B&G N°3

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anno I - numero 3 | ottobre - dicembre 2008

stile intramontabile

Monica Santini, Giorgio D’Amore e Francesco Franceschetti fotografati da

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Viviella Chiappa

Santini, D’Amore, Franceschetti

La Grinta dei Giovani

per vincere la scommessa della ripresa economica Creatività

Storie di successo

Etica e strategia

Tecnologia e informatica

Lombardia, il mercato delle idee vale 13 miliardi di euro

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Le nuove sfide 2008 del World Business Forum

Uomini e imprese, focus su Canon, Beretta e Percassi La rivoluzione Smau sempre più in stile business


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Editoriale di Mauro Milesi

Legenda delle icone di lettura Business & Gentleman ha studiato dei richiami grafici per aiutare la “navigazione” dei servizi e offrire informazioni aggiuntive. Innanzitutto ogni articolo presenta un’icona che ne identifica la tipologia di contenuto: Giornalistico: servizi, approfondimenti, interviste realizzate dai nostri giornalisti e dai collaboratori B&G. Tecnico-scientifico: studi e ricerche che hanno una connotazione tecnico-scientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi. Divulgativo: notizie, curiosità, anteprime, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design Inoltre la lettura può riservare informazioni aggiuntive con le seguenti icone Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico Url: la segnalazione di siti e portali sul tema trattato Argomenti correlati: segnalazione di servizi B&G che trattano argomenti simili Citazione: un ipse dixit che impreziosisce il discorso trattato Bibliografia: la segnalazione

Nel numero scorso abbiamo sottolineato l’importanza della prossimità e del valore delle macroregioni nell’evoluzione dell’economia e delle relazioni ad essa connesse. Lo sviluppo di questo ragionamento ci porta diritti a considerare alcuni aspetti legati all’Expo 2015 di Milano che si delinea all’orizzonte come uno degli appuntamenti fondamentali per l’Italia e in particolare per il territorio lombardo. Innanzitutto, l’importanza di eventi globali come questo (da quelli sportivi come le Olimpiadi a quelli politici come il G8) arriva dalla valutazione degli effetti che in molti casi si sono prodotti sulle città che li hanno ospitati. Per questo l’Expo è un’occasione non solo per Milano come città, ma come punto focale di una macroregione assai più ampia che si allarga come i cerchi concentrici generati da un sasso gettato nell’acqua. Un vero e proprio banco di prova oltre che una sfida affascinante per un territorio che vanta già tanti primati sul fronte imprenditoriale, ma che deve dimostrare di saper guardare più in là dell’orizzonte. Ma quali sono queste occasioni? In questo ci aiuta una bella riflessione di Guido Romeo su “Nòva Review” che mette in luce alcuni elementi connessi agli eventi globali. Innanzitutto un appuntamento di questa portata consente di accrescere “l’audience” di una città diventando un’occasione di marketing straordinaria per la promozione e la valorizzazione del territorio. Importante è anche il meccanismo di competizione che si innesca a livello internazionale tra città e a livello locale tra aspiranti protagonisti. Sul fronte mondiale, ogni metropoli punta a far bene e dimostrare il proprio savoir-faire rispetto al palcoscenico delle consorelle planetarie. In chiave locale, è inevitabile la competizione tra aziende, enti, istituzioni che concorrono per avere una chance all’interno del contenitore Expo, compresa la loro capacità di intercettare fondi a favore dei propri progetti. La competizione è anche il motore per generare innovazione, per dar vita a iniziative d’eccellenza che off rano davvero un importante valore aggiunto. Un evento della portata dell’Expo non può non avere importanti ripercussioni sul fronte turistico, catalizzando l’attenzione degli operatori del settore pronti a non farsi sfuggire una forte crescita della domanda per il periodo direttamente connesso alla manifestazione. Strategica sarà anche l’accelerazione per la realizzazione di importanti infrastrutture che ancora mancano come ad esempio Pedementana, Tangenziale Est Esterna di Milano, Brebemi, senza dimenticare i collegamenti ferroviari e quelli aeroportuali. Questo panorama darà spinta anche a operazioni immobiliari mirate con una sostanziale riqualificazione urbanistica e l’inserimento di elementi architettonici pregiati nel contesto della città e del territorio. Inevitabile, a fronte del panorama che abbiamo disegnato, non pensare a una crescita generale dell’occupazione in quegli ambiti connessi direttamente o indirettamente a tutto questo fervore. Ma non si tratterà solo di una crescita quantitativa, potranno nascere anche nuove professioni e nuove professionalità per far fronte allo sviluppo di progetti innovativi o esigenze specifiche.

bibliografica collegata all’argomento

Insomma le occasioni che si presentano sono straordinarie e possono davvero prefigurare uno slancio positivo su livelli molteplici per Milano e la Lombardia. Ma si dovranno verificare alcune condizioni fondamentali. Dovrà funzionare la collaborazione tra pubblico e privato per creare le giuste sinergie, per ridurre i tempi della burocrazia, per far viaggiare istituzioni e imprese alla stessa velocità nel rispetto dei tempi e degli obiettivi. Si dovrà mettere a punto una strategia che tenga conto dell’evento in fase preparatoria, durante il suo svolgimento e dopo la sua chiusura. Proprio la pianificazione del “dopo” è un aspetto delicato e importante affi nché gli investimenti fatti non muoiano con la fi ne dell’Expo, ma possano ripercuotersi a lungo termine a beneficio del territorio. Tutto questo dovrà essere fatto tenendo conto dei cittadini, sarà opportuno sviluppare la capacità di coinvolgere la gente e farla innamorare di questo progetto. L’Expo deve diventare motivo d’orgoglio e opportunità per tutti. Solo così, sarà davvero un evento di portata globale.

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Sommario numero 3 | ottobre - dicembre 2008

8.

Editoriale

50.

Eventi globali. L’occasione EXPO 2015

14.

Moda

Spazio Formazione

54.

Mobile&Wireless

56.

Imprese creative

60.

Anteprime

62.

Chief Financial Officier

66.

Canon

68.

Beretta

72.

Antonio Percassi

74.

Giovani imprenditori

78.

Settori specializzati Focus sul mondo assicurativo: i casi Arfi n e Pramerica Life

10

Architettura

Office Life

Logistica

Network di aziende

Ivan Rivoltella L’emozione BMW dedicata alle imprese

82.

Confronto tra i Gruppi Confi ndustria di Bergamo, Brescia e Milano

46.

96.

Pricing on line Internet e vendita: pregi e difetti dell’E-commerce

86.

Esportazioni La non imponibilità IVA. In collaborazione con Promos

Van Gogh Al Museo di Santa Giulia 100 opere dell’artista olandese

100. Luxury mobile Eccellenza nella telefonia: i ‘gioielli” di Vertu

106. Nautica Nuove frontiere del mercato del lusso

110.

Sigari La nuova linea Davidoff dedicata a Winston Churchill

114.

Con Sintesi, Eurobica lancia il consorzio delle opportunità

Il genio del Real Estate: l’operazione di San Pellegrino Terme

40.

Silvio Garattini

Stile di successo Dal libro di Cinzia Felicetti i consigli per manager e impreditori

Anteprima del prossimo Logistic Forum di Gubbio

Cinque secoli di successi per l’impresa bresciana

36.

94.

Franco Comelli racconta la realtà di Arredo Ufficio

Meccanismi e sfide di un’azienda leader nell’innovazione

32.

Danilo Preto

Coaching Verso una nuova forma di leadership

Progetti e stile di Dorit Mizrahi e Oliviero Godi

Alla scoperta di una nuova professione

28.

92.

Una vita dedicata alla scienza: presente e futuro del “Mario Negri”

Le nuove sfide del World Business Forum 2008

24.

Francesca Moretti

Borsa Italiana Poche società quotate: l’analisi del fenomeno

Parola al direttore comunicazione del Gruppo Sisa

L’approfondimento tematico: l’export di moda e design

22.

90.

Intervista alla Lady della Franciacorta

Il mercato delle nuove tecnologie wi-fi

18.

Juan Carlos Ferrero

Internazionalizzazione Costi e benefici dell’offshoring per le imprese

Dal tennis al business: la storia di una nuova sfida

Una selezione dei corsi dedicati a imprenditori e manager

16.

88.

Le nuove prospettive della Fiera per l’Information Technology

Veneziana di Navigazione, lo stile ‘800 dei marinai

15.

Smau

Motori L’eleganza e la grinta della nuova XF Jaguar

118.

Turismo a cinque stelle Wyoming e un viaggio nel Far West

124. Wellness life Si amplia il Relais&Chateaux “Da Vittorio”

128. L’agenda delle fiere Esibizioni, appuntamenti, esposizioni in tutti i settori





Dettagli di stile

Dalla ricca documentazione di immagini storiche, dal secolo di esperienze maturate sui mari e dalle storie affascinanti, prende spunto una collezione maschile di forte autenticità. “Veneziana di navigazione” veste l’uomo con capi di taglio sportivo che, per colore, materiali, dettagli e fantasia riprendono lo stile e l’abbigliamento della gente di mare. Giacche, maglie e pantaloni sono caratterizzati dal bottone tondo, in origine d’argento, che veniva utilizzato sulle divise degli ufficiali. Anche il nome di ogni modello è ispirato alla tradizione marittima e alle antiche imbarcazioni della Venezia marinara. Per la collezione autunno-inverno 2008 propone l’Arsenale, giaccone con cappuccio in cordura, gomiti e spalle rinforzate. Particolare il dettaglio della chiusura frontale costituita da anelli che si agganciano ad asole in corda, reinterpretazione del gancio che i marinai utilizzavano per assicurarsi alla fune per svolgere lavori fuori bordo. Un mix di storia ed innovazione per un capo prezioso e senza tempo. Come accessori, la nuova collezione propone una fibbia a timone, in acciaio, una linea semplice ma allo stesso tempo personalizzata. La Sacca Fisola, da veri lupi di mare, è realizzata in tessuto tecnico idrorepellente, con logo applicato in vera pelle stampata. La borsa a tracolla, doppia cartella in pelle di vitello, presenta una linea elegante, design ricercato e funzionale con manico, chiusura con due fibbie, tasca anteriore e comoda tracolla.

www.vdn1899.it

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Come i marinai della Venezia stile ‘800 Le vecchie divise degli equipaggi di cento anni fa sono diventate l’ispirazione per nuove ed esclusive collezioni realizzate utilizzando fi lati e tessuti pregiati a cura della redazione

Era il 1899 quando la prima nave Veneziana di Navigazione, salpava dalla banchina Scomenzera alla volta di Bombay. Oggi, quella stessa compagnia protagonista nei trasporti marittimi nell’Adriatico, ha portato il proprio marchio a solcare nuovi mari e oceani, quelli della moda maschile, spinta dal vento della propria storia e tradizione. Le vecchie divise degli equipaggi di cento anni fa sono diventate l’ispirazione per nuove ed esclusive collezioni realizzate utilizzando fi lati e tessuti pregiati attuali e innovativi. Veneziana è rigorosamente Made in Italy: ogni capo è prodotto in Italia e valorizzato da un’accurata ricerca nei particolari e si avvale dell’esperienza di Bella Gruppo Italiano Maglierie, con sede nel modenese, licenziataria del marchio. Per arrivare a creare le collezioni di Venezia di Navigazione, è stata effettuata una ricerca osservando centinaia di foto vecchie cent’anni, sui materiali dell’abbigliamento dei vecchi equipaggi, sulla tradizione e sui dettagli in uso nella Venezia di fine ‘800. Il risultato è la creazione di capi sportivi realizzati per un target elegante,

casual, di alto profi lo. Le giacche, le maglie e i pantaloni sono caratterizzati dal tipico bottone dorato, in origine d’argento, che veniva utilizzato sulle divise degli ufficiali. Emblema di Veneziana di Navigazione è il “caboto”, il tipico pastrano dei sailorman, sempre presente e proposto di volta in volta in diverse varianti. I capi di Veneziana sono stati utilizzati da Apreamare (azienda produttrice di yacht e barche di lusso) per la realizzazione dei nuovi cataloghi presentati in occasione del salone nautico e per vestire i suoi marinai durante le tre tappe del salone: Cannes, Montecarlo e Genova. |

Sopra: la sacca fisola e la Calle Muazzo. Sotto: il giaccone Arsenal


I prossimi appuntamenti

Spazio formazione

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COMUNICAZIONE EFFICACE Periodo del corso _____________________________________________ Mercoledì 10 e giovedì 11 dicembre 2008 dalle 09.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 Descrizione __________________________________________________

Presentiamo una selezione di corsi e seminari che prenderanno vita nei prossimi mesi, organizzati da Confi ndustria Bergamo. Dedicato a imprenditori, manager e professionisti

Il corso si rivolge a imprenditori, dirigenti, quadri e a tutte le funzioni aziendali con incarichi di responsabilità; a tutti coloro che desiderano o hanno la necessità di entrare facilmente in sintonia con gli altri e a chi vuole migliorare le proprie capacità di ottenere il consenso. Il corso permette di acquisire una chiara comprensione di cosa serve per avere buoni rapporti con le altre persone; imparare a trattare gli altri creando fiducia, anche con le persone che non sono come noi; imparare ad essere flessibili e costruire rapporti vincere/vincere. Il corso è prettamente pratico: ogni argomento trattato è seguito da esercizi che favoriscono il massimo apprendimento già durante il corso. Tutte le metodologie illustrate potranno essere applicate, fi n da subito, nell’attività quotidiana. Programma __________________________________________________

Servizi Confindustria Bergamo S.r.l. via Madonna della Neve, 27 - Bergamo

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• Identificare i motivi (consci e inconsci) della comunicazione • Comprendere come le persone pensano • Capire come le persone comunicano ciò che pensano • Come sintonizzarsi e comprendere gli altri • Riconoscere l’impatto delle parole, del tono della voce e del linguaggio del corpo • Come affinare l’abilità di osservare i messaggi nascosti • Come creare e mantenere buoni rapporti mentre si gestiscono le obiezioni • Come trattare con “persone difficili” • Apprendere come creare buoni rapporti con persone che non sono come noi • Imparare a sviluppare rapporti vincere/vincere Docente _____________________________________________________

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dott. Fabrizio Cornalba LEADERSHIP PERSONALE

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LA DELEGA STRUMENTO DI SVILUPPO DEI COLLABORATORI Periodo del corso _____________________________________________ Periodo del corso _____________________________________________ Mercoledì 12 e giovedì 13 novembre 2008 dalle 09.00 alle 13.00

Lunedì 9 e martedì 10 febbraio 2009 dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00

Descrizione __________________________________________________ Descrizione __________________________________________________ Il corso si rivolge a imprenditori, dirigenti, quadri e a tutti coloro che occupano una posizione di responsabilità. L’obiettivo è lo sviluppo della leadership attraverso strumenti che contemplano l’utilizzo delle emozioni; fornire strumenti per motivarsi nel raggiungere gli obiettivi di gruppo, accrescere e rinforzare lo spirito collaborativo nei confronti dei propri collaboratori/colleghi e acquisire le capacità di creare un clima produttivo dove ognuno percepisce il valore del proprio contributo. Programma __________________________________________________ • La forza degli obiettivi • Come trasformare l’errore in feedback • Comprendere l’importanza della leadership emozionale nel proprio ruolo • Le differenze che fanno la differenza • Il valore della responsabilità • Il controllo emotivo nel superare le difficoltà • Come riconoscere il potenziale di chi ci sta intorno • Comprendere l’importanza dell’aiutare gli altri a tirar fuori il meglio di sé • Il valore del sostegno • Come vincere assieme superando le resistenze • Come aumentare i depositi emozionali

Il corso si rivolge a imprenditori, dirigenti, manager e in generale a coloro che in azienda gestiscono risorse umane e desiderano affi nare le loro capacità di delega e motivazione dei collaboratori. Una delle maggiori sfide di un leader è legata alla responsabilità di prendere decisioni. Esistono molti strumenti adatti a facilitare il processo decisionale. La delega è uno strumento potente che aiuta i manager ad ottimizzare la gestione del loro tempo. Se ben utilizzata favorisce anche lo sviluppo delle competenze, della fiducia in se stessi e della motivazione dei collaboratori. Il corso, altamente esperienziale, fornisce degli strumenti pratici sia per migliorare la propria delega sia per allinearla al proprio stile di management e di leadership. Programma __________________________________________________

Docente _____________________________________________________

• Gli obiettivi della delega • Quale stile di delega per quale stile di Leadership? • Delega e crescita di un team • Riconoscere e gestire gli ostacoli alla delega • 7 passi per una delega efficace • Come comunicare la delega • I rischi della delega • Organizzare il follow up della delega • Delega e motivazione dei collaboratori: stili a confronto

Dott. Fabrizio Cornalba

Docente _____________________________________________________ dott.ssa Sheyla Rega – Partner Lody s.r.l.

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Business&Gentlemen

ottobre - dicembre 2008

La competitività corre

senza fili Cresce il mercato Mobile&Wireless: le nuove tecnologie wi-fi migliorano i processi aziendali, riducono costi, tempi e accrescono la fidelizzazione dei clienti sul largo consumo. L’indagine della School of Management del Politecnico di Milano a cura della redazione

Un’innovazione che viaggia “senza fi li”, riducendo i costi dei processi di comunicazione e aumentando i ricavi per imprese e servizi. Il Mobile&Wireless e l’intero universo di soluzioni, vantaggi e impatti sui processi di gestione sta avendo una rilevante ricaduta competitiva per l’intero mondo economico, imprenditoriale e non solo. Il tema è stato aff rontato nel convegno di apertura del Wireless4Business Forum, organizzato a Milano lo scorso maggio e ha continuato a tenere banco nel corso di questo 2008. Il Mobile&Wireless comprende tutta una serie di applicazioni in grado di supportare in mobilità le persone o di tracciare gli spostamenti di oggetti, utilizzando le tecnologie Wireless – WiFi, Reti Cellulari, Reti Satellitari, RFId –. I campi di applicazione del wireless, come è emerso dall’incontro, vanno dalla logistica di magazzino al mobile office, ma si stanno sviluppando applicazioni innovative anche in ambienti specialistici, come quello sanitario. I benefici ottenuti spaziano dagli incrementi di produttività del personale al miglioramento delle prestazioni di efficacia dei processi, ma spesso includono anche benefici più intangibili quali per esempio la riduzione del rischio clinico in Sanità, il controllo del traffico nel Trasporto, la fidelizzazione dei clienti nel Largo Consumo. Attualmente il mercato del Mobile&Wireless in Italia, come emerge dal rapporto dell’Osservatorio del Politecnico, è di circa 2.650 milioni di euro; questo valore include l’Hardware (Notebook, Tablet, device industriali e terminali Rugged, Smartphone e Pda business, apparati per le 16


Soluzioni hi-tech

Reti Wireless Lan negli uffici, box M2m, ecc.), la Consulenza e i Servizi erogati, il Soft ware, le Applicazioni, le Soluzioni e, infine, la Connettività (messaggistica Machine-to-machine, Machineto-person, navigazione e browsing) espressamente a supporto di attività di Business. “Le soluzioni Mobile&Wireless rivestono un ruolo sempre più rilevante nel favorire l’innovazione nelle imprese e nella pubblica amministrazione, a tutti i livelli – ha spiegato Alessandro Perego, della School of Management Politecnico di Milano -. Hanno un impatto positivo sugli individui e sui processi interni alle imprese, riducendo i costi operativi fino al 70% e i costi per i trasporti fino al 67%. Buona parte delle persone dedicano una parte crescente del proprio tempo ad attività svolte lontano dall’ufficio, si tratta dei cosiddetti mobile worker che utilizzano le soluzioni Mobile&Wireless. Come ha evidenziato il collega Mariano Corso i mobile workers sono figure in costante aumento: i manager sono cresciuti del 26% e i venditori del 34%: “La mobilità è un’esigenza che riguarda il 46% del personale che lavora per le aziende – ha spiegato Corso – di questi il 47% sono venditori, il 26% tecnici e il 7% consulenti”. Un’esigenza, ma soprattutto un’opportunità, come confermano i dati e l’esempio portati da Giovanni Castellucci sulla realtà di Autostrade per l’Italia, società tra le prime in Italia nel campo delle tecnologie Mobile&Wireless: “Il nostro servizio di pagamento del pedaggio Telepass, basato su tecnologia a microonde, è il più utilizzato al mondo, anche se è stata la seconda società in ordine di tempo, a iniziare a implementare tale tecnologia – ha spiegato Castellucci -. E se il numero di utenti italiani del Telepass equivale a quello degli europei che utilizzano un servizio analogo non è perché abbiamo iniziato un anno prima degli altri gestori, ma perché abbiamo gestito e implementato questo sistema con servizi avanzati, come la possibilità di attivare il contratto da internet e di pagare direttamente sul conto bancario”. Il sistema Telepass comprende 1.500 sensori wireless installati, sei milioni di utenti domiciliati presso un conto bancario e 6.500 contratti stipulati online. Inoltre dal 2004 la società gestisce tutte le operazioni invernali mediante un sistema integrato basato su rete wireless GPS e controllato centralmente, che ha sostituito integralmente le procedure su carta. |

Il Mobile&Wireless continua ad avere un impatto positivo sugli individui e sui processi interni alle imprese, riducendo i costi operativi fino al 70% e i costi per i trasporti fino al 67%. Buona parte delle persone dedicano una parte crescente del proprio tempo ad attività svolte lontano dall’ufficio: si tratta dei cosiddetti mobile worker che utilizzano le soluzioni Mobile&Wireless. La mobilità è un’esigenza che riguarda il 46% del personale che lavora per le aziende, di questi il 47% sono venditori, il 26% tecnici e il 7% consulenti

B&G n.2 – ICT, le famiglie battono le imprese – p. 20 B&G n.1 – Verso l’Enterprise 2.0 – p. 14 www.w4bforum.com www.osservatori.net

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Business&Gentlemen

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ottobre - dicembre 2008


Lombardia e sviluppo

Lombardia, fucina

creativa Il mercato delle imprese creative vale circa 13 miliardi e il 28,3% del totale export nazionale per i servizi creativi. Moda e design in prima fi la, ma anche editoria, cinema e giocattoli a cura della redazione

Dalla moda al design, dall’editoria ai prodotti cinematografici e video, ma anche strumenti musicali, giochi e giocattoli, prodotti delle attività di creazione artistica e letteraria: le imprese creative lombarde vanno all’estero ed esportano per un valore di 12 miliardi e 600 milioni di euro al 2007, il 28,3% del totale export nazionale nei settori creativi, con un incremento in due anni dell’11,2%. È quanto emerge da un’elaborazione della Camera di Commercio di Milano su dati Istat al 2007. Tra le province lombarde, Milano è leader del settore con un export pari a circa 5,5 miliardi di euro (il 43,5% del totale export lombardo, +15,2% di crescita in due anni), seguita da Como con un export di oltre 2 miliardi di euro (16,6% dell’export, +8,3%) e Bergamo che esporta per 1,6 miliardi di euro (13,1%, +4,2%). Mentre Pavia è la provincia lombarda che cresce di più dal 2005 al 2007 (+35,7% di crescita), bene anche Milano (+15,2%) e Mantova (+14,4). Ma chi apprezza di più la creatività lombarda? Il mercato europeo comunitario con 6,7 miliardi di euro assorbe oltre la metà dell’export regionale (53,1%, +5,3% in due anni pari a 336 milioni di euro in più), il 17,4%, per un valore di 2,2 miliardi di euro, è invece diretto in altri Paesi europei (tra cui Russia e Turchia) che vantano una tra le più forti crescite in due anni (+40,4%, +630 milioni di euro) insieme all’America centro meri19


Business&Gentlemen

ottobre - dicembre 2008

dionale (+21,8%, 36 milioni di euro in più), Africa settentrionale (+18%, +56 milioni di euro), Medio Oriente (+15,7%, +54 milioni di euro) e Asia centrale (+29,8%, +18 milioni di euro). È soprattutto la moda a far la parte del leone con 8,8 miliardi di euro in esportazioni, rappresentando il 70% dell’export creativo lombardo e segnando un incremento del 9,2% dal 2005 al 2007. Per il solo settore dei mobili, la Lombardia esporta una quota pari a 2 miliardi e 262 milioni di euro (al quarto trimestre 2007), crescendo dell’ 8,7% in un anno e del 19,5% dal quarto trimestre 2005, battendo la media nazionale che si ferma rispettivamente al 3,9% e al 10,1% e rappresentando un quarto dell’export italiano del settore. I mobili lombardi vanno ad arredare case e uffici di Francia (oltre 310 milioni di euro di export, pesa sul totale esportazioni lombarde del settore per il 13,7%), Stati Uniti (oltre

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227 milioni di euro, 10%) e Germania (205 milioni di euro, 9,1%). Le province lombarde leader del settore mobili, quanto ad export, sono Milano (1 miliardo e 110 milioni di euro di export nel 2007, 49% del peso regionale dell’export di settore, +6,1% in un anno, +17,1% in due anni), seguita da Como (558 milioni di euro, 24,7% del peso, +15% in un anno, +29,4% in due anni) e Brescia (quasi 215 milioni di euro, 9,5% del peso lombardo, -3,5% in un anno ma +14,8% dal 2005). Medaglia d’argento sul podio della creatività per il design, che esporta per quasi 3 miliardi di euro, il 23% dell’export delle imprese creative lombarde, e ha avuto una crescita del 19% in due anni: sono 1.024 aziende, contro le 944 del 2004 e rappresentano oltre un quarto del totale nazionale (26%). Tra le province che esportano di più il design lombardo trovia-


Lombardia e sviluppo

Le imprese creative lombarde vanno all’estero ed esportano per un valore di 12 miliardi e 600 milioni di euro al 2007, il 28,3% del totale export nazionale nei settori creativi, con un incremento in due anni dell’11,2%. Tra le province lombarde, Milano è leader del settore con un export pari a circa 5,5 miliardi di euro (il 43,5% del totale export lombardo, +15,2% di crescita in due anni), seguita da Como con un export di oltre 2 miliardi di euro (16,6% dell’export, +8,3%) e Bergamo che esporta per 1,6 miliardi di euro

mo: Como con circa il 10% di esportazioni di mobili e accessori su tutti i settori; Milano con il 2,5%; seguono Brescia e Bergamo rispettivamente con l’1,9% e l’1,6%. Crescono gli interscambi lombardi con la Federazione russa (+21,8%), la Spagna (+17,1%) e la Svizzera (+13,7%). Sono, invece, Francia (11,8%) e Germania (10,4%) i Paesi europei verso i quali l’interscambio è maggiore. Tra le aree internazionali vanno bene l’Asia centrale e orientale (10,3%) e l’America settentrionale (10%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese nel settore design e Istat al IV trimestre 2005 nel settore mobili e loro accessori. Sul fronte dell’export creativo è terzo il settore dell’editoria con 705 milioni di euro, il 5,6% del totale export lombardo ed una crescita del 2,7% in due anni. |

In un mondo così sensibile al successo economico, la creatività vince la sua battaglia con l’economia perché solo chi è capace di produrre continuamente innovazione nel proprio processo creativo può avere successo. Andrea Pininfarina

CREATIVITÀ ANTICA Il mobile antico piace ai lombardi. Aumenta infatti in tre anni il settore del commercio di mobili e oggetti, di seconda mano e d’antiquariato, compresi i libri antichi, che segna +44,1%, passando da 177 a 255 attività, con una crescita superiore a quella nazionale che si ferma al 31,2%. E trascina con sé tutto il commercio al dettaglio dell’usato che conta in Lombardia 468 imprese al terzo trimestre 2007, il 12,8% in più rispetto allo stesso periodo del 2004. Dai libri agli indumenti, dai giochi elettronici agli oggetti militari, dagli elettrodomestici agli articoli sportivi, dalle macchine da cucire alle calzature, si trova di tutto nei moderni rigattieri lombardi. E le province in cui si commercia di più sono Milano con 244 attività (+34,1% in tre anni), Brescia con 66 e Bergamo con 38 (+31%). E se Milano è leader in tutti i settori, si distinguono: Brescia nel commercio di articoli di seconda mano generici, di mobili, di indumenti e di oggetti usati rispettivamente con 7, 42 e 15 attività e Bergamo nel commercio di libri usati con 4 attività. Ma a crescere di più in tre anni nella vendita dell’usato, dei mobili e degli oggetti è Mantova (+38,5%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro delle imprese al terzo trimestre 2007 in confronto allo stesso periodo del 2004. Sono soprattutto i giovani a scegliere di arricchire e vivacizzare l’arredamento della propria casa con alcuni pezzi passati di generazione in generazione, testimonianza di arte e buon gusto, spesso unendoli a un design contemporaneo. Vanno soprattutto i piccoli mobili, come ribaltine e cassettoni, tavoli e tavolini magari uniti a sedie di design moderno, ma anche oggetti di arredamento come dipinti, statue, sculture e vasi orientali. Tanti i tappeti, anche per il bagno che a volte viene arredato quasi come un salotto. Il periodo più richiesto per gli oggetti? Dall’armonia del ‘700 fino ad arrivare al Novecento, al futurismo e agli anni ’50, i cui pezzi ultimamente sono molto ricercati. In generale, il volume d’affari dell’antiquariato regge il confronto con l’arte contemporanea ed è in leggero aumento.

B&G n.2 – Manifatturiero, il successo delle medie imprese – P. 24 B&G n.1 – Innovation Valley - P.16

www.mi.camcom.it

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ottobre - dicembre 2008

Dal premio Nobel Yunus al regista Coppola: grandi ospiti al World Business Forum in programma a fi ne ottobre alla Fiera di Milanocity. Ci sarà anche il guru della strategia aziendale Prahalad e non mancheranno protagonisti italiani: Alessandro Profumo, Andrea Guerra e Fabio Capello a cura della redazione

Etica d’impresa, strategia e innovazione le nuove sfide del WBF 2008 Innovazione tecnologica, comportamenti socialmente responsabili delle imprese, strategie aziendali e le nuove sfide dell’imprenditoria moderna. Saranno questi i temi principali che occuperanno la scena del World Business Forum 2008, evento internazionale organizzato da HSM Italia, in programma per il 29 e 30 ottobre alla Fiera di Milanocity. Il WBF, al suo quinto anno di vita in Italia, ospiterà quest’anno ospiti a livello mondiale, dal premio Nobel per la Pace 2006, Muhammad Yunus a Juan Enriquez e Francis Ford Coppola per raccontare punti di vista diversi del mondo economico e business, proponendosi come punto di incontro di esperienze, voci e personalità di oggi e di domani: “Quest’anno ospiteremo tre italiani noti a livello mondiale, anche se per motivi diversi: Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit Group, Andrea Guerra, giovane e stimatissimo manager a capo del gruppo Luxottica, e Fabio Capello, il famoso allenatore di calcio che attualmente guida la Nazionale Inglese – spiega Fernando Tasco, direttore generale di HSM Italia -. Come sempre il livel22

lo dei relatori è di tutto rispetto, ma mi piace evidenziare che sarà con noi C.K. Prahalad, l’esperto indiano di strategia aziendale che è stato riconosciuto come il più influente pensatore vivente in materia di business e management, noto per la grande attenzione tributata alle fasce più povere della società”. Questa presenza si inserisce coerentemente nell’agenda di un’edizione che è particolarmente attenta ai comportamenti socialmente responsabili delle imprese: interverrà anche Muhammad Yunus, conosciuto come il “banchiere dei poveri” per la sua Grameen Bank e per l’impegno a combattere la povertà, mentre un’apposita sessione sarà dedicata al “climate change” e alle sfide che esso rappresenta oggi per l’impresa. Ma non è tutto: anche quest’anno l’evento ospiterà un Ciclo di Conferenze, sessioni parallele al Forum in cui manager ed esperti italiani discutono le idee e le tendenze di business più attuali, e uno di questi sarà interamente dedicato alla responsabilità sociale d’impresa. In questa nuova edizione verranno esplorati gli ultimi trend dell’economia e del

management, quali il social network: “Sarà presente il creatore di Wikipedia, Jimmy Wales, perché le innovazioni tecnologiche e la collaborazione di massa stanno aprendo scenari inimmaginabili fino a pochi anni fa – prosegue Fernando Tasco -. Con Juan Enriquez affronteremo invece il tema dell’innovazione legata alla scienza: ci racconterà come le biotecnologie, la genomica e le nanotecnologie impattano sul nostro modo di vivere, lavorare e fare business (giusto per far capire, lui è stato direttore fondatore del Progetto di Scienze della Vita della Harvard Business School, ha preso parte ad un viaggio di esplorazione mondiale guidato da Craig Venter, che ha sequenziato il genoma umano, ed è a capo di una realtà che investe in società innovative operanti in campo medico). Non mancheranno infine alcune visioni “fuori dal coro” con Garry Kasparov - e le sue lezioni di strategia mutuate dal mondo degli scacchi - e con Richard Boyatzis, l’esperto di intelligenza emotiva che spiegherà come applicarla in azienda per avere successo ed essere un bravo leader”. Il World Business Forum


Anteprime

riunisce leader dell’economia e del management per esplorare le ultime tendenze e condividere le esperienze maturate in aree e settori molto diversi tra loro: proprio da qui nasce la ricchezza e il valore di questo incontro, da questa eterogeneità di punti di vista. Gli speaker che parteciperanno saranno tutte personalità che hanno dettato le regole del gioco o le hanno cambiate: “Si tratta di persone che hanno fatto la differenza con il loro impegno, il coraggio e la forza delle loro visioni premonitrici e audaci al tempo stesso – prosegue Tasco -. Per esempio tutti conoscono Francis Ford Coppola come un grandissimo regista, ma pochi sanno che è anche un imprenditore capace, che ha creduto nelle sue passioni e le ha coltivate fino a farne dei business vincenti (possiede due case vinicole, due ristoranti, tre resort ai Caraibi e ha fondato una rivista letteraria): ecco, da persone così c’è tan-

to da imparare, poi sta ad ognuno attingere idee e modelli utili il proprio lavoro”. Secondo l’esperienza del direttore generale di HSM il manager del 2008 è “un manager pronto alle sfide, ad imparare e a mettersi in discussione, attento a cogliere ogni segnale di cambiamento, ogni tendenza nei consumi e ogni innovazione tecnologica. Certo, è anche una persona dotata di senso pratico, ben informata, esigente, creativa ed anticonformista: in poche parole non teme il cambiamento ma anzi lo persegue come uno degli obiettivi principali del suo lavoro”. Ed è proprio a questi manager che si rivolge il World Business Forum quale “referente privilegiato per la formazione e per il networking: la gente sa quello che trova e sa che torna a casa dal WBF con idee fresche e contatti preziosi per migliorare il proprio business”. |

Il World Business Forum riunisce leader dell’economia e del management per esplorare le ultime tendenze e condividere le esperienze maturate in aree e settori molto diversi tra loro: proprio da questa eterogeneità di punti di vista nasce la ricchezza e il valore di questo incontro. Gli speaker che

Sopra, da sinistra: Colin Powell, Fernando Tasco e Michael Porter al World Business Forum 2007 We are seeing the emergence of an economy of the people, by the people, for the people C.K. Prahalad

parteciperanno saranno tutte personalità che hanno dettato le regole del gioco o le hanno cambiate

it.hsmglobal.com

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Cfo, in Italia

è un ruolo ancora tutto da scoprire Figura strategica più diffusa nelle economie anglosassoni, da noi le sue mansioni sono suddivise tra più manager. Focus sulla carriera verticale del Chief Financial Officier, con competenze nei campi dell’amministrazione, della fi nanza, del controllo di gestione, dell’aspetto fiscale e della corporate-governance testi di Alessandra Ferretti

Nella letteratura inglese il Chief Financial Officer (Cfo) è colui che somma la parte amministrativa, finanziaria e del controllo di gestione. Vale a dire, affianca l’amministratore delegato nelle decisioni strategiche e nelle risposte agli stakeholders, cura la pianificazione ed il controllo di gestione, coordina le attività finanziarie, le partecipazioni e gli investimenti. Diversamente dalla Gran Bretagna, nel nostro Paese, nella maggior parte dei casi, il ruolo del Cfo è ancora suddiviso tra diversi manager: il direttore amministrati24

vo, il controller, il direttore finanziario o tesoriere. Nell’ultimo decennio, tuttavia, la tendenza è stata quella di riassumere queste competenze in un’unica persona di riferimento, avvicinandosi così maggiormente alla figura del Cfo secondo il modello anglosassone. Ma quanto è presente questa figura in Italia? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Dossi, direttore dell’area amministrazione e controllo di finanza aziendale e immobiliare all’Università Bocconi. Spiega Dossi: “Le ricerche dimostrano che oggi, nel nostro Paese, il Cfo è ancora trop-

po poco diffuso. Perchè? Da un lato, manca una figura che abbia una visione delle tre cose insieme, dall’altro, mancano a loro volta aziende che richiedano questa figura. La scarsa diffusione del Cfo “all’inglese” è riconducibile, anzitutto, al fatto che in Italia abbiamo mercati finanziari di minore rilievo rispetto alla Gran Bretagna. Inoltre, spesso si ritiene, erroneamente, che nelle aziende di piccole dimensioni una figura come il Cfo sia meno necessaria. Infine, esiste un problema di valenza culturale. Vale a dire, si ha la sensazione che


Professionalita’

in Italia la cultura economico-finanziaria non sia così premiante come quella ingegneristico-commerciale”. Ad oggi non esistono dati precisi sulla diffusione del Cfo in Italia. Tuttavia, si può dire che essa sia maggiore laddove sussista un elevato livello di complessità di business e laddove l’impresa sia quotata. La prassi migliore rimane comunque per il momento quella di stampo anglosassone. “Dall’esperienza dei nostri studenti all’estero”, continua Dossi, “vediamo come la formazione in Gran Bretagna sia completa sotto tutti e tre gli aspetti: controllo di gestione, amministrazione e finanza. Spesso, il risultato è che i giovani, una volta formati, rimangano a lavorare là, dove maggiori sono le opportunità di impiego”. Quella del Cfo è una carriera verticale, che coinvolge un’approfondita preparazione nei campi dell’am-

ministrazione, della finanza, del controllo di gestione, dell’aspetto fiscale e della corporate-governance. Un esempio di formazione di questo tipo è proprio quello che fornisce l’Università Bocconi. “Abbiamo un biennio di specializzazione sulla finanza e il controllo di gestione”, riferisce Dossi. “Al momento, è difficile trovare in Italia sia neolaureati con questa preparazione, sia un’azienda che richieda esplicitamente questa figura. Da poco abbiamo lanciato anche un Executive Master part-time, dedicato a chi già è occupato nel mondo aziendale, vale a dire persone che vantano già 10-15 anni di esperienza lavorativa”. Lo stipendio di un Cfo in Italia si aggira intorno ai 120-300mila euro all’anno. In Gran Bretagna è almeno una volta e mezzo questa cifra. Ma perchè concentrare le responsabilità su un unico soggetto 25


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anziché ripartirle con una struttura gerarchica su più dirigenti? Paolo Bertoli, presidente di Andaf, Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari, illustra: “La risposta non è semplice. Anzitutto, la causa del cambiamento dell’impresa e del ruolo dei suoi manager apicali è dato dalla maggiore complessità nella gestione e nel governo dell’impresa. E’ cambiato il nostro modo di vivere e di pensare, di fare business e di comunicare. Come? Anzitutto, la “globalizzazione” impone meccanismi di cooperazione e competizione interna ed esterna che evolvono in ambienti complessi, nella ricerca della crescita, della flessibilità, dell’innovazione e delle economie di scala. I manager devono quindi allargare i propri orizzonti culturali e confrontarsi su una scala più ampia”. “In secondo luogo, in un mondo che cambia più velocemente, aumentano anche i rischi connessi alla gestione aziendale: rischi operativi, finanziari, reputazionali. Le decisioni devono essere assunte più rapidamente e i manager devono saper fronteggiare la complessità del governo delle imprese. Occorre quindi disporre di efficaci sistemi di controllo delle performance e cruscotti di analisi dell’andamento dell’impresa, la cui messa a punto rappresenta oggi un compito primario per il Cfo”.

