Una protezione sociale del clima è possibile

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«Una politica climatica equa non deve gravare ulteriormente sulle persone che già vivono in situazioni precarie, ma al contrario deve dare loro la possibilità di agire attivamente nel rispetto del clima.»

Documento di posizione di Caritas «Politica climatica in Svizzera»

Una protezione sociale del clima è possibile


Giustizia climatica anche in Svizzera In sintesi:

Il Consiglio federale ha deciso nell’agosto 2019 che al più tardi entro il 2050 la Svizzera deve raggiungere la neutralità nelle emissioni di gas a effetto serra. Per arrivare a tale traguardo occorre mettere rapidamente in atto misure concrete per una protezione effettiva del clima, sostenibile da un punto di vista sociale. È fondamentale che le misure a tutela del clima non pesino ulteriormente sulla situazione finanziaria delle famiglie a basso reddito, poiché anch’esse devono avere l’opportunità di agire rispettando il clima. La politica climatica deve quindi per forza accompagnarsi a provvedimenti di politica sociale.

Considerato l’avanzare dell’emergenza climatica, è innegabile che la Svizzera ha bisogno di una politica climatica efficace in tempi brevi il cui obiettivo è già stato fissato nel 2015: all’epoca, la Svizzera si è impegnata in modo vincolante con l’Accordo di Parigi a fare tutto il possibile per raggiungere un bilancio netto delle emissioni pari a zero («zero emissioni nette») al più tardi entro il 2050. Nella definizione concreta della politica climatica, tuttavia, le idee divergono ampiamente. Una chiara dimostrazione ne è il rifiuto della legge sul CO2 a metà giugno 2021. Molti svizzeri hanno paura delle conseguenze finanziarie di una politica climatica efficace. Gli strumenti proposti per ridurre le emissioni di gas a effetto serra tutto sommato non avrebbero portato a un onere aggiuntivo per la maggior parte delle famiglie. Ma a quanto pare non è stato possibile dimostrarlo. Per Caritas è chiaro che la protezione del clima può e deve essere sociale. Ora dobbiamo cogliere l’opportunità di avviare un giusto cambiamento e muoverci verso un’economia e un modo di vivere sostenibili che conservino le risorse naturali e vadano a beneficio di tutte le persone. Nel contesto internazionale, questa idea di fondo è legata al concetto di giustizia climatica. Ci può essere una giusta protezione del clima solo se la politica climatica migliora in modo sostenibile la situazione dei più poveri nel Sud globale (documento di posizione di Caritas «Garantire una giustizia climatica», 2021). La Svizzera si è impegnata a raggiungere i 17 obiettivi globali di sviluppo sostenibile OSS (Sustainable Development Goals, SDGs) nel quadro dell’Agenda 2030 dell’ONU. Gli OSS prendono in considerazione la dimensione ambientale, sociale ed economica dello sviluppo sostenibile in egual misura. Ciò significa che la politica climatica deve essere concepita anche in Svizzera in un modo che sia socialmente equo. Una politica climatica giusta in Svizzera significa in particolare che le misure necessarie non devono costituire un ulteriore onere finanziario per le persone che vivono in condizioni precarie che, in linea di principio, devono essere sgravate. Secondo l’UST, nel 2019, quindi prima dell’emergenza coronavirus, in Svizzera circa 735 000 persone vivevano sotto la soglia di povertà. Altre quasi 600 000 persone vivevano appena sopra la soglia di povertà, erano pertanto a rischio povertà. In altre parole: più di una persona su sei in Svizzera riesce a malapena a sbarcare il lunario, vive in condizioni abitative precarie e deve limitare il proprio raggio di movimento sociale e spaziale. La politica climatica deve essere concepita in modo tale che questa parte della popolazione non sia ulteriormente emarginata ma, al contrario, possa beneficiare di uno sviluppo economico e sociale sostenibile, finanziariamente, ma anche in termini di capacità di agire atti-

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vamente nel rispetto del clima. La pandemia rende ancora più urgente un disegno equo della politica climatica.

Nella strategia climatica a lungo termine della Svizzera, il Consiglio federale rileva che «la transizione verso le emissioni nette pari a zero avverrà in modo socialmente accettabile».

