Premio Marina di Ravenna 2014

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Edizioni Capit Ravenna

Premio Marina di Ravenna 2014 Concorso di pittura

58a edizione


Premio Marina di Ravenna 2014 Marina di Ravenna Prize 2014 Concorso di pittura Painting competition 58a edizione 58th edition

I vincitori al MAR Winners at the MAR


Premio Marina di Ravenna 2014 / Marina di Ravenna Prize 2014 Concorso di pittura / Painting competition 58ª Edizione / 58th Edition

I vincitori al MAR / Winners at the MAR Organizzazione / Organisation CAPIT RAVENNA Collaborazioni / Collaborators MAR Museo d’Arte della città di Ravenna Uber Dondini, presidente / president Maria Grazia Marini, direttore responsabile / head director Pro Loco Marina di Ravenna Patrocini / Sponsorship Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Emilia Romagna Provincia di Ravenna Comune di Ravenna A cura di / Curated by Pericle Stoppa Segreteria / Secretarial Office Serena Tondini Barbara Bertozzi Giuria / Jury Claudio Spadoni Beatrice Buscaroli Vittorio D’Augusta Maria Grazia Marini Pericle Stoppa Comunicazioni esterne / External communications Capit Ravenna Alberto Argnani Ilaria Magagni MAR Francesca Boschetti Nada Mamish Allestimento mostra / Exibition preparation Davide Caroli Mauro Focaccia

Servizi fotografici / Photography Matteo Scorza Sergio Strocchi Catalogo / Catalogue Cura editoriale / Editor Serena Tondini Schede biografiche / Biographical notes Rosetta Berardi Testi critici / Critical texts Bruno Bandini Inese Baranovska Maria Livia Brunelli Svetlin Roussev Antonio Zimarino Traduzioni / Translations David Smith Stampa / Printers Full Print, Ravenna Recapiti / Contact Premio Marina di Ravenna c/o Capit Ravenna via Gradenigo, 6 – 48122 Ravenna tel. + 39 0544 591715 info@capitra.it www.capitra.it

Riconoscenza / Acknowledgement


Premio Marina di Ravenna Marina di Ravenna Prize

2014 Concorso di pittura Painting competition

I vincitori al MAR Winners at the MAR

Andrea Mario Bert Lorenzo Di Lucido Marina Marinova Madara Neikena Federico Zanzi

14 dicembre 2014 - 11 gennaio 2015 MAR Museo d’Arte della città , Ravenna

Edizioni Capit Ravenna


Presentazione

Presentation

Pericle Stoppa

Pericle Stoppa

Con la mostra al Mar - Museo d’Arte della città di Ravenna - dei cinque vincitori del Marina 2014 programmata dal 14 dicembre all’11 gennaio 2015, si conclude la 58a edizione del tradizionale Premio di pittura intitolato alla omonima località turistica ravennate.

With the exhibition at the Ravenna Art Museum (MAR) of the five winners of the Marina 2014, programmed from 14 December to 11 January 2015, we conclude the 58th edition of the traditional painting Prize named for the homonymous Ravenna tourist locality.

La manifestazione, per la sua lunga storia che risale agli anni Cinquanta del secolo scorso quando era considerata l’estemporanea più importante del Paese - e per la sua evoluzione, che a partire dal 2003 ha coinvolto grandi artisti italiani e stranieri, può rientrare a pieno titolo fra gli appuntamenti del genere più qualificati nel variegato panorama delle arti figurative. Le successive innovazioni introdotte, quali la partecipazione riservata a giovani artisti under 35 e l’introduzione della residenza d’artista, hanno reso il Premio sempre più ambito e stimolante.

With a long history dating to the 1950s – when it was considered the country’s leading extemporaneous competition – and due to its evolution (since 2003 it has involved great Italian and foreign artists), the event has every right to its fame as a foremost date in the varied panorama of the figurative arts. The subsequent innovations introduced, such as participation limited to artists under 35 and the introduction of artist residences, have made the Prize increasingly sought after and stimulating. Selection of the five 2014 winners took place through the publication of three distinct announcements in Italy, Bulgaria and Latvia, with view to linking the event to Ravenna’s candidature as European Capital of culture for 2019.

La selezione dei cinque vincitori dell’edizione 2014 è avvenuta attraverso la pubblicazione di tre distinti bandi, rispettivamente in Italia, in Bulgaria e in Lettonia, nella volontà di legare l’evento alla candidatura della città di Ravenna a capitale europea della cultura per l’anno 2019.

114 candidates responded: 94 from Italy, 12 from Bulgaria and 8 from Latvia. This was a considerable result since the five selected artists were required to commit themselves, in the course of a month’s residence in Marina di Ravenna – from 22 August to 23 September – to a personal art project to be exhibited at the MAR. The phases of development are documented in this catalogue, distributed during the exhibition to bookshops and a selected public of cultural sector operators and entrepreneurs.

Sono pervenute 114 candidature, di cui 94 dall’Italia, 12 dalla Bulgaria e 8 dalla Lettonia. Si è trattato di un risultato considerevole in rapporto all’impegno richiesto ai cinque artisti selezionati, tenuti a realizzare nel corso di un mese di residenza a Marina di Ravenna – dal 22 agosto al 23 settembre – un personale progetto artistico da esporre al Mar, le cui fasi di svolgimento sono documentate nel presente catalogo, distribuito nel corso dell’esposizione nelle librerie e a un pubblico selezionato di operatori del mondo della cultura e dell’imprenditoria.

The sharing of the spaces in which the five winning artists worked, generally within the Galleria FaroArte which was transformed for the occasion into an atelier, favoured stimulating interchange and reciprocal enrichment.

La condivisione degli spazi in cui i cinque artisti vincitori hanno lavorato, generalmente all’interno della Galleria FaroArte trasformata per l’occasione in atelier, ha favorito uno stimolante confronto e un reciproco arricchimento.

The artist’s residence formula has turned out to be a positive experience which allows the young artists to interact not only among themselves but

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La formula della residenza d’artista si è confermata un’esperienza positiva che ha consentito ai giovani pittori di interagire non solo tra loro ma anche con il territorio di Marina di Ravenna che li ha accolti con interesse e simpatia; si è trattato di una condizione ideale che ha soddisfatto le aspettative riposte dall’organizzazione del Premio nel loro operato, come è testimoniato dal valore artistico delle opere realizzate per l’esposizione al Mar.

also with the territory of Marina di Ravenna where they were welcomed with interest and friendliness: an ideal condition which satisfied the Prize organization’s expectations, as is borne out by the artistic value of the works created for exhibition at the MAR. At the conclusion of the long journey of this edition of the Marina, we express our full satisfaction with results which urge us to continue with our commitment to the Prize and its purpose, linked to the promotion of painting as an artistic expression that shows itself, even in these times, to be vital and at the centre of multiple interests.

A conclusione del lungo iter che ha segnato lo svolgimento della presente edizione del Marina, esprimiamo la piena soddisfazione per i risultati conseguiti che ci spingono a dare seguito al nostro impegno a favore del Premio e della sua finalità legata alla promozione della pittura quale espressione artistica che manifesta, anche in questi tempi, di essere vitale e al centro di molteplici interessi.

To complete this brief note we are duty bound to thank everyone who collaborated towards the success of the event. In particular Maria Grazia Marini, director of the MAR, the artists Paola Babini, Rosetta Berardi and Roberto Pagnani for their careful selection of the works, the members of the jury, starting with Claudio Spadoni in his role of chairman, and the various public and private supporters who with their backing have once more ensured the continuity of an event which belongs to the cultural and social tradition of the territory.

A completamento di queste brevi note ci compete rivolgere alcuni doverosi ringraziamenti a quanti hanno collaborato per la buona riuscita della manifestazione, in particolare a Maria Grazia Marini direttrice del Mar, agli artisti Paola Babini, Rosetta Berardi e Roberto Pagnani per l’attenta selezione delle opere a concorso, ai componenti della giuria, a partire da Claudio Spadoni nella sua qualità di presidente, ai vari sostenitori pubblici e privati che ancora una volta, con il loro sostegno, hanno garantito la continuità di una manifestazione che appartiene alla tradizione culturale e sociale del territorio.

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Premessa

Foreword

Claudio Spadoni

Claudio Spadoni

L’edizione dello scorso anno del Premio Marina di Ravenna aveva introdotto una novità importante, la ‘residenza d’artista’ assegnata ai cinque giovani pittori selezionati da una commissione fra i molti, italiani e stranieri, che avevano partecipato. Un’esperienza davvero fruttuosa per gli artisti, che si erano ritrovati a condividere gli spazi di un luminoso atelier producendovi le opere destinate alla mostra nelle sale del MAR, il Museo d’Arte di Ravenna. Ma si poteva anche leggere in questa novità un ritorno, per certi aspetti, alle origini del Premio Marina, quando la manifestazione era nata come estemporanea di artisti che dipingevano ‘sul motivo’ il paesaggio locale. Si capisce che ora non si tratta più di un concorso di tal genere, che risulterebbe davvero anacronistico, a meno che non si trattasse di una trovata provocatoria, quanto più lontana dalle condizioni, dal ‘sistema dell’arte’ d’oggi, per ricorrere ad una banale espressione in uso. E tuttavia, il fatto che i giovani prescelti si siano ritrovati per un mese a contatto dello stesso ambiente, gli stessi motivi rappresentati dai loro predecessori di alcuni decenni fa, giunti a frotte a Marina per dipingere il paesaggio marino, barche, pescatori, pineta e quant’altro, li induce inevitabilmente a confrontarsi con questo luogo, a respirarne l’atmosfera, quand’anche il loro lavoro abbia poco o nulla a che vedere con la rappresentazione mimetica, o segua coordinate, per così dire, radicalmente astratte. Comunque sia, pur sempre di pittura si tratta, poiché in questo, la fedeltà della manifestazione alle sue origini resta un suo carattere irrinunciabile, salva restando la più larga, aperta interpretazione che oggi può offrirsi della pittura stessa. La formula, della residenza d’artista, dunque, s’è ripetuta anche in questa edizione 2014, con gli italiani Andrea Mario Bertocchi, Lorenzo Di Lucido, Federico Zanzi, la lettone Madara Neikena, la bulgara Marina Marinova. E anche in questa edizione le scelte della commissione hanno voluto salvaguardare la diversità dei linguaggi, del modo di intendere e praticare, appunto, la pittura.