Le ricerche dimostrano che oggi, in Italia, il Cfo è ancora troppo poco diffuso. Diversamente dalla Gran Bretagna, nel nostro Paese, nella maggior parte dei casi, il ruolo del Cfo è ancora suddiviso tra diversi manager: il direttore amministrativo, il controller, il direttore finanziario o tesoriere. Nell’ultimo decennio, tuttavia, la tendenza è stata quella di riassumere queste competenze in un’unica persona di riferimento, avvicinandosi così maggiormente alla figura del Cfo secondo il modello anglosassone Continua Bertoli: “Il tradizionale “capo gerarchico” è ormai un’icona che appartiene al passato. Oggi prevale la cultura della relazione: con fornitori, clienti, dipendenti, competitor, università, centri di ricerca, istituzioni, associazioni. In particolare sono a carico del Cfo le maggiori responsabilità, poichè rientrano tra le sue competenze le attivitá connesse al funzionamento della macchina, al rispetto delle regole, alla pianificazione, all’organizzazione, al controllo, alle relazioni con gli azionisti e gli stakeholders in genere”. “In sintesi”, conclude Bertoli, “se vogliamo dare una definizione del nuovo ruolo di questo importante manager nel sistema complesso in cui operano e si sviluppano le imprese, questa è: “gestire la complessità”. |

Gianpaolo Bresciani è Chief Financial Officer di IBM Italia, azienda del gruppo IBM, la ‘globally integrated enterprise’ quotata al New York Stock Exchange (NYSE). “Diversi fattori”, spiega Bresciani, “hanno contribuito a mutare il ruolo del Cfo. Anzitutto, la globalizzazione ci ha consentito di lavorare in modo interconnesso, offrendoci maggiori opportunità, ma anche maggiori rischi, legati a loro volta alla fluidità di risorse umane, fisiche e del capitale finanziario. Pensiamo poi alle maggiori esigenze di innovazione e sostenibilità di un’azienda. In altre parole, alla necessità di sostenerne la crescita nel lungo periodo. Tutto questo ha determinato un aumento dei rischi che stanno impattando il ruolo del Cfo nell’impresa. Le nuove responsabilità sono legate alla realizzazione di un modello finanziario che consenta lo sviluppo e la crescita costante di un’azienda nel lungo periodo”. Se è vero che solo il 15% dei rischi per un’azienda è di natura finanziaria e che il restante 85% riguarda invece la strategia e le operazioni, sarà chiaro come diventino fondamentali la prontezza e le competenze di un team aziendale che si trova ad affrontare questi rischi. Quali responsabilità si assume dunque un Cfo oggi? Risponde ancora Bresciani: “In IBM sono responsabile anzitutto nel gestire le performance aziendali e nel rispondere alle esigenze fiduciarie e statutarie dell’azienda. Tra i nuovi compiti, “imposti” dai cambiamenti socio-economici degli ultimi anni, citerei l’identificazione delle strategie di crescita dell’azienda - ricordando comunque che il Cfo, in questa veste, è membro di un team che contribuisce al processo decisionale complessivo. Se prima il Cfo registrava a posteriori i fatti, oggi deve anche saper gestire il rischio e integrare le informazioni all’interno dell’azienda, costruendo delle organizzazioni di finance integrate (in gergo, Ifo, Integrated Finance Organization). In tal modo, la standardizzazione dei processi diventa un vero vantaggio, poichè tutto il processo viene svolto in un luogo solo, anche per diverse aziende affiliate”. Gianpaolo Bresciani si è formato con una lunga carriera in IBM, spostandosi per diverso tempo anche negli Stati Uniti e in Francia. “Negli States”, aggiunge, “ho imparato a pensare con i criteri degli americani con cui oggi mi rapporto quotidianamente. In Francia, dove ero in un contesto di lavoro multiculturale, ho capito che la verità può essere vista in modi diversi. Questo per dire che l’esperienza consente di prendere decisioni complesse, grazie sia alle competenze che all’intuizione”.

Sopra: Gianpaolo Bresciani, Chief Financial Officer di IBM Italia

Hope Jeremy, “Reinventing the CFO”, Harvard Business School, 2006

Gli uomini non sono saggi in proporzione tanto all’esperienza quanto alla loro capacità di fare esperienza. George Bernard Shaw www.unibocconi.it www.andaf.it www.ibm.com

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Fotografi a di un successo L’azienda per la produzione di macchine fotografiche nata a Tokio nel 1937 è oggi un colosso multinazionale e multiprodotto con una forte leadership sul fronte dell’innovazione. Parola all’ad di Canon Italia Jean-Marie Minelli che spiega i meccanismi dell’azienda e racconta le nuove sfide che l’attendono testi di Desirèe Cividini

Una multinazionale da oltre 26 miliardi di euro, presente in cinquanta Paesi nel mondo e con un organico di 118 mila dipendenti in più di duecento aziende. Numeri da capogiro che raccontano non una semplice azienda, ma una realtà che ha fatto la storia nel settore della tecnologia avanzata. Fondata a Tokio nel 1937 per la produzione di macchine fotografiche, Canon negli anni ha saputo affermarsi come leader indiscussa nel campo dell’innovazione, espandendo la propria attività a molteplici settori: dai sistemi di comunicazione alle soluzioni per l’ufficio, dai semiconduttori agli strumenti elettromedicali. Il segreto del successo? Per l’amministratore delegato Jean-Marie Minelli, già presidente di Canon Belgio, alla base della crescita e dello sviluppo dell’azienda c’è prima di tutto l’aver scelto di investire nel settore della ricerca e l’essere stati in grado di stare al passo con i tempi, anche adottando fi losofie innovative che mettono al centro dell’azienda l’individuo. Una formula vincente che, unita ad un allargamento dell’offerta, negli ultimi anni ha permesso a Canon di accrescere il proprio fatturato: basti pensare che il reddito netto del Gruppo nel 2006 è aumentato 28


Nuove tecnologie

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Il reddito netto del Gruppo Canon nel 2006 è aumentato del 18,5 per cento rispetto all’anno precedente. Lo stesso vale anche per Canon Italia che, dopo aver visto raddoppiare il proprio fatturato nel giro degli ultimi anni, per il 2008 punta a raggiungere il traguardo dei 160 milioni di euro, in pratica il 18 per cento in più rispetto allo scorso anno. Canon investe nella ricerca e nello sviluppo circa l’8 per cento del fatturato

del 18,5 per cento rispetto all’anno precedente. Lo stesso vale anche per Canon Italia che, dopo aver visto raddoppiare il proprio fatturato nel giro degli ultimi anni, per il 2008 punta a raggiungere il traguardo dei 160 milioni di euro, in pratica il 18 per cento in più rispetto allo scorso anno. Un obiettivo ambizioso, ma a portata di mano visto che, nonostante le attuali difficoltà di mercato, già nel primo semestre l’azienda ha registrato il sei per cento in più dell’anno precedente, continuando a muoversi nella direzione di una crescita costante. “Per farlo- spiega Jean-Marie Minelli, amministratore di Canon Italia- l’azienda continua ad impegnarsi nella ricerca e nello sviluppo con investimenti annuali pari all’8 per cento del fatturato. Essendo sia produttori che venditori gli investimenti a favore della ricerca per noi contano moltissimo”. Non è dunque un caso se da quindici anni a questa parte Canon è tra le prime tre aziende per numero di brevetti depositati negli Stati Uniti. A questo si aggiungono le tante sfide vinte con le tecnologie Bubble Jet e LBP (Laser Beam Printers) o con le soluzioni adottate nell’ampia gamma dei sistemi Color Laser Copiers. Ma a determinare successo e crescita di un gruppo che oggi registra vendite nette annuali pari a 3.467 miliardi di yen, c’è anche la capacità di aver saputo puntare su uno sviluppo piuttosto omogeneo: “Un terzo del nostro fatturato è in Europa e in Africa- rileva Minelli-, un altro terzo in America e il resto in Asia e nel Pacifico. L’esserci sviluppati equamente nelle diverse aree geografiche è stato ed è per noi un elemento di forza, anche se questo non basta. Riuscire a stare al passo con i tempi e con un 30

mercato in continua evoluzione, oggi per un’azienda è una cosa fondamentale”. Soprattutto quando questa opera nel campo delle nuove tecnologie, un settore che deve necessariamente puntare sull’innovazione. Jean-Marie Minelli, entrato nel Gruppo Canon tredici anni fa, di cambiamenti ne ha visti parecchi, in primis il passaggio dell’azienda da produttore “office” a “solution provider” e quindi ad interprete attiva dell’Information Technology. “Da produttori e venditori di macchine analogiche- afferma l’amministratore delegato- si è passati a vendere soluzioni. Questo passaggio ha segnato un grande cambiamento anche per chi opera all’interno del Gruppo e si è trovato a dover rivedere il proprio bagaglio di competenze”. Proprio ai dipendenti, Canon, che negli anni ha fatto dell’internazionalizzazione uno dei punti cardine, ha indicato delle linee guida diventate nel tempo la fi losofia su cui l’azienda ha basato la sua mission: “Si chiama “Th ree self” e può essere riassunta in tre punti- spiega Minelli-. Motivation, ovvero la capacità da parte del dipendente di trovare in se stesso spunti e motivazioni; l’Awarness che consiste nell’aver ben chiaro il proprio ruolo non solo in azienda, ma anche in relazione con il mondo esterno, e infine il Management, cioè la capacità di sapersi auto-disciplinare. Una fi losofia che riflette quelle che in futuro saranno le esigenze di un numero sempre maggiore di aziende che, diventando sempre più internazionali, avranno bisogno di dipendenti che sappiano gestire il proprio lavoro senza dover contare sulla presenza costante di un capo sul posto di lavoro”. Ma questo non è l’unico principio che sta alla base della fi losofia adottata da Canon,


Nuove tecnologie

impegnata non solo nella produzione di componenti hardware, ma anche nella realizzazione di apparecchi e sistemi di produzione che riducano al minimo gli sprechi energetici e i problemi ambientali e promotrice del Kyosei, un concetto guida che promuove la comprensione e l’armonia fra gli individui, la società e l’ambiente. “Il Gruppo Canon, non a caso, è da tempo impegnato nella tutela ambientale –rivela Jean- Marie Minelli-. Dal 2005 ad oggi, nonostante la produzione continui

a crescere, abbiamo ridotto del tredici per cento le emissioni di CO2. Inoltre collaboriamo costantemente con il Wwf, di cui Canon Europa è il primo partner per la tutela ambientale. E anche per quanto riguarda i dipendenti la formazione è orientata nella direzione della protezione dell’ambiente, ad esempio privilegiando lo strumento della videoconferenza al posto di spostarci in aereo”. |

Canon, fondata a Tokio nel 1937 da Takeshi Mitarai, medico appassionato di fotografia, è stata la prima azienda giapponese a sviluppare e produrre macchine fotografiche 35 millimetri con otturatore su piano focale e fotocamere indirette a raggi X. Nel tempo il marchio, affermatosi anche nel settore delle apparecchiature per le aziende, è riuscito a conquistare una posizione di leadership sia nel settore dei prodotti per le aziende sia in quello dei prodotti destinati al mondo consumer. Oggi Canon, con vendite nette annuali pari a 3.467 miliardi di yen e circa 110 mila dipendenti in oltre 200 aziende, con le sue soluzioni raggiunge utenti di ogni fascia d’età, rivolgendosi anche a piccole e medie imprese, grandi aziende ed enti statali. Solo in Italia, dove l’azienda è presente dal 1957, operano più di 400 dipendenti, mentre in Europa una recente riorganizzazione della struttura aziendale ha permesso di ottimizzare il servizio offerto grazie allo sviluppo del Centro logistico europeo a Rotterdam, dove vengono evasi più di duemila ordini al giorno. Proprio Canon Europe, che conta oltre alle sedi locali anche una sede centrale nel Regno Unito e una sede operativa nei Paesi Bassi, nel 2004 ha fatto registrare il maggiore fatturato di vendita del gruppo Canon, producendo circa un terzo del fatturato globale dell’azienda.

Nella pagina precedente e sopra: l’Amministratore delegato di Canon Italia, Jean-Marie Minelli. In queste pagine: anticipazioni delle novità Canon che saranno presentate nel corso dell’autunno: una delle nuove stampanti fotografiche compatte SELPHY e la nuova reflex digitale EOS 50D.

Il successo è il risultato di perfezione, duro lavoro, ciò che si impara dai fallimenti, realtà e persistenza. Colin Powell

www.canon.it

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Beretta, un marchio globale con 5 secoli di storia Quindici generazioni, cinque secoli di tradizione, un marchio conosciuto in tutto il mondo: l’impero Beretta di Gardone Val Trompia continua a scrivere pagine importanti della propria storia. Un fatturato di 435 milioni di euro, tanti clienti d’eccezione a cominciare da US Army e tante nuove iniziative sul fronte dell’innovazione: Franco Beretta racconta l’evoluzione di un’azienda sempre più internazionale, ma costantemente legata al proprio territorio d’origine testo di Laura Di Teodoro

Una storia lunga cinque secoli, tramandata da 15 generazioni e fedele al suo luogo di nascita, Gardone Val Trompia, cittadina nel bresciano di poco meno di 11mila abitanti e sede della storica Fabbrica d’Armi Pietro Beretta. Un’azienda entrata nella storia di quei luoghi e dell’industria italiana per la sua longevità e capacità di innovarsi e rinnovarsi seguendo i tempi, partendo dal lontano Quattrocento e dal suo capostipite, il mastro Bartolomeo Beretta. Oggi alla guida dell’impresa ci sono Ugo Gussalli Beretta e i figli Pietro e Franco impegnati in un’importante fase di internazionalizzazione e innovazione dei prodotti, spinti da un fatturato dell’intero Gruppo che ha raggiunto nel 2007 più di 435 milioni di euro. “Cosa ci premia? - spiega Franco Beretta – Sicuramente il concetto di azienda con cui siamo cresciuti: localizzata nello stesso posto, da secoli, Gardone Val Trompia dove si è sviluppato il know how del prodotto. Nel corso degli anni abbiamo sempre reinvestito nell’azienda, in nuovi impianti e soprattutto nel concetto di inno32


Grandi imprese

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vazione. Oggi l’intera famiglia è impegnata nel seguire quella strada reggendoci sui due pilastri portanti: il processo e il prodotto”. La storia del gruppo Beretta è legata a doppio filo agli Stati Uniti, primo mercato di esportazione, a partire dagli anni Ottanta con la fornitura alle Forze Armate e ai Marines. Nel 1985 la Fabbrica d’Armi della Val Trompia, fu scelta per produrre la M9, arma individuale d’ordinanza in dotazione al personale militare degli Stati Uniti e oggi fornisce l’US Air Force e l’US Army. Non solo. L’impero Beretta oltre a fornire dipartimenti di polizia ed eserciti di altri Paesi del mondo, tra cui l’Esercito italiano, la Gendarmeria francese, la Guardia Civil e la Polizia Nazionale turca, è entrato nella storia hollywoodiana con la sua pistola 92FS, usata nella serie di Arma Letale e in alcuni episodi di 007 e da Bruce Willis nella serie Die Hard. Le tappe che hanno segnato la storia e la crescita della quindicesima generazione del Gruppo Beretta vedono l’evolversi di nuovi orizzonti, marchi e prodotti: dalla produzione di una linea completa di accessori e abbigliamento per la caccia, all’apertura di una serie di Beretta Gallery a partire da New York, Dallas, Buenos Aires, Parigi, Milano e Londra. “Abbiamo lavorato molto all’allargamento della gam34

ma di prodotti Beretta. Oggi è un marchio globale, in grado di fornire prodotti completi. Per questo nel 1995 è stata inaugurata, a New York, la prima Beretta Gallery, seguita dalle altre, in ultima la Gallery di Londra aperta nel 2005”. Un ulteriore passo in avanti è stato fatto nel 2000 quando è nata la Beretta Holding Spa: “Il gruppo annovera una serie di brand, dalle fabbriche di armi sportive e di ottica, a società commerciali e di distribuzione sia italiane che estere – prosegue Franco Beretta -. Si tratta di settori diversi uniti da un denominatore comune, il Dna di qualità: il Made in Italy. I nostri sono prodotti di alta gamma ma non di lusso, vogliamo rivolgerci a tutti con prezzi accessibili”. La linea di abbigliamento ha portato all’apertura di 90 shop in shop nel mondo a cui si affiancano oltre 750 punti di vendita dotati di corners e di isole espositive specificatamente dedicati alla proposta Beretta. Il fatturato 2006 della divisione Beretta Clothing & Accessories è stato di 26 milioni di euro. Ma il vero settore trainante resta da sempre quello sportivo che da solo copre il 90 per cento delle entrate: “E’ un settore nel quale abbiamo sempre creduto perchè è quello più vicino a noi. Lavoriamo molto per cercare di capire le richieste

Beretta Holding SPA Il Gruppo Beretta fa parte della Beretta Holding Spa. Il Gruppo, controllato dalla famiglia Beretta, conta al suo interno fabbriche di armi sportive e di ottiche, società commerciali e di distribuzione sia italiane che estere per un totale di 2.630 dipendenti circa e un fatturato annuo, riferito al 2007, di 435,7 milioni di euro, in crescita del 3,6% rispetto al 2006. La parte del leone, nell’ambito delle armi, spetta ancora al settore civile/sportivo (che rappresenta il 90% dei ricavi) mentre il restante 10% è suddiviso tra difesa e ordine pubblico. L’utile netto consolidato è salito rispetto agli anni scorsi: 26,5 milioni contro 26. Il valore degli investimenti si aggira attorno ai 16 milioni di euro. Alla ricerca e allo sviluppo sono stati dedicati 8,4 milioni di euro. Tra le attività del gruppo c’è anche la produzione di ottiche sportive (l’americana Burris) con fatturato in crescita del 15% e la divisione abbigliamento e accessori (+5%), entrambe con ricavi che superano 26 milioni. Il 90% del giro d’affari è realizzato all’estero, per oltre la metà nel Nordamerica.


Grandi imprese e le esigenze di cacciatori e tiratori. Devono essere soddisfatti del prodotto che hanno in mano. Il restante 10 per cento è coperto dalla fornitura alle Forze Armate e alla Difesa”. Il target a cui l’azienda si rivolge infatti, come conferma lo stesso Pietro Beretta, è il più trasversale possibile grazie a un ampio ventaglio di prodotti e di prezzi: “La nostra clientela è formata prevalentemente da uomini dai 35 anni in su. Solo negli Stati Uniti si è verificato un incremento del numero delle donne”. E proprio gli Stati Uniti restano il Paese più importante sul fronte delle esportazioni, seguito da Inghilterra e Francia dove Beretta continua ad avere una presenza diretta. L’esportazione delle armi sportive supera il 75% e riguarda un centinaio di paesi. “Il futuro del gruppo Beretta – conclude Franco Beretta - continuerà sulla strada dell’innovazione sia del prodotto che delle linee materiali, su tutti i marchi, dalle armi all’abbigliamento e accessori. |

Ci continua a premiare il concetto di azienda con cui siamo cresciuti: localizzata nello stesso posto, da secoli, Gardone Val Trompia, dove si è sviluppato il know how del prodotto. Nel corso degli anni abbiamo sempre reinvestito nell’azienda, in nuovi impianti e soprattutto nel concetto di innovazione. Oggi l’intera famiglia è impegnata nel seguire quella strada reggendoci sui due pilastri portanti: il processo e il prodotto

Nelle pagine precedenti: Franco Beretta nella Gallery di Milano Nella pagina a fianco: l’interno della Gallery Beretta di Milano. Sopra: Villa Beretta, la sede dell’azienda di Gardone Val Trompia. A lato: ultimi modelli della collezione Beretta. La tradizione non si può ereditare, e chi la vuole deve conquistarsela con grande fatica. Thomas Stearns Eliot

www.beretta.it

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Storie di successo

L’imprenditore

a sette stelle Antonio Percassi e la sua ultima iniziativa per il rilancio di San Pellegrino. Imprenditore di successo nel campo retail e immobiliare, si avvia a lanciare la sua nuova sfida per la costruzione delle più belle terme del mondo: “Bisogna fare progetti che diano emozione e che possano rappresentare una spinta per il rilancio del territorio” Testo di Mauro Milesi

Probabilmente quella voglia di sfida, il desiderio di non arrendersi mai e di cercare il successo, arrivano da lontano, fin dai tempi in cui correva lungo i campi della serie A con la maglia dell’Atalanta. E poi lo stile imprenditoriale: questione di Dna, di famiglia, dove ogni giorno della sua gioventù ha respirato l’atmosfera dell’azienda; ma anche di amicizia, quella che da tempo ormai lontano lo lega con Benetton. Infine, una spiccata sensibilità verso l’innovazione, la capacità di guardare sempre un po’ più in la dell’orizzonte: confine dove spesso in molti si fermano, se non addirittura prima. Antonio Percassi, lui no, non è certo l’uomo (e l’imprenditore) che si accontenta. Lo si vede anche dal suo ultimo grande investimento per il rilancio a “sette stelle” di San Pellegrino dove sorgeranno le più belle terme del mondo. Quando comincia la sua avventura imprenditoriale? La mia avventura nel mondo dell’imprenditoria comincia nel 1977 con l’apertura a Bergamo del primo negozio di Benetton a cui già mi legava fin da quei tempi una bella amicizia. E’ stata un’escalation perché nel corso degli anni successivi le aperture di altri negozi collegate al Gruppo di Ponzano Veneto si sono moltiplicate tra Nord Italia, Svizzera, Germania, Inghilterra, Brasile, Messico e Stati Uniti. Ma non solo, abbiamo aperto il primo negozio occidentale nella Piazza Rossa, in Russia. Nel frattempo abbiamo sviluppato le reti di altri Brand nel settore Retail, a cominciare dal

gruppo Inditex (Zara, ndr) e altri come ad esempio Nike, Levi’s, Guess, Kiko, Ferrari di cui apriremo un importante store a Londra. Recentemente stiamo realizzando un accordo con il Billionaire dell’amico Briatore per sviluppare l’evoluzione del marchio nel campo dell’abbigliamento luxury. Un’altra importante operazione di questi tempi è legata al marchio Kiko: passeremo nel 2008 da 50 a 80 negozi, che diventeranno 200 entro il 2009. Oltre al Retail ci sono le grandi iniziative immobiliari… La realtà immobiliare del nostro gruppo affonda le radici dall’impresa di costruzioni di famiglia. In questo settore abbiamo fin dalle origini cercato di dar vita a soluzioni per un target medioalto: un’impostazione che ci ha premiato, incentrata sulla qualità, sull’eccellenza. Dopo una serie di operazioni in ambito residenziale, il salto è arrivato nel 1998 con l’apertura del centro commerciale Orio Center (di fronte all’aeroporto di Orio al Serio, ndr) con un investimento di 200 miliardi delle vecchie lire. Da lì abbiamo avviato altre importanti iniziative come le apertura di Outlet in Franciacorta e Val di Chiana, ma anche fuori dall’Italia come quello di Nogales al confine tra Stati Uniti e Messico. Recentemente abbiamo aperto il primo Outlet in Sicilia e ci stiamo lanciando in altre iniziative nel luxury fashion che rappresenta una nuova impostazione del retail. Uno dei nuovi grandi investimenti riguarda San Pellegrino… Quella di San Pellegrino è un’operazione che richiede una grande 37


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passione oltre a uno spiccato senso d’innovazione. Ci siamo impegnati per mettere a punto un progetto di grandissimo valore, se fosse stata una cosa banale non l’avrei fatta, non mi avrebbe creato emozione. Siamo pronti a realizzare a San Pellegrino le terme più belle del mondo, con un magnifico albergo, uno spazio Retail fantastico e una struttura residenziale da far invidia in tutto il mondo. Vogliamo portare divertimento a livello internazionale con una proposta di grandissima qualità, che punta all’eccellenza e che avrà ricadute positive su tutto il territorio. Quello di San Pellegrino è un brand di caratura internazionale, presente su tutte le più belle tavole del mondo, collocato in alta gamma. Ogni giorno ci sono 2 milioni di bottiglie che

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portano il marchio di San Pellegrino in ogni angolo del pianeta: è un’occasione di comunicazione straordinaria, un’opportunità di marketing strepitosa. Affinché tutto questo non venga sprecato dobbiamo dar vita a una location che sia davvero all’altezza. Il progetto è stato affidato a Dominique Perrault che ha dato vita a un design a sette stelle: contiamo di essere operativi entro tre anni. Come si inserisce questa operazione in prospettiva Expo2015? Ovviamente San Pellegrino deve diventare una location anche in prospettiva Expo 2015. Potremo portare in Valle Brembana tanti turisti rilanciando ancor di più un settore che in questo territorio è già in

espansione grazie all’evoluzione dell’aeroporto di Orio al Serio. Ma non dovremo lavorare per portare gente solo nel periodo dell’Expo, dovremo essere bravi a realizzare una strategia a lungo termine affinché i benefici si protraggano negli anni a venire. Tante iniziative, tanti progetti, tanti successi: qual è quello a cui è più affezionato? L’operazione di Orio Center. E’ stato il primo grande trampolino di lancio per la nostra attività. Un progetto che ha richiesto un importante investimento e che ha avuto una ricaduta di immagine molto importante.


Storie di successo

Quello di San Pellegrino è un brand di caratura internazionale, presente su tutte le più belle tavole del mondo, collocato in alta gamma. Ogni giorno ci sono 2 milioni di bottiglie che portano il marchio di San Pellegrino in ogni angolo del pianeta: è un’occasione di comunicazione straordinaria, un’opportunità di marketing strepitosa. Affinché tutto questo non venga sprecato dobbiamo dar vita a una location che sia davvero all’altezza.

Lei ha figli che lavorano in azienda? Che rapporto ha con loro? Ho un ottimo rapporto con tutti i miei 5 figli e quattro di loro sono già in prima linea in azienda. In loro vedo la voglia di lavorare, di imparare e di far bene. Bisogna avere il coraggio di dare loro responsabilità anche nel caso che possano sbagliare e ovviamente nella speranza che sbaglino il meno possibile. Ma fino ad ora si sono dimostrati davvero in gamba. Credo che l’importante sia coinvolgerli nel fare le cose che siano più stimolanti per loro, che possano sviluppare le loro capacità. Cosa consiglia ai giovani che si lanciano nel mondo dell’imprenditoria? Avere coraggio, non arrendersi, avere la forza di sviluppare quello che si sentono con tenacia, passione, emozione. Devono combattere per realizzare quello in cui credono. Certo, servono grande spirito di sacrificio e dedizione totale. Se c’è il talento, poi, tanto meglio. Insomma non devono mollare mai.

Antonio Percassi Nato a Clusone (Bg) il 9 giugno 1953, fin da ragazzo inizia a giocare nelle giovanili dell’Atalanta di cui diventa titolare in prima squadra giocando per sette stagioni con la maglia nerazzurra prima di passare a Cesena. Contemporaneamente si dedica anche agli studi frequentando la facoltà di ingegneria del Politecnico di Milano e assiste i fratelli alla crescita dell’impresa edile di famiglia. Nel 1977 è protagonista dell’apertura di due negozi Benetton a Bergamo e comincia la sua avventura nel campo dell’imprenditoria della moda. Nel campo Retail lo sviluppo dell’attività è via via sempre crescente con l’apertura di negozi per il marchio Benetton ma anche per altri grandi marchi in tutto il mondo. A metà degli Anni ’90 crescono gli investimenti nel Real Estate e nasce Orio Center, capofila di tanti altri grandi progetti per centri commerciali e outlet. Il gruppo Percassi si avvia a chiudere il 2008 con un fatturato di circa 600 milioni di euro e un piano investimenti immobiliari per circa 500 milioni.

In queste pagine: Alcune simulazioni grafiche del progetto realizzato dal celebre architetto francese Dominique Perrault per l’intervento di San Pellegrino Terme. Quello che conta non è tanto l’idea ma la capacità di crederci fino in fondo. Ezra Pound

www.percassi.it

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La grinta

dei Giovani per vincere la scommessa della ripresa economica Dalla formazione all’internazionalizzazione, passando per la difficile situazione delle imprese e puntando alle prospettive di rilancio, a cominciare dall’Expo 2015. Tanti temi importanti sono emersi nella tavola rotonda organizzata da B&G con i presidenti dei Giovani Imprenditori di Assolombarda Milano, Associazione Industriali Brescia e Confi ndustria Bergamo a cura della redazione

Lungo la direttrice BreBeMi dell’imprenditoria viaggiano più di mille giovani. Sono i ragazzi, le ragazze, le donne e gli uomini che fanno parte dei “Giovani” di Confindustria Brescia, Bergamo e Milano, alla guida di imprese di vecchia e nuova generazione o in fase di passaggio generazionale. Partendo dai temi sempre più delicati dell’istruzione e della formazione fino ad arrivare alle prospettive offerte da Expo 2015, i presidenti dei tre Gruppi, Giorgio d’Amore (Giovani Imprenditori di Assolombarda, Milano) Francesco Franceschetti (Gruppo Giovani Imprenditori Brescia), Monica Santini (Gruppo Giovani Imprenditori di Bergamo), raccontano il mondo dell’imprenditoria giovanile, i punti di eccellenza e le difficoltà rispetto al contesto nazionale e mondiale. L’economia lombarda continua a viaggiare su livelli alti. Ma per crescere e affrontare la globalizzazione e internazionalizzazione diventa ormai fondamentale “fare sistema”, staccandosi da individualismi e corse solitarie. Come si sta lavorando in questo senso? D’Amore: Innanzitutto ben vengano le corse solitarie se produco40

no risultati. Ad esempio bisogna riconoscere che la generazione che è venuta prima di noi, quella dei nostri padri ha fatto cose eccezionali. Se guardiamo al mondo delle imprese, ad esempio Confindustria, viaggia facendo sistema. Noi dobbiamo essere bravi a coinvolgere altri soggetti, come ad esempio altre associazioni in grado di saper fare. Non sempre è facile e forse questa incapacità di fare sistema deriva anche dall’incapacità delle istituzioni di farlo per prime, oltre che da una forma di campanilismo tutta nostra. Dobbiamo seguire le eccellenze che ci sono, analizzarle e dobbiamo iniziare a ragionare in un’ottica più globale a livello italiano e lombardo. Franceschetti: La Lombardia resta il centro dell’imprenditorialità, cuore economico dell’Italia ed è proprio per questo che nella nostra regione si sente maggiormente il rallentamento generale che ha colpito l’intero Paese. Sapevamo che ci sarebbe stata una curva discendente rispetto agli anni precedenti e proprio negli ultimi mesi sono venuti a galla problemi soprattutto a livello dei mercati verso l’estero. Pagheremo lo scotto di non aver costruito un sistema su certi mercati emergenti. Siamo poco presenti in mercati quali il


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Brasile, il Medio Oriente, India e Cina, perché la globalizzazione per le imprese ha subito una decelerazione. Ci siamo trovati ad essere soli verso questi mercati rispetto ad un concorrente francese, ad un concorrente tedesco e anche ad un concorrente spagnolo che al contrario sono stati capaci di lavorare insieme, tra loro e con le istituzioni. L’imprenditore lombardo invece è solitario. Confindustria, già partendo dai gruppi giovani, rappresenta una buona palestra per lavorare in sistema, aprendosi all’estero. Santini: “Fare sistema” è diventata ormai una parola d’ordine perchè alla fine insieme si vale di più. Non è semplice perché ovviamente gli interessi di ogni singola associazione o corpo di rappresentanza a volte prevalgono. Credo che l’importante sia riuscire comunque a selezionare e trovare un obiettivo comune che in questo momento particolare è una spinta corale del Governo verso delle politiche di modernizzazione del Paese, su tantissimi fronti, partendo da una maggiore produttività. È importante tenere alta l’attenzione sulle politiche finora annunciate da Roma che però non devono decadere, in particolare il federalismo fiscale quale azione fondamentale per dare respiro più ampio a quelle aree geografiche, tra cui la Lombardia, che danno tanto all’Italia e all’Europa.

I giovani sono fondamentali per la crescita industriale, noi dipendiamo da ciò che i ragazzi imparano. Devono sapersi adeguare all’attuale situazione del mercato, avendo nella loro forma mentis la flessibilità, intesa come mobilità a livello territoriale. Serve la preparazione, alla quale farà seguito l’ingresso in azienda, uno dei momenti più difficoltosi: qui sarà fondamentale la volontà di saper ascoltare e l’umiltà di volere imparare

Quali sono i freni ancora oggi tirati e spesso causa del rallentamento economico in Italia?

Stato investe ancora in zone dove c’è una scarsa produttività, concentrate purtroppo nel Sud Italia. La spesa per gli interessi equivale a tre Finanziarie, lo stesso vale per la spesa per le pensioni: parliamo del 10-12 per cento. Se non avessimo questi costi potremmo detassare gli utili aziendali così da poterli reinvestire.

