizzazione dell’assetto interno. Un esempio di consulenza
di livello specialistico si verifica con Accenture, azienda di consulenza direzionale, in System Integration & Technology e Servizi alle imprese, che propone anche outsourcing informatica ed amministrativa ad aziende e pubbliche amministrazioni”. Il secondo tipo di consulenza, a detta del professor Saita, si rivolge all’azienda medio-piccola ed è utilizzata per gestire le singole attività dell’azienda nell’ambito contabile-amministrativo, logistico, qualità ecc.. Questo servizio di consulenza è proposto da singoli consulenti quali quelli iscritti all’APCO, Associazione Professionale Italiana dei Consulenti di Direzione e Organizzazione. “Il terzo tipo -prosegue - è una consulenza di tipo operativo-amministrativo, che sgrava l’amministrazione da carichi di lavoro, contribuisce ad elaborare procedure aziendali, impostare sistemi ERP e sistemi di pianificazione e controllo. Questo servizio è offerto spesso anche da società di revisione, attraverso società giuridicamente distinte che fanno consulenza”. Le società di revisione operanti in Italia sono associate ad Assirevi, Associazione Italiana Revisori Contabili, che promuove la conoscenza dell’attività di revisione contabile in materia di bilancio e contabilità presso le società del settore e gli organismi professionali, la Consob e altri organismi ed enti. Un altro tipo ancora di consulenza è legata alla formazione, rivolta al management, ai quadri, agli operatori e agli operativi. Tra queste ricordiamo il Sole 24 Ore o l’Ipsoa. Ma a che punto si trova la consulenza nel nostro Paese rispetto alla media europea o agli Stati Uniti? Secondo Massimo Saita, l’Italia sarebbe ancora profondamente indietro: “Se prendiamo a confronto gli USA, che sono al top come sviluppo e qualità delle società di consulenza, e consideriamo un valore di riferimento di 100, possiamo dire 27
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
che l’Europa è a 60 e l’Italia a 40. Se negli ultimi decenni le società di consulenza si sono moltiplicate anche nel nostro Paese, tuttavia, ciò è avvenuto fra luci e ombre. Vale a dire: tra buoni servizi di consulenza, ne esistono altrettanti non così competenti nella loro disciplina”. Come per tutti i servizi che ambiscono a raggiungere l’alta qualità, il segreto sta nella formazione. Ma come si forma allora un buon consulente aziendale? “Grazie ad una buona base di formazione e a molteplici relazioni con l’impresa - conclude Saita -. Ma l’esperienza più importante e formativa consiste nell’affiancamento ad altri consulenti più anziani, che conoscono i segreti del mestiere”. La carriera si articola in tre fasi. Un consulente dopo 3-5 anni di esperienza, passa dalla categoria junior a quella senior e dopo 10-20 anni alla categoria manager, da 20 anni in poi, ma solo se possiede grandi qualità, può diventare partner. Federico Butera, professore ordinario di Organizzazione all’Università Milano Bicocca, presidente di Fondazione Irso (Istituto di Ricerca Intervento sui Sistemi Organizzativi, che ha dato origine ad un gran numero di società di consulenza italiana) e past president di Assoconsult (l’associazione delle Società di Consulenza aderente a Confindustria), spiega la differenze esistenti tra le società di consulenza internazionali e quelle italiane: “Il mercato europeo della consulenza è stimato in oltre 70 miliardi di euro. Ma la situazione italiana non è brillante: se operiamo un confronto con la Gran Bretagna, vediamo come lì le società di consulenza siano 10 volte più estese in termini quantitativi e qualitativi. In Italia il problema sta nel fatto che alle società di consulenza sono ancora relativamente ignoti due soggetti: le piccole imprese e la pubblica amministrazione. L’85% della forza lavoro in Italia è rappresentata dalle piccole imprese, che hanno bisogno di fare innovazione, formazione, acquisizioni tecnologiche. Le società di consulenza dovrebbero soddisfare tre esigenze: costare meno, creare maggiore intimità tra consulente e imprenditore e adattarsi meglio al caso singolo. Su questo piano l’Italia mantiene un deficit enorme”. Il secondo soggetto ancora troppo ignoto alle 28
società di consulenza è la pubblica amministrazione, realtà profondamente diversa dall’impresa. “Tuttavia, alla P.A. vengono venduti gli stessi pacchetti dell’impresa privata - prosegue il professor Butera -. Ma consulenza di direzione e di organizzazione significa anzitutto capire di che cosa il cliente ha bisogno, insomma un approccio clinico come quello sviluppato da due secoli dalla medicina”.
Attenzione alle bufale “La consulenza è ottima cosa, ma attenzione ai falsi consulenti o a quelli che si riciclano nel mestiere”. A parlare così è Fabrizio Gazzani, Direttore generale dell’azienda chimica I.C.R. di Reggio Emilia e professore a contratto di
Dal settembre 2007 dalla Irso srl è nata la Fondazione Irso presieduta da Butera, istituzione non profit che ha 40 partners, figure di primo piano nello studio e nella pratica dell’organizzazione in Italia, e un gruppo di giovani talenti. La Fondazione valorizza la propria esperienza ultratrentennale nello sviluppare nuove attività di ricerca, formazione e progettazione, con l’obiettivo di favorire progetti, politiche pubbliche e eventi culturali per rendere disponibile una nuova generazione di servizi alle pmi e alle pubbliche amministrazioni. Tra i progetti in corso, Irso ha presentato un progetto di innovazione della pubblica amministrazione al DFP della Presidenza del Consiglio. Ha avviato una ricerca sul Nord e sulle sue reti di città e di imprese con le regioni. Ha in corso due progetti sul Customer Relationship Management e sui Lavoratori della Conoscenza a cui partecipano importanti imprese e istituzione. Punti centrali delle iniziative sono: la crescita italiana, i clienti e le persone ad alta qualificazione. Per le PMI, invece, Irso sta collaborando con Confindustria al progetto IxI lanciato da Pasquale Pistorio e ad altri progetti sulla diff usione e formazione delle innovazioni per le imprese di medie e piccole dimensioni. Con Enel, Telecom, Poste e altri Irso lavora in partnership sullo sviluppo nel management di una cultura internazionale ma specifica sulle priorità delle imprese. |
Programmazione e controllo nelle aziende turistiche al corso di laurea triennale in economia del turismo all’Università Milano Bicocca. “In azienda ci serviamo di consulenti nei settori delle risorse umane, della contrattualistica, sia internazionale che giuslavorista, e della R&S. I vantaggi che derivano dal servirsi di una consulenza esterna competente sono duplici. Anzitutto, si tratta di ridurre i costi fissi aziendali. Quindi, di affrontare funzioni evolute, come, ad esempio, l’istituzione dell’organo di vigilanza interno”. Con un giro d’affari di 40 milioni di euro e una quota export del 45%, I.C.R. conta su un indotto di 200 persone. “Per un’azienda - conclude Gazzani - la consulenza è fondamentale, proprio perché si ha a che fare con persone diverse e capaci. Naturalmente, quando i consulenti sono professionisti con alte competenze”.
Puntare sulla competenza Con una lunga esperienza di management in IBM e non solo, Paola Palmerini è oggi socia e partner di GC Governance Consulting, società di consulenza alle imprese sulla corporate governance, e presidente di Atema, Associazione per il Temporary Management. “In Atema - spiega Palmerini - ci occupiamo di professionisti e della loro qualificazione. Lo scopo dell’associazione è quello di sviluppare la cultura sui temi della flessibilità del lavoro manageriale, contribuire ad uno sviluppo del mercato attraverso la definizione di standard professionali ed etici, aiutare i manager a creare, sviluppare e rafforzare competenze di Temporary Management, laddove l’aggettivo temporary sta ad indicare la realizzazione di un obiettivo in un determinato tempo”. “La differenza tra la cultura della consulenza in Italia e all’estero - conclude
Un uomo saggio coglie più opportunità
Palmerini - sta nel fatto che in
di quante ne trovi. Francis Bacon
Italia la consulenza è fortemente sviluppata sulla base di relazioni.
www.unimib.it www.apcoitalia.it www.assirevi.it www.irso.it
Nel nostro Paese si dovrebbe puntare ancora di più sulla competenza come valore oggettivo”.
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Case automobilistiche, attività produttive, industrie aeromobili si avvicinano sempre di più a questa nuova fonte alternativa. La Finanziaria stanzia risorse, ad Arezzo è stato inaugurato il primo idrogenodotto al mondo. Intanto, nel Milanese è nata la prima azienda italiana che ha come core-business la diffusione delle tecnologie legate all’idrogeno
Energie alternative, tempo di concretezza sul fronte idrogeno testo di Laura Di Teodoro
Per la prima volta nella storia un aereo ha solcato i cieli alimentato da un sistema ibrido di celle a combustibile e, in contemporanea, tutte le principali case automobilistiche, Honda in testa, hanno sviluppato una road map per l’idrogeno. Se da una parte Mercedes Benz ha annunciato l’avvio di una piccola produzione industriale nel 2010, Bmw ha già presentato sul mercato la prima Bmw Hydrogen 7 a doppia alimentazione idrogeno e benzina, con un’autonomia di guida di 700 chilometri di cui oltre 200 in modalità a idrogeno. E ad Arezzo è stato inaugurato il primo idrogenodotto al mondo realizzato in area urbana che si snoda attraverso un percorso sotterraneo profondo circa un metro e 20 centimetri, e sarà in grado di portare idrogeno puro alle ditte orafe della zona. L’idrogeno si fa strada anche in Italia, ancora di più dopo l’impennata costante dei costi del petrolio. Nella Finanziaria 2008 sono stati stanziati 10 milioni di euro per l’avvio al Ministero dell’Ambiente della Piattaforma tecnologica per lo sviluppo dell’idrogeno e delle celle combustibili e sono stati aperti progetti dedicati alla crescita del settore. Sull’onda di un’innovazione che punta a cambiare abitudini e a migliorare la qualità dell’ambiente sono nate imprese, società tra cui Hydro2Power Srl, la prima azienda italiana completamente focalizzata sulla diff usione delle tecnologie idrogeno e fuel-cell, nata nel 2003 grazie a un bando a sostegno della creazione di nuove imprese. Dapprima situata presso l’Acceleratore d’Impresa del Politecnico di Milano, l’azienda si è successivamente spostata a Vaprio d’Adda. “Abbiamo partecipato con la nostra idea a un progetto che voleva lanciare l’idrogeno legato all’uso delle fonti rinnovabili - spiega l’amministratore delegato Marco Levi -. L’idea è nata sulla base dell’esperienza fatta nel mio precedente lavoro sulla tematica dell’economia ambientale con l’obiettivo di far avvicinare aziende e persone ai vantaggi e agli sbocchi dell’idrogeno e favorire la creazione della rete infrastrutturale necessaria 30
allo sviluppo della nuova era energetica sostenibile”. Nel corso della sua breve storia Hydro2Power ha già ricevuto diversi riconoscimenti: nel 2003, oltre ad aver vinto il bando per il sostegno alla creazione di nuove imprese innovative, è stata tra i vincitori del premio Start-Cup, concorso per l’innovazione tecnologica indetto dal Politecnico Innovazione e Acceleratore d’Impresa; nel 2005 è stata inoltre tra i vincitori del bando di finanziamento a supporto dei processi di Brevettazione Europea nell’ambito del concorso della Provincia di Milano. L’azienda punta sulla progettazione, produzione, installazione e vendita di applicazioni fuel-cell ad idrogeno, engineering di soluzioni prototipali, attività formative e informative; inoltre realizza o commercializza in esclusiva italiana diverse tipologie di prodotti quali: H-racer, la più piccola auto e il primo modellino in scala di vettura con fuel-cell idrogeno
Ricerca e innovazione
31
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Idrogeno come vettore energetico rinnovabile L’idrogeno, al pari di benzina ed elettricità, è un “vettore di energia” e non una fonte energetica. Oggi la gran parte della produzione globale dell’idrogeno quale gas industriale, deriva da fonti tradizionali con contenuto di carbonio (gas naturale, petrolio e carbone) per oltre il 90%. Con l’esaurirsi di queste risorse e il contemporaneo sorgere di problematiche ambientali e climatiche sono da preferire metodi di produzione a idrogeno che facciano uso di fonti rinnovabili senza emissioni di CO2. Oggi l’elettrolisi (scissione dell’acqua in idrogeno e ossigeno) è il metodo con cui si può produrre idrogeno da fonti rinnovabili accoppiando tale fonti con elettrolizzatori di diversa tipologia, ovvero dispositivi in grado di scindere l’acqua nei suoi componenti gassosi (idrogeno e ossigeno). Oggi si tende ad associare all’idrogeno l’uso delle fuel-cell che però per costi (4mila-5mila euro/Kilowatt) e ostacoli tecnici (vita operativa limitata) risultano di difficile approcciabilità economica. Una fuel-cell trasforma l’energia dell’idrogeno direttamente in corrente elettrica senza emissioni nocive al di fuori dell’acqua e per questo motivo ha rendimenti nella trasformazione dell’energia chimica del combustibile (preferibilmente idrogeno) normalmente del 50% sino, potenzialmente, al 70-80%.
mai commercializzata, produce acqua come unico scarto e avanza grazie alla corrente continua a bassissima tensione prodotta dalla fuel-cell e si pone come l’esatta riproduzione dei veicoli del futuro in scala miniaturizzata. Un altro prodotto innovativo è il Rew-Power, ovvero la prima fuel-cell reversibile ad idrogeno completamente fatta in Italia. Il fatturato della società è passato dai 3mila euro del 2004, ai 30mila del 2005 fino a superare la quota di 60mila euro nel 2006 e i 140.000 nel 2007. Il mercato dell’azienda ha inoltre varcato i confini nazionali ed europei arrivando a vendere alcuni prodotti in Giappone. “L’idrogeno ha avuto un notevole sviluppo negli ultimi anni, a partire dal 2006 - prosegue Marco Levi -. In generale c’è stato un cambiamento netto verso tutte le fonti rinnovabili probabilmente a causa di uno spostamento di interessi del mondo politico - economico - culturale. Al momento stiamo lavorando molto per l’installazione di sistemi fuel-cell ad idrogeno per la generazione in loco di energia elettrica in grado di soddisfare ogni tipo di utenza dai pochi Watt a decine di kiloWatt, soprattutto per abitazioni private, remote, banche e sistemi di sorveglianza in generale. Una delle nostre ultime proposte si chiama HYnONE, la tecnologia ad idrogeno ottenuto per elettrolisi ad alta efficienza tutto in un unico “pacchetto completo” con stoccaggio in idruri metallici a bassa pressione e fuel-cell ad elevata efficienza e facilità di utilizzo”.
progettazione e installazione di sistemi chiavi in mano. Il portale Internet www.hydro2power.it, realizzato nel 2004, permette all’azienda di farsi conoscere in tutto il mondo, offrendo a clienti e aziende un costante aggiornamento sul mondo dell’idrogeno oltre a servizi B2B. Accanto a questo, è stata realizzata la piattaforma www.h2planet.eu, ergo un megastore virtuale in cui è possibile conoscere ed acquistare i prodotti innovativi. “Veniamo contattati da importanti aziende sia nazionali che internazionali - prosegue l’amministratore delegato - perché forniamo soluzioni complete subito utilizzabili, con rapidità, competenza specialistica e una forte passione. Le prospettive future sono positive. Per alcuni settori quali i motori e l’automazione le difficoltà sono ancora numerose a causa dei costi alti delle infrastrutture a cui si aggiungono le non meno importanti barriere tecnologiche che possono essere comunque superate. È un circolo vizioso che speriamo nel tempo possa chiudersi lasciando spazio a queste nuove frontiere”. |
alla fine, la ‘necessita’’ si rivela essere la piu’ probabile ‘madre di tutte le invenzioni. Jeremy Rifkin
L’azienda è impegnata su due fronti spaziando dalla formazione all’attività vera e propria di engineering. Accanto ad una formazione continua rivolta a privati, giovani e aziende per diffondere l’utilizzo dell’idrogeno, Hydro2Power lavora per la realizzazione di nuovi prodotti alimentata con tecnologie a fuel-cell sino alla 32
Sopra: l’azienda Hydro2Power presente all’expo mondiale dell’idrogeno a Tokyo nel 2006.
www.hydro2power.it
)NNOVAZIONE PER LlARCHITETTURA !RCHITETTURA COME STRUMENTO DI TRASFORMAZIONE SOSTENIBILE DEL TERRITORIO E INNOVAZIONE COME CANTIERE DEL DIALOGO TRA TUTTI GLI ATTORI DELLA BUILDING COMMUNITY 1UESTA ġ LlIDEA DI PIATTAFORMA DI )TALCEMENTI 'ROUP TRA INNOVAZIONE E MONDO DELLA RICERCA PROGETTISTI E COMMITTENZA )NNOVAZIONE !RCHITETTURA 3OSTENIBILIT÷ LlESPERIENZA DI )TALCEMENTI 'ROUP PER PROGETTARE E COSTRUIRE LE NUOVE IDEE )TALCEMENTI 'ROUP ġ MAIN SPONSOR DEL #ONGRESSO MONDIALE DELLl5NIONE )NTERNAZIONALE DEGLI !RCHITETTI IN PROGRAMMA A 4ORINO DAL GIUGNO AL LUGLIO
Italcementi Group ! WORLD CLASS LOCAL BUSINESS WWW ITALCEMENTIGROUP COM WWW ITALCEMENTI IT
Business&Gentleman
34
luglio - settembre 2008
Grandi Imprese
Da piccola modelleria del legno a leader nel settore di stampi, rivestimenti e progetti di engineering. Dopo aver realizzato lo scafo di Luna Rossa, l’azienda si prepara a nuove sfide in Russia, America e Turchia. testo di Desirée Cividini
Innovazione
e internazionalizzazione
Persico ha il vento in poppa
Cambiare è la parola d’ordine sulla quale Pierino Persico, fondatore della storica azienda di Nembro in provincia di Bergamo, ha puntato la sua scommessa: quella di trasformare in pochi anni una semplice modelleria del legno in una delle aziende leader nel settore a livello internazionale. Oggi la Persico Spa, nata alla fi ne degli anni Settanta, è già ben oltre la sfida di Luna Rossa: l’azienda guarda dritto dritto verso gli Stati Uniti, dove a breve verrà costituita una controllata. Ma sia chiaro: la fi losofia che in questi anni ha reso grande l’azienda, che registra un fatturato di circa sessanta milioni di euro, rimarrà sempre la stessa, anche Oltreoceano. Costituita nel 1976 dal presidente Persico, oggi l’azienda bergamasca è una realtà che è riuscita ad affermarsi sul territorio nazionale e a portare i suoi prodotti innovativi un po’ in tutto il mondo: dalla Finlandia all’Australia, dalla Turchia alla Russia, con una percentuale vicina al settanta per cento del fatturato complessivo in export. Riguardo alla formula del successo il suo fondatore non ha dubbi: coraggio di cambiare per rimanere al passo con i tempi e rispondere alle esigenze di un mercato in continua evoluzione, sono da sempre punti cardine per Pierino Persico, che iniziò a lavorare nel settore come progettista meccanico quando aveva solo quattordici anni e nel giro di breve tempo diede vita all’azienda che oggi conosciamo. Lo fece prima estendendo l’attività alla produzione di stampi in alluminio e acciaio per rivestimenti interni, di isolamenti acustici e termici delle vetture e dei veicoli 35
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
30 anni sull’onda dell’innovazione Un’azienda che è cresciuta nel tempo e che continua ad evolversi mantenendo una posizione di prestigio a livello europeo. Il ritratto è quello della Persico Spa di Nembro: la nota azienda, che oggi vanta un organico di duecentosettanta dipendenti. Nata nel 1976 come modelleria del legno, estendendo nel tempo le sue competenze alla produzione di stampi in alluminio ed acciaio per i rivestimenti interni, gli isolamenti acustici e termici delle vetture e dei veicoli industriali mediante la Compression Division e con la costruzione di stampi rotazionali in alluminio mediante la Rotational Division, oggi viene riconosciuta come una tra i leader mondiali nella fornitura di attrezzature per lo stampaggio rotazionale. Design, progettazione, realizzazione dei prototipi e dei modelli, stampi e sistemi di automazione per lo stampaggio rotazionale, fanno parte del servizio offerto dall’azienda che nel corso degli anni, con l’obiettivo di creare automazioni complete, ha dato vita ad un’altra divisione, l’Automotive Division, che si occupa di fornire risposte mirate nel settore delle attrezzature e degli impianti per la produzione di rivestimenti interni, isolamenti acustici e termici di vetture e veicoli industriali. Ultima nata tra le divisioni che compongono l’azienda e che nel giro di breve ha portato il nome della Persico ad altissimi livelli anche nel settore nautico, è la Nautical Division che si occupa di proporre soluzioni innovative per la nautica, basandosi sulla ricerca e sviluppo delle nuove tecnologie e collaborando con i cantieri, gli uffici tecnici e i designers in tutte le fasi di sviluppo delle nuove imbarcazioni.
Nel giro di pochi anni la Persico Spa si è trasformata da semplice modelleria del legno in una delle aziende leader nel settore a livello internazionale. Ha portato i suoi prodotti innovativi dalla Finlandia all’Australia, dalla Turchia alla Russia, con circa una percentuale del settanta per cento del fatturato complessivo in export. Uno dei settori più importanti è quello nautico, con la realizzazione anche del famoso scafo di Luna Rossa
36
industriali mediante la Compression Division e poi attraverso la costruzione di stampi rotazionali in alluminio che portarono alla nascita della Rotational Division. Ma la scommessa di Pierino Persico non si è fermata a questi due settori, nei quali per altro l’azienda è riuscita in breve a conquistare una posizione di leader a livello mondiale, ma è proseguita negli anni, nell’ottica di fornire un servizio sempre più completo al cliente. Da qui sono nate la Automotive Division, dove vengono realizzati non solo impianti e sistemi automatici di produzione chiavi in mano, ma anche stampi e diverse tipologie di attrezzature per il sistema automotive e sistemi di automazione riguardanti il processo di stampaggio rotazionale. Uno dei settori che ha portato in alto il nome di Persico è quello nautico, con la realizzazione anche del famoso scafo di Luna Rossa, un incarico che per l’azienda di Nembro ha rappresentato una vera e propria sfida in termini di qualità. Una sfida vinta a tutti gli effetti e che ha accresciuto ulteriormente il prestigio dell’ultima nata: la Nautical Division che, riprendendo la fi losofia del servizio completo, oggi si occupa di realizzare progetti nautici che cura a partire dal design fino al prototipo. “I cambiamenti che inevitabilmente hanno interessato il mondo del lavoro, con l’avvento di tecnologie sempre più innovative- spiega il presidente Pierino Persico- li abbiamo sempre aff rontati nell’ottica di poter sviluppare un progetto completo, partendo cioè dalla materia prima fino al prodotto finito. Se ci fossimo fermati alla tecnolo-
Grandi Imprese
gia degli anni Ottanta oggi avremmo già chiuso l’azienda. L’aver fatto fronte ad un mercato sempre più complesso ed esigente come quello di oggi, proponendo progetti di engineering e non solo stampi, ci ha invece consentito di diventare una realtà altamente competitiva”. E partendo da questo presupposto sono diversi i progetti che Persico ha in cantiere. Le mete da raggiungere sono tante e diverse: ad esempio la Russia, dove Persico ha ottenuto una commessa per macchine per la produzione di tubi in nylon, l’America dove si volerà per la realizzazione di fosse biologiche o la Turchia dove presto l’azienda passerà la produzione di nuove barche ora in fase di realizzazione negli stabilimenti di Nembro. “La cosa innovativa- spiega Persico- sta nel fatto che noi passeremo ai turchi l’intero progetto. Non ci occuperemo più solo di fornire il modello della barca, ma forniremo loro l’intero know how della produzione”. La nuova sfida per il presidente Persico sta non a caso nel saper proporre progetti di engineering
sempre innovativi: “La nostra azienda - rivela - si muove in questa direzione. Basti pensare ai cambiamenti che ha subito nel corso del tempo: da realtà manuale quale eravamo, oggi più del cinquanta per cento si concentra sulla parte tecnica con l’impiego di alte professionalità”. Tra i progetti anche quello per un cantiere italiano per la realizzazione di un impianto per piccole barche “chiavi in mano” e la realizzazione di un motoscafo di alto design. Il futuro oggi è Oltreoceano, dove Persico, che una ventina di anni fa era andato per importare in licenza know how all’epoca inesistenti in Europa, ha intenzione di esportare le sue macchine e di costituire una controllata nell’Ohio. “Avviare un’attività in partnership con l’America ci permetterà di mantenere il know how italiano e di produrre negli Stati Uniti, in modo tale da poter offrire risposte più immediate alle esigenze del consumatore straniero”. Ma nei sogni di Pierino Persico ci sono sfide sempre più difficili, per raggiungere le quali si avvarrà anche del
lavoro dei tre figli, Claudia, 33 anni, Alessandra, 31 e Marcello, 26, che da qualche anno lo affiancano nella gestione: “Credo molto nel ricambio generazionale in atto - commenta il presidente - e nella ventata di novità che un giovane può portare all’interno di una realtà lavorativa quale è la Persico: un’azienda che ha intenzione di crescere e di svilupparsi ulteriormente, anche sulla spinta di nuove competenze e professionalità”. |
Non esistono condizioni ideali in cui scrivere, studiare, lavorare o riflettere, ma è solo la volontà, la passione e la testardaggine a spingere un uomo a perseguire il proprio progetto. Konrad Lorenz Nella pagina precedente: Luna Rossa. Nella pagina a fianco: l’esterno della Persico Spa. Sopra: la famiglia Persico. Da sinistra: Alessandra, Pierino, Marcello e Claudia.
www.persico.com
37
Business&Gentleman
38
luglio - settembre 2008
Sportbiz
Non c’è solo il calcio nella vita del numero 10 del Milan che si distingue dai suoi “colleghi” per un forte spirito imprenditoriale. Parla correntemente sei lingue, ha disegnato linee di gioielli e posseduto un team motociclistico. Con la sua società ON International si occupa di sportbusiness. Ma la grande passione resta la solidarietà con progetti a sostegno dei bambini in tutto il mondo testo di Laura Di Teodoro fotografie di Jeroen Hofman
SEEDORF,
campione
anche nel business Ha iniziato la sua carriera calcistica inseguendo prima di tutto un sogno: diventare miliardario per aiutare quanti crescono nella povertà e nelle difficoltà. Quel sognatore oggi è diventato soprattutto un campione, un fuoriclasse sul campo da gioco e nella vita. Clarence Seedorf, numero “dieci” del Milan e un curriculum sportivo lunghissimo, riesce a indossare contemporaneamente maglie diverse su “campi da gioco” differenti, dal business alla solidarietà. Conosce sei lingue, inglese, italiano, olandese, spagnolo, portoghese e surinamese; ha disegnato linee di gioielli, ha posseduto un team motociclistico e gestisce fondazioni benefiche e progetti per bambini in tutto il mondo. L’ultima sfida di Seedorf si chiama ON International, un tipo di società nuova in Italia, nata per supportare calciatori e talenti nella loro vita extracalcistica. Come è nata l’idea di creare una società che seguisse i calciatori nella loro vita quotidiana e che si preoccupasse di studiare la loro “second life”? La società si rivolge a tutti i talenti, non solo ai calciatori. Il calcio resta comunque il primo mercato dove vogliamo essere presenti perché è un settore che ne ha bisogno. Ho iniziato a pensare a questo tipo di impresa tre anni fa; per capire come e se potesse concretizzarsi, ho contattato persone dell’ambiente calcistico, dalla Uefa agli avvocati, soprattutto per evitare incomprensione o conflitti di interesse. Successivamente ho cercato le persone, un vero e proprio gruppo di management in grado di gestire un’operazione simile. Il percorso è stato lungo perché volevo un team competente capace di trasmettere una nuova immagine del calcio come mondo pulito, con aspetti belli e importanti. Il vero calcio è fatto dalle persone, dai calciatori e dai tifosi, tutto il resto sono solo strumenti che lo rendono visibile. 39
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Quali sono i servizi offerti dalla On International? La società gestisce tutta una serie di servizi che completano la vita del talento a partire dalle fasi iniziali della sua carriera. Si stila un career planing e un marketing strategy. Studiando la personalità e le capacità della persona, si crea un progetto ad hoc per il suo futuro. Sappiamo tutti che il calcio non si ferma al campo da gioco ma abbraccia un mondo molto più ampio che il calciatore deve imparare ad aff rontare, cercando di restare a un certo livello senza correre il rischio di uscire di strada per un infortunio o per un’intervista e dichiarazioni sbagliate. Io, come altri giocatori quali Ronaldo e Cafù siamo stati fortunati, abbiamo avuto la forza di rimanere protagonisti della nostra carriera. Avrei voluto fare meno fatica, meno errori ed è proprio per evitare rischi e facilitare il percorso di crescita che è nata On International. I servizi vengono costruiti in base alle necessità di ciascun talento, dai giovani fino ad arrivare ai calciatori già affermati e professionisti. Si tratta di servizi concreti che vanno dalla prenotazione di un viaggio all’acquisto di una casa o all’organizzazione di un’intervista. Un giovane talento ha bisogno di un ambiente che lo protegga, permettendogli di concentrarsi sul suo lavoro alleggerendolo dalle varie problematiche quotidiane.
Ci sono ancora tante cose da imparare. La mia è una formazione continua. Ciascuno è imprenditore di se stesso e proprio da questa consapevolezza nasce la libertà della mente, condizione necessaria per fare impresa. Non solo, bisogna avere voglia di crescere e di fare, avere il coraggio di rischiare e tanta umiltà
Che tipo di risposta state ricevendo dall’ambiente? Io sono il primo cliente e come tale mi dico molto soddisfatto. Lavoriamo con giovani sportivi e devo dire che è stimolante assistere alla crescita dei talenti, dà valore all’impegno di tutti i giorni. Personalmente mi sento sereno; sto facendo molte cose che vanno oltre al calcio e senza l’appoggio della società non sarei riuscito a studiare e a seguire la mia fondazione. On International vuole andare oltre proponendosi una missione ambiziosa: il sistema calcio purtroppo ha molte lacune. Per tornare a credere nel gioco che tanto amano i ragazzi e i tifosi c’è bisogno di ritrovare i valori, l’etica, l’onestà e recuperare il rapporto umano con i protagonisti del calcio. On International vuole off rire tutto questo. Mi rendo conto che c’è bisogno di tempo perché siamo una realtà completamente nuova in Italia. Secondo lei, qual è lo stato di salute del calcio in Italia? Rispetto ad altri Paesi, In Italia c’è una mancanza di natura sportiva soprattutto nella scuola. In molti hanno capito l’importanza del calcio per la sua alta visibilità, lo vedono come uno strumento utile e necessario ai fini dell’educazione e della formazione. Io stesso, con la mia Fondazione, ho messo in atto la filosofia di educare attraverso lo sport. Solo così possiamo cambiare la società. Il mondo del business e il calcio non sono due realtà separate tra loro. Negli ultimi anni, nel bene o nel male, le loro strade si sono spesso incrociate. Secondo la sua esperienza, quali possono essere le conseguenze, in positivo e in negativo, di questa convivenza sullo stesso campo? Il calcio è business. Oggi forse questa pratica sportiva ha assunto dimensioni più grandi rispetto al tipo di competenza che si può incontrare a certi livelli. Fortunatamente esponenti del business stanno entrando nel calcio per dare una svolta e soprattutto per cambiare la mentalità nella gestione dei club. L’ondata di competenza e specializzazione può veramente stravolgere in positivo il settore, sono ottimista per il futuro.
