B&G N°4

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21-05-2008

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dynamism Hotel Principe di Savoia 20124 Milano (I) Piazza della Repubblica 17 | t. +39 02 62305555 f. +39 02 653799 reservations@hotelprincipedisavoia.com | www.hotelprincipedisavoia.com

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anno I - numero 4 | dicembre 2008 - febbraio 2009 | € 7,00

stile intramontabile

anno I - numero 4 | dicembre 2008 - febbraio 2009

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Stefano Colombo

La sfida dell’Energia Competitività, sostenibilità e liberalizzazione. Parla il vicepresidente di Atel Energia

Banche e imprese Crisi, credit crunch e Basilea 2

Manager italiani All’estero piacciono sempre di più

Storie di successo Focus su: Deltamatic Screen Service, Polar

Donne ai vertici Cresce il numero delle lady leader

Protagonisti Francesca Chelli Giampio Bracchi Antonio Rognoni Paolo Pavesio Marco Citterio

Stefano Colombo fotografato da Viviella Chiappa

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Editoriale di Mauro Milesi

Legenda delle icone di lettura Business & Gentlemen ha studiato dei richiami grafici per aiutare la “navigazione” dei servizi e offrire informazioni aggiuntive. Innanzitutto ogni articolo presenta un’icona che ne identifica la tipologia di contenuto: Giornalistico: servizi, approfondimenti, interviste realizzate dai nostri giornalisti e dai collaboratori B&G. Tecnico-scientifico: studi e ricerche che hanno una connotazione tecnico-scientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi. Divulgativo: notizie, curiosità, anteprime, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design Inoltre la lettura può riservare informazioni aggiuntive con le seguenti icone Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico Url: la segnalazione di siti e portali sul tema trattato Argomenti correlati: segnalazione di servizi B&G che trattano argomenti simili Citazione: un ipse dixit che impreziosisce il discorso trattato Bibliografia: la segnalazione bibliografica collegata all’argomento

Il numero che avete tra le mani sigla il primo anno di vita di B&G. Un anno intenso, straordinario, difficile e bellissimo. Intenso ovviamente, come è giusto che sia per curare lo start up di una pubblicazione che muove i primi passi nell’affollato panorama delle riviste economiche e di stile in Italia. Lo abbiamo fatto con le idee chiare, consapevoli che avremmo dovuto rimboccarci le maniche e lavorare sodo per costruire il nostro spazio di manovra, sottolineare il carattere distintivo del giornale, consolidare il valore della testata, focalizzare e incrementare la distribuzione soprattutto in ambito business, instaurare un proficuo dialogo con il territorio, le istituzioni, gli uffici stampa, i partner e gli sponsor inserzionisti. Molte energie e risorse sono state investite per consentire a B&G di calcare il palcoscenico dell’editoria con un ruolo da protagonista, consapevoli che la nostra realtà editoriale non può certo competere a livello di numeri e disponibilità con i grandi colossi, ma può scendere in campo con le sue armi migliori: la forza di un progetto distintivo e innovativo, il valore di una distribuzione mirata e di alto profi lo, la qualità dei contenuti, del prodotto e del layout grafico. L’intensità di questi mesi è stata grande proprio perché una struttura snella e polifunzionale come la nostra si è spesa su più fronti per accrescere la caratura di B&G: dagli eventi alle fiere, da iniziative di comunicazione alle partnership, dai contatti con i potenziali inserzionisti agli accordi di distribuzione fi no al costante lavoro giornalistico per costruire il giornale. Un anno intenso, dicevamo, ma anche straordinario. I risultati che B&G ha raggiunto in una manciata di mesi sono stati moltissimi, a cominciare proprio dall’interesse e dai complimenti che abbiamo registrato da parte dei lettori (imprenditori, manager, rappresentanti delle istituzioni economiche, uomini di cultura, opinion leader, ecc.). Grandi soddisfazioni sono arrivate dai partner che hanno creduto fi n da subito nel nostro progetto: dal World Business Forum allo Smau, dal Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso a Promos, dalle associazioni di categoria come Confi ndustria Bergamo al mondo dell’università e della ricerca, da marchi prestigiosi come Davidoff a hotel, club e resort esclusivi. Attestati di stima che ci hanno dato fiducia, che hanno permesso di costruire tante iniziative e di dar vita a numerose occasioni di visibilità e valorizzazione. E nuovi partner arriveranno presto ad accrescere sempre più un progetto che trae profonda energia dal rapporto con il mondo circostante, dall’intreccio di relazioni con gli attori del territorio e con le realtà che rappresentano i mille volti dell’economia e dello stile. Tuttavia non possiamo negare che, quello vissuto, non sia stato un anno difficile. Se molti e prestigiosi sono stati i “sì”, abbiamo dovuto fare i conti anche con tanti “no”. Porte chiuse per una realtà come la nostra che non ha altri elementi di “spinta” se non il nostro lavoro, il nostro progetto, il nostro impegno. Ovviamente abbiamo pagato l’essere fuori dai grandi giri dell’editoria e della pubblicità, anche se questo ci ha permesso di germogliare su un terreno sicuro e solido, senza essere subito investiti dai grandi venti che soffiano a certi livelli. Quei “no” sono uno stimolo per noi che crediamo in B&G e nelle potenzialità che racchiude: speriamo che in futuro anche gli scettici si possano ricredere. Però, più di tutto, questo è stato un anno bellissimo. La bellezza di aver vissuto una nuova entusiasmante stagione della nostra vita professionale e di aver trovato tante persone che, insieme a noi, si sono “innamorate” di questa rivista. La bellezza di assistere giorno dopo giorno a un progetto che prende corpo e forma grazie al nostro lavoro, alla nostra passione e a un pizzico di coraggio.

B&G è anche online! Non una semplice vetrina della rivista, ma un magazine vero e proprio dedicato al mondo delle imprese, del business e del lifestyle. Servizi quotidiani e approfondimenti suddivisi in canali tematici: dall’economia ai personaggi, dall’internazionalizzazione ai giri di poltrona, dalle fiere all’Ict. E poi, i canali dedicati all’intrattenimento e al lusso: yacht, motori, gioielli, orologi, viaggi e molto altro. Visita il nuovo sito di B&G: www.businessgentlemen.it

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Sommario numero 4 | dicembre 2008 - febbraio 2009

8.

Editoriale

50.

Il nuovo corso di B&G per il 2009

14.

LuxSnow

Spazio Formazione

54.

Manager e ICT

58.

Tempo di bilanci

62.

Basilea 2

66.

Finanza “reale”

70.

All’estero

74.

Polar

76.

Screen Service

80.

Deltamatic

84.

Energia Competitività e liberalizzazione Intervista a Stefano Colombo

10

Donne manager

Autonoleggio

Expand

Article Mktg La nuova frontiera della comunicazione online

86.

Tra le prime al mondo nell’automotive interior

44.

K-Idea

Eventi e fiere l’azienda si fa bella

Apparati per le tv digitali e la strada della ricerca

40.

Brixia Expo

La nuova collezione Montblanc Villeret 1858

106. Black Revolution Da Rosa Parks al presidente Obama

108. Il tempo dei sigari Viaggio alla scoperta di CiDav. A cura di Habano

112.

Internazionalizzazione Aprire un ufficio di rappresentanza in Cina

90.

Financial Comm Sempre più strategica per le PMI

Il superyacht MY Aqva, il 40 metri realizzato da Admiral

114.

Boom del settore la leadership di Europcar

Multinazionale fi nlandese successo italiano

36.

100. Il tempo scolpito

Sempre di più ma ancora poche

I manager italiani sempre più richiesti

32.

Yamaha

L’artista Ritratto esclusivo di Gianni Bergamelli

Il concorso per l’innovazione del Kilometro Rosso

La crisi internazionale e i modelli bancari

28.

98.

Una piattaforma studiata per promuovere il territorio

Banche e impresa l’effetto della normativa

26.

Infrastrutture

Design L’acustica e lo stile di Sonus Faber

Quando il marketing ha una marcia in più

Imprese lombarde come è andata nel 2008

22.

96.

Per “muovere” l’economia Focus su Cal

Le nuove tecnologie piacciono ai dirigenti

18.

Fondazione Polimi

Magritte Il ruolo della natura. La mostra a Palazzo Reale

Parola al presidente Giampio Bracchi

Una selezione di corsi dedicati a imprenditori e manager

16.

92.

Successo al femminile: L’ad Francesca Chelli

Accessori esclusivi per vivere la neve

15.

Nespresso

Bmw Serie 7 La nuova regina dello stile a quattro ruote

118.

Wellness Scopriamo il superpremiato Fonteverde Spa Resort

122. Botswana L’anima vera e profonda dell’Africa ancestrale

128. L’agenda delle fiere Gli appuntamenti business per i prossimi mesi



La casa degli imprenditori dà più spazio alle imprese e ai servizi... ... flessibili, personalizzati e interdisciplinari per sostenere la competitività delle imprese.

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I prossimi appuntamenti

Spazio formazione Presentiamo una selezione di corsi e seminari che prenderanno vita nei prossimi mesi, organizzati da Confi ndustria Bergamo. Dedicato a imprenditori, manager e professionisti

• Analisi degli errori revisionali • Esercitazioni numeriche e casi di studio Docente _____________________________________________________ ing. D. Giometti – Simco s.r.l.

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TECNICHE NEGOZIALI CON CLIENTI E FORNITORI Periodo del corso _____________________________________________ Giovedì 29 e venerdì 30 gennaio 2009 dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 Descrizione __________________________________________________ Il corso si rivolge a imprenditori e dirigenti. L’obiettivo è di fornire un quadro degli stili comunicativi, relazionali e negoziali. utili per raggiungere decisioni e chiudere trattative. Fornire strumenti pratici per l’attuazione dello stile più adatto alla situazione. Scegliere le tattiche da utilizzare e individuare quelle utilizzate dagli altri, specialmente sindacati, clienti e fornitori. Programma __________________________________________________

Servizi Confindustria Bergamo S.r.l. via Madonna della Neve, 27 - Bergamo

www.unindustria.bg.it

Un metodo razionale. Fondamenti di comunicazione. Dieci stili comunicativi secondo Norton. Cinque stili relazionali secondo Whitoma. Tre stili negoziali secondo Rumiati. Test di autovalutazione dei lineamenti della personalità. Negoziati distributivi e non distributivi. Negoziati basati su principi. Tattiche e modalità distributive. 14 Tattiche oppositive. Negoziatori e mediatori. Test di autovalutazione dell’ideologia manageriale. Stile di soluzione dei problemi orientato ai principi. Stile machiavellico. Stili situazionali. Repertorio delle tattiche. I duelli d’emergenza. Lista di 38 stratagemmi euristici. Lista di controllo per identificare le tattiche altrui. Metodo per ottenere il consenso. Esercitazione. Riepilogo Docente _____________________________________________________ Dott. Marco Galleri

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LA GESTIONE E IL CONTROLLO DELLE SCORTE

DARE VALORE AL SINGOLO CLIENTE. MARKETING ONE-TO-ONE

Periodo del corso _____________________________________________

Periodo del corso _____________________________________________

Giovedì 15 e Venerdì 16 gennaio 2009 dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00

Mercoledì 18 marzo 2009 dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00

Descrizione __________________________________________________

Descrizione __________________________________________________

Il corso si rivolge a Responsabile logistica, Responsabile produzione, Responsabile vendite, Materials manager. L’obiettivo è di fornire conoscenze utili per raggiungere un equilibrio tra una situazione di carenza e di eccedenza delle scorte nell’ambito di un orizzonte di pianificazione caratterizzato da rischi e da incertezze. Un aspetto molto importante nella formulazione di una corretta politica di gestione è l’individuazione degli obiettivi di servizio al cliente, di previsione e controllo delle scorte nonché dei criteri di allocazione delle scorte nella rete.

Il corso si rivolge a imprenditori, dirigenti, quadri innovativi dell’area marketing, vendite. L’obiettivo è di fornire gli elementi necessari per formulare una concreta strategia aziendale, per verificare la qualità del portafoglio clienti e fidelizzare il singolo cliente migliorandone il valore aggiunto. L’attenzione ai bisogni del singolo cliente anziché ad una generica famiglia di consumatori è alla base del nuovo approccio USA del marketing di Don Peppers, denominato “One - to - One”.

Programma __________________________________________________

Programma __________________________________________________

• Definizioni, funzioni e tipologie di scorte • Grado di copertura delle scorte e livello di servizio • I costi delle scorte • Oneri di mantenimento (finanziari e di stoccaggio) • Costi di stock-out e rischio di obsolescenza • Il controllo delle scorte • Indici di rotazione e di copertura dello stock • Analisi ABC degli articoli (legge di Pareto) • Le matrici di analisi ABC incrociate: “scorte – fatturato” • Politiche di gestione • Ruolo del gestore delle scorte (Materials Manager) • Classificazione delle politiche di gestione delle scorte • Analisi delle logiche gestionali push/pull • La gestione delle scorte • Modello a punto fisso di riordino (lotto economico, punto di riordino) • Modello con riordino ad intervalli fissi (intervallo di rifornimento, disponibilità obiettivo) • Scorte di sicurezza e livello di servizio • La previsione della domanda • I principali metodi di previsione (analisi serie storiche, media mobile, smorzamento esponenziale)

• Il marketing e le sue evoluzioni Mass marketing Benchmarking Customer satisfaction • L’azienda one to one (Don Peppers) • Il tempo click • Leggi di Moore e di Mcafee • Quale customer nella new economy? • Ciclo di vita del customer • Disintermediazione e nuovi intermediari • Dal marketing tradizionale al marketing relazionale • Concetto di marketing one to one • Le Quattro fasi per applicare il marketing one to one • Permission marketing (l’approccio di Seth Godi) • Marketing virale • Marketing laterale Docente _____________________________________________________ Dott. Mario Gibertoni / Dott. Andrea Donato – Studio Base 15


Business&Gentlemen

dicembre 2008 - febbraio 2009

Ai manager piace

ICT

La ricerca della School of Management del Politecnico in collaborazione con Smau: per l’80% dei dirigenti di grandi aziende l’innovazione tecnologica ha giocato un ruolo chiave per il business a cura della redazione

L’Information Communication Technology gioca un ruolo strategico per i manager delle principali funzioni aziendali. A dirlo è una ricerca della School of Management del Politecnico di Milano presentata nel corso di Smau 2008. Sul fronte del business per oltre l’80% dei manager italiani delle grandi imprese l’innovazione tecnologica ha giocato un ruolo chiave negli ultimi tre anni. La sensazione che le ICT siano insostituibili arriva addirittura a toccare la soglia del 95% per il prossimo triennio. La ricerca condotta dalla School of Management del Politecnico ha coinvolto 600 responsabili – di altrettante imprese con oltre 250 addetti operanti in tutti i settori merceologici – di cinque diverse funzioni aziendali: Acquisti; Amministrazione, Finanza e Controllo di Gestione; Marketing e Commerciale; Operations, Logistica e Supply Chain; Gestione delle Risorse Umane. In un panorama positivo in termini di “consapevolezza”, tra le criticità emerge il rapporto tra Direzioni ICT e Direzioni funzionali, decisamente migliorabile tra l’11% e il 47% o pessimo tra l’1% e il 4% dei casi. Settore Acquisti Oltre il 70% dei manager reputa rilevante o molto rilevante il compito svolto dalle 16

ICT negli ultimi tre anni, con un balzo al 91% di coloro che si aspettano un ruolo simile per il prossimo triennio. Tra le specifiche attività, le ICT rivestono (ultimo triennio) un ruolo molto rilevante o rilevante nella gestione degli ordiniemissioni ordini al fornitore (83%), nella gestione delle ricerche di acquisto (RdA) e workflow autorizzativi (67%) e nell’analisi dei fabbisogni (66%). Le percentuali più basse riguardano la negoziazione (34%) e la qualifica dei fornitori (38%). Settore Amministrazione, Finanza e Controllo di Gestione Rispetto alla precedente funzione i manager che considerano decisivo o importante il ruolo delle ICT in azienda sale all’87% e il 97% guardando ai prossimi tre anni. Rispetto alle specifiche attività funzionali, l’innovazione tecnologica è percepita (ultimo triennio) come molto rilevante o rilevante per l’Amministrazione e Finanza / Controllo di Gestione nella contabilità analitica-product costing (73% / 86%) e nella contabilità esterna (72% / 77%). Dal basso risultano nell’Amministrazione e Finanza la definizione e monitoraggio dei prezzi di trasferimento (25%) e il benchmarking (28%) e, nel Controllo di Gestione il benchmarking (24%) e il balance scorecard (29%).

Settore Marketing e Commerciale Se circa i due terzi dei partecipanti all’indagine ha valutato molto rilevante o rilevante il ruolo delle ICT, la percentuale sale alla quasi totalità per il triennio a venire. Nel marketing le specifiche attività meglio supportate dall’innovazione (ultimo triennio) sono la gestione reportistica (77%) e la gestione dei clienti (72%), mentre nel commerciale sono, la gestione del canale di vendita (69%) e l’erogazione dei servizi post vendita (64%). Un supporto minore risulta rispettivamente (Marketing) per le attività di comunicazione (56%) e (Commerciale) per la gestione della forza vendita (59%). Settore Operations, Logistica e Supply Chain Il ruolo delle ICT nell’ultimo triennio ha determinato un commento più che positivo per il 79% dei manager. Si arriva invece al 97% guardando al prossimo triennio. La gestione dei magazzini e dei trasporti (74%), la gestione della produzione (72%) e la gestione delle terze parti logistiche (66%) hanno ricevuto il maggior supporto dalle ICT (ultimo triennio). Ai livelli più bassi la pianificazione strategica (42%) e il monitoraggio e controllo delle performance (44%).


Soluzioni hi-tech

Settore Risorse Umane Nelle specifiche attività, le meglio supportate (ultimo triennio) sono la gestione operativa ed amministrazione del personale (81%) e la comunicazione interna (55%). In fondo a questa classifica troviamo le attività relative a nuovi assunti (30%) e alla motivazione e il coinvolgimento delle persone (30%). Settore Pubblica Amministrazione Sono principalmente due le dimensioni fondamentali su cui basare una corretta strategia: la “tipologia di prestazioni” su cui impatta il sistema (efficacia e efficienza) e l’“utenza target” di riferimento (interna ed esterna). In particolare senza un adeguato sistema informativo a supporto dei processi non è pensabile un ammodernamento della PA e, di conseguenza, un risparmio che possa poi permettere di investire su altre priorità del Paese. Per citare solo alcuni dati, la spesa pubblica ha inciso sul PIL italiano (1.535,5 miliardi di euro) del 2007 per una percentuale pari al 43,5% (incidenza della spesa primaria delle Amministrazioni pubbliche sul PIL al netto degli interessi passivi – ISTAT 2007). Un recupero di efficienza di appena il 10% della Pubblica amministrazione porterebbe a un recupero stimato equivalente di 2 punti sul PIL. Canale ICT Ormai da alcuni anni, il Canale ICT (rivenditori hardware, software house, system integrator e così via) sta attraversando un profondo processo di trasformazione e consolidamento, alla ricerca di un ruolo non più scontato e, soprattutto, di modelli di business sostenibili. La ricerca del Politecnico, condotta dal 1° gennaio 2005 al 30 giugno 2008, ha rilevato che quasi l’80% delle operazioni analizzate coinvolge imprese – sia acquirenti che acquisite – con sede legale in Italia. Minore è il numero di

operazioni che coinvolgono imprese con sede legale all’estero. In particolare, in circa il 15% dei casi è stata acquisita un’impresa estera, mentre in poco più del 5% dei casi un’impresa estera ha acquisito un’impresa italiana. Se guardiamo alle imprese acquisite con sede legale in Italia, emerge come la maggior parte di queste siano localizzate nelle regioni con maggiore presenza di operatori appartenenti al canale ICT (Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto). Il 58% delle imprese acquirenti è posseduto da azionisti privati, mentre nel 33% dei casi, l’impresa acquirente è quotata in Italia (18% delle imprese) o all’estero (15% delle imprese). Da sottolineare come quasi tutte le imprese del canale ICT quotate in Italia abbiano effettuato almeno una operazione di fusione o acquisizione negli ultimi anni. Infine, il 7% delle imprese annovera tra i propri azionisti un fondo di investimento, mentre il 2% è statale. |

La scienza di oggi è la tecnologia di domani. Edward Teller

B&G n.3 – Il mercato delle nuove tecnologie wi-fi – p.16 B&G n.2 – ICT e imprese, il rapporto sull’IT– p.10 B&G n.1 – Enterprise 2.0, l’era office mobile – p.14 www.mip.polimi.it www.smau.com

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Business&Gentlemen

dicembre 2008 - febbraio 2009

Qualità e innovazione le armi per sconfiggere la crisi

L’analisi del presidente di Confi ndustria Lombardia, Giuseppe Fontana, che sottolinea il momento difficile e traccia alcune linee guida per reggere il colpo, oltre a una serie di iniziative di sostegno. Un primo bilancio sui dati dell’economia lombarda 2008 testi di Laura Di Teodoro

“Per la prima volta in otto anni il pessimismo sembra prevalere sull’ottimismo, le previsioni sull’annualità non sono certamente incoraggianti, ma adesso più che mai è importante investire in nuovi prodotti e processi produttivi”. Parola di Giuseppe Fontana, presidente di Confindustria Lombardia alla luce dei dati economici del terzo trimestre 2008 e della crisi finanziaria che sta colpendo l’economia mondiale. I dati raccolti da Regione Lombardia, Unioncamere Lombardia, Confi ndustria Lombardia e con la collaborazione delle Associazioni regionali dell’Artigianato, parlano di un complessivo peggioramento del quadro congiunturale, registrando una diminuzione dei livelli produttivi sia rispetto all’anno precedente (-2,2% a parità di giorni lavorativi) sia nel confronto con il 2° trimestre 2008 (-1,1% il dato destagionalizzato). Più critica è la situazione dell’artigianato manifatturiero con un calo della produzione del 5,0% su base annua e dell’1,4% (destagionalizzato) rispetto al trimestre precedente. Segnali di preoccupazione per i prossimi mesi provengono dall’andamento degli ordini (sempre più negativi quelli interni e molto meno positivi del recente passato quelli esteri) e dalle aspettative degli imprenditori, condizionate dalla crisi finanziaria in atto a livello internazionale. “Le previsioni sull’annualità non sono certamente incoraggianti, perché dobbiamo ancora registrare gli effetti della crisi finanziaria – spiega Giuseppe Fontana -. Per la prima volta in otto anni le aspettative degli imprenditori vedono prevalere i pessimisti sugli ottimisti, con un 18

saldo negativo del 20%”. La principale criticità riguarda la crisi di liquidità e soprattutto di fiducia che “stanno rendendo più difficile l’accesso al credito per le imprese – prosegue Fontana -. A questo proposito abbiamo già preoccupanti segnalazioni dal territorio. Ma la preoccupazione più forte è nell’intreccio della crisi finanziaria con un mercato dei beni di consumo sostanzialmente fermo: si rischia un vero e proprio blocco dell’economia che va assolutamente scongiurato. Si tratta di un fenomeno trasversale a tutti i settori, che tocca più da vicino le imprese di minori dimensioni”. Per uscire dall’empasse l’unica alternativa è puntare su qualità e innovazione: “Per mantenere alto il livello della competitività è necessario, oggi più che mai – prosegue il presidente di Confindustria Lombardia -, continuare ad investire in nuovi prodotti e processi produttivi e nello sviluppo dei mercati internazionali. La fase che stiamo attraversando aprirà sicuramente nuove prospettive di crescita per le nostre imprese che dobbiamo essere pronti a cogliere”. A sostegno delle imprese, Confindustria ha già indicato e messo in atto una serie di urgenti e mirati interventi: sostegno all’accesso al credito, riduzione del carico fiscale, detassazione degli utili reinvestiti, aiuti per gli investimenti ecologico-ambientali e per la riduzione dei consumi energetici delle imprese, a cui si aggiungono “gli investimenti anticiclici per eccellenza: quelli sulle infrastrutture. Per parte nostra abbiamo evidenziato alla Regione Lombardia l’esigenza di interventi analoghi”. Un altro


Lombardia e sviluppo

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Business&Gentlemen

dicembre 2008 - febbraio 2009

Produzione industriale: tutti i dati Il terzo trimestre 2008 registra una riduzione della produzione industriale del 2,2% rispetto al terzo trimestre 2007 (dato corretto a parità di giorni lavorativi) e una riduzione dell’1,1% rispetto al trimestre precedente. Per le aziende artigiane manifatturiere si aggrava la fase negativa iniziata ormai da alcuni trimestri: nel terzo trimestre 2008 la produzione cala del 5,0% su base annua e dell’1,4% rispetto al trimestre precedente (dato destagionalizzato). L’indice della produzione industriale del terzo trimestre 2008 cala sensibilmente e si porta a quota 104,7, contro il 106,8 toccato

tema che sarà centrale per il 2009 resta il mercato del lavoro: “Il reperimento di figure tecniche resta ancora oggi il problema più avvertito dalle imprese – commenta Giuseppe Fontana -. Occorre perciò rafforzare la formazione tecnica e sviluppare strumenti come l’apprendistato in coerenza con i fabbisogni di professionalità delle imprese”. Per rafforzare la competitività della Lombardia, Confindustria ha lanciato un appello al mondo della politica, partendo dai parlamentari lombardi: “Abbiamo chiesto loro di fare un Patto sui capitoli di maggiore interesse. La nostra è una Regione all’avanguardia in molti campi e fa parte dei cosiddetti cinque motori d’Europa, che trainano tutta l’economia dell’Unione. La disponibilità, per la nostra Regione, di maggiori competenze e di maggiori risorse per lo sviluppo dell’economia, andrebbe perciò a beneficio di tutto il Paese”. L’impegno più in generale resta quello di mantenere alta e salda l’identità dell’economia lombarda: “Abbiamo preso atto di una situazione eccezionalmente seria e siamo convinti che la Lombardia possa dare un contributo importante ai problemi dello sviluppo e della competitività proprio perché la cultura della crescita è nei nostri cromosomi – conclude Fontana -. Qui ci sono da sempre gli uomini, le idee, la voglia di fare e di rapportarsi e Confindustria Lombardia si adopererà ancora per preservare questi valori, mantenendo il confronto con coloro che sono come noi portatori della cultura dello sviluppo. Un’identità di cui andiamo orgogliosi e che vogliamo vada a beneficio di tutto il Paese”. |

a fine 2007. Il rallentamento risulta molto diffuso a livello settoriale. Rimangono positivi solo l’alimentare (+0,8%) e i mezzi di trasporto (+0,3%). I restanti settori registrano variazioni negative, in particolare l’abbigliamento (-5,9%) e il tessile (-5,0%). Anche settori importanti per l’economia lombarda come la meccanica e la chimica registrano una significativa contrazione della produzione su base annua (-1,6% la meccanica e -2,1% la chimica). Nell’artigianato tutti i settori presentano variazioni della produzione su base annua negative (dal -7,3% dell’abbigliamento al -2,9% della siderurgia). Soffrono meno il rallentamento i beni di investimento (-1,4%) mentre i beni di consumo (2,0%) e i beni intermedi (-2,7%) registrano flessioni più intense. Le performance migliori sono appannaggio di medie e piccole imprese (da 10 a 199 addetti) che con un -2,1% si posizionano davanti alle grandi imprese (oltre 200 addetti). Queste ultime risentono maggiormente del clima sfavorevole registrando una riduzione dei livelli produttivi del 2,6%. Nell’artigianato è più marcato il calo per le micro-imprese (da 3 a 5 addetti; -6,3%) rispetto a quelle di dimensioni maggiori (da 6 a 9 addetti: -4,4% e oltre 10 addetti: -3,7%). Il dato medio generale continua a nascondere andamenti differenziati fra le imprese: nell’industria, a fronte del 24% di imprese con variazioni della produzione minime che oscillano attorno allo zero, il 36% ha variazioni tendenziali molto negative (superiori al -5%) e una quota inferiore (il 24%) ha registrato variazioni molto positive (superiori al +5%). Aumenta quindi il differenziale negativo tra le imprese in crescita e quelle in calo. Anche nell’artigianato si notano andamenti differenti tra le aziende, con un incremento delle posizioni in forte calo. A fronte del 33% di aziende stazionarie, solo il 14% registra in questo trimestre variazioni tendenziali molto positive mentre arriva al 43% la quota delle imprese con variazioni molto negative.

Scritta in cinese la parola “crisi” è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità. John Fitzgerald Kennedy www.confindustria.lombardia.it Per approfondimenti sull’analisi congiunturale 2008 si può visitare il sito www.businessgentlemen.it – Canale “Economy”

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Sopra: Giuseppe Fontana, presidente di Confindustria Lombardia


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Basilea 2

e la crisi, quali effetti nel rapporto tra banca e impresa La normativa bancaria vista in questo momento di difficoltà per l’economia. Rating, accesso al credito, flessibilità: come si stanno muovendo gli istituti di credito? Lo abbiamo chiesto a Giacomo De Laurentis, professore di Finanza alla Bocconi testo di Alessandra Ferretti

In un momento di crisi dell’economia internazionale in cui le banche sono in difficoltà, il costo del denaro è aumentato e le aziende faticano ad investire. Come si colloca la nuova normativa di Basilea 2 che regola i rapporti tra le banche e le imprese? Il nuovo accordo internazionale, entrato in vigore all’inizio del 2007, ha sostituito quello attuale, definito Basilea 1 e operativo dal 1988. Basilea 2 consente alle banche dei Paesi aderenti all’accordo di calcolare il capitale minimo da detenere in proporzione al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti, valutati attraverso lo strumento del rating. Maggiore è il livello del rischio del debitore, più alto è il capitale che la banca deve accantonare: maggiore è di conseguenza il tasso d’interesse che essa chiede sul credito. Di fatto, dunque, le banche sono costrette a classificare i propri clienti in base alla loro rischiosità, attraverso procedure di rating che possono variare da un istituto all’altro. Il timore è che l’applicazione dell’accordo possa tradursi in minor credito alle imprese più rischiose e a tassi più elevati. Per fare maggiore chiarezza sui contenuti della normativa e per capire quali effetti essa comporta sul rapporto banca-impre22

sa, abbiamo chiesto un parere a Giacomo De Laurentis, professore ordinario di Finanza all’Università Bocconi di Milano. “Anzitutto - spiega De Laurentis -, Basilea 2 è una normativa prociclica, vale a dire che accentua la variabilità dei cicli economici. Dovessero cioè peggiorare le condizioni di credito, peggiora di conseguenza il rating e le banche sono costrette a ridurre il credito erogato alle imprese, proprio quando queste ne avrebbero maggiore bisogno. Ne può derivare una situazione di credit crunch ovvero di stretta creditizia. In secondo luogo, Basilea 2 è meritocratica. Ciò significa che le imprese più rischiose pagano di più rispetto a quelle maggiormente solide, che invece pagano tassi più bassi. Questa situazione - ed è il terzo aspetto da sottolineare - induce le banche a differenziare i clienti in base, appunto, al loro rating”. In realtà, nemmeno le banche sono tutte uguali, proprio perchè, a fronte del rischio del credito, adottano metodi di valutazione che possono variare dallo standard approach all’IRB (Internal Rating Based) foundation, all’IRB advanced. La Banca d’Italia è poi chiamata a validare il sistema di rilevazione predisposto dal singolo istituto di credito.

“Questo sistema - continua De Laurentis - implica che le imprese debbano gestire i flussi di liquidità in maniera più attenta, trasparente e ponderata. Infatti, se prima, a fronte di un credito in sofferenza, c’erano l’interruzione del rapporto e il tentativo di recupero, oggi il concetto di default include anche i ritardi nei rimborsi superiori a 90-180 giorni a seconda dei casi. L’informazione del default viene poi trasferita alla Centrale dei Rischi e da lì a tutte le altre banche”. Ma sono già visibili le implicazioni per le imprese? Secondo De Laurentis, l’impatto resta graduale: “L’impatto reale non c’è ancora stato, anche se già da tempo le banche tentano di allineare i tassi richiesti alla qualità creditizia dei debitori. I risultati si vedranno nei prossimi anni. La caratteristica di Basilea 2 di essere prociclica sta tuttavia suggerendo di rivedere in parte la normativa o, addirittura, di pensare ad una Basilea 3, vale a dire un accordo che attutisca questi effetti prociclici dirompenti. Per dirla con altre parole, con Basilea 2, il profi lo di stabilità della singola banca aumenta, ma il profi lo del sistema bancario nel suo complesso è più esposto al rischio di crisi sistemica. In ogni caso, l’impresa


Finanza e impresa

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dovrebbe essere più trasparente, dotarsi di una struttura finanziaria più prudente, con meno debito e più capitale, utilizzare una politica proattiva delle garanzie (ovvero vederle come un’opportunità e non come un ricatto delle banche), infine, scegliere la banca giusta, sondando più istituti di credito e cercando di capire come questi si comportano nei confronti del rating”. Le imprese notano un restringimento del credito e un aumento del suo costo, anche in conseguenza di una fase economica in cui si è concesso credito abbondante a tassi troppo bassi per remunerare il rischio. Non si tratta di una problematica solo delle famiglie americane, ma del sistema fi nanziario in generale. “In ogni caso - conclude De Laurentis - non è interesse delle banche mandare in default le imprese. Queste ultime farebbero tuttavia bene a sondare la disponibilità di più banche, perché lo stesso cliente può essere valutato diversamente in quanto i sistemi di rating bancari, contrariamente a quanto spesso affermato, non sono identici e possono condurre a valutazioni parzialmente differenti; inoltre le politiche di prezzo possono essere diverse da banca a banca”. |

L’impresa dovrebbe essere più trasparente, dotarsi di una struttura finanziaria più prudente, con meno debito e più capitale, utilizzare una politica proattiva delle garanzie (ovvero vederle come un’opportunità e non come un ricatto delle banche), infine, scegliere la banca giusta, sondando più istituti di credito e cercando di capire come questi si comportano nei confronti del rating Dal punto di vista degli imprenditori Quali passi deve compiere un imprenditore oggi per accedere ad un credito bancario, anche alla luce della crisi finanziaria di questo momento storico? Lo abbiamo chiesto a Francesco Bettoni, Presidente di Unioncamere Lombardia. “Il sistema lombardo - spiega Bettoni - ha sempre offerto opportunità e possibilità di accesso al credito per le imprese, anche per quelle micro, piccole e medie. Sul territorio esiste una realtà importante di banche di varia natura e vocazione: dalle grandi banche a proiezione internazionale, a banche di territorio che hanno proceduto a fusioni ed integrazioni, mantenendo nel contempo un forte legame con la realtà produttiva del territorio, ad un importante sistema di banche di credito cooperativo che per definizione sono legate alle economie delle realtà locali”. Al sistema bancario si aggiungono poi gli interventi messi in campo direttamente dalla Regione Lombardia, tramite la finanziaria regionale Finlombarda, a sostegno dei processi di investimento e innovazione delle imprese. A loro volta, le Associazioni di categoria hanno costituito una rete di Confidi, che consente di sostenere le opportunità creditizie soprattutto delle imprese meno patrimonializzate e con minori garanzie. A queste strutture le Camere di Commercio offrono aiuti e sostegni significativi. “In questo quadro di opportunità – prosegue Bettoni - si inserisce oggi la crisi finanziaria accompagnata ormai da un’evidente crisi dell’economia reale. I dati congiunturali relativi al terzo trimestre 2008 diffusi da Unioncamere Lombardia hanno mostrato con evidenza i segni di questa crisi. Da parte del sistema bancario, si sono manifestati fenomeni di restrizione creditizia, con interventi di chiusura o limitazione degli affidamenti che preoccupano gli imprenditori. Per molte imprese, già alle prese con una difficile situazione di mercato, una politica di restrizione creditizia potrebbe rivelarsi fatale”. Per risolvere in parte questa situazione, Bettoni suggerisce di richiamare le banche a svolgere con responsabilità il proprio ruolo a sostegno delle imprese. Quindi, consiglia di favorire con interventi pubblici straordinari l’accesso al credito delle imprese. “Con questo spirito – aggiunge - è nato Confiducia, un fondo di garanzia straordinario promosso dal Sistema camerale lombardo, con oltre 36 milioni di euro delle Camere di Commercio lombarde, che, in collaborazione con i Confidi di tutti i comparti produttivi, fornisce alle imprese le garanzie necessarie per consentire di disporre della liquidità loro necessaria”. Come si inserisce dunque Basilea 2 in questo contesto? “Come riferito dal governatore Draghi – spiega Bettoni -, probabilmente alcuni parametri previsti dalla normativa dovranno essere riconsiderati, in presenza di una situazione di carattere straordinario. D’altra parte, si è sempre segnalato che un sistema di valutazione creditizia legato ad automatismi e a sistemi di rating troppo vincolanti avrebbe potuto costituire un problema per il tessuto imprenditoriale italiano, composto prevalentemente da piccole e medie imprese, con seri rischi di restringere le possibilità di ottenere credito e, soprattutto, di pagarlo troppo caro. Con ciò non si nega che siano necessari sistemi di controllo e valutazione precisi e trasparenti, che obbligano anche le imprese ad essere più chiare e trasparenti. Piuttosto, ciò significa che, in presenza di un’emergenza, si deve fare di tutto affinché siano rimossi vincoli e obblighi non necessari e limitanti delle capacità delle imprese di rispondere alla sfida della crisi”. Quando domandiamo quali previsioni azzardare per l’anno venturo, Bettoni risponde: “E’ inutile nasconderlo: il 2009 ci preoccupa e le prospettive non sono buone. Credo tuttavia che se ciascuno (istituzioni pubbliche, banche, imprese) farà il proprio dovere e se verranno messe in campo tutte le risorse che il sistema Italia è in grado di mobilitare, si potrà uscire positivamente da questa situazione”.