D’Amore: Se guardiamo all’Italia, nel suo insieme, c’è da rilevare una cosa strana: in regioni quali la Lombardia e il Veneto l’investimento dello Stato è minimo, eppure è qui che si registra la maggior produttività e la maggior crescita del Pil. Forse il problema è che lo

Franceschetti: La situazione in Italia è molto più difficile rispetto agli altri Paesi perchè paghiamo le conseguenze degli errori scellerati del passato come ad esempio la questione energetica del 1987 o il mancato investimento nell’industria chimica. Non dimentichia-

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A livello imprenditoriale giovanile, oggi si sta portando avanti, soprattutto in molte realtà di tipo familiare, un passaggio generazionale spesso faticoso. Se noi giovani imprenditori di seconda o anche terza generazione riuscissimo a utilizzare in modo positivo questa transizione, riuscendo a vedere un futuro più grande per le nostre aziende, anche aprendo il capitale a delle forme innovative, potrebbe arrivare un periodo meraviglioso per l’imprenditoria lombarda moci che noi siamo inventori del polipropilene, ma oggi non abbiamo più una chimica fine e di base delle materie prime principali. Per questioni di territorio noi non abbiamo risorse naturali o comunque non le abbiamo mai volute cercare bene, di fatto dipendiamo dall’estero. O c’è una politica di interscambio con questi Paesi che possa creare un beneficio, oppure saremo sempre sotto ricatto. Di contro noi continuiamo ad avere un grande vantaggio dato dalla fantasia e dall’innovazione: oggi non possiamo più perdere altri treni come in passato. L’imprenditore deve essere capace di agire ed è quello che noi dobbiamo insegnare anche ai nostri dipendenti. Abbiamo molte risorse in Italia, ma ci manca sempre un tassello che non può venire solo dagli imprenditori. Tutti devono fare la loro parte e non solo le aziende ma soprattutto le istituzioni. Santini: Spesso l’imprenditoria ha dovuto trovare le vie alternative da sola, perché se avesse dovuto attendere le forze del territorio, probabilmente saremmo ancora al periodo pre-industriale. Lo ammetto con molta tristezza perchè sono legata al mio Paese e andando all’estero mi piacerebbe riscontrare un’immagine dell’Italia diversa, più aggressiva, con più voglia di fare. Purtroppo noi imprenditori ci troviamo spesso a lottare contro alcuni luoghi comuni. Come cambiare le cose? Oggi come oggi si potrebbe valutare un tipo di accesso al capitale diverso dalle solite forme, anche perché le banche, soprattutto a seguito degli accordi di Basilea, hanno i cordoni un po’ più stretti. Tutto questo unito naturalmente a interventi di politica industriale che devono arrivare dalle istituzioni. Il resto del mondo viaggia su binari diversi, non possiamo permetterci di rimanere indietro. Paghiamo molto la lentezza della burocrazia. Un altro tasto dolente penso siano gli ordini professionali per cui è necessaria una riforma: non è possibile che solo in questo

Paese esistano ordini definiti per legge. Bisogna introdurre il merito e la competitività, veri motori del Paese. Il sistema imprenditoriale lombardo è cresciuto dell’1,3% nel primo trimestre 2008, e ha contenuto le perdite dello 0,6% nel secondo. In compenso è aumentata la spinta internazionale dei distretti industriali lombardi e nella graduatoria delle prime 20 province italiane per Pil pro capite ci sono ben quattro lombarde. Nonostante l’aria pesante che si respira a livello nazionale, la Lombardia continua ad essere un punto di riferimento per la ripresa. Quali sono le prospettive future? D’Amore: Finché continueremo a lamentarci che ci sono i precari in Italia la situazione non migliorerà. È come se un giocatore di calcio prima di iniziare la partita continuasse a dire che la sua squadra è ultima in classifica. Siamo sempre troppo concentrati nel guardare le cose negative piuttosto che quelle positive. Dobbiamo fare dei sacrifici e agire. Faccio un esempio: si dice che nella pubblica amministrazione il 10 per cento dei dipendenti non va a lavorare. Se questo è vero allora si potrebbero risparmiare 3040 miliardi di euro colpendo i presunti “fannulloni”. Siamo in un momento difficile ma vincere la partita non è impossibile: dobbiamo essere più bravi a spingere quelle forze che sono realmente riformatrici ed essere durissimi e capaci come ci insegnano i bergamaschi e i bresciani. Franceschetti: Il vero tassello vincente è la volontà. Fermarsi, piangersi addosso e trovare soluzioni alternative non porta a nulla. Bisogna al contrario lavorare, essere presenti sul mercato e raggiungere gli obiettivi. Non possiamo continuare a pensare di essere i 43


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Calimeri d’Europa; ci sono aziende lombarde che all’estero sono conosciutissime e abbiamo aziende sconosciute alla massa ma che in alcuni mercati sono dei punti di riferimento, ma purtroppo non sappiamo valorizzarci. Solo recentemente abbiamo cominciato ad avere una cultura del marketing. Santini: In Lombardia ci sono molte cose che funzionano meglio che in altre parti d’Italia, si registrano risultati che sono stati raggiunti grazie alla dedizione, allo spirito di sacrificio, all’orgoglio e alla certezza. Ma per non rimanere indietro occorrerà fare delle riforme anche con sacrificio. Non è vero che non esiste più la voglia di rischiare; esiste una parte dell’imprenditoria che vorrebbe dare di più, ma con quali condizioni e con quali certezze? Per quanto riguarda la Lombardia deve essere fatto un ragionamento serio sul sistema industriale. Dovremmo ripensare alla filiera guardandola dal senso opposto, ossia verso il mercato e non verso le materie prime e fare in modo che le aziende si spingano verso questa nuova direzione diventando il vero traino. Non possiamo più permetterci di essere i terzisti, soprattutto se pensiamo che ci sono mercati emergenti come la Cina che possono farlo a costi inferiori.

zo. E questo ha causato molti problemi alle aziende che sono viste sempre come luoghi di fatica. Ma per assistere ad un vero cambiamento bisogna partire dalla cultura nelle famiglie e nei docenti. Santini: Spesso i giovani sono spinti dalla voglia di arrivare subito, senza fare fatica. Oggi invece serve prima di tutto un certo tipo di professionalizzazione. Purtroppo gli input che ricevono i ragazzi non sono in linea con ciò che il mercato del lavoro richiederà. Loro infatti si aspettano un mondo del lavoro più semplice, fatto di fortuna e bellezza: quando poi si scontrano con la realtà spesso capiscono che un investimento nella formazione diverso gli avrebbe potuto dare molto di più. Io credo che sia necessario reintrodurre un senso civico molto diverso, ergo la consapevolezza della ricchezza del proprio Paese. A livello imprenditoriale giovanile, oggi si sta portando avanti, soprattutto in molte realtà di tipo familiare, un passaggio generazionale spesso faticoso. Se noi giovani imprenditori di seconda o anche terza generazione riuscissimo a utilizzare in modo positivo questa transizione, riuscendo a vedere un futuro più grande per le nostre aziende, anche aprendo il capitale a delle forme innovative, potrebbe arrivare un periodo meraviglioso per l’imprenditoria lombarda.

Dobbiamo lavorare e crescere coinvolgendo altri soggetti, come ad esempio altre associazioni. Forse questa incapacità di fare sistema deriva anche dall’incapacità delle istituzioni di farlo per prime, oltre che da un campanilismo nostro. Dobbiamo seguire le eccellenze che ci sono, analizzarle e dobbiamo iniziare a ragionare in un’ottica più globale a livello italiano e lombardo Parlando di futuro, i giovani rappresentano il tassello fondamentale. Qual è oggi la situazione del mondo imprenditoriale giovanile? D’Amore: Pensiamo all’ambito di Confindustria. Ci sono persone che emergono dalla massa, molto spesso da sole, ma trovano il coraggio di rischiare. È un panorama con molte ombre e poche luci, ma quelle poche luci sono molto belle. Entrando in Confindustria ho conosciuto storie imprenditoriali di gente che ha perseverato nonostante gli sbagli e le cadute. Vedo una mentalità nuova, più aperta e disposta a rischiare grazie anche a un recupero dei valori del passato. Franceschetti: I giovani sono fondamentali per la crescita industriale, noi dipendiamo da ciò che i ragazzi imparano. Devono sapersi adeguare all’attuale situazione del mercato, avendo nella loro forma mentis la flessibilità, intesa come mobilità a livello territoriale. Serve la preparazione, alla quale farà seguito l’ingresso in azienda, uno dei momenti più difficoltosi: qui sarà fondamentale la volontà di saper ascoltare, l’umiltà di volere imparare, qualità oggi sempre più rare. Siamo molto preoccupati per la generazione che attualmente frequenta le scuole superiori. La preparazione deve prima di tutto partire dall’uomo; oggi i giovani non hanno volontà. O c’è la velina o c’è il calciatore, non c’è una via di mez44

Per chi vuole entrare nel mondo imprenditoriale, e non solo, la formazione può essere definita la prima chiave d’accesso, una chiave non sempre adeguata alla domanda. Quali i motivi e quali azioni si stanno mettendo in campo per facilitare il contatto tra università e impresa? D’Amore: Rischio di essere estremo, ma penso che sarebbe utile a molti un anno di lavoro duro in fabbrica, magari a 18 anni: lo ritengo un momento di forte crescita. Le esperienze dure sono quelle che mi hanno aiutato di più nella vita. Sul fronte delle risorse umane, la mancanza cronica di periti elettromeccanici, meccanici, chimici e informatici è drammatica. Parliamo di decine di migliaia di figure in tutta la Lombardia. Anche l’università non è detto che sia il modo migliore di formare figure professionali, anzi in questo momento probabilmente non lo è. Forse quello che si potrebbe fare è inserire gli imprenditori nel mondo delle università pubbliche e private. Franceschetti: Abbiamo messo a punto con il Gruppo giovani Lombardia un progetto che ha l’obiettivo di interagire con le scuole superiori sotto forma di gioco, con il “Management Game”: per un giorno i ragazzi vestono i panni di imprenditori. C’è un’ampia corrispondenza tra università e impresa proprio per cercare di creare la cultura d’impresa. Per quanto riguarda la formazione c’è il


Protagonisti dell’economia Franceschetti: Per quanto riguarda l’imprenditoria bresciana sicuramente daremo il nostro contributo. Sarà una bella occasione per fare sistema, con chi vorrà farlo naturalmente e porterà vantaggi per tutti. Mi auguro che, grazie all’Expo, si possano colmare degli enormi buchi infrastrutturali, attraverso la realizzazione della Brebemi e il rilancio di Malpensa.

famoso anno di gavetta in fabbrica. Inoltre suggerisco spesso ai giovani di lasciare la sottana della mamma e di farsi un’esperienza all’estero. Santini: Trovo che una delle cose più preoccupanti nel nostro Paese sia vedere che la scala sociale è ferma. La colpa spesso è della scuola che in questo momento non è in grado di fornire quegli stimoli di crescita non soltanto professionale ma anche di volontà personale. Per le aziende quello che la scuola insegna in questo momento è molto lacunoso. Come imprenditori noi avremmo bisogno che le scelte curricolari di questi ragazzi fossero più aderenti alle necessità del loro territorio. Non dimentichiamo che molti ragazzi delle scuole professionali sono dipendenti esemplari per le nostre aziende. Oggi ci troviamo con scuole professionali frequentate per lo più da extracomunitari: mi chiedo perché gli italiani non dovrebbero frequentarle. La scuola ha bisogno di ricollegarsi e di riadattarsi ai bisogni dell’impresa.

Santini: Sarà sicuramente un’occasione importantissima per fare sistema in modo responsabile anche se è un po’ triste pensare di dover contare su eventi spettacolari come l’Expo per riuscire a portare a casa un po’ di infrastrutture. Per un territorio come Bergamo, vicino a Milano e con un aeroporto che sarà uno dei punti principali di affluenza, questa sarà un’occasione da non perdere. Dovremo essere capaci di presentarci al pubblico in modo decoroso, mostrando la vera essenza dell’italian style. Cosa sentite di aver portato della vostra esperienza imprenditoriale, nel ruolo che oggi ricoprite? D’Amore: Siamo tre presidenti con storie personali abbastanza diverse: io ad esempio ho un’azienda da otto anni e sono diventato presidente del gruppo Giovani dopo un’esperienza di quattro o cinque anni e non era mai successo, in più lavorando in un’azienda di servizi e di comunicazione.

Expo 2015 sarà una sfida per tutti, pubblici e privati, piccole e grandi imprese. A livello provinciale e regionale, come vi state preparando per affrontarle? D’Amore: Il Governo ha da poco deciso quale sarà la governance dell’Expo ed è una governance che, da un certo punto di vista, non piace ai lombardi. L’inizio non è stato quindi dei migliori. Il mondo delle imprese sta aspettando l’evoluzione, ovvero il passaggio dalla formalizzazione all’esecuzione, sta spingendo molto sul tema delle opere pubbliche perché la preoccupazione comune è che Brebemi, Tem e Pedemontana siano pronte per quella data. In Assolombarda abbiamo realizzato una serie di incontri per mostrare quale sarà la strategia generale dell’Expo.

prima generazione, ma ci sono anche dirigenti o manager. Essere un presidente, non imprenditore, è una novità per il nostro Gruppo. Sono cambiate le argomentazioni e si è passati a parlare delle praticità delle cose: delle materie prime, dell’internazionalizzazione, dell’etica d’impresa. L’anno prossimo parleremo della scuola perchè la formazione è un tema importante. Penso di aver portato un risultato mai raggiunto fino ad oggi: aver creato un ponte e delle

collaborazioni con le territoriali vicine come Bergamo. Santini: Sono la prima donna ad avere cariche in Confindustria Bergamo. Credo di aver portato coraggio e voglia di fare impresa. Mi sento un po’ fuori dagli standard di Confindustria e sono felice di aver condiviso i problemi, la voglia di affrontare temi di un certo tipo e di aver diff uso la voglia di partecipare. Io stessa ho portato a casa molto più di quello che ho dato anche se l’impegno è stato importante, soprattutto con una figlia a casa di 4 anni. |

Per la location si ringrazia Hotel Principe Di Savoia Piazza della Repubblica, 17 - 20121 Milano Tel 02 6230 1 - www.hotelprincipedisavoia.com

Penso di aver portato una visione nuova, delle idee e un modo nuovo di avere entusiasmo. Ho portato anche qualche piccola cosa negativa che ho migliorato con il tempo: io sono un grande confusionario e dal Gruppo giovani ho imparato a lavorare in team. Franceschetti: Per quanto riguarda Confindustria Brescia il gruppo è numeroso e variegato. Ci sono tanti imprenditori di

In questa pagina, da sinistra: Monica Santini, Giorgio D’Amore e Francesco Franceschetti. A pagina 42, un momento della tavola rotonda organizzata da Business&Gentlemen Qualsiasi cosa tu pensi che puoi fare o credere che puoi fare, è cominciare. Azione è magia, la grazia e il potere in essa. Johann Wolfgang von Goethe www.giovanimprenditori.bg.it www.ggi.brescia.it www.giovaniimprenditori.com

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Il business

assicurato La maggior parte delle aziende tutela il proprio operato, ma l’Europa è un passo avanti per investimenti e tipologia delle coperture. Un’analisi della situazione che riguarda strumenti sempre più necessari per far fronte ai rischi che possono incidere sull’attività d’impresa. Le case history di Arfi n e Pramerica Life testi di Laura Di Teodoro

Il mondo assicurativo rappresenta un contributo significativo e irrinunciabile alla creazione del valore per le imprese e, in generale, per il sistema Paese, ma resta una realtà ancora poco sviluppata in Italia. A dirlo è il rapporto di Ania (Associazione Nazionale Imprese Assicurative) dal titolo “Il contributo dell’assicurazione allo sviluppo dell’Italia e dell’Europa” e lo stesso presidente dell’associazione, Fabio Cerchiai, nella sua relazione annuale: nel 2007 sono stati risarciti oltre 10 milioni di sinistri: 10 milioni di problemi specifici di famiglie e imprese hanno trovato soluzione tramite l’intervento assicurativo. 25 miliardi di euro sono stati destinati agli assicurati o ai beneficiari a fronte dei danni subiti. Oltre 470 miliardi di euro sono stati investiti nei mercati finanziari e immobiliari. Oltre 10 miliardi di euro sono stati versati allo Stato come imposte dirette, tasse sui premi e contributi sociali. 300.000 persone, tra dipendenti e intermediari, operano nell’industria assicurativa. A detta dello stesso Cerchiai, dati alla mano però, resta tanto il divario in termini di sviluppo assicurativo, rispetto agli altri paesi europei: i premi danni, al netto di quelli relativi all’assicurazione obbligatoria r.c. Auto, sono infatti pari all’1% del PIL, ovvero tra la metà e un terzo degli altri principali Paesi europei. Le riserve vita sono fortemente cresciute dalla metà degli anni novanta, passando dal 5% al 23% del PIL, ma rimangono molto inferiori a quelle di altri Paesi. Dai dati della XXV Indagine congiunturale sulle PMI, condotta da Capitalia (in collaborazione con l’ANIA), risulta che oltre l’80% delle imprese possiede almeno una copertura nel settore danni. Tuttavia al decrescere della dimensione aziendale, diminuisce anche la quota percentuale di imprese assicurate. Nel settore property l’indagine evidenzia in media come, nel 2005, le PMI abbiano speso 24 mila euro per premi assicurativi, ovvero circa lo 0,27% del proprio fatturato. In particolare si nota che al decrescere della dimensione dell’impresa aumenta l’incidenza delle coperture assicurative sul fatturato: le aziende sotto i 50 addetti spendono circa lo 0,27% del proprio fatturato contro lo 0,20% 46


Settori specializzati

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IL MODELLO ARFIN Creare innovazione di processo e di prodotto in campo assicurativo. Con questo obiettivo nel 2005 è nata Arfin, società milanese leader in Italia nei settori delle polizze fideiussorie e dei rischi tecnologici. “L’assicurazione in Italia è molto sottodimensionata – racconta Corrado Faletti, direttore generale di Arfin -. Se in Europa infatti 80 persone su 100 hanno un’assicurazione professionale, in Italia sono solo 15 su 100. In America 90 su 100 hanno un insieme di assicurazioni che tutelano dai rischi, in Italia solo 8. E’ necessario un cambio di mentalità, soprattutto oggi che l’Italia sta entrando nella globalizzazione. Innovazione significa cercare una soluzione per tutelarsi di fronte a un futuro più incerto. L’assicurazione ha un ruolo primario perchè salvaguardia le incertezze che il cittadino corre: perdita di lavoro, infortunio, assistenza sanitaria”. Facendosi guidare da queste consapevolezze Arfi n si propone come compagnia innovativa: “Nella sua mission – prosegue Faletti - c’è creare innovazione di processo e di prodotto, partendo da un’innovazione di pensiero. Abbiamo rifatto i processi informativi e oggi vediamo on line gli andamenti della compagnia. Codifichiamo le polizze con codice univoco e diciamo al cliente di andare sul sito e visualizzare lo stato delle polizze. È un sistema molto complesso ma di semplice utilizzo. La nostra rete di vendita va in giro con il proprio computer perchè le polizze vengono costruite in casa del cliente, il sistema centrale fornisce il via libera e si stampa la polizza”. Arfin si rivolge principalmente, oltre che ai privati, alle aziende operanti nei settori dell’engineering, real estate, edilizia, alimentare, chimico/farmaceutico, import/export, Pubblica Amministrazione e ai broker. L’offerta di Arfin comprende le polizze fideiussorie, le polizze per l’assicurazione del credito, le polizze per rischi tecnologici, le polizze a tutela dei promissari acquirenti di immobili. È inoltre specializzata sulle polizze a copertura degli impianti fotovoltaici e ultimamente ha realizzato una polizza innovativa per la tutela degli affitti. A queste si sono recentemente affiancate le polizze Rami Elementari dedicate alla Linea Persona e alla Linea Imprese. “Stiamo costruendo un servizio per tutelare tutti quanti utilizzando anche processi differenti oltre ai prodotti. Abbiamo cambiato anche il processo per creare un servizio di qualità: le assicurazioni infatti viaggiano soprattutto con le reti a provvisioni, per cui si rischia di guardare più alla quantità che alla qualità. Per invertire questa tendenza abbiammo assunto i venditori, eliminando le provvigioni, chidendo in cambio di portare clienti felici”. Alla Compagnia Arfin fanno capo 4 società operative: Arfin, Smartfin (società di intermediazione di prodotti finanziari del Gruppo per clientela retail e mid corporate), Arfinet (la struttura commerciale del Gruppo) e Arfi n Solutions (braccio tecnoloigco a supporto delle attività non core del Gruppo). “Entro il 2010 – spiega Faletti - sarà costruito un gruppo multiservizi integrato, attivo su diversi segmenti di clientela e con vari canali di vendita. La società, punta su tre direttrici di sviluppo strategico: ampliare l’offerta attraverso l’apertura a tutti i prodotti del ramo danni e attraverso la distribuzione e l’intermediazione di prodotti finanziari multibrand nel campo dei mutui, dei prestiti personali e del leasing, fino alla possibile acquisizione di una compagnia vita; affiancare al tradizione segmento delle imprese nuove tecnologie di clientela che includano istituti di credito, associazioni di categoria, confidi e famiglie; rafforzare la rete commerciale sviluppando il canale broker, stipulando nuovi accordi di distribuzione e procedendo alla costituzione di una rete di proprietà. Stiamo lavorando molto con i giovani. Il futuro rischia di rimanere nel nostro passato, in realtà è necessario investire sui giovani e proprio per questo stiamo lanciando un corso per venditori aperto a 50 diplomati e neolaureti”. Entro la fine del 2008 Arfin dovrebbe realizzare un giro d’affari vicino a 65 milioni, con la prospettiva di arrivare a 98 milioni nel 2009 e 127 milioni nel 2010.

www.gruppoarfin.it

delle imprese con più di 250 addetti. Di contro diminuisce il grado di copertura assicurativa, ossia il rapporto tra capitale assicurato e valore degli attivi. Da una recente indagine condotta da Assolombarda emerge inoltre come non solo la spesa assicurativa delle PMI sia relativamente bassa, ma anche come questa vari notevolmente tra i diversi rami. Nello specifico, sembrano molto poco diff use le assicurazioni di business continuity e di responsabilità civile (e in particolare per la responsabilità degli amministratori). Inoltre l’indagine mostra come le imprese italiane sentano la necessità di strumenti più completi e adatti alle proprie esigenze. L’assicurazione si pone quindi come strumento necessario per far fronte a una variegata serie di rischi che possono incidere sull’attività d’impresa. In questo senso si stanno facendo strada una serie di soluzioni innovative che propongono pacchetti di qualità e mirati a problemi specifici delle aziende, tra cui il passaggio generazionale e relativamente nuovi sul fronte nazionale, tra cui le realtà di Arfin e Pramerica Life, entrambe nate nel cuore della Lombardia. |

Da una recente indagine condotta da Assolombarda emerge inoltre come non solo la spesa assicurativa delle PMI sia relativamente bassa, ma anche come questa vari notevolmente tra i diversi rami. Nello specifico, sembrano molto poco diffuse le assicurazioni di business continuity e di responsabilità civile In questa pagina: Corrado Faletti, direttore generale di Arfin Nella pagina a lato: Massimo Giuliana, Business Market Development Manager della Pramerica Life. “Le prospettive della vita dipendono dalla diligenza; l’artigiano che vuole perfezionare la sua opera deve prima affilare i suoi utensili”, Confucio “L’information technology nelle agenzie di assicurazione”, Egea 2000

www.ania.it

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La polizza studiata per i passaggi generazionali Solo un’azienda su tre sopravvive al suo fondatore. Il passaggio generazionale diventa quindi un tema importante, se non fondamentale, per la continuità dell’impresa. Se da una parte, grazie ai patti di famiglia, l’imprenditore è libero di scegliere il proprio erede tra i figli e familiari, dall’altra la legge lascia irrisolti alcuni nodi di tipo giuridico e operativo riguardanti i non eredi. Proprio su questo fronte si inserisce Pramerica Life, prima realtà assicurativa in Italia ad aver inserito una polizza che protegge gli eredi e la continuità aziendale, come spiega il Business Market Development Manager della Compagnia, Massimo Giuliana: “Il passaggio generazionale è una materia molto critica, soprattutto in Italia. L’imprenditore trascura spesso questa necessità, concentrandosi maggiormente sulla tutela del patrimonio piuttosto che sui soggetti andando contro la natura stessa della sua impresa. Se infatti in altri Paesi, vedi l’America, le aziende sono spesso espressione del capitale finanziario, in Italia sono quasi sempre l’espressione delle idee delle singole persone, ergo la fortuna dell’attività è direttamente collegata a chi la guida. Quindi, quando questa persona viene a mancare, per una qualsiasi causa, subentrano situazioni di criticità, litigiosità e l’impresa rischia di chiudere. Il tutto perchè non si è affrontato seriamente il tema della successione. Al contrario, in America, sono pochi gli atti costitutivi in cui non sia inserito e previsto come procedere nel caso in cui il fondatore sia costretto a lasciare l’azienda. In Italia invece è vero l’opposto”. I Patti di famiglia, varati poco più di due anni fa, non hanno però risolto il problema: “Il Patto concede una deroga al divieto dei patti successori e prevede che gli eredi non assegnatari, salvo che

vi rinuncino espressamente, siano compensati con un controvalore adeguato delle quote di partecipazione rimesse all’erede assegnatario. Restano comunque irrisolti alcuni nodi sia giuridici che operativi, vedi il risarcimento dovuto agli eredi non assegnatari”. In questo campo Pramerica ha studiato una soluzione assicurativa, di radice statunitense e denominata Partnership Protection, che affronta la questione gestendo e risolvendo le problematiche operative e giuridiche collegate all’applicazione della legislazione sui Patti di famiglia. Per le imprese con più soci operativi, dove l’equilibrio tra fiducia reciproca e competenze professionali condiziona fortemente il successo dell’impresa, è stata studiata una garanzia che si basa su un patto preventivo tra i soci e riconosce un adeguato indennizzo assicurativo agli eredi in caso vogliano rinunciare al subentro in azienda oppure siano stati esclusi dalla partecipazione sociale; in questa maniera si evitano le crisi di successione, garantendo la continuità operativa dell’azienda. “Al contrario degli americani – prosegue Giuliana – in Italia manca ancora la cultura della tutela soprattutto sul fronte del passaggio generazionale. Il 50% degli imprenditori ha più di 60 anni e spesso le liti tra gli eredi sono tra le prime cause di fallimento dell’azienda. Negli Usa il 76% delle piccole company si affidano a questo sistema assicurativo”. La soluzione di Pramerica si rivolge a tutte le imprese, piccole, medie e grandi con un’impostazione familiare: “Ad oggi stiamo attraversando una fase interlocutoria. Le disposizioni legislative sono recenti, ora si stanno analizzando le criticità e si sta fotografando la situazione. Siamo ancora lontani dall’individuazione delle soluzioni vere e proprie. Ci

sono risposte positive ma isolate, abbiamo la necessità di divulgare idee e soluzioni”. Assicuratori e consulenti ricoprono ruoli importanti soprattutto in questa direzione: aiutare e accompagnare l’imprenditore verso scelte ragionate e corrette: “I nostri Life Planner™” sono professionisti che operano sul mercato, in particolare esiste la figura del Business Market Specialist preparato sia in materie civilistiche, giuridiche e fiscali”. Oltre alle tutele in tema di successione, l’attività di Pramerica è incentrata, per l’80% sulla tutela della previdenza dell’imprenditore, affrontata in modo innovativo: “L’indennità di cessazione carica, il TFM, pensa al futuro dell’imprenditore ed è lo strumento ideale per gestire la sua previdenza complementare, perchè è pienamente deducibile dal reddito d’impresa e confortato da un regime fiscale particolarmente agevolato in fase di percepimento. Con questa formula, l’imprenditore può beneficiare della sua Indennità di Cessazione Carica (TFM) in modo duttile e personalizzabile, differenziato secondo le necessità”.

www.pramerica.it

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Smau, sempre più in stile business

Meno proiettata sul settore consumer, oggi l’esposizione regina in Italia nel campo dell’informatica e delle tecnologie si propone ancor più come un importante appuntamento per i manager e il mondo delle imprese. L’ad Pierantonio Macola spiega le nuove prospettive di un evento che per vocazione deve ogni volta essere al passo coi tempi testo di Desirèe Cividini

Tecnologia e business: due universi che si incontrano e il cui legame, sempre più spesso, influisce sull’attività e la produttività dell’azienda. È partendo da questo presupposto che Smau, l’esposizione internazionale dedicata alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ha investito le proprie risorse. L’obiettivo? Accompagnare le imprese e le pubbliche amministrazioni nell’innovazione di business abilitata dalle tecnologie digitali. Parola dell’amministratore delegato Pierantonio Macola che ci ha parlato dei passi compiuti fino ad ora per quanto riguarda l’applicazione delle moderne tecnologie dell’informazione all’ambito business e della strada ancora da percorrere per rispondere alle sempre più moderne esigenze delle imprese. L’edizione 2008 di Smau abbandona il polo fieristico di Rho Pero dove il salone si era trasferito da alcuni anni, per ritornare nel quartiere di Fieramilanocity. Da cosa nasce la scelta di riportare questa quarantacinquesima edizione nel cuore dell’attività finanziaria milanese? Non c’è dubbio che Fieramilanocity sia il contenitore ideale per un Salone di taglio esclusivamente business, con una parte seminariale molto forte e che coinvolge circa 50 mila visitatori, che potranno arrivare a 70 mila nei prossimi cinque anni. Il polo fieristico cittadino, rappresenta inoltre uno di principali nodi del progetto Milano Expo 2015, che porterà il quartiere a diventare il più grande e apprezzato centro congressi d’Europa, contando su 50

spazi espositivi per oltre 120 mila metri quadri, il tutto nel cuore pulsante dell’attività economica della città. L’evento fieristico, oggi riconosciuto come uno tra i più importanti saloni di riferimento per quanto riguarda le tecnologie della comunicazione e dell’informazione a supporto del business, è molto cambiato nel corso degli anni. Cosa rimane del passato e quali sono invece le prospettive future? Certamente Smau si è modificato nel corso degli anni per stare al passo con i cambiamenti del mercato di cui la manifestazione continua ad essere uno specchio. Oggi, tramontata l’era consumer, Smau si presenta con un nuovo format e con rinnovato entusiasmo proponendosi più che mai come un tramite, un trait d’union ideale tra chi sviluppa e vende soluzioni ICT e chi invece utilizza tali soluzioni per sviluppare la propria attività. Questo è il progetto che stiamo portando avanti e intendiamo sviluppare nei prossimi cinque anni. Il fine ultimo e’ quello di dare vita ad un nuovo media basato su molteplici canali (eventi, pubblicazioni, comunicazione digitale, ecc.) pensato per rispondere alle esigenze di target differenti. Un insieme di iniziative che coniugano gli elementi di valore tipici delle fiere (dall’incontro con persone competenti, fino ad arrivare alla conoscenza reciproca diretta e alla gestione delle relazioni) con contenuti a valore derivanti da ricerche specifiche realizzate da analisti indipendenti, con l’obiettivo di comprendere i van-


Information & Technology

taggi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione applicate al business. Abbandonata la fase consumer oggi Smau si propone come un importante

appuntamento per i manager che vogliono migliorare il proprio business attraverso le moderne tecnologie. Che peso hanno oggi le ICT in ambito aziendale? Sempre di più emerge la consapevolezza che le ICT sono una leva strategica essenziale in alcune delle sfide più rilevanti che le imprese e le pubbliche amministrazioni dovranno aff rontare nel prossimo futuro per competere sul mercato nazionale e internazionale. Le ICT quindi, diventano tecnologia per fare business, o meglio, quella che viene definita Business technology. Si tratta quindi di uno strumento strategico di cambiamento e miglioramento affidato ai manager delle direzioni funzionali di un’azienda: Marketing e Vendite, Operations, Logistica, Supply Chain, Risorse Umane, Amministrazione e Finanza, Pubblica Amministrazione Centrale e Locale. Per agevolare la visita dei “non addetti ai lavori” realizzeremo, in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano, dei contenuti dedicati a

ciascuna di queste line of business. Sono previste infatti ricerche che analizzeranno la rilevanza percepita e il ruolo che le ICT possono avere in ciascuna funzione aziendale, workshop organizzati in collaborazione con le principali associazioni di categoria e aziende che racconteranno casi di successo di adozione dell’ICT, percorsi di visita personalizzati che uniscono la parte seminariale a quella espositiva. E’ un progetto che punta a coinvolgere non solo le aziende di grandi dimensioni, ma anche e soprattutto le piccole e medie imprese, cuore pulsante dell’economia italiana, e i principali operatori del canale ICT italiano. Al centro della campagna di comunicazione costruita da Armando Testa per promuovere la quarantacinquesima edizione di Smau, vi è il tema della mancata comunicazione tra un IT manager e i dirigenti delle diverse funzioni. Quanto questa mancanza influisce sul buon funzionamento dell’azienda? 51


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Sicuramente le scelte di soluzioni tecnologiche in azienda non possono piu’ essere unica pertinenza dei responsabili IT. I manager delle diverse funzioni aziendali devono essere in grado di dialogare con gli “addetti ai lavori” per spiegare le proprie esigenze e comprendere quali sono le possibili soluzioni tecnologiche per poter fare la scelta piu’ adatta. Di solito infatti l’acquisto di tecnologie è deciso da tecnici che pero’ non hanno le competenze per capire le reali esigenze dei singoli uffici. Obiettivo di Smau e’ proprio fornire strumenti utili a comprendere le potenzialità e il linguaggio delle nuove tecnologie, spesso ancora dominio esclusivo degli IT manager.

aziende e ascoltare dalla viva voce dei manager casi di successo di adozione delle tecnologie per la risoluzione di determinati problemi aziendali. In questa direzione vanno gli sforzi che Smau sta compiendo e un contributo significativo nella costruzione di questi contenuti viene naturalmente dal mondo accademico. |

Le ICT sono una leva strategica essenziale Dal mondo aziendale a quello della formazione. Forte anche della sua esperienza in Webbit, l’evento dedicato al web di cui è stato ideatore e organizzatore e all’interno del quale la formazione rivestiva un ruolo importante, qual è il ruolo che gioca oggi il mondo universitario nell’ambito di Smau e quali sono i prossimi obiettivi. Partiamo dal presupposto che le aziende e le pubbliche amministrazioni devono utilizzare più tecnologia, ma utilizzarla bene. In quest’ottica diventa fondamentale non solo conoscere ed essere informati su quanto sta avvenendo nel mercato, i trend e gli scenari, le evoluzioni tecnologiche ma anche confrontarsi con le

in alcune delle sfide più rilevanti che le imprese e le pubbliche amministrazioni dovranno affrontare nel prossimo futuro per competere sul mercato nazionale e internazionale. Le ICT quindi, diventano tecnologia per fare business, o meglio, quella che viene definita Business technology

Nella pagina precedente: l’amministratore delegato di Smau, Pierantonio Macola. In questa pagina: alcuni momenti dell’edizione 2007 di Smau

Io non ho paura dei computer. Temo la mancanza di essi. Isaac Asimov

B&G n.2 – Il progetto “local” di Smau – p. 18

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Ferrero, nuove sfide nel campo dell’impresa

Il celebre tennista spagnolo passa al business nel settore luxury hotel con un investimento da 7 milioni di euro ai piedi delle montagne Mariola, vicino a Valencia testo di Laura Di Teodoro

Dal mondo del tennis a quello del business, tra i dritti e i rovesci di una carriera segnata da successi, qualche sconfitta ma soprattutto dalla voglia di rimanere legato al mondo delle racchette e non solo. Juan Carlos Ferrero, famoso tennista valenciano ha appena cominciato la sua carriera nel settore hotel di lusso grazie all’apertura dell’Hotel Ferrero, ai piedi delle montagne Mariola, nel Bocareint, a 50 minuti da Valencia. “Penso che la carriera del tennista sia abbastanza breve e ritengo pertanto sia giusto sviluppare anche progetti per attività successive – ha raccontato il campione -. Con il mio allenatore ho sempre pensato di fare qualcosa di completamente diverso dal tennis al termine della mia carriera agonistica, così è nata l’idea dell’hotel. Tuttavia volevamo qualcosa che non fosse molto distante dall’academy (Ferrero ha infatti anche un academy chiamata Equelite). Per questo abbiamo cercato per molto tempo prima di individuare questa antica costruzione che si trova a circa 15 minuti dall’academy, era perfetta!”. Ferrero, che ha investito 7 milioni di euro nel suo ambizioso progetto, non ha escluso di poter iniziare una nuova carriera in questo settore dopo aver appeso la racchetta al chiodo. “Colui che mi ha sempre allenato, Antonio Martinez Cascales, mi ha anche spinto in questo progetto. All’inizio non ne ero molto sicuro, ma ora sono entusiasta” commenta Ferrero. L’hotel è in attesa della conferma uffi54

ciale ma gli saranno conferite le cinque stelle. I prezzi variano dai 250 ai 1000 euro a notte. L’antico Masia Can Giner ha avuto nuova vita con quest’hotel grazie anche alla supervisione dell’architetto Valenciano Luis Sendra. Il progetto è stato sviluppato a partire da un parco di 120 metri quadri ricco di alberi e piante medicali. L’Hotel Ferrero mette a disposizione degli ospiti 12 suite dotate della più avanzata tecnologia HiFi. Sei di esse sono dotate di terrazzino con Jacuzzi privata. Le suite sono arredate esclusivamente con superfici di legno e di pietra molto pregiate. Juan Carlos Ferrero ha visitato per la prima volta questo luogo nell’estate del 2002, accompagnato dal suo coach Antonio Martinez, dove ha acquistato la

proprietà e il terreno, per un totale di 120 000 metri quadri, 5 anni fa. La scoperta di questo luogo va attribuita a Martinez, il suo allenatore da quando Ferrero aveva 10 anni, che ha spinto il giocatore ad acquistarlo. Ferrero ha scelto Luis Sendra, un noto architetto locale e suo amico per dare a Masia Can Giner una nuova vita, proteggendo al contempo la struttura originale. Sendra ha in passato collaborato alla costruzione di una moderna casa all’interno dell’Equelite-Juan Carlos Ferrero Tennis Academy a Villena, dove Ferrero si è trasferito per allenarsi all’età di 14 anni: “Abbiamo iniziato la costruzione della struttura nel 2004” spiega Ferrero. ”Sono stati però necessari alcuni mesi di sospensione dei lavori per la richiesta di


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Penso che la carriera del tennista sia abbastanza breve e ritengo giusto sviluppare anche progetti per attività successive. Con il mio allenatore ho sempre pensato di fare qualcosa di completamente diverso dal tennis al termine della mia carriera agonistica, così è nata l’idea dell’hotel specifiche autorizzazioni edilizie e questo ha rallentato il processo”. Dopo 3 anni di lavoro l’Hotel Ferrero ha aperto al pubblico all’inizio del luglio del 2007. L’hotel può ospitare eventi fino a 500 persone e nel prossimo futuro Ferrero progetta di organizzare al suo interno una rassegna tennistica. Sogno e sfida del campione valenciano sarebbe di unire questa sua attività con altri progetti di business nei quali è coinvolto: in particolare, l’Open de Tenis de la Comunidad Valenciana, il torneo ATP che in aprile dà il via alla stagione tennistica europea su terra rossa e si prepara a diventare dal 2009 un torneo “Open 500”. Juan Carlos Ferrero diventa così l’unico giocatore che possiede un proprio torneo.:

“Sono molto coinvolto in questo progetto che ricopre per me un’importanza particolare proprio perchè si svolge a Valencia, città dove sono nato. Ho grandi aspettative perché il torneo prevede un importante sviluppo per la città. Le infrastrutture che lo ospiteranno sono colossali e di grande effetto nel mondo del tennis.” Naturalmente, anche se adesso Ferrero è impegnato su molti fronti diversi da quello sportivo, resta sempre un grande campione ancora attivo sui prestigiosi campi di tutto il mondo: a 28 anni non sta certo pensando ad appendere la racchetta al chiodo, ma guarda avanti al proprio futuro, alla costante ricerca di nuove sfide e di nuovi sbocchi per la sua carriera. |

Juan Carlos Ferrero, 28 anni, spagnolo, ex numero 1 del ranking mondiale ATP, il ventunesimo dall’introduzione di tale classifica: ha raggiunto questa posizione a seguito della vittoria al Roland Garros nel 2003 e della sconfitta in finale agli US Open dello stesso anno. Viene soprannominato Mosquito (“zanzara”) per la velocità e il fisico agile e scattante. Juan Carlos Ferrero iniziò a farsi notare nel panorama tennistico nel 1998, raggiungendo la finale del torneo juniores del Roland Garros, venendo sconfitto da Fernando González: al termine dell’anno occupava la posizione numero 17 della classifica juniores. È diventato professionista nel 1999. Nel 2001 Ferrero confermò di essere uno dei giocatori più competitivi sulla terra rossa in circolazione, vincendo i tornei di Estoril, Barcellona e l’ATP Master Series di Roma. Il 2003 fu il suo anno migliore. Nella stagione sulla terra rossa si aggiudicò il titolo a Monte Carlo e a Valencia, per poi finalmente conquistare il torneo cui da tempo gli esperti lo consideravano predestinato, il Roland Garros. Nel 2006, Ferrero ebbe il suo momento di forma migliore al torneo del circuito di Master Series di Cincinnati, in cui raggiunse la finale (la prima in un Master Series dal 2003) battendo i Top 10 James Blake, Nadal e Tommy Robredo, perdendo però con Roddick in due set. Nel 2007, Juan Carlos ha raggiunto il suo massimo risultato a Wimbledon, battendo Jan Hajek, Gilles Muller, James Blake e il serbo Janko Tipsarevic e perdendo in quarti di finale contro il numero uno del mondo e futuro campione Roger Federer. Il 2008 inizia positivamente con la sconfitta in finale al torneo di Auckland e il quarto turno agli Australian Open, dopo una convincente vittoria sull’argentino David Nalbandian. Uno dei periodi migliori dell’anno è stato a maggio nell’ATP Masters Series di Roma. Al Foro Italico è approdato agli ottavi di finale, dopo aver battuto facilmente il campione in carica Nadal (condizionato però da una vescica al piede), Ferrero è stato sconfitto a sorpresa dallo svizzero Stanislas Wawrinka, che peraltro si confermò in grande forma nel seguito del torneo arrivando in finale.

