Bollettino n. 10

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BOLLETTINO

cosa si muove in CasaPound Italia

OTTOBRE 2013

NUMERO

10

NON SONO STATO LA STRAGE DI USTICA COMPIE 33 ANNI COME UNO STATO MORTO SULLA PROPRIA CROCE


UST

Ustica: 33 anni di depistaggi p

Il “depistaggio” delle indagini sul disastro aereo di Ustica deve considerarsi “definitivamente accertato” e per questo serve il nuovo processo civile per valutare la responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea Itavia. La tesi “del missile sparato da aereo ignoto”, quale causa dell’abbattimento del DC9 Itavia caduto al largo di Ustica il 27 giugno 1980, risulta “oramai consacrata” anche “nella giurisprudenza” della Cassazione. Lo sottolinea la stessa Suprema corte accogliendo il ricorso dell’erede del patron della compagnia area Itavia. Giustissimo, tutti gli addetti ai lavori conoscono le vicende della disinformazione legate al disastro aereo del DC9 Itavia, in volo sulla rotta Bologna-Palermo la sera del 27 Giugno 1980, ormai 33 anni fa. Ma poichè “i depistaggi” rischiano di non finire mai, è bene ripercorrere alcuni tratti della storia per avere un quadro realistico.

E iniziamo dai “depistaggi politici” citando una figura sconosciuta ai più, l’ex generale della Aereonautica Saverio Rana.

Subito dopo il disastro partì una campagna stampa sapientemente orchestrata sulle “carrette del cielo”, contro la compagnia aerea Itavia proprietaria del DC9 precipitato. Si tentò di accreditare che l’aereo fosse precipitato perché “vecchio”, comprato usato e appunto una “carretta del cielo” (1) Il generale Saverio Rana era il presidente del RAI (Registro Aereonautico Italiano, l’Ente che presiede alle verifiche tecniche sugli aerei di linea). Già il giorno successivo al disastro si era presentato dal suo superiore diretto, il ministro dei Trasporti Rino Formica, socialista, per dire che da sue precise informazioni raccolte nell’ambiente il DC9 era stato abbattuto da un missile. Poiché la cosa non sortì alcun effetto (Formica riferì al ministro della Difesa Lagorio, socialista, senza esito) Rana, visto che nessuno lo stava a sentire, una mattina si presentò improvvisamente alla ambasciata italiana


TICA

politici, mediatici e giudiziari

a Washington chiedendo all’addetto militare italiano di essere accompagnato alla FAA (Federal Aviation Administration). Portava sotto al braccio una copia del nastro radar di Ciampino e chiedeva fosse esaminato.

aereo era stato abbattuto da un missile

La FAA affidò l’incarico allo NTSB (National Trasportation Safety Board, l’ente che esegue le inchieste sugli incidenti aerei in USA, forse il più prestigioso del mondo) che nominò il capo tecnico John Macidull (è lo stesso che anni dopo farà l’inchiesta sul disastro dello schuttle Challenger). Macidull a novembre 1980 concluse che nelle adiacenze del DC9 civile risultava esserci un caccia militare in posizione di attacco.

Fu incriminato per “propalazione di notizie false e tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”, e dopo un’apposita sessione parlamentare il ministero dei Trasporti ritirò le licenze di esercizio all’Itavia che finì in amministrazione controllata, cessando i voli e l’attività.

Rana fu “lapidato” e accusato di ogni nefandezza, in particolare di aver portato negli USA la copia del nastro di Ciampino senza averne titolo. Aldo Davanzali, il proprietario della Itavia, a questo punto, forte della conclusione degli esperti dello NTSB, fece due cose: - una conferenza stampa nella quale diceva che il suo

- spedì una lettera analoga a ognuno dei deputati e senatori.

Il ministro dei Trasporti Rino Formica anni dopo si difese dicendo che lui aveva avvertito il ministro della difesa Lelio Lagorio (peraltro suo compagno di partito) della testimonianza di Rana sul missile, ma Lagorio replicò dicendo di non aver dato peso alle frasi di Formica considerandole “fantasie”. Insomma il quadro è chiaro: i due ministri ricevono l’informazione sul missile già il giorno successivo, non ne fanno niente e poi fanno a scaricabarile.


