B&G N°7

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anno II - numero 7 | luglio - agosto 2009 | € 7,00 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 45% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB BERGAMO - COBALTO SRL In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di BERGAMO per la restituzione al mittente che si impegna al pagamento dei resi. www.businessgentlemen.it

GIUSEPPE VERRINI FOTOGRAFATO DA

LORENZO CEVA

Manager

AAA cercasi nel settore manifatturiero

Business Angels Analisi di un fenomeno in forte crescita

Storie di successo

Focus su: Parà Schneider Electric Rockwool Gruppo Camozzi

Insurance

Imprese assicurate: il modello Euler Hermes Siac

Protagonisti

Antonella Galimberti Daniele Mancini Federico Santoro Giuseppe De Beni Marco Prete Walter Benati

90007

Giuseppe Verrini

Creatività digitale L’amministratore delegato di Adobe in Italia ci racconta le nuove sfide di un colosso dell’IT che punta su web 2.0 ed E-gov




Editoriale di Mauro Milesi

Legenda delle icone di lettura Business & Gentlemen ha studiato dei richiami grafici per aiutare la “navigazione” dei servizi e offrire informazioni aggiuntive. Innanzitutto ogni articolo presenta un’icona che ne identifica la tipologia di contenuto: Giornalistico: servizi, approfondimenti, interviste realizzate dai nostri giornalisti e dai collaboratori B&G.

Noi facciamo il tifo per questo Paese e per i suoi imprenditori più innovativi, coraggiosi, capaci di guardare al di là dell’orizzonte. Questo giornale, sotto i colpi di mortaio della crisi, continua a raccontare storie d’eccellenza e di successo, storie di aziende e protagonisti che continuano a fare al meglio la propria attività portando il Made in Italy in tutto il mondo. Abbiamo la testa sotto la sabbia? Abbiamo il paraocchi e non ci rendiamo conto di quello che sta accadendo?

Tecnico-scientifico: studi e ricerche che hanno una connotazione tecnico-scientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi. Divulgativo: notizie, curiosità, anteprime, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design Inoltre la lettura può riservare informazioni aggiuntive con le seguenti icone Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico Url: la segnalazione di siti e portali sul tema trattato Argomenti correlati: segnalazione di servizi B&G che trattano argomenti simili

Qualcuno ci scrive che siamo ipocriti a non raccontare il dramma di tante realtà che stanno pagando a carissimo prezzo la grave situazione economica in corso, la tragedia di lavoratori bravissimi che perdono il loro posto e aziende straordinarie che proprio non ce la fanno più ad andare avanti. Beh, questo non è vero. Già nei numeri precedenti abbiamo dedicato ampio spazio alla crisi, in particolare al rapporto sempre più difficile tra banche e impresa e anche in questo numero il termine “crisi” è ripetuto parecchie volte, perché siamo faziosi ma non certo ipocriti. Sul nostro sito web documentiamo quotidianamente il corso di questo periodo nero.

Citazione: un ipse dixit che impreziosisce il discorso trattato Bibliografia: la segnalazione bibliografica collegata all’argomento

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Però, siamo “faziosi”, siamo “di parte”. Già, noi siamo assolutamente dalla parte di chi crede che, alla fine, ne usciremo. Forse con qualche osso rotto, con ferite gravissime che non si rimargineranno mai del tutto, sicuramente con grande sacrificio, ma alla fine ne usciremo. La canzone dice “Se sei a terra non strisciare mai”: anche noi la pensiamo così. E in un Paese in cui lo sport nazionale è quello di auto-condannarsi, di guardare a quanto sono sempre più bravi gli altri, di sparare sempre frasi tipo “all’estero queste cose non succedono”, noi restiamo

dalla parte dei nostri imprenditori. Ovviamente c’è tanto di sbagliato in quello che succede in casa nostra, ma ora è il momento di scendere dal pulpito delle accuse sterili e dare una mano a chi ce la sta mettendo tutta per saltare l’ostacolo. Una mano concreta, per quanto ci compete. Guardiamo alla politica. E guardiamola con gli occhi dell’imprenditore. Assistiamo ogni giorno alle sfilate televisive di molti esponenti politici professionisti della poltrona tivvù che passano il loro tempo a dire quanto sbagliano quelli della fazione opposta. Questo ci aiuterà ad uscire dalla crisi? La domanda è retorica, la risposta è drammatica. Allora noi decidiamo di fare quanto è possibile per sostenere le aziende, gli imprenditori e i loro collaboratori a fare un passo avanti lungo questo difficile cammino. Continueremo a raccontare quanto di grande si fa ogni momento nelle nostre imprese. Continueremo a difendere il lavoro di chi guarda dritto ai suoi obiettivi e combatte. Senza strisciare mai.

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Sommario numero 7 | luglio -agosto 2009

4.

Editoriale Noi stiamo dalla parte degli imprenditori

8.

Abstract Pillole di B&G dedicate al pubblico estero

10.

Fatturazione Con quella elettronica meno sprechi e più Pil

12.

AAA Manager Cercasi soprattutto nel settore manifatturiero

16.

Made in Italy Quando un prodotto può usare questa denominazione

18.

Business Angels Anche le nuove imprese hanno l’angelo custode

22.

Rockwool La casa di domani con la lana di roccia

26.

Gruppo Camozzi Da Brescia la leadership nella componentistica

30.

Schneider Electric Lo specialista glogale dell’energia

34.

68.

Parà Tre generazioni di grandi successi

38.

Quando e come pensare al business oltreconfi ne

70.

Adobe L’innovazione creativa del colosso informatico

42.

72.

Lady Economy

Il nuovo polo della farmaceutica

50.

80.

Marketing

84.

Sostenibilità

100. Wellness

Business online

A cinque stelle nel cuore della Maremma

104. Viaggi

Mondo motori Il caso Carcomauto che primeggia nonostante la crisi

66.

Le Forme del Tempo Continua il dossier di Serafi no Consoli sul tempo e le sue eccellenze

Casa.it, il portale immobiliare che spopola sulla rete

62.

Yacht Story A puntate per scoprire le origini di un mondo straordinario

Italgen e la sua energia verde in armonia con l’ambiente

58.

Questioni di stile Gli umidificatori per sigari oggetto di culto per gli appassionati

L’emozione e la qualità comunicate da Damiani

54.

Arte Da Courbet a Millet la mostra in provincia di Udine

76.

Investimenti

Eccellenza al lavoro Cinquanta dipendenti premiati da Confi ndustria BG

Antonella Galimberti e la sua ricetta d’impresa

46.

Internazionalizzazione

Imprese assicurate

Il Canada che non avete ancora mai visto

110.

Il modello di successo Euler Hermes Siac

Due ruote Tanti auguri alla mitica Bonnie

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luglio - agosto 2009

Nuggets of B&G We dedicate the English abstracts of some of the most interesting articles published on this issue to the foreign business public happening to leaf through B&G

The Italian manufacturing industry is holding up well against the crisis

English version

Innovation and creativity Adobe Systems’ road A story of innovation, creativity and technology. It is the story of Adobe Systems, a leading company in soft ware production and a creator of new criteria for the production and distribution of contents that involve people almost everywhere and at any time. Adobe solutions are used daily by many leading organizations in various fields, such as publishing, Public Administration, financial services, telecommunications and education: Flash Player is installed on 99% of Internet-connected computers and circulating PDF files are more than 250 millions. Most of the images that can be seen in magazines, on billboards and in the advertisements, or in movies and on TV have been processed with Adobe soft ware. Giuseppe Verrini, Adobe Systems’ managing director, talks of the successes, the goals, the projects and the hopes of a company committed, among other things, to modernization and dematerialization of the Public Administration sector (the management of paper documents is absorbing 1% of the GDP today). Over the last weeks a memorandum of understanding has been signed between Renato Brunetta, Minister of Public Administration and Innovation, and Adobe Systems. It is actually aimed at a cooperation on the issue of dematerialization, which is considered to be a strategic issue for PA in schools, welfare and justice contexts.

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In a time of crisis, lay-off pays and reduced jobs, the manufacturing industry seems to hold up. These are the results of a research study by Promelec International, a Milan-based executive search company stating that segment of medium and large-size Italian manufacturing industries has proved to be the only one that maintains a certain degree of vitality from the viewpoint of executive mobility. Generally speaking, the trend of the executive sector records 5,000 managers sacked in 2008, versus 3,000 in 2007, with only 2,800 recruited ones. Actually, 35% of the total number of managers recruited this year concerns manufacturing companies. “It mainly involves the traditional fields of the top four “Made-in-Italy” companies – explains Maurizio Cuocci, a partner of Promelec International’s – The Food-Wine sector holds quite firm (see for instance Grandi Salumifici Italiani), whereas Clothing-Fashion, Home Furniture and, above all, Automation-Engineering and Rubber and Plastic have suffered greater loss of orders. Another field where the “Italian Know-How” plays a leading role and seems to suffer less from the crisis is that of design, construction and maintenance of large plants in the chemical, petrochemical, Oil & Gas, Energy and civil facility industries. In the latter segment, the design and installation of renewable energy plants, namely Photovoltaics, are having a very positive trend”. According to the mentioned research study, the main roles covered by the recruited managers are in the technical-productive or commercial range: in the former stand technical managements or production/factory managements in Italy or abroad, where it is crucial to have individuals capable of guiding the functions towards features that individualize the product or company.


Abstracts

At the discovery of four successful companies Four stories of successful entrepreneurship for as many Lombard companies. Schneider, based in the Bergamo area, Parà, located in Brianza, Camozzi Spa, based in Brescia and the international, Milan-based company Rockwool are four examples of companies that have been able to innovate and grow in spite of the crisis. Schneider Electric, a company with activities in more than a hundred countries worldwide, has conquered over time a position of expert in energy management and has strengthened its position as a leader in the industry. With 2,000 employees and overall sales turnover exceeding 750 million euro in Italy, today Schneider Electric counts five cutting-edge industrial sites, an integrated logistics Centre based in Turin, a unified customer care centre and eight commercial areas distributed over the national territory, among which is that of Stezzano, in the Bergamo area. The company Parà, which has been managed by the Parravicini family for three generations, is a leader in

the Italian market and one of the major players on the world stage in sun shades, interior and exterior furniture and furnishings for the nautical industry. It has added cutting-edge technologies and research & development to continuity and the spirit that has animated the life of the Brianza company since the 1920s. The Camozzi Group, which manufactures pneumatic components for industrial automation, is present worldwide with 20 branch offices and 56 distributors, and is in the shortlist of companies that promote and carry the “Made-in-Italy” label all over the world. As at today, the Group’s turnover is about 330 million euro, with past earnings performance a little less than 50 million euro (2007 data). Finally, the story of the Rockwool Group, the world’s greatest producer of rock wool, starts in Denmark. The company was founded in Denmark in 1937. Over the years it has developed throughout Europe, from North to South and from East to West. It has 23 factories in all, whereof three are in Canada and one in Malaysia. All the other locations are in Europe.

Sustainable energy, the Italgen case Password: environmental sustainability. A leitmotif that regularly comes with the activity and growth of the Italcementi Group, the number one Italian producer of building material. On the energy front, on an Italian level, the Group produces about 317,000 gigawatts/hour, whereof 18 % (58,000 gigawatts/hour) comes from renewable sources. By comparison, in 2008, Italgen produced 388 gigawatts/hour, whereof as much as 80% (311 gigawatts/hour) comes from renewable sources. “This very high rate – says Giuseppe De Beni, Managing Director of Italgen, during the interview – is in line with the strategic choices of the Italcementi Group, which has always been sensitive to the issue of environmental sustainability”. Italgen has decided to turn to good account the knowhow and wealth of skills accrued over the years in Italy for new investment abroad, favouring countries that fall within the fence of the parent company – the Italcementi Group – right because the cement manufacturing process entails a considerable consumption of electrical power. More specifically, most attention has focused on Morocco, Egypt and Turkey. There, in the next coming years, three Aeolian Parks will be set up totalling an overall installed capacity of over 300 MW.

In just thirteen years of life they have opened the doors of Art It reads “Business Angel”, it means “creation of innovation and new business owing to the direct action of a natural person”. It mostly involves managers, entrepreneurs with heaps of experience behind and willing to invest capitals and experience in new projects. The figure of the Business Angel was born in the United States but, in recent years, it has also started taking roots in the Italian territory. Today more than ever, owing to the bank credit crisis, it is having greater and greater importance. According to a research study by the Italian Business Angel Network (IBAN), the angel investing market in Italy seems to have ended its pioneer stage, which started in the years 1999/2000, and has finally consolidated with a greater diff usion over the territory, coming into line with the condition of the other European countries. Indeed, data reveals that concluded deals have been increasing in number in the last three years, and that many people that are part of the sample declare to be BAs and would seriously invest, but have not done it yet. But how does the investment, or rather the active action of the BA in the company take place? “Business angels – says Paolo Anselmo, President of Iban – generally invest from 25,000 € to 250,000 € per company. Besides the capitals, they also provide their skills to enable the new companies to grow and enter the market. Their action develops over time and takes very different forms. The benefits? Many, both for the investor and, of course, for the company. The awareness of the great importance of these figures is growing in Italy, especially in the light of the 2009 Finance Act, which has introduced a tax exemption on capital gains from investment in Start-Ups operated by natural persons (Business Angels), if they are reinvested into further Start-Ups within the next 24 months”.

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English version

The new company has a Business Angel


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luglio - agosto 2009

Un salto in avanti

fatturazione elettronica

con la

Passare al digitale e dematerializzare tutta la procedura potrebbe generare un risparmio di circa 60 miliardi e un incremento della produttività di 3 punti percentuali. Lo studio della School of Management del Politecnico di Milano

Un risparmio di circa 60 miliardi euro e un aumento di produttività, per l’Italia, dall’1 al 4% del Pil annuo. Sono i benefici della fatturazione elettronica stimati e messi nero su bianco nel terzo rapporto dell’Osservatorio Fatturazione elettronica e dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano. I risultati dell’Osservatorio ben evidenziano come la fatturazione elettronica – intesa in senso lato come integrazione e dematerializzazione del ciclo complessivo ordine/pagamento – possa realmente rappresentare un importante fattore di competitività per le singole imprese, per le filiere, per la Pubblica Amministrazione e quindi, in ultima istanza, per il Paese nel suo complesso. La fatturazione elettronica può rappresentare un’importante leva competitiva per la singola impresa, si riducono le attività non a valore aggiunto e si servono meglio i propri clienti, con investimenti tecnologici e organizzativi tutto sommato limitati rispetto ai benefici. I benefici risultano ampiamente superiori ai costi correnti e agli investimenti necessari per conseguirli. La prospettiva del valore è quella scelta da Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio che ha preferito mettere l’accento sui soldi che la fattura digitale permette di risparmiare alle aziende. “Secondo le nostre stime, sono circa 1,3 miliardi le fatture B2b scambiate ogni anno in Italia - in tutti i settori - e circa 1 miliardo le fatture B2c, prevalentemente nei settori energia, telefonia e prestazioni professionali - spiega Perego. A questo totale si possono applicare benefici potenziali per ciascuna fattura compresi tra i 2-3 euro e gli 80 euro, in funzione del settore e del grado di copertura della soluzione implementata. Il beneficio potenziale per l’Italia - in termini di aumento di produttività - derivante dall’adozione diffusa della fatturazione elettronica risulterebbe compreso tra i 10 miliardi di euro l’anno - se le logiche della dematerializzazione fossero applicate alla sola fase di fatturazione - e i 60 miliardi di euro l’anno - nel caso in cui l’adozione fosse estesa all’intero ciclo ordine-pagamento. 10

Si tratta di valori compresi tra l’1% e il 4% del Pil. Un’adozione estesa della Fatturazione Elettronica avrebbe, inoltre, un impatto atteso sulla Pa estremamente significativo - prudenzialmente stimato tra 300 milioni e 2 miliardi di euro di benefici annui, in funzione del modello di adozione - e altrettanto significativa sarebbe la ricaduta potenziale sui fornitori della Pa”. Il grado di adozione della fatturazione elettronica da parte del sistema aziendale e della pubblica amministrazione in Italia risulta essere ancora basso ma con buoni tassi di crescita. Ricerca alla mano, sono identificabili due insiemi di imprese che stanno avvicinandosi alla fatturazione elettronica partendo da punti di vista piuttosto diversi, per storia e presupposti culturali. Da una parte, vi è il mondo delle aziende che scambiano con i loro clienti e/o fornitori – in alcuni casi da molti anni – documenti del ciclo commerciale in formato elettronico strutturato. Sono circa 7mila le imprese inserite in filiere che hanno sviluppato e utilizzano formati elettronici strutturati standard EDI e quasi 35mila le imprese che, invece, utilizzano formati proprietari. A queste imprese si aggiungono quegli ecosistemi che si creano intorno ai portali Web di alcune leader di filiera, una cinquantina circa secondo le nostre stime, per altre circa 15mila imprese complessivamente coinvolte. Circa un terzo di queste 60 mila imprese scambia con i partner commerciali il documento fattura in formato elettronico strutturato, risultando quindi già molto vicino alla realizzazione del paradigma della fatturazione elettronica a norma di legge. Dall’altra parte si hanno le circa 2mila aziende che hanno iniziato ad affrontare il tema della fatturazione elettronica a partire dai modelli di conservazione sostitutiva delle fatture (attive, passive o entrambe). Come è ben spiegato nella ricerca, i fattori cruciali per un’adozione più diffusa della fatturazione elettronica sono prevalentemente legati al quadro normativo, alla disponibilità di standard e regole tecniche chiare e condivise e alla gestione del cambiamento


Ict news

Sono circa 1,3 miliardi le fatture B2b scambiate ogni anno in Italia 1 miliardo le fatture B2c, prevalentemente nei settori energia, telefonia e prestazioni professionali. A questo totale si possono applicare benefici potenziali per ciascuna fattura compresi tra i 2-3 euro e gli 80 euro, per un beneficio potenziale per l’Italia tra i 10 miliardi e i 60 miliardi di euro l’anno

interno. ”Quest’ultimo fattore – spiega Perego – ha un’importanza decisiva perché rischia di bloccare i progetti di fatturazione elettronica o, quanto meno, di ridurne la portata rispetto alla potenzialità”. Analizzando i casi eccellenti di fatturazione elettronica, la ricerca del Politecnico ha delineato alcuni tratti comuni: “La consapevolezza e l’impegno da parte del vertice aziendale e il coinvolgimento diretto di tutte le principali funzioni impattate; la gestione del ciclo ordine-pagamento come un processo unico al quale allineare l’organizzazione e i sistemi informativi; la cultura di supply chain, in termini di conoscenza del contesto esterno e l’apertura alla collaborazione”. Ma il vero motore di questo nuovo sistema efficiente ed efficace, come evidenzia Alessandro Perego, è il concetto del “fare sistema”: “Sono già in essere tutte le condizioni per poter implementare i modelli di fatturazione elettronica più semplici ma vi sono alcune azioni di sistema che potrebbero costituire un motore importante per la diffusione dei modelli di fatturazione elettronica più completi tra cui un dialogo strutturato tra il mondo bancario e il mondo delle imprese, un confronto tra filiere che hanno già tassi e maturità di adozione importanti e filiere che sono, invece, agli inizi del percorso. Oppure un tavolo tra il sistema della Pa e il mondo delle imprese che già operano con modelli di dematerializzazione e un confronto sistematico tra tutte le componenti (banche, imprese, Pa e legislatore).

www.osservatori.net

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luglio - agosto 2009

Alla ricerca

del

Manager perduto

AAA manager cercasi. In tempi di crisi sembrerebbe un annuncio lontano dalla realtà, ma da quanto emerge da una ricerca di Promelec International, società milanese di executive search, il settore delle medie e medio-grandi aziende manifatturiere italiane andrebbe in controtendenza, confermandosi l’unico capace di mantenere una certa vitalità dal punto di vista della mobilità dei dirigenti. In generale l’andamento del comparto dirigenziale mostra 5mila manager lincenziati nel 2008, contro i 3mila del 2007, a fronte di sole 2800 assunzioni. E il 35% del totale dei manager assunti quest’anno riguarda proprio le imprese del comparto manifatturiero. “Si tratta soprattutto dei settori storici delle “4A” Made in Italy – spiega Maurizio Cuocci, partner di Promelec International - l’AlimentareVini tiene senza grandi problemi (vedi per esempio Grandi Salumifici Italiani), mentre Abbigliamento-Moda, Arredo-Casa e soprattutto Automazione-meccanica-gommaplastica risentono maggiormente di un calo degli ordini. Un altro settore in cui “il saper fare italiano” è protagonista e sembra risentire meno della crisi è quello della progettazione, costruzione e manutenzione dei grandi impianti in ambito chimico e petrolchimico,

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L’analisi

Crescono i licenziamenti dei dirigenti, ma c’è un settore in controtendenza: nel manifatturiero la ricerca di leader è in aumento con il 25% di nuove assunzioni nel 2009. L’analisi di questo fenomeno secondo una ricerca di Promolec

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www.lovatoelectric.com

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luglio - agosto 2009

Il caso LOVATO Vincere la crisi puntando sull’innovazione, la tecnologia e sugli investimenti costanti negli anni. È la filosofia e strategia su cui la Lovato Electric Spa, azienda storica presente sul territorio da 86 anni, continua a muoversi per contrastare il difficile momento economico. Lovato Electric Italia insieme alle sue 11 sedi estere ed ai 59 distributori ufficiali rappresentano il punto di riferimento per la distribuzione mondiale dei propri prodotti in oltre 88 paesi. Come spiega l’amministratore delegato, Massimo Cacciavillani, nel caso della Lovato non sono stati assunti nuovi manager per il semplice fatto che nell’azienda bergamasca, da sempre si punta sui giovani cresciuti al proprio interno, a partire dall’inizio della loro esperienza lavorativa dopo la laurea. Partendo dalla ricerca di Promelec, per quanto riguarda la sua personale esperienza, si sente di confermare questa tendenza positiva

Oil & Gas, Energia e Infrastrutture civili. In quest’ultimo ambito sono le realtà di progettazione e installazione di impianti di energia rinnovabili, in particolare il Fotovoltaico, ad avere un andamento molto positivo”. Questo segmento di imprese, secondo uno studio di Mediobanca e Unioncamere, è composto da 4000 imprese industriali di medie dimensioni (fatturati tra 13 ai 290 milioni di euro e da 50 a 499 dipendenti), cui si aggiungono 600 realtà medio-grandi con fatturati fino a 3 miliardi di euro. Nella maggior parte dei casi, le aziende in questione hanno i connotati di piccole multinazionali con stabilimenti produttivi e fi liali commerciali a livello internazionale, accomunate dal posizionamento nell’alta di gamma dei rispettivi mercati e da una solida vocazione all’export. Ma uno tra i veri punti di forza che permettono a queste aziende di fare la differenza sul mercato nazionale e internazionale e di far fronte alla crisi, è la rapidità, come spiega Cuocci: “Il principale punto di forza è la rapidità con cui si riescono a mettere a punto le contromosse per combattere la crisi e a implementare praticamente delle strategie, sia quando si tratta di intervenire sui costi (riorganizzazioni – tagli al personale), sia sui ricavi e sullo sviluppo (ricerca di nuovi mercati di sblocco, magari di nicchia, su cui recuperare fatturati che si perdono altrove). Nelle aziende

Il caso ISEO Non hanno rallentato gli investimenti nelle risorse umane, anzi. Per l’azienda bresciana Iseo Serrature la ricerca di nuove figure specializzate continua soprattutto nei settori dell’informatica, commerciale e progettazione. Lo conferma Gianluigi Fenocchio, direttore Risorse Umane. Iseo Serrature, azienda di Pisone (Brescia), è nata nel 1969 dalla sfida imprenditoriale di Giuseppe Facchinetti. Oggi il Gruppo Iseo (costituito nel 1998) conta 760 collaboratori, di cui il 50% in Italia. Iseo ha raggiunto nel 2008 un fatturato di 106M di euro, con una crescita dell’8% rispetto al 2007, incremento ottenuto mediante un 4% di crescita organica e un 4% derivante da acquisizioni.

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di medio - medio grandi dimensioni, l’azionista di riferimento ha spesso un ruolo attivo in azienda e pertanto i processi decisionali sono più corti. Davanti a scenari economici in mutamento come l’attuale, l’agilità e quindi la rapidità con cui si modificano i comportamenti di un’impresa è un fattore critico di successo se non addirittura di sopravvivenza”. Il denominatore di molte delle imprese resta il Made in Italy “inteso come capacità tutta italiana di innovare e di puntare su prodotti che si distinguono nel mondo per qualità e creatività, rappresenta una scelta obbligata per competere nell’economia globale”. Ricerca alla mano, i principali ruoli ricoperti dai manager assunti sono in ambito tecnico produttivo o in ambito commerciale: fra i primi le direzioni tecniche o le direzioni di stabilimento/produzione in Italia o all’estero dove è importante avere persone in grado di guidare le funzioni verso i caratteri differenzianti del prodotto/impresa. “In ambito commerciale – spiega Cuocci - i ruoli più significativi sono quelli di Responsabilità Commerciale sui mercati esteri (Direttore Export o Direttore di Filiale Estera) perché le imprese, anche di medie dimensioni, hanno necessità di fare conoscere e vendere il loro prodotto di qualità sui mercati esteri, dove il Made in Italy è molto apprezzato anche sui mercati emergenti del sud-est asiatico. La crescita di queste imprese

Dalla ricerca di Promelec emerge che l’unico settore che sembra mantenere una certa vitalità dal punto di vista della mobilità dei dirigenti è quello delle medie e medio grandi aziende manifatturiere italiane. Partendo dalla realtà in cui lei lavora, si sente di confermare questo dato (avete assunto dei manager.....)? Se osservo la nostra realtà mi sento di confermare questo dato. La nostra azienda ha realizzato e inserito una serie di investimenti nel business plan del Gruppo per il triennio 20092011. Gli investimenti nelle risorse umane non hanno subito alcun tipo di rallentamento soprattutto sul fronte della ricerca e selezione nelle aree strategiche. Adesso come adesso stiamo cercando figure altamente specializ-

zate per il settore commerciale nella gestione dei canali distributivi, per l’informatica per adeguare la struttura alla nostra crescita e una figura tecnica per la progettazione di prodotti. Quali sono i punti di forza del settore manifatturiero? L’elemento distintivo è la flessibilità e la velocità di risposta al cliente. Una velocità che è frutto e logica conseguenza del sistema padronale che caratterizza l’azienda: le decisioni sono rapide e non seguono un iter complesso e stratificato. Un’altra caratteristica è l’innovazione di produzione e processo, importanti per contrastare il mercato in crisi. Quali sono i principali ruoli che i manager


L’analisi

nell’assunzione dei manager? Personalmente non ho riscontrato questo dato. Nell’ultimo periodo non abbiamo mai assunto dirigenti. Tutti i dirigenti Lovato Electric SpA sono stati nominati tali quando già lavoravano da noi. L a maggior parte è stata assunta in giovane età, molti i neolaureati e dopo un percorso professionale hanno ottenuto la nomina a dirigente. La realtà di Lovato Electric esporta in oltre 80 Paesi; negli ultimi anni avete avviato una serie di importanti investimenti sia sul fronte delle strutture che per la produzione. Cosa permette a

è guidata dalla capacità di sviluppare business sui mercati internazionali con incremento della quota export sul fatturato e ciò richiede manager di visione internazionale in grado di analizzare quali sono i mercati di maggior potenziale e di definire strategie commerciali”. La maggior parte dei manager in questione arrivano da altre imprese manifatturiere italiane “dove hanno già avuto la possibilità di confrontarsi con successo su progetti di sviluppo aziendale e sono pronti, grazie alle competenze acquisite, per replicare i progetti condotti all’interno di altre organizzazioni o imprese”. In altri casi provengono da grandi gruppi multinazionali esteri dove hanno sviluppato competenze manageriali solide (commerciali o tecniche che siano). “In questo caso – sottolinea Cuocci - devono fare un cambio di mentalità perché devono essere in grado di calarsi in contesti meno burocratici e orientati a uno stile ma-

un’azienda di essere vincente anche nei periodi di crisi? Un forte decentramento delle attività non strategiche, bassi costi fissi, una politica di investimenti costanti negli anni, la progettazione di prodotti ad elevato contenuto innovativo e tecnologico in grado di offrire buona marginalità sono gli elementi che stanno premettendo a Lovato Electric SpA di affrontare con buoni risultati la difficile congiuntura economica mondiale. Quali nuove strategie d’azione avete messo in atto per contrastare la crisi? Il potenziamento dell’organizzazione

nageriale più operativo e concreto”. Il peggio inteso come momento più basso in termini di domanda di mercato/ingresso ordini sembra terminato. Lo conferma lo stesso Cuocci per cui “l’opinione comune è che il ritorno a valori/volumi ante-crisi sarà comunque molto graduale e non si completerà prima di un paio d’anni, non ci sarà la cosiddetta curva a “V” nell’andamento degli ordini e dei fatturati. Settembre - ottobre 2009 sarà il momento in cui le aziende avranno una visione più chiara su quelli che saranno i tempi e le modalità della ripresa e quindi una prospettiva circa i propri investimenti”. È opinione comune che questa crisi abbia cambiato per sempre alcuni modelli di comportamento dei consumatori e di conseguenza delle imprese. “Sembra terminato il tempo di un consumismo irrazionale a favore di un consumismo consapevole – conclude Cuocci -. Il consumatore finale

in questione assumono all’interno di queste imprese? Nell’anno 2008-2009 abbiamo assunto manager per far crescere ulteriormente l’impresa. Si tratta di responsabili per i settori commerciale, finanziario, amministrativo e tecnico. L’80% dei manager sono arrivati dal settore manifatturiero, una minoranza da holding comunque ben strutturate.

commerciale, il rafforzamento delle strutture per la progettazione ed il lancio di numerosi nuovi prodotti, la riduzione dei costi sono fra le principali azioni messe in atto per contrastare la crisi. Che caratteristiche deve avere un manager per portare un reale valore aggiunto all’interno dell’azienda? Capacità di motivare la sua squadra e di rendere condivise le strategie aziendali, onestà intellettuale, propensione al cambiamento e grande capacità di adattamento alle condizioni del mercato, costante ricerca della soddisfazione del cliente.

sarà sempre più attento a valutare concretamente il valore di prodotto in relazione al bisogno che soddisfa. Il cambiamento negli stili di consumo non potrà non avere effetti anche sul modo di fare impresa, facendo propri principi etici di responsabilità sociale di impresa”. |

Guardare gli eventi e le situazioni in una luce positiva è importante. La forza, la saggezza e la gioia che accompagnano un simile atteggiamento portano alla felicità. Guardare le cose con ottimismo o benevolenza non significa essere stupidamente ingenui e permettere agli altri di approfittare della nostra buona disposizione d’animo. Significa avere la saggezza e l’intuizione di muovere le cose in direzione positiva, considerandone l’aspetto migliore pur rimanendo concentrati sulla realtà. Daisaku Ikeda

www.promelec.it

www.iseoserrature.it

In tempi di crisi come deve muoversi un’impresa, secondo lei? Soprattutto nei confronti dei propri dipendenti? Prima di tutto ci vuole trasparenza, comunicazione e informazione preventiva nelle relazioni industriali e quindi nei rapporti con la maestranza. È importante il rispetto dei ruoli e la partecipazione alla vita aziendale per individuare i percorsi più appropriati e gestire al meglio questa crisi, senza intaccare i processi produttivi.

