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Francesco Bruschi Un bosco per il pianeta

Un bosco per il pianeta

Cosa possiamo fare per l’ambiente? I ragazzi dell’Alpinismo Giovanile del Cai Parma hanno piantato 250 piantine di abete bianco, dando il proprio contributo al ripopolamento di una specie arborea autoctona dell’Appennino emiliano. Una volta all’anno torneranno per controllare il loro stato di crescita

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di Lorenzo Arduini

Giulia (nove anni), Giorgia e Lorenzo (entrambi di undici) e Giada (diciassette anni) si sono sentiti parte di un qualcosa di grande, di utile e tangibile, si sono resi conto di aver dato il proprio contributo al benessere dell’Appennino di casa. Nonostante la giovanissima età, il motivo è chiarissimo a tutti e quattro: «abbiamo fatto una cosa importante per il pianeta, per il nostro mondo», dicono Giulia e Lorenzo. «Dobbiamo proteggere l’ambiente», aggiunge Giorgia. «Abbiamo compiuto un gesto concreto per la sua salvaguardia», conclude Giada. UN'INIZIATIVA EDUCATIVA E UTILE ALLA MONTAGNA Giulia, Giorgia, Lorenzo e Giada, insieme ai loro amici dell’Alpinismo Giovanile del Cai Parma (in tutto 35 ragazzi tra gli 8 e i 17 anni) hanno messo a dimora, in ottobre, 250 piantine di abete bianco autoctono in alta Val Parma, sopra al Lago Santo. Una giornata che ha rappresentato il primo passo di “Un bosco per il pianeta”, un progetto davvero lodevole, il primo del genere nel Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, con una forte valenza educativa per i più giovani. Un’iniziativa da annoverare sicuramente tra le buone pratiche, nata grazie alla sinergia tra Sezione, Parco, Ente di gestione parchi e biodiversità Emilia occidentale, Consiglio nazionale delle ricerche e Regione Emilia-Romagna (quest’ultima ha donato le piantine). La bella domenica autunnale ha visto i protagonisti raggiungere l’area designata, guanti e palette nelle mani e scarponcini ai piedi, insieme ai genitori e agli Accompagnatori. Uno di questi ultimi, Saverio Borrini, racconta: «abbiamo suddiviso i ragazzi in sei gruppi e siamo arrivati a destinazione seguendo itinerari diversi, così da garantire il distanziamento. I tecnici e gli esperti che erano con noi ci hanno poi istruito su come procedere alla piantumazione». I ragazzi hanno svolto il compito agevolmente: «è stato facile, dopo aver ascoltato le indicazioni di Simone», dice Giorgia. Il “Simone” citato è Simone Barbarotti, tecnico forestale incaricato dal Parco Nazionale, intervenuto insieme ad Antonia Cavalieri (Parchi Emilia Occidentale) e Andrea Piotti (ricercatore Cnr) per supportare

giovani e giovanissimi nella messa a dimora. «Gli «Abbiamo il compito di curare il nostro bosco affinché cresca bene, il prossimo anno torneremo tutti», affermano convinti Giulia, Lorenzo e Giada

A sinistra, le piantine di abete bianco autoctono. Nelle foto di questa pagina, alcuni momenti della piantumazione

esperti ci hanno aiutato e noi siamo riusciti a piantare bene le nostre piantine», conferma Giorgia. L'undicenne Lorenzo è d'accordo, anche se, ci tiene a precisare, «dopo aver ascoltato ho fatto tutto da solo».

L’ABETE BIANCO AUTOCTONO Il motivo della scelta dell’abete bianco autoctono è spiegato dal presidente del Cai Parma Gian Luca Giovanardi: «questi alberi erano presenti abbondantemente fino a qualche decennio fa sul nostro Appennino, poi sono stati tagliati e sostituiti dall’abete rosso. Oggi ne sono rimasti pochissimi esemplari. Abbiamo voluto dunque ripristinare una specie arborea tipica delle nostre montagne». Il progetto ha ricevuto il plauso del sopracitato Andrea Piotti, che ha scritto sui social network parole cariche di soddisfazione: «è raro vedere i risultati delle nostre ricerche tradursi in azioni concrete di conservazione. Ma quella di ottobre è stata, da questo punto di vista, una giornata veramente speciale. In più di dieci anni di lavoro abbiamo dimostrato l’autoctonia delle piccole popolazioni di abete bianco dell’Appennino parmense, abbiamo mostrato come gli abeti di mezza Europa provengano molto probabilmente da questi rifugi glaciali. Abbiamo purtroppo riscontrato i segnali di un forte impoverimento genetico in alcune di queste popolazioni e individuato quelle migliori per raccogliere semi per interventi di reintroduzione come questo. Queste piantine, una volta adulte, miglioreranno la variabilità genetica dell’abete bianco in questa area geografica importantissima per la storia evolutiva della specie».

UN PROGETTO CHE CONTINUA Come detto, questo è stato solo il primo passo di “Un bosco per il pianeta”: ogni partecipante ha apposto sulle piantine una targhetta biodegradabile con il proprio nome e quello degli amici assenti (per l’emergenza Covid è stato deciso di non portare l’intero gruppo giovanile parmense), in modo tale da “adottare” tutti i futuri alberi. «Torneremo qui ogni anno, organizzando un’escursione ad hoc», spiega Borrini. «Faremo i controlli e gli interventi necessari per aiutare le piantine a crescere, dando così vita, negli anni anni a venire, a un vero bosco, composto dagli abeti che c’erano un tempo sul nostro Appennino». Un impegno già fatto proprio dai giovani protagonisti di questo articolo: «abbiamo il compito di curare il nostro bosco affinché cresca bene, il prossimo anno torneremo tutti», affermano convinti Giulia, Lorenzo e Giada. «Tornerò sicuramente, ci tengo troppo», aggiunge Giorgia. Un giorno, dunque, i ragazzi parmensi, diventati adulti, potranno portare figli e nipoti ad ammirare la foresta che hanno fatto nascere.

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