Nel presente documento facciamo luce sulle sfide sociali della politica climatica nazionale. L’attenzione è rivolta alle possibili misure per ridurre le emissioni di gas a effetto serra che riguardano direttamente la popolazione in Svizzera. Caritas si impegna a garantire una politica climatica nazionale equa e a favore delle persone meno fortunate.

Principi di una politica climatica socialmente equa Una politica climatica socialmente equa in Svizzera deve rispettare due principi.

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Le persone colpite dalla povertà e quelle a rischio povertà non devono essere gravate da ulteriori oneri finanziari dovuti alle misure di protezione del clima nel loro insieme.

«misure di accompagnamento» per garantire che anche le persone a basso reddito possano agire rispettando l’ambiente. Si tratta in genere di misure che aumentano il margine di manovra finanziario delle persone interessate o promuovono il loro accesso a risorse non finanziarie come l’istruzione o l’informazione. Una politica climatica socialmente equa è dunque un compito trasversale che comprende diverse aree politiche. Nei prossimi decenni, la politica climatica diventerà una parte centrale della nostra politica sociale. Affinché possa essere definita in modo equo e a lungo termine, è fondamentale sapere dove ci si possono aspettare conseguenze negative per le persone indigenti e come si possono aumentare le loro possibilità di adottare un comportamento rispettoso del clima. Del resto, anche la strategia climatica a lungo termine della Svizzera, pubblicata dal Consiglio federale all’inizio del 2021, illustra come raggiungere gli obiettivi climatici: «La transizione verso le emissioni nette pari a zero avverrà in modo socialmente accettabile». Qui di seguito approfondiremo alcuni strumenti o misure di politica climatica nonché i settori politici rilevanti che influiscono particolarmente sulla situazione delle persone che vivono in povertà in Svizzera.

2.

Anche le persone a basso reddito devono avere l’opportunità di agire attivamente nel rispetto del clima. Bisogna quindi creare le condizioni affinché tutti gli abitanti della Svizzera agiscano nel rispetto dell’ambiente. La politica climatica nel suo insieme deve essere allineata a questi due principi. Per quanto possibile, le misure di politica climatica devono essere progettate in modo tale da non pesare ulteriormente sulle famiglie a basso reddito in termini di onere finanziario e facilitare l’azione rispettosa del clima. In alcuni casi, tuttavia, questo non sarà possibile. Una politica climatica efficace implica talvolta notevoli aumenti di prezzo o divieti che colpiscono in modo sproporzionato le famiglie con scarsi mezzi finanziari. Si rendono pertanto necessarie

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Come progettare la politica climatica in modo socialmente accettabile Circa un terzo delle emissioni di gas a effetto serra della Svizzera si verifica a livello nazionale. Di questi, il 32% nel settore Trasporti, il 24% nel settore Edifici, il 24% nell’Industria e il 14% nell’Agricoltura. Se la Svizzera intende ridurre efficacemente le emissioni di gas a effetto serra, deve intervenire in prima linea sulla mobilità, la situazione abitativa e il comportamento in materia di consumo della popolazione. Di conseguenza, una seria protezione del clima intacca direttamente la vita quotidiana e ci richiede di essere costantemente rispettosi del clima. Tuttavia, la vita quotidiana di oltre un milione di persone in Svizzera è già caratterizzata da una lotta per l’esistenza. Le misure di politica climatica non devono in nessun caso peggiorare la già precaria situazione delle famiglie con risorse finanziarie limitate. Devono piuttosto essere un’opportunità per migliorare le loro prospettive di azione.

Le misure di politica climatica non devono in nessun caso peggiorare la già precaria situazione delle famiglie con risorse finanziarie limitate. Devono piuttosto essere un’opportunità per migliorare le loro prospettive di azione. In linea di massima, esistono due modi – a parte la persuasione che avviene con l’informazione – per indurre la popolazione a un comportamento ecologico: uno attraverso regolamenti o divieti e l’altro attraverso varie forme di sistemi di incentivi. I regolamenti o i divieti possono frenare rapidamente ed efficacemente i materiali o i comportamenti dannosi per l’ambiente e allo stesso tempo creano sicurezza di pianificazione per l’economia. Un buon esempio in Svizzera è la Legge federale sulla protezione delle acque: le revisioni del 1972 e soprattutto del 1991 hanno introdotto rigidi divieti per l’uso di sostanze nocive e disposizioni per l’agricoltura e le aree di insediamento che nell’arco di pochi decenni hanno comportato un notevole e visibile miglioramento delle condizioni delle acque svizzere. A breve termine, tuttavia, le disposizioni di legge e i divieti in particolare possono anche portare a ulteriori oneri finanziari. Un divieto improvviso dei combustibili fossili, ad esempio, richiederebbe a molte famiglie di passare a sistemi di riscaldamento e a forme di mobilità rispettose del clima in un breve lasso di tempo. Le persone a basso reddito, però, non possono permettersi gli investimenti necessari. L’altro modo per promuovere un comportamento rispettoso del clima è attraverso incentivi finanziari. Questi includono