40
Sportbiz
Dal pallone alle imprese Dal pallone alle imprese, i calciatori che scelgono di cimentarsi nel settore dell’imprenditoria sono sempre di più: un esempio su tutti l’accoppiata Vieri-Maldini che nel 2003 ha lanciato Sweet Years e che, visto il successo, l’attaccante della Fiorentina ha pensato di replicare con la creazione insieme al collega Cristian Brocchi di un’altra linea di abbigliamento, la Baci & Abbracci. Più recente l’avventura imprenditoriale del campione giallorosso Francesco Totti che,
Come si sente nel vestire i panni dell’imprenditore? Parto dal presupposto che ci sono ancora tante cose da imparare. La mia è una formazione continua perché credo che ciascuno, alla fine, sia imprenditore di se stesso e proprio da questa consapevolezza nasce la libertà della mente, condizione necessaria per fare impresa. Non solo, bisogna avere voglia di crescere e di fare, avere il coraggio di rischiare e tanta umiltà. In questo mio percorso nel mondo del business ho conosciuto persone che mi hanno consigliato e continuano a farlo, gente affermata nel proprio settore che mi sta aiutando nella creazione di una mia identità nel mondo imprenditoriale.
insieme alla moglie Ilary Blasi, hanno lanciato sul mercato la linea di abbigliamento casual Never Without You. Chi invece ha scelto di coniugare il business con la volontà di dare una risposta alle esigenze di lavoro dei più giovani è Gennaro Gattuso, che nel 2006 ha inaugurato a Corigliano Calabro (Cosenza), suo paese natale, un’azienda ittica, la Gattuso & Catapano, dedicata alla
Quanto conta il gioco di squadra all’interno di un’azienda? È un punto in cui continuo a credere tantissimo. L’ottimizzazione del gioco di squadra è una garanzia in più nella ricerca della vittoria. Tutte le grandi imprese hanno un team forte e un leader carismatico che rispecchia i valori dell’umiltà, del coraggio e della creatività. Nella mia società le risorse umane sono molto im-
portanti ed è per questo che cerco di valorizzarle. On International è una struttura molto organizzata, ognuno deve avere ben chiaro il proprio ruolo per concentrare le energie su cosa fare per arrivare al miglior risultato possibile. Quando il rapporto con il cliente è diretto, è necessario dare molto valore alla trasparenza e alla comunicazione. Oltre al calcio e al business, nella sua vita esiste un terzo aspetto, altrettanto importante, l’attività umanitaria. È ambasciatore per il progetto Goal for Africa e fondatore dell’associazione benefica Champions for Children. Come si è avvicinato alla beneficenza? Quali sono i progetti che sta seguendo? Da piccolo avevo un sogno: diventare miliardario e famoso per dare concretezza ai progetti umanitari che avevo in mente. Avevo all’incirca dieci anni e probabilmente allora ho capito quale doveva essere la missione nella mia vita. La vera felicità sta nell’aiutare il prossimo e ciascuna delle mie attività è nata e continua a vivere perseguendo questo obiettivo. Sono sempre stata una persona generosa,
depurazione e all’allevamento di molluschi. L’obiettivo è quello di dare ai giovani che vivono in quell’area economicamente depressa un’occupazione. Ma non tutte le storie che vedono l’abbinata calcio e imprenditoria sono storie di successo. Basti pensare a Ronaldo: la sua società, la Emporio Ronaldo, incaricata di gestire il collegamento tra l’immagine del campione e alcune linee di orologi prodotti in Svizzera ha dovuto fare i conti con una serie di contenziosi e problemi di bilancio. E anche la linea di abbigliamento Urban 77, lanciata da Francesco Coco, non si può certo dire che abbia avuto un grande successo, anche se il terzino si è rifatto aprendo a Milano, nello sciccosissimo quadrilatero della moda, un negozio multibrand con marchi di stilisti emergenti. Infine c’è anche chi ai settori dell’abbigliamento e della ristorazione, da sempre i più gettonati dai calciatori imprenditori, ha scelto di investire in campo artistico: è il caso dello juventino Jonathan Zebina che lo scorso anno ha inaugurato la “JZ Art Trading”, galleria d’arte moderna e contemporanea nel quartiere di Brera, a Milano.
41
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
mi piace ascoltare la gente e fare di tutto per aiutarla. Due anni e mezzo fa è nata la fondazione Champions for Children nata per sostenere, aiutare e tutelare le condizioni di crescita, la formazione e l’educazione dei bambini e dei giovani in stato di bisogno nei paesi in via di sviluppo e in quelli colpiti da calamità naturali. Ci si propone di operare dove le condizioni economiche o naturali rendono difficoltoso lo sviluppo dignitoso ed umano della Persona. Oggi abbiamo concretizzato una strategia precisa: utilizzare lo sport, in particolare il calcio per rieducare con dei metodi diversi, in collaborazione con università e scuole. I nostri primi progetti sono partiti in Olanda, Cambogia, Brasile, Kenia e Suriname. In alcuni Paesi stiamo lavorando non tanto per creare le strutture ma per educare il bambino allo sport e tutti quei valori che esso comporta; in Olanda, ad esempio, è partito il progetto Play Ground in partnership con una scuola olandese. Grazie a questa iniziativa, ad Almere, la criminalità si è ridotta del 30%.
Playground utilizza circa 6.400 mq per un campo da calcio in erba sintetica, un’area tennis, uno spazio per il basket ed un’area multiuso. Serve come luogo per far fare sport ai bambini e come posto dove i ragazzi possono sviluppare le proprie attitudini sociali e le capacità emozionali. L’obiettivo è di ampliare il progetto adattandosi alle diverse culture, vorrei portare migliaia di questi play ground nel mondo per riuscire a togliere i ragazzi dalla strada. |
Un vincitore è solo un sognatore che non si è arreso. Nelson Mandela A pagina 40: Clarence Seedorf in versione gentleman.
In cosa consiste esattamente Play Ground? Si sviluppa seguendo un progetto preciso: ci sono dei life coach che lavorano con bambini e persone, ogni settimana sono circa 700. È stata una bella soddisfazione vedere la nascita di questa struttura nella mia ex scuola di Echnaton, dove è partita l’idea. 42
Nelle pagine precedenti: il calciatore del Milan con la maglia Goal 4 Africa, un suo progetto per la raccolta fondi a favore dei bambini dell’Africa e Seedorf nelle vesti dell’imprenditore. www.oninternational.com www.goal4africa.org
www.bmwx6.it
Piacere di guidare
Beauty.
BMW Financial Services: la più avanzata realtà nei servizi finanziari. BMW e
. Incontro al vertice della tecnologia. Consumi (litri/100km) ciclo urbano/extraurbano/misto: da 10,4/7,0/8,2 (3.0d) a 17,6/9,5/12,5 (5.0i). Emissioni CO2 (g/km): da 217 (3.0d) a 299 (5.0i).
Nuova BMW X6 xDrive35i xDrive50i xDrive30d xDrive35d
Beast. Nuova BMW X6. Il primo Sports Activity Coupé. Per la prima volta due mondi si incontrano. La nuova BMW X6 combina la forza e la funzionalità di uno Sports Activity Vehicle con la sportività e l’eleganza di un coupé. E con tutta l’innovazione tecnologica di cui è capace BMW, come BMW xDrive con Dynamic Performance Control, il sistema di trazione integrale più agile del mondo, e il nuovo motore benzina Twin Turbo V8. In un’armonia di linee mai vista su strada. Almeno fino a oggi. Nuova BMW X6 con BMW EfficientDynamics. Oltre il coupé.
Concessionaria BMW Rivoltella - Via del Gaggiolo, 1 - Tel. 035 4199311 - ARCENE (BG)
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Partita dalle retrovie, poi la gavetta, oggi Cristina Bombassei è responsabile della Corporate Development di Brembo. Una carriera senza sconti che l’ha portata ai vertici dell’azienda del padre Alberto grazie a determinazione, perseveranza e umiltà
Lady B testo di Laura Di Teodoro fotografie di Massimo Angeli
Un tocco di “rosa” nell’impero Brembo, tra freni a disco, competizioni, Gran Premi e motori. Un percorso partito dal sogno di seguire la scia del padre, di assaporare e vivere la sua stessa passione per il lavoro e per la sua azienda. Cristina Bombassei, figlia del presidente Alberto Bombassei, ha iniziato la sua carriera nell’impresa di famiglia partendo dalle retrovie. Oggi, dopo 15 anni di gavetta, è responsabile della Corporate Development e preme sull’acceleratore per mantenere la pole position di Brembo nel mondo, spinta da determinazione, perseveranza e umiltà. Cristina Bombassei, da oltre 15 anni all’interno di Brembo. Il suo è stato un percorso di crescita e affermazione senza alcuna concessione di favore. Quando e come è iniziato? Lavorare nell’impresa di famiglia è sempre stato un sogno, fin da quando ero una bambina. Di conseguenza la scelta di intraprendere questa strada è stata spontanea, anche se influenzata dalla grande passione che mio padre è stato capace di infondermi. Sono entrata in azienda dopo aver terminato gli studi all’Università di Bergamo. Fin da subito mio padre mi ha prospettato una carriera da conquistare, partendo da un semplice “terzo livello”. Il fatto di essere “figlia di...” non mi ha facilitata ma sicuramente mi ha permesso di avere la straordinaria opportunità di seguire un percorso programmato che prevedeva il mio impegno successivo in diverse funzioni aziendali, per conoscere così il gruppo in un ogni suo aspetto. Oggi devo ringraziarlo per la possibilità che mi ha dato. 44
Qual è stata la sua prima esperienza targata Brembo? Come prima esperienza ho lavorato un anno nella nostra società negli Stati Uniti, in California, avevo 23 anni. In quei 12 mesi sono maturata molto sia dal punto di vista professionale che personale. Ho conquistato un po’ di indipendenza, ho migliorato il mio inglese e ho iniziato a conoscere e apprezzare colleghi e collaboratori. Rientrata in Italia ho iniziato il mio percorso a tappe: ho lavorato due anni al Controllo di gestione per poi passare all’Amministrazione, al Marketing e alla Comunicazione. Nel 2003 sono approdata alla Direzione Legale Societaria per sviluppare il progetto di internal auditing, oggi diventata una direzione vera e propria e per la quale sono responsabile verso il nostro Consiglio di Amministrazione. Nel frattempo, nel 1997 sono entrata nel Consiglio di Amministrazione di Brembo. Dal 2005 mi occupo di Corporate Development, area che mi ha dato la possibilità di continuare ad occuparmi di internal auditing e di sviluppare in
Lady Economy
45
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Penso che la mia passione per i motori sia innata. Fin da quando ero ragazzina partecipavo ai Gran Premi e seguivo tutto quanto riguardasse le competizioni motoristiche. Con il passare degli anni quel mondo è diventato il mio lavoro. Mi reputo una persona propositiva, positiva e molto creativa; mi piace vivere la quotidianità dell’azienda
azienda alcune tematiche che mi stanno molto a cuore come il tema della social responsability. Brembo significa Ferrari, mondo dei motori e della competizione. Qual è il suo rapporto con questo settore? Penso che la mia passione per i motori sia innata. Fin da quando ero ragazzina partecipavo ai Gran Premi e seguivo tutto quanto riguardasse le competizioni motoristiche. Con il passare degli anni quel mondo è diventato il mio lavoro: assistevo alle gare di Formula Uno non solo come tifosa ma perché mi occupavo delle sponsorizzazioni sportive e, per questo, ero in contatto con i team. Sentivo di giocare in casa perché quella che per anni era stata la mia grande passione era diventata la mia professione. Il suo pilota preferito? Naturalmente sono tifosa Ferrari e Michael Schumacher rimane il mio idolo. Del passato ho apprezzato moltissimo le doti professionali e umane di Ayrton
46
Senna che rimane per me uno dei migliori piloti della storia, tra i giovani piloti di oggi invece non ho, per ora, un preferito anche se ritengo che ce ne siano diversi molto bravi e competitivi. In questi anni la Brembo ha raggiunto traguardi importanti, ma quel è stata la sua più grande soddisfazione? Mi gratifica molto il riconoscimento del nostro brand a livello internazionale. Inoltre mi sento orgogliosa se penso a tutto quello che ha fatto mio padre in questi anni. La nostra è un’azienda nata come piccola realtà familiare negli anni ‘60 e oggi è diventata una multinazionale da quasi 6000 dipendenti, 25 siti industriali e commerciali distribuiti in 12 Paesi di 3 Continenti, e nel 2008 supererà il miliardo di euro di fatturato. Da allora sono trascorsi oltre 40 anni. Cosa ha permesso alla famiglia Bombassei di crescere e diventare una delle realtà più importanti a livello mondiale?
Lady Economy Mio nonno Emilio e mio padre Alberto hanno iniziato insieme e sono cresciuti cercando continuamente l’innovazione e l’internazionalizzazione dell’azienda, con tanta passione e perseveranza. La grande forza è stata l’ambizione di non fermarsi al prodotto puro e semplice, ma di cercare sempre un’evoluzione che lo rendesse completo e diversificato. La famiglia Bombassei non sta ancora vivendo la fase di passaggio generazionale perché suo padre continua ad essere presente come figura fondamentale nell’azienda. In prospettiva futura, come sta vivendo questa responsabilità la “figlia femmina”? Sento questa responsabilità fin dal mio primo giorno di lavoro in azienda. Posso dire che il fatto di essere la figlia femmina mi ha aiutata per quel rapporto di complicità che da sempre ho con mio padre. In questo percorso ho avuto la fortuna di trovarmi a lavorare insieme a mio marito Matteo e comunque mio padre, pur essendo nella nostra famiglia azionista di maggioranza, ha avuto la capacità di circondarsi di validissime persone e di una prima linea manageriale capace e qualificata. Inoltre, anche pensando in prospettiva, l’azienda è quotata alla Borsa italiana dal 1995. Abbiamo inoltre un CDA molto valido con 11 membri, di cui 4 indipendenti con diverse professionalità e formazioni anche internazionali che supportano con molta professionalità le nostre decisioni strategiche. Lungo il percorso di crescita all’interno dell’azienda suo padre continua ad essere per lei una figura di riferimento. Quali sono stati gli insegnamenti più importanti? Ne cito alcuni, anche se è difficile riassumere: umiltà, perseveranza, attenzione ai particolari, visione, sostenibilità delle proprie decisioni. Etica, trasparenza e rispetto delle persone sono sempre stati alla base dei suoi insegnamenti. Cosa si sente di aver portato della sua esperienza e personalità all’interno della realtà Brembo? Sono una persona semplice e ho percorso una strada in salita per arrivare dove sono. Essendo cresciuta con molti dei miei attuali collaboratori, ho sviluppato rapporti positivi con tutti e penso di essere un esempio per alcuni di loro. Sono una persona propositiva, positiva e molto creativa. Mi piace vivere la quotidianità dell’azienda e come donna ho una sensibilità diversa. Secondo lei, qual è il valore aggiunto che una donna può portare in una realtà aziendale? Noi donne portiamo una forte sensibilità e capacità organizzativa che ereditiamo dalla capacità innata di organizzare la vita quotidiana a casa. Siamo molto più flessibili e sensibili nell’intuire certe situazioni. All’interno del gruppo Brembo siamo 5 donne dirigenti su circa 80 dirigenti. In un settore maschile come quello in cui lavoro, portare una pennellata di rosa ogni tanto non può che far bene. Come riesce a conciliare i diversi impegni lavorativi con la famiglia? Lavoro e famiglia sono difficili da conciliare, soprattutto adesso che ho una bambina di un anno e mezzo e sono in attesa del secondo. Ricoprendo il ruolo di dirigente ho la possibilità di usufruire di una maggior flessibilità di orari, un’opportunità che purtroppo altre donne non hanno. Prima di avere dei figli ho aspettato di crescere professionalmente per poi arrivare a delegare parte del lavoro e avere la possibilità di muovermi con una maggiore serenità. La famiglia è naturalmente al primo posto e per non trascurare niente e nessuno ogni cosa è organizzata nel minimo dettaglio. Mi rendo conto che il contesto in cui viviamo non mette famiglia e donne al primo posto nel mondo del lavoro: ci vorrebbero più asili e maggior attenzione per il ruolo di molte mamme lavoratrici. Lo Stato italiano spesso latita a confronto di quello che fanno in Francia, in Spagna o nei Paesi del Nord Europa.
go alla terza generazione Bombassei ma voglio considerarmi della seconda perché mio nonno Emilio e mio padre hanno iniziato insieme. Desidero quindi continuare a costruire la Brembo del futuro con quella stessa passione e dedizione che da sempre caratterizza la mia famiglia. |
Le passioni sono i soli oratori che persuadono sempre: il più semplice degli uomini che nutra una passione è più
Quali sono le prospettive future e il futuro di Cristina Bombassei? Prima di tutto viene la mia famiglia. Professionalmente invece spero di poter continuare il percorso in azienda perché ogni giorno c’è qualcosa di nuovo e questo per me è molto gratificante e stimolante. Le ricerche sulle aziende dicono che la terza generazione è quella che distrugge quanto fatto dalle generazioni passate. Anagraficamente apparten-
convincente del più eloquente che ne sia privo. François De La Rochefoucauld www.brembo.com www.kilometrorosso.com
47
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
L’uomo (e l’imprenditore) che vive senza futuro Intervista a Marc Augé, uno dei più affermati antropologi del mondo, che spiega l’evoluzione della società e dell’uomo contemporaneo. Spunti di riflessione importanti anche in prospettiva imprenditoriale, poiché ogni azienda vive e opera a contatto con il mondo che la circonda testo di Paola Suardi fotografie di Vincenzo Lombardi
Solitudini parallele che conducono all’isolamento e non danno esiti creativi e crisi di temporalità dell’uomo contemporaneo. Tematiche che fanno riflettere anche in chiave economica e su cui uno dei più affermati antropologi del mondo, Marc Augé si è soffermato in un incontro organizzato da Sinapsi, Associazione per la Cultura, al Teatro Donizetti di Bergamo. È stata l’occasione per dar vita a un’intervista che lo studioso ha concesso a B&G dove emerge tutta la complessità dell’uomo contemporaneo spesso impantanato in un presente immobile che non trae più suggerimenti dal passato, né guarda all’avvenire. Spunti di riflessione importanti anche per gli imprenditori che possono osservare con una prospettiva diversa l’evoluzione della società contemporanea. Non percepire il futuro vuol dire mancare di progettualità, sia per l’individuo che per la collettività. È una “malattia” grave professor Augé? È grave ma non è la fine del mondo, e non per modo di dire. Siamo al centro di una crisi che è simile a una fine ma non lo è. I miti di origine - fondatori delle religioni - sono entrati in crisi con il secolo dei Lumi; i miti del futuro - fondatori delle ideologie politiche progressiste - sono stati cancellati dalla storia del XX secolo. Ma religioni di salvezza e utopie laiche erano sovente un modo di vivere il mondo, non di cambiarlo. Oggi, anche se si constata l’indebolimento delle proiezioni politiche di vasta portata, non sono da escludere sorprese in questo campo, e l’indebolimento di rappresentazioni costruite dell’avvenire è un’opportunità per cambiamenti effettivi che si sono nutriti dell’esperienza storica concreta. Forse stiamo imparando a cambiare il mondo prima di immaginarlo - diversamente da religioni e utopie - convertendoci così a una sorta di esistenzialismo pratico. 48
Esistenzialismo pratico. Può dirci di più a questo proposito? Prendiamo le innovazioni tecnologiche che hanno rovesciato i rapporti tra i sessi e i modi di comunicare, la pillola e Internet: non sono nate dall’utopia ma dalla scienza e dalle sue conseguenze tecnologiche. L’esigenza democratica e l’affermazione individuale prenderanno probabilmente strade inedite che oggi appena intravediamo. Allora è la scienza la chiave per uscire dall’impasse? Dall’inizio del XX secolo la scienza ha compiuto progressi accelerati che lasciano scorgere prospettive rivoluzionarie e inimmaginabili. Nuovi mondi si aprono davanti a noi: l’universo, le galassie (e questo cambiamento di scala non sarà privo di conseguenze sull’idea che ci facciamo del pianeta e dell’umanità), il confine tra materia e vita, l’intimità degli esseri viventi, la natura della coscienza. Queste nuove conoscenze porteranno a una ridefinizione dell’idea che ogni individuo può farsi di se stesso. Quello che sapremo del mondo cambierà il mondo. Per questo è imprescindibile realizzare cambiamenti rivoluzionari nel campo dell’educazione. Scienza e educazione, quindi parliamo di istruzione. Tema dolente in Italia, professore... Anche in Francia, senza dubbio. Ma vorrei partire dall’elogio della scienza per arrivare all’educazione. La scienza è un modello di modestia. La storia della scienza è quella di uno spostamento progressivo, mai esente da correzioni. La scienza si appoggia sulle conoscenze acquisite ma non le considera definitive. È l’unico settore dell’attività umana in cui la nozione di progresso dipende dall’evidenza, eppure le nozioni di certezza, verità e totalità sono incessantemente rimesse in causa. Per queste ragioni il modo di procedere della scienza può esser considerato come il modello da
Società contemporanea
Chi è Marc Augé Marc Augé, 72 anni, è stato presidente dell’Ecole des hautes études en sciences sociales a Parigi dal 1985 al 1995. È uno dei più stimati antropologi viventi. Africanista di formazione, da qualche anno ha rivolto lo sguardo verso la società contemporanea. Dopo la metà degli anni Ottanta, ha diversificato i suoi campi di osservazione, effettuando numerosi soggiorni in America latina ed anche osservando le realtà del mondo contemporaneo nel contesto più immediato. Un approccio antropologico al quotidiano per una riflessione sul destino del mondo contemporaneo. Fondamentale la sua teorizzazione dei non luoghi del 2005. In aprile è stato pubblicato in Francia il suo ultimo libro “Dove è andato a finire il futuro?”.
SINAPSI Associazione per la Cultura Divulgare e discutere argomenti rimasti perlopiù in ambito accademico, quali la clonazione, i cibi transgenici, la globalizzazione, il dolore legato alla sofferenza fisica e psichica, la procreazione, l’energia e l’ambiente, i limiti dello sviluppo. Sono alcuni dei temi trattati da Sinapsi Associazione per la Cultura, nata a Bergamo nel 1999, con l’intento di promuovere iniziative culturali in tre ambiti specifici: medico-biologico, filosofico-storico,
umanistico-arti-
stico. La convinzione dei fondatori e sostenitori di Sinapsi è che è possibile una trattazione divulgativa anche di grandi temi per contribuire a generare una società più informata e più tollerante.
seguire in ambito politico o sociale. Non governare in nome della scienza (la conoscenza, al contrario dell’ideologia, non è un punto di partenza assoluto) ma in vista della scienza. Se ci pensiamo è l’esatto contrario di tutti i fondamentalismi. Perciò l’educazione è la priorità delle priorità. C’è il rischio che l’umanità si divida fra un’aristocrazia del sapere e dell’intelligenza e una massa ogni giorno meno informata su quello che la conoscenza comporta. Una massa di semplici consumatori o, peggio, sottoconsumatori. Questa disuguaglianza riprodurrebbe e moltiplicherebbe la disuguaglianza delle condizioni economiche. Ma non accontentiamoci di belle parole. Se vogliamo evitare una catastrofe planetaria dobbiamo coltivare quella che io chiamo “utopia dell’educazione”, necessaria alla scienza e alla società.
stridere. Si tratta di porre il sapere come fine individuale e collettivo. Da qui il ritorno a una percezione del tempo e la scommessa ragionevole che il giorno in cui sacrificheremo tutto al sapere saremo tutti più ricchi e più giusti. Una nuova “utopia”. Siamo sicuri di volerla chiamare così? Forse c’è un termine migliore, ci penserò. Per il momento chiamiamola “utopia”, non più statica, bensì aperta, proprio come lo è la scienza. E come la scienza non solo progressista (che vuole il progresso) ma progressiva (che progredisce). |
Dal ’99 ad oggi Sinapsi ha coinvolto più di 70 personaggi di alto profilo scientifico e culturale e ha organizzato quindici manifestazioni a tema. L’attività di Sinapsi ha dato un contributo significativo anche alla realizzazione di “BergamoScienza”, oggi associazione indipendente e manifestazione divulgativa di temi scientifici, che dal 2003 coinvolge la città con conferenze, mostre, laboratori e eventi per un mese intero in autunno.
I professionisti della ricerca e dell’insegnamento hanno un’importante responsabilità e lo stesso vale per i politici, perché questo ruolo dell’educazione di fatto dipende dai politici che la finanziano e la orientano, ma di diritto risponde solo al desiderio di conoscere. Un’utopia dell’educazione, se non vuole rimanere un pio voto, deve definirsi come pratica e riformista anche se i termini sembrano
Torna a eterno merito della scienza l’aver liberato l’uomo dalle insicurezze su se stesso e sulla natura agendo sulla sua mente. Albert Einstein
www.sinapsiassociazione.it
49
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Confessioni di una “mente straordinaria” Incontro con il premio Nobel per l’Economia, John Nash che lancia un messaggio ai giovani: “Seguite le vostre passioni: solo amando ciò che si fa si possono conquistare grandi successi” a cura della redazione
Dietro alla tenerezza di uno sguardo incuriosito dalla vita, dalle persone e dagli ambienti che lo circondano si nascondono occhi che luccicano di genialità e una mente straordinaria. John Nash, premio Nobel 1994, ha rivoluzionato l’economia con i suoi studi di matematica applicata alla teoria dei giochi e con la scoperta degli equilibri non cooperativi, eppure la sensazione che riesce a trasmettere è di grande umanità e umiltà. Nash, intervenuto all’Università di Bergamo insieme all’amico e altro genio, nonché Premio Nobel 2005, Robert Aumann, alla vigilia dei 10 anni dell’Istituto Iseo di Brescia ha preferito non parlare delle possibili applicazioni della sua Teoria dei Giochi nella realtà concreta, di politica e economica, di guerra e prezzo del petrolio, ma non ha mancato di lanciare un messaggio forte ai giovani che vogliono avvicinarsi alla matematica: “Studiate quello che amate - ha detto il Premio Nobel, protagonista attraverso l’interpretazione dell’attore Russel Crow nel film - A beautiful mind -. Quando mi sono iscritto all’Università avevo scelto di studiare ingegneria ma poi la passione per la matematica ha preso il sopravvento”. Con50
cetto condiviso dallo stesso Aumann: “I giovani devono studiare seguendo le proprie passioni, non ci sono altre ragioni. Solo amando la disciplina si possono conquistare i successi nella vita”. E di traguardi e successi i due premi Nobel ne hanno raggiunti, partendo da quella Teoria dei Giochi servita calda ad ogni apprendista economista. La Teoria è la scienza matematica che analizza situazioni di conflitto e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative. Le applicazioni e interazioni di tale teoria sono molteplici: dal campo economico a quello militare, biologico, sociologico, psicologico, finanziario, politico, ambientale, sportivo. Nasce nel 1928 con un articolo di Von Neumann e trova i primi importanti impieghi nella seconda guerra mondiale. “La Teoria dei giochi - spiega Nash - è in costante evoluzione. Si amplia e si limita e può voler dire cose diverse a seconda delle circostanze. Applicazioni future? Ritengo sia poco utile e a volte sbagliato cercare di prevedere gli sviluppi della scienza”. La Teoria dei Giochi era nata negli anni ‘20 dai tentativi di uno dei più grandi matematici degli ultimi secoli, John Von
Neumann, di studiare quantitativamente il comportamento umano: le scelte dei partecipanti al gioco avvengono in base a delle regole e con il tentativo di massimizzare il guadagno, sia esso la vittoria di un gioco da tavolo o di carte, sia un affare o una contrattazione economica. Nash, affascinato dalla possibilità di applicare la teoria dei giochi all’economia, ai rapporti politici tra stati, alle strategie militari, affrontò il problema in modo originale e rivoluzionario rispetto a Von Neumann: “Io e Von Neumann abbiamo discusso alcuni aspetti della teoria- spiega Nash - ma vedevamo gli esiti dei giochi stessi in modo diverso”. Nash estese così la trattazione a giochi a più partecipanti e scoprì una soluzione di equilibrio in cui ogni agente trova la miglior strategia rispetto alla migliore strategia di tutti gli altri. Tradotta nelle parole del Premio Nobel: “Un gioco può essere descritto in termini di strategie, che i giocatori devono seguire nelle loro mosse: l’equilibrio c’è, quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento. Per cambiare, occorre agire insieme. Unilateralmente possiamo solo evitare il peggio, mentre per raggiungere il meglio abbiamo bisogno di cooperazio-
Le eccellenze della scienza
La Teoria dei Giochi è la scienza matematica che analizza situazioni di conflitto e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative. Le applicazioni e interazioni di tale teoria sono molteplici: dal campo economico a quello militare, biologico, sociologico, psicologico, finanziario, politico, ambientale, sportivo. Secondo Nash l’equilibrio c’è, quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento
ne”. Il professore Gianfranco Gambarelli, docente di Matematica statistica all’Università degli Studi di Bergamo, spiega così la Teoria dei giochi: “Ogni giocatore è un soggetto razionale che può scegliere fra varie mosse. Ad esempio, se il giocatore è un commerciante, le sue mosse possono essere aumentare o diminuire o lasciare invariati i prezzi dei suoi articoli; le mosse di un acquirente possono essere cambiare o restare fedele a un prodotto o a un fornitore; le mosse di un responsabile di logistica militare possono essere inviare un convoglio lungo un certo percorso, piuttosto che lungo un altro. Ogni strategia consiste nell’adozione di una mossa o di una combinazione di mosse. Ad esempio i convogli possono essere inviati periodicamente, per il 30% dei viaggi su un percorso e per il 70% su un altro; i prezzi dei prodotti possono essere variati in rotazione e così via. In dipendenza dalle strategie adottate da tutti i giocatori, ognuno riceve un pagamento che può essere positivo, negativo o nullo. Un gioco si dice a somma costante se per ogni vincita di un giocatore v’è una corrispondente perdita per altri. In particolare, un gioco a somma zero fra due giocatori rappresenta la situazione in cui il pagamento viene corrisposto da un giocatore all’altro”. Un futuro campo di applicazione della Teoria di Nash, a detta del Premio Nobel, potrebbe essere la biologia evoluzionista: “Il darwinismo ortodosso dice che le mutazioni all’interno di una specie sono prodotte dal caso e, sulla base di queste novità opera la selezione naturale sempre in direzione del meglio. Se dagli scimpanzè che hanno 48 cromosomi si è passati alla specie umana con 46 ci potrebbe essere in qualche modo un primo individuo molto speciale, un Adamo e una Eva protagonisti di un improvviso shift”. |
Chi è John Forbes Nash John Forbes Nash è nato il 13 giugno del 1928 a Bluefield, in Virginia. Durante i suoi anni di insegnamento a Princeton dove gli viene offerto un dottorato di ricerca, Nash ha mostrato una vasta gamma di interessi nella matematica pura: dalla topologia, alla geometria algebrica, dalla teoria dei giochi alla logica. Tra il 1949 e il 1950 Nash elaborò il suo capolavoro, che concretizzò in sole ventisette pagine di tesi di dottorato e che gli avrebbero dato il Nobel ben quarantacinque anni dopo. Poco dopo questo risultato, non subito riconosciuto importante dalla comunità dei matematici, Nash si dedicò alla matematica pura dimostrando un teorema sulle varietà algebriche. Iniziò poi una fase piuttosto tormentata della sua vita privata, con la malattia forse in stato latente. Nel 1958 all’età di 30 anni, Nash soffrì del primo, devastante episodio di schizofrenia paranoideallucinatoria, la più catastrofica, mutevole e misteriosa delle malattie mentali da cui guarì attorno agli anni Novanta.