Nella pagina a fianco: l’esterno dell’Hotel Ferrero, ai piedi delle montagne Mariola Sopra: il tennista Juan Carlos Ferrero. A lato: una suite dell’hotel di Ferrero, a pochi chilometri da Valencia “Non c’è sicurezza in questo mondo: ci sono solo delle opportunità” Douglas MacArthur B&G n.2 – Seedorf, campione anche nel business – p. 40

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Francesca Moretti è figlia “d’arte” di Vittorio, patron dell’impero delle Bollicine in Franciacorta. Dal padre ha raccolto la passione e la cultura dell’eccellenza e oggi è responsabile della commercializzazione dei vini del gruppo di famiglia. La grinta, la professionalità e il sorriso di una lady manager innamorata del proprio lavoro testo di Laura Di Teodoro fotografie di Massimo Angeli

La mia avventura

lungo la strada del vino

È cresciuta tra i vigneti della Franciacorta, “giocando” nella cantina del papà e sognando, un giorno, di lavorare nella sua amata campagna. Oggi, Francesca Moretti, 34 anni, appassionata di bollicine, vini e mondo agreste, sta vivendo il suo sogno. Ha raccolto, e continua a farlo, la passione del padre Vittorio e, spinta da una grinta contagiosa, si occupa della commercializzazione e della distribuzione dei vini del gruppo di famiglia, Terra Moretti (cantina Bellavista, Contadi Castaldi, Petra, Andana): circa 2 milioni di bottiglie vendute nel 2007 e un milione e 900mila Bollicine prodotte. Francesca Moretti, lei è cresciuta seguendo un sentiero fatto di passione per il vino buono, per la natura e tutto quanto appartiene al magnifico scenario della Franciacorta. Dovendo raccontare brevemente questa lunga tradizione nata con suo padre Vittorio Moretti, quali sono i momenti più importanti che le hanno permesso di costruire e far crescere questa passione? Il mio continua ad essere un cammino intrapreso in maniera molto naturale, seguendo l’istinto e la passione. Ripercorrendolo non mi sento di dire di aver ancora raggiunto e tagliato traguardi importanti, sto continuando a crescere. La mia avventura sulla strada del vino è iniziata il giorno che ci siamo trasferiti sulla collina Bellavista, avevo 6 anni. Sono passati 28 anni. Ai tempi frequentavo la scuola elementare, ogni giorno tornavo in Bellavista e il mio unico gioco era andare in cantina dove mio padre stava iniziando a coltivare il suo hobby. Lo aiutavo nella spillatura del vino, nell’incartare le bottiglie e, una volta cresciuta, nei lavori di carattere amministrativo. Per me è sempre stato un passatempo. Piano piano ho interiorizzato questa pas56

sione e ancora oggi la vivo come fosse un gioco, soprattutto per quanto riguarda la parte legata alla produzione, il settore in cui mi sono specializzata con la laurea in tecnologie alimentari con indirizzo enologico. Con il passare degli anni la passione è diventata la mia professione: ho fatto il mio primo viaggio a Bordeaux a soli 13 anni, poi ho sempre lavorato in azienda, anche negli anni dell’università. Nel ‘97 ho iniziato a seguire e portare avanti il progetto Petra con l’aiuto di validi collaboratori, partendo naturalmente da mio padre. Poco più di un anno fa mi è stata affidata la gestione delle quattro cantine e da qualche mese sono responsabile del nuovo progetto de “La Dispensa dei Vini”, un locale tutto cibo e vini nel cuore della Franciacorta. Uno dei punti di forza del mondo Moretti è racchiuso nel motto “Cogliere le potenzialità per ottenere l’eccellenza”. Nel settore dei vini cosa si intende per eccellenza? L’eccellenza è il lavoro quotidiano di alta qualità che interessa ogni aspetto della produzione, dal momento della scelta della pianta da inserire nel terreno o del portainnesto, tutti particolari che devono rappresentare la migliore espressione del territorio. L’attenzione alla qualità vale per ogni settore ma soprattutto per noi che lavoriamo nel vino dove ci sono alchimie e aspetti che devono essere rispettati e non alterati. Naturalmente l’eccellenza deve coniugarsi con l’innovazione e la tradizione; noi non inventiamo nulla, quello che oggi sappiamo è frutto di insegnamenti che arrivano dal passato. Non dobbiamo temere il confronto con i cugini d’oltralpe, ci hanno insegnato loro il metodo champenoise che oggi chiamiamo metodo Franciacorta. Per raggiungere i massimi risultati tutto quanto è tradizione deve essere letto in chiave moderna grazie all’innovazione.


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L’eccellenza è il lavoro quotidiano di alta qualità che interessa ogni aspetto della produzione, dal momento della scelta della pianta da inserire nel terreno o del portainnesto: tutti particolari che devono rappresentare la migliore espressione del territorio. Per raggiungere i massimi risultati tutto quanto è tradizione deve essere letto in chiave moderna grazie all’innovazione

Come si sviluppa la ricerca? La ricerca nel settore del vino è ancora agli inizi. Non abbiamo grandi presunzioni. La ricerca di base è saper guardare e imparare. L’umiltà è un valore che mi ha insegnato mio padre. Grazie all’umiltà si può viaggiare, osservare, guardare, ascoltare, capire e soprattutto imparare e portare a casa qualcosa di nuovo. Questa è la migliore ricerca, non c’è tanto da inventare. Una ricerca più approfondita viene svolta all’Istituto Enologico in Champagne, stiamo introducendo delle nuove figure di ricercatori che, uniti alla tradizione, ci portano a crescere. Tra le diverse attività che la vedono in prima linea, l’ultima nata “La Dispensa Pani e Vini” può definirsi la sintesi della ricerca del bello, buono e naturale che da sempre contraddistingue il suo lavoro. Ci può raccontare da cosa è nata l’idea di creare questo nuovo spazio nel cuore della Franciacorta? Il progetto è nato con la collaborazione dello chef Vittorio Fusari con l’obiettivo di diventare il cuore pulsante e punto di incontro delle tradizioni e delle specialità della Franciacorta. Nasce partendo da un concetto di ristorazione fondato su due elementi forti, il cibo e il vino. Sulla destra del locale, che si trova nel Borgo Principe di Torbiato, ad Adro, c’è l’enoteca e sulla sinistra c’è la gastronomia dove sono acquistabili i prodotti base per tutti i nostri piatti. Per molte piccole aziende del nostro territorio è spesso difficile far conoscere i propri prodotti, sono spesso contadini, artigiani e senza la pubblicità difficilmente riescono ad apparire. Dietro a ciascun piatto ci sono decine di nomi e cognomi di produttori, vera anima di questo mondo gastronomico. Grazie alla Dispensa si possono vedere, conoscere, e degustare i loro vini e cibi. L’alimentazione è piacere quando diventa auto-artigianato e salute quando si sceglie. La Dispensa racchiude la mia vera pas58

sione perchè è la perfetta sintesi tra vino, cibo e l’intera filiera del lavoro che facciamo ogni giorno partendo dalla campagna, dalla vita contadina fino ad arrivare alle etichette, al bicchiere e alla tavola. Lei vive tra la Franciacorta (Bellavista e Contadi Castaldi) e la Toscana, dove sta portando avanti il progetto Petra, oltre ai numerosi viaggi che periodicamente fa in giro per il mondo. Entrando in contatto con culture diverse cosa si sente di aver portato nella realtà Moretti? Bellavista è nata dalla passione di mio padre, il giorno che ha deciso di fare un vino buono per hobby. Era il 1977, è andato in Champagne, ha imparato e incamerato il metodo, ha preso un buon enologo che è venuto ad insegnare come fare il vino e così l’avventura è partita. Io ho seguito il progetto Petra: per farlo nel migliore dei modi sono andata con mio padre in Sud Africa, in Francia e in Californa per visitare aziende, cantine e capire come lavorano all’estero. Ho cercato di curare anche l’estetica e l’architettura di Petra, affidando il progetto a Mario Botta. Sul fronte vino, insieme a mio padre, abbiamo portato un tipo di lavorazione che in Italia non

Il modello Franciacorta Il territorio della Franciacorta si estende dalle sponde bresciane della parte meridionale del lago di Iseo fino ad arrivare alla parte centrale della provincia bresciana, attraversando 19 Comuni. Una delle sue ricchezze è rappresentata dalla produzione enologica, conosciuta e apprezzata a livello nazionale e internazionale. Sul territorio operano poco meno di 370 aziende tra viticoltori e imbottigliatori. Nel 2007 sono state messe sul mercato 8.367.061 bottiglie. Nel 2007 si è avuto un incremento dei terreni rivendicati alla Docg, aumentati di oltre 200 ettari. Una delle realtà più importanti del territorio è rappresentata dal Consorzio per la Tutela dei Vini Franciacorta, nato nel 1990. Nel 1995 viene riconosciuta al Franciacorta la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG), unico spumante Italiano metodo classico a potersi fregiare di questo prestigioso risultato. Franciacorta non è solo bollicine. Nella stessa zona si producono infatti anche vini da tavola tranquilli, sia bianchi, sia rossi, ai quali è riconosciuta la denominazione Terre di Franciacorta o Curtefranca, in omaggio a due dei nomi con cui la zona era nota nei secoli passati. I produttori di quest’area hanno sviluppato un modello produttivo innovativo tale da conseguire la qualità: una scelta che ha favorito l’introduzione di uve specifiche per la produzione di spumanti - Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero - ma anche uve per la produzione di vini rossi, come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Nebbiolo e Barbera. La produzione di vini bianchi è ottenuta dalle uve Pinot Bianco e Chardonnay. Oggi la Franciacorta - con i suoi vini da tavola e i suoi spumanti - rappresenta un importante modello enologico Italiano nel mondo, un grande successo ottenuto attraverso la caparbietà e la costanza qualitativa dei produttori, un grande vanto Italiano oggi conosciuto in tutto il mondo.


Lady economy

Francesca Moretti

esisteva, rispettando la qualità e non alterando o maltrattando la materia prima. Probabilmente è questo che sento di aver portato, una serie di nuove lavorazioni. Nel nostro lavoro ci appoggiamo inoltre a un enologo francese Pascal Chatonnet che ci porta tutta l’innovazione non ancora presente in Italia. In Bordeaux si lavora nel rispetto della pianta, si controlla quanta acqua contengono le foglie, si fanno tutta una serie di lavorazioni che in Italia non ci sono mentre le attrezzature le abbiamo prese negli Stati Uniti. Il progetto delle altre 4 aziende è molto giovane, ha poco più di un anno e per ora quello che sto cercando di fare è portare un modo di lavorare in team, dando molto spazio ai manager. Stiamo facendo il passaggio generazionale ed è importante che le seconde linee e i manager siano pronti. Uno dei suoi primi banchi di prova è stato quindi il progetto Petra, il gigante buono della Val di Cornia e cantina in continua espasione soprattutto all’estero. Che differenze esistono, se ci sono, tra Toscana e Franciacorta? Si tratta prevalentemente di differenze culturali. La Franciacorta si trova in un’area forte per la ricchezza imprenditoriale della zona e ha un approccio al lavoro diverso rispetto alla Toscana. Nel mio lavoro ciò che conta è la terra e in entrambi i casi abbiamo dovuto aspettare, ascoltare il territorio, capire cosa chiedesse e cercare di interpretare questa richiesta per produrre la migliore qualità. Sicuramente non si lavora in Toscana come in Franciacorta. Nel bresciano la materia prima è diversa. Inoltre in Lombardia c’è molta più domanda da parte del mercato, in Toscana è molto più difficile anche perchè loro, come tutti, sono gelosi della loro terra.

Nonostante la sua giovane età ricopre già incarichi di responsabilità: si occupa di marchi importanti e della commercializzazione e distribuzione dei vini raggiungendo risultati di successo. Qual è il segreto di tanta grinta e bravura? Devo ringraziare molto mio padre per la voglia di imparare e fare che mi ha trasmesso. Lavoro per passione e ho la fortuna di fare un lavoro che mi piace, è un “gioco”. La grinta nasce dalla voglia di dimostrare di aver capito gli insegnamenti delle generazioni passate e soprattutto dall’essere cresciuta in una specie di vortice fatto di entusiasmo che alla fine fa parte della tua vita: diventa normale pensare di lavorare e seguire al meglio tutta una serie di cose. A cosa state lavorando? Mi piacerebbe, un giorno, rafforzare il polo del vino. Per ora stanno partendo le due aziende in Toscana, in Franciacorta una è già decollata, l’altra sta andando bene ma ha bisogno di essere seguita quindi per il momento c’è tanta carne sul fuoco. Mi piace valorizzare il territorio, non escludo che un domani si possa prendere un’azienda da altre parti o collaborare con altri. Piatto e vino preferito? Vino preferito “bollicine” di qualsiasi tipo che siano Franciacorta o Champagne. È un tipo di vino che bevo volentieri a tutti i pasti. Piatto preferito: la pizza ma è difficile trovarla buona e poi mangio praticamente tutto, non c’è qualcosa che prediligo ad altro. Vado a periodi. |

Francesca Moretti è nata a Chiari, in provincia di Brescia il 1° marzo 1974. Dopo la maturità scientifica, intraprende un periodo di formazione nell’azienda di famiglia, Bellavista, occupandosi dell’aspetto produttivo. In questi anni segue i progetti di zonazione di tutti i vigneti aziendali con particolare dedizione per una vigna speciale, quella del Convento dell’Annunciata da cui Bellavista produce uno Chardonnay in purezza ed un Merlot dedicato a Gianni Brera. Da anni fa parte della commissione di degustazione di Bellavista e conduce prove di vinificazione del suo vino preferito, il Pinot Nero in purezza. Nel 1997, le viene affidato dal padre Vittorio Moretti l’intero progetto di Petra, una nuova realtà vitivinicola che il Gruppo Moretti ha acquisito in Toscana. Con la collaborazione del professor Attilio Scienza, Francesca ha seguito il progetto di zonazione dei 300 ettari acquisiti, occupandosi in prima persona della vinificazione di questa realtà che nel 2001 ha già prodotto due vini rossi ed un olio. Nel frattempo ha proseguito i suoi studi per completare la laurea in Viticoltura ed Enologia presso l’Università di Milano. Attualmente ricopre la carica di consigliere nelle aziende del Gruppo Holding Terra Moretti appartenenti al settore vinicolo e dell’industria delle costruzioni, quali Terra Moretti Spa, Soc. agr. Petra srl, Contadi Castaldi srl, Holding Terra Moretti srl e Moretti Spa. È anche vicepresidente di Tmt-Emozioni srl, la società che si occupa della distribuzione dei marchi Bellavista, Contadi Castaldi, Petra e Tenuta La Badiola. È socio titolare della Soc. agr. Bellavista ss, e vicepresidente della Soc. agr. Petra srl, della quale segue anche la direzione.

Nelle pagine precedenti: Francesca Moretti nella Dispensa dei Vini, nel cuore della Franciacorta. Sopra: Francesca Moretti insieme allo chef Vittorio Fusari.

Il vino è la poesia della terra. Di Mario Soldati

B&G n.2 – Chef e imprenditore: due anime di un’unica passione. La ricetta dell’alta ristorazione secondo Stefano Cerveni – p. 68 www.terramoretti.it

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Parola d’ordine

innovazione E’ il fi lo conduttore di tutte le attività di Danilo Preto, manager poliedrico: dal marketing con il gruppo Sisa, alla comunicazione e persino nel calcio, in qualità di amministratore delegato del Vicenza testo di Laura Di Teodoro

Dalla comunicazione al calcio, passando per il marketing, la consulenza aziendale e la solidarietà. Settori diversi e un’unica costante: la voglia di innovazione. Danilo Preto, 58 anni, top Manager dalla consolidata esperienza, si muove e opera su fronti diversi, lasciando segnali importanti sull’onda di una voglia crescente di portare qualcosa di nuovo. Attualmente è direttore comunicazione e marketing del gruppo Sisa; si occupa di advertising, comunicazione, editoria e gestione editoriale con la River Communication Factory ed è amministratore delegato del Vicenza Calcio, squadra in serie B. Il suo incontro con il gruppo Sisa inizia nel 1991. Da allora Danilo Preto ha segnato momenti fondamentali nella storia del Gruppo: a lui vanno ascritte l’introduzione già nel 2003 della fidelity e la politica di gestione dei dati. Da lui dipendono le strategie legate ai collezionamenti, lo studio e la realizzazione del packaging del prodotto a marca commerciale, l’ufficio stampa, l’advertising, i materiali P.O.P. sia in Italia che all’estero, la cura degli eventi e la realizzazione e la direzione dell’house organ. È iscritto all’ordine dei giornalisti dal 1978, è autore e co-autore di articoli e volumi dedicati al retail e agli scenari di mercato. A livello istituzionale è vice Presidente di Confimprese ed è vice Presidente di FIDA, la Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione che, in sinergia con Confcommercio, opera a tutela delle piccole e medie imprese e degli operatori del terziario, off rendo assistenza, consulenza e soluzioni ai problemi di gestione aziendale e aff rontando i temi più rilevanti per le categorie rappresen60

tate. Una carriera dedicata allo studio ed alla messa in pratica di sempre nuove soluzioni di business, pensate e realizzate grazie ad un profondo background. Il tutto guidato da una grande passione per il proprio lavoro.

Prendiamo il caso Sisa, lei ha portato una serie di novità, tra cui la fidelity e la realizzazione del packaging del prodotto a marca commerciale. Guardando avanti quali sono le prossime frontiere del marketing e comunicazione? Dipende dai valori, dalle situazioni del mercato e dalle vicende che lo influenzano. Quando l’inflazione raggiunge quasi quota 4%, come sta avvenendo in questo periodo abbastanza critico, e sono le relazioni internazionali a pilotare le decisioni, operazioni e interventi devono essere misurati: bisogna confrontarsi con tempi più brevi e situazioni reali, con programmazioni a breve termine e non più a lungo termine. É difficile prevedere cosa succederà nel mercato e proprio per questo, fattori come la flessibilità, la praticità, l’innovazione e lo snellimento delle normative sono fondamentali.

Tanti incarichi e responsabilità, un unico fi lo conduttore, il desiderio e la voglia di portare innovazione in ogni settore che tocca. L’innovazione è fondamentale in ogni momento della nostra vita. Penso sia importante alzarsi ogni mattina con la volontà di rendere la giornata diversa dalla precedente e avere la cultura di fare le cose pensando alla loro praticabilità effettiva, alla loro utilità. L’innovazione è cultura, è un elemento impalpabile unito ad una serie di azioni in tutti i settori, industrie, istituzioni e informazione nei confronti dei consumatori. Sono le azioni che definiscono e delineano i contenuti e i valori.

Com’è la situazione in Italia della media-grande distribuzione? Qual è il segreto per differenziarsi? La grande distribuzione sta perdendo quote di mercato, la moneta scarseggia, non si fanno più molti investimenti e gli ultimi dati non sono molto rassicuranti. Rispetto a qualche anno fa, i consumatori hanno riscoperto i supermercati di quartiere, in aree comunque urbanizzate che off rono molte più possibilità in termine di risparmio. Una volta si andava a fare la spesa più consistente al grande ipermercato e ci si rivolgeva ai negozi sotto casa per la spesa di tutti i giorni e in quel contesto i rischi di spreco erano molto più alti perchè la scorta fatta nella grande di-


Il mondo dei manager stribuzione non sempre veniva consumata nei tempi giusti. Oggi i supermercati vicino a casa off rono prezzi competitivi. Nel suo lungo percorso quali sono state le esperienze che le hanno dato di più? Sono tante: il rapporto diretto con i consumatori, con le industrie e con i soci. Solo relazionandosi con chi conosce i reali problemi, con chi li vive quotidianamente, si capiscono certe dinamiche e si intraprendono le soluzioni migliori. In questo penso mi abbia aiutato un certo spirito giornalistico che ho coltivato sin da giovane. Lei è un convinto sostenitore della necessità per le aziende di mettere a punto modelli di sviluppo sostenibile, per l’ambiente, per le persone e le comunità in cui agiscono. In che rapporto sono, secondo lei, sviluppo e rispetto dell’ambiente? Cosa si dovrebbe fare? Non sono temi in contrasto tra loro. Stiamo andando incontro a una forma di capitalismo più intelligente rispetto agli anni scorsi; la protezione della terra e la difesa del suolo sono fondamentali per il business, il giorno che non ci sarà più nulla di questo, parlo di capacità di estrazione del petrolio o coltivazioni, non ci sarà più business. In concreto, mi sono occupato in prima persona di importanti progetti etici di Sisa: la costruzione del Villaggio del Fanciullo “Gianni Baldina”, ad Arbabà in Etiopia, che offre accoglienza, istruzione e preparazione professionale a migliaia di bambini. La comunità vanta inoltre un pozzo, strumento di vitale importanza

tà sociale include anche la realizzazione di un centro di cardiochirurgia infantile all’Ospedale Pediatrico dell’Università di Damasco in Siria. Sono convinto che conoscendo il proprio territorio, ed è quello che stiamo facendo fare ai bambini in Etiopia, sia possibile costruire un’adeguata difesa culturale e imparare a vivere e sopravvivere. Lei è amministratore delegato del Vicenza Calcio. Come si concilia questo tipo di attività con il lavoro di comunicazione e marketing? Sono due mondi completamente diversi, non confrontabili. Il calcio si posiziona su un livello molto più schizofrenico rispetto alla sfera imprenditoriale e del commercio. Il calcio necessita di regole che non sono le stesso dell’universo economico in cui opero. Un tempo questo sport era fatto dai giocatori e dai procuratori, le società mettevano i soldi per organizzare lo spettacolo e non esistevano le regole economiche. Oggi i giochi non si svolgono solo sui campi da calcio ma esiste un gioco di natura economica che manovra il dietro le quinte. Si è persa la vera natura del calcio. Quale sarebbe questa vera natura, secondo lei? Ogni società di calcio è un’entità territoriale, al pari di Comune, Provincia, Regione. Anche nel Calcio è possibile organizzare attività per il bene sociale, per formare e istruire i giovani verso valori positivi. Ricordiamoci che i calciatori prima di essere tali sono soprattutto uomini e il calcio è una palestra di vita.

L’innovazione è fondamentale in ogni momento della nostra vita. È importante alzarsi ogni mattina con la volontà di rendere la giornata diversa dalla precedente e avere la cultura di fare le cose pensando alla loro praticabilità effettiva, alla loro utilità. L’innovazione è cultura, è un elemento impalpabile unita ad una serie di azioni in tutti i settori, industrie, istituzioni e informazione nei confronti dei consumatori. Sono le azioni che definiscono e delineano i contenuti e i valori in una terra dove l’acqua potabile rappresenta una vera rarità ed è in costruzione una clinica che sarà dotata di un grande ambulatorio e di una sala parto con personale specializzato. L’opera di solidarie-

Quali saranno le sue prossime mosse? Lavoreremo per cercare di cambiare, nel nostro piccolo, questa mentalità. In Italia esistono 5-6 grandi società più una serie di società provinciali. In molti si identi-

ficano con i grandi team prima di riconoscersi nel proprio territorio di appartenenza. I valori di squadre come Juventus, Milan o Inter si identificano con i valori delle squadre stesse, succede diversamente per le piccole squadre dove è il senso comune e lo spirito di comunità che chiama a raccolta i tifosi negli stadi. |

La carriera Danilo Preto, 58 anni, vicentino. È direttore comunicazione e marketing nonché responsabile rapporti politico/istituzionali del gruppo Sisa, la prima catena della Distribuzione Organizzata italiana ad essere presente all’estero, con un fatturato per il 2007 di 4.162 milioni di euro e quasi tremila punti vendita. Con la River Communication Factory si occupa di advertising, comunicazione, editoria e gestione editoriale. Nel 1991 entra a lavorare nel gruppo Sisa. Iscritto all’ordine dei giornalisti dal 1978, è autore e co-autore di articoli e volumi dedicati al retail e agli scenari di mercato. Ma anche l’ambiente è una sua passione. Manager dall’anima ecologista, è coordinatore editoriale, insieme a Giuseppe Tescari, del volume “Solo a Vicenza: gli endemismi della provincia; i fossili, le piante, gli animali presenti solo nel territorio vicentino”, mentre con la sua agenzia River è editore di “La carta geologica della provincia di Vicenza”, una sorta di rivisitazione della precedente pubblicazione edita dal Cai oltre un secolo fa. È vice presidente di Confimprese e di FIDA, la Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione che, in sinergia con Confcommercio, opera a tutela delle piccole e medie imprese e degli operatori del terziario. Dal gennaio 2007 è amministratore delegato del Vicenza Calcio. Preto ha messo il suo know-how a disposizione di Corporate Action, società che si propone di acquisire partecipazioni, di controllo o di minoranza, in aziende prevalentemente del settore agroalimentare, in modo da costituire un pool integrato con offerte da formulare nei confronti della distribuzione d’eccellenza, godendo di prodotti e brand significativi, conosciuti e innovativi. Una carriera dedicata allo studio ed alla messa in pratica di sempre nuove soluzioni di business, pensate e realizzate grazie ad un profondo background. Il tutto guidato da una grande passione per il proprio lavoro.

Danilo Preto, direttore comunicazione e marketing del gruppo Sisa e amministratore delegato del Vicenza Calcio Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee. George Bernard Shaw www.sisaspa.com

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La mia vita dedicata alla scienza Silvio Garattini parla del grande panorama della ricerca e della nuova avventura che presto attende l’Istituto Mario Negri da lui diretto. Il prestigioso centro traslocherà nel Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso. L’operazione senza l’aiuto di soldi pubblici: un importante contributo per la costruzione della nuova sede è arrivato dalla Fondazione Banca Popolare di Bergamo a cura della redazione

Nei suoi occhi leggi l’esperienza di una vita e, insieme, la voglia di continuare quel cammino intrapreso da oltre 50 anni all’insegna della curiosità, della ricerca e della conoscenza. Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri, realtà lombarda tra le più importanti per la ricerca sul fronte delle malattie rare, lotta quotidianamente per difendere e portare avanti studi, il mondo della ricerca, nonostante le difficoltà, soprattutto economiche. I ricercatori e i fondi sono pochi ma la tenacia e la volontà ha portato l’Istituto a crescere negli anni: oltre 10.000 pubblicazioni in riviste scientifiche internazionali e più di 3000 giovani ricercatori formati tra i laboratori di Bergamo, Milano e Chieti. La sfida continua ed entro la fine del 2009 l’Istituto di Bergamo traslocherà al Kilometro Rosso, Parco Scientifico e Tecnologico.

In 50 anni di vita dell’Istituto Mario Negri, quali sono stati i momenti più importanti? I momenti da ricordare sono tanti. Il più importante, quello che rimane nel cuore, è sicuramente il primo, l’apertura del testamento di Mario Negri in cui lasciava detto, nero su bianco, quanto in precedenza aveva promesso: fare qualcosa di nuovo in Italia attraverso la realizzazione di una fondazione che fosse in grado di utilizzare tutta l’agilità

e flessibilità dell’attività privata per occuparsi dell’interesse pubblico. I primi tempi sono stati difficili, ma grazie agli aiuti che sono arrivati soprattutto dagli Stati Uniti, il sogno è diventato realtà. Con l’andare degli anni le difficoltà non sono diminuite. Ricordiamoci che viviamo in un Paese in cui la ricerca non è considerata. Non ci siamo scoraggiati e grazie alla determinazione e all’impegno siamo cresciuti: dai venti che eravamo, oggi siamo quasi mille suddivisi tra le sedi di Milano, Bergamo e Chieti. Un secondo momento da evidenziare è datato 1983, anno in cui, insieme al dottor Giuseppe Remuzzi, si è deciso di realizzare una struttura del Mario Negri anche a Bergamo, diventata la prima realtà di ricerca biomedica nella mia città. L’idea è nata dal bisogno di mettere insieme l’attività sperimentale con l’attività clinica; Bergamo ha offerto una grande possibilità grazie alla disponibilità dell’ospedale e delle banche bergamasche. Da allora sono trascorsi 25 anni. Dopo quello, è nato il Centro Aldo e Cele Daccò, a Ranica, nel Bergamasco: si tratta di un centro per le malattie rare che ci ha permesso di avere al nostro interno i pazienti, mantenendo un contatto sempre più diretto con loro. Il cammino è stato e continua ad essere lungo, a volte difficoltoso, ma ricco di soddisfazioni: dal centro di Milano ad esempio sono partiti tutti i grandi studi sull’infarto miocardico che hanno contribuito, a livello internazionale, alla riduzione della mortalità per infarto. Negli ultimi 30 anni infatti, la mortalità per infarto miocardico nelle donne e negli uomini è dimezzata nei soggetti che hanno da 70 a 79 anni e ridotta del 70% nei più giovani. È stato un grande risultato. Adesso vi aspetta una nuova sfida: la nuova sede al Kilometro Rosso, a Bergamo, realtà importante dal punto di vista dell’innovazione e della modernità. Abbiamo creduto nel Kilometro Rosso, dove stiamo costruendo la nuova sede che sarà ultimata per la fine del 2009 e che coprirà una superficie totale di 4400 mq; si svilupperà su 4 piani, di cui 3 fuori terra. Ci saranno 33 laboratori di ricerca, 6 laboratori di sicurezza BL3, 31 uffici, una sala conferenza dotata di sistemi di video-comunicazione e collegamento telematico con le altre sedi dell’Istituto, 3 sale riunioni e oltre 100 ricercatori impiegati. A Bergamo oggi ci sono 250 persone che lavorano essenzialmente sulle malattie renali, sui trapianti e sulle malattie rare legate ai problemi renali e vascolari.

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Innovazione&Ricerca

L’Istituto Mario Negri, diceva, è cresciuto grazie alle fondazioni e ai privati. Il pubblico resta un grande assente? È assolutamente assente come nella nuova sede di Bergamo, al Kilometro Rosso. Gran parte dell’aiuto e del sostegno ci arriva da strutture private, in minima parte pubbliche e dalla generosità della gente. L’investimento che stiamo facendo è importante e si aggira attorno ai 15 milioni di euro e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Su questo fronte la Fondazione Banca Popolare di Bergamo è in prima linea. Il nostro è un atto di fiducia verso il futuro, è qualcosa che dobbiamo ai giovani perchè possano trovare un ambiente adatto nel loro lavoro di ricerca. Come si riesce a rimanere a galla di fronte ad evidenti difficoltà, legate soprattutto al fronte economico e aiuti che diventano sempre più rari? Cerchiamo di andare controcorrente. Oggi sarebbe facile farsi prendere dalla sfiducia e dire “se non ci vogliono ritiriamoci”. Ma la ricerca è il motore del progresso e quindi non vogliamo arrenderci, al contrario vogliamo continuare nella speranza che il clima possa cambiare e che i politici si rendano conto che la direzione da prendere è un’altra. Non si può pretendere lo sviluppo di un Paese solo attraverso i risparmi, è necessario investire in progetti a lungo termine che daranno risultati di prodotti ad alto valore aggiunto e possibilità di esportazioni in mercati internazionali. Sul fronte della ricerca, come si posiziona l’Italia rispetto ai Paesi esteri?

In Italia ci sono 2,7 ricercatori ogni mille lavoratori. La media europea è 5,1: Francia, Inghilterra e Germania sono tutti sopra quota 5 per non parlare dei Paesi scandinavi dove arriviamo a 7 e 8 ricercatori ogni mille occupati. Lo stesso discorso vale per gli Stati Uniti e i Paesi orientali quali Cina e Giappone. Al numero basso di ricercatori corrisponde un basso impegno economico: il bilancio per la ricerca in Italia è dell’1% del Pil, in Europa supera il 2%. In Italia i grandi assenti nella ricerca sono sia i privati che il pubblico che contrabbanda per ricerca ciò che ricerca non; ad esempio il pagamento dei professori universitari non può essere preso come elemento da attribuire alla ricerca. Sul fronte dei privati invece non abbiamo grandi industrie perchè la ricerca non è mai stata appoggiata. Insomma è un circolo vizioso da cui è necessario uscire. Qual è il rapporto tra il mondo della ricerca e i giovani? I giovani tendono a cercare lavoro in aree in cui la carriera è molto più facile, in cui gli stipendi sono più alti. Penso sia nostro dovere fare un richiamo alle idealità; la ricerca è un valore, la curiosità è nell’animo di molti insieme al desiderio di sapere, di fare passi avanti. Tutto questo deve essere assecondato, le conoscenze devono accompagnarsi al miglioramento delle condizioni in medicina, per offrire un valido aiuto agli ammalati. Continuo a sperare e credere nel fatto che ci siano ancora giovani volenterosi e desiderosi di dedicarsi a questo aspetto del sociale.

Come era il panorama e l’orizzonte 50 anni fa, quando lei ha iniziato? Era certamente peggiore perchè oggi, nel bene o nel male, tutti hanno almeno una borsa di studio anche se misera. Nel 1952 e per gli anni a seguire, l’attività era volontaria. Ma questo non è sicuramente un progresso perchè se noi abbiamo migliorato un po’, gli altri hanno migliorato di più quindi il divario aumenta Qual è stato il primo importante risultato raggiunto da Silvio Garattini? L’aver messo a punto dei metodi per studiare le metastasi in animali da esperimento. Ai tempi il fatto aveva destato lo stupore generale perchè la mentalità era ancora abbastanza chiusa. Inoltre, grazie agli studi fatti all’Esperia e al mio diploma di chimico, ho potuto agli inizi della Farmacocinetica, lo studio dedicato alla concentrazione dei farmaci nel sangue e nei tessuti e al riconoscimento dei metaboliti cioè prodotti chimici che si formano nell’organismo. Un campo che ha molta importanza perchè permette di vedere la farmacologia in termini quantitativi. La ricerca non è il solo punto dolente del “sistema Italia”. L’università sta perdendo i pezzi e il confronto con l’Europa e il resto del Mondo. Purtroppo le scuole e le università in Italia sono sempre più esercizi teorici a cui mancano le controparti pratiche. Inoltre oggi sono poche le scuole che hanno dei laboratori. Come Istituto Mario Negri abbiamo provato a costruire dei dottorati di ricerca con università italiane ma il tentativo è stato vano. 63


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La carriera Silvio Garattini è nato a Bergamo nel 1928. Perito Chimico. Dottore in Medicina. Libero Docente in Chemioterapia e Farmacologia. Assistente ed Aiuto all’Istituto di Farmacologia della Università di Milano fino all’anno 1962. Ha fondato nel 1963 l’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, di cui è direttore. Attualmente l’Istituto “Mario negri” ha quattro localizzazioni - Milano, Bergamo, Ranica (Bergamo), S. Maria Imbaro (Chieti) - con un personale di oltre 850 unità. È autore di centinaia di lavori scientifici pubblicati in riviste nazionali ed internazionali e di numerosi volumi nel campo della farmacologia e fondatore dell’European Organization for Research on Treatment of Cancer. Nell’ultimo decennio é stato membro di vari organismi: Comitato di Biologia e Medicina del Consiglio

Al contrario, abbiamo ricevuto la risposta positiva della Open University in Inghilterra.

