Tutti i profughi hanno bisogno di diritti e prospettive

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Lo statuto di protezione S è stato applicato per la prima volta per i profughi dell’Ucraina. Esso indica quali condizioni quadro sono urgentemente necessarie per le persone in cerca di rifugio provenienti dalle zone di crisi. Tuttavia, palesa anche eclatanti disparità di trattamento nella gestione dei rifugiati. Tale evidenza consente di trarre insegnamenti per la politica svizzera in materia di rifugiati: le condizioni delle persone ammesse provvisoriamente e dei soggetti con statuto di protezione S devono essere migliorate.

Documento di posizione di Caritas sugli insegnamenti da trarre dalla gestione dei profughi provenienti dall’Ucraina

Tutti i profughi hanno bisogno di diritti e prospettive


Gli statuti di soggiorno a colpo d’occhio

Statuto di protezione S per l’accoglienza collettiva di grandi gruppi di profughi (permesso S) Lo statuto di protezione S concede alle persone interessate una protezione rapida e non burocratica in Svizzera, senza dover percorrere la procedura d’asilo ordinaria. Il permesso S ha una validità massima di un anno ed è estendibile. Dopo almeno cinque anni le persone bisognose di protezione ottengono un permesso di soggiorno B valido fino alla revoca della protezione temporanea. Gli interessati possono recarsi all’estero senza autorizzazione e ritornare in Svizzera. Alle persone con statuto di protezione S, la Confederazione non versa nessuna somma forfettaria a favore dell’integrazione. Facilita però l’integrazione sociale e professionale dando subito la possibilità ai bambini di frequentare la scuola e agli adulti di assumere un impiego senza tempi di attesa. Confederazione e Cantoni esaminano le esigenze in ambito linguistico per promuovere l’integrazione. I Cantoni sono liberi di prevedere altre prestazioni di integrazione. Le persone con statuto S ricevono solo un aiuto sociale ridotto. Richiedenti l’asilo (permesso N) Il permesso N conferisce a una persona il diritto di residenza in Svizzera dal momento in cui presenta la domanda fino alla fine della procedura d’asilo. In generale, i richiedenti l’asilo hanno soltanto un accesso limitato alle proposte di integrazione e ricevono un aiuto sociale molto basso. I richiedenti l’asilo di solito vengono sistemati in alloggi collettivi in attesa della decisione. Persone straniere ammesse provvisoriamente (permesso F) L’ammissione provvisoria è concessa a persone il cui allontanamento dalla Svizzera, disposto nei loro confronti, si è rivelato inammissibile, non ragionevolmente esigibile o impossibile. Un allontanamento è inammissibile se sono prioritari gli obblighi internazionali della Svizzera (divieto di rimpatrio in caso di pericolo per la vita). I cittadini eritrei o i

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tibetani, ad esempio, sono in pericolo per il solo fatto di aver lasciato «illegalmente» l’Eritrea o la Cina. Un allontanamento non è ragionevolmente esigibile (vale per il 70 per cento dei casi), se nel Paese di origine guerre, guerre civili, violenza in generale o circostanze individuali, come ad esempio emergenze sanitarie, comportano un rischio concreto per la persona richiedente l’asilo. Al momento è il caso di profughi provenienti dall’Afghanistan, dalla Somalia, dalla Siria o dall’Eritrea, di persone particolarmente vulnerabili (età, malattia, assenza di una rete di contatti familiare) oppure di minorenni non accompagnati. A determinare l’impossibilità di un allontanamento possono essere vari fattori, tra cui il rifiuto delle autorità del Paese di origine di rilasciare i documenti necessari per il rimpatrio dei richiedenti l’asilo. Le persone straniere ammesse provvisoriamente hanno accesso alle offerte di integrazione, devono però anche vivere con molte restrizioni legali nell’ambito della mobilità, del ricongiungimento familiare e dell’aiuto sociale. Rifugiati riconosciuti senza concessione dell’asilo (permesso F) Se viene riconosciuto lo status di rifugiato, ma sussistono motivi di esclusione dall’asilo, il/la richiedente riceve un permesso F. Dal lato legale, questo gruppo di persone gode di una situazione migliore rispetto alle persone straniere ammesse provvisoriamente, poiché la Convenzione di Ginevra sui rifugiati prescrive un minimo di diritti per rifugiati riconosciuti ai quali non si può derogare in nessun caso nemmeno attraverso le legislazioni nazionali. Le persone interessate ricevono l’aiuto sociale regolare. Rifugiati riconosciuti con concessione dell’asilo (permesso B) Se viene riconosciuto lo status di rifugiato e non sussistono motivi di esclusione dall’asilo, il/la richiedente l’asilo ha diritto al permesso di soggiorno (B). Le persone interessate ricevono l’aiuto sociale regolare.