Ragione e passione sono timone e vela della nostra anima navigante. Kahlil Gibran
www.unibg.it
51
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
A fianco degli imprenditori per crescere insieme Intervista a Luigi Martino, presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Milano che spiega l’evoluzione di una professione che accoglie in tutta Italia oltre 60mila operatori e che punta su formazione, competenza e snellimento burocratico per accrescere il proprio contributo al mondo economico testo di Laura Di Teodoro
Solo a Milano sono oltre 4mila, in tutta Italia oltre 60mila. L’esercito dei dottori commercialisti cresce e, insieme ad esso, aumentano competenze e mansioni. Il commercialista infatti, nel corso degli ultimi anni, sta passando dall’essere esclusivamente esperto contabile e fiscale a figura specializzata in grado di guidare e consigliare imprenditori e aziende verso l’internazionalizzazione e scelte decisive. Alla base però, come afferma il presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Milano, è necessaria una formazione continua e un alleggerimento burocratico. I commercialisti stanno sempre più diventando figure importanti nell’affiancamento dell’imprenditore nelle decisioni finanziarie, nella gestione dell’impresa e nella prevenzione della crisi. C’è bisogno quindi di competenze e formazione. Come si sta affrontando questa crescita? Quali sono le lacune da colmare? I commercialisti ormai da più di 30 anni sono riconosciuti quali consiglieri dell’imprenditore sia per quanto attiene la fase fisiologica (nascita, crescita e sviluppo dell’impresa) sia per la fase patologica (cessazione, liquidazione, crisi). Il mondo economico però si evolve sempre più in fretta e le leggi, soprattutto in Italia, non danno tregua. È per questo motivo che i dottori commercialisti sono stati i primi che hanno previsto l’obbligo della formazione continua; il nostro esempio lo stanno solo oggi seguendo alcune altre professioni. Ogni commercialista deve certificare di avere seguito corsi di formazione per almeno trenta ore in un anno. Non è evidentemente esaustivo dell’intero aggiornamento ma se si aggiunge il fatto che ogni giorno si leggono giornali e riviste e nell’attività quotidiana si studia molto per risolvere i problemi dei clienti, è un impegno complessivo davvero molto importante che si richiede al professionista. L’Ordine dei Commercialisti di Milano ormai da tre anni ha varato la Scuola di Alta Formazione al fine di rendere 52
Ordini professionali
53
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
I commercialisti ormai da più di 30 anni sono riconosciuti quali consiglieri dell’imprenditore sia per quanto attiene la fase fisiologica (nascita, crescita
L’Ordine
e sviluppo dell’impresa) sia per la fase
L’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano raccoglie più di
patologica (cessazione, liquidazione, crisi) Tutti gli adempimenti imposti al cittadino in Italia sono troppo farraginosi e improntati più alla forma che alla sostanza. Le norme che li impongono vanno riscritte, ma a nulla serve se poi vengono interpretate malamente dall’impianto burocratico
centrale la professione nello sviluppo della cultura della tecnica e dell’esperienza. Alla scuola partecipano sia le università milanesi di economia: Bicocca, Bocconi, Cattolica, sia gli esponenti del mondo del lavoro e di altre realtà di alta formazione quali la Magistratura, l’Agenzia delle Entrate, l’Assolombarda, la Guardia di Finanza. Questo percorso ci ha consentito di svolgere una formazione tripartita in cui i docenti sono non solo altri commercialisti che apportano le loro esperienze, ma anche gli accademici e i rappresentanti del mondo del lavoro e delle controparti con cui normalmente ci si relaziona nell’attività quotidiana. La Scuola ha attualmente tre corsi biennali di formazione all’accesso per i giovani, tenuti presso le tre università milanesi ed eroga circa 1.500 ore annue di formazione continua per gli iscritti. Quali sono le maggiori difficoltà che incontra un giovane che inizia la professione? In primo luogo c’è una forbice ancora molto aperta fra formazione scolastica e universitaria ed effettive esigenze del mondo del lavoro che richiede conoscenze tecniche composite ed articolate. Tale problema peraltro non viene risolto dal triennio di tirocinio che, da una parte, è un periodo troppo lungo e dall’altra comporta che il giovane, impegnato per tanti anni nella preparazione dell’attività lavorativa, perda le conoscenze teoriche poi richieste in sede d’esame, dove sono presenti commissari estranei alla professione. Peraltro non sempre il giovane trova uno studio dove inserirsi. Il giovane professionista, una volta abilitato, non sempre ha la possibilità di organizzare uno studio proprio, considerati i costi elevati, per cui deve avere l’occasione di inserirsi in uno studio già organizzato. Tale scelta peraltro è vincente in 54
4200 iscritti e ha competenza nel territorio della giurisdizione del Tribunale di Milano e in quello della giurisdizione di Lodi. È retta da un Consiglio composto da 15 membri eletti dagli iscritti. Una delle missioni più importanti dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano è la formazione dei propri iscritti; è stato infatti il primo Ordine in Italia a varare un programma organico di formazione continua, gestito dalla Fondazione, secondo le norme approvate dal Consiglio Nazionale. L’Ordine di Milano ha istituito inoltre una “Scuola di Formazione” - di concerto con le Università milanesi - per i neolaureati che devono sostenere l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di dottore commercialista.
quanto consente di far crescere gli studi esistenti portandoli il più possibile alle dimensioni richieste dalla sempre più forte esigenza di specializzazione. Quali sono i maggiori problemi con cui si deve confrontare uno studio professionale? Innanzitutto l’aumento dei costi di gestione degli studi non solo a causa di questo periodo congiunturale, ma soprattutto per effetto delle sempre maggiori richieste di adempimenti che lo Stato scarica sui commercialisti. Il caos legislativo aggrava la situazione perché comporta, oltre all’incertezza del diritto, continue modifiche ai soft ware e all’organizzazione dello studio. Non sempre questi costi si possono traslare sul cliente. Altro problema non trascurabile: poter rispondere all’esigenza di internazionalizzazione delle imprese. È necessario creare collegamenti sempre più stretti con professionisti di altri paesi, cosa non sempre facile e comunque molto costosa. A pochi mesi dall’avvio dell’Albo Unico, qual è la situazione oggi? Quali i punti deboli? È la prima volta in Italia che due professioni con curricula formativi diversi si uniscono in un unico Albo. È quindi una storia tutta da scrivere, ma che al di là di alcune perplessità preliminari oggi si sta aff rontando con grande consapevolezza da entrambe le parti. La scommessa da vincere è quella di omogeneizzare nel più breve tempo possibile le due componenti. Non è facile perché sono due modi di aff rontare i problemi professionali e organizzativi diversi per abitudine e tradizione. L’esperienza di Milano però è molto positiva e fa ben sperare. I consiglieri dell’Ordine
Ordini professionali si confrontano con mente sgombra da pregiudizi e producono ”il meglio” di entrambe le professioni per crescere in modo univoco e per far sì che l’Ordine interpreti in maniera sempre più puntuale le esigenze sia del cittadino sia dei propri iscritti.
che un buon surrogato ma devono essere corrette. Non è così per numerosi studi di settore che sono basati su calcoli astratti e cervellotici. Tali errori se nel breve fanno emergere materia imponibile, nel medio termine possono comportare il rischio di un’ulteriore fuga verso il sommerso.
Gli studi di settore hanno segnato un primo recupero con le dichiarazioni del 2006, dovuto probabilmente alla prima stretta sui criteri di accertamenti disposta con il decreto legge Visco-Bersani: c’è stato un aumento dei ricavi medi dichiarati di circa 6.000 euro e dei redditi medi di circa 1.000 euro. Il vero banco di prova saranno le analisi delle dichiarazioni del 2007. Cosa ne pensa della lotta all’evasione vissuta l’anno scorso? Francamente se c’è stata lotta all’evasione non ce ne siamo accorti. Eppure ce ne sarebbe tanto bisogno, ma forse fare la vera lotta all’evasione è da una parte faticoso e dall’altra impopolare. Ecco che si cercano le scorciatoie che possono essere an-
Uno dei grandi mali dell’Italia è in primis la troppa burocrazia; i commercialisti ne sanno qualcosa. Secondo lei, quali sono le procedure che andrebbero snellite agevolando così il vostro lavoro e quello degli imprenditori? Tutti gli adempimenti imposti al cittadino in Italia sono troppo farraginosi e improntati più alla forma che alla sostanza. Le norme che li impongono vanno riscritte, ma a nulla serve se poi vengono interpretate malamente dall’impianto burocratico. È necessario che la pubblica amministrazione faccia un salto culturale che la porti sempre di più al servizio del cittadino, chiudendo quella forbice aperta fra pubblico e privato che ci ha fat-
to raggiungere le ultime posizioni nella classifica degli Stati più agili ed evoluti. A suo avviso, quali caratteristiche deve avere un’impresa oggi per sopravvivere alla globalizzazione, all’aumento dei costi e alle difficoltà presenti sul mercato? È assolutamente necessaria un’organizzazione molto efficiente ed efficace non disgiunta da una sensibilità spiccata ai problemi della corretta governance soprattutto per quanto attiene a sicurezza, ambiente e lealtà sociale. |
Tieni sempre a mente che la tua decisione di avere successo è più importante di qualsiasi altra cosa. Abraham Lincoln
www.odc.mi.it
55
Business&Gentleman
56
luglio - settembre 2008
Fabbrini,
Storie d’impresa
l’imprenditore controcorrente Ha rivoluzionato la distribuzione nelle tabaccherie in Italia con iniziative innovative e scelte coraggiose. Ecco la storia di ITA - International Tobacco Agency, società leader in Italia nel settore tabacco, distributrice in esclusiva di alcuni dei marchi più prestigiosi come i sigari Davidoff e le celeberrime cartine Rizla. Dalle origini oltre quarant’anni fa alle nuove sfide con l’apporto dei figli Marco e Matteo che affiancano il padre nella vita dell’azienda testo di Mauro Milesi fotografie di Viviella Chiappa
Ci sono le strade che percorrono tutti. E ci sono quelli che scelgono la propria strada. Pietro Fabbrini ha fatto ancora di più, la strada lui se l’è costruita da solo. Imprenditore di riferimento nel mondo del tabacco in Italia, ha rivoluzionato le logiche della distribuzione nelle tabaccherie conquistandosi anche alcuni tra i marchi del settore più famosi al mondo. Una storia straordinaria che racconta la vivacità dell’imprenditoria made in Italy capace di crescere, di svilupparsi e soprattutto di non arrendersi davanti ai no, alla burocrazia, ai bastoni messi tra le ruote. È stato Fabbrini con la sua ITA - International Tobacco Agency il primo nel nostro Paese a dar vita a un deposito fiscale autonomo dai Monopoli di Stato per la distribuzione del tabacco. Una scelta faticosa e controcorrente, che ha cambiato le dinamiche del settore e poi seguita da altri. E controcorrente è stata anche la scommessa di avviare un sistema di distribuzione diretto sui punti vendita senza passare attraverso il complesso circuito dei grossisti. Per questo la storia della ITA è una storia che può valere come cifra di molte delle aziende italiane di successo. Una storia che comincia più di quarant’anni fa e che oggi continua a rinnovarsi anche grazie alla linfa vitale e al supporto dei figli di Fabbrini che hanno scelto di affiancare il padre nella sua avven-
tura imprenditoriale: il quarantenne Marco, amministratore delegato della ITA e Matteo, 25 anni, supplier account dell’azienda e responsabile del rapporto con i fornitori internazionali. Padre e figli sono il cuore di questa azienda, che ha scelto di strutturarsi basandosi moltissimo sui giovani, sull’importanza delle risorse umane come valore aggiunto e dell’innovazione come principio su cui avviare le proprie strategie. A Pietro Fabbrini abbiamo chiesto di raccontarci questa storia sin dall’inizio. Domanda di rito, come nasce la ITA? All’inizio ci ha messo lo zampino il caso. Nella metà degli Anni ‘60 ero a Dortmund in Germania dove lavoravo come assistente sociale per gli italiani all’estero. Un giorno ho letto su un giornale l’annuncio di una società internazionale che distribuiva tabacco in Italia e che cercava personale. Mi sono presentato, mi hanno scelto e così è iniziata la mia avventura nel mondo del tabacco. Ho lavorato per nove anni alle dipendenze di questa azienda e poi ho pensato di avviare un’attività in proprio sulla base delle esperienze che avevo acquisito con il tempo: era il 1975. All’inizio ero completamente solo. Ho contattato realtà tra le più importanti case produttrici di sigari al mondo che all’epoca non distribuivano in Italia e che erano interessate a questo mercato. 57
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Qualche numero sulla ITA ITA, International Tobacco Agency, è un’azienda nata nel 1975 e diventata negli anni leader nel settore dei prodotti e servizi per la tabaccheria. La sede è a Treviso, ma la rete vendita è operativa in tutta Italia. ITA, distributore in esclusiva di marchi prestigiosi tra cui Davidoff, i fiuti Ozona, i sigaretti Moods, le cartine Rizla e gli accendini Tokai e Clipper, è anche titolare e creatrice di marchi di grande successo come gli articoli per fumatori Chilling Time, le penne Nippen, gli accendini Ciao e la linea di articoli maschili Egoist. I numeri parlano di una solida realtà aziendale che oggi conta 250 collaboratori, 50 dipendenti nella sede centrale e oltre 200 tra agenti e promoter in tutta Italia. Ita nel 1998 è stata la prima azienda ad aprire un deposito fiscale per la vendita di sigari al di fuori della rete distributiva del monopolio, arrivando nel 2007 a registrare un fatturato che supera i 30 milioni di euro: una crescita annua di oltre il 20 per cento, superiore al 250 per cento negli ultimi dieci anni e destinata a non fermarsi: la previsione di fatturato nel 2011 è infatti di 40 milioni di euro.
Nei primi due anni mi sono girato tutta l’Italia: partivo il lunedì mattina verso le 4 e tornavo il sabato. Poi sono arrivati i primi collaboratori e col tempo sia l’azienda che clienti e fornitori sono cresciuti. Abbiamo allargato la distribuzione anche proponendo, cartine, accendini e altri articoli da tabaccheria. Passaggi importanti sono arrivati nel 1996 con l’accordo per la distribuzione del marchio Davidoff, uno dei brand più prestigiosi al mondo e nel 1997 grazie all’accordo con Rizla che all’epoca era in forte discesa perché aveva perso l’appeal sui giovani. Noi abbiamo scommesso su questa operazione e siamo riusciti a recuperare lo svantaggio fino a tornare leader assoluti in Italia nel mercato delle cartine. E poi via via sono arrivati molti altri progetti. Tanti progetti a cominciare dalla nascita del primo deposito fiscale per il tabacco autonomo rispetto ai Monopoli... Il Monopolio di Stato e i grossisti vedevano la possibilità di dar vita ai depositi fiscali come a un’attività in forte concorrenza che avrebbe rotto le logiche monopoliste nel mercato del tabacco. Per questo, quando ITA ha deciso di essere la prima società in Italia ad aprire un deposito fiscale sono arrivate resistenze fortissime e in molti hanno cercato di metterci i bastoni tra le ruote. Eppure una legge già attiva dal 1976 ne consentiva l’apertura, però nessuno aveva mai osato prendere l’iniziativa per cambiare certi equilibri e soprattutto mancavano le norme attuative per una completa applicazione. Così è iniziata la nostra battaglia durata ben tre anni fino all’ottenimento del permesso. Siamo stati i primi e per il settore ha rappresentato una svolta. Qual è il ruolo di ITA oggi nel mondo della distribuzione? Oggi ITA è leader nella distribuzione di prodotti nel circuito delle tabaccherie: dai sigari 58
agli accendini, dai gadget ai profi lattici, dalle biro alle carte da gioco. Ma ci siamo spinti più in là dando vita a marchi nostri come gli accendini “Ciao”, le biro “Nippen” e presto lanceremo altri nuovi prodotti come i profi lattici “muchacho” o le carte e altri giochi di società. Abbiamo una struttura che studia il mercato, analizza le opportunità per nuovi brand e mette in campo tutte le strategie per dare corpo a questi progetti. Di fatto, in Italia aziende di distribuzione come la nostra non ce ne sono più. Ci sono le multinazionali come Philip Morris o BAT, gli altri hanno via via lasciato. Se un produttore estero vuole distribuire nel mercato deve comunque passare da noi. Cosa distingue ITA dagli altri competitor? Ormai siamo conosciuti nel mondo del tabacco a livello internazionale. Noi siamo in grado di progettare, appoggiare e seguire al meglio l’introduzione di un
Storie dâ&#x20AC;&#x2122;impresa
Al centro Pietro Fabbrini con i figli Matteo (a sinistra) e Marco (a destra).
59
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
nuovo prodotto nella rete delle tabaccherie italiane. Abbiamo circa 18mila tabaccherie che sono clienti consolidati, ma raggiungiamo tutto il segmento e su certi prodotti abbiamo una penetrazione pari all’80% dei punti vendita. Quali sono gli elementi fondamentali su cui ha fondato la sua azienda? Le persone che lavorano con noi sono la cosa più importante che abbiamo. Abbiamo investito molto per costruire uno staff che non fosse rappresentato solo da numeri, ma da persone che sono anche amiche, che partecipano con intensità e passione alla vita dell’azienda. Siamo una famiglia. Un altro aspetto importante riguarda il rigore con cui selezioniamo gli articoli che distribuiamo: certe volte siamo costretti a dire di no per una questione di lealtà verso i nostri fornitori e di rispetto nei confronti dei nostri clienti. Abbiamo parlato di un momento importante con l’istituzione del deposito fiscale. Ci sono state altre scelte che hanno rappresentato una svolta per ITA? A un certo punto abbiamo deciso di allargare la distribuzione andando direttamente sui punti vendita, consapevoli che questo ci avrebbe fatto perdere alcuni clienti sul fronte de grossisti. È stata una svolta importante, avevo tutti contro: è stato un momento difficile. Avviare una rete capillare di contatto diretto sul territorio ha rappresentato un grande sforzo e una grande scommessa per la nostra azienda. 60
Ci dicono che lei punta tanto sui giovani, perché? Questa azienda è cresciuta molto negli ultimi anni e ci sono stati tanti nuovi collaboratori che hanno arricchito il nostro gruppo. La maggior parte è rappresentata dai giovani che ritengo più motivati, con una maggiore voglia di emergere, di spendersi e di darsi da fare. Sono convinto sia la strada giusta, perché hanno una marcia in più. Ci sono nuove avventure che ITA sta preparando? La prossima avventura è un progetto estremamente ambizioso e di grandissima caratura. Dalla fine di giugno partiremo con la promozione e la distribuzione di un nuovo marchio di casa Davidoff, il sigaro “Winston Churchill”. Un sigaro di alto profi lo che sarà presente su un mercato selezionato con quattro diversi formati. Un prodotto un po’ particolare, confezionato con miscele mai realizzate prima e combinate da Davidoff per dar vita a un sigaro dedicato agli estimatori più esigenti. Questa è una nuova avventura che ci stimola molto. E noi ovviamente siamo pronti affinché diventi un successo. |
O uomo, guarda prima l’impresa a cui ti accingi, poi la tua costituzione e il peso che puoi sostenere. Epitetto www.itagency.it www.davidoff.com
Arredi e soluzioni per l’ufficio
Vivi al meglio la tua Office Life C’è una parte della nostra quotidianità, della nostra vita, che potremmo definire “Office Life”. È il
via Modigliani, 19 - 20040 Cornate d’Adda (MI)
tempo che spendiamo all’interno dell’ufficio. Quelle ore fatte di lavoro, chiacchiere, sorrisi, pause
Tel.: +39 039 6897104 - Fax: +39 039 6822216
caffè rubacchiate e appuntamenti telefonici, sono di fatto una parte fondamentale della nostra vita: alcuni colleghi diventano amici, ci si affeziona anche alle noiose seccature e la scrivania si trasforma in un secondo habitat. Un ambiente confortevole aiuta a prendere decisioni importanti, a costruire grandi progetti, ma anche a stemperare le tensioni e a concedersi degli attimi di relax
Scopri la nostra collezione
quando, pervasi da piccole inquietudini e sopraffatti dalla stanchezza, ci si abbandona a veloci
di proposte d’arredo,
viaggi pindarici. Un luogo accomodante favorisce gli scambi, la condivisione e la circolazione
visita il nostro sito:
delle idee e delle energie. Basta poco per vivere al meglio la nostra “Offi ce Life”...
www.arredoufficio.com
Business&Gentleman
62
luglio - settembre 2008
Protagonisti del lusso
Turismo & Affari Dietro le quinte del Principe di Savoia Intervista a Ezio Indiani, direttore generale di uno degli hotel più prestigiosi al mondo, che svela a B&G gli sviluppi di un settore in grande evoluzione e che vede gli imprenditori sempre più protagonisti dell’hôtellerie di lusso testo di Laura Di Teodoro
Entrando nella maestosa hall in rigoroso stile liberty si viene colti dalla sensazione di trovarsi in un microcosmo in cui si incontrano culture, lingue, storie che arrivano da tutto il mondo, in cui il lusso e l’alta qualità dei servizi danno il loro benvenuto a uomini d’affari, imprenditori e imprenditrici e importanti personalità. L’Hotel Principe di Savoia, un’eccellenza nel settore dell’hotel di lusso in Europa, aveva ben chiaro il suo obiettivo fin dal 1927, anno della sua inaugurazione: essere l’albergo di maggior prestigio per la Milano produttiva e mercantile che in quegli anni stava precisando sempre meglio la sua fisionomia. Tra gli ospiti del nuovo albergo milanese la leggenda colloca anche Gabriele D’Annunzio. E, negli anni prima e dopo la seconda guerra mondiale, si iscrivono nomi che eravamo abituati ad incontrare altrove. Dal Duca di Windsor a Erich Maria Remarque, da Charlie Chaplin a Josephine Baker, dall’Aga Khan ad Aristotele Onassis, da Evita Peron a Maria Callas. Oggi varcano quella soglia sulla centralissima Piazza della Repubblica, esponenti del mondo dell’economia, fi nanza, impresa, politica e spettacolo provenienti soprattutto dal Medio Oriente, dalla Russia, dall’America e dall’Europa. Ezio Indiani, direttore generale alla guida del prestigioso hotel, racconta il dietro le quinte di questo mondo fatto di lusso, bisogni ed esigenze sempre nuove e di una forte attenzione al cliente.
Ezio Indiani è riconosciuto a livello internazionale per la straordinaria expertise nel settore dell’hôtellerie di lusso. In quasi 30 anni di carriera come ha visto cambiare il concetto e il settore del lusso? Innanzitutto è cambiato notevolmente il target del lusso: agli inizi c’era molta nobiltà e personaggi dello spettacolo. Oggi ci sono molti più uomini d’affari, esponenti del mondo della finanza, industriali e imprenditori veri e propri. Questo cambio di rotta è stato possibile grazie alla maggior possibilità di viaggiare che ha permesso a una buona fascia di popolazione di spostarsi sempre più velocemente, sviluppando così il settore del turismo in modo straordinario. Il lusso oggi ruota attorno a due componenti principali che sono il tempo e lo spazio e noi che lavoriamo nel settore dobbiamo curare le attenzioni personali, gli spazi a disposizione, l’eleganza e la discrezione. Partiamo dalla consapevolezza che esiste una soluzione a tutti i problemi e che il cliente abituato al lusso non cerca cose difficili ma è abituato ad avere tutto. In passato invece non era sempre possibile. Il lusso è spesso visto come sinonimo di spreco. Non esiste lusso senza spreco e oggi non si riesce a offrire un servizio ad alti livelli se non si contempla nella gestione una buona parte di surplus. Il lusso valorizza un modello ricercato, lo spazio, la pulizia, l’eleganza, l’ordine e la tecnologia che non sia però 63
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
troppo invadente ma al contrario molto discreta. Chi sono i nuovi ricchi? Una volta i ricchi arrivavano dall’America e dall’Europa. Oggi arrivano dalla Russia, dal Medio Oriente, dalla Cina seguiti da americani ed europei. Con queste nuove tipologie di clienti entrati in maniera massiccia nel mercato, è necessario che le strutture alberghiere siano pronte e preparate ad accogliere ed esaudire ogni tipo di desiderio. Per farlo è necessario conoscere le diverse realtà e i diversi Paesi, avendo vissuto in quei posti. Lei ha viaggiato molto, Germania, Italia, Repubblica Dominicana, Inghilterra e Svizzera. In quale di questi Paesi pensa di aver imparato maggiormente l’arte del settore hôtellerie di lusso? Ho lavorato molto in Inghilterra che per me è stata prima di tutto una grande scuola di eleganza e tradizione, dove ogni ruolo è ben distinto e dove discrezione e 64
apparenza sono due fra i pilastri fondamentali. Gli inglesi mi hanno insegnato a distinguere il comportamento verso i clienti, ad essere sempre pronti di fronte ad ogni richiesta, ad avere una certa nonchalanse in tutte le occasioni e avere sempre una risposta pronta per tutto, senza mai dare la sensazione di trovarsi in difficoltà anche quando le richieste sembrano essere difficili e a volte assurde. L’organizzazione inglese è straordinaria e dovrebbe essere un esempio per tutto il mondo; noi italiani, al contrario, siamo improvvisatori ma abbiamo comunque un grande pregio che è quello di riuscire a trasmettere un certo calore e stato di benessere. E qual è stato il valore aggiunto che lei, Ezio Indiani, sente di aver portato nella realtà Hotel Principe di Savoia? Prima di tutto penso di aver portato uno stile di management partecipativo; nei processi decisionali e innovativi mi piace coinvolgere sia l’intero gruppo manage-
riale che i livelli più bassi. La mia porta è sempre aperta, mi piace il confronto non solo con chi è più a diretto con me perché sono convinto che molte delle soluzioni arrivano dalla base, dal personale che quotidianamente vive a contatto diretto con il cliente. Credo di aver portato al Principe di Savoia la fi losofia secondo cui il cliente deve essere al centro delle nostre attenzioni. I nostri ospiti provengono da Paesi diversi, ciascuno con la propria cultura, esigenze differenti e in base a quelle strutturiamo il nostro lavoro per fare in modo che ogni cliente si senta a casa propria. Qualche esempio? Si prendano gli americani, per loro l’importante è salutarli per nome. Per gli svizzeri invece è d’obbligo chiamarli per cognome, vogliono la massima discrezione. Per la clientela cinese invece rappresenta un’offesa non fare trovare loro una ricca selezione di té. Ogni tipologia di cliente ha i propri modi di fare e vivere il lusso
Protagonisti del lusso
La carriera Ezio Indiani, nato nel 1952, è coniugato e ha una figlia. È Direttore Generale dell’Hotel Principe di Savoia dal luglio 2005, è riconosciuto a livello internazionale per la sua expertise nel settore dell’hôtellerie di lusso.
e noi cerchiamo, con tutte le attenzioni possibili, di essere sempre al passo con i tempi e pronti ad assolvere ogni singola richiesta, anticipando i loro desideri. Oggi siamo aiutati in questo dai sistemi informatici: per gli ospiti che vengono da noi più di una volta, raccogliamo informazioni su cibi preferiti, sulle abitudini, sui vini, dolci e frutta prediletti e tutto viene inserito in un database creato ad hoc.
Nel 2002 è stato insignito del “Premio Hermes”, massimo riconoscimento nel settore dell’hôtellerie di lusso, come migliore Direttore d’albergo del Mondo. Lavora da 30 anni nei più prestigiosi alberghi del mondo dove ha portato la creatività italiana. Prima di approdare all’Hotel Principe di Savoia di Milano, Ezio Indiani ha diretto dall’inizio del 2004 al 2005 l’Hotel Villa d’Este di Cernobbio promuovendo sostanziali innovazioni strutturali e di servizio e contemporaneamente incrementando i risultati di gestione in termini di fatturato, profitti e occupazione. In precedenza ha diretto per sette anni un simbolo dell’ospitalità elvetica, l’Hotel Des Bergues di Ginevra, del Gruppo britannico Forte. L’Hotel, sotto la sua dirigenza, ha affrontato una completa riorganizzazione che gli ha valso nel 2003 il premio come Migliore Albergo di Lusso della Svizzera al World Trade Market. La carriera di Indiani all’interno del Gruppo Forte è iniziata nel 1987, anno in cui si è
In base agli anni di esperienza e ai diversi mondi conosciuti, qual è la clientela più esigente? Rispetto ai nostri modi di lavorare, i più esigenti sono sicuramente i medio orientali. Per tradizione loro sono abituati a vivere di notte e proprio per questo motivo, ogni volta che vengono in Italia non per lavoro ma in vacanza, sconvolgono la nostra organizzazione: fanno colazione all’una del pomeriggio, alle otto di sera mangiano il pranzo di mezzogiorno e cenano verso mezzanotte se non l’una. Cerchiamo di strutturare i nostri servizi seguendo queste loro tradizioni, così il personale che lavora di notte viene aumentato per assolvere i loro desideri. Si pensi solo che quando ospitiamo questo tipo di clientela registriamo un fatturato di 15mila euro a notte. Quando al contrario non ci sono arabi in albergo, il servizio di notte è limitato alle richieste dell’americano che vuole un piatto di spaghetti.
trasferito a Londra per ricoprire la carica di Vice Direttore Generale dell’Hyde Park Hotel. Indiani ha anche diretto l’Hotel Eden di Roma e il Grand Hotel Palazzo della Fonte di Fiuggi, rafforzandoli dal punto vista economico-reddituale e creando vere e proprie icone dell’ospitalità internazionale. Le esperienze precedenti sono quasi tutte riferite al campo della ristorazione in altri prestigiosi alberghi del mondo: dalla posizione di vicedirettore generale e responsabile food & beverage del complesso Casa De Campo, nella repubblica Dominicana, a quella di direttore della ristorazione dell’Hotel Cavalieri Hilton International di Roma. Proprio nel Gruppo Hilton Indiani ha mosso i suoi primi passi, a Milano e a Londra, dopo l’esordio professionale presso l’Hotel Atlantic di Amburgo, in Germania.