Nazionale delle Ricerche (C.N.R.), Consiglio Sanitario Nazionale e Commissione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la politica della ricerca in Italia, membro della Commissione Unica del Farmaco (CUF) - Ministero della Sanità.

Da dove arrivano i vostri ricercatori? Abbiamo moltissimi ricercatori che vengono da tutto il mondo. A Bergamo abbiamo avviato un progetto internazionale che riguarda la formazione di ricercatori nel campo delle malattie renali e grazie a questo, diversi stranieri vengono da noi e aiutano a internazionalizzare l’ambiente. Siamo convinti, come Istituto, che un’esperienza all’estero sia importante se seguita dal rientro in patria naturalmente. Oggi assistiamo a troppe “fughe di cervelli” che vanno a favorire l’economia di altri Paesi. Cosa deve succedere per sbloccare questa situazione? Devono succedere molte cose. Innanzitutto è indispensabile che ci siano più risorse, con la miseria non si fa nulla. Le risorse devono essere spartite seguendo criteri di meritocrazia, premiando chi ha lavorato e ha raggiunto risultati importanti. È necessario un cambio di mentalità che in Italia vede troppo spesso situazioni di clientelismo.

Ha ricoperto le seguenti cariche: Presidente del Comitato di Chemioterapia Antitumorale dell’ Unione Internazionale contro il Cancro, Presidente della Organizzazione Europea di Ricerche sul Cancro (OERTC), Presidente della European Society of Biochemical Pharmacology, Consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. È attualmente membro del Committee for Proprietary Medicinal Products (CPMP) dell’European Agency for the Evaluation of Medicinal Products (EMEA). In oltre 35 anni di attività, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, sotto la direzione del professor Garattini, ha prodotto oltre 8500 pubblicazioni scientifiche e circa 180 volumi, in cancerologia, chemioterapia ed immunologia dei tumori, in neuropsicofarmacologia, in farmacologia cardiovascolare e renale. Oltre 2100 sono i giovani laureati e tecnici che si sono specializzati in questo periodo all’Istituto. Al Kilometro Rosso dal 2009 Su una superficie di oltre 4mila metri quadrati sorgerà la nuova

Quale potrebbe essere il profilo di un ricercatore? Deve avere molta curiosità, spirito di sacrificio e tenacia perchè non sempre gli esperimenti riescono, bisogna insistere. A tutto questo devono accompagnarsi naturalmente doti di intelligenza.

sede dell’Istituto Mario Negri al Kilometro Rosso. Cronoprogramma alla mano, i lavori dovrebbero terminare entro la fine del 2009. Nella sede di Kilometro Rosso, verranno trasferite tutte le attività di ricerca di tipo pre-clinico che attualmente hanno sede al Conventino di Bergamo. Sarà potenziata la linea di ricerca, con studi volti a rallentare e arrestare la progressione del danno

Cosa sente di aver portato in questi anni all’Istituto Negri? La voglia di fare che è una delle cose fondamentali per poter andare avanti. Nonostante la mia età continuo ad essere presente e attivo perchè credo in quello che sto facendo e perchè c’è ancora un grande entusiasmo nel lavoro.

renale per ridurre la necessità di dialisi attraverso l’impiego di nuovi farmaci e/o strategie terapeutiche, quali la terapia genica e l’utilizzo di cellule staminali; con studi di meccanismi cellulari alla base della progressione delle malattie renali tramite modelli matematici, indagini istologiche quantitative e ricostruzioni tridimensionali. La ricerca è focalizzata anche sulla prevenzio-

Quali sono i progetti che state portando avanti? A Milano stiamo lavorando molto sulle malattie che comportano demenza, sia a livello farmacologico che a livello clinico e terapeutico nella speranza che ci siano presto degli sviluppi. La nostra società, nei prossimi decenni, dovrà affrontare tutto l’aumento dell’età, quindi avremo una grande percentuale di anziani e circa un quarto di questi anziani saranno dementi. Trovare qualcosa sia di tipo preventivo che terapeutico è un imperativo necessario. |

ne e la cura delle complicanze cardiovascolari del diabete. Parte dell’attività sarà indirizzata alla creazione in laboratorio di pancreas e vasi sanguigni artificiali. Lo studio della biologia dei tumori sarà volto ad acquisire nuove conoscenze scientifiche come base per sviluppare nuovi farmaci antitumorali e antimetastatici. I laboratori saranno dotati di strumentazione e servizi come la microscopia elettronica e confocale, stanze sterili per colture cellulari, laboratori per la produzione di vettori virali per terapia genica, laboratori per studi di biologia cellulare e molecolare. Queste attività saranno affiancate da un’infrastruttura basata su sistemi computerizzati per la raccolta, l’analisi e l’elaborazione integrata di dati e immagini. Per la realizzazione della sede del Ki-

nelle pagine precedenti: il cantiere della nuova sede del Mario Negri al Kilometro Rosso e Silvio Garattini Sopra, da sinistra: Mirano Sancin, Emilio Zanetti, Silvio Garattini e Giuseppe Remuzzi

lometro Rosso, il Mario Negri non si sta avvalendo di nessun finanziamento pubblico e quindi dipende fondamentalmente dall’aiuto dei privati. Un importante contributo per la costruzione della nuova sede è arrivato dalla Fondazione Banca Popolare di Bergamo: “Questo intervento – spiega il presidente della Fondazione,

“Chi desidera procurare il bene altrui ha già assicurato il proprio”, Confucio

Emilio Zanetti -, si inserisce perfettamente nelle finalità che la Fondazione persegue, tra cui l’importanza posta nella ricerca, quale valore assoluto imprescindibile per il progresso della società ed il valore aggiunto che scaturisce dalla interdisciplinarietà

www.marionegri.it

della stessa e la positiva ricaduta occupazionale che avrà l’intervento sia nel breve che nel lungo termine”.

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Architettura, la filosofia dell’ecosostenibilità

Dorit Mizrahi e Oliviero Godi, coppia di architetti nella vita e nel lavoro: nei loro progetti c’è creatività, innovazione, ma anche una grande attenzione all’impatto ambientale. Il caso Greentainer testo di Laura Di Teodoro

Lei israeliana, laureata al Politecnico di Milano. Lui italiano, con un master in architettura alla Columbia University di New York. Insieme condividono la passione per l’architettura, la loro professione. Dorit Mizrahi e Oliviero Godi sono una coppia a tutti gli effetti, nella vita come nel lavoro; insieme hanno lavorato negli Stati Uniti, in Inghilterra, Spagna, Israele e Giappone e hanno fondato a Bergamo lo studio Exposure Architects. Per loro ogni progetto diventa un viaggio verso culture e mondi vicini e lontani, un ponte per conoscere aspetti nuovi e diversi dell’architettura del mondo. Mi sembra di capire che siete entrambi due nomadi dell’architettura. Avete viaggiato, continuate a lavorare all’estero. Alla luce di queste molteplici esperienze, come definireste la vostra architettura, il vostro lavoro? Il nostro è un lavoro di studio e di analisi dei programmi che compongono un progetto. Faccio un esempio: il nostro primo progetto è stato l’Octospider, una mensa realizzata in Thailandia. Una volta che il cliente ci ha indicato quali erano le sue esigenze, la mensa appunto, abbiamo preso quel concetto, quell’idea e l’abbiamo analizzata, dalla cucina alla parte in cui gli operai si sarebbero dovuti sedere. Abbiamo manipolato i programmi e creato eventi nuovi. Nel caso dell’Octospider lo abbiamo sollevato 8 metri da terra portandolo ad una quota che permette di mantenere un contatto diretto con la natura esterna. Costruendo dei pontili che escono al di fuori dell’acqua abbiamo portato la gente e i lavoratori a escludersi, almeno nella mezz’ora di pausa, dal contesto lavorativo immergendosi in un mondo idilliaco. Lo stesso è successo per lo Zig Zag, altra struttura che abbiamo progettato in Thailandia. In quel caso l’edificio avrebbe dovuto ospitare lavoratori e lavoratrici dediti alla cucitura e la struttura da progettare doveva rompere la sensazione alienante data dal lavoro; abbiamo disegnato due chiostri chiusi all’esterno ma prospettanti ciascuno su un giardino tropicale, così la forma saettante della folly, stempera l’altrimenti eccessiva serietà del luogo, per suggerire il veloce movimento – zig, zag, appunto – della macchina da cucire. Da quali influenze nasce il vostro modo di progettare? Entrambi abbiamo girato il mondo. Dorit si è laureata al Politecnico di Milano, insieme abbiamo studiato negli Stati Uniti, alla Columbia University dove io mi sono laureato. Abbiamo lavorato a New York, Londra, Giappone, Israele, insomma una formazione acquisita soprattutto su diversi fronti. 66

Fra quelle conosciute, esiste un’architettura più bella? Non penso. Ogni momento e ogni luogo ha avuto la sua importanza, partendo dall’Inghilterra fino ad arrivare a New York dove abbiamo imparato molto per quanto riguarda gli interni. Il Giappone e i giapponesi ci hanno fatto scoprire un mondo diverso e un nuovo modo di affrontare i problemi, lo stesso in Spagna e in Israele. In Italia esistono, secondo voi, le condizioni per un’architettura nuova, creativa e capace di competere con l’innovazione mondiale? Gli italiani all’estero sono stimati moltissimo per le loro idee innovative, per il design, per il fashion. Al contrario, in Italia ci ritroviamo spesso con architetti stranieri e questo ha influito anche nella nostra storia: conosciuti oltre confine e meno a casa nostra. Addirittura, in un libro inglese che raccoglie i più importanti architetti dal 2000 al 2008, ci sono 4 italiani tra cui noi. Tutto questo ha del paradossale. Nonostante i successi all’estero, in Italia si fa fatica ad emergere, anche se il Sole 24 Ore ci ha messo tra i 10 migliori giovani architetti in Italia e due anni fa abbiamo vinto la menzione d’onore per l’architettura italiana, alla Triennale di Milano. Recentemente avete presentato il Greentainer, realizzato per Radici Group, la sostenibilità che entra nell’edilizia. Di cosa si tratta? Il Greentainer è solo una delle inziative “ecosostenibili” che ci ha visto in prima fila. Prima del Greentainer abbiamo progettato la Casa Concreta, una costruzione prefabbricata, semplicissima fatta di lastre in cemento armato unite dai piani di calpestato e dal solaio. Il Greentainer invece è nato dall’esigenza di Radici di avere uno spazio ricreativo per i dipendenti di una delle loro aziende: nasce da uno studio approfondito delle problematiche ambientali, siamo partiti recuperando un container standard da 40 piedi (12 metri), nella versione HighCube (per avere un’altezza interna di 2,7 metri) che era destinato, dopo 5 anni di vita, ad essere rottamato. Abbiamo pensto a qualcosa di trasferibile, adattabile e soprattutto ecosostenibile. Si parla spesso di architettura ecosostenibile. Non c’è il rischio che diventi anche questa una moda e si perda il vero lato ecologico della questione?


Architettura ecosostenibile

Nella pagina a fianco: gli architetti Dorit Mizrahi e Oliviero Godi. Sopra, da sinistra: l’Octospider, la mensa progettata in Thailandia e il Greentainer, realizzato per Radici Group

Sicuramente. Ormai è diventata una moda che tutti vogliono cavalcare perchè , per molti, rappresenta una scorciatoia per ottenere delle commesse. È un rischio e soprattutto una realtà. Molti parlano di ecosostenibilità solo per riempirsi la bocca ma di strutture che rispettino realmente i canoni non ce ne sono molte. Per essere tale è necessario seguire un protocollo preciso. Posso riempire un grattacielo di piante ma quanta acqua mi serve per bagnarle? Ai tempi dei miei studi in Giappone, attorno al 1995, i giapponesi avevano creato un vero e proprio reparto di ecosostenibilità dove studiavano quali erano le erbe migliori da mettere lungo i canali per ridurre la quantità di acqua da usare per tenerle in vita. Sono esempi di ricerca da fare. Oggi purtroppo c’è troppa approssimazione. Esiste una ecostenibilità ideale? Un edificio, una costruzione deve essere ecosostenibile dal punto di vista architettonico ma soprattutto sociale, deve costare poco, tenere conto dei materiali a disposizione e delle condizioni ambientali. Chi lo progetta deve essere in grado di trovare soluzioni efficaci, efficienti ed economiche. In tutti gli edifici che costruiamo teniamo conto di queste componenti. Ultimo in ordine di tempo un edificio privato in un parco pubblico che abbiamo progettato a Tel Aviv. Dovendo scegliere tra i progetti che avete realizzato, quale ha maggior significato per voi e perchè? Il cuore ci lega al nostro primo progetto, l’Octospider, nel 2000. Dietro alla sua realizzazione c’è stato uno studio approfondito sul contesto, l’ambiente e su chi effettivamente lo avrebbe utilizzato. Ad esempio, gli operai che lavorano nell’azienda non hanno l’aria con-

dizionata quindi anche dove mangiano non doveva esserci. Abbiamo agito di conseguenza. L’edificio è stato alzato in modo tale che i monsoni potessero attraversare l’edificio portando aria, inoltre abbiamo fatto mettere delle piante che fioriscono dal lato dove c’è il monsone che porta il vento. Massimiliano Fuksas, importante punto di riferimento dell’architettura internazionale ha parlato della città ideale come “luogo senza i luoghi della disperazione”. Secondo Oliviero Godi come potrebbe essere la città ideale? La città ideale è fatta di piccoli passi. Non si possono più fondare città nuove ma è necessario agire sulle città in cui viviamo oggi. Dal punto di vista architettonico si tratta di avere la capacità di inserire elementi nuovi senza paure mentre alcune amministrazioni tendono a tirare molti freni, non rischiano e non fanno nulla. Al contrario di quanto accade, ad esempio, a Parigi dove affiancano strutture nuove e diverse in contesti tradizionali. Agendo sul fronte sociale invece sarebbe necessario far rivivere le città con negozi, bar aperti fino a tardi, facendo così tornare la gente a popolare le strade, evitare le speculazioni edilizie e pensare più ai cittadini. Deve cambiare l’atteggiamento soprattutto pubblico nei confronti dell’architettura. Forse è colpa anche di noi architetti che per anni abbiamo utilizzato linguaggi troppo complicati e complessi e quindi la gente è caduta in mano a speculatori edilizi. Manca la cultura architettonica e critica nei confronti. Come stanno crescendo i giovani architetti? Come studio, abbiamo preso diversi ragazzi per lo stage universitario. Ci vengono man-

dati dal Politecnico per fare una serie di ore di tirocinio. Da una parte ci sono i ragazzi che hanno una certa iniziativa e che indipendentemente da quanto succede al Politecnico viaggiano all’estero e manifestano una cerca curiosità verso quanto scoprono e conoscono. Sono proprio questi ragazzi che, una volta tornati in Italia, portano idee e iniziative nuove. Ma c’è bisogno di una spinta da parte del mondo accademico. Altri ragazzi invece arrivano da noi senza idee, non sanno pensare perchè così gli è stato insegnato nel loro percorso scolastico. Secondo due architetti di fama mondiale come voi, quali caratteristiche dovrebbe avere una persona sul luogo di lavoro? Il fattore fondamentale è che colui che ti chiede il lavoro sia un illuminato, una persona consapevole del tipo di progetto da fare e soprattutto del fatto che se vuole raccogliere risultati positivi e più produttività deve fare i lavori in un certo modo. Se gli operai, i dipendenti sono felici e si trovano meglio nel loro ambiente, lavorano meglio. |

“L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La Costruzione è per tener su: l’Architettura è per commuovere”, Le Corbusier www.exposurearchitects.com

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Arredamento per l’ufficio

Vivere

l’Office Life Può l’ambiente dell’ufficio incidere sull’operatività? Meglio un arredo funzionale o emozionale, tradizionale o tecnologico? Abbiamo chiesto a Franco Comelli, che con la sua azienda è leader nelle forniture d’arredo per il business, di spiegarci le ultime tendenze e quanto sia importante lavorare in un ambiente confortevole e curato testo di Desirèe Cividini

Quanto conta l’ambiente in cui lavoriamo? E quanto questo può incidere sulla produttività del lavoro stesso? Se lo chiedono esperti ed accademici e da un po’ di tempo a questa parte anche le aziende che, adattandosi alle più moderne esigenze in termini di comfort e multifunzionalità, scelgono di investire nell’arredo per l’ufficio. Ma come deve essere oggi un ambiente per essere realmente funzionale ai bisogni di chi ci lavora? Lo abbiamo chiesto a Franco Comelli, titolare di Arredoufficio on-line, azienda milanese che negli anni è riuscita ad imporsi come punto di riferimento nel mondo dell’arredamento d’impresa, sapendo coniugare sapientemente tradizione e moderne tecnologie. Tanto da arrivare a dar vita al primo negozio on line per tutta la Penisola interamente dedicato alla fornitura di mobili per l’ufficio. Arredoufficio da quasi vent’anni si occupa di realizzare mobili per l’ufficio. Come è cambiato nel tempo il mondo dell’arredamento d’impresa? E’ cambiato moltissimo perché fortunatamente oggi, a differenza del passato, viene riconosciuta l’importanza di lavorare in un ambiente confortevole e ben arredato. L’arredo, con il passare degli anni, è quindi diventato una componente importante, in grado di influire notevolmente sulla qualità del tempo che spendiamo in ufficio, da considerarsi come vero e proprio habitat dell’azienda. Se pensiamo a questo mutamento nell’ottica di pensiero, ci rendiamo conto che altro non è che un riflesso del tempo in cui

viviamo: se anni fa contava quasi esclusivamente produrre, oggi anche per un’azienda l’immagine riveste un ruolo di primaria importanza. Una conseguenza quasi inevitabile se pensiamo che in ufficio trascorriamo gran parte della nostra giornata. A questo proposito, quanto influisce lavorare in un ambiente confortevole e accomodante? La relazione tra l’ambiente nel quale si lavora e la produttività del lavoratore è strettissima. A dimostrarlo ci sono anche numerosi studi universitari che testimoniano come lavorare in un ufficio confortevole influisca positivamente sull’attività lavorativa. Non è un caso, quindi, se moltissime aziende oggi investono nell’arredamento degli uffici, affidandosi in alcuni casi anche all’antica arte cinese del Feng shui, pratica che insegna a disporre i mobili in armonia con l’energia universale. Tendenze che dimostrano come negli ultimi anni sia cambiata la concezione dell’ufficio, non più considerato esclusivamente come un ambiente di lavoro. Inoltre, sempre facendo riferimento a recenti studi accademici, è stato dimostrato che investendo nella progettazione di un ambiente lavorativo accomodante e funzionale, nel tempo si abbia un ritorno in termini economici. Concetti che l’imprenditore d’oggi pare aver capito. Ma quali sono le moderne esigenze nel campo dell’arredo d’ufficio? 69


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non un semplice mobilificio, ma una realtà in grado di soddisfare Da qualche anno a questa parte le aziende, in particolare quelle giorno per giorno ogni bisogno su tutto il territorio nazionale. che operano nel settore dei servizi, hanno capito che l’ufficio è l’abito dell’azienda. E, seppure valga l’antico proverbio che l’abito In quest’ottica nel 1999 la sua azienda ha fatto il grande salto, non fa il monaco, è altrettanto vero che un buon abito influisce dando vita ad Arredoufficio Online, il primo negozio in rete moltissimo sulla prima impressione che facciamo a chi ci sta di specializzato nella vendita di arredamento per l’ufficio. Come fronte. L’ufficio è quindi un biglietto da visita per l’azienda che è nata l’idea di sfruttare le podeve sì avere alle spalle una tenzialità del web e quali sono struttura solida e vendere prostati i vantaggi derivati da quedotti di qualità, ma deve anche L’ufficio è quindi un biglietto da visita per sta innovativa intuizione? saper dare una buona immagil’azienda che deve sì avere alle spalle una La rete è il futuro e un’azienne di sé. Oggi le aziende, quinda che vuole essere in grado di di, vogliono un ufficio bello e struttura solida e vendere prodotti stare al passo con i tempi deve funzionale, un ambiente didi qualità, ma deve anche saper dare una saper cogliere anche quest’opnamico che sappia rispondere portunità. La scelta di metterci alle esigenze di chi ci lavora, buona immagine di sé. Oggi le aziende in rete è stata quindi una consenza essere necessariamente seguenza della volontà di uscire costoso e di lusso. Coniugare vogliono un ufficio bello e funzionale, un dai confini e di diventare globabellezza e praticità a prezzi acambiente dinamico che sappia rispondere li. E chiaro, però, che dietro ad cessibili è, non a caso, il conuna scelta di questo tipo debba cetto sul quale si fonda la fi loalle esigenze di chi ci lavora, senza essere esserci una realtà solida, con sofia della nostra azienda. alle spalle una lunga tradizione necessariamente costoso e di lusso e una certa esperienza nel settoUn’azienda che negli anni re. Caratteristiche che la nostra è riuscita ad imporsi come azienda ha saputo maturare in vent’anni di attività e sulle quali leader nel campo della fornitura dei mobili per l’ufficio, metvuol continuare a lavorare anche in futuro. | tendo in campo progetti sempre innovativi. Quali sono i prossimi obiettivi? I risultati ottenuti fino ad ora sono gli stessi che vorremmo mantenere anche in futuro. Arredoufficio è nata vent’anni fa con l’intento di riuscire a dare delle risposte alle aziende, soddisfando le loro esigenze nel campo dell’arredo e seguendo il cliente passo Parola d’ordine: efficienza dopo passo, dalla progettazione alla realizzazione degli ambienDalla progettazione alla realizzazione. In pratica l’offerta di un ti. Questi gli obiettivi raggiunti e anche quelli che vorremmo servizio completo che negli anni ha portato Arredoufficio on-line mantenere, senza tuttavia dimenticare celerità e rapidità nel riad imporsi nel settore dell’arredamento d’azienda, riuscendo a soddisfare l’ampia gamma di esigenze che accompagna l’arredamenspondere alle richieste del cliente. Il futuro per la nostra aziento di un ambiente lavorativo. L’azienda di Colnago, nel Milanese, da è nella direzione della dinamicità e cioè continuare ad essere

Sopra: Franco Comelli, titolare di Arredoufficio on-line

Progetta sempre una cosa considerandola nel suo più grande contesto, una sedia in una stanza, una stanza in una casa, una casa nell’ambiente, l’ambiente nel progetto di una città. eliel saarinen

www.arredoufficio.com

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nasce proprio con la vocazione di riuscire a proporsi come soggetto unico nel percorso di realizzazione degli spazi, garantendo quindi qualità e contenendo i costi. Oggi Arredoufficio on-line è questo e altro: non solo è un’azienda che può contare su uno staff di professionisti tra cui architetti, interior designer, progettisti e montatori, che sono in grado di soddisfare le richieste delle aziende e di dare risposte tempestive e di qualità, ma anche una realtà solida e moderna insieme, che continua a crescere puntando sulla ricerca di nuovi materiali e sull’ideazione di nuove soluzioni nel settore. Accanto all’esperienza trentennale nella realizzazione dei mobili per l’ufficio, infatti, l’azienda ha affiancato le potenzialità delle moderne tecnologie, arrivando a proporsi come pioniera nel mondo dell’e-commerce.



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L’Executive circle

della logistica Il Logistic Forum di Gubbio: 100 delegates e 30 exhibitors insieme per fare business innovativo in uno dei settori di maggiore sviluppo e crescita. Organizzazione fi rmata Richmond Italia con tante conferenze e ospiti illustri ad arricchire il programma a cura della redazione

La logistica, nell’arco di 20 anni, è passata dall’essere pura distribuzione fisica a Supply Chain Management, abbracciando funzioni più complesse; rappresenta un’infrastruttura operativa intesa come sistema che gestisce i collegamenti dei flussi fisici, informativi e finanziari di una pluralità di imprese che partecipano a un’unica catena del lavoro. Per comprendere e studiare quanto succede a livello internazionale, offrendo agli addetti ai lavori nuovi spunti e azioni innovative, Richmond Italia ha organizzato per il 2 e 3

Il Logistics Forum è un evento culturale di rilevanza nazionale nel mondo della logistica che offre la possibilità di fare business e networking tra professionisti del settore e di partecipare a seminari e conferenze che consentono l’approfondimento e il confronto su argomenti e problematiche emergenti ottobre 2008 a Gubbio, Park Hotel ai Cappuccini, il Logistic Forum 2008, alla sua seconda edizione. Logistics forum, come spiega l’amministratore delegato di Richmond Italia, Claudio Honegger, è nato sulla scia del successo di Logistics & Supply Chain forum che Richmond Events organizza da anni a Londra. “Con l’edizione italiana – spiega Honegger – vogliamo seguire le orme dei nostri colleghi inglesi e americani. Si tratta di un mercato in cui crediano, uno dei più innovativi e in crescita, di cui si conosce poco”. Il Logistics Forum è un evento culturale di rilevanza nazionale nel mondo della Logistica che offre la possibilità di fare business e networking tra professionisti del settore e di partecipare a seminari e conferenze che consentono l’approfondimento e il confronto su argomenti e problematiche emergenti. L’edizione 2008, come la precedente del 2007, è stata denominata “Executive circle” perché prevede un numero limitato di partecipanti, in rappresentanza dei vertici delle aziende di riferimento. “Vi partecipano 100 delegates e 30 exhibitors – prosegue Honegger -. I primi sono manager di area logistica e supply chain che vengono selezionati e invitati da Richmond Italia, i secondi sono 72

titolari e rappresentati di società e strutture che offrono servizi, soluzioni e prodotti al mondo della logistica. Il nostro obiettivo infatti è di posizionarci a un livello qualitativo, non tanto quantitativo riunendo la community che si occupa di Logistica e Supply Chain per due giorni per pensare e fare business in un modo nuovo”. Nella due giorni di Gubbio va in scena un’agenda folta e ricca di impegni, partendo dalle sessioni plenarie che vedranno protagonisti Giovanni Leonida, Vice Presidente di Assologistica, Anton Van Beers, CEO, Daniele Farinella, Responsabile della Logistica del Gruppo Samsung e Salvatore Paparelli, Operations Director di Sony Italia. Alle Conferenze parteciperanno personaggi internazionali quali Sun Tzu, Joe Walden, Executive Director Supply Chain Leadership Institute, John Gattorna dell’Unviersità di Melbourne e Marine Chris della Cranfield University. I workshop in programma saranno sette, partendo dal “Trade off tra livello di servizio al cliente e riduzione costi nel processo logistico” che vedrà protagonista Kraft Schumann, Chairman ISLA International Service Logistics Association fino ad arrivare all’incontro che avrà come tema centrale “Come e quanto l’IT può supportare le aziende nel processo di crescita e nello sviluppo della supply chain?” Si parlerà inoltre di razionalizzazione del flusso dei ricambi, degli scenari di integrazione tra porti e inland terminali in Italia e nel mondo, dell’interporto come strumento di razionalizzazione del flusso delle merci, dell’organizzazione della relazione logistica, dalla transazione alla definizione di partnership e della virtualizzazione e visibilità, prestazioni che creano valore nella Supply Chain. “La logistica è un tema importantissimo per la vita delle imprese e per l’economia italiana – spiega Honegger -. P-rima tutto si svolgeva entro i confini nazionali, con la globalizzazione si sono aperte nuove porte soprattutto verso l’Est Europa e la Cina. Il Forum offre elementi di formazione e un confronto diretto con i maggiori protagonisti del settore”. |

sopra: momenti dell’edizione 2007 del Logistic Forum

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Soluzioni per le imprese

Capacità di

Sintesi Nasce il consorzio delle opportunità. Un network di aziende mettono a disposizione del mercato soluzioni e servizi specializzati per il business: dalla logistica al marketing, dalle tecnologie alla consulenza legale. La logica è snella e innovativa ma si fonda su due concetti elementari: la fiducia del cliente e la vecchia tecnica del passaparola a cura della redazione

Dalla logistica alle tecnologie, dalla comunicazione alla consulenza aziendale fino ai servizi integrati. Un gruppo di aziende unite in un progetto comune volto ad unificare le rispettive competenze per formare un network dinamico. E’ questa l’idea di partenza da cui “Sintesi”, il nuovo progetto di fornitura di servizi business to business lanciato da Eurobica, azienda bergamasca che si occupa di logistica e servizi integrati, muove i suoi passi. La prospettiva è quella di fornire soluzioni innovative in grado di soddisfare le esigenze dei clienti, che potranno contare su un meccanismo in grado di mettere in relazioni competenze differenti e risorse specifiche. La formula, come spiega Fausto Mazzola, presidente di Eurobica, è semplice: stabilire solide partnership e unire le forze per essere in prima linea nella fornitura di soluzioni all’avanguardia. Ma tutto in modo straordinariamente flessibile e snello: una sorta di consorzio delle opportunità. Come nasce l’idea di creare “Sintesi”? Per comprendere come si è arrivati a mettere a punto questo progetto dobbiamo fare un passo indietro e risalire al 2005, quando da Eurobica - società legata prettamente al mondo della logisti-

ca - nasce il consorzio X-Log, al cui hanno partecipato diverse realtà legate settorialmente al mondo dei servizi logistici e della movimentazione. X-Log è stata l’esperienza che ha segnato il punto di partenza dal quale ci siamo mossi per arrivare a creare un vero sistema avanzato in grado di off rire servizi specializzati a 360 gradi. Questo è stato possibile grazie alla collaborazione dei nostri partner più fidati, attraverso i quali intendiamo fornire servizi e soluzioni innovative che arrivano dalle diverse competenze negli specifici settori. Qual è la filosofia che sta alla base di questo gruppo di aziende? L’idea su cui si fonda questo progetto è di poter diventare per i clienti attuali e per i clienti potenziali un contenitore dal quale ottenere risposte compiute a esigenze differenziate e complesse. Una specie di problem solver nel campo business. Il meccanismo se vogliamo è quello originario del passaparola: quante volte ci siamo fidati del consiglio di una persona di fiducia per risolvere un problema? Ecco questo è il processo che sta alla base di Sintesi, ma in chiave business. Faccio un esempio: il cliente di una società che fa parte di Sintesi interpella l’azienda con cui ha un 75


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solido rapporto di fiducia per risolvere un problema lavorativo e gli viene fornito il giusto consiglio affidando il cliente alla società più adatta all’interno del consorzio per aff rontare in maniera professionale e specializzata le sue richieste. Alla base c’è il motore della fiducia, una fiducia non deve essere mai tradita. E se noi ci affidiamo ai consigli di una figura di fiducia, solitamente risparmiamo del tempo e delle risorse che altrimenti avremmo dovuto impiegare per trovare noi la soluzione più adatta. In pratica “Sintesi” diventa per tutti i clienti delle varie società aderenti un terreno fertile per trovare soluzioni, competenze e professionalità diversificate in un ampio spettro di settori. A chi si rivolge “Sintesi”? Noi abbiamo deciso di puntare al mondo dell’industria, partendo dal nostro settore che è quello della logistica. Da qui ci si muove per offrire al cliente altre soluzioni che vanno dalla certificazione di qualità alla sicurezza, dal marketing alle risorse umane, fino ad arrivare all’assistenza legale e ai servizi assicurativi. L’intenzione è quella di fidelizzare il cliente, suggerendogli dei professionisti in grado di fornirgli un servizio di qualità. Nel mercato di oggi questo è senz’altro un modo per diversificarsi e per creare valore aggiunto, oltre che un ottimo modo per creare fidelizzazione. Quindi secondo lei la logica del network può essere davvero la mossa vincente per rispondere alle sempre più molteplici esigenze del mercato? Noi crediamo che sia così perché attraverso il meccanismo del network che mette in relazione competenze specifiche ed esperienze in un sistema di servizi, si riesce a dare una risposta alle esigenze del cliente dando il massimo della professionalità, ri76

ducendo i tempi e anche contenendo i costi. Infatti non c’è un ricarico da parte del Consorzio, ogni cliente viene indirizzato all’azienda specifica, senza aggiungere costi o royalties. Inoltre efficienza e qualità sono garantite perché “Sintesi” è strutturato in modo tale che ogni attore che vi prende parte faccia quello che sa fare meglio. E le aziende devono tutte godere della fiducia degli altri membri. Non è solo una questione di soldi. A partire da quando “Sintesi” sarà effettivamente operativo? Il consorzio si costituirà entro la fine di quest’anno e coinvolgerà una serie di partner nei differenti settori: dalla logistica e servizi integrati alla consulenza, dal marketing alla fornitura di strumentazioni, dalla sicurezza alla previdenza. In questo periodo stiamo chiudendo gli accordi con gli altri soggetti coinvolti e stiamo definendo gli ultimi particolari che riguardano la strategia operativa, in modo da essere pronti ad aff rontare entro l’inizio del 2009 le nuove sfide che il mercato ci proporrà. |

Nella pagina precedente e sopra: Fausto Mazzola, presidente di Eurobica

Non é sufficiente che all’uomo venga insegnato un lavoro specializzato. Può darsi che con quello egli divenga una specie di utile macchina, non una personalità armoniosamente sviluppata. È essenziale invece che l’uomo impari a comprendere e a capire vivamente i valori. Egli deve acquistare un vivo senso del bello e del bene morale. Egli deve imparare a comprendere quali siano le forze motrici che agiscono sugli esseri umani, le loro illusioni e le loro sofferenze. Albert Einstein

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L’emozione Bmw dedicata alle imprese

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Auto&Imprese

Ivan Rivoltella, titolare di una delle concessionarie top brand con il maggiore sviluppo in Lombardia negli ultimi anni, racconta la sua azienda e l’evoluzione di una realtà che oggi offre strumenti specializzati per il business e si è strutturata su un sistema integrato di molteplici attività e servizi a cura della Redazione

La gestione delle flotte aziendali e in generale i servizi automotive connessi alla vita dell’impresa - dai benefit per i dirigenti al noleggio a breve e lungo termine - sono un aspetto sempre più importante in campo business. Occorre un partner capace di seguire le esigenze personalizzate e molteplici di un’azienda con la giusta attenzione e con una politica customer dedicata. Se a questa prerogativa sommiamo il valore aggiunto di off rire al mercato un marchio sinonimo di tecnologia, design, massima qualità e prestazioni allora la strada si fa certamente in discesa. “Le aziende hanno specifiche esigenze, fanno attenzione ai servizi, guardano la qualità e sono giustamente attente ai costi, ma soprattutto cercano un partner a cui affidarsi per risparmiare tempo e risorse ottenendo certezze”: la pensa così Ivan Rivoltella, titolare di una delle concessionarie top brand con il maggiore sviluppo in Lombardia negli ultimi anni, che si specializzata anche nella fornitura di servizi dedicati alle imprese.

Capacità di marketing, assistenza ad alta tecnologia, servizi specializzati, un’offerta multibrand che richiede competenze specifiche: oggi una concessionaria è un’azienda che richiede un notevole concentrato di efficienze... Certamente. Noi riteniamo di avere un’organizzazione moderna, frutto di una filosofia sempre all’avanguardia fin dalle origini di questa concessionaria nata quarant’anni fa da mio padre Andrea. La nostra è una struttura totalmente orientata al cliente che si fonda su due concetti basilari: il “Total Customer Care” e il “One Shop System”. Cerchiamo di coccolare il cliente seguendolo in tutte le sue aspettative e gli offriamo la possibilità di scegliere fra un’ampia gamma di modelli, di brand e di servizi che sono il frutto del lavoro del nostro staff in riferimento ai grandi marchi che disponiamo con il gruppo Bmw. Sicuramente abbiamo puntato su persone che sono specializzate in quello che fanno e dedicate su specifici obiettivi a garanzia dell’elevato standard richiesto dalla nostra clientela. 79


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Bmw, innovazione e tecnologia

Per offrire tutto questo, come vi siete strutturati? Con gli investimenti degli ultimi anni la nostra concessionaria si sviluppa oggi su un’area di 16mila metri quadrati, di cui oltre 9mila coperti. Abbiamo uno staff di circa 50 dipendenti suddiviso nei settori: Bmw, Mini, Bmw Motorrad, Usato e Service. La concessionaria ha spazi dedicati per ogni brand e per gli altri servizi diventando a tutti gli effetti un sistema integrato di attività. La vostra posizione vi rende una realtà multiprovinciale... Certamente. Siamo nella Bassa bergamasca, ad Arcene, località che è strategicamente vicina anche alle province di Milano, Cremona e Brescia. Questa è un’opportunità importante perché ci consente di misurarci su una clientela variegata e di essere un punto di riferimento del gruppo Bmw per questa fascia di territorio. Il mercato business è un altro aspetto importante per voi? E’ un settore strategico e richiede strumenti specifici. Innanzitutto le aziende devono avere la garanzia sui costi e sono molto più esigenti del cliente privato perché l’auto diviene uno strumento collegato alla propria attività di business o un elemento di valore aggiunto per l’azienda e i propri manager. Inoltre le aziende vogliono un’assistenza a 360 gradi che non faccia loro sprecare tempi e risorse: guar80

dano molto all’affidabilità del prodotto e del concessionario. Questo è comunque un periodo particolare per il mercato delle auto con una contrazione dei volumi. Voi come lo state vivendo? Sicuramente il settore soff re una certa difficoltà e si proietta sull’assestamento. Un fenomeno che tocca in particolare il cliente medio che ha visto ridursi il proprio potere d’acquisto. Ma ci sono anche i fattori come ad esempio quelli legati all’ormai equiparazione tra diesel e benzina nei costi del carburante. Il nostro target tuttavia ci consente di essere fiduciosi e noi lavoriamo anche sui servizi a valore aggiunto che possono fare la differenza. E in quest’ottica l’attività di marketing diventa strategica... Su questo crediamo di fare un ottimo lavoro. Cerchiamo di coinvolgere il cliente, di fargli vivere il prodotto, ma soprattutto lo rendiamo partecipe di eventi e iniziative costruendo un gruppo d’amicizia, con un clima familiare. Molte realtà oggi possono off rire un buon livello di qualità dei servizi e dei prodotti, ma Bmw chiede a noi come concessionaria di fare qualcosa in più. Noi ci mettiamo dalla parte del cliente per fargli vivere un’esperienza emozionale, per creare un legame con lui dando vita a un rapporto più profondo del semplice acquisto di un’automobile.

