Sabato 12 marzo

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DOMENICA 13 MARZO 2022

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Settimanale di Informazione

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ANNO XXII - N° 11 - DOMENICA 13 MARZO 2022

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ANTONIO BOTTA INTERVISTA AL PROF. ALDO BOVA, PRESIDENTE NAZIONALE DEL FORUM DELLE ASSOCIAZIONI SOCIOSANITARIE

“VA SVILUPPATA LA MEDICINA DEL TERRITORIO, SOPRATTUTTO PER I PIU’ FRAGILI”

Ringrazio il prof. Aldo Bova, per la immediata disponibilità a concedere l’intervista. In pensione dal 2013, è stato Direttore dell’Unità Operativa complessa di ortopedia e traumatologia e poi anche capo del Dipartimento chirurgico del San Gennaro. Nel 2014 ho cominciato a lavorare alla clinica Santa Lucia di San Giuseppe Vesuviano, occupandosi della terapia del dolore con la radiofrequenza. Ha trattato oltre 4.500 pazienti, di cui l’80% ha avuto dei buoni risultati. E’ membro da oltre 40 anni dell’Associazione Medici Cattolici Italiani e presiede il Forum delle associazioni sociosanitarie Gli ultimi dati riguardo all’andamento della pandemia rivelano una lenta, ma progressiva fase di riduzione del numero dei positivi con minore pressione sulle strutture ospedaliere e sulle terapie intensive. A suo parere, si può cominciare a parlare di graduale e de-

finitiva liberazione dal virus malefico o dovremo stare ancora in allerta ? A mio parere, come medico e come cittadino che vive il sociale, la pandemia va allentando la morsa. I soggetti positivi vanno riducendosi nel numero, la pressione sulle strutture ospedaliere va riducendosi. Questo è un fatto di grande positività per vari motivi. Innanzitutto perché la malattia virale si allontana e con essa si allontanano occasioni di morte, di malattie serie, di problematiche serie post Covid, di difficoltà di vita relazionale, di occupazione notevole di spazi di cura, di spese enormi, di impegni eccezionali del Sistema Sanitario. Con l’allentarsi della pandemia i pazienti che vengono seguiti normalmente in ospedale per malattie neoplastiche, metaboliche, cardiovascolari, reumatico - degenerative potranno accedere normalmente in ospedale ed essere stu-

Negli ultimi mesi stanno vivendo sia i medici di base che i pediatri di famiglia momenti di notevolissima difficoltà per il sovraccarico di lavoro burocratico caduto sulle loro spalle. Sì alle terapie palliative, anche domiciliari, no alla decisione di togliersi la vita.


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4 diati, seguiti e curati con serenità. Si riprende normalmente l’attività lavorativa nei vari settori, l’attività sociale, l’attività culturale, turistica con tutte le conseguenze benefiche per il dinamismo sociale teso fra l’altro all’OneHealth Lei non ha vissuto sul “campo”, ossia in ospedale, l’emergenza pandemica perché è andato in pensione nel 2013 dopo essere stato Direttore dell’Unità Operativa di ortopedia e traumatologia e poi anche capo del Dipartimento chirurgico dell’ospedale San Gennaro di Napoli. Tuttavia, ha avuto modo di contattare i colleghi e, inoltre, ha lavorato dal 2014 presso la clinica S. Lucia di San Giuseppe Vesuviano. Quale lo stato d’animo dei medici, quali le loro condizioni di lavoro? A quali drammi hanno dovuto assistere? Dal gennaio 2014 ho lasciato l’ospedale San Gennaro di Napoli, avendo raggiunto gli anni per andare in pensione. Ho continuato e continuo a lavorare normalmente. Mi sto occupando molto della terapia del dolore osteoarticolare cronico con la radiofrequenza, con cui riesco ad avere degli ottimi e lusinghieri risultati, approcciando il paziente nella sua realtà olistica ed instaurando un buon rapporto medicopaziente, che è indispensabile al fine di fare valide diagnosi e di ottenere risultati validi. Anche essendo il Presidente nazionale del Forum delle associazioni sociosanitarie, che ha undici componenti, ho relazioni continue con medici, infermieri, fisioterapisti ed altri professionisti del mondo della salute. I medici e le altre figure sanitarie hanno vissuto i due anni del Covid con grande difficoltà. Soprattutto coloro che hanno vissuto nelle strutture dedicate al Covid, perché sono stati in contatto con ammalati seri, serissimi

e gravi, vedendo nelle terapie intensive vari morti e correndo rischi personali di infezione, ma anche di sfiancamento fisico e cosa molto più grave, psichico. Grande disappunto per quei medici di strutture pubbliche, che non hanno potuto seguire gli ammalati cronici con problematiche varie, che hanno necessità di essere seguite. Sono avvenute in questo periodo del Covid tante morti di persone che hanno evitato le cure in ambiente ospedaliero per paura del Covid o si sono trascurate per non poter, né voler accedere agli ospedali. I medici di famiglia hanno vissuto nel pieno sviluppo della pandemia momenti di grande sovraccarico di lavoro e di grande rischio. Negli ultimi mesi stanno vivendo sia i medici di famiglia che i pediatri di famiglia momenti di notevolissima difficoltà per il sovraccarico di lavoro burocratico caduto sulle loro spalle. In che modo, a suo avviso, va potenziata la medicina di base? Credo che la medicina del territorio debba avere un rilancio ed uno sviluppo notevole, avendo al centro la figura del medico di famiglia e gli ospedali di