Dal punto di vista delle banche Renato Maino è responsabile delle policy di governo del rischio del Gruppo Intesa San Paolo, uno dei primi istituti di credito ad aver adottato, già dall’inizio degli anni 2000, la procedura dei rating interni. “Già allora - spiega Maino - la banca, in quelle che sarebbero divenute le due successive componenti, Intesa e Sanpaolo IMI, ragionava in termini di Basilea 2. Dopo un primo momento di adattamento, l’introduzione della nuova normativa ha trovato buona accoglienza. Posso dire che, per i 3/4 delle imprese con cui ho avuto contatto, Basilea 2 rappresenta un miglioramento nelle condizioni di credito e nel rapporto banca-impresa; per il restante quarto un peggioramento. Stime confermate da una ricerca realizzata di recente dalla Camera di Commercio di Torino, secondo cui il 90% delle imprese sarebbe d’accordo con l’introduzione della valutazione quantitativa. Ciò che gli imprenditori avvertono è piuttosto una carenza di informazione e di giusta assistenza da parte del sistema dei servizi alle imprese”. Cosa deve fare dunque un’impresa che voglia chiedere un prestito alla banca? “È errato pensare che ci siano regole più restrittive - risponde Maino -. È ovvio, però, che le imprese con una qualità creditizia precaria troveranno una liquidità più razionata. Ma si tratta di casi particolari, come ad esempio le imprese nate da spin off forzati o imprese competitivamente deboli, che traggono la loro forza dal basso costo del lavoro e sono più esposte alla fase congiunturale negativa. Man mano che l’impresa migliora le proprie qualità, la banca sarà disposta a riconoscere condizioni più convenienti. Altro merito della normativa è l’accettazione delle garanzie come mitigazione del requisito patrimoniale, elemento assente in Basilea 1. Quindi, soprattutto per le imprese più deboli, le garanzie valgono di più, sono un supporto per correggere gli svantaggi competitivi. Con Basilea 2, lo stesso lavoro commerciale è una garanzia. Pertanto, l’impresa deve prima di tutto individuare le proprie potenzialità e poi far forza su di esse nel rapporto con i finanziatori bancari”. Ma proprio questa è la nota dolente: ci sarebbe ancora molto lavoro da fare dal punto di vista della cultura che ruota intorno al nuovo rapporto banca-impresa. “Di fronte all’innovazione apportata da Basilea 2 - conclude Maino, - non c’è ancora un rinnovamento delle idee da parte dei servizi all’impresa o dei consulenti, che dovrebbero supportare e consigliare le imprese. Vi è in particolare una tendenza a servizi molto parcellizzati (fiscali e tributari, di accesso “spot” ad agevolazioni e contributi, e così via), sovente senza una visione strategica d’insieme. La necessità impellente oggi è proprio quella di superare questa resistenza culturale, anche per sostenere il salto di qualità delle imprese che sta avvenendo comunque, purtroppo in solitudine”. www.group.intesasanpaolo.com

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“reale” Crisi fi nanziaria e modelli bancari: c’è una filosofia di banca che esce sconfitta dal crollo Oltreoceano? Questo e molto altro abbiamo chiesto al vice direttore generale e responsabile “Strategia e Controllo” del gruppo Ubi, Rossella Leidi

La crisi finanziaria vista dalla prospettiva delle banche. Un’analisi sulla situazione e una valutazione su un certo tipo di fare finanza che esce a testa bassa (e con le ossa rotte) dal palcoscenico internazionale. L’atteggiamento eccessivamente speculativo di certe operazioni finanziarie, slegate dall’impatto sull’economia reale devono essere sempre più scoraggiati: lo pensano in molti e lo ritiene corretto anche Rossella Leidi, vice direttore generale e responsabile della macro area Strategia e Controllo di Ubi Banca. Abbiamo recentemente assistito al convegno organizzato dall’associazione “Amici di Ubi Banca” sul tema “Crisi finanziaria e modelli bancari”. Il vostro gruppo come si sta approcciando operativamente a questa situazione così complessa? Il gruppo UBI Banca si è sempre distinto per la prudente gestione della sua attività, cercando di salvaguardare gli interessi dei suoi numerosi stakeholder ed in linea con la sua natura “popolare”. La situazione di crisi ha fatto emergere la qualità del gruppo, sostanzialmente estraneo agli eventi che hanno segnato l’evoluzione della situazione (subprime, monoline, derivati, Lehman). La crisi ha peraltro portato all’ulteriore rafforzamento di al26

cuni presidi (liquidità, rischi di credito e finanziari, ecc.. ) e alla decisione di focalizzare ulteriormente l’operatività con la clientela sulla mission tradizionale di sostegno al territorio. Alcune banche Oltreoceano hanno chiuso i battenti e anche in Italia alcune realtà stanno soffrendo. Qual è lo stato di salute del gruppo Ubi? Il gruppo parte da una situazione di comprovata solidità. Grazie all’adeguata patrimonializzazione, alla sostanziale assenza di asset pericolosi, alla cauta gestione della liquidità, alle politiche commerciali non aggressive rivolte ad una base di clientela prevalentemente Retail e fidelizzata, e alla presenza di un robusto impianto di controlli, il Gruppo è ben posizionato per aff rontare le difficoltà del 2009. Possiamo comunque ritenere che c’è un modello di banca e di approccio alla finanza che escono sconfitti da questa crisi? Ritengo che debba essere ripensato soprattutto un certo approccio alla finanza; è necessario che vengano scoraggiati taluni approcci puramente finanziari e del tutto distaccati dal possibile impatto sull’economia reale. Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, con un impianto regola-

mentare condiviso ed omogeneo a livello internazionale, adeguato ad un sistema finanziario sempre più sofisticato; non dimentichiamo che le crisi hanno ormai il potenziale di diventare globali come peraltro si sta verificando attualmente, ed è quindi necessario lo sforzo congiunto delle Autorità di Vigilanza e dei Governi per porre rimedio alla situazione e per cercare di evitare che situazioni analoghe si ripetano in futuro. Si parla sempre più spesso di credit crunch e la contrazione del credito alle imprese è palpabile. Qual è la posizione di Ubi? Il gruppo ha agito nel 2008, fronteggiando la crisi finanziaria con una ancor più elevata focalizzazione, nella sua quotidiana attività di intermediazione creditizia, sulla clientela “core”, vale a dire sulle famiglie e le medie-piccole imprese, che intende sostenere in questa fase difficile della congiuntura. Il gruppo ha posto in atto iniziative nuove, recentemente annunciate, quali lo stanziamento di 500 milioni a sostegno delle esigenze di liquidità e di gestione corrente delle imprese lombarde e il progetto “Sostegno e Sviluppo”, volto a sostenere ed incentivare la realizzazione di investimenti per accrescere la competitività delle nostre aziende.


Banche e Impresa

Non dimentichiamo che le crisi hanno ormai il potenziale di diventare globali come peraltro si sta verificando attualmente, ed è quindi necessario lo sforzo congiunto delle Autorità di Vigilanza e dei Governi per porre rimedio alla situazione e per cercare di evitare che situazioni analoghe si ripetano in futuro Nell’ottica di una diminuzione del rischio, finanziare le idee e i progetti sarà sempre più difficile? Se la situazione di carenza di liquidità sui mercati prosegue, bisognerà avere particolare cautela nella valutazione di tali idee e progetti, per cercare di indirizzare capitale verso quelle iniziative che effettivamente meritano credito e supporto in questa difficile congiuntura economica. Anche in riferimento a Basilea 2, ricordiamo sinteticamente quali sono i principali fattori di valutazione per l’accesso al credito da parte di un’azienda... Innanzitutto vi è una valutazione economico/finanziaria dell’azienda basata sui documenti contabili della stessa, cui si affianca un’indagine sulla relazione dell’azienda con il sistema bancario nel suo complesso e quindi sulla presenza di eventuali pregiudizievoli con altri istituti di credito.

La valutazione quantitativa dell’azienda e del soggetto economico è accompagnata da una valutazione qualitativa, che viene condotta mediante un’indagine cognitiva che mira ad approfondire sia la conoscenza della struttura della società e del suo posizionamento nel settore in cui opera, sia a conoscere i progetti futuri dell’azienda e quindi a comprendere i piani di investimento ed i fabbisogni finanziari cui l’azienda andrà incontro. La combinazione di analisi quantitativa e qualitativa consente alla Banca di attribuire un rating all’azienda. Cosa può fare un’azienda che vuole capire di più di questa crisi in riferimento al rapporto con la propria banca? Ritengo che il primo punto di riferimento possa senz’altro essere il gestore incaricato. In UBI ogni impresa è assegnata ad un gestore responsabile della relazione, che rimane a disposizione per qualsiasi esigenza, anche informativa, che possa presentare il cliente. Sì parla di onda lunga della crisi che si affaccerà sull’Europa ancora più pesantemente nei prossimi mesi. Dal vostro osservatorio privilegiato, quali sono le sue previsioni per il 2009? Siamo in uno scenario che presenta ancora parecchie incertezze, e che ancora non fornisce chiare indicazioni di ritorno verso una situazione più stabile. Ritengo che sia ancora presto per formulare previsioni, e che molto dipenderà dall’efficacia dell’intervento dei governi a supporto dell’economia reale e dalla tempistica di riattivazione dei mercati finanziari a medio-lungo termine. | Non c’è nulla di nuovo in borsa. Non ci può essere perchè la speculazione è vecchia come le colline. Ciò che accade nel mercato oggi è accaduto prima ed accadrà ancora. Jesse Livermore www.ubibanca.it

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Aumenta il numero dei dirigenti italiani all’estero, soprattutto per guidare progetti di sviluppo internazionale e gestire filiali decentralizzate in particolare in India, Cina, Russia, Brasile e Polonia. Le figure più richieste: general manager e direttori di stabilimento under 38 testi di Laura Di Teodoro

Cresce il numero di manager italiani nel mondo. A dirlo è un rapporto realizzato da Promelec International, società specializzata nella ricerca di profili executive che ha fornito, attraverso una sua ricerca interna, una rilettura dei dati relativi alla mobilità dei manager nostrani fuori dai confini nazionali. Dati alla mano si scopre che negli ultimi tre anni il numero di italiani richiamati dall’esperienza all’estero per guidare progetti di sviluppo internazionale, gestire joint venture e avere la responsabilità di filiali decentralizzate, è cresciuto del 90 per cento, soprattutto in India, Cina, Russia, Brasile e Polonia. La tendenza in atto è in costante crescita. Le figure più richieste risultano essere general manager (42%) e direttori di stabilimento (25%) compresi in una fascia di età giovane che va dai 30 ai 38 anni. Questi dati rappresentano un netto cambiamento con il passato: sino a qualche anno fa, infatti, il numero degli italiani all`estero era particolarmente limitato. Ciò non era sicuramente dovuto ad una scarsa considerazione degli executive italiani, quanto piuttosto all`estraneità`dei manager e delle imprese ad una cultura della mobilità. “Se nel 2003 solo il 3% degli incarichi condotti dalla nostra società riguardavano posizioni manageriali all’estero - dichiara Ettore Graziadei, Managing Partner di Promelec International -. nel 2007 questa quota è salita al 13% e prevediamo che sia destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni“. Nell`80% dei casi il profilo ricercato è quello di un manager di nazionalità italiana, ma di cultura internazionale, disponibile a trasferirsi per 28


ProfessionalitĂ

Il manager? Meglio se Made in Italy 29


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un periodo minimo di quattro anni all’estero, oppure che sia già residente nel Paese di interesse e desideroso di prolungare la sua permanenza. A prova del valore dei manager italiani all’estero, Ettore Graziadei cita i pionieri di questa tendenza. Nomi di spicco

Enrico Noseda: “I giovani devono provare l’esperienza all’estero” Enrico Noseda, Direttore Business Development Skype Worldwide, laureato in economia, ha iniziato la sua carriera nel 1993 e fin da subito ha lavorato in multinazionali quali Henkel e Chicco Artsana. La sua avventura all’estero è cominciata solo recentemente, da poco meno di due anni: “Ho sempre avuto un grande interesse per le culture differenti dalla nostra. L’idea di fare qualche anno di esperienza in un paese diverso c’è sempre stata fin dai tempi dell’università. Oggi come oggi consiglio vivamente ai giovani di aprirsi al mondo esterno, approfittare di ogni occasione per fare esperienze sul campo, meglio ancora se internazionali”. Il motivo? In primis perché l’approccio con il mondo del lavoro è diverso: “In altri Paesi si lascia il nido familiare dopo il liceo per fare le prime esperienze lavorative con cui pagare gli studi; anche l’età di laurea è anticipata, di conseguenza a 25-26 anni, quando in Italia si arriva quasi vergini al mondo del lavoro, in altri Paesi si trovano persone mature con competenze manageriali che da noi ci sogniamo”. Una cultura a cui spesso si associa una preparazione diversa: “Ritengo che l’università italiana offra una buona base teorica ma sia molto carente per quanto riguarda il fornire una conoscenza reale del mondo professionale. Si entra in azienda da neo-laureati spesso senza aver la più vaga idea di come concretamente funzioni un’impresa”. L’esperienza all’estero ha portato Noseda verso nuove competenze, come lui stesso afferma: conoscenza dei mercati di riferimento, un approccio di management strutturato; capacità di adattamento. “Un buon manager deve avere tre qualità principali: Business Ethics, flessibilità, apertura mentale, capacità di ascolto e orientamento al risultato”.

nello scenario imprenditoriale che, con il loro operato, hanno accreditato la fama del nostro lavoro manageriale: “Renato Ruggero, Direttore Generale WTO dal 1995 al 1999, e Paolo Fresco (General Electric) a Elio Catania e Lucio Stanca (IBM), Mario Draghi

Francesco Leone: “Bisogna saper immergersi nella nuova cultura” Dall’Italia agli Stati Uniti, passando per Svizzera, Austria e Germania. La carriera di Francesco Leone, attualmente manager nel settore marketing alla “Mavens & Moguls”, in Atlanta, Georgia, ha toccato, in oltre 25 anni, culture e modi di lavorare diversi. “Se uno è capace ed è disposto a spostarsi frequentemente in posti diversi non ci sono difficoltà a fare carriera all’estero – spiega Leone -. L’importante è avere una certa apertura mentale e accettare che probabilmente non si ritornerà in Italia per molto tempo. Chi vuole fare carriera all’estero deve riuscire a mantenere il proprio bagaglio di conoscenze tenendolo parcheggiato per i primi tempi. Bisogna essere in grado di immergersi nella cultura del nuovo paese. Regola fondamentale: mai cercare di imporsi ed imporre il proprio modello mentale”. Se negli ultimi anni la presenza di manager italiani all’estero è cresciuta, i motivi, secondo Leone sono principalmente due, economico e culturale: “Con l’avvento del mercato unico molte multinazionali hanno spostato i loro centri strategici in città come Londra e Ginevra e quindi diventa sempre più difficile pensare ad una carriera aziendale esclusivamente in Italia. Il secondo fattore è invece di tipo culturale: le nuove generazioni crescono con i vari progetti di studio all’estero e altre iniziative che li portano a periodi di permanenza oltre confine. Ed è proprio dalla preparazione e formazione che si creano e pongono le basi per la carriera futura. Ma è proprio vero che le università straniere vincono il confronto con quelle italiane? Secondo Leone, ci sono degli spiragli: “Nelle mie esperienze americane ho avuto modo di lavorare o intervistare/assumere laureati di molti programmi MBA Americani. È innegabile che un gran numero di università USA abbiano molte più risorse dei nostri atenei, soprattutto nel campo delle nuove tecnologie. È anche vero, comunque, che chi si laurea in Italia in una università statale con votazione alta, nei tempi giusti e con attività extra curriculum, esce dall’università con molta più autosufficienza e determinazione rispetto ad uno studente di una tipica università americana che è seguito costantemente. Inoltre credo che la preparazione teorica e di base delle università italiane in discipline come statistica, economia, matematica sia superiore. Le università americane offrono due vantaggi competitivi per chi, in particolare, vuole fare una carriera in una multinazionale: networking e linguaggio, inteso come lingua del business e corporate americana”. Nel corso della sua esperienza Francesco Leone si è aperto a realtà nuove, superando ostacoli e problematiche dettate da culture diverse: “Tra i Paesi in cui ho lavorato, la Germania è stato quello più difficile ma anche il mercato dove ho imparato di più. Si tratta di un ambiente particolarmente competitivo, dove il retail ha un potere enorme ed il mercato è molto regolamentato. Inoltre è anche una sfida dal punto di vista manageriale perché la mentalità tedesca è l’opposto della nostra, quindi, bisogna imparare ad adattarsi ma anche a mantenere e sfruttare i nostri vantaggi”.

Luca Penati: “Noi più poliedrici e creativi” Non è sempre il lavoro la principale motivazione che guida manager e imprenditori verso rotte lontane. Luca Penati, Managing Director Global Technology Practice, ha iniziato la sua carriera all’estero per caso, come lui stesso racconta: “Mi sono innamorato di una ragazza messicana, ho lasciato i miei genitori, i miei amici, il mio lavoro, il mio Paese e sono andato a vivere a Città del Messico. Avevo 35 anni. Non c’era tempo di vedere se le cose funzionavano a lunga distanza. Pochi mesi dopo ad entrambi è stato offerto un fantastico lavoro in California”. Penati ha lavorato a Milano per 13 anni. Qui ha imparato gli aspetti specifici del mondo della comunicazione, ma soprattutto “l’importanza di lavorare bene con gli altri”. La comunicazione, spiega il manager “non è un lavoro da “solisti”, è un lavoro da orchestra. In Italia ho imparato a suonare un po’ tutti gli strumenti. Poi quando sono arrivato in America, una volta capita la musica, mi sono messo a fare il direttore d’orchestra. Con umiltà, sapendo che senza “fiati” e “violini” non vai molto lontano”. Ma non sono solo gli italiani a trovare più spazio all’estero. Lo stesso Penati lavora quotidianamente con inglesi, indiani, cinesi e filippini, e non solo: “Tutte le domeniche gioco a calcio con persone provenienti da tutti i 5 continenti. Il mondo diventa ogni giorno più piatto e tutti noi facciamo parte di una “global workforce”, dove quello che conta è l’esperienza che hai, non da dove vieni. Se vogliamo competere come Paese a livello globale, dobbiamo capire le nuove regole del gioco. Dobbiamo imparare ad essere più agili, più flessibili e aperti”.Nel settore della comunicazione, secondo Penati, l’italiano può offrire principalmente tre “skills”: un’esperienza poliedrica, una creatività differente e una prospettiva unica. “In Italia c’è meno specializzazione. Hai più possibilità di lavorare su più progetti, essere esposto a diverse esperienze che ti arricchiscono come professionista in tempi molto più brevi. Oltre a questo, penso che noi italiani abbiamo una grande creatività che ci consente di avere un’indiscutibile capacità di adattamento. Inoltre abbiamo una prospettiva del mondo unica, tutta nostra, un po’ europea, un po’ latina. E gli americani con cui ho lavorato, l’hanno sempre apprezzata”. Di contro, soprattutto in America, il mondo delle relazioni pubbliche e dei media risulta essere molto più valorizzato, per non parlare della tecnologia: “Lavoro in Silicon Valley. Qui tutti parlano del futuro, di nuove tecnologie, di come cambieranno il mondo. Ogni giorno nasce un nuovo Davide per mettere in crisi il vecchio Golia. E in 10 anni o meno, quello stesso Davide, sarà il nuovo Golia. Vai in riunioni dove ti presentano i nuovi prodotti che in pochi mesi invaderanno le case o gli uffici di milioni di persone. È quest’aria di novità, di avventura, questo costante senso che tutto è effimero e che può cambiare in ogni momento, a cui sei esposto continuamente. Poi c’è l’aspetto della comunicazione. Qui negli USA le relazioni pubbliche sono molto valorizzate, meglio capite che in Italia. Infine, c’è il mondo dei media. Mondo che negli ultimi anni, è stato totalmente sconvolto dalle nuove tecnologie. E non solo, anche i media tradizionali si stanno trasformando velocemente. Qui vedo in anticipo quello che succederà in Italia, magari fra 12-18 mesi. Il livello di complessità e la velocità in cui tutto questo succede è pazzesco”.


Professionalità (Goldman Sachs), Paolo Scaroni (Saint-Gobain) e Angela Paciello (Henkel), tutti tornati in patria dopo aver occupato posizioni di assoluto prestigio ai piani alti di grandi istituti finanziari e multinazionali. Ettore Graziadei conclude affermando che la chiave di lettura di questo trend è da individuarsi non solo nella preparazione dei manager, ma principalmente nella volontà delle aziende nostrane di mantenere la propria italianità all`estero come tratto distintivo e qualificante del proprio business: “Il requisito della nazionalità italiana nasce da motivazioni di ordine culturale più che da un riconoscimento di maggiori competenze e capacità. Quando le aziende varano progetti di investimento e start-up all’estero, si sentono rassicurate nel sapere che chi gestisce i loro interessi è

una persona con cui condividono lingua, cultura e approccio al business, con cui è facile stabilire un rapporto fiduciario e che porta avanti quel bagaglio di competenze e “saper fare” spesso nate all’ombra dei nostri campanili”. | La conoscenza si acquisisce leggendo i libri; ma quello che è veramente necessario imparare, la conoscenza del mondo, si può acquisire soltanto leggendo gli uomini e studiando tutte le diverse edizioni. Lord Chesterfield B&G n.2 – Ciao Italia, i giovani che scelgono l’estero – p.76

www.promelec.it

Le opportunità della Globalizzazione Globalizzazione sinonimo di opportunità e crescita. E quindi ben venga l’aumento di manager “nostrani” oltre confine. A dirlo è Alberto Grando, direttore della SDA Bocconi e professore ordinario di Economia e gestione delle imprese.

Quali sono i Paesi verso cui viaggiano gli italiani? Se fino a qualche anno fa si andava negli Stati Uniti, oggi le preferenze e gli interessi si sono spostati verso la Cina, India ed Est Europa.

Quali sono, secondo lei, i motivi che guidano un manager italiano verso nuove frontiere? Fino a pochi anni fa i nostri manager erano molto “domestici”, facevano una carriera in verticale, tra le quattro mura del proprio Paese. Oggi invece, di fronte al colosso della globalizzazione molti decidono di viaggiare verso nuove opportunità. Non solo, molte aziende italiane hanno costruito rapporti con l’estero, creando opportunità per i propri manager. Stiamo colmando un vuoto che ci vedeva, fino a pochi anni fa, tra le retrovie nella corsa alla globalizzazione. I manager del futuro sono i giovani che hanno frequentato programmi di studio all’estero e non vogliono limitarsi ai confini nazionali.

Qual è il valore aggiunto che un manager italiano può portare in un contesto internazionale? Gli italiani hanno molti punti di forza. Prima di tutto partono da una preparazione generalmente robusta che il nostro sistema universitario è in grado di fornire. C’è inoltre una certa flessibilità innata che consente di superare i momenti difficili, per non parlare della creatività italiana che ci viene riconosciuta in tutto il mondo in diversi settori, dalla moda, al design. Gli italiani inoltre hanno sempre dimostrato una buona capacità di adattamento in contesti che non conoscono.

Come giudica questa presenza di massa dei nostri manager all’estero? La numerosa presenza di italiani all’estero diventa un’opportunità e addirittura una ricchezza solo se l’Italia, di contro, riesce a mantenere alta la capacità attrattiva verso figure professionali straniere. Sono comunque convinto che chi decide di affrontare un’esperienza oltre confine prima o poi decida di rientrare, in linea con una logica per cui la mobilità è diventata molto più fluida e dinamica. Vedrei con ottimismo questo fenomeno, per molti la globalizzazione è un’opportunità di crescita.

Quale percorso deve intraprendere un manager per fare carriera? Un manager che vuole fare carriera deve prima di tutto avere delle competenze di base. Seguono una certa apertura, capacità di uscire dal proprio contesto quotidiano per mettersi in una posizione di apprendimento. È necessario inoltre avere un certo orientamento al risultato: le aziende apprezzano chi ha la capacità di lavorare in gruppo, affrontando situazioni complesse. Inoltre nel tempo deve emergere la capacità di leader. La cosa più importante penso sia la consapevolezza di certi valori etici che devono essere radicati nei comportamenti e atteggiamenti.

Nello scenario mondiale, oggi come oggi, qual è il Paese che può offrire maggiori possibilità di crescita? Fino a pochi anni fa molti manager all’estero lavoravano nel settore della consulenza e nel settore finanziario. Oggi si sono moltiplicate le opportunità e si sono aperti nuovi canali quali l’operation, la logistica, il Supply Chain Management o le vendite. Per stimolare imprese e imprenditori a compiere il grande passo, come sta intervenendo il sistema formativo? Alcune istituzioni che hanno una posizione importante ed eccellente nello scenario mondiale si muovono alla pari degli Stati Uniti, vedi l’esempio della Bocconi: abbiamo il 50% di Master sul mercato internazionale, con il 65% di stranieri provenienti da 50 Paesi diversi. All’esperienza formativa va affiancata una continua interazione con le imprese, utilizzando la tecnologia, il contatto diretto con le aziende, interagendo con la Business Community, in modo da accrescere le competenze non solo tecniche ma soprattutto quelle legate alla leadership, alla capacità di lavorare in gruppo, senza dimenticare mai l’aspetto dell’etica naturalmente. 31


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L’innovazione

polso

a portata di

Un’innovazione “a portata di polso” costruita grazie alla perfetta sintesi tra l’alta tecnologia finlandese e la creatività ed estetica italiana. Polar Electro, leader mondiale nella produzione e commercializzazione di cardiofrequenzimetri (Heart Rate Monitors) e strumenti per il monitoraggio e la valutazione della frequenza cardiaca, dal 2002 è presente anche in Italia, dove si stima che circa un milione di sportivi, professionisti e appassionati, indossino i “computer da polso” dell’azienda nata in Finlandia nel 1977. Attualmente Polar Electro Italia SpA conta su un organico di 15 persone, una rete di vendita composta da 18 agenti monomandatari e una rete di distribuzione di 1200 punti vendita. Il fatturato registrato nel 2007 ammonta a circa 8 milioni di euro e per il 2008 le prospettive sembrano essere ottime nonostante la crisi. “Ogni anno i nostri clienti aumentano del 15%. – spiega l’amministratore delegato Gian Paolo Facchini – I prodotti Polar vengono utilizzati da runners, ciclisti, frequentatori di palestre, appassionati di ogni pratica sportiva. Più che cardiofrequenzimetri mi piace chiamarli computer da polso perchè il cardio oggi è solo una delle tante funzioni a cui vanno ad aggiungersi tutta una serie di informazioni che permettono all’atleta di tenersi in32


Grandi imprese

Almeno un milione di sportivi italiani utilizza i cardiofrequenzimetri di Polar, multinazionale nata in Finlandia nel 1977, presente anche in Italia con una rete distributiva di 1200 punti vendita e fornitore ufďŹ ciale anche di Juventus, Inter e Milan. L’azienda punta su innovazione, creativitĂ ed estetica: le previsioni di fatturato 2008 sono in crescita, in controtendenza rispetto alla crisi testi di Laura Di Teodoro

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fomato e monitorato sulle sue condizioni fisiche e le caratteristiche dell’ambiente in cui si muove”. Dai modelli base (F4, F6), a prezzo contenuto, a quelli più elaborati (CS600 Power e RS800), il filo conduttore resta l’alta tecnologia unita alla semplicità nell’utilizzo del singolo prodotto. Per i professionisti, ad esempio, grazie alla funzione wireless, è possibile memorizzare ciascuna seduta di allenamento e scaricare i dati (velocità media, frequenza, dislivello e distanza) sul proprio computer. Le novità tecnologiche e innovative vengono pensate e create in Finlandia, sede del reparto di Ricerca e Sviluppo. “Qui lavorano circa 120 ricercatori arrivati dallo stesso reparto in Nokia – spiega Facchini -. Inoltre Polar collabora da anni con importanti centri di ricerca e università specializzate. Il centro di ricerca si avvale della collaborazione dei più autorevoli esperti nel campo della fisiologia, medicina sportiva e della ricerca scientifica, in tutto il mondo, dall’America all’Australia”. Sul piano dell’innovazione viene collocato uno tra gli ultimi modelli nati in casa Polar, l’RS800CX con funzione “Route Tracking”, che permette agli atleti di rivedere i propri allenamenti su Google Earth, monitorando chilometri percorsi, la velocità e la propria frequenza cardiaca. Il modello infatti è dotato della funziona Route Tracking che, abbinato al sensore GPS G3, consente di visualizzare il tracciato svolto. Sul percorso intrapreso da Polar l’aria della crisi sembra essere ancora lontana, al contrario ogni anno si registrano aumenti e 34

Le novità tecnologiche e innovative vengono pensate e create in Finlandia, nel reparto di Ricerca e Sviluppo dove lavorano circa 120 ricercatori arrivati da Nokia. Inoltre Polar collabora da anni con importanti centri di ricerca e università specializzate in tutto il mondo con la collaborazione dei più autorevoli esperti nel campo della fisiologia, medicina sportiva e ricerca scientifica le prospettive sono più che buone: “La scorsa estate, soprattutto ad agosto, molte persone non sono andate in vacanza preferendo restare a casa e tenere mano al portafoglio. Di contro noi abbiamo registrato un aumento di vendite dei nostri prodotti, segno che la gente non rinuncia all’attività sportiva e a mantenersi in forma”. Dato e fenomeno che vengono confermati da una ricerca recente che ha rilevato l’incremento del 15% del giro d’affari legato all’“industria del benessere”: nel solo 2007 infatti gli italiani avrebbero speso, tra massaggi, centri Spa e beauty farm, circa 16 miliardi di euro. Una buona parte della “clientela” Polar è rappresentata da professionisti, dal ciclismo al calcio: “Siamo sponsor tecnici di molte squadre del ciclismo e di eventi quali il Giro


Grandi imprese

d’Italia. Inoltre siamo fornitori di squadre di calcio di serie A come Milan, Juventus e Inter. Siamo stati contattati anche dalla Ferrari ai tempi di Schumacher e Barrichello perché volevano uno strumento che fosse in grado di monitorare e analizzare le loro prestazioni durante le gare”. Parte del successo di Polar è legato a doppio fi lo alla creatività e all’estetica portati dal mercato italiano e dall’esperienza di Facchini, cresciuto nell’area commerciale e marketing di importanti aziende del settore moda e accessori per lo sport e il tempo libero; è stato infatti chief operative officier di Sector Group e direttore di Divisione in Invicta e business unit manager di Chronostar: “La mia esperienza nel settore del lusso mi è servita molto, consentendomi di portare quel tocco estetico e design che contraddistingue i nostri prodotti. Non solo, a tutto questo aggiungo anche la mia passione per la corsa e la mountain bike che da sempre mi hanno permesso di capire le aspettative dei clienti, le soddisfazioni e aspettative legate al prodotto”.

Dalla Finlandia al mondo intero Fondata nel 1977, Polar Electro Ltd, è il principale marchio nella promozione della salute fisica e del benessere. Fin dal lancio del primo cardiofrequenzimetro per i professionisti dello sport e per gli atleti nel 1982, l’azienda è leader nel campo dell’innovazione, dello sviluppo, della produzione e nel marketing degli strumenti sportivi e dei cardiofrequenzimetri. A tutti i soggetti impegnati nel raggiungimento di obiettivi legati alla pratica sportiva ed al benessere fisico, Polar offre soluzioni “personali”, mirate al raggiungimento dei propri obiettivi individuali ed al miglioramento della forma fisica. Con sede principale nei pressi di Oulu, Finlandia, Polar opera a livello internazionale in più di 80 paesi, impiegando oltre 1200 persone. Nel 2002 viene fondata Polar Electro Italia SpA, che conta attualmente su un organico di 15 persone, una rete di vendita composta da 18 agenti monomandatari e una rete di distribuzione di 1200 punti vendita, distribuiti tra negozi di articoli sportivi e specializzati per il ciclismo. L’attività di Polar Italia rispecchia perfettamente l’impegno della Società

Il prossimo anno vedrà un’ulteriore novità: “Oltre alle produzioni da polso stiamo inserendo dei prodotti, anche in ottica B2b, da collocare all’interno delle palestre, quali strumenti di supporto al personal trainer in grado di preparare programmi di allenamento personalizzati, partendo dall’esatta età biologica e dai valori della persona”. |

nel rivolgersi a tutti i soggetti impegnati nel raggiungimento di obiettivi legati alla pratica sportiva ed al benessere fisico, fornendo soluzioni “personali”, mirate al raggiungimento dei propri obiettivi individuali e al miglioramento della forma fisica.

Ho odiato ogni minuto di allenamento, ma mi dicevo ‘Non rinunciare. Soffri ora e vivi il resto della vita come un campione!” Muhammad Ali www.polaritalia.it

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La svolta digitale Apparati tv l’evoluzione di Screen Service

L’azienda bresciana leader nella realizzazione di apparati di trasmissione tv digitali e analogici. Prima al mondo a commercializzare un dispositivo che trasmette il DVB-T2, il digitale terreste di nuova generazione. E l’impresa sbarca anche in Brasile testo di Desirèe Cividini

È un mercato in continua evoluzione quello delle telecomunicazioni. Le emittenti televisive devono necessariamente dotare le proprie reti delle tecnologie più avanzate, tenuto conto che alta definizione e interattività sono solo alcuni dei punti attorno ai quali il settore nei prossimi anni svilupperà le proprie potenzialità. Innovazione e capacità di stare al passo con i tempi, non a caso, sono due capisaldi per Screen Service, azienda bresciana che negli anni è riuscita ad affermarsi come leader nella produzione di apparati per la radiodiffusione televisiva. Da ormai dieci anni l’azienda progetta, produce e commercializza, sia in Italia che all’estero, apparati per la trasmissione e l’elaborazione di segnali televisivi analogici e digitali. Lo fa in un momento particolare, segnato dal passaggio al digitale terrestre che, inevitabilmente, coinvolge le imprese che operano nel settore in un continuo processo di innovazione, come spiega Luca Saleri, amministratore delegato dell’azienda bresciana. “Questo processo - rivela - determina una maggiore attenzione, da parte di aziende come la nostra, nel garantire alla clientela il supporto e la consulenza necessari. Soprattutto oggi, con le operazioni in atto per il passaggio al digitale terrestre (DTT), i clienti 36

sentono molto di più la necessità di un partner che li accompagni nelle varie fasi di transizione, piuttosto che di un fornitore di tecnologia”. Una transizione che potrebbe farsi sempre più marcata se dovessero concretizzarsi gli obiettivi messi a fuoco da Paolo Romani, sottosegretario allo Sviluppo economico, che ha parlato dello spegnimento dell’analogico a favore del digitale prima del 2012: una prospettiva, per Luca Saleri, non solo reale ed attuabile, ma alla quale stanno già lavorando produttori, emittenti e società di servizi. “L’allargamento dell’offerta fornita dal DTT, sia in termini qualitativi che quantitativi, può solo fornire vantaggi per gli utenti televisivi - spiega Saleri - . Infatti, non solo aumenterà il numero dei programmi ricevibili dagli utenti, con qualità di ricezione migliore, ma l’intero panorama televisivo verrà ampliato con nuovi servizi, tra cui l’alta definizione, l’interattività e una serie di altri elementi innovativi che cambieranno le modalità di fruizione di un mezzo che fino ad oggi era solo passivo. In aggiunta, grazie alla televisione digitale mobile, gli utenti saranno in grado di accedere al mezzo televisivo anche al di fuori delle proprie abitazioni o dei propri uffici. Questo comporterà la modifica della tipologia di ero-


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gazione dei programmi e un’ ulteriore specializzazione delle reti”. In pratica una vera e propria rivoluzione che ha alla base un lungo lavoro di ricerca, vera chiave per affrontare la competizione nazionale: Screen Service, a questo proposito, è stata la prima azienda a livello mondiale a commercializzare il dispositivo in grado di trasmettere nel nuovo standard digitale DVB-T2, che rappresenterà la seconda generazione del digitale terrestre. “Screen Service, non a caso, è oggi la prima società al mondo in grado di mettere a disposizione dei principali broadcaster mondiali i nuovi apparati e avviarne così la sperimentazione - rileva l’amministratore delegato Luca Saleri -. Un’azienda delle nostre dimensioni deve necessariamente essere e rimanere all’avanguardia per garantirsi la visibilità nei confronti dei colossi internazionali con i quali si misura sul mercato. Screen Service ha oggi sul mercato un ruolo riconosciuto di partner strategico di riferimento nel settore della trasmissione televisiva digitale, che le consente di rispondere tempestivamente alle esigenze tecnologiche dei principali broadcaster italiani ed internazionali garantendo un prodotto altamente competitivo. Senza un adeguato e mirato investimento in ricerca e sviluppo questo non sarebbe possibile”. Ma l’Italia è solo il punto di partenza per l’azienda che recentemente è sbarcata anche in Brasile, dove ha acquisito la quota di maggioranza della Micro Rf. Un progetto che rientra nel più ampio piano di espansione messo in atto da Screen Service che prevede, come nel caso dell’azienda brasiliana ora ridenominata Screen Service do Brasil, la selezione di realtà con una localizzazione strategica e una capacità di crescita importante che permettano, grazie all’ampia gamma di prodotti offerti, una rapi-

Focus sull’azienda Da ormai vent’anni si occupa di produrre apparati per la trasmissione televisiva, facendo di ricerca e sperimentazione i suoi cavalli di battaglia. Oggi Screen Service, azienda bresciana estesa su un’area di settemila metri quadrati, è riuscita ad affermarsi come una delle maggiori imprese italiane del settore. L’esercizio 2007 si è chiuso evidenziando ricavi della produzione consolidati pari a 40,4 milioni di euro ( il 13,6% in più rispetto ai ricavi, pari a 35,6 milioni di euro relativi all’esercizio chiuso al 30 settembre 2006) e un utile netto dell’esercizio pari a euro 11,7 milioni, il 2,8% in più rispetto all’utile netto dell’esercizio 2006 pari a 11,4 milioni di euro. Attualmente Screen Service impiega ottanta dipendenti a livello di gruppo, di cui quarantotto nella sola SSBT. Numeri che parlano di una realtà solida, formata da personale tecnico, sistemistico e commerciale che deve essere costantemente in grado di rispondere alle esigenze del mercato, mantenendo un elevato standard qualitativo. Dalla produzione all’assistenza post – vendita, l’azienda, situata in uno dei maggiori poli industriali della Penisola, non solo mette a disposizione dei propri clienti una serie di programmi di formazione, in aula ed in laboratorio, ma anche un ampio magazzino di parti di ricambio pronte per la spedizione immediata, una documentazione tecnica dettagliata di semplice consultazione e una serie di soluzioni innovative per la gestione e la classificazione dei guasti nell’ottica dell’offerta di un servizio completo.