Last year’s Marina di Ravenna Prize introduced an important new element, the ‘artist’s residence’ assigned to the five young painters selected by a commission from the many, Italian and foreign, who took part. A truly profitable experience for the artists, who shared the spaces of a bright atelier where they produced their works for the exhibition held in the rooms of the MAR, Ravenna Art Museum. But one might also read in this novelty, under certain aspects, a return to the origins of the Marina Prize, when it came into being as an extemporary event for artists who painted ‘on the motif’ of the local landscape. Of course it is no longer this kind of competition, which would be really anachronistic, unless we are talking about a great provocative idea that could not be farther from the conditions of today’s ‘art system’, to employ a trite expression currently in use. And nevertheless the fact that the young people selected, spending a month in contact with the same environment, the same motifs represented by their predecessors of several decades ago who came to Marina in droves to paint the seascapes, boats, fishermen, the pinewood and so on, are inevitably induced to become aware of this place, to breathe its atmosphere, even when their work has little or nothing to do with mimetic representation or follows coordinates, so to speak, that are radically abstract. Whatever the case, we are still dealing with painting, since in this the event’s loyalty to its origins remains an unshakable feature, without prejudice to the broader more open interpretation that painting itself may receive today. The artist’s residence formula, then, has been repeated in 2014, with the Italians Andrea Mario Bertocchi, Lorenzo Di Lucido and Federico Zanzi, the Latvian Madara Neikena and the Bulgarian Marina Marinova. And also in this edition the choices of the commission aimed at safeguarding the diversity of languages, the way, precisely, of understanding and practising painting. Just as the formula of the ‘Prize’ has been maintained which envisages an exhibition

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Come la stessa formula del ‘Premio’ che consiste in una mostra dei cinque al MAR, il Museo d’Arte di Ravenna. Un significativo riconoscimento di un museo pubblico che da una dozzina d’anni a questa parte ha svolto un programma binario: da un lato le grandi mostre storiche dedicate a protagonisti, temi, vicende, di interesse internazionale in un orizzonte cronologico che dal passato sporge sul contemporaneo, dall’altro un ciclo pluriennale di esposizioni prima all’insegna di ‘No Border’, poi di ‘Critica in Arte’, dedicate esclusivamente alle ultime generazioni, di artisti come di critici. In tale contesto il ‘Premio Marina’ ha ulteriormente rafforzato l’attenzione ad un’attualità multiforme, di mai agevole lettura, mentre il ruolo ancora ricoperto dalla pratica pittorica sembra a tratti ridimensionato, anche se non proprio radicalmente negato com’era avvenuto tra la fine degli anni ‘60 e buona parte del decennio successivo. Proprio in questo il ‘ Premio Marina’ contribuisce a documentare un aspetto dell’arte d’oggi che sembra opportuno preservare all’interno di un conclamato pluralismo linguistico. Ormai non è più questione di scelte di mezzi espressivi, e piuttosto di capacità di raggiungere quella visibilità internazionale i cui maggiori garanti sono le grandi gallerie prima ancora che musei e istituzioni pubbliche. Questa sembra sempre più la carta vincente, il jolly che occorrerebbe pescare nel mazzo delle possibilità offerte. Eppure, per chi creda ancora che i musei rimangano istituzioni insostituibili soprattutto come depositarie della memoria storica, di valori socioculturali e antropologici irrinunciabili, prima ancora che sedi di eventi purtroppo sempre più votati alla spettacolarità, pensiamo che proprio per dei giovani essi possano rappresentare un luogo in cui mettere a prova la qualità e la piena consapevolezza del proprio lavoro. Soprattutto in questa prospettiva la possibilità offerta ai pittori del Marina dovrebbe essere considerata un punto fermo, magari proprio il primo davvero importante, di un lavoro tutto in divenire.

of the five at the MAR, Ravenna Art Museum. A significant acknowledgement of a public museum which for a dozen years has been carrying out a twofold programme: on the one hand great historical exhibitions dedicated to figures, themes and events of international interest along a chronological horizon that from the past projects onto the contemporary, and on the other hand a multiyear cycle of exhibitions, first under the aegis of ‘No Border’ and then ‘Critica in Arte’, dedicated exclusively to the latest generations of both artists and critics. In this context the ‘Marina Prize’ has further reinforced attention on a multiform topicality, never of easy interpretation, while the role still played by the practice of painting seems here and there re-dimensioned, although not actually radically denied as happened between the end of the 60’s and much of the subsequent decade. Precisely here the ‘Marina Prize’ contributes to documenting an aspect of today’s art which it would seem appropriate to preserve within an acclaimed linguistic pluralism. It is now no longer a question of the choice of expressive means but rather of the ability to achieve that international visibility whose major guarantors are the great galleries, even before public museums and institutes. This increasingly appears to be the winning hand, the joker that one needs to pick from the pack of possibilities on offer. Yet for those who still believe that museums remain irreplaceable institutions, above all as repositories of historical memory, of indispensable socio-cultural and anthropological values, rather than venues for increasingly spectacular events, we feel that precisely for the young they may represent a place to try and test the quality and full awareness of one’s work. Especially in this perspective the possibility offered to the Marina painters should be considered as a fixed point, perhaps precisely the first really important one, of a work in a full state of becoming.

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Andrea Mario Bert

Andrea Mario Bert

Andrea Mario Bertocchi, Bert in arte, è nato nel 1984 a Forlì. Dopo il diploma al Liceo Scientifico, nel 2014 si laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Durante l’anno accademico 2011/2012 è stato assistente tutor della cattedra di pittura di D. Degli Angeli. Attualmente frequenta il biennio specialistico in Arti Visive della stessa Accademia. Il suo pensiero è immerso nella pittura e la sua ricerca parte innanzitutto dalla comprensione dei mezzi tecnici che, orchestrati dalla poetica e dalla sua immaginazione, creano varie forme di paesaggi, ritratti, anatomie, geometrie, cieli, nuvole. Bert trae ispirazione dalla realtà e dai ricordi, ricreando e restituendoci una pittura personalissima e poetica, “dove - dice di se’ - nulla è copiato, solo realtà e ricordi poiché la pittura sceglie nell’universale ciò che giudica più conveniente ai propri fini”. La sua attività espositiva inizia nel 2009. Partecipa a diversi concorsi e rassegne d’arte in Italia e all’estero. Le sue prime mostre personali hanno avuto luogo a Bologna, Ferrara, Forlì negli anni 2013, 2014. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private nazionali e internazionali. Vive e lavora tra Bologna e Forlì. andreamariobert@libero.it

Andrea Mario Bertocchi, aka Bert, was born in 1984 in Forlì. After his diploma at the Scientific High School he graduated in painting in 2014 at the Bologna Fine Arts Academy. During the 2011/2012 academic year he was assistant tutor for the chair of painting, D. Degli Angeli. He currently attends the specialist two year course at the same Academy. His thought is immersed in painting and his research sets out first and foremost from an understanding of the technical means which, orchestrated by his poetics and imagination, create various forms of landscapes, portraits, anatomies, geometries, skies and clouds. Bert draws inspiration from reality and memories, recreating and restoring to us a highly personal and poetic painting “where, he says of himself, nothing is copied, there is only reality and memories because painting selects in the universal what it deems most suitable to its own ends”. He began exhibiting in 2009. He has taken part in various art competitions and shows in Italy and abroad. His first solo shows were in Bologna, Ferrara and Forlì in 2013 and 2014. His works are in national and international public and private collections. He lives and works between Bologna and Forlì.