comunità . Bisogna creare la mentalità secondo la quale la prevenzione e la cura della maggior parte delle patologie croniche vengano studiate, affrontate e seguite sul territorio, lasciando gli ospedali a servire le emergenze serie e le patologie grosse e complesse . Bisogna che i medici di famiglia vengano ben formati e ben motivati per il loro importante lavoro, anche economicamente. Sul territorio va sviluppata la terapia del dolore cronico e vanno sviluppate le cure palliative a domicilio con medici competenti e dotati di umanità. In base alla sua proficua e ottima vita professionale, quali sono i punti forti e quelli deboli della sanità campana. La pandemia è stata gestita bene nella nostra regione? Credo che la sanità campana è qualitativamente messa bene per una buona qualità del personale medico ed infermieristico. Vanno migliorate varie cose sotto il profilo organizzativo. Le ASL ed i Distretti affrontano varie questioni importanti a pelle di leopardo. Vi è un ridicolo ed inconcepibile atteggiamento diverso dinanzi a questioni di grande importanza . La dirigenza delle ASL deve sapere che il SSN deve imparare ad avere al centro della propria attenzione, non se stesso, ma la Persona ammalata. Il SSN deve uscire dalle sue mura ed andare incontro all’ammalato, deve andare a cercarlo, scovarlo, studiarlo e servirlo. Parlo specialmente delle persone più deboli e più fragili. Visto che é impegnato da oltre 40 anni nell’Associazione Medici Cattolici Italiani, in quali casi, se per lei vi sono, consentire il suicidio assistito” Relativamente al Referendum sull’omicidio del consenziente il Forum delle


DOMENICA 13 MARZO 2022 Associazioni sociosanitarie, che presiedo, ha partecipato alla costituzione di un Comitato per combatterlo ed è stato felicissimo per il fatto che non è stato ammesso, grazie alla decisione della Corte Costituzionale. Per quanto riguarda la proposta di legge presente in Parlamento sulla eutanasia noi come Forum siamo contrari alla sua approvazione. Per noi la vita è un dono, è degna sempre e non è ammissibile decidere di togliersi la vita o di aiutare il suicidio del consenziente. Riteniamo invece che bisogna favorire tutte le condizioni, affinché un paziente ammalato e in cammino verso il termine della vita abbia la disponibilità diterapia del dolore a domicilio e, se necessario, medici palliativisti bravi e abbia anche la vicinanza della famiglia… Stiamo vivendo un momento terribi-

5 le per l’attacco bellico della Russia all’Ucraina. Qual è il suo commento al riguardo? E’ davvero un momento triste quello che stiamo vivendo. Nel 2022, nel momento in cui la pandemia da coronavirus va allentandosi, ci cade in testa una tegola terribile, per la decisione folle di Vladimir Putin. La Russia con la mentalità folle imperialistica del suo capo indiscusso e dittatore attacca il territorio del popolo fratello dell’Ucraina per annetterlo o comunque renderlo suo subalterno. Il fatto grave è che ad oggi, 7.3.2022, sono già state ammazzate migliaia di persone e fra queste bambini. Persone della società civile, inermi, che fra l’altro non c’entrano niente con le decisioni politicoistituzionali. Stanno distruggendo varie città e si apprestano a prendere la capitale Kiev, che ha un grande valore per la

religiosità e per la storia russa. Gli attacchi militari della Russia, effettuando bombardamenti su tante città e portando distruzione e morte, hanno creato un esodo dall’Ucraina di circa un milione e mezzo di persone, portatesi in Europa. Si pensa da parte di alcuni analisti che si potrebbe arrivare a 5 milioni di profughi ucraini. Parliamo di donne, bambini, vecchi e persone ammalate. Si sta creando un clima di tensione in Europa e nel mondo inaccettabile. Anche dalle pagine di questo giornale parta un appello per Putin, affinchè ponga fine alle azioni belliche e affinchè favorisca la pace. Parta da questo giornale anche l’appello a tutte le persone innamorate di pace e con spirito di solidarietà e di carità per dare aiuto alla popolazione ucraina nelle varie e diverse condizioni di difficoltà, in cui si sta trovando.

MARIA CRISTINA ORGA

IO RACCONTO STORIE magazine

COVID 19: LA BATTAGLIA NON È ANCORA FINITA

Sembra ieri, eppure sono passati già due anni dall’inizio della pandemia da Covid 19. Dalle prime settimane di smarrimento tanto è cambiato, enormi passi ha fatto la scienza per dotarci di armi sempre più efficaci contro un virus formidabile nella capacità di reinventarsi e diffondersi che ha annichilito il genere umano, impreparato ad affrontare un nemico invisibile quanto micidiale. Dal lock down all’abitudine alle mascherine, dalla DaD alla rinuncia a baci, abbracci e assembramenti, la vita di tutti si è riallineata in coda alle farmacie in attesa di un tampone e comunque su binari di maggiore sobrietà esistenziale, forse, raggiungendo però livelli di diffidenza, sospetto sociale, nevrosi, frustrazioni e anaffettività preoccupanti. L’ansia repressa che coglie pretesti per esplodere in gesti spropositati, l’incertezza verso il futuro, le crisi economiche, sociali e familiari, effetti collaterali di una pandemia di cui nessuno aveva memoria e di cui nessuno sentiva la mancanza, hanno peggiorato la vita di tutti e l’aver o meno vissuto anche l’esperienza diretta della malattia non ha facilitato le cose. C’è di buono che intanto la scienza non è stata a guardare e ha immediatamente affilato le armi per combattere il nuovo

invisibile nemico, sperimentando vaccini e terapie in tempi record e con risultati di contrasto alla diffusione della malattia veramente straordinari. Molti gli scienziati anche napoletani e italiani che sono scesi in prima linea contro il Covid 19 fin da subito, grazie ai quali il Coronavirus fa tremare i polsi al solo nominarlo decisamente meno. Neanche il tempo di rallegrarcene ed ecco che all’orizzonte si è profilata subito un nuovo terribile incubo: lo spettro della guerra che ha investito col suo alito di morte e distruzione l’Ucraina invasa pretestuo-

samente dalle armate russe, che sibila all’orecchio dell’Occidente minacce di guerra totale e certezze di crisi economica e sociale senza precedenti. Davanti alle distruzioni operate dalle bombe e all’esodo biblico dei profughi ucraini che tentano la fuga dalla catastrofe, il virus, la cui curva di contagi e di letalità sembra essere finalmente in calo, non fa quasi più notizia, ma fa senz’altro ancora danni. ma una cosa è certa: la guerra al Covid 19 non è ancora finita, come ci conferma il professor Ivan Gentile, infettivologo, docente ordinario di Ma-


