Magazine per bambini 2015 Caritas Svizzera

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Marzo 2015

Bambini Rapporto per le madrine e i padrini

Bambini a scuola: formazione e non schiavitĂš

Bambini di strada: spezzare il circolo vizioso

Forza d’animo ai bambini: guarire l’anima


Indice 4 ■ Nicaragua Quando lo zucchero ha un gusto amaro 6 ■ Haiti Rimanere in pista 7 ■ Cecenia Una base per la vita 8 ■ Etiopia Le capre non entrano più in cucina 10 ■ Uganda Luogo di speranza 12 ■ Bangladesh Formazione e non schiavitù 13 ■ Colombia «Porto la scuola nel cuore» 14 ■ Miriam Cosentino (16): madrina Giovane, impegnata, felice 15 ■ Bolivia Relegati ai margini 16 ■ Ruanda Liliane lotta per il futuro 18 ■ Brasile Spezzare il circolo vizioso della strada 20 ■ Intervista a Franz Hohler Le lettere dei bambini: dichiarazioni d’amore 22 ■ Bolivia Una famiglia nuova per Yara e Andrés 24 ■ Tagikistan I bambini imparano dalla molteplicità 25 ■ Cuba Fare la cosa giusta sin dall’inizio 26 ■ Palestina Far uscire l’orrore dall’anima 28 ■ Filippine Fermare i trafficanti di bambini 30 ■ Colombia «La guerra in strada» 32 ■ I padrini domandano, i bambini rispondono 2  Caritas   «Bambini» 2015

Il mondo visto da Rho Ann Gonzales (13), Filippine.

Foto in copertina: Andreas Schwaiger; redazione: Dominique Schärer, Jörg Arnold; grafica: Evelyne Bieri; carta: Carisma Silk, 100% riciclata


Pe zzo per pe zzo, un mondo più gius to Cara madrina, caro padrino Alla domanda di cosa abbiano bisogno i bambini nei progetti Caritas per non perdere la forza d’animo in ­considerazione della povertà, della guerra o della vita in strada, nell’intervista pubblicata a pagina 20 lo scrittore Franz Hohler ci dà una risposta molto semplice: «In primo luogo della stessa cosa di cui hanno bisogno tutti i bambini, ossia di persone che gli vogliano bene: ­genitori, fratelli e sorelle e nonni. È la cosa più essenziale di cui ha bisogno un bambino.» Occupati con le urgenze della quotidianità e s­ ommersi dalle più svariate richieste che noi tutti dobbiamo ­soddisfare, a volte ci dimentichiamo di questo semplice principio. Dimentichiamo di quanto il mondo in fondo possa essere semplice. Dimentichiamo che ha bisogno di affetto. E dimentichiamo che il mondo di domani può essere un mondo buono solo se i bambini di oggi hanno la certezza di essere amati. Cara madrina, caro padrino, la ringrazio di far parte delle persone che contribuiscono a costruire il mondo di domani e che investono nella felicità e nel coraggio di vivere dei bambini. È un investimento che torna ­moltiplicato per mille. In una delle sue storie profonde, Franz Hohler ­racconta di un bambino che fuggendo dalla guerra non porta altro con sé se non una piuma di una colomba, ­mentre la madre mette nella valigia i vestiti e il nonno ­l’acqua. Con il suo padrinato lei pensa ai bambini che vivono all’ombra della vita. Lei dona loro speranza e mostra loro le possibilità per il futuro. È qualcosa di molto ­prezioso. Cara madrina, caro padrino, grazie di essere al fianco dei nostri bambini. Pia Käch Padrinati Caritas 3

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Bambini a scuola  ■ Nicaragua

Quando lo zucchero ha un gu sto amaro Quattro bambini su cinque che vivono nei ­dintorni del centro scolastico «Los Quinchos» a Posoltega, in Nicaragua, devono contribuire al reddito familiare lavorando duro. Diamo uno sguardo alla loro quotidianità.

Ana Yenci ha undici anni. Sua madre ha lasciato la famiglia quattro anni fa, il padre, con minacce, ha ­ ­proibito ai bambini di vederla. Il vuoto che la madre ha lasciato nella famiglia ora deve colmarlo Ana Yenci. Ogni mattina si alza alle quattro per preparare come prima cosa la colazione per il padre che va a lavorare nei campi. Poi dà da mangiare agli animali e cura i tre ­fratellini piccoli, tra i quali c’è anche il fratellastro Ángel Gabriel di appena un anno. Ana si occupa di tutte le ­faccende domestiche. Insieme ai suoi fratelli la mattina va al fiume e lava i panni, sperando che si asciughino prima di tornare a casa per preparare il secondo pasto scarso della giornata. Le giornate di Ana sono segnate dal lavoro faticoso e dalla violenza del padre. Ma tre giorni alla settimana la ragazzina può fuggire da questa triste realtà e frequentare la scuola Caritas «Los ­Quinchos» che si trova a tre chilometri di distanza.

di salute. Suo padre però è gravemente malato, a causa dei pesticidi usati nei campi di canna da zucchero. Per ­questa ragione Yader non ha altra scelta se non quella di continuare a contribuire al reddito familiare, come fanno i suoi fratelli e sua mamma. Il progetto «Los Quinchos» non vuole e non può ­eliminare il lavoro minorile dalla faccia della terra. Ma consente a 110 bambini di conciliare il lavoro necessario con la scuola. È realistico e apre ai bambini una nuova visione del futuro. Ana Yenci un giorno vorrebbe ­diventare avvocato e impegnarsi in favore delle persone maltrattate. A Yader invece piacerebbe lavorare con i computer. Finché continuano ad andare a scuola, questi sogni vivranno. ■

Sgobbare nella piantagione

Anche per il quattordicenne Yader è normale trascorrere il tempo libero lavorando. Infatti lavora come aiutante nelle piantagioni circostanti di canna da zucchero. I latifondisti sfruttano le famiglie povere in modo ­ ­vergognoso. Yader sgobba dalla mattina alle sei fino alla sera alle dieci per una paga da fame e quasi senza pausa. Prima questo accadeva quotidianamente. Da quando ­frequenta con regolarità la scuola di «Los Quinchos», lavora solo due giorni alla settimana. Come tutti i ­bambini, a scuola riceve ogni giorno un pasto caldo, cosa che ha contribuito a migliorare notevolmente il suo stato 4  Caritas   «Bambini» 2015

Tre giorni alla settimana, Ana Yenci (11) può fuggire dalla sua triste quotidianità e frequentare la scuola. Testo: Stefan Gribi; foto: Asociación Los Quinchos


Nicaragua: la sua parte di un mondo più giusto

A scuola nonostante il lavoro L’obiettivo dei progetti di padrinato Caritas a Posoltega e a San Lucas è limitare il lavoro minorile per quanto riguarda l’orario di lavoro e renderlo meno pericoloso. Il maggior numero possibile di bambini deve poter ­frequentare la scuola nonostante il lavoro e soddisfare le esigenze scolastiche. I genitori e il personale addetto all’assistenza vengono coinvolti in modo attivo nel progetto.

Buono a sapersi: –  Secondo l’Onu, in Nicaragua il 93 percento dei bambini va a scuola, ma solo tre bambini su quattro frequentano l’intero percorso della ­scuola elementare. –  Oltre un quarto dei bambini soffre di malnutrizione e denutrizione. Nella scuola «Los Quinchos» ­vengono perciò serviti due pasti caldi al giorno. –  Ricevono un aiuto anche i genitori: 50 madri ­vengono coinvolte in piccoli progetti e in questo modo aiutate ad aumentare il reddito familiare. ■ www.caritas.ch /enfants/nicaragua

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Bambini a scuola  ■ Haiti

Riman ere in pista A Trou Sable, un quartiere povero di Gonaïves, ad Haiti, molti scolari presentano problemi di apprendimento. La scuola di quartiere sostenuta dalle madrine e dai padrini Caritas ha ­reagito alla situazione e creato dei workshop di accompagnamento pedagogico.