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Declinazioni

Declensions

Bruno Bandini

Bruno Bandini

Siamo entrati nell’ “età del blu” ormai da sette secoli. Eppure, nonostante Giotto e Yves Klein – o forse proprio grazie alle loro intuizioni – il blu continua a essere un enigma. Forse perché a quel colore appartengono le tonalità della dimensione spaziale: la profondità, l’altezza, la distanza. In esso transita il soffio esclamativo dello stupore, proprio come, nelle sue Voyelles, Arthur Rimbaud al blu associa la vocale “o”. Meraviglia, miracoloso, trascendenza, inatteso, purezza, ma anche leggerezza, oltrepassamento, là-bas capace di esaltare i nostri richiami e le nostre speranze per quanto apparenza priva di conferme. Si racconta che alla fine del XVI secolo l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo inviò due alchimisti per studiare e carpire il segreto del colore azzurro del monastero di Voronet. Pur avendo prelevato alcuni frammenti, essi non furono in grado di ricreare l’esatta tonalità che circonda il Trono dello Spirito Santo. Se l’azzurro di Voronet continua ad essere un caso irrisolto, e se Bert non è indubbiamente l’erede di quegli alchimisti inviati a studiare l’azzurro esicastico della chiesa della Moldavia romena, altrettanto certo è che le declinazioni della pittura “azzurra” di Bert non hanno niente a che vedere con le decorazioni delle camerette dei bambini. Si presenta piuttosto con una vivacità e un’intemperanza sorprendenti: dal Bagliore dei grigi al Marmo rosa, passando per la frammentazione dei Frammenti di cielo alla secchezza sottile della verticalità di Abis-sale. Il blu si disloca, fino al camuffamento, ma persevera, sotterraneo e inesausto. Per Bert al blu si addice una funzione dinamica, molto più vicina al “colore del fuoco” di Klein di quanto non possa apparire: una trasmutazione costante che è aria, cielo, mare. Ma soprattutto respiro, pulsazione, vita. Il blu è un accadimento, un evento che si verifica, un’irradiazione. Può presentarsi nelle forme della disseminazione, può vivere sotto traccia, può manifestarsi quasi come una zip newmaniana, uno strappo o un suono acuto o un’espressione di energia.

We entered the “blue age” seven centuries ago. Yet notwithstanding Giotto and Yves Klein – or maybe precisely thanks to their insights – blue continues to be an enigma. Perhaps because to that colour belong the shades of the spatial dimension: depth, height, distance. It hosts the exclamatory breath of amazement, just as Arthur Rimbaud in his Voyelles associates blue with the vowel “o”. Marvel, miraculous, transcendence, unexpected, purity, but also lightness, going beyond, là-bas capable of exalting our cries and our hopes inasmuch as appearance without confirmations. It is said that at the end of the 16th century the emperor Rudolf II of Habsburg sent two alchemists to study and obtain the secret of the lightblue colour of the monastery in Voronet. Though they took several samples they were unable to recreate the exact shade surrounding the Throne of the Holy Spirit. If the blue of Voronet still remains an unresolved case, and if Bert is undoubtedly not the heir of those alchemists sent to study the hesychastic light-blue of the church in Romanian Moldavia, it is equally certain that the declensions of Bert’s “light-blue” painting have nothing to do with the decoration of children’s bedrooms. It appears rather with a surprising vivacity and intemperance: from the Glare of the greys to the pink Marble, passing by way of the fragmentation of the Fragments of sky to the thin dryness of the verticality of Abis-sale. The blue moves about to the point of camouflage, but it persists, subterranean and inexhaustible. For Bert, blue is proper to a dynamic function, far closer to Klein’s “fire color” than it may appear: a constant transmutation that is air, sky, sea. But above all breath, pulsation, life. Blue is an occurrence, an event which takes place, an irradiation. It may present itself in the forms of dissemination, may live in conduits, manifest itself almost like a Newman zip, a tear or an acute sound or an expression of energy. This artist is obsessed by the possible declen-

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sions, the shifts of colour. The image proceeds through colour and precedes any narration, as if the visual content were reduced to that practice – painting – in which reality and imagination, materiality and ineffability, solidity of sign and epiphany of form appear to intermingle. Bert, I suppose, takes painting to the extreme effort of removing matter from the image in order to let the insurgency of form show through, its epiphany, and to do this he concentrates on the declensions of perception which, at one and the same time, involves time and space. The colour – blue – is the device through which space is modulated in such a way as to indicate the timelines, complex, uneven, uncertain, of the genesis of the image. At this point we step in, our eye intervenes, which is no longer called upon to be a mediator of the unitary meaning of the work but is rather invited to react to the possible premises on which the suggestion of the form will be embodied. As if to say: the “language” I listen to, its “intonation” and the “thing” I observe underline the unresolved, ambivalent relationship between subjectivity and objectivity, between passion and norm, between instinct and virtue. Because Bert’s works allude in the absence of physicality, evoke in the absence of image. A kind of emotive and virtuous investigation into the traps, the unpredictable aspects that regulate the spatial and temporal relationships which precede the life of the image; an interrogation within the “landscape” set by the demands of painting itself. In brief, Bert employs his ability, his own gesture, to probe the presuppositions (air, breath, light) which make construction of the image possible. It is not an “empty” vision, a pure virtuous exercise, but a reflection on our eye which has grown old without becoming adult, which has faded without being used.

L’autore è ossessionato dalle declinazioni possibili, dagli slittamenti del colore. L’immagine procede attraverso il colore e precede ogni narrazione, come se il contenuto visivo si riducesse a quella pratica – la pittura – in cui realtà e fantasia, materialità e ineffabilità, solidità del segno ed epifania della forma, paiono confondersi. Bert, suppongo, conduce la pittura allo sforzo estremo di togliere materia all’immagine per lasciar trasparire l’insorgenza della forma, la sua epifania, e per far questo si concentra sulle declinazioni della percezione che, a un tempo, coinvolge il tempo e lo spazio. Il colore, il blu, è il dispositivo attraverso il quale modulare lo spazio in modo tale da indicare i tempi, complessi, scomposti, incerti, della genesi dell’immagine. A questo punto interveniamo noi, interviene il nostro sguardo, che non è più chiamato ad essere il mediatore del senso unitario del lavoro, ma piuttosto è invitato a reagire nei confronti delle premesse possibili nelle quali la suggestione delle forma prenderà corpo. Come dire: il “linguaggio” che ascolto, la sua “intonazione” e la “cosa” che osservo sottolineano la relazione irrisolta, ambivalente, tra soggettività e oggettività, tra passione e norma, tra istinto e virtù. Perché la opere di Bert alludono in assenza di fisicità, evocano in assenza di immagine. Una sorta di investigazione emotiva e virtuosa sulle insidie, sulle imprevedibilità che regolano le relazioni spaziali e temporali che precedono la vita dell’immagine; un’interrogazione all’interno del “paesaggio” posto dalle domande stessa della pittura. Insomma, Bert impiega la propria abilità, il proprio gesto, per sondare i presupposti (l’aria, il respiro, la luce) che rendono possibile la costruzione dell’immagine. Non si tratta di una visione “vuota”, di un puro esercizio virtuoso, ma di una riflessione sul nostro sguardo, che è invecchiato senza diventare adulto, che si è dissolto senza consumarsi.

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Andrea Mario Bert Abis-Sale / Abis-Sale olio e pigmento puro su tela / oil and pure pigment on canvas, 206 x 6 cm.

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Andrea Mario Bert Frammenti di cielo / Fragments of sky olio su porzioni di cielo intelaiate poliformi, installazione / oil on framed pieces of sky multiforms, installation, 6,5 mt.

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Andrea Mario Bert Il bagliore dei grigi / Glare lights of the greys olio, pigmento puro e polvere d’argento su tela / oil, pure pigment and silver powder on canvas, 126 x 107 cm.

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Andrea Mario Bert Marmo rosa / Pink marble olio e pigmento puro su tela preparata con rugiada del mattino / oil and pure pigment on canvas prepared with the morning dew, 108 x 100 cm.

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Andrea Mario Bert Plein air con la testa fuori ed il corpo dentro / Plein air with the head outside and the body inside olio e pigmento puro su tela / oil and pure pigment on canvas, 139 x 207 cm.

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Andrea Mario Bert Regulus / Regulus installazione, olio e pigmento puro su marmo e pietra / installation, oil and pure pigment on marble and stone, 6 elementi 12 x 12 cm.

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Andrea Mario Bert Era un paesaggio / It was a landscape olio e sesti sensi su tela / oil and sixth senses on canvas, 150 x 100 cm.

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Lorenzo Di Lucido

Lorenzo Di Lucido

Lorenzo Di Lucido è nato nel 1983 a Penne (Pescara), dove vive e lavora. Ha iniziato a dipingere a 12 anni quando ancora pensava che dipingere fosse facile. Dopo una prima formazione come maestro d’Arte applicata in oreficeria e smalti, si è diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove, nel 2008, è stato tutor della cattedra di tecniche e tecnologie della pittura. Egli dichiara: “Le cancellazioni, i pentimenti, le coperture, gli errori (o presunti tali) sono divenuti la principale componente del mio fare. Mi interessa la costruzione di un’immagine problematica, che ponga domande e che dia risposte insolite, inaspettate, all’osservatore”. La sua attività espositiva inizia nel 2002 con la partecipazione a diverse rassegne d’arte nazionali e internazionali. Fra le sue ultime personali: In ragione dell’ombra, Rimini, 2014; Jitterbug, Cesena, 2009; Omissis, Accademia Di Belle Arti, Bologna 2007; Noesi, Modena, 2008 – 2009. Fra le sue ultime collettive: Premio combat mostra degli artisti Finalisti, Museo civico Fattori, Livorno 2014; Premio Vasto (le proposte del premio Vasto), Scuderie di Palazzo Aragona, Vasto 2013; Premio Lissone, mostra dei finalisti, Museo d’Arte Contemporanea - Lissone 2012. lorenzo.di.lucido@alice.it

Lorenzo Di Lucido was born in 1983 in Penne (Pescara) where he lives and works. He started painting at the age of 12 when he still thought that painting was easy. After his first training as a teacher of applied art in goldsmithry and enamels he took his diploma in painting at the Bologna Fine Arts Academy where, in 2008, he was tutor for the painting techniques and technologies chair. As he states, “Cancellations, pentimenti, coverings, errors (or presumed such) became the main component of my way of doing things. I am interested in the construction of a problematic image that poses questions and gives unusual, unexpected responses to the observer”. He began exhibiting in 2002, taking part in various national and international art shows. His most recent solo shows include: In ragione dell’ombra, Rimini, 2014; Jitterbug, Cesena, 2009; Omissis, Fine Arts Academy, Bologna 2007; Noesi, Modena, 2008 – 2009. His most recent collective exhibitions include: Combat Prize, exhibition of finalist artists, Museo civico Fattori, Livorno 2014; Vasto Prize (Vasto Prize proposals), Scuderie di Palazzo Aragona, Vasto 2013; Lissone Prize, exhibition of finalists, Museo d’Arte Contemporanea - Lissone 2012.