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Screen Service è stata la prima azienda a livello mondiale a commercializzare il dispositivo in grado di trasmettere nel nuovo standard digitale DVB-T2, che rappresenterà la seconda generazione del digitale terrestre. Screen Service ha oggi sul mercato un ruolo riconosciuto di partner strategico di riferimento nel settore della trasmissione televisiva digitale

da penetrazione dei mercati che necessitano di un rapido sviluppo. “Nello stesso tempo – spiega Saleri- stiamo lavorando per ampliare ulteriormente la nostra offerta in modo da poter aggiungere nuovi prodotti e servizi, che consentano ai nostri clienti di trovare un partner tecnologico a 360 gradi, permettendo loro di concentrarsi esclusivamente sulla creazione dei contenuti”. Ma la sfida per il futuro è ancora più ambiziosa, in quanto la digitalizzazione delle trasmissioni terrestri rappresenta solo il primo passo verso un modo diverso di fruire il servizio televisivo: “Il DTT, infatti - spiega Saleri-, non è solo aumento dei programmi, alta definizione, aumento della qualità video e audio, ma è l’inizio di una rivoluzione tecnologica che ci porterà a vedere il mezzo televisivo sotto una nuova veste. Non più mono-direzionale, ma interattiva e, soprattutto, gestita dal televisore, ovvero un elettrodomestico di facile e intuitiva fruizione da parte di tutta la popolazione, indipendentemente dalla predisposizione verso la tecnologia”. |

Nella pagina a fianco: Luca Saleri, amministratore delegato di Screen Service Sopra: il polo bresciano dell’azienda dove si producono apparati e trasmissioni tv digitali e analogici In un mondo così sensibile al successo economico, la creatività vince la sua battaglia con l’economia perché solo chi è capace di produrre continuamente innovazione nel proprio processo creativo può avere successo. Andrea Pininfarina

www.screen.it

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La formula vincente di

IMS Deltamatic Un’avventura cominciata venticinque anni fa in un garage di paese e arrivata oggi a toccare e conquistare i mercati più importanti del mondo. È la storia di IMS Deltamatic, azienda di Calcinate, in provincia di Bergamo, oggi tra le prime tre industrie al mondo nel campo dell’automotive interior e tra le prime cinque in quello del converting. Il suo fondatore, Raffaele Ghilardi, imprenditore di 54 anni, ha posato il primo mattone nel 1983, in un garage di Pedrengo, alla periferia di Bergamo, dove fabbricava materiale per gli interni delle automobili. Nell’arco di quattro anni il lavoro è cresciuto e l’attività si è ampliata fino a trasferirsi in un capannone dove Deltamatic si è specializzata nella realizzazione di linee di termoformatura per interni automobilistici. Oggi Deltamatic conta clienti in tutto il mondo, tre sedi in Italia e una in America e in soli 8 anni ha acquistato quattro aziende: la Ims nel 2000, le Officine Meccaniche del Maglio di Mandello del Lario nel 2004, la Kasper nel 2005 e la Rotomac nel 2008. “Produciamo macchine speciali - racconta

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il titolare, Raffaele Ghilardi – non avrei altro modo per definirle. Sono di qualità, c’è un’attenzione al particolare e ciascuna viene seguita in ogni sua fase”. Sull’onda di questa specialità “alla fine degli anni Novanta – prosegue Ghilardi - abbiamo fatto una riflessione: ci stavamo muovendo su un binario morto, era necessario trovare una nuova strada, diversificarsi, creare e sviluppare idee nuove e trovare clienti nuovi. Così abbiamo deciso di crescere per linee esterne cercando qualcuno, con basi solide, che avesse intenzione di vendere”. Nel 2000 è arrivata la prima grande occasione con l’acquisizione della IMS, operativa sin dal 1954 nel campo delle taglierine ribobinatrici; tutte le attività sono state spostate da Pedrengo a Calcinate. Così i due marchi si sono uniti ed è nata IMS Deltamatic. “Quattro anni più tardi, nel 2004, abbiamo acquisito la OMM di Mandello del Lario, azienda del 1945 specializzata nel campo delle taglierine ribobinatrici”. Con l’obiettivo di sbarcare in America, nel 2005, il gruppo si è allargato e ha acquistato


Storie di successo

Tra le prime tre aziende al mondo nel settore dell’automotive interior. Da un garage di periferia al palcoscenico mondiale: scelte lungimiranti e una serie di acquisizioni strategiche hanno trasformato l’azienda in una realtà leader di mercato a cura della redazione

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la società Kasper Machine Co., con sede a Madison Heights (Michigan – USA): “L’azienda era operativa dal 1942 nel campo della produzione di macchine utensili di precisione per l’industria automobilistica – prosegue Ghilardi -. Siamo riusciti a comprarla perché la proprietà era ormai vecchia e non c’era alcun cambio generazionale in atto o in previsione”. Nel settembre 2008 arriva la quarta acquisizione: la Rotomac di Milano aziende leader al mondo nella produzione di macchine per imballaggio, opera a livello internazionale sia nel settore del converting che in quello del packaging. La formula vincente che ha permesso a Deltamatic di crescere e raggiungere livelli di eccellenza, a detta del titolare, resta la mentalità, la grinta e un ottimo mix aziendale: “I nostri uffici, commerciale, tecnico/elettrico, meccanico, soft ware e amministrativo sono accentrati e operano su ogni azienda, riproponendo così la stessa formula ovunque, senza creare differenze o velocità operative differenti. Operiamo come fossimo un franchising, il modello resta sempre lo stesso ma opera su mercati e su fronti diversi”. Deltamatic conta due fondamentali divisioni: il Converting e l’Automotive. Il primo comprende progettazione e costruzione di macchine per la trasformazione di materiali in bobine (carta da sigarette, alluminio, carte speciali, film); il secondo invece opera nella progettazione e costruzione di linee di stampaggio

Nella pagina precedente: Tagliabobinatrice monoalbero ad avvolgimento assiale (T0-M) progettata per tagli stretti e per carte leggere come carta da sigarette, tipping, plug-wrap e simili. Sopra: l’esterno della IMS Deltamatic di Calcinate, Bergamo A lato: una tagliabobinatrice dell’azienda IMS Deltamatic

Creare è dare una forma al proprio destino. Albert Camus

www.imsdeltamatic.com

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La formula vincente che ha permesso a Deltamatic di crescere e raggiungere livelli di eccellenza, a detta del titolare, resta la mentalità, la grinta e un ottimo mix aziendale. Per il 2009 l’obiettivo resta quello di continuare a crescere e raggiungere un fatturato di 40 milioni di euro

e di termoformatura automatiche e semiautomatiche per l’industria degli interni automobilistici. “Investiamo circa il 6% dei nostri ricavi in ricerca e sviluppo – prosegue Ghilardi -. Della produzione totale, circa il 90% viene esportato in tutto il mondo, soprattutto in Europa e Cina ed Est Asiatico e in Paesi quali Mongolia, Pakistan e Iran”. Per il 2009 l’obiettivo, confermato dallo stesso presidente, resta quello di “continuare a crescere e raggiungere un fatturato di 40 milioni di euro”. |



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Il protagonista

La sfida dell’Energia per la competitività delle imprese

Energia. In tv, sui giornali, alla radio, nei cartelloni per strada: dalla pubblicità agli approfondimenti giornalistici, ai dibattiti e poi, seminari e convegni in tutta Italia. Tutti a parlare e scrivere di bollette, risparmio energetico, ecosostenibilità, nucleare, servizi business e consumer di nuova generazione. Mai come questo anno, in piena epoca di liberalizzazione, gli operatori del settore hanno dato squillo alle trombe e i media si sono interessati della questione energetica. Certo, le ragioni sono tante e si incrociano l’una con l’altra. Dall’esigenza di una maggiore consapevolezza da parte di privati e aziende sulle scelte che possono compiere alle questioni pressanti legate all’ambiente, compresi gli adempimenti normativi; dal carobolletta che intacca la competitività dell’imprese e salassa i cittadini fino alla famigerata crisi che si ripercuote ovviamente anche sul fronte energia. In questa prospettiva, abbiamo chiesto a Stefano Colombo, vice presidente di Atel Energia, multinazionale svizzera, che sta sempre più emergendo anche nel mercato italiano, di offrirci una panoramica del settore, spiegarci quali opportunità il mercato di oggi offre alle imprese e guardare all’orizzonte per capire quale sarà il futuro dell’energia nel nostro Paese. In un momento così delicato per l’economia, la questione energia diventa ancora più determinante. Oggi l’Italia ha una delle bollette più care d’Europa e questo finisce per incidere anche sulla competitività delle imprese. Cosa può fare un’azienda che vuole ottimizzare meglio il costo energetico? Il primo elemento che un’impresa deve considerare per ottimizzare i costi legati all’energia è indiscutibilmente legato all’ottimizzazione dei propri consumi. Ciò significa che per ottenere buone condizioni economiche occorre conoscere le proprie caratteristiche di consumo e scegliere quei fornitori che sono in grado di offrire soluzioni su misura. In secondo luogo, le imprese devono effettuare un’analisi del proprio processo produttivo per eliminare tutti gli sprechi e/o l’applicazione di penali di sistema. Infine è necessario procedere con un’analisi dei dati di prelievo messi a disposizione dal fornitore come strumento di controllo/monitoraggio del processo e dell’efficacia delle misure “anti sprechi”. Il successo che sino ad ora Atel ha registrato in Italia è in parte dovu-

La questione energetica è sempre più importante, per il mondo che cambia, per le famiglie, per le aziende che devono concorrere nel mercato globale. Carobolletta, ecosostenibilità, nucleare, liberalizzazione e opportunità: Stefano Colombo, vicepresidente di Atel Energia, racconta le prospettive che ci sono e quelle che verranno. A cominciare da una nuova cultura per concepire l’energia testo di Mauro Milesi foto di Viviella Chiappa to alla volontà di essere un fornitore attento che considera strategico aiutare l’utente a ridurre i consumi e a utilizzare l’energia in modo più efficiente e razionale. La vera sfida oggi, secondo noi, consiste nell’avvicinare il più possibile aziende e utilizzatori, individuando modalità di relazione innovative e personalizzate, per posizionarsi ad alto livello in un mercato che premierà sempre di più chi saprà abbinare una gamma interessante e strutturata di servizi aggiuntivi, insieme alla semplice fornitura elettrica.Anche questa opportunità è colta da Atel in modo innovativo, secondo schemi diversi dai tradizionali standard, e molto più orientata ai bisogni dei singoli che a quelli dei cluster di riferimento classici, con il tentativo di semplificare il rapporto tra consumatori ed energia, di rendere trasparente la relazione e di fornire ciò che il mercato ricerca in una logica di servizio. L’energia per Atel non è infatti una commodity, ma un bene primario, legato alle condizioni della qualità della vita e, come tale, qualcosa da costruire con il mercato e non solo su condizioni di costo. La liberalizzazione del mercato energetico ha messo privati e aziende di fronte alla possibilità di scegliere. Secondo lei la concorrenza ha davvero migliorato le condizioni e le opportunità a disposizione del mercato, in particolare per l’area business? La via della liberalizzazione è stata aperta e rappresenta sicuramente un’importante svolta per tutto il settore elettrico, ma il cammino da fare è ancora lungo. A otto anni dalla liberalizzazione del mercato 45


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Energia, l’Italia dipende dall’estero

elettrico in Italia, solo una minima percentuale degli oltre trenta milioni di utenti ha cambiato fornitore e poco più della metà dei consumatori privati sono consapevoli della possibilità di cambiare fornitore. Della restante metà, moltissimi temono che il passaggio a un altro operatore possa esporli al pericolo di restare senza energia da un momento all’altro. Non sa, cioè, che le norme italiane prevedono che, anche in caso di cessazione della capacità di fornitura da parte di un nuovo operatore, l’elettricità verrebbe comunque assicurata dalla rete. Fatta questa doverosa premessa, va detto che se vogliamo che il mercato diventi ancora più competitivo, con beneficio concreto per i consumatori, occorre che i fornitori si impegnino a presentare sul mercato offerte più chiare e semplici, in modo che gli utenti siano in grado di compararle. Un gran lavoro va anche svolto sul fronte delle bollette che non brillano certamente per chiarezza. E’ quindi necessaria anche più informazione, sia per i privati che per le aziende, e i tempi del cambiamento non sembrano essere così rapidi. Tuttavia il processo è in atto, di sicuro più avanzato per i clienti business, e per quanto ci riguarda intendiamo non solo assecondarlo ma promuoverlo, offrendo un servizio di consulenza totale a coloro che si avvarranno della nostra offerta. Un plauso va indubbiamente rivolto a quanto fatto sino ad ora dall’Autorità per l’Energia Elettrica e per il Gas (AEEG) e all’impulso dato in particolare dal suo attuale Presidente, Alessandro Ortis. Sul mercato, però, si

registrano ancora asimmetrie informative e barriere all’ingresso, nonostante l’Authority abbia emanato direttive chiare per consentire ai fornitori di operare “tutti sullo stesso piano”. Mi riferisco, in particolare, alla conoscenza dei dati relativi ai clienti finali. Più controlli sull’applicazione di tali direttive eviterebbero la mancata pubblicazione, nelle fatture di alcuni fornitori, di dati indispensabili per garantire al cliente finale il passaggio ad altro fornitore (switch). Segnalo, inoltre, un altro aspetto su cui occorre fare un’attenta riflessione. Il contatore che misura i consumi di energia non è né del cliente finale né tantomeno del fornitore di energia, bensì è di proprietà del distributore locale che ne paga i costi di manutenzione, di lettura, ecc., ma che è anche il solo ad avere accesso ai dati. Sebbene l’Authority, anche in questo caso, abbia emanato delibere con cui si obbligano i distributori a fornire tutti i dati di misura secondo determinati criteri e con precise cadenze temporali, esistono tuttavia empasse operative per cui il mercato dell’energia, soprattutto per le P.IVA, è costituito da fatture in acconto e di continui conguagli che, come sappiamo, non sono affatto amati dai clienti finali. Sinteticamente, quali sono le strategie di Atel per il mercato energetico rivolto alle aziende? A livello commerciale, ciò che Atel propone oggi sul mercato italiano è un’ampia offerta in grado di soddisfare ogni tipologia di impresa con prodotti personalizzati, un’analisi

Molti imprenditori italiani credono nella generazione distribuita o nelle fonti alternative (eolico, fotovoltaico, miniidro) combinate su reti di distribuzione intelligente (smart grid) solo quando ci sono fondi statali o incentivi europei per finanziarli. Il cambio di mentalità, però, va fatto con una logica europea più che nazionale 46

Cresce la domanda di energia elettrica in Italia. Lo dicono i dati ufficiali riferiti al terzo trimestre del 2008 che parlano di un aumento dell’1,9 per cento della domanda lorda complessiva di energia elettrica nel nostro Paese, rispetto al corrispondente periodo dell’esercizio precedente. La produzione nazionale del periodo, al netto dei pompaggi, ha quindi coperto l’89,6 per cento della domanda rispetto all’87,5 per cento del terzo trimestre del 2007, a discapito delle importazioni nette scese alla percentuale del 10,4. Tale ultimo fenomeno è dovuto a temporanee, ma sempre più frequenti riduzioni ed inversioni degli abituali e significativi differenziali di prezzo tra Italia ed Europa Centrale. In particolare si è verificata una forte riduzione delle importazioni nette da nord-ovest (frontiere Francia e Svizzera) di 1,9 TWh (-18,8%), parzialmente compensata da un aumento delle importazioni nette da nord-est (frontiere Austria e Slovenia) di 0,4 TWh (+52,8%); le esportazioni sono di fatto in linea con quelle del 2007. Complessivamente, la domanda lorda di energia elettrica nei primi nove mesi del 2008 è risultata pari 255,8 TWh, in crescita dello 0,8% rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso. Per quanto riguarda invece gli scambi con l’estero l’Italia è il secondo Paese al mondo per importazione di energia elettrica, il primo se invece si considera il saldo con l’estero.


Il protagonista dettagliata dei consumi e delle caratteristiche e un pacchetto di iniziative che ottimizzano la fornitura di energia. Con un servizio che definiamo di “energy & portfolio management”, il nostro cliente ha ad esempio la possibilità in ogni momento di monitorare sul nostro sito Internet i propri prelievi energetici, consultare le fatture e ricevere costanti aggiornamenti. Il cliente ha inoltre la possibilità di verificare direttamente le fatture dei costi di trasporto dell’energia e questo significa una totale trasparenza nei loro confronti. A livello di business, invece, siamo passati negli ultimi anni da un tipico approccio “wholesale”, rivolto cioè a grossisti ed “energivori”, ovvero ai grandi consumatori di energia come i gruppi industriali, a un approccio che guarda anche i clienti finali. In futuro punteremo sempre di più, oltre che sulle nostre attività attuali, anche sullo sviluppo del segmento small business, rappresentato soprattutto da quello che viene comunemente definito il “popolo delle Partite IVA” costituito da professionisti, artigiani, commercianti, piccole e medie imprese. A questo target così eterogeneo proporremo offerte su misura, in rapporto alla reciproca convenienza e in funzione dei consumi. Offriremo un servizio sartoriale focalizzato sia sull’offerta economica che sul risparmio energetico. In estrema sintesi, vogliamo essere riconosciuti non solo come un fornitore affidabile, ma come un partner capace di aiutare l’utente a eliminare gli sprechi e a ridurre i consumi, per un utilizzo più efficiente e razionale dell’energia.

anche la competitività tra i vari paesi occorre rendere “più liquido” il mercato, eliminando i cosiddetti “colli di bottiglia” transnazionali. Le energie rinnovabili vanno ovviamente favorite, considerandole, però, per quello che sono, ovvero una buona opportunità per contribuire a renderci meno dipendenti dalle fonti fossili, ma non certo per far fronte in toto al “carico di base”.

Chi ha seguito la strada del nucleare risente meno del rialzo del prezzo del petrolio e beneficia anche del fatto che è uno dei modi migliori per ridurre il trend delle emissioni di CO2. Di questo se ne sono accorti anche molti ambientalisti che, prima, hanno lottato contro il nucleare e, poi, sono tornati a sostenerlo perché nell’attuale panorama della produzione di energia elettrica rappresenta un importante tassello senza produrre emissioni di gas serra

Energia e sviluppo sostenibile: si può fare molto a cominciare dal risparmio energetico, oltre che da una produzione di energia più attenta alle politiche ambientali. Atel in questo come si sta muovendo? In Italia viene giustamente evidenziata la necessità di una politica energetica pianificata nel senso del risparmio e della diversificazione delle fonti, ma questa esigenza è sentita anche a livello europeo dove prevale la dipendenza da forniture estere. Entro breve tempo sarà presa a Bruxelles una decisione sul cosiddetto “pacchetto energia”, la strategia lanciata dalla Commissione lo scorso anno che fissa tre obiettivi vincolanti al 2020: almeno il 20% di fonti rinnovabili sui consumi energetici finali e una riduzione del 20% sia delle emissioni di anidride carbonica rispetto a quelle registrate nel 1990 che dei consumi complessivi di fonti primarie di energia. Per quanto ci riguarda, alla promozione di una cultura del risparmio energetico abbiniamo la volontà di continuare a investire anche nelle fonti rinnovabili perché riteniamo che entrambe siano elementi capaci di portare benefici alla collettività. E per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra, va detto che il nostro gruppo può già vantare una rilevante porzione di produzione elettrica priva di emissioni di CO2. Su un totale di circa 18.000 GWh/ annuo di elettricità che produciamo in Europa, ben il 49% è “zero emission”.

Oggi si parla sempre più spesso di un ritorno al nucleare in Italia. Secondo lei è una strada percorribile oppure, ormai, abbiamo perso questo treno? Da più parti si sente dire che l’abbandono del nucleare in Italia sia stato un errore e che l’Italia è l’unico Paese ad aver pagato questa decisione direttamente nelle bollette. Chi ha seguito invece la strada di questa tecnologia risente meno del rialzo del prezzo del petrolio e beneficia anche del fatto che il nucleare è uno dei modi migliori per ridurre il trend delle emissioni di CO2. E di questo se ne sono accorti anche molti ambientalisti che, prima, hanno lottato contro il nucleare e, poi, sono tornati a sostenerlo perché nell’attuale panorama della produzione di energia elettrica rappresenta un importante tassello senza produrre emissioni di gas serra. Qualcuno, poi, si rammarica anche per il fatto che l’Italia non sia riuscita a capitalizzare l’esperienza che aveva in questo settore. Per la conformazione del parco produttivo elettrico italiano, altamente dipendente dal gas, é sicuramente importante che si sia ricominciato a parlare di nucleare. Il cammino che porterà alla costruzione di una o più centrali é ancora pieno di ostacoli ma un passo importante per tutto il paese. Per poter arrivare con successo al traguardo sarà però indispensabile trovare un consenso politico su larga scala che coinvolga Stato, Regioni ed enti locali.

Ma risparmio energetico significa anche cambiare la mentalità produttiva delle aziende che devono dimostrarsi più flessibili e sensibili agli investimenti in politica energetica. Secondo la sua esperienza, in Italia questo cambiamento di mentalità è davvero in atto? Difficile dirlo. Molti imprenditori italiani credono nella generazione distribuita o nelle fonti alternative (eolico, fotovoltaico, miniidro) combinate su reti di distribuzione intelligente (smart grid) solo quando ci sono fondi statali o incentivi europei per finanziarli. Il cambio di mentalità, però, va fatto con una logica europea più che nazionale. Per procedere a un più bilanciato sviluppo energetico, considerata la scarsità e la localizzazione delle risorse, è infatti necessaria una visione complessiva, un approccio globale ma, soprattutto, la realizzazione di una vera e propria piattaforma continentale. Se si vuole realmente raggiungere una maggiore efficienza e favorire

Quali sono i vostri progetti per il prossimo futuro? State pianificando nuove strutture di produzione? Guardiamo con interesse ogni opportunità che ci consenta di crescere anche sul mercato italiano. Abbiamo la volontà di analizzare i dossier che arrivano sulle nostre scrivanie e che sono in grado di creare valore aggiunto per il nostro Gruppo. La nostra filosofia resta comunque quella di produrre energia con al nostro fianco partner affidabili che condividano con noi la stessa visione strategica. E’ di pochi mesi fa, ad esempio, la posa della prima pietra per la realizzazione di una centrale turbogas a San Severo in provincia di Foggia da ben 400 MW in partnership con Avelar Energy del gruppo Renova ed En&En, espressione dell’Associazione degli Industriali di Belluno. Ci abbiamo fortemente creduto nonostante gli ostacoli, la burocrazia e la ben nota sindrome NIMBY (“non nel mio cortile”). Ma certamente non sono queste difficoltà a far rallentare i nostri ambiziosi piani di crescita, 47


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La carriera Stefano Colombo nasce nel 1967 a Lugano (Svizzera) dove attualmente risiede. E’ Ingegnere Elettrico con master allo Swiss Federal Institute of Technology di Zurigo. In Atel AG dal 2004, ricopre attualmente il ruolo di responsabile della Business Unit Mercato Italia e quella di Vice Presidente della controllata italiana Atel Energia SpA. Colombo vanta un background professionale maturato in significative società svizzere presenti a livello internazionale. Dal 1997 al 2004 è stato Chief Executive Officer di AEM SA, utility svizzera attiva nella produzione e nella distribuzione di energia elettrica. Precedentemente ha ricoperto l’incarico di General Manager a Houston (Texas - USA) di Brugg Kabel AG, leader svizzero nella produzione di cavi e, all’inizio della sua carriera, è stato Area Sales Manager per USA, Sud America, Germania, Francia e Italia della multinazionale Emil Haefely & CO (quadri e apparati elettrici in alta tensione). Ulteriori incarichi: Membro del Consiglio di Amministrazione di altre società italiane del Gruppo Atel rivolte alla produzione di energia elettrica (centrali). Membro della Giunta di Assoelettrica, Associazione di Confindustria che raccoglie le imprese elettriche operanti in Italia, e della omologa associazione in Svizzera (SEV). Membro del Rotary Club di Lugano.

sia in Europa che in Italia. Recentemente, infatti, abbiamo acquisito una partecipazione del 30% nelle attività italiane di Moncada Energy Group, uno dei principali produttori privati italiani di energia rinnovabile da fonte eolica. Con questo gruppo abbiamo costituito M&A Rinnovabili, una società che si pone l’obiettivo di realizzare e gestire impianti eolici on-shore e off-shore, solari e a biomassa in Italia, disponendo già di una potenza installata in impianti eolici di 105 MW e con progetti futuri per complessivi 1.000 MW. Questa acquisizione è una testimonianza del nostro continuo impegno nelle energie rinnovabili che si aggiunge, tra l’altro, a due nostri parchi eolici in Sicilia dotati complessivamente di 74 rotori che, in esercizio, sono in grado di produrre 222 GWh di elettricità all’anno. Lei è un uomo perennemente in movimento, con esperienze professionali in tutto il mondo: Sud America, Usa, Svizzera, Germania, Francia. Oggi ha un ruolo di primo piano in Italia, quali sono gli obiettivi che si è prefissato e le nuove sfide che la attendono? Credo molto nella capacità di “fare squadra” e di condividere insieme progetti sfidanti, così come ho estrema fiducia nei giovani. In Atel Energia ci sono risorse che hanno tutte le caratteristiche per emergere e sarà quindi uno dei miei obiettivi farle crescere, così come deve continuare a crescere Atel in un mercato, come quello italiano, non semplice perché caratterizzato da un’agguerrita concorrenza. Una sfida che mi attende a breve è anche quella di ampliare la nostra visibilità sul mercato. Ci apprestiamo a cambiare il brand Atel a seguito di un processo di fusione con EOS, un altro fornitore svizzero, e quindi non ci lasceremo sfuggire questa interessante opportunità di comunicazione. Siamo all’alba di un nuovo anno: qual è il suo bilancio personale del 2008? A inizio anno si è soliti fare un elenco più o meno lungo di “good pro48

posal”. C’è chi si impegna a smettere di fumare, a mettersi in forma per l’estate o addirittura a programmare viaggi avventurosi. A parte gli obiettivi più o meno importanti di carattere personale, posso permettermi di affermare che il 2008 per Atel Energia in Italia é stato sicuramente un anno più che positivo. Il segreto del successo é però quello di non fermarsi mai, di porsi obiettivi ambiziosi accompagnati da una giusta dose di realismo e pragmatismo, fare il possibile per raggiungerli e una volta raggiunti trovarne dei nuovi. Ci dicono abbia una grande passione per la montagna e i motori. Ma con tutti i suoi impegni come trova il tempo per dedicarsi a se stesso? In effetti viaggio perennemente con la valigia in auto, collegato con l’ufficio anche grazie alle odierne tecnologie. Risiedo a Lugano e mi divido tra Olten, una cittadina a 50 km da Zurigo dove Atel ha il proprio quartier generale, e Milano dove ha invece sede centrale Atel Energia, senza contare le volte in cui salgo su un aereo per Cagliari, città in cui si trovano gli uffici di Energit, la nostra controllata specializzata nella vendita di energia allo small business. Il tempo per dedicarmi alle mie passioni, come lo sci e la bicicletta, in effetti è poco, ma ho la fortuna di vivere in un Paese come la Svizzera che in poco tempo ti consente di raggiungere vette dal panorama mozzafiato. E credo che questa sia da considerarsi una gran fortuna. |

Quando non c’è energia non c’è colore, non c’è forma, non c’è vita. Caravaggio

www.atel-energia.it



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La rivoluzione di Nespresso: un successo al femminile

Grazie alla capacità e alla vision di Francesca Chelli, Ad di Nespresso Italia, che ha saputo innovare il mercato con un prodotto legato alla fi losofia della qualità: dalle boutique del caffè a testimonial d’eccezione come George Clooney testo di Laura Di Teodoro foto di Vincenzo Lombardi

Creatività, passione e un tocco estetico che non guasta mai. Tre ingredienti che hanno cambiato il volto del tradizionale caff è all’italiana, arricchendolo di mondanità, varietà e gusto. L’artefice della ricetta vincente è Francesca Chelli, dal 1999 amministratore delegato e direttore generale di Nespresso Italia, che ha rinnovato il mercato del caff è portando boutique, macchinette dal design raffinato ed elegante, capsule che permettono di mantenere l’aroma intatto e un Club ad hoc per i clienti. Come è iniziata la sua avventura nel mondo di Nespresso? In quel periodo, era il 1999, lavoravo a Bruxelles. Un head hunter internazionale mi chiamò proponendomi di aprire la fi liale di Nespresso in Italia. Dovetti sostenere diversi colloqui fi nché, nell’incontro conclusivo, mi venne richiesto di preparare un business plan per il lancio del marchio. Abitando in Belgio non conoscevo molto l’azienda, mi sono documentata e alla fine ho costruito un piano inserendo una serie di elementi innovativi tra cui l’idea di aprire una boutique del caff è. Grazie probabilmente a questa idea sono riuscita a convincerli e così mi hanno presa e nel giugno del 1999 sono tornata in Italia. Devo dire che i primi tempi sono stati difficili perché differenziarsi sul mercato del caffè, in Italia, non era facile. Dovevamo portare qualcosa di nuovo e mettere la gente nelle condizioni di cogliere l’elemento innovativo. Così, grazie ad una buona attività di marketing, siamo riusciti nell’intento. 50

Quali sono i punti che hanno permesso a Nespresso di differenziarsi sul mercato? Prima di tutto la qualità. Abbiamo creato una miscela sulla base delle esigenze e caratteristiche del palato del classico consumatore italiano, molto abituato al caffè espresso, sia per una questione culturale che per possibilità di fruirne. Grazie al porzionato inoltre, qualità, aroma e gusto restano intatti. La conferma del successo raggiunto arriva dalla crescita del mercato del porzionato degli ultimi 14 anni. Oltre alla qualità cerchiamo di farci guidare dall’innovazione sia di sistema che di caratteristiche proprie delle macchine quali il design, colore, linee stondate e dal servizio offerto dal nostro Club. Tutto questo ci ha permesso di emergere nel mercato. Cosa sente di aver portato all’interno della realtà di Nespresso? Ho portato sicuramente un elemento di forte determinazione al successo. Quello in cui operiamo è un mercato difficile in cui bisogna essere determinati. Fin dal mio ingresso avevo ben chiaro l’obiettivo e grazie probabilmente ad una maggiore sensibilità alla parte marketing, il prodotto è stato percepito e apprezzato dal nostro consumatore finale. Abbiamo creato un nuovo mondo, abbiamo modificato il concetto del caff è elevandolo a un prodotto di lusso accessibile. Le boutique sono state fondamentali in questo nostro percorso, rappresentano il mondo privilegiato dove incontriamo i nostri po-


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tenziali clienti, mostrando loro non solo il prodotto ma un’esperienza di stile di vita, di gusto e piacere che viene trasmessa attraverso i nostri materiale, l’eleganza delle boutique e l’approccio dei nostri boutique specialist. Cosa si trova in queste boutique? Vendiamo il caff è di cui siamo produttori, proprietari e distributori. Si trovano inoltre gli accessori che creano l’universo Nespresso, dalle tazzine, ai cioccolatini e biscottini, fino ad arrivare ai vassoi e alle macchine vere e proprie che vengono vendute anche attraverso i canali istituzionali. Dove nasce l’idea della capsula del caffè, di cui siete stati pionieri? L’idea è arrivata da un collega svizzero del reparto Ricerca e Sviluppo che voleva a tutti i costi creare il migliore espresso in tazzina. Così venne in Italia, fece uno studio specifico e approfondito sulle caratteristiche del caff è, cercando di capire i motivi per cui il caff è italiano fosse superiore. Ha così scoperto che la qualità del caff è dipendeva dalla temperatura dell’acqua e dal fatto che la macchina dovesse far passare l’acqua attraverso un certo tipo di miscela senza portarsi dietro i fondi. Grazie a un lavoro di precisione, caratteristica principale degli svizzeri, si è arrivati alla capsula che permette di mantenere i principali fattori di ossidazione del caff è. Possiamo dire che il successo dell’azienda e del marchio nasce da una sinergia tra culture e sapere diversi? Sicuramente. Il nostro successo nasce dall’internazionalizzazione, dalla capacità di off rire qualsiasi tipo di aroma ai nostri clienti, differenziandoci da merca-

to a mercato. Abbiamo una vasta scelta di miscele, 12 blends in gamma, che ci permettono di soddisfare ogni tipo di caratteristiche e gusto. La presenza in tutto il mondo è certamente un grande aspetto di forte internazionalizzazione e armonizzazione del brand. Come si inserisce il mercato del B2B nel mondo di Nespresso? Siamo partiti con il business to business solo a seguito di una serie di sinergie legate al B2C. Entrando in quel tipo di mercato abbiamo cercato di mirare all’eccellenza: non ci interessa che i nostri caff è siano ovunque, l’importante è che siano nei luoghi di prestigio, siano essi privati o posti di lavoro o ristoranti, catering etc. Ad oggi siamo presenti in più di 50mila utenze tra cui ci sono nomi di lusso quali la catena del Bulgari Hotel, i negozi Bucci e Praga e in aziende che fanno della qualità la propria regola. Tra le novità che lei ha portato una delle più curiose riguarda la creazione di una squadra di oltre 500 “demo lady”. Ci può spiegare che ruolo ricoprono e quale valore aggiunto hanno portato? Abbiamo cambiato le regole del gioco in tante aree, dalla modalità di degustazione del caffè all’effettiva dimostrazione per cui non usiamo agenzie esterne ma le gestiamo internamente. Le “demo lady” sono le nostre ambasciatrici, sono signore che fanno parte dello staff e che hanno come principale attività quella di far degustare il caffè nei nostri punti vendita facendo conoscere il sistema ed esemplificando tutte le qualità organolettiche del prodotto. Come è stato, per una donna, inserirsi in un mercato fatto prevalentemente di uomini imprenditori?