«Grazie ai workshop ce l’ho fatta davvero» dice la ­tredicenne Neissa Arthus con un sorriso fiero sul volto. In quanto allieva della settima classe della scuola elementare, Neissa può partecipare al progetto ­ ­denominato Les enfants pauvres de Trou Sable ­réussissent à l’école avviato a settembre 2013. Da un bilancio delle prestazioni scolastiche realizzato alla fine dell’anno ­scolastico 2012/13 era infatti emerso che i voti di molti bambini che vengono da famiglie povere erano troppo bassi. Alcuni facevano fatica con il francese, perché la loro lingua madre è il creolo. Altri, invece, che hanno iniziato la scuola più tardi, rispetto ai loro compagni presentano dei deficit scolastici in tutto. Giornalino scolastico

La direzione della scuola si è quindi rivolta a Caritas Svizzera per chiedere un aiuto e per trovare i mezzi e i modi per dare un sostegno pedagogico ai bambini che a scuola sono deboli. Si è deciso di offrire laboratori di scrittura e un aiuto per i compiti in matematica. Il corpo docente è stato inoltre assistito nell’introduzione di nuovi metodi di insegnamento. Per migliorare l’espressione scritta, la direzione della scuola ha deciso di creare un giornalino scolastico. ­Lounedina Laboche, allieva delle medie, ha dato una mano nella redazione e dice: «È stata un’esperienza ­emozionante. Ho imparato ad apportare le mie idee in maniera tale che possano essere discusse. Per la vita ­scolastica il giornalino è un’ottima idea.» ■ 6  Caritas   «Bambini» 2015

Haiti: la sua parte di un mondo più giusto

Sostegno ai bambini con problemi a scuola Le madrine e i padrini Caritas sostengono il «Collège de La Sainte Famille» a Trou Sable. La scuola conta 1600 allieve e allievi e comprende un asilo, una scuola primaria e una scuola superiore fino alla maturità. Il programma dei padrinati per bambini di Caritas sostiene inoltre cinque scuole nei ­dintorni della capitale Port-au-Prince che sono state costruite dopo il terremoto del 2010. Buono a sapersi: –  55 allieve e allievi delle superiori hanno frequentato laboratori di scrittura, 65 allieve e allievi della quinta e sesta classe hanno beneficiato di complessivamente tre workshop di matematica. –  Un libro di lettura per francese e creolo costa 4.50 franchi, un libro di testo per scienze naturali e matematica costa 5.50 franchi. ■ www.caritas.ch /enfants/haiti

Testo: Vérène Morisod; foto: Stanley Zamor


Bambini a scuola  ■ Cecenia

Una ba se per la vi ta La famiglia di Seda (13) lotta ancora con le ­conseguenze della guerra. Che Seda abbia potuto frequentare un asilo Caritas moderno è stato importante per il proprio sviluppo e un grande aiuto per i genitori.

Seda è nata quando in Cecenia c’era la guerra. La sua famiglia allora fuggì in Inguscezia, che era un Paese sicuro. Un magazzino per i cereali abbandonato diventò la loro dimora per gli anni che seguirono. Nel 2004 Seda (13) un giorno vorrebbe la famiglia fece ritorno diventare maestra. nel villaggio di origine Davidenko in Cecenia. Il nuovo inizio fu molto difficile. «Abbiamo dovuto ­costruire la nostra casa da zero e da nessuna parte c’era

la possibilità di guadagnare soldi» racconta la madre. La famiglia si nutriva grazie a una piccola serra. Nel 2006, nel villaggio aprirono un asilo Caritas e Seda, che all’epoca aveva cinque anni, ricevette un posto. Fu una grande fortuna. «Era un luogo così g­ entile e la mia maestra, la signora Nabikhat, era molto ­cordiale» ricorda Seda quei tempi. Dopo un anno fece la prima elementare. L’asilo fu una buona preparazione per la scuola. La madre è convinta della qualità degli asili: «Lì i miei figli hanno imparato ad andare incontro agli altri e ad aiutarsi a vicenda» questa la sua conclu­ sione. Nel frattempo la famiglia sta meglio, passo dopo passo è riuscita a costruirsi casa e fattoria; Seda fa già l’ottava classe e va anche bene a scuola. Nel tempo li­ bero aiuta la madre nell’orto o gioca il suo gioco prefe­ rito con i suoi fratelli, la scuola. Un domani vorrebbe diventare maestra, una come la signora Nabikhat. ■

Cecenia: la sua parte di un mondo più giusto

Caritas fa scuola Gli asili Caritas applicano con successo il modello dell’educazione della prima infanzia ispirata ai principi della pedagogia moderna. Adesso gli asili hanno raggiunto il traguardo e sono in grado di lavorare in modo autonomo seguendo le direttive Caritas. Per questo il progetto si conclude nell’estate 2015. Nell’ambito del progetto successivo, Caritas Svizzera aiuta i bambini rom in Bosnia affinché possano terminare la scuola e apprendere un mestiere.

Testo: Ulrike Seifart; foto: Ibragim Isaev, Initiativa

Buono a sapersi: –  Dall’inizio del progetto nel 2006 sono stati 2500 i bambini beneficiari che hanno frequentato uno dei quattro asili Caritas in Cecenia. –  Circa 100 docenti hanno ricevuto una formazione continua sviluppata da Caritas. –  Nel 2012 il modello educativo è stato adottato dal ministero dell’istruzione ceceno. ■ www.caritas.ch /enfants/tchetchenie

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Bambini a scuola  ■ Etiopia

Le capre no n entrano più in cucina Ayantu (11) ha un’opinione chiara su cosa sia giusto e cosa sbagliato. Ad esempio su come bisogna lavarsi le mani. Perché non è poi così semplice, istruisce la ragazzina sicura di sé e mostra agli ospiti quello che ha appreso a scuola: con molta cura si lava tra le dita e insapona bene le mani da tutti i lati.

«La scuola svolge una funzione molto importante per la prevenzione della salute delle persone che vivono qui» dichiara Nigist Gebremariam (28), maestra di Ayantu. «I bambini imparano cosa significa avere una buona igiene nella quotidianità e il suo nesso con le malattie: perché è importante lavarsi mani, viso e capelli? Perché tutti devono usare le latrine e pulirle periodicamente?

Perché il cibo dev’essere coperto sempre scrupolosa­ mente?» Sono dei messaggi semplici, ma possono ridurre efficacemente il rischio di contrarre una malattia se ven­ gono ascoltati e seguiti. E i bambini, si sa, sono i migliori ambasciatori. I bambini portano a casa il sapere

«L’anno scorso abbiamo studiato una pièce teatrale per i nostri genitori e l’abbiamo messa in scena l’ultimo giorno di scuola. Sono venuti a vederci più di cento ­genitori!» racconta entusiasta Ayantu. «Abbiamo reci­ tato e mostrato loro perché i bambini si ammalano quando sono sporchi e quando hanno le mosche attac­ cate agli occhi.» Una notevole quantità delle malattie trasmissibili può essere evitata con una migliore igiene. La m ­ aestra Nigist

Ayantu (11) mostra come si lava le mani a scuola.

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Testo: Jörg Arnold; foto: Noemi Grossen, Andreas Schwaiger


Gebremariam parla per esperienza personale e dice che il problema non sono solo i pochi giorni che i bambini non possono andare a scuola quando sono malati. «Una buona salute è la base per lo sviluppo fisico e i­ ntellettuale dei bambini. È nostro compito trasmettere ai ­bambini il sapere necessario, glielo dobbiamo. Sono loro che ­costruiranno il mondo di ­domani. E sapranno farlo ­meglio se sono sani.» La scuola funge da modello. Se i bambini imparano qui a usare la latrina, se ci sono impianti semplici per lavarsi le mani e se sono a disposizione acqua e sapone, questa è la miglior pubblicità per la costruzione di tali impianti a casa. Bagni separati per maschi e femmine

Specie per le bambine è importante frequentare la scuola per acquisire il sapere inerente la salute. Argomenti come l’igiene del corpo in generale o le mestruazioni sono ­infatti ancora tabù in molte famiglie. Durante le lezioni, alle maestre riesce in genere meglio guadagnarsi la fidu­ cia delle bambine. «Presumiamo che molte bambine abbandonino la scuola proprio quando entrano nella fase dell’adole­ scenza» dice Nigist Gebremariam. «Possiamo contra­ stare questo fenomeno con un buon contatto con i ­genitori, ma anche con una severa separazione dei bagni per maschi e femmine. Le bambine hanno bisogno di un posto protetto e chiudibile a chiave.» Anche per il papà di Ayantu è importante che gli im­ pianti sanitari nella scuola di sua figlia siano adeguati

«Le bambine hanno bisogno di un posto protetto e chiudibile a chiave.» e puliti: «Le mie figlie devono frequentare la scuola. ­Voglio che ricevano una formazione. Quindi è impor­ tante che la scuola offra un buon ambiente.» A casa, però, anche Ayantu ordina nuovi standard. Da quando ha appreso che l’urina e gli escrementi delle capre sono pericolosi per la salute, gli animali restano fuori. In cucina non devono più entrarci. ■