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Moda, il corretto utilizzo della definizione

Made in Italy Quando un prodotto tessile può legittimamente sfoggiare questa dicitura? Un’analisi per fare chiarezza su uno dei “marchi” più importanti per dare valore aggiunto al comparto moda A cura di Promos Azienda speciale della Camera di Commercio di Milano Quando può essere legittimamente apposto il “Made in Italy” sui prodotti tessili? Un abito composto da tessuto di origine indiana, prodotto a partire da filato di origine cinese, confezionato in Italia, che origine avrà? Pur non essendo ad oggi previsto nel mercato comunitario alcun obbligo di apporre l’indicazione del paese di origine sui prodotti messi in commercio, è noto a tutti che l’apposizione del “Made in Italy” garantisce ai prodotti del comparto moda un importante vantaggio competitivo in termini di immagine. Paradossalmente è proprio il comparto più sensibile al “Made in” quello in cui la produzione è maggiormente frammentata su scala globale e nel quale è quindi più difficile individuare il paese di effettiva origine del prodotto. Cerchiamo di capire quale prodotto tessile può essere legittimamente definito un “Made in Italy”. Il caso più semplice è quello di un prodotto interamente ottenuto in Italia: fi latura, tessitura, confezione del capo e finitura avvengono in Italia e di conseguenza il capo è per certo un “100% Made in Italy”. Diverso è il caso in cui un prodotto sia il risultato di processi avvenuti in più paesi e la trasformazione avvenuta in Italia sia quindi solo l’ultima di una serie di lavorazioni che hanno portato a trasformare la fibra in un prodotto finito. In questo secondo caso, dobbiamo prendere a riferimento l’articolo 24 del codice doganale comunitario (regolamento 2913/92) nel quale viene enunciato il principio di carattere generale secondo il quale: “Una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi è originaria del paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale” La corte di giustizia europea ha chiarito il concetto di trasformazione sostanziale precisando nella sua prima decisione in materia (la sentenza sulla caseina del 26/01/1977 Causa n. 49/76) che l’ultima trasformazione o operazione si configura “solo qualora il prodotto che ne risulta abbia composizione e proprietà specifiche che non possedeva prima di essere sottoposto a tale trasformazione o lavorazione”. 16

Nonostante l’intervento della Corte di Giustizia, l’indeterminatezza dell’aggettivo “sostanziale” lascia un considerevole spazio all’interpretazione soggettiva. Ad esempio, alcuni potrebbero considerare l’apposizione di inserti in pelle su una maglietta di cotone prodotta in Cina una trasformazione sostanziale, se tale trasformazione ha l’effetto di cambiare in maniera sensibile le caratteristiche e l’aspetto del prodotto finito (gli inserti potrebbe infatti valere di più rispetto alla maglietta sulla quale sono cuciti). Altri potrebbero invece considerare l’apposizione di tali inserti una trasformazione insufficiente dato che non dà origine a un prodotto nuovo e pertanto l’origine rimarrebbe quella del paese in cui è stata fabbricata la maglietta. L’allegato 10 Consapevole di quest’ampio margine interpretativo, il legislatore comunitario ha derogato al principio generale dell’articolo 24 specificando, per il settore tessile, in cosa consistano queste trasformazioni sostanziali. L’allegato 10 delle Disposizioni di attuazione del codice doganale (reg 2454/93) elenca le precise condizioni di acquisizione dell’origine (colonna 3 dell’allegato) per ogni prodotto tessile, individuato dalla rispettiva voce doganale. L’allegato ci dice in sostanza quali sono le trasformazioni minime alle quali deve essere sottoposta la materia prima non originaria per legittimare l’apposizione dell’ambito “Made in Italy” sul prodotto finito. Le trasformazioni specifiche elencate nella colonna 3 dell’allegato possono essere inquadrate in alcune categorie generali (si rimanda all’allegato per il dettaglio delle lavorazioni sufficienti a conferire l’origine). Fabbricazione a partire da… Quando la regola, come nel caso dei tappeti della voce 5704 dice ad esempio: “Fabbricazione a partire da fibre”, significa che possono essere utilizzate fibre non originarie, ma tutte le trasformazioni successive sul prodotto devono avvenire in Italia. In sostanza questa regola autorizza l’impiego di un materiale non originario che


Internazionalizzazione

si trova in un certo stadio di lavorazione (es. fibre). L’impiego dello stesso materiale non originario in uno stadio successivo di lavorazione (es. filato) compromette il carattere originario del prodotto finito. Fabbricazione a partire da … il cui valore non supera il X% del prezzo franco fabbrica del prodotto. Tale indicazione, come nel caso del cotone della voce 5201: “Fabbricazione a partire da cotone grezzo il cui valore non supera il 50% del prezzo franco fabbrica del prodotto”, significa che è prevista, oltre alla lavorazione a partire da un materiale non originario ad un determinato stadio di lavorazione (cotone grezzo), una tolleranza massima in termini di valore di materia prima non originaria utilizzabile. Pertanto il valore del cotone grezzo utilizzato non può superare il 50% del prezzo franco fabbrica del prodotto finito. Se il cotone grezzo utilizzato eccede tale percentuale, il prodotto finito non potrà essere considerato un “Made in Italy”, sarà infatti originario del paese in cui è stato ottenuto il cotone grezzo. Come tutte le regole che utilizzano percentuali rimane una certa indeterminatezza in merito al contenuto del numeratore e del denominatore sulla base dei quali effettuare il calcolo della soglia di tolleranza. Semplificando, potremmo stabilire che il confronto debba essere effettuato sulla base dei valori esposti nelle fatture passive

di acquisto della materia prima e delle fatture di vendita del prodotto finito. Va però sottolineato che in taluni casi tali valori di riferimento possono non essere rappresentativi del reale valore della materia prima e del prodotto finito e possono essere influenzati da scelte di natura esclusivamente commerciale (aumento del mark-up sul prodotto, prezzo di acquisto influenzato da un controllo esercitato dall’acquirente sul fornitore). Confezione completa Per confezione completa, come indicato dalla nota introduttiva 7.2 dell’allegato 9 del regolamento 2454/93, si intendono tutte le operazioni che debbono essere effettuate successivamente al taglio dei tessuti o alla modellatura delle stoffe a maglia. Tuttavia, il fatto che una o più lavorazioni di rifinitura non sia stata effettuata non implica che la confezione debba considerarsi incompleta. L’allegato elenca alcuni esempi di operazioni di rifinitura: • applicazione di bottoni e/o di altri tipi di chiusura • confezione di asole • rifinitura delle estremità di pantaloni o maniche, oppure orli inferiori di camicie, gonne o abiti • apposizione di guarnizioni ed ac cessori quali tasche, etichette, di stintivi, ecc. • stiratura ed altre preparazioni per indumenti da vendere «confezionati».

Condizioni alternative Nel caso in cui siano presenti due condizioni (fabbricazione a partire da… oppure fabbricazione in cui il valore di tutti i materiali non originari non superi il 40% del prezzo franco fabbrica del prodotto finito) l’operatore potrà scegliere fra le due condizioni e se anche solo una delle due condizioni è rispettata il prodotto finito potrà essere considerato originario. Ricordiamo infine che, in caso del persistere di un dubbio in merito alla determinazione dell’origine di un prodotto, è possibile presentare all’Agenzia delle Dogane un’istanza di informazione vincolante in materia di origine. L’Agenzia entro 150 giorni risponderà con un parere vincolante che obbliga l’Agenzia nei confronti del titolare per tre anni dalla sua emissione. |

È quasi impossibile individuare con esattezza l’inizio di una moda. Quando una tendenza comincia a sembrare una moda, ormai non ha più origini chiare e il tentativo di rintracciarle nel passato risulta di gran lunga più difficile che non, poniamo, trovare le sorgenti del Nilo. In primo luogo una moda ha probabilmente più sorgenti, e in secondo luogo riguarda il comportamento umano. connie wills www.promos-milano.com www.mglobale.it www.newsmercati.com

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Approfondimenti

Anche il business ha il suo

Angelo custode

Si afferma sempre più la figura del “Business Angel”, manager o imprenditori disposti a investire capitali ed esperienza in nuovi progetti. Per capirne di più una panoramica del fenomeno e alcune case history di successo testi a cura di Laura di Teodoro Si scrive “Business Angel” e si legge creazione di innovazione e nuova impresa grazie all’intervento diretto di una persona fisica. Sono per lo più manager, imprenditori con una lunga esperienza alle spalle, disposti a investire capitali ed esperienza in progetti nuovi. La figura del Business Angel nasce negli Stati Uniti e a partire dagli ultimi anni si sta radicando anche sul territorio italiano. E oggi più che mai, causa la crisi del credito da parte delle banche, riveste un ruolo sempre più importante. Secondo una ricerca dell’Italian Business Angel Network (IBAN), il mercato dell’Angel Investing in Italia sembra ormai aver superato la sua fase pionieristica, iniziata negli anni 1999/2000, a favore di un consolidamento e di una maggior diff usione sul territorio, allineandosi alle realtà degli altri paesi europei. Dati alla mano infatti, da circa tre anni, vengono registrati valori in crescita delle operazioni concluse, ma numerose persone componenti il campione si dichiarano BA e vorrebbero seriamente investire ma ancora non lo hanno fatto. Indubbiamente, la crescita di questo fenomeno fornisce un importante contributo al completamento della filiera italiana degli attori finanziari.

Anche il profi lo personale che emerge si è allineato con gli aspetti che caratterizzano la figura dei Business Angels anglosassoni, e che è andata consolidandosi negli ultimi anni: prevalentemente maschio, quarantenne, residente al Nord, con titolo di studio elevato, con esperienza di alto dirigente, quando non già imprenditore (anche se le donne non mancano; hanno un patrimonio personale non enorme (attorno ai 500 mila euro); aderiscono alla rete IBAN e investono attorno al 10% del proprio patrimonio; se ha già fatto un investimento non intende fermarsi e ne fa altri; non necessariamente tende a creare una nuova società quando entra in un progetto d’impresa. Secondo la ricerca, inoltre, il suo apporto oltre ai soldi si concentra nel fornire strategia aziendale e contatti; per quanto riguarda le informazioni, attinge dalla rete IBAN e dagli amici, e raramente dalle banche e dai centri universitari. Il Business Angel è molto mobile sul territorio – il 60% è disponibile ad uscire dalla regione e anche investire all’estero; la forma societaria impiegata in maniera prevalente è la srl. La motivazione principale che muove l’investitore è la ricerca di una soddisfazione personale di auto realizzazione più che dalla sete di

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Cos’è l’Iban Una forte esperienza d’impresa, passione, esperienza e capitali. Sono i quattro requisiti fondamentali che ciascun Business Angel deve possedere. Parola di Tomaso Marzotto Caotorta, direttore generale dell’Associazione IBAN. Iban è oggi l’associazione di riferimento in Italia per gli investitori informali nel capitale di rischio. Recentemente ha ricevuto l’ “Eban European Award” per la migliore attività di “lobbying” dell’anno, riconoscimento per il quale l’Associazione italiana degli investitori informali in capitale di rischio (Business Angels) ha dovuto confrontarsi con altre tre organizzazioni europee equivalenti, particolarmente attive e determinate: FNABA Portugal, British Business Angels Association e France Angels. Quali opportunità può offrire il ruolo di Business Angel per i nostri manager? La figura del business angel altri non è che un manager che ha passione e affianca le prime fasi di vita di un progetto, non solo come capitale ma soprattutto come competenze nella gestione. I vantaggi per l’impresa sono diversi: sul fronte economico non costa nulla perché l’obiettivo del business angel è quello di mirare a un capital gain in capo a 2-3 anni, ovvero sia lucrare sul differenziale del prezzo tra la partecipazione e l’uscita. Da parte sua l’impresa deve garantire trasparenza e regole di condivisione nella gestione aziendale. Che caratteristiche deve avere un imprenditore/manager per diventare Business Angel? Un Business Angel deve avere una forte esperienza di impresa, deve averci lavorato ad alti livelli, essere stato imprenditore o essere imprenditore tuttora. Non solo, deve anche avere una piccola disponibilità di capitale proprio da dedicare a un progetto di impresa. Deve provare passione, elemento indispensabile anche per rendere appetibile all’investitore di maggiori dimensioni il progetto su cui vuole puntare.

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guadagno, entra in progetti con forte potenziale di crescita ma dove vi sia un gruppo fortemente impegnato e competente; prima di decidere di entrare in un progetto ne analizza almeno 6 e quando scarta un progetto è perché ha dubbi sulle capacità del proponente o perché il BP è poco sviluppato e poco credibile. Come spiega Paolo Anselmo, Presidente dell’Associazione Iban, “sul fronte dei settori, preferisce investire nell’ICT e Internet, ma non disdegna il settore manifatturiero, dove, ovviamente interviene nelle primissime fasi di vita del progetto d’impresa. La quota azionaria posseduta è inferiore al 30% e, a parte le operazioni che nascono in sindacato, preferisce operare da solo. Mediamente resta nel progetto circa 3 anni e al momento dell’uscita - se guadagna – guadagna molto bene”. La storia del Business Angel nasce a Broadway a fine Ottocento per aiutare i giovani artisti che non avevano risorse economiche proprie per finanziare i vari spettacoli. “La sua presenza è cresciuta a cavallo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale – prosegue Paolo Anselmo -. In Europa il fenomeno ha preso piede a partire dalla metà degli anni Sessanta e si è sviluppato a metà degli anni Novanta. Nello specifico l’attività di Iban è iniziata insieme alla rete europea, nel 1998”. Ma come avviene l’investimento, o meglio l’intervento attivo, del BA in azienda? “I Business Angel – prosegue Anselmo - investono generalmente dai 25mila euro ai 250mila euro per impresa. Sul piatto, oltre ai capitali, mettono le loro competenze che permetteranno alle nuove aziende di svilupparsi ed entrare nel mercato. E’ un intervento che si sviluppa nel tempo e che prende forme molto diverse. I vantaggi? Diversi sia per l’investitore che per l’impresa naturalmente. In Italia sta crescendo la consapevolezza dell’importanza di queste figure soprattutto alla luce della legge finanziaria 2009 che ha introdotto l’esenzione fiscale delle plusvalenze da investimenti in Start Up, ad opera di persone fisiche (i Business Angel), se reinvestite in altre Start Up entro 24 mesi”. L’obiettivo di Iban, spiega l’ingegner Anselmo, è quello di crescere ulteriormente e non fermarsi ai 31 milioni di euro investiti nel 2008: “L’associazione ha ricevuto ed esaminato circa 300 progetti d’impresa all’anno, di questi ne ha selezionati circa 70 ogni 12 mesi, che sono poi stati presentati ai business angels accreditati presso il circuito. Ha contribuito alla nascita di oltre 45 nuovi progetti d’impresa, per un apporto totale di capitale di rischio di circa 10 milioni di euro. Iban punta, poi, a favorire la nascita di almeno 30 nuovi progetti l’anno, per un apporto di oltre 5 milioni di euro annuali”. |

www.iban.it

Business Angel, Lorenza Papoccia Affrontare il rischio con consapevolezza e attenzione e vedere ciascun cambiamento come una vera e propria opportunità di crescita. Cavalcando questo duplice spirito, Lorenza Capoccia, attualmente Amministratore Delegato Cartomac (Paper Converting Machinery) e Presidente di


Approfondimenti

Come avviene l’intervento del Business Angel in un’azienda? Quali i passaggi da seguire? Il BA si mette in contatto con l’azienda o attraverso IBAN o personalmente. Una volta creato il contatto c’è un periodo di due mesi in cui le due parti si conoscono, si cerca di costruire una relazione di fiducia e capire quali obiettivi e tempi condividere. Se questa prima fase è stata positiva, tempo 2-3 mesi si va dal notaio per costituire la società o sottoscrivere un aumento di capitale o cessione di capitale esistente. Insomma si cerca la soluzione migliore. Il BA non è un lavoro a tempo pieno ma occupa da uno a tre giorni a settimana. Business Angel, Federico Moro È stato promotore di un progetto innovativo cresciuto grazie all’apporto di due business angels, e oggi, a distanza di quattro anni dall’inizio della sua avventura imprenditoriale sta entrando nel mondo dei BA, sta osservando e conoscendo iniziative nuove dove, eventualmente, investire. Federico Moro, ingegnere informatico e Master of Science in Computer Science alla University of Illinois, ha avviato nel 2005 il progetto KHAMSA, operante nel settore dell’Information e Communication Security, per il quale ha ricevuto il premio speciale della Business Competition Start-Cup, ottenendo l’incubazione presso il Politecnico di Milano e l’Università della Svizzera Italiana. Attualmente KHAMSA si avvale di 20 collaboratori, fra dipendenti, consulenti ed outsourcers, con uffici in Lugano e Milano. Dopo un investimento di Venture Capital (2008) il gruppo è controllato al 66% dai fondatori e al 34% dai soci di capitale di rischio, e Moro ricopre il ruolo di CEO, occupandosi attivamente di business development. “Il progetto è stato incubato dal Politecnico di Milano e dell’Università della Svizzera Italiana nel 2005 – racconta Federico Moro -, abbiamo lavorato molto e nel 2008 abbiamo trovato degli investitori che ci hanno permesso di crescere ulteriormente. Il mio obiettivo è portare KHAMSA al successo attraverso un ambiente operativo che sia appagante per chi lavora e profittevole per gli azionisti”. Al momento Moro non investe capitali in altri progetti ma è ben attento ad alcune iniziative in corso. “Ho iniziato la mia attività imprenditoriale partendo da uno start up universitario e devo ringraziare due business angels per avermi aiutato nell’avviare l’attività – prosegue l’ingegnere -. Credo fortemente nella figura dei BA anche se noto, ancora, una certa diffidenza da parte dell’imprenditore che tende a vedere l’investitore come qualcuno che entra con l’obiettivo di portare via l’azienda e questo naturalmente è falso perché l’obiettivo del BA è di portare conoscenze e risorse in cambio di una partecipazione che è sempre di minoranza. Nel 99% dei casi si portano capitali, altri portano esperienza e apertura su alcuni network. In questo momento io non sono un investitore di capitali ma sto lavorando per cercare di avvicinare le aziende al mondo del capitale di rischio”.Un passaggio importante, da definire sin dall’inizio, resta per Moro la exit strategy: “In fase di accordi è importantissimo chiarire quale sarà la strategia di uscita del BA. La scelta, naturalmente, dovrà essere condivisa dall’imprenditore”.

ASSIDAI, Fondo per l’integrazione di prestazioni medico-sanitarie e Team leader del Progetto BIM (Business Innovation Manager), ha da poco iniziato la sua avventura nei panni di business angel, dopo aver lavorato per vent’anni nel settore industriale in ruoli diversificati di crescente responsabilità. “Per diventare BA bisogna avere una visione del business a 360 gradi – spiega Lorenza Capoccia -. Personalmente in questi anni ho toccato con mano tutti i ruoli aziendali. Per investire in un progetto nuovo bisogna prima di tutto scegliere un’attività valutandone bene il potenziale e questa è una capacità che si acquisisce con l’esperienza e la conoscenza. Bisogna avere curiosità verso il cambiamento, vedendolo come un’opportunità. Il rischio va valutato analizzando gli asset del progetto che spesso non sono tangibili ma percepibili in base all’esperien-

In quali settori investe il Business Angel? Sicuramente nel settore allargato dell’economia digitale perché c’è una bassa soglia di ingresso, il motore principale infatti sta nelle idee. Seguono il manifatturiero, i brevetti, le energie rinnovabili e la biotecnologia. Perché questo sviluppo? Iban esiste in Italia da 10 anni e da sempre ci siamo accompagnati a questo tema sviluppando tesi con le università, incontri, convegni, cercando di far conoscere la figura del business angel. Questo ha creato una sorta di maturazione di questa figure. Devo dire che in Italia ci sono business angels, con una media di età 10 anni inferiore al resto dell’Europa, probabilmente perché ci sono imprenditori giovani brillanti che, lavorando in imprese con a capo il padre ancora restio ad andare in pensione, sentono l’esigenza di creare qualcosa da soli. Cos’è IBAN e quali sono i progetti che sono stati sviluppati? Lavoriamo sulla domanda e sull’offerta. Per quanto riguarda la domanda, operiamo sugli start up e portatori di progetto, incontrando gli incubatori d’Italia, i centri di ricerca universitari e fornendo loro, gratuitamente, il nostro manuale, la guida alla costruzione di un progetto imprenditoriale che contiene una serie di riflessioni importanti che permettono di capire quale strada intraprendere. Sul piano dell’offerta invece distribuiamo il manuale ai BA e cerchiamo di creare momenti di incontro anche con realtà estere. Siamo partiti in 30 e oggi siamo 130 persone, oltre ai 150 accreditati nei vari club e antenne locali.

za manageriale e imprenditoriale. Non solo, bisogna valutare bene chi sta proponendo il progetto”. Prima di impostare il percorso ciascun BA, spiega Capoccia, “dovrebbe crearsi più alternative per arrivare ad avere un margine sicuro e positivo di successo. Non solo, se si parla di progetto innovativo e non solo dell’aggiornamento del prodotto è importante la composizione del team in cui devono esistere figure specifiche”. Lorenza Capoccia ha iniziato la sua avventura di business angel recentemente: “Negli anni scorsi ho lavorato come dirigente, portando prodotti nuovi e innovazione ed esperienza internazionale ma non ho mai investito capitali miei. Cosa che invece sto iniziando a fare, soprattutto verso attività di Spin Off universitari. Al momento siamo nella fase di consolidamento del team”. 21


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Nell’immagine Interno della casa passica di Cherasco

La lana di roccia

dalla Da nimarca all ’Europa una storia ecocompatibile

L’azienda nata nella metà dell’Ottocento festeggia un anniversario importante e si conferma leader nel mercato degli sportelli ATM. Il vice presidente Danilo Rivalta ci racconta le novità in cantiere a cominciare dal nuovo payoff “Innovation Delivered” a cura di Laura di Teodoro 22


Storie di successo

Sfruttando le particolarità della lana di roccia il Gruppo Rockwool da sempre opera sul mercato per migliorare l’efficienza energetica, la sicurezza antincendio, l’acustica e il clima interno degli edifici. Solo nel 2008, grazie agli isolanti prodotti e installati da Rockwool, sono stati risparmiati oltre 200 milioni di tonnellate di CO2 Una storia iniziata dalla Danimarca per poi approdare in tutta Europa, fino a toccare Canada e Malesia. Una storia che vede come protagonista assoluta la lana di roccia, un prodotto completamente naturale e dotato di un’elevata capacità di isolamento termico. Ed è proprio la lana di roccia il motivo del successo internazionale del Gruppo Rockwool, il più grande produttore mondiale di questo materiale eco-compatibile, utilizzato per isolare dalla dispersione di calore e dal freddo, scoperto sulle isole Hawaii agli inizi del secolo e oggi utilizzato per l’isolamento termo-acustico e la protezione incendio. “L’azienda è nata nel 1937 in Danimarca - spiega Paolo Guanzani, Business Unit Director di Rockwool Italia - .Nel corso degli anni l’azienda si è sviluppata in tutta Europa, da Nord a Sud, da Est e Ovest. Conta complessivamente 23 stabilimenti, di cui 3 in Canada e uno in Malesia. Gli altri in Europa”. Sfruttando le particolarità della lana di roccia il Gruppo da sempre opera sul mercato per “migliorare l’efficienza energetica, la sicurezza antincendio, l’acustica e il clima interno degli edifici”. Un dato per tutti: nel solo 2008, grazie agli isolanti prodotti e installati da Rockwool, sono stati risparmiati oltre 200 milioni di tonnellate di CO2. “I nostri prodotti – spiega Guanzani - sono utilizzati nei sistemi antincendio e nelle applicazioni marine, nei controsoffitti acu-

stici, barriere antirumore, attorno ai macchinari rumorosi, nei muri e sui tetti, sotto il pavimento o addirittura sotto i binari, la lana di roccia protegge dall’inquinamento acustico. È inoltre un eccellente isolante termico”. Cuore pulsante dell’attività di Rockwool è il Centro di ricerca che ha sede a Hedehusene, in Danimarca. L’edificio stesso nel 2000 ha vinto l’award come “The world’s most energy efficent office building”. “L’attività di ricerca - prosegue Guanzani - si svolge prevalentemente in Danimarca e si sviluppa seguendo tre fi loni principali: tecnologia, materiali e applicazioni. Sul fronte dei mercati, ad oggi i più maturi sono sicuramente quelli del Nord e centro Europa dove la cultura dell’isolamento è diff usa da molti decenni.” La ricerca e la mission di Rockwool si sono tradotti nel 2005 in un vero e proprio progetto in tema di edilizia; si tratta della casa passiva di Cherasco, in provincia di Cuneo, progettata in piena sintonia con la tradizione locale e il design italiano, dall’architetto Maria Grazia Novo. “L’iniziativa – commenta Paolo Guanzani - ha avuto un ottimo successo perché è stata costruita in perfetto stile e design italiano. Grazie a questa soluzione innovativa si minimizza la dispersione energetica sfruttando l’energia passiva gratuita fornita dal sole, dal corpo umano e dal calore degli elettrodomestici. I risparmi energetici ottenuti compensano più che 23


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Ritratto azienda Il Gruppo Rockwool, fondato nel 1937, è il più grande produttore mondiale di lana di roccia, materiale eco-compatibile utilizzato per l’isolamento termo-acustico e la protezione incendio. Con sede centrale in Danimarca (vicino a Copenhagen), conta ad oggi circa 8.000 dipendenti in oltre 30 Paesi e stabilimenti produttivi dislocati tra Europa, Nord America e Asia. Il Gruppo è presente da oltre 10 anni nel mercato dell’isolamento termico e acustico in Italia, dove ha raggiunto nel 2008 un fatturato di circa 46,6 milioni di Euro. La mission del gruppo consiste nel fornire soluzioni esclusive e convenienti ai propri clienti, mettendo a disposizione l’esperienza maturata in oltre 70 anni di attività, per aiutarli a migliorare l’efficienza energetica, la sicurezza antincendio, l’acustica e il clima interno degli edifici

in questa pagina in alto: Il centro di ricerca e sviluppo di Rockwool International, Building 2000 che ha vinto nel 2000 un Award per essere l’edificio destinato ad uffici più efficiente al mondo dal punto di vista energetico. in basso: Esterno della casa passiva di Cherasco, in provincia di Cuneo, realizzata da Rockwool conservando interamente lo stile architettonico tradizionale italiano

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ampiamente il 5-15% di investimento in più. Una casa normale mediamente consuma 15 litri di gasolio l’anno al metro quadrato. Nella casa passiva si arriva ad un consumo di 1,5 litri di gasolio l’anno. Stiamo lavorando per cercare di esportare questo modello su tutto il territorio nazionale”. Dati alla mano, la casa passiva impiega il 90% di energia in meno rispetto alla casa media europea e l’80% di energia in meno rispetto ad una moderna abitazione. In particolare la bolletta della casa passiva di Cherasco risulta particolarmente “leggera” (circa 300 euro per riscaldamento e acqua calda), soprattutto se confrontata con quelle del vicinato, che per un’abitazione di pari metratura supera i 3.000 euro. L’impegno del Gruppo non si ferma alle sole residenze private ma si concentra anche sugli edifici pubblici, dalle scuole agli asili (Rockwool parteciperà insieme ad altre aziende alla realizzazione di un asilo nelle zone terremotate dell’Abruzzo). Infine, un innovativo progetto pensato e sviluppato da Rockwool Building School, società di consulenza che off re un’analisi a 360 gradi su tutti gli aspetti legati alla progettazione a basso impatto energetico e a elevati standard acustici. Si tratta di un nuovo soft ware, EBA 2009 (Efficient Buildings Analysis), indirizzato a progettisti e architetti; può essere utilizzato per la corretta impostazione preliminare del progetto architettonico, per impostare un lavoro che garantisca elevati standard di efficienza e per verificare e analizzare le prestazioni energetiche dell’edificio progettato. Sul tema del risparmio energetico e dell’efficienza energetica degli edifici si guarda al futuro con ottimismo, grazie a una maggior sensibilità che inizia a farsi sentire anche in Italia: “Il tema energetico è di grande attualità e soprattutto in tempo di crisi è diventato per molti sinonimo di risparmio e quindi ben visto – spiega Paolo Guanzani -. A questo si aggiunge una normativa europea che ha segnato traguardi e obiettivi che siamo obbligati a rispettare e che contribuirà significativamente anche alla riduzione delle emissioni inquinanti”. |

La questione non è che cosa sia stato stabilito dalla natura, o da qualunque altro sciocco, ma che cosa sia giusto. Edward M. Forster www.rockwool.it



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Baluardo del

Made in Italy

in tutto il mondo Presente a livello mondiale con 20 fi liali e 56 distributori, il Gruppo Camozzi di Brescia è leader nella produzione di componenti pneumatici per l’automazione industriale. L’azienda punta sull’innovazione con un apposito centro di Ricerca e Sviluppo testo di Laura Di Teodoro