Nespresso Italia è riuscita a differenziarsi sul mercato grazie a una buona dose di qualità e innovazione di sistema e caratteristiche tecniche del prodotto. Abbiamo creato un nuovo mondo e modificato il concetto del caffè elevandolo a un prodotto di lusso accessibile. Essere uomo o donna è indifferente nel momento in cui si hanno delle competenze e si desidera lavorare al meglio 52

Non ci sono stati dei freni particolari. Essere uomo o donna è indifferente nel momento in cui si hanno delle competenze e si desidera lavorare al meglio. Adoro questo lavoro e ho avuto la fortuna di fare qualcosa che mi è piaciuto e mi permette di dare il meglio. Sicuramente per le donne le cose da fare sono molte, tra lavoro e famiglia, ma l’esperienza mi ha aiutata a rafforzarmi in vari aspetti, soprattutto nell’organizzazione delle cose. Qual è stata la maggiore soddisfazione che ha raggiunto in questi dieci anni? La gioia più grande, lavorativamente parlando, è stata quella di aver visto crescere


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Dall’Italia all’Europa e ritorno Francesca Chelli, Amministratore Delegato e Direttore Generale Nespresso Italiana, si è laureata nel 1988 in Economia e Commercio all’Università Bocconi di Milano. Dopo un periodo a Londra, ha fatto una lunga esperienza in Unilever (8 anni) nel marketing e commerciale. Di lì si è trasferita a Bruxelles per una nuova esperienza lavorativa in un contesto internazionale. Nel 1999 ha iniziato la sua avventura in Nespresso Italia di cui ha curato ogni passo, dallo start up all’apertura della prima Boutique monomarca a Milano. È sposata con due figlie. Sul lavoro si definisce una persona molto esigente con sé stessa e con gli altri: “In un mondo dove la percentuale di uomini è indubbiamente molto più elevata, credo che le donne abbiano in effetti una partenza più difficile – racconta Francesca Chelli -. Si parte per così dire da qualche passo indietro, ma, una volta riguadagnati questi passi dimostrando le proprie qualità, si è considerate alla pari in tutto e per tutto. Una delle cose di cui sono più orgogliosa è di aver saputo, grazie a una certa sensibilità ‘femminile’ supportata però da buone doti analitiche, cogliere le necessità e le opportunità del momento, seguendo quello in cui ho creduto fino all’ultimo con entusiasmo”.

questa azienda. Siamo partiti che eravamo nell’ombra e piano piano siamo arrivati ad un livello più visibile che si accompagna alla qualità. Inoltre sono contenta del lavoro di team che siamo riusciti a creare, partendo dalle motivazioni e dalla voglia di raggiungere dei risultati importanti. George Clooney è diventato il testimonial ufficiale di Nespresso. Come è nata questa collaborazione? Alla luce dei livelli e successi raggiunti, nel 2005 abbiamo cominciato a pensare all’eventualità di trovare un testimonial. Dopo un lungo studio e un processo di selezione siamo arrivati a George

Clooney, non solo per il suo essere celebrità, ma perché incarna valori molto simili a quelli del nostro brand. Riflette glamour, eleganza, ironia e qualità; è un interprete eccezionale, conosciuto, che piace. Il suo punto forte è quel riuscire a far vivere il brand, non lo facogita, quando vogliamo che Nespresso parli, lui lo lascia parlare e si mette lui stesso in una posizione di forte autoironia. Quale obiettivo si pone per il 2009? Fare quello che mi piace. Penso sia una delle molle necessarie per mirare all’eccellenza, soprattutto in questo periodo. Bisogna sempre cercare di positivizzare

le cose, con i piedi per terra e mantenendo un certo senso di realtà senza lasciarsi mai andare. |

Il caffè, per esser buono, deve essere nero come la notte, dolce come l’amore e caldo come l’inferno. Michail Bakunin www.nespresso.com

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Storie di successo

Il coraggio di rischiare Manca a molti giovani imprenditori, ma anche alle istituzioni che dovrebbero sostenere le nuove iniziative. L’intervista al supermanager e presidente della Fondazione Politecnico di Milano, Giampio Bracchi che sottolinea le complessità di avviare nuove imprese in Italia e l’importanza di strutture che affianchino le nuove idee testo di Laura Di Teodoro foto di Vincenzo Lombardi

Coraggio di rischiare e investire in nuove imprese. Un monito che arriva per voce di Giampio Bracchi, presidente della Fondazione Politecnico di Milano nata nel 2003 su volontà del Politecnico con l’obiettivo di sostenere il trasferimento alle imprese e alla pubblica amministrazione dei risultati della ricerca e favorire la nascita di attività imprenditoriali innovative. L’impegno si è tradotto nella creazione dell’Acceleratore d’impresa, un incubatore universitario creato per supportare lo sviluppo dell’imprenditoria innovativa e per off rire alle start-up le infrastrutture e i servizi necessari alla loro crescita: ad oggi sono state “incubate” 45 imprese e sviluppati 440 business plan. La Fondazione Politecnico svolge un ruolo significativo nell’innovazione delle imprese e del settore pubblico, nel trasferimento delle competenze e nella ricerca. Come vi siete mossi per raggiungere questi risultati importanti? In questi anni la Fondazione Politecni-

co si è mossa su due fronti: lo sviluppo di un progetto comune tra il mondo accademico e le imprese e le valorizzazione della ricerca. Nel primo caso il ruolo della Fondazione è stato, e continua ad essere, quello di promuovere le attività. In due anni abbiamo fatto partire circa 200 progetti che hanno coinvolto più di 300 imprese e altre istituzioni, enti pubblici, centri di ricerca, associazioni industriali. Per avviare questi progetti cerchiamo di utilizzare i fondi pubblici e locali di Regione Lombardia, Camera di Commercio, Fondazione Cariplo, Ministero delle Attività Produttive, Università e Ricerca e tutti quei fondi che sono destinati a promuovere l’innovazione nel sistema industriale italiano. Non solo, vogliamo fare in modo che le imprese, per quanto riguarda i progetti di ricerca, riescano a portare a casa fondi dall’Europa soprattutto perché l’Italia contribuisce ai fondi europei in una quota superiore a quanto effettivamente riesce a portare a casa. Il secondo fronte che ci vede impegnati è la 55


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valorizzazione economica della ricerca svolta in università: da semplice teoria deve diventare impresa e quindi valore economico, per farlo deve essere portata all’attenzione degli investitori finanziari e industriali. Ed è proprio da questa consapevolezza che nasce l’incubatore e acceleratore d’impresa. Quante sono le imprese che ne fanno parte? Ad oggi abbiamo “incubato” 45 imprese formate da ricercatori e laureati del Politecnico che hanno sviluppato prototipi negli spazi da noi attrezzati. Alcuni di loro hanno raggiunto discreti risultati ma si tratta sempre e comunque di imprese piccole. Siamo partiti dimostrando che si può fare, ora dobbiamo dare ai giovani la possibilità di competere in modo più ampio, non solo sul mercato nazionale ma soprattutto sul mercato mondiale. Per questo chiediamo coraggio, più capitali e una maggiore capacità nell’aff rontare il rischio di insuccesso. Stiamo trovando un buon appoggio in Ronald P. Spogli, Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia che ha lanciato “Partnership for growth”, con l’intento di stimolare la competizione economica e l’imprenditorialità investendo nelle piccole aziende per farle crescere, soprattutto all’estero. Nel concreto come vi state muovendo? Stiamo cercando di creare e avviare un ciclo di sviluppo per le nuove e piccole imprese: in Italia nascono 300mila aziende all’anno ma solo poche riescono ad avere accesso ai finanziamenti. Stiamo cercando di aiutare quelle che possiamo con l’incubato-

In questi anni la Fondazione Politecnico si è mossa su due fronti: lo sviluppo di un progetto comune tra il mondo accademico e le imprese e le valorizzazione della ricerca. In due anni abbiamo avviato circa 200 progetti che hanno coinvolto più di 300 imprese e altre istituzioni, enti pubblici, centri di ricerca, associazioni industriali. 56

re e lo “scouting tecnologico”, portando cioè all’attenzione degli investitori i migliori prototipi di ricerca. Lo abbiamo fatto in tre settori: biotech, nuovi materiali innovativi e informatica e telecomunicazioni. Per i migliori sono stati sviluppati dei business plan per trasformare il progetto in impresa e off rire in questo modo all’investitore una base già solida e ponta. Quali sono le difficoltà maggiori che queste imprese incontrano nel momento in cui vogliono entrare nel mercato? I problemi sono di vario genere. Superato l’ostacolo culturale, in Italia la nuova impresa è composta in prevalenza da “colletti blu”, con un basso livello formativo. Chi, al contrario, ha un alto livello formativo dimostra una poca propensione a volersi mettere in

Premio Nazionale per l’Innovazione Il primato va a EpoS Il Premio Nazionale per l’Innovazione, organizzato dalla Fondazione Politecnico di Milano e dall’Acceleratore d’Impresa del Politecnico di Milano, ha visto in gara 57 idee d’impresa e 198 aspiranti imprenditori, di cui 50 donne. La sfida tra le migliori idee d’impresa ad alto contenuto tecnologico, provenienti da 42 atenei italiani aderenti al PNI Cube - l’associazione che riunisce gli incubatori e le business plan competition universitarie (Start Cup) ha premiato con un riconoscimento di 60mila euro consegnato da Pietro Guindani, Amministratore Delegato di Vodafone Italia a EpoS, Electronic Power SinteringStart-Cup, progetto proveniente dalla Start cup Torino Piemonte. Il secondo premio, da 30mila euro è stato consegnato da Gianni Lorenzoni, presidente del PNI Cube per il progetto GHOST, proveniente dalla Start Cup Trieste. Medaglia di bronzo, da 20mila euro, è stata consegnata da Alessandro Spada, Consigliere della Camera di Commercio di Milano e Presidente di Innovhub per il progetto Parallel Trading System alla Start Cup Milano Lombardia. Il Premio speciale per la migliore idea imprenditoriale femminile, voluto dalla Fondazione Politecnico di Milano e consegnato dal suo presidente Giampio Bracchi, per valorizzare la presenza delle donne nel mondo industriale, è stato consegnato alle componenti del gruppo NanoWebFun, della Start-Cup Veneto. Il premio porterà una di loro nella Silicon Valley. Sempre alla start-Cup del Veneto, ma questa volta al progetto Cleanlight, è stato consegnato il Premio per l’innovazione extra-ordinaria: risposte alle sfide del pianeta, di Siemens Italia. I partecipanti avranno la possibilità di essere ospitati presso il centro di ricerca del quartier generale del Gruppo Siemens in Germania per presentare in prima persona il proprio progetto e conoscere da vicino come e dove nascono le innovazioni di una grande realtà multinazionale.


Storie di successo gioco e raramente punta i propri risparmi in un’impresa a rischio; probabilmente perché in Italia esiste una legge fallimentare che marchia il “fallito” a vita e non lo aiuta. Dovremmo al contrario essere in grado di vedere quella persona come qualcuno che ci ha provato, comunque, e che non è stato fortunato, invece gli vengono tolte tutte le possibilità di riprovarci. Quindi solo chi non ha nulla da perdere, vedi un operaio, rinuncia al posto fisso e si lancia in qualcosa di nuovo, gli altri invece non rischiano e questo è un problema perché le imprese tecnologiche richiedono persone con molta formazione alle spalle, persone che hanno fatto un dottorato e conoscono la ricerca. Manca il coraggio quindi? Esatto, soprattutto da parte dei “colletti bianchi”. Se a questo ci aggiungiamo il fatto che l’Italia resta alla periferia del mondo delle tecnologie e non al centro, la strada si fa ancora più in salita. La ricerca si fa soprattutto in altri Paesi quali India, Cina, Corea e Stati Uniti e per fare il salto serve coraggio e una sforzo maggiore soprattutto da parte dei giovani. In ultimo, in molti Paesi europei sia il pubblico che il privato investono in start up tecnologici, in Italia invece non c’è mai stato un intervento pubblico. In questo momento, attraverso l’opera della Fondazione e dell’Associazione italiana del private equity e venture capital, stiamo riuscendo ad attivare il fondo per la finanza d’impresa, previsto dalla Finanziaria 2008 che prevede due soluzioni: se una persona investe in un’azienda innovativa che ha successo e la rivende, il suo guadagno è esentasse purché quello stesso denaro venga reinvestito in una nuova impresa. La seconda soluzione prevede la possibilità, da parte di questo fondo per la finanza d’impresa di coinvestire in fondi di venture capitale che raccolgono capitali di investitori privati a favore di giovani imprese. Questa misura è già stata adottata in Francia e in altri Paesi e ha permesso di finanziare 2.500 nuove imprese, creando 40 fondi specializzati in venture capitale. Secondo lei, alla luce degli scenari che ha appena delineato, come si pone il mondo accademico? Offre gli strumenti giusti per affrontare il rischio? Il nostro mondo accademico prepara bene dal punto di vista tecnico e solo ora si sta iniziando ad avvicinare i giovani al concetto di imprenditorialità. Spesso formiamo persone funzionali ad andare

Il ritratto

a lavorare nelle medie e grandi imprese, in un mondo dove molti posti si possono creare mettendo in piedi nuove iniziative e progetti. Dovremmo formare molto di più i giovani insegnando loro come mettere in piedi una loro attività. Non devono per forza fare gli impiegati, ci sono altre strade che dobbiamo far loro conoscere. Quali sono i maggiori settori di sbocco? Sicuramente il mondo delle tecnologie, l’informatica, le telecomunicazioni, i media e il mondo delle biotecnologie, dove però i risultati arrivano nel lungo periodo e gli investimenti sono molto alti. Non siamo certo il Paese delle tecnologie radicalmente innovative, ma siamo capaci di adattare le produzioni tradizionali introducendo la componente innovativa. Informatica, infrastrutture, banche, finanza, innovazione. Lei è attivo su diversi fronti. Esiste un denominatore comune, un fi lo che unisce questa vastità di interessi e ruoli? Infrastrutture per l’innovazione: la Fondazione Politecnico è un’infrastruttura per valorizzare la ricerca universitaria; l’AIFI riunisce tutti gli operatori del settore con lo scopo di sviluppare il mondo del capitale di rischio per investire sulle imprese italiani esistenti e nuove tramite il venture capital; la Serravalle è un’infrastruttura vera e propria. Insomma il fi lo conduttore è quello. Guardando al futuro, cosa le manca per completare un curriculum professionale già ricco e prestigioso? Penso che per me sia sufficiente fare le cose che sto facendo soprattutto per la valorizzazione della ricerca universitaria, tema che in Italia non è ancora sviluppato. |

Giampio Bracchi, presidente della Fondazione Politecnico di Milano, ricopre diversi importanti incarichi: Professore ordinario di Sistemi informativi presso il Politecnico di Milano; Membro dei consigli di amministrazione di alcune aziende e istituti, fra cui Banca Intesa (della quale è Vice Presidente), Associazione Bancaria Italiana e CIR; Presidente del Comitato nazionale per la valutazione dei progetti di egovernment e Presidente dell’Istituto Scientifico Breda; Membro del Consiglio Scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani; Membro del Comitato “Information Systems” della International Federation for Information Processing; Coordinatore del rapporto sul Sistema Finanziario Italiano della Fondazione Rosselli; Presidente di A.I.F.I. (Associazione Italiana per il Private Equity e Venture Capital). In passato è stato: Pro-rettore del Politecnico di Milano dal 1990 al 2002; Presidente del Consorzio Politecnico Innovazione; Presidente nazionale di AICA (Associazione Italiana per l’ Informatica); Consigliere della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con specifico incarico per il riordino e l’automazione del settore pubblico presso il Dipartimento della Funzione Pubblica; Membro del Comitato Tecnico-scientifico del Fondo Nazionale per la Ricerca Applicata; Presidente del Comitato Guida per il Sistema Informativo Regionale della Regione Lombardia e Vice Presidente di Lombardia Informatica; Membro dei Consigli di amministrazione di INPS, Cariplo, Teknecomp e Sorin Biomedica. Inoltre ha condotto studi, ricerche e progetti realizzativi nelle aree dell’innovazione delle aziende, delle banche e della pubblica amministrazione, dei sistemi informativi, delle banche di dati, del commercio elettronico e del trasferimento tecnologico, i cui risultati si trovano riportati in 15 libri e 200 pubblicazioni scientifiche.

L’intelligenza sta nell’esser prudenti quando cala la nebbia sul rischio di cadere; troppo facile avere la lucidità di quelli che non sanno camminare. Max Gazzè www.fondazionepolitecnico.it Per approfondimenti sul Premio nazionale per l’Innovazione si può visitare il sito www.businessgentlemen.it – Canale “Premi e concorsi”

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Muovere la sfida di l’economia “Infrastrutture Lombarde”

Lombardia penalizzata dal gap infrastrutturale, per il rilancio servono opere attese da anni. Antonio Rognoni, direttore generale della Spa della Regione che gestisce i progetti più importanti, fa il punto della situazione e spiega quali sono le priorità per il prossimo futuro anche in vista dell’Expo 2015 testo di Laura Di Teodoro

Le infrastrutture giocano un ruolo centrale e strategico per il rilancio dell’economia. Gli imprenditori chiedono a gran voce un ammodernamento della rete lombarda e nazionale e proprio su questo fronte si sta muovendo Infrastrutture Lombarde Spa, società costituita nel 2003 da Regione Lombardia a cui si è aggiunta, nel 2007 la CAL (Concessione Autostrade Lombarde) partecipata al 50% da IL Spa e al 50% da Anas. Ad oggi le due società gestiscono un portfolio di interventi di circa 18 miliardi di euro e nel 2009 si potranno vedere i primi risultati con l’apertura dei nuovi Ospedali di Bergamo, Como, Legnano, Vimercate e la conclusione della prima fase dei lavori al Niguarda di Milano; non solo, per il 2009 sono attese le aperture dei cantieri delle autostrade Brescia-Bergamo-Milano, Cremona-Mantova e passi in avanti importanti per Pedemontana e Tangenziale Esterna di Milano. I punti di forza delle due realtà, completamente pubbliche, a detta di Antonio Rognoni, amministratore delegato di CAL e direttore generale di Infrastrutture Lombarde SPA sono l’efficienza, l’ap58

plicazione dei principi di project management all’intera macchina e la presenza di un organico giovane in cui l’età media è di 37 anni, ma che può già vantare una solida professionalità acquisita nel settore privato. Negli ultimi 20 anni la rete autostradale italiana è cresciuta del 9 per cento, il traffico quasi del 109. Nello stesso periodo la rete francese è aumentata del 76 per cento, quella spagnola del 69,1 e in Portogallo del 742,9 per cento. Cerchiamo di capire prima di tutto i motivi di un tale ritardo in Italia, sentito soprattutto dal mondo imprenditoriale? Il problema principale è la burocrazia che comporta una serie di regole troppo complesse per essere comprese e gestite, iter autorizzativi complicati e veti incrociati che non hanno nulla da spartire con la realizzazione delle opere ma fanno parte di una giungla politica che rallenta l’intero sistema. Di fronte a questi freni e per superare le criticità che rischiavano di soffocare la nostra economica, a fine 2006 è stata costituita una società mista Anas e Infrastrutture Lombarde, la CAL, so-

cietà operativamente gestita da Regione Lombardia. Dall’inizio del 2007 ad oggi abbiamo fatto almeno 15 passi in più per la realizzazione di tutte le infrastrutture rispetto a quanto era stato fatto fino a quel momento, abbiamo recuperato tempo perso e oggi siamo in linea per mantenere la promessa di aprire al traffico, entro Expo 2015, le tre autostrade BreBeMi, Pedemontana e Tangenziale Est Milano. CAL, secondo lei, può diventare un modello esportabile? Spererei di sì. È necessario delocalizzare le responsabilità in periferia perché solo la sensibilità del territorio permette di intervenire nei tempi giusti, azionando così le leve correttive indispensabili per il mantenimento dei tempi di realizzazione. Da questo punto di vista CAL è in grado di poter intervenire in tempi rapidi rispetto a quanto faceva Anas da Roma. Questo perché il ritardo infrastrutturale è prima di tutto una perdita economica? Esattamente. Invece di valutare quanto costano le autostrade bisognerebbe prima di tutto calcolare i costi della non realiz-


Infrastrutture per lo sviluppo

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zazione dell’opera perché il rapporto tra il costo per l’intervento e per la mancata costruzione è di uno a dieci. In termini industriali ogni anno perso in cantiere equivale a un valore pari a dieci volte quello dell’autostrada. Quindi è quanto mai necessario adeguare la rete infrastrutturale della Lombardia il prima possibile.

Infrastrutture Lombarde e Cal gestiscono

Cosa deve succedere per cambiare rotta e ridurre la criticità? Arrivare entro il 2015 a costruire queste tre indispensabili autostrade e adesso come adesso ho la netta percezione che l’obiettivo sarà raggiunto con successo. Dovremo poi iniziare ad intervenire anche sugli altri sistemi di mobilità che devono essere connessi: reti metropolitane e viabilità su ferro nel trasporto pubblico locale.

di Bergamo, Como, Legnano, Vimercate e

In Lombardia transita il 22% delle merci trasportate in Italia: 22.900 tonnellate di materiale per km di rete, contro una media nazionale di 7.100 tonnellate. Come mai, ancora oggi, è così difficile investire sul ferro? Il sistema del ferro, treni e metropolitane oggi è estremamente carente a causa di un iter procedurale eccessivamente lento, con veti incrociati di natura più politica che tecnica. Gli unici a pagarne le conseguenze sono, come sempre, i cittadini.

in avanti importanti per Pedemontana e

zione sia in grado di proporre infrastrutture che siano in grado di dare un valore aggiunto, anche sotto l’aspetto ambientale.

Il consenso di Comuni ed Enti vari è da sempre uno dei nodi critici nel progettare e realizzare un’infrastruttura. Come si riesce a superare questo ulteriore ostacolo? La Regione Lombardia utilizza uno strumento estremamente utile che è l’accordo di programma, ergo un grande tavolo a cui siedono tutti gli enti locali che giudicano a maggioranza, esprimendo opinioni in modo chiaro. Siamo convinti che sia indispensabile costruire le infrastrutture e qualsiasi atteggiamento pregiudiziale nei confronti di queste opere ci trova assolutamente contrari; parallelamente riteniamo che la tecnologia di costru-

In cosa consiste questa tecnologia di costruzione? Costruiamo senza pedaggio, non ci sono più i caselli ma un rilevamento remoto. Utilizziamo materiali ecocompatibili quali vernici fotocataliche che assorbono l’inquinamento, i pannelli solari, impianti di biomassa lungo il bordo autostradale in grado di generare energia elettrica che viene messa a disposizione gratuita di tutti i cittadini e aziende agricole; usiamo inoltre dei sistemi innovativi per la sicurezza stradale e il rilevamento del traffico e degli incidenti. Si tratta quindi di opere che non hanno nulla a che vedere con la Milano-Bergamo di oggi.

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un portfolio di interventi di circa 18 miliardi di euro. Nel 2009 si potranno vedere i primi risultati con l’apertura dei nuovi Ospedali la conclusione della prima fase dei lavori al Niguarda di Milano; per il 2009 sono attese le aperture dei cantieri delle autostrade BresciaBergamo-Milano, Cremona-Mantova e passi Tangenziale Esterna di Milano.


Infrastrutture per lo sviluppo Infrastrutture Lombarde non è solo strade e autostrade ma anche ospedali, nuove costruzioni e nuova sede della Regione Lombardia. Qual è l’elemento innovativo che unisce tutte queste opere? Ci sono molti elementi innovativi, materiali di grandissimo pregio e valore ecocompatibile. Siamo riusciti ad ottenere la realizzazione della nuova sede regionale, il palazzo più alto in Italia, ad emissione zero. Useremo pannelli solari di facciata e non verrà utilizzato alcun combustibile inquinante per il funzionamento del complesso; attraverso pompe di calore tutta l’energia termica necessaria al riscaldamento e al condizionamento degli edifici sarà ottenuta dall’acqua della falda. Stiamo usando delle tecniche che per la prima volta in Italia ci permetteranno di ottenere il bollino blu americano sugli edifici ecocompatibili. Nel complesso dell’edilizia sanitaria stiamo costruendo 5 ospedali per complessivi 2.400 posti letto subintensivi, un intervento mai fatto negli ultimi 400 anni. Stiamo realizzando degli ospedali che sono totalmente autonomi sotto il profi lo dell’assorbimento elettrico e saranno realizzati in tre anni, invece dei soliti nove o dieci anni. Il valore maggiormente innovativo è il sistema di project management che permette di garantire tempi, qualità e costi che devono essere rispettati. Ci stiamo muovendo con un efficienza uguale a quella dei privati, dimostrando che il sistema pubblico funziona. C’è un’opera a cui si sente più legato? Direi di no. Sono nato ingegnere e morirò ingegnere. Vivere la realizzazione di un’opera significa vivere un’esperienza unica. Sono tutti interventi impegnativi: stiamo facendo investimenti di un miliardo di euro in opere di edilizia terziaria, stiamo lavorando su edifici storici e culturali di grande valore, siamo stazione appaltante per 12 miliardi di euro di autostrade. La realizzazione di queste opere vale come una finanziaria. Possiamo dire di aver vinto una sfida importante. Cosa della sua esperienza di manager pensa di aver portato in Infrastrutture Lombarde e CAL? Il Project management, il metodo che ti permette di realizzare ogni attività imprenditoriale, serve per costruire una fabbrica ma anche per ideare quella fabbrica. È indispensabile per prevenire i problemi, sensibilizzarsi sui punti di criticità, conoscere bene ogni materia che alla fine compone il puzzle dell’opera. Essere project manager significa essere in grado di fare qualsiasi cosa e al contempo avere la consapevolezza che nell’arco della tua giornata avrai dieci problemi da risolvere e riuscirai a risolverne solo tre. Non solo, cerco di mantenere una struttura costituita da persone giovani, con grandissimo senso della responsabilità, entusiasmo, consapevoli che realizzare un’opera significa portare a compimento un pezzo della loro vita. È quello che succede in Infrastrutture Lombarde dove la gente è continuamente motivata, lavora senza orario e sempre con entusiasmo. Mi affido a molti giovani, pensi che ho 48 anni e sono il più vecchio. Ci sono persone che hanno la responsabilità di cantieri di 120 milioni di euro, hanno 33 anni e il 70% sono donne. | Nella doppia di apertura: i masterplan del casello della nuova autostrada regionale Broni Stradella-Pavia-Mortare che sarà conclusa entro la fine del 2012 Nella pagina a fianco: il nuovo Ospedale Beato Giovanni XXIII di Bergamo che sarà concluso nel marzo 2009 Sopra: Il nuovo Ospedale Sant’Anna di Como che sarà concluso nell’aprile 2009; il nuovo Ospedale di Legnano che sarà concluso nell’aprile 2009; il nuovo complesso Ospedaliero di Vimercate che sarà terminato nel marzo 2009.

Senza entusiasmo, non si è mai compiuto niente di grande. Ralph Waldo Emerson www.calspa.it www.ilspa.it

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Marketing di successo

il caso Yamaha

Il direttore mktg Paolo Pavesio, racconta la strategia di successo che ha portato la casa motociclistica di Valentino Rossi ai vertici delle vendite. Le nuove sfide? Conservare i risultati con investimenti più “attenti” testo di Desirèe Cividini

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Sport biz Sotto: Il T-MAX, scooter Yamaha che ha venduto dal 2001 al 2007 circa 10mila esemplari A sinistra e a pag. 66: Paolo Pavesio, direttore marketing di Yamaha A pa. 67: Valentino Rossi in sella alla sua Yamaha

E’ un successo che viaggia su due ruote e che corre veloce come il numero 46, quello con cui Yamaha ha conquistato 3 degli ultimi 5 mondiali MotoGP. Anche se la fortuna dello storico marchio, famoso in tutto il mondo per aver costruito miti su due ruote, non è legata solo ad un numero, quello del fuoriclasse Valentino Rossi, ma a tutti coloro che 28 anni fa, anno di fondazione della fi liale italiana del gruppo, hanno colto una sfida impegnativa ma affascinante: promuovere le moto Yamaha in Italia. La scommessa è stata vinta, ma dietro ai successi ottenuti sui circuiti internazionali e ai record di vendite, c’è una storia fatta non solo di prodotti e tecnologie all’avanguardia, ma soprattutto di uomini che, come nel caso di Paolo Pavesio, direttore marketing e comunicazione di Yamaha, lavorano affinché il marchio continui a scrivere pagine importanti nella storia delle due ruote.

Nel 2007 la filiale italiana di Yamaha Motor ha stabilito il record di fatturato, arrivando a quota 502 milioni di euro. Un risultato che gli ha permesso di consolidare la leadership europea tra le filiali della casa dei tre diapason e di attestarsi al quarto posto nel ranking mondiale di Yamaha Motor Company. Qual è la formula vincente alla base di questi successi? Il successo è il risultato di una serie di componenti, non ultimo il fatto di aver presentato prodotti nuovi, alcuni dei quali pensati per il mercato italiano. Tra questi non possiamo non citare il TMAX, che ha cambiato la storia dello scooter nel nostro Paese, vendendo dal 2001 al 2007 una media di circa 10.000 esemplari all’anno con un prezzo – ed una qualità di guida – superiore a quello di tutti i concorrenti. Lo stesso vale per la FZ6, che è stata tra le moto costantemente più vendute sul mercato italiano ed

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europeo. Prendiamo anche la MT- 03, prodotta proprio negli stabilimenti di Gerno di Lesmo: solo nel 2006 ne sono stati venduti 4 mila esemplari, e ad oggi siamo prossimi a quota 10.000. La nostra formula vincente, dunque, è stata quella di aver avuto la capacità di creare dei prodotti che sul mercato italiano hanno riscosso un particolare successo. A questo si aggiunge l’aver lavorato per aggiungere valore a questi prodotti, investendo sull’organizzazione di eventi dedicati ai nostri Clienti, sulla qualità della rete, su una comunicazione differenziante rispetto ai concorrenti. Il mondiale 2008 vinto da Valentino Rossi e lo stesso pilota sono due spinte importanti per la Yamaha. Ma quanto ha contato e continua a contare l’immagine del “46” Rossi per il marchio? Si può quantificare il suo valore aggiunto a livello di vendite e immagini? Riuscire a quantificare il suo valore per quanto riguarda le vendite è praticamente impossibile, però provocatoriamente posso dire che per Yamaha Valentino Rossi rappresenta sì un risorsa importantissima, ma anche un rischio. Mi spiego meglio: se l’attenzione che il numero 46 riesce a catalizzare sul marchio non trovasse riscontro nella qualità dei prodotti, per la nostra azienda sarebbe un insuccesso. Yamaha, al contrario, è stata in grado di accendere questo riflettore su una serie di prodotti che hanno riscontrato un alto gradimento da parte dei clienti. Il 46, quindi, non è la pozione magica. Investire sull’immagine è importante ma non sufficiente a decretare il successo di un marchio. Questo Yamaha lo sa bene: per questo ha lavorato alla ricerca dell’eccellenza non solo sulla pista, ma soprattutto sui prodotti che mette ogni giorno a disposizione dei sui clienti.

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Internet, carta stampata, televisione, i canali della comunicazione sono ormai numerosi. Qual è il più efficace e quello in cui Yamaha investe maggiormente e perchè? Uno dei rischi più grandi che Yamaha ha corso in questi anni è legato all’investimento per la campagna di comunicazione in televisione. Per il nostro marchio ha rappresentato un rischio in quanto non ci sono altri player due ruote che abbiano scelto il piccolo schermo come canale di comunicazione, visti gli alti costi d’accesso che lo caratterizzano. Nel 2007, invece, Yamaha ha scelto di correre questo rischio e di investire circa il 40 per cento del budget. Oggi possiamo dire che è stata una scommessa fortunata, in quanto ci ha permesso di catalizzare ulteriore attenzione sul marchio, raggiungendo un target più ampio rispetto a quello a


Sport biz

La nostra formula vincente è stata quella di aver avuto la capacità di creare dei prodotti che sul mercato italiano hanno riscosso un particolare successo. A questo si aggiunge l’aver lavorato per aggiungere valore a questi prodotti, investendo sull’organizzazione di eventi dedicati ai nostri clienti, sulla qualità della rete, su una comunicazione differenziante rispetto ai concorrenti

cui eravamo abituati. Basti pensare che nel 2007 Yamaha ha raggiunto per la prima volta il primo posto nella classifica di vendite moto in Italia: il risultato è dovuto a diversi fattori e tra questi, c’è senz’altro una strategia di comunicazione rischiosa ma innovativa. Ma ripeto, questo è stato un grande rischio, perché se le cose non fossero andate bene ci saremmo ritrovati con una coperta molto corta per lavorare su azioni correttive.

La divisione Marketing & Communication nasce nel 2006. Quali erano gli obiettivi iniziali, quali di questi sono stati raggiunti e quanto ancora rimane da fare? L’obiettivo principale era quello di riuscire a centralizzare in questa divisione la strategia promozionale e ciò che è necessario affinché questa strategia funzioni, ovvero la comunicazione. Un obiettivo che negli ultimi anni ci ha portato a rimboccarci le maniche e a lavorare per fare in modo di riuscire a trasmettere sul mercato un’immagine che corrispondesse a ciò che è Yamaha: un marchio forte, con una personalità ben distinta. Direi certamente il più europeo tra i brand giapponesi. Per i prossimi anni ci attende una sfida tutt’altro che semplice: con un mercato sempre più in calo e con uno stress sui costi non indifferente, noi dovremo essere in grado di rimanere coerenti con la strategia adottata fino ad ora. In pratica dovremo essere capaci di rimanere ben visibili e posizionati sul mercato puntando però su investimenti più attenti. E con un budget più limitato il vero asso nella manica si chiama creatività. |

La forza mentale fa parte del carattere, non si può studiare a tavolino. Si è forti di testa se si riesce a rimanere sereni e divertirsi anche quando le cose non vanno bene, e se si riesce a non perdere mai la fiducia in se stessi e nel lavoro di squadra. Valentino Rossi www.yamaha-motor.it

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La ricetta fieristica di

Brixia

Expo

L’ad Marco Citterio spiega la fi losofia del polo bresciano che punta alla qualità, alla progettualità e alla territorialità per guadagnarsi uno spazio di tutto rispetto nel panorama fieristico nazionale testo di Laura Di Teodoro

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Mondo fieristico

Una fiera vista e costruita come fosse una grande piattaforma per imprese e società, un luogo di incontro, di scambio e di rilancio per l’economia locale, senza dimenticare il mercato internazionale. Una direttrice che Marco Citterio segue e persegue dal 2007, anno del suo approdo a Brixia Expo, Fiera di Brescia, e arrivata oggi a toccare risultati importanti: con oltre 130 mila visitatori e un fatturato totale di 3,5 milioni di euro nel 2007, il polo bresciano ha registrato il 30% in più rispetto al 2006. E per Expo 2015 è in cantiere l’idea e il progetto di creare una holding che colleghi i quartieri fieristici lombardi.

traurbani. Come riescono a “sopravvivere” i piccoli quartieri, soprattutto in questo periodo di crisi? Oggi la situazione fieristica in Italia è alquanto caotica perché conta più di 370 quartieri contro i 5 tedeschi e 4-5 francesi. Non solo, dopo l’apertura di Rho-Pero e della concorrenza romana, i quartieri fieristici si sono trovati in mezzo a un grande terremoto che ha scombussolato le politiche di gestione. Di fronte a questo scenario le piccole realtà tra cui Brixia Expo, stanno cercando di riportare l’attenzione su un discorso di localismo rispetto alle passate velleità di internazionalizzazione.