Ancora anni dopo, siamo nel 1989 in piena inchiesta su Ustica, è lo stesso Capo di Stato Maggiore dell’Aereonautica Gen. Pisano che lamenta in Commissione Stragi di aver richiesto inutilmente a Civilavia (che dipende dal ministero dei Trasporti) le copie dei piani di volo di quella notte (denunciando anche, nel corso di una audizione fiume durata due giorni, la presenza di un “Gosth”, un “fantasma”. Per cui il giorno dopo fu lapidato sulla stampa anche Pisano). Non le avrà mai nessuno (né Pisano né la Commissione Stragi). De Michelis (socialista anche lui, ministro dei Trasporti nel 1989) risponderà in Parlamento dicendo che i piani di volo erano stati distrutti “nel corso di normale sfoltimento del materiale di archivio”. I piani di volo della notte di Ustica! E questi sono i “depistaggi politici”, ora vediamo i “depistaggi mediatici”, quelli riservati all’opinione pubblica quando ormai la vicenda era esplosa all’attenzione dell’opinione pubblica. La madre di tutti i depistaggi (per parafrasare una famosa frase di Saddam Hussein) è senz’altro il famosissimo “volo di Ghedaffi” e il proditorio attacco degli americani per abbattere l’amato leader. La storia prende le mosse dalla testimonianza del 1989 di un sottufficiale radarista ai giudici romani, lui aveva ricevuto un piano di volo Tripoli-Varsavia. L’aereo di Gheddafi in rotta verso Varsavia, avvertito da servizi segreti “amici” (quelli italiani della fazione filolibica) avrebbe virato su Malta sottraendosi al proditorio attacco degli americani, i quali poi per vendetta avrebbero abbattuto il DC9 civile italiano. Lo stesso Gheddafi avallò questa storia in una memorabile conferenza stampa, annunciando che la magistratura libica avrebbe aiutato quella italiana a far luce sulla vicenda. Andò a finire che: - Il magistrato libico venne in Italia con grande battage mediatico, ma per chiedere chi avesse attentato alla vita dell’amato leader. Loro volevano sapere da noi quello che noi volevamo sapere da loro! - Il Giudice in una trasferta in Russia accertò che “l’aereo che vira su Malta” era un pacifico volo Aereoflot, civile, partito da Brazzaville (Congo) e diretto a Budapest (Ungheria). Non portava Gheddafi e non aveva mai virato su Malta.

Ora veniamo ai “depistaggi tecnici”, quelli che di più hanno interessato il mio lavoro di perito. Il primo sicuramente è quello di aver limitato, per motivi di segretezza, l’accesso ai dati radar militari ad una ora a cavallo del fatto (mezza ora prima e mezza ora dopo). Era come lavorare coi paraocchi, e infatti quando a ottobre 1995 (dopo quindici anni!) avemmo accesso al nastro completo si vide che le cose importanti stavano fuori dei paraocchi. Accenniamo anche ai “depistaggi internazionali”, indico quello che giudico il più importante. Dalla Corsica sicuramente parte, circa una ora prima del disastro, l’aereoambulanza 5A-DDY di proprietà dello Stato libico. Si tratta di un Beechcraft 200, bimotore turboelica che vola di crociera a 270 nodi (di velocità massima fa 290 nodi) Ma l’unica traccia che ho sul radar assimilabile a 5ADDY (AJ453 sul radar militare di Marsala) mi vola a quasi 500 nodi: un caccia militare, sicuramente non è l’aereoambulanza e il piano di volo è falso (purtroppo De Michelis li ha “sfoltiti”). Per giunta AJ453 è proprio la sigla che il Gen. Pisano indica alla Commissione Stragi come il “Gosth”, il Fantasma. Il giudice Priore chiede conto con rogatoria internazionale alla Francia di questo 5A-DDY decollato da Ajaccio per Tripoli, che risulta nelle registrazioni dei colloqui fra radaristi francesi di Tolone e radaristi italiani di Poggio Ballone (che segue il volo come LL037). La Francia risponde, per tramite della Direzione Generale della Polizia dell’Aria e di Frontiera, che non c’è stato nessun volo Ajaccio-Tripoli. Ma, facendo una verifica nell’Archivio Generale delle Ferrovie dello Stato, dove sono conservate le ricevute del pagamento delle tasse di sorvolo sull’Italia, emerge quella del pagamento della tassa di sorvolo sulla Sardegna da parte dell’aereoambulanza libica 5A-DDY, decollata da Ajaccio e diretta a Tripoli. Esattamente dove vola appunto AJ453 a 500 nodi! Ci aveva pure pagato le tasse! Priore fa una seconda rogatoria alla Francia chiedendo nuovamente conto del volo Ajaccio-Tripoli e adducendo le prove, ma la “la Francia non risponde”. Mentre il generale dei Carabinieri Bozzo che era in vacanza con la famiglia in Corsica testimonierà di una intensissima attività aerea sulla base di Solenzara, con decolli e atter-


raggi per tutta la notte. Insomma, la Francia non risponde e il ministro dei Trasporti De Michelis sfoltisce gli archivi. Chiudiamo con i “depistaggi processuali”, uno per tutti.

