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Sonno
NUF #03 ESTATE 2012 INDEX 5 EDITORIALE 6 COVER 9 SLEEPIN’HOUSE 28 ATTIMO 30 RICORDO DEL SILENZIO 36 SONNO
NUF è ideato/disegnato da Roberto Miata; i testi, le fotografie e i disegni sono di Roberto Miata. “ è impresso su carta Splendorgel Brilliant White da 160 g/mq delle cartiere Fedrigoni. La copertina è impressa su carta Tintoretto Gesso da 250 g/mq delle cartiere Fedrigoni. “ è piegato in formato A5, rilegato a spilla e composto con Alternate Gothic e Utopia
NUF è stato stampato nel mese di luglio 2012, in venti copie numerate. La copia che avete in mano è la numero:
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EDITORIALE idea di sogno, che dura un attimo, appunto, e dove il tempo è visto per quello che è, uno strumento per misurare il movimento nello spazio, movimento che l’entità protagonista (il vento o chissà chi?) non ha bisogno di fare perché moto e quiete sono per lei la stessa cosa e dunque inizio e fine coincidono. Poi un altro piccolo portfolio dedicato al silenzio, perché è indispensabile per dormire, perché si dorme in silenzio; e in fondo perché, dietro il senso di queste pagine, c’è anche questo. Ho pensato, quindi, a degli attimi in cui il mondo reale in silenzio ci ricorda di esistere, nonostante magari stiamo dormendo. Infine, prima delle consuete definizioni delle parole che formano il titolo di questo numero, ho scritto due brevi pensieri sul dormire, come fuga dalla realtà, in contrasto col credersi svegli e non esserlo affatto, come paradosso in grado di scardinare l’esperienza sensibile. Insomma, un po’ di carne al fuoco, o forse solo una doccia fredda. Buona estate, allora, e buon NUF!
EDITORIALE
Il terzo numero di NUF è dedicato al sonno, al dormire. Dormire inteso come dimensione diversa dalla realtà, come strumento per comprendere una realtà la cui essenza si compie nel sonno. Più che un sogno, vorrei avanzare l’ipotesi che la realtà che viviamo e di cui abbiamo coscienza, sia una pausa tra un sonno e l’altro e che solo questo sia il senso del vivere: dormire. Un po’ come nel film Matrix, in cui la Matrice tiene occupate le menti degli uomini ‘coltivati’ facendoli vivere in una realtà falsa ma senza che se ne accorgano. Non che creda veramente che sia così, ma certe volte dormire soddisfa il bisogno di fuggire una realtà spesso pesante, senza rischiare troppo. Per questo ho immaginato le case della periferia di Marsala, in “Sleepin’house”, addormentate, per non dover subire la contraddizione di un paesaggio meraviglioso e nello stesso tempo desolante, com’è quella zona. Chiuse dentro se stesse e al buio, mentre fuori era il tramonto e lunghe ombre ribadivano, un’ultima volta quel giorno e per contrasto, la realtà nitida, immersa nella luce che ancora restava. Nel breve racconto “Attimo” c’è una vaga
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Roberto Miata
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Se si potesse avere coscienza del sonno nel sonno. Stare lÏ senza soffrire l’attimo, il peso, il desiderio, le ombre. Dormire da sveglio, sapere che il mondo continua a girare e non sentirne il bisogno. Immobile nel silenzio dell’anima e in attesa, senza dovere aspettare.