Etiopia: la sua parte di un mondo più giusto

La scuola per i bambini di campagna In Etiopia ancora oggi non tutti i bambini hanno l’opportunità di frequentare una scuola. La loro forza lavoro è troppo importante, le distanze ­casa-scuola sono troppo lunghe, le famiglie sono troppo povere. Grazie a Caritas, ogni anno 3725 bambini possono andare a scuola. Caritas si ­impegna anche per una qualità migliore delle lezioni e per un’infrastruttura scolastica. In particolare viene incoraggiata la scolarizzazione delle bambine, una misura importante nella lotta contro i matrimoni in età infantile. Buono a sapersi: –  Nel Tigray, nel Nordest del Paese, Caritas sostiene tre scuole elementari con circa 700 bambini. –  Lì circa 500 bambine e bambini discutono ­questioni inerenti la salute in dieci «Hygiene and Sanitation Clubs». –  Il materiale necessario per le lezioni di igiene in una scuola – sapone, giochi, adesivi, carte – costa 380 franchi circa. ■ www.caritas.ch /enfants/ethiopie

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Uganda: la sua parte di un mondo più giusto

Una chance per le bambine Nel 2014 Caritas ha potuto concludere con successo l’impegno in favore degli orfani dell’Aids in Uganda e consegnarlo totalmente all’organizzazione partner Sisters of Our Lady of Good Counsel. L’aiuto è ­necessario in altre regioni. E così, in collaborazione con l’Uganda Fund, Caritas Svizzera sta costruendo la Nwoya Girls Academy per consentire alle bambine svantaggiate di frequentare la scuola e imparare una professione. Buono a sapersi: –  Nella scuola secondaria della Girls Academy c’è posto per 200 ragazze; la scuola professionale può formare 400 ragazze. –  L’asilo nido offre un posto a 30 bambini figli delle giovani madri. –  I pasti per un bambino dell’asilo nido costano 266 franchi all’anno. ■ www.caritas.ch /enfants/ouganda


Bambini a scuola  ■ Uganda

Luog o d i sp eranza Il distretto di Nwoya, in Uganda, di certo una cosa non lo è: adatto ai bambini. Soprattutto le bambine lì vengono sfruttate, diventano mamma presto o subiscono violenza. In queste condizioni, conseguire un titolo di studio è ­improbabile. Le madrine e i padrini Caritas ­consentono alle bambine di seguire una formazione e danno loro una prospettiva per il futuro.

Un pezzo di terra di dieci ettari nel distretto di Nwoya, al centro della savanna settentrionale dell’Uganda, è ­d iventato un luogo di speranza. Lì, alle porte del Mur­ chison Falls National Park, a 600 bambine viene data l’opportunità di avere un futuro che merita di essere vis­ suto. Sono bambine che sono diventate mamme giovani o che crescono in un ambiente fatto di violenza. Molte di loro sono orfane e vengono da famiglie poverissime. Tutte hanno dovuto abbandonare la scuola o, per sva­ riati motivi, non hanno mai potuto frequentarne una: dopo 20 anni di guerra civile, Nwoya è segnata da ­povertà, rinunce, lavoro minorile e violenza sui minori, in particolare sulle bambine. Molte bambine rimangono incinte in età infantile e perdono quindi il diritto di fre­ quentare una scuola pubblica. A molte mancano i soldi per le tasse scolastiche, altre vengono date in matrimo­ nio precocemente o i genitori non vedono nessun senso nell’istruzione delle loro figlie. Una casa e un futuro

In questo ambiente difficile, nei prossimi anni verrà ­realizzata la Nwoya Girls Academy, un luogo di istru­ zione con scuola secondaria, scuola professionale, pen­ La Nwoya Girls Academy deve

sionati per studenti e un asilo nido. Deve diventare un luogo sicuro e gentile, un microcosmo che dia alle ra­ gazze e ai loro figli una casa e un futuro. A seconda dell’età, le ragazze recuperano la scuola secondaria o portano a termine una formazione professionale come sarta o specialista nell’attività alberghiera. Intanto i loro figli vengono curati nell’asilo nido della scuola. Le prime inquiline sono entrate a gennaio 2015. Tra di esse vi è Silvia, un’orfana sia di padre che di madre, che vorrebbe ad ogni costo recuperare gli anni scolastici per poter provvedere a se stessa e al suo bebé. Oppure Florence, che per tre anni è stata prigioniera del gruppo terrori­ stico Lord Resistance Army e che ora desidera portare a termine una formazione professionale per nutrire i suoi due figli nati quando era in prigionia. Di nuovo in forma per la scuola

Oltre alla Girls Academy esiste anche il «programma ALP», un programma di sostegno integrato con ­successo in due scuole elementari statali nel distretto di Nwoya. Qui nel corso di sei mesi le bambine vengono istruite per la scuola elementare in classi speciali, in modo da potere in seguito frequentare il livello successivo rego­ lare. Per le classi di so­ stegno vengono impie­ gati docenti con una formazione speci­ fica; le scuole rice­ vono il materiale per le lezioni e tutte le docenti e tutti i do­ centi beneficiano di corsi di formazione continua. ■

diventare una dimora per le giovani mamme e i loro figli. Testo: Ulrike Seifart; foto: Joseph Kitsha Kyasi

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Bambini a scuola  ■ Bangladesh

Fo rmazio ne e no n schi avitù Sabina Akhter è sfuggita al destino di ­domestica e ha trovato rifugio in una scuola sostenuta da Caritas.

«Quando mio padre mi disse che dovevo andare a Dhaka, nella capitale, per lavorare come domestica, fu molto molto brutto» racconta Sabina Akhter (12). «So che le ragazze dai padroni vengono trattate come schiave. A volte vengono pure picchiate.» Sabina non aveva solo paura. Era a rischio anche il suo grande traguardo: un diploma scolastico. Perché la ragazza sa che solo la scuola offre una chance per sfuggire alla povertà. Scolara e sarta

Il padre di Sabina, Boyejuddin, agì perché era in grande difficoltà: troppo spesso il guadagno saltuario del ­bracciante non bastava nemmeno per il mangiare della famiglia composta da otto persone. Insieme alla sorella, Sabina riuscì a convincere il padre a cambiare i suoi piani. Anche il suo maestro di allora insistette che era illegale vendere le bambine per farle lavorare come ­ domestiche. Sabina fu salvata dalla possibilità di ­ ­frequentare la scuola del CMES. Consapevoli del fatto che i più p ­ overi hanno bisogno di ogni centesimo per ­sopravvivere, il concetto di queste scuole speciali è che i bambini non apprendono solo le materie scolastiche ­comuni. Ricevono anche una formazione pratica e acqui­ siscono capacità con le quali possono guadagnare un po’ di soldi accanto alla scuola. Oggi, lavorando come sarta, Sabina è in grado di aiutare la famiglia in modo ­considerevole ed è diventata un modello per le famiglie del vicinato, che ora mandano anch’esse le loro figlie a scuola. ■

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Bangladesh: la sua parte di un mondo più giusto

Scolari e piccoli imprenditori I padrinati Caritas per bambini sostengono due dei complessivamente 23 centri scolastici del Centre for Mass Education in Science (CMES). Le scolare e gli scolari che vengono da famiglie poverissime ricevono un’istruzione e una formazione pratica per conseguire un reddito. Buono a sapersi: –  In tutto sono circa 18 000 le scolare e gli scolari che frequentano i 23 centri scolastici del CMES. Caritas Svizzera sostiene due centri a Jaldhaka e a Malgara. –  Una formazione da sarta della durata di sei mesi per una ragazza costa circa 76 franchi. –  Nel 2014, circa 200 ragazze hanno iniziato ­un’attività come piccole imprenditrici. ■ www.caritas.ch /enfants/bangladesh

Testo: Jörg Arnold; foto: CMES


Bambini a scuola  ■ Colombia

«Porto la scuo la nel cuore» La trentaduenne Adriana, diplomata alla scuola agraria e professionale Juan Tama, ricorda con gratitudine gli anni passati a scuola.