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varie misure che in qualche modo influenzano i prezzi con l’obiettivo di penalizzare i comportamenti dannosi per il clima o, al contrario, di premiare i comportamenti rispettosi del clima. Le misure possono essere sia agevolazioni, come l’esenzione dall’IVA o sovvenzioni dirette, sia rincari, per esempio attraverso tasse o imposte su un determinato prodotto. Una misura comprovata in molti Paesi è la fissazione diretta o indiretta del prezzo delle emissioni di gas serra. Un aumento dei prezzi può tuttavia colpire duramente le famiglie a basso reddito se allo stesso tempo non ci sono agevolazioni per le alternative rispettose dell’ambiente. Contrariamente alle imposte, le tasse di incentivazione vengono rimborsate alla popolazione in varie forme. Qualunque provvedimento si adotti, che siano disposizioni legali o incentivi finanziari, la politica climatica ha spesso un’influenza diretta sul bilancio e deve quindi necessariamente essere considerata da una prospettiva sociopolitica. Di seguito useremo le tasse di incentivazione per delineare come la politica climatica può essere progettata in un modo che sia sensibile alla povertà.

Tasse di incentivazione socialmente eque Con la tassa sul CO2 sui combustibili fossili, in Svizzera esiste da tempo un sistema di incentivazione che in sostanza è socialmente equo: le emissioni di gas a effetto serra sono tassate e le entrate che ne derivano vengono in gran parte ridistribuite alla popolazione. Poiché a tutti gli abitanti viene versato lo stesso importo (capitazione), il comportamento rispettoso del clima viene premiato. A chi consuma poco, viene rimborsato un importo più alto rispetto a quello pagato originariamente per la tassa di incentivazione. Con questo meccanismo, le tasse di incentivazione da un lato vengono riscosse secondo il principio di causalità: chi inquina tanto, paga di più. Dall’altro, permettono anche alle persone con un reddito basso di agire attivamente nel rispetto dell’ambiente, perché consumando meno se non altro non vengono più gravate o possono addirittura trarne un beneficio economico. Negli ultimi tempi, le tasse di incentivazione vengono discusse soprattutto in relazione ai carburanti e alle tariffe aeree. Affinché i sistemi di incentivi abbiano davvero un effetto stimolante, ha senso non solo estenderli al maggior numero possibile di fonti di emissione, ma anche fissarli a un livello abbastanza alto e aumentarli gradualmente. Soprattutto in caso di redditi bassi, il livello della tassa di incentivazione diventa pertanto decisivo in termini di bilancio. Per ragioni politiche, può avere senso utilizzare una parte degli introiti della tassa di incentivazione per finanziare altre misure


di politica climatica, come il Programma Edifici o le misure di adattamento al clima (destinazione vincolata). È però importante che una quota sufficientemente grande venga ridistribuita pro capite e che le tasse di incentivazione non aumentino solamente i prezzi. Gli aumenti dei prezzi senza compensazione non sono sostenibili per le famiglie con mezzi finanziari limitati. Ci sono tuttavia altri aspetti che devono essere presi in considerazione: La tassa sul CO2 esistente viene ridistribuita alla popolazione attraverso i premi dell’assicurazione malattia. In concreto, significa che l’importo della ridistribuzione viene conteggiato con l’importo delle fatture dei premi degli assicurati. Tuttavia, una parte considerevole della popolazione non paga i premi della cassa malati di tasca propria. Per le persone che ricevono prestazioni complementari all’AVS o all’AI, di solito sono i Cantoni a versare il contributo per i premi all’assicuratore malattia. Anche i premi dei beneficiari dell’assistenza sociale vengono pagati direttamente dall’autorità competente. Bisogna fare in modo che anche questi gruppi di persone ricevano personalmente la propria parte della ridistribuzione della tassa sul CO2, altrimenti non viene premiato il loro comportamento rispettoso del clima. Le famiglie a basso reddito che hanno un basso consumo di gas a effetto serra beneficerebbero, a medio termine, del potenziamento delle tasse di incentivazione. Allo stesso modo, ci sono però anche quelle che non saranno in grado di ridurre il loro consumo di gas serra così rapidamente. Vale, per esempio, per le persone che hanno bisogno di un’auto a causa del luogo in cui vivono e per il lavoro che fanno. Qui sono necessarie alternative rispettose del clima, in questo caso forme di mobilità non fossili, che devono essere effettivamente disponibili e finanziabili per le persone colpite dalla povertà. L’accesso a tecnologie e infrastrutture rispettose del clima è quindi un ulteriore prerequisito per le persone a basso reddito, affinché possano agire attivamente nel rispetto dell’ambiente.