La Fiera di Brescia è nata e cresciuta come spazio cittadino, contrapponendosi così ai classici poli fieristici ex-

Da dove bisogna partire per riportare le Fiere entro certi confi ni? Prima di tutto soffermandosi sul signi-

ficato di “Fiera” come piattaforma dove posizionare i prodotti da vendere, che è poi il motivo per cui erano nate tutte le fiere in Italia. Questo andava bene nella misura in cui si mettevano in evidenza le eccellenze del territorio. Oggi che il mercato è cambiato la piattaforma va pensata diversamente, non solo a servizio delle imprese, ma soprattutto a servizio dei bisogni della società, dai giovani agli anziani. La missione della Fiera è legata ai valori dell’area, in grado di attivare operatività e servizi globali, dagli aspetti culturali, alle relazioni commerciali e di settore, per arrivare all’internazionalizzazione. Inoltre, il polo fieristico bresciano emerge sempre più come realtà in grado di assicurare competenze diff use, di essere un incubatore di progettualità, uno strumento di aggregazione dei pro67


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tagonisti della vita economica e, al tempo stesso, un laboratorio permanente dove convivono servizi, produzioni, cultura, sviluppo delle reti, design, innovazione e trasferimento tecnologico. È quello che sto cercando di fare da due anni a questa parte: sono partito portando a Brescia Roberto Benigni, Fiorello e per l’anno prossimo sono già in calendario partecipazioni di Nek, Fiorello, Laura Pausini, Tiziano Ferro e Lang Lang, pianista che ha aperto le Olimpiadi a Pechino. Ci sono inoltre tutte le iniziative quali “Vacanze Weekend”, “BresciaCasa”, “Made in Steel”. Insomma stiamo lavorando per tornare con i piedi per terra, vicino ai bisogni reali della gente e delle aziende in vista degli effetti negativi che presto questa crisi fi nanziaria farà sentire: alcuni imprenditori cercheranno di rientrare rispetto a certi processi di internazionalizzazione. Questo tipo di processo riguarda e interesserà solo una parte di imprese: non le balene, ergo quelle grosse che sono ormai un genere in via di estinzione, non i lupi (le medie imprese) che si muovono in branco, ma le piccole aziende, che mi piace defi nire le formiche dell’economia italiana. Penso sia necessario e indi68

spensabile tornare a ragionare in termini di distretti industriali e di localismo. Cosa può fare il sistema fieristico? Per evitare che le spese di rappresentanza alle fiere diventino le prime voci da tagliare dal bilancio delle imprese, sarà da valutare un nostro riposizionamento come moltiplicatore di fiducia per gli imprenditori, punto di appoggio e di incontro anche per chi vuole aff rontare processi di internazionalizzazione. Alla crisi rispondiamo con la creatività, creando opportunità nuove. La Fiera deve diventare l’accompagnatrice di un insieme di imprese verso i nuovi mercati. Da questa consapevolezza è nata Exa International che sarà un’occasione importante per portare i nostri imprenditori dell’edizione bresciana di Exa a Toronto e di Made in steel a Dubai. È un discorso che sto costruendo in collaborazione con la Regione Lombardia. L’internazionalizzazione del quartiere fieristico va visto come il momento e il luogo dove le imprese si incontrano e vengono accompagnate all’estero per avviare e concludere affari. In fondo


Mondo fieristico le fiere sono “business relationship platform”. Più che il prodotto, ciò che conta è l’incontro tra le persone e le idee per creare e tracciare percorsi futuri. Cercando di contenere i costi, quindi, ci stiamo facendo carico del periodo difficile, offrendo alle imprese la possibilità di vincere sfide nuove e vecchie ed evitare processi di cannabilizzazione, puntando soprattutto sulla promozione delle autonomie locali. Guardando invece ai bisogni della comunità cosa state costruendo sulla vostra piattaforma? Per i giovani è in programma “Connessione campus” con più di 30 mila ragazzi che dovranno valutare le opportunità per il proprio percorso di studi. Qui gli insegnanti dovranno essere in grado di delineare un sentiero di vita ai ragazzi, spiegando nel dettaglio offerte e possibilità.

riferimento e l’effettiva logistica dei padiglioni. Sono coinvolti circa 180 Paesi e Fiera Milano non può fare tutto da sola. Come poli periferici dobbiamo essere in grado di attrezzarci per questo, passando attraverso quel discorso di internazionalizzazione integrata e ragionata con le imprese e Regione Lombardia. Se riusciamo a creare un network possiamo avere un ruolo importante sulla logistica. Diverso è il discorso per i grandi quartieri di Roma e Rimini che potrebbero giocare un ruolo sul flusso che arriverà. Un altro elemento sul quale si potrebbe ragionare è il tema dell’Expo, l’alimentazione. Siccome nei nostri poli fieristici vanno in scena una serie di manifestazioni legate a quel tipo di argomento, si potrebbe cominciare a organizzarci per arrivare al 2015 con iniziative comuni, creando un ulteriore ponte tra le pro-

Invece di domandarci cosa può fare Expo 2015 per noi chiediamoci il contrario. La mia idea è di fare una holding di scopo dei quartieri fieristici lombardi e costruire un certo ragionamento con il Comitato di riferimento circa il contributo che i nostri 300 mila metri quadrati di fiere, esclusa Milano, potrebbero dare all’evento Alla luce di quanto ha detto come si pongono i piccoli quartieri fieristici nei confronti di Expo 2015? In molti vedono questo evento come una vacca da mungere. Invece di chiederci cosa Expo 2015 può fare per noi, poniamoci la domanda al contrario: cosa possiamo fare noi per l’Esposizione mondiale? La mia idea è di fare una holding dei quartieri fieristici lombardi e costruire un certo ragionamento con il Comitato di riferimento circa il contributo che i nostri 300 mila metri quadrati di fiere (esclusa Milano) potrebbero dare all’evento. Da quanto ho visto anche all’Expo di Saragozza, secondo me, dovremmo essere in grado di costruire una piattaforma logistica per i Paesi che partecipano all’Esposizione del 2015, su cui pianificare tutti i servizi tra cui l’organizzazione delle delegazioni, defi nire i punti di

duzioni locali e il consumo locale e toccando, nello specifico, il problema degli scarti alimentari e del packaging. Quali sono le principali novità per il 2009? Per la Mille Miglia in programma a maggio stiamo organizzando un evento che entrerà nel Guiness dei primati: posteggiare mille auto così da creare il logo della manifestazione nel nostro parcheggio. Per febbraio invece è in programma Smau Local, progetto che rientra nella mia idea di creare nuovi eventi attraverso una serie di alleanze con chi già organizza fiere altrove. |

Marco Citterio, amministratore delegato e direttore generale di Brixia Expo, è nato a Brenna (Como) nel 1940. Ha iniziato la sua carriera nel 1963 come segretario generale dell’Associazione Provinciale Artigiani di Como fino al 1997. Dal 1993 al 2004 ha ricoperto l’incarico di presidente della Camera di Commercio di Como; dal 2003 al 2004 è stato presidente di Unioncamere Lombardia. Molti gli altri incarichi che lo hanno visto in primo piano nell’economia lombardia: presidente di Univercomo (Consorzio per lo sviluppo dell’Università di Como) dal 1994 al 2003; presidente di Lariofiere (Elmepe) dal 1996 al 2005; presidente della Mostra dell’Artigianato dal 1989 al 1990; presidente della Pedemontana Lombarda SPA dal 1999 al 2003; presidente del “Tessile di Como” scarl dal 1995 al 1997. Attualmente, oltre ad essere amministratore delegato della Fiera di Brescia è Presidente della Tecnocamere Scrl di Roma; Presidente della CiTRE Engineering Srl Cantù; Presidente del “Comitato di Borsa del Recupero”; Presidente della Commissione Ambiente e responsabilità società di Unioncamere-Roma; Presidente del Comitato Locale Pedemontana Lombarda di Unicredit; Consigliere d’amministrazione dell’Ecocerved Srl Bologna, Servicecamere Srl di Roma, Tecnocamere Scrl di Roma; Revisore dei conti di Unioncamere Roma; Consigliere della Camera di Commercio di Como; Consigliere di Assocamerestero Roma; Coordinatore della “Consulta Economica” del Gruppo Interfidi di Varese.

Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità; un ottimista vede l’opportunità in ogni difficoltà. Winston Churchill

www.brixiaexpo.it

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K-idea,

l’innovazione corre lungo il Kilometro Rosso Il premio alle idee innovative. Roberto Vacca, presidente del comitato, spiega la fi losofia del concorso: “è importante investire in Ricerca e Sviluppo” testo di Laura Di Teodoro fotografie di Vincenzo Lombardi

Mini robot che possono intervenire chirurgicamente, una bicicletta che consente di ottenere i massimi risultati con il minimo impiego possibile di energia, algoritmi fonici che riescono ad identificare, dal verso degli animali, se un soggetto è affetto da patologie e ancora, un metodo che consente di rilevare la caratteristica metallica nei materiali, senza toccarli, attraverso delle proprietà luminose e nuovi tipi di rotanti che sostituiscono i classici pistoni. Sono questi i cinque progetti innovativi premiati all’interno del progetto K-Idea, voluto e organizzato dal Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso, in collaborazione con BergamoScienza e dedicato alla divulgazione di intuizioni, idee e invenzioni di singoli ideatori e inventori di processi, prodotti, metodologie e servizi. Il Comitato di selezione, presieduto dal tecnologo e divulgatore Roberto Vacca, e composto da esperti di innovazione e cambiamento, ha esaminato ben 110 proposte, molto varie sia per ambito applicativo e disciplinare, sia per età, estrazione professionale e scolastica dei proponenti, sia infine per provenienza geografica. Alla fine ha selezionato le cinque migliori: Marco Girasole, con il “Metodo ottico per monitorare l’indurimento di materiali a base metallica”; Francesco Cozzo con “25cc: Velocipede inerziale ad alte prestazioni”; Sara Ferrari con “Bioacustica a supporto della gestione sanitaria dell’azienda zootecnica”; Pietro Cerveri con 70

“Tecnologie robotiche per la visione in chirurgia mini-invasiva transluminale endoscopica”; Giovanni Donato con “CRT: Motore endotermico a pistoni rotanti”. Il Comitato era composto da esperti di innovazione e cambiamento quali Paolo Crippa (responsabile dello Sviluppo Business Italia di Jacobacci&Partners), Guido Romeo (giornalista di Nòva – Il Sole 24Ore), Mirano Sancin (direttore generale e consigliere delegato di Kilometro Rosso), Mario Salvi (responsabile scientifico di Bergamo Scienza), Stefano Scabbio (amministratore delegato di ManPower) e Stefano Scaglia (vicepresidente di Confindustria Bergamo per l’Innovazione). Sono state inoltre segnalate 22 proposte meritevoli d’attenzione, che riguardano i settori dell’energia, della logistica, il biomedicale, l’ambiente, la meccanica, il design. Grazie a K-Idea sono nate e si sono concretizzate idee e progetti “di ottimo livello”, come ha spiegato lo stesso Roberto Vacca, presidente del Comitato di selezione. Il premio K-Idea ha permesso a inventori, persone creative, ideatori, spesso al di fuori di ambiti aziendali e accademici, di farsi conoscere, dimostrando che la creatività e la voglia di innovare ci sono. Come fare ad intercettare queste idee? Ci sono inventori e creativi indipendenti che lavorano isolati. È bene che gli imprenditori li ascoltino e diano loro aperture: il


Innovazione & ricerca

premio K-Idea è stato uno stimolo innovativo in questo senso. Accade, però, che anche inventori professionisti trovino poco ascolto: anche loro meritano maggiore attenzione. K-Idea ha pubblicizzato anche alcuni di loro che hanno fatto proposte innovative di ottimo livello. Un ostacolo che spesso blocca le innovazioni esterne a certe aziende è la sindrome in inglese chiamata NIH (Not Invented Here: “Non piace perché non è stato inventato qui”). Quali sono stati i criteri di selezione delle idee vincenti? Plausibilità, originalità, utilità, apparente possibile applicazione. La selezione effettuata da un gruppo di esperti in brevetti e in vari settori tecnologici e scientifici non intendeva, né avrebbe potuto, dare patenti di validità e realizzabilità alle proposte presentate. Ciò avrebbe richiesto un esame lungo e approfondito e l’esecuzione di

prove e controlli. Tali attività esulavano dal concetto di K-Idea: saranno svolte da imprenditori interessati. La percentuale di investimento nella ricerca e innovazione in Italia continua ad essere tra le più basse: Finlandia, Cina, India, Taiwan e Singapore, aumentano il numero di brevetti e investimenti in R&D del 20% l’anno, in Italia crescono dell’1,8%/anno. E le prospettive non sono positive. Come mai non si riesce a capire che proprio da questo settore possono arrivare le ricchezze del futuro? È vero: la Commissione Europea con l’“Eurobarometro” confronta da anni i livelli economici, industriali, innovativi dei 25 Paesi dell’Unione e mostra che l’innovazione dell’Italia calcolata in base a numero di brevetti per milione di abitanti, investimenti, percentuali di lavoratori addetti alla ricerca, laureati e diplomati in settori tecnico-scientifici, lavori

scientifici pubblicati su riviste di alto livello, è sotto la metà della media europea. I decisori che non capiscono che l’innovazione genera cultura e prosperità economica, non leggono questi documenti e non possono fare analisi socio-economiche adeguate a produrre efficaci piani di investimento in ricerca. Cosa intende Roberto Vacca per innovazione? Pratica applicazione di invenzioni e scoperte scientifiche a progetto e produzione di nuovi prodotti. Sviluppo di nuovi ritrovati tecnici e miglioramento dei processi di produzione e organizzazione. La ricerca di base è prerequisito dell’innovazione. In un suo articolo, nel 2003, lei ha scritto: “In Italia, dunque, sono strozzate scienza e ricerca. Occorre una rivoluzione culturale vera. Miriamo meno 71


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alla qualità della vita e più alla qualità dei viventi. Saremo più liberi quando sapremo di più”. Si pensa ancora troppo alla qualità della vita o sta cambiando qualcosa? Investono poco in ricerca sia gli enti pubblici e le università, sia le aziende private. Pochi giovani scelgono corsi di studio tecnici o scientifici. Non sono motivati e il loro interesse non è stimolato. TV, radio e giornali parlano di calcio, cucina, moda, pettegolezzi, gare, automobili e salute, ma non di scienza e tecnica. La qualità della vita (e se ne parla in modi distorti) non è fatta solo di mangiare e bere bene, vestire con eleganza e stare in buona salute. Il pubblico deve essere motivato a pensare alla qualità dei viventi: alla propria qualità. È più umano chi sa: padroneggiare strumenti di indagine (anche matematici),

ghino e diffondano al pubblico i risultati raggiunti nell’alta tecnologia. Occorre anche collaborare nella ricerca con altre aziende del proprio settore. Nel suo libro “Anche tu fisico” scrive: “Gli scienziati capiscono e divulgano conoscenza fin dagli albori della civiltà. Eppure milioni di americani ed europei ignorano concetti insegnati da secoli in tutte le scuole”. Torna il concetto di qualità, in questo caso sul fronte della formazione. Di chi è la colpa, delle scuole, delle università o dell’uomo che continua a “snobbare” il sapere? Sono colpevoli tutti quelli che si occupano di cose semplici e ripetitive che degradano l’intelletto, invece di imparare continuamente gustando il piacere di svolgere compiti complessi (che diano

L’innovazione è la pratica applicazione di invenzioni e scoperte scientifiche a progetto e produzione di nuovi prodotti. Sviluppo di nuovi ritrovati tecnici e miglioramento dei processi di produzione e organizzazione. La ricerca di base è prerequisito dell’innovazione comprendere meglio quantitativamente il vasto mondo attorno a noi (studiando scienza e tecnica), prevedere eventi futuri e pianificare l’avvenire, leggere i pensieri concepiti e scritti dai grandi intelletti che ci hanno preceduto o che sono vivi fra noi e ignorati o considerati come marziani. Un risultato interessante di K-Idea è che ha suggerito in modo stimolante: “Pensate a cose serie”. Di cosa ha bisogno il tessuto economico e imprenditoriale di oggi? Ha bisogno di investire molto di più in ricerca e sviluppo. L’elenco delle 100 aziende che investono di più in questi settori nel mondo, ogni anno ne include solo un paio italiane. Va seguito l’esempio di Finmeccanica, di STMicroelectronics, di Brembo S.p.A. e di altre aziende (non numerose) che investono un’alta percentuale del fatturato in ricerca e sviluppo e annoverano un’alta percentuale di ricercatori fra i loro dipendenti. Naturalmente non basta investire tanto: occorre investire bene. Per farlo occorre disporre di un ottimo servizio di documentazione, ingaggiare comunicatori abili che spie72

frutti interessanti), di inventare cose che prima nessuno aveva immaginato. E’ colpevole chi fa e ascolta discorsi ripetitivi su cose o eventi banali: perde tempo e lo fa perdere. È colpevole chi decide i palinsesti di stazioni TV e li riempie di canzoncine, giochetti, concorsi, chiacchiere vuote – invece di mostrare all’audience che il mondo è più grande, più intricato, pieno di risorse e di misteri da scoprire – e lo può fare solo chi è sveglio, non chi è pigro e ripete i propri preconcetti come giaculatorie. Cosa direbbe a un giovane laureato che vorrebbe lavorare nel settore della ricerca? Di trovarsi buoni maestri, possibilmente appartenenti ad aziende o centri di ricerca avanzati. Di essere modesto e imparare da chiunque ne sappia più di lui. Studiare, studiare e ancora studiare e alla fine quello che farà sarà un divertimento. |

www.kilometrorosso.com Per conoscere i progetti e i volti protagonisti di K-Idea si può visitare il sito www.businessgentlemen.it – Canale “Eventi Biz

Diventare imprenditori. Il concorso di UBI-Banca Popolare di Bergamo Diventare imprenditori di successo? Da oggi lo si impara sui banchi di scuola. E’ il caso dei ragazzi della classe V C dell’Istituto tecnico agrario di Bergamo che, con il patrocinio e l’assistenza della Banca Popolare di Bergamo, grazie al progetto “Le castagne della Valle del Lujo”, hanno vinto il concorso nazionale “Sviluppa la tua idea imprenditoriale”. Dopo aver superato la selezione a livello provinciale e regionale, il progetto degli studenti bergamaschi si è confrontato con il lavoro svolto da altre undici classi provenienti dalle diverse regioni italiane, risultando il migliore di fronte a una giuria composta da imprenditori, giornalisti, professori universitari ed esponenti della Commissione europea e delle istituzioni italiane. Il concorso, che è stato organizzato dal consorzio PattiChiari e ha coinvolto 800 scuole in dodici città italiane, è stato ideato per trasmettere ai ragazzi le nozioni basilari che favoriscono una reale conoscenza delle regole economiche e per offrire una preparazione di base utile per integrarsi e partecipare attivamente alla circostante realtà sociale, culturale, professionale ed economica. Dopo aver partecipato ad un workshop sul tema del “fare impresa”, con l’obiettivo di sviluppare un vero e proprio Business Plan e far apprendere le nozioni primarie necessarie per pianificare in termini economici un’attività imprenditoriale, i ragazzi hanno lavorato alla realizzazione del progetto che sio propone di riqualificare gli antichi castagneti da frutto della valle del Lujo per restituirli ad una fruizione sicura e consapevole da parte degli escursionisti e dei turisti. “Siamo orgogliosi come Banca Popolare – ha commentato Omar Francotti, referente Bpb del progetto – di aver contribuito alla creazione nelle generazioni più giovani di una cultura economica dalle basi solide e capillarmente diffusa. Ma ancor di più siamo orgogliosi del progetto vincitore, che ben rappresenta una delle tante eccellenti peculiarità della terra bergamasca a cui Banca Popolare di Bergamo da sempre presta attenzione”.

B&G n.1 – La sfida di Intellimech: quando è vantaggioso collaborare tra competitor – p.31 Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui. Ezra Pound


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L’accesso femminile alla business élite

In Italia cresce il numero delle donne che hanno posizioni di potere nelle aziende, ma il gap rispetto ai maschi è ancora alto: solo il 6,7% dei ruoli nei cda è rosa a cura della redazione

Il numero delle donne che nel nostro Paese siedono nei consigli di amministrazione delle aziende italiane è aumentato nel corso degli anni, ma la carenza di quote rosa nella “business élite” è ancora evidente. È quanto emerge da uno studio realizzato da Michela Gamba, ricercatrice per l’Organizzazione e cooperazione sviluppo economico (Oecd), insieme ad Andrea Goldstein, nel quale si analizza il ruolo delle donne nei consigli di amministrazione delle aziende italiane. Partendo dall’analisi di dati relativa alla presenza femminile nei Cda italiani, con approfondimenti sulle caratteristiche personali delle donne e dei social networks, il paper dimostra che non solo le donne sono meno rappresentate nei consigli di direzione delle aziende rispetto ad altri paesi dell’Oecd, ma anche che i centri direttivi delle aziende sono meno aperti alle donne rispetto ad altri centri di potere, come ad esempio la pubblica amministrazione e la libera professione. Una constatazione che emerge da un’attenta osservazione dell’evoluzione del ruolo femminile in ambito lavorativo dal 1934 ad oggi: seppure l’Italia, con una percentuale del 6,7 per cento di donne nei Consigli d’amministrazione delle aziende, si colloca in una buona posizione rispetto al contesto internazionale, la predominanza maschile nei ruo-

L’Italia, con una percentuale del 6,7 per cento di donne nei Consigli d’amministrazione delle aziende, si colloca in una buona posizione rispetto al contesto internazionale. La predominanza maschile nei ruoli di dirigenza, che si attesta al 96,8 per cento, è ancora elevata. 74

li di dirigenza, che si attesta al 96,8 per cento, è ancora elevata. E a parità di posizione professionale una donna percepisce tre quarti di uno stipendio di un collega maschio. Dati poco incoraggiati se si considera anche che l’indice di disparità di genere calcolato dal World Economic Forum, su 128 paesi in graduatoria, vede l’Italia posizionarsi all’84° posto, ultima in Europa. Ma se nel nostro Paese le donne faticano ancora ad arrivare a ricoprire posizioni di potere, dalla Camera di Commercio di Milano arrivano notizie positive sul fronte dell’imprenditoria femminile: un’impresa su cinque in Lombardia è in rosa. Sono infatti quasi 168 mila le imprese femminili attive al primo semestre 2008, su un totale regionale di oltre 812 mila, con una crescita del 6,2 per cento in cinque anni. Ubicate soprattutto nel-


Economia in rosa

la provincia di Milano, dove si concentra con 69.724 imprese il 41,5 per cento del totale regionale (in crescita del 9,1 per cento dal 2003), le imprese in rosa vanno forte anche a Brescia (dove si registrano 22.638 imprese, in crescita del 5% dal 2003) e a Bergamo (17.279 imprese, in crescita del 8,3% dal 2003). I settori in cui le donne si stanno maggiormente affermando? In primis il commercio, dove si concentrano ben 46.451 imprese, circa il 27,7 per cento, ma anche l’attività immobiliare, il noleggio, l’informatica e la ricerca con più di 35 mila imprese femminili. Infine, rispetto alla totalità delle imprese, quelle in rosa sono specializzate in servizi pubblici e sociali, di cui costituiscono il 51,1% delle attive nel settore, sanità (37,3%), accoglienza e ristorazione (31,6%) e istruzione (29,7%). Milano si conferma quasi in tutti i setto-

ri leader per numero di imprese femminili, soprattutto nel campo delle attività immobiliari dove conta 20.266 imprese. Brescia si piazza invece al primo posto nel settore agricolo, caccia e silvicoltura con 2.415 imprese. E tra le ditte individuali cresce il peso delle straniere: una ditta femminile su dieci in Lombardia, infatti, ha per titolare una straniera. Ma molto rimane ancora da fare per accrescere il protagonismo femminile nel mondo lavorativo e soprattutto per raggiungere il tasso di occupazione femminile del 60 per cento, obiettivo che i Paesi europei si posero nel 2000 a Lisbona, ma dal quale siamo ancora lontani se si considera che la media europea oggi si aggira sul 57,4 e in Italia riesce a lavorare solo il 46,3 per cento delle donne. La conferma arriva anche da Romano Guerinoni, membro di giunta della Ca-

mera di commercio di Milano: “Le donne - ha dichiarato – sono sempre più attive protagoniste sul mercato del lavoro e nelle imprese. Ma c’è ancora molto da fare per promuovere la presenza femminile . Nella crescita della competitività bisogna premiare il capitale umano, l’istruzione e il lavoro della conoscenza, elementi presenti e diff usi nell’universo in rosa”. |

Date alle donne occasioni adeguate ed esse possono fare tutto. Oscar Wilde www.oecd.org www.mi.camcom.it Per approfondire dati e statische delle imprese in “rosa” in Lombardia si può visitare il sito www.businessgentlemen.it – Canale “Economy”

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L’autonoleggio guarda sempre più al business

Un settore in continua evoluzione legato al turismo, ma con tanti servizi rivolti alle imprese. Focus su Europcar, multinazionale leader in Europa, presente in oltre 160 Paesi nel mondo e che ha vinto anche quest’anno il “Biz Travel Award”. L’intervista al direttore operativo in Italia, Francesco Di Stefano

Un settore in continua evoluzione che ha vissuto negli ultimi anni una sostanziale impennata dei volumi e una diversificazione dei servizi, oltre all’ingresso sul mercato di una serie di nuovi operatori. Il mondo dell’autonoleggio in Italia è oggi molto diverso da come era all’inizio di questo decennio. Legati a doppio fi lo con il turismo, i servizi di noleggio hanno goduto dell’incremento dei viaggi sia di piacere che d’affari. Ma questo aspetto non basta a spiegare un fenomeno sempre più diff uso anche in ambito business. Per le aziende, dalle grandi realtà a quelle più piccole, scegliere di noleggiare un’auto significa godere di un servizio con un costo certo, senza fare investimenti diretti o aff rontare le pratiche per un leasing. E la competizione sul mercato off re prezzi 76

sempre più vantaggiosi. Abbiamo chiesto a Francesco Di Stefano, direttore operativo di Europcar, multinazionale leader in Europa e ai vertici mondiali nell’autonoleggio, di fare una panoramica su questo mondo in continuo cambiamento. L’evoluzione dell’attività di noleggio è completamente cambiata negli ultimi 10 anni. Incremento dei volumi e dei servizi, nuove procedure, l’avvento prepotente di internet. Come si è evoluta la sua azienda in questa prospettiva? L’azienda in questi anni ha dedicato molta attenzione alla ricerca di nuove soluzioni e servizi da off rire ai clienti, garantendo sempre un elevato standard qualitativo. Il cambiamento più rilevante è arrivato dal web che da qualche anno è diventato un

Il settore dell’autonoleggio non ha risentito fino ad oggi in maniera rilevante della crisi generale. Il campanello d’allarme è arrivato per adesso dal business internazionale dove, in particolare negli ultimi mesi, stiamo registrando un calo della domanda legato ovviamente alla riduzione dei flussi turistici di clientela straniera in Italia


Rent & Business

canale determinante e rappresenta ancora oggi una grossa opportunità per raggiungere clienti existing e prospect in maniera efficace e veloce. Quali sono i vostri clienti di riferimento nell’ambito business? E quali i servizi dedicati a loro? I nostri clienti business si possono classificare in: grandi aziende di carattere nazionale ed internazionale, piccole e medie imprese nazionali, aziende di car replacement, focalizzate nell’assistenza su strada e le agenzie di viaggio. Per qualsiasi nostro cliente cerchiamo di trovare soluzioni ad hoc perfettamente in linea con le aspettative del cliente e soprattutto con quelle che sono le sue reali esigenze. Europcar è uno dei brand mondiali nel settore del noleggio. I suoi competitor principali sono Avis ed Hertz. Qual è la filosofia operativa che differenzia Europcar dai suoi rivali? Cerchiamo di differenziarci dai nostri concorrenti puntando in particolare sulla qualità del servizio, sulla cortesia dei nostri addetti al banco e sulla comodità di accesso ai nostri servizi, ga-

rantita soprattutto grazie alla capillarità del nostro network sul territorio (ben 289 uffici solo in Italia). In un settore competitivo come il vostro, il ruolo delle partnership è spesso rilevante per recuperare nuovi target e per offrire valore aggiunto. Qual è la vostra politica in questo senso? Le partnership hanno avuto sempre un ruolo chiave nel nostro business soprattutto perché un partner rappresenta un gruppo di potenziali clienti che riusciamo a raggiungere e che entrano in contatto con il nostro marchio e i nostri servizi. La nostra politica è, e resterà, quella di mantenere una costante attenzione verso il potenziamento di partnership tradizionali (compagnie aeree, carte di credito, hotel) e lo sviluppo di nuove alleanze anche in settori fino ad oggi meno esplorati. Europcar è leader in Europa e in questi ultimi tempi si sta fortemente posizionando a livello corporate anche su nuovi mercati. C’è una strategia precisa su questo fronte? Europcar è stata anche quest’anno la Car Rental Company pre77


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ferita sul mercato Internazionale vicendo il BIZ Travel Award. Possiamo oggi off rire i nostri servizi in ben 162 diversi Paesi, un traguardo che è stato possibile raggiungere soprattutto grazie ad importanti e strategiche alleanze internazionali. Nel 2008 abbiamo concluso l’alleanza strategica con Enterprise, la più importante compagnia di autonoleggio nel nord America, che ci permetterà di sviluppare traffico tra il Nord America e l’Europa. Come state vivendo questo momento di crisi generale? Il vostro settore ne ha risentito? Avete messo a punto delle contromosse specifiche? Il settore dell’autonoleggio risente in maniera rilevante della crisi generale. Il campanello d’allarme è arrivato dal business internazionale dove, in particolare negli ultimi mesi, stiamo registrando un calo della domanda legato ovviamente alla riduzione dei flussi turistici di clientela straniera in Italia; anche il mercato domestico accusa oggi una flessione del traffico rilevante che complica lo scenario generale. Per il 2009 sono state pensate e predisposte delle azioni dedicate che ci permetteranno di fronteggiare le difficoltà di un contesto economico e finanziario certamente non favorevole. Quali sono le nuove sfide a cui Europcar si sta preparando per conservare la sua posizione di leader di mercato? Ogni nuovo anno è più difficile del precedente ed il 2009 sap78

piamo che lo sarà ancora di più. Il lavoro svolto fino ad oggi ci suggerisce di ricorrere costantemente all’elemento novità. Adattarsi alle esigenze del cliente ed anticipare le tendenze del mercato sono i fattori chiave che ci consentiranno di mantenere il vantaggio competitivo acquisito negli anni. |

Europcar, di proprietà della società di investimento francese Eurazeo, è il leader in Europa nel noleggio auto e veicoli commerciali leggeri. Dal marzo 2007, con l’acquisizione di Vanguard EMEA (con i brand National e Alamo), il suo network comprende più di 5.300 stazioni di noleggio in oltre 160 Paesi. Europcar fornisce i servizi ai suoi clienti (aziende e privati) ovunque in Europa, Africa, Medio Oriente, America Latina e nella regione Asia-Pacifico. Escludendo le operazioni di franchising, nel 2007 Europcar ha operato più di 10 milioni di noleggi, con 7700 dipendenti e una flotta superiore a 215.000 veicoli. Il fatturato 2007 ha superato i 2 miliardi di euro.

www.europcar.it



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Fiere, eventi e punti

Soluzioni per le imprese

vendita: l’azienda si veste elegante

La comunicazione visual è uno strumento fondamentale in occasioni di manifestazioni o nei punti vendita. Il caso di Expand, società leader di settore in Europa che ha puntato su qualità, design ed economicità per offrire al mercato una nuova generazione di soluzioni “portatili” Sempre più spesso un corner promozionale o un espositore pubblicitario rappresentano l’unico elemento fisico di un’azienda visibile dalla propria clientela potenziale. In momenti di stagnazione dei consumi, inoltre, i sistemi per la promozione in-store diventano uno strumento molto efficace per stimolare le vendite nel breve periodo. Oggi esistono soluzioni sempre più economiche e di grande impatto estetico: fondali, isole promozionali, mini-stand, espositori pubblicitari portatili. La nuova generazione della comunicazione visual punta alla praticità e al design innovativo. In questo panorama, la maggior produttrice in Europa di espositori pubblicitari e stand portatili è Expand, società svedese con sede a Stoccolma che ha una propria divisione in Italia, specializzata nelle soluzioni visual a 360 gradi. La filosofia Expand si ispira a uno dei presupposti fondamentali della comunicazione visual: l’efficacia di rappresentare il brand. In occasione di eventi, fiere e nell’allestimento di nuovi punti vendita, spesso i clienti non vedono mai la sede, gli uffici o il personale dell’azienda con cui interagiscono. Gli unici elementi che quindi concorrono a creare una certa percezione da parte della clientela nei riguardi di un prodotto, azienda o servizio sono sempre più spesso gli espositori pubblicitari o le isole promozionali. Se sono curati nel design, e particolarmente attraenti, tali percezioni di qualità ed af-

fidabilità verranno immediatamente trasmesse all’azienda o marchio che li utilizza per veicolare la propria comunicazione nei luoghi dove essa interagisce con la clientela potenziale. Ciò accade spesso a puro livello inconscio, dato che il contatto visivo è spesso limitato a secondi. In momenti di flessione della domanda e in periodi di crisi di consumi, come quelli che potremo aspettarci nei prossimi mesi, un maggiore ricorso agli strumenti di promozione “p.o.p.” (ovvero nel punto vendita), rispetto ai media tradizionali, si rivela molto spesso una scelta vincente per le medie e grandi aziende. Le attività promozionali con personale addetto, in negozi, mega-store, centri commerciali o altri ambienti che godono di grande flusso di clientela potenziale, costituiscono infatti una leva di marketing estremamente efficace, soprattutto quando la necessità è quella di ottenere un impatto immediato sulle vendite nel brevissimo periodo. “Tutte le nostre soluzioni – spiega Marco Cenderelli, responsabile Commerciale Expand per il mercato Italiano – sono create per essere trasportate nel luogo di utilizzo, e quindi facilmente montate e smontate anche quotidianamente. Per tale motivo, oltre ad essere particolarmente ricercate nel design, sono progettate per essere semplicissime e velocissime da montare anche da personale non esperto, quali venditori, dimostratori prodotto, hostess e gestori punti 81


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vendita, che possono poi portarseli via in bauli di limitato peso e volume”. Expand propone grandi quinte grafiche modulari, create abbinando in pochi minuti diversi display riavvolgibili e trasportabili in borse, oppure intere isole di presentazione prodotto in centri commerciali, che si ripongono in valigioni. Questi ultimi possono essere poi trasformati in eleganti desk e banchi promozionali, con ripiani in legno o alluminio, scaffalature porta oggetti e brochure. Trattandosi di sistemi standard, ovvero con modularità e dimensioni fisse, risultano particolarmente economici rispetto agli espositori su misura, anche in considerazione del fatto che la loro parte grafica può essere sostituita facilmente anche più volte, essendo stampata in digitale su teli in pvc o carta plastificata. “Purtroppo il mercato italiano è stato invaso negli ultimi anni da prodotti dozzinali di fabbricazione cinese – aggiunge Cenderelli – spesso copie dei nostri articoli. L’utilizzo dei sistemi pubblicitari portatili sia in fiere che nel punto vendita è certamente un’ alternativa molto efficace dal punto di vista del loro ottimo rapporto costo-impatto comunicativo, ma deve essere fatto con articoli che garantiscano la massima affidabilità, caratteristica questa che manca spesso nelle copie cinesi”. Espositori pubblicitari o stand “basta che sia”, di aspetto dozzinale o addirittura difettosi già dai primi utilizzi, si rivelano viceversa molto controproducenti: oltre ad appiattire l’immagine dell’azienda, trasferiranno immediatamente ed inevitabilmente al prodotto o al servizio pubblicizzati tali percezioni di bassa qualità e “dozzinalità”. Tutto ciò può causare un’occasione mancata, e spesso l’unica, per poter avvicinare un cliente potenziale alla propria azienda, farlo entrare in contatto col proprio prodotto o servizio, o con le proprie sedi e personale. |

Nella doppia di apertura: Ecco una quinta grafica enorme, creata affiancando vari espositori riavvolgibili trasportabili in borse o baule In questa pagina, in alto a sinistra: Mini-stand “Expand MediaWall” richiudibile e con grafica sostituibile Sotto: Parete grafica con stampa su tessuto: ideale per ambienti eleganti

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Article

marketing

l’evoluzione della comunicazione business sul web

E-commerce, la logica dei prezzi e il valore del brand. Conta di più il costo di un prodotto o l’importanza della marca? Ecco come funziona questo meccanismo sul fronte internet

L’evoluzione raffi nata del semplice scambio di link: contenuti online che tutti possono ripubblicare. Una strategia che genera traffico, migliora la reputazione, incrementa la brand awareness e la link popularity

di Daniela Andreini - Ricercatore in Marketing, Docente di Marketing e Commercio elettronico alla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bergamo. Marianna Pagano - Neo-laureata presso la Facoltà di Economia dell’ Università degli Studi di Bergamo con una tesi dal titolo “Article Marketing: teoria e applicazione pratica”

L’article marketing è un’attività di comunicazione aziendale che si realizza online ed è considerata l’evoluzione raffinata del semplice scambio di link. L’article marketing “consiste nell’inserimento dei propri articoli in apposite directiories con diritto di ripubblicazione da parte di chiunque. Ogni volta che un articolo con i propri links viene ripubblicato si genera spontaneamente un aumento di inbound links verso il proprio sito con conseguente aumento della link popularity (marketing virale).”1 I principali obiettivi di tale attività sono: • generare traffico diretto al sito aziendale, aumentando i possibili clienti, e di conseguenza il fatturato online oppure la visibilità del marchio aziendale; • costruire e mantenere una buona reputazione online, questo avviene attraverso la divulgazione di comunicati stampa sempre bene strutturati; • incrementare la brand awareness, attraverso un più efficace posizionamento nei motori di ricerca. Questo è il motivo principale per cui molte aziende intraprendono questa tipologia di campagna di comunicazione online. Infatti, la pubblicazione di articoli aziendali sui siti web dedicati all’article marketing 1 2

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consente di ottenere link da altri siti web, con il conseguente miglioramento della propria posizione all’interno dei motori di ricerca, ed il proprio PageRank 2. • incrementare la link popularity del proprio sito. L’article marketing non è una campagna pubblicitaria aggressiva tipica dei mass media, ma è in linea con la comunicazione poco invasiva preferita dagli utenti web. L’inserimento degli articoli aziendali in diversi siti internet preposti alla diff usione online, però, richiede tempo e soprattutto continuità, i cui risultati sono visibili solo dopo mesi, e a volte dopo un anno. Uno degli obiettivi principali per un sito aziendale online è migliorare il posizionamento nei motori di ricerca, ed anch’esso è un processo che richiede tempo; infatti i motori di ricerca aggiornano le loro liste in media ogni sei mesi. L’article marketing è un’attività a budget limitato, a cui si possono aggiungere i costi per i comunicati stampa aziendali realizzati da agenzie specializzate, un costo però evitabile se demandato a chi in azienda si occupa della gestione del sito web o delle pubbliche relazioni.

Così in: http://www.ikaro.net/articoli/cnt/article_marketing-00503.html Il PageRank (PR) è un parametro che esprime la notorietà del sito, assegnato da Google a ciascuna pagina di ogni sito web presente nel proprio database. Il PageRank è quindi un valore assegnato in modo individuale a ciascuna pagina di un sito web, ed è determinato principalmente in base al valore delle altre pagine ad essa collegate.