Questo è il quadro dei depistaggi, ovviamente in una sintesi. È utile ripercorrerlo affinché non si finisca per addossare la responsabilità dei depistaggi a qualche maresciallo nel frattempo morto di vecchiaia

Nella perizia che concludeva per l’esplosione di una bomba nella toilette quale causa del disastro l’aereo veniva spostato, al momento del disastro, di 4 miglia (circa 8 km) verso est. E ciò adducendo ad un errore di allineamento al nord geografico dell’antenna del radar di Ciampino (antenna che si trova, fisicamente, sull’aereoporto di Fiumicino). Ci lavorai quasi un anno, analizzando la deviazione nell’atmosfera delle onde herziane emesse dal sole al tramonto, chiedendo lumi al radiosservatorio di Medicina (BO) e così via, tutto per trovare la magagna che rendeva possibile spostare l’asse del radar di due gradi, e quindi l’aereo di 8km, e quindi cambiare completamente la dinamica del disastro.

Luigi Di Stefano*

Alla fine la soluzione era semplice: avevano fatto tramontare il sole, a Fiumicino, cinque minuti prima. In questo modo spostando l’asse del radar di due gradi e quindi spostando il velivolo di 8km.

* Perito di parte civile per conto della compagnia aerea Itavia, proprietaria del DC9 I-TIGI precipitato a Ustica

(1) non è mai emersa nessuna carenza sul DC9. E’ vero che fu comprato usato dalla Hawaian Airlines, ma prima di entrare in servizio in Italia fece la revisione delle “zero ore” presso gli stabilimenti Douglas in USA. Significa che esce da quella revisione come se fosse nuovo, appunto a “zero ore” di volo.

ilprimatonazionale.it




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Philippe Daverio, critico d’arte e noto volto della tv, il 4 ottobre era a Lucca per un’altra tappa del suo tentativo di ‘salvare’ l’Italia. “Save Italy” è infatti il movimento d’opinione internazionale da lui creato al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sullo stato precario dei beni culturali italiani. Un patrimonio che, dice Daverio, appartiene a tutta “l’umanità d’occidente”, la quale ha il diritto di goderne e insieme il dovere di tutelarlo. “Crediamo che il Pil sia importante – ha spiegato Daverio – e non dico il contrario, lo è, ma non basta: la società moderna lo annovera tra gli indici di qualità della vita, facendo corrispondere la sua crescita ad un maggior livello di benessere, ma è palese che le cose non stiano così. Come diceva Kennedy, anche un incidente automobilistico va ad incrementare il Pil, ma possiamo forse considerarlo un bene collettivo? In un’ottica di maggior giustizia sociale ed equilibrio ambientale è opportuno sostituire il Pil con un parametro di soddisfazione della qualità dell’esistenza”. Per quanto riguarda l’architettura, Daverio ha individuato esattamente il punto in cui si è creata la frattura, che ha spezzato quella tradizione che ha contraddistinto la cultura e il paesaggio dell’Italia per millenni. Si tratta della fine della Seconda guerra mondiale, momento dal quale è iniziata la sistematica dilapidazione dell’eredità architettonica italiana. Il motivo? È ideologico: all’architettura si è contrapposta l’edilizia, all’idea di spazio la sua speculazione, secondo una visione che Daverio ritiene “conseguenza patologica dell’antifascismo”. Quando i vincitori del conflitto bellico hanno iniziato l’opera di rimozione storica, si sono dimenticati che gettando a mare il fascismo, buttavano via anche tutto l’impianto culturale su cui questo si era organicamente innestato. Compresa l’architettura. “È innegabile che il ventennio fu l’ultimo periodo di esaltazione dell’architettura”, conferma Daverio. L’Italia ha così scoperto che il richiamo alla millenaria tradizione italica operato da Mussolini, aveva radici più profonde della mera retorica, le quali una volta recise non hanno potuto impedire il crollo della quercia secolare dell’architettura italiana, aggredita dalle ruspe del materialismo edilizio antifascista.