Sicurezza sociale come base per una politica climatica giusta Le considerazioni sulle tasse di incentivazione evidenziano che una politica climatica socialmente accettabile deve seguire due strade. Da una parte, bisogna trovare strumenti che promuovano direttamente un comportamento rispettoso del clima. Dall’altra, occorre sempre tener conto delle condizioni a monte e delle conseguenze a lungo termine di questi strumenti. A questo punto si rendono necessarie misure aggiuntive o di accompagnamento volte ad aumentare il comportamento rispettoso dell’ambiente delle persone colpite dalla povertà. In termini di politica climatica siamo in una fase di transizione. Dobbiamo trasformare molte tecnologie usate oggi quotidianamente così come modi di pensare e comportamenti in una forma compatibile con il clima. È una missione ampia e complessa. Resta difficile stimare l’effettivo impatto finanziario di tutte le misure di politica climatica sulle persone colpite dalla povertà. In particolare, non si potrà evitare che possano sorgere alcuni «casi di rigore», anche se tutte le misure saranno concepite per essere il più possibile socialmente accettabili. Detto questo, la lotta contro la povertà rimane la sfida sociopolitica più importante anche in futuro. Indipendentemente dalla politica climatica, va garantita per tutti in ogni momento la copertura del fabbisogno vitale. Un sistema di sicurezza sociale ben sviluppato costituisce la base di una politica climatica equa. È l’unico modo per permettere un certo margine di manovra e modellare gradualmente la struttura di tutte le misure di politica climatica in una maniera socialmente accettabile. La garanzia di una copertura del fabbisogno vitale rende socialmente sostenibile anche passi coraggiosi e soprattutto rapidi nella politica climatica. Gli effetti delle misure di politica climatica devono essere valutati regolarmente per quanto riguarda il loro impatto sociale e in particolare le conseguenze per le persone colpite dalla povertà. Se necessario, le misure vanno adeguate.

L’obiettivo dichiarato delle tasse di incentivazione è quello di ridurre il consumo tassato e quindi, a lungo termine, eliminare dal mercato le tecnologie dannose per il clima. Se lo strumento ha successo, sul lungo periodo scomparirà dunque anche la ridistribuzione. Di conseguenza, le persone a basso reddito non potranno più trarre un beneficio finanziario diretto delle basse emissioni di gas serra. Nel peggiore dei casi, alcune famiglie che sono state rispettose del clima e che hanno potuto alleggerire il loro bilancio grazie alle tasse di incentivazione potrebbero ricadere in una situazione precaria.

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Politica climatica socialmente accettabile nei singoli settori politici Sebbene la politica climatica sia intersettoriale, deve anche essere ancorata nelle singole aree politiche. Come già menzionato, la maggior parte delle emissioni di gas a effetto serra in Svizzera è attribuibile al settore Trasporti, Edifici, Industria e Agricoltura. Di conseguenza, le seguenti quattro aree di politica interna sono particolarmente rilevanti per la promozione di modelli di produzione e consumo rispettosi del clima: politica dei trasporti, politica dell’alloggio, politica economica e del mercato del lavoro e politica agricola. Di seguito, in questi quattro settori politici, si fanno valutazioni fondamentali su ciò che deve essere preso in considerazione nelle misure di politica climatica dal punto di vista della povertà. L’obiettivo non è quello di enumerare tutte le misure rilevanti nei singoli settori, ma di mostrare quali sfide possono nascere da un disegno socialmente accettabile della politica climatica. Allo stesso tempo, si delineano possibili «misure di accompagnamento». Infine, seguono riflessioni sul finanziamento di una politica climatica socialmente accettabile.

