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Ambiente | Magie del bosco

Diffuso in tutte le regioni italiane esclusa la Sardegna, il faggio contribuisce all’equilibrio dell’ecosistema forestale. E in questo periodo dell’anno ci regala la bellezza del foliage

di Francesco Mezzavilla, Cai Sezione Conegliano (TV), membro Citam VFG

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Quante volte nel corso delle nostre escursioni in aree montane ci è capitato di attraversare boschi di faggio allo stato puro oppure in associazione con abete rosso, abete bianco o altre specie? La faggeta, nelle sue varie tipologie, derivate spesso dall’indirizzo silvi-colturale indotto dalle attività dell’uomo, oppure dalle caratteristiche ambientali (tipo di suolo, indice di piovosità, temperatura, esposizione dei versanti e altre ancora), si presenta a noi nelle sue varie forme. In Italia il faggio è diffuso in tutte le regioni esclusa la Sardegna. Rispetto a ciò, a fianco di conoscenze particolarmente note, appare importante evidenziare alcune specifiche caratteristiche della faggeta.

(foto Veronica Borsato)

DAL FOLIAGE AGLI ALBERI DELLE NAVI

I mezzi di informazione ci permettono spesso di osservare la bellezza delle faggete, soprattutto quelle strutturate come fustaie nella fase autunnale caratterizzata dal foliage, quando le fronde progressivamente si ammantano della caratteristica colorazione che passa dal giallognolo al rossiccio più o meno intenso. Nei mesi di ottobre e novembre, a seconda delle aree geografiche, questi boschi cambiano completamente colore, offrendo a tutti noi una completa immersione nella natura dominata da colorazioni molto variegate. Tale fenomeno naturale si apprezza molto nelle faggete gestite come fustaie dove, alla suggestione degli sviluppi colonnari delle varie piante, si associa la colorazione delle chiome. A tanta bellezza si deve aggiungere l’uso proficuo fatto dall’uomo nei vari utilizzi del faggio. Si va dalle note carbonaie, dove l’accumulo di rami seguito alla loro copertura con terreno e successiva accensione con combustione controllata, produce carbone da ardere facilmente trasportabile. In Veneto la Repubblica Serenissima di Venezia sfruttava il faggio per l’allestimento della sua flotta navale che nel passato ha dominato il Mare Mediterraneo orientale. Due erano gli utilizzi principali ricavati dalle fustaie di faggio. Presso l’attuale Riserva di Somadida (Auronzo), si trova ancora la località denominata “Costa dei Pennoni”, dove venivano abbattuti i faggi colonnari adatti a formare gli alberi delle navi. Il Bosco del Cansiglio, invece, era destinato a “Bosco da Reme”: qui si raccoglievano i faggi adatti a produrre i remi delle galee.

(foto Veronica Borsato)

Il futuro delle faggete, in particolare nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, non appare molto roseo

L’ECOSISTEMA FORESTALE

A tutto ciò, in gran parte noto ai cultori delle scienze forestali, si deve aggiungere un importante contributo portato dal faggio all’intero ecosistema forestale. Si tratta del fenomeno della pasciona e delle sue implicazioni ecologiche. Per pasciona si intende la fase ricorrente ogni 3-5 o 6 anni di forte sviluppo dei semi, noti come faggiole. L’abbondante produzione con conseguente caduta al suolo viene generata dalle piante mature al fine di favorire la rinnovazione della specie. Tale fenomeno però avviene in certe annate in modo talmente esplosivo da condizionare positivamente la vita degli animali che si cibano di tale risorsa. La repentina e abbondante presenza di semi costituisce la risorsa forestale nota come produttività primaria, che innesca meccanismi ancora poco noti ma in via di indagine da parte di alcuni ricercatori (compreso l’autore, ndr). La sequenza temporale si attua nel seguente modo: in primavera ed estate avviene la produzione di semi sui rami; in autunno si verifica la caduta delle faggiole; in inverno e nella successiva primavera avviene la ricerca a scopo alimentare delle faggiole da parte degli utilizzatori. Tutto ciò favorisce un repentino aumento delle popolazioni animali, soprattutto roditori che di questi semi si cibano, con conseguente aumento delle specie come i carnivori o i rapaci notturni che li cacciano. Nello specifico questa rete trofica, indagata negli ultimi 33 anni presso la Foresta del Cansiglio (Veneto, Friuli Venezia Giulia), ha permesso di confermare anticipatamente il successo riproduttivo della civetta capogrosso, già a partire dall’anno antecedente la sua nidificazione, caratterizzato dal fenomeno della pasciona. Quando poi a questa si abbina quella contemporanea dell’abete rosso, con forte produzione di coni e conseguente liberazione dei semi che cadono a terra, il successo riproduttivo dei rapaci notturni che predano i roditori aumenta significativamente. Questo avviene anche per l’allocco, la civetta nana e per tutte le specie che sfruttano queste risorse. Un ulteriore settore di indagine relativo alla pasciona del faggio ha portato, sempre in Cansiglio, a una scoperta particolarmente importante. Nei mesi autunnali conseguenti alla pasciona del faggio, il bosco evidenzia un aumento delle presenze degli uccelli migratori. In particolare i fringillidi come il fringuello e la peppola, che attraversano la foresta in fase di trasferimento verso i quartieri più meridionali. Questi, a seguito dell’abbondante presenza di risorse trofiche, si fermano in questa foresta utilizzandola come stop over ossia area di recupero delle energie.

un faggio secolare con le sue radici (foto Felix-Mittermeier. de, Pixabay)

un bosco di faggio (foto Veronica Borsato)

Nei mesi di ottobre e novembre, a seconda delle aree, questi boschi cambiano completamente colore

IL FUTURO DEL FAGGIO

Per concludere, però, tra tante notizie positive, non si può fare a meno di ricordare che il futuro delle faggete, in particolare quelle presenti nei paesi che si affacciano sul Mare Mediterraneo, non appare molto roseo. Infatti da una recente indagine sembra che il faggio in Europa meridionale, Italia compresa, qualora continui questo trend climatico, possa far registrare problemi di sopravvivenza. Un gruppo di lavoro composto da 48 ricercatori operanti in 324 siti europei, mediante l’analisi degli anelli di accrescimento annuali, ha notato una forte riduzione delle fasi di sviluppo. Tale fenomeno potrebbe portare alla scomparsa del faggio verso la fine di questo secolo. La speranza naturalmente è che tutto ciò non si avveri.

le foglie del faggio nel periodo autunnale (foto Heike, Pixabay)

le foglie del faggio nel periodo autunnale (foto Heike, Pixabay)

Bibliografia

Del Castillo E.M. (& altri 47 Autori) 2022. Climate-change-driven growth decline of European beech forests. Communications Biology, 5:1-9. Favaretto A., Mezzavilla F., 2018. Il Valico Montano del Monte Pizzoc. Risultati delle indagini, anni 2004-2017. ANLC, Regione Veneto Mezzavilla F., 2014. Il Faggio e la fauna. Corpo Forestale dello Stato, MIPAAF. Tipografia DBF, Seren del Grappa. Pp. 120.

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