Il turismo congressuale si sta sviluppando in Italia solo da pochi anni ma già si può parlare di un bilancio positivo. Secondo una recente ricerca infatti il fatturato è aumentato del 17%, contro il trend negativo degli altri settori turistici. Quali sono, secondo lei, le prospettive future del settore? Le prospettive di Expo 2015, la creazione della città della moda, la riqualificazione della vecchia Fiera e altre opere stanno dando vita a un forte dinamismo a Milano. Stiamo supportando il mercato congressuale che fino a qualche anno fa era un fenomeno poco sentito: a una certa ora i negozi chiudevano e molti ospiti preferivano organizzare convegni in città più dinamiche quali Barcellona, Parigi e Londra. Oggi invece Milano si sta dando molto da fare, stiamo acquisendo diversi congressi importanti non solo per i cittadini ma anche a livello di Principe.
Quali devono essere, secondo Ezio Indiani, le caratteristiche deve avere il Gentleman del Lusso? Il Gentleman del Lusso è una persona che non è mai arrogante, mai offensivo che sa come chiedere le cose; ha una certa autorevolezza, sa farsi rispettare dal personale senza essere volgare e “cattivo”. È una persona che sa mangiare bene, sa camminare e vestire nel modo appropriato, ha gusto non solo nel bere e nel mangiare ma anche nel vestire. È una persona che sa vivere bene, organizzando e sfruttando il suo tempo libero. |
Le soddisfazioni della ricchezza non risiedono nel semplice possesso o nelle spese folli, ma nell’usarla in modo saggio. Miguel De Cervantes
www.hotelprincipedisavoia.com
65
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Chef e imprenditore: due anime di un’unica passione. La ricetta dell’alta ristorazione secondo Stefano Cerveni Astro nascente dell’alta cucina italiana spiega il suo modo di condurre un ristorante di prestigio in cui l’importanza dei piatti e del servizio si devono coniugare con una corretta gestione d’impresa testo di Desirée Cividini fotografie di Vincenzo Lombardi
Essere grandi chef non basta per raggiungere i vertici dell’alta ristorazione. Occorre conoscere a fondo i meccanismi dell’impresa, perché governare un ristorante d’eccellenza significa confrontarsi con una vera e propria azienda aperta non solo al giudizio del pubblico, ma anche alle logiche del business. È questa una delle sfide più importanti che sono riuscite a Stefano Cerveni, astro nascente dell’alta cucina italiana, chef di riconosciuto talento e imprenditore attento alle dinamiche dalla sua azienda, il ristorante “Due Colombe” di Rovato, tempio della ristorazione nel cuore della Franciacorta. Cerveni ci ha raccontato la sua passione (compresa quella per la musica), il suo modo di fare cucina e i progetti futuri, a cominciare da un nuovo brand legato ai servizi catering di alto profi lo. Cominciamo proprio dalla sua storia. Il “Due Colombe” è un patrimonio della famiglia Cerveni. È diventato cuoco per 66
vocazione o per tradizione? Per vocazione, senza dubbio. In cucina ci sono nato: era la fine degli anni Sessanta e il “Due Colombe” era una locanda. Ricordo ancora mia nonna dietro ai fornelli, mia madre in sala e la trippa che cuoce sul focolare. La mia passione per la cucina è iniziata allora, quando ero ancora bambino, e non se n’è più andata. Ovviamente come ogni passione va coltivata: per portare avanti l’attività di famiglia ho fatto delle grandissime rinunce, delle quali però non mi pento. D’altra parte essere uno chef oggi richiede un impegno costante, che non si riduce esclusivamente allo stare dietro ai fornelli, ma richiede la capacità di capire cosa vuole il cliente. Qual è la fi losofia che sta alla base della sua cucina? Personalmente sono convinto che uno chef di grande livello possa considerarsi tale nel momento in cui nel piatto riesce a comunicare sensazioni ed emozioni.
Per farlo occorre non solo una grande tecnica, ma anche tanta sensibilità, indispensabile nel proporre nel piatto gli abbinamenti. Per quel che mi riguarda questo non può prescindere dall’assoluto rispetto per la materia prima, ma anche dal saper riconoscere che oggi, dietro a un piatto, c’è una lunga catena composta da tanti anelli: dalla cucina alla sala nessun particolare può essere trascurato. In questo suo modo di concepire la cucina quanto conta la sua terra, la Franciacorta? Moltissimo, perché parto dal presupposto che uno chef debba farsi testimone della storia e della cultura del territorio dal quale proviene. È proprio in nome di questa convinzione che ancora oggi nella mia cucina ci sono i piatti della tradizione: dalle zuppe ai brasati, fino ad arrivare al manzo all’olio, una specialità di Rovato che oggi siamo rimasti l’unico ristorante della zona a proporre.
Alta ristorazione & Business
67
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Uno chef può considerarsi di grande livello nel momento in cui riesce a comunicare sensazioni ed emozioni attraverso la sua cucina. Per farlo occorre non solo una grande tecnica, ma anche tanta sensibilità, indispensabile nel proporre nel piatto gli abbinamenti. Oggi, dietro a un piatto, c’è una lunga catena composta da tanti anelli. Dalla cucina alla sala nessun particolare può essere trascurato
Nel suo libro spesso spiega come sono nate alcune delle sue ricette più riuscite. Ci racconti in esclusiva come è nata una delle sue ultime creazioni culinarie? Mi viene in mente la caprese liquida con ostrica di Bretagna, burrata pugliese e sedano croccante. Un piatto nato dal desiderio di uscire da un periodo di monotonia e che rispecchia nel gusto la voglia di cambiare. Ogni volta che ne raccogli un cucchiaio, infatti, il sapore è differente: le ostriche hanno il profumo del mare, mentre i pomodori portano nel piatto il sapore della terra. Manca solo la colonna sonora. Come nasce l’incontro tra cibo e musica? La musica è una linfa vitale, che mi tiene compagnia fin da quando ancora bambino ho iniziato a suonare il pianoforte. Il legame tra il cibo e la musica quindi per me è naturale: ogni piatto è accompagnato da una colonna sonora e fin da quando nasce è facilmente abbinabile con un particolare genere musicale. Inoltre se la degustazione di un piatto è accompagnata da una buona musica il piacere non può che essere maggiore. Business e alta ristorazione: sono due concetti che possono stare insieme oppure no? Coniugare le due cose è ciò che di più difficile deve saper fare uno chef. Fondamentale è off rire al cliente il prodotto di qualità, ma è necessario anche stare attenti ai costi. Un ristorante di questo livello oggi non è più un business perché la pressione fiscale e i costi del personale sono arrivati alle stelle. Ma al di là del business c’è un progetto più grande, che riguarda la volontà di esprimere
68
Alta ristorazione & Business
la propria fi losofia, la propria passione nei confronti dei nostri clienti per ricevere riconoscimenti e stima che sono molto più importanti del solo aspetto economico. Quali sono i progetti futuri? Sta per nascere “Fly”, il nostro servizio di cathering. Ogni evento, dal più piccolo al più grande, sarà seguito personalmente da me. L’obiettivo è quello di garantire un servizio di alto livello, ma non per questo non accessibile a tutti. Sarà il ramo aziendale del “Due Colombe” del quale verrà mantenuta la fi losofia di base: portare in tavola non solo prodotti di qualità, ma anche emozioni.
La carriera Stefano Cerveni, chef del ristorante “Due Colombe” di Rovato (Brescia), ha alle spalle una lunga tradizione familiare, ereditata prima dalla nonna Elvira che negli anni Cinquanta gestiva l’omonima locanda situata a pochi passi dall’attuale sede, e in seguito dal padre Giuseppe che, dopo aver appreso i segreti per la realizzazione dei piatti della tradizione franciacortina, in breve tempo trasforma quella che era una semplice osteria in un ristorante menzionato nelle principali guide gastromiche.
Per concludere, se volessimo considerare questa intervista come uno dei suoi piatti, quale abbinamento di musica e vino ci consiglierebbe per la lettura? Direi un buon bicchiere di Franciacorta Satin millesimato del 2000 e come colonna sonora “Follow you” del pianista Giovanni Allevi. |
Nel 2000 il “Due Colombe”, la cui gestione nel frattempo è stata affidata a Stefano, si trasferisce nell’antico mulino, storico edificio realizzato alla fine del 1300, all’interno del quale nel 2004 viene ricavata anche la Cantina, uno spazio nato per dare vita al desiderio di riproporre i “Piatti della memoria”, ovvero quelli che nonna Elvira cucinava nella locanda più di mezzo secolo fa. Le creazioni di Stefano Cerveni nel 2005 trovano spazio tra le pagine de “La Franciacorta nell’anima, nel bicchiere, nel piatto”, pubblicazione nella quale lo chef unisce la sua
La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano
passione per i fornelli con quella per la musica. Ogni piatto è
che la scoperta di una nuova stella. Brillat - Savarin
accompagnato da un brano musicale che lo chef, sempre con in testa la sua immancabile bandana, ha scelto per affinità con il
Reportage dedicato a Stefano Cerveni Chef e titolare del
testo e la struttura musicale. Ad accompagnare la creazione
ristorante “Due Colombe” di Rovato (BS). A pagina 70: Stefano
culinaria anche una caricatura enogastronomica e un calice di
Cerveni in cucina con il padre Giuseppe e sotto ancora con il padre
Franciacorta, selezionato da Stefano Botturi, sommelier del “Due
Giuseppe e la madre Clara.
Colombe”.
www.duecolombe.com
69
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
ODYSSEUS 2008, navigare nelle idee
Il premio di Confi ndustria Bergamo alle imprese che anticipano il futuro innovando prodotti, attività, servizi testo di Alice Sofia Neri fotografia di Vincenzo Lombardi
70
Imprese innovatrici “Per vincere le sfide del futuro occorre dare una spinta al cambiamento, anche nel modo di lavorare, compiendo scelte precise in merito a tutto ciò che riguarda il “fare impresa”. Con queste parole il Presidente di Confindustria Bergamo, Alberto Barcella, dal palcoscenico del Teatro Donizetti, ha aperto la giornata di premiazione delle aziende vincitrici di “Odysseus 2008, navigare nelle idee”, riconoscimento simbolico alle piccole e medie imprese che si sono particolarmente distinte per dinamismo, originalità e innovazione di prodotti, attività e servizi mantenendosi competitive sui mercati domestici e internazionali. Navigare nelle idee, alla ricerca continua di nuovi traguardi sempre più avanzati, attraversando il mare della conoscenza, sapendo coglierne le opportunità, evitando le insidie: è la sfida continua che ogni imprenditore aff ronta quotidianamente. È il mito di Ulisse, che si perpetua: personaggio complesso, che sfida l’ignoto per scoprirne i segreti reconditi, mai domo e soddisfatto degli obiettivi raggiunti, sempre migliorabili, Odisseo è l’incarnazione dell’incessante necessità di innovare e di scoprire nuove frontiere, impulsi che animano e alimentano la genialità di ogni imprenditore.
La giuria La determinazione dei finalisti e dei 7 vincitori è avvenuta attraverso una Giuria composta da esponenti autorevoli dei mondi economico, accademico/ scientifico, culturale/artistico e sociale: Alberto Barcella, Presidente Confindustria Bergamo; Alberto Castoldi, Rettore Università di Bergamo; Mario Scaglia, Presidente Gamec, Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo; Ettore Ongis, Direttore L’Eco di Bergamo; Michele Tirabo-
“Innovare vuol dire avere la capacità di mettersi in discussione e di arricchire la propria attività anche, e soprattutto, di contenuti immateriali - ha specificato il Presidente Barcella - la qualità, l’estetica dei prodotti, la logistica, il servizio al cliente e la qualificazione delle risorse umane rappresentano “plus” dai quali oggi non si può prescindere”. “...Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza..”, recita il XXVI Canto dell’Inferno de La Divina Commedia e Dante riconosce ed attribuisce proprio ad Ulisse tutto il peso della responsabilità ma anche il grande merito di non essersi mai piegato al “fato”, e di essere stato in grado di governare le “vicende umane”, sue e dei suoi compagni, con lucida razionalità e rara intelligenza, con lo sguardo sempre rivolto avanti a scrutare il futuro. Sono doti e qualità che appartengono ad ogni buon imprenditore e rappresentano i caratteri fondanti della capacità di intraprendere. Il premio “Odysseus, navigare nelle idee” ha inteso esaltare questi valori contribuendo alla divulgazione della conoscenza dei prodotti, servizi, progetti, attività innovative e originali, frutto delle migliori realtà produttive bergamasche, capaci di anticipare il futuro. Questa prima edizione del concorso, infatti, anche attraverso la mostra di queste eccellenze, aperta al pubblico nel foyer del Teatro, ha voluto essere una “finestra” sul variegato e composito panorama produttivo locale. Un punto di osservazione privilegiato dove incontrare realtà imprenditoriali consapevoli, evolute, propense alla ricerca e alla scoperta di scenari nuovi ed orientate alla sperimentazione di strategie e metodologie avanzate e conoscere gli esempi di innovazione più avanzata e applicata nei diversi ambiti della produzione, della gestione d’impresa, della progettazione e dello sviluppo di servizi. E, alla luce del gradimento espresso sia dagli imprenditori che dai visitatori occasionali, in larga parte stranieri, la rassegna è stata riallestita nella hall di Confindustria Bergamo, dove resterà fino al termine dell’estate. “Odysseus 2008, navigare nelle idee” è stato pensato e progettato ad hoc dall’Area Comunicazione e Immagine dell’Associazione, nell’ambito delle iniziative in occasione dell’Assemblea Generale e, alla luce dei positivi riscontri, l’iniziativa si ripeterà anche l’anno prossimo. Il progetto, articolato in più fasi, è stato avviato nella prima parte dell’anno con la presentazione dei progetti candidati al premio dalle aziende associate; quindi, è proseguito con la valutazione delle candidature da parte di un organismo collegiale rappresentativo di tutti i gruppi merceologici di Confindustria Bergamo, la Consulta dei Presidenti, che ha selezionato 38 finalisti. “Odisseo è l’incarnazione della curiosità, di colui che non accetta limiti, che vuole esplorare l’ignoto, sperimentare situazioni nuove, colui che in assoluto non accetta limiti e quindi non concepisce l’idea che possano esistere dimensioni o situazioni non governabili e fuori dalla sua portata o dalle sue possibilità di intervento. Sulla spinta di tali impulsi Odisseo cerca e trova, sperimenta e inventa, soluzioni originali e nuove. È per queste ragioni che abbiamo intitolato a questo personaggio della mitologia il nostro premio, perché pensiamo ci rappresenti tutti - ha detto dal palcoscenico del Donizetti il Presidente di Confindustria Bergamo, Alberto Barcella, rivolgendosi al pubblico dei colleghi imprenditori che affollava il Teatro - nelle sue azioni, infatti, ritroviamo quello spirito inquieto, alla continua ricerca del nuovo, che alberga in tutti gli
schi, Presidente ADAPT, Associazione italiana per gli studi internazionali e comparati in diritto del lavoro e relazioni industriali; Antonio Parimbelli, Presidente Scuola d’Arte applicata Andrea Fantoni; Carlo Spinetti, Segretario generale CCIAA.
È il mito di Ulisse, che si perpetua: personaggio complesso, che sfida l’ignoto per scoprirne i segreti reconditi, mai domo e soddisfatto degli obiettivi raggiunti, sempre migliorabili. Odisseo è l’incarnazione dell’incessante necessità di innovare e di scoprire nuove frontiere, impulsi che animano e alimentano la genialità di ogni imprenditore 71
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Finalisti E Vincitori Categoria “Ambiente_energia” - Vince: Donati Group Spa (Settore Metalmeccanico) Con Il Progetto Xeliox Energy Lab (Xel). Aziende Finaliste: Dyeberg Spa (Settore Tessile-Abbigliamento); Figli Di Pietro Rodeschini Spa (Settore Servizi; Italfinish Spa (Settore Chimico); Robur Spa (Settore Metalmeccanico). Categoria “Sicurezza_qualità” - Vince: Losma Spa (Settore Metalmeccanico) Con Il Progetto Darwin. Aziende Finaliste: Aldebran Di Del Mastro Antonio (Settore Terziario Avanzato;
imprenditori che guardano al futuro e che per il bene e il successo delle proprie imprese, solcano mari sconosciuti alla ricerca di nuove mete, tenendo ben saldo il timone, accettando le sfide, cogliendo ogni opportunità, evitando le insidie”. A detta di tutti, il bilancio di questa prima edizione si chiude positivamente: 58 le aziende partecipanti con 84 progetti presentati in concorso nelle 7 sezioni proposte. In particolare: 13 per Ambiente_Energia; 9 per Sicurezza_Qualità; 12 per Design_Creatività; 9 per Education; 11 per Comunicazione_Immagine; 22 per Ricerca_Innovazione; 8 per Valorizzazione risorse umane.
PelletterIe 2f Di Marenzi E Cirillo Spa (Settore Tessile-Abbigliamento); Salumi Bortolotti Srl (Settore Alimentare); Vitali Spa (Settore Trasporti) Categoria “Design_creatività” - Vince: Calzificio Bresciani Srl (Settore Tessile-Abbigliamento): Con Le Calze Da Uomo Ricamate Con Versi Tratti Dalla Divina Commedia. Aziende Finaliste: Cartemani Spa (Settore Servizi); Colombo Design Spa (Settore Metalmeccanico);
Un progetto rivolto alle piccole e medie imprese ma che ha coinvolto anche le grandi. Infatti, sette grandi aziende leader internazionali (Siad, Italcementi, Brembo, Tenaris Dalmine, Radici Group, Gewiss, Miro Radici Family of Companies), forti di una caratterizzazione d’immagine e visibilità consolidate, sono state testimonial d’eccellenza fuori concorso delle diverse categorie in gara, contribuendo, così, a valorizzare ulteriormente il ruolo da sempre svolto a supporto di uno sviluppo diff uso dall’intero tessuto imprenditoriale bergamasco.
Montecarlo Spa (Settore Tessile-Abbigliamento); Pavoni Italia Spa (Settore Materie Plastiche). Categoria “EduCation” - Vince: Loma Srl (Settore Servizi): Con Il Progetto Energico. Aziende Finaliste: Cartoni Vetturi Srl (Settore Cartotecnico); Elframo Spa (Settore Metalmeccanico); Persico Spa (Settore Metalmeccanico); Rossini Trading Spa (Settore Tessile-Abbigliamento).
Larga partecipazione, dunque, e soddisfazioni per l’intero sistema delle imprese che ha incoronato simbolicamente i 7 vincitori ai quali le “aziende madrine”, il Presidente Alberto Barcella e il Vicepresidente Stefano Scaglia hanno consegnato una scultura simbolo dell’evento. Un multiplo, realizzato dagli allievi del triennio della Scuola d’Arte Applicata Andrea Fantoni di Bergamo, che per questa iniziativa hanno elaborato un progetto unico ed originale, raffigurante Ulisse e il suo mito: un’imbarcazione in legno con il “vento in poppa” sulla quale poggia, e quasi si fonde, una figura stilizzata. Confindustria Bergamo, infatti, da sempre impegnata nell’education, ha voluto che anche in questa speciale occasione i giovani studenti - il nostro futuro - avessero un ruolo rilevante.
Categoria “Comunicazione_immagine” - Vince: Icro Coatings Spa (Settore Chimico): Con Il Nuovo Progetto Di Comunicazione Aziendale E Coordinata. Aziende Finaliste: Cobalto Srl (Settore Terziario Avanzato); Co.Mark Srl (Settore Terziario Avanzato); CoRali Spa (Settore Metalmeccanico); Categoria “Ricerca_innovazione” - Vince: General Medical Merate Spa (Settore Metalmeccanico): Con Il Sistema Polifunzionale Avanzato Per Effettuare Esami Radiologici Con L’impiego Di Tecnologie Digitali “A Stato Solido”. Azien-
Si è consolidata così una collaborazione che, oltre alla realizzazione della “scultura premio” , ha visto gli allievi del corso di grafica protagonisti nella realizzazione del logo che ha qualificato e caratterizzato la comunicazione e l’immagine coordinata dell’iniziativa. “Fare impresa” significa creare valore aggiunto, migliorare le condizioni e la qualità della vita, diffondere benessere; con questi obiettivi cardine il sistema produttivo bergamasco naviga nelle idee guidato da capitani d’impresa coraggiosi e consapevoli che il futuro deve essere costruito insieme, orientando il timone verso lo sviluppo. |
de Finaliste: A & G Chemical Production Srl (Settore Chimico); Carobbio Srl Officine Tecnologia Lamiere (Settore Metalmeccanico); Corozite Spa (Settore Bottoniero); Imc Italiana Macchine CaffÈ Spa (Settore Metalmeccanico); Limar Srl (Settore Servizi); Plastik Textile Spa (Settore Materie Plastiche); Rotolificio Bergamasco Srl (Settore Cartotecnico); Rudolf Chemie Italia Srl (Settore Chimico); Tecnowatt Srl (Settore Terziario Avanzato). Categoria “Valorizzazione Risorse Umane” - Vince: Ims Deltamatic Spa (Settore Metalmec-
Sopra: da sinitra: Fabio Bresciani Calzificio Bresciani, Andrea Moltrasio Icro-
canico): Con Il Progetto Legato Alla Formazio-
Coatings, Marina Piccinini Loma, Raffaele Ghilardi Ims-Deltamatic, Franco Donati
ne Tecnica Del Proprio Staff. Aziende Finali-
Donati-Group, Aniello Aliberti General Medical Merate, Giancarlo Losma Losma Spa
ste: Lamiflex Spa (Settore Materie Plastiche); Officina Meccanica Finardi Srl (Settore Me-
www.unindustria.bg.it
talmeccanico); W & H Sterilization Srl (Settore MetalmeccAnico).
72
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Ciao Italia: la sfida dei giovani che scelgono l’estero Quattro storie diverse di giovani lombardi che hanno deciso di vivere e lavorare in un altro paese. Quando l’internazionalizzazione diventa una scelta di vita e una scommessa per il futuro testo di Fabrizio Calvo
Un avvocato d’affari internazionali, un architetto progettista, un ingegnere gestionale dedicatosi al private banking e una project manager del London Design Festival. Lombardi, under 30, tutti e quattro hanno scelto di vivere e lavorare all’estero: il primo in Cina, gli altri tre in due capitali europee. Avvocato Daniele Zibetti Al diritto cinese aveva iniziato ad interessarsi, complici alcuni docenti che oggi definisce “precursori”, mentre studiava Legge a Pavia, dove si è laureato nel 2002 con una tesi sull’imparzialità di chi è chiamato a dirimere arbitrati internazionali. Il suo primo viaggio a Shanghai, principale polo commerciale della Cina, risale al 2006. L’impatto con la megalopoli (circa 20 milioni di abitanti) fu tale che, già nel maggio dell’anno successivo, l’avvocato Daniele Zibetti (bergamasco, 30 anni a luglio) decise di trasferirvisi. I motivi? “Conoscere una realtà particolarmente dinamica e approfondire, in modo serio e continuativo, nuovi orizzonti per il mio lavoro”. Insomma, uno stacco deciso dall’approccio tradizionale, “a vantaggio - aggiunge - di un profi lo da business lawyer, esclusivamente declinato in ambito internazionale”. Il che ha portato il legale a partecipare alla redazione del Manuale operativo di diritto cinese, recentemente pubblicato da De Tommaso Editore. Oggi, a quasi un anno dal trasloco, Daniele Zibetti è partner della Greatway Advisory: “Una società di consulenza legale strutturata come una boutique” dice. Sette, fra italiani e cinesi, i professionisti che vi lavorano. “Abbiamo una quarantina di clienti e con alcune realtà, come Inprendo e H2I, abbiamo stretto alleanze strategiche”. Inoltre l’avvocato Zibetti 74
Il futuro dei giovani cura personalmente, come general manager, gli interessi di Farbotex srl, azienda biellese che realizza prodotti chimici per l’industria tessile. In Cina, il legale conta di restare almeno fino al 2010, anno dell’Expo. “Quando - prevede - dopo anni di costruzioni folli, questa città assumerà la sua conformazione più o meno definitiva”. Poi si vedrà. “Shanghai è una città vitale e ricca di stimoli. Uno dei pochi posti al mondo in cui è importante esserci, qui e ora”. “Difficile - aggiunge trovare eguali in Italia, anche solo per le dimensioni”. “Certo - ammette - ci sono pochi concerti, teatri e mostre”. Ma la città sta recuperando. “E non mi stupirei affatto se, a breve, diventasse la New York dell’Asia” conclude Zibetti.
studi d’architettura tra i più importanti e prestigiosi al mondo. Qui si costruisce, si sperimenta, ci si confronta. Qui ci sono più posti di lavoro e più possibilità di crescere ed emergere per i giovani”. In Italia, invece, “la professione è sottostimata e sottopagata; fors’anche perché i professionisti iscritti all’albo sono tanti mentre il lavoro nel settore scarseggia. Si costruisce poco e c’è meno apertura al cambiamento e al nuovo rispetto ad altri Paesi”. Il feeling col Regno Unito risale al 2001-2002, quando Alberto passò, grazie al progetto Erasmus, un anno alla South Bank University: “Un’esperienza che mi ha mostrato un nuovo mondo e un caleidoscopio di possibilità”. Il tempo di tornare a casa, preparare la tesi e laurearsi.
Ingegner Mario Andrea Turri
Architetto Alberto Menegazzo Da oltre un anno lavora in uno degli studi d’architettura più prestigiosi al mondo: quello di Lord Norman Foster. “L’ufficio è un open space, vista sul Tamigi, popolato da circa 600 colleghi: molti tedeschi e parecchi italiani”. “Credo che ci apprezzino - azzarda Alberto Menegazzo (bergamasco, 29 anni) - perché siamo effi cienti, lavoriamo sodo e siamo disposti a cominciare con stipendi più bassi”. Un bel salto rispetto ai due piccoli studi - uno, in provincia di Bergamo, frequentato durante la preparazione della tesi, l’altro nella capitale britannica, reso qualifi cante dall’incontro con “un ottimo maestro che mi ha permesso di crescere molto dal punto di vista professionale”. Due le ragioni che hanno portato Alberto Menegazzo nella capitale britannica: “Qui ci sono
E poi è ripartito con destinazione Londra dove, “mentre spedivo il curriculum e cercavo colloqui, ho lavorato per circa un mese come cameriere in un ristorante italiano”. Poi è arrivata l’assunzione allo studio Earle Architets, per conto del quale Alberto ha seguito la ristrutturazione di un hotel a Soho. Due anni dopo pensò che fosse arrivato il momento “per passare ad uno studio più grande, che seguisse progetti internazionali”. Per Foster and Partners, Menegazzo ha seguito il progetto di Milano Santa Giulia del gruppo Zunino, un’esperienza qualificante dal punto di vista professionale. “Un quartiere da oltre un milione di metri quadrati di estensione - con una promenade pedonale di 600 metri che includerà residenze, negozi, hotel, cinema, uffici, scuole, centri congressi e una chiesa - nel quale saranno ospitate 50mila persone”.
Il suo approdo a Madrid risale allo scorso ottobre, sei mesi dopo la laurea in ingegneria gestionale al Politecnico di Milano. Nella capitale spagnola Mario Andrea Turri (varesino, 25 anni) è arrivato grazie alla rete di rapporti costruita durante lo stage alla Rothschild (area Private Banking) in cui si è occupato di controllare e gestire “tutti i limiti legislativi e operativi che insistono su un insieme di titoli che compongono un portafoglio”. L’esperienza, un ponte tra carriera universitaria e attività professionale, si concluse positivamente. “Non solo perché gli obiettivi affidatimi furono conseguiti, ma anche perché riuscii ad affiancare al lato pratico un complesso modello teorico spendibile in ambito accademico”. I frutti di questo impegno non tardarono a maturare. Circa tre mesi dopo la laurea, Mario aveva sul tavolo quattro offerte di lavoro in tre città: Londra, Madrid e Milano. “In Italia non volevo rimanere. Volevo imparare e perfezionare le lingue, accedere ad un ambiente internazionale e mettermi in gioco.” Londra era la meta più ambita, ma alla fine la scelta cadde su Madrid. “Nell’area Global Banking & Markets del Santender - spiega - mi attendeva un progetto nuovo, giovane: sviluppare una relazione con la clientela italiana del colosso iberico, far crescere il nome della 75
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
banca facendo leva su un nuovo gruppo di persone provenienti da tutto il mondo”. Un ambiente non smisuratamente grande per un lavoro molto specializzato. “Dentro c’era lo spazio per crescere, fuori c’era una città bellissima”. Sintesi ideale per abbinare lavoro e vita. Oggi, a quasi un anno dall’arrivo in Spagna, Turri è “entusiasta della decisione presa”. Soprattutto perché “mi ha permesso e mi continua a permettere di fare un lavoro che mi piace”. Oltre alla possibilità di perfezionare due lingue, Mario sente di “vivere in un ambiente internazionale caratterizzato da una qualità di vita decisamente elevata”. Scenario ben diverso rispetto all’idea che l’ingegnere ha del suo Paese: “In declino, povera e fuori mercato per i giovani motivati e con capacità”.