Mobilità Il settore dei trasporti è quello che contribuisce maggiormente alle emissioni di gas serra in Svizzera. Una politica climatica efficace deve quindi concentrarsi sulla mobilità e perseguire i seguenti obiettivi: la decarbonizzazione del trasporto privato e merci, il trasferimento del trasporto privato motorizzato al trasporto pubblico e non motorizzato e una riduzione generale della mobilità. Una riduzione della mobilità è necessaria per ragioni di politica climatica. Tuttavia, a causa della mancanza di risorse finanziarie, la mobilità delle persone indigenti è già oggi così fortemente limitata da rendere più difficile la loro partecipazione al mercato del lavoro e alla vita sociale. Limitare ancora di più la loro mobilità aumenterebbe ulteriormente la loro esclusione. La sfida sociopolitica centrale nel settore dei trasporti è quindi quella di rendere accessibile, in modo equo, la quantità ancora ammissibile e le forme di mobilità rispettose dell’ambiente.

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La sfida sociopolitica centrale nel settore dei trasporti è quella di rendere accessibile, in modo equo, la quantità ancora ammissibile e le forme di mobilità rispettose dell’ambiente. Per limitare la mobilità, ma anche per finanziare le infrastrutture di trasporto, è in discussione anche un mobility pricing, oltre alle tasse di incentivazione di cui sopra. Il mobility pricing può avere un impatto particolarmente duro sulle persone a basso reddito, a seconda della loro situazione abitativa e lavorativa: molte attività nei settori a basso salario non possono essere né programmate in modo flessibile né eseguite in modalità home office. Se la mobilità – che si tratti di trasporto pubblico o trasporto privato motorizzato – diventa più costosa nelle ore di punta o in generale, anche il pendolarismo per lavoro diventerà più costoso per le persone interessate. Allo stesso tempo, le famiglie a basso reddito vengono sempre più spinte fuori dalle città, negli agglomerati o in campagna, perché gli alloggi nelle aree urbane aumentano sempre più di prezzo. Infine, i lavori a basso salario sono spesso accompagnati da orari di lavoro irregolari o da un impiego a ore. I dipendenti hanno bisogno di un’auto perché lavorano a turni e devono spostarsi da un lavoro all’altro il più velocemente possibile per conseguire un reddito sufficiente. Un aumento del costo della mobilità comporta quindi una duplice esclusione per le persone a basso reddito: rende impossibile la partecipazione sociale (per esempio, il viaggio in tram verso il luogo di incontro genitori-figli) e riduce il reddito se la mobilità è necessaria per motivi di lavoro. Se la mobilità diventa sostanzialmente più costosa, è necessario un sostegno finanziario per le persone a basso reddito. Per esempio, sarebbero concepibili dei sussidi per il trasporto pubblico per le persone a basso reddito (in analogia agli abbonamenti alla comunità tariffaria a prezzi ridotti per i giovani) o una tassazione della mobilità basata sul reddito. Per le persone che hanno bisogno di un’auto privata per svolgere la propria attività professionale, occorre fare appello ai datori di lavoro.


Alloggi La grande quantità di emissioni di gas a effetto serra causata dal settore Edifici in Svizzera è dovuta principalmente all’inadeguato isolamento degli edifici e ai sistemi di riscaldamento fossili, ancora ampiamente diffusi nel nostro Paese. Per ridurre significativamente le emissioni di gas serra in breve tempo, è necessario ristrutturare al più presto il maggior numero possibile di edifici e sostituire i sistemi di riscaldamento fossili con quelli a energia rinnovabile. Poiché gran parte delle persone a basso reddito vive in appartamenti in affitto, non è in grado di influenzare attivamente il proprio consumo energetico e quindi nemmeno il proprio comportamento compatibile con il clima. Allo stesso tempo, questi soggetti sono direttamente colpiti sia dalle tasse sul CO2 sui combustibili fossili sia da eventuali misure edili. Le famiglie a basso reddito richiedono in genere spazi abitativi più piccoli rispetto alle famiglie ad alto reddito. Questo comporta generalmente un minor consumo e quindi minori costi di riscaldamento. Attraverso la ridistribuzione della tassa sul CO2, alcune famiglie almeno non vengono gravate ulteriormente o ne beneficiano, soprattutto se vivono in appartamenti ben isolati. Tuttavia, proprio gli alloggi a basso costo sono spesso mal isolati e hanno ancora sistemi di riscaldamento a combustibile fossile ormai obsoleti. In questi casi, le famiglie a basso reddito non possono ridurre il loro consumo di energia nemmeno adottando un comportamento esemplare.