Marketing on line

Il successo della campagna di article marketing si può sintetizzare in tre passaggi principali: 1. La scrittura di un articolo o comunicato stampa non deve essere banale. Scrivere comunicati stampa non è difficile, ma come spesso accade, è difficile scrivere comunicati stampa che siano veramente interessanti; ossia articoli che siano completi e che diano una visione completa e veritiera del messaggio aziendale, senza però trasformarsi in una mera pubblicità. “Il comunicato stampa online si differenzia dal suo omologo offline nella forma: l’efficacia offline è spesso legata alla ricchezza del “corredo” (dovizia di dettagli, grafica, lunghezza, allegati). Online i comunicati stampa riescono a sortire l’effetto migliore quando sono condensati di brevità e semplicità, ed offrono, oltre alla notizia fondamentale per cui si contatta il destinatario, il link al sito per l’approfondimento” (Ferrandina, 2004)3. Attraverso questa parole possiamo capire l’importanza dei comunicati stampa online affinché siano in grado di raggiungere gli obiettivi proposti cioè: informare il lettore, attirare e generare traffico verso il sito e promuovere il brand. 3 4

L’articolo deve contenere le informazioni chiave: chi (l’attore principale, l’ideatore, l’autore); cosa (di cosa si tratta, cosa si vuole organizzare, cosa è avvenuto); dove (dove si svolge una determinata azione, oppure dove si possono trovare altre informazioni); quando (è molto importante che sia presente una data perché le persone che cercano qualcosa online la desiderano nuova e recente); perché (tutti i comunicati stampa devono contenere la motivazione della loro pubblicazione). I comunicati stampa, quindi, devono trasmettere una buona immagine, predisponendo positivamente il lettore, stimolando in lui la voglia di visitare il sito internet al quale fa riferimento. 2.Nel comunicato stampa devono essere presenti link che rimandino al sito della persona che lo ha creato o della azienda al quale fa riferimento. Il link è un collegamento a un documento, a un ipertesto o a una sezione di una pagina web. Attraverso l’utilizzo di Google è possibile tracciare i link (tracking): cioè verificare quante persone cliccano su un determinato link e visitano il sito web al quale rimanda4. I comunicati stampa possono essere composti da due diverse tipo-

Così in: Ferrandina A., (settembre 2004), Web Marketing Edizioni FAG Milano, pag. 81 http://www.google.it/about

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logie di articoli: • articoli che esauriscono l’argomento trattato e contengono link che rimandano ad altri argomenti correlati nel sito web aziendale; • articoli che sono strettamente collegati con una sezione ben determinata del sito web (è opportuno che la pagina web e l’articolo siano complementari fra loro). Il link contenuto nell’articolo potrebbe portare ad una pagina di e-commerce, in questo caso è opportuno che la stessa pagina contenga uno script di tracking delle visite e delle conversioni (ovvero quando il cliente effettua l’azione per cui una pagina è predisposta). Infine, l’inserimento di un link non in linea con l’articolo è giustificato solo nella firma dell’autore. 3. Definizione accurata degli obiettivi Come in tutte le campagne di marketing è importante definire con precisione quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere: vendita, visite al sito internet, lancio di prodotto, visibilità di brand etc… L’article marketing è una forma di pubblicità che ha l’obiettivo di stimolare la domanda potenziale mediante la pubblicazione di articoli su portali, o siti ad alto traffico o di settore. Analizzati i tre punti fondamentali di una campagna di article marketing vediamo ora chi sono i soggetti che sono coinvolti nella realizzazione e nella buona riuscita di una campagna di article marketing: • L’ideatore della campagna di article marketing, o meglio chi intende utilizzare questa forma di comunicazione per incrementare le visite al proprio sito web, aumentare il posizionamento del proprio sito web nei motori di ricerca; o costruirsi una buona brand awareness online. • I siti predisposti per l’article marketing, sono nati essenzialmente con due obiettivi: far conoscere e permettere uno scambio di articoli tra siti web. Per inserire l’articolo 86

in uno dei tanti portali dedicati all’article marketing la cosa essenziale è la registrazione presso questi siti web. Generalmente la registrazione è gratuita e permette l’inserimento da uno a tre articoli al giorno. Quasi tutti i siti propongono un form che permette l’inserimento del titolo, di un abstract, il testo, la firma dell’autore e la scelta della categoria in cui far inserire il proprio comunicato stampa. E’ possibile inserire da uno a tre link per ciascun articolo. Gli articoli, prima di essere pubblicati, sono quasi sempre soggetti ad approvazione da parte della redazione di ciascun sito web. • I visitatori dei vari siti di article marketing sono persone alla ricerca di nuove informazioni per tenersi aggiornati su ciò che accade nel web, alla ricerca di siti interessanti, oppure visitatori provenienti da motori di ricerca. I visitatori leggendo comunicati stampa e trovandoli interessanti cliccano sul link correlato all’articolo. Questo link porterà il lettore a visitare il sito web aziendale. Proprio attraverso questo passaggio si ha la realizzazione degli obiettivi di article marketing. In questo articolo è stata analizzata come si svolge una campagna di article marketing, ed in particolare i termini per la sua efficacia. Con l’aiuto di un buon tracking dei link online, si possono monitorare ogni mese i miglioramenti che attraverso questa campagna il sito compie, sia in termini di posizionamento che in termini di aumento delle visite. |

B&G n.3 – Pricing on lin. Pregi e difetti dell’E-Commerce – p.82 B&G n.2 – Crescono gli investimenti nella pubblicità online – p.80 B&G n.1 – La relazioni impresa-cliente nell’era di Internet per potenziare l’interazione – p.70 www.contenutigratis.net www.articolando.com www.fastpopularity.com www.articolista.com www.area-press.eu www.comunicati.net www.businessportal24.com/it/articole_form


www.cobalto.it

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Aprire un Ufficio di rappresentanza

in Cina

Procedure, documentazione e consigli operativi per dar vita a una base di rappresentanza nel Paese asiatico. Una pratica guida nata dalla collaborazione tra Newsmercati e Dezan Shira & Associates a cura di Promos Azienda Speciale della Camera di Commercio di Milano

La pubblicazione - nata dalla collaborazione tra Newsmercati e Dezan Shira & Associates – è stata curata da avvocati, contabili, revisori e consulenti cinesi e internazionali che operano nel Paese da diversi anni e che hanno familiarità con i problemi a cui devono far fronte le società italiane quando si trovano ad investire in Cina. Con un taglio pratico e divulgativo, Rosario Di Maggio e Alberto Vettoretti descrivono vantaggi, costi e problematiche nell’apertura di un Ufficio di rappresentanza che consente: • una presenza reale e continuativa sul territorio anche tramite piccoli showroom • il coordinamento di attività di vendita o di acquisto in Cina (collegamento fra quartier generale, clienti e/o i fornitori locali) • la realizzazione di ricerche di mercato e il monitoraggio di un certo settore • il controllo qualità sulla merce prima ancora che questa esca dalla fabbrica del fornitore. Gli uffici di rappresentanza si sono dimostrati un mezzo d’entrata particolarmente popolare sia tra i traders internazionali, che comprano beni di produzione cinese per l’esportazione, sia tra le società che vogliono invece vendere beni e servizi sul mercato locale. In base alle normative vigenti, un ufficio di rappresentanza non può essere impegnato in attività commerciali in modo diretto e, conseguentemente, può essere considerato come un centro di costo finanziato dalla società madre. Nessun reddito derivante da transazioni commerciali può passare attraverso i conti bancari locali dell’UR e questo non può emettere alcuna fatturazione né firmare direttamente alcun contratto.Tra i vantaggi nel registrare un ufficio di rappresentanza, vi è la totale assenza di requisiti di capitale, e quindi la possibilità di assicurarsi una presenza stabile in Cina con un budget ridotto, pagando unicamente l’affitto dell’ufficio, le spese correnti, i salari e le relative tasse. L’esistenza di un ufficio di rappresentanza permette di ottenere i necessari visti lavorativi e permessi di residenza per i dipendenti stranieri, nonché di impiegare legalmente personale locale. Può inoltre servire ad aprire la strada per un eventuale investimento futuro maggiormente consistente da parte della casa madre. Un ufficio di rappresentanza che voglia assumere personale locale, deve obbligatoriamente presentare una richiesta a una delle società di servizi 88

agli stranieri espressamente autorizzata dal governo per l’assunzione di dipendenti cinesi. Tra l’UR e l’agenzia verrà a tal fine stipulato uno contratto specifico. In altre parole, sebbene sarà l’UR a svolgere autonomamente la selezione del personale (attraverso annunci, colloqui, ecc.), questo non potrà assumere direttamente personale locale se non attraverso queste agenzie (le principali sono la Foreign Enterprise Service Corporation, la China International Intellectual Corporation e la China International Talent Development Center). Procedure per la registrazione 1) Approvazione preliminare da parte dell’autorità competente. Sebbene questo requisito sia venuto meno nella maggior parte dei casi, per alcuni settori particolari (succursali di società bancarie e istituzioni finanziarie, turismo, editoria) viene ancora richiesto il rilascio di un benestare da parte delle autorità preposte. 2) Registrazione presso la Administration of Industry and Commerce per l’ottenimento del Certificato di Registrazione dell’ufficio di rappresentanza di società straniera. 3) Richiesta dei timbri ufficiali (il timbro dell’UR e il timbro fi nanziario) e registrazione presso il Public Security Bureau. 4) Ottenimento del codice di impresa al Bureau for Quality and Technology Supervision. 5) Registrazione presso l’autorità fiscale locale. 6) Richiesta per l’apertura di un conto bancario in valuta estera alla People’s Bank of China. 7) Apertura conto corrente in RMB e conto in valuta estera. 8) Finalizzazione contratti del personale con il dipartimento o organizzazione competente.


Sulla via dell’export

La guida all’apertura di un Ufficio di rappresentanza in Cina presenta uno dei veicoli d’investimento più semplice, economico e utilizzato dalle aziende straniere per entrare in questo mercato

Documentazione necessaria

Consigli operativi

• Modulo di registrazione. • Certificato d’iscrizione presso la Camera di Commercio, Industria e Artigianato (tradotto, legalizzato in prefettura e autenticato dall’ambasciata o dal consolato cinese competente per la giurisdizione dell’investitore). • Lettera di referenze bancarie contenente informazioni di base sulla società investitrice (nome, sede legale, data di apertura del conto, capitale sociale, status creditizio) e considerazioni generali da parte della banca. • Dichiarazione del CdA della società investitrice che approva la costituzione di un Ufficio di Rappresentanza nella Repubblica Popolare Cinese. • Contratto ufficiale di locazione o di acquisto dell’ufficio o dell’immobile, corredato del certificato di proprietà del titolare. • Atto di nomina del Chief Representative e di eventuali altri rappresentanti da parte del CdA della società investitrice. • Documento di identità (carta d’identità, copia del passaporto e del visto, o altro documento identificativo) del Chief Representative. • Curriculum vitae del Chief Representative e di eventuali altri rappresentanti stranieri. • Foto del Chief Representative.

In fase di selezione dell’ufficio, assicurarsi che il proprietario sia in possesso del certificato che gli permetta di affittare a società straniere. Di regola, gli immobili a uso residenziale non hanno le licenze necessarie per permettere la registrazione di uffici di rappresentanza. Poiché vi è la necessità che vengano emesse fatture ufficiali a seguito del pagamento del canone di locazione, assicurarsi che ciò venga specificato chiaramente in fase di negoziazione e che il proprietario si assuma la responsabilità dei relativi adempimenti fiscali. Potrebbe infatti accadere che il proprietario scarichi sul locatore i propri obblighi fiscali. In molte città è richiesto che l’ufficio sia situato in un edificio di categoria A. Questa attestazione viene rilasciata dal Ministero del Commercio ed una copia della stessa va inserita tra i documenti necessari per la registrazione. Il contratto di locazione non può avere una durata inferiore ad un anno. Molti clienti autorizzano i propri agenti a occuparsi dell’apertura dei conti correnti bancari. Spesso l’agente si occupa semplicemente di aprire il conto, senza chiedere al cliente le proprie preferenze sulla gestione dello stesso. Se l’agente è anche amico del vostro impiegato locale, condizione tutt’altro che improbabile, si creano le condizioni per un vero e proprio conflitto di interesse, legato soprattutto a questioni di sicurezza che dovrebbero essere discusse prima dell’apertura del conto in banca. La pratica, largamente diff usa, di utilizzare conti bancari privati separati per finanziare le attività dell’ufficio di rappresentanza, riducendo così l’esposizione fiscale mensile dello stesso, è assolutamente illegale e sono sempre più diff usi ed efficaci i controlli incrociati in questo senso. I funzionari degli uffici delle imposte locali sono sempre più sospettosi quando si imbattono in dichiarazioni di bassi salari mensili corrisposti a Chief Representatives stranieri che risiedono in Cina. Accertarsi quindi che alle autorità venga riportato un ammontare consono alla posizione. La Guida off re: una panoramica delle questioni fiscali e finanziarie; consigli operativi sulla chiusura dell’Ufficio di rappresentanza. |

Al termine della procedura di costituzione, si dovranno completare tutta una serie di registrazioni necessarie prima che l’UR diventi operativo (uffici delle imposte, dogane, se le future attività includano l’import/export di campionari, SAFE, ecc) e aprire i conti presso un istituto bancario. Le procedure di costituzione e post-registrazione e la documentazione necessaria subiscono continue variazioni e soff rono di significative differenze locali. Errata corrige: Nel numero 3, a pagina 86, nel servizio dal titolo “Le esportazioni e la non imponibilità IVA”, la corretta qualifica di Gianluca Giussani è “Direzione Internazionalizzazione Unioncamere Lombardia”.

B&G n.3 – Le esportazioni e la non imponibilità IVA – p.86 B&G n.2 – La tutela dell’esportatore negli Stati Uniti – p. 84

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La comunicazione finanziaria e le Pmi

Sempre più strategica per il successo d’impresa e per ottenere la fiducia degli stakeholder. Perché sia efficace occorre defi nire con chiarezza gli obiettivi, le modalità d’intervento e gli strumenti operativi di Andrea Manzoni Esperto di ricerca in Marketing per le strategie di impresa

Cantillon (1755) è stato considerato il primo teorico ad aver definito la funzione imprenditoriale, distinguendola da quella di rentier, ovvero proprietario terriero, in quanto il primo non doveva obbligatoriamente essere proprietario delle risorse che amministrava; si deve all’opera di Say (1803), invece, la distinzione dell’imprenditore rispetto ai proprietari dei capitali e dai lavoratori dipendenti. Se nel XIX secolo era già conosciuta la definizione di imprenditore, il concetto e l’importanza attribuita alle cosiddette Piccole e Medie Imprese (PMI) in termini di crescita economica, creazione di posti di lavoro, innovazione e promozione, è di più recente coniazione. Infatti è soltanto con il Bolton Report, datato 1971, che tale concetto è diventato di uso comune. Da un punto di vista teorico, in passato è stato attribuito alla piccola e media impresa un ruolo interstiziale e meramente congiunturale (Ciappei, Chiari, 1996). Vi erano due filoni di pensiero, diametralmente opposti, circa l’importanza delle Small Business; il primo accreditava alle stesse un destino avverso, caratterizzato dalla pressoché scomparsa delle PMI in quanto destinate ad essere soppiantate dalle grandi, essendo le performance di queste ultime molto elevate, soprattutto grazie alle economie di scala. Il secondo filone, invece, puntava sul futuro delle PMI in quanto, a differenze delle grandi aziende (con strutture e organizzazioni rigide), erano caratterizzate da una flessibilità della propria struttura ed un grado di adattamento tale che le permetteva di adeguarsi ai continui mutamenti dello scenario (non solo economico) in cui operavano. In altri termini si riteneva che vi fosse una correlazione positiva tra dimensione e profitti (Steindl 1947, Baumol 1959). Tale concezione si basa sull’ipotesi di asimmetria nella mobilità che le imprese o i capitali affrontano nei casi di incremento o diminuzione della dimensione. È soltanto a partire dagli anni ’70 che si sposta l’attenzione dalla relazione tra tasso di profitto e dimensione alla relazione fra tasso di sviluppo e tasso di profitto (Penrose, 1973). Per quanto riguarda il processo di internazionalizzazione, in passato, parecchie perplessità sono state sollevate circa il ruolo delle piccole e medie imprese in quanto le modalità e gli strumenti adottati dalle PMI nelle loro azioni volte a varcare i confini nazionali erano considerate punti di debolezza. A favore di queste perplessità hanno concorso le principali teorie economiche, nonostante queste fossero in contrasto con i dati empirici.La stessa teoria dell’espansione territoriale si fonda sulla dimensione dell’impresa e si concentra sulle determinanti del commercio internazionale, mentre i modelli dei vantaggi comparati di Heckscher (1950) e Ohlin (1933) sottolineano le diverse dotazioni di fattori di produzione dei vari paesi per spiegare i flussi commerciali. 90

La teoria degli investimenti diretti esteri (IDE), grazie al contributo iniziale di Hymer (1974), afferma che le imprese si internazionalizzano perché possono sfruttare delle condizioni di supremazia, soprattutto di tipo tecnologico e manageriale, nei confronti delle imprese dei paesi che ricevono l’investimento. Questa superiorità si costruisce nel proprio mercato e viene esportata quando la situazione domestica non risulta più sufficientemente remunerativa e si offrono, pertanto, le condizione per sfruttare la predetta supremazia in mercati dove i competitor risultano più deboli. Negli anni ’80 l’internazionalizzazione produttiva delle imprese italiane riguardava il comparto della grande azienda. Mentre per le piccole imprese, tale processo riguardava esclusivamente l’attività di esportazione (Mele, 1986). Gli anni ’90 invece sono stati caratterizzati dalla flessibilità delle aziende nel cogliere opportunità, anche di breve periodo, in mercati esteri. Logiche legate ai prezzi (Cafferata, Cibin, 1997) ed a convenienze nel tasso di cambio ha favorito un incremento della mobilità geografica (Nomisma, 1994). I più significativi punti di forza, nel processo di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane, possono essere così riassunti (Cafferata, Genco, 1997): • Competenze tecniche di produzione possedute dall’imprenditore in prima persona; • Continuità delle innovazioni apportate ai processi manifatturieri; • Capacità di sviluppare (o appropriarsi) know-how tecnologici; • Abilità nell’introdurre autonome innovazioni organizzative. I ruolo della comunicazione integrata finanziaria La definizione degli obiettivi di comunicazione, le relative modalità e gli strumenti adottati per il raggiungimento di essi, rappresenta una delle dimensioni più importanti in tema di comunicazione (Fiocca, Ostillio, in Valdani, Ancarani, 1997). La dimensione comunicazionale configura pertanto una componente emergente dei sistemi aziendali, in cui un insieme di informazioni e di messaggi permeano l’intero operare assumendo varie caratterizzazioni (Salvioni, 2003). Il compito attribuito alla comunicazione – intesa come strumento che permette all’impresa di evolversi in interazione con il suo ambiente stimolando la coevoluzione, l’adattamento, la dialettica tra le parti, i meccanismi di retroazione del sistema – è quello di rafforzare l’immagine aziendale di modo che l’impresa possa: • Costruirsi una credibilità strategica; • Accrescere la “risorsa fiducia”; • Ottenere il consenso degli attori sociali (De Martini 1999).


Comunicazione finanziaria

La comunicazione aziendale, pur come specificato da Coda (1989) è progettata a seconda degli obiettivi che l’impresa si prefigge e dei destinatari a cui è rivolta, deve essere integrata (Brondoni, 1988) e pertanto distinguibile in: • Istituzionale: legittimazione nell’ambiente in cui l’impresa stessa opera; • Commerciale: ampliamento e consolidamento della clientela; • Interna: employee marketing; • Economica finanziaria: ottenimento della fiducia da parte degli stakeholder. Sempre secondo Coda (1989) la comunicazione economica (finanziaria) può intendersi come la trasmissione di informazioni dalla direzione aziendale a tutti indistintamente gli interlocutori sociali – o ad alcuni di essi – sull’evoluzione dell’assetto reddituale, finanziario e patrimoniale dell’impresa. I principi della finanza aziendale sono applicabili sia alla piccola sia alla grande azienda. Le idee di base sono fondamentalmente le stesse, anche se ci sono differenze nella loro pratica applicazione (Weston e Brigham, 1973). In tutte le imprese la funzione finanziaria, intesa in senso lato, è molto simile, indipendentemente dal tipo di attività e dalla dimensione; le differenze si ritrovano invece nel modo in cui è organizzata detta area funzionale, nel grado di sofisticazione dei problemi che si presentano, nonché delle possibili tecniche cui si può fare ricorso per risolverli (Vender e Jovenitti, 1977). In ogni caso appare scontato cha la funzione finanziaria di una piccola unità di business presenti connotazioni assai differenti rispetto a quella di una società di grande dimensioni. Nell’ambito di mercati sempre meno rinchiusi in limitati confini, le informazioni divulgate dalle aziende assumono un ruolo privilegiato nell’influenzare in vario modo i comportamenti dei vari interlocutori fruitori di tali informazioni. Il ben noto processo di globalizzazione che ha coinvolto a tutto campo le manifestazioni di vita delle imprese, ha ampliato gli interlocutori interessati alle performance aziendali. Parimenti le imprese sono sempre più consapevoli della necessità di coinvolgere i propri stakeholder al fine di acquisire e mantenere nel tempo il consenso di cui necessitano ai fini dello sviluppo (Coda, 1998). Il processo evolutivo nella prospettiva internazionale ha imposto di conseguenza l’affermazione di alcuni requisiti qualitativi della comunicazione economico-finanziaria ritenuti fondamentali: disponibilità, rilevanza, comparabilità ed attendibilità dei contenuti della corporate information (Campedelli, 2003).

L’aspetto informativo della comunicazione riveste un ruolo chiave fra l’impresa che richiede capitali ed il potenziale investitore, senza la quale inciderebbe negativamente tale legame, creando la cosiddetta asimmetria informativa, con la diretta conseguenza di un vertiginoso incremento del rischio da parte dell’investitore (data la mancanza di tutte le informazioni utili nel processo decisionale) con conseguente riduzione della propensione di questo ultimo all’investimento. Il rischio sopportato dall’investitore finanziario risulta ulteriormente aggravato dalla possibilità che l’imprenditore, sfruttando le asimmetrie informative esistenti, possa adottare dei comportamenti opportunistici, attraverso i quali cercare di massimizzare il proprio vantaggio personale, sacrificando ad esso l’interesse del finanziatore (Paoloni, Cesaroni, De Martini, in Salvioni, 2003). In siffatta gestione, il ruolo della comunicazione (di natura finanziaria) e l’attenzione per i relativi contenuti assume un ruolo ed una rilevanza primaria in quanto, come evidenziato più volte nel corso del presente lavoro, facilita l’allineamento delle valutazioni/considerazioni degli operatori finanziari con il valore reale economico-finanziario dell’azienda, evitando distorsioni nel trasferimento delle informazioni e conseguentemente, penalizzazioni nel processo di valutazione del titolo (Brugnoli, Montanari, in Salvioni, 2003). L’orientamento all’espansione oltre i confini domestici, come già espresso in precedenza, deve essere considerato condizione essenziale per la sopravvivenza di una impresa. In chiave industriale, visto oramai il fenomeno delle globalizzazione, o più correttamente glocalizzazione, il predetto fenomeno non può più essere ritenuto caratteristica distintiva (best practice) delle sole aziende orientate alla creazione di valore (Marino, 2007). Si identifica nella creazione di valore l’obiettivo fondamentale di ogni tipo di impresa, sia essa operante nel comparto della manifattura, dei servizi o quant’altro. Una via al predetto obiettivo, a parere dell’autore, è rappresentata dal processo di negoziazione dei titoli di una impresa nei mercati (finanziari) regolamenti, ovverosia la quotazione in borsa, (anche in questo periodo di “turbolenza”), soprattutto perchè il mercato dei capitali italiano, si adatta perfettamente a tale obiettivo, in particolar modo per le PMI. Questo tema comunque sarà affrontato in un successivo lavoro. |

B&G n.1 – Il governo dell’impresa – p.78 B&G n.2 – Leadership e orientamento dell’impresa alla comunicazione interna

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La mostra al Palazzo Reale di Milano dedicata all’approccio del celebre artista al tema della natura: dai paesaggi “interpretati” ai limiti della vita dell’uomo a cura della redazione

Il mistero della natura secondo

Magritte Dal 22 novembre 2008 al 29 marzo 2009, Palazzo Reale di Milano ospita un’importante iniziativa dedicata a René Magritte e al suo approccio al tema della Natura. Nella mostra “Il Mistero della Natura”, vengono presentati cento dipinti, oltre a tempere e sculture, provenienti dai Musées Royaux des Beaux Arts del Belgio (la collezione pubblica più importante al mondo di opere di Magritte), e da numerosi collezionisti privati. La mostra è curata da Michel Draguet, direttore generale dei Musées Royaux des Beaux Arts del Belgio, e da Claudia Beltramo Ceppi, in collaborazione con Charly Herscovici, presidente della Fondation René Magritte, e da Paolo Vedovi. Un evento ideato da Claudia Zevi e Partners, e prodotta dal Comune di Milano - Palazzo Reale con A2A, Civita e Giunti Arte, che si avvale della prestigiosa collaborazione dei Musées Royaux des Beaux Arts de Belgique e della Fondation Magritte.

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Arte in mostra

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dicembre 2008 - febbraio 2009

L’approccio di Magritte al tema della natura è affrontato partendo dai primi, e quasi sconosciuti dipinti futuristi, passando dalle immagini più oscure del periodo fra le due guerre, fino ai celeberrimi dipinti prodotti dagli anni ’50 in poi. Tra questi, si devono segnalare alcuni capolavori, come ‘Souvenir de voyage’ del 1961, che rappresenta una mela verde mascherata per il

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carnevale, o ‘L’heureux donateur’ che racchiude i motivi ricorrenti della sua visione specifica della natura, o ancora il famoso ‘L’empire des lumières’ con la casa immersa nel buio di un parco sullo sfondo di un cielo azzurro coperto da nuvole bianche. La mostra di Palazzo Reale delinea così la statura di uno dei pochi artisti del ‘900 che ha posto la natura al centro della sua

ricerca, mettendola in relazione con le caratteristiche e i limiti della vita dell’uomo moderno. I personaggi, gli interni, le nature morte dialogano con gli elementi della natura e compongono paesaggi ‘interpretati’, ‘rivisti’, con l’occhio di un lucido e spregiudicato intelletto moderno, sempre presente e sempre attento agli occhi dello spettatore, al punto che alcune delle icone di Magritte sono divenute ormai parte integrante del nostro immaginario collettivo. Il ‘mistero’ magrittiano ha conosciuto numerose declinazioni nella sua opera, “in ultima istanza - afferma Michel Draguet - non è altro che la natura in quello che essa ha di non riconducibile alla cultura. La natura è onnipresente nel suo percorso artistico. Fornendo da un lato una miriade di temi che l’artista esplora e combina a piacere e costituendo d’altro canto la cornice di ogni cosa, il contenitore a partire dal quale si determina ogni forma di conoscenza”. |


Arte in mostra

Magritte - “Il Mistero della Natura” Milano, Palazzo Reale (Piazza Duomo, 12) 22 novembre - 29 marzo 2008 Orari: dal martedì alla domenica, dalle 9.30 alle 19.30; lunedì, dalle 14.30 alle 19.30; giovedì, dalle 9.30 alle 22.30. Biglietti: intero: Euro 9; ridotto: Euro 7; scuole: Euro 4,50 Catalogo: Giunti Arte

Nella doppia di apertura: A sinistra: La chambre d’écoute, 1958, Huile sur toile, 38 x 46 cm, Kunsthaus, Zürich, donation Walter Haefner, © ADAGP, Paris 2008 A destra: René Magritte, Souvenir de voyage, c. 1961, Gouache sur papier, 34 x 26 cm, Collection privée, Bruxelles, © ADAGP, Paris 2008 Nella pagina precedente: Sopra: La parure de l’orage, 1927, Huile sur toile, 81 x 116 cm, Collection privée, Bruxelles, © ADAGP, Paris 2008 Sotto: L’heureux donateur, 1966, Huile sur toile, 55,5 x 45,5 cm, Musée d’Ixelles, Bruxelles, © ADAGP, Paris 2008 In questa pagina: Sopra: Le retour, 1940, Huile sur toile, 55 x 65 cm (con cornice: 66,3 x 81,5 x 5,5 cm), Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles, © ADAGP, Paris 2008 Qui a lato: La magie noire, 1945, Huile sur toile, 79 x 59 cm (con cornice: 94,9 x 74,7 x 6,2 cm), Musées royaux des BeauxArts de Belgique, Bruxelles, © ADAGP, Paris 2008 www.mostramagritte.it

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Sonus Faber, artigiano del suono e la sua storia sono il perfetto esempio di come la passione, a volte, possa trasformare un hobby di un gruppo di audiofili in alti livelli di business: nel solo 2007 infatti, l’impresa guidata da Cesare Bevilacqua, ha chiuso l’anno con un fatturato di nove milioni di euro

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Artigianato di classe

“Artigiani del suono” che realizzano oggetti di stile apprezzati in tutto il mondo. Tra i clienti grandi imprenditori e star come Sharon Stone. La storia di un’azienda che ha saputo trasformare l’hobby di un gruppo di audiofi li in un business distribuito in 45 Paesi del mondo testi di Laura Di Teodoro

Design, la filosofia di Sonus Faber

La veste è quella di una multinazionale conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, l’animo rimanda alla semplicità e bravura del classico artigiano, attento ai particolare e dotato di un’eccellente manualità. Il tutto ornato dalla classe e dal prestigio di altoparlanti di lusso, conosciuti in tutto in mondo. Il nome dell’azienda berica, dice tutto, Sonus Faber, artigiano del suono e la sua storia è il perfetto esempio di come la passione, a volte, possa trasformare un hobby di un gruppo di audiofili (l’azienda è stata fondata da Franco Serblin) in alti livelli di business: nel solo 2007 infatti, l’impresa guidata da Cesare Bevilacqua, ha chiuso l’anno con un fatturato di nove milioni di euro, diventando a tutti gli effetti una realtà autorevole nei principali mercati europei, americani e orientali, lanciando proposte a un target attento al Made in Italy di qualità. I prodotti di Sonus Faber si ispirano ai criteri costruttivi dell’arte liutaia, “nella convinzione che le caratteristiche qualitative del suono dipendano, in un diffusore proprio come in uno strumento musicale, principalmente dalla camera acustica, dalla sua forma e dai materiali che lo costituiscono – spiega il presidente e amministratore delegato Cesare Bevilacqua - L’innovazione è ricercata sia nella tecnica che negli elementi costitutivi come pelli, legni e vernici pregiate”. Gli altoparlanti Sonus Faber diventano così oggetti di lusso, preziosi, belli da vedere e simbolo del Made in Italy. Lo stesso Denzel Washington li ha voluti in una scena de “Il collezionista di ossa” e Sharon Stone li ha scelti per la sua residenza di Beverly Hills. L’azienda oggi può contare su una clientela proveniente da 45 Paesi del mondo, esportando oltre il 90% della propria produzione, con una presenza commerciale diretta in Cina. Per quanto riguarda i materiale, per i cabinet vengono utilizzate doghe di legno massello o pannelli stratificati interamente lavorati a mano, soggette a lunghi trattamenti di stagionatura. Gli al-

La musica e la vita sono solo questioni di stile. Miles Davis www.sonusfaber.com

toparlanti, di scuola danese e norvegese sono ottimizzati da una serie di interventi per mano degli artigiani vicentini per poi essere alloggiati nei pannelli frontali rivestiti in pelle, per garantire tenuta pneumatica e smorzare le vibrazioni. Analoga cura viene posta nella progettazione e nella produzione della rete dei cross-over, determinanti per la qualità dei diffusori. I clienti, come sottolinea Bevilacqua, sono divisi in due categorie: “Da una parte abbiamo gli audiofili, ergo un pubblico esigente, attento al dettaglio e sempre insoddisfatto, dall’altra abbiamo i cultori degli oggetti di qualità che ricercano questi prodotti per usarli come ornamento per le proprie ville”. I mercati di riferimento sono soprattutto Giappone, Cina, Russia e Inghilterra; l’Italia incide per una percentuale inferiore al 10%. “Nonostante il momento economico difficile il mercato del lusso tiene - spiega Bevilacqua - . Il mercato orientale, oltre quello russo, riveste un ruolo strategico per l’azienda che recentemente ha aperto la prima filiale commerciale a Hong Kong e ha inaugurato gli showroom di Guangzhou, Shangai e Beijing”. Ad oggi, il prodotto di maggior prestigio, anche sul fronte economico, è lo Stradivari Homage (29.500 euro la versione rosso violino e 31.500 euro quella in graffite), dedicato alla celebre scuola liutaia di Cremona, rievocata nelle forme e nel nome dei più celebri maestri: Guarneri, Amati, Stradivari: “Presenta un front allargato rispetto ai canoni tradizionali. Il grande pannello frontale accumula anziché disperdere l’energia dagli altoparlanti per poi diffonderla”. Le altre linee di prodotti sono: Domus, Cremona e Homage che partono rispettivamente da mille euro fino ad arrivare a 3 mila euro. La sfida per il 2009 guarda in alto, verso una nuova linea di qualità: “Stiamo lavorando alla creazione di un diff usore del valore di circa 10 mila euro. In questo modo andremo ad arricchire e completare il nostro catalogo che ad oggi conta 10 prodotti”. | 97


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La magia della quotidianità, il sentimento del sogno Omaggio a Gianni Bergamelli, artista e genio trasversale tra musica e pittura Testo di Alice Sofia Neri

Ho conosciuto Gianni Bergamelli nella prima metà degli anni Ottanta. Lui, già affermato artista – non solo a livello nazionale – sapeva coniugare, da eccellente autodidatta qual’è, l’originalità delle sue pitture ai sentimenti e alle sensazioni trasmesse dalle sue personali interpretazioni musicali. “Eppure - racconta con un sorriso - il mio naturale sbocco lavorativo, così come per molti coetanei allora, avrebbe dovuto essere quello di muratore. Infatti, giovanissimo avevo maturato le prime esperienze come “bocia” nei cantieri della Valle Seriana, dove acquisivo competenze contribuendo, nel contempo, al bilancio familiare. Non sono stati anni facili, ma mi sono sempre considerato fortunato. Godevo di buona salute, avevo un lavoro e, quindi, un futuro tutto da spendere…”. Questa visione positiva è, di fatto, l’essenza dell’uomo: Gianni, con un intercalare al quale l’attualità ci ha disabituato, “…son contento…”, è capace di valorizzare ogni accadimento della sua esistenza come un dono del quale è doveroso apprezzare solo la parte buona, positiva; come dice il proverbio: “A caval donato…”. Ma certamente i traguardi, davvero ambiziosi, raggiunti in campo artistico da questo poliedrico interprete, non sono il risultato di una particolare attenzione a lui prestata dalla Dea bendata. Gianni Bergamelli, pur nella sua visione rosea dell’esistenza, ha elaborato un sogno dopo l’altro ed ha saputo trasformare l’estro naturale in opere di valore artistico, sia attraverso le composizioni pittoriche che musicali. Ha così raggiunto l’ambizione più alta per un essere umano, cioè creare opere nelle quali la parte più profonda di sé, quella dei sentimenti maturati nel tempo, gli sopravviverà. Eppure Gianni, quando giovanissimo si è cimentato nelle prime esecuzioni nella sua Nembro (centro industriale all’imbocco 98

della Valle solcata dal Serio), non pensava certo ai posteri, nè tantomeno al successo internazionale. Era felice, neanche a dirlo, di potersi realizzare divertendosi. Questo spirito lo ha mantenuto inalterato nel tempo e pur vivendo, come tutti, tra gli affanni quotidiani, Gianni ha saputo cavalcare i suoi sogni, rendendoli concreti nell’ormai lunga esperienza maturata con la stessa soavità del fanciullo di talento capace di mettere a frutto i suoi tesori naturali. Oggi è un uomo “grande”, che mantiene però intatte la freschezza, l’umiltà, la capacità di emozionarsi di allora e trasferisce sogni e stupori non solo sulla tela, o attraverso le note delle sue melodie, ma in ogni sua azione. Il parlare con lui, il trascorrere qualche momento in sua compagnia rasserena, riconcilia con il presente. Eppure Bergamelli è un vulcano di progetti: mai in pausa, il suo pensiero si propone sempre nuovo, attraverso idee che per originalità anticipano i tempi. Coniugare pittura e musica in una espressione artistica unitaria, infatti, è stato certamente un nuovo modo di approcciare l’universalità dell’arte e comunicarla attraverso un diverso linguag-

gio, onnicomprensivo. L’ultima fatica dell’anno, “Guarda che luna”, Bergamelli ha voluto riservarla alla sua terra, con una “personale/spettacolo” allestita in estate in quel di Ardesio, grazioso centro turistico della media Valle Seriana alle pendici della Presolana, riproposta in apertura 2009 (dal 24 gennaio al 8 febbraio) nel cuore di Bergamo, sul Sentierone, nella sede del Centro Culturale San Bartolomeo. Un evento che già nel titolo anticipa la magia e il fascino della performance: un concerto di Trovesi e Bergamelli, accompagnati dalla solista Patrizia Gregis, nella suggestiva cornice di tele colorate di romantica poesia.


