Sardegna archeologica dal cielo (Alberto Moravetti, Gianni Alvito)

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Goni, complesso megalitico di Pranu Muttedu. A Pranu Muttedu sono presenti spazi dedicati al sacro, una sessantina di menhir, tombe di varia tipologia (ipogeiche, di tipo misto, megalitiche): una varietĂ ed una ricchezza di architetture a testimoniare la lunga frequentazione del sito nel tempo. Si distingue, fra tutte, la Tomba II: si tratta di un tumulo circolare del diametro di 11 metri costituito da tre anelli concentrici di pietre che al centro racchiudono un grosso masso di arenaria (lungh. m 2,20x1,80x1,16 di altezza), ora a cielo aperto, nel quale sono state ricavate due cellette quadrangolari. A ridosso dell’ingresso alla stessa tomba è presente una vasta area circolare cerimoniale (diam. m 33) destinata, probabilmente, ad accogliere un gran numero di persone in occasione di riti e pratiche religiose a noi sconosciuti. A segnare le tombe e a indicare la sacralitĂ del luogo, menhir isolati, in coppia, in numero di tre (Tomba IV) oppure in allineamento (una ventina). 7-8. Goni, complesso megalitico di Pranu Muttedu: Tomba II. 9. Goni, complesso megalitico di Pranu Muttedu: Tomba IV. 19


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10. Alghero, necropoli di Anghelu Ruju: veduta generale. 11. Alghero, necropoli di Anghelu Ruju: interno della tomba XXVIII. Portello di accesso alla cella d con pareti laterali ornate da corna su cerchi concentrici.

Alghero, necropoli ipogeica di Anghelu Ruju. La necropoli è costituita da 38 domus de janas, di varia tipologia ed accessibili attraverso un pozzetto verticale – le più antiche – o un lungo corridoio (“dromos”) discendente il più delle volte provvisto di gradini: l’ingresso veniva sigillato con lastre litiche, talvolta rinvenute ancora in situ. Nelle tombe a pozzetto prevalgono planimetrie irregolari e vani a pianta tondeggiante, oblunga o retto-curvilinea, mentre quelle a “dromos” prediligono una

certa simmetria di pianta e celle a profilo rettilineo. Nelle celle sono presenti i segni delle credenze del tempo: coppelle scavate nel pavimento destinate, forse, ad accogliere offerte e pasti funebri; rappresentazioni, scolpite o incise, di elementi della casa dei vivi; false-porte, simbolo dell’ingresso dell’oltretomba ormai chiuso per sempre; protomi e corna taurine scolpite sulle pareti o sui pilastri a protezione del sonno dei defunti; pareti affrescate di ocra rossa, sostituto simbolico del sangue e, quindi,

della vita e della rinascita. Da rilevare che a fronte di un così alto numero di grotticelle in nessuna di esse è rappresentato il soffitto a doppio spiovente o comunque raffigurato con trave di colmo e travetti che pure è documentato nel territorio di Alghero, in tombe non lontane (Tanca Calvia, Tanca Bullittas). Le tombe ospitavano da due (tomba XII) ad oltre trenta individui (tomba XVIII), mentre, pur nella difficoltà di una sicura attribuzione culturale, nelle forme di seppellimento sembra preva-

lere il rito dell’inumazione con defunti disposti in giacitura supina (tombe III, XI, XII, XIX, XXII, XXX); non mancano, tuttavia, esempi di deposizioni secondarie (tombe I, XIII, XVIII, XX, XXI). In alcune grotticelle sono stati riconosciuti alcuni casi di parziale cremazione, riferibili forse alla cultura eneolitica di Filigosa, con deposizioni entro nicchie (tombe XV, XX, XXbis, XXVI). La necropoli venne scoperta nel 1903, ma le prime 10 tombe furono scavate

nel 1904 da Antonio Taramelli che, nel 1907, esplorò altri 21 ipogei. Nel 1936 Doro Levi portò alla luce quattro nuove domus, mentre successivamente, nel 1967, Ercole Contu portò a 38 il numero complessivo delle tombe. L’impianto della necropoli si pone nel Neolitico recente – nell’ambito della Cultura di Ozieri, 4000-3500 cal. BC – con fasi di riutilizzo nell’Età del Rame e del Bronzo.