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La tragedia della guerra scatenata dalla Russia di Putin in Ucraina, la catastrofe umanitaria dei profughi che tentano di sfuggire all’orrore bussando alle porte dell’Europa e la drammatica crisi energetica che sta travolgendo le economie dei Paesi UE vanificando i timidi segnali di ripresa, il moderato calo dei contagi registrati nelle ultime settimane, ottenuto grazie ai vaccini e a nuove terapie efficaci e sicure, hanno distolto l’attenzione dalla pandemia, ma la guerra al Coronavirus non è ancora finita. A che punto siamo nella lotta alla pandemia? Ne parliamo con il professor Ivan Gentile, infettivologo, docente ordinario di Malattie Infettive presso AOU Federico II e direttore dell’UOC di malattie infettive del II Policlinico di Napoli

lattie Infettive presso AOU Federico II e direttore dell’UOC di malattie infettive del II Policlinico di Napoli. Professor Gentile, tante sono le domande che chiedono risposta sull’attuale situazione Covid nel nostro Paese: quali sono le mutazioni in corso e i quadri clinici che ne conseguono, quale la situazione negli ospedali, anche relativamente all’accesso alle terapie e agli interventi ordinari e straordinari non covid correlati, quali le nuove terapie e la ricaduta della possente campagna vaccinale realizzata? A proposito di vaccini, cosa pensa del Novovax? Sarà in grado di convincere gli acerrimi No Vax a cambiare idea? E ancora: quanto la guerra in Ucraina e la situazione dei profughi può intrecciarsi con il quadro pandemico generale e complicarlo ulteriormente? Siamo oramai nella fase decrescente della quarta ondata di contagi da un paio di settimana e ci avviamo verso la valle dei bassi numeri, anche se al momento i casi sono ancora tanti. Ora in ospedale ci sono due categorie di pazienti: quelli che abbiamo visto fin dall’inizio della pandemia che arrivano con polmoniti gravi che necessitano di ossigenoterapia che però al momento sono una minoranza e sono o persone non vaccinate, o vaccinate ma con un’importante serie di co-morbilità che li rendono estremamente fragili e deprimono il loro sistema immunitario, per cui anche l’efficacia del vaccino su di loro è purtroppo minima. Poi ci sono quelli che hanno tampone positivo, ma non malattia Covid, al momento la maggioranza, che sono in ospedale per altri motivi: persone che fanno chemioterapia, o trasfusioni continue per problemi onco-ematologici e/o chirurgici, che vengono comunque ricoverati nel mio reparto di malattie infettive. Questo cambio di scenario deve però farci riflettere, perché oggi la malattia è cambiata rispetto a due anni fa, sia perché, per le varianti, è un virus diverso, sia perché abbiamo imparato a conoscerla e a curarla meglio con vaccini e farmaci. Dobbiamo cambiare un po’ la prospettiva: il mio approccio sarebbe diverso. Sarei dell’idea per capirci, che il paziente con tampone positivo che deve fare chemioterapia resti in oncologia in una stanza in cui possa essere isolato in quanto positivo e seguito dai colleghi del reparto, così come un paziente fratturato e l’infettivologo va nei reparti a fare le consulenze per gestire

le terapie antivirali ecc. Questo comporterebbe una gestione migliore della situazione. Credo che questo sarà il futuro: normalizzare il nostro approccio verso Covid e considerarla un’infezione respiratoria tra le tante, che possono essere più o meno gravi a seconda del soggetto, perché oggi disponiamo di conoscenza della malattia e di armi di prevenzione e di trattamento che fanno sì che il Covid possa essere gestito come le altre malattie. Ci vorrà un po’ di tempo, ma ci arriveremo. Intanto la malattia non deve più farci paura quanto uno o due anni fa, perché sappiamo bene in quali persone la malattia diventa grave, sappiamo come curarla, abbiamo vaccini e terapie, tra cui anche dei nuovi monoclonali che si fanno in profilassi a persone che non rispondono al vaccino. Monoclonali come profilassi? Questa è davvero interessante! Sì. Da pochi giorni in Italia questa è una cosa che apre nuovi scenari. È una conquista molto importante. L’idea è questa: somministrare direttamente gli anticorpi monoclonali a persone non vaccinate, oppure vaccinate ma che non producono anticorpi perché immunodepressi, trapiantati, o in chemioterapia, o affetti da AIDS. Si somministra il monoclonale come se fosse un vaccino, però con la differenza che, mentre il vaccino dà un’immunità attiva, cioè ha bisogno di un organismo che produce anticorpi contro la malattia, questo farmaco dà un’immunità passiva, cioè fornisce direttamente gli anticorpi per un periodo molto lungo, infatti basta un’iniezione ogni sei mesi. Il costo ovviamente è estremamente più alto dei vaccini, quindi vanno somministrati solo ai fragili, ma offrendo loro una sorta di barriera contro la malattia, cambia loro decisamente la vita in meglio. Uno scenario impensabile fino a pochi mesi fa. L’efficacia di questa strategia è simile a quella del vaccino e si aggira intorno all’80%. Questa novità completa lo scenario: abbiamo la profilassi con i vaccini che funziona benissimo anche se non sempre: in questi casi abbiamo il monoclonale in profilassi. E poi ci sono quelli che comunque si infettano, o perché non vaccinati, o perché sebbene vaccinati sviluppano malattia grave o possono svilupparla perché in una piccola percentuale, come detto, i vaccini possono non essere efficaci e abbiamo anche i farmaci. Ci sono oggi antivirali mirati che somministriamo alla Federico II, che somministriamo ai fragili