«La scuola mi ha preparato al meglio per la vita» dice Adriana María Ulabarry Zapata, una manager agraria diplomata. È originaria di una comunità afro­ colombiana dove al mo­ mento dirige la commis­ sione sanitaria locale e dove con la sua famiglia produce piante offici­ nali. «L’inizio a Juan Tama è stato difficile» ri­ corda Adriana. «Alzarsi ogni giorno alle quattro Adriana (32) oggi ed essere presenti sia nei è una manager agraria. campi che nell’aula sco­ lastica: è stata dura.» Ciononostante Adriana sottolinea: «I miei tempi di scuola li porterò sempre nel cuore.» I giovani non si fanno reclutare

In Colombia a essere particolarmente minacciate dalla guerra civile sono le minoranze etniche, in sé già molto vulnerabili. I padrinati Caritas per bambini rinforzano le comunità a rischio affinché queste possano impegnarsi per ottenere i propri diritti. Anche se il sostegno a Juan Tama è terminato a fine 2014, Caritas continua a impe­ gnarsi in questo ambito. In futuro si impegnerà nel di­ partimento nordoccidentale di Chocó per dare un avve­ nire ai giovani indigeni e afrocolombiani e per fare in modo che non si facciano reclutare da bande criminali, dalla guerriglia o dai paramilitari solo perché non hanno prospettive. ■

Testo: Dominique Schärer; foto: Juan Tama, Daniel Rueda

Colombia: la sua parte di un mondo più giusto

Rafforzare le minoranze La scuola agraria e professionale Juan Tama, nel dipartimento del Cauca, offre ai giovani indigeni e afrocolombiani un diploma di scuola secondaria e una formazione agraria con indirizzo pratico. Visto che in futuro Juan Tama non ha più bisogno del sostegno di Caritas, quest’ultima sposterà il suo aiuto nel dipartimento di Chocó per miglio­ rare le opportunità per il futuro dei bambini delle comunità indigene e afrocolombiane. Buono a sapersi: –  Nel 2014 sono stati circa 180 i bambini e i giovani che hanno frequentato la scuola Juan Tama. –  I costi per le lezioni ammontano a circa 75 franchi al mese per ogni allievo. –  Nel dipartimento di Chocó, quasi il 12 percento della popolazione appartiene alla minoranza indigena e circa il 76 percento a quella afro­ colombiana. ■ www.caritas.ch /enfants/colombie-ecole

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Gio vane, impegnata, felice

Per Miriam Cosentino (16) il padrinato Caritas per bambini rappresenta solo una parte del suo impegno per le persone socialmente svantaggiate. «Bisognerebbe vivere la povertà sulla propria pelle per apprezzare quello che si ha.» In un primo momento, que­ ste parole dette da una sedicenne sembrano un po’ da saputella. Ma chi conosce Miriam Cosentino si accorge subito: sono le parole di una giovane donna avveduta e attenta con un grande cuore e con un impegno altret­ tanto grande. Miriam Cosentino e sua sorella Sarah (15) sosten­ gono dal 2010 un padrinato per bambini ciascuna e sono tra le più giovani tra le madrine e i padrini Caritas. Il padrinato è stata una richiesta delle ragazze per Natale. «Sin da piccole, nella loro letterina di Natale c’era scritto sempre ‘pace’» ricorda il padre. «Una volta ho chiesto addirittura una macchina da cucire per fare i vestiti per i bambini in Africa» aggiunge Miriam ridendo. Nel frat­

«Bisognerebbe vivere la povertà sulla propria pelle per apprezzare quello che si ha.» tempo le idee del suo futuro e dell’impegno sociale hanno assunto una forma più concreta. Dopo il liceo, Miriam, che parla sette lingue, vorrebbe studiare ­medicina e in seguito laurearsi in medicina alternativa. Vuole lavorare in un Paese in via di sviluppo completa­ 14  Caritas   «Bambini» 2015

mente al servizio delle persone svantaggiate. «Mi piacerebbe aiutare» questo il suo messaggio molto ­ ­semplice. L’origine di tutto questo impegno diventa chiara dalla storia familiare: il padre, di origine italiana, si è impegnato da sempre come volontario e accompagnava i disabili nella loro vita quotidiana. «È importante che ognuno di noi abbia un senso. La vita non è fatta solo di avere» dice l’uomo con enfasi. La madre, che è ­originaria del Portogallo, è cresciuta in povertà: «So cosa significa patire la fame. Sono molto grata che oggi stiamo così bene.» Genitori e figli imparano gli uni dagli altri

Probabilmente è una cosa che le è stata messa nella culla, questa è la motivazione che Miriam dà per il suo atteg­ giamento sociale. «I nostri genitori ci hanno insegnato a trattare gli altri con amore e rispetto e a mostrarci so­ lidali» afferma la ragazza. Entrambi i genitori sotto­ lineano però di non avere mai imposto le proprie con­ vinzioni alle figlie: «Diamo quello che viviamo e questo i figli lo sentono» dice il padre. In questa famiglia molto unita tutto è reciproco: Mi­ riam, amante degli animali e della natura, tre mesi fa è riuscita a convincere i genitori a vivere da vegani. ■ Testo: Ulrike Seifart; foto: Flurin Bertschinger/Ex-Press


Bambini di strada  ■ Bolivia

Relegati ai margini Esther Belliger, responsabile del programma in Bolivia, spiega come sia cambiato il lavoro con i bambini di strada nella capitale La Paz.

Come è cambiata la situazione dei bambini di strada a La Paz?

Nel centro di La Paz oggi si vedono meno bambini di strada rispetto a prima. I motivi sono due: primo, la città ha istituito programmi occupa­ zionali per i bambini di strada. Gli adolescenti, ad esem­ pio, possono prestare servizio come vigili travestiti da zebra e aiutare i bambini che vanno a scuola nel traffico della città. Secondo, i bambini si trasferiscono ai bordi della città nei quartieri poveri situati sui pendii ripidi di La Paz oppure nella città vicina di El Alto. Lì sono minac­ ciati da bande criminali, da Hiv/Aids e da violenza e vi­ vono in condizioni di vita persino peggiori che nel centro. Perché i bambini vanno a El Alto?

A La Paz sono stati fatti numerosi investimenti. È sorto un moderno centro commerciale. Il massiccio rincaro dello spazio abitativo ha fatto spostare la popolazione povera ai bordi della città e i bambini di strada non ven­ gono più tollerati. Come si adegua il progetto Caritas alla nuova ­situazione?

Purtroppo per i nostri partner diventa sempre più ­pericoloso lavorare a El Alto. Perciò puntiamo sulla pre­ venzione e ci concentriamo su bambini e adolescenti che lavorano. A La Paz, infatti, lavorano come lustrascarpe, venditori o raccoglitori di immondizia in strada oppure come domestiche circa 35 000 bambini. Noi li sosteniamo affinché imparino a conoscere meglio i loro diritti, r­ estino in salute e possano andare a scuola. ■ Testo: Dominique Schärer; foto: Fundación La Paz

Bolivia: la sua parte di un mondo più giusto

Una chance per i bambini di strada In Bolivia, i bambini di strada e i bambini che ­lavorano ricevono dall’organizzazione partner di Caritas Fundación La Paz una prospettiva per il futuro grazie ad asili nido, istituti prescolari, ­alloggi nonché proposte per la formazione ­scolastica e professionale e per lo sviluppo. Buono a sapersi: –  L’organizzazione partner di Caritas Fundación La Paz sostiene ogni anno 120 bambini e giovani che lavorano, 60 bambini di strada e 300 bambini piccoli. –  Negli otto asili nido trovano uno spazio protetto anche i bambini i cui genitori devono lavorare. Il governo locale ha riconosciuto l’importanza degli asili nido e gradualmente ne assumerà la responsabilità, li porterà avanti e li amplierà. –  I pasti per un bambino di strada costano 4.50 franchi al mese. ■ www.caritas.ch /enfants/bolivie-rue

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Kinder von der Strasse  ■

Ruanda: la sua parte di un mondo più giusto

Trovare protezione e attenzioni Nella capitale ruandese Kigali, le bambine di strada si vestono come i maschi e hanno i capelli corti. Non dormono in strada, perché hanno paura di essere violentate. Chi non ha più una casa, dorme dalle ­amiche o dai vicini. Anche le giornate sono dure: per ricevere qualcosa da mangiare, le ragazzine devono chiedere l’elemosina o lavorare duro. Il progetto ­Abadacogora-Intwari esiste dal 1984. È sostenuto da Caritas Svizzera e comprende tre centri di accoglienza

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per bambini di strada: un centro misto, uno per le femmine e uno per i maschi. Buono a sapersi: –  Nei tre centri sono accolti 159 bambine e 226 ­bambini di età compresa tra i sei e i 17 anni. –  Nel 2014, 47 bambine e 61 bambini hanno potuto frequentare una scuola pubblica. –  Per 188 franchi un bambino riceve un pasto caldo al giorno per un anno. ■ www.caritas.ch /enfants/rwanda


Bambini di strada  ■ Ruanda

Li li an e lotta per un futu ro Un tempo Liliane passava le giornate nelle ­strade di Kigali. Chiedeva l’elemosina e ­raccoglieva rifiuti di segheria per venderli per pochi soldi. Liliane ha tre fratellini, tutti hanno un padre diverso. Grazie alle madrine e ai padrini Caritas, Liliane oggi può ­frequentare la scuola.