Tecnologia innovativa e spirito pionieristico: sono le caratteristiche che, unite al design d’avanguardia, hanno fatto la storia del marchio Bmw. Propulsori potenti e scattanti, motori che offrono alte prestazioni con un consumo efficiente del carburante, si coniugano alla concezione innovativa dei telai e alle forme decise del design: tutti elementi concepiti dalla casa automobilistica bavarese per aumentare il piacere di guidare. Basti pensare che per quanto riguarda i motori solo la disposizione dei cilindri in linea garantisce le prestazioni migliori su tutta la curva di potenza e l’utilizzo dei materiali leggeri insieme alle tecniche costruttive apprese dal settore della bionica, permettono non solo di ridurre i consumi ma anche di migliorare le prestazioni di guida. Inoltre, con la sua tecnologia innovativa xDrive, Bmw permette di anticipare eventuali tendenze al sovrasterzo o al sottosterzo stabilizzando la vettura prima che il guidatore stesso se ne possa rendere conto. La sicurezza nella guida è invece garantita anche dall’introduzione di particolari pneumatici che dispongono di fianchi rinforzati ed evitano che la gomma vada a terra anche in assenza di pressione. Ma al di là di innovatività e prospettive futuristiche un occhio di riguardo va all’ambiente con Bmw EfficientDynamics, una filosofia che comprende motori con una tecnologia di iniezione del carburante (HPI), l’impiego mirato di materiali più leggeri, nuovi parametri aerodinamici, l’utilizzo dell’idrogeno e sistemi di gestione dell’energia all’avanguardia. In pratica tutto ciò che riduce i consumi di carburante e le emissioni nocive.

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ottobre - dicembre 2008

Pricing online,

E-commerce, la logica dei prezzi e il valore del brand. Conta di più il costo di un prodotto o l’importanza della marca? Ecco come funziona questo meccanismo sul fronte internet

istruzioni per l’uso

di Daniela Andreini Ricercatore in Marketing. Docente di Marketing e Commercio elettronico alla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bergamo

Spesso le imprese si rivelano scettiche nell’utilizzare internet in qualità di canale di vendita per il rischio che il prezzo diventi una leva competitiva più forte del marchio, soprattutto nel caso in cui il cliente è in grado di ottenere la stessa merce a prezzi distinti. Per i consumatori, infatti, il più grande vantaggio che un acquisto virtuale può offrire, è la riduzione di costi di ricerca di prodotto e delle relative informazioni. I venditori, invece, temono che tali riduzioni di costi di ricerca intensifichino maggiormente la competizione e diminuiscano i margini, espandendo la competizione al di fuori dei confini territoriali. Per questo motivo molti portali e mall virtuali sono stati disertati da produttori e venditori, che hanno preferito aprire siti internet singoli e privati (Alba et al. 1997). Internet permette la comparazione tra offerte di mercato diverse, diminuendo i cosiddetti costi di ricerca per i consumatori, che possono essere suddivisi in: • costi di ricerca di prezzo; • costi di informazioni di qualità; • costi di comparazione tra le offerte di diversi venditori. Le riduzioni dei citati costi vengono interpretate da molti produttori e venditori come una modalità per incrementare la sensibilità di prezzo dei clienti. Seppure in molti casi questo fenomeno è già avvenuto, non ci si può esimere dal considerare che esso si realizza in particolar modo quando i distributori on-line danno solo ed esclusivamente risalto alle informazioni relative ai prezzi. Un sito di acquisto virtuale ben strutturato, infatti, deve essere in grado di poter dare informazioni non solo in termini di prezzo, ma deve soprattutto basarsi sulla qualità dei servizi complementari. L’esperienza d’acquisto online deve essere quindi superiore ed incompa1 2 82

rabile rispetto a quella fornita da negozi e distributori tradizionali (Hoffman, Novak, and Chatterjee 1995). Secondo l’Osservatorio sull’Info-commerce della Anee/Assinform e finanziato dall’allora Overture Italia nel 2004, dati che seppur datati sono stati confermati da E-marketer1 nel 2007 e da Forrester2 nel 2008, ancora oggi, la scelta principale della scelta del luogo degli acquisti, non importa che si tratti di un sito o di un punto vendita fisico, è la fiducia nel venditore:

Fig. 1 - Influenze sul luogo d’acquisto

• Circa della metà degli shopper ha fornito una chiara indicazione sull’importanza della store loyalty, indipendentemente dal canale; • Ma è anche interessante il 21,4% delle risposte che indicano nella pubblicità la principale motivazione di scelta; • Il 13% indica il livello di assortimento offerto; • E l’11,6% il fattore prezzo;

E-marketer, “Shop Online, Spend Offline” July 11, 2007 Forrester Research “How To Get Customers To Shop Online - How Consumers Research, Buy, And Get Service” April 16, 2008


Marketing on line

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ottobre - dicembre 2008

Bakos (1997) indica due fattori influenti sul grado di importanza dell’informazione di qualità rispetto alle informazioni relative alla ricerca di prezzo: 1. La differenziazione di prodotto e la personalizzazione dell’offerta: più un prodotto è personalizzabile e più la comparazione tra prodotti della stessa categoria diviene difficilmente attuabile. Così ad esempio, avviene per i costi delle assicurazioni auto, quante più opzioni e personalizzazioni esistono, e quanto più è difficile una comparazione precisa dei prodotti simili tra loro. 2.Il numero dei fornitori per uno specifico prodotto: quanto più il numero dei fornitori è maggiore, tanto più i costi di ricerca e comparazione aumentano. Per comprendere meglio come avviene la percezione del prezzo online, Lynch e Ariely (2000) hanno condotto una ricerca empirica testando la sensibilità di prezzo di un campione di utenti. Essi hanno rilevato che la percezione del prezzo online diminuisce o aumenta, al diminuire dei tre livelli di costi di ricerca citati inizialmente (costi di ricerca di prezzo, informazione sulla qualità e comparazione). Tale analisi è stata condotta, in particolare, comparando prodotti e prezzi di due negozi elettronici dediti alla vendita di vino on-line. Essi hanno dimostrato come la sensibilità al prezzo varia alla diminuzione dei costi di ricerca di prezzo, dei costi di ricerca di qualità e dei costi di ricerca comparata. Da evidenze empiriche, gli autori citati hanno dimostrato che: per prodotti differenziati come il vino, la diminuzione di costo per • la ricerca di informazioni di qualità porta alla diminuzione della sensibilità al prezzo; • la sensibilità al prezzo aumenta invece quando è possibile una comparazione di prodotti standardizzati e presenti in più siti internet, rimane invariata invece per i prodotti presenti unicamente in un sito internet; • la diminuzione dei costi di ricerca porta ad un aumento del benessere dei consumatori. Gli utenti sembrano, infatti, apprezzare meglio l’esperienza di acquisto, ed il loro livello di retention è maggiore; Infine, dall’analisi delle quote di mercato è emerso che la presenza di informazioni trasparenti e la possibilità di comparazione tra i prodotti di differenti negozi paga soprattutto in presenza di una buona differenziazione di gamma produttiva. Internet ha però posto una forte pressione sui prezzi soprattutto con l’avvento degli agenti elettronici e delle aste virtuali. E’ quindi nata l’esigenza di creare meccanismi differenziati per la creazione dei prezzi. Dolan e Moon (1999), in particolare, individuano tre differenti tipologie di meccanismi di prezzo on-line, suddivise a loro volta in sub categorie, ed in particolare: I) Strategia di prezzo prefissato Ia) prezzi aggiornati periodicamente, es. cataloghi Ib) prezzi aggiornati in continuazione, es. “prezzi prendi o lascia” Con tali strategie, il prezzo di vendita è fissato arbitrariamente dal venditore secondo le regole di mercato. In questo modo i costi di negoziazione sono ridotti a zero, e viene innalzata la percezione di imparzialità nella determinazione del prezzo. Queste strategie 84

sono però le più colpite dagli agenti di ricerca che lavorano alla “caccia” del prezzo più basso su tutta la rete. Le strategie legate al prezzo che possono arginare tali attacchi sono la costruzione di fiducia e del brand on-line, soprattutto quando si tratta di utenti neofiti, e di consumatori che vogliono ottenere fondate assicurazioni sui pagamenti on-line e sulla puntualità delle consegne. Un secondo metodo per arginare la strategia di prezzo, è quello basato sulla creazione di un’esperienza di acquisto on-line, vale a dire l’offerta di informazioni e servizi superiori alla media di mercato. La terza strategia è chiamata dagli autori “lock-in”, e da altri stickiness, e consiste nel creare incentivi particolari per i clienti già acquisiti, in modo da rendere più difficile l’eventuale abbandono del cliente verso siti internet concorrenti. Infine, la strategia dei prezzi fissi ma dinamici, permette all’impresa di adattare i prezzi secondo le esigenze dei clienti e secondo le preferenze manifestate durante le loro visite nel sito internet. II) Strategia di prezzo negoziato IIa) con specifico punto di partenza per la negoziazione, es. lista di potenziali fornitori; IIb) senza specifico punto di partenza per la negoziazione, es. ricerca personalizzata; La negoziazione è una classica metodologia di transazione, ben sviluppata ancora oggi soprattutto nel mercato dei beni industriali. Internet è un mezzo interattivo molto adatto a queste strategie di prezzo, in particolare per ridurre i tempi di negoziazione che solitamente sono molto lunghi e dispendiosi anche in termini di risorse. In secondo luogo, internet diviene molto efficace per allargare la trattazione ad altri elementi diversi dal prezzo, attraverso software dedicati, personalizzando le proposte di vendita sulle caratteristiche dei prodotti o servizi complementari alla vendita. I venditori possono anche costruire sistemi automatici per la trattativa con il cliente al fine di ridurre i costi ed i rischi di errori umani nella trattativa in corso. Infine, una particolare strategia di negoziazione è l’acquisto aggregato, vale a dire l’acquisto simultaneo di un medesimo prodotto da parte di molti acquirenti sconosciuti tra loro, la cui domanda viene aggregata da un sito internet al fine di ottenere sconti sulla quantità acquistata. III) Strategia di prezzo su asta IIIa) il venditore non specifica il prezzo di partenza, lascia che i potenziali clienti creino il prezzo; IIIb) asta inversa: in questo caso, sono i clienti che attivano l’asta, ed i fornitori partecipano fino ad arrivare ad un prezzo il più vicino possibile a quello richiesto dal cliente; III c) contrattazione: sono market place in cui venditori e compratori si incontrano e contrattano il prezzo in modo destrutturato; Tradizionalmente, le aste erano modelli di business utilizzati per nicchie di mercato molto targettizzate, come ad esempio l’antiquariato o gli immobili. Internet ha permesso un ampliamento di questo modello a più mercati, in cui la ricerca di prodotti peculiari o l’eccesso di produzione si adattano perfettamente alle aste di mercato verso clienti potenziali. In tal modo i costi di ricerca, soprattutto di oggetti rari diminuisce, ed i fornitori hanno la possibilità di ridurre eccessi di magazzino attraverso questo meccanismo di


Marketing on line

prezzo. Esistono diverse tipologie di aste, come sopra descritto; ognuna di queste deve essere studiata a fondo per determinare la più adatta alla propria offerta aziendale. Queste strategie di prezzo non sono incontrovertibili, e non sono nemmeno immutabili nel tempo, anzi la caratteristica delle politiche di prezzo online vertono proprio sulle seguenti caratteristiche: • Tempestività: oltre agli evidenti vantaggi di costi che le aziende hanno ottenuto grazie al risparmio di costi di stampa di cataloghi e listini prezzi, che ad oggi si trovano esclusivamente online, in internet i listini dei prezzi possono variare in tempo reale, senza esosi esborsi monetari. Esistono persino aziende che sul proprio sito internet lanciano promozioni di prezzo vertiginose solo per poche ore (molto comune nel settore dei PC). • Adattamento agli andamenti del mercato: il prezzo, inoltre, non varia più solo ed esclusivamente su arbitrio dell’impresa, ma ora può variare anche a seconda delle esigenze del consumatore, che attraverso il suo comportamento online o attraverso una comunicazione diretta tramite mail, comunica la sua più o meno disposizione a pagare un certo livello di prezzo. • Migliore segmentazione di prezzo: la maggiore conoscenza dei clienti e del loro comportamento online, permette all’impresa di proporre livelli differenziati di prezzo secondo, ad esempio la frequenza di acquisto, la tipologia di prodotti ed i modelli di prezzo proposti.

• Maggiore corresponsione tra valore e prezzo: la letteratura di marketing si è spesso occupata della relazione tra prezzo e valore percepito dal cliente. Da ciò si evince che una variabile di marketing come il prezzo, che tradizionalmente si riteneva complessa e difficilmente malleabile, a causa di imprevedibili ripercussioni di lungo periodo, diviene oggi una leva del marketing sviluppabile ed utilizzabile creativamente online. |

Alba J., Lynch J., Weitz B., Janiszewski C., Lutz R., Sawyer A. and Wood S. “Interactive Home Shopping: Incentives for customers, Retailers and Manufacturers to Participate in Electronic Marketplaces” Journal of Interactive Marketing 61 July, 38-53, 1995 Bakos J.y., “Reducing Buyer Serch Costs: Implication for Electronic Marketplaces”, Management Science, 43, 12, Dicembre, 1676-1708, 1997 Dolan R.J & Moon Y., “Pricing and Market Making on the Internet”, Journal of Interactive Marketing, Vol. 14., n. 2, Spring, 1999 Hoffman D. L., Novak T.P. & Chatterjee P., “Commercial Scenarios for the Web: Opportunities and Challenges” Journal of Computermediated Communication, Special Issue on Electronic Lynch J. G. Jr.& Ariely D., “Wine Online: Search Costs and Competition on Price, Quality, and Distribution” Marketing Science, Volume 19 (1), 2000 Commerce, 1 (3), 1995. Lynch J. G. Jr.& Ariely D., “Wine Online: Search Costs and Competition on Price, Quality, and Distribution” Marketing Science, Volume 19 (1), 2000 B&G n.2 –Crescono gli investimenti nella pubblicità online – p.80 B&G n.1 – Le relazioni impresa-cliente nell’era di Internet per potenziare l’interazione – p.70

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ottobre - dicembre 2008

Le esportazioni

e la non imponibilità Iva Un chiaro vademecum sulle operazioni di vendita fuori dal territorio UE che possono avvenire in sospensione d’imposta

di Gian Luca Giussani Consulente Centro Estero Camere Commercio Lombarde

Le cessioni all’esportazione e le operazioni assimilate sono operazioni non imponibili ai fini IVA che generano il cosiddetto “plafond”, ossia il diritto per gli esportatori abituali di acquistare i beni in sospensione di imposta, cioè senza pagamento dell’IVA. L’operazione di esportazione consiste nel trasporto o nella spedizione dei beni fuori dal territorio UE. Ad esse sono assimilate le operazioni con la Città del Vaticano, con San Marino e quelle effettuate in base a trattati internazionali (art. 71 e 72 del DPR 633/72). Le esportazioni si possono distinguere tra: • esportazioni dirette (art. 8 Comma 1 lettera a - DPR 633/72) • cessioni ad esportatori non residenti (art. 8 comma 1 lettera b - DPR 633/72) • operazioni triangolari (art. 8 Comma 1 lettera a - DPR 633/72) Le esportazioni dirette Le esportazioni dirette riguardano le esportazioni vere e proprie. Sono definite dalla lettera a) dell’art. 8: sono cessioni fuori dalla UE eseguite, mediante trasporto o spedizione di beni all’estero, o comunque fuori dal territorio doganale europeo. Si considerano trasportati fuori dalla Comunità anche i beni destinati ad essere impiegati nel mare territoriale per la costruzione, la riparazione, la manutenzione, l’equipaggiamento e il rifornimento delle piattaforme di perforazione e sfruttamento e per l’effettuazione dei relativi collegamenti. 1. Le esportazioni dirette possono essere eseguite anche tramite dei cessionari; 2. Si considera esportazione diretta anche la spedizione 86

all’estero di un bene su incarico del proprio cliente residente in Italia (triangolazione). La triangolazione opera soltanto nell’ambito delle cessioni di beni e non può quindi essere utilizzata relativamente alle prestazioni di appalto; 3. I beni destinati all’esportazione possono essere sottoposti, per conto del cessionario, a lavorazione, trasformazione, assiemaggio, adattamento ad opera dell’esportatore o di terzi. L’esportazione può essere curata anche dall’impresa trasformatrice e l’eventualità che le lavorazioni siano richieste da soggetto diverso dal cessionario non residente non incide sulla non imponibilità delle medesime, purché le operazioni siano state richieste da un commissionario estero; 4. I beni ceduti all’estero in virtù di contratti di appalto costituiscono esportazioni; 5. L’addebito al cliente del costo di stampi o attrezzature speciali occorrenti per la produzione del bene esportato rientra nell’ambito della non imponibilità a condizione che, a lavoro eseguito, gli stessi vengano inviati al cliente, distrutti o resi comunque inutilizzabili; Le cessioni ad esportatori non residenti (art 8 comma 1 lettera b) - DPR 633/72) Costituiscono esportazioni anche le cessioni di beni a cessionari operatori economici non residenti, consegnati in Italia e spediti o trasportati fuori dal territorio UE a cura o per conto del cessionario stesso. La non imponibilità è ammessa solo se l’esportazione è eseguita entro 90 giorni dalla consegna dei beni al cessionario non residente. Inoltre i beni devono essere esportati senza subire lavorazioni nel territorio nazionale.


Sulla via dell’export tuali commissionari. Nelle operazioni triangolari: • la movimentazione delle merci è unica, da A a C • le operazioni non imponibili sono, invece, due. E’ essenziale che il trasporto o la spedizione siano effettuati su incarico di B, ma a nome o cura del primo cedente nazionale A. La triangolazione è consentita solo nell’ambito delle cessioni di beni e non può essere utilizzata per le prestazioni di servizi. Il soggetto intestatario della dichiarazione doganale è il secondo cedente nazionale (B). Anche le operazioni triangolari possono riguardare beni sui quali sono stati effettuati interventi di perfezionamento (lavorazione, trasformazione, montaggio, adattamento ad altri beni, ecc.). In questi casi il perfezionamento non può essere effettuato dall’acquirente intermedio (impresa residente B), ma esclusivamente dal suo fornitore (impresa residente A) o da un terzo su incarico dell’impresa cedente B. Non si ha triangolazione qualora il trasporto sia effettuato a cura o a nome dell’acquirente (impresa residente B). L’acquirente che intende esportare il bene può comunque effettuare l’acquisto in sospensione dell’IVA nei limiti del plafond. Ai fini del calcolo del plafond, il cessionario nazionale B deve porre attenzione al calcolo del plafond, perché si effettua secondo regole particolari. Il primo cedente nazionale A acquisisce invece plafond per l’intero ammontare della fornitura. Le operazioni assimilate alle esportazioni (Art. 8-bis, DPR 633/1972)

L’operazione presenta un aspetto sanzionatorio particolare in quanto, qualora il termine di 90 giorni non venga rispettato, la sanzione non si pone a carico del cliente estero bensì del fornitore nazionale, infatti il mancato rispetto di tale termine fa decadere il beneficio della non imponibilità. Sono esclusi da questo tipo di esportazione i beni destinati a dotazione o provvista di bordo di imbarcazioni e navi da diporto, aeromobili da turismo o altri mezzi di trasporto privati e i beni acquistati da turisti extracomunitari da trasportare nei bagagli personali.

L’art. 8-bis assimila alle esportazioni, considerandole operazioni non imponibili: • le cessioni di navi destinate ad attività commerciali, escluse le imbarcazioni da diporto; • le cessioni di navi ed aeromobili, compresi i satelliti, ad organi dello Stato; • le cessioni di aeromobili ad imprese di navigazione aerea che effettuano prevalentemente trasporti internazionali; • le cessioni di motori, componenti e parti di ricambio degli stessi, di navi e di aeromobili; • le cessioni di dotazioni di bordo, e forniture destinate a rifornimento e vettovagliamento; • le prestazioni di servizi relative ai punti precedenti, alla demolizione di navi, a locazioni, noleggi, carenaggi, costruzioni, riparazioni, ecc.. |

Le esportazioni triangolari Si considera esportazione diretta anche la cessione eseguita mediante trasporto o spedizione all’estero dei beni a cura o a nome del primo cedente nazionale (A), su incarico del cessionario residente (B). In questo caso un’impresa residente A (fornitore) cede un bene all’impresa residente B (acquirente intermedio), che a sua volta rivende i beni all’impresa C non residente UE (acquirente finale). La triangolazione può avvenire anche mediante commissionari di A o di B. Sia la cessione da A a B sia quella da B a C sono non imponibili; la non imponibilità opera anche rispetto agli even-

B&G n.2 – La tutela dell’esportatore negli Stati Uniti – p. 84

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ottobre - dicembre 2008

L’Offshoring: costi e benefici

Internazionalizzazione, integrazione dei mercati e tecnologie di comunicazione sono fattori d’innovazione per una nuova gestione d’impresa che punta sull’outsourcing. Nascono le virtual corporation: alleanze tra imprese che possono moltiplicare la loro offerta di prodotti e servizi. Ma ci sono anche dei rischi I cambiamenti dell’ambiente esterno dovuti all’internazionalizzazione delle imprese, all’integrazione dei mercati e all’evoluzione tecnologica dei mezzi di comunicazione hanno portato innovazioni nelle tecniche di gestione di impresa. Sono state in parte abbandonate le logiche verticali che spingevano le aziende ad un approccio per stadi ai mercati internazionali, preferendo la formazione di “imprese globali” che spingono verso la mobilità degli insediamenti internazionali, dei capitali, delle conoscenze, delle filiere e delle catene di comando. La possibilità di comunicare a costi bassissimi con fornitori che si trovano a distanze nell’ordine delle migliaia di chilometri, permette di modificare le logiche di acquisto e di produzione. Aumentano le opportunità per le piccole e medie imprese che possono accrescere il proprio network di conoscenze, mentre si permette alle imprese di grandi dimensioni di gestire con maggior facilità alleanze e cooperazioni, senza dover forzatamente installare in Paesi esteri proprie filiali tramite investimenti diretti. La crescita delle aziende è quindi indirizzata verso accordi e alleanze con imprese esterne, tramite logiche di esternalizzazione che consentono alle imprese di seguire i vettori di flessibilità ed elasticità per aumentare il proprio vantaggio competitivo. L’azienda a struttura verticale e integrata non viene destrutturata, ma si affiancano ad essa logiche di outsourcing che permettono la nascita e lo sviluppo di relazioni interaziendali e logiche di offshoring quando queste relazioni si spostano oltre confine. Il fenomeno dell’outsourcing/offshoring, che riguarda aziende appartenenti a tutti i settori, fa riferimento ad una logica di riorganizzazione aziendale, dove le diverse fasi della catena del valore devono essere analizzate e valutate come possibili attività esternabili, per aumentare l’efficienza e la flessibilità aziendale, rendendo il servizio più qualitativo, la struttura dei costi più elastica, aumentando la disponibilità di risorse finanziare e la flessibilità ai cambiamenti esterni. La nuova struttura organizzativa viene definita azienda “virtuale” o extended organization. Una struttura in cui le aziende indicano ai propri fornitori il servizio richiesto e lavorano in team con gli stessi per ottenere il servizio nei termini e nella qualità richie88

di Gianpaolo Baronchelli docente di Economia e Gestione delle Imprese Internazionali all’Università degli Studi di Bergamo

sti. La tecnologia permette alle aziende acquirenti e alle aziende venditrici di scambiare informazioni in tempo reale e di approfondire la propria conoscenza reciproca; i confini tra le aziende sono sempre più mobili, ed è spesso difficile definire dove inizia un’azienda e termina l’altra. In conclusione, le aziende si stanno trasformando sempre più in virtual corporation dove vengono ritenute importanti le caratteristiche di sfruttamento delle competenze distintive, di integrazione con i propri partner e stakeholders, con cui si mantengono relazioni stabili e di creazione di una realtà virtuale che permetta di sfruttare appieno le innovazioni nell’information technology. La strategia di esternalizzazione mostra quindi vantaggi elevati e sembra indiscutibile per la sopravvivenza e il successo nell’attuale mercato globale. Esistono però alcuni rischi che devono essere bilanciati con i benefici della strategia. Le motivazioni che spingono verso l’esternalizzazione Riduzione dei costi: La riduzione dei costi tramite outsourcing è possibile nel caso in cui il fornitore possa raggiungere economie di scala centralizzando la produzione del prodotto/servizio per diversi clienti (Nike, Reebok, Adidas utilizzano gli stessi fornitori asiatici per la realizzazione dei capi di abbigliamento e calzature, permettendo al fornitore il raggiungimento di economie di scala altrimenti impossibili), oppure grazie all’acquisto di materie prime a costi inferiori per i volumi acquistati, ancora in virtù della possibilità di acquisire e produrre in aree dove i costi degli stessi sono inferiori. La possibilità di ottenere il prodotto a costi inferiori può derivare da una migliore gestione della produzione piuttosto che da un utilizzo degli impianti più flessibile. La valutazione sull’effettiva riduzione dei costi grazie all’esternalizzazione richiede però l’inserimento sia dei costi diretti o costi di produzione che dei costi indiretti, quali il trasferimento della produzione dall’interno al fornitore, la tempistica richiesta per l’apprendimento della modalità produttiva richiesta, il controllo dell’attività del fornitore e la contrattazione per eventuali cambiamenti nella relazione.


Internazionalizzazione Miglioramento della propria struttura dei costi. La decisione di esternalizzare alcune attività può permettere la riduzione dei costi fissi, non richiedendo elevati investimenti in impianti, nell’assunzione di personale dipendente, nella manutenzione e nel rinnovamento degli stessi. L’esternalizzazione dell’attività permetterà all’azienda di richiedere al fornitore un continuo miglioramento tecnologico degli impianti, senza dover sostenere dei costi aggiuntivi. Maggior attenzione verso le core competencies aziendali. Le aziende hanno determinate competenze distintive che permettono loro di mantenere o migliorare il vantaggio competitivo. La decisione di spostare all’esterno le attività non ritenute fonte di vantaggio competitivo libera le risorse manageriali, permettendo ai manager, liberi da impegni di routine e dalla gestione di attività non ritenuta core, di focalizzarsi sugli aspetti tattici e strategici della gestione, quali lo sviluppo e la gestione di nuovi prodotti, le acquisizioni, i problemi legati ai finanziamenti e gli aspetti che permetteranno il miglioramento della competitività aziendale. Acquisizione di nuove competenze e miglioramento della qualità. La decisione di spostare all’esterno le attività ritenute non-core, presso fornitori che, grazie ad economie di scala e di apprendimento, hanno raggiunto livelli qualitativi e di efficienza tali da ottenere il prodotto/servizio della migliore qualità, permetterà all’azienda di migliorare il proprio vantaggio competitivo. Follow the sun. Le aziende globali devono seguire le richieste dei clienti operando nelle 24 ore giornaliere, sia per le attività di customer service, che per qualsiasi attività che il cliente possa richiedere. L’esternalizzazione di queste attività presso fornitori nelle diverse aree del globo permette all’azienda di migliorare il proprio servizio senza incrementare i costi fissi dovuti ad investimenti diretti. I rischi dell’esternalizzazione I costi che le aziende devono sostenere e i rischi che le stesse corrono nella scelta di outsourcing riguardano invece: Costi di contrattazione e costi di opportunismo. Sono i costi che l’azienda deve sostenere nella scelta del fornitore e riguardano i costi di negoziazione pre e post contratto, i costi di controllo, i costi derivanti da eventuali dispute legali piuttosto che i costi derivanti dal comportamento non leale da una delle due parti. Perdita di informazioni confidenziali. L’esternalizzazione di attività quali la gestione delle risorse umane, la contabilità, lo sviluppo dei processi, piuttosto che i servizi informatici, comporta il trasferimento di informazioni confidenziali e quindi la possibilità di perdita delle stesse. La definizione di clausole specifiche all’interno dei contratti potrà ridurre il rischio. Perdita di controllo da parte del management. I manager che gestiscono l’attività obiettivo di esternalizzazione possono criticare la decisione per la possibile perdita di controllo sulla funzione. La ricerca di un fornitore qualitativamente valido può dimostrare che i manager, grazie all’outsourcing, possono avere un maggior controllo rispetto alla produzione interna, per la possibilità di confrontare la fornitura di diverse aziende fornitrici. Esternalizzazione di attività che dovrebbe essere mantenuta all’interno. La valutazione e classificazione delle attività tra core e non-core è fondamentale prima che la decisione di esternalizzare venga presa. L’eventuale outsourcing di attività core con il semplice obiettivo di riduzione dei costi può comportare costi aggiuntivi maggiori dovuti alla perdita di posizioni competitive sul mercato.

Scelta del fornitore corretto. La relazione che si instaura con il fornitore deve essere solida e duratura. L’analisi del fornitore deve riguardare due aspetti: il primo comporta un’analisi diretta e riguarda la riduzione dei costi e la qualità del prodotto/servizio. Il secondo aspetto comporta un’analisi attitudinale e riguarda la costruzione della relazione tra le due organizzazioni in funzione delle diverse attitudini culturali, piuttosto che la flessibilità e credibilità del fornitore o la volontà nella creazione di una partnership duratura. Cambiamenti nell’atteggiamento del fornitore. Il rischio di cambiamenti nell’azienda fornitrice riguarda possibili difficoltà finanziarie o cambiamenti di strategia commerciale da parte del fornitore, che preferisce indirizzare la propria attenzione ad una tipologia diversa di clientela. Il rischio è elevato per le aziende che si affidano ad un solo fornitore oppure che non effettuano un’analisi della situazione organizzativa e finanziaria del fornitore stesso. La presenza di diversi fornitori intercambiabili dovrebbe diminuire la probabilità dell’insorgere delle criticità indicate. Reazione negativa dell’ambiente circostante. Il rischio di incrinare la propria immagine nell’area a causa della riduzione dei lavoratori per l’esternalizzazione di attività è elevato. L’azienda dovrà presentare un piano strategico che permetta ai lavoratori di trovare delle soluzioni alternative, oltre ad una buona campagna informativa per spiegare le ragioni della scelta all’opinione pubblica, riducendo il rischio di possibili boicottaggi dei propri prodotti. La valutazione dei costi e benefici delle strategie di esternalizzazione ci porta a concludere che ogni azienda dovrebbe valutare l’outsourcing delle attività non definibili come competenze distintive, ma perché il processo sia positivo, deve seguire le fasi di valutazione approfondita delle attività da esternalizzare, d’individuazione del miglior fornitore, di stesura del contratto e, infine, di gestione del rapporto con il fornitore. |

B&G n.1 – Strategia d’ingresso nel mercato cinese. Un’opportunità per le multinazionali occidentali – P. 74

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ottobre - dicembre 2008

Borsa Italiana ha 200 anni di vita, ma solo 344 società a listino. Se è cresciuta l’evoluzione tecnico-organizzativa, il numero delle aziende presenti è ancora limitato rispetto alle altre economie avanzate. L’analisi di un fenomeno tipicamente made in Italy

La Borsa ecco perché di Marco Fumagalli

docente di Economia e Tecnica dei Mercati Finanziari all’Università di Castellanza

ha poche società quotate:

Il 2008 è un anno di anniversari importanti per la Borsa Italiana. Duecento anni di vita, dieci anni da società “privata”, ma, soprattutto, il primo anno sotto il controllo del London Stock Exchange. La “Borsa di Commercio di Milano” fu costituita nel gennaio del 1808 da Eugenio Napoleone e mantenne un carattere “pubblico” fino al 1998, quando, seguendo una tendenza comune alle piazze finanziarie di tutti i paesi, si è trasformata in società per azioni e la sua proprietà è stata ceduta ai suoi “stakeholders”: intermediari ed emittenti. Pochi mesi fa questi azionisti hanno accettato l’offerta di scambio di London Stock Exchange Plc, che oggi detiene quindi la quasi totalità delle azioni di Borsa Italiana S.p.A.. La borsa di Londra peraltro è lei stessa una società quotata, i cui principali azionisti sono arabi: la Borsa di Dubai e l’autorità per gli investimenti del Qatar. Negli ultimi decenni l’evoluzione tecnico organizzativa della Borsa Italiana, così come della maggior parte dei mercati finanziari mondiali è stata impressionante, guidata da un lato dallo sviluppo delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni, dall’altro dalla crescente complessità dei prodotti finanziari. Tuttavia una amara caratteristica del nostro mercato permane invariata: il numero estremamente limitato di società quotate. A fine 2007 esse erano 307, una cifra non molto dissimile a trenta anni prima e inferiore quella di paesi con economie molto meno sviluppate della nostra. Sul perché le aziende italiane non si quotano, sulla loro estraneità alla cultura del mercato si è detto molto, ma il permanere del fenomeno merita ancora qualche riflessione. In genere i principali motivi di questa situazione vengono indicati in: • un trattamento maggiormente favorevole, dal punto di vista fiscale, del capitale di debito rispetto ai mezzi propri, per via della deducibilità degli interessi passivi; • una naturale ritrosia degli imprenditori domestici ad accettare l’inevitabile maggior grado di trasparenza che la quotazione richiede; 90

il diff uso timore che la presenza di soci estranei possa condurre gradualmente alla perdita del controllo sulla società, percepita come bene “famigliare” prima ancora che “sociale”; la scarsa propensione del sistema bancario italiano a promuovere canali “diretti” di raccolta finanziaria che renderebbero più autonome le imprese e richiederebbero un diverso approccio alla gestione del rischio da parte delle banche stesse; l’eccessiva complessità della disciplina giuridica riguardante le società quotate, che è stata appesantita a seguito degli scandali finanziari senza alcuna differenziazione per le società minori.

Tutti questi fattori sono veri, anche se, nel corso degli anni, il peso relativo di ciascuno di essi è sicuramente variato: basti pensare ai recenti provvedimenti in tema di fiscalità. C’è spazio per un mercato per le piccole e medie imprese italiane? C’è un’ulteriore importante riflessione che deve essere fatta: il sistema italiano è notoriamente dominato da imprese di dimensioni medio-piccole (“SME” Small & Medium Enterprises). Se si vuole incrementare il numero di società quotate è indispensabile concentrare gli sforzi in questo comparto. Tuttavia i mercati per le SME hanno caratteristiche particolari, diverse da quelle dei mercati principali. Essi debbono infatti soddisfare due principali esigenze: semplicità per gli emittenti che vi accedono e liquidabilità delle posizioni da parte degli investitori. La prima preoccupazione degli investitori in SME riguarda infatti la liquidità delle loro posizioni: minore è la capitalizzazione flottante di una impresa, maggiore è il rischio di trovare difficoltà nel dismettere la propria partecipazione senza impatti. Attualmente sono in corso due iniziative tese a favorire l’accesso al mercato delle SME italiane. Una è il Mercato alternativo del Capitale (“MAC”), gestito da Borsa Italiana, ma promosso


Economia&Mercato

da una società a cui partecipano le principali banche ed associazioni di categoria. La seconda è AIM Italia, la versione nazionale di AIM (Alternative Investment Market), un mercato del Regno Unito di grande successo nella raccolta di capitali per imprese innovative e di minori dimensioni Quali sono le principali caratteristiche del MAC ? Sono adatte ad attrarre le imprese più piccole ? Innanzitutto MAC non è giuridicamente un “mercato regolamentato”, ma un “sistema multilaterale di negoziazione”. Questo implica minori adempimenti rispetto alle società quotate al listino principale. In secondo luogo il sistema ammette solo “investitori professionali”, che si presume abbiano un minore need of protection per via della loro esperienza: ciò consente di non predisporre un prospetto informativo scrutinato dalla Consob, con ulteriore risparmio di tempo e costi. La capitalizzazione delle aziende per il MAC può essere anche molto bassa, il numero di azionisti limitato. In buona sostanza l’unico requisito per l’accesso è che i bilanci siano revisionati da una società di revisione iscritta all’albo della Consob. Fino ad ora, complice la congiuntura negativa, le società che si sono quotate al MAC sono solo quattro, anche se numerose altre si sono dichiarate interessate. Ma ciò che serve per rafforzare l’iniziativa è uno sforzo sul lato degli investitori. Investire su SME richiede infatti un approccio particolare e risorse dedicate. Alcuni interventi si potrebbero rivelare adeguati a questo fine: • una diversa politica di incentivazione fiscale all’investimento in equity. In passato si è già seguita questa strada, ma concentrandosi sull’agevolazione alle imprese quotate. Le esperienze straniere insegnano invece che ciò che deve essere agevolato è il trattamento fiscale dell’investitore, anche delle persone fisiche, fino alla totale esenzione nel caso di investimenti di durata adeguata in imprese innovative;

• •

la promozione di fondi di investimento specializzati in SME. Un ruolo importante lo possono giocare in questo campo anche istituzioni locali, fondazioni ed il sistema bancario; un’adeguata promozione nei confronti della comunità imprenditoriale; l’ulteriore sviluppo di incentivi alla concentrazione tra imprese che avvengano nel contesto dell’apertura del loro capitale al mercato.