Mantenere il Made in Italy e crescere in maniera esponenziale nonostante i venti di crisi. È possibile se alla base ci sono prodotti di qualità, di alto livello tecnologico e dotati di un design moderno, con alle spalle un’azienda solida, ultraquarantennale. Stiamo parlando del Gruppo Camozzi, realtà bresciana che produce componenti pneumatici per l’automazione industriale. L’azienda, presente in tutto il mondo con 20 fi liali e 56 distributori, è entrata nella rosa delle imprese che rendono grande il Made in Italy nel mondo. Il Gruppo è strutturato in cinque divisioni: Automazione, core business e passaporto dei Camozzi nel mondo; Macchine utensili, che si concentra presso gli stabilimenti produttivi di Innse-Berardi in Italia, e Ingersoll in America; Macchine tessili, formata dalla Marzoli (fondata nel 1851). Ad oggi è l’unico produttore al mondo in grado di off rire la linea completa per la fi latura del cotone; Special Products che raggruppa le aziende Campress (stampaggio ottone e fusioni in leghe di alluminio), Plastibenaco (stampaggio ad iniezione di materie plastiche), Marzoli foundry (fonderia) e Newton (carpenteria); Energia con la Mangiarotti Nuclear, società costituita nel dicembre 2007 in partnership tra il Gruppo Camozzi e la Mangiarotti S.p.A. e in cui il Gruppo Camozzi detiene un’importante partecipazione 26

azionaria. La Mangiarotti Nuclear è controllata al 70% dal Gruppo Mangiarotti, società con sede a Udine, specializzata nella realizzazione di prodotti oil & gas, nello specifico recipienti in pressione, reattori e scambiatori di calore. Ad oggi il fatturato del Gruppo si aggira attorno ai 330 milioni di euro, con una redditività passata a poco meno di 50 milioni di euro (dati 2007). Attualmente il Gruppo realizza il 15% del suo business in Italia e l’85% all’estero. I dipendenti (Cina esclusa) sono circa 1.800. La storia del Gruppo Camozzi inizia nel 1964, a Lumezzane, nel bresciano dove i fratelli Attilio, Luigi e Geromino hanno costituito, insieme, “la Camozzi”, azienda per le lavorazioni meccaniche conto terzi. La produzione di raccordi prima e di linee complete per l’automazione poi, hanno permesso alla Camozzi di conquistare posizioni nell’ambito del settore della pneumatica. Gli anni 1999-2000 sono quelli che caratterizzano la fase di intensa espansione con l’acquisizione di numerose società che operano in settori diversi: macchine utensili (Innse-Berardi nel 1997, Retco nel 1998) e macchine tessili (Marzoli nel 1998). Dal 1985 fino al 1998 il marchio Camozzi Spa si è unito ai nomi di grandi campioni della Formula Uno. Una scelta d’immagine, una promozione spetta-


Storie di successo

nella pagina di apertura: Sede dell’azienda a Brescia in questa pagina: Stabilimento di Polpenazze d/G

La ricerca e lo sviluppo ricoprono un ruolo fondamentale all’interno dell’azienda. Nel 2003 infatti è stato creato un Centro Ricerche ad hoc per monitorare le nuove tecnologie e i processi industriali emergenti. Il Gruppo collabora inoltre con università e centri di ricerca nazionali e internazionali, segue le attività dei vari enti e delle varie organizzazioni italiane ed europee 27


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luglio - agosto 2009

Sul fronte dell’internazionalizzazione la storia “globale” di Camozzi inizia nel 1971 in Germania, con prodotti per i raccordi pneumatici. Seguono Svezia, Inghilterra, Francia, Spagna e Stati Uniti negli anni Ottanta. Nel 1981 il Gruppo bresciano approda in direzione Est, in Russia e Ucraina. Nel 1993 tocca alla Cina, a Shanghai e Dongtai, complessivamente duemila persone occupate.

in questa pagina dall’alto: I tre fratelli fondatori, da sinistra Luigi, Attilio e Geromino Camozzi. La seconda generazione pronta a gestire con continuità la filosofia e le strategie del Gruppo. Da sinistra: Elena, Mario, Susanna, Ettore, Claudia, Lodovico, Marco e Giovanni Camozzi

colare che ha fatto conoscere Camozzi Spa in tutto il mondo. La passione dei fratelli viene inoltre premiata con la vittoria nel 1998 del Campionato del Mondo Costruttori (Team West McLaren Mercedes) e Piloti (Mika Hakkinen). Con il nuovo millennio arriva la consacrazione della Camozzi che si afferma quale azienda fiore all’occhiello del sistema industriale italiano. Nel settembre 2000, infatti, da una joint venture in Cina na28

sce la Marzoli Dongtai Tectile Machiney che, con un capitale sociale di 20 milioni di dollari, detiene più del 30% del mercato cinese della produzione di filatoi. Nel 2001 viene acquisita l’Ansaldo Componenti Speciali, facendo così il suo ingresso nel settore dei componenti per la produzione di energia. Nel 2003 la divisione macchine utensili si rafforza con l’acquisizione della Ingersoll, americana, azienda leader nella costruzione di macchine speciali per i settori aerospace, difesa e energia.

La ricerca e lo sviluppo ricoprono un ruolo fondamentale all’interno dell’azienda. Nel 2003 infatti è stato creato un Centro Ricerche ad hoc per monitorare le nuove tecnologie e i processi industriali emergenti. Il Gruppo collabora inoltre con università e centri di ricerca nazionali e internazionali, segue le attività dei vari enti e delle varie organizzazioni italiane ed europee. Anche il tema della formazione rientra tra i punti di forza e le leve di successo dell’azienda, una formazione che dal 2007 ha trovato casa al Camozzi Competence Centre, una struttura completamente dedicata alle attività didattiche e situata nell’unità produttiva di Polpenazze del Garda. “L’iniziativa - come spiega Marco Camozzi, responsabile marketing del Gruppo - si affianca al C.I.S. Camozzi Innovation System avviato nel 2006, le cui basi stanno nei contenuti del Toyota production system, ovvero la produzione snella, nuovo metodo di gestione del processo, utilizzando meno risorse in ogni settore rispetto alla produzione di massa, assegnando la maggior responsabilità possibile verso chi produce, perché nessuno meglio di chi è in linea o dei tecnici è in grado di suggerire correttivi”. |

Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformate in azioni. Mohandas Karamchand “Mahatma” Gandhi

www.camozzigroup.com



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luglio - agosto 2009

Lo SPECIALISTA globale dell’energia Schneider Electric, azienda con attività in oltre cento Paesi di tutto il mondo, si è conquistata negli anni una posizione da specialista nella gestione dell’energia arrivando a consolidarsi come leader nel settore testo di Desirèe Cividini

Presente in Italia con oltre duemila effettivi e con un fatturato commerciale complessivo di oltre 750 milioni di euro, Schneider Electric conta oggi cinque siti industriali d’avanguardia, un Centro logistico integrato con sede a Torino, un centro assistenza clienti unico e otto aree commerciali distribuite sul territorio nazionale, tra cui quella di Stezzano (BG)

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Con il Protocollo di Kyoto i Paesi industrializzati si sono impegnati a ridurre entro il 2012 il totale delle loro emissioni di gas ad effetto serra almeno del 5,2 per cento. E con la ratifica del Protocollo avvenuta qualche anno fa, ridurre le emissioni di Co2 del venti per cento entro il 2020 è diventato uno degli obiettivi prioritari dell’Unione Europea. Ma per poter realmente raggiungere questi risultati è necessario investire in programmi e tecnologie che siano in grado di assicurare il tanto auspicato risparmio. Schneider Electric, azienda con attività in oltre cento Paesi di tutto il mondo, si è conquistata negli anni una posizione da specialista nella gestione dell’energia arrivando a consolidarsi come leader nel settore. Presente in Italia con oltre duemila effettivi e con un fatturato commerciale complessivo di oltre 750 milioni di euro, Schneider Electric conta oggi cinque siti industriali d’avanguardia, un Centro logistico integrato con sede a Torino, un centro assistenza clienti unico e otto aree commerciali distribuite sul territorio nazionale, tra cui quella di Stezzano (BG). E’


Storie di successo

Fabrizio Landini, Direttore Progetti & Services

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luglio - agosto 2009

Ritratto azienda Schneider Electric è lo specialista globale nella gestione dell’energia, con attività in oltre cento Paesi di tutto il mondo. Offre soluzioni integrate per più segmenti di mercato e occupa una posizione di leadership nei settori dell’energia e delle infrastrutture, dei processi industriali, dell’automazione degli edifici e dei datacenter, vantando inoltre una vasta presenza nell’ambito delle applicazioni per il residenziale. Specializzata nel rendere l’energia sicura, affidabile ed efficiente, con 114.000 dipendenti nel 2008 la società ha raggiunto un fatturato di oltre 18,3 miliardi di euro, grazie ad un impegno costante nell’aiutare individui e organizzazioni ad ottenere il massimo dalla propria energia. In Italia è presente con oltre 2.000 effettivi, tra commercio e produzione e un fatturato commerciale e industriale complessivo di oltre 750 milioni di euro. Conta otto aree commerciali, cinque siti industriali d’avanguardia, un Centro Logistico integrato a Venaria (To) e un centro assistenza clienti unico. Con un ampio portafoglio di prodotti, soluzioni e servizi per la gestione dell’energia, Schneider Electric rende l’energia più sicura con la sua offerta per la protezione di persone e impianti nella distribuzione elettrica e nel controllo industriale, più affidabile grazie alle soluzioni ad alta disponibilità per applicazioni critiche e i data center, più efficiente con i sistemi e servizi per l’efficienza energetica e infine più efficace grazie ad un’ampia gamma di sistemi di automazione per l’industria, gli edifici del terziario e il residenziale.

lì che abbiamo incontrato Fabrizio Landini, Direttore Progetti & Services, che ci ha parlato del nuovo piano elaborato da Schneider Electric per riposizionare l’azienda come specialista nella gestione dell’energia. “I prodotti – spiega Landini – sono stati per anni il cuore del nostro gruppo e ancora oggi continuano ad esserlo. Schneider Electric, tuttavia, oggi punta anche sull’offerta di soluzioni e servizi per la gestione dell’energia. Inoltre, con l’attuazione del Piano One, è previsto da qui al 2011 un progressivo sviluppo del gruppo”. Quattro i punti fondamentali sui quali l’azienda, che ha raddoppiato il fatturato negli ultimi cinque anni, concentra la propria mission: “Oltre ad incrementare ulteriormente i nostri clienti – sottolinea Landini – il Piano prevede un aumento della percentuale di dipendenti che considerano Schneider Electric un ottimo ambiente di lavoro e mira, oltre a crescere fortemente nell’offerta di soluzioni, a diventare un’unica Schneider Electric, puntando su un unico marchio, semplificando la nostra azienda e riducendone in costi di funzionamento”. In pratica una rivoluzione necessaria per adeguare il gruppo ai cambiamenti del mercato e per fare in modo di mantenere Schneider Electric al passo con i tempi. Un percorso che dal 2003 allo scorso anno ha portato il gruppo ad acquisire ben centotrenta società e ad espandersi ulteriormente. Tanto che oggi Schneider Electric è una società globale con un fatturato del quarantaquattro per cento in Europa, del ventisette per cento in America, del diciannove per cento in Asia e del dieci per cento nel resto del mondo, dove operano 32

ben novemila persone. Cinque i mercati finali nei quali il gruppo opera, cercando di aiutare i clienti ad ottenere il massimo dalla loro energia: oltre a quello appunto dell’energia e delle infrastrutture Schneider Electric opera nei mercati dell’industria, dei data center, degli edifici e del residenziale, nei quali avviene – come spiegato da Landini – il settantadue per cento del consumo totale dell’energia mondiale. E gli investimenti del gruppo, che ha scelto in questo particolare momento di crisi di puntare su espansione e innovazione, stanno già dando i loro risultati. “Oggi – spiega il direttore Progetti & Services – cerchiamo di puntare su prodotti innovativi e di qualità e non su merce a basso costo. Su questo si basa la nostra strategia. Una strategia che si sviluppa partendo dal presupposto che non possiamo fermare la crescita del fabbisogno di energia della popolazione mondiale, ma dobbiamo cercare di rendere più efficiente il suo utilizzo”. |

Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia. Arthur C. Clarke

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luglio - agosto 2009

ParĂ

Tre generazioni di successi

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Storie di successo

Nascere e crescere della tradizione familiare e dell’innovazione. L’azienda Parà, oggi è punto di riferimento a livello mondiale per le tende da sole, arredamento per interni, esterni e per il settore nautico testo di Laura Di Teodoro

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luglio - agosto 2009

“Il fatto di essere un’impresa di famiglia da ben tre generazioni ci ha permesso un forte attaccamento all’azienda. Siamo sempre stati fedeli ai valori del nostro territorio perché sentiamo di avere una responsabilità sociale forte nei confronti della Brianza e non solo” Nascere e crescere sull’onda del Made in Italy, della tradizione familiare e dell’innovazione. L’azienda Parà, oggi leader nel mercato italiano e uno dei principali player a livello mondiale per le tende da sole, arredamento per interni, esterni e per il settore nautico, ha unito avanguardia, ricerca e sviluppo, alla continuità e allo spirito che dal 1920 accompagna la storia dell’impresa brianzola. Attualmente l’azienda è gestita dalla seconda e terza generazione della famiglia Parravicini: Ambrogio, Presidente e i figli Michele, Matteo e Marco, amministratori delegati. Come ci spiega Marco Parravicini, responsabile per le relazioni esterne e amministratore delegato, l’azienda di Sovico è nata nel 1920 per volontà del nonno Mario Parravicini: “Nasce per produrre tessuti in fibre naturali per rivestire i materassi. Già a partire dagli anni Quaranta si è dovuto ridisegnare il modello di prodotto con tessuti a più alto contenuto tecnico e siamo passati ai tessuti per la protezione dal sole, 36

completamente in cotone”. Verso la metà degli anni ’50 entra in azienda Giuliano, il più anziano dei fratelli Parravicini, che darà il suo prezioso contributo alla crescita aziendale rimanendone presidente per oltre quarant’anni e dopo qualche anno, agli inizi degli anni ’60, si unisce a lui anche il fratello Ambrogio che da diversi anni ricopre la medesima carica. È iniziato così un viaggio verso l’innovazione e il successo, segnato da prodotti sempre nuovi e ricercati. “Il passaggio più significativo – continua Parravicini - avviene verso la fine degli anni Cinquanta con la diff usione della fibra acrilica tinta in massa. Cavalcando questa scoperta, Parà ha iniziato a produrre tessuti tecnici per outdoor, tende da sole, per la nautica, per giardini e anche per automotive”. L’azienda Parà è stata infatti una delle prime ad aver creduto e investito nella fibra acrilica tinta in massa, grazie, soprattutto, alla collaborazione raggiunta con Montedison nel 1964 e il passaggio dello storico

marchio Tempotest® all’impresa brianzola. Ad oggi sono oltre 400 i disegni presenti sul mercato mondiale. “I tessuti Tempotest – prosegue Parravicini – sono caratterizzati da una fibra performante, colorata nella sua massa, resistente all’azione logorante dei raggi UV, della salsedine, delle muffe e ad ogni altro agente atmosferico” Anche gli anni Settanta sono segnati da altri due passaggi importanti: la produzione di fibre naturali per l’interno, lino e cotone e, per quanto riguarda la “vita aziendale”, è stato aperto lo stabilimento di Pontirolo Nuovo, in provincia di Bergamo. Complessivamente la produzione è programmata su più stabilimenti, per l’esattezza sono cinque, il principale dei quali è proprio quello in provincia di Bergamo. Una delle particolarità ed eccellenze dell’azienda è il totale governo del ciclo di produzione, interamente verticalizzato: filatura, tessitura, stampa, tintura, spalmatura e fissaggio sono tutti passaggi che avvengono direttamente negli spazi di Parà.


Storie di successo

Ritratto azienda Il Gruppo industriale Parà è stato fondato nel 1920. Da tre generazione produce tessuti di pregio estetico e di alta qualità tecnica utilizzati per le tende da sole, arredamento per interni ed esterni e nel settore nautico. Oggi il Gruppo Parà, con una forte identità stilistica italiana, è presente in numerosi Paesi sia in Europa che nel Mondo attraverso filiali e distributori con una costante capacità di innovare con qualità e distintività ed è uno dei principali player nel mercato a livello internazionale. Registra un fatturato di circa 100 milioni l’anno; con un organico di più di 600 unità, è presente sul territorio con cinque impianti produttivi e opera in tre settori di business specifici: tende da sole, tessuti decorativi per interno ed esterno e tessuti per nautica. Il Gruppo Parà si distingue nel mercato proprio per una riconosciuta competenza come produttore di tessuti di alta qualità, rigorosamente ‘Made in Italy’ legata ad un totale governo del ciclo di produzione, interamente verticalizzato dalla filatura alla tessitura, dalla stampa alla tintura, dalla spalmatura al finissaggio dove qualità, stile e servizio oltre ad investimenti costanti nella comunicazione e nel marketing permettono oggi a Parà di porsi come punto di riferimento nel mercato di alta gamma.

“Questo – spiega Parravicini – ci ha permesso di diventare un punto di riferimento nel mercato di alta gamma. Abbiamo anche il nostro ufficio stile interno responsabile per la creazione delle combinazioni cromatiche e dei disegni. Qui si fa molta ricerca basata sull’analisi delle mode di oggi e del passato che ciclicamente si ripropongono. Puntiamo, da sempre, su tessuti di alta qualità unici nel loro genere. Sul fronte della ricerca e dello sviluppo, collaboriamo con il Politecnico di Milano, l’Università di Bergamo e con laboratori tessili sparsi in tutto il mondo”. Un altro punto di forza è lo spirito familiare che da sempre attraversa la vita aziendale: “Il fatto di essere un’impresa di famiglia da ben tre generazioni ci ha permesso un forte attaccamento all’azienda. Siamo sempre stati fedeli ai valori del nostro territorio perché sentiamo di avere una responsabilità sociale forte nei confronti della Brianza e non solo”. Il Made in Italy resta quindi il punto di partenza e di arrivo dell’azienda: “Il Made in Italy è la nostra fi losofia di vita. Il 70%

dei prodotti Parà viene esportato – sottolinea uno degli amministratori -. Non abbiamo mai delocalizzato nonostante la tentazione ci sia stata più volte. È stata una decisione famigliare quella di mantenere un connotato completamente italiano, pur essendo presenti anche sui mercati internazionali”. Il target di riferimento è “trasversale”, grazie alla presenza di una vasta gamma di prodotti che hanno richiamato l’attenzione e il gradimento di stilisti di alta gamma quali Valentino e Missoni. Non solo perché lo stesso presidente americano Barack Obama ha rivestito i divani e le poltrone della Casa Bianca con i tessuti Parà. L’universo dell’azienda brianzola sta dimostrando di resistere ai venti di crisi grazie alla scelta di “restare legati a prodotti di nicchia, sofisticati” e di seguire il solo istinto e senso imprenditoriale scritto nel DNA della famiglia Parravicini. Guardando l’orizzonte, l’obiettivo di Parà, come spiega uno dei rappresentanti della terza generazione, è la volontà di “concentrare le attenzioni sulla direzione commerciale, sull’ampliamento dei mercati emergenti quali Cina, India e Sud America. Un anno fa abbiamo inaugurato la nuova sede commerciale in Cina e stiamo investendo in Sud America, con particolare riferimento al Brasile. Per quanto riguarda i prodotti, continueremo a lavorare sui tessuti sofisticati, tecnici e anti batterici, cercando di coniugare anche il risparmio energetico”. |

nell’apertura di servizio Sede Parà di Sovico nella pagina a lato Componenti della famiglia Parravicini in questa pagina in alto: Lo stabilimento Parà di Pontirolo Nuovo, in provincia di Bergamo in basso: Panoramica dello stabilimento Parà di Sovico

Non è difficile prendere delle decisioni quando sai quali sono i tuoi valori. Anonimo

www.para.it

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luglio - agosto 2009

Giuseppe Verrini, amministratore delegato di Adobe Systems Italia

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Storia di copertina

Creatività e

innovazione il valore aggiunto Adobe per IT Oltre un miliardo di personal computer in tutto il mondo “indossano” i loro software e prodotti. Giuseppe Verrini, amministratore delegato di Adobe Systems Italia, spiega il ruolo strategico di questa grande azienda al servizio di imprese e Pubblica Amministrazione: dal web 2.0 all’E-Government testo di Laura Di Teodoro

I loro soft ware e prodotti sono presenti su oltre un miliardo di personal computer e telefoni cellulari. Le loro tecnologie, forti di 27 anni di esperienza, sono diventate il punto di partenza per il rilancio della Pubblica Amministrazione e per rendere sempre più efficienti le imprese. Stiamo parlando di Adobe, una delle aziende produttrici di soft ware più importanti e diversificati a livello mondiale per la creazione e la condivisione di informazioni e contenuti. Come ci ha raccontato Giuseppe Verrini, amministratore delegato di Adobe Systems Italia, l’azienda sta portando avanti una serie di iniziative per favorire l’innovazione di aziende ed enti pubblici, in linea con quanto previsto dal Piano E-Government 2012 del ministro Brunetta. Non solo, nell’ottica del Web 2.0, Adobe è inoltre molto attiva nel supportare le aziende che vogliono comunicare in modo più efficace con i propri interlocutori interni ed esterni, off rendo tecnologie che aprono la strada alla multicanalità, all’utilizzo di contenuti video, alla costruzione di piattaforme Web interattive e multimediali. Su quali pilastri poggia il costante e crescente successo di Adobe Systems? Principalmente sul fatto di off rire un prodotto semplice da utilizzare e allo stesso tempo potente. In 27 anni di attività abbiamo sempre lavorato per sviluppare soft ware a misura d’uomo, pensando a tutte le categorie, dal singolo consumatore al designer, al creativo fino ad arrivare all’uomo di affari. E devo dire che le risposte avute dal mercato ci hanno sempre premiato: il 90 per cento delle riviste e dei siti web è creato partendo dalle nostre tecnologie. Off riamo client gratuiti, Adobe Reader® e Flash Player, che si trovano su milioni di computer, telefoni cellulari e dispositivi smart di tutto il mondo, consentendo così alle persone di confrontarsi tra loro e di utilizzare e scambiare informazioni e contenuti attraverso il web, applicazioni aziendali, riunioni online e documenti digitali.

Grazie ad Adobe e all’evoluzione dell’Information Technology, come è cambiato il ruolo del consumatore? Stiamo assistendo al fenomeno della “consumerization”, ovverosia la consumatorizzazione dell’IT. Le informazioni arrivano direttamente dal consumatore che è passato a un ruolo attivo, non subisce più ma agisce e interagisce. Oggi c’è il web 2.0, un’enorme piattaforma dove vengono creati contenuti, lo dimostra l’esplosione e il successo di You Tube, Wikipedia e dei Social Network. In questo cambiamento Adobe ha messo a disposizione gli strumenti che aiutano il consumatore a mantenere il proprio ruolo attivo; basti pensare che l’80 per cento dei video in rete sono creati sulla piattaforma di Flash Player e lo stesso software è installato sul 99 per cento dei PC collegati in rete (oltre un miliardo); sono oltre 250 milioni i PDF presenti e scaricabili. Tutto questo crea naturalmente una grande opportunità per le imprese e per la Pubblica Amministrazione. Oltre al mondo dei Pc oggi si sta espandendo notevolmente il mercato del Mobile. Come Adobe si sta adeguando a questo ennesimo cambiamento? Oggi il consumatore si rivolge ai dispositivi mobili e in questo senso Adobe è andato incontro ai propri clienti. Nei prossimi mesi sarà presente la tecnologia Flash per gli Smartphone e ad oggi Flash è già presente su oltre un miliardo di telefoni cellulari. Stiamo assistendo a un netto sorpasso della tecnologia mobile rispetto al classico PC e noi non facciamo altro che spingere e viaggiare nella stessa direzione e facilitare il lavoro delle pubbliche amministrazioni, delle aziende e del singolo consumatore. Il mondo delle imprese, del business è in grado di utilizzare in modo adeguato le nuove tecnologie o manca ancora una certa consapevolezza degli strumenti a disposizione? 39


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luglio - agosto 2009

Ritratto azienda Adobe Systems viene fondata nel 1982 da Chuck Geschke e John Warnock. I due si sono incontrati alla fine degli anni Settanta, mentre lavoravano al Palo Alto Research Center (PARC), il famoso centro di ricerca Xerox, dove eseguivano ricerche su sistemi per grafica e stampa compatibili con tutti i dispositivi. Esaltati dalle potenzialità di cambiare il volto dell’informatica che emergevano dal loro lavoro, Geschke e Warnock compresero che il solo modo in cui le loro idee potevano passare dai laboratori al mercato tecnologico in piena espansione era la creazione di una loro società. L’azienda viene fondata partendo da una semplice premessa: in che modo il testo e le immagini visualizzate sullo schermo potevano tradursi in stampe, conservando tutta la loro bellezza e precisione? Un anno più tardi, contribuirono alla rivoluzione del desktop publishing grazie all’introduzione della tecnologia Adobe® PostScript®, che forniva un approccio radicalmente nuovo alla stampa di testi e immagini su carta. Basandosi sul successo ottenuto con la tecnologia PostScript, Adobe proseguì con l’espansione delle applicazioni software rivolte ai desktop con i programmi Adobe Illustrator® e Adobe Photoshop®. Poi è arrivato il software Adobe InDesign®, una vera rivoluzione per il mercato dell’impaginazione, che ha consentito l’adozione di flussi di lavoro editoriale moderni e integrati da parte di riviste famose, giornali e marchi aziendali. Nel promuovere la propria visione, tesa a reinventare e migliorare l’information technology, Adobe ha poi lanciato il software Adobe Acrobat® e il formato Adobe Portable Document Format (PDF). Nel 2005, con l’acquisizione di Macromedia, Inc., azienda che ha sviluppato la diffusa tecnologia Flash® e svolto un’attività pionieristica nello sviluppo web, Adobe ha ampliato la sua solida base tecnologica e il portafoglio di soluzioni per l’utente.

Partiamo dal presupposto che la tecnologia è la base per portare l’innovazione e quindi è una delle vie praticabili per uscire dalla crisi. Purtroppo nel decreto anti-crisi approvato recentemente dal Governo, che contiene diversi aspetti positivi, si escludono dalla detassazione degli utili delle imprese che reinvestono in macchinari, quelli destinati agli investimenti in tecnologie digitali. Resta un po’ di amarezza per questa situazione perché non c’è ancora la consapevolezza dell’importanza degli investimenti nell’innovazione, soprattutto in un periodo di crisi. Il motivo? Si tratta di un gap culturale, lo stesso che ha portato l’Italia al 42esimo posto tra i 115 paesi dove maggiore è la penetrazione delle tecnologie digitali. L’Information Technology è il sistema nervoso delle aziende, senza sarà difficile superare questo momento. Come fare per crescere e tornare ad essere competitivi? Per essere competitive le aziende devono sfruttare l’engagment ovverosia la possibilità di offrire una serie di applicazioni che coinvolgano l’utente finale utilizzando la tecnologia Web 2.0, interagendo in maniera semplice e avendo feedback sui servizi offerti. Questo si deve sposare con i sistemi informativi delle singole 40

imprese e direi che unendo il meglio dei sistemi già presenti con le possibilità offerte dal web 2.0 le possibilità di business crescono. Oggi ci sono i blog, i Social Network, una serie di occasioni che vedono l’utente in prima linea e le aziende hanno l’opportunità di interagire e proporre servizi migliori. Come Adobe avete appena firmato il protocollo d’intesa con il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione in tema di dematerializzazione. Un passaggio importante e fondamentale per realizzare il piano di E-Goverment 2012… Esatto. Da anni lavoriamo con la Pubblica Amministrazione attraverso progetti mirati a ridurre drasticamente l’utilizzo della carta e a velocizzare i processi interni ed esterni. È la nostra principale area di mercato. E-Gov 2012 definisce un insieme di progetti di innovazione digitale che, nel loro complesso, si propongono di modernizzare, rendere più efficiente e trasparente la Pubblica Amministrazione, migliorare la qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese e diminuirne i costi per la collettività e liberando le risorse per gli investimenti nell’innovazione, migliorando così la qualità della vita. In questo piano è centrale il tema

della dematerializzazione: ad oggi la gestione dei documenti assorbe l’1 per cento del PIL e dematerializzando solo il 10% dei documenti si risparmierebbero miliardi di euro, rendendo il servizio molto più efficiente e veloce. In base a questo accordo ci siamo impegnati a creare un progetto per lo sviluppo di un Centro di Competenza che promuova l’uso della tecnologia ICT. Il Centro sarà posizionato all’Università dell’Aquila e comporterà un investimento da parte di Adobe di circa 200mila euro. Adobe Systems è entrato nel mondo della giustizia con il modello Digit 2.0., sperimentato con successo al Tribunale di Cremona. In cosa consiste questo progetto? Il tribunale di Cremona rappresenta un caso di eccellenza a livello nazionale e stiamo cercando di replicare in altri tribunali, come Genova, Milano, Napoli e Roma. In tema di giustizia l’Italia è al 151esimo posto, non possiamo andare avanti così. Grazie a questo progetto a cui abbiamo lavorato per 4 anni, si migliora la collaborazione nelle diverse fasi del processo, la condivisione della documentazione, la comunicazione tra il Tribunale e gli attori interessati al procedimento, la conformità alle norme. Gli strumenti pos-


Storia di copertina

La Carriera

Adobe Systems ha da poco siglato un Protocollo d’Intesa con il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione

Giuseppe Verrini, entrato in Adobe Systems all’inizio del 2006, ricopre la carica di Amministratore Delegato, con la responsabilità di gestire e implementare la strategia di espansione di Adobe nel mercato Enterprise (Financial Services, Government e Telecommunications), garantendo al tempo stesso la continuità di leadership dell’azienda nella tradizionale offerta rivolta ai creativi professionisti, agenzie, aziende e al segmento Small & Medium business. In Adobe Giuseppe Verrini è stato anche responsabile per l’area SEMEA: Southern Europe, Mediterranean, Middle East e Africa. Verrini è entrato in Adobe dopo una significativa esperienza di 6 anni in Symantec, trascorsi quasi interamente ricoprendo la carica di Vice President Sales, Marketing and Services EMEA (Europa, Middle East e Africa). In precedenza, dal 1993 fino al 2000, era stato in Lotus Development Italia, azienda nella quale aveva svolto diversi incarichi manageriali, fino al ruolo di General Manager Southern Europe, Mediterranean, Middle East, Africa & Eastern Countries. Attualmente Verrini è Consigliere di Assintel, l’Associazione che raggruppa oltre 500 aziende del settore ICT, ed è stato membro del Permanent Stockolders Group di ENISA (European Network and Information Security Agency), l’Agenzia istituita dal Parlamento Europeo con il compito di assistere la Commissione nell’assicurare un livello particolarmente elevato di sicurezza delle reti e dell’informazione.

in tema di dematerializzazione. Ad oggi la gestione dei documenti della PA assorbe l’1 per cento del PIL e dematerializzando solo il 10% del materiale si risparmierebbero miliardi di euro, rendendo il servizio molto più efficiente e veloce. sono essere estesi alla Web Conference; si possono fare a distanza audizioni protette di testimoni, interrogatori e deposizioni, coinvolgendo indagati, periti e consulenti senza richiedere necessariamente la loro presenza fisica in aula. Il fascicolo penale informatico è considerato una best practice dal Ministero della Giustizia con 840 processi penali dematerializzati e 20 milioni di PDF all’anno. La dematerializzazione degli 800 faldoni del Processo di Piazza della Loggia è costato 45mila euro per produrre 23 copie formato PDF che sarebbero costate 1 milione di euro in cartaceo. Non solo, c’è anche un aspetto sociale importante da considerare: per Cremona infatti il recupero dei materiali dei processi è stato fatto dai detenuti del carcere. Tra le diverse aziende con cui lavorate, ci può portare un esempio di efficienza legata ai vostri prodotti? Collegato al prodotto Adobe Connect – per le web conference – abbiamo riscontrato un notevole successo per l’azienda Coin. Il Gruppo ha un’organizzazione decentrata quindi i viaggi e le trasferte erano notevoli. Per facilitare il processo di comunicazione, tagliando prima di tutti i costi e i tempi, Coin si è dotata di Adobe Connect che permette di condividere, discutendone in tempo reale, documenti e, persino, applicativi e contenuti interattivi durante le conferenze via web. Non solo, adesso questo supporto viene utilizzato anche per dei corsi on line realizzati dai fonditori e consegnati al Gruppo evitando così di mandare sul posto dei propri rappresentanti.