Il rinnovo del parco edilizio e dei sistemi di riscaldamento, utile in termini di politica climatica, deve essere accompagnato da misure per promuovere alloggi a prezzi accessibili. Con le ristrutturazioni parziali o totali di molti edifici residenziali previste nei prossimi decenni e la sostituzione dei vecchi sistemi di riscaldamento si corre inoltre il rischio di rimpicciolire ancora di più la già limitata offerta di alloggi a prezzi accessi-

bili. Infatti da un lato, molte persone riceveranno o daranno la disdetta nel caso di ristrutturazione totale o di nuove costruzioni. Dall’altro, un appartamento ristrutturato o nuovo è di solito molto più costoso. Le persone che vivono in povertà vengono così costrette ad abbandonare i loro appartamenti a basso costo e in seguito si trovano spesso a doversi accollare costi di affitto più elevati. L’aumento degli affitti come risultato della ristrutturazione può essere parzialmente compensato dalla diminuzione delle spese accessorie (a causa di un migliore isolamento o di sistemi di riscaldamento rinnovabili). Molte volte, però, l’affitto viene aumentato più di quanto le spese accessorie vengano ridotte. Per le famiglie a basso reddito i costi dell’alloggio costituiscono già oggi la fetta più grande del bilancio. In media, spendono infatti un terzo del loro reddito per l’alloggio. Il rinnovo del parco edilizio e dei sistemi di riscaldamento, utile in termini di politica climatica, deve quindi per forza essere accompagnato da misure per promuovere alloggi a prezzi accessibili. Servono anche regolamenti per le disdette collettive e le ristrutturazioni parziali che proteggano le persone a basso reddito dall’abbandono forzato delle loro case. Sarebbe per esempio possibile stabilire che la pigione dopo le ristrutturazioni energetiche possa aumentare al massimo nella stessa misura in cui diminuiscono le spese accessorie.

Economia La trasformazione ecologica dell’economia modellerà fortemente il mercato del lavoro nei prossimi decenni. Si perderanno posti di lavoro in settori ad alta emissione come l’industria aeronautica o automobilistica e intere professioni potrebbero scomparire. Contemporaneamente si può supporre che un’economia più rispettosa del clima creerà anche numerosi nuovi posti di lavoro, soprattutto nel settore energetico e nelle tecniche di costruzione. Parallelamente alla trasformazione dell’economia verso una maggiore sostenibilità, un secondo sviluppo è in corso con la digitalizzazione, che sta influenzando la natura dei lavori. Entrambi gli sviluppi stanno portando a cambiamenti fondamentali nel mercato del lavoro.

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Gli studi condotti finora indicano che il lavoro di routine scomparirà dal mercato del lavoro del futuro e che diventeranno più importanti in particolare le attività analitiche, comunicative e legate alle persone. Nel settore dei servizi potrebbe esserci un aumento della richiesta anche per lavori meno qualificati. In generale, però, saranno più richieste le competenze che vanno di pari passo con una qualifica più elevata e l’apprendimento permanente. Già oggi le persone senza istruzione post-obbligatoria sono nettamente più colpite dalla disoccupazione rispetto a quelle con una qualifica superiore. Diventerà ancora più difficile per loro conquistarsi una posizione durevole nel mercato del lavoro. Nel contempo acquista sempre maggiore importanza l’accesso alla formazione continua e alla riqualificazione professionale. Quindi, in primo luogo, sono necessarie analisi approfondite del mercato del lavoro del futuro per quanto riguarda i cambiamenti nei campi di attività e dei profili di competenza. In secondo luogo, su questa base, deve essere sviluppata una strategia per la formazione continua e la riqualificazione professionale che si concentri in particolare su quelle persone che perdono il lavoro e le cui qualifiche non sono più adatte. Una tale strategia deve essere sostenuta dalla Confederazione e dai Cantoni, ma anche dai datori di lavoro del settore privato.