Artisti in primo piano “Ho sempre sognato di andare sulla Luna – scrive l’artista nella prefazione della rassegna – ma non ho mai capito il perché”. L’irrazionale che governa la nostra fantasia è ciò che ci permette di attraversare lievi anche le prove più difficili e, perché no, trovare approdo o spiegazione sulla Luna, o chissà dove o da nessuna parte: solo dentro di noi. Bergamelli interpreta se stesso e ciò che lo circonda filtrando i sentimenti attraverso colori e note in un collage artistico romantico? “Sì e no” risponde il giornalista e amico Paolo Arzano - ; “Gianni è un pittore sempre alla ricerca di emozioni, un musicista sempre alla ricerca di sentimenti. Certo in lui prevale, per così dire, la canzone dell’amore, senza però mai cadere nell’ovvio e nella ripetizione, grazie alla sua capacità di aggiungere ad ogni sua interpretazione arguzia e ironia. Nella pittura, pur rimanendo nell’ambito della grande corrente modernista, costringe l’appassionato a ragionare di fronte al quadro, perché

nelle sue tele c’è la fantasia, non l’astrattismo: esiste quindi una chiave di interpretazione non impossibile da recepire”. E sempre Arzano, che lo conosce in profondità, dice di lui: “A Bergamelli piacciono le sfide: prima con se stesso. Quando propone un tema ci crede, si stacca da un certo intellettualismo di maniera a cui poco interessa la comprensione del pubblico. Romantico e realista, mai opportunista, il suo scenario è di straordinaria eleganza”. La sua saggia stravaganza gli permette, come un prezioso setaccio da paziente ricercatore, di trattenere il meglio e di condividere con il pubblico solo le “perle rare” e le “pagliuzze d’oro”, frutto di incontri quotidiani, mai banali. Perché la quotidianità ha in serbo per ognuno di noi grandi sorprese e inestimabili tesori, ma solo gli animi nobili, quelli più sensibili, possono goderne: il suo tesoro Gianni non lo ha mai trattenuto per sé, ce lo offre attraverso le sue tele animate da musicisti, clown, saltimbanchi

multicolori, spicchi di luna e tanti fiori: un riconoscente omaggio a quella femminilità raramente incarnata nelle sue opere, ma delicatamente sempre presente. Un omaggio alla pittura, all’arte, alla musica, un omaggio al femminile. |

A destra, dall’alto: tre opere di Bergamelli, Pierrot Lunaire, La notte prima del concerto e La luna fiorita LA CARRIERA Gianni Bergamelli, 78 anni assolutamente non dichiarati da un portamento atletico, mantiene intatti l’entusiasmo e la passione del ragazzo che seppe uscire da un bozzolo fin troppo scontato per risultare appagante delle sue infinite curiosità, spingendosi all’esplorazione di scenari sconosciuti. Lo ha sempre caratterizzato una vivacità intellettuale che nel tempo gli ha consentito di intraprendere progetti assai diversi tra loro, tutti però radicati nella passione di mettersi alla prova, di sperimentare, sempre disponibile a collaborare per aiutare il prossimo. È così che approfondite ricerche in campo artistico e sociale lo hanno portato negli anni a realizzare, anche in collaborazione con l’Orchestra Salmeggia al completo, una serie di significativi progetti di solidarietà a favore del dipartimento di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Bolognini di Seriate, della Lega Italiana per la Lotta contro i tumori e di Nepios, Associazione a tutela dell’infanzia, con iniziative in diverse località italiane. Nel 1998 entra nel Guinnes dei Primati per aver partecipato e collaborato alla realizzazione del concerto eseguito alla massima altitudine, mai raggiunta prima: nella Piramide del CNR sulle pendici dell’Everest in Nepal; iniziativa promossa dalla Provincia di Bergamo per commemorare Gaetano Donizetti nel 150° anniversario della morte. Inoltre, collabora con Mountain Equipe srl per l’organizzazione di rassegne musicali in quota nei rifugi delle montagne lombarde; con l’Associazione Bergamasca del Jazz (ABJ), in qualità di Presidente, organizza concerti al Centro Culturale San Bartolomeo di Bergamo con la presenza dei nomi più importanti a livello nazionale e internazionale. Infine è stato direttore artistico delle rassegne “Scopriamolo insieme” (dedicata ai giovani talenti della musica) e “Inverno musicale”, organizzata nella città di Alzano Lombardo. Gianni Bergamelli, nella veste di musicista, è affermato sia come pianista sia come compositore, cresciuto artisticamente nel mondo della musica jazz e si è esibito come solista in varie formazioni orchestrali non solo nelle principali città italiane, ma anche in Svezia, Danimarca, Germania, Francia, Spagna, Svizzera, Finlandia, Medio Oriente, Stati Uniti. Promuove ed organizza, negli anni Settanta, con il giornalista e critico Paolo Arzano, la Rassegna Internazionale del Jazz al Teatro Donizetti (festival giunto oggi alla XXVIII edizione promossa dal Comune di Bergamo) ed insieme fondano la prestigiosa Associazione Bergamasca del Jazz (ABJ); con il pluristrumentista Gianluigi Trovesi contribuisce alla nascita di gruppi storici, come “Quartetto – Quintetto – Sestetto Jazz Bergamo” che ottengono notevoli successi di pubblico e critica nei festival internazionali di Bologna, Lugano, Montreux, Nizza. Per quello che considera un doveroso omaggio al seicentesco pittore nembrese (la sua città, dove da sempre abita) Enea Salmeggia, crea l’orchestra omonima (di cui è Presidente e Direttore artistico), che si avvale della collaborazione di eccellenti professionisti non solo bergamaschi e dei migliori solisti italiani e direttori d’orchestra, quali: Giorgio Gaslini, Carlo Boccadoro, Bruno Tommaso, Gianni Coscia, Gianluigi Trovesi, Stefano Montanari, Pier Angelo Pelucchi, Roberto Fabbriciani. Con l’Orchestra Salmeggia ha partecipato, con progetti originali curati da grandi arrangiatori, ottenendo lusinghieri successi di pubblico e critica, a diversi festival nazionali ed internazionali, come: Chambery, Parma, Mantova, Lucca, Roma, Lipsia, New Orleans, Bergamo, Cagliari. Bergamelli pittore, invece, comincia a farsi notare negli anni Sessanta, dedicandosi professionalmente alla passione coltivata in gioventù e affinata durante le tournée concertistiche. Alla prima mostra, organizzata a Milano nella storica galleria di Via della Spiga, ne sono seguite molte altre in varie città italiane; particolarmente significative le realizzazioni a Bologna, Venezia, Torino, Lecco, Brescia, Firenze, Verona, Roma. La sua presenza pittorica all’estero si concretizza con rassegne al National Museum of Fine Arts della Valletta a Malta, allo Staats und Universitatsbibliothek di Amburgo, alla Ziege Gallery di Monaco di Baviera in Germania e alla Gallery 113 di Chicago negli Usa. A Bergamo tre sue opere sono in permanenza acquisite dalla GAMEC, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea ed espone da anni periodicamente al centro Culturale San Bartolomeo. Ha partecipato a varie manifestazioni artistiche, conseguendo numerosi riconoscimenti e ad importanti rassegne internazionali di pittura, tra le quali “Jeunes artists, aujourd’hui” (Parigi anni Settanta) e “La macchina della memoria” immagini da “De Umbris Idearum” di Giordano Bruno (Roma 1984). Interessanti, infine, due esperienze maturate dall’artista in ambiti diversi, ma entrambi con ricadute dirette sul territorio: la prima, nell’ospedale psichiatrico di Limbiate nel Milanese dove, con lo scultore Valerio Miroglio, ha lavorato con i ricoverati alla realizzazione di un dipinto di 25 metri divenuto, in seguito, mostra itinerante in Italia; la seconda con la realizzazione all’Accademia Carrara nel 1985, in collaborazione con il professor Francesco Rossi, della mostra: “Prima della pittura – Enea Salmeggia”.

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Gesti che scolpiscono

il tempo

L’antica arte manifatturiera dà vita a capolavori dell’alta orologeria. La nuova collezione Montblanc Villeret 1858 nata per celebrare 150 di tradizione e per raccontare l’esclusività, la ricercatezza e il fascino di orologi straordinari testo di Serafi no Consoli

E’ un viaggio nel tempo, in cui le più antiche tradizioni dei maestri orologiai si fondono con le tecnologie più moderne, per segnare una tappa fondamentale nel settore dell’alta orologeria tradizionale. Un nuovo capitolo per i segnatempo di lusso, scritto da due importanti realtà: Montblanc e la piccola manifattura artigianale Minerva, acquisita da Richemont per la nota casa tedesca nel 2007. Ed è proprio questa unione che ha portato alla nascita della Montblanc Villeret 1858 Collection, una produzione limitata di orologi interamente realizzati a mano, secondo le tecniche della più alta tradizione orologiera svizzera. Frutto della ricerca di una sempre maggior precisione nella misurazione del tempo, questi 100

orologi di prestigio presentano tre varianti realizzate con diversi metalli e in differenti tirature: un esemplare è realizzato in platino, otto esemplari in oro bianco e cinquantotto esemplari in oro rosso. Queste tre cifre costituiscono la data 1858, l’anno di fondazione della manifattura di Villeret. Cambiano i materiali, ma l’esclusività e la ricercatezza sono le caratteristiche comuni dei modelli della collezione: parliamo di orologi che richiedono abilità e tecniche che solo pochissimi maestri orologiai ancora possiedono e che nascono da un lungo lavoro di precisione. La loro produzione, non a caso, è limitata a solo 288 movimenti per ogni calibro. Un particolare d’eccezione che si unisce ad un altro tratto distintivo della


Dettagli di lusso

A fianco da sinistra: Grand Chronographe Email Grand Feu Calibre; Grande Seconde au Centre Retour à Zéro Calibre; Seconde au Centre Retour à Zéro Calibre; Chronographe Email Grand Feu Calibre

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collezione, caratterizzata da un’insolita dimensione del bilanciere, più grande rispetto ai bilancieri tradizionali. Inoltre, le spirali che fanno oscillare il bilanciere, ancora oggi contate a mano dai maestri orologiai di Villeret, i ponti e le platine fabbricate all’interno dell’Istituto con lega Maillechort e il meccanismo protetto da una cuvette con chiusura a cerniera brevettata, sono particolari che ritroviamo anche nei due nuovi movimenti della collezione, realizzati nel 2008 per festeggiare 150 anni dalla fondazione della manifattura Minerva: il Grand Chronographe Email Grand Feu e il Grande Seconde au Centre Retour à Zéro. Quest’ultimo si inserisce nella collezione “Retour à Zéro”, una linea che consente la regolazione dell’ora con precisione al secondo. Quando si estrae la corona per regolare l’ora, la lancetta dei secondi si arresta e ritorna automaticamente sullo zero, per poi ripartire quando la corona

Nasce nuovo capitolo per l’alta orologeria, scritto da due importanti realtà: Montblanc e la piccola manifattura artigianale Minerva, acquisita dalla nota casa francese nel 2007. Ed è proprio questa unione che ha portato alla nascita della Montblanc Villeret 1858 Collection

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Dettagli di lusso

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viene riposizionata. Due i modelli di cui si compone la collezione: oltre all’ultimo nato, il Grande Seconde au Centre Retour à Zéro con cassa da 47 mm e calibro 16.18, la maison ha realizzato il Seconde au Centre Retour à Zéro con cassa da 41 mm e calibro 13.18, disponibile in diversi materiali associati a differenti limitazioni. Inconfondibili nelle linee questi orologi sono caratterizzati da un quadrante al cui centro si intersecano tre contatori, quello centrale per le ore e i due laterali per i piccoli secondi e i 30 minuti. Il contatore dei secondi, inoltre, è visibile lungo il diametro del quadrante e sulla corona è visibile il pulsante per attivare il cronografo. Il cinturino è in alligatore nero per le versioni in platino e oro bianco, in alligatore marrone per la variante in oro giallo. Particolari preziosi ed esclusivi, come quelli che ritroviamo nei cronografi della linea “Email Grand Feu”: tratto distintivo di questi segnatempo è il quadrante, realizzato in smalto lavorato secondo la tecnica champlevé, una delle lavorazioni più complicate, che unisce l’arte dell’incisione a quella dello smalto. L’artigiano incide i motivi desiderati su una base in oro massiccio e le superfici incise vengono poi riempite con smalto in polvere o in pasta, miscelato con diversi ossidi a seconda

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del colore scelto. Il quadrante viene poi posto in un forno dove, ad una temperatura di 850°, le particelle di smalto si fondono fino a formare una massa vitrea. Una volta fredda, la superficie del quadrante viene levigata con particolari attrezzi dalle punte di diamante e il quadrante viene rifinito con numeri e lettere. Una tecnica che riprende le più antiche tradizioni dell’arte orologiera e che giustifica la rarità dei modelli della linea, gli ultimi a disporre dei magnifici calibri Minerva Chronographe 16.29 e 13.21, la cui produzione terminerà dopo questa collezione. L’orologio è disponibile in due varianti, con cassa da 47 mm per il Grand Chronographe Email Grand Feu, e con cassa da 41 mm per il Chronographe Email Grand Feu. Per entrambi, come per tutti gli orologi Montblanc Villeret 1858, il movimento è visibile sul retro ed è protetto da un cuvette con meccanismo di apertura a scomparsa brevettato dalla maison. | “Il tempo è la cosa più preziosa che un uomo può spendere” Teofrasto, antico filosofo greco www.serafinoconsoli.it www.montblancitalia.it


Dettagli di stile

di ultima Luxury Sci generazione a tiratura e accessori cult Snow limitata per vestire con stile

Sci Winter Sottozero – Pirelli Una linea esclusiva, che riprende ed evolve la tradizione delle attrezzature da neve della P lunga prodotte fin dagli anni Cinquanta. E’ Sci Winter Sottozero a produzione limitata, l’ultimo progetto di Pirelli P Zero: l’intelligenza del sistema antivibrazioni Head Intelligence Technology e la rivoluzione di una memoria a metallo liquido, Liquidmetal, si fondono grazie a un co-branding con Head. Prodotti in soli duecento esemplari numerati, gli sci Winter Sottozero sono in vendita nei negozi specializzati delle stazioni invernali più esclusive, da Cortina D’Ampezzo a St. Moritz, ma anche in concept store come San Carlo a Torino. Mentre il sistema Head Intelligence Technology, brevettato da Head, consente di adattare gli sci al tipo di neve, alla sciata e alla velocità dello sciatore, segnando il traguardo massimo nella personalizzazione delle attrezzature sportive, il metallo Head Liquidmetal concilia l’alta resistenza torsionale degli sci - dalla quale dipende la tenuta su nevi compatte e artificiali - con l’estrema capacità di flessione longitudinale delle lamine che assicura la massima precisione in curva. Il risultato è uno sci d’avanguardia, che prende il nome dall’omonimo pneumatico la cui ultima evoluzione è stata lanciata nel 2008.

Lacroix – Sci Courchevel E’ tempo di neve e Lacroix firma la stagione sciistica 2008 con una confezione di lusso dedicata agli sciatori più esigenti. La nota azienda francese, grazie alla collaborazione con la stazione sciistica di Courchevel, infatti, ha realizzato un set completo di sci che, venduto a 50 mila euro, è proposto in soli dieci pezzi. Una collezione d’elite, dunque, che comprende sci, bastoni da sci di carbonio, gli attacchi Lacroix, guanti in pelle, occhiali da sci e sacche in cuoio. Il tutto racchiuso in una custodia firmata da Pinel and Pinel - famoso marchio specializzato nella realizzazione di borse e bagagli da viaggio di altissima fattura - con un cassetto sul fondo che fornisce un ulteriore spazio per la conservazione degli oggetti. Lo storico, ma rinnovato marchio, che negli anni è diventato l’ambasciatore degli sci d’alta gamma grazie all’unione di linee sobrie e delle più avanzate tecnologie, segna così la nascita di un nuovo concetto di sci legato al lusso e all’esclusività. Due caratteristiche che si riflettono non solo nella scelta dei materiali e nel design, ma anche dal punto di vista tecnologico per soddisfare le esigenze degli sciatori che sulle piste non vogliono passare inosservati.

sulle piste da neve a cura della redazione

Sci Aurum Durante la stagione invernale, svetteranno sui tetti dei Suv più prestigiosi, diretti verso le località glamour delle Alpi. Sono gli sci Aurum ad alta tecnologia prodotti dalla Vist: un modello che sfoggia un design raffinato ed elegante. Realizzati in carbonio con inserti in metallo rivestito in oro 24 carati, vengono proposti al prezzo di 1.750 euro.

Set neve Louis Vuitton Per chi sulla neve non vuole rinunciare al glamour Louis Vuitton ha firmato per le più freddolose un vero e proprio set neve: il «Monogram Etoile Igloo», composto da sciarpa, cappello e guanti in morbida seta marrone con l’iconico Monogram in oro, rivestiti internamente e con un’elegante bordatura esterna in lapin marrone tono su tono. Completa il set la shopper Monogram Etoile, una city bag impermeabile, dalla linea morbida e dalla tela innovativa, resa ancora più leggera e sottile per realizzare il primo matelassé di Louis Vuitton, una lavorazione speciale ed unica, originata dall’incrocio di ben tre linee, due oblique e una verticale, che non vanno mai a tagliare il logo LV. Le fibbie poste ai lati, infine, permettono di regolare l’ampiezza della borsa, mentre una piccola chiusura a scatto è personalizzata dall’incisione Louis Vuitton che arriva direttamente dagli archivi storici.

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Black Revolution

Da Rosa Parks a Obama: la rivoluzione per i diritti civili dei neri d’America ha compiuto il suo ciclo. I 53 anni che hanno cambiato la storia degli Stati Uniti

La mattina del 1° dicembre 1955, a Cleveland Avenue, Rosa Louise Parks sale su un autobus di Montgomery in Alabama e si siede. Un gesto apparentemente insignificante, comune, quotidiano. Quello però era un posto per bianchi e Rosa Parks non lo era. Quel gesto cambierà l’America. Il conducente, che la sorte volle che si chiamasse nientemeno che James Blake, la invitò ad alzarsi e a cedere il posto ad un bianco. Rose lo guardò e, stanca di arrendersi, rispose ne più ne meno come sessan-

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testi di Mario Alberto Catarozzo

tadue anni prima (nel 1893) aveva risposto il giovane avvocato Mohandas Karamichad Gandhi, invitato a spostarsi in treno dalla prima alla terza classe (riservata agli indiani come lui) e per questo sbattuto sulla banchina dalla polizia. Quella notte cambiò la storia della più grande colonia inglese, l’India. Cinquanta anni dopo, il 15 agosto 1947, ne fu proclamata l’indipendenza. Il sogno del Mahatma Ghandi si era avverato. Rosa Parks non si alzò alle richieste del conducente, lei – disse – aveva pagato il biglietto come tutti gli altri. La polizia arrivò e fu arrestata. La storia aveva preso il suo corso, il seme della più grande lotta per la difesa dei diritti civili era stato gettato. Quella stessa notte i leader della comunità afro-americana guidati dall’allora scono-

sciuto reverendo Martin Luther King, solo ventiseienne, si riunirono per decidere le azioni da intraprendere ed ebbe inizio la protesta pacifica, a tratti violenta, che portò 381 giorni dopo all’abolizione delle leggi sulla segregazione razziale grazie ad una decisione storica della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America. Rosa Parks rimane tutt’oggi emblema della lotta per i diritti civili; gli ultimi due presidenti americani ne hanno celebrato il gesto di coraggio “un gesto che ha contribuito a migliorare l’America” ha ricordato George W. Bush in occasione della sua morte (2005) e ancora prima, nel 1995, fu il Presidente Bill Clinton ad insignire la signora Parks della Medaglia Presidenziale della Libertà dichiarando che con il suo gesto aveva “dato inizio al più grande mo-


Lifestyle vimento sociale nella storia americana”. La ricorda bene anche Ann Nixon Cooper, 106 anni, di Atlanta, Georgia, anche lei spettatrice di un secolo eccezionale, dove cose impensabili prima sono accadute dopo, alcune terribili, altre fantastiche: due guerre mondiali, il primo uomo sulla Luna, l’abolizione delle discriminazioni razziali, la caduta del muro di Berlino, la fine dell’apartheid in Sudafrica, e poi la radio, la televisione, il mondo in internet. Lei non ha ancora mollato, “non ho tempo per morire” aveva dichiarato in un’intervista alla Cnn e la mattina del 4 novembre 2008 si è recata ai seggi per votare il democratico Barack Obama, il primo Presidente afroamericano della storia Usa. Il neo Presidente non poteva non renderle omaggio nel suo primo discorso ricordando che negli anni in cui è nata la centenaria signora lei non avrebbe avuto diritto al voto “perché donna e per il colore della sua pelle; Ann è nata solo una generazione dopo la schiavitù - continua il discorso di Obama - un tempo in cui non c’erano macchine sulle strade o aerei nel cielo; quando qualcuno come lei non poteva votare”. Ricordiamolo, fu Abraham Lincoln, sedicesimo Presidente degli Stati Uniti d’America, ad abolire ufficialmente la schiavitù il 1° gennaio 1863, anche se il senso di tale atto fu più politico che umano, più strumentale che idealista. All’epoca era davvero impensabile, troppo anche per Lincoln. Rimase il divieto di mescolare le “razze” pena il reato di “miscegenation”, mescolanza razziale, il papà di Obama avrebbe rischiato grosso se fosse nato solo una generazione prima. “Yes we can” è stato il motto della campagna elettorale del primo presidente afro-americano. Riecheggiano in questa cantilena i sermoni del reverendo Martin Luther King. Il primo discorso a Chicago del quarantaquattresimo Presidente degli Stati Uniti d’America è deciso, vecchio stile patriottico e rende ragione delle lacrime dei neri venuti dal ghetto di South Side, dei singhiozzi strozzati di Jesse Jackson che quarant’anni prima (4 aprile 1968) aveva assistito all’assassinio del reverendo King e nei cui occhi gonfi dall’emozione ancora oggi si leggono le parole “I have a dream”; rende tributo alle preghiere dei migliaia che hanno aspettato l’esito del voto pregando sulla tomba di Martin Luther King, della gioia di bianchi, neri, ispanici che nei bar, nelle piazze, nelle chiese hanno cantato, ballato, fatto festa, perché è con oggi che davvero si compie il miracolo americano. Chi conosce la storia di questo Paese sa leggere la commozione che trapela dai discorsi del reverendo Raphael Warnock in ricordo del premio Nobel per la pace (1964) Martin Luther King: “Sono stato in cima a una

Rosa Parks non si alzò. La storia aveva preso il suo corso, il seme della più grande lotta per la difesa dei diritti civili era stato gettato. montagna e da lì ho visto la terra promessa”, disse il reverendo King la notte prima del suo assassinio, “questa notte - continua il reverendo Warnock - abbiamo toccato con mano l’America promessa”. “Se c’è ancora qualcuno là fuori che dubita che l’America sia un posto dove tutte le cose sono possibili; che ancora si chiede se il sogno dei nostri padri fondatori è vivo ai nostri giorni; che ancora si pone domande sul potere della nostra democrazia, stasera è la risposta” - tuona nella notte di Chicago il discorso del neo Presidente Obama la risposta data da vecchi e giovani, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi americani, omosessuali, eterosessuali, disabili e non disabili”. È la risposta dell’America quarantacinque anni dopo la strage della Sixteen Street Baptist Churc a Birmingham in Alabama, dove una bomba del Ku Klux Klan il 15 settembre 1963 spense la vita di quattro bambine afroamericane condannandole ad avere per sempre quattordici anni. È

per loro il documentario “4 little girl” di Spike Lee, tra i più bei documentari-memoria mai girati, tanto da meritarsi una nomination all’Oscar nel 1998, è per loro l’indimenticabile e straziante “Alabama” di John Coltrane, uno dei più grandi sassofonisti della storia del jazz. Denise, Cynthia, Addie e Carole non c’erano il 4 novembre 2008 a votare il loro presidente, ma sicuramente erano nei pensieri e sulle gambe dei migliaia in fila per dare un volto al cambiamento. Barack Obama quel giorno del lontano 1963 aveva due anni e nessuno mai al mondo avrebbe neppure osato immaginare allora che quarantacinque anni dopo un candidato alla Casa Bianca afro-americano avrebbe vinto perfino lì, in Alabama, in uno degli stati più razzisti di tutta l’America. È proprio vero, qui, negli Stati Uniti d’America, tutto è possibile. |

Se non puoi essere un pino sul monte, sii una saggina nella valle, ma sii la migliore, piccola saggina sulla sponda del ruscello. Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio. Se non puoi essere un’autostrada, sii un sentiero. Se non puoi essere il sole, sii una stella. Sii sempre il meglio di ciò che sei. Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad essere; poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita Martin Luther King

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Il tempio del

tabacco Viaggio esclusivo nel cuore della Repubblica Dominicana, dove sorge CiDav, la struttura produttiva dei sigari Davidoff. Un luogo magico in cui la passione e la cultura per il sigaro si uniscono alla precisione “svizzera” tipica dell’azienda Testo di Simone Scelsa Vice Presidente della Casa del Habano di Milano Foto di Mario Alberto Catarozzo

Ci sono luoghi, al mondo, nei quali non puoi capitare per caso. Uno di questi luoghi incantati è la piana di Palmarejo, nel cuore della Repubblica Dominicana, poco al di là della periferia polverosa di Santiago de los Caballeros. C’è solo una comunità creola dedita al gioco d’azzardo, all’agricoltura, al commercio e alla lavorazione del tabacco. Palmarejo è una spianata di terra. Non ci cresce nulla, intendiamoci, ma il genio dell’uomo vi ha impianto il più fecondo dei semi. Quello dell’ingegno e della passione. Il risultato è una magnifica struttura in stile coloniale, inaugurata nel 1998, di nome CiDav (acronimo di Cigarros Davidoff ). Entrandovi, la sensazione che l’edificio silenzioso che si prepara ad accoglierci non sia “solo” una fabbrica di sigari prende sempre più piede. La sensazione è che sia anche un tempio votivo. 108

Ho pensato a lungo a questa sensazione. Ho pensato ai grandi numi di questo luogo, da Henky Kellner a Zino Davidoff. Henky Kelner è una componente stabile dell’edificio, ci trascorre praticamente tutto il tempo che sottrae alle piantagioni. Così come suo figlio. Zino ha impregnato della sua essenza ogni mattone, ogni scaffale, ogni cuore. Qui si custodisce il culto, le tradizioni ancestrali del tabacco. I grandi sacerdoti del tabacco assomigliano più a scienziati che ad antichi stregoni. Ogni dettaglio produttivo è rigorosamente controllato, pianificato. Il tabacco, materia prima e pietra angolare d’ogni progetto, entra in CiDav già pronto per essere lavorato e trasformato in sigari. In effetti, tutta la cura che il tabacco in foglie non riceve negli impianti adibiti all’essicazione posti ai margini delle piantagioni, la riceve nella fabbrica de-

nominata “OK Cigar”, edificio questo realizzato da meno di due anni e posizionato a destra (guardando la fabbrica) di CiDav. In questa struttura, attrezzata con validissimi torcedor e sottoposta ad un continuo e maniacale trattamento igienico (si potrebbe mangiare per terra tanto è pulito), vengono create le marche di proprietà della maison elvetica che tutti i fumatori conoscono (parliamo quindi di Avo, di Griffin’s, di Zino, ecc…). Qui, in OK Cigar gran parte degli ambienti interni, specie quelli al piano terra, sono destinati alla lavorazione e alla miscelazione del tabacco che poi raggiungerà anche le altre due fabbriche (il terzo edificio del complesso è chiamato Occidental Cigar ed è destinato esclusivamente alla produzione delle “private labels”, ovverosia le linee di sigari private prodotte su commissione).


Lifestyle

Qui si custodisce il culto, le tradizioni ancestrali del tabacco. I grandi sacerdoti del tabacco assomigliano più a scienziati che ad antichi stregoni. Ogni dettaglio produttivo è rigorosamente controllato, pianificato. Il tabacco, materia prima e pietra angolare d’ogni progetto, entra in CiDav già pronto per essere lavorato e trasformato in sigari La qualità dei tabacchi lavorati e stoccati è diversa rispetto alle altre fabbriche cubane. Solo ad un primo sguardo risultano evidenti le molteplici classificazioni di San Vicente, di Olor, di Piloto, di Pelo de Oro (quest’ultimo di provenienza sudamericana), e di moltissimi ibridi creati e studiati da Henky Kelner. Il tabacco arriva in fabbrica dopo la seconda fermentazione. La prima e la seconda fermentazione avvengono infatti sempre sul luogo di

raccolta, mentre in fabbrica si procede a tutte le ulteriori lavorazioni ed all’invecchiamento. Allo stesso modo, e per esigenze organizzative, tutto il tabacco che entra in OK Cigar è già analiticamente classificato per tipologia, zona di provenienza e qualità. La fumigazione è il primo procedimento che le foglie di tabacco ricevono entrando in OK Cigar. In questo modo è possibile controllare i parassiti del tabacco evitando danni al raccolto. Poi, tutto il tabacco, classificato in modo a tal punto analitico da far pensare ad una farmacia (sulle etichette c’è perfino l’indicazione della pila di fermentazione dalla quale proviene la singola foglia), fa il suo ingresso in cucina. Per molti versi questa stanza è il cuore pulsante dell’intera struttura produttiva. Qui, infatti, vengono assunte le decisioni irrevocabili come vedremo subito. Ed è in questa stanza che si decreta il successo o il fallimento di un sigaro. Una delle caratteristiche peculiari della produzione relativa ai sigari Davidoff è proprio questo locale. Qui, su un lungo tavolo, le foglie vengono prima divise per tipologie, caratteristiche, provenienza e invecchiamento, quindi vengono assemblate in piccoli mazzi. Ma non si tratta di semplici fasci di foglie. Ognuno di essi, supervisionato da sapienti miscelatori, è destinato a comporre la tripa di un sigaro ben preciso e le foglie 109


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assemblate in questa stanza non si separeranno più. Ecco perché, poco a fianco, c’è un grande deposito stipato di cartoni. Su ognuno di essi non c’è più – come prima – l’etichetta con i dati inerenti il tabacco, ma c’è scritto il nome del sigaro. La definitiva trasformazione è avvenuta e da qui, la storia di ogni singola foglia è definitivamente segnata. A questo punto si potrebbe seguire il tabacco di sopra, direttamente in galera ed assistere così alla produzione dei vari Zino, Griffin’s, Avo, ma la curiosità è troppo forte e il richiamo di Davidoff diviene irresistibile. Non resta che seguire il tabacco eletto, quello che i master blender hanno classificato con il punteggio più alto. Il tabacco destinato a CiDav. Entrando nel grande edificio coloniale si resta subito “vittime” dell’organizzazione “svizzera” degli ambienti: perfetta separazione di ogni stanza, pulizia maniacale, silenzio e tranquillità. Eppure ogni singola mattonella della fabbrica trasuda passione. C’è perfino un pezzo di Ecuador nel piano seminterrato, il pezzo “più pregiato” 110

dell’intera installazione produttiva. Un caveau dal contenuto inestimabile. Una sala di dimensioni sorprendenti destinata allo stoccaggio delle foglie da fascia destinate ai piani superiori dove staziona l’unico tabacco di provenienza extra dominicana utilizzato da Davidoff. Non che in Repubblica Dominicana non si produca tabacco da fascia, anzi se ne fa di ottima qualità, ma i costi produttivi e la resa non sono tali da consentirne un impiego stabile e conveniente. Nel caveau dedicato alle foglie da capa, sonnecchiano un numero sterminato di confezioni da centoventi libbre ognuna, provenienti dall’Ecuador e dal Connecticut. Ognuna di esse ha un valore di mercato di circa 5.000 dollari. L’intera gamma di foglie da fascia impiegate da Davidoff, fatta eccezione per una piccola produzione dominicana e per alcune foglie di importazione americana, arriva come abbiamo detto dall’Ecuador. Le varietà coltivate sono per lo più Connecticut (nelle varietà broadleaf e in misura marginale shade). Il tabacco da fascia ecuadoregno gode di indubbi vantaggi rispetto all’assai più co-

stoso americano: costi di produzione decisamente inferiori ed insussistenza del “mol azul” e quindi alta resa nel raccolto. Un’interessante curiosità: le piantagioni di capas in Ecuador, che producono in esclusiva per Davidoff, non sono di proprietà Davidoff. A differenza delle foglie da tripa che vengono disidratate per la lavorazione, le foglie da fascia – estremamente delicate ed assai più preziose - vengono pesantemente umidificate prima di passare al reparto di scostolatura. In un ambiente umidissimo ed appena illuminato, le foglie vengono idratate per immersione in un contenitore, quindi vengono appese affinché l’acqua, penetrata nel picciolo, raggiunga in modo naturale ogni parte della foglia senza ulteriori interventi umani e nel modo più delicato possibile. Si tratta di un metodo di umidificazione utilizzato solo in questa fase. Alla nebulizzazione delle foglie si ricorre infatti solo nelle case di cura fuori le piantagioni, dove avvengono le fermentazioni. A differenza delle foglie da tripa, prima di venire umidificate, le foglie da capa subiscono la seconda


Lifestyle

Le black star che amano Davidoff Nuovi formati e nuovo design per la giovanile e accattivante linea di sigari di casa Davidoff, Zino Platinum, nella doppia versione Scepter Series e Crow Series: come moduli si va dallo “Stretch”, al “Chubby”, al “Grand Master”, allo “Stout”, al “Low Rider”. Nuove anche le miscele di tabacchi che compongono gli Zino Platinum blend, una sapiente commistione di foglie dominicane e peruviane. La rigogliosa terra dominicana regala i tabacchi Ligero, favolosi, a cui si sommano i Ligero raccolti in Perù (circa il 25% della miscela). Anche il “vestito” è di tutto rispetto e segue la tendenza del pubblico americano che ama la perfezione: la sottofascia è una foglia che trova i natali in Connecticut, fatta fermentare e maturata appositamente per ben quattro anni. La fascia ha la progenie in un seme del Connecticut cresciuto in Ecuador, anche questo appositamente fermentato e invecchiato per due anni. Illustri personaggi americani dal colore “maduro” del mondo del cinema, dello sport e del business ne sono già grandi estimatori, basti pensare agli attori Denzel Washington e Forest Whitaker, all’attrice Theresa Randle, alla modella Naomi Campbell, al regista Spike Lee, agli intramontabili miti della NBA Julius Irving (Dr. J), Charles Barkley anch’egli grande giocatore dei Philadelphia 76ers, Dennis Rodman dei Detroit Pistons, per non parlare dei giocatori di football americano come Emmit Smith dei Dallas Cowboys e Jerry rice dei San Francisco 49ers. www.zinoplatinum.com

fermentazione in un ambiente a ciò appositamente dedicato. La prima avviene invece presso le case di cura in Equador. In questa zona della fabbrica un rumore continuo rende difficoltose le conversazioni. Sono le macchine per la scostolatura delle foglie da capa che garantiscono – nonostante l’età – un taglio netto della vena centrale della fascia senza provocare danni alle pregiatissime foglie da fascia. Visto il loro costo, l’impiego di questo piccolo aiuto meccanico non crea alcuno scandalo. Al termine della scostolatura, le foglie da fascia subiscono la prima importante classificazione e vengono divise – prima di essere stivate in grandi armadi di legno massello – per colori, qualità e formati. Quelle che non raggiungono la qualità minima desiderata vengono destinate all’impiego come capote. Man mano che si sale ai piani più alti l’illuminazione elettrica lascia il posto a quella del sole. La temperatura del reparto di confezionamento è più fresca, accomodante. Prima di arrivare sui banchi di lavoro passiamo per il reparto di distribuzione, dove ogni torcedor, tramite una gestione documentale accuratissima, ritira le quantità e le qualità di tabacco necessarie a produrre i sigari cui è stato destinato. L’ultima destinazione è la fabbrica dove lavorano duemila dita con la precisione di orologiai d’oltralpe. Sorprende, ma solo all’inizio, la concentrazione dei torcedores. Ogni singolo sigaro prodotto in CiDav viene controllato manualmente dal supervisore, ed ogni minimo difetto ne determina lo scarto. Ogni scarto viene registrato sulla scheda personale del torcedor, ma questo non viene punito per i propri errori. Il salario base del torcedor

resta invariato, a prescindere dagli errori che sono comunque minimi. I più bravi, quelli che commettono meno errori vengono invece premiati con un bonus sul salario. In fondo alla galera, grandi bancali ospitano le scatole già imballate. Sui cartoni vengono stampigliate le destinazioni finali: Dubai, Ginevra, Singapore, e così via. Ed anche per noi è tempo di partire. La nostra destinazione, Milano, non è su nessun cartone. Ad oggi infatti le leggi del nostro Paese non consentono a Davidoff di aprire una propria boutique in Italia come succede nelle capitali mondiali. Con un pizzico di tristezza lasciamo CiDav e la sua straordinaria, affascinante efficienza, con la speranza, in futuro, di poterla ritrovare tra le strade della nostra città, ancora troppo diversa da Rue de Rive. |

There is non substitute for our tobacco anywhere in the world. It’s easier to make good cognac than to achieve the quality of Cuban tobacco. Fidel Castro B&G n.3 – Questione di carattere – p.110 B&G n.2 – Milano chiama Cuba – p.116 www.casadelhabano.it www.itagency.it www.davidoff.com

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MY Aqva, il nuovo 40 metri planante di Admiral che ha conquistato il premio di categoria al Salone di Genova a cura della redazione

Ecco il

Superyacht

dell’anno

Presentato in anteprima allo scorso Salone di Genova, la nuovissima ammiraglia planante Admiral di 40 metri, il MY “Aqva”, ha conquistato il prestigioso premio di Superyacht dell’anno. Peculiarità dell’Admiral 40, (caratteristiche distintive anche del 42 e del 44 metri attualmente in produzione), sono il portellone di poppa che si apre a piattaforma sul mare, il garage che ospita il tender su un lato e l’albero portastrumenti centrale che aumenta lo spazio sul sun deck. Questo maxi-yacht planante di 39,75 metri costruito in lega leggera di alluminio 5083, si distingue per le sue linee pulite ed eleganti, per lo scafo color bronzo dorato, per le sue prestazioni, 31 nodi di velocità massima grazie a due MTU da 3.650 cavalli, e per un layout, che porta la firma di Luca Dini, ricco di soluzioni innovative. Lo yacht è stato realizzato sotto la sorveglianza dell’American Bureau of Shipping per ottenere la certificazione “Maltese Cross A1 Yachting Service, AMS”. Il pozzetto di poppa è arredato come welcome area, con due tavolini che aperti diventano tavolo unico e sedie. Attraverso una porta elettrica scorrevole si accede all’interno del salone. Il pa112

vimento è in teck naturale con al centro moquette color crema, le pareti laterali e la consolle che divide la zona pranzo sono in essenza di rovere verde e i soffitti sono di pelle bianca. Nell’area living troviamo un divano angolare Minotti in corda bianca e un tavolino in wengé per un’atmosfera pura ed elegante. La TV è al plasma ed è a scomparsa in un mobile laterale. La zona pranzo è dominata da un tavolo in wengé. Le pareti laterali nascondono, qui come in molti altri punti della barca, degli scomparti con ante che si aprono con una leggera pressione, così da avere molti spazi e nello stesso tempo, mantenere linee molto pulite. Dal corridoio di destra, si accede alla area amatoriale, composta da un ufficio con una bella scrivania che ha il piano in cuoio color creta, e dalla cabina che ha pavimento di moquette color panna e pareti in rovere verde. La testiera e i comodini sono invece in cuoio antracite. La parete centrale é dotata di piani in vetro e TV al plasma. Sulla murata a sinistra si trova un divano flexform realizzato su misura nello stesso materiale e colore del testaletto. Un’ampia apertura all’altezza del cielino in pelle bianca fa arrivare la luce naturale nell’ambiente. Il bagno è preceduto


La rotta del lusso

da due walk-in laterali ed è tutto in marmo afyon Namibia bianco, con pareti di vetro satinato. Nel corridoio di sinistra si trova la cucina Boffi in alluminio e top acciaio. Il pavimento è sempre in teck mentre il fondo è in vetro nero lucido. Da qui una scala a prua scende alla zona per l’equipaggio di sette persone composta dalla cabina del comandante, tre cabine con letti a castello, un’ampia cucina, una dinette e una zona servizi.