Quali sono i suoi obiettivi personali? A ottobre saranno 36 anni che lavoro nel mondo dell’IT. La mia idea è che soft ware e servizi debbano essere venduti per far vivere meglio. Le tecnologie ci devono servire per alzare la qualità della nostra vita permettendoci di fare quello che vogliamo sempre, in qualsiasi momento e luogo. Il mio obiettivo è di continuare a lavorare per l’innovazione. Nella sua densa carriera nel settore dell’IT qual è stata la sua “scuola” di formazione? Ho trascorso 12 anni in Olivetti e sicuramente questa azienda è stata il mio trampolino di lancio. Mi ha dato una visione aperta al mondo e mi ha fatto capire quali siano i pilastri per lavorare bene: il rapporto con il cliente, la motivazione personale, la collaborazione con i colleghi e la meritocrazia. Oggi posso dire che il giusto mix per un business ideale è dato dalla cultura umanistica italiana unita con il modo di lavorare dei britannici. Cosa c’è nel futuro di Adobe? Sicuramente innovazione con l’impegno per il Web 2.0, il mondo dei media che sta cambiando, la multicanalità, la tv interattiva, la dematerializzazione. Insomma tutto ciò che serve all’utente per essere una persona attiva nei confronti della tecnologia. |

Ci sono occasioni nella vita in cui la verità e la semplicità sono il più abile maneggio Jean De La Bruyère

www.adobe.com

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luglio - agosto 2009

Monza e Brianza:

Un terreno fertile per imprenditori ma soprattutto per imprenditrici. Si conferma una realtà ricca di vecchie e nuove iniziative imprenditoriali capaci di premiare il valore aggiunto e le capacità femminili in campo business a cura della Redazione Fotografie di Matteo Mottari

l’impresa si veste di rosa

Un terreno fertile per imprenditori ma soprattutto per imprenditrici. La Monza e Brianza si conferma una realtà ricca di vecchie e nuove iniziative imprenditoriali, aziende storiche e di recente nascita ma soprattutto è sempre più teatro di imprese “in rosa”, guidate da donne cariche di buona volontà, spirito di sacrificio e una buona dose di determinazione. Lo conferma una di loro, Antonella Galimberti, imprenditrice di Varedo, con un passato da Sindaco della cittadina brianzola, membro del Comitato per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile della Camera di Commercio e collaboratrice nella gestione aziendale delle imprese di famiglia Gal SAS per la produzione di bibite analcoliche e la VID Srl per la distribuzione all’ingrosso di bevande. Ci può descrivere brevemente il suo percorso imprenditoriale? Dopo la laurea alla Bocconi ho frequentato dei corsi di specializzazione negli Stati Uniti perché mi sono dedicata all’attività di consulenza. Negli anni Ottanta era importante se non indispensabile fare questo tipo di percorso. Dopo aver lavorato all’esterno mio padre mi chiese di entrare in azienda. Nel 1997 mi hanno chiesto di candidarmi sindaco del nostro Comune di Varedo; ci ho riflettuto molto e alla fine ho accettato. Abbiamo vinto e per 4 anni mi sono divisa tra Comune e azienda, la mattina da una parte, il pomeriggio dall’altra per poi tornare la sera in Comune. Terminato il mandato non mi sono ricandidata perché nel frattempo mi ero sposata e mi ero trasferita in Svizzera. 42

La sua è un’azienda storica della Brianza... Esatto. È stata fondata da mio nonno a inizio Novecento: aveva acquisito una ditta che imbottigliava bibite nelle vecchie bottiglie chiuse con la pallina e non con il tappo e spedita con grandi casse di legno molto pesanti. Nel corso degli anni c’è stata la trasformazione del ciclo produttivo, non solo, all’azienda già esistente abbiamo deciso di affiancare anche distribuzione dell’acqua. Alla fine degli anni Settanta abbiamo diviso le due società: la Gal che si occupa della produzione di bibite analcoliche con il nostro marchio per conto terzi, poi la Vid che si occupa solo di distribuzione all’ingrosso di bevande. Lei è stata anche sindaco di Varedo dal ‘97 al 2000. Si può dire che conosce la macchina dell’amministrazione pubblica. Come imprenditrice, secondo lei, cosa manca alla macchina pubblica per funzionare come impresa privata, nel segno dell’efficienza e meritocrazia? Io ho avuto la fortuna di avere vicino una Giunta composta da gente giovane, dinamica con in mano un programma chiaro e definito. Noi controllavamo tutto il programma, stato di avanzamento del lavoro ogni due settimane. Con noi lavorava un direttore generale bergamasco che arrivava in Comune alle sette del mattino, molto bravo e serio. In 4 anni abbiamo fatto tantissimo, il 150% del nostro programma. Abbiamo condotto il Comune come fosse un’azienda, procedendo per obiettivi, step e lavorando su ogni singolo progetto. Questo ha portato a raggiungere buoni risultati, stravolgendo natu-


Lady economy

Antonella Galimberti, imprenditrice di Varedo

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Su Monza e Brianza le imprese femminili sono circa il 20 per cento del totale, in media con il dato lombardo. La variazione in un anno delle imprese femminili è stata del 3,8%, in Lombardia del 3,1 e in Italia del 2,8

ralmente le modalità di lavoro in Comune. E devo dire di aver trovato da parte dei dipendenti una buona collaborazione perché si sentivano partecipi in un progetto ed erano contenti di essere parte di questa macchina. Il segreto vincente? Avere tanta buona volontà e partire dal presupposto che le persone collaborano. Lei è membro del Comitato per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile - Camera di Commercio di Monza e della Brianza. Quali iniziative avete o state avviando per valorizzare e incentivare il binomio donne e impresa? La questione femminile necessita di una forza in più che non sia solo legata all’impegno delle singole donne che operano con successo nei vari campi, ma di azioni sinergiche di rete, per raggiungere scopi e difendere interessi comuni. Si è infatti constatato che in questi ultimi anni le donne hanno partecipato attivamente come protagoniste alle profonde trasformazioni che hanno portato l’Italia verso il progresso e la modernità. Ma il più delle volte a questo forte impegno delle donne non hanno trovato riscontro altrettanta visibilità e il giusto riconoscimento alla loro capacità. Nel mio piccolo con le amiche imprenditrici lo perseguiamo. Ci aiutiamo molto. Sembra strano fra donne. Ma abbiamo gli stessi problemi quindi è facile condividere le stesse soluzioni. Tra le ultime azioni fatte, un bando per favorire la nascita di micronidi aziendali con una percentuale che viene data a fondo perduto. Per l’imprenditoria femminile si può parlare di terreno fertile in Monza e Brianza? Su Monza e Brianza le imprese femminili sono circa il 20 per cento del totale, in media con il dato lombardo. La variazione in un anno delle imprese femminili a Monza e Brianza è stata del 3,8%, in Lombardia del 3,1 e in Italia del 2,8. Qualche tempo fa avevamo fatto un’analisi in cui risultava che addirittura nei periodi di crisi si registra un incremento dell’imprenditoria femminile perché è un lavoro autonomo che permette una maggiore flessibilità tra orari di lavoro e famiglia. Purtroppo c’è anche una percentuale alta di imprese femminili che si fermano al primo anno di attività. In quali settori sono maggiormente presenti le donne? Nel commercio, nelle attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca, nei servizi pubblici, sociali e personali e nelle attività manifattueriere. 44

Antonella Galimberti ripresa all’esterno della sua azienda che si occupa di distribuzione all’ingrosso di bevande

Che valore aggiunto portano le donne al mondo dell’imprenditoria? Sicuramente la componente della determinazione. Poi l’attitudine a conciliare, trovare soluzioni anche in situazioni non facili e una maggior attenzione ai clienti e alla qualità del servizio. Sono caratteristiche scritte nel DNA delle donne. Nel 2008 lei ha vinto la medaglia d’oro di Confindustria al merito industriale. Cosa l’ha premiata, secondo lei? Sicuramente è stato un riconoscimento importante ed una piacevole sorpresa. È il frutto del lavoro di tutte le persone con cui collaboro, del lavoro dei miei genitori e degli insegnamenti che mi hanno dato. La nostra famiglia produce bibite fin dal lontano 1926 e pertanto non posso che interpretare il premio come un segno di riconoscimento alle diverse generazioni che si sono succedute in tempi più o meno avversi alla guida di una azienda fortemente legata al territorio della Brianza.


Lady economy

La carriera Antonella Galimberti, imprenditrice brianzola, collabora nella gestione aziendale delle imprese di famiglia Gal SAS per la produzione di bibite analcoliche e la VID Srl per la distribuzione all’ingrosso di bevande, specializzata nel mercato Horeca. Ha iniziato il suo percorso lavorativo come consulente a Milano in una società specializzata in organizzazione del personale e controllo di gestione per poi passare nel 1992 in azienda. Dal 1997 al 2001 è stata eletta Sindaco della città di Varedo. Tra le numerose esperienze associative, Antonelli Galimberti è stata vicepresidente del Gruppo Giovani Imprenditori Confindustria Monza e Brianza, Responsabile nazionale del progetto di Sviluppo Associativo del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria, membro del Comitato Tecnico Confidi Milano, membro del Comitato per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Milano, membro di Giunta Confindustria Monza e Brianza e in ultimo membro del Comitato per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile della Camera di Commercio. Nel 2008 ha ricevuto la medaglia d’oro al merito industriale di Confindustria Monza e Brianza.

Quali sono le fondamenta che non devono mai mancare in un’azienda come la vostra? L’attenzione all’organizzazione, ai costi e al servizio al cliente. Andare avanti con l’innovazione, è il momento di opportunità per le imprese perché se si organizzano, stanno attente al mercato, è il momento anche per crescere e avere grandi opportunità. In cosa state investendo oggi? Come azienda di distribuzione siamo attenti al mercato, sui suoi cambiamenti e alle richieste dei clienti. Ultimamente ci stiamo avvicinando molto al settore degli hotel, della moda, ciascuno con le pro-

prie esigenze. Così ci stiamo attrezzando per essere vicini alle loro necessità. Come produzione, ci stiamo concentrando sulle bevande in vetro perché sono più ecologiche. Abbiamo inoltre fatto un progetto per spostare la nostra sede fuori dal centro del paese e fare un museo proprio sul beverage, sull’importanza della nutrizione nel settore delle bevande, facendo attenzione a prodotti storici quali la cedrata che stiamo rischiando di perdere. Che consigli si sentirebbe di dare alle donne che scelgono la carriera imprenditoriale? Credere nelle sue idee ed essere consapevole del fatto che comunque, avere una pro-

pria impresa è una grande opportunità. Personalmente mi ritengo fortunata perché sin da piccola ho vissuto e respirato lo spirito imprenditoriale che da sempre c’era in famiglia. Anche mia nonna era stata imprenditrice: rimase vedova giovane, con cinque figli da mantenere e così iniziò a lavorare in azienda. Probabilmente il lavorare e il fatto di avere certe responsabilità appartiene al nostro modo di essere. |

Essere donna è così affascinante. E’ un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Oriana Fallaci www.aimb.it

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Soluzioni Progetti per le innovativi imprese

Trieste, Brescia e Bergamo: nasce qui il nuovo polo

del

farmaceutico

Imprese e investimenti. Il nuovo progetto di Yorkville che punta ai vantaggi “anticiclici” del settore farmaceutico. L’Ad Marco Prete spiega la fi losofia di questa iniziativa

qui sotto, Marco Prete amministratore delegato di Yorkville

testi di Laura di Teodoro Un nuovo polo farmaceutico che unisce Bergamo, Brescia e Trieste. Un progetto che parte da un fatturato complessivo di 50 milioni di euro e oltre 240 dipendenti e sta crescendo per espandersi sui mercati internazionali. Il polo produttivo nasce dall’integrazione di AQ Tech e delle sue controllate e fa capo a Yorkville Bhn. società di investimento quotata in Borsa Italiana, che ha scelto questo progetto come prima operazione in Italia, sia per i vantaggi competitivi unici delle società acquisite sia per le “virtù anticicliche” del settore in questa fase di mercato. Come spiega Marco Prete, Presidente e Ad di Yorkville, il settore farmaceutico rappresenta un prezioso e positivo investimento “perché permette di capire quale sarà la redditività delle imprese, rispetto ad altri comparti”. Prima di parlare del polo farmaceutico può spiegare come è strutturata la vostra società, la Yorkville Bhn Spa, tra le più antiche società quotate in Borsa Italiana? Siamo nati, insieme ad altri veicoli portati in Europa da fondi americani, partendo dall’idea che avere un fondo di private equity quotato potesse rappresentare un valore interessante per l’investitore. Ci differenziamo da un qualsiasi fondo di private equity perchè

Yorkville Bhn è entrata al 51% nella holding farmaceutica AQ-Tech Spa con un impegno in conto capitale complessivo di 6,6 milioni di euro. Si tratta di un Polo farmaceutico completo che comprende al suo interno: Sigea Srl, Montefarmaco Spa e Sigmar Italia Spa per un fatturato complessivo di 50 milioni di euro 47


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essere quotati permette all’investitore retail di entrare nel mondo del private equity, cosa che normalmente è impossibile. Inoltre c’è la possibilità di entrare e uscire a piacimento, senza il vincolo di 10 anni. Per il manager esiste la possibilità di costruire un progetto mantenendo la partecipazione a lungo termine, senza la necessità urgente di comprare una determinata cosa e di rivenderla tre anni dopo. Se si comprano cose intelligenti a un prezzo interessante, redditizie, queste possono anche non essere mai vendute o dopo molti anni perché l’investitore che investe in un qualsiasi veicolo non ha bisogno di avere la plus valenza dell’investimento. Se cresce il valore del portafoglio cresce il valore del titolo e così si venderà il titolo a un prezzo più alto. C’è anche un’altra differenza nella strategia per cui noi riusciamo a interagire con imprenditori che hanno costruito nell’arco di tutta la vita un’azienda competitiva e che non vogliono vendere la propria azienda per poi vederla sommersa di debiti e con un piede in tribunale. Al contrario il nostro obiettivo è di concentrarci nella costruzione di progetti. Questa era l’idea di partenza del polo farmaceutico. Passiamo al polo farmaceutico quindi. Di cosa si tratta? Come società siamo entrati al 51% nella holding farmaceutica AQTech Spa con un impegno in conto capitale complessivo di 6,6 milioni di euro. Si tratta di un Polo completo che comprende al suo interno: Sigea Srl, una società di ricerca con sede a Trieste dove il laboratorio ha in sviluppo varie linee di prodotti; Montefarmaco Spa, con sede a 48

Pero, in provincia di Milano, società leader in Italia nella produzione e distribuzione per conto di terzi di prodotti farmaceutici, parafarmaceutici e dietetici ed è attiva nella produzione di farmaci per uso topico e probiotici; Sigmar Italia Spa, con sede ad Almè, in provincia di Bergamo, attiva nella produzione, lavorazione, distribuzione e vendita per conto proprio e per conto terzi, di prodotti dietetici, farmaceutici e dermocosmetici. Quali sono le motivazioni alla base di questa operazione? L’obiettivo della società è di investire in una strategia di medio termine volta all’implementazione e allo sviluppo di un polo farmaceutico integrato, con la prospettiva di espanderci sul mercato internazionale. Sappiamo che il settore farmaceutico e, in particolare, il segmento rappresentato dai prodotti soggetti a prescrizione medica, protagonisti del nostro portafoglio prodotti, risulta particolarmente interessante nell’attuale congiuntura di mercato, assicurando una stabilità nel tempo in termini di ricavi e di mantenimento delle marginalità, grazie alla sua natura aciclica, fornendo altresì base e supporto prospettico di ulteriori opportunità di sviluppo. Il settore farmaceutico rappresenta uno dei modelli di aree in cui mi piace investire: settori e aziende che abbiano un vantaggio competitivo difendibile nel tempo, fattore che non è facile trovare perché la competizione nel mercato tende a mangiare il vantaggio che un’azienda sviluppa. Il settore farmaceutico, per definizione, realizza questo tipo


Progetti innovativi

Società d’investimento Yorkville bhn, costituita nel dicembre 1900 con la denominazione Broggi Izar Fabbriche Riunite, è tra le più antiche società quotate in Borsa Italiana. Yorkville bhn è una società di investimento il cui azionista di riferimento è il fondo internazionale YA Global Investments LP, gestito dalla management company Yorkville Advisors LL. Nell’aprile scorso ha sottoscritto un accordo di investimento con Comitalia Compagnia Fiduciaria S.p.A., Ma-tra Fiduciaria S.r.l. e Roberto Bianchi, amministratore delegato di AQ-Tech, per entrare al 51% nella holding farmaceutica n AQ-Tech S.p.A. Con un impegno in conto capitale complessivo di 6,6 milioni di euro. AQ-Tech S.p.A. è una holding di partecipazione che controlla le seguenti società operative nel settore farmaceutico: - Montefarmaco S.p.A., con un fatturato a fine 2008 di 22,5 milioni euro; Sigmar Italia Spa, società con un fatturato a fine 2008 pari a 15,5 milioni di euro; Sigea Srl, società di cui AQ-Tech Spa detiene una partecipazione pari all’85%. Il progetto prevede sia il rafforzamento produttivo di Sigmar e Montefarmaco, sia lo sviluppo di nuovi preparati farmaceutici, dietetici e dermocosmetici per i mercati nazionali ed esteri, utilizzando altresì il frutto dello sviluppo della società di ricerca Sigea.

Esiste un interscambio con altri poli produttivi? Esiste costantemente. L’intero mercato è fatto di relazioni, è una cosa inevitabile. Stiamo parlando di un mercato relativamente piccolo in cui si deve interagire per una questione soprattutto economica e naturalmente di competenze.

di vantaggio perché i brevetti farmaceutici difendono i prodotti registrati per un numero di anni a dispetto dei concorrenti. Essere presenti in uno spazio di mercato difendibile, soprattutto oggi, ci permette di avere maggiore tranquillità sul fronte dei ricavi e dei margini. State lavorando per allargarvi? Diciamo che ci stiamo guardando in giro sia sul fronte dei singoli prodotti che per quanto riguarda eventuali aziende da inserire nella holding e nel polo produttivo. Per quanto riguarda il mercato, quello farmaceutico è sempre più continentale ma non c’è dubbio che anche l’Europa e il resto del mondo rappresentano per noi un mercato vitale; non possiamo permetterci di ragionare senza considerare quanto c’è oltre confine. Già ora, nell’ambito della produzione per conto terzi, abbracciamo anche il mercato americano, ma in generale la maggior parte di farmaci per conto terzi sono destinati all’Europa.

Esistono altre realtà simili alla vostra in Italia? Ne esistono e sono nostri interlocutori, hanno specialità e redditività diverse. Con loro c’è un costante dialogo, soprattutto sul fronte dell’attività commerciale, per capire le strategie. Si pensi che, per il settore farmaceutico, In Italia ci sono 250 aziende, non è un numero enorme per cui diventa facile conoscersi come in ogni altro distretto.

sumatori che non sia banale ma in qualche modo “complicato” e particolare. Quali sono i settori che a lungo termine sono più forti? Sicuramente quello farmaceutico e quello delle utility dove sappiamo che il consumo non diminuirà sicuramente. Diciamo che è un momento di opportunità ma allo stesso tempo è complicato prevedere la redditività delle aziende. È ottimista per il futuro? Io sono ottimista di natura. Questo lavoro lo pretende. L’economia occidentale non finisce qui e sono sicuro che si riprenderà e sarà più forte di prima. Sicuramente non sarà una passeggiata. |

Quali sono le vostre strategie di sviluppo? Allargare il portafoglio prodotti, il perimetro dell’attività e ampliarsi a livello continentale nei prossimi anni. Settore farmaceutico a parte, in quali altri campi conviene investire oggi? Noi escludiamo solo i settori in cui strutturalmente l’acquisizione di un’azienda non riesce ad essere difesa nel tempo e dove la velocità e il rinnovamento tecnologico è in continua evoluzione e aggiornamento. Quindi guardiamo positivamente a settori a non rapidissima evoluzione e aziende che abbiano un vantaggio, che abbiano un elemento che in qualche modo le difenda dall’aggressione dei concorrenti, con un prodotto forte e radicato sul territorio e nell’interesse dei con-

Una volta colte le opportunità si moltiplicano. Sun Tzu

www.yorkvillebhn.com

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Federico Santoro, direttore marketing di Damiani, spiega il successo di un marchio conosciuto in tutto il mondo, che ha saputo mettere a punto una strategia di marketing e comunicazione innovativa testo di Laura Di Teodoro

Quando il marketing comunica

emozioni

Una comunicazione capace di emozionare e un marketing costruito unendo innovazione, intelligenza e intuizione, rispettando la correttezza del messaggio. Due solidi pilastri su cui il Gruppo Damiani ha costruito le proprie strategie di comunicazione e promozione per far crescere un successo confermato dai 18 Oscar Mondiali della Gioielleria vinti negli ultimi anni. Federico Santoro, Direttore Marketing & Comunicazione del Gruppo, spiega il successo di un marchio che da sempre punta su stile, eleganza e qualità del Made in Italy. Qual è la sua idea di marketing e comunicazione in un contesto come quello di oggi? La caratteristica principale del marketing e della comunicazione è sicuramente la capacità di adattamento al cambiamento dei linguaggi e dei canali. Viviamo infatti in un contesto economico e sociale dove la velocità ha assunto una valenza preponderante e dove il cambiamento è diventato all’ordine del giorno. La parola d’ordine è adeguarsi senza dimenticare il fattore emozione come punto di arrivo di ogni forma di comunicazione. Come e quanto la crisi economica ha cambiato e sta cambiando il modo di fare marketing e comunicazione? La crisi ha cambiato il contesto e oggi più che mai è importante stabilire sempre una relazione tra investimento e ritorno dell’investimento. In uno scenario come quello odierno le aziende migliori, più capaci, riescono a conquistare posizioni buone e competitive. La sfida è sempre più tra i bravi e chi vince si avvantaggia per quando la crisi sarà finita. Sottolineo che le imprese migliori non sempre sono le più grandi ma quelle che sanno valorizzarsi e valorizzare i propri prodotti. Spesso le piccole e medie imprese riescono ad emergere di più anche in tempi difficili. Quando si può parlare di qualità della comunicazione o del marketing? Quando si riesce a comporre un giusto mix tra innovazione, capacità, intuizione e intelligenza e in questo modo si riescono 50

a soddisfare al meglio i vecchi e i nuovi bisogni. Non bisogna dimenticare la correttezza del messaggio; possono cambiare i modi e i linguaggi ma la bontà di un messaggio resta indispensabile. Damiani si è aggiudicato per 18 volte gli Oscar Mondiali della Gioielleria e 4 Diamonds International Awards. Partendo quindi da un brand già affermato, come costruite una strategia di marketing e comunicazione ad hoc? Quando il successo è già confermato marketing e comunicazione devono tenere conto del DNA vincente del gruppo. Aver ricevuto i premi è di fatto il riconoscimento di un percorso che ha portato Damiani ad aver individuato soluzioni di design uniche, sinonimo di stile e prestigio e naturalmente di Made in Italy. Quali sono i canali che maggiormente utilizzate? I nostri sono prodotti, in alcuni casi vere e proprie opere d’arte, che hanno bisogno di essere visti, indossati e vissuti. Hanno un valore legato ai sentimenti delle singole persone che hanno visto i gioielli ed entrano in contatto con essi. Un valore che insomma si lega al trasferimento di emozioni che andiamo a concretizzare attraverso eventi tra cui mostre, sfi late ed esposizioni. Come Gruppo Damiani, vi siete spesso affidati a testimonial di grande prestigio. Come si sceglie il testimonial? Quali caratteristiche prendete in considerazione? Ci deve essere prima di tutto una certa coerenze tra il profi lo del personaggio pubblico e la marca, ma soprattutto deve esserci la comune passione verso il mondo dei gioielli. Per questo motivo molto spesso i personaggi che utilizziamo, spinti da questa passione, sono già entrati in contatto con la famiglia Damiani prima ancora di diventare testimonial dei vari marchi del Gruppo. Il tema della famiglia torna spesso nella vostra comunicazione...


Marketing

Federico Santoro, Direttore Marketing & Comunicazione del gruppo Damiani

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La carriera

Certamente. Questo è un settore fatto di mani che disegnano, lavorano, realizzano i gioielli. Lo facciamo da oltre 85 anni con la stessa passione. Abbiamo una base e caratteristiche solide perché nasciamo come produttori. La famiglia Damiani, oggi alla terza generazione, è la garanzia che la qualità, lo stile dei nostri gioielli, unitamente all’etica e la serietà del nostro Gruppo, siano valori che crescono nel tempo. Il risultato è l’espressione di un Made in Italy riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Il web è ormai diventato il canale di comunicazione privilegiato. Come stanno cambiando marketing e comunicazione? Per Damiani abbiamo recentemente trasformato il nostro sito internet per off rire all’utente una vera e propria esperienza di navigazione. Siamo passati da semplice catalogo di prodotti da sfogliare on line a un’esperienza coinvolgente, emozionale e diretta: ci si muove attraverso molteplici aree lasciandosi guidare dall’emozione. Ha parlato spesso di emozioni. In che misura sono importanti? La capacità di emozionare è fondamentale, lo è sempre stata. Oggi sono cambiati i modi e più passa il tempo più aumenta il bisogno di cambiare e cercare elementi innovativi a seconda dei canali. L’emozione si genera con la stimolazione dei sensi, non sono le immagini che dipingono un sogno. Chi si occupa di marketing oggi? Che tipo di preparazione/ formazione deve avere un responsabile marketing? Sicuramente serve una base “tecnica” ma non basta. Credo che oggi sia indispensabile avere la capacità di guardare oltre, a cosa succede fuori dalla finestra dei nostri uffici. Non basta più stare seduti alla scrivania o davanti a un computer. Bisogna stare in mezzo alla gente per comprendere quello che succede; come guardare il mare e capire dove soffia il vento per poi agire. Esiste questa consapevolezza? Purtroppo non del tutto. Oggi c’è una grande conoscenza verso ciò che è stato, ma ancora poca capacità di vedere cosa non c’è. Per essere vincenti bisogna capire, prima degli altri, quello che ancora manca. 52

Federico Santoro, Direttore Marketing & Comunicazione Gruppo Damiani, è nato a Moncalieri (TO), nel 1967. E’ laureato in Economia Aziendale conseguita nel 1994 all’Università Commerciale L.Bocconi a Milano. Ha iniziato la sua carriera nel 1994 come Junior Key Accounts Manager alla Unilever (Sagit), prima a Milano e poi a Roma come National Accounts Assistant Manager prima e come Trade Operations Manager. Prima di approdare a Damiani, è stato: Trade Marketing Manager alla Saipo L’Oreal, a Torino; Trade Marketing Manager e Sales Director per Bolton Gr. (Manetti&Roberts). Dal 2006 lavora per Damiani Spa, passando da Direttore Vendite Damiani Italia a Direttore Commerciale, Direttore Commerciale & Retail Damiani Italia e in ultimo Direttore Marketing & Comunicazione. La storia di Damiani inizia a Valenza nel 1924, fondata da Enrico Grassi Damiani, tradizione continuata da Damiano Grassi Damiani. Damiani, oggi, è il primo marchio di gioielleria in Italia ed è apprezzato in tutto il mondo quale ambasciatore del gioiello rigorosamente Made in Italy. Damiani Spa è capofila del gruppo Damiani, leader nel mercato italiano della produzione e commercializzazione di gioielli di alta gamma e di design, e attivo nel settore della gioielleria con marchi prestigiosi quali: Damiani, Salvini, Alfieri & St. John, Bliss e il marchio Calderoni, recentemente acquisito. Maestri artigiani sin dal 1924, il Gruppo Damiani vanta una lunga tradizione nell’arte orafa che interpreta oggi con lo stesso spirito innovativo delle sue origini e detiene il record imbattuto di ben 22 Diamonds International Awards (18 Awards Damiani e 4 Awards Calderoni).