Italiani all’estero Secondo
uno
studio
condotto
dall’Eurispes, già quasi quattro milioni di italiani vivono all’estero, ma coloro che si trasferirebbero all’estero sono molti di più, il 37,8%. Se poi si va a vedere fra classi di età si vede che fra i giovani tra i 18 e i 24 anni la percentuale sale al 54,1% e si attesta su valori analoghi per le persone di età tra i 25 e i 34 (50,5%). Sono coloro che hanno studiato e non sono riusciti a trovare sbocchi credibili, soprattutto laureati e diplomati, mentre solo il 14,1% di coloro che hanno la licenza elementare farebbe la stessa scelta. Il primo passo verso l’Europa e il resto del mondo inizia con l’Università: secondo il Rapporto annuale 2007 del Censis infatti, nel 2006, 38.690 studenti italiani erano iscritti in facoltà universitarie straniere, in prevalenza tedesche (il 19,9%), austriache (16,1%), inglesi (13,7%), svizzere (11,6%), francesi (10,4%) e statunitensi (8,8%). Per quanto riguarda chi studia in Italia invece, sono stati più di 11mila e 700 (3,9% del totale) i laureati che, a un anno dal conseguimento del diploma, hanno trovato un la-
Dott.ssa Alessandra Canavesi
voro all’estero. E proprio per ‘sondare il terreno’ molti giovani, pur
“La voglia di sprovincializzarmi è stata la prima molla; quella di perfezionare l’inglese, la seconda”. Entrambe sono scattate dopo la laurea in Lettere moderne. “L’idea iniziale - spiega Alessandra Canavesi (bergamasca, 26 anni) - era di trascorrere a Londra una lunga estate”. Ma l’occasione di un lavoro interessante, Pr per una Galleria d’arte contemporanea, ha allungato la permanenza. Che ora dura da tre anni. Ruoli e lavori sono cambiati, anche se inerenti la Comunicazione. “Dopo la Galleria d’arte ho passato otto mesi in un’agenzia di pubblicità ed eventi per poi approdare ad una grande casa editrice internazionale, dove ho fatto sia la brand manager sia l’editorial assistant. Un’esperienza intensa che, dopo i primi mesi pieni di novità, ha smesso di essere stimolante. “Ho deciso di cambiare. E una bella opportunità ha bussato alla mia porta”. Il London Design Festival cercava due persone. “Ora, come project manager mi occupo dell’organizzazione del Festival, un evento artistico-culturale che ogni anno attrae a Londra visitatori da tutto il mondo, prevalentemente con interessi nei settori dell’arte e del design”. Alessandra ricerca, crea e pianifica i contenuti editoriali di alcuni specifici progetti (tra cui seminari col Financial Times e il Wallpaper Magazine, oltre ad installazioni e conferenze), tiene rapporti coi giornalisti internazionali e cura l’ottimizzazione del passaggio delle informazioni all’interno del London Design Festival: “dalla concezione del progetto al team di Pubbliche Relazioni che dialoga con la stampa inglese”. Decisamente soddisfatta di questa vita, dove i pro battono abbondantemente i contro, anche perché “Londra è una città dove gli stimoli intellettuali e culturali non mancano; a volte è un problema scegliere davanti ad un’offerta fin troppo vasta”, per il suo futuro Alessandra pensa ad un MBA e ad un’esperienza lavorativa in un altro Paese, “magari la Spagna”. E l’Italia? “È un Paese in recessione, dove non si investe sui giovani e si continua a pensare che il glorioso passato e i prodotti da esportazione (moda, design, auto, cibo) siano sufficienti per metterci al sicuro da qui all’eternità”. | 76
studiando in Italia, cercano di andare oltreconfine. Nell’anno accademico 2005-2006, infatti, 16.389 universitari italiani, provenienti in prevalenza da facoltà linguistiche (19,7%), sociali (13,5%), economiche (10,4%) e ingegneristiche (10,2%) sono stati coinvolti nei programmi di mobilità internazionale Socrates-Erasmus. Per chi decide di tentare la fortuna all’estero le retribuzioni si attestano su livelli più alti: il 43% sopra i 1.700 euro e il 30,4% tra i 1.300 e 1.700 euro contro i 1.000 e i 1.300 euro e il 24,6% meno di 1.000 euro al mese.
L’informazione per il business internazionale a portata di click
Newsmercati è la e-mail newsletter gratuita per l’internazionalizzazione. Abbonati! Riceverai ogni quindici giorni:
· · · ·
Informazioni tecniche su: contrattualistica, dogane, fiscalità, pagamenti, trasporti, assicurazione crediti export. Segnalazione incontri d’affari in Italia e all’estero, partecipazione a fiere e corsi di formazione organizzati dalla tua Camera di Commercio. Casi concreti risolti da qualificati esperti. Interviste e storie di successo “made in Italy”.
Per ricevere la newsletter compila il form di registrazione su
WWW.NEWSMERCATI.COM
Newsmercati è un progetto editoriale del Gruppo Aziende Speciali per l’Internazionalizzazione del sistema camerale italiano. Partecipano: Camera di Commercio di Torino, Camera di Commercio di Trieste, Centro Estero Camere Commercio Lombarde, Centro Estero Internazionalizzazione Piemonte, Centro Estero delle Camere di Commercio del Veneto, Eurosportello – Azienda Speciale della Camera di Commercio di Napoli per le Attività Internazionali, Intertrade Salerno, Promofirenze, Promosiena, Promos, Unioncamere Emilia Romagna, Unioncamere Molise, Vicenza Qualità.
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Pubblicità,
cresce la voglia di web Aumenta l’importanza di Internet come strumento di comunicazione pubblicitaria. Gli investimenti in Italia sono ancora marginali rispetto al resto d’Europa, ma negli ultimi due anni la crescita è notevole e sfiora il 30%. L’analisi su questo fenomeno che segue regole e dinamiche differenti rispetto alle pianificazioni tradizionali testo di Daniela Andreini Ricercatore in Marketing. Docente di Marketing e Commercio elettronico alla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bergamo
78
Marketing online 3.
Le imprese italiane investono in media solo il 2% in pubblicità online (fonte: Nielsen Rating 2007), rispetto alle imprese europee che invece spendono in media il 6% del proprio budget pubblicitario online (fonte: ZenithOptimedia 2007). Per colmare questo ritardo, per il secondo anno consecutivo, internet è lo strumento pubblicitario che in Italia si sviluppa a tassi di due cifre (+28,7%). Il mercato pubblicitario è l’indicatore dei trend comportamentali dei clienti, ed in particolare, dell’attenzione che i consumatori industriali e finali dedicano ai mezzi di comunicazione. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, secondo la KnowledgeStorm, i consumatori spendono circa il 30% del proprio “media time” (il tempo dedicato alla consultazione dei mezzi di comunicazione) in internet e l’84% dei compratori industriali cerca informazioni online prima di richiedere un preventivo. Internet, quindi, sta entrando a pieno titolo tra i consolidati mezzi pubblicitari di massa ed industriale, in grado di attirare ogni anno un numero di inserzionisti italiani sempre più alto (+30% - Nielsen Ratings 2007vs2006) e questi numeri sono destinati a salire. Quali sono i fattori che portano le imprese a rivolgersi sempre più spesso ai media online? La risposta verte su tre aspetti molto importanti: 1.
2.
Visibilità: l’investimento in un sito internet non acquisisce a pieno il suo valore finché esso non è visibile e facilmente reperibile in rete. Con l’esclusione dei brand molto noti, avere un sito web in internet per la maggior parte delle imprese significa avere un “ago nel pagliaio”. Ad oggi secondo la Registration Authority1, infatti, esistono quasi un milione di siti internet italiani e ogni mese pervengono oltre 15mila nuove richieste. Senza un buon posizionamento nei motori di ricerca le speranze di essere trovati in questa quantità di pagine è veramente poca. Misurabilità: nessun altro mezzo di comunicazione permette di misurare in modo così preciso i risultati delle campagne pubblicitarie. Internet, infatti, grazie alla tracciabilità dei dati è in grado di misurare il numero di persone esposte ad comunicazione pubblicitaria, quante di esse si sono attivate per approfondire il messaggio pubblicitario e cosa hanno ricercato in particolare.
Utilizzo di rich-media: grazie alla diff usione della banda larga estesa per quasi l’80% del territorio italiano, la pubblicità online può assumere forme molte creative ed interattive. Si annoverano il video streaming (video online), una forma di comunicazione standardizzata molto simile a quella televisiva, vi sono poi banner sempre più dinamici ed interattivi, mappe e directories interattive, ecc...
La pubblicità online ha però regole e dinamiche diverse dalla pubblicità offline, ossia, l’utente online fa un uso mirato e attento della propria attenzione e vuole essere parte attiva della comunicazione. Diversamente dalla pubblicità tradizionale, in internet sono poco gradite interruzioni, manipolazioni ed indirizzamenti; idealmente l’utente preferisce un rapporto diretto e personalizzato con le aziende. Bisogna precisare, però, che gli utenti Internet non rifiutano a priori ogni sollecitazione della propria attenzione, né rifuggono da ogni coinvolgimento con le marche, ma tutto deve essere fatto nel rispetto del tempo e delle azioni che l’utente mette in atto online. Strutturando in questo modo le caratteristiche della rete, si possono costruire strumenti pubblicitari ad hoc per il mondo Internet; online è infatti possibile condurre una campagna pubblicitaria attraverso diversi strumenti. Secondo la IAB2 , nel 2008 gli investimenti pubblicitari in Italia nell’interactive advertising raggiungeranno quota un miliardo di euro, in particolare le imprese italiane spenderanno online in: • • • • •
display advertising (banner, pop up, eccetera) 290 milioni e-mail marketing 15 milioni. paid search 130 milioni classifieds e directories 150 milioni mobile marketing 20 milioni
In questo articolo si prendono in considerazioni due degli strumenti pubblicitari sopra esposti: il Paid Search e il Display Adv.
1. Ottimizzazione dei Siti Internet e Paid Search I motori di ricerca sono il più importante mezzo per rendere visibile un’azienda o 79
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Tabella 1: LA PUBBLICITÀ IN ITALIA Stime elaborate da Nielsen Media Research
2007
2008
Investimenti pubblicitari in migliaia di Euro
Gen. / Apr.
Gen. / Apr.
Var.%
Totale pubblicità
2.995.626
3.058.281
+2,1
TV
1.688.591
1.716.706
+1,7
Stampa
990.406
985.661
-0,5
Quotidiani a pagamento
590.396
580.040
-1,8
Comm. Nazionale*
319.240
297.455
-6,8
Comm. Locale (Fonte Fcp)
146.347
155.812
+6,5
Rubricata + Di Servizio (Fonte Fcp)
124.809
126.773
+1,6
Periodici*
400.010
405.621
+1,4
Radio
149.077
160.888
+7,9
Internet (Fonte: Oss. IAB Italia/FCP-AssoInternet)
78.699
101.148
+28,5
Affi ssioni (Fonte: Audiposter)
69.572
75.949
+9,2
Cinema**
19.280
17.929
-7,0
L’universo di riferimento è quello dei mezzi rilevati da Nielsen Media Research. *Quotidiani e periodici: le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP **Cinema: il numero di schermi del 2008 non è confrontabile con il numero di schermi del 2007 N.B.: periodici: rilevazione a fascicoli omogenei
Tabella 2: RICERCHE ATTIVE SU MOTORI DI RICERCA IN ITALIA Active reach 2007
Active Reach 2006
UA (000’s)
Top Brands
71,2%
67,8%
14.772
Google Search
18,1%
16,2%
3.756
Alice Search
17,9%
21,5%
3.703
MSN Searc
13,2%
17,0%
2.745
Libero Ricerca
11,4%
12,5%
2.362
Yahoo! Search
3,3%
1,7%
681
Bloo.it
3,2%
5,4%
668
AltaVista
1,7%
1,5%
362
Microsoft Search
1,6%
2,8%
337
Tiscali Search
1,6
2,3%
335
Tuttogratis Ricerca
fonte: Nielsen//Netratings, Netview Casa + Ufficio, Italia 2007
un prodotto a target qualificato. Il tasso di notorietà di un brand o di un prodotto dipende, infatti, dal loro posizionamento sui motori di ricerca. Attraverso questa attività, l’impresa si rende visibile proprio quando l’utente sta ricercando informazioni e valutando alternative, ossia nel momento in cui egli è più sensibile agli stimoli pubblicitari. I motori di ricerca sono, inoltre, la porta d’ingresso principale degli utenti nel mondo online, circa il 90% degli utenti italiani accede ad un motore di ricerca per navigare in internet. È evidente quindi l’importanza di un presenza mirata (per parole chiave) ed immediata (entro le prime 5 pagine) in questi luoghi d’ingresso virtuali. Inoltre, per assicurarsi una presenza online vicina al 100% è importante essere ben posizionati nei 80
primi tre motori di ricerca per ricerche attive, ossia, Google, Yahoo! e MSN (Tabella 1). Per ottenere un buon posizionamento sono necessarie due strategie da seguire separatamente o preferibilmente congiuntamente: • •
ottimizzazione dei siti web; acquisto delle parole chiave
Marketing online
Per l’ottimizzazione delle pagine web è necessario costruire il sito web aziendale, in modo che ogni pagine del sito abbia uno scopo ben definito rispetto al disegno generale. La sua ottimizzazione si basa infatti sulla messa in risalto di specifiche parole chiave (keywords), o frasi, attinenti l’argomento trattato. Un lavoro che richiede molto tempo e professionalità, una conoscenza tecnica molto specifica sugli algoritmi di indicizzazione utilizzate dai motori di ricerca, ed una specifica capacità di profi lazione online. L’acquisto delle parole chiave nei motori di ricerca, invece, prevede che gli inserzionisti comprino all’asta il diritto di veder apparire un link a una loro pagina online quando qualcuno ricerca una specifica parola sul motore di ricerca (generalmente sulla destra o in alto, chiaramente indicato tra i “link sponsorizzati”). Il pagamento avviene solo quando chi ha visto il link sponsorizzato lo clicca effettivamente, dimostrando di essere davvero interessato. Sicuramente il leader di mercato nei motori di ricerca è di Google che ha reso accessibile il mondo pubblicitario online anche alle piccole realtà con un target molto ristretto e preciso, a cui non conviene una comunicazione pubblicitaria in portali generici o industriali del proprio settore. Questa pubblicità online, dovrebbe essere il sistema preferito per molte aziende italiane, eppure, il prezzo delle inserzioni su Google in Italia è il più basso d’Europa, e questo è un indicatore eloquente, visto che le parole cui collegare i link sponsorizzati si vendono all’asta. La presenza sui motori di ricerca è sicuramente l’attività più efficace di pubblicizzazione online.
alla pagina; lo skyscraper, di 160 x 600 pixel da porre in verticale su un lato della pagina; e i formati rettangolari più piccoli quali il 300 x 250 e il 180 x 150. Gli accordi economici tra sito ospitante ed inserzionista vengono stabiliti in base ai click maturati, oppure alle impression (numero di volte in cui viene visualizzato il messaggio online), oppure ancora in base alle vendite generate. Il metodo di pagamento dipende dagli obiettivi dei banner pubblicitari che possono essere: • • •
In Italia la pubblicità banner on-line viene percepita negativamente dagli utenti, perché spesso si confonde con i contenuti dei siti internet. I navigatori, come detto precedentemente, preferiscono messaggi chiari e trasparenti, piuttosto che quelli “subliminali”, e la loro percezione, positiva o negativa di un’inserzione, influisce sull’atteggiamento e percezione di brand.Il successo di una campagna banner dipende quindi da una serie di fattori: • •
• 2. Displayed advertising I siti di maggior traffico di utenza, o i siti specializzati in un settore specifico (portali regionali, industriali, ecc…) mettono a disposizione spazi pubblicitari sulle proprie pagine. Il banner è una piccola insegna elettronica di varie dimensioni rettangolari, ubicata in strategiche posizioni nelle pagine web frequentate dai visitatori; è una un’immagine statica o dinamica che contiene un link di collegamento al sito o all’informazione che pubblicizza. Negli ultimi anni vengono utilizzati nuovi formati: leader board, un gigantesco banner di 728 x 90 pixel da posizionare in cima
Sostenere un marchio aziendale o di prodotto; Indurre alla visita del sito web pubblicizzato; Promuovere un prodotto o un servizio.
1.
Target: il banner andrà posizionato in siti con un forte richiamo per il segmento di clienti selezionato. Estetica e funzionalità: il banner deve attrarre l’attenzione. Grafica, animazioni, colori e slogan potranno dare un notevole contributo per conseguire questo effetto. Numero dei banner presenti nella pagina web: secondo eMarketer, il 68% dei navigatori ritiene che già due banner per pagina siano troppi, mentre il 36% afferma che abbandona la visita di un sito con troppa pubblicità. |
La Registration Authority è l’organismo dell’Istituto di Informatica e telematica (Iit) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) che assegna domini .it
2.
Interactive Advertising Bureau Italia, associazione che raggruppa i maggiori operatori della pubblicità on line
81
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
La tutela dell’esportatore negli Stati Uniti Vademecum sui rapporti commerciali tra Italia e Usa. Cosa è bene sapere per esportare prodotti Oltreoceano: leggi, norme, contratti e controversie testo di Maurizio Gardenal e Christian Montana Avvocati dello Studio Gardenal & Associati
Nei rapporti commerciali tra Italia e Usa, la principale disciplina è costituita dalla Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 sulla vendita internazionale di beni mobili. Nei casi di vendita di merce da un esportatore con sede in Italia ad un acquirente con sede negli Usa la Convenzione di Vienna si applicherà “automaticamente” nel caso in cui manchi un qualsiasi contratto scritto tra venditore e compratore e che vi sia un contratto, ma senza riferimento alla legge applicabile. Se invece il contratto dispone l’applicazione di una legge diversa, quest’ultima in genere troverà applicazione in luogo della Convenzione. Gli Usa dispongono di una loro disciplina “domestica” sulla vendita di merce, ovvero lo Uniform Commercial Code (o UCC). Si tratta di una normativa uniforme che è stata recepita da quasi tutti i singoli Stati (ad eccezione della Louisiana), con proprie leggi interne, le quali peraltro hanno talvolta introdotto proprie modifiche. Inoltre, poiché lo UCC non regola tutti gli aspetti che possono sorgere da un contratto di vendita, ogni Stato provvede autonomamente a colmarne le lacune. Di conseguenza, pare più appropriato affermare che ogni Stato dispone di una propria normativa interna sulla vendita di merce, modellata in gran parte sullo Uniform Commercial Code, ma del tutto autonoma. L’esportatore dovrebbe perciò tenere presente che, a seconda dello Stato americano in cui il compratore ha la propria sede, si potrebbero applicare normative diverse. Il modo migliore per determinare in modo certo la disciplina applicabile - spesso utile anche a prevenire ed evitare le liti - consiste nel concordarla preventivamente ed espressamente con il proprio partner commerciale. 82
Legge applicabile e modalità di risoluzione delle controversie È quanto mai opportuno preparare e sottoscrivere un contratto scritto di vendita, nel quale siano incluse: una clausola che stabilisca la legge applicabile e una clausola che stabilisca il foro competente, oppure l’arbitrato o altra modalità di risoluzione di eventuali controversie. Quanto alla legge applicabile le scelte possono essere varie: potrà farsi riferimento alla Convenzione di Vienna, al Codice Civile italiano, alla legge di uno Stato americano, alla legge di uno Stato “terzo”. Per stabilire quale sia la scelta migliore dal punto di vista dell’esportatore, occorre verificare tutte le circostanze che caratterizzano lo specifico rapporto commerciale. In via generale poiché la Convenzione di Vienna costituisce diritto “interno” sia in Italia che negli Usa, per escludere quest’ultima, dovrà essere precisato, ad esempio, che si applicherà il Codice Civile italiano, oppure lo Uniform Commercial Code, avendo cura di escludere esplicitamente l’applicabilità della Convenzione di Vienna. Un’apposita clausola contrattuale dovrebbe altresì regolare la giurisdizione competente in caso di controversie tra esportatore e acquirente, che potrà essere in linea di principio quella italiana, quella statunitense (o di uno specifico Stato americano) oppure quella di uno Stato terzo. In alternativa, va valutata l’opzione dell’arbitrato, eventualmente accompagnata da forme di alternative dispute resolution (come la mediazione), che potrebbero essere esperite preliminarmente alla procedura arbitrale, particolarmente efficaci qualora le parti siano disposte a raggiungere una risoluzione della controversia in via negoziale. Va rimarcato
Internazionalizzazione
che la redazione della clausola arbitrale, così come la scelta dell’autorità arbitrale e della procedure più opportune, richiedono per la loro complessità competenze specifiche. In mancanza di qualsiasi scelta espressa delle parti, sarà l’autorità (giudiziaria o arbitrale) alla quale la controversia sarà stata sottoposta, a decidere caso per caso, in base al proprio diritto nazionale sia in merito alla propria competenza, sia relativamente alla legge applicabile al rapporto.
dal contratto. La merce, pertanto, deve essere: •
• Quanto a quest’ultimo aspetto, in linea generale ci si può attendere che venga riconosciuta l’applicabilità della Convenzione di Vienna (il che, purtroppo, non esclude necessariamente che un singolo caso possa essere deciso in modo diverso a seconda dell’autorità che lo giudica). Un criterio universalmente accettato è quello che riconosce la competenza a decidere di una controversia, al giudice dello Stato e del luogo in cui si trova il domicilio della parte convenuta in un giudizio. Naturalmente, oltre alla competenza “per territorio”, occorrerà avere presente anche ulteriori criteri (come, ad esempio, il valore e la tipologia della lite).
Garanzie del venditore
•
•
idonea all’uso per il quale merce dello stesso tipo normalmente viene impiegata idonea ad un eventuale utilizzo specifico che il compratore abbia reso noto al venditore al momento della stipulazione del contratto conforme ad un campione o modello che sia stato eventualmente consegnato dal venditore al compratore imballata e confezionata nel modo pattuito, o comunque in maniera idonea
Una delle tematiche cruciali (in quanto fonte continua di contenzioso), è certamente quella delle garanzie del venditore, ovvero degli obblighi che l’esportatore deve osservare con riferimento alla merce venduta (ad esempio in termini di qualità e di conformità della merce) per evitare contestazioni da parte dell’acquirente. Strettamente connesso con questo tema, è quello della possibilità e dei limiti dell’introduzione di clausole a tutela dell’esportatore:
Il venditore deve inoltre trasferire al compratore la proprietà della merce, e deve garantire che la merce stessa sia esente da diritti o pretese di terzi, ivi compresi diritti di proprietà industriale ed intellettuale. Lo Uniform Commercial Code, che prevede garanzie simili a quelle stabilite dalla Convenzione di Vienna, distingue:
• •
• •
le clausole di limitazione o esclusione della responsabilità quelle che prevedono obblighi di tempestiva contestazione dei difetti da parte dell’acquirente, a pena di decadenza
Secondo la Convenzione di Vienna il venditore deve consegnare beni della quantità, qualità e tipo richiesti dal contratto e che siano disposti o imballati nel modo richiesto
express warranties implied warranties
Le express warranties nascono da qualsiasi affermazione, promessa, descrizione fatte espressamente dal venditore a pro83
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
posito della merce venduta, oppure dalla consegna di un campione, di un modello o di un catalogo, sempre che su queste affermazioni o promesse, o sul modello consegnato, sia stata basata l’operazione commerciale. Va, per inciso, osservato che, a differenza della Convenzione di Vienna, lo UCC non ammette che contratti di vendita - o modifiche agli stessi - possano essere stipulati soltanto oralmente. Esistono infatti delle regole incompatibili con questa forma di contratto:
Il Codice Civile italiano, da parte sua, dispone le garanzie per vizi (ad esempio, difetti di fabbricazione) e per mancanza di qualità promesse ed essenziali e la garanzia che venga trasferita al compratore la proprietà della merce senza vincoli a favore di terzi. I suddetti regimi, pertanto, prevedono forme di garanzia sostanzialmente tra loro non dissimili. Alcune rilevanti differenze, per contro, sussistono tra la Convenzione di Vienna e lo UCC con riferimento: •
•
• •
lo statute of frauds (il quale prevede, in primo luogo, l’inefficacia di un contratto di vendita di merce di prezzo pari o superiore a 500$, che non sia quantomeno dimostrato da un documento scritto, firmato dalla parte contro la quale si intende far valere il contratto) l’obbligo di concordare in forma scritta ogni modifica al contratto la parol evidence rule (regola processuale, secondo la quale non è generalmente ammissibile la testimonianza orale in merito alle pattuizioni contrattuali e alle loro modifiche)
• •
alla possibilità (e ai limiti) di introduzione di clausole di esonero o limitazione di responsabilità da parte del venditore alla forma di tali patti alle condizioni per cui il compratore può contestare i difetti della merce ricevuta, e eventualmente risolvere il contratto (rifiutando legittimamente la merce acquistata).
Sotto questi aspetti la Convenzione di Vienna pare tutelare maggiormente l’esportatore rispetto allo UCC.
Contestazione dei difetti Anche il Codice Civile italiano, peraltro, impone analoghe limitazioni alla prova testimoniale dei contratti. Le implied warranties, garanzie previste dalla legge a carico del venditore anche in assenza di specifica clausola contrattuale, sono le seguenti: •
•
•
•
84
garanzia che il venditore trasferisca al compratore la proprietà della merce senza vincoli a favore di terzi (warranty of title) garanzia che la merce non violi diritti di brevetto, marchio o altri diritti di proprietà industriale/intellettuale di terzi (warranty against infringement) garanzia che la merce sia commerciabile ed idonea all’utilizzo normale per merce medesima, nonché adeguatamente confezionata ed imballata (warranty of merchantability) garanzia che la merce sia idonea all’utilizzo specifico che il compratore abbia reso noto al venditore al momento della stipulazione del contratto (warranty of fitness for a particular purpose).
A differenza del Codice Civile italiano, che fissa in otto giorni il termine generale per la contestazione di eventuali mancanze di conformità della merce, sia la Convenzione di Vienna che lo Uniform Commercial Code consentono al compratore di contestare i difetti al venditore entro un “termine ragionevole” dalla loro scoperta. Questo criterio - ispirato da comprensibili ragioni di equilibrio tra le posizioni del venditore e del compratore - non fornisce sufficiente chiarezza circa i diritti e gli obblighi delle parti, e può quindi essere fonte di numerosi litigi. L’esportatore, a propria maggior tutela e per ovvie esigenze di certezza, dovrebbe indicare con un’apposita clausola contrattuale, un preciso termine temporale (normalmente, fissato in un certo numero di giorni dalla consegna della merce oppure dalla scoperta del difetto, a seconda della sua riconoscibilità o meno al momento della consegna) entro cui il compratore - a pena di decadenza da qualsiasi diritto ed azione - dovrebbe far pervenire la propria “denuncia” circostanziata. Que-
sto accorgimento contrattuale è di norma consentito, sia che al contratto si applichi la Convenzione, sia nel caso di applicazione dello UCC. Qualora il contratto fosse sottoposto al Codice Civile italiano, le clausole di limitazione/esclusione di responsabilità, dovrebbero a pena di inefficacia essere fatte sottoscrivere all’acquirente due volte, secondo il meccanismo di cui all’art. 1341 C.C. Anche in questo caso, limitazioni più stringenti esistono nel caso in cui la vendita sia fatta a consumatori finali.
Risoluzione del contratto Di nuovo la Convenzione di Vienna è più favorevole all’esportatore rispetto allo UCC. Secondo la Convenzione il compratore può ottenere la “risoluzione” del contratto di vendita (rifiuto della merce ricevuta, restituzione integrale del prezzo pagato e risarcimento di eventuali danni) soltanto nel caso in cui la merce fornita presenti difetti tali da “privare sostanzialmente il compratore di quanto egli aveva diritto di attendersi in base al contratto”. Viceversa, secondo lo UCC, una qualsiasi difformità della merce rispetto ai patti contrattuali, darebbe al compratore il diritto di risolvere il contratto (anche se il difetto è di entità non rilevante). Va però detto che la Convenzione di Vienna prevede un rimedio in più per il compratore, non previsto dallo UCC, nel caso di merce difettosa. Trattasi della possibilità di ridurre unilateralmente il prezzo, proporzionalmente alla differenza tra il valore della merce difettosa effettivamente ricevuta e quello che la stessa avrebbe avuto se fosse stata conforme al contratto. Tale riduzione del prezzo, tuttavia, non potrà essere effettuata se il venditore è in grado di rimediare al difetto senza ritardo o inconvenienti per il compratore. |
www.promos-milano.it www.mglobale.it www.newsmercati.com
Produzione di piatti laminati, bussole, tondi e fusioni a modello in materiali metallici non ferrosi
Quarantâ&#x20AC;&#x2122;anni di passione qualitĂ e tecnologia
Via Moie, 705/B 24059 Urgnano (BG) Telefono +39 035 891 303 Telefax +39 035 890 934 info@fonderiametalleghe.it www.fonderiametalleghe.it
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Leadership
e orientamento dell’impresa alla comunicazione interna L’importanza della comunicazione nella gestione e organizzazione delle risorse umane. Ma occorrono anche capacità di leadership per coinvolgere, stimolare e valorizzare il personale e i collaboratori testo di Andrea Manzoni Esperto di ricerca in Marketing per le strategie di impresa
Dipedenti e collaboratori rappresentano la principale risorsa a disposizione del management. Proprio per questo motivo occorre prestare particolare attenzione alle risorse umane, altra pietra miliare nel corretto governo dell’impresa. Se appare scontato che il momento dell’organizzazione rappresenta una tappa fondamentale nella vita di una impresa, meno ovvio può risultare il ruolo rivestito dalla comunicazione nella gestione del personale. Il concetto di organizzazione è strettamente connesso a quello di comunicazione, soprattutto se questo viene definito come il processo con il quale un individuo (cioè colui che comunica) trasmette degli stimoli (normalmente dei simboli di tipo verbale) per modificare il comportamento di altri individui (Hovland, 2003). A conferma della sua importanza, è da sottolineare che l’arte della comunicazione è una delle poche metriche che vengono adottate in diversi scenari, da quello militare e politico, dove assume una vera funzione di propaganda, a quello aziendale, dove ricopre una funzione informativa e/o esortativa per il raggiungimento dell’obiettivo (che secondo un approccio sistemico non è soltanto il lucro, bensì un accrescimento valoriale) aziendale, sia in contesti “sociali” quali le famiglie, le scuole, etc., dove riveste invece un ruolo meramente educativo. L’importanza della comunicazione interna è avvalorata dall’assunto che l’impresa, nello svolgimento della propria attività economica, svolge altresì processi di creazione e di diff usione della conoscenza (Rullani, 2008), in virtù dell’importanza ascrivibile alle risorse immateriali. I valori di fondo a cui, teoricamente, dovrebbe ambire a trasmettere la comunicazione sono la diff usione della cultura, della vision e della mission aziendale, in altre parole, prima di informare il “mondo esterno” ed in generale 86
gli stakeholder (portatori di interesse), è necessario che internamente all’azienda siano ben chiari gli obiettivi, le prospettive e le speranze nutrite. È soprattutto la visione di chi si trova al vertice per orientare l’azienda a una diff usione di tali valori, stabilendone gli strumenti e le modalità. Sono le caratteristiche personali dei leader a garantire il coinvolgimento dell’intero personale alla “vita aziendale”, e non solo produttiva. Coinvolgimento che, come si vedrà più avanti, permette all’impresa di raggiungere performance superiori. È per tale ragione che si rende necessario analizzare, studiare e diffondere teorie e ricerche aventi come oggetto i differenti “stili di leadership”. Leader si nasce? Sicuramente occorrono delle doti personali, ma la cosa più importante è che certe metodologie per dirigere un’azienda devono obbligatoriamente essere studiate. I manager non possono perseguire un particolare stile di leadership se contrario ai propri valori. Percezioni, attitudini, motivazione, personalità, abilità, conoscenze, esperienze, fiducia ed impegno sono solo alcune delle variabili che determinano la soggettiva visione del mondo. Ecco perché occorre studiare i valori dei leader prima ancora di analizzare le diverse strategie di leadership. La più importante e influente teoria su tale tematica è basata sul pensiero di Spranger (1928) il quale identifica e definisce le seguenti figure (Fonte: Adattamento da Guth & Tagiuri, 1965): •
Uomo Economico: pragmatico, è orientato a ciò che è utile. Può essere considerato un “pratico” e riveste bene lo stereotipo del businessman.