Il MAC può rappresentare un buon mercato di test per le imprese che vogliono aprire il loro capitale, le quali, successivamente ad una crescita virtuosa potranno in seguito accedere ad un mercato più complesso. In questo senso va anche la seconda iniziativa di Borsa Italiana nel campo delle SME: l’avvio di AIM Italia. Molti investitori con sede a Londra si sono specializzati in questo segmento e la possibilità di attrarli su imprese italiane fornendo loro la copia di un “contenitore” che già conoscono è una strategia degna di attenzione. La caratteristica più interessante di AIM è la presenza di un intermediario (il Nominated Adviser) che garantisce, anche da un punto di vista reputazionale, la qualità delle imprese che si quotano. AIM sarà un mercato aperto anche al pubblico retail e nelle intenzioni dovrebbe rivelarsi ideale per società con una capitalizzazione media ed un numero di azionisti numeroso. In conclusione, se si considera l’apertura del capitale una condizione desiderabile per favorire la crescita dimensionale delle nostre imprese e quindi per farle meglio competere nell’arena globale, MAC ed AIM Italia sono iniziative che dovranno essere seguite con attenzione e favorite. |

B&G n.2 – Il valore aggiunto della corporate governance nel mondo delle PMI – p.92

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ottobre - dicembre 2008

Il manager coach, verso una nuova forma di leadership Tempo di rapidi cambiamenti per le imprese, il vero leader ha capacità di adattamento alle mutazioni interne ed esterne. Un fattore cruciale per la competitività in un mercato globale in costante evoluzione

di Sheyla Rega Esperta di Corporate Coaching Amministratore delegato della società Lody

In questa era caratterizzata da rapidi cambiamenti in cui le organizzazioni sono centrate sullo sviluppo e il trasferimento della conoscenza, il lavoro dei manager si avvicina sempre di più a quello del leader. La leadership è oggi la principale forza trainante dei cambiamenti di successo. Per arrivare a ciò un leader deve avere sviluppato la capacità di ispirare gli altri, di essere portatore di una visione e nel contempo dare ai suoi collaboratori il potere di agire su di essa. Non si tratta della “classica” leadership direttiva in cui il capo si limita ad impartire ordini e a controllarne la corretta esecuzione, bensì di una forma di leadership centrata sulla crescita professionale delle risorse umane. Il leader di oggi è focalizzato sulle opportunità piuttosto che sui problemi, sui risultati del lavoro di gruppo piuttosto che sulla performance del singolo. Per trattenere i talenti deve aver sviluppato la capacità di individuarli, farli crescere, motivarli e far emergere il meglio da loro in un contesto di apprendimento continuo. Indipendentemente dal livello di incertezza organizzativa o di mercato nel quale ci si trova ad operare, è necessario sviluppare continuamente nuove abitudini, comportamenti, acquisire nuove conoscenze. La questione è che tutto questo richiede del tempo ed ogni individuo ha un proprio ritmo di cambiamento e di apprendimento. Il limite è che non possiamo accelerarne troppo il processo senza 92

incorrere in qualche rischio (demotivazione, burn out, percezione di mobbing, ecc...). ll mondo attorno a noi cambia ad una velocità superiore alla capacità media di adattamento delle persone. Per questo motivo è necessario per le organizzazioni off rire a tutte le risorse percorsi personalizzati di crescita. Il vettore di questo processo è il manager, lo strumento il coaching: da qui nasce la figura del manager coach. Egli è portatore di una nuova forma di leadership. Essere un manager coach significa abbandonare la tradizionale nozione di leadership intesa come attuazione di una strategia e di un controllo a distanza, in base ad un piano d’azione predefinito, rappresentato dalla classica metafora del comandante che esercita il suo potere da una posizione rialzata rispetto al campo di battaglia. In questi tempi caratterizzati da cambiamenti repentini, da elevati livelli di complessità e di incertezza, non è più possibile per i leader mantenere quella rigida posizione. Le informazioni e i processi decisionali sono geograficamente disseminati. Le strategie vengono continuamente modificate ed adattate alle nuove condizioni. Le persone e i team devono adeguarsi a ciò, essere flessibili usando al meglio i loro talenti. In queste circostanze il manager, per essere anche un leader, deve focalizzarsi sulla capacità di comprensione ed adattamento dei suoi collaboratori ai nuovi contesti organizzativi.


Alta formazione Questa nuova figura non è una moda. Il coaching e la leadership hanno molte cose in comune: entrambi si basano sulla capacità di creare un rapporto di fiducia, sul dialogo, sull’azione orientata alla creazione di opportunità e di situazioni di crescita. In questo senso il coaching non è solo una tecnica, bensì un modo specifico di vedere il mondo, i rapporti interpersonali, le organizzazioni. Assumere oggi il ruolo di manager coach significa sviluppare quelle abilità e competenze proprie del coaching con un effetto positivo a cascata sull’intera organizzazione. Purtroppo sono ancora pochi i manager che arrivano ai vertici aziendali, nell’esercizio di un ruolo di leadership, avendo acquisito queste competenze. Spesso sono troppo focalizzati sullo sviluppo di competenze tecniche a scapito di quelle relazionali quali dare feedback costruttivi, gestire i conflitti, saper motivare persone con esigenze diverse. Il manager coach esercita un ruolo centrale nella facilitazione dei processi di cambiamento organizzativi ponendosi in prima persona come strumento della crescita dei suoi collaboratori. Egli concorda con ciascuno di loro degli obiettivi personali di sviluppo professionale, delega regolarmente nuovi compiti, possibilmente in linea con gli obiettivi di crescita individuali. Li aiuta inoltre a focalizzarsi sulle soluzioni, prendere decisioni importanti, raggiungere obiettivi sfidanti, definire, implementare e monitorare un piano d’azione. Il manager coach riconosce e sviluppa il potenziale dei suoi collaboratori e nel contempo li porta ad essere responsabili della propria evoluzione. Egli favorisce la creazione di un clima lavorativo positivo e costruttivo ove risolvere le criticità del quotidiano aziendale. Il manager coach inoltre è colui che preferisce: • collaborare piuttosto che controllare; • delegare piuttosto che accentrare; • parlare meno, ascoltare di più; • dare meno ordini, porre più domande • dare dei feedback costruttivi piuttosto che giudicare. Il manager coach è un manager che nello svolgimento delle proprie funzioni e nella gestione delle relazioni all’interno dell’azienda ricorre dunque, in date circostanze, ad un approccio di coaching. Le opportunità per attuare questo specifico ruolo sono diverse. Dalla negoziazione degli obiettivi personali o aziendali al colloquio annuale di valutazione delle prestazioni. Dal lancio di nuovi progetti alla loro supervisione. Altri momenti importanti sono la gestione delle riunioni e delle situazioni di crisi. A fronte della pluralità di occasioni di intervenire in questo ruolo, i benefici dello sviluppo della figura del manager coach per le organizzazioni sono estremamente rilevanti. Ne citiamo alcuni a titolo di esempio: • la talent retention • la riduzione del turn over • il miglioramento della produttività • la miglior circolazione delle informazioni • lo sviluppo della performance sia individuale che di gruppo • la facilitazione dei processi di problem solving e di decision making di gruppo

• il maggior coinvolgimento delle persone al raggiungimento degli obiettivi aziendali Grazie al manager coach la capacità di adattamento ai cambiamenti interni ed esterni all’organizzazione diventa un elemento portante della cultura aziendale, una parte attiva del suo dna, un fattore cruciale per la sua competitività in un mercato globale in costante evoluzione. |

B&G n.2 – Storie di coaching: quando il team armonico è un limite per i dirigenti – p. 90 B&G n.1 – Executive Team Coaching. Per uno sviluppo competitivo delle organizzazioni – p. 80

sheyla.rega@businessgentleman.it

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ottobre - dicembre 2008

Abiti & Stile per il businessman la forma è sostanza

Anche nel business lo stile diventa un fattore determinante per un dirigente di successo. Ecco alcuni consigli anche se conta molto “l’eleganza naturale”

testo a cura della redazione Bastano sette secondi per fare un’ottima o una pessima impressione alla persona che abbiamo di fronte. E allora sia che si tratti dell’incontro con un importante cliente che di un colloquio di lavoro, occorre non trascurare il look. Soprattutto quando si è dei manager di successo che attraverso la propria immagine veicolano quella della loro azienda. Perché diciamocelo, l’abito non farà il monaco, ma lo stile in azienda conta eccome. La giornalista e scrittrice Cinzia Felicetti, ex direttore di Cosmopolitan e consulente editoriale delle maggiori casi editrici italiane, all’argomento ha dedicato addirittura un libro dall’eloquente titolo “L’abito fa il manager”: circa duecentocinquanta pagine in cui dispensa consigli per creare quello che lei chiama il proprio Power Look personale. In pratica una vera e propria guida allo stile di successo sia per lui che per lei, che altro non è che una rivisitazione del suo workshop “Dress to impress”, creato per i corsi Mba organizzati da Sda Bocconi. Uno spazio per insegnare ai futuri manager che spesso leadership e stile vanno a braccetto. La prima regola per dare un’immagine di successo è quindi quella di non tra94

scurare il proprio guardaroba, dando a moda e stile l’importanza che meritano. Senza dimenticare che oltre ad essere imprenditori, si è anche italiani: non si può infatti ignorare il fatto che nel Belpaese, da sempre riconosciuto come patria della moda, l’industria fashion, con le sue circa

97 mila imprese, i suoi 850 mila addetti e un fatturato che secondo le previsioni della Camera nazionale della moda nel 2008 dovrebbe quasi sfiorare i 70 milioni di euro, fa ancora la parte del leone. E allora ecco che abiti e accessori diventano fondamentali, sia per il businessman che


Moda in azienda

per la businesswoman, per trasmettere autostima, autorevolezza, affidabilità e creatività: insomma, quelli che dovrebbero essere i quattro capisaldi per ogni manager che si rispetti e che se non vorrà farsi trovare impreparato dovrà tenere bene a mente qualche semplice ma utile consiglio. Cinzia Felicetti parte da ciò che potrebbe essere dato per scontato ma che in realtà non lo è: l’igiene personale, con alcune dritte che vanno dalla scelta del profumo, al lavaggio e al taglio dei capelli, fino al maquillage per lei e ad una buona rasatura per lui. Si passa poi ai consigli per avere un guardaroba in grado di soddisfare ogni esigenza del manager, al quale, per dirla nel linguaggio del marketing, viene chiesto di pensare a se stesso come a un brand prestigioso. Già, perché secondo Cinzia Felicetti, se “un involucro curato trasmette perfetta padronanza della situazione, ottima organizzazione del tempo, sicurezza nelle proprie capacità”, al contrario un aspetto trasandato rischia di fare l’effetto opposto veicolando messaggi negativi come “ansia, difficoltà nella gestione delle cose da fare, negligenza, scarso amor proprio”. Come evitare di

cadere in défaillance di questo genere? Prima di tutto dicendo no al doppiopetto e al gessato con la riga troppo larga per lui e a tutto ciò che è troppo corto e troppo strizzato per lei. Banditi anche i bijoux maschili di tutti i tipi, dalla collaninasouvenir al braccialetto brasiliano. Sì invece ai gemelli, ma solo su un look elegante e su camicie dal polsino doppio, e ai gioielli per le donne purché indossati con parsimonia. E se ogni businesswoman che si rispetti dovrebbe accuratamente evitare french manicure e corse sugli stiletti nei corridoi aziendali, per il manager la scelta della cravatta si rivela di fondamentale importanza: sì a colori come il blu e il grigio, con stampe ammesse solo

se richiamano il colore della camicia e non sono più grandi dell’impronta di un dito. Anche se, avverte Cinzia Felicetti “per vestirsi con classe non è sufficiente assecondare il gusto personale o il trend imperante. Si tratta di un’operazione strategica più duratura e letteralmente tailor made, volta a valorizzare fisicamente i punti forti, a distogliere l’attenzione da quelli meno fulgidi e a veicolare un senso di autorevolezza, sicurezza di sé”. Quella che Cinzia Felicetti in due parole chiama “eleganza naturale”. | Lo stile è l’abito dei pensieri, e un pensiero ben vestito come un uomo ben vestito, si presenta molto meglio. Philip Dormer lord Chesterfield

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ottobre - dicembre 2008

Van Gogh, il percorso dell’anima

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Arte in mostra

Irripetibile mostra al museo di Santa Giulia a Brescia: 85 disegni e 15 dipinti del grande artista olandese. Viaggio alla riscoperta del pensiero e della tragica bellezza della sua opera a cura della redazione 97


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ottobre - dicembre 2008

Opere disegnate e pittoriche di Van Gogh in un’unica, irripetibile mostra. Dal 18 ottobre 2008 al 25 gennaio 2009, al Museo di Santa Giulia di Brescia sarà possibile ammirare 100 opere del pittore olandese, 85 disegni e 15 quadri. Si tratta di un appuntamento unico perchè i disegni dell’artista non sono mai esposti in permanenza nei musei, a causa della loro fragilità e dell’impossibilità di restare esposti per lungo tempo alla luce. Oltre ai disegni anche quindici importanti dipinti dello stesso Van Gogh, che saranno posti a diretto e puntuale confronto, nell’identità del tema e del soggetto, proprio con i disegni. La mostra intende ricostruire il laboratorio del pensiero e della bellezza tragica. Facendolo con l’aiuto del Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda, l’istituzione che assieme al Van Gogh Museum di Amsterdam conserva ben oltre i due terzi dell’intera produzione del grande artista. E non va dimenticato che del genio olandese proprio il Kröller-Müller custodisce le opere riconosciute di maggiore qualità, secondo il giudizio di molti critici. Da Otterlo giungono tutte le opere esposte, divise in cinque grandi sezioni che corrispondono ai diversi periodi creativi della vita di Van Gogh: tra la regione mi98

neraria del Borinage, Bruxelles e Etten nel 1880 e nel 1881, all’Aia tra 1882 e 1883, nel Drenthe a fine 1883, a Nuenen tra 1884 e 1885 e infine in Francia tra il 1886 a l’anno della morte, il 1890. Così, disegni e quadri famosi consentiranno di tracciare questo percorso dell’anima. A Borinace Van Gogh inizia il suo apprendistato studiando i manuali di Cassagne sulla prospettiva e sull’anatomia e ricopiando instancabilmente modelli e opere dei Maestri dai manuali didattici di Bargue. Nell’ottobre del 1880 si trasferisce a Bruxelles, ambiente culturalmente più stimolante, dove conosce diversi artisti fra i quali Anthon van Rappard con il quale stringerà un’amicizia preziosa. Nell’aprile del 1881 si trasferisce dai genitori, a Etten. Qui Gogh ha la fortuna di trovare molti modelli e può eseguire numerosi studi, che rivelano i suoi progressi ma anche le sue difficoltà a creare scorci convincenti. Ecco perché di solito preferisce ritrarre le sue figure di profilo, pur non rinunciando a misurarsi con atteggiamenti più elaborati dei modelli, come ad esempio nel disegno “Vecchio accanto al fuoco”. Alla fine del 1881, l’artista si reca all’Aia, dove decide di concentrarsi soprattutto sul disegno da modello, ma in realtà rea-


Arte in mostra

lizza molte vedute di città, commissionategli dallo zio, il mercante d’arte Cornelis Marinus Van Gogh, e paesaggi. Alla fine dell’estate del 1883 Van Gogh lascia l’Aia per andare nella regione del Drenthe, incuriosito dal paesaggio e invogliato dal fatto che lì la vita era meno cara e dunque avrebbe potuto trovare modelli a minor costo. Dopo soli tre mesi Van Gogh parte per Nuenen, dove trova modelli e spunti che realizza in disegni a penna, raffiguranti paesaggi invernali punteggiati da soggetti che diverranno ricorrenti, come la vecchia torre in mezzo ai campi, il giardino dietro la canonica. Solo nel dicembre del 1884 si dedica nuovamente alla figura. A Parigi, dove raggiunge il fratello nel marzo del 1886, Van Gogh scopre il colore e nel corso del 1887 realizza numerose vedute della città ad acquerello. All’inizio del maggio 1889 si dedica soprattutto alla pittura: esplora i dintorni di Saint-Rémy, ai piedi della catena montuosa delle Alpilles e scopre un nuovo paesaggio, più mosso e vario, con i campi, gli ulivi e intorno i cipressi. E soprattutto ai cipressi dedicherà quadri e disegni tra i più intensi. Quando, nel maggio del 1890, si trasferisce a Auvers-sur-Oise è la pittura ad assorbirlo completamente, anche se, come ha sem-

pre ripetuto nelle lettere, pittura e disegno procedono insieme. Un’apposita sezione della mostra è dedicata ad alcune bellissime opere della collezione Kröller-Müller, una delle collezioni di pittura e scultura più prestigiose d’Europa, donata allo Stato olandese nel 1935. Sulle pareti di Santa Giulia saranno dunque raccontate anche le altre passioni pittoriche di Helene e Anton: l’impressionismo da Corot a Fantin-Latour, a Pissarro; il post impressionismo da Seurat a Signac; il simbolismo da Rops a Redon; le avanguardie da Gris a Mondrian e infine la prediletta pittura olandese da Prikker a Toorop. |

Van Gogh. Disegni e dipinti Capolavori dal Kröller-Müller Museum dal 18 ottobre 2008 al 25 gennaio 2009

Nella doppia di apertura: Vincent van Gogh, “Uliveto”, 1889, olio su tela, 72,4 x 91,9 cm. Kröller Müller Museum, Otterlo Nella pagina precedente, dall’alto: Vincent van Gogh, “Donne che raccolgono patate”, 1885, olio su tela, cm 31,5 x 42,5. Kröller Müller Museum, Otterlo Vincent van Gogh, “Cipressi con due figure”, 1889, olio su tela, cm 91,6 x 72,4. Kröller Müller Museum, Otterlo m, Otterlo In questa pagina, da sinistra: Vincent van Gogh, “Il giardino dell’ospedale a Saint-Rémy”, 1889, olio su tela, cm 91,5 x 72. Kröller Müller Museum, Otterlo Vincent van Gogh, “Autoritratto”, aprile - giugno 1887- olio su cartone, cm 32,8 x 24 Kröller Müller Museum, Otterlo

Van Gogh. Il colore dell’anima - Enrica Crispino - Giunti Editore Lettere a un amico pittore - Vincent Van Gogh - BUR Biblioteca Univ. Rizzoli Per osservare un’opera d’arte occorre aprire gli occhi. Ma per comprenderla bisogna chiuderli. Alessandro Morandotti www.lineadombra.it

Museo di Santa Giulia Via dei Musei, 81 Brescia Da lunedì a giovedì e domenica ore 9-19 Venerdì e sabato ore 9-20 99


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Luxury mobile Con Vertu la telefonia mobile si innalza ai livelli dell’arte orologiera: pezzi unici, lavorazioni artigianali, massima attenzione ai dettagli. Emozioni e raffi natezza di oggetti che si contraddistinguono e contraddistinguono chi li indossa a cura di Ivan Consoli

Sempre in movimento, sempre in azione. L’imprenditore di oggi vive un tempo dinamico con l’esigenza di essere sempre in relazione con il mondo che lo circonda, con i propri interessi e gli affari. Viaggiare e relazionarsi diventano un must, che deve essere vissuto con stile ed eleganza. Ma da cosa si riconosce un uomo di classe se non dai dettagli? E’ partendo da questo imperativo che Vertu, azienda leader nella produzione di cellulari di lusso, è riuscita a trasformare i telefonini in eleganti e preziosi gioielli. Pezzi esclusivi e di manifattura artigianale, nati per rispondere alle esigenze di chi, pur dovendo costantemente viaggiare per il mondo, non vuole comunque rinunciare a classe ed eleganza. Icone del lusso per riscoprire la passione dell’oggetto e del dettaglio che lo contraddistingue e contraddistingue chi lo indossa, con un desiderio di sorprendere che non trascende mai il gusto estremo per la raffinatezza. Si potrebbe dire che Vertu racchiuda nella telefonia mobile, quello che l’arte orologiera esprime con i meccanismi perfetti degli orologi più raffinati e nel taglio di ogni singola pietra: l’unicità. 100


Dettagli di lusso

Si potrebbe dire che Vertu racchiuda nella telefonia mobile, quello che l’arte orologiera esprime con i meccanismi perfetti degli orologi più raffinati e nel taglio di ogni singola pietra: l’unicità

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Icone del lusso per riscoprire la passione dell’oggetto e del dettaglio che lo contraddistingue e contraddistingue chi lo indossa, con un desiderio di sorprendere che non trascende mai il gusto estremo per la raffinatezza

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Dettagli di lusso

Dal lancio iniziale nel gennaio 2002, oggi i modelli Vertu sono appannaggio dei rivenditori più esclusivi e dei department store di maggior tendenza: da Selfridges e Harrods a Londra, a Colette e Printemps a Parigi, da Barneys e Neiman Marcus a New York a LaneCrawford a Hong Kong. Tre le collezioni dedicate ai viaggiatori globali: l’ultima nata in casa Vertu è la Constellation, collezione composta da sette apparecchi rifiniti in oro o in acciaio inossidabile e caratterizzati da un eccellente rapporto-peso. Prodotti nella sede di Vertu nel Regno Unito da un team di artigiani dotati di straordinaria esperienza, la caratteristica distintiva di questi gioielli è l’esclusività che si riscontra non

solo nel design elegante, ma anche nei materiali insoliti: è infatti questa linea ad utilizzare per la prima volta nella storia della telefonia la ceramica, materiale estremamente liscio, resistente ai graffi e impiegato per i rivestimenti esterni dello space shuttle e la tastiera. Inoltre, ogni tasto in ceramica è levigato e perforato a laser al fine di consentirne la retro-illuminazione. Ma alla bellezza delle linee e alla preziosità dei materiali si aggiungono tecnologie innovative e di ultima generazione: la collezione è stata infatti ideata per assistere il viaggiatore più esigente, grazie all’integrazione di un dispositivo quad-band capace di collegarsi in oltre 180 paesi del mondo e alla capacità di

visualizzare il tracking dei voli in tempo reale, in modo tale da essere informati sui voli. E come se non bastasse il convertitore di valute in tempo reale e l’orologio mondiale, in grado di calcolare l’orario in tre località contemporaneamente, forniscono i servizi necessarie per viaggiare informati. Per completare la navigazione, la Vertu Constellation dispone anche di un servizio meteo che, una volta giunti a destinazione, fornisce informazioni precise sulle condizioni meteo. Destinata poi a un target extra lusso è la collezione Signature, che oltre ai metalli preziosi come l’oro giallo 18K, l’oro bianco e il platino, utilizza anche cristallo di zaffiro antigraffio, rubini accuratamente posizionati sot103


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to i tasti e ceramica ultra-resistente. Più sportiva, invece la collezione Ascent, che prende ispirazione dalle auto da corsa e propone una struttura in acciaio e Liquidmetal, la lega utilizzata dallo Space Shuttle scelta per la sua struttura robusta

e flessibile, e rivestimenti in raffinata pelle cucita a mano, disponibile in sette diverse tonalità di colore. Infine, tra le ultime arrivate c’è la collezione Ascent Ti: design ineguagliabile e tecnologia 3G quadri band sono le caratteristiche distintive di

questa linea che ha fatto il suo debutto in Italia alla fine dello scorso anno. “Ti” è il simbolo chimico del titanio, che non a caso costituisce la struttura del cellulare di questa linea, caratterizzata da una straordinaria silhouette che riprende le curve scolpite di un’auto potente, mentre il cronografo che appare sullo schermo e la retroilluminazione della tastiera richiamano gli strumenti di precisione del cruscotto. Ma se il design è all’avanguardia, la tecnologia non è da meno: il cellulare di questa linea, disponibile in tre colori, è un apparecchio 3G quadriband, con fotocamera da 3 megapixel con flash e risoluzione VGA. Ultima curiosità: per i cellulari di questa linea, David Arnold, l’autore di molte colonne sonore di James Bond, ha composto appositamente tre suonerie accompagnate da una serie di sfondi a tema automobilistico. | modelli Constellation: rifiniti in oro o in acciaio inossidabile. Il retro dell’apparecchio è rivestito in pelle, i tasti sono in ceramica levigata e perforata al laser. modelli Ascent: il Titanio ad alte prestazioni costituisce la struttura del cellulare. La tastiera è in ceramica. I modelli sono sette: in pelle nera, marrone chiaro, cioccolato e rosa, con rifiniture in oro o acciaio inossidabile Lo stile non è altro che l’ordine e il movimento che si mette nei propri pensieri. George Louis Leclerc de Buffon www.vertu.com www.serafinoconsoli.it

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Richmond Italia organizza da 15 anni Business Events e ha aiutato le più significative e dinamiche imprese italiane a confrontarsi sui mercati garantendogli uniche opportunità di business e formazione.

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ottobre - dicembre 2008

Vento in poppa

per la nautica a cinque stelle

Cresce il mercato della nautica di lusso con un fatturato di 6 miliardi: +14,3% negli ultimi 6 anni. Boom per gli yacht sopra i 24 metri e nascono società specializzate nella gestione economica di queste super imbarcazioni testo di Laura Di Teodoro

Un lusso da gestire e trainare verso nuove e ricche sponde. Il mondo della nautica “a cinque stelle” costituisce la fascia di business più appetibile e interessante della nautica da diporto. A dirlo sono i numeri e la crescita del settore; secondo i dati forniti da Bankitalia, il mercato della nautica di lusso ammonta a circa 6 miliardi di euro, con un aumento negli ultimi 6 anni di 14,3%. In particolare, la domanda di charter di lusso (yahct superiori ai 24 metri), negli ultimi cinque anni, è cresciuta dell’8%. Ad oggi il parco di luxury yachts destinati al charter è pari a circa 860 unità stimate e concentrate per lo più nel Mediterraneo. L’80% di queste barche sono a motore. La concentrazione significativa vede lunghezze dai 30 ai 50 metri. Da notare la quota del 15% sopra i 60 metri oggi in continua crescita. Parallelamente sono nate società per la gestione dei mega yacht tra cui la Floating Life, realtà svizzera capitanata da Barbara Tambani, una realtà “in rosa” che conta ben 14 super yacht. Dati alla mano e costi che vanno dai 400mila agli 800mila euro per barca, è nata la necessità, da parte di molti armatori, di fare gestire queste vere e proprie aziende, da professionisti, organizzando un servizio di noleggio per ab106

battere i costi. “Oggi come oggi – spiega Barbara Tambani -, per gestire yacht di quelle dimensioni è necessario costruire una struttura ad hoc. È necessario personale qualificato, con una certa preparazione. La figura dello Yacht Manager è relativamente nuova, soprattutto in Italia. Noi come società ci impieghiamo due anni per formare i nostri assistenti”. La Floating Life gestisce 13 yacht dislocati tra il Mediterraneo, i Caraibi e gli Stati Uniti: “Abbiamo addirittura una barca, una Expedition Yacht di 45 metri realizzata in Cina – prosegue Barbara Tambani -. I nostri clienti vengono dall’America, Europa, Russia e Arabi anche se in quest’ultimo anno sono mancati un po’ gli americani causa il crollo del dollaro. Il settore della nautica rimane comunque un settore in continua espansione, in cui è difficile vedere la crisi, almeno al momento. Addirittura, per il futuro, abbiamo siglato un accordo con una società per la gestione di altri 7 yacht con la formula di multiproprietà. L’idea e la volontà è di raddoppiare l’attuale numero entro l’anno prossimo”. Molteplici sono i servizi offerti dall’azienda. Per quanto riguarda l’assistenza logistica si va dalla prenotazione dei porti al servizio bunkering (con la predisposizione

ove necessario delle pratiche per il carburante in esenzione), dal reperimento dei pezzi di ricambio all’assistenza mediante le agenzie locali e internazionali selezionate per l’organizzazione turistica, fino al servizio catering e alla consulenza necessaria per l’espletamento delle pratiche burocratiche presso gli enti pubblici. Ampia anche l’assistenza in campo tecnico, fondamentale per gestire la manutenzione degli yachts: oltre alla stesura e all’illustrazione delle proprietà della lista lavori straordinaria per l’approvazione preventiva, la società si occupa della ricerca e della selezione dei fornitori e dei cantieri, del controllo dei lavori eseguiti dall’equipaggio, dell’assistenza ai broker assicurativi


La rotta del lusso

in caso di sinistri e della negoziazione con i registri navali e con gli enti interessati. Vengono inoltre sviluppate, da parte della Società, perizie e consulenze valutative degli yachts ed assistenza peritale ad uffici legali, cantieri, società di leasing e privati; gestione delle pratiche assicurative in caso di sinistri; verifica e attestazione dello stato delle certificazioni di navigabilità e classe tenute presso i registri navali; gestione di arbitrati per la risoluzione di controversie. Gli yacht che vengono messi

a disposizione vanno dagli yacht in stile vintage (barche d’epoca) a super yacht di estremo design. La società propone settimane a bordo di barche bellissime e di lusso quali la Ocean’s Glory, navetta classica del 1935 costruita dai cantieri Yarrow di Glasgow, lunga 26.40 metri, larga 5.30 metri e con un pescaggio di 3 metri, tipico degli yacht classici o sullo yacht Limoncello, barca di 35 metri costruita dai cantieri Benetti che può ospitare fino a 9 persone; per gli amanti della grande comodità

D.P. Monitor, un rimorchiatore convertito a yacht di lusso che ospita fino a 10 passeggeri, in crociera nel Mediterraneo. La Numero Uno, un 40 metri, è un esempio dell’eccellente tradizione delle costruzioni Perini Navi. Il sun deck ospita ampie cuscinerie e una magnifica Jacuzzi che insieme al salone principale, all’area bar tutta in teak e alla dining area, creano un ambiente perfetto per trascorrere piacevolmente ogni minuto a bordo. | 107


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ottobre - dicembre 2008 Yacht Inspiration

Ad oggi il parco di luxury yachts destinati al charter è pari a circa 860 unità stimate e concentrate per lo più nel Mediterraneo. L’80% di queste barche sono a motore. La concentrazione significativa vede lunghezze dai 30 ai 50 metri. Da notare la quota del 15% sopra i 60 metri oggi in continua crescita.

inspiration è il nuovo Custom Line 97 in gestione charter da Floating Life. Ogni dettaglio di questo yacht è curato nei minimi particolari e diretto al Cliente Chater più esigente. Moderno, sofisticato, risultato della mano degli artigiani più esperti del Cantiere. La barca è molto luminosa. Da sottolineare il grande salone al ponte principale. Lounge bar fully equipped dotato di un wine-cooler d’avanguardia permette ricevimento di numerosi ospiti e grande stile nell’accoglienza degli stessi. L’area dining prevede posto per 8 persone accolte da un touchbutton tv di 42 pollici al plasma+tv sorround dal controsoffitto. Tale salone stile “cinema” permette di godere in pieno relax le ultime uscite di film sia via satellite sia Dvd’s. All’interno è presente una suite, la Master Stateroom, dotata di molti alti “extras” come il wireless B&O TV con dolby surround system ed un Radiomarelli Playtime. La vista panoramica è controllata da un telecomando che muove la copertura. Una doccia extra-large adorna il ricco bagno. 2 divani, una vanity unit si aggiungono all’armadio guardaroba immenso. DP Monitor Il Dp Monitor colpisce prima di tutto l’udito. Poi per la sua mole e per il suo fascino. In particolar modo per il rumore del motore simile a quello dei pescherecci nostrani. L’immagine è quella dei pescatori che si preparano ad uscire, coi motori avviati in folle a lentissimi giri che fanno rumore di “vacanza” e dai quali proviene profumo di pesce fresco. Il Dp Monitor prima di Floating Life ha avuto un “primo padre”. Silvio Caracci, ex comandante di rimorchiatori, imprenditore informatico romano che per passione aveva restaurato e convertito a diporto un vecchio rimorchiatore nel 1991, il DP Monitor. La barca era stata costruita dal cantiere Benetti di Viareggio nel 1953 e aveva lavorato con il nome di Decio Primo. Le iniziali sono state conservate. Oggi è stata convertita in barca di lusso e ospita fino a 10 persone. D.P Monitor, ha un motore da pochi giri al minuto, garanzia di affidabilità e lunga vita.

Nelle pagine precedenti e sopra: particolari dello yacht Inspiration. A lato: interno della camera, salone ed esterno del Dp Monitor.

Sempre camminerò per queste spiagge tra la sabbia e la schiuma dell’onda. L’alta marea cancellerà l’impronta e il vento svanirà la schiuma. Ma sempre spiaggia e mare rimarranno. Khalil Gibran

www. floatinglife.ch

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ottobre - dicembre 2008

La nuova prestigiosa linea di sigari Davidoff in onore del più illustre fumatore di tutti i tempi, Winston Churchill. di Mario Alberto Catarozzo

Il carattere o le competenze, qual è la dote più importante nella vita? Per Winston Churchill non vi erano dubbi, il carattere certamente! Nel suo discorso alla Camera dei Comuni il 19 settembre 1950, a guerra ormai conclusa, Churchill sa che è tempo di guardare avanti e di lasciare il suo segno negli anni a venire ponendo le basi per la costruzione dell’Europa post bellica. E’ un ricordo ancora recente la conferenza di Jalta (1945), in cui Churchill, Roosevelt e Stalin gettano i semi dell’Europa moderna, e la nascita della NATO (1949). L’ormai settantaseienne statista inglese pronuncia uno dei suoi tanti discorsi rimasti storici “The first duty of a university is to teach wisdom, not a trade; character, not a technicalities”. Carattere, dunque, non competenze; questo deve trasmettere in primis un percorso formativo ai giovani, futuri regnanti, politici, manager. In una versione cinematografica più edulcorata e meno eroica della realtà post bellica, se vogliamo, sarà il grande Al Pacino nei panni del colonnello Frank Slade (Scent of a Woman, 1992) nella sua accorata arringa difensiva del liceale Cherlie Simms, studente della Baird School di Boston, a difendere il carattere di un uomo, di un politico, di un grande manager. Il carattere, qualità che permette di uscire dalla “lunga fi la grigia degli uomini potenti ma la cui anima è stata venduta” dirà il colonnello Slade - cieco, ma che un tempo vedeva e “ha visto”, ha visto che “non esistono protesi per un’anima mozzata”. Churchill non farà mai parte di quella lunga linea di uomini grigi e non per le sue competenze, di cui non era in età giovanile particolarmente ricco, ma per il suo carattere. Politico, oratore, scrittore, pittore, l’aristocratico Sir Winston Churchill dedicò tutta la sua vita alla ricerca del meglio, in tutto ciò che faceva. Perfino quando decise di raccontare la guerra che lo aveva visto protagonista lo fece a modo suo, al meglio, tanto da meritarsi il 110


Lifestyle

Questione di

carattere il fumo nuoce gravemente alla salute

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ottobre - dicembre 2008

Premio Nobel per la Letteratura nel 1953 per la ciclopica opera di ricostruzione degli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale (The Second World War). Elegante, edonista, esigente amava lo champagne e il wisky al malto e, sopra ogni cosa, i sigari, passione nata all’Havana all’età di 21 anni e mai abbandonata. Difficile vederlo senza un buon sigaro acceso tra le dita, suo tratto distintivo. Non è il caso che quello stile e quel carattere si perdano nel tempo, deve aver

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pensato il nipote Winston S. Churchill quando nel 2005 decise di trasferire alla Oettinger Davidoff Group i diritti per la produzione e la distribuzione di una nuova linea di sigari. Saranno i “Winston Churchill Cigars”. L’idea dei discendenti di Churchill era quella di far rivivere la passione dell’illustre antenato in una nuova linea di sigari che ne portasse oltre al nome e allo stemma di famiglia il carattere, lo stile e l’eleganza. Individuata nella Davidoff l’azienda che avrebbe garantito un prodotto di così alta qualità e di eccellente manifattura, l’anno successivo a Londra viene siglato l’accordo: è la Davidoff ad avere l’onore e il privilegio di produrre sigari con il nome del più illustre fumatore di tutti i tempi. Detto fatto. Passate le consegne ad uno dei geni dei nostri tempi in materia di sigari, il maker of Davidoff cigars, il dominicano Henky Kelner, ecco nel 2007 materializzarsi 4 moduli a comporre la nuova linea: un Churchill (Blenheim), un Corona Extra (Chequers), un Robusto (No. 10) e un Toro (Marrakesh), commercializzati in Italia dalla primavera dell’anno successivo.