E anche se ora la voglia di architettura sta tornando, Daverio sentenzia: “non siamo preparati”. È morto Sansone con tutti i filistei. In chiusura d’intervento, Daverio indica due strade per l’Italia. Una da seguire, l’altra no. Quello da non fare è lasciare che l’Italia diventi niente più che una destinazione turistica. “Non vorrei vedere i miei discendenti con il cappello in mano a chiedere l’elemosina a un cinese”, sintetizza il critico, prima di l anciarsi in un affondo ‘futurista’: “Se dobbiamo finire a fare i custodi del Colosseo, piuttosto crolli il Colosseo!”. La strada da seguire è invece quella rivoluzionaria, nella più schietta tradizione italiana: “Bisogna fare la rivoluzione, non ci sono alternative. Immaginare un percorso che sia in revolutio, che sia l’opposto di quello che stiamo vivendo adesso”. Concordiamo, Philippe.


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CASAPOUND ITALIA INTERVIENE A LUCCA SULL’UTILIZZO E IL SISTEMATICO SACRIFICIO DELLA CITTÀ, DEL ‘BENE COMUNE’, SULL’ALTARE DELLE BATTAGLIE DOGMATICHE DEL CENTRO SINISTRA. SU DI UN ASSE CHE VA DA NAPOLITANO AL PD, LA SINISTRA ANTINAZIONALE TENTA DI PORTARE AVANTI IL SUO PROGETTO DI RIDEFINIZIONE DEI CONCETTI DI NAZIONE E NAZIONALITÀ ITALIANA, SFRUTTANDO L’ECO MEDIATICA ED EMOTIVA CAUSATA DALLA TRAGEDIA DI LAMPEDUSA. ABUSANDO DEGLI STRUMENTI ISTITUZIONALI, IN TUTTA ITALIA LE AMMINISTRAZIONI COMUNALI IN MANO AL CENTRO SINISTRA RECITANO OBBEDIENTI IL MANTRA DELLA CITTADINANZA ONORARIA AI FIGLI DI IMMIGRATI COSÌ IMPEDENDO DI FATTO QUALSIASI DIBATTITO CHE INVECE È DOVEROSO, SU DI UN TEMA CHE SOLO UN COSTITUENTE CIECO HA POTUTO LASCIARE IN MANO ALLE MAGGIORANZE GOVERNATIVE.


Cittadinanza onoraria ai figli di immigrati. CasaPound Italia “Basta strumentalizzare la Città di Lucca”. Lucca, 5 ottobre - “L’attuale Amministrazione utilizza ancora una volta la Città di Lucca come cassa di risonanza delle battaglie politiche del centrosinistra nazionale”. Così CasaPound Italia commenta la cittadinanza onoraria ‘simbolica’ ai figli di immigrati, ideata e portata avanti dal Comune di Lucca, che ha deciso di inserire all’interno delle celebrazioni delle Mura, la cerimonia di consegna. “Dopo aver indetto nei mesi scorsi un consiglio comunale ‘straordinario’ sul conferimento della cittadinanza onoraria ai figli di immigrati nati a Lucca – spiega Cpi Lucca - il centrosinistra lucchese ha quindi inserito la cerimonia all’interno di una celebrazione che con queste cose non ha niente a che fare, strumentalizzando le Mura a fini politici. Il centrosinistra nazionale è lanciato in un progetto dogmatico di redifinizione dei concetti di nazione e nazionalità italiana, appoggiando in modo supino l’ideologia dello ius soli, per cui chiunque nasce in Italia dovrebbe diventare automaticamente italiano. Tale ideologia trova vigenza solo nei Paesi nati dall’immigrazione di massa, come gli Stati Uniti. In Europa invece non trova che rare applicazioni, e solo con dei correttivi che ne riducono la portata”.

CasaPound Italia denuncia quindi “la visione razzista che dà per scontato che un cittadino straniero in Italia voglia e debba diventare italiano per essere finalmente un essere umano di serie A. Gesti eclatanti come la cerimonia indetta dal Comune, mirano solo a far considerare ‘ovvio’ un qualcosa che ovvio non è, a chiudere gli spazi di dibattito, a istituzionalizzare un’ideologia faziosa che non consente ad un non-italiano, di potere vivere in Italia senza rinnegare la propria origine”. CasaPound aggiunge che “se l’approccio al fenomeno immigratorio va cambiato si deve semmai andare nella direzione opposta a quella intrapresa dal Comune. La tragedia di Lampedusa ci deve ammonire in tale senso: essa non è che il drammatico emblema del fallimento delle politiche immigrazioniste sostenute dalla sinistra ed estremizzate dal Presidente della Camera Boldrini e dall’attuale ministro Kyenge. Un approccio che intenda risolvere concretamente il problema non può che individuare nell’immigrazione di massa una tragedia per chi si sposta e per chi accoglie. Favorire l’immigrazione e sponsorizzare iniziative come quelle di domani significa alimentare la tragedia”.