Qual è il futuro del made in Italy, soprattutto nel settore dei gioielli? Il Made in Italy è un valore enorme, non solo potenziale ma esistente. Ancora oggi resto sempre sorpreso di quanto l’Italia sia amata all’estero, di quanto la bellezza e l’estetica, il gusto e la creatività di “casa nostra” siano amate e ricercate in tutto il mondo. In tutti i settori il Made in Italy deve restare strategico e per quanto riguarda i gioielli deve continuare ad acquisire posizioni di vantaggio. Non solo, il Made in Italy è sinonimo di lusso, spesso il punto di riferimento del buon gusto e dell’estetica. Qual è la sua idea di lusso? Il lusso è un concetto molto soggettivo. È espressione della persona che lo rappresenta; è un sogno verso cui si tende. Faccio un esempio: in passato la televisione era un lusso, così come lo era il cellulare, non tanto per il valore strettamente economico quanto per il fatto che pochi li possedevano ma moltissimi li sognavano. Chi opera nel settore del lusso deve avere la capacità di evolversi con la società in modo da continuare a rappresentare il sogno. |

Ci sono momenti nei quali l’arte raggiunge quasi la dignità del lavoro manuale. Oscar Wilde

www.damiani.it


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Giuseppe De Beni, Consigliere Delegato Italgen

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Ecosostenibilità

La cultura della

sostenibilità

Punto di riferimento dell’attività e della crescita del Gruppo Italcementi, uno dei maggiori player mondiali nei materiali da costruzione che punta all’energia alternativa e all’ambiente con Italgen, società specializzata nella produzione e nella distribuzione di energia elettrica “pulita” testi di Laura Di Teodoro foto di Mattero Mottari

Parola d’ordine sostenibilità ambientale. Un leit motive che accompagna costantemente l’attività e la crescita del Gruppo Italcementi, uno dei maggiori player mondiali nei materiali da costruzione. Come? Basta entrare nel sito di Italgen, spin off del Gruppo che opera come produttore e distributore di energia elettrica sui mercati internazionali, per avere la dimostrazione dei numeri e dell’azione quotidiana a favore dell’ambiente. Nella riproduzione virtuale di un “distributore di energia pulita” vengono riportati, e continuamente aggiornati, i dati riguardanti la quantità di energia pulita prodotta dalle centrali idroelettriche di Italgen nell’anno in corso. Quantità che nel solo 2008 ha raggiunto i 388 gigawattora. È quanto conferma Giuseppe De Beni, Consigliere Delegato Italgen. E nel futuro di Italgen è in corso d’opera la realizzazione di tre nuovi parchi eolici in Marocco, Egitto e Turchia per un capacità installata complessiva di oltre 300 MW. La società Italgen nasce nel 2001 ma l’impegno di Italcementi legato alle fonti rinnovabili inizia in realtà all’inizio del 1900 con la costruzione delle centrali idroelettriche di Dezzo (Val di Scalve - Bergamo) e Mazzunno (Brescia). Cent’anni dopo che peso hanno le fonti rinnovabili nella produzione complessiva di energia del Gruppo? Italgen si affaccia nel mondo dell’energia nel 2001, anno in cui c’è stato lo spin off dalla casa madre Italcementi. In realtà le 14 centrali idroelettriche, quella termoelettrica e i 400 km di elettrodotto, appartengono al patrimonio del Gruppo Italcementi da oltre 100 anni. La più antica è datata 1908 e sta funzionando molto bene da oltre un secolo. Sicuramente il quantitativo di energia da noi prodotta in termini di “rinnovabili” continua ad essere importante, se confrontato con il sistema nazionale. A livello italiano si producono infatti circa 317 mila gigawattora e di questi il 18 % (58 mila gigawattora) provengono da fonti rinnovabili. In confronto, nel 2008, Italgen ha prodotto 388 gigawattora e di questi ben l’80% (311 gigawattora) provengono da fonti rinnova-

bili. Questa percentuale così elevata è in linea con le scelte strategiche del Gruppo Italcementi da sempre attento al tema della sostenibilità ambientale. Da dove arriva prevalentemente questa energia? A oggi gli asset di Italgen sono riconducibili all’idrico e al termico e sono quindi queste le fonti energetiche attuali. Negli ultimi anni però la società ha indirizzato i nuovi investimenti verso progetti nel campo dell’energia eolica. Va poi menzionato che Italcementi ha anche un megawatt installato, grazie ad una serie di pannelli solari, nelle cementerie di Salerno e Vibo Valentia. A chi è destinata l’energia prodotta dalle 14 centrali idroelettriche in Lombardia, Piemonte e Veneto e dalla centrale termoelettrica? L’energia prodotta da Italgen era destinata fino a qualche anno fa al cento per cento al Gruppo Italcementi, partendo direttamente dalle centrali idroelettriche e arrivando in primis alle cementerie di Calusco d’Adda, a Bergamo, e di Rezzato a Brescia, e poi via via agli altri impianti nel nord Italia. La sede storica di Bergamo in via Camozzi, ad esempio, è completamente alimentata dalla nostra energia e, dal 1° gennaio 2008, esclusivamente con energia da fonte rinnovabile “certificata”. Oggi, anche alla luce della liberalizzazione del mercato, stiamo allargando il perimetro avviando, ad esempio, iniziative come quella che ci vede insieme ad AB Energie società grossista-trader di energia elettrica. Inoltre, Italgen opera in borsa come grossista, con logica industriale, andando cioè a comprare a copertura di punte che non riusciamo a soddisfare con la nostra produzione, a fronte di impegni assunti con i clienti. A partire dal 2006 Italgen ha avviato una serie di iniziative a livello internazionale nella generazione di energia elettrica da fonte eolica, in Egitto, Marocco e Turchia. A che punto sono questi progetti? 55


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Oggi Italgen sta seguendo tre progetti relativi alla costruzione di tre parchi eolici in Turchia, Egitto e Marocco per una capacità installata complessiva di oltre 300 MW. I parchi permetteranno, rispetto a un impianto a combustibile fossile, di evitare la dispersione in atmosfera di oltre 600mila tonnellate di CO2 l’anno

Italgen ha deciso di mettere a frutto il knowhow e il patrimonio di competenze raggiunto negli anni in Italia, per nuovi investimenti all’estero. Abbiamo privilegiato paesi che sono all’interno del perimetro della casa madre – il Gruppo Italcementi – proprio perché il ciclo di produzione del cemento comporta un notevole consumo di energia elettrica. In particolar modo la nostra attenzione si è focalizzata su Marocco, Egitto e Turchia. La scelta dell’energia eolica inoltre ci permette di acquisire “crediti”, i cosiddetti CER, utili a compensare le emissioni di CO2. In Marocco abbiamo in progetto un parco eolico con una capacità totale fino a 50 MW da realizzarsi in più step, il primo dei quali prevede l’installazione di 5 MW. Confidiamo di arrivare all’autorizzazione definitiva entro l’anno in corso. L’impianto produttivo sarà realizzato nel Sud del paese in un’area caratterizzata da una crescente domanda di energia elettrica. Il progetto più ambizioso è in Turchia: un parco con una capacità di 142,5 MW e una produzione annua attesa di circa 470.000 MWh. L’impianto sarà installato nell’area di Balikesir (Turchia Nord-Occidentale) in un altopiano caratterizzato da costanza di vento e dalla vicinanza ai nodi di interconnessione con la rete nazionale di distribuzione elettrica. Con questo progetto Italgen persegue l’obiettivo di 56

riduzione di emissioni di anidride carbonica per un valore di circa 300.000 tonnellate annue. Abbiamo praticamente completato la fase autorizzativa e stiamo lavorando sulla scelta dei fornitori degli aerogeneratori e sulla parte finanziaria. Ci aspettiamo di vederlo costruito e avviato per la fine del 2011. Per quanto riguarda l’Egitto il progetto prevede lo sviluppo di un parco eolico da 120 MW, estendibile successivamente fino a 400 MW, evitando emissioni di anidride carbonica in atmosfera per un valore di circa 257.000 tonnellate annue. Attualmente è in fase di completamento un rigoroso studio di impatto ambientale. Una volta completati questi programmi di investimento ci avvicineremmo all’obiettivo strategico dei 500 MW, di cui quasi il 70% da fonte rinnovabile e il resto da fonte fossile. Sarebbe un ottimo risultato e un salto notevole in termini produttivi tenuto conto che attualmente Italgen ha una capacità installata pari a 126 MW. Tra gli altri progetti avviati per la riduzione delle emissioni, uno dei più innovativi riguarda i distributori di energia pulita. Di cosa si tratta? Si tratta di distributori utilizzati per ricaricare i mezzi elettrici aziendali, quali le biciclette e pulmini elettrici, e quelli a disposizione dei dipendenti. Un vero e proprio “ecociclo a impatto zero” che evita l’emissione di CO2 nell’aria e permette di fare 50 chilometri con un pieno al costo di soli 7 centesimi di euro. Pensiamo sia un bell’esempio di “mobilità sostenibile a impatto zero”. L’energia erogata dai distributori infatti arriva direttamente dalle fonti rinnovabili: in questo modo tutta la fi liera diventa sostenibile e ci assumiamo la responsabilità di garantirlo. Si tratta di un piccolo spunto che diventa però di grande effetto a giudicare dalle richieste di biciclette elettriche e di distributori che stanno arrivando in sede e la cosa mi fa molto piacere. Abbiamo complessivamente quattro distributori collocati nei parcheggi interni della sede centrale di Italcementi e presso alcune nostre centrali idroelettriche, ma mi piacerebbe vederli distribuiti anche per la città di Bergamo. Sono degli ottimi testimonial per i nostri visitatori: ogni anno infatti ospitiamo circa 2000 ragazzi delle scuole che vogliono scoprire come la forza dell’acqua possa produrre energia elettrica pulita. E di questo aspetto siamo orgogliosi: dobbiamo lavorare per le future generazioni, perché abbiamo la responsabilità di lasciare loro un ambiente più sostenibile. ll nuovo quadro normativo europeo prevede il raggiungimento, al 2020, di una quota di energia rinnovabile a copertura dei consumi energetici totali del 20% e di una riduzione delle emissioni di gas serra del 20%. Un obiettivo raggiungibile? Italgen è di certo in prima fi la. In questo senso possiamo dire di avere oneri ed onori. E’ un bell’impegno, c’è la possibilità di crescere e soprattutto c’è la volontà


Ecosostenibilità

Ritratto Azienda Italgen S.p.A. nasce nel 2001 con l’obiettivo di valorizzare gli asset energetici di Italcementi Group.Attualmente Italgen produce energia elettrica attraverso 14 centrali idroelettriche in Lombardia, Piemonte e Veneto ed una centrale termoelettrica in Lombardia, interconnesse attraverso una rete di circa 400 chilometri di elettrodotti di proprietà. Nel 2008 la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stata pari a circa 318 GWh, l’80% della produzione complessiva di energia dell’azienda, che oggi viene destinata per la quasi totalità alle necessità di Italcementi Group. L’azienda è fortemente impegnata alla sostenibilità delle proprie iniziative: opera nel pieno rispetto dell’ambiente e del territorio utilizzando tecnologie sostenibili. Italgen intende aumentare l’approvvigionamento da fonti rinnovabili e avvalersi delle soluzioni tecnologiche di assoluta compatibilità ambientale (Best Available Technology).

di farlo. Si tratta sicuramente di obiettivi ambiziosi a cui devono corrispondere però regole più chiare. Per quanto ci riguarda, stiamo lavorando in termini di recupero di efficienza per la riduzione del consumo di energia; ogni nuovo progetto del Gruppo è concepito in termini “environmentally friendly”. Il nostro è un contributo alla valorizzazione di produzione di energia da fonte rinnovabile e allo stesso tempo questa produzione di energia genererà dei crediti CO2 che bilanceranno gli impegni che il Gruppo Italcementi deve aff rontare nei confronti del mercato. In Italia abbiamo tutte le risorse naturali per rispettare questo obiettivo, quali per esempio vento e sole. La realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili costituisce un problema o un vantaggio per l’ambiente? Parlo soprattutto dell’impatto sull’ambiente.... I parchi eolici rappresentano i mulini a vento del Duemila ed è chiaro che l’impatto va calibrato. La scelta della localizzazione va studiata e ragionata bene, coinvolgendo il territorio. Oggi si sta parlando di microeolico sui tetti delle case, può sembrare un’esasperazione ma è un segnale di una tendenza e di un’attenzione in atto. Lo stesso vale per i pannelli solari sulle case che ormai si stanno diffondendo ovunque. Di contro c’è l’impatto ambientale e visivo che spesso non trovano tutti d’accordo. La nostra attenzione all’impatto ambientale è sempre alta e rientra nel nostro modo di lavorare, nel nostro DNA. Ad esempio per il progetto in Egitto stiamo conducendo uno studio di impatto ambientale su di un’area di 100 chilometri quadrati pressoché desertica, che risponde ai più alti standard qualitativi. In quali Paesi avete registrato una maggiore apertura verso le fonti rinnovabili? Paradossalmente abbiamo registrato un notevole interesse per le fonti rinnovabili in quei paesi dove c’è il petrolio in particolare in tutta la fascia del Nord Africa. Sono economie emergenti che hanno fame di energia ma allo stesso tempo attente alle fonti rinnovabili. Un discorso a parte vale per la Turchia, un Paese

a rischio blackout che sta investendo in modo particolare sulle energie rinnovabili, facilitata anche dalla posizione geografica e dalla forte ventosità. Quali sono gli altri progetti in cantiere per Italgen? Oltre ai progetti di investimento in Egitto, Turchia e Marocco, abbiamo appena portato a termini una serie di lavori di potenziamento di alcuni impianti idroelettrici; inoltre stiamo aspettando la conclusione dell’iter di approvazione per l’ammodernamento della centrale termoelettrica di Villa di Serio, in provincia di Bergamo, che consentirà una significativa riduzione delle emissioni in un’area fortemente compromessa come la pianura padana. Abbiamo un occhio attento anche in Sardegna dove sono possibili sviluppi nel campo eolico mentre sul fronte internazionale abbiamo una finestra aperta in Bulgaria dove siamo già presenti come Italcementi Group e possiamo quindi capitalizzare la presenza locale. Al di là del ritorno economico degli investimenti, uno dei nostri obiettivi è trasferire certe competenze e un modo di lavorare in paesi emergenti. In Egitto, ad esempio, Italgen ha un team di professionisti danesi incaricati di completare lo Studio dell’Impatto Ambientale; abbiamo ritenuto però importante coinvolgere in modo diretto anche rappresentanti del Ministero per l’Ambiente egiziano e del Ministero per l’Energia egiziano. Quando avremo completato lo studio, i consulenti rientreranno in Danimarca, ma il know how resterà sul territorio egiziano, arricchiti grazie a questa esperienze e a disposizione per nuove iniziative. |

Nella pagina precedente un dettaglio di un impianto idroelettrico italgen

In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso. Aristotele

www.italgen.it

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Business&Gentlemen

luglio - agosto 2009

Portali immobiliari la

Casa diventa .it

Cercare casa con un click. Un nuovo business che ha permesso a Casa.it di conquistare la leadership dei portali immobiliari: ecco una storia di successo dell’internet Made in Italy testo di Desirée Cividini

Cercare casa con un click. Un nuovo business che ha permesso a Casa.it di conquistare la leadership dei portali immobiliari, diventando in poco più di dieci anni il punto di riferimento online per chi off re o cerca soluzioni di vendita o affitto, residenziali, commerciali o più semplicemente per trascorrere una vacanza. Degli sviluppi del mercato immobiliare, uniti alle potenzialità del web, ne ha parlato l’amministratore delegato di Casa.it, Daniele Mancini, da qualche mese alla guida di questa grande “agenzia immobiliare” a portata di mouse.

Quali sono secondo lei i punti di forza che hanno permesso a Casa.it di diventare il portale immobiliare leader in Italia? Siamo nati nel 1996 da un’idea imprenditoriale che si è rivelata vincente: far incontrare domanda e offerta immobiliare sfruttando le potenzialità della rete. Portare gli annunci immobiliari online ha rivoluzionato il settore, ampliando esponenzialmente le possibilità di chi cerca e la visibilità per chi offre. Chi è alla ricerca di un immobile può facilmente consultare attraverso un paio di click le offerte in rete, effettuando ricerche mirate sulla base delle proprie esigenze, con notevole risparmio di tempo e denaro. D’altro canto rappresentiamo anche uno strumento indispensabile di visibilità per le agenzie immobiliari, 58

per i privati e per i costruttori edili che vogliono proporre i propri immobili. Non sostituiamo i tradizionali servizi immobiliari, ma utilizziamo la tecnologia per potenziarli. Negli anni abbiamo acquisito una posizione di leadership in Italia grazie alla qualità della nostra offerta e del nostro servizio, all’ottimo posizionamento sui motori di ricerca e alle partnership strategiche. La nostra forza deriva anche dall’essere parte di un grande network: dal 2007, Casa.it è ufficialmente entrata a far parte del gruppo Rea Ltd e di Sky Italia, società queste che fanno capo al gruppo News Corp di Rupert Murdoch. Il Gruppo Rea è il più importante network internazionale dedicato al settore immobiliare online, con 18 portali immobiliari in 10 Paesi. Quanto e come è cambiato il mercato immobiliare on line negli ultimi dieci anni? Abbiamo assistito a un passaggio “dalla carta al Web” sempre più marcato. La nascita dei portali immobiliari sta cambiando le abitudini di chi cerca casa. La rete sta diventando sempre più il trampolino di lancio ideale per promuovere gli annunci immobiliari di vendita o di affitto soprattutto perché se ne analizziamo le potenzialità, questo mezzo presenta una vera e propria marcia in più: basti pensare a strumenti come l’email alert che è in grado di facilitare la ricer-


Business online

ca di un immobile segnalando all’utente quando vengono pubblicate inserzioni che corrispondono alla ricerca e alle caratteristiche che si sono impostate. Questo comporta un notevole risparmio di tempo sia per le agenzie immobiliari che ricevono contatti qualificati, sia per gli utenti che non devono passare fisicamente da un’agenzia all’altra per cercare la casa che desiderano acquistare o affittare. Possiamo pure dire che avvalendosi dei portali immobiliari “è la casa che cerca te”.

con quanto sta avvenendo negli altri Paesi del mondo. I numeri confermano questa tendenza: secondo i dati Audiweb powered by Nielsen Online di gennaio 2009, i siti per la ricerca immobiliare si sono rivelati una delle categorie web più visitate, totalizzando ben 2,4 milioni di visitatori. La categoria dei siti di real estate è risultata inoltre la categoria con la maggiore crescita di utenti: la crescita dei visitatori è stata più marcata che per i siti delle compagnie aeree e di ricerca di lavoro.

Quanto il web sta influenzando il mercato real estate? Quali sono le previsioni per i prossimi anni? Il web sta confermando la propria centralità anche nel mercato immobiliare. Gli utenti italiani si rivolgono sempre più a Internet per informarsi e cercare casa, spinti dalla vastità dell’offerta e dalla facilità di interazione. Siamo certi che il trend di crescita continuerà anche in Italia, in linea

Qual è l’utente tipo che sceglie di affidarsi al web per la ricerca di una casa? Contiamo più di 1.300.000 utenti unici al mese e i nostri utenti sono trasversali per fasce d’età e occupazione. In particolare, possiamo definire il core del nostro target come quasi equamente distribuito tra uomini e donne (donne 51%), abituati a navigare in Internet, di cultura medio alta ,con un’età tra i 27 e i 49 anni.

Quali sono i vantaggi della ricerca on line di un’abitazione? Quali invece i criteri principali in base ai quali gli utenti scelgono l’immobile? Cercare un’abitazione on line permette innanzitutto di risparmiare tempo, ma anche denaro. L’utente spazia tra una vastità immensa di proposte, tra le quali può facilmente selezionare solo quelle che rispondono alle sue esigenze. Bastano pochi click e chi cerca un immobile può confrontare le diverse proposte, trovare la soluzione più conveniente e al prezzo migliore. Generalmente più un annuncio è completo, più attira l’attenzione degli utenti. Ogni annuncio contiene informazioni dettagliate in merito a tipo, categoria, tipologia, fascia di prezzo, metri quadri e descrizione dell’immobile. L’agenzia o il privato hanno inoltre la possibilità di aggiungere molte altre informazioni: foto, piantine e posizione su Mappe Google. Tra le ultime novità tecnologiche si segnala anche il servizio di Street 59


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luglio - agosto 2009

Ritratto azienda Casa.it è il portale immobiliare leader in Italia, da oltre dieci anni punto di riferimento online per chi offre o cerca soluzioni di vendita o affitto, residenziali, commerciali o per vacanza. Aggregando l’offerta di oltre 11.000 agenzie distribuite sul territorio nazionale e di circa 3.000 privati, è in grado di proporre oltre 500.000 annunci e generare un traffico di oltre 1.300.000 utenti unici al mese. Dal 2007, Casa.it (nato nel 1996 dall’idea di dare ampio respiro all’incontro di domanda e offerta immobiliare sfruttando le potenzialità della rete) fa parte del gruppo australiano REA Ltd, che ne detiene il 69,4%, ed è partecipata da Sky Italia con il 30,6%. Nato nel 1995 in Australia con il portale www. realestate.com.au, il Gruppo REA ha raggiunto posizioni di leadership consolidando la propria attività e la propria esperienza e dal 2006 ha cominciato ad espandersi nel resto del mondo. Il Gruppo REA, quotato alla Borsa australiana, è oggi il più importante network internazionale dedicato al settore immobiliare online, con 18 portali immobiliari in 10 Paesi.

Il mercato immobiliare, che rappresenta una parte consistente del Pil del paese e può giocare un ruolo fondamentale per la ripresa della crescita del sistema, necessita di nuovi impulsi e di recepire le innovazioni culturali che stanno permeando la società italiana

View, che permette di fare un vero e proprio tour virtuale della zona dove si trova l’immobile. Quali sono i prossimi progetti del gruppo? Il mercato immobiliare, che rappresenta una parte consistente del Pil del paese e può giocare un ruolo fondamentale per la ripresa della crescita del sistema, necessita di nuovi impulsi e di recepire le innovazioni culturali che stanno permeando la società italiana. Vediamo per l’immobiliare grandi opportunità derivanti da un utilizzo strategico e businessoriented degli strumenti dell’era del web 2.0 come social network, blog, tool multimediali. Per realizzare con successo questa che consideriamo una fortissima evoluzione nel nostro business, è necessario diffondere una cultura dell’innovazione a tutti i livelli e a tutti gli attori del mercato. Casa.it lancia infatti la nuova strategia Real Estate 2.0, per favorire l’innovazione del mercato immobiliare italiano integrando la cultura, l’approccio al cliente, gli strumenti e i vantaggi competitivi derivanti dal web 2.0. La prima concreta realizzazione della nuova strategia Real Estate 2.0, che si svilupperà nel corso dell’anno con prodotti dedicati, è il “Sito su Misura”. Questo servizio è dedicato a tutte le agenzie che, in mancanza di un proprio sito Internet, potranno realizzare la loro vetrina online interattiva, ricca di contenuti, facile da consultare per gli utenti e in grado di utilizzare tutte le principali leve strategiche del web 2.0. Il “Sito su Misura”, infatti, permette agli agenti immobiliari di presentare annunci multimediali ricchi di informazioni e interessanti per i potenziali acquirenti ma, soprattutto, di interagire con loro interattivamente attraverso blog, social network e community quali Facebook, Twitter, YouTube, cui “Sito su Misura” è direttamente collegato. |

Questa è la vera natura della casa: il luogo della pace; il rifugio, non soltanto da ogni torto, ma anche da ogni paura, dubbio e discordia John Ruskin www.casa.it

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NEL DNA

DI SERAFINO CONSOLI CI SONO INFORMAZIONI MOLTO PREZIOSE.

È il momento di credere... di credere nel valore delle sfide, di guardare avanti e di farlo con tenacia e con amore. Lo stesso amore che per noi si è tradotto in mestiere e che ha caratterizzato la storia, la tradizione e l’identità della nostra Famiglia. Quasi 50 anni di passione scritti nel nostro Dna. La stessa passione che vi deve guidare quando decidete di farvi e di fare un regalo importante. La Gioielleria Serafino Consoli vi aspetta per accogliervi e consigliarvi, per trasmettervi la competenza e la professionalità di un marchio attraverso la passione e l’unione di una famiglia.

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luglio - agosto 2009

Mercato auto

Il valore del marchio, efficienza e riorganizzazione: per sconfiggere la crisi Il caso Carcomauto: la storica azienda si consolida anche grazie alla riorganizzazione attuata dal nuovo amministratore delegato Walter Benati. Concessionario di marchi quali Audi , Volkswagen e Seat, importatore ufficiale di Bentley per il Nord Italia, percorre la strada tracciata sull’onda dello sviluppo testo di Desirée Cividini foto di Matteo Mottari

Concessionario di marchi quali Audi , Volkswagen e Seat e importatore ufficiale di Bentley per il Nord Italia, il gruppo Carcomauto continua la sua strada sull’onda dello sviluppo. A contribuire alla crescita della storica azienda una recente riorganizzazione attuata dal nuovo amministratore delegato Walter Benati. Alla guida dell’azienda il nuovo Ad ha unito la carriera professionale alla sua grande passione per le auto e i motori. Carcomauto ha fatto molta strada dal 1959, anno di apertura della prima concessionaria, ad oggi. Quali sono i punti di forza che hanno permesso al gruppo di affermarsi in un settore altamente concorrenziale come quello dell’auto? La prima concessionaria Volkswagen è stata aperta nel 1959 in Corso Sempione a Milano. Dopo qualche anno nei suoi saloni entrano anche le auto Audi. Da allora il gruppo ha fatto tanta strada, riuscendo a consolidarsi sul mercato e a diventare una realtà di primo piano nel mondo dell’auto a Milano. Credo che quello che ha permesso a Carcomauto di raggiungere queste dimensioni sia stata la capacità di comprendere le esigenze del cliente e di riuscire a soddisfarle, off rendogli da sempre un servizio di qualità. Concessionario Volkswagen, Audi e Seat, dal 2003 il gruppo è anche importatore ufficiale per il Nord Italia di Bentley. Un’offerta che richiede competenze specifiche e differenziate in base ai mercati di riferimento. Come gestite questi due differenti rami? La prima cosa che ho fatto dopo essere entrato in Carcomauto è stata ristrutturare l’azienda come se fosse un’industria. Ho creato quattro Business Unit, una per ogni marchio, mantenendo un forte legame tra le differenti unità. Un’operazione che ci consente di essere focalizzati sugli specifici obiettivi legati ai singoli marchi e di essere maggiormente consapevoli di ciò a cui si sta lavorando. Quella attuata è stata una vera e propria rivoluzione per il gruppo, dalla quale ci aspettiamo dei buoni risultati e un miglioramento delle performance, particolarmente importante in un momento non facile come quello che sta attraversando il mercato. 62


Auto business

Walter Benati, amministratore delegato di Carcomauto

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luglio - agosto 2009

Questo è un periodo particolare anche per il mercato delle auto. Voi come state affrontando questa fase negativa? Nel settore automobilistico a differenza di quanto avviene per altri settori il prodotto conta moltissimo. Ecco perché non possiamo generalizzare: per alcuni marchi la congiuntura economica negativa ha fatto sentire i suoi effetti, mentre per altri le cose sono andate decisamente meglio. Prendiamo ad esempio Golf e Passat: con entrambi i marchi stiamo lavorando bene. Per quanto riguarda Bentley, cresciuto in maniera non indifferente negli ultimi mesi, ci si aspetta invece un calo. Il bilancio è comunque positivo e l’obiettivo è quello di affermare ancora di più la nostra presenza sul territorio anche grazie all’apertura avvenuta a marzo di una sede Bentley a Bologna. Diverso è il discorso per quanto riguarda invece il noleggio: in questo settore abbiamo registrato un calo del 25 per cento. Non si è ridotto il numero di auto a noleggio ma si riscontra, a causa della crisi che ha costretto le aziende a tagliare i costi, un accorciamento dei tempi. Quanto è strategica l’attività di marketing in un settore come il vostro? 64

Il marketing anche in un settore come quello automobilistico conta moltissimo. Come concessionario importatore, tuttavia, il nostro lavoro nell’ambito del campo del marketing è strettamente legato alle strategie scelte dalla casa madre. Si cerca quindi di sfruttare il tema della campagna deciso dalla casa madre, ricontestualizzandolo e conferendogli una dimensione più legata al locale. Il nostro investimento in questo campo è pari al 2 per cento e consiste soprattutto in attività di remind e organizzazione di eventi in salone. La cosa più importante rimane comunque la conoscenza dei mercati di riferimento e la capacità di essere vicino ai clienti. Quali sono gli obiettivi del 2009? I cambiamenti apportati in azienda hanno ridotto le aree di dispersione e ci hanno permesso di concentrarci maggiormente sugli obiettivi specifici. Dal 2009 ci aspettiamo quindi di raccogliere i risultati che dovrebbero derivare dall’attuazione di questa riorganizzazione aziendale. Le stime parlano di un fatturato pari a 150 milioni di euro, un obiettivo ambizioso ma che crediamo fortemente di poter raggiungere. |

Ritratto azienda Carcomauto è una storica azienda con sede a Milano fondata nel 1959. Attiva sul mercato da 50 anni, concessionario Audi e Volkswagen, Carcomauto dal 2003 è anche importatore ufficiale per il Nord Italia di Bentley, le prestigiose vetture inglesi, con sedi a Milano e Bologna. Il Gruppo, importatore e concessionario auto con oltre 170 milioni di euro di ricavi, è inoltre presente in diverse altre partecipazioni industriali. Oggi con tre prestigiosi concessionari e due moderni Centri Assistenza è una realtà di primo piano nel mondo dell’auto a Milano. Recente è la nomina di Walter Benati quale amministratore delegato del gruppo.