«Mia mamma è povera e molto malata. Mio papà è pazzo e gironzola per le strade. Mia mamma, i miei fratelli e io vivevamo alla giornata. Quello che guadagnavamo non bastava. Perciò sono andata a vivere in strada» ci rac­ conta la dodicenne Liliane Mukeshimana Zawudjiya du­ rante la nostra visita a Kigali. Liliane è una bambina tran­ quilla e riservata. Grazie al progetto per i bambini di strada di Abadacogora-Intwari (i coraggiosi [abadaco­ gora] e gli eroi [intwari]) è riuscita a togliersi dalla strada e dopo aver frequentato un corso di alfabetizzazione ha potuto essere mandata a scuola con un solo anno di ri­ tardo. Altri bambini di strada perdono molto più tempo, alcuni terminano la scuola elementare a 17 anni. Andare a trovare i bambini in strada

«La mia attività preferita è pulire i pavimenti e fare il bucato. Veramente mi piace di più indossare vestiti da maschio. Oggi ho messo la gonna perché non ho ancora lavato. Mi piace indossare vestiti puliti» racconta Li­ liane. La bambina ora vive dalla nonna, perché la mamma vive di elemosina e prostituzione, non è quasi mai a casa e abbandona i figli a se stessi. In realtà Liliane è un’allieva diligente. Ma ci sono stati spesso momenti di conflitto tra la nonna e la mamma che voleva che la figlia tornasse da lei. Le prestazioni scolastiche di Liliane sono calate e ha bocciato gli esami. C’erano dei giorni che restava in strada come prima, a volte dormiva dalle sue amiche. Difficile ritorno alla normalità

A causa di tutti questi problemi, Liliane adesso viene se­ guita in modo molto intensivo dagli operatori sociali. Vanno a trovare la famiglia e tentano di rimettere a posto i rapporti tra i familiari. Non è un’impresa facile. Ma ­Liliane sa che si tratta del suo futuro. Ha promesso di non tornare più in strada e di non marinare più la scuola. Nel tempo libero frequenta di nuovo regolarmente il ­centro di Abadacogora-Intwari che in qualche modo è diventato la sua seconda casa. ■

Gli operatori sociali di Abadacogora-Intwari addetti ai giovani sanno dove vivono i bambini di strada. Parlano con loro e li invitano a recarsi al centro. Lì la giornata di solito inizia con un colloquio di gruppo. I bambini rac­ contano come e dove hanno passato la notte. E parteci­ pano a diverse proposte: corsi di alfabetizzazione, giochi, bricolage o attività sportive. Ma la cosa più importante: i bambini ricevono un pasto caldo e possono lavarsi i ve­ stiti. Liliane porta un sacco con dentro rifiuti di segheria: lavoro duro per pochi soldi. Testo: Katja Remane; foto: Pia Zanetti

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«Bambini» 2015   Caritas


Bambini di strada  ■ Brasile

Sp ezzare il circolo vizioso della strada Quando Dinara aveva nove anni, andò via di casa per vivere nelle strade di Rio de Janeiro. Proprio come fece sua mamma alla stessa età. Grazie all’aiuto dell’organizzazione partner di Caritas São Martinho si è rappacificata con la madre. Entrambe vogliono spezzare il circolo vizioso della strada, per dare un futuro migliore alla figlioletta di Dinara.

«A nove anni sono andata via di casa. Ho preso droghe ed ero violenta. Rubavo per poi andare a fare shopping. Anche i miei fratelli erano in strada, io andavo con loro» racconta Dinara Almeida, 15 anni e mamma di una bam­ bina piccola. «La strada ha dei lati bruttissimi, ma ci sono anche dei momenti buoni. In strada i bambini cer­ cano di divertirsi per di­ menticare i problemi e la violenza che ci sono a casa. Anche nel mio caso è stato così. Mia mamma litigava spesso con il mio pa­ trigno.» Anche Raquel Al­ meida (38), la mamma di Dinara, era scap­ pata di casa all’età di nove anni per vivere in strada. Finché a 16 anni co­ nobbe il padre del suo primo figlio. «Pensavo che la mia vita sa­ rebbe migliorata, ma tutto diventò peggio. Diventai la schiava di un uomo che faceva uso di droga e che mi picchiava» racconta Raquel. «Poi fu arrestato e io do­ vetti lavorare. Ho avuto cinque figli, uno dopo l’altro. Ai più grandi facevo guardare i più piccoli. Il primoge­ 18  Caritas   «Bambini» 2015

nito era già stato in strada e portò con sé anche gli altri. I figli sono i nostri specchi; mia figlia ha fatto esatta­ mente quello che ho fatto io.» Insieme sulla buona strada

Nelle strade di Rio de Janeiro, Dinara ha incontrato gli operatori sociali dell’organizzazione São Martinho. Gli operatori sociali vanno ogni mattina a trovare i bambini di strada e portano loro da mangiare e da bere. ­«L’operatrice mi ha detto: vieni con me al centro. Lì puoi farti la doccia, parliamo e mettiamo a posto la tua vita. Ha telefonato la scuola di basket e nella squadra c’era un posto libero per me» ricorda Dinara. «Poi sono ­andata a casa e ho abbracciato forte forte mia mamma. La mia famiglia è la migliore al mondo.» Oggi Dinara vive con la madre che cura la nipotina quando lei va a fare allenamento a scuola di basket. Con l’aiuto di São Martinho le due donne faranno di tutto per spezzare il circolo vizioso della strada: «In famiglia ci sono alti e bassi, ma ce la faremo.» ■

Film «Dinaras Weg nach Hause» (Dinara e la strada per tornare a casa)

Il cineasta Florian Kopp ha girato un video sulla strada di Dinara per tornare a casa, sui bambini di strada di Rio de Janeiro e sul ­lavoro dell’organizzazione partner di Caritas São Martinho. ■

www.caritas.ch/video-enfantsrues

Dinara vuole fare tutto il possibile affinché la sua figlioletta non finisca in strada. Testo: Katja Remane; foto: Florian Kopp


Brasile: la sua parte di un mondo più giusto

Soluzioni migliori della strada Gran parte dei bambini di strada di Rio de Janeiro hanno tra i dieci e i 17 anni, sono meticci o neri. In media rimangono in strada cinque anni. São Martinho è stata fondata nel 1984 a Rio de Janeiro con l’aiuto di Caritas Svizzera. Il suo traguardo è far tornare i bambini di strada nelle loro famiglie e a scuola. L’organizzazione aiuta i giovani svantaggiati anche nella ricerca di un posto di tirocinio. Nel Nord e nel Nordest del Brasile Caritas aiuta bambini e giovani a rischio con il programma PIAJ («Programa Infância, Adolescência e Juventude»). Buono a sapersi: –  São Martinho distribuisce ogni giorno più di 230 panini e spuntini a bambini e adolescenti che vivono in condizioni precarie. –  Gli operatori sociali hanno aiutato 360 bambini di strada nel 2013, 288 nel 2012 e 381 nel 2011. –  Nel 2013 il progetto ha trovato un posto di ­tirocinio a 738 giovani svantaggiati. ■ www.caritas.ch /enfants/bresil

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«Bambini» 2015   Caritas


«Le lettere dei bambini: d ichi arazio ni ­d’amore»

Lo scrittore Franz Hohler ha dedicato molte delle sue opere ai bambini. Racconta della forza della fantasia, del coraggio di vivere e del tram verso l’Africa. Franz Hohler, lei ha scritto molti libri per bambini e si esibisce davanti ai bambini. Cosa c’è di così ­affascinante nell’avere come pubblico i bambini?

Del mondo dei bambini mi affascina sempre la vivacità. Per i bambini non sono ancora stabilite le regole della realtà che noi adulti crediamo di conoscere. Nella loro visione del mondo c’è posto per sorprese magiche: ­potrebbe pur essere che là fuori viva un nanetto. Ogni storia su come potrebbe essere il mondo è una possibi­ lità. Io partecipo al piacere che i bambini hanno per le cose grottesche e assurde. Lei una volta ha dichiarato che le storie sono una nostra esigenza di base come mangiare e bere. ­Questo vale in particolare per i bambini?

Sì, le storie fanno parte degli alimenti di base. Sono un’e­ stensione della realtà, una seconda realtà nella testa. Questa può ripercuotersi sulla prima realtà. I bambini sono particolarmente sensibili per queste cose. In Bolivia una scolara mi chiese: «Me regalas una historita?, mi re­ gali una storiella?» Le storie come regalo, la trovai una bella considerazione.

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I bambini dei progetti Caritas devono affrontare la povertà, la guerra o la vita in strada. Di cosa hanno bisogno questi bambini per non perdere il coraggio di vivere?