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Alghero, necropoli ipogeica di Santu Pedru. La necropoli comprende una decina di tombe, a pianta pluricellulare e con accesso a corridoio a cielo aperto (“dromos”). Alcune sepolture (I, II, III, VI e X) conservano decorazioni architettoniche (gradini, zoccoli, fasce, cornici, architravi, soffitti semicircolari e pilastri) ed elementi simbolici (falsa-porta, motivi corniformi, pittura rossa).

La Tomba I, la più nota della necropoli, è formata da un lungo “dromos” (16 metri), un’anticella semicircolare seguita dalla cella principale nella quale si aprono sei vani secondari. Nell’ampia camera principale, con soffitto piano sostenuto da due pilastri, sono presenti una falsa-porta e due corna inscritte, in stile rettilineo, al di sopra di una nicchia. La Tomba IV, ubicata nella parte più alta del declivio, è stata completamente rima-

neggiata e adattata a chiesa rupestre nel VII secolo. La camera principale è stata trasformata in un’ampia aula con due absidi contenenti piccoli altari dedicati, secondo la tradizione, ai santi Pietro e Lucia. Sulla sommità della collina sorge il nuraghe Santu Pedru, un monotorre ora in gran parte demolito. Le domus vennero poi riutilizzate in età nuragica per seppellire i propri morti accompagnati da copiose ceramiche.

12. Alghero, necropoli ipogeica di Santu Pedru: veduta generale. 13. Alghero, necropoli ipogeica di Santu Pedru. Tomba I: interno del vano maggiore con pilastri e portelli che introducono nelle varie celle.

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Villaperuccio, necropoli ipogeica di Montessu: veduta generale. La necropoli si estende sul fronte di un ampio anfiteatro roccioso naturale, a breve distanza dall’abitato preistorico di S’Arriorgiu: un’allée couverte si trova di fronte alla tomba XIII. Esplorato fra il 1971 e il 2007 da Enrico Atzeni e Remo Forresu, il sepolcreto comprende una quarantina di grotticelle divise in quattro gruppi. Le tombe, di varia tipologia e dimensioni, presentano talora schemi semplici – mono-bicellulari – oppure forme più complesse: l’accesso è a pozzetto oppure è preceduto da “dromos” o da spazi a cie-

lo aperto delimitati da ortostati o da grossi massi. Alcune tombe, poi, mostrano sulla fronte un’esedra semicircolare – da riferire a ristrutturazioni successive – scavata nella roccia oppure realizzata in muratura. Si distinguono, per monumentalità, le cosiddette “tombe-santuario”: si tratta, in particolare, dell’ipogeo VII detto “Sa Grutta de Is Proccus”, della tomba X e di quella XXXIII nota come “Sa Cresiedda”. Sono domus a pianta bicellulare preceduta da un ampio padiglione, seguito dall’anticella – con focolare e pareti con tracce di pittura di colore giallo e rosso – e dalla cella maggiore, semicircolare e con soffitto a forno. Nella tomba X un ampio cor-

ridoio è parzialmente obliterato da una esedra formata da massi poligonali messi in opera nella fase di riutilizzo durante il Bronzo Antico, mentre la camera maggiore presenta un largo bancone lungo il profilo curvilineo del vano. A “Sa Cresiedda” – una tomba con ampia esedra in grossi blocchi ortostatici – nel vestibolo rettangolare vi sono due colonne cilindriche, oggi spezzate, ai lati del portello di accesso alla sepoltura. Alcune domus, poi, si distinguono per la presenza di interessanti motivi simbolici. La Tomba delle Spirali, oggi a cielo aperto, è formata da un breve “dromos”, seguito dall’anticella e dalla cella maggiore,