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Clecsografie

Klecksographs

Antonio Zimarino

Antonio Zimarino

Un pregio indubbio della migliore pittura contemporanea è quello di non voler più illudere su nulla. Se negli anni ‘50 e ‘60 l’assenza della “forma” era la strada verso l’indagine psichica ed esprimeva una sorta di intenzionale dissoluzione delle strutture realistiche (indicando la perdita di controllo delle definizioni e delle certezze), la pittura che oggi torna ad interessare (quella che non ripete stilemi del passato, che non vuole illudere, che indaga i rapporti tra interiorità e Mondo) si propone di indicare i significati per comprendere tratti di realtà o sistemi di relazioni. Un po’ come nel gioco di leggere immagini possibili nella forma mutevole delle nuvole, molti giovani pittori disinteressati alla “grafica”, alla politezza seriale di stampo fumettistica e alla vacua ironia del melting pot, tornano a fare della pittura uno strumento di indagine meditata, che si muove entro i limiti della distinzione e dell’informale, tra la rappresentazione e l’espressione, lavorando a partire dalle modalità decostruttive della pittura informale e dell’action painting, attraverso il concetto di Art Brut inteso come negazione della pittura/riproduzione del visibile. La pittura di Lorenzo Di Lucido si colloca in questo percorso formale che in realtà è un percorso intensamente concettuale, perché al contrario di molto “fare artistico” di oggi tali scelte seguono il progetto di una rielaborazione cosciente delle forme pittoriche del secondo ‘900. Le masse materiche o persino la gestualità propria dell’action painting intervengono nelle scene o figure appena sbozzate, comunque percepibili. Pur nella difficoltà che tali operazioni portano alla definizione del soggetto, il processo sul reale attivato da Di Lucido non appare di dissoluzione e di distruzione dell’unità dell’immagine, ma vuole stabilire un rapporto emozionale ed estetico, persino psichico, con ciò che il soggetto lascia intuire. La pittura non ci racconta la scena, ma vuol darci il modo di approccio interiore ad essa. Che si tratti di una ricerca di interiorità o di un tentativo di costruire un’unità psichica tra oggetto/ soggetto che si vede e soggetto che guarda, credo sia confermato da due elementi. Il primo è l’in-

An indubitable attribute of the best contemporary painting is that of no longer wanting to deceive about anything. If in the 50s and 60s the absence of “form” was the road towards psychical inquiry and expressed a sort of intentional dissolution of realistic structures (indicating the loss of control of definitions and certainties), the painting which once more interests today (the kind which does not repeat stylistic elements of the past, does not aim to deceive and which investigates the relationships between interiority and World) proposes to indicate meanings in order to understand traits of reality or systems of relations. Somewhat like in the game of reading possible images in the changing form of clouds, many young artists uninterested in “graphics”, in the serial polish of a comics-type approach and in the vacuous irony of the melting pot, are once more making painting a tool for meditated inquiry which moves within the limits of distinction and of the informal, between representation and expression, setting out in their work from the deconstructive modalities of informal painting and action painting through the concept of Art Brut understood as negation of painting/reproduction of the visible. Lorenzo Di Lucido’s painting lies along this formal path which is actually an intensely conceptual path because, unlike most of today’s “artistic practices”, these choices follow the project of a conscious re-elaboration of the pictorial forms of the second half of the 20th century. The materic masses, or even the gestural nature of action painting itself, intervene in the scenes or figures barely sketched out yet perceptible. Notwithstanding the difficulty which such operations bring to definition of the subject, the process on the real which Di Lucido implements does not appear to be one of dissolution and destruction of the unity of the image but aims to establish an emotional and aesthetic rapport, psychical even, with that which the subject lets one intuit. The painting does not recount the scene but wants to give us the way of interior approach to it. I believe that two elements confirm that it is a case of the search for interiority or an attempt to

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build up a psychic unity between object/subject which is seen and subject that looks. The first is the instability of vision at the moment in which we seek to give meaning to a scene, using interiority as an approach which is itself an ongoing pursuit of contradictory and magmatic perceptions and subtleties. What is in the painting is what is inside the one who painted it or who sees it: an attempt to give clarity and establish continuity between interior and exterior, leaving everything suspended in perception of the inevitable mutation brought precisely by interior and exterior time. We thus have the idea of a flowing of perceptions rather than a fixing thereof. The painting always appears practicable, a space where eye and mind cohabit, seeking to orient themselves and grasp the definable parts; one is constrained to interior time, the true “subject” that interests the artist. The second element, wilfully destabilising, is the choice of a strident, changing chromatic range that plays on a minimal tonalism, on glazes and overlays of few colours which are often almost “non-colours”. Dominant are ochre, greens and greys, but nothing really loud, a few tiny top of the range notes, promptly returned into a material pulsating in perennial instability: this obliges one to distinguish between the mists, to sharpen the eye, to establish and lose equilibriums. It is extremely intelligent painting, the fruit of complex cultural stimuli but also of a precise way of tackling one’s being at once an artist and a “person” who lives daily life to the full. Not painting as an end in itself but a tool for interpreting and recounting one’s own relationship with the world and art itself, which also demands that we too do the same: look at it with care, de-structuring our canons, in order to discover something intimate and build up a state of mind even before discovering the existing subject. It is painting without self-satisfaction but with a sincere passion for things and reality of which it seeks to discover the intimate meaning and restore the minimal poetry, attempting to take the observer along the same road. There is a dramatic sense, the idea of conflict, of a contrastive instability between man/artist and the meaning of things. It is a rare thing to still find someone in contemporary art who knows how to use his own historical forms as a tool of reinterpretation and reading of his own search for meaning.

stabilità della visione al momento in cui cerchiamo di dare senso ad una scena usando come approccio l’interiorità, essa stessa un continuo inseguirsi di percezioni e sfumature contraddittorie e magmatiche. Ciò che è sul dipinto è ciò che è dentro a chi lo ha composto o lo vede: un tentativo di dare chiarezza e di stabilire una continuità tra interiore ed esteriore lasciando tutto sospeso nella percezione dell’inevitabile mutazione portata proprio dal tempo interiore ed esteriore. Abbiamo così l’idea di un trascorrere di percezioni più che di un fissarle. Il dipinto appare sempre percorribile, uno spazio dove occhio e mente coabitano cercando di orientarsi e di cogliere le parti definibili; costringe al tempo interiore, il vero “soggetto” che interessa l’artista. Il secondo elemento, volutamente destabilizzante, è la scelta di una gamma cromatica stridente, cangiante, giocata su un tonalismo minimo, su velature e sovrapposizioni di pochi colori che spesso sono quasi “non-colori”. Ci sono dominanti ocra, verdi, grigie, mai nulla di davvero squillante, qualche piccolissimo acuto di gamma, prontamente riportato dentro una materia pulsante in perenne instabilità: questo costringe a distinguere tra le nebbie, ad acuire lo sguardo, a stabilire e a perdere equilibri. È una pittura estremamente intelligente, frutto di stimoli culturali complessi ma anche di un modo preciso di porsi nei confronti del proprio essere artista e insieme “persona” che vive appieno il quotidiano. Non una pittura fine a se stessa ma uno strumento per interpretare e raccontare il proprio rapporto con il mondo e l’arte stessa, e che chiede anche a noi di fare lo stesso: guardarla con attenzione, destrutturando i nostri canoni, per scoprire qualcosa di intimo e costruire uno stato d’animo prima ancora di scoprire il soggetto esistente. E’ un dipingere senza autocompiacimento ma con una sincera passione per le cose e la realtà, della quale si vuole scoprire l’intimo senso e restituire la poesia minima, tentando di portare l’osservatore sulla stessa strada. C’è un senso drammatico, l’idea di una conflittualità, di una instabilità contrastiva tra l’uomo/artista e il senso delle cose. È cosa rara trovare ancora chi nell’arte contemporanea sappia usare le proprie forme storiche come strumento di reinterpretazione e lettura della propria ricerca di senso.

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Lorenzo Di Lucido Dromos / Dromos olio su tela / oil on canvas, 30 x 24 cm.

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Lorenzo Di Lucido La testa di mia nonna è una scultura / My grandma’s head is a sculpture olio su tela / oil on canvas, 30 x 20 cm.

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Lorenzo Di Lucido Collapse / Collapse tecnica mista su zinco applicato su tela / mixed technique on zinc applied on canvas, 25 x 20 cm.

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Lorenzo Di Lucido Collapse / Collapse tecnica mista su zinco applicato su tela / mixed technique on zinc applied on canvas, 25 x 20 cm.

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Lorenzo Di Lucido Dromos / Dromos olio su tela / oil on canvas, 18 x 24 cm.

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Lorenzo Di Lucido Senza titolo / Untitled olio su tela / oil on canvas, 35 x 25 cm.

