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Il carnevale e altre storie | Tra sacro e profano
Tra i più antichi della Lucania, il Carnevale di Tricarico rievoca la transumanza e i cicli agricoli: mucche e tori attraversano il paese e aprono al lungo periodo della Quaresima
di Federico Santangelo - foto di Rosario Claps
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All’alba del 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate, santo protettore degli animali, è usanza che i fedeli, insieme ai propri animali - per i quali si invoca la grazia e la benevolenza del santo e che per l’occasione vengono agghindati con nastri, collanine e perline colorate - compiano tre giri intorno alla chiesa a lui dedicata per poi ricevere, a chiusura della messa, la benedizione da parte del prete. Lo stesso accade con la “mandria” di mucche e tori che, dopo aver dato la sveglia a tutto l’abitato e prima di scendere verso gli antichi vicoli del paese, compie tre giri attorno alla chiesa del santo.
LE MANDRIE, IL CONTE E LA CONTESSA
Si tratta del Carnevale di Tricarico, comune di circa cinquemila abitanti in provincia di Matera. Posto a 700 metri di altitudine, è uno dei centri storici di impronta medievale più importanti di tutta la Basilicata e il suo carnevale è uno dei più antichi della regione. I partecipanti a questa festa, che mescola sacralità e antiche superstizioni, si travestono da “mucche” e “tori”, per rievocare l’antico rito della transumanza, ma anche per ricordare i cicli agricoli: la maschera da mucca è costituita da un cappello a falda larga coperto da un foulard e da un velo e riccamente decorato con lunghi nastri multicolori che scendono lungo la schiena; poi si indossa una calzamaglia (nella pratica, i mutandoni che venivano utilizzati dai contadini) e altri foulards colorati al collo, ai fianchi, alle braccia e alle gambe. La maschera da toro, identica nella composizione, si distingue per essere completamente nera con alcuni nastri rossi sul cappello. Le maschere portano un campanaccio e si differenziano, oltre che per i colori e per il vestiario, anche proprio per il campanaccio, che è di diverse dimensioni e produce suoni dissimili a seconda che si tratti di un animale o dell’altro. La mandria è guidata dal capo-massaro e dai sotto-massari, che hanno la mansione di controllare i movimenti all’interno del corteo che è anticipato da una mucca con la campana più grande (scasatòr), la quale ha il compito di preparare la popolazione all’arrivo delle maschere. A seguire, posti alla fine del corteo, la mandria è accompagnata dai proprietari: il conte e la contessa.
L’IMPORTANZA DELLE TRADIZIONI LOCALI
Il 17 gennaio, giorno dedicato a Sant’Antonio Abate, si celebra il fuoco, ma anche il protettore del bestiame e dei campi. Per questo la manifestazione ha il potere di coinvolgere gli adulti e i più piccoli in un rito che riporta alle antiche tradizioni locali, alla cura della terra, all’importanza degli animali nell’economia agricola e di montagna. Ritornando al carnevale, il corteo si muove partendo dalla Chiesa di Sant’Antonio Abate per le vie del paese, attraversa il centro storico, e arriva al punto finale, piazza Garibaldi, dove il capo-massaro consegna la mandria al conte. Il tutto viene ripetuto la domenica prima del mercoledì delle Ceneri, con l’aggiunta di altri due personaggi alla manifestazione: Quaremma e il fantoccio di Carnevale. Il carnevale termina con Quaremma che piange la morte di Carnevale, il cui fantoccio viene bruciato, a simboleggiare il passaggio dal periodo carnevalesco al lungo periodo di Quaresima.