Le necessità di tutti i soggetti in cerca di protezione In breve:

per dare protezione alle persone fuggite dall’Ucraina, la Svizzera ha applicato per la prima volta lo statuto di protezione S. Lo statuto S permette un’accoglienza collettiva e concede i diritti necessari a coloro che cercano rifugio. Tuttavia, è venuta alla luce anche la disparità di trattamento di altre persone in cerca di protezione in Svizzera. In particolare le persone ammesse provvisoriamente che, pur trovandosi in una situazione simile, hanno meno diritti. Ora si offre l’opportunità di trarre insegnamenti dalle esperienze con i rifugiati dell’Ucraina e dalla prima applicazione dello statuto di protezione S. Tali evidenze permettono di migliorare le condizioni sia delle persone ammesse provvisoriamente sia delle persone con statuto di protezione S.

L’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022 e la guerra da essa scatenata hanno provocato movimenti migratori di dimensioni storiche. Fino a maggio 2022 sono arrivate anche in Svizzera oltre 50 000 persone in cerca di rifugio dalla guerra e dalla violenza. La Svizzera ha reagito dimostrando grande apertura. Lo statuto di protezione S, applicato per la prima volta, permette un’accoglienza collettiva rapida e non burocratica in Svizzera, senza dover percorrere la complessa procedura d’asilo ordinaria. Lo statuto di protezione S era stato creato in seguito alla guerra nell’ex Jugoslavia per poter concedere, in futuro, protezione a grandi gruppi di persone. La solidarietà è grande ovunque e tutte le frazioni politiche concordano su quello di cui ha urgentemente bisogno la gente che cerca protezione dopo la fuga:

Negli scorsi mesi si sono raccolte le prime esperienze, in gran parte positive, con lo statuto di protezione S. Lo statuto S nella sua forma attuale presenta però anche gravi lacune che riguardano segnatamente l’insufficiente garanzia della sussistenza e la mancanza di offerte di integrazione. Urgono quindi adeguamenti. Lo statuto S palesa soprattutto la disparità di trattamento di altre persone in cerca di protezione in Svizzera, in particolare di quelle ammesse provvisoriamente (statuto F). 39 000 soggetti hanno lo statuto F, di cui quasi la metà vive nel nostro Paese da più di sette anni. Non sono riconosciuti come rifugiati, perché non soddisfano i criteri secondo la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, eppure non possono tornare in patria a causa di guerre civili e situazioni di violenza che imperversano nel loro Paese di origine. Si trovano pertanto in una situazione simile. Ciononostante i loro diritti sono limitati rispetto ai rifugiati riconosciuti (statuto B) e ora anche ai profughi con lo statuto S. In molti ambiti della politica, dell’amministrazione o nella popolazione si fa avanti l’idea che la situazione delle persone con statuto F sia ormai insostenibile e che l’ammissione provvisoria vada sostituita da uno statuto di protezione. Negli ultimi anni, tuttavia, il Parlamento ha bloccato una riforma in tal senso. Anzi, le condizioni per le persone ammesse provvisoriamente hanno addirittura subito un inasprimento. La situazione attuale offre pertanto l’opportunità di trarre insegnamenti dalle esperienze con i profughi dell’Ucraina e dalla prima applicazione dello statuto di protezione S. In base a tali evidenze possono essere migliorate le condizioni sia di coloro che oggi sono ammessi provvisoriamente sia delle persone con statuto di protezione S.