In primo luogo della stessa cosa di cui hanno bisogno tutti i bambini, ossia di persone che gli vogliano bene: genitori, fratelli e sorelle e nonni. È la cosa più essenziale di cui ha bisogno un bambino. Un bambino che può con­ tare su persone fidate è più preparato alle cose brutte. È naturale: i bambini che vivono la guerra hanno bisogno di pace, gli affamati hanno bisogno di mangiare, i bam­ bini senza istruzione hanno bisogno di scuole. Se le no­ stre opere assistenziali possono contribuire ad aiutarli, sono le benvenute. È importante però che lavorino in­ sieme a buone forze locali e che agiscano con massima cura, in modo che l’aiuto arrivi dove deve arrivare. «Una parte di un mondo più giusto» è l’obiettivo dei padrinati Caritas per bambini. In che modo possono contribuirvi le storie e la fantasia?

Possono incoraggiare i bambini a credere in un mondo più giusto e a impegnarsi loro stessi per ottenerlo. La

Testo: Dominique Schärer; foto: Christian Altorfer


fantasia come impulso per un’azione non andrebbe sot­ tovalutata. Chi ha fantasia cerca altre soluzioni rispetto a quelle che sembrano stabilite dalla realtà. Franz Kafka disse della Prima Guerra Mondiale che era stata causata da una terribile mancanza di fantasia. Lei riceve molte lettere dai bambini. Che cosa la tocca in modo particolare?

Mi emoziona il fatto in sé che i bambini scrivano, perché ci vuole molto affinché un bambino si sieda e si metta a scrivere. In fondo le lettere dei bambini sono pure di­ chiarazioni d’amore, a chi non piace riceverne? Una

«La fantasia come impulso per un’azione non andrebbe sottovalutata.» volta un bambino mi scrisse che era contento che io non fossi ancora morto, così potevo scrivere un terzo volume su Tschipo. E da quando ho pubblicato il mio libro in versi «Es war einmal ein Igel» (C’era una volta un ric­ cio), ricevo molti versi. Una bambina di sei anni scrisse: «Es war einmal ein Hase, der hatte eine Nase, die war

ein bisschen krumm, das fand der Hase dumm.» È ge­ niale! Una delle sue canzoni più famose è quella del tram che invece di arrivare a Zurigo-Oerlikon arriva in Africa. È un simbolo contro l’isolamento della Svizzera o un discorso in favore di maggiore fantasia?

In primo luogo è la storia di un tram che va in una ­direzione del tutto inaspettata. È la storia di un’apertura radicale delle frontiere, è vero, ma alla fine è anche un po’ di nostalgia: forse la gente in Africa vive in un modo completamente diverso dal nostro, forse ha dei valori meno stretti? La nostalgia di una maggiore vivacità. ■

Franz Hohler

Il settantaduenne cabarettista, narratore, autore di romanzi e libri per bambini ha ricevuto innumerevoli premi. La sua opera è stata tradotta in molte lingue. Franz Hohler vive a Zurigo. ■

www.franzhohler.ch

La colomba Una colomba volò sulla zona di guerra e fu dilaniata dalla pala dell’elica di un elicottero da combattimento. Una delle sue belle piume bianche scese nel cortile di una casa dove fu raccolta da un bambino. Poco dopo i nonni e i genitori dovettero fuggire con il bambino. «Portiamo con noi solo il necessario» disse la madre, raccolse in fretta pochi vestiti e li mise in una valigia insieme ai suoi documenti e un po’ di soldi e gioielli; il nonno riempì di acqua due bottiglie, la nonna prese l’ultima pagnotta, qualche mela e una tavoletta di cioccolato. Il bambino prese con sé la piuma. Tratto e liberamente tradotto da: «Das Ende eines ganz normalen Tages», btb Verlag, 2010

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«Bambini» 2015   Caritas


Bolivia: la sua parte di un mondo più giusto

Un futuro per i bambini abbandonati Cochabamba, la terza città in Bolivia in ordine di ­grandezza, negli ultimi anni è cresciuta a grande ­velocità. Molti immigrati interni non trovano lavoro e questo comporta enormi problemi sociali. Non di rado i bambini piccoli vengono abbandonati. Infante ­provvede a dare a questi bambini un futuro sicuro.

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Buono a sapersi: –  Nel 2013 sono stati accolti nel programma di ­ Infante 12 bambini e otto bambine. Quattro bambini sono potuti tornare nella famiglia di origine, sei sono stati affidati a un istituto, due sono stati adottati e otto vivono in una famiglia affidataria. –  500 bambini hanno seguito programmi di ­prevenzione da Infante. –  Con 50 franchi possono essere finanziati i ­medicamenti per un bambino o le attività per il tempo libero per tre bambini. ■ www.caritas.ch/enfants/bolivie-force


Forza d’animo ai bambini  ■ Bolivia

Una fam ig li a nuova per Yara e Andrés Il diciassettenne Andrés e sua sorella Yara di 13 anni sono due giovani svegli e intelligenti. Per loro non fa differenza essere cresciuti come figli adottivi. È l’amore per i loro genitori adottivi che unisce i due come fratello e sorella.

«Dopo la nascita del nostro primogenito Samuel, io e mio marito desideravamo avere altri figli. Parlammo anche di adozione, perché eravamo consapevoli quanti bambini nel nostro Paese non hanno una famiglia che si prenda cura di loro» racconta Celia Sara Jordán de Green. Contattarono l’organizzazione partner di Caritas Infante ed ebbero la conferma che un’adozione era la ­soluzione giusta per loro. Nell’importante decisione fu coinvolto anche Samuel, che promise di fare attenzione al «nuovo» fratellino. «Quando lo vedemmo la prima volta, tutti noi ci innamorammo subito di Andrés» ­afferma Celia oggi guardando indietro nel tempo. Impossibile fare ritorno alla famiglia di origine

quando ero ancora molto piccolo» presume Andrés. «Dovrebbe essere diffusa maggiormente l’idea che non è solo il sangue che lega i figli ai genitori, ma soprattutto l’amore» aggiunge la tredicenne Yara. E continua dicendo che è fiera di essere una figlia adottiva. ­ Ciononostante le piacerebbe conoscere i suoi veri ­ ­genitori e chiedere loro perché non sia potuta rimanere con loro. Suo ­fratello Andrés, invece, per il momento non vorrebbe incontrare i genitori biologici. Non decide il sangue

Mentre Samuel, il figlio più grande, studia psicologia, i due fratelli adottivi vanno a scuola. Tutti e tre sono ­bilingui, perché il padre, un nordamericano, ha sempre parlato inglese con loro da quando erano piccoli. Con il ­sostegno di Infante, la madre Celia ha fondato un’orga­ nizzazione nazionale di genitori adottivi della quale oggi è presidente. «Spero che in futuro un maggior numero di bambini abbandonati possa crescere con l’amore, le attenzioni, il rispetto e la protezione di una famiglia» si augura la donna. ■

Quattro anni dopo sostituirono la famiglia affidataria di una bambina di sette mesi. Furono contattati da Infante perché la prima madre affidataria si era ammalata. ­Infante chiarisce per ogni bambino in modo molto scru­ poloso se è possibile un ritorno alla famiglia di origine. Nel caso di Yara non era possibile e quindi la miglior soluzione era un’adozione da parte della famiglia Jordán de Green che si era già affezionata alla bambina. È impressionante sentire quel che dicono oggi Andrés e Yara sul fatto di essere figli adottivi: «Per me non fa ­nessuna differenza avere una famiglia biologica o una famiglia adottiva. Forse è così perché sono stato a­ dottato Per Andrés e Yara quello che conta è l’amore e non la consanguineità. Testo: Stefan Gribi; foto: Infante

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«Bambini» 2015   Caritas


Forza d’animo ai bambini  ■ Tagikistan

I bambini ­imparano dalla ­molte pl icità In Tagikistan, grazie alle madrine e ai padrini Caritas, i bambini con una disabilità possono frequentare una scuola del tutto regolare. Di questa realtà beneficiano tutti: disabili e non disabili.