BELLE COSE/1 CASAPOUND ITALIA HA FESTEGGIATO I SUOI PRIMI 5 ANNI DI VITA ANCHE A PISTOIA.

IL PROGRAMMA DELLA GIORNATA HA EVIDENZIATO LE VARIE ANIME DEL MOVIMENTO: CULTURA, SOCIALE, SOLIDARIETÀ, VOLONTARIATO, MUSICA. AL CENTRO DELLA FESTA, IL LAVORO: IL PRIMO DIRITTO - E DOVERE - SOCIALE, ORMAI NEGATO E SVILITO. E COME DICEVA EZRA POUND: “SENZA LAVORO SPERARE È FOLLIA”.

Dal comunicato di CPI Pistoia Si è svolta questo sabato la festa per il quinto anno di attività della sede locale di CasaPound Italia. Un centinaio circa i partecipanti tra residenti del quartiere San Marco, militanti e simpatizzanti dell’associazione. Nel pomeriggio in piazza San Giovanni XXIII si sono svolti i dibattiti. Alla prima ‘tavola rotonda’ sul tema del lavoro hanno partecipato tra gli ospiti esponenti del sindacato Blocco Lavoratori Unitario, del ‘Comitato Disoccupati Pistoiesi’ e l’economista Filippo Burla. Burla ha spiegato le proposte in materia di CasaPound Italia, tra le quali la necessità di continuare a garantire il controllo pubblico delle aziende come AnsaldoBreda che operano in settori strategici per l’interesse nazionale.

Il secondo incontro ha visto la partecipazione di volontari impegnati in diversi ambiti, dalla protezione civile alla medicina sociale passando per i diritti dei diversamente abili, che hanno raccontato le proprie esperienze personali e l’operato dei relativi gruppi di lavoro, tutti collegati a CasaPound. La festa si è chiusa in tarda serata nella sede di via Porta San Marco 161 con un esibizione musicale del gruppo rap romano ‘Drittarcore’.



BELLE COSE/2 LO SPAZIO LIBERO ALTAFORTE, A MASSA, COMPIE IL SUO PRIMO COMPLEANNO.

UN ANNO A TUTTOTONDO, IN CUI ALTAFORTE È RIUSCITO A TESSERE INSIEME LA LEGGEREZZA DEI ‘17 ANNI PER TUTTA LA VITA’, CON LA PROFONDITÀ DI RADICI PIÙ ANTICHE.

Da Sestina Altaforte, di Ezra Pound I have no life save when the swords clash. But ah! when I see the standards gold, vair, purple, opposing And the broad fields beneath them turn crimson, Then howl I my heart nigh mad with rejoicing. In hot summer have I great rejoicing When the tempests kill the earth’s foul peace, And the lightnings from black heav’n flash crimson, And the fierce thunders roar me their music And the winds shriek through the clouds mad, opposing, And through all the riven skies God’s swords clash. Hell grant soon we hear again the swords clash! And the shrill neighs of destriers in battle rejoicing, Spiked breast to spiked breast opposing! Better one hour’s stour than a year’s peace With fat boards, bawds, wine and frail music! Bah! there’s no wine like the blood’s crimson!

And I love to see the sun rise blood-crimson. And I watch his spears through the dark clash And it fills all my heart with rejoicing And pries wide my mouth with fast music When I see him so scorn and defy peace, His lone might ‘gainst all darkness opposing. The man who fears war and squats opposing My words for stour, hath no blood of crimson But is fit only to rot in womanish peace Far from where worth’s won and the swords clash For the death of such sluts I go rejoicing; Yea, I fill all the air with my music. There’s no sound like to swords swords opposing, No cry like the battle’s rejoicing When our elbows and swords drip the crimson May God damn for ever all who cry “Peace!” And let the music of the swords make them crimson! Hell grant soon we hear again the swords clash! Hell blot black for always the thought “Peace!”




*

Teresa | In nome del Papa Re


“Se rivedemo a Roma.” *


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