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on ho casa. Vago da solo da quanto tempo? Probabilmente da ora, da questo momento. Non esistevo prima di adesso. Sono nato mentre lo sto per dire. Come quelle teorie che vogliono un dio creare un mondo già fatto e farci credere di aver vissuto un passato che invece è solo nella nostra mente ed è lui che ce l’ha messo lì. Io non ho passato, o meglio, non ho il passato che ci si aspetterebbe di avere. Nel tempo, ho visto sfolgoranti le ombre e i veli delle galassie disfarsi e comprimersi fino a creare stelle vorticose dove l’attimo, illusorio, si trasforma in materia. Ho visto con occhi di cane, lunghissime strade veloci gettarsi oltre l’orizzonte e riempirmi le narici dell’odore di copertoni d’auto fino a raschiarmi la gola. Sulle ali di una farfalla mi sono posato appena per farla scendere di quota, in modo da evitarle una ragnatela; e poi ho tirato sassi nel mare per creare onde che arrivassero dall’altra parte del mondo. Ho capovolto il mio sguardo per sentirmi dalla terra riparato, mentre su un cielo viola che volgeva al tramonto camminavo sicuro di non cadere. Nelle notti interminabili del nord ho veduto all’orizzonte il suono del mondo disegnato come un velo di cristallo. Adesso che sono qui, senza una casa, vago per le strade di questa città, senza sapere esattamente cosa significhi questa parola: città. Nelle tasche non so cosa mi porto. Ci infilo le mani e ci trovo una vita, la mia. Quella che a partire da ora vivo. Cammino e casualmente mi trovo a seguire un soffione che da un po’ avanza sospeso in aria precedendo i miei passi. Sembra mi voglia condurre chissà dove, ma io lo so che anche senza questo soffione percorrerei comunque questa stessa strada. E non perché il destino ha voluto così, ma al contrario, per casualità. L’unica necessità di questo universo è il caso. E da questa necessità derivano tutte le altre necessarie o possibili conseguenze che crediamo determinate da un destino, che speriamo determinino un destino. Essendo nato ora, prima non ero e dopo so già che non sarò. Tutto ciò che finisce non ha senso. Ed è questo il senso ultimo delle cose. La strada finisce pur senza aver fine; s’interrompe in un modo improvviso che ci si ricorda in un attimo che ci siamo scordati come d’improvviso era iniziata. Adesso è l’unico istante che esiste, adesso non più. Mi trovo a passare tra case e palazzi e insieme cammino nel deserto e subito sono a ridosso del mare e sento l’acqua muoversi incessante, avvicinarsi lontano e allontanarsi qua, vicino ai miei piedi che adesso sono scalzi ma adesso hanno scarpe robuste per aiutarmi a percorrere questa strada in salita fatta di pietre appuntite e
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tappeti di foglie umide d’autunno. Cammino ed ancora mi trovo a passare paesi in cui gli uomini si riparano sotto terra nelle notti di luna piena per fuggire il suo sguardo ed altri paesi ancora dove ci si bagna, simili a dei, col sole che scende nel mare e si determina il destino dei figli seguendo il volo di uccelli rapaci. Ora attraverso luoghi dove odori così forti da violare il respiro richiamano alla mente l’amore e la morte in un solo istante e rasento muri che celano vite segrete la cui bellezza ha la forma di libri preziosi che mani esperte non scrissero mai. Le voci della gente che mi parla non riesco a sentirle, sento le pause tra una parola e l’altra e so che quelle pause sono anch’esse una voce, quella di antichi signori che possedevano nel silenzio la verità e non dicendola, la dicevano e non comunicandola, la comunicavano. Senza una casa, ho trovato riparo nel mondo e non solo nel mondo. Più al sicuro mi sento dentro l’interno del mondo, in ciò che c’è al di là delle cose, del loro appartenere ad una porzione casuale di spazio. Questa appartenenza è energia che sprigiona movimento. Da questo muoversi, l’uomo trae e distilla il tempo e ad esso attribuisce tutto. Il passato il presente il futuro in realtà non sono. Niente esiste se non adesso e mai più. Io sono nato ora che in questa bara mi stanno ponendo, ora che ho corso su questa strada a mani incrociate sul petto e con affanno non respiro più, ora che con occhi chiusi io vedo la luce.
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DEFINIZIONI
SONNO s. m. [lat. somnu(m), di origine indeuropea] - 1. Stato fisiologico di sospensione delle attività psichiche superiori e della iniziativa motoria, soprattutto in rapporto alla vita di relazione. 2. Malattia del sonno, tripanosomiasi africana. 3. Senso di torpore, di inerzia, di pesantezza, che induce a dormire. 4. Calma, silenzio. 5. Sogno. 6. Sospensione dell’attività di un adepto in una società segreta.
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