DOMENICA 13 MARZO 2022 che possono progredire verso la forma severa della malattia. Anche se le persone si infettano, quindi, oggi la paura è minore, perché questi farmaci riducono fortemente la progressione delle complicanze. In particolare, i monoclonali che si danno ai pazienti fragili nella prima settimana di malattia, quando il virus sta premendo i grilletti che nella seconda settimana innescano il danno grave. I monoclonali bloccano il virus e con lui la possibilità di andare incontro a polmonite o a necessità di ospedalizzazione e rischio di morte. Ci sono anche dei vantaggi per la collettività, perché si decongestionano gli ospedali, che è il vero problema che ha portato il Covid, perché quasi non si riesce a fare altro. Tra i farmaci molto efficaci abbiamo due antivirali orali che agiscono su due punti diversi della replica virale e potenzialmente possono anche essere associati: uno è un inibitore della proteasi, che è un enzima chiave della replica del virus, l’altro invece agisce sulla polimerasi del virus, cioè sull’enzima che fa replicare il virus e sono entrambi in compresse. Alla Federico II abbiamo fatto questo tipo di percorso: alle persone fragili positive ma in fase precoce che possono sviluppare in forma grave la malattia e che ci vengono segnalate dai colleghi di altri reparti e hanno ad esempio diabe-

7 te scompensato, o patologie epatiche o oncologiche, noi diamo questi antivirali orali e le mandiamo a casa. Addirittura abbiamo creato un servizio di ambulatorio per il Covid: le persone in condizione di fragilità, possono farsi fare una richiesta per visita ambulatoriale per Covid dal loro medico e poi venire da noi inviando una mail all’indirizzo dei monoclonali. È previsto un “percorso pulito” per pagare il ticket tramite una app o con bonifico e poi viene da noi in ambulatorio in “percorso sporco”, cioè percorso Covid: gli diamo i farmaci, se ne ha bisogno e lo mandiamo a casa. Così i pazienti fanno a casa il decorso e la convalescenza della malattia. Sì, perché i farmaci riducono l’evoluzione in forma severa e noi poi li sorvegliamo telefonicamente ogni giorno, per monitorare il decorso. Nei rari casi in cui ci sia bisogno garantiamo il ricovero, di cui finora ha avuto bisogno un solo paziente estremamente fragile. Al momento è in ossigenoterapia e sta andando bene. Relativamente agli altri farmaci, dei monoclonali in uso lo scorso anno uno solo si è salvato perché funziona su Omicron, mentre gli altri hanno perso di efficacia, e poi c’è il Rendesivir che è efficace su tutte le varianti perché agisce sulla polimerasi, cioè sull’enzima che fa replicare il virus. L’unico

problema è che si somministra per via endovenosa per tre giorni consecutivi; quindi, alcuni pazienti possono trovare scomodo venire per tre volte, ma noi stiamo acquisendo esperienza su quali farmaci utilizzare in base alle situazioni e alle esigenze dei pazienti. La cosa bella è che gli approcci terapeutici si possono anche combinare: abbiamo avuto un paziente con trapianto di midollo, che non aveva più cellule ed era nella fase in cui doveva poi reimpiantare le cellule staminali e aveva le difese immunitarie azzerate, che ha preso il Covid. Abbiamo associato monoclonali e Rendesivir e non ha sviluppato forma grave, ma è guarito dal Covid. Abbiamo tante armi oggi, ma dobbiamo pensare che la pandemia esiste e ancora esisterà. Diventerà probabilmente un’endemia con andamento costante e fasi epidemiche legate alle stagioni fredde e dovremo considerarla una delle tante malattie che ci sono, perché oramai con tutta la diagnostica, l’esperienza clinica e i farmaci che abbiamo, sappiamo come gestirla senza allarmarci troppo per ogni tampone positivo come era giustificabile all’inizio. Ottima notizia! Intanto però i comportamenti sociali sono stati “distorti” e sarà difficile ricondurli ad una condizione “fisiologica”, se comunque


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8 in autunno torneranno mascherine, distanziamenti e diffidenza. Questo è vero. Il Covid non sparirà dall’oggi al domani, quindi ci saranno ancora le mascherine, abbracci e baci dovranno aspettare, ma la malattia piano piano regredirà e accadrà come un secolo fa con la Spagnola, quando le persone giravano con la mascherina negli anni dell’epidemia e poi ce ne siamo dimenticati. Sicuramente le mascherine saranno prima tolte all’aperto e poi magari al chiuso, riprenderanno i contatti sociali e torneremo allo stato pre-pandemia. Lei immagina una ciclicità dei richiami vaccinali? Sì, è possibile. Dipenderà molto da un fattore imprevedibile: le varianti. Abbiamo avuto varianti diverse, sempre più contagiose, ma talvolta, come Omicron, meno patogene. Dipenderà un po’ da come il virus evolverà: l’idea è che le varianti si selezionano sulla base della capacità di replicare e della patogenicità. In genere si seleziona il virus meno patogeno che non uccide l’ospite… E quindi lui sopravvive! Infatti. È un vantaggio. La capacità di replicarsi però è comunque pericolosa, perché colpendo tantissimi individui riesce ad arrivare ai fragili che sono quelli che poi stanno male. Dipenderà quindi da questi fattori: se una variante più contagiosa di questa prenderà il sopravvento, sicuramente si dovrà ricorrere ai richiami vaccinali, se sarà più o