• Un ambiente sicuro e la possibilità di alloggio che costituiscono la base per elaborare le situazioni traumatiche vissute. • Un sostegno finanziario sufficientemente elevato da poter provvedere al proprio sostentamento. • La possibilità di poter lavorare poco dopo l’arrivo per rendersi autonomi economicamente. • La possibilità di ricongiungere la famiglia per non separarla e permettere di vivere tutti insieme. • Un rapido accesso alle offerte di formazione e integrazione per entrare a far parte della società locale, proprio perché non è certo che un giorno sia possibile tornare in patria.

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Si delineano problemi eclatanti nella politica dei rifugiati Mancanza di garanzia della sussistenza e abitazioni inadeguate Sia con lo statuto di protezione S che con l’ammissione provvisoria (statuto F), gli interessati ricevono tuttavia soltanto un contributo dell’aiuto sociale nettamente inferiore a quello erogato secondo le direttive della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale COSAS. Questa situazione è deplorevole, soprattutto alla luce di uno studio condotto nel 2019 da cui è emerso che già l’aiuto sociale regolare non basta a coprire il fabbisogno vitale. Una panoramica della Conferenza svizzera delle direttrici e dei direttori cantonali delle opere sociali CDOS1 mostra inoltre differenze sostanziali tra i vari Cantoni, sia per quanto concerne il livello dell’aiuto sociale nel settore dell’asilo, sia per la tipologia di sistemazione messa a disposizione. Mentre, ad esempio, nel Canton Argovia le persone adulte ammesse provvisoriamente ricevono otto franchi al giorno e vengono sistemate in alloggi collettivi, il Cantone di Basilea Città concede 25.90 franchi al giorno e sistema i profughi in parte in alloggi privati. Tuttavia, anche quest’ultima cifra è comunque più bassa di quella accordata dall’aiuto sociale della COSAS, che ammonta a 32.40 franchi al giorno per una persona singola. I beneficiari non possono permettersi spese quotidiane, come ad esempio l’acquisto di un biglietto del treno per frequentare un corso oppure per andare a trovare i parenti. Sono costretti a indebitarsi e a dipendere da qualcuno della cerchia privata. La grande disparità nell’aiuto sociale è riemersa ancora una volta nel caso specifico dei profughi ucraini. Quello che spetta ai soggetti in cerca di protezione varia da Cantone a Cantone, spesso anche da Comune a Comune. Questa arbitrarietà crea situazioni estremamente delicate ed è contraria al mandato costituzionale secondo il quale bisogna garantire una vita dignitosa alle persone in difficoltà. Una vita dignitosa comprende anche un alloggio in cui le persone possano ritirarsi e avere una propria sfera privata. In una sistemazione collettiva non è sempre possibile, ancor meno se la situazione si protrae a lungo, come a volte accade nel caso di persone ammesse provvisoriamente. Per i profughi dell’Ucraina ora possono essere applicati modelli nuovi che tengono maggiormente conto delle esigenze concrete. Anche se in certe situazioni una famiglia ospitante può essere un buon inizio per ambientarsi in Svizzera, avere la possibilità di sistemarsi in un appartamento proprio o almeno in un alloggio con spazio privato è comunque sempre meglio. Particolarmente prezioso è un accompagnamento iniziale per tutte le questioni legate all’alloggio e alla convivenza. 1 https://www.sodk.ch/fr/themen/migration/aide-sociale-et-aide-durgence-dans-le-domaine-de-lasile/