Le famiglie a basso reddito difficilmente possono permettersi di comprare prodotti biologici; a loro viene di fatto negato un consumo rispettoso dell’ambiente.

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Agricoltura e alimentazione Il settore agricolo influenza direttamente le famiglie nel consumo di cibo. Le consumatrici e i consumatori possono quindi contribuire al controllo delle emissioni di gas serra in agricoltura. Gli studi dimostrano che i prodotti biologici in linea di massima generano emissioni di CO2 più basse rispetto ai prodotti convenzionali comparabili. Questo vale sia per le verdure che per i cereali e i latticini. Inoltre, l’agricoltura biologica inquina il suolo e le falde acquifere meno dell’agricoltura convenzionale e favorisce la biodiversità. In questo senso, la promozione di un’agricoltura ecologicamente sostenibile è rilevante per la politica climatica e può essere una misura utile per ridurre le emissioni in questo settore. Di solito, però, i generi alimentari prodotti in modo sostenibile sono molto più costosi di quelli prodotti in modo convenzionale. Le famiglie a basso reddito difficilmente possono permettersi di comprare prodotti biologici; a loro viene di fatto negato un consumo rispettoso dell’ambiente. Il fabbisogno di base nell’assistenza sociale, ad esempio, è così basso che un’economia domestica composta da una sola persona ha a disposizione solo poco meno di 14 franchi al giorno per cibo e bevande. Questo significa che anche un’alimentazione sana con cibo prodotto in modo convenzionale è già una grande sfida. I prodotti biologici sono fuori portata. Nel campo dell’agricoltura, una politica climatica socialmente compatibile significa quindi innanzitutto dare anche alle famiglie a basso reddito la possibilità di consumare prodotti ecologici e ridurre così le emissioni di CO2 relative al loro consumo alimentare. Qui sono necessari approcci innovativi e, all’occorrenza, anche non convenzionali. Per esempio, una parte delle sovvenzioni erogate all’agricoltura potrebbe essere riorientata per promuovere una coltivazione rispettosa del clima e rendere i prodotti biologici più economici nella vendita finale. Il livello minimo di mezzi di sussistenza (minimo sociale) deve inoltre essere definito in modo tale che anche le famiglie che beneficiano di prestazioni di sostegno possano adottare un consumo nel rispetto del clima.


L’emergenza coronavirus come opportunità per investire in un cambiamento socialmente equo Per superare la pandemia causata dal COVID-19 si stanno avviando in tutto il mondo programmi di investimento miliardari per rilanciare l’economia. Molti Paesi hanno visto nella crisi un’opportunità per investire in modo mirato in un’economia più sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale. L’Unione Europea (UE) ha già presentato il suo «Green Deal» nel dicembre 2019 con misure concrete e un volume di oltre 1000 miliardi di euro per garantire una transizione giusta e inclusiva verso un’economia sostenibile. Nel dicembre 2020 è stato inoltre adottato un gigantesco piano di ripresa per l’Europa, finanziato dal bilancio dell’UE. Una buona parte di questi 1800 miliardi di euro verrà investita in misure socialmente eque per contrastare il cambiamento climatico. Pure la nuova presidenza degli Stati Uniti ha presentato un pacchetto di infrastrutture poco dopo il suo insediamento nel gennaio 2021 incentrato sulla lotta contro il riscaldamento globale e il potenziamento dello stato sociale. Gli investimenti previsti dovrebbero costare diverse migliaia di miliardi di dollari. Questi fondi devono essere generati soprattutto con l’aumento delle tasse per le imprese e le fasce della popolazione con redditi più alti nonché attraverso la chiusura dei paradisi fiscali.

Quello che è possibile nell’UE e negli USA e raccomandato dalla maggior parte degli esponenti dell’economia non dovrebbe essere un tabù nemmeno nella ricca Svizzera. Tutti gli abitanti della Svizzera beneficiano di un programma di investimento statale che promuove posti di lavoro promettenti e adeguati, una società inclusiva e un’economia più rispettosa dell’ambiente. Tuttavia, particolare attenzione è rivolta all’obiettivo di dare alle famiglie a basso reddito un margine di azione maggiore – attraverso un sostegno mirato – per vivere in modo ecosostenibile. Di conseguenza, anche il finanziamento degli investimenti in una politica climatica socialmente equa deve essere socialmente compatibile. C’è ancora molto potenziale per questo, in particolare nell’ambito della politica fiscale.