Analisi & approfondimenti la visione del leader ad influenzare anche quella organizzativa. Negli ultimi anni, molteplici studi sono stati condotti con lo scopo di investigare le ostilità che i dipendenti nutrono nei confronti dell’impresa e dei cambiamenti messi in atto. Ricerche empiriche hanno dimostrato che le resistenze del personale vengono ridotte grazie soprattutto all’informazione, al coinvolgimento e alla fiducia del management. Questo significa che il leader ricopre un ruolo chiave per la corretta gestione del personale in quanto saranno le relative attitudini al coinvolgimento e l’orientamento alla condivisione delle informazioni e degli obiettivi aziendali che permetteranno di ridurre (o incrementare) i contrasti all’interno dell’azienda. Il personale in forza ad una impresa può essere considerato la principale risorsa in capo all’azienda, ma senza un leader, oppure un direttore marketing carismatico, questo asset sarà sicuramente sottostimato. Tali motivazioni sono alla base del crescente utilizzo e ricorso del cosiddetto Employee Marketing (e della relativa ricerca dei talenti). • •
• •
Uomo Teorico: è alla continua ricerca della verità. Solitamente usa un approccio cognitivo, ricercando le identità e le differenza. Uomo Politico: leader orientato al potere, in qualsiasi area in cui lavora. Molti leader fanno parte di questa categoria. Sono inoltre alla continua ricerca di potere (personale). Uomo Esteta: Il suo interesse principale risiede nell’aspetto artistico della vita, benchè egli può non essere un artista. Attribuisce alto valore alla forma e all’armonia. Uomo Sociale: è orientato al benessere delle persone. Attribuisce un alto valore alle persone. È inoltre gentile, simpatico e altruista.
Un’altra teoria sui leader è fondata su quattro dimensioni: personale, interpersonale, manageriale e organizzativa. La dimensione personale, secondo tale teoria, è considerata quella principale. Tannenbaun e Schmidt (1985) suggeriscono che ci sono almeno quattro forze interne che influenzano lo stile mediante il quale i leader conducono le aziende: sistema dei valori, fiducia nel personale, inclinazione soggettive e sicurezza nelle situazioni dubbie e difficili. In generale, il coinvolgimento deve essere associato a un forte cambiamento culturale, che deve far leva su logiche di responsabilizzazione ed orientante all’apprendimento continuo. Se il management riesce in tale obiettivo l’azienda si trova con del personale “allenato” nella forma mentis, pronto a mettere in gioco, in qualsiasi momento le conoscenze acquisite in passato per sperimentare soluzioni nuove. Si ritiene infatti che “senza apprendimento le imprese - e i singoli individui - si limitano a ripetere i vecchi procedimenti. Il cambiamento si ferma alla superficie e i miglioramenti sono casuali o di breve durata” (Garvin, 1944). Il management deve orientare alla cosiddetta learning organization, ossia riuscire a rendere l’impresa un luogo in cui “le persone aumentano continuamente la loro capacità di raggiungere i veri risultati cui mirano; nelle quali si stimolano nuovi modi di pensare orientati alla crescita; nelle quali si lascia libero sfogo alle ispirazioni collettive e nelle quali, infine, le persone continuano ad imparare come si apprende insieme” (Senge, 1990). È sicuramente la dimensione personale, o comunque
Le ostilità fra dirigenza e personale possono incisivamente ostacolare i processi aziendali e sono associati a risultati negativi quali, per esempio, la diminuzione della soddisfazione, della produttività e del benessere sull’ambiente di lavoro e l’incremento dei furti, dell’assenteismo e del turnover. La tempestiva e accurata diff usione delle informazioni, le opportunità di coinvolgimento e l’irrobustimento della fiducia nella vision e nella mission dell’impresa sono i principali fattori di ridimensionamento di questo tipo di resistenze ed ostilità. In caso di forti cambiamenti dei processi organizzativi interni all’azienda è necessario, qualora si voglia evitare gli outcome negativi, informare in anticipo i propri collaboratori sul destino dell’azienda e soprattutto sul loro futuro e sulle eventuali nuove mansioni. Questo approccio di condivisione contribuisce alla riduzione dell’ansia e della incertezza del personale e li rende più aperti e disponibili al cambiamento; in quanto sovente quello che non si conosce, si teme! | 87
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Storie di coaching: quando il team armonico è un limite per i dirigenti Case history su un percorso di coaching incentrato sull’ampliamento dello stile di leadership. Quanto è importante per un manager imparare a motivare in modo corretto i propri collaboratori testo di Sheyla Rega Esperta di Team Coaching Amministratore delegato della società Lody
Quando incontrai Maurizio per la prima volta era stato recentemente nominato Amministratore Delegato di una filiale italiana di un gruppo multinazionale. La sua richiesta di fare un percorso di coaching era nata da lui. In azienda aveva già avuto modo di parlare del coaching e dei suoi benefici con alcuni suoi colleghi che avevano fatto questa esperienza in altre filiali europee del gruppo. Il Direttore del Personale Europe gli aveva inoltre confermato che faceva parte della prassi aziendale off rire un percorso di coaching one-to-one ai dirigenti che dovevano aff rontare un cambiamento di ruolo. L’HR gli aveva suggerito di lavorare con il suo coach su un possibile “ampliamento del suo stile di leadership”. Sul momento Maurizio era rimasto perplesso da questo suo commento ma poi si decise di cogliere questa sfida: avere una persona di fiducia, legata da un stretto patto di confidenzialità, con cui confrontarsi su alcuni suoi dubbi legati all’assunzione del nuovo ruolo poteva soltanto portargli dei benefici. Dopo un primo colloquio conoscitivo fu subito evidente che molte delle energie di Maurizio erano centrate sul portare il gruppo dei dirigenti, la sua prima linea, ad essere “un’unica voce”. L’organizzazione non poteva più permettersi di avere dei dirigenti che riportavano ai loro collaboratori le decisioni del gruppo in modo diverso l’uno dall’altro. Questo creava confusione nelle persone e dunque scarsa credibilità dei vertici aziendali. Il tutto sfociava in un livello basso di coinvolgimento e di motivazione dei dipendenti. Per Maurizio la soluzione era chiara: i dirigenti dovevano creare un team armonico basato sui principi della chiarezza, della fiducia e del rispetto reciproco. “Sono convinto che quando saremo un vero team raggiungeremo con maggior facilità e soprattutto con maggior piacere i nostri obiettivi. In un 88
team basato sulla fiducia reciproca le persone sono meno portate ad impuntarsi sulle proprie idee, il livello di conflittualità è più basso e si è maggiormente disposti a fare dei sacrifici per raggiungere insieme le sfide aziendali”. Come coach non potevo commentare le sue assunzioni bensì portarlo a considerare il suo obiettivo da un altro punto di vista. Il compito principale del coach è quello di portare il suo cliente a diventare consapevole di ciò che ancora non vede dell’impatto dei suoi comportamenti e delle sue decisioni sugli altri. Il nostro percorso lo portò a considerare i possibili limiti di un team di dirigenti “armonico”. Ad esempio le persone avrebbero potuto avere timore ad esprimere i loro contrasti per non rompere quel delicato equilibrio di armonia che erano riusciti a creare. Ciò avrebbero potuto portare ad avere un confronto più povero in termini di apporto di idee; è stato infatti dimostrato che il pensiero creativo alla base di un processo di problem solving efficace ha bisogno di un contesto aperto ove chiunque può esprimere liberamente le proprie idee senza timori delle conseguenze di possibili “scontri di opinioni”. Risultò che un altro limite del team affiatato era che qualora uno dei suoi componenti non fosse più stato idoneo a fare parte del gruppo per vari motivi, sarebbe risultato difficile per lui proporre un suo allontanamento dal team. Grazie al coaching fu chiaro per Maurizio che la sua ricerca di un team di dirigenti armonico corrispondeva ad un suo bisogno personale, ad un suo valore, e che, per quanto fosse un valore con un’elevata valenza etica ed umanistica, di fatto se fosse rimasto il fi lo conduttore inconsapevole del suo stile di leadership questo si
Alta formazione
sarebbe alla lunga ritorto contro di lui. La sua vera sfida consisteva nel trovare quel compromesso tra la sua modalità “naturale” di agire e quella maggiormente idonea ai bisogni del suo contesto organizzativo. Era dunque venuto il momento di “ampliare il suo stile di leadership” ossia trovare una modalità diversa di esercitare il suo ruolo tenendo conto dei “profi li psicologici” dei suoi dirigenti. Nell’arco dei 3 mesi successivi, grazie al nostro lavoro di coaching, Maurizio sviluppò la capacità di gestire in modo costruttivo i conflitti interni al team senza più soffocarli in nome dell’armonia. Portò il team alla ricerca di valori condivisibili e di nuove regole di gestione interne, nonché di un modus operandi aggregante ed efficace.
leader acquisisce una consapevolezza più ampia di quali siano i bisogni e le aspettative dei propri collaboratori, anche quelli da loro non esplicitati, nonché le loro chiavi motivazionali individuali. Il percorso per diventare un leader passa quindi attraverso lo sviluppo della capacità di far emergere il meglio da se stesso ma anche da ogni collaboratore. Esempi di domande alla base dello sviluppo del proprio stile di leadership: • • •
Il caso del nostro Amministratore Delegato illustra in modo emblematico l’importanza per un Leader di diventare consapevole di quali siano i Driver inconsci del suo stile di leadership e dei loro effetti sul contesto organizzativo. Un’altro elemento che dobbiamo tenere in considerazione è il fatto che molti manager non sono disposti a cambiare il loro stile di leadership in quanto questo significa per loro dover rinunciare ad una parte di sé, cosa che spesso non sono pronti a fare. Grazie al coaching diventa chiaro che lavorare sul proprio stile non significa eliminare qualche cosa bensì aggiungere! Una domanda chiave del leadership coaching è: “che cosa sei disposto ad aggiungere alla tua modalità prevalente di agire?”. La mia casistica personale di coach mi ha portato a comprendere che la sfida principale per un manager che vuole diventare un leader consiste nell’imparare a motivare persone con esigenze diverse dalle sue. Grazie allo strumento del coaching il futuro
•
• • •
Quali sono i punti di forza e di debolezza del mio stile di leadership? I suoi limiti? Quali sono le mie capacità latenti che non ho ancora sviluppato? Quali sono i valori alla base del mio stile? Quali i loro possibili effetti limitanti? Quale tipologia di collaboratori sono maggiormente portato a motivare? Quale non so motivare? Quali sono i loro bisogni? Che cosa si aspettano da me? Che cosa dipende da me nel motivare maggiormente le persone? Quali capacità ho sviluppato recentemente al fi ne di ampliare il mio stile di leadership? Che cosa sono disposto a fare per crescere? |
sheyla.rega@businessgentleman.it
89
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Il valore aggiunto della corporate governance nel mondo delle PMI Mentre le grandi aziende sono più strutturate sul fronte del governo d’impresa, le medio-piccole sono un passo indietro: l’analisi su benefici e problematiche di una maggiore attenzione alla corporate governance da parte delle PMI testo di Marco Fumagalli docente di Economia e Tecnica dei Mercati Finanziari presso l’Università LIUC di Castellanza
In Italia il tema del governo dell’impresa, o, con espressione ormai comunemente accettata, della corporate governance è da oltre un ventennio tra quelli maggiormente dibattuti quando si indagano l’efficienza del sistema finanziario e le strutture organizzative delle imprese. È una scoperta tardiva rispetto a paesi, tipicamente quelli anglosassoni, dove il sistema finanziario è storicamente più market oriented e non bank oriented come quello domestico. Vi è infatti una naturale tendenza ad occuparsi delle modalità di governo dell’impresa laddove questa è publicly owned, ovvero quando ha un pluralità di azionisti che si scambiano diritti di proprietà nell’ambito di mercati regolamentati, in assenza di un socio di controllo. È noto che in queste situazioni la ricerca dell’equilibrio tra i vari interessi di cui sono portatori i diversi soggetti coinvolti nella vita dell’impresa (azionisti, management, finanziatori, creditori) impone l’adozione di meccanismi organizzativi particolarmente complessi. Minore attenzione si è invece posta sul contributo che una adeguata governance può generare per aziende famigliari o “private”, quali sono, per la grande maggioranza le imprese italiane. Può quindi essere utile effettuare qualche riflessione al riguardo. Il dibattito sulla corporate governance delle società quotate si è concentrato in particolare su tre argomenti: la configurazione dell’organo amministrativo, le sue regole di funzionamento, il sistema dei controlli.
1. La configurazione dell’organo amministrativo Con la riforma del 2003, il legislatore italiano ha aperto alle società italiane un più ampio ventaglio di possibilità sul come configurare il loro assetto organizzativo. È stata una riforma chiaramente ispirata a principi di autonomia statutaria, che ha inteso quindi trasformare l’impostazione imperativa e inderogabile del codice del 1942: l’obiettivo è quello di agevolare la raccolta dei capitali, sia di credito sia di rischio ed assicurare una pluralità di scelte in funzione delle caratteristiche e delle dimensioni delle singole realtà imprenditoriali. Al “tradizionale” modello di governo societario basato su Consiglio di 90
Amministrazione e Collegio Sindacale, si sono affiancati due “nuovi” modelli: quello “dualistico” (basato su un Consiglio di Sorveglianza e un Consiglio di gestione) e quello “monistico” (basato su un unico organo amministrativo, il Consiglio di Amministrazione, al cui interno deve essere nominato un comitato preposto al controllo sulla gestione). È forse presto per esprimere un giudizio sulla riforma. È però interessante notare che l’utilizzo dei modelli cosiddetti alternativi è stato finora molto ridotto (ad esempio il modello dualistico è stato adottato da meno di 150 società per azioni e quello monistico da un numero ancora inferiore). Più interessante è cercare di individuare quale può essere l’interesse per una impresa privata a configurarsi secondo un modello alternativo. Qualche caso concreto potrà aiutare la riflessione. Il dualistico, ad esempio, potrebbe essere un utile strumento per il passaggio generazionale, o per gestire situazioni complesse dove società familiari siano giunte alla seconda o terza generazione, con nuclei di azionisti piuttosto ampi. Nel Consiglio di Sorveglianza siederanno gli azionisti non più coinvolti nella gestione operati-
Corporate Governance ger chiave, piuttosto che persone con esperienza dell’ industry di attività. Si tratta, al crescere della complessità gestionale, di creare un contesto in cui l’imprenditore che debba aff rontare un contraddittorio, sia chiamato a formalizzare e a sottoporre ad un vaglio critico le proprie decisioni, soprattutto strategiche. Peraltro un simile percorso non potrà che innalzare la cultura aziendale anche in una prospettiva futura di apertura del capitale, passo inevitabile per la crescita dimensionale.
3. Il sistema dei controlli
va, ma interessati alle scelte strategiche e al controllo dell’attività; essi nomineranno nel Consiglio di Gestione i manager esterni o gli azionisti operativi in azienda. Viceversa il modello monistico potrebbe essere utilizzato in una fase iniziale della vita dell’impresa, dove la centralità della figura imprenditoriale richieda di essere maggiormente valorizzata pur affiancata da alcuni collaboratori e consiglieri. In verità il problema centrale, per le aziende familiari, per le piccole e medie imprese italiane non riguarda solo la forma dell’organizzazione dell’organo amministrativo, ma soprattutto la sua composizione.
2. Le regole di funzionamento dell’organo amministrativo Il codice di autodisciplina per le società quotate in merito alla composizione dell’organo amministrativo tende sostanzialmente a garantire tre elementi: una composizione equilibrata in termini di quantità e competenza dei consiglieri, un adeguato peso di consiglieri indipendenti (ove il concetto di indipendenza è oggetto di continue riflessioni) e una verificata disponibilità dei consiglieri a partecipare ai lavori sociali. La recente legge sulla tutela del risparmio ha reso vincolanti alcuni di questi principi imponendo, ad esempio, la presenza di almeno un consigliere che sia eletto dalle minoranze. Sono alcuni di questi principi trasferibili nella piccola media impresa non quotata? Ha senso un simile esercizio? L’esperienza attuale mostra spesso i consigli di amministrazione delle piccole e medie imprese (laddove, anche in realtà importanti non si ritrovi la figura dell’amministratore unico) come luoghi “virtuali”, i cui membri sono spesso esclusivamente gli azionisti o i componenti dei nuclei familiari degli imprenditori. Sono consigli che o si riuniscono solo nei verbali o si riuniscono informalmente tutte le volte che i componenti si ritrovano. Frequentemente le uniche figure “esterne” sono il commercialista, i consulenti dell’azienda, spesso coinvolti anche nella gestione del patrimonio personale dell’imprenditore. C’è dunque un percorso da compiere: senza burocratizzare realtà eccessivamente piccole, bisogna però creare una via virtuosa, per cui, al crescere delle dimensioni, l’azienda si strutturi anche con contributi e competenze esterni alla stretta cerchia dell’imprenditore. Le vie possono essere quelle di coinvolgere alcuni mana-
Nelle società quotate i controlli hanno trovato da tempo una chiara divisione tra i ruoli relativi alla contabilità (controllo contabile e revisione di bilancio), di competenza delle società di revisione e controlli relativi alla “legittimità” degli atti gestionali per i quali, a seconda del modello adottato, è responsabile il Collegio Sindacale, il Consiglio di Sorveglianza o il Comitato di controllo. In verità a questo schema si sono sovrapposti nel tempo altri e ulteriori controlli dettati da norme specifiche (si pensi per esempio all’organismo di vigilanza previsto dalla legge sui reati societari). Ne è derivato un sempre più diff uso consenso sulla necessità si semplificare il quadro normativo. L’esperienza insegna che quando troppi soggetti sono incaricati di controllare, ciascuno pensa che le proprie responsabilità vengano dopo quelle di altri. Nella piccola e media impresa non quotata è invece frequente che, come consentito dalla legge, siano concentrate in capo al Collegio Sindacale sia le funzioni di controllo contabile e di revisione sia quelle attinenti alla vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione. Non è tuttavia una situazione destinata a durare. L’imminente recepimento della nuova direttiva europea sulla revisione contabile porterà ad estendere la separatezza di ruoli già presente nelle società quotate anche alle non quotate. La revisione contabile dovrà quindi essere svolta esclusivamente da un revisore indipendente o da una società di revisione. L’importanza di tale separazione risiede soprattutto nell’efficacia dell’attività svolta, ma anche nella maggiore indipendenza del revisore esterno. Quanto invece all’efficacia dell’attività del Collegio Sindacale, il tema richiederebbe ampio spazio, ma sia concesso indicare nella sua composizione il punto centrale della discussione. Nonostante il rafforzamento delle cause di ineleggibilità e decadenza, la “terzietà” di molti collegi rispetto ai soggetti economici che controllano l’impresa è frequentemente dubbia. Infine credo sia giusto rilevare che un importante ruolo nel promuovere l’adozione di un assetto efficace dei controlli, così come in realtà di un assetto efficace dell’intera corporate governance potrebbe averlo il sistema bancario. È la banca, principale finanziatrice della piccola e media impresa che, nell’assumere sempre di più il ruolo di partner nella crescita, dovrebbe promuovere incentivi per l’adozione di corretti sistemi di governance. In fondo è ampiamente condiviso che il profi lo di rischio dell’impresa aumenta in contesti scarsamente strutturati ed eccessivamente personalistici, mentre l’efficace azioni di quelli che vengono spesso chiamati i gatekeepers (revisori, organi di controllo) garantisce maggiore tutela ai portatori di capitali, siano essi di debito o di mezzi propri. | 91
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Parlare in pubblico: quando la tecnica aiuta l’arte Davanti al pubblico di una conferenza meglio puntare sui contenuti o su come vengono espressi? Quanto conta il linguaggio non verbale? Diapositive si o no? Ecco alcune risposte che possono aiutare chi fa del parlare in pubblico un mestiere, ma anche chi ci si trova “costretto” dalle esigenze d’impresa testo di Leonardo Marabini Esperto di comunicazione e marketing Direttore Marketing, Pianificazione e Sviluppo di Kilometro Rosso
Non è una bella sensazione pensare di aver rotto il ghiaccio iniziale di una conferenza con una battuta ingenua, e rendersi conto che i 150 tedeschi in platea ti stanno invece guardando a metà fra l’atterrito e il minaccioso. È successo tempo fa a chi scrive, nonostante innumerevoli “public speeches” (mal contati, circa 150): un principiante non avrebbe potuto fare di peggio. Come mai? La risposta è semplice: parlare in pubblico è un’arte che non si finisce mai d’imparare. Avete letto bene, “un’arte”. Quindi o è un raro dono di natura oppure, più spesso, è il risultato di continui esercizi, esperienze e perfezionamenti. Ma non è facile. Basti pensare a Cicerone, uno dei più grandi oratori della storia, che candidamente ammetteva: “In principiis dicendi tota mente atque artubus contremisco”, all’inizio di un discorso mi tremano le gambe, le braccia e la mente. E infatti proliferano i corsi sull’argomento, una miniera d’oro per chi è nel business della formazione. In effetti se l’ars oratoria, la capacità di parlare in pubblico in modo efficace, era fondamentale già ai tempi di Cicerone, figurarsi oggi, immersi come siamo nella cultura e culto dell’im92
magine. Al punto che sorge il dubbio: è più importante quello che si dice o come lo si dice? Nadia Roth (“E-Magazine” del Credit Suisse) cita ricerche secondo cui solo il 7% dell’attenzione dell’ascoltatore sarebbe dedicata al livello verbale della comunicazione. Decisivi, invece, sarebbero i livelli non verbale e paraverbale, come ad esempio il linguaggio del corpo o la mimica, il tono o il volume della voce. Per avvalorare questa tesi, Roth riporta il caso di un intervento del C.E.O. di una banca araba, che venne chiamato a spiegare le differenze fra il modo di far banca nei paesi arabi e in Occidente. “Questi si pose di fronte al pubblico, slacciò lentamente e senza fare commenti il suo orologio e lo mise da parte. Dopo essere rimasto per un bel po’ in silenzio, disse pacatamente: la differenza sta nel tempo. Un gesto, una parola che riassumeva il messaggio, ed il relatore aveva già catturato l’interesse dei presenti”. Sono sostanzialmente d’accordo, ma aggiungerei che molto dipende dalla circostanza. In funzione di questa, cambia la priorità. Ad esempio per gli studenti di
un corso universitario è con ogni probabilità il contenuto ad essere più importante. Certo, convengo che un docente senza passione provoca irreversibili crisi letargiche, ma se la priorità è passare l’esame, l’importante è che quel professore dia informazioni che aiutino ad interpretare i libri di testo, anche se l’entusiasmo che ci mette è lo stesso di quando legge le Pagine Gialle. Per degli agenti di vendita intervenuti alla convention della casa produttrice, invece, è forse più importante la forma, perché le informazioni sul prodotto le riceveranno comunque attraverso gli immancabili kit informativi distribuiti dall’azienda prima, durante e dopo il consesso. Quanto sarà in grado di motivarli il Direttore Commerciale? Quanto si sentiranno coinvolti? Ci sono poi occasioni in cui forma e sostanza hanno uguale peso e devono essere all’altezza della reputazione dello speaker. Prendiamo il caso in cui non è uno dei manager dell’azienda, ma è l’imprenditore stesso a prendere parola: se non è efficace, il danno va ben oltre la figuraccia a titolo personale, perché lui è
Comunicazione l’azienda stessa. Figurarsi poi se la platea cui si rivolge è composta da addetti ai lavori (potenziali investitori, potenziali clienti, reali concorrenti): i fucili dei più prevenuti sono sempre pronti a fare fuoco. Parlare in pubblico è una cosa che prima o poi tocca a tutti, magari anche una sola volta nella vita, dalla discussione della tesi di laurea al discorso come testimone di nozze, dalla campagna politica in piazza allo speech in una conferenza: tanto vale farsi trovare pronti. Ecco allora alcuni consigli pratici (per gran parte dei quali ringrazio Consuelo Cassotti, psicologa ed esperta in materia, il cui efficacissimo corso ho seguito anch’io tempo fa): 1.
2.
3.
4.
5.
Essere preparati. Occorre dominare l’argomento: non vergogniamoci di provare lo speech a voce alta magari in casa la sera prima. La consapevolezza di aver fatto delle prove ci darà la confidenza e tranquillità necessarie per gestire ansia e nervosismo. In particolare, sono da organizzare scrupolosamente due fasi cruciali della relazione: l’apertura (scandire il proprio nome e ruolo, ringraziare gli organizzatori o le autorità presenti) e la conclusione (non guasta chiudere con una riaffermazione del messaggio principale). “Be yourself”. Essere sé stessi è il modo migliore per al contempo rilassarsi senza recitare una parte, e ottenere comprensione e buona predisposizione all’ascolto. Gli oratori che se la tirano, per intenderci, non infiammano le folle, e ottengono meno di quanto la loro effettiva competenza meriterebbe. Usare pathos. Se siamo spontanei, quasi istintivi, siamo in grado di trasmettere il messaggio con più passione, e ci assicuriamo maggior partecipazione da parte del pubblico. Tra i due eccessi, meglio uno speaker visibilmente emozionato ma partecipe, che uno freddo e asettico. Gestire l’ansia, non subirla. Tra le buone regole per ridurre l’ansia: prendere confidenza con l’ambiente in cui si parlerà (familiarizziamo con la sala camminandovi in lungo e in largo, fermiamoci davanti al leggìo, proviamo il microfono, guardiamoci ad uno specchio per farci un bel sorriso d’incoraggiamento); conoscere l’uditorio (l’ideale è arrivare mezz’oretta prima dell’inizio, intercettare i primi arrivati, scambiarvi due chiacchiere: è più semplice parlare con un gruppo di “amici” che con estranei); concentriamoci su quanto abbiamo da dire, e non su noi stessi. Certo, se la sola idea di levare il bicchiere e proporre un brindisi ad una tavolata in compagnia ci mette apprensione, c’è molto da lavorare. Occhio alle gaffe. Senza infierire sulla recente napoleonica figuraccia di quel top manager di una compagnia telefonica nazionale, guardiamo gli attuali pretendenti alla Casa Bianca. Due animali da “podio&microfono”, temprati da mesi di campagna elettorale sul campo e davanti alle telecamere. Eppure il democratico Barack Obama ha confuso il campo di concentramento di Auschwitz (che venne liberato dai sovietici) con quello di Buchenwald (liberato dagli americani). Mentre il suo rivale repubblicano John Mc Cain, per par condicio, intendeva ricacciare Al Qaeda direttamente in … Iran! Quindi: non fidiamoci ciecamente della nostra cultura
o della nostra memoria. Se non abbiamo verificato scrupolosamente la correttezza delle informazioni, meglio tacere. 6. Cautela con lo humour: il rischio di non essere capiti o di addirittura offendere qualcuno è sempre alto, e aumenta col numero delle persone in sala. Per motivi di lingua, di cultura, di estrazione sociale diversa. Non sempre ce la si cava con un colpo di tosse e allentandosi il nodo della cravatta (provate a indovinare chi l’ha fatto e in quale occasione...). Attenzione poi a non esagerare: una o due battute felici possono aiutare a rendere il discorso gradevole, oltre si rischia di sbracare nel cabaret. 7. Diapositive: poche, ma efficaci. Sovente assistiamo a interventi che sono in realtà una lettura ad alta voce delle slide proiettate sullo schermo. Altrettanto spesso sono troppe, e scritte talmente in piccolo che diventano un esercizio da optometrista. L’ideale è un titolo, due sole frasi, una immagine. Stop. Il resto và integrato verbalmente, contestualizzando con esempi pratici e usando metafore. Quando gli occhi del pubblico restano fissi sulle diapositive, è il segnale che è caduto in stato semi-ipnotico: sta “sentendo” lo speaker, ma non lo sta “ascoltando”. 8. Sintesi: le frasi relative e gli incisi vanno usati con parsimonia, risparmiandoli per l’eventuale “Question & Answer” a fine conferenza. Meglio uno stile chiaro, essenziale, sottolineando pochi ma fondamentali concetti attraverso affermazioni semplici, concise e pregnanti. Parlare in pubblico non dev’essere un esercizio di sfoggio della propria cultura. 9. Curiamo la comunicazione “non verbale”: l’inflessione della voce, la scansione del ritmo della frase, l’alternanza di enfasi e pacatezza, persino l’aspetto fisico, sono alcuni aspetti formali ed esteriori da curare. Discorriamo con calma e ripetute pause, così da strutturare la relazione e comunicare che siamo padroni della situazione. Ma senza abusare, sennò lo speech si trasforma in un monologo shakespeariano. Il linguaggio del corpo è altrettanto importante, ma non esistono regole auree. Evitiamo di toccarci bocca, occhi, orecchie o naso durante l’intervento. Il pubblico, inoltre, va guardato negli occhi. Non bisogna esagerare con la gestualità e la mimica. Questo è l’ABC, ma basta e avanza. Oltre, andiamo sul perfezionismo maniacale. Qualcuno per esempio sconsiglia di mettersi le mani in tasca, perché sintomo di scarso interesse, o di non incrociare mai le braccia, segno di chiusura verso la platea. Ma Pippo Baudo sta sempre o con le mani in tasca o con le braccia incrociate, ed è tuttora uno dei migliori comunicatori in circolazione: presenta “Sanremo” con la stessa disinvoltura e naturalezza con cui noi facciamo la spesa al supermercato. 10. Domande dal pubblico: la sincerità premia sempre. Se non si ha la risposta, o si preferisce non darla perché scomoda o sconveniente, meglio temporeggiare: “Al momento non sono in grado di risponderle in maniera esaustiva, ma la invito a scrivermi e nei prossimi giorni sarò lieto …” …eccetera. 11. Occhio al tempo: è scientificamente provato come o ci si chiama Fiorello, oppure la soglia attenzionale allo scoccare dei 20 minuti di discorso cola a picco. C’è solo una cosa peggiore dell’essere interrotti dal moderatore per aver sforato il tempo a propria disposizione: essere interrotti dal rumore di qualcuno che russa in sala. | 93
Business&Gentleman
94
luglio - settembre 2008
Arte e industria
A Brescia nasce il Musil, un museo che racconterà il cammino dell’Italia industriale dalle origini ad oggi testo di Desirée Cividini
Viaggio nella storia dell’industria e del lavoro
95
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
La storia dello sviluppo industriale e la memoria dei cicli produttivi è nei documenti e nei reperti storici che saranno esposti al Musil di Brescia, il Museo dell’Industria e del Lavoro dedicato a Eugenio Battisti, pioniere dell’archeologia industriale. Un museo che racconterà, attraverso una serie di poli espositivi, il cammino dell’Italia industriale dalle origini ad oggi: macchine, volumi e installazioni multimediali saranno gli strumenti attraverso i quali intraprendere il viaggio nella storia dell’industria e del lavoro, principali forze motrici del processo di modernizzazione che ha interessato il nostro Paese. A raccontare i mutamenti del sistema produttivo, a cavallo tra innovazione e tradizione, sarà un ricco patrimonio do96
cumentale composto da migliaia di reperti e cimeli provenienti da alcune delle principali imprese che operano nel distretto bresciano e in Italia, e raccolti dalla Fondazione Micheletti e dalla Fondazione Civiltà Bresciana. Per esporli il Museo ha individuato un’ area dimessa di sedicimila metri quadrati ai margini della città storica, un tempo teatro di sviluppo della prima industrializzazione bresciana: qui saranno esposti immagini di processi produttivi e macchinari di un’epoca, il Novecento, che ha segnato la fine dell’Italia contadina e ha visto affermarsi la civiltà dei consumi, tra guerre e mobilitazioni collettive, senza tuttavia dimenticare il processo di innovazione che ha interessato l’industria negli ultimi decenni. “Partendo dalla prima metà dell’Ottocento - spiega Pier Paolo Poggio, direttore del Musil - si arriva fino ai giorni nostri, con l’allestimento di una galleria di circa mille metri quadrati dedicata all’innovazione. Nella sede centrale sarà anche possibile ripercorrere il processo dello sviluppo industriale attraverso installazioni multimediali dedicate alla storia manifatturiera di Brescia”. E a partire dall’inizio di quest’anno sono stati avviati i lavori per realizzare le altre facce del Musil, il primo caso di
Arte e industria
museo dinamico che si struttura attraverso una sede centrale in città e una rete di antenne sul territorio, dalla Franciacorta alla Valle Camonica.