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Mobilità limitata Ai profughi ucraini con lo statuto S è concessa la libertà di viaggiare, dato che per tre mesi possono muoversi senza visto nell’area Schengen. L’esperienza insegna quanto sia prezioso poter andare a trovare parenti, amiche e amici residenti all’estero. Anche le persone ammesse provvisoriamente prima avevano il diritto di farsi rilasciare un documento di viaggio senza fornire alcuna motivazione. Dal 2012 non è più possibile. A dicembre 2021 il Parlamento ha ulteriormente inasprito il divieto di viaggio. I viaggi all’estero ora sono del tutto vietati. Di conseguenza è praticamente impossibile mantenere rapporti stretti con familiari che vivono fuori dalla Svizzera, ad esempio in uno dei Paesi europei confinanti. Il divieto di viaggio è inconciliabile con i diritti fondamentali di libertà di movimento e vita di famiglia. È, per giunta, anacronistico in un mondo globalizzato in cui molte famiglie sono sparse in vari Paesi. Infatti, proprio le famiglie provenienti da zone di guerra e di crisi spesso sono distribuite su Stati molto diversi tra loro.

Non è concesso il diritto a una vita familiare Il diritto alla vita familiare è un diritto umano radicato nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (art. 8 CEDU) e nella Costituzione federale svizzera (art. 14 CF). Lo statuto S permette il ricongiungimento familiare. Con lo statuto F (ammissione provvisoria), invece, il ricongiungimento familiare è praticamente impossibile. Soltanto dopo tre anni si può presentare domanda per far arrivare in Svizzera membri della propria famiglia. A tale scopo è necessario vivere in un’abitazione adeguata e la famiglia non deve percepire l’aiuto sociale. Tali disposizioni rappresentano degli ostacoli quasi insormontabili per gran parte degli interessati, in particolare a causa delle spesso scarse opportunità di lavoro per persone che non hanno seguito il percorso educativo in Svizzera, dei rapporti di lavoro perlopiù con contratti a tempo determinato nei settori a bassa retribuzione e dell’assenza di abitazioni adatte ed economiche. Senza la famiglia risulta più difficile anche integrarsi, perché si è costantemente assillati da preoccupazioni familiari. Questo compromette, ad esempio, un apprendimento rapido e concentrato della lingua locale.


Mancanza di offerte di integrazione Il basso tasso di occupazione dei rifugiati riconosciuti (statuto B) e delle persone ammesse provvisoriamente (statuto F) ha evidenziato già qualche anno fa che le proposte di integrazione adatte a loro erano troppo poche da abilitarli per il mercato del lavoro svizzero. Perciò, a maggio 2019, Confederazione e Cantoni hanno lanciato insieme l’Agenda Integrazione. Da allora dovevano essere effettuati ingenti investimenti per consentire ai rifugiati di rendersi economicamente indipendenti e crearsi così anche delle prospettive di vita. Per finanziare gli investimenti, la Confederazione ha triplicato la somma forfettaria per l’integrazione versata ai Cantoni. Questi ultimi hanno così ricevuto l’opportunità di migliorare le offerte di integrazione sia quantitativamente che qualitativamente, adattandole alle esigenze dei rifugiati. Positiva è anche l’intenzione di considerare l’integrazione professionale sin dall’inizio un processo da accompagnare. L’Agenda Integrazione non è ancora stata attuata ovunque in modo capillare e le offerte non sono state aumentate come si prevedeva all’inizio. La pandemia ha frenato molte attività, numerosi corsi non si sono potuti tenere. Si è anche visto quanto sia importante che tutte le persone ricevano poco dopo il loro arrivo in Svizzera delle opportunità di apprendimento e delle strutture diurne. Questo accresce di tanto la motivazione che non deve essere smorzata da un’inattività prescritta. Per i profughi ucraini con statuto S la Confederazione versa ai Cantoni soltanto ancora 3000 franchi da destinare ai corsi di lingua. Forse si pensa che queste persone ritorneranno presto nel loro Paese. Questa moderazione potrebbe però anche impedire ai profughi di sviluppare il proprio potenziale e mettere in campo le loro capacità. Solo così, infatti, riusciranno il prima possibile a farsi strada in Svizzera e a ottenere un’indipendenza economica.