Guidare è una forma spettacolare di amnesia. Tutto può essere scoperto, tutto può essere dimenticato. Jean Baudrillard www.carcomauto.it


stile intramontabile

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luglio - agosto 2009

Le Imprese Assicurate Il modello Euler Hermes SIAC L’assicurazione del credito è un fattore sempre più importante per le imprese che vogliono vivere con sicurezza il proprio business. Focus su una realtà leader nel settore che si occupa di selezione dei clienti, gestione del recupero del credito in caso di mancato pagamento e di indennizzo della perdita nei casi di insolvenza accertata. A fianco dell’imprenditore nella scelta della giusta direzione come un vero partner Euler Hermes SIAC è la prima Compagnia d’assicurazione crediti commerciali in Italia, con una quota di mercato oltre il 50% del totale. Euler Hermes SIAC affianca le aziende nel selezionare i clienti, gestire il recupero del credito in caso di mancato pagamento, indennizzare la perdita nei casi di insolvenza accertata. La Compagnia off re un pacchetto di servizi integrati per la gestione del rischio credito sia in Italia che all’estero inclusi nella polizza e comprensivo di: • valutazione preventiva e il monitoraggio della propria clientela • copertura assicurativa (contro il rischio della perdita definitiva totale o parziale del credito a causa di insolvenza del debitore) • assistenza legale (grazie ad un’estesa rete di corrispondenti nazionali ed internazionali) • attività di recupero crediti (servizio offerto attraverso SIAC Services Srl) • Un ulteriore servizio messo a disposizione delle aziende Clienti è il collegamento on-line tra la Compagnia e l’Assicurato, che permette di gestire l’operatività della polizza in tempo reale tramite Internet. La Compagnia è dotata di un’organizzazione di vendita basata prevalentemente su 21 Agenzie Generali. “L’area di competenza dell’Agenzia Generale è Monza, la Brianza e Bergamo – spiega Marco Federici, Agente Generale Euler Hermes SIAC . Queste zone di competenza dell’Agenzia Generale, dal 00

punto di vista economico, costituiscono uno straordinario territorio in cui troviamo una realtà industriale solida, forte e competitiva, con un’imprenditorialità diff usa ed equilibrata che aff ronta la sfida della competitività, che racchiude in sé le caratteristiche vincenti dell’economia nazionale quali l’apertura internazionale, la spinta innovativa e la qualità delle risorse umane”. La Provincia di Monza e Brianza rappresenta il più antico distretto del mobile italiano, detiene il 18,5% della produzione nazionale di mobili di fascia medio alta ed il 5,2% di quella europea. I settori industriali di maggiore rilievo sono: la meccanica, il metallurgico, legno e mobili, il tessile/abbigliamento, alimentare ed il terziario avanzato. Il tessuto industriale è composto da circa 60.000 imprese tra le quali spiccano i protagonisti nazionali di settore. La provincia di Bergamo storicamente si distingue per avere un’industria nel complesso più dinamica della media italiana. In questi ultimi anni i dati relativi alle esportazioni bergamasche, lombarde ed italiane mostrano una forte vivacità e questo è vero in modo particolare per la provincia di Bergamo che continua ad essere un volano dell’economia italiana. Tra i settori rappresentativi del tessuto industriale abbiamo l’alimentare, chimico, gomma-plastica, metallurgia e dei prodotti in metallo. L’industria bergamasca ha reso le sue produzioni non facilmente sostituibili da concorrenti esteri, e la strada in questa direzione ha imposto grandi investimenti in qualità, progettazione e specializzazione della produzione. “L’Agenzia opera a fianco dell’imprenditore con il vero spirito di un partner - prosegue Federici - consigliando e studiando insie-


Business Insurance

Euler Hermes è il primo gruppo mondiale dell’assicurazione crediti ed uno dei maggiori operatori nel mercato delle cauzioni e del recupero crediti. Con 6.200 collaboratori presenti in oltre 50 Paesi, Euler Hermes offre una gamma completa di servizi per la gestione del portafoglio clienti. Nel 2008 il gruppo ha raggiunto un giro d’affari di 2,2 miliardi di euro. Euler Hermes, consociata di AGF e membro Allianz, è quotata all’ Euronext Paris. Il gruppo e le sue principali società di assicurazione crediti hanno ricevuto il rating AA- da Standard & Poor’s.

me al cliente il prodotto più adatto ed efficace rispetto alle specifiche esigenze, fino alla realizzazione di un prodotto su misura che possa supportare ed agevolare ancor di più l’attività commerciale dell’impresa in Italia ed all’estero”.

“L’area di competenza dell’Agenzia Generale è Monza, la Brianza e Bergamo. Queste zone, dal punto di vista economico, costituiscono uno straordinario territorio in cui si trova una realtà industriale solida e competitiva, con un’imprenditorialità diffusa ed equilibrata che affronta la sfida della competitività e che

Ma quali sono i vantaggi di essere coperti da una polizza di assicurazione crediti? Le imprese che assicurano il credito fruiscono di informazioni creditizie e di market intelligence di migliore qualità a costi minori, con un risparmio economico per quanto riguarda il reperimento delle informazioni di riferimento e le ricerche di mercato. Le società assicurate, inoltre, intrattengono rapporti migliori con le banche per il fatto di aver assicurato i propri debiti commerciali. Questo fatto si manifesta in relazioni più lunghe e stabili con gli istituti bancari ed un migliore accesso ai finanziamenti a breve e al capitale obbligazionario, con un costo medio più basso per il capitale liquido. |

racchiude in sé le caratteristiche vincenti dell’economia nazionale quali l’apertura

nella pagina a fianco: Marco Federici, Agente Generale dell’agenzia di Monza, Brianza e Bergamo sopra: sede di Euler Hermes a Parigi

internazionale, la spinta innovativa e la qualità delle risorse umane”

www.eulerhermes.it

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maggio - giugno 2009

Il Processo di internazionalizzazione La tensione delle aziende verso i mercati esteri è sempre più importante per la crescita e il successo del proprio business: ecco un’utile sintesi di come funziona questo meccanismo

aspetti teorici e strategie

di Andrea Manzoni esperto di ricerca in marketing per le strategie di impresa

Il tema dell’internazionalizzazione, sia in periodi prosperi e (soprattutto) durante momenti caratterizzati da durature crisi, rimane sempre un argomento di attualità. Ma cosa si intende esattamente con il termine internazionalizzazione? Assume una valenza ed una connotazione piena con riferimento ai costi (di approvvigionamento) oppure ai ricavi (di vendita) ovvero entrambi? In cosa consiste e come si sviluppa? Nel corso del presente articolo si cercherà di rispondere in maniera esaustiva al tema dell’internazionalizzazione cercando di definirne l’ambito, le teorie ed i modelli maggiormente perseguiti dalle aziende. Con il termine internazionalizzazione si intende il processo di crescita – da parte di una azienda domestica – sui mercati esteri1. Da questa semplice definizione si può desumere come, evidentemente, il processo di internazionalizzazione può essere analizzato, promosso e sviluppato sia sul lato dei costi sia su quello dei ricavi; infatti tutti gli strumenti e le tecniche a disposizione di una impresa possono essere adottate sia in fase di approvvigionamento dei fattori produttivi sia in fase di allocazione e vendita dei prodotti.

sui mercati esteri non dovessero essere considerati come meri flussi internazionali di capitale, bensì come un insieme complesso, coordinato ed organizzato di transazioni operate da imprese interessate in uno specifico mercato. Il ruolo svolto dall’analisi dell’economista canadese fu così innovativo e stravolgente che tutta la produzione letteraria successiva al suo lavoro del 1960 venne da lui influenzata.

Prospettive teoriche Da un punto di vista cronologico, lo studio sistematico del processo di internazionalizzazione delle imprese nasce nel 1960 con il contributo di Hymer. Infatti prima di allora, l’attenzione a questo fenomeno veniva posta a livello di Nazione e non di impresa, focalizzando le analisi sui flussi di beni e capitali scollegati alle attività di impresa. La spiegazione di tali movimenti trovava fondamento teorico nel divario esistente tra le diverse Nazioni. I modelli del Vantaggio Assoluto (Smith, 1776) e del Vantaggio comparato (Ricardo, 1817; Heckscher e Ohlin, 1933) si basano infatti sul concetto legato all’esportazione, da parte di una Nazione, dei soli beni che vengono prodotti localmente ad un costo inferiore, assoluto o relativo, rispetto a tutte le altre Nazioni. Più che di processo di internazionalizzazione, i predetti studi possono rientrare nel più generico ambito del commercio internazionale. Come già anticipato, l’economista canadese Hymer fu il primo teorico sull’internazionalizzazione delle imprese e nel 1960 arrivò alla conclusione2 che gli investimenti (diretti esteri) operati

Strategie adottate dalle imprese Da un punto di vista operativo, le principali strategie e modalità di espansione oltre confini a disposizione di una impresa possono essere così sintetizzabili:

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Lo schema a seguire cerca di dare una rappresentazione semplice e parzialmente esaustiva dei principali economisti che hanno contribuito in misura robusta all’evoluzione degli studi afferente il processo di internazionalizzazione di una impresa3.

Commercio Internazionale

Processo di Internazionalizzazione

Strategia

...

Smith

Ricardo

Hecksher & Ohlin

Hymer

Vernon

Dunning

Buckley & Casson

Porter

...

...

1776

1817

1933

1960

1966

1971

1976

1986

...

1.

Importazioni / esportazioni. Insieme di beni e servizi che vengono trasferiti da un nazione ad un’altra. Tale metodologia può essere condotta sia monitorando tutte le fasi che intercorrono dal momento in cui il prodotto / servizio esce dall’azienda produttrice sino a quando risulta disponibile all’acquirente (importazione / esportazione con controllo diretto) oppure esternalizzando in outsourcing (importazione / esportazione con coinvolgimento di strutture esterne) tutte le fasi di cui sopra.

2. •

Modalità collaborativa: con accordi di licenza Si tratta di una strategia collaborativa fra due imprese, una estera e l’altra locale (con riferimento ad uno specifico


Il parere dell’esperto

mercato) nella quale l’azienda locale produce un determinato bene o servizio utilizzando delle conoscenze, soprattutto tecnologiche, sviluppate dall’azienda estera; la quale concede in licenza l’utilizzo di una sua conoscenza. Tale accordo consente, sfruttando il divario esistente fra due imprese o mercati, ad una impresa di ottenere benefici dall’utilizzo oltre confine di una propria “scoperta” senza il rischio e l’onere di sostenere ingenti investimenti (cfr. IDE) né tantomeno condividere risorse, strutture, organizzazioni e conoscenze (cfr. joint venture). •

joint venture La strategia di ingresso della joint venture consente ad una impresa di accelerare l’ingresso in un Paese / Mercato estero in quanto si fonda sulla collaborazione di una società (straniera con riferimento ad un mercato) con una azienda locale (co-venturer) ben insediata nel mercato oggetto di penetrazione. Oltre al superamento delle barriere all’entrata, quali ad esempio quelle legate al divario tecnologico e culturale, la suddetta modalità collaborativa garantisce una riduzione dei tempi di insediamento ed una “subadditività” o riduzione dei costi di investimento. I principali svantaggi legati alla joint venture sono legati alla bassa inclinazione delle imprese a condividere con i propri partners tutte le conoscenze tecnologiche che intende invece preservare a favore dell’insediamento produttivo che detiene senza partners né stranieri né locali. Un altro svantaggio legato a questa tipologia di alleanza strategica è legato alla difficile convivenza causato dalle

differenze strategiche ed organizzative degli associati partners. 3.

Investimenti diretti all’estero (IDE) Con il termine investimenti diretti all’estero (FDI – foreign direct investment) si intendono gli investimenti internazionali effettuati da un soggetto in certa Nazione in cui risiede un durevole interesse. A seconda che questo interesse venga sostenuto mediante la costituzione exnovo di una business unit o viceversa con l’acquisizione di una già esistente, l’IDE può essere definito diretto con costituzione o viceversa diretto con acquisizione. Come risulta evidente, la caratteristica fondamentale, rispetto alle altre strategie di internazionalizzazione, degli IDE è la natura dell’interesse, durevole e profondo. Con riferimento all’intensità dell’interesse nutrito dall’azienda e la sua espansione verso mercati esteri, qui di seguito viene rappresentato, in ordine crescente, le diverse strategie a disposizione dell’azienda. Esportazione / Importazione Modalità collaborativa Investimenti diretti all’estero

Conclusioni I processi di internazionalizzazione delle imprese, oltre alle tecniche e strategie sommariamente elencate nel presente articolo, devono tenere conto anche di variabili qualitative afferenti i contesti sociali, politici e culturali della Nazione nella quale una impresa intende operare.

Si può pertanto asserire che i suddetti processi economici non solo attraversano confini territoriali ma bensì delle frontiere sociali. Ritengo quindi utile concludere il presente elaborato sottolineando che le diverse tecniche a disposizione di una impresa (esportazione/importazione; modalità collaborative con accordi di licenza o joint venture; investimenti diretti all’estero) saranno scelte anche e soprattutto in considerazione alla conoscenza e all’ “ospitalità” riservata all’azienda nel mercato straniero. Verranno privilegiate forme collaborative con partners locali qualora il mercato di riferimento risulti poco conosciuto o restio all’accettazione di aziende straniere; viceversa l’investimento diretto è la modalità suggerita qualora il mercato di riferimento risulti caratterizzato da forti barriere all’entrata anche di natura legislativa e fiscale4.

1 Da non confondere con il termine globalizzazione il quale fa riferimento invece alle relazioni che si vengono ad instaurare fra molteplici realtà di natura variegata (economiche, sociali, culturali, etc….) su scala mondiale. 2 Con la sua tesi di dottorato al M.I.T. dal titolo “The International operation of national firms: a study of direct investment”. 3 Con il termine Strategia (internazionale) l’autore non intende definire un nuovo filone concettualmente distinto da quello precedente, bensì un inquadramento più globale. 4 Occorre ribadire che con l’IDE la società costituita o acquisita risulterà a tutti gli effetti (anche legislativi e di immagine) una azienda locale.

www.mincomes.it

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luglio - agosto 2009

Eccellenza al lavoro

i 50 numeri uno Il premio di Confi ndustria Bergamo dedicato ai dipendenti che si sono distinti per impegno e professionalità. Un progetto nato per valorizzare lo spirito di collaborazione e di squadra tra impresa e risorse umane a cura della redazione foto di Pietro Sparaco

Un premio all’operosità e alla professionalità. Un riconoscimento per 50 dipendenti di altrettante imprese socie di Confindustria Bergamo che hanno dimostrato il loro impegno lavorativo e professionale sul campo. Il premio, denominato “Eccellenze al lavoro” è stato assegnato ai 50 “eccellenti” dal presidente uscente di Confindustria Bergamo Alberto Barcella, il giorno dell’elezione del nuovo numero uno degli industriali bergamaschi, Carlo Mazzoleni. Il riconoscimento “Eccellenze al lavoro” è stato isti70

tuito nel 2007 in occasione del Centenario dell’Associazione degli industriali di Bergamo quando vennero attribuite due diverse valorizzazioni a 135 professionalità per “Confindustria per lo sviluppo e l’innovazione” e “Confindustria per il lavoro”. Nel 2008 il premio è diventato “Eccellenze al lavoro” con l’obiettivo di “rappresentare in un unico riconoscimento l’apprezzamento per i meriti di tutti quei dipendenti che hanno saputo distinguersi per capacità, innovazione, dedizione, creatività, ingegno”. Quest’an-


Premi e lavoro

Gli eccellenti

no sono stati consegnate 50 “gocce, magia di cristallo” ad altrettanti meritevoli. Attraverso questo gesto concreto e allo stesso tempo simbolico Confindustria ha voluto “valorizzare i collaboratori – ha spiegato Alberto Barcella – indispensabili per il successo delle aziende. Un segno di umiltà consapevoli del fatto che da soli non potrebbero fare impresa e questo segno vuole essere un gesto di riconoscenza doveroso nei confronti di ogni singolo dipendente”. La cerimonia di premiazione è stata aperta da Barcella con un chiaro messaggio di fiducia e ottimismo per il futuro, nonostante la crisi che sta colpendo l’economia mondiale: “L’occasione di questa cerimonia - ha detto l’ex presidente di Confindustria Bergamo, Barcella - vuole essere anche la speranza che la crisi non porti a situazioni in cui le imprese si debbano privare di risorse umane, un patrimonio difficile da ricostruire. Grazie allo spirito di collaborazione dei sindacati, si sono creati momenti di condivisione degli obiettivi, con l’intento di trovare soluzioni adeguate alla crisi. Dalla quale non si esce senza coesione sociale, elemento che distingue Berga-

mo e che ne fa un esempio per il resto del Paese. Nell’aff rontare questo difficile momento, non dobbiamo perdere la speranza e la fiducia, delle quali le eccellenze del lavoro sono un esempio». Quella di Bergamo è una delle più importanti territoriali di Confindustria: conta 1.369 aziende associate, per un totale di oltre 97 mila addetti. Le piccole e medie imprese, con meno di 250 dipendenti, sono ben 1.300, con 57 mila addetti. “Le aziende crescono e prosperano grazie alla passione, l’impegno e la dedizione degli uomini e delle donne che vi operano – ha detto Barcella -. unite per un comune obiettivo, le persone esprimono nel lavoro le loro abilità e le loro intelligenze, le loro ambizioni e la loro umanità. Ad esse va il riconoscimento e la stima degli imprenditori perché senza esse le aziende semplicemente, non esisterebbero”. Come ha precisato il neo presidente Carlo Mazzoleni, l’iniziativa “sarà replicata l’anno prossimo assieme al Premio Odysseus che, a cadenza biennale, si propone di far emergere le eccellenze tra gli imprenditori bergamaschi, troppo spesso schivi e restii a far conoscere le loro capacità”. |

I nomi delle 50 eccellenze al lavoro anno 2009 Pierantonio Algeri (Sabe di Sala Pasquale), Pinuccia Algeri (Mediamarket), Giuseppina Asperti (Camiceria Agatex), Fausto Baggi (Studio Associato CF&C), Giuseppe Bergamaschi (Dow Agrosciences Italia), Efrem Bonetti (Lamiflex Composites), Matteo Boschini (Reggiani Macchine), Nadia Bosis (Lamiflex), Filippo Brancucci (Italcementi), Veronica Bugini (Regas), Amos Igino Butti (Butti Srl), Giancarlo Cagliani (Sematic Italia), Mauro Casali (Gio’Style Lifestyle), Paolo Catani (Ctg Spa), Roberto Colzani (Nuovo istituto italiano d’arti grafiche), Giordano Ferla (Exide Technologies), Salvatore Fustinoni (Sangalli), Fausto Gandolfi (Brembo), Simona Ghisolfi (Cartemani), Graziano Grisa (Pneumax), Giuseppe Invernizzi (Magnetti Building), Claudio Lama (Cimprogetti), Vincenzo Limonta (Losma), Ambrogio Mandelli (Valsecchi), Franco Cesare Marchetti (Credaro Pietre), Wanda Marchi (I.T.B. Industria tessile bergamasca), Anita Merelli (Vin Service), Roberto Montanelli (Sea) Alberto Menotti (Cotonificio Albini),Carla Moretti (Calzificio M.Bresciani), Arsenio Nava (Smi), Giampaolo Pansa (Gewiss), Federico Pezzotta (Impresa Bergamelli M&M Srl), Alessandro Piazzoli (Lovato Electric), Andrea Pirotta (3M Italia), Luciano Scarpellini (General Medical Merate), Paolo Spinelli (Arte Intarsio), Mirella Strabla (Pelletterie 2F), Palmino Quarenghi (BM Industria Bergamasca Mobili), Angelo Rasmo (Tesmec), Gabriele Rinaldi (CVB Corpo di vigilanza città di Bergamo), Manuel Rota (Technix), Marino Sergio Rota (Chimiver Panseri), Ornella Silva (Zanetti), Mario Sordelli (Same Deutz-Fahr Italia), Roberto Spinelli (M.P.E.), Caterina Togni (Unionchimica), Federico Tintori (Tenaris Dalmine), Bortolina Zampatti (Imc-Italiana Macchine Caffè), Sandro Zanotti (Rudolf Chemie Italia)

Il lavoro e l’applicazione continui sono il cibo del mio spirito. Quando comincerò a cercare il riposo, allora smetterò di vivere. Petrarca

www.unindustria.bg.it

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Grandi capolavori sospesi tra

Realismo e impressionismo 72


Arte e business

Una mostra straordinaria con 120 opere di grandissimo livello da Courbet a Millet in scena a Villa Manin. Percorso affascinante per raccontare l’evoluzione delle correnti pittoriche che hanno segnato la storia dell’arte europea tra XIX e XX secolo a cura della Redazione

Più di 100 opere provenienti da musei di tutto il mondo per raccontare la cultura figurativa europea del XIX secolo. La mostra “L’età di Courbet e Monet. La diff usione del realismo e dell’impressionismo nell’Europa centrale e orientale” sarà in scena a Villa Manin, Passariano di Codroipo (Udine), dal 26 settembre 2009 al 7 marzo 2010. Con questa mostra straordinaria, ricca di capolavori, viene per la prima volta organicamente studiato e raccontato in una esposizione un aspetto peculiare della cultura figurativa europea del XIX secolo. E cioè il rapporto tra la nascita della cosiddetta scuola di Barbizon in Francia e la diff usione del realismo e del naturalismo nei Paesi dell’Europa centrale e orientale. E subito dopo, a partire dagli anni settanta a Parigi, come l’affermazione dell’impressionismo abbia segnato in modo fondamentale la pittura di molte tra quelle nazioni, addirittura fino a XX secolo inoltrato. Viene anche idealmente aperta l’offerta espositiva di Villa Manin ad un pubblico effettivamente soprannazionale, in considerazione del fatto che la Villa è al centro di un territorio che, al di là dell’Italia, si estende su Carinzia, Tirolo, Stiria, Baviera, Slovenia e Croazia, un ambito entro cui gravitano milioni di persone di lingue diverse ma unite dal linguaggio universale dell’arte. Proprio in virtù di questo ambizioso progetto, la Regione Friuli Venezia Giulia e l’Azienda Speciale Villa Manin hanno chiesto a Marco Goldin di creare una mostra che, per tema e ambito, potesse rivolgersi a un pubblico realmente internazionale, il pubblico “nuovo” che Villa Manin ambisce ad attrarre. Ad affiancare i due Enti regionali è Linea d’ombra libri, con l’apporto fondamentale anche della Fondazione CRUP, Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, Fondazione CARIGO e Fondazione Antonveneta. Facendo ricorso a 120 opere, provenienti da musei di tutto il mondo, e come logica prosecuzione di alcuni recenti progetti curati da Marco Goldin, la mostra sviluppa una storia che non verrà illustrata attraverso una banale suddivisione nazionale, ma piuttosto si esprimerà con una tematizzazione che metterà 73


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In apertura: Pierre-Auguste Renoir, Donna con parasole e un bambino su un sentiero soleggiato di collina, 1874-1876 circa olio su tela, cm 47 x 56,2. Boston, Museum of Fine Arts In questa pagina: Gustave Courbet, Ruscello nel bosco, 1862 circa olio su tela, cm 156,8 x 114. Boston, Museum of Fine Arts dono di Mrs Samuel Parkman Oliver Sotto: Paul Joseph Constantin GabriÎl, Groeneendaal, vicino Bruxelles, 1866 olio su tela, cm 39 x 62,5. L’Aja, Museum Mesdag

puntualmente a confronto i dipinti francesi con quelli dei diversi Paesi dell’Europa centrale e orientale. Così da scoprire, non nella genericità dei nomi ma appunto dalla precisione degli accostamenti, la misura profonda di una lezione, quella francese, che nel secondo Ottocento ha dilagato in tutta Europa. La mostra si concentrerà entro quattro distinti capitoli - Boschi e campagne, Città e villaggi, Acque, Ritratti e figure - che ovviamente molto saranno aderenti al senso del paesaggio, vero esprit del XIX secolo, ma indugeranno anche su altro. Il puntuale resoconto dei rapporti tra Parigi e le grandi capitali del centro ed est Europa, darà luogo in mostra all’istituzione di un dialogo che si sviluppò sì nell’accostarsi al mondo del realismo e del naturalismo di Barbizon prima e dell’impressionismo poi, ma che seppe anche trattenere quelle affascinanti caratteristiche nazionali che hanno fatto di tanta pittura ottocentesca del centro ed est Europa un caso di assoluta e indimenticabile bellezza. I viaggi degli artisti, e poi anche dei grandi collezionisti, verso Parigi non sono dunque che il punto di partenza che l’esposizione vuole evidenziare, fissandosi poi però alle caratteristiche di novità che quel vento portò verso Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Monaco, Zurigo, Vienna, Mosca, San Pietrobur74

go, Varsavia, Praga, Budapest, Bucarest e tanti altri centri. E non solo i viaggi verso Parigi, ma anche le mostre che in molte di queste capitali portarono le opere degli stessi artisti francesi. O addirittura taluni quadri che in quelle nazioni vennero realizzati soltanto sul racconto di chi a Parigi era stato, e testimoniava ai pittori che mai vi erano giunti il loro entusiasmo. Quindi la rassegna di Villa Manin si raccoglierà dapprima attorno ai dipinti di maestri celebri quali Courbet, Corot,

Daubigny, Millet, Rousseau solo per dire di alcuni che hanno fatto dell’impronta legata al realismo e al naturalismo la loro forza. Poi si avvicinerà gradualmente al primo tempo impressionista, con un folto e meraviglioso gruppo di opere di Manet, Monet, Bazille, Caillebotte, Sisley, Renoir, Pissarro, Degas, Cézanne fino all’esplosione dello stesso impressionismo nel suo tempo più pieno, anche con il coinvolgimento di Vincent van Gogh, presente nell’esposizione friulana con tre, motivatissime opere, la prima una grande, straordinaria tela del periodo olandese e le altre, due sensibilissime versioni della Senna a Parigi. Quadri provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo e dal Van Gogh Museum di Amsterdam. Di volta in volta cercando, e trovando, concordanze di soggetto e linguaggio con i migliori pittori del centro ed est Europa, che quindi saranno agli artisti francesi accostati sulle pareti di Villa Manin. Pittori, almeno alcuni, in Italia non così noti, ma spesso di inarrivabile bellezza e che talvolta hanno gareggiato con gli impressionisti nella precoce realizzazione di certi temi, come nel caso del grande pittore ungherese Pál Szinyei Merse. E poi da Levitan a Serov in Russia, da Chelmońsky a Podkowinski in Polonia, da Grigorescu e Andreescu in Romania a Chitussi nella Repubblica Ceca, da Leibl a Liebermann in Germania, da Calame al giovane Hodler in Svizzera, da Mesdag a Maris in Olanda, da Rops al primo Ensor in Belgio, da Schuch a Wiesinger – Flo-


Arte e business

In questa pagina: Antoni¥n Chittussi, Paesaggio con il Castello Chantilly, 1864 olio su tela, 32 x 46. Praga, Na¥rodni¥ Galerie v Praze Sotto: Gustave Courbet, Ritratto di Hippolythe, 1862 circa olio su tela, cm 53,6 x 45,4. L’Aja, Museum Mesdag

La mostra si concentrerà entro quattro distinti capitoli - Boschi e campagne, Città e villaggi, Acque, Ritratti e figure - che ovviamente molto saranno aderenti al senso del paesaggio, vero esprit del XIX secolo, ma indugeranno anche su altro

rian in Austria, solo per fare alcuni nomi tra i tanti che saranno portati a conoscenza del pubblico italiano. Per far infine comprendere, per la prima volta, il senso di un percorso che ha indubbiamente segnato in modo profondo alcuni decenni di pittura nel secondo Ottocento nel vecchio Continente. Attraverso opere universalmente conosciute, come quelle degli impressionisti francesi, e opere che gareggiano con quelle per fascino anche se non per notorietà. Così Villa Manin porterà alla luce una pagina d’arte straordinaria e il visitatore potrà avvicinarsi a qualcosa di non completamente conosciuto. |

L’età di Courbet e Monet La diffusione del realismo e dell’impressionismo nell’Europa centrale e orientale Dal 26 settembre 2009 al 7 marzo 2010 Villa Manin, Passariano di Codroipo (Udine) dal 26 settembre al 1 novembre: tutti i giorni, ore 9-19 dal 2 novembre a fine mostra: lunedì-giovedì: ore 9-18 venerdì sabato e domenica: ore 9-19 chiuso 24, 25, 31 dicembre 2009 1 gennaio 2010 ore 11-19

Non ci possono essere scuole: ci sono soltanto pittori Gustave Courbet

www.lineadombra.it

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luglio - agosto 2009

La culla del sigaro tra eccellenza e design

il fumo nuoce gravemente alla salute

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Questione di stile

L’umidificatore: oggetto di culto e strumento fondamentale dell’appassionato che non scende a compromessi per custodire e conservare al meglio i gioielli di tabacco più p preziosi

Per l’appassionato di sigari è come il baule dove si trova il tesoro. Un posto al sicuro dove custodire i gioielli di tabacco più preziostrumento fondamentale si. Gli umidificatori sono uno strum a patti con la del vero estimatore, che non scende s “culla” protetta dove qualità e desidera una “c poter conservare al a meglio i propri sigari. Ma quali qual sono i principali requisiti di un u buon umidificaInnanzitutto, è necestore? Inn che la struttura sia in sario ch grado di mantenere un tasso costante di umitass dità interna intorno dit al 70%. Inoltre, deve soddisfare le seguenso ti funzioni: il legno del rivestimento d interno deve poter in assorbire l’umidità as efficacemente, i cardini devono essere redin sistenti e garantire una sisten frizione minima per molti anni, la tteca deve avere un sistema di chiusura adeguato necessariamente ermetico) (non necessar in modo da non disperdere l’umididell’umidificatore deve tà, la struttura dell l’umidità al suo interno assicurare che l’umid deformazioni tali da impedinon produca deformazi nel corso del tempo. re una corretta chiusura n Oltre agli aspetti funzionali, vi sono ovviamencatore diventa te quelli estetici. Di fatto, l’umidifi l’um parte integrante dell’arredamento dell’arredament di un ambiente e nella cultura di un fuun elemento molto importante nell un umidificatore di matore. Off rire un sigaro estratto da u incrementa il piacere manifattura esteticamente gradevole inc attenzione al dettaglio sono del fumo. Un esempio di questa attenzion 77


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luglio - agosto 2009

I sigari andrebbero conservati a un livello di umiditĂ relativa approssimativamente del 68-74%. Tale livello di umiditĂ favorisce anche una combustione uniforme del sigaro

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il fumo nuoce gravemente alla salute


Questione di stile gli umidificatori nati per commemorare il centenario della nascita di Zino Davidoff, i raffinati Davidoff “Century” che hanno le modanature sul coperchio e la base in oro o palladio a seconda del modelli. Il livello di umidità I sigari andrebbero conservati a un livello di umidità relativa approssimativamente del 68-74%. Tale livello di umidità favorisce anche una combustione uniforme del sigaro. A un livello di umidità relativa del 70%, e a una temperatura di 18ºC (64°F) l’aria contiene approssimativamente 10 grammi d’acqua per metro cubo. In tale ambiente il sigaro è in grado di assorbire il tasso di umidità ideale corrispondente al 14% del suo peso. Temperatura ottimale La temperatura considerata ottimale è compresa tra i 18 e i 21°C (64/70°F). Temperature inferiori ai 12ºC (54°F) rischiano di danneggiare il processo di invecchiamento desiderato. Temperature supe-

riori ai 24ºC (75°F) sono assolutamente sconsigliate. Per tale motivo l’umidificatore non va mai esposto a luce diretta. La rotazione In umidificatori di piccole dimensioni la cui capacità è inferiore a 75 sigari robusti non è necessaria alcuna rotazione: un umidificatore di buona manifattura dovrebbe assicurare il medesimo grado di umidità in qualsiasi area del suddetto. In umidificatori di portata maggiore, con vassoi e scomparti, il livello di umidità sarà invece tanto più alto quanto più prossima è l’area interessata al sistema umidificatore. In media, i sigari conservati durante un lungo periodo di tempo vanno ruotati ogni 1-3 mesi. In alternativa, i sigari la cui consumazione si prevede a breve termine, vanno posizionati nelle aree quanto più prossime al sistema di umidificazione. Al contrario, quelli per cui si richiede un ulteriore invecchiamento, vanno collocati nelle aree da questa zona più lontane. Qualora si utilizzino sistemi elettronici in armadi umidificatori, non è necessaria alcuna rotazione. |

A sinistra Per commemorare il centenario della nascita di Zino Davidoff, abbiamo fatto realizzare in suo onore i raffinati umidificatori Davidoff “Century”. Le modanature sul coperchio e la base degli umidificatori, create esclusivamente per Davidoff, sono dorate o di palladio, a seconda del modello. A desttra Gli umidificatori Davidoff si distinguono per la perfezione del design e della lavorazione. La fabbricazione degli umidificatori con questi legni pregiati, richiede il massimo dell’abilità artigianale. Corredato di cestello estraibile con quattro scomparti, il modello “Dome” di Davidoff, permette di conservare perfettamente da 50 a 65 sigari.

www.itagency.it www.davidoff.com

Il “matrimonio” di sigari I sigari assorbono l’aroma dell’ambiente circostante. circostante O meglio, meglio si impregnano non solo dell’aroma del rivestimento interno ma di quello degli altri sigari presenti nel medesimo umidificatore. I separatori interni vengono utilizzati al fine di limitare la possibile commistione di aromi. Questa si può inoltre prevenire con l’utilizzo di più di un umidificatore, o - se in diversi settori dello stesso - con l’accorgimento di mantenere i sigari nelle loro confezioni originarie. Ciononostante alcuni amatori apprezzano la fusione degli aromi tra i sigari preferiti e conservano pertanto intenzionalmente sigari di marche diverse nello stesso umidificatore per svariati mesi. È norma generale, comunque, evitare quanto più possibile di conservare sigari di potenza diversa (e, in particolare, di diverse provenienze) nello stesso umidificatore. In conclusione, la conservazione dei sigari nel loro cellophane originario (sebbene sia una scelta di scarso valore estetico) o nelle confezioni originarie - purchè all’interno di grandi umidificatori - riesce a prevenirne la commistione aromatica.