Una volta, in Tagikistan, i genitori nascondevano i figli disabili per non farli vedere alla gente oppure li rinchiu­ devano negli istituti. Oggi la situazione è cambiata, anche grazie all’impegno dell’organizzazione partner di Caritas Sitorai Umed (Stella della speranza). «Oggi ­queste famiglie sono aperte e sicure di sé» dice Umeda Asadova di Caritas Svizzera in Tagikistan. Lo dimostra la storia di Buzurgmehr, bambino di otto anni. Dopo una fase di malattia con febbre alta, il suo sviluppo rallentò; imparò a camminare solo a tre anni e faceva molta f­ atica a parlare. I genitori erano abbandonati a se stessi, non all’altezza della situazione e vicini alla rassegnazione. Tutto cambiò nel momento in cui la famiglia ricevette un aiuto. La fisioterapia e l’ortofonia insegnarono ai ­genitori come stimolare il figlio. Buzurgmehr fece rapida­

mente dei progressi e dopo un po’ frequentò l’asilo inte­ grativo del progetto Caritas dove apprese come vestirsi da solo, come giocare con gli altri bambini e riacquistò la fiducia in sé. Oggi il bambino fa la prima elementare e viene sostenuto in un modo a lui adeguato nella scrittura, nel disegno e nel parlare. È uno scolaro entusiasta e ­zelante e i genitori raccontano con orgoglio: «Adesso ­Buzurgmehr aiuta persino gli altri bambini.» «La scuola inclusiva lo dimostra: i bambini imparano tantissimo gli uni dagli altri» dice Umeda Asadova. A trarne beneficio sono anche le famiglie che hanno figli sani: «Nostro figlio qui ha imparato ad assumersi la ­responsabilità per gli altri» racconta un papà. ■

Tagikistan: la sua parte di un mondo più giusto

Integrare i bambini disabili A Dushanbe, la capitale del Tagikistan, due scuole e due asili dell’organizzazione partner Sitorai Umed integrano i bambini disabili nelle classi regolari. A tale scopo ricevono una formazione specifica docenti, genitori, operatori sociali e volontari. Il lavoro pubblico mirato ha migliorato nettamente la situazione dei bambini e il modello ha un successo talmente grande che le altre scuole vogliono adottare lo stesso metodo.

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Buono a sapersi: –  Circa l’80 percento dei genitori partecipa a corsi di formazione continua e a workshop. –  Ogni anno vengono formati dai 15 ai 20 docenti di altre scuole per il metodo della scuola inclusiva. –  100 franchi consentono di integrare quattro ­bambini disabili nella scuola regolare. ■ www.caritas.ch/enfants/tadjikistan

Testo: Dominique Schärer; foto: Sitorai Umed


Forza d’animo ai bambini  ■ Cuba

Fare la co sa gius ta sin dall’in izio La bambina di due anni Salet María è affetta dalla sindrome di Down. Malgrado la sua disabilità, la piccola e vivace cubana è in piena forma. Lo deve al sostegno precoce di Caritas.

Salet María Muñoz Quesada è entrata a far parte del pro­ gramma di sostegno di Caritas poco dopo la sua nascita. I suoi genitori l’hanno iscritta subito dopo aver ricevuto la diagnosi sindrome di Down. Tutte le mattine suo papà la porta in ­bicicletta al «circolo dei bambini», dove Salet María viene curata in­ sieme ad altri bambini ­disabili coetanei con fi­ sioterapia, ginnastica e giochi. Alle 16 la va a prendere la mamma. A Salet María (2) è in forma e allegra. casa Salet María ascolta la musica con sua sorella di cinque anni e gioca con i bambini dei vicini. E quando tutti possono mangiare un gelato, la sua felicità è perfetta.

cialisti. In tal modo possono essere colmate le grandi ­lacune nell’offerta degli istituti statali. ■

Cuba: la sua parte di un mondo più giusto

Sostegno precoce per i disabili Le madrine e i padrini Caritas appoggiano il sostegno precoce mirato per i bambini disabili a Cuba. I genitori frequentano una scuola per genitori per poter meglio dare ascolto alle esigenze speciali dei loro figli. Nella prossima fase di progetto vengono sostenuti soprattutto i bambini disabili in sette diocesi.

Scuole per i genitori

I genitori di Salet María si prendono intensamente cura della figlia e le danno molti stimoli. Il progetto «Sostegno precoce ai bambini con disabilità mentale» di Caritas pog­ gia sul sapere che le possibilità di sviluppo dei bambini sono molte di più se il sostegno mirato viene applicato sin da piccolissimi. Per questo Caritas organizza «Scuole per genitori» dove padri e madri di bambini disabili si scam­ biano le proprie esperienze e dove possono farsi consi­ gliare da pedagoghi, psicologi e medici. Caritas incoraggia inoltre i genitori a mettersi in contatto con altre famiglie e organizza un servizio di volontariato con genitori e spe­ Testo: Katja Remane; foto: Caritas Cuba, Pia Zanetti

Buono a sapersi: –  Gli opuscoli informativi sul sostegno precoce di bambini disabili per dieci famiglie costano 20 franchi. Gran parte dei cubani non ha ­l’accesso a Internet. –  Con 40 franchi è possibile acquistare dai cinque agli otto giochi e libri didattici. –  Il programma viene sostenuto da oltre 400 volontari, tra cui specialisti. ■ www.caritas.ch /enfants/cuba

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«Bambini» 2015   Caritas


Forza d’animo ai bambini  ■ Palestina

Far us cire l’or ro re dall’anima Bombe. Morte. Distruzione. I bambini nella Striscia di Gaza palestinese devono imparare a vivere con questo orrore nell’anima. ­Nell’estate 2014 la guerra tra Israele e Hamas ha gettato ancora una volta un grande dolore sulle vittime innocenti del conflitto. ­Caritas aiuta i bambini a superare le loro ­esperienze terribili.

Samiya sente dolore e ha paura Samiya (9) si è procurata ferite interne durante il bombardamento della sua casa. I medici le hanno dovuto togliere la milza, un rene, l’uretere e amputare un dito. Samiya soffre di dolori al basso ventre e nasconde la mano nei vestiti. Soffre di panico, ­iperventilazione e vive ancora momenti terribili di paura.

Samed e Bessan vogliono tornare a casa Samed (9) e Bessan (3) sono stati fortunati: sono riusciti a sfuggire alle bombe e insieme ai genitori e ad altri 35 profughi hanno trovato rifugio in un’aula scolastica. All’inizio non avevano nulla da mangiare. Dopo sono state distribuite razioni di due pezzi di pane al giorno e in qualche caso anche cibo in scatola. Durante una breve visita nel vecchio appartamento, Samed ha colto l’occasione e si è portato un animale di peluche che può abbracciare di notte. Bessan invece non ha trovato pace e ha ricominciato a bagnare il letto. Entrambi i bambini volevano tornare a casa. La domanda che porgevano ininterrottamente alla madre era: «Quando?»

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Testo: Jörg Arnold; foto: Virginie Nguyen Hoang/Caritas France


Palestina: la sua parte di un mondo più giusto

Aiuto per i bambini traumatizzati Haneen ha perso le sue sorelle Dina fa l’infermiera in un ospedale a Gaza. Racconta come sono andate le cose il 5 agosto 2014: «La bambina Haneen di otto anni è stata ricoverata con una mano che per metà era staccata. La bambina stava seduta qui tranquilla. I suoi occhi erano talmente gonfi a causa delle bruciature in viso che non riusciva ad aprirli. Mi ha raccontato che le faceva male la mano. Poi mi ha chiesto di suo padre e delle due sorelle. Suo padre l’aspettava, ma io non potevo dirle che sua sorella era morta. Nemmeno la sera sono riuscita a dirglielo, neanche che nel frattempo l’altra sorella era stata trovata morta sotto le macerie. Le due sorelle non avevano neanche quattro anni.»

Nour è segnato per la vita Nour ha tre anni e mezzo. Quando una bomba ha distrutto la casa, lui, due dei suoi fratelli, sua madre e la nonna sono stati seppelliti dalle macerie. Nour ha bruciature sul viso, sulla testa e sul braccio destro. Aveva anche una ferita alla pancia. Oggi Nour è sempre nervoso, si isola, non riesce a concentrarsi e si aggrappa al papà.

L’organizzazione partner palestinese di Caritas Youth Enhancement Center (YEC), che con il sostegno delle madrine e dei padrini Caritas si prende cura dei bambini traumatizzati dalla guerra, gestisce tre centri nella Striscia di Gaza a Jabalia, Beit Lahia e Beit Hanoun. Il centro di Beit Hanoun è andato completamente distrutto subito all’inizio dei bombardamenti aerei israeliani nell’estate 2014. Anche il centro ­provvisorio occupato di corsa è stato colpito dalle bombe. La violenza degli impatti ha fatto uscire le porte dai telai e rotto in mille pezzi i vetri delle ­finestre. Nell’edificio era rimasto per parecchio tempo un proiettile inesploso che ha dovuto essere disinnescato da specialisti dell’Onu prima di poter risanare il centro delle terapie. Per aiutare al meglio i sopravvissuti, le collaboratrici e i collaboratori dello YEC tentano di raggiungere e assistere i bambini nuovamente traumatizzati e le loro famiglie nel luogo dove soggiornano attualmente. Per alleviare il dolore psichico e affrontare l’orrore della guerra, il sostegno psicosociale dei bambini traumatizzati di Gaza è importante più che mai. Buono a sapersi: –  Secondo le stime dell’Onu, 377 000 bambini h ­ anno bisogno di un aiuto psicosociale. –  L’aiuto psicosociale di Caritas e dei suoi partner raggiunge 5000 bambini e le loro famiglie. –  Un mese di aiuto psicosociale costa 32 franchi per ogni bambino. ■ www.caritas.ch /enfants/palestine

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«Bambini» 2015  Caritas


Forza d’animo ai bambini  ■ Filippine

Fermare i traffi canti d i bambini Come si possono proteggere i bambini per non farli diventare vittime del traffico dei minori? Stephanie Ricablanca, operatrice sociale e mamma di un bambino di quattro anni, svolge lavoro di prevenzione nella metropoli filippina Cebu.