Molti Paesi hanno visto nella crisi un’opportunità per investire in modo mirato in un’economia più sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale.

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Richieste di Caritas Come società abbiamo urgente bisogno di affrontare due grandi sfide, a livello globale, ma anche in Svizzera: la povertà nel nostro Paese è in aumento da anni e la disuguaglianza continuerà ad aumentare, anche a causa della pandemia. Sempre più persone in Svizzera fanno fatica a guadagnarsi da vivere. E la catastrofe climatica può essere scongiurata solo se agiamo tempestivamente e riduciamo in modo drastico le nostre emissioni di gas serra. L’obiettivo «emissioni nette pari a zero» entro il 2050, per il quale la Svizzera si è impegnata, è sempre più difficile da raggiungere. Secondo i calcoli dell’Ufficio federale dell’ambiente, più aspettiamo, più alti saranno i costi per contenere il riscaldamento globale.

2.

Anche le persone a basso reddito devono avere l’opportunità di agire attivamente in un modo che rispetti il clima. Bisogna creare le condizioni affinché tutti gli abitanti della Svizzera diventino compatibili con il clima.

Caritas chiede che la lotta contro la povertà e la protezione del clima siano considerate insieme e che l’emergenza coronavirus sia vista come un’opportunità per accelerare la transizione verso un’economia e uno stile di vita sostenibili che conservino le risorse naturali e vadano a beneficio di tutte le persone. Una politica climatica equa non deve gravare ulteriormente sulle persone che già vivono in situazioni precarie, ma al contrario deve dare loro la possibilità di agire attivamente nel rispetto del clima.

• Il margine di manovra finanziario delle famiglie a basso reddito deve essere ampliato attraverso un sostegno mirato, in modo da consentire loro un consumo nel rispetto dell’ambiente. Nel settore agricolo, per esempio, significa un ribasso diretto o indiretto per prodotti ecologicamente sostenibili. • L’accesso a tecnologie e infrastrutture rispettose del clima deve essere garantito anche alle persone colpite dalla povertà. Nel caso della mobilità si potrebbe, per esempio, ridurre il costo del trasporto pubblico per le persone a basso reddito.

Una politica climatica socialmente accettabile, come stabilito dalla Strategia climatica della Svizzera e dall’Agenda 2030, significa in concreto:

3.

1.

Le persone colpite dalla povertà e quelle a rischio povertà non devono essere gravate da ulteriori oneri finanziari derivanti dalle misure di protezione del clima. • I sistemi di incentivi finanziari devono essere progettati in modo tale che le famiglie a basso reddito non siano gravate da spese aggiuntive. Nel caso delle tasse di incentivazione, come la tassa sul CO2, l’importo ridistribuito pro capite deve essere abbastanza alto e in più occorre accertarsi che tutte le famiglie ricevano la loro parte dalla ridistribuzione. • Le disposizioni di legge e, in particolare, i divieti di tecnologie e prodotti dannosi per il clima possono comportare ulteriori oneri finanziari (a breve termine) per le consumatrici e i consumatori. È quindi imperativo mettere a disposizione alternative rispettose del clima che non siano più costose. Il divieto dei sistemi di riscaldamento fossili, ad esempio, non deve portare a un rincaro dei prezzi degli affitti.

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Gli effetti delle misure di politica climatica devono essere valutati regolarmente per quanto riguarda il loro impatto sociale e in particolare gli effetti sulle persone indigenti e, se necessario, adattati. • I cambiamenti innescati dalle misure di politica climatica non sono sempre prevedibili nel dettaglio. In questi casi servono analisi approfondite e corrispondenti strategie di azione. Questo vale in particolare per il mercato del lavoro. È necessaria una strategia di formazione continua e di riqualificazione professionale adattata al mercato del lavoro del futuro che permetta a tutte le persone di ottenere una qualifica adeguata.


Agosto 2021 Autrice: Aline Masé, Servizio Politica sociale, Caritas Svizzera, e-mail amase@caritas.ch, telefono 041 419 23 37 Il presente documento di posizione può essere scaricato su www.caritas.ch/documenti-di-posizione

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