Peculiarità dell’Admiral 40 sono il portellone di poppa che si apre a piattaforma sul mare, il garage che ospita il tender su un lato e l’albero portastrumenti centrale che aumenta lo spazio sul sun deck

CARATTERISTICHE TECNICHE Materiale: Aluminum Alloy 5083 H 321 Lunghezza: 39.25 metri Larghezza : 8.00 metri Profondità di immersione: 1.75 metri Dislocamento a mezzo carico: 180 t Capacità serbatoio carburante: 30.000 litri Acqua dolce: 5.000 litri Velocità massima: 31 nodi Velocità di crociera: 28 nodi Autonomia di crociera: 800 nm Ancore: 2 x 180 Kg ciascuna Ospiti : 8 + cabina del proprietario Equipaggio: 6 + cabina del capitano

Al ponte inferiore si accede dal corridoio di destra scendendo per una bella scala rivestita di rovere con i gradini in tek e il lato aperto fatto a barre in acciaio. Appena scesi, ci accoglie una parete curva in cuoio color creta con luci a pavimento. A prua ci sono due cabine ospiti: quella di destra è matrimoniale, con testiera e bordo in pelle color creta. Quella di sinistra è a due letti, con testiera in pelle bianca a quadroni. Entrambe sono dotate di armadio e bagno in marmo botticino beige con doccia. Completano l’insieme, due matrimoniali simmetriche a poppa con bagno in marmo crema marfi l con lavabo in vetro. Dal corridoio di sinistra del ponte principale si accede anche alla plancia che si trova al piano rialzato, tutta in pelle antracite. Lo skyline è tutto in vetro e può essere oscurato da tende elettriche. La consolle è equipaggiata con le più sofisticate strumentazioni di bordo. Pochi scalini e si arriva al ponte superiore che ospita un ampio fly in teck dove trovano posto la seconda timoneria, due sdraio e verso poppa un enorme divano prendisole che si allunga in chaise-longue. L’alberotto portastrumenti è centrale, con tendalino a movimentazione elettrica, e dietro ha un tavolo con TV a scomparsa.

A poppa, il portellone si apre a piattaforma sul mare e diventa una zona per gli ospiti con un mobile in teck che nasconde icemaker, frigo e lavello, e una doccetta. Il garage per il tender è laterale. La sala macchine fra le altre dotazioni comprende anche 2 motori diesel MTU 16V 4000 M90, ognuno con potenza da 3.650 HP, un depuratore gasolio ALFA LAVAL, un trattamento acque nere HAMANN conforme alle normative USCG, un impianto debatterizzatore, un impianto addolcitore acqua e un impianto separatore acqua di sentina. |

Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare – il mare – nell’aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare. Alessandro Baricco www.admiralyacht.eu

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La futura dimensione

dell’eleganza

Un’immagine naturale, una sportività sofisticata e un’eleganza ricercata: sono le caratteristiche della nuova Bmw Serie 7, l’ammiraglia bavarese destinata a diventare il simbolo di una nuova concezione del lusso. Ce la immaginiamo perfetta per l’imprenditore di stile e il grande manager capaci di guardare al di là delle sole apparenze, per uomini “illuminati” che riconoscano il grande salto tecnologico, che adorino la generosità e il cuore di un motore straordinario, che vogliano vivere l’eleganza senza compromessi 114

e che sappiano riconoscere il fascino superiore di un design di grande sobrietà e armonia. Perché la nuova serie 7 è il risultato di un design deciso e di un’eccellente arte ingegneristica. L’ultima nata della casa automobilistica bavarese deve il proprio carattere progressista a una serie di innovazioni, che mirano a trasformare il viaggio, sia del guidatore che del passeggero, in un’esperienza indimenticabile. La nuova ammiraglia è disponibile sul mercato con un motore a benzina V8 e un motore sei cilindri in linea con


Emozioni al volante

Novità, la Serie 7: questa volta Bmw ha fatto centro con un’ammiraglia capace di coniugare innovazione tecnologica, performance emozionanti e massima eleganza. Vincente il design con linee alleggerite e accattivanti a cura della redazione

Twin Turbo ed iniezione diretta di benzina (High Precision Injection), a cui si aggiunge il primo rappresentante di una generazione nuova di motori diesel a sei cilindri. Ed è proprio grazie a queste motorizzazioni e a una serie di misure di potenziamento dell’efficienza nei gruppi che circondano il motore, che la quinta generazione della Serie 7 riesce a raggiungere degli eccellenti valori prestazionali di consumo e di emissioni rispetto alla concorrenza. L’otto cilindri, che eroga nella BMW 750i una potenza di 300

kW/407 CV nel campo di regime tra i 5500 e i 6400 giri/min, è il motore più efficiente della propria categoria di potenza e il primo propulsore del mondo della propria classe con i turbocompressori inseriti nel vano a V tra le due bancate di cilindri. I due motori a sei cilindri si elevano a livelli di potenza che finora erano riservati ai propulsori a otto cilindri, combinando questo potenziale con un’efficienza esemplare e un peso nettamente alleggerito, che non solo influenza positivamente l’equilibrio della vettura, ma ne 115


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favorisce anche l’agilità. Altamente innovativo il concetto di comando BMW iDrive del nuovo gioiello di casa: analogamente al modello precedente, in cui era stato introdotto per la prima volta il concetto di comando BMW iDrive, anche la nuova BMW Serie 7 definisce i parametri di riferimento di comandi delle varie funzioni dell’automobile, ottimizzati a livello di ergonomia, di efficienza e logica funzionale. E, grazie a una serie di sistemi innovativi e, in parte esclusivi, di assistenza del guidatore, nella nuova BMW Serie 7 oltre al comfort di guida anche la sicurezza attiva raggiunge un livello finora mai conosciuto. L’ammiraglia, infatti, è la prima vettura del segmento di appartenenza a essere equipaggiabile con il Head-Up-Display, che proietta sul parabrezza le informazioni più importanti per il guidatore. Lane Departure Warning, il nuovo avvertimento di cambio corsia e l’assistente attivo di frenata e BMW Night Vision con riconoscimento di persone, completano il ritratto di questa vettura d’avanguardia. Già, perché anche sul fronte dell’applicazione delle più moderne tecnologie, la nuova Serie 7 conquista il primato per l’utilizzo illimitato di Internet a bordo: il Controller e il Control Display del sistema iDrive si trasformano in un terminal online che consente di caricare qualsiasi pagina web della rete mondiale di dati. E a richiesta, nella BMW Serie 7, BMW ConnectedDrive offre la possibilità di attivare il riscaldamento e la ventilazione a fermo, con il telefono cellulare che funge da telecomando. Il design completa l’opera, unendo eleganza e sportività, un connubio che si manifesta soprattutto nella li-

nea delle fiancate. Le superfici tese sopra i passaruota e nelle porte, così come la stretta fascia che forma la linea di spalla che si estende dalla zona sopra i gruppi ottici anteriori fino alla nervatura laterale, accentuano il carattere elegante dell’ammiraglia. La sportività, al contrario, spicca soprattutto dalla Greenhouse, che si presenta leggera con le sottili cornici dei cristalli laterali e i montanti stretti. Esclusivo, pregiato ed invitante è l’ambiente interno, sia per il disegno delle forme che per la composizione cromatica e la selezione dei materiali, che simbolizzano armonia e riflettono una tecnica e un design impostati per soddisfare le esigenze e il benessere del guidatore e dei suoi passeggeri. |

Ce la immaginiamo perfetta per l’imprenditore di stile e il grande manager capaci di guardare al di là delle sole apparenze, per uomini “illuminati” che riconoscano il grande salto tecnologico, che adorino la generosità e il cuore di un motore straordinario, che vogliano vivere

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B&G n.3 – L’emozione BMW dedicata alle imprese – p.78

l’eleganza senza compromessi e che sappiano

www.rivoltella.bmw.it Per visualizzare altre immagini della nuova Serie 7 BMW si può visitare il sito www.businessgentlemen.it – Canale “Motori”

riconoscere il fascino superiore di un design di grande sobrietà e armonia


Emozioni al volante

Scheda tecnica Caratteristiche motore BMW 740i berlina

BMW 750i berlina

BMW 730d berlina

Lungh./largh./alt. (a vuoto) - mm

5.072/1.902/1.479

5.072/1.902/1.479

5.072/1.902/1.479

Capacità serbatoio ca. l

82

82

80

Carburante (ottani)

min. 95 ottani

min. 91 ottani

diesel

Corsa/alesaggio (mm)

1 1/15

883/890

1 1/14

Cilindrata (cm³)

2979

4395

2993

Potenza massima kW (CV)

240 (326)

300 (407)

180 (245)

a giri/min

5800

5.500–6.400

4000

Coppia massima Nm

450

600

540

a giri/min

1.500–4.500

1.750–4.500

1.750–3.000

Compressione (:1)

10,2

10,0

16,5

Accelerazione 0–100 km/h (s)

5,9

5,2

7,2

Consumo ciclo combinato complessivo l/100 km

9,9

11,4

7,2

117


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Le idee innovative di Natural Spa Resort e Medical Spa coniugano le terapie tradizionali alla medicina estetica e a trattamenti all’avanguardia. Tutto questo in una cornice straordinaria. Ecco tre perle tutte da scoprire nella magica Toscana: Bagni di Pisa, Grotta Giusti e il premiatissimo Fonteverde, il resort che ha conquistato il premio di miglior Spa d’Europa 2007 a cura della redazione

C’è una tradizione antica, che risale a secoli e secoli fa, dietro ai centri termali del Gruppo STB, Società Terme e Benessere. Fondato dal pioniere del wellness, Leandro Gualtieri, il Gruppo, di cui fanno parte le Spa di Fonteverde, i Bagni di Pisa e la Grotta Giusti, coniuga la tradizione terapeutica dei centri termali con quella più moderna del benessere psico – fisico. E è proprio questo fortunato connubio che ha portato alla creazione di Natural Spa Resort: una concezione moderna di Spa che, affiancando alle terapie tradizionali aree di medicina estetica e trattamenti d’avanguardia, ha introdotto il concetto già ampiamente diffuso oltreoceano di “Medical Spa”. Da qui la scelta del Gruppo di introdurre all’interno delle Spa uno staff medico altamente specializzato: dalla dietologia all’idrologia, dalla dermatologia alla medicina estetica, per lasciarsi curare e coccolare attingendo alle tradizioni degli antichi e al significato originario di Spa, “Salus per aquam”, cioè salute attraverso l’acqua. Creando una sorta di continuum tra il relax alberghiero e la cura termale, l’ospite vive un’esperienza unica, in cui i sensi sono protagonisti, così come il benessere che ne deriva. Nella mente e nel corpo, nel fisico e nell’anima. Caratteristiche che hanno permesso a Fonteverde, il resort cinque stelle situato a San Casciano dei Bagni - antico borgo della Val d’Orcia, noto da sempre per le millenarie sorgenti da cui sgorgano acque termali ricche di minerali - di conquistare nel 2007 il premio di Migliore Spa d’Europa, aggiudicandosi lo “Spafinder’s Crystal Award”. Affiliata a “The Leading Small Hotels of the World”, prestigioso brand dell’hôtellerie di lusso, la struttura alberghiera offre ai suoi ospiti la possibilità di lasciarsi coccolare in uno spazio wellness di prestigio: una Spa termale che si fregia del marchio “Leading Spa”. Oggi Fonteverde, dopo il completo restauro avvenuto nel 2000, offre molteplici spazi per il relax e trattamenti per soddisfare ogni esigenza, coniugando il fascino dell’architettura rinascimentale che regala ai visitatori 118


Wellness life

La nuova frontiera del

wellness

il sapore di un passato aureo e prestigioso, con l’eleganza degli ambienti curati nei dettagli. Particolari a cui si aggiunge la semplicità del territorio circostante, un piccolo paradiso naturale circondato da

Fonteverde è un resort cinque stelle situato a San Casciano dei Bagni che ha conquistato nel 2007 il premio di Migliore Spa d’Europa, aggiudicandosi lo “Spafinder’s Crystal Award”

ampie distese verdi, calanchi e panorami da sogno. Sette le piscine con acqua termale dove potersi immergere e dedicarsi a trattamenti come il “Thalaquam Massage”, il “Watsu” e il “Bioaquam”, che prevede percorsi drenanti e tonificanti con più getti. Ricche di proprietà terapeutiche, le acque di queste piscine (a disposizione ce ne sono anche una per i bambini e una per gli amici a quattro zampe) sono parte integrante del territorio in quanto sgorgano da quaranta sorgenti naturali e arrivano in superficie ad una temperatura di 42°C. E’ di recente realizzazione la piscina esterna a sfioro di acqua fredda di oltre 140 metri quadrati a disposizione degli ospiti, che potranno anche usufruire di un ricco bou-

quet di proposte fitness, del Beauty Service e di trattamenti che uniscono le preziose proprietà delle sostanze termali alle moderne tecniche manuali e strumentali della medicina estetica occidentale e della più antica tradizione orientale e anche di un coiffeur. Servizi esclusivi e le ultime novità nel campo dell’estetica si fondono con la tradizione millenaria anche nel caso de La Grotta Giusti Natural Spa Resort, definita dal maestro Giuseppe Verdi “l’ottava meraviglia del mondo”. Il nome rappresenta un tributo a Giuseppe Giusti, poeta toscano del XIX secolo originario di Monsummano e figlio di un noto proprietario terriero della zona. Fu proprio nel 1849 che alcuni braccianti, incaricati dal Cava119


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lier Giusti di lavorare in una cava poco sopra il paese, scoprirono la grotta termale, vecchia di 130 milioni di anni, ma fino a quel momento nascosta dietro ad un macigno. Qui gli ospiti possono lasciarsi coccolare in tre sale: il Paradiso, il Purgatorio - con il suo lago Limbo, a media temperatura - e l’Inferno- dove l’umidità tocca il 98% -, ognuna con una temperatura diversa, nelle quali fermarsi e godere fino in fondo degli effetti benefici dei vapori termali, per un percorso di benessere della durata di cinquanta minuti. E’ invece la splendida struttura di San Giuliano Terme, un tempo residenza estiva dei Granduchi Lorena, ad ospitare i Bagni di Pisa Natural Spa Resort: una stazione termale che nei secoli passati ha goduto di fama internazionale e che oggi è tornata al suo antico splendore. L’antico palazzo dei Lorena, dopo un lungo periodo di decadimento e oblio, è infatti rifiorito: il corpo centrale, dove un tempo c’erano le sale da ballo e le ali con le stanze con i soffitti a volta affrescati da abili artisti settecenteschi, oggi è un’oasi di benessere suddivisa, sia architettonicamente sia concettualmente, in due parti. I “Bagni di Levante” sono il lato del termalismo classi-

co, coi trattamenti terapeutici che aiutano a ritrovare il benessere sfruttando le proprietà curative delle acque termali e l’Hammam dei Granduchi, piccola grotta termale naturale dotata di una polla sorgiva a 40 gradi. I “Bagni di Ponente” collegati alla struttura alberghiera e alla stanze, invece, racchiudono le caratteristiche di un Centro benessere ispirato ai principi del “Salus per aquam”: qui Oriente ed Occidente si fondono in un ambiente carico di colori ed essenze, adatto per un percorso di benessere personalizzato. |

la galleria completa di immagini dedicate a questo servizio su www.businessgentleman.it - canale Luxury www.fonteverdespa.com www.grottagiustispa.com www.bagnidipisa.com Per visualizzare altre immagini dei centri Fonteverde, Grotta Giusti e Bagni di Pisa si può visitare il sito www.businessgentlemen.it – Canale “Luxury”

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Wellness life

A sinistra: il Bioaquam by night del resort Fonteverde e la piscina termale aperta di Grotta Giusti. A sinistra, in basso: una suite di Bagni di Pisa Natural Spa Resort. In questa pagina: piscina termale di Bagni di Pisa Natural Spa Resort

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dicembre 2008 - febbraio 2009

Botswana, la vera anima dell’Africa

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Turismo a cinque stelle

Vaste aree selvagge e incontaminate, dal deserto alla vegetazione lussureggiante: una terra ancestrale, dove la presenza umana è una rarità . Il viaggio per eccellenza alla scoperta delle meraviglie del continente africano In collaborazione con Bradipo Travel Designer

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dicembre 2008 - febbraio 2009

Nella doppia di apertura: Una visuale del Moremi Game Reserve, un Giardino dell’Eden che occupa la zona nord orientale del Delta dell’Okavango. In questa paginaa: Il Jack’s Camp, campo tendato di lusso, in pieno deserto del Kalahari. Nella pagina a lato: Visuale dalla tenda di Jack’s Camp

INFO UTILI SUL BOTSWANA Capitale Gaborone Stagionalità e clima Clima molto caldo da ottobre a marzo, specialmente nelle zone desertiche, temperato negli altri mesi. Breve stagione delle piogge nei mesi caldi. Documenti per l’Espatrio Passaporto in corso di validità. Visto d’ingresso non richiesto. Lingua La lingua ufficiale è l’inglese. Religione Cristiana, animista. Fuso orario Un’ora in più rispetto all’Italia; stessa ora quando in Italia vige l’ora legale. Moneta Pula. 1 Pula equivale a circa 0,10 euro. 124

Safari in lingua swahili significa letteralmente viaggio e il Botswana è l’esperienza safari perfetta per carpire la magia dell’Africa. Un viaggio attraverso le vaste aree selvagge e incontaminate per esplorare la vita del bush. Situato in Africa australe, il Botswana affascina per il suo ambiente naturale, diviso tra le immense distese desertiche del Kalahari e la rigogliosa vegetazione del Delta dell’Okavango. Vivere questa terra ancestrale, dove la presenza umana è solo accennata, rappresenta il viaggio per eccellenza in cui scoprire le meraviglie del continente africano. Delta dell’Okavango Il Delta dell’Okavango, con i suoi canali, lagune e isole è il più esteso sistema idrico interno del pianeta, oltre a rappresentare uno dei più straordinari ecosistemi al mondo. La lontananza del Paese dal mare conferisce a questo bacino idrico un’importanza enorme, in quanto è fonte di vita e sopravvivenza per animali e piante che trovano qui l’habitat ideale. Le savane e le aperte praterie sono divise da profondi corsi d’acqua, che ospitano branchi di ippopotami, mentre le isole, coperte da una rigogliosa vegetazione, sono la dimora degli schivi leopardi. La scarsità di strutture presenti nell’area le conferisce quella preziosa esclusività che la rende ancora selvaggia ed incontaminata. In agosto l’alto livello delle acque rende inaccessibili ai veicoli la maggior parte dei territori, che rimangono perciò esplorabili unicamente attraverso le imbarcazioni tradizionali.


Turismo a cinque stelle

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dicembre 2008 - febbraio 2009

Moremi Game Reserve Nella Moremi Game Reserve, un Giardino dell’Eden che occupa la zona nord orientale del Delta dell’Okavango, la natura fiorisce lungo 3 mila km2, dove oltre 500 specie di uccelli si abbeverano nelle diverse pozze d’acqua e un’impressionante varietà di animali sono i protagonisti dei vostri numerosi incontri ravvicinati. Trascorrere la giornata all’interno della riserva, soffermarsi sulle rive sabbiose del fiume per un pic-nic lunch è l’esperienza più magica che questi luoghi possano offrire: l’esplorazione in barca delle acque dell’Okavango permette di apprezzarne appieno i suoni e i colori e grazie alla guida esperta di Ralph Bousfield, botanico e zoologo, nato in Botswana da una storica famiglia di esploratori, la conoscenza di questo paradiso naturale si trasforma in una scoperta. Ralph Bousfield è un accompagnatore d’eccezione, capace di trasmettere con semplicità le sue competenze, acquisite attraverso anni di ricerca e il suo spasmodico amore per la natura. Calata la notte, i lunghi silenzi e il luccichio delle stelle al di sopra delle proprie teste sono qualcosa di prezioso e fatato: momenti di rara intensità, da vivere radunati intorno al fuoco, nel lusso del campo tendato mobile, circondati dalla natura più autentica. La giornata tipo comincia con una colazione alle prime luci dell’alba e continua con l’escursione che dura tutto il giorno, con veicoli privati e la guida che vi illustra animali e piante tipiche dell’ecosistema africano. Lo scopo è quello di cercare di avvistare i predatori più sfuggenti come leoni, ghepardi e leopardi. Dopo una pranzo relax all’ombra di un albero, avrete accesso agli angoli più nascosti della Moremi Game Reserve per vedere i gruppi di elefanti e gli uccelli che si abbeverano al tramonto. Il Botswana è la destinazione giusta per osservare i grandi animali africani nel loro regno: dall’elefante fino ai particolari suricati, piccoli mammiferi che abitano solo alcune zone dell’Africa meridionale. Da qualche anno, grazie al successo del programma di reintroduzione e ripopolamento, la Moremi Game Reserve è una delle poche aree in cui è possibile avvistare i rinoceronti. Magkadigkadi Pans National Park Le sorprese non sono finite, c’è ancora il Magkadigkadi Pans National Park. Creato negli anni ‘70 ed interessato prevalentemente dalle migrazioni degli animali questo parco protegge una vasta area arida dalle atmosfere lunari. La zona chiamata Ma-

kgadikgadi Pans Game Reserve si estende per circa 3, 9 mila km2 e comprende saline, praterie ed una savana di grande bellezza dove gli animali sono liberi di muoversi, in quanto l’area non è recintata. Per questo è difficile trovare le grandi concentrazioni che si possono vedere in altre parti del Paese. Durante l’inverno, più arido, gli animali si riuniscono generalmente lungo i fiumi, mentre nella stagione delle piogge, tra febbraio ed aprile, immensi branchi di zebre e gnu migrano verso Nxai. Normalmente si possono vedere varie specie di antilopi, zebre, leoni, iene e talvolta ghepardi. Questa zona off re una sistemazione unica, al Jack’s Camp, campo tendato di lusso, in pieno deserto del Kalahari: dieci lussuose tende in stile anni ‘40, posizionate su piattaforme in legno e con servizi privati. Circondati da un paesaggio lunare, ci si lascia coccolare dal buon cibo fresco, preparato quotidianamente, mentre durante le pause di relax non mancano tè e dolcetti, in perfetta tradizione inglese, impiantata in Botswana dal protettorato britannico durato fino agli anni ’60. Meraviglioso esplorare l’area del Magkadigkadi Pans, tentare di abbracciare il Chapman’s Baobab, uno dei 3 baobab più grandi in Africa e spostarsi alla ricerca della iena bruna, antico carnivoro africano. Indimenticabile visitare le aree del Pan guidati dall’eccezionale istinto e conoscenza dei boscimani e finire la giornata ascoltando i loro racconti durante un aperitivo al tramonto. Accompagnatore speciale in questa spedizione sarà Nicos Contos, co-fondatore e Managing Director di Bradipo Travel Designer, grandissimo amante dell’Africa. Non a caso il Botswana è la sua meta preferita; in un’avventura overland lo ha esplorato completamente e con Bradipo Travel Designer ha ideato questa spedizione di lusso per condividere con altri la sua grande passione. Un angolo di paradiso, un’avventura nel segno dell’esclusività, che resta impressa nelle menti dei viaggiatori. Un ricordo reso ancora più vivo dalle immagini scattate dal fotografo professionista che accompagna la spedizione immortalando i momenti più belli. |

In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso. Aristotele www.bradipotravel.com

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dicembre 2008 - febbraio 2009

Promotion Trade Exhibition Dal 21 gennaio al 23 gennaio 2009 Sede: FieraMilanoCity

Bergamo Arte Fiera 2009

La domanda e l’offerta degli operatori specializzati nell’oggettistica aziendale per il nono anno si danno appuntamento a Promotion Trade Exhibition, esposizione internazionale dell’oggetto aziendale per la promozione, la pubblicità e il regalo d’affari. Produttori, importatori e distributori esclusivisti di oggettistica per regalistica aziendale di Pr e ricorrenza, oggettistica personalizzata pubblicitaria (Pto), oggettistica per concorsi a premio, collection e incentive incontreranno in FieraMilanoCity distributori e intermediari del settore.

Dal 9 gennaio al 12 gennaio 2009 Sede: Fiera Nuova di Bergamo

Bergamo Arte Fiera si inserisce di diritto tra le maggiori manifestazioni dedicate all’arte moderna e contemporanea. L’organizzazione si è adoperata per off rire un appuntamento in grado di confrontarsi con le più note mostre di arte contemporanea che da anni si svolgono nel nostro Paese.

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Bergamo Sposi 2009 Dal 6 febbraio all’8 febbraio 2009 Sede: Fiera Nuova di Bergamo

Torna come ogni anno il Salone dei prodotti e dei servizi per gli sposi e la famiglia. Saranno presenti diversi settori, tra cui: abbigliamento da sposa/o, abbigliamento da cerimonia, agenzie viaggi, autonoleggi, bomboniere, catering, centri di bellezza, editoria specializzata, fioristi, liste nozze, oreficerie-gioiellerie, parrucchieri, ristoranti, arredamento, complementi d’arredo, arredo bagno, illuminazione, immobiliari, istituti di credito, elettrodomestici, biancheria, casalinghi, fotografi.

febbraio 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 01 04 05 06 07 08 02 03

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Bergamo Antiquaria 2009 Dal 24 gennaio al 1° febbraio 2009 Sede: Fiera Nuova di Bergamo

Bergamo Antiquaria vuole ribadire, attraverso l’alta qualità delle opere antiquarie proposte dalle gallerie d’arte accuratamente selezionate, il suo successo creando così un percorso storico artistico che, muovendosi dalla stessa Bergamo, coinvolgerà tutte quelle realtà italiane in cui il mercato antiquario risulta essere particolarmente fiorente: Brescia, Milano, Firenze, Roma, Napoli per citarne solo alcune. È rivolta a collezionisti, operatori di settore e pubblico appassionato.

Made Expo

Vacanze Weekend 7 e 8 febbraio 2009 Sede: Brixia Expo, Brescia

Dopo il successo del circuito 2008, Vacanze Weekend, la Rassegna itinerante dedicata al turismo e alle attrezzature per il tempo libero, torna a Brescia e proseguirà il suo tour a Padova, Torino e Verona. L’obiettivo è quello di bissare e superare il risultato di oltre 50.000 visitatori ospitati nei tre quartieri fieristici interessati lo scorso anno: una cifra che ha premiato la formula innovativa adottata e confermato Vacanze Weekend quale vetrina ideale per portare le migliori proposte in fatto di vacanze ai più interessanti bacini geografici in Italia.

Dal 4 febbraio al 7 febbraio 2009 Sede: Fiera Milano, Rho - Pero

Un evento sempre più internazionale e in grado di off rire alle imprese uno strumento efficace sia sul piano commerciale che su quello della comunicazione. Il concept di Made Expo è infatti altamente innovativo e si propone come laboratorio di idee, analisi e soluzioni rivolto ai professionisti del settore. La specializzazione dell’offerta è garantita dalla suddivisione del layout espositivo in saloni accorpati secondo aree corrispondenti a specifici momenti del processo progettuale e costruttivo. Inoltre, il programma collaterale di Made Expo unisce il mondo della produzione agli approfondimenti culturali, i mercati ai professionisti, le più evolute soluzioni tecniche a ciò che è glamour e innovazione. 128


I prossimi appuntamenti Testatina

Bit – Borsa Internazionale del Turismo Dal 19 al 22 febbraio 2009

Smau Business Brescia

Sede: Fiera Milano, Rho – Pero

Dal 25 al 26 marzo 2009 Sede: Brixia Expo, Brescia

La Borsa Internazionale del Turismo è il più importante marketplace in Italia del settore turismo e uno dei principali appuntamenti al mondo. Lo testimoniano i numeri da record registrati nella passata edizione: 5.000 espositori provenienti da 152 Paesi, 155.000 visitatori, suddivisi da operatori professionali e pubblico dei viaggiatori provenienti da 146 Paesi. Rivolta ai professionisti del settore ma anche al pubblico, Bit è suddivisa in diverse macroaree tematiche per soddisfare anche gli operatori e i viaggiatori più esigenti. Due aree speciali completano e arricchiscono il quadro espositivo concentrandosi sul mondo delle tecnologie per il turismo on e off line e alle produzioni di qualità.

E’ la versione local dell’esposizione regina in Italia nel campo dell’informatica e delle tecnologie. Nel corso dell’edizione bresciana del salone internazionale saranno allestiti spazi espositivi dove saranno presenti le maggiori aziende del settore. Verranno anche avviati dei workshop centrati sulle tematiche di maggiore rilievo in ambito ICT, a cura di docenti universitari, analisti di mercato e player ICT, con la presentazione di dati e ricerche relative al territorio.

Promotion Expo Dall’11 al 13 marzo 2009 Sede: FieraMilanoCity

La grande fiera italiana off re tutte le soluzioni per il mondo delle loyalty, del direct, degli eventi, dell’incentive, dell’in-store marketing, della comunicazione sul punto di vendita, dei premi, dei gadget, dei regali aziendali, del licensing e del merchandising. Riservata alle aziende, Promotion Expo da ormai 18 anni mette in contatto d’affari gli operatori del settore promozionale, dell’in-store e dei servizi con oltre 8.400 manager che ricercano idee e prodotti per le proprie esigenze di marketing e di comunicazione.

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MilanoVendeModa Dal 25 febbraio al 1 marzo 2009

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L’agenda delle Fiere

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Grafitalia Dal 24 al 28 marzo 2009 Sede: Fiera Milano, Rho – Pero

Sede: FieraMilanoCity

Presentazione internazionale delle collezioni pret-à-porter donna, MilanoVendeModa è l’esposizione che mette in contatto diretto le esigenze degli operatori con la variegata offerta del pret-a-porter della moda e degli accessori. Non solo quindi una manifestazione fieristica, ma anche un percorso verso l’innovazione che passa attraverso l’analisi dei prodotti più originali e un’occasione per un incontro tra buyer e produttore che è scambio e confronto di competenze e intuizioni.

Made in Steel

Grafitalia è la mostra che da 35 anni porta in scena l’evoluzione tecnologica del mondo delle arti grafiche, rivolta insieme ai pubblici consolidati della stampa editoriale e commerciale ed alle nuove declinazioni del printing come i grandi formati, la stampa su tessuto e tutte le applicazioni digitali che riguardano la comunicazione. Grafitalia è un appuntamento su cui convergono tutte le figure professionali del settore: stampatori, legatori e fotolitisti, editori e fotografi, progettisti grafici e di comunicazione, dirigenti della funzione marketing, responsabili uffici acquisti e responsabili dei centri stampa in-plant.

Dal 18 al 20 marzo 2009 Sede: Brixia Expo, Brescia

“Made in Steel” è un evento interamente dedicato alla fi liera dell’acciaio e si distingue dai tradizionali appuntamenti fieristici grazie alla sua formula innovativa. “Made in Steel” è il giusto mix tra la vetrina animata degli stand dove i protagonisti del mercato entrano in rapporto diretto ed i momenti di approfondimento nella forma del convegno, del forum, della tavola rotonda. Dopo due edizioni di respiro principalmente nazionale, Made in Steel si appresta per l’edizione 2009 a sviluppare un progetto di internazionalizzazione sia sul fronte degli espositori, sia sul fronte dei visitatori. 129


Business & Gentlemen Pubblicazione trimestrale www.businessgentlemen.it Anno I – numero 4 dicembre 2008 / febbraio 2009 Direttore responsabile Mauro Milesi mauro.milesi@cobalto.it Redazione Coordinamento: Laura Di Teodoro laura.diteodoro@cobalto.it In redazione: Desirée Cividini desiree.cividini@cobalto.it Segreteria: redazione@businessgentlemen.it Art Director Marco Villa marco.villa@businessgentlemen.it Equipe tecnico-scientifica Daniela Andreini, Gianpaolo Baronchelli, Andrea Bonalumi, Ivan Consoli, Marco Maria Fumagalli, Andrea Manzoni, Leonardo Marabini, Cristina Moro, Sheyla Rega Hanno collaborato Enrico Benedetti, Stefania Bugada, Mario Alberto Catarozzo, Alessandra Ferretti, Alice Sofia Neri, Alessandro Rossi, Simone Scelsa, Elena Sottocornola Fotografie Viviella Chiappa, Vincenzo Lombardi, Mario Alberto Catarozzo, Roberto Sorrentino Archivi fotografici Screen Service Broadcasting Technologies, Ims Deltamatic Spa, Infrastrutture Lombarde Spa, Yamaha Motor Italia, Kilometro Rosso, BMW Italia, Società Terme e Benessere Group, Merlo Fotografia, Pirelli, Lacroix, Montblanc, Expand Media, Redazione Cobalto Immagini uffici stampa Confindustria Lombardia, Aida Partners Srl, Università Bocconi, CLP Relazioni Pubbliche srl, RussoAssociati SRL, Sound Public Relations, Pianeta Comunicazione, Consilium Comunicazione Srl, Bradipo Travel Design, Louis Vuitton, Montblanc Editore e Redazione Cobalto Srl via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350 Pubblicità Nazionale Cobalto Adv via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350 Account Executive Sara Franceschini sara.franceschini@cobalto.it Pubblicità per Brescia e Provincia Numerica Srl Via Gambara, 55 – 25121 Brescia Tel. 030.37401 – Fax 030 3772300 Coordinamento Giacomo Manini giacomo.manini@numerica.com Stampa CPZ Spa via Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG) Testi e fotografie, forniti su qualsiasi supporto, anche non pubblicati non verranno restituiti. Registrazione presso il Tribunale di Bergamo n.5 del 7 febbraio 2008 N. iscrizione ROC 12491


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anno I - numero 4 | dicembre 2008 - febbraio 2009

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Stefano Colombo

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Protagonisti Francesca Chelli Giampio Bracchi Antonio Rognoni Paolo Pavesio Marco Citterio

Stefano Colombo fotografato da Viviella Chiappa

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