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Yacht alle origini luglio - agosto 2009

di una grande storia

Il termine “yacht” e conseguentemente “yachting” deriva dalla espressione olandese “jaght” che significa cacciare: lo jaght vogel è un uccello predatore simile al falco, veloce come il fulmine. “Jaght schips” erano quindi chiamati quei mezzi navali di dimensioni ridotte da utilizzarsi per piccolo cabottaggio tanto per diporto che per operazioni belliche. Se indiscutibile è la genesi linguistica del termine, più complesso appare datare la nascita della navigazione diportistica. Come noto, nel lago di Nemi, sono state ritrovate due navi, della lunghezza di oltre settanta metri, fatte costruire dall’imperatore Caligola. La sede del ritrovamento non può che far pensare ad un utilizzo meramente diportistico, al pari della galea con la 80

quale Cleopatra, convocata dal governatore romano della Cilicia, Marco Antonio, giunse nel porto di Tarso nel 42 a.C. Scrive Plutarco che “avanzava mossa da fi la di remi rivestiti d’argento, che fendevano l’acqua al ritmo della musica suonata da flauti, pifferi ed arpe. Le vele di lino color porpora, appena mosse dalla brezza sui corti alberi, contribuivano a dare imponenza allo spettacolo. La poppa, rivestita d’oro, mandava bagliori sotto il sole, e, all’ombra di un tendalino ricamato in oro, sedeva l’affascinante regina d’Egitto”. Reperti archeologici indicano in maniera incontrovertibile come nell’antichità, e alle più svariate latitudini, l’uomo, una volta aff rancatosi progressivamente dalla necessità della mera sopravvivenza, avesse scoperto nella navigazione, accanto alla componente com-


Nautica Story

Viaggio a puntate per scoprire la vera storia dello Yacht. Dalle annotazioni di Plutarco al regno di Carlo II d’Inghilterra: l’amore dell’uomo per la nautica ha origini lontane. Uno speciale, con tante curiosità, che proseguirà anche sui prossimi numeri di B&G. Dedicato a tutti gli appassionati che vogliono saperne di più sullo straordinario mondo della nautica a cura di Roberto Magri

Didascalia della foto dipinto del 1728 di autore sconosciuto che illustra la flotta in regata del Cumberland sailing society, primo yacht club inglese che prese il nome dal suo fondatore, il duca di Cumberland

merciale, anche quella ludica, in altre parole diportistica. Non fu da meno Yang Ti, secondo imperatore della dinastia Sui che regnò in Cina nel VII secolo d. C. Possedeva infatti una flotta diportistica di tutto rispetto e la sua giunca pare fosse lunga più di 600 metri ed avesse quattro ordini di ponti. La “Piccola nave rossa”, come era stata battezzata, era fornita di molti appartamenti e vi era anche la sala del trono. Ma il mare è un ambiente ostile e quindi per

praticarlo con piacere e, vorremmo dire in brigata, è necessario che la navigazione avvenga in acque tranquille, e quindi in vicinanza di fiumi e canali, ed in assenza di pirateria, e quindi in acque protette. Ancora il 17 giugno 1640 il bastimento Elisabeth, di ritorno dalle Virginia, veniva assalito dai pirati turchi al largo di Lizzard point, la punta più occidentale della Cornovaglia, nel sud dell’Inghilterra. Fortunosamente riusciva a sfuggire all’agguato dei pirati anche se perdeva il proprio comandante, il capitano

Doves. Le cronache narrano che l’Elisabeth, una volta giunta nella Manica, si fosse imbattuta in altre 11 navi che, pur esse vittime dell’arrembaggio dai pirati turchi, avevano subito ben altra sorte. Perché si sviluppasse quindi una qualche attività ludica legata alla navigazione era necessario attendere il XVII secolo quando l’ Olanda, riconosciuta ormai nazione indipendente, si avviava a divenire il centro dei commerci marittimi e quindi patria di una marineria fiorente, con un proporzionato benessere tale da consentire ai 81


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Era l’anno 1660 quando il principe Carlo Stuart , già in esilio in Olanda ove si dilettava di qualche navigazione, portato sul trono di Inghilterra dopo la morte del Cromwell con il nome di Carlo II, in un pubblico discorso rivolto ai dignitari di corte lodò le qualità dello “jaght” sul quale aveva lungamente navigato durante il forzato distacco dalla patria, dichiarando che se ne avrebbe fatto costruire uno per navigare sul Tamigi ricchi mercanti di avere a disposizione tempo e denaro per un divertimento certamente impegnativo e costoso come il diporto nautico. Sotto il profi lo ambientale, i canali ed i fiumi con i loro estuari da un lato, e le acque aperte insidiose per correnti impetuose e fortunali frequenti dall’altro, rendevano la navigazione interna e costiera tranquilla sotto il profilo meteorologico e sicura dalle insidie dei pirati che ben difficilmente si sarebbero spinti in quei bracci di mare così insidiosi. In queste condizioni crebbe una navigazione da diporto che veniva praticata con imbarcazioni a fondo quasi piatto per navigare in acque poco profonde e munite di due derive laterali indispensabili per bilanciare la spinta del vento al traverso sulle vele ed evitare lo scarrocciamento. Potremmo dire che queste imbarcazioni, nate con vocazione commerciale, per trasportare derrate e persone, venivano utilizzate per trascorrere qualche ora di svago sui 82

canali e fiumi con qualche breve puntata in acque libere. E così sarebbe proseguita pigramente l’attività diportistica dei ricchi borghesi olandesi se la storia , come spesso accade, non avesse creato le condizioni perché avvenisse un fatto che determinerà poi la nascita della marineria da diporto e cioè, mutuando il termine dalla lingua olandese, dello yachting. Era l’anno 1660 quando il principe Carlo Stuart , già in esilio in Olanda ove si dilettava di qualche navigazione, portato sul trono di Inghilterra dopo la morte del Cromwell con il nome di Carlo II, in un pubblico discorso rivolto ai dignitari di corte lodò le qualità dello “jaght” sul quale aveva lungamente navigato durante il forzato distacco dalla patria dichiarando che se ne avrebbe fatto costruire uno per navigare sul Tamigi. La diplomazia olandese, con molta probabilità, non volendo perdere una facile occasione per ingraziarsi il potente sovrano provvide senza indugio a recapitargliene uno, del tutto simile a quelli

utilizzati dal sovrano nei tempi d’esilio che era lungo poco meno di 16 metri, largo poco meno di 6 ed era armato con 10 cannoni. Lo governava un equipaggio di 20 uomini. Nell’agosto del 1660 il “Mary”, questo il nome dello yacht, si dice in onore della sorella del re, già costruito per la compagnia delle indie orientali, risaliva il Tamigi, dono del borgomastro di Amsterdam. Le cronache registrano che “il re era andato a vedere, fin dalle 5 della mattina, il passaggio, sotto il ponte sul Tamigi, della nave da diporto olandese” che poi ormeggiò al molo di Whitehall. La passione del re si trasferì rapidamente ai cortigiani, o forse più semplicemente, proprio perché cortigiani, costoro ritennero di dover compiacere il sovrano. In entrambi i casi ciò costituì una fortuna perché nacque la prima flotta da diporto della storia. Nello stesso anno infatti, non volendo essere secondi ai vicini olandesi, i


Nautica Story

Babordo e Tribordo, forse non tutti sanno che... Forse non tutti conoscono l’origine curiosa dei termini marinareschi, BABORDO e TRIBORDO, per la verità poco in uso nella marina italiana, ove si preferiscono, invece, le espressioni sinistra e dritta, per indicare il lato sinistro della nave, rispetto la sua direzione di moto, ed il lato opposto. Alcuni ritengono che l’origine del termine babordo debba essere fatto risalire all’olandese “bakboord”, cioè lato posto dietro e ciò a causa del fatto che un tempo la ruota del timone non era posta, come attualmente, in posizione ortogonale rispetto all’asse della nave, bensì in posizione coassiale e sul lato sinistro con l’effetto che il timoniere in manovra volgeva le spalle al lato sinistro che quindi era il “lato posto dietro”. Se questa potrebbe essere una ragionevole spiegazione per l’origine del termine “babordo”, difficile, per non dire inspiegabile, appare la genesi dello speculare termine “tribordo”. Alcuni ritengono che le espressioni simmetriche di “babordo” e “tribordo” trovino la loro origine nel none della nave francese “BATRIE”, come di consueto scritto sullo specchio di poppa con l’effetto che leggendo il nome l’incipit “BA” si trovasse al bordo sinistro per l’osservatore da cui , in francese “ba-bord”, ed il completamento del termine “TRIE”- da pronunciarsi semplicemente “tri” a destra da cui “tri-bord”. La spiegazione è però vera o verisimile solo in parte; nella parte in cui dà ragione della genesi delle espressioni “babordo” e “tribordo” ma inverosimile nelle premesse di fatto. Innanzitutto non pare sia mai esistita un’improbabile nave a nome “Batrie” mentre è vero che sul naviglio militare francese del tempo, sul cassero di prua campeggiasse la scritta “ BATTERIE” “espace compris entre deux ponts sur un batiment de guerre”, come si esprime l’enciclopedia Larousse vale a dire la nostra “santabarbara” ove, ben lontano dal ponte di comando, venivano stivati inneschi e munizioni e prudentemente ne veniva data notizia con una imponente scritta sul fronte in modo che fosse visibile da tutto l’equipaggio. In tali termini è veramente ragionevole ritenere che i comandi, facendo riferimento al dato visivo, fossero semplificati e immediatamente percepibili da una ciurma rozza e certamente non scolarizzata.

costruttori locali cercarono di imitare il bastimento appena arrivato dal continente ed il famoso mastro d’ascia Christopher Pett costruì, sempre per il re, il Catherine, di dimensioni e conformazione analoghe al Mary, mentre Peter Pett varò Anne per il duca di York, fratello del re. Nel 1661, ormeggiati lungo le rive del Tamigi si dondolavano quindi quattro yachts. Il Mary, il Catherine, l’Anne e il Bezan, nel frattempo arrivato quale dono del re di Olanda al sovrano inglese. La presenza di quattro yachts, acque tranquille quali quelle del fiume, tempo libero ed un folto pubblico di cortigiani non potevano non far nascere la voglia di competere e nacquero così le prime regate. Possiamo quindi far risalire la data di nascita dello yachting al regno di Carlo II di Inghilterra. |

Nella pagina precedente raffigurazione pittorica di un battello olandese del XVII secolo in navigazione con il vento in poppa In questa pagina Sopra: raffigurazione pittorica di un vascello simile al “ Mary” Sotto: Union, piccolo sloop ( imbarcazione ad un solo albero) raffigurato in una stampa del XVIII secolo in navigazione sul Tamigi

Si sentiva il mare, come una slavina continua, tuono incessante di un temporale figlio di chissà che cielo. Non smetteva un attimo. Non conosceva stanchezza. Non consceva clemenza. Se tu lo guardi te ne accorgi: di quanto rumore faccia. Ma nel buio… Tutto quell’infinito diventa solo fragore, muro di suono, urlo assillante e cieco. Non lo spegni, il mare, quando brucia la notte. Alessandro Baricco

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Il TEMPO della semina

Continua, “Attimo dopo attimo” il dossier dedicato alle “Forme del tempo”. Nel ciclo della natura l’estate è il momento della mietitura: ma nessun frutto nasce senza il lavoro della semina. Un lavoro faticoso, paziente, complesso nella sua straordinaria semplicità. Come nella vita anche le grandi aziende arrivano a importanti risultati solo dopo aver saputo seminare il proprio terreno. Ecco il tempo della semina secondo “Serafi no Consoli” a cura di Ivan Consoli

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B&G Dossier - LE FORME DEL TEMPO


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A sinistra: Ivan Consoli nella sua gioielleria A destra: Contadinella che lega i Covoni di Vincent Van Gogh

Quando si guarda un campo di grano nessuno pensa al contadino che ha lavorato la terra, gettato i semi, controllato il suo grano durante tutto l’inverno, combattuto le erbacce e ha tremato per il suo raccolto quando la tempesta e i temporali hanno minacciato le spighe che stavano maturando

Lo sguardo corre fuori dal finestrino, tra il giallo intenso delle spighe ormai mature. I campi di grano riempiono i paesaggi delle nostre campagne e il pensiero di molti di noi si sofferma su quei frutti della terra pronti per essere raccolti. L’estate è il tempo della mietitura e il suo splendore si presenta davanti a noi come un quadro che ci lascia il solo spazio dell’essere spettatori. La bellezza dell’istante tradisce il nostro pensiero: perché nessuno pensa al contadino che ha lavorato la terra, gettato i semi, controllato il suo grano durante tutto l’inverno, combattuto le erbacce e ha tremato per il suo raccolto quando la tempesta e i temporali hanno minacciato le spighe che stavano maturando. Dietro la bellezza del frutto maturo c’è l’instancabile lavoro dell’uomo che ha saputo seminare nel modo giusto e difendere dalle intemperie e dalle aggressioni il suo terreno. Affinché ci sia un tempo per la mietitura è necessario ancor più quello della semina. Vale nella natura, come nella vita e nell’impresa. Creare le condizioni, pensare agli

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B&G Dossier - LE FORME DEL TEMPO


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luglio - agosto 2009

Coltivatori di patate, Millet

Le rationes seminales Le “rationes seminales” sono un concetto di origine stoica, giunto alla filosofia medievale dalla tradizione neoplatonica, già accolta da Agostino. Germi posti da Dio nella materia in modo tale che, grazie alla loro forza e all’azione di altri agenti naturali, scaturiscano da essi le forme delle cose. Le “rationes seminales” sono, dunque, come un abbozzo di forma, il suo inizio dalle viscere della materia, sua forza interna che le consente un certo sviluppo. Il particolare tipo di unione e di azione reciproca (communicatio) che si realizza tra una certa materia e una certa forma costituisce, per Bonaventura da Bagnoregio, il principio di indiviwww.serafinoconsoli.it

duazione delle sostanze. La forma è l’essenza che restringe e definisce la materia a un determinato essere, ed è universale in quanto può realizzarsi in una molteplicità di individui.

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Di generazione in generazione la lezione di mio padre è diventata il nostro tesoro e ancora oggi il tempo della semina continua perché non si può godere dei frutti senza continuare a lavorare per l’inverno che verrà e, poi, la nuova estate

le spigolatrici, Millet

Arte e realismo: la semina e lavoro nei campi Con l’esposizione al Salon di Parigi nel 1824 dei dipinti di Constable si diffuse il gusto per la pittura all’aperto, metodo usato dall’artista per eseguire i suoi bozzetti o studi che poi usava in atelier per le sue opere. In particolar modo il suo esempio venne seguito da pittori di Barbizon che gradualmente giunsero a realizzare le loro opere all’aperto (anche se le più grandi erano ancora eseguite in studio). L’arte realista incontra la vita nei campi, i paesaggi rurali, il ciclo delle stagioni. Personaggio emergente da questo gruppo fu Rousseau che nell’esposizione di Parigi del 1855 iniziò la fortuna della scuola di Barbizon. Millet si associò agli artisti di questa scuola dal 1849, ma poi gradualmente, inserendo nei paesaggi dei personaggi, si staccò e nelle sue tele trattò preferibilmente temi di vita, religiosità contadina e lavoro agricolo (Le spigolatrici, Coltivatori di patate).

obiettivi, guardare al di là dell’orizzonte: il tempo della semina è il tempo della pazienza, della dedizione, dell’esperienza che si somma “attimo dopo attimo”. Me l’ha insegnato mio padre Serafino, che ha dedicato 30 anni della sua vita a seminare per costruire un progetto di cui oggi si cominciano a vedere i frutti. Il progetto di una gioielleria capace di diventare essa stessa un marchio d’eccellenza tra i marchi che a sua volta rappresenta. Di generazione in generazione la lezione di mio padre è diventa-

ta il nostro tesoro e ancora oggi il tempo della semina continua, perché non si può godere dei frutti senza continuare a lavorare per l’inverno che verrà e, poi, la nuova estate. Un ciclo. Fatto di attimi di cui conosco il sapore uno per uno. “Attimo dopo attimo” continua la nostra semina, il nostro sogno che s’avvera grazie al lavoro, alla passione e a un pizzico di follia. Perché il tempo della semina è la magica follia della speranza, di qualcosa di straordinario che nascerà in barba alle intemperie e al gelo. | 89


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luglio - agosto 2009

GlashĂźtte capitale della grande orologeria tedesca

Nell’immagine: il Pano Inverse

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Oltre 160 anni di storia per un marchio capace di restare sempre al passo con i tempi. Severissimi standard di qualitĂ , cura maniacale per i dettagli e una grandissima capacitĂ di coniugare la tradizione con la tecnologia piĂš innovativa: il successo della casa sassone comincia da qui 91


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luglio - agosto 2009

Il tempo della semina ha origini lontane per un marchio dell’eccellenza orologiera come Glashütte Original, conosciuto in tutto il mondo per l’elevato standard di qualità e la grandissima precisione. Tutto ha inizio nel maggio del 1845, quando il governo della Sassonia affida al maestro orologiaio di Dresda F. Adolf Lange l’incarico di fondare una fabbrica di orologi, nella piccola città situata al margine dei Monti metalliferi orientali dove regna una grande povertà. L’avvio dell’attività di formazione dei maestri orologiai, che risale al 7 dicembre 1845, getta le basi dell’orologeria tedesca di precisione. Certo, non tutti gli ex scudieri, ispettori di miniera e cestai erano nati per fare gli orologiai: tuttavia, la grande abilità e l’instancabile impegno della popolazione locale fa nascere in breve tempo un contingente di artigiani estremamente capaci.

L’avvio dell’attività di formazione dei maestri orologiai, che risale al 7 dicembre 1845, getta le basi dell’orologeria tedesca di precisione. Certo, non tutti gli ex scudieri, ispettori di miniera e cestai di Glashütte erano nati per fare gli orologiai: tuttavia, la grande abilità e l’instancabile impegno della popolazione locale fa nascere in breve tempo un contingente di

Negli anni successivi, oltre a F.A. Lange anche altri maestri orologiai come J. Assmann, A. Schneider, L. Strasser e G. Rohde, E. Kasiske si stabiliscono a Glashütte. Ma anche commercianti come Johannes Dürrstein trovano ben presto la strada per Glashütte. A tutte queste personalità si deve la fama unica al mondo di cui godono gli orologi da tasca di precisione nati a Glashütte. Con la fondazione nel 1878 della “Deutsche Uhrmacherschule“ (Scuola tedesca per l’orologeria) e il successo dell’ope-

artigiani estremamente capaci

a destra Un dettaglio di un mastro orologiaio impegnato nella lavorazione Sotto La sede della casa manifatturiera

ra di Moritz Großmann e di Alfred Helwig, Glashütte è finalmente consacrata Mecca dell’orologeria tedesca. Il primo conflitto mondiale e la susseguente crisi economica mondiale mettono provvisoriamente fine alla prima epoca di fioritura dell’arte orologiaia di Glashütte. Ma ben presto, dalle rovine delle vecchie officine nascono nuove aziende con una forte produzione industriale di serie. Il primo orologio tedesco da polso di Glashütte fa trionfalmente il giro del mondo e porta nuovi allori. Il secondo conflitto mondiale interrompe nuovamente la ripresa economica dell’industria orologiaia di Glashütte. Dopo il 1945 la ripresa della produzione è gravemente compromessa sia dalla distruzione e dallo smantellamento di numerosi impianti di fabbricazione, sia dal totale isolamento rispetto al mercato orologiaio europeo. In questa situazione molto delicata, Glashütte sa far fruttare una volta di più il know-how, lo spirito innovativo e l’autonomia di produzione che le sono propri. Alla fine del 1946 si ricomincia già a produrre i primi meccanismi. Nel contesto della nuova compagine economica, nel luglio del 1951 si procede alla fusione di tutte le aziende ancora esistenti, da A. Lange & Söhne ad UROFA, nella VEB Glashütter Uhrenbetrieb. Durante il quarantennio successivo, l’isolamento economico conduce ripetutamente a nuovi sviluppi nonché a soluzioni del tutto originali nel campo della tecnica di fabbricazione e della meccanica di precisione. In seguito alla riunificazione tedesca, si accolgono rapidamente le tendenze in atto gettando le basi per il rientro dell’orologeria tede92


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luglio - agosto 2009

sca di precisione nel prestigioso mondo della “Haute Horlogerie“. Il Glashütter Uhrenbetrieb viene trasformato in una società a responsabilità limitata e privatizzato nel 1994. A partire da quella data, il marchio “Glashütte Original“ rappresenta la storia e il futuro di questa manifattura ricca di tradizione. Da questa fucina nascono oggi nuovamente capolavori meccanici realizzati con una grande autonomia produttiva e nel pieno rispetto dei severi standard dell’orologeria di Glashütte. Un esempio dell’eccellenza è il Senator Chronometer, il primo segnatempo della manifattura sassone a essere accompagnato da un certificato ufficiale di cronometria. Novità tecnica di particolare interesse è la perfetta sincronizzazione della sfera dei secondi e dei minuti ora resa possibile grazie a un nuovo meccanismo stop/reset che permette di mettere l’orologio in ora con grande facilità. Sul fronte estetico è forte il richiamo alla tradizone sassone degli orologi da tasca, impreziosita da un fondello in vetro zaffiro antiriflesso che protegge il Calibro a carica manuale 58-01 e permette di ammirarne tutta la complessa meccanica. Ma Glashütte sa concepire anche collezioni sportive con modelli di assoluto valore come lo Sport Evolution Impact Gran Data. Un orologio “di polso” con la cassa in acciaio da 46 mm rivestita con gomma nera opaca che, conferisce all’intero orologio un look ancor più grintoso e sportivo. Un orologio adatto all’uso in qualsiasi attività sportiva grazie all’applicazione al movimento di 4 ammortizzatori, realizzati in uno speciale elastomero, in grado di assorbire il 60% della forza sviluppata da un urto o da qualsiasi altra sollecitazione meccanica esterna. Tale sistema anti-shock assicura quindi una perfetta affidabilità e la massima precisione anche nelle condizioni d’uso più estreme. |

Breve Storia 1845 - Ferdinand A. Lange fonda la prima manifattura di orologi di Glashütte. 1852 - Julius Assmann avvia la produzione di orologi da tasca. 1878 - Moritz Grossmann dà vita alla Scuola tedesca per l’orologeria di Glashütte. 1893 - Johannes Dürrstein fonda la UNION Taschenuhrenfabrik. 1904 - Dalla Uhrenfabrik Ernst Kassiske nasce la Glashütter PräzisionsUhrenfabrik AG. 1927 - Fondazione della Uhren-Rohwerke-Fabrik Glashütte AG (UROFA). Sopra Lo Sport Evo Impact Gran Data

1951 - I fabbricanti locali rimasti si raggruppano nella VEB Glashütter Uhren-

Nella pagina accanto Chronometer Gold Detail

1990 - La VEB Glashütter Uhrenbetriebe viene trasformata nella Glashütter

betriebe. Uhrenbetrieb GmbH. 1994 - La Glashütter Uhrenbetrieb GmbH viene privatizzata. I nuovi orologi prodotti dalla Manifattura recano il marchio Glashütte Original. 2000 - Vendita delle quote sociali al più grande gruppo orologiero del mondo,

www.glashuette-original.com

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the Swatch Group S.p.A.


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luglio - agosto 2009

La maison svizzera da sempre sinonimo d’innovazione e tecnologia, guarda al rinnovamento puntando sulla coerenza con la propria fi losofia di qualità e creatività. E su i suoi “4 pilastri”: Admiral’s Cup, Romvlvs, Golden Bridge e Artisans Rinnovarsi secondo un profondo principio di coerenza. Per guardare avanti senza dimenticare la strada tracciata e costruire nuove prospettive al passo con i tempi e con i gusti sempre più raffinati di un pubblico esigente. Negli ultimi anni, infatti, Corum ha avviato una profonda metamorfosi che le ha permesso di raggiungere proprio questa coerenza totale del prodotto rispetto alle esigenze di qualità e di creatività alla base della marca. Tutto questo grazie a un’integrazione dei mestieri, lo sviluppo di strumenti di produzione, la valorizzazione del capitale umano, la formazione sono chiaramente il risultato degli investimenti razionali effettuati da Corum. Una marca che oggi ha ritrovato la perfetta armonia con il proprio DNA.

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La “CHIAVE” di volta della filosofia Corum

Nell’immagine: dettaglio del movimento del TI-Bridge

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maggio - giugno 2009

Nell’immagine: il TI-Bridge Sotto da sinistra l’Admiral’s Cup Gmt L’Admiral’s Cup Black Challenge Il Golden Bridge Lady

La storia L’avventura ha inizio con Renè Bannwart, chiamato dallo zio Gaston Ries, per gestire con lui il laboratorio di orologeria creato nel 1924 a La Chaux-de-Fonds, in Svizzera Insieme lo trasformano in una Maison orologiera proprietaria della propria marca: CORUM (1955). L’emblema della marca, una chiave rivolta verso il cielo, simboleggia il mistero da svelare, l’enigma da risolvere, i nuovi territori da esplorare e l’innovazione. Essa ricorda anche che l’orologiaio deve dimostrare grandi doti di ingegnosità, di perseveranza e di audacia per riuscire a gestire al meglio il tempo che scorre inesorabile. Nel 1956 vengono lanciati sul mercato i primi orologi CORUM, svelando una casca-

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ta di nuove idee coronate di successo. Dal primo “Admiral’s Cup” al “Coin Watch” indossato da numerosi presidenti degli Stati Uniti, dal “Romvlvs” al “Rolls-Royce” con l’innovativa partnership con la nota marca automobilistica, dal “Golden Bridge” al “Météorite” realizzato con un frammento di un autentico meteorite, fino alle più recenti rivisitazioni di alcuni storici modelli. All’alba del XXI secolo Nel 2000, CORUM riceve il premio GAÏA dal Museo Internazionale dell’Orologeria, nella categoria «Artigianato & Creazione». Un riconoscimento simbolico attribuito a René Bannwart per il suo contributo alla storia dell’orologeria e alla cultura.

