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Peak&tip

L’eccezionale d’abitudine

di Luca Calzolari*

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A rendere eccezionale un evento è la sua (quasi) irripetibilità. Mai accaduto prima a memoria d’uomo, difficilmente accadrà di nuovo in futuro. Da qualche tempo però assistiamo a un susseguirsi di eventi climatici estremi che qualcuno si ostina a chiamare eccezionali. Ma così non è. Ciò che è successo solo poche settimane fa in Canada, quando il termometro ha registrato nella città di Lytton ben 49,6 gradi, è stato raccontato usando la lente dell’eccezionalità. Non ha stupito - non più di tanto, almeno - neppure il fatto che il caldo record abbia raggiunto il suo picco in un paese che ha una foglia d’acero come simbolo della bandiera e che è caratterizzato da inverni molto rigidi, laghi ghiacciati e vaste distese di neve. Insomma, nel nostro immaginario Canada fa rima con freddo. Eppure la colonnina di mercurio ha superato di circa 30 gradi la temperatura media stagionale. Vi invito a soffermarvi su questo dato: circa 30 gradi in più. Proseguiamo. Oltre a “caldo record”, qualcuno ha fatto leva sull’emotività della retorica titolando perfino “Canada, clima folle”. Secondo Federico Grazzini, meteorologo di Arpae – Simc e ricercatore alla Ludvig Maximilians Universität di Monaco di Baviera, all’origine di questo fenomeno ci sono fattori combinati. «È opinione comune che questo evento sia in parte dovuto al riscaldamento globale, che sta procedendo molto velocemente. C’è infatti un’accelerazione - prosegue il ricercatore. - Le temperature medie annuali globali sono in continuo aumento e i cinque anni più caldi di sempre sono stati registrati negli ultimi dieci... ». Da alcuni anni grazie a sofisticate simulazioni al computer si è sviluppata una vera e propria “scienza dell’attribuzione” che collega meteo e clima. La domanda chiave è: in che misura il riscaldamento globale influenza l’accadimento di un evento metereologico?. Dal 2015 l’iniziativa World Weather Attribution – WWA (www.worldweatherattribution.org) conduce analisi di attribuzione in tempo reale di eventi meteorologici estremi che si verificano in tutto il mondo. Sul proprio sito WWA titola così un post: “Il calore estremo del Nord America occidentale è praticamente impossibile senza il cambiamento climatico causato dall’uomo”. Nelle conclusioni gli scienziati del clima affermano che un evento del genere di quello canadese sarebbe stato virtualmente impossibile in era pre-industriale. L’attuale livello di riscaldamento globale ha reso le onde di calore estreme circa 150 volte più probabili. E allora qual è la risposta a questa situazione? «I governi si stanno muovendo verso un cambio di rotta, ma certamente non è sufficiente. I problemi ci sono già e ogni giorno immettiamo gas serra destinati a restare. Come singoli possiamo ridurre i nostri consumi, producendo meno emissioni e consumiamo meno energia da combustibili fossili», risponde Grazzini. Eventi climatici estremi come questi sono sempre più diffusi e sempre più frequenti. Infatti, quasi in contemporanea con quelle del Canada, le ondate di calore hanno colpito anche il Nord Africa e il Medio Oriente. In alcune città del Kuwait e dell’Iraq si sono superati i 51 gradi. Sappiamo che sono aree calde ma, dicono gli esperti, si sta parlando di temperature che, se perduranti, sono intollerabili per la vita degli esseri umani. Eventi eccezionali anche questi? Direi di no. Lo scioglimento delle calotte polari, la crescita del livello dei mari, i temporali improvvisi e devastanti, la siccità anomala e le ondate di calore senza precedenti, sono alcune delle conseguenze più evidenti di un fenomeno globale e diffuso che di fatto in tanti continuano a osservare proprio come se fosse un affare che non li riguarda. E invece, lo sappiamo, ci riguarda eccome. Quanto la questione preoccupi sempre più istituzioni, governi, scienziati, si percepisce anche dalla dialettica e dall’uso di certe parole che, prendendo le distanze da certi titoli sensazionalistici, fanno ben capire il livello di gravità. Se da una parte ormai legittimamente si parla di “crisi climatica” anziché “cambiamento climatico”, dall’altra c’è chi ha iniziato a usare parole ben più impegnative. Dopo che il caldo di Usa e Canada ha ucciso centinaia di persone e migliaia di animali, i funzionari dell’Oregon hanno iniziato a parlare di uno “sterminio di massa”. Un vero e proprio eccidio. L’adattamento e la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico sono urgenti per preparare le società a un futuro molto diverso dal passato. Per questo continuiamo a tenere accesi i riflettori su quello che probabilmente è il più grande problema dell’umanità del quale siamo in buona parte responsabili. Ecco perché quella che oggi va sotto il nome di ‘transizione ecologica’ è una missione prioritaria a difesa della vita e del pianeta. E, lo ripetiamo ancora una volta, non c’è tempo da perdere.

*Direttore Montagne360

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