Anche i nomi prescelti per questi sigari dal carattere vigoroso e dall’aroma intenso escono dalle classiche logiche del settore e, con un segno di ulteriore novità, si ispirano ai luoghi che ebbero particolare rilevanza nella vita dello statista inglese. Blenheim Palace è il castello, ora monumentale residenza di campagna inglese, situata nei pressi di Woodstock, nello Oxfordshire, dove vide la luce l’illustre statista e dove si sposò. Unica residenza non episcopale d’Inghilterra a beneficiare del titolo di “palazzo”, dal 1987 è stata dichiarata “patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO”. Chequers Court, a Ellesborough, nella contea di Buckinghamshire è dal 1921 la residenza di campagna del Primo Ministro inglese. Churchill la utilizzò nei suoi momenti di relax, con la famiglia, dove nel silenzio della campagna inglese amava trascorrere il tempo giocando a croquet e a bézique, il suo gioco di carte preferito. Dal 1730 è Downing Street N. 10 la residenza londinese del Primo Ministro. “N. 10” è sinonimo di potere nel Regno Unito, centro nevralgico del governo inglese a pochi passi dal Parlamento è un edificio sobrio nei tratti architettonici in


Lifestyle

perfetto stile giacobino. Costretto a trasferirsi sotto i bombardamenti tedeschi che infiammarono Londra alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Churchill continuò nonostante ciò a recarsi al N. 10 per prendere decisioni. Da ultimo Marrakesh, un formato Toro. Il nome è evidentemente ispirato alla città marocchina di cui Churchill ebbe tutta la vita una particolare preferenza per il clima mite che permetteva di fuggire ai rigidi inverni inglesi. Non solo. La particolare posizione ai piedi della catena montuosa dell’Atlante e la latitudine ispirarono molte opere letterarie dell’illustre statista, letteralmente ammaliato dalla morbida luce che ne avvolgeva i paesaggi. È qui, non a caso, che dipinse uno dei suoi quadri più famosi “Vista su Tinherir”. Materia prima e manifattura al top per questa linea, ovviamente. Il blend utilizzato per la miscela annovera i migliori tabacchi selezionati dalle piantagioni della Repubblica Dominicana (piantagione di Villa Gonzalez), del Perù, del Nicaragua e dell’Ecuador. Tutti tabacchi con origine da sementi cubane. Il risultato non poteva che essere eccellente: sigari corposi, destinati agli aficionados amanti degli aromi complessi e dei moduli importanti. La fascia cresciuta al sole ecuadoregno assicura a questa linea la tipica colorazione maduro, un abito scuro, da sera, smoking, da fumata appunto, proprio come amava l’elegante statista inglese. La denominazione del formato è riportata su una delle due anilla che avvolgono ciascun sigaro, mentre sulla seconda è riprodotto lo stemma della famiglia Churchill. Eleganti anche le scatole di legno (materiale non più utilizzato in casa Davidoff orientata verso materiali più funzionali e moderni) che accolgono serie di 25 sigari, mentre gli astucci si fermano a 4. |

Materia prima e manifattura al top per tutta la linea. Il blend utilizzato per la miscela annovera i migliori tabacchi selezionati dalle piantagioni della Repubblica Dominicana (piantagione di Villa Gonzalez), del Perù, del Nicaragua e dell’Ecuador. Tutti tabacchi con origine da sementi cubane. Il risultato non poteva che essere eccellente, sigari corposi, destinati agli aficionados amanti degli aromi complessi e dei moduli importanti

Sopra, da sinistra a destra: La nuova collezione di sigari Davidoff dedicati a Winston Churchill; Marrakesh, Chequers, Blenheim,No. 10

www.itagency.it http://www.davidoff.com

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ottobre - dicembre 2008

Jaguar cambia pelle Ecco la XF, prima berlina sportiva della casa che esprime l’eleganza e la grinta del nuovo design a cura della redazione


Emozioni al volante

La prima berlina sportiva Jaguar a presentare il nuovo, ed elegantissimo, linguaggio stilistico della casa. Un frontale innovativo e grintoso che guarda al futuro, mentre riafferma il lignaggio sportivo del marchio. Il profilo è unico, atletico e sicuro, le linee decise da coupè avvolgono un abitacolo spazioso a quattro porte con spazio per cinque adulti. Il frontale basso, la vita sollevata, l´ampia linea del tetto e le spalle possenti contribuiscono a dare l´idea del dinamismo visivo, la promessa di grandi prestazioni anche quando la XF non è in movimento. I dettagli, poi, sono raffinati ed eleganti, dal disegno a nido d´ape della griglia alle forme scultoree dei gruppi ottici, dalle prese d´aria laterali, ai cerchi in lega di grande dimensione. All´interno di una XF colpisce immediatamente la sensazione di spazio, poi l’attenta lavorazione, i materiali raffinati e l´instancabile attenzione per i particolari. I rivestimenti in pelle con cuciture, gli inserti in legno lavorati a mano accanto all’alluminio creano un´atmosfera ricercata, innovativa e moderna. L´uso intelligente della tecnologia e del controllo Touch-screen pensato in funzione del guidatore, offre un nuovo livello di comfort, di praticità e di spazio lineare. La XF incarna la filosofia Jaguar secondo la quale il design migliore non deve essere complicato. L´illuminazione soffusa attorno al pannello degli interruttori della consolle con il nuovo seletto-

re Jaguar Drive, il pulsante di avviamento ed il freno elettronico di stazionamento, permette di individuare tutti i comandi senza distrarre il guidatore. Di notte, l´illuminazione al fosforo ispirata dal design contemporaneo, con sfumature azzurre e riposanti, riprende i toni degli strumenti e dei quadranti in alluminio della XF sottolineandone il carattere sportivo. Offre quattro motori: a partire dal Diesel più raffinato della sua categoria, fino al motore sovralimentato 4.2 Litri V8 a benzina da 416 cavalli, passando attraverso un 3.0 litri V6 e un 4.2 Litri V8 a benzina aspirati. Tutti i motori offrono raffinatezza, fluidità e prestazioni straordinarie. Anche il cambio automatico a sei rapporti è all´avanguardia. Un cambio dalle qualità superlative, derivato anch´esso dai modelli sportivi Jaguar XK e XKR. Un cambio che, grazie ad un veloce sistema completamente adattabile, è in grado di rispondere non solo alle condizioni di variazione della strada ma anche allo stile di guida, per garantire in ogni situazione un cambio di marcia estremamente fluido e prestazioni ottimali. La carrozzeria della XF ha una struttura leggera ma eccezionalmente rigida. Su tutti i modelli è incluso lo sterzo assistito “Servotronic” a demoltiplicazione variabile che, alle basse velocità, permette di parcheggiare senza il minimo sforzo e, alle velocità più elevate, garantisce 115


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ottobre - dicembre 2008

La XF incarna la filosofia Jaguar secondo la quale il design migliore non deve essere complicato. Offre quattro motori: a partire dal Diesel più raffinato della sua categoria, fino al motore sovralimentato 4.2 Litri V8 a benzina da 416 cavalli, passando attraverso un 3.0 litri V6 e un 4.2 Litri V8 a benzina aspirati. Tutti i motori offrono raffinatezza, fluidità e prestazioni straordinarie

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grande precisione e un feeling impeccabile. Le ruote di ampie dimensioni sono dotate di potenti freni a disco. La struttura della XF è rigida, un motore fluido, un´attenzione speciale nella cura dell´acustica: tutti ingredienti essenziali per avere comfort e silenziosità straordinarie. Anche l´aerodinamica eccezionale gioca un ruolo importante, grazie alla combinazione di bassa resistenza all´avanzamento ed al rumore del vento ridotto. A 50 km/h, con ruote da 18”, il livello del rumore all´interno della XF, pari a 65,6 dB, è appena percettibile. Come per i modelli XK, i sistemi di scarico della XF V8 sono accordati per avere un “sound” decisamente sportivo, proprio come promette lo stile della XF, dotata di eccellenti qualità aerodinamiche. Il Cx è in assoluto il migliore di qualsiasi Jaguar finora prodotta, il coefficiente di resistenza all´avanzamento della XF è pari ad appena 0,29 e l´effetto di portanza dell´aria e praticamente nullo. Queste caratteristiche aerodinamiche assicurano una maneggevolezza ottimale, minore rumorosità, consumi ridotti e una stabilità incredibile alle alte velocità. Con l´uso intelligente della tecnologia e del controllo Touch-screen pensato in funzione del guidatore, Jaguar offre un nuovo livello di comfort, di praticità e di spazio lineare. Molte caratteristiche sono nascoste fino al momento in cui diventano necessarie: come il climatizzatore automatico della XF, le cui bocchette di ventilazione ruotano silenziosamente ed agevolmente per nascondersi, quando non sono in uso. Con il semplice movimento di una mano, JaguarSense attiva le luci della plafoniera anteriore e l´apertura del vano portaguanti. Inoltre Jaguar Voice, se in dotazione, controlla molte funzioni con il semplice uso della voce. Il sistema di accesso senza chiave (standard sui modelli Premium Luxury e SV8) è un’ingegnosa caratteristica che unisce l´utile all´ergonomia. Basta avvicinarsi alla XF con la Smart Key Jaguar in tasca o nella borsa, agire sulla maniglia della porta ed il sistema fa scattare l´apertura regolata da un sistema di sicurezza. Il JaguarDrive Selector™ va oltre le convenzioni e crea un nuovo standard per la gestione dei comandi del cambio automatico. Il suo comando rotativo e chiaro, semplice ed intuitivo. Si


Emozioni al volante può selezionare le posizioni del cambio semplicemente azionando il Selettore JaguarDrive con la punta delle dita. Per passare da D a S è sufficiente premere e ruotare il selettore. Selezionando D e rilasciando il Selettore JaguarDrive si innesca automaticamente il freno di stazionamento elettronico. L´impianto HI-FI Bowers & Wilkins con processore surround, disponibile a richiesta, è stato progettato in collaborazione con uno degli specialisti più rinomati del settore, capace di comprendere il suono a fondo come Jaguar comprende l´ingegneria. Bowers & Wilkins pone grandissima attenzione nella manifattura dei suoi prodotti ed offre una qualità senza pari. Il sistema include altoparlanti mid-range in Kevlar® e tweeter con cupola in alluminio, sviluppati appositamente. A completamento di un sound system messo a punto da esperti di acustica in esclusiva per la XF, l´amplificatore addizionale da 440Watt, con Dolby® ProLogic® II Surround Sound e 13 altoparlanti con Sub-Woofer, vi permetteranno un ascolto chiaro e ricco di dettagli, della vostra musica preferita. La XF è stata sviluppata per garantire un livello altissimo di sicurezza per il guidatore ed i suoi passeggeri e, grazie al sistema di rilevamento impatto pedoni di seconda generazione, con sollevamento automatico del cofano, anche la sicurezza di chi è all´esterno del veicolo è tutelata. La gamma di colori, la varietà dei rivestimenti e degli inserti in legno, lo stile e le dimensione dei cerchi in lega: l´estetica della tua XF dipende solo da te. E quando si tratta di equipaggiamento ed accessori, la scelta è nuovamente tua: dal “Blind Spot Monitor” al controllo di velocità di crociera adattativi, dal volante riscaldabile al tuner TV (analogico/digitale), dall´Hi-Fi Premium o B&W, al sistema di Interfaccia Audio Portatile per la connessione con iPod® e lettori MP3, Jaguar ti offre innumerevoli opzioni per rendere ancora più lussuosa ed esclusiva la tua XF. |

L’automobile è diventata un articolo da vestiario senza il quale ci sentiamo nudi, incerti, incompleti Marshall McLuhan, sociologo www.jaguar.it

Scheda tecnica Caratteristiche motore Motore

2.7 Litri V6

3.0 Litri V6

4.2 Litri V8

4.2 Litri V8

Alimentazione

Gasolio

Benzina

Benzina

Benzina Sovralimentato

Cilindri/valvole per cilindro

1e1/2

1e1/2

2

2

Alesaggio/Corsa mm

811/880

1 19/159

20/21

20/21

Cilindrata cc

2,720

2,967

4,196

4,196

Potenza massima CV (kW)

207 (152)

238 (175)

298 (219)

416 (306)

a giri/min

4,000

6,800

6,000

6,250

Coppia massima Nm

435

293

411

560

a giri/min.

1,900

4,100

4,100

3,500

Rapporto di compressione

173:1

105:1

110:1

91:1

Cambio

automatico

automatico

automatico

automatico

a 6 rapporti

a 6 rapporti

a 6 rapporti

a 6 rapporti

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ottobre - dicembre 2008

La terra

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Turismo a cinque stelle

dei cowboys Affascinante percorso nello stato americano del Wyoming, tra paesaggi selvaggi, sport e prestigiosi resort. Dal parco Yellostone al Jackson Hole: qui la natura è protagonista in una atmosfera agli albori del mondo In collaborazione con Bradipo Travel Designer

Wyoming

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ottobre - dicembre 2008

in questa pagina, sopra: l’esterno dell’Amangani Resort, nel cuore del Wyoming. Sotto, l’interno dell’Amangani Resort. Nella pagina a fianco, sopra: l’interno di una stanza dell’Amangani Resort. Sotto, un particolare dello Yellowstone

Il Far West, terra selvaggia e aperta di cowboy e indiani, presente nell’immaginario di tutti grazie al cinema, trova la sua identità geografica nello stato americano del Wyoming. Tutta la bellezza del nord-ovest americano è contenuta in questo territorio dove, come agli albori del mondo, si mescolano fuoco, aria ed acqua, dove ci sono più cervi ed antilopi che uomini e dove l’orizzonte è interrotto dalla lontana presenza di animali selvatici, nuvole e catene montuose. Ogni stagione è buona per godere delle particolarità di questo ambiente naturale. Qui si trovano i due Parchi Nazionali più importanti del mondo: Yellowstone e Grand Teton. Yellowstone è il parco dei geyser, dove “Old Faithful Geyser” è l’esempio di una natura imprevedibile e spettacolare. Mentre arrampicate, escursionismo, equitazione, canottaggio, snowshoeing, sci di fondo e snowmobiling sono tutte attività da provare all’interno del Grand Teton, in preda alla forza della natura circostante. L’inverno del Wyoming è stimolante per gli sciatori: Jackson Hole è il posto giusto per l’heli skiing, il cat skiing e l’accoglienza è in resort di lusso con lounge. 120

Adrenalina@Jackson Hole Jackson è una cittadina di montagna piccola ma ospitale, considerata un rinomato centro culturale e artistico, dove trovare musei, boutique e gallerie d’arte. Nel re-

gno delle alci, in cima a un promontorio, c’è una struttura ultramoderna assolutamente da visitare: è il National Museum of Wildlife Art, con la sua raccolta di dipinti e sculture aventi come oggetto gli animali selvatici.


Turismo a cinque stelle Altri fiori all’occhiello di Jackson sono, in estate, il Grand Teton Music Festival, che vede protagonisti musicisti provenienti da orchestre sinfoniche, conservatori ed orchestre di tutta l’America e in autunno il Jackson Hole Fall Arts Festival ormai diventato un evento culturale di rilievo. Per chi invece ama attività meno impegnate può essere divertentissimo imparare a ballare musica country al famoso Million Dollar Cowboy Saloon. In inverno il must è Jackson Hole, famosa meta invernale sui monti del Grand Teton National Park: ospita tutte le attività sportive che è possibile praticare sulla neve, comprese heli skiing, cat skiing e uscite in slitta trainata da 14 huskie, magari abbinata a una cena a lume di candela. È una montagna adatta a sciatori di ogni livello. Per i veri appassionati ci sono botteghe di artigiani che costruiscono sci su misura, fatti a mano sulla base delle vostre esigenze. In particolare, il posto migliore per una vacanza legata agli sport invernali è il famoso Amangani Resort, posizionato in cima all’East Gros Ventre Butte nel cuore del Wyoming. Amangani ha una location unica che offre viste panoramiche sulle cime innevate intorno al Grand Teton National Park.

Molto caratteristica l’atmosfera delle suites in stile “Wild West”: letti king-size e accoglienti caminetti; fra i mobili sono compresi anche una sdraio in legno di sequoia per le vostre sieste diurne, mentre le porte scorrevoli in vetro si aprono direttamente su di un piano, da dove poter ammirare le montagne e le valli circostanti.

Dopo lo sport ci si può far coccolare nalla Spa oppure con un bagno nella infinity pool esterna riscaldata, rifinita in piastrelle di quarzo colorate da cui si gode di uno dei paesaggi più belli del mondo, le Teton Moutains. Per fare due chiacchiere la sera l’appuntamento è nella Takoda Room, (“takoda” nel linguaggio dei nativi americani significa “amico di tutti”).

Sciare in questo paradiso è un’esperienza resa ancora più piacevole dal Resort che mette a disposizione un esclusivo Amangani Ski Lounge, dove noleggiare attrezzature sci e snowboard.

Yellowstone, dove la natura impazza Yellowstone (1872) è il più antico di tutti i Parchi Nazionali degli Stati Uniti, nonché una delle meraviglie del pianeta. Il parco

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ottobre - dicembre 2008

si estende in 3 stati: Wyoming, Idaho e Montana, sulla spina dorsale delle Montagne Rocciose. Gli oltre 3.000 geyser qui raccolti, i più grandi dei quali emettono getti di vapore che arrivano fino a 50 metri, rappresentano la più alta densità al mondo. Le sorgenti calde sono ancora più numerose; l’acqua fuoriuscita da molte di queste è ricca di minerali che creano nei terreni attorno coni e terrazzi. L’esempio più fa-

garanzia degli standard applicati grazie a strategie innovative per lo sviluppo sostenibile, per il risparmio dell’acqua, per l’efficienza energetica, per la selezione dei materiali usati e per la qualità dell’aria negli ambienti interni. L’atmosfera emana relax e salute, un senso d’aria pulita, ampia luce naturale, comfort termico calibrato da un design cosciente, con un mix di elementi urbani e decorazioni indigene: dal legno grezzo

Lo Stato americano del Wyoming, con la sua terra selvaggia e il Far West, è presente nell’immaginario di tutti grazie al cinema. Tutta la bellezza del nord-ovest americano è contenuta in questo territorio dove, come agli albori del mondo, si mescolano fuoco, aria ed acqua, dove ci sono più cervi ed antilopi che uomini e dove l’orizzonte è interrotto dalla lontana presenza di animali selvatici, nuvole e catene montuose. Ogni stagione è buona per godere delle particolarità di questo ambiente naturale moso e impressionante è quello del Mammoth Hot Springs dove sono sorti dei depositi che toccano addirittura i 90 metri. Appena a sud di Yellowstone si trova il parco nazionale del Grand Teton, dove le spettacolari Teton Mountains si ergono all’improvviso nella valle senza colline intermedie. Le Teton sono una catena di montagne geologicamente giovani (nove milioni di anni) con sette cime che superano i 3.600 metri e con il Grand Teton, che è la seconda cima più alta dello stato, con i suoi 4.197 metri. Circondato dalla natura della splendida Bridger Teton National Forest, a pochi chilometri dallo Yellowstone e dal Gran Teton National Park si trova ottima ospitalità nel nuovissimo Hotel Terra Jackson Hole, perla di eco-luxury del prestigioso Terra Resort Group. Questo Eco-Boutique Hotel dal design sofisticato, servizio superiore, amenità esclusive e tecnologia contemporanea applicata, off re un impatto minimo nell’ambiente e ambisce alla palma di albergo “green”. Infatti l’edificio è certificato con il marchio LEED sviluppato dallo US Green Building Council quale 122

Si può vivere un’esperienza da cowboy o da cowgirl soggiornando in “working ranch” dove gli ospiti possono seguire i lavori quotidiani che si svolgono: dal mantenimento dei recinti al raduno delle mandrie, oppure possono andare a cavallo e percorrere paesaggi sterminati. In alternativa, i “guest ranch” - semplici e rustici oppure sofisticati e 5 stelle - offrono un soggiorno esente dal lavoro pratico del cowboy. Ultima chicca, per vivere come dentro un fi lm western, è The History Occidental Hotel, nel centro di Buffalo. L’hotel ha 14 camere, tra cui camere standard e suite ed è completamente arredato in Old Style: una sistemazione particolare benchè non di lusso ma quasi museo in perfetto stile country. Qui avrete a disposizione The Occidental Saloon, genuino saloon originale e il The Virginian Restaurant, ricavato nella vecchia banca. Una particolarità: potrete cenare intimamente ad un tavolo per due persone all’interno del vecchio caveau. |

di montagna del Wyoming ai dettagli d’acciaio, dalle pietre di granito illuminate da luci fantasiose, oltre ad un grande camino di pietra decorato con ceramiche rosse.

INFO UTILI sul WYOMING

Non manca una Spa ed il Fitness Center, la Terra Living Room, l’hot tub sul tetto, due distinti ristoranti e un negozio per noleggiare equipaggiamento sportivi per snowboard e sci.

Quando andare Il clima del Wyoming è quasi ovunque semiarido freddo. Le estati tendono a essere brevi e calde, gli inverni freddi e piuttosto lunghi. La temperatura media annuale varia dai circa -1,7 °C, nelle Montagne Rocciose del nordovest, ai 10 °C, lungo il confine sudorientale.

Non solo Rodeo Il rodeo è lo sport nazionale del Wyoming ed ogni giorno, nel periodo estivo, è possibile osservare questo spettacolo tipico con i cowboy. A Cheyenne, capitale dello stato, nell’ultima settimana di luglio si possono vivere giorni da “Real America”, durante i Cheyenne Frontier Days, la manifestazione rodistica più grande del mondo. Oltre allo spettacolo degli show notturni e delle parate, si assiste alle evoluzioni della squadra acrobatica dell’aviazione USA, gli US Air Force Thunderbirds e per completare il quadro vengono serviti dei pancake, così da immergervi totalmente nella cultura del Farwest.

Capitale Cheyenne

Passaporti e visti Il passaporto deve essere in regola sulla base delle normative in vigore per l’ingresso negli Stati Uniti. Vaccinazione Nessuna vaccinazione richiesta Fuso Orario Sette ore in meno rispetto all’Italia; meno otto ore quando in Italia è in vigore l’ora legale. Moneta Dollaro americano Ente del Turismo www.realamerica.it NEWS Da ottobre Bradipo Travel Designer sarà presente a Brescia con l’apertura di una nuova ed esclusiva Boutique.

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ottobre - dicembre 2008

Relax d’alta classe Si amplia il Relais & Chateaux Da Vittorio, affiancato al prestigioso ristorante di Brusaporto in provincia di Bergamo: nascono mini-Spa all’interno delle suite e trattamenti benessere personalizzati per sentirsi immersi in un’oasi di armonia e stile a cura della redazione

Non solo un paradiso per i palati più esigenti, ma anche un angolo interamente dedicato al relax di alta classe. Un sogno ampiamente cullato da Vittorio Cerea, patron dello storico ristorante “Da Vittorio” e trasformato in realtà qualche anno fa, in occasione del trasferimento nella prestigiosa villa con camere della Cantalupa, a Brusaporto. Oggi, a distanza di qualche anno dalla realizzazione di questa dimora immersa nel verde, il Relais & Chateau della famiglia Cerea si amplia, mantenendo comunque intatte quelle caratteristiche che gli hanno permesso in poco tempo di guadagnarsi l’iscrizione nella sezione “Relais & Chateaux” della superguida dei migliori locali del mondo. Il progetto è ambizioso, ma è in linea con la fi losofia che da sempre è stata alla base delle scelte operate dalla famiglia Cerea: quella di off rire al cliente un servizio completo e soprattutto esclusivo. Da qui l’idea non solo di ampliare il Relais & Chateaux che rimane affiancato allo storico ristorante, ma anche di accrescerne il prestigio con l’aggiunta 124


Wellness Life

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ottobre - dicembre 2008

di una piccola Spa all’interno di alcune delle dieci suite di cui oggi è composto. Una piscina idromassaggio, una doccia aromatizzata e la possibilità di avere un piccolo centro estetico in camera: questi sono solo alcuni dei servizi che rientrano nel progetto messo in campo dalla famiglia Cerea. “Si tratta di un progetto che ci sta molto a cuore- spiega Rossella Cerea, che si occupa della gestione del Relais, del quale cura personalmente anche l’arredamento delle camere- in quanto ci permette di off rire un ulteriore servizio ai nostri ospiti. Due delle dieci suite del Relais verranno infatti ampliate e all’interno verranno realizzate delle Spa”. Veri e propri paradisi del benessere in miniatura, dove il cliente potrà farsi coccolare, usufruendo dei servizi messi a sua disposizione. “Nelle camere verrà infatti ricavato uno spazio tutto dedicato al re126

Due delle dieci suite del Relais verranno ampliate e all’interno verranno realizzate della Spa. Veri e propri paradisi del benessere in miniatura, dove il cliente potrà farsi coccolare, usufruendo dei servizi messi a sua disposizione. Nelle camere verrà infatti ricavato uno spazio tutto dedicato al relax. Oltre ad una mini piscina idromassaggio, verrà realizzato uno spazio per il bagno turco e sarà possibile regalarsi un bel colorito grazie ad una lampada abbronzante. Ci saranno anche una doccia aromatizzata, un lettino dove potersi rilassare durante il massaggio e gli altri trattamenti estetici richiesti e una mini palestra per tenersi in forma.


Wellness Life

lax- aggiunge Rosella Cerea-.Oltre ad una mini piscina idromassaggio, verrà realizzato uno spazio per il bagno turco e sarà possibile regalarsi un bel colorito grazie ad una lampada abbronzante”. E come se non bastasse a disposizione del cliente ci saranno anche una doccia aromatizzata, un lettino dove potersi rilassare durante il massaggio e gli altri trattamenti estetici richiesti e una mini palestra per tenersi in forma. Insomma, una sorta di oasi del benessere progettata per off rire all’ospite un soggiorno davvero indimenticabile, all’insegna del benessere e della cucina di altissima qualità, nata dall’inventiva e dalla maestria di papà Vittorio, a cui va il merito di aver trasformato Bergamo in una tappa d’eccellenza per gli amanti del buon cibo, e trasmessa poi ai figli. Nei sogni della famiglia Cerea, riconosciuta come marchio d’eccellenza nel mondo

della ristorazione e dell’accoglienza tanto da riuscire a guadagnarsi due Stelle Michelin, vi è poi quello di poter dare una nuova dimensione al Relais & Chateau con la realizzazione di altre quindici camere: lo stile sarà quello ricercato ed esclusivo che caratterizza le dieci camere già presenti, una diversa dall’altra ma tutte capaci di restituire all’ospite la sensazione di relax e familiarità che si respira nel Relais fin dal mattino, quando il risveglio si accompagna ad una colazione golosa a base di delizie dolci e salate, composte e infusi, da gustare nella sala di fronte all’ampia vetrata o, nella stagione più calda, nel gazebo che dà sul parco. “Con l’ampliamento del Relais– spiega Rossella Cerea- sarà possibile ammirare questo splendido panorama direttamente dalle camere, che saranno dotate di una grande vetrata di cristallo ”. Ma non fi-

nisce qui: “Per estendere il servizio di cui già tra pochi mesi saranno dotate due delle suite- svela la padrona di casa- più avanti verrà realizzata una Spa che sarà a disposizione degli ospiti che soggiorneranno nel Relais e che qui potranno quindi trovare una vera e propria oasi di relax”. |

nelle pagine precedenti: L’esterno della villa Cantalupa, a Brusaporto in queste pagine: Le suite del Relais & Chateaux “Da Vittorio”

“Se esprimi un desiderio è perché vedi cadere una stella, se vedi cadere una stella è perché stai guardando il cielo, se guardi il cielo è perché credi ancora in qualcosa.” Bob Marley

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ottobre - dicembre 2008

Smau Dal 15 ottobre al 18 ottobre 2008 Sede: Fiera Milano, Rho-Pero

Expo del benessere e del fitness Dal 10 ottobre al 12 ottobre 2008 Sede: Darfo Boario Terme

Dopo il successo riscosso delle prime tre edizioni Sycomor Events presenta l’edizione 2008 di Expo Benessere & Fitness, manifestazione espositiva e di eventi dedicata al mondo del Benessere e Salute, Fitness e Sport Invernali. La qualità degli espositori legati al settore, l’impegno di essi a qualificare gli stand con allestimenti di livello superiore e la realizzazione di numerosi eventi attrattivi hanno reso questa manifestazione un esempio positivo per il settore Expo, realizzando una manifestazione che ha avuto apprezzamenti anche da fuori Provincia.

Smau 2008, 45esima edizione dell’Esposizione Internazionale di Information & Communication Technologies, avrà una progettualità nuova e tagliata su misura per le imprese, la Pubblica Amministrazione e gli operatori di canale. Smau, con i suoi 45.000 visitatori profi lati è storicamente un appuntamento di riferimento per l’universo della domanda professionale e un marchio indipendente nel comparto delle ICT.

Esposi Dal 16 ottobre al 19 ottobre 2008 Sede: Brixia Expo, Brescia

Esposi, la mostra-mercato per gli sposi e per la casa, nata nel 1992, off re una panoramica delle novità e delle tendenze di mercato dedicata agli sposi in un’ambientazione esclusiva, elegante e raffi nata: è un’occasione perfetta per farsi un’idea di tutte le proposte che provengono dai diversi settori merceologici che ruotano attorno all’evento matrimonio e alla vita di coppia.

COM-PA Dal 21 ottobre al 23 ottobre 2008 Sede: Fiera Milano, Rho-Pero

COM-PA è il più importante evento italiano ed europeo specializzato sugli aspetti teorici ed organizzativi dei sistemi di comunicazione e delle nuove tecnologie applicate all’erogazione dei servizi rivolti al cittadino. La Manifestazione è una vetrina per le Pubbliche Amministrazioni centrali e locali, aziende sanitarie e ospedaliere, università, istituti di formazione e aziende specializzate nel campo della comunicazione delle nuove tecnologie e dei servizi alla P.A.

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Bimu Dal 3 ottobre al 7 ottobre 2008 Sede: Fiera Milano, Rho-Pero

Per costruttori e utilizzatori di macchine utensili, robot, automazione e di prodotti ausiliari (CN, utensili, componentie accessori), la BI-MU è la “mondiale degli anni pari”, cioè la mostra capace di alternarsi con la EMO (la “mondiale” ufficiale) nel rispondere all’esigenza di dare continuità al confronto incontro tra domanda e offerta di innovazione.

Milano Sposi Dal 2 ottobre al 5 ottobre 2008

Franchising & Trade Salone Internazionale del franchising e del commercio Dal 17 ottobre 2008 al 20 ottobre 2008 Sede: Fiera Milano, Rho-Pero

La 23° edizione di Franchising & Trade sarà la fiera di riferimento del franchising proponendosi come una tra le più importanti vetrine europee per il lancio di marchi nuovi e come sviluppo di business di quelli consolidati. Un’importante serie di attività, sono state studiate appositamente per aumentare al massimo le opportunità di business per espositori e visitatori, mirando a coinvolgere un palcoscenico italiano ed internazionale.

Sede: Forum di Assago, Milano

La Fiera è da sempre il punto di riferimento principale per le scelte e gli acquisti dei futuri sposi, anche perchè accoglie un vasto pubblico, sempre più motivato ed interessato, a trovare le ultime novità ai prezzi più competitivi. La presenza delle maggiori fi rme della moda, delle location più suggestive, dei ristoranti più raffi nati, degli studi fotografici di tendenza, fa di Milano Sposi non solo un momento di grande interesse commerciale.

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Wellness Spa&Beauty Exhibition Dal 17 ottobre 2008 al 20 ottobre 2008 Sede: Fiera Milano, Rho-Pero

Wellness Spa & Beauty Exhibition si appresta a celebrare la terza edizione. Alla kermesse si attendono oltre 300 espositori italiani ed esteri, il 200% in più rispetto alla passata edizione, distribuiti su 28.000 mq di spazio espositivo nei padiglioni 14 e 18 del quartiere Fiera Milano Rho.

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I prossimi appuntamenti

Salone del Mobile

Viscom

Dal 15 novembre 2008 al 23 novembre 2008

Visual Communication

Sede: Fiera Nuova di Bergamo

Dal 13 novembre 2008 al 15 novembre 2008 Sede: Fiera Milano, Rho-Pero

Il Salone del Mobile e del Complemento d’arredo si propone come punto di eccellenza dell’attività fieristica del settore. L’appuntamento presenta tutta l’ampia gamma delle tipologie d’arredo, dal pezzo unico al coordinato fi no agli oggetti del nostro quotidiano: cucine, salotti, camere da letto, mobili per giardino, arredamento per il bagno, tessuti, arredamento da interno, oggetti per la casa.

I fornitori dell’industria europea hanno scelto la Viscom Visual Communication Italia come il più importante evento di vendita dell’anno poiché off re un irripetibile mix di visitatori, realizzatori e creativi della comunicazione, che hanno un’esigenza in comune: scoprire mezzi di comunicazione innovativi.

Moda Prima Dal 29 novembre 2008 al 1° dicembre 2008

Sicurtech Expo

Sede: FieraMilanoCity

Dal 25 novembre al 28 novembre 2008 Sede: Fiera Milano, Rho-Pero

Il Salone Internazionale delle Collezioni Moda e Accessori ModaPrima è l’evento di riferimento del settore rilanciato grazie all’intervento di Pitti Immagine che ne cura l’organizzazione. La manifestazione ModaPrima è dedicata alla presentazione in anteprima delle nuove collezioni primaveraestate, con alcuni spunti anche sulla stagione autunno-inverno.

Un evento della sicurezza a 360 gradi, capace di sprigionare forti sinergie e di attirare visitatori sempre più numerosi, qualificati e internazionali, che potranno vedere riunita in un unico appuntamento tutta la fi liera della sicurezza. Grazie all’accordo con ANIMA, Fiera Milano Tech organizza per la prima volta anche Sicurtech Expo.

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L’agenda delle Fiere Io sposa Dal 30 ottobre al 2 novembre 2008 Sede: FieraMilanoCity

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L’artigianato in Fiera Dal 29 novembre all’8 dicembre 2008 Sede: Fiera Milano, Rho-Pero

La manifestazione è nata nel 1996 con l’obiettivo di mettere al centro dell’attenzione l’artigianato e la sua enorme capacità e qualità produttiva, creando un evento totalmente dedicato al comparto. Una grande e nuova “Campionaria” della piccola impresa artigiana, che trova in questo evento un’occasione privilegiata per la sua promozione e crescita.

Dal mondo di Vogue Sposa, Sposabella e Domina Sposa Iosposa, la fiera per il tuo matrimonio. Moda, casa, bellezza, ricevimento, viaggi, eventi, sfi late, tutto per l’organizzazione del matrimonio.

Hte-Hi.tech.Expo 2008 Fiera Campionaria Dal 25 ottobre 2008 al 2 novembre 2008 Sede: Fiera Nuova di Bergamo

Con uno storico di visitatori ed espositori che fa della rassegna orobica la più importante della Lombardia e una delle prime a livello nazionale, la Campionaria è un “prezioso scrigno” per i visitatori attestatisi ormai stabilmente, ad ogni edizione, intorno alle 130 mila unità. Tra i settori merceologici “trainanti” da sottolineare sono quelli legati all’ambito edilizio, il settore del complemento d’arredo, il settore delle energie alternative e rinnovabili in costante aumento e la partecipazione di enti ed associazioni.

Dal 25 novembre 2008 al 28 novembre 2008 Sede: Fiera Milano, Rho-Pero

E’ un evento innovativo e assolutamente originale nel panorama fieristico nazionale. Infatti, per la prima volta in Italia si svolge una grande manifestazione specializzata dedicata alle tecnologie più avanzate: fotovoltaico, tecnologie del vuoto e del coating, fotonica, optoelettronica, nanotecnologie, celle a combustibile e idrogeno, immagazzinamento elettricità, superconduttività.

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Business & Gentlemen Pubblicazione trimestrale www.businessgentlemen.it anno I - numero 3 | 0tt0bre - dicembre 2008 Direttore responsabile Mauro Milesi mauro.milesi@cobalto.it

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Redazione Coordinamento: Laura Di Teodoro laura.diteodoro@cobalto.it In redazione: Desirée Cividini desiree.cividini@cobalto.it Segreteria: redazione@businessgentlemen.it Art Director Marco Villa marco.villa@businessgentlemen.it Equipe tecnico-scientifica Daniela Andreini, Gianpaolo Baronchelli, Andrea Bonalumi, Ivan Consoli, Marco Maria Fumagalli, Gian Luca Giussani, Andrea Manzoni, Leonardo Marabini, Cristina Moro, Sheyla Rega Hanno collaborato Enrico Benedetti, Stefania Bugada, Mario Alberto Catarozzo, Alessandra Ferretti, Alice Sofia Neri, Elena Sottocornola Fotografie Massimo Angeli, Viviella Chiappa, Vincenzo Lombardi Archivi fotografici Beretta, Canon, Smau, HSM, IBM Italia, Pramerica Life, Exposure architects, Richmond Italia, Percassi Group

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