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Lorenzo Di Lucido Ecoide (Collapse) / Ecoide (Collapse) olio su tela / oil on canvas, 30 x 24 cm.

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Marina Marinova

Marina Marinova

Marina Marinova è nata nel 1978 a Sofia (Bulgaria), dove vive e lavora. Dopo aver conseguito il diploma alla Scuola d’Arte di Sofia, nel 2002 si laurea all’Accademia Nazionale di Belle Arti. Fin dal suo inizio, ancora studentessa, dimostra un particolare interesse verso il mondo architettonico e verso l’ambiente in genere. La sua fonte d’ispirazione è tratta dal paesaggio urbano, dagli agglomerati architettonici che, con il suo talento e la sua intuitiva creatività, trasforma in elementi pittorici carichi di una valenza culturale, sociale e psicologica. L’ambiente urbano da lei rappresentato attraverso uno specifico linguaggio visivo viene realizzato usando mezzi e materiali tradizionali quali la pittura a olio, colori acrilici, tela, carta. Ivaylo Mirchev, preside della Facoltà di pittura all’Accademia di Sofia descrive “il talento di Marina nel trovare il senso culturale, sociale e psicologico dell’ambiente urbano, grazie al quale crea uno specifico linguaggio visivo basato su elementi architettonici che mostrano allo spettatore differenti, insoliti aspetti della vita quotidiana: il punto di vista del pittore che cambia la nostra percezione dell’ambiente”. Dal 2001 espone in numerose mostre. Ha partecipato a diversi concorsi e rassegne d’arte nazionali e internazionali. mymarinova@gmail.com www.marinamarinova.met

Marina Marinova was born in 1978 in Sofia (Bulgaria) where she lives and works. After taking a diploma at the Sofia Art School, in 2002 she graduated at the National Fine Arts Academy. Since her student days she has been especially interested in the architectonic world and the environment in general. She draws inspiration from urban landscape, from architectural agglomerates which, with her talent and insight, she transforms into pictorial elements charged with cultural, social and psychological value. The urban environment she represents through a specific visual language is created through traditional means and materials such as oil painting, acrylic colours, canvas and paper. Ivaylo Mirchev, head of the Faculty of Painting at the Sofia Academy, describes “Marina’s talent in finding the cultural, social and psychological meaning of the urban environment, thanks to which she creates a specific visual language that shows the spectator different, unusual aspects of everyday life: the painter’s point of view which changes our perception of the environment”. Since 2001 she has exhibited in numerous shows and taken part in various national and international competitions and art events.

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Il mondo strutturale di Marina Marinova

The structural world of Marina Marinova

Svetlin Roussev

Svetlin Roussev

Ci sono degli artisti che seguono una logica standard di sviluppo: con il tempo migliorano le proprie abilità artistiche e diventano più saggi. Altri non escono dai compiti scolastici durante tutta la loro vita e altri ancora – come Marina Marinova - appaiono artisti pronti e completi non solo dal punto di vista dello stile, ma anche da quello del loro completo atteggiamento, consapevole nei confronti della loro missione. Già con le sue prime esibizioni indipendenti dopo l’Accademia, Marina Marinova ha mostrato una raffinata conoscenza della pittura, un gusto raffinato e una qualità pittorica indipendenti dalla grandezza del formato, e una percezione dello spazio come un ambiente psicologico – risultati che le hanno garantito una crescita sicura, insieme ad una netta originalità. In pochi anni Marina Marinova ha elaborato uno stile sintetico nel quale la pittura raffinata e psicologicamente impregnata è solo un segno del passato dell’artista. Estranea all’inerzia della pittura come all’aggressiva universalità delle forme concettuali, Marinova ha portato la sua arte ad una formula plasticamente sofferta, nata dalla visione improvvisa dell’impersonalità della città contemporanea; seguendo la natura inesplicabile della sua voce interna con una dolorosa rigorosità artistica, pronta a sacrificare dei successi in nome della verità, come farebbe ogni bravo artista. La verità non in assoluto ma quella che incontriamo ogni giorno, segnata dal grigiore dei complessi residenziali: una verità apparentemente banale, vista e ottenuta nella sua interna voce segnica e strutturalmente plastica. Infatti la sua arte, rivolta emotivamente a se stessa, porta i messaggi contemporanei che toccano l’uomo moderno nella sua semplice quotidianità e nel suo banale grigiore. Sullo sfondo di criteri artistici troppo mobili Marina Marinova rimane ferma, seguendo una sintetica, quanto sorprendente, linea plastica, e aprendo lo spazio strutturale nello spazio dei segni, dall’interno all’esterno, in plastici simboli segnici. Se la nozione di concettuale non fosse stata così lo-

There are artists who follow a standard logic of development. With time they master their artistic skills and gradually gain creative seasoning; other artists spend their entire lives failing to put down school tasks, and there are still others, like Marina Marinova, who seem to arrive in art geared up and accomplished in terms of both style and an overall sharp awareness of an artist’s mission. Already with her very early displays after finishing the Academy, Marina Marinova manifested a sophisticated painting culture, a refined taste and sense of the pictorial quality regardless of smaller or larger formats, a comprehension of space in painting as a psychological environment — a few achievements, enough to guarantee secure growth coupled with distinct originality. In just few years Marina Marinova attained a synthetic style in which sophisticated, psychologically saturated painting was only a sign from the artist’s yesterday. A stranger to both painting inertia and the aggressive universality of conceptual forms, Marina Marinova has brought her art up to a tested plastic formula born from the unexpected grasp of the contemporary city’s facelessness; following the inexplicable nature of her inner voice with a sore artistic self-exactingness; and ready to sacrifice achievements – which would perfectly do for any decent artist – for the sake of truth. This is not the general truth but the one we come across every day marked with the bleakness of apartment block compounds – the seemingly banal truth, however seen and attained in its inward notional and structurally plastic voice. Emotionally turned to itself, her art still comes across with present-day messages touching modern man captured in his ordinary monotony and banal dullness. Against the background of excessively mobile art criteria in the vogue today, Marina Marinova is as consistent in the pursuit of a synthetic plastic line, as she is surprising with the dissolution of the structural into semantic inside out through symbols that represent plastic signs. Had the notion ‘conceptual’ not been so very

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gorata e privata di significato dall’arbitrarietà artistica, l’arte di Marina Marinova potrebbe essere definita concettuale. Se l’idea di installazione non fosse sta così ampiamente profanata, ogni suo lavoro potrebbe essere definito un’installazione, certo al di là della svalutazione di un simile concetto data dalla routine. Tutto in Marina Marinova – dalla composizione severa e ben concepita, dalla significativa espressione della struttura plastica, dall’organizzazione architettonica dell’insieme alla completa manifestazione dell’idea - è espressione di quell’interna costruzione emozionale nella quale la distruzione e la creazione vengono toccate da una commozione di cui la grande città e la solitudine dei suoi abitanti sono la ferita e la speranza. L’arte di Marina Marinova non serve per decoro; essa supera la formula “mi piace” o “non mi piace”, non c’è posto al suo interno per una simile gerarchia. Una riflessione profonda sul significato e sull’assurdità, sull’apparenza esterna e l’essenza interna, sui principi architettonici e plastici, sulla distruzione del complesso e l’estrazione di una parte dal tutto. Una porta aperta verso ciò che si trova dentro e fuori di noi - verso ciò che è inafferrabile e inspiegabile, portato nel tempo come esperienza nello spazio spirituale. Un’arte che possiede una propria strada artistica e umana in questi tempi caotici e senza via d’uscita.

much worn-out and made pointless by artistic outrage,Marina Marinova’s art could have been identified as conceptual. Had the notion of installation not been so widely profaned, any display of the artist could have been termed installations, of course necessarily placed above the routine devaluation of this term. Every single aspect of Marina Marinova’s work – from the austere and meaningful composition, the semantic expression of the plastic structure and the architectural organization of the entity, all the way to the overall deduction of the idea, is an expression of the internal emotional makeup in which destruction and creation have been touched by a flurry whose sore and hope are the big city and solitude. The art of Marina Marinova is not for decoration — it sits above the formula of likes or dislikes —offering no room for such a hierarchy. It represents deep reflection about the meaning and meaninglessness, the outward appearance and inward essence, the architectural and plastic principles, the destruction of the whole to deduct the part from the sign of the whole. It is an open door to what is inside and outside us - to the elusive and inexplicable carried over time as experience in the spiritual world. It is art with its own artistic and human trajectory in times of chaos and deadlock.

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Marina Marinova Il mondo bi-dimensionale degli oggetti / The two窶電imensional world of objects olio e acrilico su tela / oil and acrylic on canvas, 163 x 308 cm.

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Marina Marinova Cantiere / Construction site olio su tela / oil on canvas, 30 x 40 cm.

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Marina Marinova Cantiere / Construction site olio su tela / oil on canvas, 180 x 200 cm.

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Marina Marinova Cantiere / Construction site olio su tela / oil on canvas, 60 x 73 cm.

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Marina Marinova Cantiere / Construction site olio su tela / oil on canvas, 100 x 215 cm.

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Marina Marinova Antiche strutture / Ancient structures olio su tela / oil on canvas, 60 x 70 cm.

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Marina Marinova Paesaggio / Landscape olio su tela / oil on canvas, 73 x 92 cm.

