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LA GRANDE FESTA
Festeggiamenti a oltranza. Lo hanno detto anche gli striscioni dai balconi della città e lo ha imparato a dire bene anche mister Spalletti: “ci’o stamme trziann”, pregustandolo dolcemente, in un’attesa che è stata anche come il più classico dei ragù, che deve “puppuliare” lentamente. Così pure quel tocco salato della sofferenza e della trepidazione si è mescolato bene nell’atmosfera magica di queste settimane. Un popolo che sta dipingendo con vernice azzurra la propria opera d’arte contemporanea, lettere di un amore sconfinato per narrare la storia. Nella gioia condivisa, i napoletani assaporano, più che la mera vittoria, morsi di un’umanità altrove perduta. Di cosa parlano sennò le lacrime, la commozione, di chi credeva di non saper più volare, di non poterlo fare e, invece, è lì col famoso ‘ciuccio che vola’... notizia del giorno: è tutto vero! Se indichi nel cielo, è davvero azzurro.
Si sente ancora pulsare, nella Napoli dei vicoli aggrediti dal business della ‘turistificazione’, il cuore di chi ama la città e i suoi colori. Vicoli che già da mesi sono pieni di gente, di murales celebrativi, pietre laviche da sfiorare con le dita, bandiere e festoni, piazzette dove si celebra il culto dello stare insieme. Questo è ciò che siamo e questo è quello che anche chi viene da lontano trova, soprattutto oggi: l’attaccamento viscerale e conta- gioso verso Napoli e il legame storico e simbolico con il calcio, che non tutti seguono, ma che tutti sanno amare comunque, se si tratta di abbracciarsi più forte. Questa è la vittoria di chi certe cose le sa spiegare solo con l’arte, con la creatività, con le parole di una canzone o di una poesia, perché non sa trovare altri mezzi, perché è il modo migliore in cui riesce a esprimersi. E’ la vittoria di chi, come scriveva Pino Daniele, sa ancora emozionarsi davanti al mare.
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Questa è anche la vittoria di chi, veramente, è nato già sconfitto, senza patetici vittimismi ma con la consapevolezza di ciò che è stata l’unità d’Italia e ciò che rappresenta ancora lo strapotere economico del nord, che si rispecchia anche nel mondo sportivo: se così non fosse, non sarebbero stati poi così tanti gli emigranti tornati qui per far festa, né tantissime e colorate le piazze di tutto il mondo, dove ‘chi se ne va luntano’ si è ritrovato a festeggiare insieme nonostante la distanza e, nemmeno, sarebbero stati così tanti gli annunci barbari di chi, di altre squadre, in altre città, intimava ai napoletani di non festeggiare perché ‘ospite’.
Non è certo la vittoria di chi voleva spiegare ai napoletani come festeggiare, a che ora, secondo quali modalità, perché questi avvisi, le raccomandazioni sul ‘senso civico’, provenienti da svariati ambienti, sapevano più di velato razzismo e di sfiducia verso un popolo che non solo ha respinto al mittente infamie e preoccupazioni, ma già nella mezza festa di domenica scorsa con la Salernitana ha gioito ed ha saputo rispettare e difendere la città anche in un momento di euforia collettiva come questo. Un’euforia che speriamo non si riveli parte del borbonico “festa, farina e forca”, insomma uno strumento di distrazione di massa dai reali problemi, sia perché questo fenomeno “Napoli” può essere davvero anche mezzo di riscatto sociale ed economico per la nostra terra, ma anche perché, tutto sommato, nonostante le tante belle parole e i romantici connubi tra questa terra e il pallone, questa è prima di tutto
Margherita De Rosa
e semplicemente una vittoria sportiva. Questa è, infine, la vittoria del Calcio Napoli, della squadra titolare e di chi dalla panchina si è sempre fatto trovare pronto; della squadra che senza eccessivi individualismi ha saputo trionfare come collettivo, tecnicamente e anche fisicamente, dando il massimo sempre, fino a venir meno nelle ginocchia. Questo sudare la maglia, l’impegno e la tenacia, con il tocco virtuoso del mister Spalletti, sono state le armi vincenti di una squadra senza numeri 10 in campo (ma lassù!), ma con il dodicesimo uomo (i tifosi) sempre pronto, anche e soprattutto per ricordare, come è stato, che il Napoli è prima di tutto della sua gente e poi delle mire imprenditoriali, seppure vincenti, del suo Presidente. Oggi è attesa la Fiorentina al Maradona, per continuare questa festa a oltranza, perché “nun è overo, ma ce crero… Nun succere, nun succere, ma si succere!?! … E’ succies’!!! “ .