meno letale e più o meno patogena non lo sappiamo. Se poi evolverà come altri coronavirus in raffreddore, non ci sarà bisogno di vaccinarsi. Cosa pensa di chi continua a rifiutare il vaccino? Riuscirà il Novavax a convincere i più ostili? Io non condanno nessuno, però questa è una scelta egoistica. Ci sono persone intransigenti ideologicamente e con loro non c’è niente da fare, ce ne sono altre che con una adeguata campagna di informazione potrebbero essere convinti. Da qualche settimana sto conducendo uno studio su questo: ho preparato un questionario per le persone non vaccinate che poi si sono dovute ricoverare nel mio reparto ma anche in tutti gli altri reparti di malattie infettive della Campania. Tutti i colleghi hanno aderito e stanno somministrando i questionari ai no vax finiti in ospedale. Le domande non tendono a giudicare, ma a capire perché un numero considerevole di persone non si vaccina e se l’esperienza che hanno fatto in ospedale poteva far cambiare loro idea. Viene considerata anche la scolarità, le variabili sociologiche, ma anche il grado di severità della malattia, per confrontare il “pentimento” eventuale con la gravità della malattia. Questo potrebbe farci capire qualcosa sulle dinamiche dei No Vax. Io penso che forse da solo il vaccino non ce la fa a convincerli: ci vorrebbe una campagna di informazione per spiegare loro che, come ci si vaccina per l’influenza,

così si dovrebbe fare anche per il Covid. Molto interessante! Quando pensa di avere i risultati, così la disturbo di nuovo? Spero prima dell’estate. Allora si prepari a risentirmi! Un’ultima cosa: guerra in Ucraina e Covid. Purtroppo in Ucraina e in Russia la copertura vaccinale è estremamente bassa, intorno al 30%, quindi la guerra non fa altro che accentuare il problema. Ovviamente per i profughi si provvederà a vaccinare e a sequenziare per scongiurare il proliferare di nuove varianti, ma saremo per forza di cose in ritardo rispetto ad eventuali nuove varianti che scopriremo solo dopo che si saranno diffuse. La guerra è l’antitesi della vita e io lavoro per salvare vite. La guerra invece peggiora anche questo scenario e complica la lotta al Covid. Dobbiamo accogliere tutti quelli che scappano dalla guerra, ma dobbiamo fare i tamponi e sequenziare le varianti per sapere se c’è qualcosa di diverso da Delta e Omicron che può creare nuovi problemi. Il virus cambia continuamente e non tutte le mutazioni danno origine a varianti significative, però è necessario sequenziare e mettere i risultati in banca dati per non farsi trovare impreparati. Dove c’è alta circolazione di virus c’è maggiore probabilità di mutazioni, ma questo vale per ogni dove, non solo per l’Ucraina. Il sequenziamento è sempre importante, perché più si conosce il nemico meglio lo si combatte.


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CHIARA D’APONTE

COVID IN GRAVIDANZA: COSA FARE? LO ABBIAMO CHIESTO AL DOTTOR FONTANELLA

Gli occhi e le attenzioni del mondo in questo momento sono rivolti, per ovvi motivi, altrove. Anche se se ne parla pochissimo però il COVID è ben lungi dall’essere sparito. Proprio in questi ultimi giorni i contagi stanno tornando a salire e gli ospedali stanno piano piano ricominciando a riempirsi. Mai come in questo momento dunque la guardia dovrebbe essere alta onde evitare di essere contagiati. Ma se questo fosse inevitabile e se si dovesse contrarre il virus durante la gravidanza? Una donna incinta positiva corre più rischi rispetto al resto della popolazione? Il feto può correre rischi? Di questo e di tanto altro abbiamo parlato con il Dottor Antonio Fontanella, ginecologo, che opera presso l’Ospedale di Frattamaggiore. Potrebbe spiegarci in che modo agisce il COVID in una paziente incinta? Quali sono i rischi per la gestante e per il feto? Il virus può trasmettersi in maniera verticale e cioè da madre a figlio? In base alle conoscenze attuali si sa che le gestanti affette da covid in forma lieve, in linea di massima, non riporteranno gravi danni per se stesse e per i propri figli. Il discorso cambia se invece la gestante sviluppa una forma grave di covid. In linea generale possiamo poi dire che le gestanti affette da covid hanno maggiore probabilità di sviluppare difficoltà respiratorie rispetto al resto della popolazione. Si ha poi maggiore rischio di parto pre termine, specie con le gestanti che sviluppano forme gravi della malattia e che sviluppano polmoniti. In alcuni casi è stato necessario effettuare tagli cesarei prima della trentaseiesima settimana di gravidanza. Contrarre il virus in gravidanza, poi, potrebbe comportare anche un ritardo di crescita intrauterino del feto (I.U.G.R.) e morte intrauterina. La trasmissione verticale è possibile ma è un evento molto raro. L’unico presidio efficace contro la malattia è la vaccinazione che è estremamente sicura in gravidanza. Invito le donne che ancora non lo hanno fatto a vaccinarsi con un vaccino a Mrna messaggero (insomma i vaccini come il Pfizer). Ripeto, dal secondo trimestre in poi, è estremamente sicuro.