La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, nunzio dell’antichità. Marco Tullio Cicerone A pagina 96: La sede centrale del Musil di Brescia
“L’articolazione del museo ovviamente non è casuale - precisa Poggio -, ma emblematica della storia dell’industrializzazione nella zona di Brescia e dintorni, da sempre un’area polisettoriale per via dell’alta concentrazione di industrie appartenenti a diversi settori”. Fulcro del museo sarà la “Città delle macchine”, in fase di allestimento a Rodengo Saiano e destinata ad accogliere su oltre tremila metri quadrati di superficie più di duemila macchine utensili: dai primi telai alle cucitrici, dai trasformatori elettrici alle macchine tipografiche.
Nella pagina precedente: La macchina rotativa a 8 cilindri per la stampa dei tessuti, proveniente dalla Manifattura Pontoglio s.p.a., è stata costruita a Mulhouse (Francia) nel 1926 ca. Sopra: Il Cinemobile Fiat 618 è del 1936, proprietà della Regione Lombardia e che è concesso in comodato alla Fondazione Luigi Micheletti.
www.musil.bs.it
Nel quartiere di San Bartolomeo, alle porte di Brescia, invece, troverà spazio un allestimento di oltre cinquecento metri quadrati ricavato nell’ambito di una vecchia fucina: un vero e proprio “Museo del ferro” nel quale si riflettono i caratteri e l’atmosfera di un antico ambiente di lavoro legato al sapere artigiano che è stato alla base della nascita della grande industria. | 97
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
A fianco: Sedile per esterni “Allunaggio” - Achille e Pier Giacomo Castiglioni - Zanotta Spa, Nova Milanese (MI) - Segnalato Compasso d’Oro 1981, XII Edizione. Sotto: Sedia in frassino naturale Mod. 699 “Superleggera” - Gio Ponti - Cassina Spa, Meda (MI) - Segnalato Compasso d’Oro 1957, IV Edizione.
Compasso D’Oro: in mostra l’avventura del design italiano Torino, nella prestigiosa Reggia di Venario l’esposizione dedicata al genio e alla creatività made in Italy
Una grande mostra per celebrare e promuovere il design italiano nell’anno in cui Torino è la prima World Design Capital. La Collezione del Compasso d’Oro è in mostra fino al 31 agosto 2008 nella prestigiosa Reggia di Venario, oggi al primo posto in Italia tra le residenze culturali per numero di visitatori: vetrina ideale e ponte immaginario tra passato e futuro. Nella Scuderia Grande della Reggia sono stati accolti oltre 400 oggetti che hanno fatto la storia del design italiano: automobili, lampade, posate, cucine, ma anche caffettiere, telefoni, poltrone, biciclette e sedie, un’avventura di creatività, di bellezza e innovazione che ha saputo interpretare le tendenze delle arti e dell’architettura, della tecnologia e del costume, della società e dell’economia, mettendo in evidenza le complesse interazioni che hanno determinato l’unicità del design italiano nel panorama internazionale, la sua capacità di influenzare il gusto e il comportamento di altri paesi. Il percorso della Mostra si snoda in 7 stazioni: cinque sono dedicate alle decadi temporali (anni ‘50 e ‘60, ‘70, ‘80, ‘90, 2000); gli oggetti selezionati per la mostra sono interpreti di quelle “contemporaneità” e anticipatori di quei “futuri di ieri”. La sesta è uno scenario d’insieme popolato da alcuni pezzi (“Arredamento”, “Moda”, “Grafica e Editoria”) che sono protagonisti indiscussi del ruolo di avanguardia creativa e linguistica internazionalmente riconosciuto al design italiano. La settima, che dal 26 giugno ospita il XXI Premio Compasso d’Oro, è temporaneamente dedicata alla “rotazione” di oggetti molto speciali, alcuni dei quali potrebbero nei prossimi mesi animare con la loro presenza i Giardini della Venaria Reale: oggetti di culto e “senza tempo” che hanno lasciato una traccia indelebile delle grandi vocazioni progettuali e produttive italiane. 98
ll meglio del design
In ordine cronologico: Macchina da scrivere portatile “Lettera 22” - Marcello Nizzoli - Olivetti & C. Spa, Ivrea (TO) - Compasso d’Oro 1954, I Edizione. Spremiagrumi “La Tina” - Lorenzo Gecchelin F.lli Guzzini Spa, Recanati (MC) - Compasso d’Oro 2004, XX Edizione. Caffettiera espresso “9090” - Richard Sapper - Alessi Spa, Crusinallo (VB) - Compasso d’Oro 1979, XI Edizione.
L’intera mostra occupa un’area di oltre 1.200 metri quadrati, scandita da 6 Totem multimediali che contengono, oltre a oggetti preziosi, le stazioni audio-video con le diverse decadi del fi lmato d’animazione “l’Avventura del Design Italiano”, e i “mosaici” grafici che illustrano i premiati delle varie edizioni del Compasso d’Oro. Il fi lmato, nella sua versione completa, è anche riproposto ai visitatori più interessati in una zona della scuderia opportunamente attrezzata. Il percorso degli oggetti si accompagna a un racconto di immagini che si snoda lungo le pareti della scuderia. La mostra intende off rire l’esperienza di un viaggio nel tempo, attraverso gli oggetti che hanno popolato il nostro intorno quotidiano dal 1954 ad oggi. La selezione degli oggetti, l’allestimento, la grafica e la multimedialità sono a firma della Fondazione
ADI. In particolare tre stazioni interattive comunicheranno al pubblico le ricerche promosse dalla Fondazione nell’ambito della nuova museologia e delle nuove tecniche catalografiche del design; una terza stazione interattiva sarà allestita per “navigare” nella molteplicità delle vocazioni progettuali e produttive del territorio italiano rappresentate nella Collezione. La mostra sarà quindi anche un “laboratorio” di esperienze cognitive: lo stage ideale per incontri, confronti e approfondimenti con i vari protagonisti del design. La mostra è promossa da Torino 2008 World Design Capital e da Fondazione ADI per il Design Italiano, con il contributo speciale di Compagnia di San Paolo in collaborazione con la Venaria Reale. |
Good design is as little design as possible. Back to purity, back to simplicity. Dieter Ram
www.torinoworlddesigncapital.it
99
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
SFIDA AL TEMPO e al conformismo Continua il viaggio nel mondo dell’alta orologeria. Le nuove avventure di Concord e Cvstos, due case agli opposti sul fronte anagrafico dei marchi, che hanno scelto di puntare su innovazione e rottura dagli schemi tradizionali testo di Ivan Consoli
CVSTOS, Tourbillon Yachtiong Club. Calibro CVS2600CY, movimento meccanico a ricarica manuale con riserva di 60 ore. Quadrante in vetro zaffiro e fondo aperto con vista sul movimento scheletrato. Sui bordi della cassa 4 “oblò” svelano il meccanismo composto da 197 pezzi. Impermeabile fino a 100 mt. Prodotto in edizione limitata di 25 esemplari.
100
Le forme del tempo
101
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Rivoluzione in casa Concord Sopra: CONCORD, C1 Tourbillon Gravity. Si distingue per la gabbia del tourbillon a margine del corpo dell’orologio, fuori dal quadrante e fuori dalla cassa. Cassa di 48.5 mm di diametro, alta 18.5 mm. Il movimento a carica manuale oscilla a 3 hertz e comprende 38 rubini. Bracciale in caucciù vulcanizzato carbonato nero. Serie limitata di 25 pezzi. Nella pagina a fianco: CONCORD, Cronografo C1. Meccanismo automatico da 28.800 alternanze
Il nostro viaggio alla ricerca di realtà che non scendono a compromessi nel mondo dell’alta orologeria ci porta questa volta in casa Concord, che ha completamente rinnovato la propria fi losofia stilistica dando vita a una nuova identità, lontana dalla origini e da una tradizione centenaria. Il noto marchio, anche grazie all’impulso dato da MGI Luxury Group, ha dato corpo a un’audace strategia di riposizionamento sviluppando un modo inedito di concepire il tempo, a cavallo tra innovazione e tradizione. Parte proprio da qui il progetto che ha portato alla creazione dei nuovi orologi Concord che, grazie al carattere moderno e fortemente innovativo, si propongono come prodotti d’avanguardia dal punto di vista dell’ingegneria orologiera, mantenendo tuttavia la qualità, per il marchio vero e proprio punto fermo in ogni fase della creazione.
con riserva di marcia di 48 ore. Cassa composta da 53 pezzi, impermeabile fino a 20 atm. La corona è di caucciù, d’acciaio e di materiale composito. Il quadrante è in fibra di carbonio e in metallo finemente lavorato. Cinturino in caucciù vulcanizzato nero o acciaio.
www.concord.ch
102
Puntando quindi su un know how e una competenza ormai centenari, Concord, fornitore ufficiale delle più prestigiose maison di gioielleria in Europa e negli Stati Uniti, ha dato vita a una svolta che ha come obiettivo quello di ricostruire il tempo, dando un volto nuovo alle sue creazioni: l’orologio, messo a nudo, è completamente scomposto affinché ciascun elemento venga completamente ripensato. Dopo l’arrivo del Delirium, l’orologio al quarzo a lettura analogica più piatto mai realizzato, Concord scrive un nuovo capitolo della sua storia basata su una tecnicità all’avaguardia e una grafica inaspettata e ambiziosa che si riflettono nella creazione di C1 Turbillon Gravity. Emblematico e radicale per molti, questo orologio materializza il nuovo profi lo di Concord, dal carattere esclusivo e la performance assicurata. Se la tecnica e il controllo del tempo sono stati oggetto di ricerche e di sviluppi particolarmente all’avanguardia, l’estetica e la padronanza
Le forme del tempo
Concord ha sviluppato un modo inedito di concepire il tempo, a cavallo tra innovazione e tradizione: l’orologio, messo a nudo, è completamente scomposto affinché ciascun elemento venga completamente ripensato
dello spazio non sono certo stati dimenticati. La robustezza, l’originalità e l’equilibrio che determinano la costruzione del C1 Tourbillon Gravity sono non a caso testimoni del talento dei suoi inventori, che grazie alle nuove creazioni rilanciano il nuovo volto della Concord, la quale ha basato la sua sfida su una strategia di riposizionamento sul mercato. Il noto marchio riparte quindi dal recupero di quelle che sono le antiche tecniche dell’arte orologiera per dare vita a dei modelli controcorrente, lontani dal conformismo del settore: i nuovi nati di casa hanno, non a caso, un carattere totalmente nuovo ed inedito che punta a diventare, insieme all’esclusività, il tratto caratteristico della nuova storia della casa orologiera che in lunghi anni di attività é diventata una realtà fortemente affermata nel settore. 103
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Movimenti inediti e look aggressivo sono i tratti caratteristici dei modelli che hanno portato alla ribalta questo giovane marchio che si sta già affermando nel settore dell’orologeria d’avanguardia con scelte coraggiose e di stile
Cvstos lancia la “sfida” È un marchio giovanissimo, ma nonostante l’età anagrafica si sta già affermando nel settore dell’orologeria d’avanguardia con scelte coraggiose e di stile. D’altra parte dietro alle moderne creazioni del marchio ci sono idee e creatività di un giovane, Sausson Sirmakes, che dal padre Vartan, patron del gruppo Franck Muller, ha ereditato una lunga tradizione. Questo figlio d’arte, insieme al suo socio e mentore tecnico Antonio Terranova, designer di talento, ha fondato la Cvstos. Una vera e propria sfida in campo orologiero quella lanciata dai due giovani che non a caso hanno scelto di chiamare la nuova linea Challenge: qualità e modernità nel giro di poco hanno permesso a questo team di farsi conoscere e di affermarsi nel settore degli orologi di lusso. Un settore certamente esclusivo, all’interno del quale la nuova casa ha portato una ventata d’aria fresca grazie alle moderne creazioni. Movimenti inediti e look aggressivo sono i tratti caratteristici dei modelli che hanno portato alla ribalta il marchio, il quale ha mantenuto un design coerente in tutta le collezioni, caratterizzate da simili proporzioni e interessanti miscele di nero, oro rosso, oro bianco e titanio. Tutti i modelli sono realizzati in materiali che riescono a mettere in risalto il design innovativo: acciaio, oro rosso, oro bianco o, in alcuni casi, palladio. Un esempio su tutti della grinta e della modernità che contraddistinguono i modelli proposti dalla giovane casa orologiera è lo Yachting Club Tourbil104
lon, caratterizzato da un calibro reso affascinante grazie ad una scheletratura precisa che lo rende ammirabile da quattro inedite aperture ad oblò sulla carrure della cassa. L’indicatore dei secondi in alluminio anodizzato, segue la formula del “3 per 20”, ed è posizionato sul ponte superiore del turbillon. Corona e pulsanti sono invece in titanio, mentre la cassa tonneau impermeabile è in platino. Un modello innovativo, grintoso ed esclusivo: sono solo venticinque infatti gli esemplari creati dai giovani ideatori e fondatori del marchio ginevrino, al quale si deve la creazione di una collezione di orologi dedicati alla Modena Cars Racing e di un altro modello che segnerà la storia dei segnatempo: il Challenge HM-S, decisamente più tradizionale nell grafica, ad esclusione del quadrante. |
Dobbiamo usare il tempo come uno strumento, non come una poltrona. John Fitzgerald Kennedy CVSTOS, Challenge Flyback-S Calibro CVS 3650, movimento meccanico a carica automatica bidirezionale senza invertitore, dotato di un sistema di biella eccentrica. Quadrante in vetro zaffiro e fondo aperto che mostra il momentio flyback: scheletrato con 283 pezzi al ritmo di 21.600 alternanze all’ora. Diponibile nella cassa Challenge di forma tonneau (a destra) e sia nella cassa Challenge R50 (a sinistra)
www.timeconcept.it
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Gallardo due anime un unico cuore
La doppia personalitĂ della nuova Lamborghini capace di prestazioni supersportive ma studiata anche per un uso cittadino e per le lunghe percorrenze a cura della redazione
106
Emozioni al volante
Con la Gallardo LP 560-4, Lamborghini crea un nuovo punto di riferimento nell’ambito delle vetture supersportive. Il suo motore completamente nuovo, la trazione integrale permanente e le nuove sospensioni sono alla base di prestazioni superiori rispetto al modello precedente e di una accresciuta dinamicità. Il suo design innovativo contribuisce all’evoluzione delle particolari linee aerodinamiche delle vetture Lamborghini. La potente anima della Gallardo LP 560-4 è il nuovo propulsore V10 da 5,2 litri a Iniezione Diretta Stratificata che eroga una potenza di 560 CV (412 kW) a 8000 /min. L’aggiunta di 40 CV rispetto al modello precedente e la riduzione di peso di 20 Kg migliorano il rapporto peso/ potenza raggiungendo quota 2,5 kg/CV, aumentandone così le prestazioni: la LP 560-4 raggiunge 0-100 Km/h in 3,7 secondi e inoltre i 200 km/h in 11,8 secondi; la velocità massima è di 325 km/h. Consumi ed emissioni di CO2 sono diminuiti del 18%. La trazione integrale rivista, le nuove sospensioni, l’aerodinamica ottimizzata, il peso ridotto e l’ottimizzazione degli attriti contribuiscono al miglioramento complessivo della vettura. La nuova Gallardo LP 560-4 si presenta quindi come una vettura sportiva studiata per poter garantire un utilizzo quotidiano nel traffico cittadino e nelle lunghe percorrenze, nonché un esaltante impiego su pista. Il nuovo anteriore garantisce alla LP 560-4 un assetto ribassato e contribuisce, allo stesso tempo, ad aumentarne l’efficienza aerodinamica. Le prese d’aria, di sezione più ampia, incrementano la portata d’aria ai radiatori, adeguandole alle maggiori prestazioni del motore. Lo spoiler sul paraurti migliora l’equilibrio aerodinamico alle velocità elevate. I nuovi fari presentano, al di sotto dei proiettori bi-xenon, una luce diurna realizzata da 15 LED disposti a forma di Y. Il diff usore posterio-
re, ridisegnato nella forma, garantisce una maggior efficienza e, unitamente al fondo piatto, contribuisce a un’eccellente stabilità di marcia a velocità levate. In generale l’efficienza aerodinamica è stata migliorata del 31% rispetto al modello precedente. La Gallardo LP 560-4 aff ronta le curve veloci in maniera ancora più sicura. Ha una carrozzeria in alluminio al tempo stesso leggera e rigida: la biposto lunga 4,34 metri, larga 1,90 metri e alta 1,16 metri pesa solo 1.410 chilogrammi, ovvero 20 chilogrammi in meno rispetto al modello precedente. Nonostante l’altezza esterna limitata la Gallardo LP 560-4 accoglie i propri occupanti in un abitacolo spazioso. I sedili sportivi sono rivestiti di pelli raffinate o in Alcantara e garantiscono un ottimo contenimento. Una panchetta dietro ai sedili permette l’alloggiamento di parte del bagagliaio e va ad integrare i 110 litri di volume del vano anteriore. L’ampia consolle centrale è uno degli elementi che maggiormente concorre a rafforzare il concetto di ergonomia negli interni. Al suo interno è alloggiato il Lamborghini Multimedia System e il climatizzatore automatico dual-zone. Il motore della Gallardo LP 560-4 è completamente nuovo e rappresenta l’evoluzione coerente del propulsore Lamborghini di maggior successo di tutti i tempi. Rimane invariato solo il numero di cilindri, quei 10 cilindri che off rono una perfetta e unica sintesi tra piacere di guida e agilità sportiva. Il motore, con una cilindrata di 5204 cm3 eroga una potenza di 560 CV (412 kW) a 8.000 giri/min, che si traducono in una potenza specifica pari a 107,6 CV/lt. La coppia massima erogata dal motore è di 540 Nm a 6.500 giri/min. La forma della curva di coppia garantisce un’alta erogazione di potenza a qualsiasi regime. Con un’accelerazione 0-100 km/h in 3,7 secondi e una velocità massima di 325 km/h 107
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Grazie ad un motore completamente nuovo, la trazione integrale permanente e le nuove sospensioni la Gallardo LP 560-4 si presenta con prestazioni superiori rispetto al modello precedente con una accresciuta dinamicità . La potente anima della Gallardo LP 560-4 è il nuovo propulsore V10 da 5,2 litri a Iniezione Diretta Stratificata che eroga una potenza di 560 CV (412 kW) a 8000 / min
108
Emozioni al volante la Gallardo LP 560-4 si colloca al top delle vetture sportive superprestazionali estreme del motore. Il nuovo V10 utilizza per l’iniezione carburante il sistema “Iniezione Diretta Stratificata” che permette una ottimizzazione in tutte le condizioni di carico del motore. Il carburante è iniettato direttamente in camera di combustione attraverso un iniettore laterale. L’Iniezione Diretta Stratificata garantisce una ottima performance come massima potenza motore, riducendo la sensibilità alla detonazione, questo ha permesso di realizzare un motore con un rapporto di compressione di 12,5:1. La testa cilindri è stata ottimizzata per garantire al meglio i fenomeni di aspirazione e scarico dei gas e unitamente alla fasatura variabile di tutti e 4 gli alberi di distribuzione si è ottenuto un aumento dell’efficienza della carica in tutto il range di utilizzo motore.
Scheda tecnica Caratteristiche motore Tipo:
10 cilindri V90°, DOHC 4V
Cilindrata:
5.204 cc
Rapporto di compressione:
12,5 : 1
Potenza massima:
412 kW (560 ps) a 8000 giri/min.
Coppia massima:
540Nm 6500rpm
Iniezione elettronica:
Bosch MED 9
Sistema di raffreddamento:
Due radiatori dell’acqua, radiatore olio, radiatore per
Una potenza così elevata deve essere trasmessa sulla strada in maniera sicura. Il conducente della Gallardo LP 560-4 può sempre fare affidamento sulla trazione integrale permanente e 4 ruote motrici tramite giunto viscoso, il numero “4” aggiunto alla denominazione del modello sta ad indicare esattamente questo. La trazione integrale è stata introdotta da Lamborghini già nel 1993 con la Diablo VT per un valido motivo. Quattro ruote motrici consentono di ottenere un’aderenza migliore e consentono un’accelerazione più rapida in uscita dalle curve. La trazione integrale Lamborghini viene realizzata mediante un giunto viscoso centrale, che non necessita di alcuna regolazione elettronica, e che provvede a ripartire nella configurazione base la coppia motrice tra avantreno e retrotreno normalmente secondo il rapporto 30:70, ma si adegua nell’arco di alcuni millisecondi nel caso di cambiamenti delle condizioni di guida o del fondo stradale.
olio del cambio Sistema di controllo emissioni:
Catalizzatori con sonde Lambda
Dimensioni e pesi Interasse
2.560 mm
Lunghezza totale
4.345 mm
Larghezza totale
1.900 mm
Altezza totale
1.165 mm
Carreggiata (davanti - dietro)
1.632 mm 1.597 mm
Peso (a secco)
1.410 kg
Distribuzione dei pesi Davanti
43% - Dietro 57%
Prestazioni Il cambio elettro attuato e-gear è stato completamente rivisto e ottimizzato in ogni suo componente. Il cambio non è stato solo ridotto come peso ma anche i tempi di cambiata sono stati ridotti. Fino al 40% nella modalità “CORSA”. Gli pneumatici, 235/35 ZR 19 sull’avantreno e 295/30 ZR 19 sul retrotreno, sono stati sviluppati ad hoc per Lamborghini. Sono i Pirelli P Zero che hanno una resistenza al rotolamento estremamente bassa e contribuiscono pertanto alla riduzione dei consumi senza alcuna riduzione delle prestazioni. Raggiunta la soglia dei 120 km/h lo spoiler posteriore ad attivazione automatica aumenta il carico sull’asse posteriore interagendo con il diff usore posteriore che funge da estrattore dell’aria del sotto scocca. Il nuovo impianto garantisce una potenza frenante eccezionale grazie alle pinze freno ad otto pistoni Brembo che vanno ad agire sui dischi anteriori dal diametro di 365 mm e alle pinze freno a quattro pistoni che intervengono sui dischi posteriori di 356 mm. Il nuovo sistema di ventilazione dei dischi migliora ulteriormente la ripetitività nelle condizioni più estreme. Come optional vengono messi a disposizione dei dischi freno in carboceramica. |
Velocità massima
325 km/h
Accelerazione
(0-100 km/h) 3,7”
Accelerazione
(0-200km/h)11,8”
Capacità Serbatoio carburante
90 litri
Olio Motore
10 litri
Acqua refrigerante
20 litri
Consumo con cambio E-Gear Urbano
21 L/100 km
Extra urbano
10 L/100 km
Combinato
14 L/100 km
Euro
Euro 4
CO 2
327 g/km
Consumo con cambio Manuale Urbano
22 L/100 km
Extra urbano
10 L/100 km
Combinato
14,7 L/100 km
Euro
Euro 4
CO 2
351 g/km
www.lamborghini.com
109
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
L’arte antica dei
Maestri
Alla scoperta di una storia d’altri tempi: una famiglia di artigiani del legno che da quattro generazioni “scolpisce” imbarcazioni tutte lavorate a mano testo di Laura Di Teodoro fotografie di Massimo Angeli
110
La rotta della tradizione
dâ&#x20AC;&#x2122;ascia
111
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Barche ormeggiate, un borgo pittoresco, antichi portici e loggiati decorati che accompagnano il lungo lago di Montisola su cui si affaccia un ricco patrimonio fatto di piccoli artigiani e pescatori. Poco distante dal porticciolo una famiglia di artigiani del legno ed esperti costruttori di barche porta avanti un capitolo importante della storia dell’isola più grande dei laghi europei, fatta di tradizione a manualità. La storia del Cantiere Nautico Montisola ha attraversato quattro generazioni. È sempre rimasta ancorata al terreno da cui è nata, al centro del lago d’Iseo e, pur essendosi rinnovata negli anni, non ha mai perso l’originalità, la qualità e il valore che continuano a guidare le scelte di una realtà che prosegue grazie all’impegno e alla volontà della famiglia Archetti. “Il nostro cantiere esiste da oltre quattro generazioni - racconta uno dei proprietari, Angelo Archetti -. Siamo sempre stati a 112
Montisola, in questo stesso posto. La storia addirittura parla di un Archetti fuggito nel ‘500 dalle carceri Veneziane che trovò rifugio proprio a Montisola; qui ideò il Naèt, una barca molto utile per i pescatori perché leggera, agile e veloce”. Da allora la storia continua seguendo innovazioni e cambiamenti ma senza mai perdere la rotta della tradizione. Oggi da quel cantiere escono mediamente 40 barche l’anno, fabbricate da mani esperte, utilizzando legni pregiati, tutti con stagionatura di almeno due anni, quali il mogano, il teak e l’iroko per i fasciami, il rovere e l’acacia per le ordinate, l’abete e il douglas per gli alberi. “Il legno è per noi l’elemento più importante. Sono convinto che con il legno si possa fare tutto ed è bellissimo da vedere; è un materiale nobile. - prosegue Angelo Archetti -. Prima dell’avvento della plastica si fabbricavano 120 barche, il boom è stato negli anni Sessanta; in seguito e soprat-
tutto oggi, la manodopera specializzata è diminuita e in questi ultimi anni siamo arrivati a 40 barche l’anno”. Tutte le costruzioni sono fatte a mano, con fasciame a klinker o liscio; alla strumentazione tradizionale fatta di martello e scalpello, i fratelli Archetti, Ugo, Angelo e Adriano, hanno affiancato quel tocco di tecnologia e materiali “moderni”: sistemi avanzati di incollaggio e protezione in vetro e resina epossidica per il trattamento della carena, sia internamente che esternamente, ottenendo l’eliminazione dei problemi di manutenzione. “Le nostre barche sono lance, dinghi, leggere derive veliche, gozzi, cabinati a motore e a vela, anche se negli ultimi anni è aumentata la domanda per il motore ai danni della vela. Inoltre sistemiamo vecchie barche di legno; una delle ultime arrivate è una vecchia deriva americana comprata da un milanese su eBay”. Nelle barche a fasciame liscio, prima si realizza
La rotta della tradizione
Il cantiere della famiglia Archetti esiste da oltre quattro generazioni. La storia addirittura parla di un Archetti fuggito nel ‘500 dalle carceri Veneziane che trovò rifugio proprio a Montisola; qui ideò il Naèt, una barca molto utile per i pescatori perché leggera, agile e veloce. Da allora la storia continua seguendo innovazioni e cambiamenti ma senza mai perdere la rotta della tradizione
lo scheletro, o nervatura, poi si mettono le fasce. Nel klinker, a fare da supporto, ci sono una serie di selle che guidano la posa della carena e poi vengono rimosse per l’installazione delle costole flessibili. Le barche vengono verniciate o pitturate a mano, con vernici poliuretaniche ed epossidiche a bassa manutenzione. Le imbarcazioni firmate Archetti sono arrivate in tutto il mondo: America, Oriente e naturalmente Europa: “I nostri clienti arrivano da New York, Tokio, Francia, Belgio, Londra e Italia - prosegue Angelo -. Sono esemplari unici e ognuno viene personalizzato in base alle esigenze del cliente. Mediamente, per un 10 metri, ci vuole almeno un mese di lavoro, quindici giorni se si tratta di un cinque metri. Se un tempo al nostro cantiere lavorava l’intero paese, oggi siamo solo noi. È un lavoro sicuramente faticoso ma che regala altrettante soddisfazioni: c’è la passione, l’amore e la volontà di portare avanti gli insegnamenti dei nostri vecchi”. | Le cose migliori si ottengono solo con il massimo della passione. Johann Wolfgang Goethe Nelle pagine precedenti: particolare della lavorazione e fabbricazione delle barche firmate Archetti, nel cantiere nautico di Montisola.
www.montisolabarche.it
113
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Serate a tema, eventi, iniziative per far scoprire agli estimatori alcuni dei sigari più prestigiosi al mondo come il ricercatissimo Magnum Especial. Continua il viaggio nel mondo degli habanos in collaborazione con il prestigioso club milanese
Milano chiama Cuba testo di Simone Scelsa Vice Presidente della Casa del Habano di Milano
“Yes we can!”: questo dicevano i fondatori del primo cigar Club di Casa del Habano al mondo, richiamando scherzosamente il motto Barak Obama quando, due mesi fa, irridevano lo scetticismo di chi - ed erano i più - sosteneva l’impossibilità di dare vita ad un club destinato a fumare solo il meglio della produzione mondiale di Habanos S.A., solo le edizioni limitate e da collezione, quelle che sugli scaffali dei negozi non passano neppure. Ed è così che è andata. Aveva ragione il Presidente Gianni Bajlini e tutti i fondatori. Il Club s’è fatto ed è partito nel migliore dei modi. Ma avevano ragione, forse ancora di più, tutti i soci che hanno aderito senza indugio al progetto. Ci credevano, e credevano nella forza della loro passione. Non si spiegherebbe, altrimenti, perché a Roma, il 17 maggio 2008, durante la celebrazione della più importante kermesse del sigaro cubano in Europa insieme alla Nuit de l’Amateur che si celebra in Francia ogni anno, fosse proprio il neonato Casa del Habano Cigar Club Milano il più rappresentato in termini di soci presenti. Le iscrizioni al Club nei primi due mesi di vita hanno già registrato importanti risultati, specie pensando al target, decisamente esclusivo, al quale il club è rivolto. Non meno esclusive
114
Life Style
sono state, d’altra parte, le serate d’apertura, dedicate al Magnum 50 di Upmann in anteprima nazionale, all’Eminencia di Bolivar (edizione limitata per il mercato svizzero non presente in Italia), al Cohiba Piramide del 2001 (sigaro preziosissimo e pressoché introvabile). Non meno esclusive, anzi probabilmente ancora più ricercate alcune serate dedicate a temi specifici, specie quella del 30 giugno presso i locali di Casa del Habano a Milano, dedicata a un sigaro già maturo per le aste di Cristies a Londra: il Magnum Especiales di H. Upmman! Solo venti sigari contenuti in una confezione dal prezzo stratosferico di mille euro, ultimi usciti della Collezione Habanos 2007.