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Madara Neikena

Madara Neikena

Madara Neikena è nata nel 1988 a Riga in Lettonia, dove tuttora vive e lavora. Dopo aver conseguito il diploma in arti visive, nel 2013 si laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti della Lettonia dove ora sta completando il master nelle Belle Arti. Ha partecipato a diversi laboratori di pittura en plein air realizzando opere in cui manifesta una notevole sensibilità coloristica e compositiva. Madara ama la pittura di paesaggio e trae ispirazione dalla natura che rielabora e filtra attraverso la sua sensibilità restituendoci un mondo fantastico, poetico, pieno di vari scenari, animati e dinamici: i suoni, gli odori, il tocco dell’aria e delle superfici circostanti prendono parte attiva nella creazione del suo lavoro. Nelle sue opere c’è infatti un silenzio operoso che incanta l’occhio e lo spirito attraverso la freschezza della pennellata. Pur partendo dalla realtà, le sue ricostruzioni sono molto sognate e l’aspetto estetico non è mai trascurato. Dal 2010 inizia la sua attività espositiva partecipando a mostre collettive nazionali e internazionali. Le sue opere sono state esposte in Lettonia, nel Regno Unito, in Polonia, in Georgia e ora, per la prima volta, a Ravenna. madara.neikena@gmail.com

Madara Neikena was born in 1988 in Riga, Latvia, where she lives and works. After taking a diploma in visual arts she graduated in painting in 2013 at the Latvia Fine Arts Academy where she is currently completing a Master’s in Fine Arts. She has taken part in various en plein air painting workshops, creating works that evince considerable colouristic and compositional sensitivity. Madara loves landscape painting and draws inspiration from nature which she re-elaborates and filters through her own sensitivity, bringing us a fantastical, poetic world full of various scenarios, animated and dynamic: the sounds, odours, the touch of the air and surrounding surfaces take an active part in the creation of her works. In her oeuvre there is in fact an industrious silence which enchants the eye and spirit through the freshness of the brushstroke. Though she sets out from reality, her reconstructions are highly dreamt and the aesthetic aspect is never neglected. She began exhibiting in 2010, participating in national and international collective shows. Her works have been shown in Latvia, the United Kingdom, Poland, Georgia and now, for the first time, in Ravenna.

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Contemplando il mondo sensibile

Contemplating the World Sensitively

Inese Baranovska

Inese Baranovska

Cosa si può dire di una giovane artista all’inizio della sua carriera? Non è di sicuro un compito facile. Da una parte non c’è ancora molto da dire; dall’altra si ha come una sorta di esaltante sensazione di essere sul punto di scoprire un giovane talento. La storia è la seguente. Fu all’Accademia Nazionale di Belle Arti, durante l’annuale fiera di Natale “Yarmarka”, che tra centinaia di opere in mostra le tele di Madara Neikena colpirono la mia attenzione e mi fecero indugiare. Da quel momento ho seguito la sua attività artistica e ora provo un vero piacere nell’esprimere la mie idee e sensazioni sulla sua arte. Madara Neikena è nata nel 1988 a Riga, in Lettonia. All’età di 16 anni si è iscritta alla Scuola d’Arte “Janis Rozental” ¯ di Riga. Nel 2013 si è laureata all’Accademia di Belle Arti, Dipartimento di Pittura, con specializzazione in Arti Visive; al momento sta continuando gli studi. Nel 2013, nell’ambito del programma di scambio Erasmus, ha avuto l’opportunità di studiare alla Trent University di Nottingham. Nel 2010 ha ottenuto la borsa di studio intitolata all’eccezionale artista lettone Boriss Berzinš. ¯ Madara realizza sia disegni che dipinti. La gamma di materiali che utilizza è vasta: tra gli altri, oli, acrilici, colori ad acqua, carboncini, matite, più altri meno convenzionali. Preferisce i quadri di grandi dimensioni ma ha un talento speciale nel rendere grandi anche i dipinti più piccoli. Tra le caratteristiche della sua arte ci sono le armoniose composizioni orizzontali e i colori chiari, sensualmente vibranti. I suoi impulsi creativi vengono dall’osservazione della natura: colori, ombre, suoni, profumi e consistenze vengono rielaborati per dare vita ad un contesto immaginario, famigliare e stimolante. I suoi lavori, come racconta l’artista, traggono molta ispirazione dai suoi ricordi d’infanzia, il tempo dell’innocenza, dell’ingenuità e della felicità. È davvero una benedizione che sia riuscita a mantenere queste sensazioni e che abbia la capacità di vedere il mondo con una meraviglia senza fine.

What can you tell about a young artist at the start of her career? It is definitely not an easy task. On one hand there is not much to say; on the other hand it is a kind of exhilarating feeling that you are on the verge of discovering a young talent. The story was the following. It was at the Art Academy of Latvia that during the students’ annual Christmas art fair “Yarmarka” among hundreds of exhibited artworks, Madara Neikena’s canvas paintings caught my eye and made me linger. Afterwards I kept track of her artistic activities and now I have a real pleasure to express my ideas and feelings about her art. Madara Neikena was born in 1988 in Riga, Latvia. At the age of sixteen Madara enrolled in the Janis Rozentals ¯ Riga Art School to study Fine Arts. In 2013 she graduated from the Art Academy of Latvia, Department of Painting with a BA in Visual arts, but at present she keeps on continuing her studies for a MFA. In 2013 within the framework of Erasmus Exchange Programme she had an opportunity to study at the Nottingham Trent University. In 2010 Madara was granted the scholarship named after the outstanding Latvian artist Boriss Berzinš. ¯ Madara works in both disciplines: drawing and painting. The range of materials she applies is vast: oil, acrylic, watercolour, charcoal, pencil, and more, for example, she experiments with unconventional materials. She prefers to execute large-scale paintings, yet she has a special talent to make small paintings look big. Distinctive artistic features of her poetic paintings are harmonious horizontal compositions and light, sensually vibrant colours. Her artistic impulses are drawn from acute observations of the natural world: colours, shadows, sounds, fragrances and textures. Afterwards these impressions are processed through the mind resulting in the imaginary essence, familiar and inspiring – the kind we observe in her art. Her works, as the artist tells us, are pretty much inspired by her childhood memories. It was the time of innocence, naivety and happiness. It is truly God’s blessing on the artist that she has managed to keep this

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Il giardino dei suoi nonni, il mare, la foresta in inverno, una strada di campagna diventano il soggetto principale delle tele di Madara. I paesaggi che dipinge non sono mai isolati o privi di vita, ma è sempre possibile scorgere qualche piccola creatura errante in quei mondi immaginari. Se le domandate perché i suoi paesaggi non sono abitati lei vi risponderà: “Non posso dipingere il vuoto; ho un bisogno disperato di rappresentare il rapporto tra l’uomo e la natura”. Le altre fonti di ispirazione della giovane e talentuosa Madara sono l’eccezionale artista video Bill Viola, la pittrice svedese Mamma Andersson, famosa a livello internazionale, e la rinomata celebrità inglese David Hockney. Importanti per il suo lavoro creativo anche le “immagini in movimento”, soprattutto i film del regista americano Wes Anderson “Fantastic Mr. Fox” e “Gran Budapest Hotel”, in cui la realtà si fonde con l’immaginazione. Al momento Madara Neikena è all’inizio della sua carriera artistica. Ha scelto di rifarsi alle migliori tradizioni della scuola di pittura di paesaggio del suo stimato professore Aleksejs Naumovs, e trovare un proprio approccio stilistico. I suoi paesaggi combinano sensibilità e una sorta di impulso speciale che non si possono spiegare con parole semplici. Bisogna contemplare e aprire la propria mente all’immaginazione e alla poesia.

prime feeling and ability to see the world with never-ending wonder. Her grandparents’ garden, the seaside, forest trees in winter, a countryside road – everything from the above mentioned becomes the main subject of Madara’s canvases. The landscapes she paints are never treated as cut out and isolated places, deprived of life. It is always possible to find some small creature wandering in her landscape imaginary world. Asked why her landscapes are inhabited, she says: “I can’t paint emptiness; I desperately need to depict the relationship between nature and humans.” What are other inspiration sources for the young and talented artist? By all means, it is the outstanding video artist Bill Viola, internationally famous Swedish painter Mamma Andersson, and renowned British celebrity David Hockney. Another important media for her creative work are “moving images”, especially movies by American film director Wess Anderson: “Fantastic Mr. Fox” and “The Grand Budapest Hotel”, featuring reality mixed with a fantasy world. At present Madara Neikena is at the starting point of her artistic carrier. She has chosen to update the best traditions of the Latvian landscape painting school taught by her highly estimated professor Aleksejs Naumovs and find her own stylistic approach. Her self-reflective landscapes combine sensitivity, and a kind of special drive that can’t be described in simple words. You just have to contemplate and open your mind to imagination and poetry.

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Madara Neikena Senza titolo / Untitled olio su tela / oil on canvas, 40 x 58 cm.

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Madara Neikena Galleggiare / Float olio su tela / oil on canvas, 30 x 45 cm.

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Madara Neikena Acqua / Water olio su tela / oil on canvas, 20 x 30 cm.

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Madara Neikena Spiaggia / Beach olio su tela / oil on canvas, 25 x 25 cm.

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Madara Neikena Spiaggia / Beach olio su tela / oil on canvas, 25 x 25 cm.

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Madara Neikena Spiaggia / Beach olio su tela / oil on canvas, 55 x 55 cm.

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Madara Neikena Spiaggia / Beach olio su tela / oil on canvas, 150 x 150 cm.