Per quanto riguarda il trattamento della malattia? Chi ha sintomi lievi può tranquillamente restare a casa ed aspettare di negativizzarsi. Se si hanno difficoltà a respirare invece è bene recarsi in ospedale. Il consiglio è, nel caso in cui la gestante si ritrovi a dover stare a riposo per più giorni, di sottoporsi ad una profilassi di eparina a basso peso molecolare per evitare il rischio di trombo embolia venosa. E per quanto riguarda il parto? A livello psicologico in questi anni di pandemia è stato pesante per le partorienti non poter contare sul supporto della propria famiglia? Inizialmente si. Le partorienti sentivano la mancanza dei familiari e dei compagni. Poi però, devo dire, si sono abituate e, anzi, preferiscono di gran lunga essere sole (ma assistite in maniera egregia dal nostro personale) piuttosto che essere assalite ad ogni orario visita da una folla chiassosa di parenti! I protocolli attuali, almeno nel mio ospedale, prevedono che una volta arrivata in struttura la partoriente sia sottoposta a tampone rapido e molecolare prima di accedere al reparto. Stessa cosa per i padri: devono avere greenpass e tampone molecolare effettuato in giornata. I papà possono restare con le partorienti nei momenti salienti del parto e possono venire a trovare mamme e neonati una volta al giorno per un’ora. E’un sistema che abbiamo collaudato nel tempo ma che, devo dire, funziona molto bene. Ora vorrei tracciare con lei un bilancio di questi due anni di pandemia. Immagino che di pazienti gravide con

covid ne deve avere avute tante! Agli inizi della pandemia mandavo i casi più particolari direttamente al Policlinico che aveva un reparto dedicato alle donne incinte affette da Covid. Ma da quando, a fine anno scorso, è arrivata la variante Omicron posso dire che la quasi totalità delle mie pazienti abbia contratto il covid in gravidanza. Quello che ho potuto notare in questi due anni è un grande senso di paura nei confronti del vaccino. Non hanno tanto paura per sé stesse ma per i loro figli. Ma la vaccinazione, torno a ripetere, è sicura. Mi ha chiesto di fare un bilancio di questi due anni. Beh, io sento di essere stato in guerra. Abbiamo avuto difficoltà immense a svolgere in nostro lavoro. A inizio pandemia non eravamo pronti né preparati. Per molti mesi siamo stati esposti al pericolo perché il vaccino non c’era. Tantissimi medici hanno perso la vita. Quando poi è arrivato il vaccino noi medici avevamo copertura vaccinale ma le nostre pazienti no, il vaccino per le donne giovani sarebbe arrivato solo a primavera inoltrata. E, come le ho detto, purtroppo pochissime gestanti hanno accettato di vaccinarsi. Ricordo che qualche mese fa organizzammo all’ospedale di Frattamaggiore una giornata dedicata ai vaccini per le donne incinte ma non abbiamo avuto un gran riscontro. Posso poi raccontare che la variante Omicron ha fatto una vera e propria strage di gestanti durante le ultime festività natalizie. Perché Omicron è più leggera a livello di sintomi ma è una variante estremamente contagiosa. Le conseguenze sono state le seguenti: abbiamo dovuto ricorrere ad alcuni cesari d’urgenza, ci sono stati molti parti anticipati e, di conseguenza, molti bambini in Terapia Intensiva Neonatale perché un bambino nato prima della trentaseiesima settimana di gravidanza ha sempre qualche lieve difficoltà a respirare. Insomma, come le dicevo, noi medici siamo stati e siamo in guerra ma non ci siamo mai tirati indietro. Chi si rivolge a noi lo fa perché ha un problema e noi, anche se abbiamo paura, abbiamo giurato di curare gli ammalati e di non abbandonarli a loro stessi. La nostra è una vera e propria missione.


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10 GIOVANI ABRIOLA NOSTRO INVIATO IN UNGHERIA

LETTERA DALLA SPERANZA

Questo mio piccolo resoconto, del viaggio intrapreso per portare aiuti umanitari al confine con l’Ucraina, non vuole essere minimamente una corrispondenza dalla zona di guerra, bensì da una zona di speranza. Alle quattro e trenta di sabato 5 marzo, siamo partiti da casa io e Anton (Antonio), con la mia auto strapiena di ogni ben di Dio, per raggiungere una cittadina ungherese ad un paio di chilometri dal confine ucraino. Antonio è un ragazzo ucraino, figlio della mia compagna. E’ in Italia da quasi 5 anni, lavora come falegname, ma come quasi tutti gli ucraini sono laureati. Antonio infatti, è laureato in Giurisprudenza, e negli anni in cui studiava, aveva la carica di Sindaco,era il responsabile degli studenti dell’università di Sumy, sua città natale. Nei giorni precedenti la partenza, ero andato in giro a cercare di farmi prestare da amici, un furgone di nove posti, per portare all’andata più errate alimentari e nel viaggio di ritorno, trasportare in Italia un numero superiore di profughi, che potevo portare con la mia auto. Non avendo avuto fortuna nel trovarlo, ho optato per la mia auto. Come dicevo, nei giorni antecedenti il viaggio, ho raccolto tra i miei amici e parenti una cospicua somma di denari, poi un amico sacerdote, don Franco, mi ha messo a disposizione una buona parte di derrate alimentari. Venerdì mattina, mi sono recato in ospedale, per sottopormi ad un piccolo intervento al naso, di pomeriggio invece, sono andato a comprare altre cose da portare con me, latte, pappe, pannolini, detersivi, bende, siringhe, assorbenti per le donne e altro ancora. Quando siamo arrivati alla cassa, la somma che dovevamo pagare era più alta di quello che avevamo, ma la Provvidenza che io amo più di tutto, si è rivelata sotto le sembianze di una signora che aspettava dopo di noi il suo turno per pagare la sua spesa. Quando la signora ha ascoltato i nostri discorsi, mi ha chiesto, se non ci dispiaceva che la differenza la poteva mettere

lei, prima ci ha dato 20 euro e poi ha arrotondato il tutto a 30. Come puoi, non essere grato alla Provvidenza, che si manifesta in mille modi e con molte sembianze. Anche il cassiere, un meridionale che conosco, dopo averci accompagnato a fare la spesa, alla cassa ci ha regalato vari gadget da poter portare via. Arrivati a casa poi, io, la mia compagna Elena, ed una nostra vicina di casa, Tamara, anche lei ucraina, abbiamo riempito la mia macchina all’inverosimile, per la partenza da lì a poche ore dopo. Nel frattempo Antonio, da casa sua, si stava mettendo d’accordo con un uomo ungherese, ma con sangue per metà ucraino, affinché il giorno dopo, con il suo aiuto avremmo potuto scaricare le derrate alimentari, dove ce ne fosse stato più bisogno. Il viaggio, incominciato con il buio, si è svolto tranquillamente. Per la maggior parte ho guidato io, ma anche Antonio ha fatto la sua parte. Da Udine abbiamo preso la direzione per Gorizia, poi siamo entrati in Slovenia, con l’autostrada siamo passati tangenzialmente prima alle famose grotte di Postumia, e poi alla città di Lubiana, la capitale della Slovenia. Dopo ore di viaggio, dopo aver attraversato tutta l’Ungheria, compresa la sua