semicircolare con un bancone perimetrale a trifoglio. Sulle pareti dell’anticella sono incisi motivi a denti di lupo e tracce di ocra rossa, mentre in quelle della cella maggiore abbiamo figure spiraliformi, a candelabro, a festone ed una falsa porta. Inoltre, sotto la soglia d’ingresso sembra scolpita una protome taurina. La Tomba delle Corna, – una sepoltura monocellulare, con ingresso a pozzetto, pianta circolare con vasca centrale e nicchiette perimetrali –, è ben nota per i motivi corniformi a bassorilievo che ornano il soffitto a forno e le pareti. L’impianto originario della necropoli avviene ai tempi della Cultura di Ozieri – numerosi i manufatti ceramici ric-

camente decorati e lo strumentario litico in ossidiana – cui seguono materiali riferibili alle culture eneolitiche di Filigosa, Abealzu, Monte Claro e Campaniforme, mentre la Cultura di Bonnanaro, del Bronzo Antico, sembra segnare l’abbandono dell’area funeraria. ATZENI Enrico La preistoria del Sulcis-Iglesiente, Cagliari 1987. 14-15. Villaperuccio, area archeologica di Montessu: veduta generale. Le Tombe VII-XI a partire da destra.

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16. Villaperuccio, necropoli ipogeica di Montessu: particolare della Tomba-santuario VII, detta “Sa Grutta de Is Procus”, con l’area megalitica antistante.

17. Villaperuccio, necropoli ipogeica di Montessu: la Tomba-santuario XXXIII, detta “Sa Cresiedda”, con l’area megalitica antistante.

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18. Thiesi, necropoli ipogeica di Mandra Antine: la Tomba dipinta. Particolare del soffitto. Fra le quattro domus de janas della necropoli si distingue la “Tomba dipinta” per i motivi simbolici e architettonici che decorano con effetto policromo la cella maggiore. La 28

tomba è composta da quattro vani: un’anticella ellittica introduce nell’ampia camera rettangolare (m 3,60x1,60) sulle cui pareti laterali si aprono gli ingressi a due celle. Sul lato di fondo del vano maggiore è raffigurato un triplice schema taurino, a tutta parete, costituito da tre bande rosse con estremità ricurva verso l’alto e, al centro, la falsa-porta quadrangolare, delimitata da fasce dipinte di

rosso. Sull’architrave della falsa-porta sono raffigurati sei triangoli contrapposti – a clessidra – allineati e dipinti di nero, mentre dalla fascia mediana pendono sei dischi dipinti di nero antracite (tre per parte): ai lati del motivo corniforme due riquadri con disco, anch’essi nerastri. L’interpretazione dei dischi pendenti è ancora controversa: l’ipotesi più accreditata è che si tratti di dischi solari legati ai

culti dell’acqua o della fecondità. La composizione pittorica – analoga nella parete contrapposta, ma ora poco leggibile – è sovrastata da due fasce che si stendono sotto la linea del soffitto: la prima presenta color antracite mentre quella sottostante è di color rosso cinabro. Il soffitto della cella riproduce, a rilievo negativo, il trave di colmo e i travetti trasversali – dieci per parte –

di un tetto a doppio spiovente scompartito in venti riquadri bordati di rosso. All’interno di questi ultimi sono raffigurati, in color avorio su fondo nero, altri elementi simbolici: spirali, semicerchi e bande oblique semplici e doppie. Sul pavimento è inciso un focolare delimitato da quattro cerchi concentrici con coppella centrale.