Di tutti i piaceri che conosciamo, già il semplice tentativo di conseguirli è piacevole. L’impresa risente della qualità della cosa a cui mira. Michel de Montaigne sopra: l’ingresso della fabbrica H. Upmann dove vengono realizzati alcuni dei sigari più prestigiosi al mondo. Nella pagina a fianco: particolare della lavorazione manuale dei sigari.
www.casadelhabano.it
Fumare un sigaro come il Magnum Especial è evento pressoché unico per molteplici ragioni: la prima è la rarità e il pregio del prodotto. Sono davvero pochi al mondo, ed ancor meno in Italia, i fortunati che hanno potuto stringere tra le labbra un sigaro come questo, e pochi al mondo sono quelli che possono permettersi di acquistare a cuor leggero una scatola di sigari dal prezzo di mille euro. Nessuno al mondo, invece, ha mai avuto la possibilità di fumare un sigaro come questo in una degustazione collettiva. E qui parliamo di un evento talmente elettrizzante ed irripetibile a cui persino Andrea Vincenzi, Presidente di Diadema (società che importa in esclusiva gli habanos in Italia) e neo socio onorario del club, non ha fatto mancare la sua presenza. Essere parte di questo club, però, non è “solo” questo. I soci beneficiano di un rapporto privilegiato con il locale (Casa del Habano) e con gli eventi irripetibili da quest’ultimo organizzati. Proprio di questi eventi - l’ultimo dei quali dedicato agli “alchimisti” della Valle del Cibao - parleremo, con lo spazio che meritano, nel prossimo appuntamento. | il fumo nuoce gravemente alla salute
115
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Musandam
OMAN
Muscat
Nizwa
116
Turismo a cinque stelle
La poesia
di un viaggio
“Mille e una notte” da
Alla scoperta dell’Oman dove il turismo è ancora alle origini. Cultura raffi nata, suggestive architetture e natura estrema: gli ingredienti di un itinerario emozionante dedicato ai nostri lettori in collaborazione con Bradipo Travel
117
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
L’Oman, stato asiatico del sud-est della penisola arabica, è una destinazione ancora poco esplorata, che unisce una cultura raffinata fatta di moschee e di suggestive architetture a una natura estrema che varia da bellissimi deserti rosa ad un mare azzurro con scenari rilassanti e di grande bellezza. La gran parte della popolazione non conosce il termine turismo, perché fenomeno relativamente nuovo. Conosce però molto bene il termine ospitalità. Il popolo omanita è stato in grado di accostare perfettamente usi e costumi tramandati da secoli con uno stile di vita attuale, in un paese dai mille volti dove è ancora possibile vivere atmosfere da “Mille e una notte”.
trah Suq dove, immersi nei profumi delle spezie e degli incensi, è possibile acquistare numerosi caratteristici oggetti. Immancabile una tappa alle fortezze di origine portoghese di Mirani e Jalali che, ancora oggi, proteggono il Palazzo del Sultano di Al Alam: sorprendente esempio di architettura araba moderna. Diverse le proposte di resort di lusso, tra cui: Shangri-La’Barr Al Jissah Resort and Spa, situato a 15 minuti dal centro di Muscat e a 45 minuti dall’aeroporto. È un hotel a 5 stelle lusso con 180 camere e suites. Fa parte del grande complesso Shangri-La ‘s Barr Al Jissah Resort & SPA. È in grado di off rire svago e lusso e rappresenta un’ottima scelta per l’esplorazione dell’area di Muscat. Situato in posizione privilegiata sulla scogliera, è l’ideale per chi ama un soggiorno tranquillo, rilassante e discreto.
Muscat È una città originalissima e proiettata verso il futuro, composta da una serie di sobborghi e con un panorama urbano caratterizzato da pochissimi grattacieli e da edifici che ricordano la tradizione araba. Stretta tra mare e montagne, Muscat è situata in un porto naturale e il suo nome significa “ancorata”. È una città che off re svariate attrazioni combinando il moderno con le antiche culture locali. Di particolare interesse la Grande Moschea e Bait Al Zubair, una casa dalla tipica architettura omanita ora trasformata in museo, dove si possono ammirare particolari prodotti appartenenti alla tradizione locale quali gioielli, armi, mobili e abiti. Meritano una visita i bellissimi Fish Market e Mu118
CHI, la Spa del resort, è il più grande ed attrezzato centro benessere dell’Oman, con 12 ville-trattamento che creano un autentico santuario per il relax. Sono presenti due ristoranti, lounge, bar, spiaggia privata, SPA, piscine, tennis, diving-center. Sul lungomare di Boushar, a 10 minuti dall’aeroporto e a 20 minuti dal centro città, si trova The Chedi Muscat, un hotel 5 stelle lusso, con 161 camere e suites. Di recente costruzione, in architettura minimalista, è situato in una cornice di rara bellezza, con alle spalle i monti Hajar e di fronte al mare turchese con bellissima spiaggia di sabbia fine. È fra le strutture più esclusive dell’Oman, per una vacanza in un ambiente rilassante e raffinato. Le camere sono spaziose, arredate in modo elegante e minimalista, lumino-
Turismo a cinque stelle
Il viaggio alla scoperta del sud-est della penisola arabica si snoda tra le meraviglie della capitale Muscat, ricca di posti da scoprire e la regione di Nizwa, con le sue montagne, spiagge bianchissime e riserve naturali. L’antica capitale ospita il soukh più tradizionale del Paese conosciuto per la qualità dei suoi manufatti in argento
se. Il ristorante ha una magnifica vista sui giardini d’acqua ed offre specialità della cucina araba, asiatica, indiana ed internazionale. Come servizi off re ristoranti, bar, SPA, spiaggia privata, 2 piscine, campi da tennis, biblioteca, boutique, area conferenze, sport d’acqua
Escursioni a Muscat Bahla, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, rappresenta la più antica civiltà in territorio omanita; area oggi conosciuta per essere la capitale della produzione di terracotte in Oman. In 4x4 verso Wadi Bani Khalid per ammirare villaggi e piantagioni di datteri con immancabile relax all’ombra e con la possibilità di un bagno nelle fresche pozze che costeggiano l’area. L’itinerario prosegue verso il deserto di Wahiba e le sue dune. Tra le possibili escursioni una delle più caratteristiche è il Dhow Experience per vivere il mare con le imbarcazioni tipiche del luogo (dhow) in escursioni private.
Nizwa È l’antica capitale che ospita il soukh più tradizionale del paese, conosciuto per la qualità dei suoi manufatti in argento. Non appena giunti a Nizwa, sembra di essere entrati in una scena da favola. Ogni venerdì sera, l’area pedonale di fronte al soukh brulica di gente e di attività. Il nuovo ed imponente soukh è stato progettato secondo l’elegante architettura dei forti omaniti e delle forme arabe. Sulla via del ritorno si può effettuare una sosta alle terme naturali di Tanuf, antico villaggio in loco.
Oman
Capitale Muscat
Clima Desertico, secco da ottobre ad aprile con temperature tra i 25 e i 30 gradi e notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte. Da maggio a settembre, il tasso di umidità è molto elevato. Ad agosto e settembre sono previsti monsoni nella regione di Salalah.
Documenti Richiesto passaporto con validità di almeno 6 mesi dalla data di partenza. Il visto viene rilasciato all’aeroporto di arrivo. Il servizio di assistenza Bradipo include anche l’emissione del visto
Uno dei resort più prestigiosi è il GoldenTulip Nizwa Hotel, posizionato a un’ora dall’aeroporto di Muscat, a breve distanza dal centro di Nizwa. È un hotel a 4 stelle, con 120 camere e suites. È un’oasi di pace e tranquillità inserita tra le magnifiche montagne del Hajar, a pochi kilometri da Nizwa. Costruito secondo lo stile locale, l’hotel è arredato con gusto eccellente ed off re tutti i moderni comforts.
all’arrivo in Oman.
Fuso orario La differenza è di 3 ore in più rispetto all’Italia, 2 ore quando vige l’ora legale.
Moneta Il Rial Omanita diviso in 1000 Baizas. Banconote sono disponibili in 50, 20, 10, 5, 1, ½, ¼, 200 e 100 Baizas. Un Rial equivale a 0,17 Euro. Le principali carte di credito sono accettate in banca, hotel, grandi negozi, ristoranti e aeroporti.
119
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Esperienza di mare a Musandam: Zighy Bay Se l’Oman in quanto tale è terra relativamente misteriosa, poco nota e poco battuta dal turismo, ancora di più lo è la fantastica penisola di Musandam: una “enclave” omanita in territorio degli Emirati Arabi Uniti, un piccolo lembo di terra appartenente all’Oman ma distaccato dal resto del paese, circondato a sud dagli Emirati e a nord dal Mare d’Arabia in corrispondenza del famoso stretto di Hormuz. L’area ricopre 1,800 km2 ed è abitata solamente da 35 mila persone. L’unica città è Khasab. L’area centrale è montagnosa; ma la sua caratteristica principale sono i bellissimi fiordi e le bellissime isole che li punteggiano. La natura è praticamente vergine. Il Musandam non è sviluppato dal punto di vista economico, ed alcuni villaggi come Lima e Kumzar possono essere raggiunti solo via mare. All’interno della penisola di Musandam protetta e nascosta dal deserto, la Zighy Bay si affaccia sul Golfo di Oman, accarezzandolo con la spiaggia di sabbia bianca. Un rifugio naturale, profumato di libertà, da assaporare lentamente: perfetto per vivere un viaggio da sogno. Nata come antico porto di pescatori, Zighy Bay oggi ospita la più esclusiva destinazione omanita perfetta per un viaggio indimenticabile: la proprietà di Six Senses, incastonata tra brulle montagne e un oceano fantastico. Six Senses Hideway Zighy Bay, situato sulla penisola di Musandam (enclave dell’Oman) a 120 km dall’aeroporto di Dubai, è un hotel 5 stelle lusso che comprende 82 ville. Si trova in una posizione fantastica, all’interno di una bellissima baia, tra montagne e un paesaggio mozzafiato. Il Six Senses Hideaway è un vero e proprio retreat dove l’eleganza, la raffi natezza e l’alta qualità del servizio, butler incluso, garantiscono una vacanza esclusiva. La fi losofia Six Senses di “creare esperienze innovative in un ambiente naturale sostenibile” è quindi trasferita anche a Zighy Bay. Ogni villa realizzata con materiali locali ha un design non intrusivo per ricreare lo stile di un villaggio tipico; inoltre in ognuna è presente una piscina privata. L’ampia SPA della proprietà Six Senses off re nove sale di trattamento focalizzate su tecniche olistiche, una scelta ampia di trattamenti, professionisti selezionati e 3 Arabian Hammam, ispirati da secoli di tradizione. Da provare il Sensory Journey... massaggio a quattro mani. I servizi offerti comprendono 3 ristoranti, 2 bar, enoteca, piscina, galleria d’artigianato, spiaggia privata, sport d’acqua, gymnasium. Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà.
Proposte di attività a Oman
Guy Maupassant Nella pagine precedenti: da sinistra, la penisola di Musandam e particolare del Forte di Nizwa. Sopra:visuale di Nizwa, l’antica capitale che ospita il soukh più tradizionale del paese e particolare della Grande Moschea di Musca.
www.bradipotravel.com
120
Desert Experence - Luxury Mobile Camp: possibilità di costruire itinerari personalizzati con un campo tendato privato mobile e di lusso nei deserti. Diving & Snorkeling: le immersioni in Oman sono fra le più belle del Medio Oriente, con la distinzione che i punti di immersione in Oman sono praticamente inesplorati. Centinaia di differenti specie di pesci di vario colore e dimensioni abitano gli inesplorati reef delle “Daymaniyat Islands”, una riserva naturale tutta da scoprire. Le “Fahal Islands” sono invece rinomate per la grande presenza di squali e mante e per le immersioni profonde da fare a “Shallow Reef” con la possibilità di visitarne il relitto. Frankincese Experience: visita agli alberi di incenso, tipici dell’Oman, nel Dohfar. Partenza da Salalah. |
Business&Gentleman
122
luglio - settembre 2008
Wellness Life
A Merano
il “PARADISO” per fuggire dallo stress Imprenditori logorati dai ritmi e dagli impegni d’azienda? In Alto Adige c’è Villa Eden che realizza soggiorni studiati su misura: come ritrovare l’equilibrio armonico tra corpo e anima attraverso esercizi di rilassamento e cure mirate
123
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
Villa Eden offre attente procedure diagnostiche, cure e trattamenti Beauty personalizzati in ambienti gradevoli e rilassanti, con impiego di attrezzature d’avanguardia e di sostanze
Attorno al mondo del benessere ruotano costellazioni di definizioni, stili di vita e “ricette antistress” diverse e sempre più numerose: si parte dal fitness e relax garantito da palestre e centri spa, da un’alimentazione di tipo biologico, per arrivare a metodi che provengono dall’oriente, dall’agopuntura ai massaggi thailandesi. Il risultato? Un mercato che ha raggiunto nel 2007, un fatturato di oltre 15 miliardi di euro.
rigorosamente naturali. Per il terzo anno consecutivo del premio internazionale Five Star Diamond Award dall’American Academy of Hospitality Sciences di New York
124
A crescere sono stati soprattutto i centri SPA che off rono pacchetti settimanali e di tre-quattro giorni finalizzati al recupero dell’equilibrio psico-fisico. Una delle realtà più eccellenti del settore è l’Hotel Villa Eden di Merano, insignita per il terzo anno consecutivo del premio internazionale Five Star Diamond Award dall’American Academy of Hospitality Sciences di New York, grazie alla sua formula in grado di unire metodiche mutuate dall’antica medicina orientale e armonizzate con la cultura occidentale da un’apposita equipe medico-specialistica (con anni di studi condotti in Cina). Villa Eden off re attente procedure diagnostiche, cure e trattamenti Beauty personalizzati in ambienti gradevoli e rilassanti,
con impiego di attrezzature d’avanguardia e di sostanze rigorosamente naturali, nonché regimi dietetici non penalizzanti e momenti di relax. In 26 anni di esperienza e di crescita, il centro è diventato punto di riferimento per uomini di affari, imprenditori e liberi professionisti alla ricerca di trattamenti mirati contro l’affaticamento mentale e lo stress. “La fi losofia che ci proponiamo punta molto sulla prevenzione - commenta Angelika Schmid, proprietaria di Villa Eden -. Da sempre ci preoccupiamo di vedere la persona nella sua interezza, utilizzando la medicina olistica. Per noi esiste un individuo, e non la somma di parti, fisiche o psichiche, più o meno malate. Cerchiamo di capire le cause, non i sintomi; parliamo di sistemi, non di singoli organi; vediamo la persona inserita nell’ambiente in cui vive, crediamo che riequilibrare significhi già curare e per questo stimoliamo l’autoguarigione. La nostra avventura è iniziata nel 1982. Ai tempi fummo i primi in Italia a proporre un tipo di servizio del genere e negli ultimi dieci anni, grazie alla presenza di un importante e preparato staff medico ed estetico, abbiamo raggiunto risultati eccellenti. Oggi siamo
Wellness Life
La salute è il primo dovere della vita. Oscar Wilde Nella pagina precedente: La sede di Merano di Villa Eden Nella pagina a fianco: l’esterno di Villa Eden. Sopra: particolari dei trattamenti per combattere lo stress.
sempre alle ricerca di nuove conoscenze, tecniche per ottenere risultati in un arco di tempo più ridotto”. Rispetto agli anni passati infatti, causa ritmi di vita in continua accelerata, i momenti da dedicare a se stessi sono diminuiti: “I primi anni l’ospite faceva una vacanza di 10 giorni - prosegue Angelika Schmid -, oggi lo spazio per il tempo libero si è ridotto e per adeguarci abbiamo realizzato un programma di una settimana, mantenendo comunque i trattamenti e le metodiche originali; esistono anche programmi di tre, quattro giorni”.
www.villa-eden.com
Per il mondo imprenditoriale il trattamento più richiesto è il programma per combattere lo stress, un percorso di sette giorni per ritrovare l’equilibrio armonico tra corpo e anima attraverso esercizi di rilassamento e cure mirate. “Esiste anche una formula breve - sottolinea la dottoressa Schmid - ma naturalmente il risultato è limitato rispetto al trattamento di partenza. Tutti i giorni si svolgono delle mini conferenze in cui vengono spiegati i singoli trattamenti, il tipo di alimentazione corretta da tenere e si evidenzia l’importanza del movimento e della dieta. Sono programmati incontri per migliorare la postura, corsi di yoga e risveglio muscolare. Insomma tutto quanto serve per ritrovare un proprio equilibrio mentale. Ci proponiamo di migliorare lo stile di vita con tanti piccoli accorgimenti”. L’offerta del centro di Merano si amplia con altri pacchetti rivolti a casi e pazienti con bisogni differenti: calopeso, vita e salute, vita e bellezza e trattamenti anti-cellulite. La giornata “benessere” tipo proposta da Villa Eden inizia alle 7 del mattino con il risveglio muscolare, seguito dalla prima colazione e da una serie di trattamenti fino al primo pomeriggio. Dopo la pausa pranzo, verso le 16.30 inizia la lezione di ginnastica in acqua a cui segue la seduta di yoga, incontri con esperti, una parentesi di intrattenimento e una serie di giochi. Al termine della vacanza tutta salute e relax, resta un unico consiglio su cui lo stesso Hotel Villa Eden ha costruito la propria storia: “Ascoltare il proprio corpo e tutti i segnali che continuamente ci arrivano. È necessaria un po’ di disciplina sia in campo alimentare che fisico e imparare a vivere in modo equilibrato, trovando sempre la via di mezzo nelle cose”. | 125
Business&Gentleman
luglio - settembre 2008
20° Salone Internazionale del Naturale
Milano Unica
Dal 11 settembre al 14 settembre 2008
Dal 16 settembre al 19 settembre 208
Sede: BolognaFiere
Sede: Fiera Milano City
Importante evento fieristico dedicato a tutte le nuove tendenze che manifestano una particolare attenzione alla salute della persona e al rispetto per l’ambiente, attraverso la promozione di prodotti equi ed eco-compatibili. Oltre a dedicare una particolare attenzione al consumo consapevole, un’area del polo fieristico sarà interamente destinata alla presentazione delle tecnologie e dei prodotti fi nalizzati a migliorare la qualità del vivere, con soluzioni abitative realizzate tenendo in considerazione impatto ambientale e risparmio energetico.
Nata dall’esperienza e dalla tradizione di cinque marchi della rappresentanza fieristica italiana, Ideabiella, Ideacomo, Moda In, Prato Expo, Shirt Avenue, la manifestazione tessile dal carattere internazionale è giunta alla sua settima edizione. Milano Unica è un appuntamento che propone il top di gamma della produzione tessile italiana ed europea e richiama nel nome i caratteri esclusivi della manifestazione: singolarità, esclusività e unificazione.
luglio
agosto
01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
L’agenda delle Fiere
126
Italian Cluster Conference and Exhibition
Anteprima
Dal 12 settembre al 14 settembre 2008
Dal 15 settembre al 16 settembre 2008
Sede: Brescia
Sede: Fiera Milano City
È una rassegna dei distretti industriali d’Italia con presentazione dei distretti di fi liera e del recente distretto biomedicale di Bergamo-Brescia.
È una presentazione “in esclusiva” di idee e proposte per la messa a punto dei campionari che verranno poi esposti a Lineapelle, la più grande fiera mondiale di settore. L’evento è riservato ad un selezionato pubblico di stilisti, designer e professionisti per conoscere i nuovi stili e le nuove tendenze della moda nell’ambito di una manifestazione altamente esclusiva e specializzata.
I prossimi appuntamenti
MilanoVendeModa
No Frills - Turismo
Dal 25 settembre al 28 settembre 2008
Dal 26 settembre al 27 settembre 2008
Sede: Fiera Milano City
Sede: Nuova Fiera di Bergamo
Manifestazione unica ed esclusiva per il mondo della moda, MilanoVendeModa è l’occasione di incontro per le aziende produttrici, gli stilisti e gli acquirenti internazionali che attendono di conoscere le ultime proposte per le collezioni primavera-estate con un anno d’anticipo. Su una superficie espositiva di più di 20mila metri quadrati sarà possibile ammirare i modelli di abiti creati dai migliori stilisti di prét à porter donna, ma anche proposte di accessori moda, calzature, abiti da sposa e capi in pelle. Come sempre una vetrina esclusiva e un evento di fama internazionale che ogni anno attira i più esigenti operatori del settore.
Una fiera interamente dedicata al turismo “senza fronzoli” e riservata ad incontri tra operatori del settore, agenti di viaggio, tour operator e professionisti nel mondo dell’incentive e dei viaggi. Nei padiglioni di via Lunga, il tradizionale appuntamento con il turismo sarà come sempre un’occasione per entrare in contatto con i nuovi mercati e conoscere le nuove tecnologie e opportunità del settore.
settembre 25 26 27 28 29 30 31 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10
11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28
Abitare il Tempo
Milano Moda Donna
Dal 18 settembre al 22 settembre 2008
Dal 20 settembre al 27 settembre 2008
Sede: VeronaFiere
Sede: Fiera Milano City
È la fiera più esclusiva per l’arredamento d’interni, un evento che riunisce tutte le categorie merceologiche al più alto livello, attraendo un pubblico internazionale di operatori attenti e qualificati. Tradizione ed avanguardia, classico e contemporaneo coestistono all’interno di uno spazio che da sempre coinvolge i migliori produttori di ogni settore, così da fare di “Abitare il Tempo” un appuntamento esclusivo riservato al mercato di fascia alta.
Milano Moda Donna è l’occasione per conoscere le nuove tendenze di un mercato sempre più dinamico, attraverso le più belle collezioni donna create da stilisti di fama mondiale. Dedicato agli operatori del settore, l’evento, organizzato dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, darà l’opportunità di assistere per un’intera settimana a sfi late, presentazioni di showroom e al lancio di nuovi talenti selezionati per un pubblico di oltre ventimila visitatori.
127
29 30
Business & Gentleman Pubblicazione trimestrale www.businessgentleman.it anno I - numero 2 | luglio - settembre 2008 Direttore responsabile Mauro Milesi mauro.milesi@cobalto.it Redazione Coordinamento: Laura Di Teodoro laura.diteodoro@cobalto.it In redazione: Desirée Cividini desiree.cividini@cobalto.it Segreteria: redazione@businessgentleman.it
io rio riio ori o orio tori torio to iisst Pisto Pis Pi le P alle a ale uale u ua qua qual q qu ssq squa squ asqu a Pasq Pa P da to to da at ato a fato affa afa ra raf grafa graf gr graf gra og ogra o t togr otog o ot foto ffo a pppppa ppa app ap appa hia hi Ch Chi C la Chia lllla ellla viell Vivie
| € 7,00
PII PPI IPP XIP WXI WX W HIPPII W WII VIWWI TVI MQT MQ MQ -P FYWMRIW HME SPXVI
Art Director Emanuele Rossi emanuele.rossi@cobalto.it
- giugno 2008
PII -R 0SQFEV EIVSWTE^ME RIP WIX XSVI
% 2% (2 P ( RIIP RI HMXSVM R M VVMMS VMS EVMS -QTVIRRMS MREV MRE MR WXVESVHMR
ro 1 | aprile
-P TEXVMQS VM VM HI JEQMPME HIPPI E^MIR
anno I - nume
316 31 S 3 GGGIIWWWS YGG WYG PPS HM WY WMMM IWM IIWM XIWM ^^ ^ EXIW I^^ I^ I^^E 6I^ -P QSHIIGG I 6I I ERMGLII 6 PSFEPI 3JÁ GMRI 1 KPS KP S KPS I QIVGEXS XVE VMGIVGE
LTO SRL
RMM SR SGGGS SPPPM S WS WSPM WSP HM &SG SZZEEEWS SZE VVS VSZ 4VS 4 4V S 4 R IPPPS 4 RK 0E WÁ HE % RKI %R % EP VIXXSVII RMM ER ERM ER
AMO - COBA
Q SQE HSQ HM H HM H -RXIVZ MWXE X kk H MXk H WMXk VWM VWM VW P¸YRMZIVW GLI WTMIKE
1, DCB BERG
IWW RIIW WMMR &YWWMR VX SVX TS HM WTS HM 7TSVX YR HM H SPE HM ZSPE ZSP ZS E JEZSPE Z{
n. 46) art.
1 comma
REE R RR RREZ RRE 'EEERR ' 'ER S 'E 0I QMPPI I HS HS H HMH RHM HE 'E R VEGGSRXEXI
Equipe tecnico-scientifica Daniela Andreini, Gianpaolo Baronchelli, Andrea Bonalumi, Ivan Consoli, Marco Maria Fumagalli, Maurizio Gardenal, Andrea Manzoni, Leonardo Marabini, Christian Montana, Cristina Moro, Sheyla Rega.
27/02/2004
VMMS SVVMS S XS 4MMWWXS 4 PPI 4 EPI EP YE UY 4EWU
Poste Italian
e S.p.A. -
Spedizione
o postal in abbonament
e 45% - D.L.
353/2003
(conv. in L.
1-78)6MMS RI -RRSZE^ S XI RXI RX W HIIR WM TVIIWMH GIIT GI MGI -P ZZMG ME WXXVMME YWXV HY RH R Á R RÁ R SR -¶ 'S \ -¶ -\HMM ' EE µ--\ VE QQE µ KV K VE VSK TVVS P T P T HIIP H PEE H VPE EVP TEEV HII H Á H WÁ W WÁ I W I Z ZI SZ YS RY PII R PPPI HIIIPP I H k Xk MXk ZM ZMX Z M MZM X XXMMMXM TIXMX E GSQTI E G V P V PPE TIVV TI IWI QTVIW MQ MQ PPII M PPI PP HI HIPP
Hanno collaborato Serena Barulli, Enrico Benedetti, Stefania Bugada, Fabrizio Calvo, Alessandra Ferretti, Alice Sofia Neri, Alessandro Rossi, Simone Scelsa, Elena Sottocornola, Paola Suardi. Fotografie Massimo Angeli, Viviella Chiappa, Jeroen Hofman, Vincenzo Lombardi. Archivi fotografici Persico Spa, Cobalto, Villa Eden, Diadema Spa, Studio Alfonso Femia Gianluca Peluffo, Concord, On International
Abbonati! Risparmio, sicurezza, comodità e soddisfazione.
Immagini uffici stampa Torino World Design, Principe di Savoia, Ordine dei Commercialisti di Milano, Bradipo Travel, Gewiss, Musil Brescia. Direzione Marketing e Pubblicità Fabrizio Pilenga fabrizio.pilenga@cobalto.it
Sono i vantaggi per coloro che sceglieranno di abbonarsi a Business & Gentleman, per avere sempre uno sguardo attento e privilegiato sul mondo dell’imprenditoria in Lombardia. Abbonarsi alla rivista, che attraverso le sue pagine racconta sfide e imprese dei protagonisti del mondo imprenditoriale lombardo, permetterà non solo di risparmiare, usufruendo di sconti speciali e del prezzo bloccato
Account Executive Sara Franceschini sara.franceschini@cobalto.it Editore e Redazione Cobalto Srl via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350 Pubblicità Cobalto Adv via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350
per l’intera durata dell’abbonamento, ma anche di ricevere puntualmente ogni numero di B&G.
Acquista l’abbonamento direttamente online:
www.businessgentleman.it
Stampa CPZ Spa via Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG) Testi e fotografie, forniti su qualsiasi supporto, anche non pubblicati non verranno restituiti. Registrazione presso il Tribunale di Bergamo n.5 del 7 febbraio 2008 N. iscrizione ROC 12491
CË 8D<I@:8 <Ë G@LË M@:@E8 :FE ;<CK8 8@I C@E<J Mfc` efe$jkfg [X D`cXef# G`jX# IfdX \ M\e\q`X g\i 8kcXekX# E\n Pfib$A=B \ :`eZ`eeXk`# Zfe Zfdf[\ Zf`eZ`[\eq\ g\i LJ8# :XeX[X# 8d\i`ZX CXk`eX \ :XiX`Y` G\i `e]fidXq`fe` m`j`k` `c j`kf [\ckX%Zfd fggli\ Z_`Xd` /+/ ./' *.-
[\ckX%Zfd
anno I - numero 2 | luglio - settembre 2008
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 45% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB BERGAMO - COBALTO SRL In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di BERGAMO per la restituzione al mittente che si impegna al pagamento dei resi. www.businessgentleman.it
numero 2 | luglio - settembre 2008 | € 7,00
Consumi da 10,3 a 16,1 litri/100 Km (ciclo combinato). Emissioni CO2 da 272 a 380 g/km.
Jeep® è un marchio Chrysler LLC.
800 633 223 jeepgrandcherokee.it
JEEP GRAND CHEROKEE. ADESSO IL MONDO È PIATTO. Raffinato e impeccabile su strada, sa quando lasciare spazio alla potenza grazie a un motore 3.0 V6 turbodiesel Common Rail da 218 CV con filtro antiparticolato. Esclusivo sistema di trazione Full-Time Quadra-Drive II ® , per affrontare con la massima disinvoltura qualsiasi terreno. I sistemi elettronici Hill Descent, Start Assist e il dispositivo antiribaltamento ERM garantiscono estrema sicurezza. Pienamente appagante con gli innovativi sistemi MyGIG™20 e NAV, il climatizzatore automatico e i prestigiosi inter ni. JEEP GRAND CHEROKEE. SPINGETEVI OLTRE.
Manifatturiero
Settore trainante in Lombardia: il primato delle medie imprese
Consulenze aziendali
La strada per il rilancio tra qualità, efficienza e risparmio
Lady B
Cristina Bombassei: una carriera senza sconti fi no ai vertici di Brembo
Evoluzioni professionali
Ordine dei Commercialisti di Milano intervista al presidente Martino
Case History
Storie e ritratti di successo: Persico, Principe di Savoia e ITA
Clarence Seedorf
CAMPIONE anche nel business Non solo calcio: si distingue dai “colleghi” per spirito imprenditoriale, formazione e vision. Ma la sua passione è la solidarietà con progetti a sostegno dei bambini in tutto il mondo
Clarence Seedorf fotografato da Jeroen Hofman