bellissima capitale Budapest, siamo arrivati finalmente a Nyìregyhàza, a casa di questo ragazzo di nome Alessandro. Ci siamo presentati, e ha voluto in tutti i modi farci salire a casa sua. Il suo palazzo popolare, è fatto a C, i corridoi sono enormi, e sugli stessi si affacciano molte porte, ognuna delle quali nasconde dietro di se un piccolo appartamento. Il suo è costituito da un piccolo ingresso, alla destra del quale c’è un bagno, alla sinistra una piccola cucina e di fronte all’ingresso un soggiorno con dei divani ed una culla. Ad attenderci c’erano i suoi due bambini di 7 e 2 anni, sua moglie invece, era intenta a prepararci dei sandwich e del caffè solubile. Ho dovuto accettare e mangiarne uno per non offendere la sua graziosa e giovane moglie, ho bevuto invece con piacere il caffè caldo, ci ha veramente ristorato. Scesi giù, ci ha indicato la strada per andare da sua zia, il paese si trova a circa 20 chilometri dalla sua cittadina. Reimpostato il nostro fidato navigatore, siamo arrivati a destinazione. La zia, già allertata in precedenza, del nostro arrivo, dopo esserci presentati, ci ha portato subito in una scuola elementare. Entrati nella palestra, abbiamo visto che era quasi piena di lettini da campeggio, con le coperte e i cuscini adagiati su ogni lettino. Ad attenderci c’erano una trentina di persone, in maggioranza donne, poi c’erano ragazzi e bambini. Dall’aspetto erano quasi certamente sinti. Abbiamo dato loro una parte del carico, fatto alcune foto, anche per poter dimostrare ai nostri benefattori dove erano andati a finire i loro aiuti e poi siamo andati via. Ci siamo rimessi in viaggio insieme alla nostra amica Beata, che ci faceva da guida con la sua auto e dopo circa 40 chilometri siamo arrivati nella cittadina di Zahony al confine con la città ucraina di Cop. Siamo entrati in una scuola e Antonio ha trovato un signore che parlava in ucraino. Stavamo facendo delle foto, quando si è


DOMENICA 13 MARZO 2022 avvicinato a noi con un viso arrabbiato un grosso signore, dal suo viso e dal suo modo di parlare non traspariva nulla di buono. Quell’uomo, si è messo a parlare con il signore in ungherese, il quale ha poi tradotto il tutto ad Antonio in ucraino, che sapeva parlare ucraino, Antonio poi, a sua volta me lo ha tradotto in italiano. La preoccupazione di quella montagna di uomo, era dovuta al fatto che, se una foto o un filmato fosse arrivato in mani sbagliate, i russi avrebbero potuto fare qualche atto di guerra o di sabotaggio nei loro confronti, mettendo a rischio così, la vita di molte persone. Avendo finalmente capito la problematica, e anche che quella struttura poteva essere un luogo sensibile, gli ho subito fatto capire che le sue paure non sarebbero mai diventate realtà, subito dopo ci siamo presentati e quella diffidenza ha lasciato il posto alla serenità. Nei minuti successivi poi, ho scoperto il nome di quel signore così imponente, è il Dr.Tilki Attila, ed è un parlamentare ungherese, da molti anni. Superato quello spiacevole malinteso, abbiamo fatto una foto insieme, tenendoci per mano e dandoci delle pacche sulle spalle, come dei vecchi amici. Dopo averci dato il via libera, ci hanno accompagnato a vedere le palestre trasformate in enormi camere da letto, tutto lo spazio era ricoperto con dei lettini da campo, con sopra delle povere coperte, per ripararsi dal freddo della notte. In una di queste camere, abbiamo incontrato una ragazzina con in braccio il suo

11 bambinetto, aveva poco più di vent’anni, insieme a loro c’erano le due nonne. Dei rispettivi uomini non c’era traccia, erano tutti rimasti in Ucraina a combattere per la difesa della propria terra, contro l’invasore russo, provenivano tutte dalla città di Charkiv. Il viso di quella giovane mamma, ci ha colpito, abbiamo subito chiesto, se potevamo farle delle foto con il bambino mezzo nudo in braccio. Mentre Antonio parlava con loro, sono andato in macchina, ho tirato fuori una scatola di buondì, una confezione di pennarelli e due piccoli block notes. Li ho regalati subito a quel piccolo bambinetto e in cambio ho ricevuto un bel sorriso. Anche la giovane mamma e le nonne mi hanno sorriso. La cosa che mi ha fatto sorridere, è stata quando il bambino ricevuto i pennarelli ha incominciato a dipingersi sulle braccia, la mamma poi, per farlo divertire ancora di più gli ha disegnato un piccolo sole sul pancino. Il volto, di quella giovane ragazza madre, mi è rimasto nel cuore e nella mente, il suo sorriso era velato di una malinconica tristezza. Forse quel viso malinconico, quegli occhi quasi spenti, quello sguardo perso nel nulla, era rivolto al suo giovane amore, al padre del suo bambino, a suo padre, e a suo suocero. Gli uomini importanti della sua famiglia, rimasti in Ucraina, a combattere per la propria terra, per la loro speranza in una vita migliore, forse non li avrebbe più rivisti vivi, però la vita, senza il dono della libertà, non può essere vissuta. Dopo aver salutato le signore, e accarezzato il bambino, mandandogli bei bacetti con la mano e ricevendoli a nostra volta da lui, siamo usciti, e ci siamo recati con l’auto a circa cento metri dalla scuola. Abbiamo trovato una struttura, che prima della guerra era adibita a varie arti, ora invece, nella sua interezza, era stata convertita, allo stoccaggio delle derrate alimentari, provenienti da zone limitrofe e da varie nazioni. La solidarietà la toccavamo con mano, c’erano tante persone, tutte intente a catalogare e selezionare le merci, che arrivavano di continuo, sembrava una corsa contro il tempo, era bello vedere la dedizione che mostravano quegli uomini, donne e ragazzi, nel fare il loro lavoro. Una volta scaricato la macchina, siamo andati anche alla stazione ferroviaria,