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Federico Zanzi

Federico Zanzi

Federico Zanzi è nato nel 1978 a Faenza. Vive e lavora ad Alfonsine (Ravenna). All’età di 12 anni dipinge il primo quadro, Un mazzo di fiori, che regala ai suoi nonni, instaurando così un rapporto intenso con l’ambiente famigliare, tematica che caratterizza tutta la sua opera. Nelle opere degli esordi di grande formato è già presente, come un annuncio profetico, una traccia della sua poetica che si rivelerà progressivamente nei ritratti e nei gruppi di famiglia. Presta una particolare attenzione alla tensione etica e spirituale e rintraccia in essi attestati di una vanitas che non porta i segni del tempo storico ma tende piuttosto a svelare la perenne fugacità delle cose mondane e di conseguenza lascia intravedere la condizione dell’essere nel mondo, dominata dallo stato di precarietà, alla quale non è dato sottrarsi pur sentendosene estranei. L’oscurità quasi teatrale che prevale sulla luce, concentrata esclusivamente sulle figure o su parti di esse, accentua un senso di spaesamento e al tempo stesso di innegabile sacralità. Dal 2005 partecipa a esposizioni collettive e personali. La sua galleria di riferimento è la MLB Home Gallery, di Ferrara. Molte sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. fede.zanzi@libero.it www.federicozanzi.it mlb@marialiviabrunelli.com

Federico Zanzi was born in 1978 in Faenza. He lives and works in Alfonsine (Ravenna). At the age of 12 he painted his first picture, A Bunch of Flowers, which he gave to his grandparents, thus establishing an intense relationship with the family environment, a theme that characterises his entire oeuvre. In the early large format works there is already, like a prophetic announcement, a trace of his poetics which would be progressively revealed in the portraits and the family groups. He pays special attention to ethical and spiritual tension and retraces therein evidence of a vanitas that does not bear the signs of historical time but rather tends to reveal the perennial fleetingness of worldly things, consequently giving a glimpse of the condition of being in the world, dominated by the state of precariousness which cannot be avoided even though one feels extraneous to it. The almost theatrical darkness that prevails over light, concentrated exclusively on the figures or parts of them, accentuates a sense of disorientation and at the same time of undeniable sacredness. Since 2005 he has taken part in solo and collective shows. His reference gallery is MLB Home Gallery of Ferrara. Many of his works are in public and private collections.

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Quell’immagine da tenere infilata nel vetro della credenza

That image to slip into the window of the dresser

Maria Livia Brunelli

Maria Livia Brunelli

A volte si prova nostalgia per ciò che non ci piaceva, per ciò che eravamo obbligati a fare e, proprio per questo, il sentimento è più fortenutrito dal senso di colpa. Da qui nasce la riscoperta da parte di Federico Zanzi di tutte quelle situazioni formali, di quelle visite di cortesia, di quelle feste comandate popolate da ingombranti figure familiari. Unica caratteristica che le accomunava erano gli odori, l’odore strano delle case dei nonni e quelli dolciastri degli abbracci dei parenti lontani. Ma a volte vorremmo risentirli, vorremmo ritrovarci in quei soffocanti dopocena delle feste a cui noi, naturalmente bambini, volevamo sottrarci. Proprio come i bambini, che spintisi troppo lontano, avventuratisi troppo in là, improvvisamente, colti dalla paura, cercano rifugio nei luoghi noti, tra le rassicuranti pareti famigliari, ecco che noi ora, istintivamente, cerchiamo un senso di pace in quelle statiche, immutabili atmosfere. Federico Zanzi lo ha dapprima sentito e poi capito: prima è nata in lui la necessità di esplorare quelle atmosfere e ritrarre quella gente, poi ne ha colto il senso. Ha sentito e compreso che quello che lui voleva dipingere non era un ritratto, non era una figura: era la chiave di altro. Come Leonardo voleva dipingere l’aria, così Zanzi vuole dipingere un odore. L’odore delle case dei vecchi. Questa è la forza che ci attrae nelle sue tele, in quei colori pastosi, in quei volti imprecisi, quasi dimenticati, e quindi assoluti e archetipici. Stiamo osservando un’opera concettuale travestita da ritratto ad olio. Non vediamo dei vecchi, ma i Vecchi, quelli di tutti noi, perché quella camicetta ce la ricordiamo bene e d’un tratto ci ritroviamo davanti a zie dimenticate, che ci chiedono dove siamo stati e ci obbligano a pensare ad un riassunto della nostra vita recente. Quei profumi asfissianti ci strappano autocoscienza. Zanzi apre uno spiraglio sul nostro recente passato e lo fa con una immagine. Una sola immagine che raccoglie in sé, riassumendolo, un luogo, un mondo in cui siamo stati. In un tempo saturo di immagini, in cui tutto è costantemente documentato da inutili fotografie digitali che nessuno guarderà due volte, egli ci mostra gente in

At times we feel nostalgia for something we didn’t like, for what we were obliged to do, and precisely for this reason the feeling is stronger, fed by a sense of guilt. This is what lies behind Federico Zanzi’s rediscovery of all those formal situations, courtesy visits, compulsory celebrations populated by cumbersome family figures. The only characteristic they shared consisted of smells, the strange smell of grandparents’ houses and the sweetish smells of embraces from distant relations. But now and then we would like to smell them again, to find ourselves at those suffocating after-lunch phases of the celebrations which we children naturally wanted to get away from. Just as children who have gone too far, ventured beyond, are suddenly taken by fear and seek refuge in places they know, the reassuring walls of the home, so we now instinctively seek a sense of peace in those static, immutable atmospheres. Federico Zanzi first felt it and then understood it: first there arose his need to explore those atmospheres and portray those people, then he grasped the meaning. He felt and understood that what he wanted to paint was not a portrait, not a figure: it was the key to something else. As Leonardo wanted to paint air, so Zanzi wanted to paint a smell. The smell of old people’s houses.This is the power that attracts us in his canvases, in those mellow colours, in those imprecise faces, almost forgotten and therefore absolute and archetypical. We are looking at a conceptual work disguised as a portrait in oils. We do not see old people but the Old People, those that belong to all of us, because we well remember that blouse and all at once we are with forgotten aunts who ask us where we have been and oblige us to think up a summary of our recent life. Those asphyxiating perfumes tear away our self-consciousness. Zanzi opens up a chink into our recent past and he does so with an image. One single image that contains within itself, summarizing it, a place, a world where we have been. In a time saturated with images, when everything is constantly documented by useless digital photos that nobody looks at twice, he

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posa per la foto bella, quella foto da tenere infilata nel vetro della credenza per essere guardata spesso e per ricordarci sempre di quel pranzo, di quella gente, di quei momenti tanto importanti. Per fare questo, Zanzi usa mezzi apparentemente desueti: la pittura ad olio su tela è fuori moda, ma lui dipinge la nostalgia e lo fa, non a caso, usandone i colori dal caratteristico odore. Federico riesce a distillare le immagini, a capire, o sentire, qual’è la chiave del tutto: la persona, lo sguardo o l’oggetto che da solo conterrà tutti i ricordi. Per questo motivo anche il semplice vaso di fiori non è una semplice composizione artistica, ma il ritratto di un omaggio consegnato da mani ad altre mani in una specifica occasione. Federico Zanzi usa la sua storia, la sua famiglia, come pretesto per mostrarci cosa è cambiato, cosa abbiamo perso e quindi capire cosa ci è rimasto e cosa abbiamo trovato, ma la sua gente è anche la nostra perché noi, suoi contemporanei, abbiamo vissuto le stesse esperienze, abbiamo avuto gli stessi parenti e quindi magistralmente la sua arte tocca le corde delle nostre emozioni. Tutto ciò Zanzi lo fa con una certa dose di cattiveria, perchè ci fa capire che ci manca ora quello che non volevamo allora. Quindi ci fa riflettere su una cosa: quello che non vogliamo adesso, quando ci mancherà? Siamo costretti a meditare su questo, a cogliere il significato che sta dietro la tela e che nasce dentro di noi che lo vediamo. Dobbiamo fermarci, scendere per un attimo dalla giostra vorticosa del vivere, per esplorare quel singolo concetto che lui ci sottopone e con cui cambierà il nostro sguardo. I vecchi sono per Zanzi quello che la Cattedrale di Rouen era per Monet: un modo per arrivare a capire altro. Più ci soffermiamo a guardare le sue tele, più scopriamo piccoli particolari importanti. Ecco che vediamo come le figure siano spesso ritratte dall’alto come se le avessimo interrotte a tavola nel mezzo di un discorso per chiedere loro di mettersi in posa per noi. I sorrisi che intuiamo sono cortesi, ma interrompono un dialogo in cui noi ci intromettiamo. Gli ambienti sono accennati e sgomberi perché non quotidiani. Ma soprattutto quegli occhi vuoti ci scrutano e ci giudicano, provocando in noi emozioni profonde: questa è la missione dell’arte contemporanea. E per questo Federico Zanzi è contemporaneo, anche se non vuole dirlo. Non subito, almeno.

shows us people posed for the fine photograph, the one to keep slipped into the window of the dresser so that it may be looked at often and always remind us of that meal, those people, those moments that are so important. To do this Zanzi uses apparently antiquated means: oil painting on canvas is out of fashion, but he is painting nostalgia and he does it, not at random, using its colours with the characteristic smell. Federico manages to distil images, to understand or feel what is the key to it all: the person, the glance or the object which alone will contain all the memories. This is why even the simple vase of flowers is not a simple artistic composition but the portrait of a gift from one hand to another on a specific occasion. Federico Zanzi uses his own history, his family, as a pretext for showing us what has changed, what we have lost, so we may understand what has remained to us and what we have found, but his people are also our own because we, his contemporaries, lived through the same experiences, had the same relations, and his art therefore touches masterfully the chords of our emotions. Zanzi does all this with a certain measure of malice, because he makes us understand that we now miss what we did not want then. Thus he makes us reflect on something: when will we miss what we don’t want now? We are forced to meditate on this, to grasp the meaning which lies behind the canvas and which is born within ourselves, we who look at it. We have to stop, get off the whirling roundabout of life for a moment and explore that individual concept he submits to us and with which he will alter our eye. For Zanzi old people are what Rouen Cathedral was for Monet: a way to achieve understanding of something else. The more we linger over his canvases the more we discover small, important details. We see how the figures are often portrayed from above, as if we had interrupted them at table in the middle of a discussion to ask them to pose for us. The smiles we intuit are courteous but they interrupt a dialogue into which we intrude. The environments are hinted at and bare because they are not everyday. But above all those empty eyes scrutinize and judge, arousing deep emotions in us: this is the mission of contemporary art. And this is why Federico Zanzi is contemporary, even if he does not want to say so. At least not immediately.