Nel gennaio 2000, l’arrivo di un nuovo proprietario e presidente - Severin Wunderman, icona dell’industria orologiera di fama internazionale – ridona un nuovo impulso a CORUM. Con la sua creatività e la sua ingegnosità, egli dà un nuovo dinamismo alla Maison, sostenuto dal figlio Michael, nominato Vicepresidente. Su richiesta di Severin Wunderman, Antonio Calce entra a far parte di Corum nel 2005. Essi definiscono a tre una strategia per conquistare nuovi orizzonti, pur restando fedeli allo spirito pionieristico e indipendente che ha decretato il successo della marca. Il 25 giugno 2008, Severin Wunderman muore all’età di 69 anni. La sua scomparsa è uno choc brutale sia per la sua famiglia sia per l’insieme


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L’ orologiaio deve dimostrare grandi doti di ingegnosità, di perseveranza e di audacia per riuscire a gestire al meglio il tempo che scorre inesorabile

del personale della Maison in tutto il mondo. Ma l’azienda trova la forza di reagire. Il 18 agosto 2008, CORUM nomina Presidente del consiglio di amministrazione Serge Weinberg – amico personale e consulente finanziario di Severin Wunderman. Fondatore dell’impresa d’investimenti Weinberg Capital Partners, attivo nelle operazioni di fusione e acquisizione, come pure nella gestione immobiliare, egli apporta all’impresa l’esperienza accumulata nel settore dei beni di lusso. Corum oggi Oggi la Maison continua a essere diretta da Antonio Calce. Essendo un uomo legato ai prodotti, imprenditore e unificatore, Antonio Calce continua sul lungo termine la strategia prodotti iniziata nel 2005, basata su 4 collezioni chiave, che con il tempo si sono trasformate nei 4 pilastri di sviluppo. Valorizzando la legittimità e spingendo il prodotto al centro della sua strategia, CORUM vanta un forte tasso di crescita del proprio fatturato.

I quattro pilastri di Corum Posizionata come una marca esclusiva, Corum propone delle collezioni orologiere di altissima qualità, dal design innovativo e unico, animate da movimenti meccanici considerevolmente evoluti. Le sue 150 referenze attuali, ripartite in quattro pilastri chiave - Admiral’s Cup, Romvlvs, Golden Bridge e Artisans – trovano la loro legittimità nella storia della marca. L’insieme delle collezioni propone dei modelli, i cui prezzi variano da 5mila franchi svizzeri a più di 1 milione di franchi svizzeri, valorizzando i metalli preziosi e le complicazioni orologiere.

Il tempo distrugge le cose costruite senza tempo. Proverbio Francese

www.corum.ch

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luglio - agosto 2009

Petriolo Spa & Resort è il protagonista di un angolo di paradiso immerso nella natura della Maremma, dove profumi e colori della Val di Farma offrono agli ospiti la possibilità di vivere un soggiorno indimenticabile

Petriolo Spa & Resort sorge in un vero e proprio angolo di paradiso immerso tra le magnifiche colline senesi e l’incontaminata Maremma. Un esclusivo Hotel 5 stelle, firmato Atahotels Luxury Emotions, a cui è stato assegnato, a distanza di un solo anno di apertura, il titolo di Most Excellent Spa 2009 dalla casa editrice Condé Nast Johansens. Troviamo, al suo interno, un raffinato connubio tra lo stile moderno e quello antico, ma il fiore all’occhiello resta la Medical SPA di 3500 metri quadrati suddivisa su 4 piani e circondata dai profumi e colori della Val di Farma. La SPA consente ai propri ospiti di beneficiare non solo delle proprietà curative dell’acqua a 43 gradi, ma anche della bellezza storica di un paradiso naturale, elogiato sin dall’antichità; una vasca che raccoglie le acque benefiche dei Bagni di Petriolo, un percorso emozionale rigeneracque con una zona umida con piscina natatoria, vasche idromassaggio, sauna finlandese, biologica e bagno turco, regalano agli ospiti un’esperienza sensoriale indimenticabile, nel segno del benessere e del lusso. L’acqua termale delle fonti di Petriolo è unica per le sue straordinarie proprietà terapeutiche, ricca di zolfo, preziosi minerali ed oligoelementi; scaturisce dalla sorgente situata sulla riva del torrente Farma con la portata media di circa 40 litri/sec. Il forte odore di zolfo che emana è dovuto alla presenza di idrogeno solforato in quantità notevoli, alla presenza di questo gas si devono i maggiori effetti terapeutici a livello dell’apparato respiratorio, della 100


Le perle del turismo

Wellness

Il a 5 stelle nel cuore della Maremma

pelle ed dell’apparato articolare e muscolo scheletrico. Dalla tradizione alla modernità la SPA di Petriolo si distingue per l’avanguardia dei servizi offerti che combinano in modo originale e armonico la tecnologia più avanzata con i classici trattamenti estetici, rivoluzionando così il modo tradizionale di intendere il wellness e il beauty. Petriolo Spa & Resort raccoglie, in un’unica proposta, prestigiosi spazi che raggiungono standard d’altissimo livello in diversi ambiti: dal comfort delle 87 camere (33 superior, 12 deluxe, 34 junior suite, 6 suite, 1 executive suite, 1 suite imperiale Papa Pio II) realizzate in stile classico ed elegante e arredate con particolare cura per i dettagli e ricercatezza, all’efficienza del centro congressi proposto in questo contesto secondo l’approccio olistico del business leisure. La nuova e articolata offerta bellezza e benessere raccoglie: Acqua

Termale delle sorgenti di Petriolo, Emotional SPA Life, l’Officina del Benessere e Petrolio Med Lab, il tutto modulato dalla presenza di selezionate professionalità mediche con la quale Il Petrolio Spa & Resort e il nuovo Direttore Sanitario dottor Luigi Brocchi affrontano la stagione 2009. Grazie alle straordinarie qualità dell’acqua termale si dà vita a una originale sequenza di trattamenti viso e corpo esclusivi, su una preparazione estemporanea con frutta e verdura, rigorosamente bio e stagionali, di maschere viso corpo, sull’arte del massaggio in tutte le più sofisticate declinazioni occidentali e orientali, su di un lussuoso massaggio in coppia. La supervisione medica segue il cliente durante tutto il suo soggiorno, orientandolo nelle scelte o esigenze, e mettendo a disposizione il meglio della medicina estetica e antiaging, un centro di Medicina Naturale, Medicina Cinese e Fitoterapia, un servizio di 101


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luglio - agosto 2009

In apertura di servizio ristorante Brigante, bar Sughera e piscine esterne notturne Nell’immagine piscine esterne al tramonto Sotto interno di camera

Nell’immagine parte esterna della struttura In bianco e nero Dott. Luigi Brocchi e l’executive chef Pasquale D’Ambrosio

Petriolo SPA & Resort, un luogo dedicato a chi ricerca il piacere dell’armonia e del relax in un ambiente prezioso, dove guardare alla cura di sé come ad una priorità Reumatologia con valutazione, diagnosi e prevenzione per l’osteoporosi e la riabilitazione muscolo osteo-articolare in palestra ed in acqua termale, un servizio di angiologia per la prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione delle patologie vascolari degli arti inferiori, un centro di riferimento per l’osteopatia ed i trattamenti osteopatici ed infine un approccio originale all’alimentazione ed alla forma con la bioterapia nutrizionale, ovvero dimagrire con il valore terapeutico e l’associazione dei cibi. In linea con le radici di Petriolo Spa & Resort, la filosofia di bellezza e benessere, il modo di intendere l’Emotional SPA Life®, oltre alla selezionata offerta di trattamenti presenti, ognuno frutto singolarmente di sostanza, creatività e passione, permette di interagire fortemente con le stupende materie prime, piante, fiori, frutti che la natura mette a disposizione, rispettando il ciclo delle stagioni, la maturazione, la fioritura, i tempi di raccolta, dettati anche dalle fasi della luna, o dall’alternarsi del giorno e della notte. Con queste premesse, il Direttore sanitario 102

Luigi Brocchi e l’executive chef Pasquale D’Ambrosio, hanno mescolato insieme scienza, arte, genio e follia, per mettere a disposizione dei clienti la possibilità di scegliere qualcosa di speciale dalla “Carta del trattamento cosmetico del mese”, che verrà preparato al momento della richiesta, nell’intento di trasmettere a corpo e mente ciò che anima queste parti.La proposta gastronomica di Petriolo Spa & Resort segue due linee, una costruita attorno ai prodotti della terra toscana, ma senza rimanere troppo ancorata alla tradizione, l’altra riguardante il benessere ed incentrata su un menù salutista. A dirigere la scena è lo chef Pasquale D’Ambrosio, napoletano di nascita, ma cittadino del mondo nella vita, soprattutto quando è ai fornelli. Il paroliere del gusto, come usa definirsi lo Chef, non ama snaturare la natura e da buon napoletano unisce entusiasmo e prodotti partenopei alla tradizione locale; esclusivamente e solo presso il panoramico ristorante “Petriolo” si possono assaggiare

la pappa al pomodoro accompagnata da una caprese di branzino con mozzarella di bufala o il perfetto connubio tra pici, fave, guancialetto e pecorino di Pienza. Nel ristorante “Erica” fanno, invece, da padrone, l’equilibrio ed il giusto bilanciamento tra sapore ed apporto calorico, per chi desidera un soggiorno all’insegna del benessere totale. Infine, il ristorante “Brigante”, situato a bordo delle piscine esterne, è il luogo ideale dove ogni evento diventa unico ed indimenticabile. Ora non è più necessario dare solo spazio alla fantasia, anche voi potrete vivere da protagonisti questa magica realtà all’insegna del lusso, del gusto e del benessere. |

L’uomo sereno procura serenità a sé e agli altri. Epicuro www.atahotels.it/petriolo


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luglio - agosto 2009

Viaggio in Canada

tra Ontario e Québec

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Un Paese di emozioni da assaporare “slowly”


Turismo a cinque stelle

Il Canada è un incontro con l’emozione: ovunque si rimane sorpresi da una natura coinvolgente dove l’uomo è ospite e non padrone e i deliziosi villaggi e le città che punteggiano questo vasto territorio regalano l’accoglienza di una popolazione piena di gioia di vivere in collaborazione con Bradipo Travel Designer

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luglio - agosto 2009

Il Québec, francofono e gourmet, definito anche “La Belle Province” è la regione più estesa del Canada e offre in un unico territorio un paesaggio variegato: nel nord distese di tundra artica spazzata dal vento, al centro selvagge foreste boreali, nel sud morbide campagne coltivate e a est litorali frastagliati. Oltre all’affascinante Québec City, Montreal è una città esuberante. L’Ontario, moderno e americano, è la seconda provincia in ordine di grandezza, qui inaspettatamente si susseguono laghi, fitti tratti di foreste, spiagge invitanti, colline ricoperte di vigneti e canyon nascosti. Non mancano però le metropoli importanti come Toronto e la capitale Ottawa. Un Paese da vivere senza fretta, undici giorni alla scoperta delle province del Québec e dell’Ontario, tra le metropoli canadesi, le riserve, i laghi e le foreste, per imprimersi negli occhi e nel cuore la magia di una ter-

Nella doppia di apertura Cascate del Niagara in questa pagina in alto Algonquin Park nell’Ontario In basso Frontenac del Québec

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ra dove gli spazi non hanno confini. Tutto ha inizio da Toronto con una breve visita della città. Immancabile la gita alle Niagara Falls a bordo di un elicottero, per sentire l’immensa potenza della natura concentrata in un salto d’acqua così grandioso che lascia senza parole. Dopo la pausa gustosa con menu gourmet, passaggio obbligato alla cittadina Niagara on the Lake prima del rientro a Toronto, dove si alloggia al Fairmont Royal York. Lo storico hotel è in una posizione centrale, a poca distanza da negozi e teatri, dal quartiere finanziario e dalla celebre CN Tower: da qui è anche facile raggiungere i luoghi più vivaci e godere dell’atmosfera notturna della città. Per chi invece desidera rilassarsi l’hotel mette a disposizione degli ospiti una piscina coperta, l’health club, la sauna e l’idromassaggio, oltre che sei ristoranti e quattro bar.

Tappa seguente Montebello, attraversando la suggestiva regione di “Thousand Island” e gustando un incantevole pranzo a bordo di una barca. Per chi desidera un po’ di adrenalina da provare l’esperienza di guida di un fuoristrada accompagnati da un driver professionista. Delizioso il sapore dello sciroppo d’acero che si assaggia a La Sucrerie de la Montagne. Durante le due notti a Montebello dormirete in deluxe room al Fairmont Le Chateau, costruito interamente in legno negli anni ‘30 e situato nel cuore di un’immensa proprietà. Per gli amanti del galoppo ci sono le escursioni a cavallo, per gli amanti del golf un prestigioso campo a 18 buche. Montreal si raggiunge subito dopo e rapisce per la sua atmosfera e per il fascino metropolitano. I suoi angoli più nascosti vi verranno svelati grazie all’esperta guida privata. Proverete la cucina unita all’amore per la birra locale canadese al ristorante Fourquet Fourchette. L’hotel Fairmont Queen Elizabeth, nella parte vecchia della città a pochi passi dal centro, vi ospiterà in una delle sue confortevoli camere. Per i più audaci si possono programmare uscite di rafting o gite in canoa. Si raggiunge poi Lac-à-la-Tortue per un sorvolo in aereo del fiume Majestic St.Maurice, la vista di laghi e boschi rigogliosi da lassù è davvero meravigliosa. E per sentirsi a casa in mezzo al verde della natura incontaminata si pernotta in camera deluxe presso il Manoir St-Castin a Lac Beauport, che ha una lunga tradizione di ospitalità. Qui le giornate sono dedicate all’avventura tra brevi tragitti in canoa, la scoperta delle tane dei castori, l’avvistamento degli orsi e l’apprendimento delle tecniche di sopravvivenza - caccia, pesca, raccolta di frutti e piante – e nelle capanne


Turismo a cinque stelle

in questa pagina in alto Vista della cittĂ di Toronto in questa pagina in basso Casa Loma, storica casa museo di Toronto

in questa pagina Una affascinante cascata in QuĂŠbec

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luglio - agosto 2009

in questa pagina ina alto Lago Ontario

INFO UTILI SUL CANADA Capitale Ottawa Stagionalità e clima Estremamente vario secondo la zona. In Canada gli inverni sono molto rigidi, soprattutto in gennaio e febbraio. Per il resto si va da clima continentale mitigato nella fascia atlantica a un clima continentale nelle pianure centrali e nelle zone montuose, con inverni freddi ed estati secche. Clima temperato nel Nord Pacifico e clima subtropicale nel Sud Pacifico, con inverni miti ed estati secche. Clima tropicale in Florida e Golfo del Messico, con inverni miti, estati umide e rischio di uragani da agosto ad ottobre. Documenti Per i cittadini italiani serve il passaporto in corso di validità e non necessita alcun visto per soggiorni inferiori ai tre mesi. Se si passa dagli Stati Uniti, è necessario il passaporto idoneo per il “Programma Viaggio senza Visto” (“Visa Waiver Program” www.usembassy.it/visa/defaultit.asp). Lingua L’inglese e il francese sono le lingue ufficiali. Religione Sono presenti la maggior parte delle religioni esistenti. Fuso orario Rispetto all’ora italiana, Eastern time -6 ore, Central time -7 ore, Mountain time -8 ore, Pacific time -9 ore, Alaska -10 ore, Hawaii -11 ore. L’ora legale, di norma, viene adottata da fine aprile a fine ottobre. Moneta Dollaro canadese. Un dollaro canadese equivale a 0.6387 Euro.

“courer des bois” raggiunte tramite un ponte sospeso. E’ possibile anche organizzare uscite di pesca alla trota con guide specializzate oppure percorsi di trekking lungo il sentiero Du Moulin. Per rilassarsi un delizioso pic-nic immersi nella foresta. Da visitare assolutamente Old Québec, magnifica in qualsiasi momento dell’anno. Si raggiunge quindi La Malbaie per trascorrere la notte al Fairmont Manoir Richelieu e godere della vista del fiume San Lorenzo dalla propria suite. L’hotel, splendida costruzione storica ricca di tradizione, è inserito in un particolare contesto tra il mare e le montagne di Charlevoix, città dichiarata dall’Unesco “Riserva 108

mondiale della Biosfera”, contornata da delicate colline e fonte di ispirazione per molti artisti grazie alla vista mozzafiato che offre. Golf, whale-watching, crociere sul fiume, sci di fondo e campi da tennis sono solo alcune delle attività che renderanno il vostro soggiorno intenso e memorabile. Si prosegue verso Tadoussac, un pittoresco villaggio vicino alle foreste della regione di Saguenay, per avvistare le balene. Si raggiungono quindi Baie-Saint-Paul e Montmorency Falls, sito storico dove ammirare lo splendore delle cascate. Si giunge infine a Quebec City per osservarla da una mongolfiera, liberi di ammirare dall’alto una delle città più affascinanti del Canada. Al termine del giro un aperitivo a base di champagne. Per la cena, imperdibile il gustoso ristorante panoramico Astral al 29° piano dell’hotel Loews Le Concorde. Il lento scorrere del fiume San Lorenzo visto dalla gold room del Fairmont Chateau Frontenac, uno dei simboli della città, vi trasmetterà una sensazione di calma e pace prima di andare a dormire. E per chi non si accontenta e desidera scoprire l’intero Stato c’è la possibilità di abbinare un itinerario privato nella parte occidentale del Canada e ampliare il viaggio alla scoperta della British Columbia e della provincia dell’ Alberta. Prima del volo di rientro un po’ di tempo è dedicato allo shopping per portare a casa un regalo, oltre alla miriade di immagini, parole, colori e sensazioni destinati a rimanere nel cuore dopo un viaggio in questa terra sconfinata. |

Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi. Marcel Proust

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La

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Bonnie

festeggia 50 anni con nuova grinta

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Mondo Moto

L’immagine dell’intramontabile gamma Triumph Bonneville si rinnova in vista del cinquantesimo anniversario del suo modello simbolo

L’immagine dell’intramontabile gamma Triumph Bonneville si rinnova in vista del cinquantesimo anniversario del suo modello simbolo. Fin dal lancio della versione originale, accolta nel 1959 dal plauso della critica, la Bonneville è sempre stata la moto più rappresentativa di Triumph. Nelle versioni più recenti, ispirate allo stile anni Settanta, il telaio presenta una serie di innovazioni volte a rendere la moto sempre più facile da guidare. A colpo d’occhio, la differenza più ovvia è costituita dalle nuove ruote in lega da 17’’, dai parafanghi di nuova concezione e dagli eleganti silenziatori a megafono mutuati dalla sportiva Thruxton. La nuova sella sfoggia con orgoglio il logo Triumph, stampato in bianco

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luglio - agosto 2009

sul bordo posteriore. Il manubrio è più vicino al pilota e l’altezza della sella è stata ridotta di 25millimetri, rendendo la posizione di guida ancora più rilassata e accessibile. La ruota anteriore più piccola e leggera migliora l’agilità e la manovrabilità della Bonneville, che si fa così guidare con sicurezza da chiunque. In onore alla praticità, l’elenco già lungo di accessori originali Triumph è stato arricchito con il portapacchi posteriore. Le linee pulite di questo modello sono esaltate dalle due opzioni di colore bianco e nero. Il rinomato bicilindrico parallelo da 865 centimetri cubi, raff reddato ad aria, resta il cuore e l’anima della Bonneville. Il manovellismo a 360° conferisce al motore le caratteristiche di un

bicilindrico classico, mentre il doppio contralbero e le tecniche di produzione all’avanguardia garantiscono un’affidabilità e una raffinatezza tutte moderne. Il novanta per cento della generosa coppia massima (69Nm a 5800 giri) viene mantenuto da circa 2500 giri fino al regime massimo, off rendo un’accelerazione regolare e gestibile in tutti i cinque rapporti. Disponibile anche nella versione Bonneville SE, che si distingue per la strumentazione completa di contagiri, fregi cromati sul serbatoio e carter motore in lega spazzolati. La SE è disponibile nera o nella elegante livrea bicolore, che abbina lo scuro Pacific Blue con il Fusion White. La nuova Bonnie 2009 rinnova la leggenda e

Scheda tecnica Triumph Bonneville 2009 Motore e trasmissione

Tipologia

2 cilindri in linea, raffreddato ad aria, Dohc, manovellismo a 360°

Cilindrata

865cc

Alesaggio x corsa

90 x 68 mm

Alimentazione

iniezione elettronica sequenziale Multipoint con sistema di iniezione dell’aria secondaria

Trasmissione finale

catena x-ring

Frizione

multidisco in bagno d’olio

Cambio

5 marce

Ciclistica: Telaio

traliccio in tubi d’acciaio

Forcellone

a doppio braccio, tubolare, in acciaio

Ruote anteriori

in lega a 7 razze, 17 x 3,0”

Ruote posteriori

in lega a 7 razze, 17 x 3,5”

Pneumatici anteriori

110/70 R17

Pneumatici posteriori

130/80 R17

Sospensioni anteriori

forcella Kayaba da 41mm, escursione ruota 120mm

Sospensioni posteriori

ammortizzatori Kayaba con precarico regolabile, escursione ruota 110mm

Freni anteriori

disco da 310mm con pinza Nissin flottante a 2 pistoncini

Freni posteriori

disco da 255mm con pinza Nissin flottante a 2 pistoncini

Pompa freno anteriore

pompa Nissin con serbatoio integrato, 11mm di diametro

Strumentazione

contachilometri e contagiri analogici con parzializzatore

Dimensoni: Lunghezza

2.144mm

Larghezza (al manubrio)

748mm

Altezza

1.100mm

Altezza sella

751mm

Interasse

1.454mm

Inclinazione Cannotto/Avancorsa

27º/106mm

Peso a secco

200kg

Capacità serbatoio

16,0 litri

Prestazioni (Valori misurati all’albero - DIN 70020):

112

Potenza massima

68CV / 50kW a 7.500 giri/min

Coppia massima

69Nm a 5.800 giri/min


Mondo Moto

Il manubrio è più vicino al pilota e l’altezza della sella è stata ridotta di 25 millimetri, rendendo la posizione di guida ancora più rilassata e accessibile. La ruota anteriore più piccola e leggera migliora l’agilità e la manovrabilità della Bonneville, che si fa così guidare con sicurezza la apre a una nuova generazione di motociclisti che vogliono distinguersi e tracciare da soli la strada da seguire. Un’icona nella Golden Age del motociclismo britannico, negli anni 60, la Bonneville continua a essere una pietra miliare della gamma anche oggi che Triumph è entrata in una nuova Golden Age, con il raggiungimento dell’obiettivo delle 50.000 moto prodotte nel 2008. Continua poi a fare parte della gamma anche la Bonneville T100 che, grazie al suo look anni 60 rappresenta la più classica fra le Classiche. La storia della Bonneville affonda le radici nel lontano 1959, quando Triumph presentò quel mezzo che rappresentava il massimo in fatto di sportività motociclistica. Chiamata così per celebrare il record di velocità conquistato sulle Bonneville Salt Flats nello Utah, USA, la prima Bonneville era essenzialmente una versione a due carburatori, da 46CV, della T110 Tiger. Divenne subito un oggetto da possedere, grazie al suo design e alle prestazioni esaltanti, ma anche per merito dei successi sulle piste. I giovani rocker la adottarono subito come scelta di stile, mentre i Cafe Racer dell’epoca la reputavano la miglior sportiva per le loro corse su strada. In poco tempo divenne la protagonista della scena della Swinging London e un pezzo della cultura inglese al pari della Mini, dei bus a due piani, della minigonna e di twiggy. Nel corso degli anni la Bonneville si è evoluta ma non ha mai smesso di essere l’icona genuina del motociclismo britannico. Il suo look si è trasformato passando dalle forme snelle degli inizi a quelle più concrete degli anni a cavallo fra i 60 e 70, e a quelle più spigolose tipiche degli

80. I motori, sempre fedeli all’architettura bicilindrica Triumph, sono cresciuti nella cilindrata da 650 a 750cc e hanno sposato nuove tecnologie. Soluzioni come frenia disco, avviamento elettrico, ruote forgiate, teste a quattro valvole fecero la loro comparsa e la Bonneville si trasformò un po’ per volta da hot-rod piuttosto improbabile in una motocicletta tradizionale e pratica. In effetti, una delle ultime Bonneville ad uscire dalla vecchia fabbrica Triumph di Meriden fu una motocicletta di ispirazione touring, conosciuta come “Executive”, con una verniciatura nero fumo, manubrio largo e borse... Quando Triumph dichiarò bancarotta a lo stabilimento di Meriden chiuse, il nuovo proprietario John Bloor diede licenza di produrre la Bonneville ad una società chiamata Racing Spares, che ne produsse 1200 esemplari tra il 1985 e il 1988. Ma, quando Triumph rinacque, nel 1990, concentrando gli sforzi su sofisticati e moderni motori a tre e quattro cilindri, sembrò che per la Bonnie non ci fosse più spazio. Ma non fu così sebbene il vecchio bicilindrico parallelo raff reddato ad aria fu consegnato alla storia. Nel 2001, la “nuova” Triumph - con base a Hinckley – realizzò una nuova versione della Bonneville motorizzata con un inedito bicilindrico parallelo da 790cc e 61CV, con cui pagava un tributo alle varianti degli anni 60. La nuova Bonnie non voleva però essere una copia, piuttosto una moderna motocicletta classica che faceva proprie le qualità che avevano reso famosa la sua progenitrice. Il successo non tardò ad arrivare, sia fra i triumphisti del passato e i tradizionalisti, che ritrovavano un buon

motivo per tornare in sella, sia fra i nuovi, che ne apprezzavano la praticità, sia fra gli individualisti, che potevano finalmente avere un oggetto unico e godere dell’autentico stile Triumph. La Bonneville continuò anche a essere la motocicletta preferita fra gli artisti e le star di Hollywood, proseguendo una tradizione nata insieme a lei: Da Brando a Clooney, da Dylan ad Alanis Morissette. E non smise di evolversi. Nel 2005, la versione T100 fu equipaggiata con un bicilindrico di maggiore cubatura - 865cc -, incremento ottenuto grazie a un aumento di 4mm dell’alesaggio. Questa motorizzazione fu estesa l’anno successivo a tutte la gamma delle Bonnie. Nel 2007 fu implementata con un sofisticato sistema di alimentazione ad iniezione elettronica, indispensabile per ottimizzare le emissioni e il consumo di carburante. La Bonneville era ormai diventata una moderna roadster. | Quando ero piccolissimo volevo essere libero. Dagli ordini. Dai gridolini della nonna. Dal pasticcio di carne della Domenica. Io ho sempre voluto essere libero. La libertà è una cosa che non c’è sempre. Non c’è sempre. Ma quando sta con te ti fa respirare bene. Ti fa stare forte e però buono. Come una giornata in campagna a pescare le rane. Come una serata davanti alla tv quando i genitori sono fuori. La libertà non la puoi mica toccare. O spiegare. Neppure regalarla. La puoi soltanto aspettare. E riconoscere. Estare contento quando c’è. Io, oggi che il tempo è passato e la nonnna è andata via, ogni tanto prendo la moto, e vado in giro. E mi sento libero. Vado piano. Guardo in giro. Annuso i profumi e il diesel dei camion. Cambio le marce e cambio strada. La motocicletta è la mia libertà. Carlo Talamo

www.triumph.co.uk

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Business & Gentlemen Pubblicazione bimestrale www.businessgentlemen.it Anno II – numero 7 - luglio/agosto 2009 Direttore responsabile Mauro Milesi mauro.milesi@cobalto.it Redazione Coordinamento: Laura Di Teodoro laura.diteodoro@cobalto.it In redazione e contenuti web: Desirée Cividini desiree.cividini@cobalto.it Segreteria: redazione@businessgentlemen.it Impaginazione Stefania Bugada, Enrico Benedetti Equipe tecnico-scientifica Daniela Andreini, Gianpaolo Baronchelli, Ivan Consoli, Andrea Bonalumi, Marco Maria Fumagalli, Roberto Magri, Andrea Manzoni, Leonardo Marabini, Ivan Mazzoleni, Cristina Moro, Maria Teresa Zorza

Aprire una vetrina sulla vostra azienda con link diretto dal sito della Campagna Essere ospiti Galgano agli Incontri - Confronti organizzati per l’occasione Testimoniare il ruolo sempre più strategico della Qualità per migliorare il nostro Paese Inserire la società ciet nel circuito di informazione nazionale verso i Media Personalizzare e diffondere difffondd la vostra adesione attraverso il simbolo della Campagna

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perché la Qualità consente di eliminare gli sprechi e migliorare la produttività; perché Qualità significa attenzione al cliente, innovazione, competitività; perché è solo sulla Qualità che si può mobilitare il Cuore e la Mente delle persone; perché la Qualità può essere ovunque, condiziona la nostra vita quotidiana e dipende da tutti noi; perché siamo convinti che rappresenti un valore centrale della Storia del nostro Paese, per la nostra civiltà e il nostro sviluppo economico. L’augurio è che la Qualità diventi veramente la priorità di ogni Direzione Aziendale. Le Aziende che aderiscono alla Campagna pubblicitaria media, affissioni e web, possono partecipare gratuitamente al Convegno

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GRUPPO GALGANO consulenti di direzione

Hanno collaborato Mario Alberto Catarozzo, Pier Paolo Ghetti Alice Sofia Neri, Alessandro Rossi, Simone Scelsa, Elena Sottocornola, Ilaria Maria Dondi Fotografie Matteo Mottari Archivi fotografici Casa.it, Damiani Group, Camozzi Group, Schneider Electric, Parà Spa, Euler Hermes Siac, Triumph, Petriolo Spa&Resort. Marboats, Immagini uffici stampa Barabino&Partners, Cohnwolfe, Iban, Aida Partners, Sound Pr, Bradipo Travel Design, Linea d’Ombra, Glashütte, Corum, Editore e Redazione Cobalto Srl via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350 Pubblicità Nazionale Cobalto Adv via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350 Account Executive Sara Franceschini sara.franceschini@cobalto.it Pubblicità per Brescia e Provincia Numerica Srl Via Gambara, 55 – 25121 Brescia Tel. 030.37401 – Fax 030 3772300 Coordinamento Giacomo Manini giacomo.manini@numerica.com Pubblicità per Monza e Brianza Marketing Planet Srl Via V. Emanuele, 15 – 20052 Monza Tel. 039 2308568 – Fax 039 2308576 Coordinamento Aldo Nobile a.nobile@mktplanet.it Stampa CPZ Spa via Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG) Testi e fotografie, forniti su qualsiasi supporto, anche non pubblicati non verranno restituiti. Registrazione presso il Tribunale di Bergamo n.5 del 7 febbraio 2008 N. iscrizione ROC 12491


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