Stephanie, com’è il tuo lavoro quotidiano?

Giro nei quartieri poveri e nei quar­ tieri a luci rosse del rione Lapu Lapu e parlo con i bambini in strada. Il mio compito è informarli sui rischi dello sfruttamento e proteggerli dai

trafficanti di minori. Parlo proprio con i bambini e anche con i genitori. Quali sono i veri rischi che corrono i bambini?

Molti bambini vengono abusati sessualmente o costretti a prestarsi per la pornografia in Internet. Spesso i bam­ bini – soprattutto le femmine, ma anche i maschi – ven­ gono spinti in tale situazione dai genitori o da altre per­ sone di riferimento. I clienti sono uomini d’affari o politici indigeni, ma anche americani, giapponesi e altri stranieri. Come stanno i bambini sfruttati?

Vivono in strada, alcuni hanno contratto malattie ses­ suali. Sono traumatizzati dalle loro esperienze e soffrono

Nelle destinazioni del turismo e del trasporto si registra un alto tasso di traffico di minori.

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Testo: Stefan Gribi; foto: Andriu Deflorin, FORGE


di sensi di colpa. Molto spesso hanno perso la fiducia in se stessi. Non è difficile entrare in contatto con questi bambini?

Noi ci concentriamo sulla prevenzione. Cerchiamo di parlare con i bambini in strada quanto prima. Alcuni dapprima non vogliono parlare con noi. Ma quando gli mostriamo quanto sia ingiusto l’abuso sessuale capi­ scono perché lo facciamo. Li motiviamo a non abbando­ nare gli studi e li incoraggiamo a dire di no a proposte apparentemente allettanti. Dopo il devastante tifone Haiyan un anno fa il traffico dei minori è peggiorato?

Abbiamo sentito parlare di casi nella regione colpita dalla catastrofe in cui gruppi di trafficanti di bambini si spacciavano per gruppi religiosi. È difficile dire se il traf­ fico dei minori sia peggiorato o no; in ogni caso posso assicurare che noi con il nostro lavoro facciamo di tutto per proteggere il maggior numero di bambini possibile da questo traffico. Che cosa ti motiva a svolgere questo lavoro così difficile?

Le mie esperienze personali. Da bambina anch’io sono stata sfruttata, ho vissuto molte cose. E sono stata ­aiutata. Mi fu mostrato che ero una vittima, che non era colpa mia se succedevano cose del genere. Così mi sono rialzata e ho portato a termine la mia formazione. V ­ oglio trasmettere la mia esperienza agli altri e proteggere i bambini da esperienze di questo tipo. ■

Nota relativa alle foto

In conformità alla legge filippina e a tutela dei minori minacciati

Filippine: la sua parte di un mondo più giusto

Combattere con efficacia il ­traffico di minori Nella sua lotta contro il traffico di minori, Caritas si concentra sulla grande regione filippina di Cebu. I suoi partner sono due organizzazioni che vantano una vasta esperienza nella tutela dei bambini: SACMI e FORGE. FORGE è attiva principalmente nelle destinazioni del trasporto e del turismo come Lapu Lapu, dove il rischio di traffico di minori è particolarmente elevato. Con la stretta collaborazione con società di navigazione e di pullman, i casi di traffico di minori possono essere riconosciuti prima e quindi impediti.

dal traffico di esseri umani, in queste due pagine non vengono mostrati primi piani di bambini.

Buono a sapersi: –  Caritas e l’organizzazione partner SACMI svolgono lavoro di informazione per circa 23 000 genitori e bambini e istituiscono reti di vicinato in otto quartieri di Cebu City. –  Con 50 franchi, dieci membri di un gruppo per la tutela dei bambini possono partecipare a un corso di due giorni sulla prevenzione del traffico di minori. ■ www.caritas.ch /enfants/philippines

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«Bambini» 2015   Caritas


Lebensmut für Kinder  ■

Colombia: la sua parte di un mondo più giusto

I bambini scappano da povertà e violenza Nei quartieri poveri di Medellín, l’organizzazione partner di Caritas Combos si impegna affinché i bambini possano terminare la scuola, non debbano trascorrere il tempo libero in strada e siano protetti da bande armate, paramilitari e guerriglia. La pluriennale collaborazione con il centro di quartiere Crear Jugando, che persegue un traguardo simile a Bogotá, è stata conclusa nel 2014, perché oggi il progetto dispone di numerosi altri partner.

30  Caritas   «Bambini» 2015

Buono a sapersi: –  Circa 88 bambini partecipano ogni settimana a incontri che li aiutano a elaborare esperienze di violenza e dove vengono aiutati nel loro sviluppo. –  Lo stipendio di un maestro di ballo di capoeira è di 8391 franchi all’anno. –  Nel 2014 hanno beneficiato del progetto circa 350 bambini. ■ www.caritas.ch /enfants/colombie-force


Forza d’animo ai bambini  ■ Colombia

«La guer ra in strada» Il dodicenne Geiber vive nel quartiere Calasanz a Medellín. Assieme ai genitori e ai suoi fratelli è venuto qui fuggendo dalla violenza del luogo dove vivevano prima. Nel suo tempo libero, Geiber frequenta il centro dell’organizzazione partner di Caritas Combos, dove le cose che lo entusiasmano di più sono la capoeira e il tamburello.

La scuola termina all’una del pomeriggio. Spesso non vado direttamente a casa, ma passo a prendere la mia nipotina al nido. In quei giorni la curo io finché non tor­ nano a casa mia sorella o mia mamma. Altrimenti faccio i compiti, incontro i miei amici per giocare a calcio o vado al centro di quartiere di Combos. Lì mi piace tanto la musica: con il mio amico Julián suono il tamboril e quando si balla la capoeira sono felicissimo.

Geiber Palacios Hurtado e ho 12 anni. «VivoMinelchiamo quartiere Calasanz a Medellín insieme ai miei

Un quartiere nuovo

genitori, mia sorella e la mia nipotina. Mia mamma la­ vora come donna delle pulizie, mio papà fa il sorve­ gliante. Nei giorni normali mi alzo alle cinque del mat­ tino, faccio colazione e vado a scuola. Faccio la quinta e vado fortissimo in matematica. Un domani vorrei stu­ diare medicina e diventare medico.

La sera a casa guardiamo un po’ la televisione e alle dieci vado a letto. A volte, però, nel quartiere si sente tanto rumore fino a tarda notte. Ciononostante siamo molto contenti di abitare qui, anche se in strada si assiste a molte risse. Siamo venuti qui sette anni fa e finora non ho ancora vissuto nessuna sparatoria. A Vallejuelos, dove abitavamo prima, era diverso. Lì in strada c’era guerra. La notte dovevamo nasconderci in bagno per non essere colpiti da un proiettile. Poi siamo fuggiti con la famiglia e siamo venuti qui. ■

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Un giorno nella vita di Geiber (12): calcio, scuola, musica, famiglia.

Testo: Dominique Schärer; foto: Luca Zanetti

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«Bambini» 2015   Caritas


I padr in i do mandano, i bambini risp ondo no Qual è il tuo giocattolo preferito?

Sandra Galliker (41) e i suoi figli Julius (8, a sinistra) e Lorenz (10) vorrebbero sapere qual è il giochino preferito dei bambini.

Aimé «Sage» Habaguhirwa (14), Ruanda «Mi piace tutto ciò che è rotondo: palloni, biglie e palline da tennis.»

Stephanie Sissiet (8), Brasile «Il mio giochino preferito è la mia bicicletta rosa.»

Kevin Eduardo Soto Blandón (13), ­Nicaragua «Il mio pallone, perché­ io e i miei amici ci ­divertiamo molto a ­giocare a calcio fuori.»

Che cosa vorrebbe sapere dei bambini dei progetti di padrinato Caritas? Scriva una e-mail a padrinati@caritas.ch oppure ci invii una cartolina postale. Caritas Svizzera, Padrinati Adligenswilerstrasse 15 Casella postale CH-6002 Lucerna

Telefono: +41 41 419 22 22 Telefax: +41 41 419 24 24 e-mail: padrinati@caritas.ch

Internet: www.caritas.ch Conto postale: 60-7000-4 IBAN: CH69 0900 0000 6000 7000 4

Fare la cosa giusta


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