Conclusione sulla situazione delle persone con statuto S e sull’ammissione provvisoria Lo statuto di protezione S permette un’accoglienza rapida e non burocratica di grandi gruppi di persone. Permette anche di iniziare subito un’attività lucrativa, il ricongiungimento familiare e – nel caso dei profughi ucraini – la mobilità illimitata. Tuttavia, il basso livello dell’aiuto sociale nel settore dell’asilo non garantisce la sussistenza e un’integrazione in tempi brevi viene ostacolata da un numero troppo basso di offerte, per di più non sufficientemente appoggiate dallo Stato. Le persone ammesse provvisoriamente (statuto F) hanno ancora meno diritti. Il concetto di «provvisoriamente» rende inoltre più difficile la ricerca di un lavoro e di un alloggio, perché dà l’impressione che la gente resterà in Svizzera solo per un periodo temporaneo. Analogamente allo statuto S, questo gruppo di persone riceve per anni soltanto un aiuto sociale nettamente ridotto la cui somma varia da Cantone a Cantone. Particolarmente problematico è il fatto che sia la mobilità sia il ricongiungimento familiare sono quasi del tutto vietati. Gli esperti del settore dell’asilo concordano sull’evidenza che l’ammissione provvisoria non corrisponda ormai più alle complesse situazioni di fuga odierne, neghi i diritti fondamentali e quindi offra poche possibilità per riuscire a plasmare prospettive di vita. La maggior parte delle persone ammesse provvisoriamente rimane in Svizzera a lungo, poiché in molti Paesi i conflitti si protraggono per decenni.

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Le richieste di Caritas In seguito alla guerra in Ucraina sono arrivati in Svizzera decine di migliaia di profughi in un breve lasso di tempo. Questo ci ha mostrato chiaramente quali condizioni quadro siano urgentemente necessarie per coloro che cercano protezione dalle aree di crisi. Le prime esperienze con il nuovo statuto S hanno anche rivelato lacune fondamentali nella garanzia dei mezzi di sussistenza e nella disponibilità di misure di integrazione. È emersa anche la disparità di trattamento dei profughi. A essere chiaramente svantaggiate sono soprattutto le persone ammesse provvisoriamente con lo statuto F. Una tale disparità di trattamento non è giustificata e promuove la divisione all’interno della società. Le persone possono sviluppare le proprie potenzialità soltanto a parità di condizioni. E questo, a sua volta, va a vantaggio della società nel suo complesso. Per tale ragione urgono dunque i seguenti miglioramenti:

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1. S ostituire l’ammissione provvisoria con uno statuto di protezione con più diritti L’ammissione provvisoria (statuto F) non rende giustizia al bisogno di protezione. Nega i diritti fondamentali alle persone fuggite da situazioni di guerra e violenza. Ne risentono anche le famiglie, benché siano soprattutto i bambini e gli adolescenti ad avere bisogno di stabilità e di buone condizioni quadro. Una migliore situazione giuridica aumenterebbe le possibilità di azione dei profughi, facilitando così la loro integrazione nella società. • Come chiesto anche dall’Agenzia dell’ONU per i rifugiati ACNUR e dalla Commissione federale della migrazione, l’ammissione provvisoria va sostituita da uno statuto di protezione. Quest’ultimo deve principalmente riconoscere il bisogno di protezione delle persone fuggite da situazioni di guerra e violenza e concedere loro gli stessi diritti dei rifugiati riconosciuti (statuto B), ovvero la garanzia della sussistenza secondo le direttive COSAS (vedi sotto), nonché il diritto alla mobilità e al ricongiungimento familiare. • Se, trascorsi due anni, è impossibile fare ritorno nel Paese di origine, deve essere concesso un permesso di soggiorno B. Lo stesso deve valere per i profughi con l’attuale statuto di protezione S. • Lo statuto di protezione S, che in tempi di grandi movimenti migratori permette un’accoglienza collettiva, deve essere mantenuto, ma necessita di miglioramenti per quanto riguar­da la garanzia della sussistenza e l’integrazione (cfr. punti 2 e 3). Va a integrare il nuovo statuto di protezione creato per le persone che percorrono una procedura d’asilo.