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Federico Zanzi Il brindisi / The toast olio su tela / oil on canvas, 180 x 250 cm.

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Federico Zanzi Se io potessi / If I could olio su tela / oil on canvas, 100 x 100 cm.

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Federico Zanzi Buon compleanno / Happy birthday olio su rame / oil on copper, 16 x 26 cm.

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Federico Zanzi Quelle tue mani / Those your hands olio su tela / oil on canvas, 50 x 40 cm.

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Federico Zanzi Odore di festa / Smell of celebration olio su tela / oil on canvas, 70 x 50 cm.

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Federico Zanzi Morte della vergine / Death of the vergin olio su tela / oil on canvas, 120 x 120 cm.

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Federico Zanzi Lo scialle / The shawl olio su tela / oil on canvas, 50 x 40 cm.

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Premio Marina di Ravenna 2014 / Marina di Ravenna Prize 2014 Diario fotografico della rassegna / Photographic diary of the event

Maria Grazia Marini, Pericle Stoppa e Claudio Spadoni durante la conferenza stampa di presentazione dei vincitori.

I cinque vincitori con Claudio Spadoni e Pericle Stoppa all’esterno della Galleria FaroArte.

Maria Grazia Marini, Pericle Stoppa and Claudio Spadoni during the press conference presenting the winners.

The five winners with Claudio Spadoni and Pericle Stoppa outside the Galleria FaroArte.

Il pubblico presente alla cerimonia di premiazione dei vincitori.

Pericle Stoppa saluta la pittrice coreana Bo Mi Kim vincitrice nel 2012.

The public at the prize-giving ceremony.

Pericle Stoppa greets the Korean painter Bo Mi Kim, winner of the 2012 Marina Prize.

Claudio Spadoni intervistato da Ilaria Magagni, conduttrice della serata.

Il pittore Bert premiato da Paolo Valenti, assessore provinciale alla cultura.

Claudio Spadoni interviewed by MC Ilaria Magagni.

The painter Bert receives his prize from Province Cultural Councillor Paolo Valenti.

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Lorenzo Di Lucido premiato da Paola Morigi, segretario generale della Camera di Commercio di Ravenna.

Marina Marinova premiata da Claudio Martinelli, presidente della Banca Popolare di Ravenna.

Lorenzo Di Lucido receives his prize from Paola Morigi, general secretary of the Ravenna Chamber of Commerce.

Marina Marinova receives her prize from Claudio Martinelli, president of the Banca Popolare di Ravenna.

Madara Neikena premiata dal prefetto di Ravenna Fulvio Della Rocca.

Federico Zanzi premiato dal sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci.

Madara Neikena receives her prize from Fulvio Della Rocca, Prefect of Ravenna.

Federico Zanzi receives his prize from the Mayor of Ravenna Fabrizio Matteucci.

L’applauso del pubblico ai vincitori.

Concerto musicale a conclusione della serata.

The public applauds the winners.

Concert concluding the evening.

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Residenza d’artista / Artist’s residence 23 agosto - 22 settembre 2014 / 23 August - 22 September 2014 La Galleria FaroArte di Marina di Ravenna trasformata in atelier / The FaroArte Gallery in Marina di Ravenna transformed into atelier

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Vittorio D’Augusta, Claudio Spadoni, Beatrice Buscaroli e Pericle Stoppa componenti della giuria

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Premio Marina di Ravenna Albo d’oro

Marina di Ravenna Prize Roll of Honour

Il Premio Marina di Ravenna, sorto nel 1955 come Concorso di pittura estemporanea, si è svolto ininterrottamente fino al 2000 con la stessa modalità iniziale. Dopo due anni di interruzione, la manifestazione è ripresa con formule diverse. Dal 2012 la partecipazione al Premio è riservata agli artisti di età inferiore ai 35 anni. Questo l’Albo d’Oro dei premiati dal 2003:

The Marina di Ravenna Prize, set up in 1955 as an extempore painting Competition, continued uninterrupted and unchanged until 2000. After a two year pause the event was revived under new formulas. Since 2012 participation in the Prize has been reserved to artists under 35. This is the Roll of Honour of prize-winners since 2003:

2003

Tommaso Cascella, Bomarzo VT Bruno Ceccobelli, Todi PG Maurizio Di Feo, Gioia del Colle BA Jean Gaudaire Thor, Francia Graziano Pompili, Montecchio RE

2004

Ugo Nespolo, Torino Aurelio Caruso, Palermo Luigi Milani, Rovigo Helmut Tollmann, Germania

Premi alla carriera: Renzo Morandi, Ravenna Concetto Pozzati, Bologna

2005

Erio Carnevali, Modena Tommaso Cascella, Bomarzo VT Eugenie Jan, Francia Franck Moeglen, Germania Franco Sumberaz, Livorno Antonio Tamburro, Isernia

Premi alla carriera: Biagio Pancino, Francia Germano Sartelli, Imola BO

2006

Lorenzo D’Angiolo, Lucca Giuliano Ghelli, Firenze Claudie Lacks, Francia Giuseppe Simonetti, Palermo

Premi alla carriera: Gabriella Benedini, Milano Antonio Possenti, Lucca

2007

Franco Batacchi, Venezia Bernd Kaute, Germania Tone Lapajne, Slovenia Enrico Manera, Roma Ferran Selvaggio, Spagna

Premi alla carriera: Eugenio Carmi, Milano Hermann Nitsch, Austria

2008

Luca Alinari, Firenze Giuliano Barbanti, Milano Davide Benati, Modena

Renata Boero, Milano Nicola Carrino, Roma Giancarlo Cazzaniga, Milano Vittorio D’Augusta, Rimini Enrico Della Torre, Milano Giosetta Fioroni, Roma Walter Fusi, Siena Fathi Hassan, Egitto Romano Masoni, Pisa Mario Nanni, Bologna Giorgio Olivieri, Verona Mario Raciti, Milano Rino Sernaglia, Milano Medhat Shafik, Egitto Fausta Squatriti, Milano Tino Stefanoni, Lecco Walter Valentini, Milano

Premi alla carriera: Tullio Pericoli, Milano Achille Perilli, Roma

2009

Laura Baldassari, Ravenna Cesare Baracca, Lugo RA Xante Battaglia, Milano Ennio Calabria, Roma Pablo Echaurren, Roma Marco Gastini, Torino Franco Guerzoni, Modena Massimo Kaufmann, Milano Ugo la Pietra, Milano Eliana Maffei, Genova Renzo Margonari, Mantova Vittorio Mascalchi, Ravenna Franco Mulas, Roma Carlo Nangeroni, Milano Katja Noppes, Milano Lorenzo Piemonti, Milano Sergio Sermidi, Mantova Vanni Spazzoli, Ravenna Grazia Varisco, Milano Giorgio Vicentini, Varese

Premi alla carriera: Gianfranco Baruchello, Roma Guido Strazza, Roma

2010

Premi alla carriera: Vasco Bendini, Parma Georges Mathieu, Francia Arnulf Rainer, Austria

2011

Massimiliano Errera, Trapani Filippo Farneti, Ravenna Ettore Frani, Roma Banafsheh Rahmani, Iran Manuela Vallicelli, Ancona

2012

Bo Mi Kim, Corea Sandro Palmieri, Firenze Marco Pariani, Ferno VA Marina Scardacciu, Sassari Giovanna Sottini, Desenzano BS

2013

Carlos Atoche, Lima, Perù Guido Catelli, Roma Giulia Dall’Olio, Bologna Ilaria Del Monte, Taranto Riccardo Negri, Mantova

2014

Andrea Mario Bert, Forlì Lorenzo Di Lucido, Penne PE Marina Marinova, Sofia, Bulgaria Madara Neikena, Riga, Lettonia Federico Zanzi, Faenza, RA


Si ringraziano per il sostegno alla manifestazione:

Mario Boccaccini

Officine Meccaniche - Ravenna

ROSETTI MARINO SPA

Compagnia Portuale Ravenna

Matteo Cavicchioli - Ravenna

Commerciale Adriatica - Ravenna


Finito di stampare nel mese di dicembre 2014 da Full Print Ravenna



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