19. Ossi, necropoli di Noeddale: Tomba I. Particolare del tetto a doppia falda spiovente. La necropoli, composta da almeno sei ipogei, è nota soprattutto per la Tomba I, detta anche la “La Tomba della Casa”. La sepoltura, costituita da undici vani, comprende un “dromos” rettangolare, un’anticella trapezoidale – con tracce, sul soffitto, di tre travetti scolpiti in negativo e di un rilievo a linea spezzata – e dai restanti ambienti. La cella maggiore, rettangolare (m 3,60x3,10; alt. m 1,70), riproduce gli elementi strutturali di un’abitazione preistorica: sul soffitto si conserva la raffigurazione di un tetto a doppio spiovente con trave a sezione semicircolare dal quale si dipartono nove travetti laterali scolpiti in negativo. Le pareti del vano riproducono la struttura lignea portante: sotto la linea del soffitto sono raffigurate travi orizzontali sostenute da lesene angolari mentre sui lati brevi sono scolpiti in rilievo motivi scaliformi raffiguranti il sistema di congiunzione del tetto alle strutture portanti verticali. Alla base è uno zoccolo in rilievo. Sulle pareti sono aperti gli ingressi di altri tre vani. Sul lato di fondo della camera principale un portello sopraelevato immette in una cella semicircolare con nicchia “a forno”. Il soffitto del vano – ad uno spiovente – riproduce il tetto della capanna semicircolare: da un semiscudo si dipartono nove travetti radiali scolpiti a rilievo negativo. Sulla parete sinistra della camera principale si apre l’ingresso di una cella dalla quale si accede alla cosiddetta “stanza dell’alcova”, con bancone e “alcova”, e tre ingressi rettangolari delimitati da quattro pilastri. Nell’anticella della “Tomba delle Spirali” – sei vani, preceduti da “dromos” – si conservano due coppie di motivi corniformi, scolpiti in stile curvilineo, che sovrastano altrettante spirali incise, mentre in un’altra cella è presente la riproduzione di un soffitto a doppio spiovente. Nella Tomba III – formata da anticella, cella maggiore e cinque vani secondari – si segnala la presenza di una falsa-porta. Le Tombe IV, V e VI, monocellulari e con nicchie sopraelevate, sono invece delle domus a “prospetto architettonico” di epoca nuragica.

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Macomer, necropoli ipogeica di Filigosa. Il complesso ipogeico comprende quattro tombe, tre delle quali (Tombe I, II, III) sono scavate al piede dell’altura, mentre la quarta si apre ad un livello superiore. La Tomba I è formata da un lungo corridoio di accesso (m 11,60) che introduce in un vano maggiore (m 4,50x3,50; alt. m 1,90) – caratterizzato dalla presenza di due coppelle, un lettuccio funebre e focolare anu-

lare in rilievo con coppella centrale – e da questo in sei celle secondarie, due a sinistra e quattro a destra. La Tomba II è costituita da un “dromos” (lungh. m 7) che immette nella cella maggiore (m 2,50x2,50/3) – provvista di focolare – e da questa in tre vani disposti in successione. La Tomba III presenta un “dromos” (lungh. m 10,50) seguito da due vani – uno di questi con focolare – disposti sullo stesso asse Nord-Sud. La cella c ha pianta rettangolare (prof. m 1,75;

largh. m 3,85; alt. m 1,10/1,30). Anche la Tomba IV è formata da un “dromos” (lungh. m 8,20) seguito da tre celle – la prima con focolare – scavate sullo stesso asse, mentre un quarto vano laterale è aperto nel secondo ambiente. Lo scavo della Tomba I, nel 1962, e i materiali ceramici in essa rinvenuti hanno definito un aspetto culturale nuovo dell’Età del Rame che ha preso nome dal toponimo della necropoli.

20. Macomer, necropoli ipogeica di Filigosa: veduta generale con il nuraghe Ruggiu in posizione dominante. 21. Macomer, necropoli ipogeica di Filigosa: particolare dei lunghi corridoi a cielo aperto delle Tombe I-III.

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