2. M essa in atto capillare dell’Agenda Integrazione

4. C oncedere il diritto a una vita familiare

Dall’entrata in vigore dell’Agenda Integrazione nel 2019, la Confederazione ha aumentato la somma forfettaria versata ai Cantoni per l’integrazione, portandola da 6000 a 18 000 franchi a persona. I Cantoni hanno così avuto la possibilità di allineare meglio le offerte di integrazione alle esigenze dei profughi, sia in termini quantitativi che qualitativi. Manca però tuttora un’offerta capillare. Per i profughi dell’Ucraina la Confederazione stanzia inoltre soltanto 3000 franchi per i corsi di lingua e si giustifica ipotizzando un eventuale ritorno in patria in tempi brevi. L’integrazione deve però avvenire su ampia scala sin dall’inizio, altrimenti si perde tempo prezioso e diminuisce anche la motivazione.

Il termine di tre anni fissato dalla legge nonché i criteri della disponibilità di un alloggio adeguato e dell’indipendenza dall’aiuto sociale impediscono il ricongiungimento familiare e violano il diritto alla vita familiare.

• La Confederazione deve versare ai Cantoni la regolare somma forfettaria di integrazione per i profughi dell’Ucraina. • I Cantoni devono creare i presupposti, con offerte capillari e adeguate, affinché tutte le persone in cerca di rifugio possano qualificarsi per il mercato del lavoro locale sin dall’inizio. • L’accesso alla formazione e all’inserimento professionale deve essere agevolato per tutti i profughi che ricevono protezione in Svizzera. Vanno ulteriormente abbattuti gli ostacoli per i datori di lavoro e facilitate le possibilità di cambiare Cantone.

La più recente decisione parlamentare vieta alle persone ammesse provvisoriamente tutti i viaggi all’estero, anche nei Paesi dell’UE confinanti. Una gestione così restrittiva viola il diritto alla libertà di movimento e impedisce lo svolgimento di attività private e professionali.

• Per garantire il diritto alla vita familiare alle persone ammesse provvisoriamente – e ora anche alle persone con statuto di protezione – vanno aboliti sia il tempo di attesa di tre anni sia i criteri relativi al ricongiungimento familiare.

5. Concedere il diritto alla mobilità

• Va concesso il diritto alla mobilità e quindi anche ai viaggi all’estero; le disposizioni restrittive devono essere abolite. Questo in futuro deve valere anche per le persone con statuto di protezione S che non provengono dall’Europa.

3. A iuto sociale secondo le direttive COSAS e abitazioni con spazio privato In Svizzera, chi non è riconosciuto come rifugiato riceve soltanto un contributo dell’aiuto sociale, che a seconda del Cantone o del Comune, è di molto inferiore a quello dell’aiuto sociale regolare. La situazione dei beneficiari dell’aiuto sociale è estremamente precaria. Riescono infatti a malapena ad affrontare le spese quotidiane e non possono partecipare alle attività della vita sociale. La condizione di precarietà viene spesso aggravata da spazi abitativi inadatti, come ad esempio in alloggi collettivi senza uno spazio privato. • Il calcolo dell’aiuto sociale ridotto deve essere armonizzato e adeguato alle direttive della COSAS. • È inoltre necessario potenziare i servizi di mediazione per aiutare le persone in situazioni precarie nella ricerca di un alloggio. In particolare per le famiglie devono essere messi a disposizione alloggi adatti ai bambini.

Giugno 2022 Autrice: Marianne Hochuli, responsabile settore Studi scientifici, Caritas Svizzera E-mail: mhochuli@caritas.ch Telefono: 041 419 23 20 Il presente documento di posizione può essere scaricato alla pagina www.caritas.ch/documenti-di-posizione.

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