non molto distante da quella struttura. Anche in quel luogo, fervevano le attività di aiuto, sia per coloro che aspettavano nelle sale di attesa, sia per quelle che sarebbero arrivate da lì a poco. Tutti, erano intenti ad ascoltare l’arrivo di altri treni, che avrebbero scaricato in quella piccola stazione, altre persone, che con le loro poche cose, scappavano dalla guerra. All’ingresso, nell’atrio principale, c’erano delle ceste con panini e mele, un’altra signora invece, distribuiva del te caldo. Nelle sale attigue, erano stati organizzati stand con molti prodotti, tra i quali dolciumi, acqua, giocattoli, peluche di stoffa, vestitini, pannolini per bambini, calze e perfino assorbenti per donna. Fuori la stazione poi, c’erano delle tende per registrare i nuovi arrivati, e rispondere alle varie richieste di informazioni. Quella piccolissima parte di umanità, che si prodigava nell’accoglienza, nel dare solidarietà a persone mai viste, mai conosciute, che sicuramente non avrebbero più riviste, era sincronizzato alla perfezione, quel loro modo di accogliere quei diseredati era perfetto. In quei gesti di fratellanza, che ricevevano, i profughi, con quelle piccole borse strette fra le mani, e nelle quali avevano riposte tutte le loro vite, riuscivano ora, finalmente a rilassarsi. Quello spettacolo era sconvolgente, ma mi stringeva ancora di più il cuore, constatare che quel flusso di umanità, era composto per la quasi totalità, da donne e bambini. Si era fatto tardi, e dopo aver salutato Beate, siamo ritornati indietro nella cittadina Nyìregyhàza, dove Alessandro ci aveva prenotato un albergo per la notte. L’albergo era molto carino, e dopo aver preso possesso della camera, abbiamo avuto solo il tempo di una doccia e senza neanche cenare siamo crollati per la stanchezza, sui nostri letti. Alle sette ci siamo alzati e andati al piano terra a fare colazione. Abbiamo fatto un’abbondante colazione, e subito dopo siamo partiti. Nell’andare via, abbiamo notato che proprio davanti le nostre camere c’era un piccolo stagno molto carino, sul quale era stata costruita una piccola piattaforma forse per bere qualche aperitivo in estate. Per tutta la notte, il cellulare di Antonio era stato acceso, dovevamo aspettare una comunicazione da parte di Alessan-


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12 dro, ci doveva informare se le persone con cui era in contatto, avevano attraversato il confine, avremmo dovuto portarle con noi in Italia. Alessandro ci aveva telefonato, informandoci che non era più riuscito a mettersi in contatto con quei profughi, potevamo andare via. Dopo la telefonata, ci siamo guardati e abbiamo deciso all’unisono, di ritornare nella scuola, dove eravamo stati la sera prima. Appena arrivati, ci siamo imbattuti in varie donne che pulivano il pavimento, si sentiva nell’aria il profumo di detersivo. Abbiamo rintracciato il responsabile, il quale si è messo subito, alla ricerca di tutte quelle persone, arrivate di notte, e chiedere loro se dovevano andare in Italia e se volevano accettare un passaggio. Mentre il responsabile faceva la sua ricerca, ci siamo recati nella stanza della sera prima, per salutare di nuovo il bambino e la mamma, abbiamo purtroppo, dovuto constatare, che di quella famiglia, non era rimasto nessun componente, erano tutti partiti la notte. Dopo pochi minuti, è ritornato il responsabile, e ci ha comunicato che aveva trovato due donne che dovevano andare in Italia, erano madre e figlia. Pochi minuti dopo sono arrivate, erano imbacuccate nelle loro giacche a vento, si notava subito che erano stanche e provate da quella lunga traversata verso il confine. Ci siamo presentati, e i loro nomi sono Lidia la madre ottantenne, e Irjna la figlia. Mentre eravamo in macchina, la sorella residente in Italia, e con la quale dovevano ricongiungersi, ha richiesto di nuovo ad Antonio, di spedirgli un suo documento, per questa mancata fiducia nei nostri confronti, ci siamo un po’ arrabbiati. Subito dopo aver spedito il documento, le due donne avendo intuito la nostra contrarietà a quella richiesta, ci hanno

informato di quello che sta accadendo in giro, ci hanno raccontato, che in giro ci sono tanti sciacalli, che si approfittano delle donne per rubarle quel poco che sono riuscite a portarsi dietro. Mano a mano che il viaggio andava avanti, la fiducia delle due donne nei nostri confronti è aumentato, hanno incominciato a sciogliersi e Antonio si è messo a parlare con loro. Gli hanno raccontato varie cose, gli hanno detto che la mamma fino a due anni prima lavorava al comune del loro paese, rilasciava i passaporti, mentre Irjna, prima dello scoppio della guerra, era commessa in una gioielleria. Ci hanno raccontato, inoltre, che sono scappate prima in un paese vicino al loro, poi avevano preso un treno, una volta scese dal treno, hanno dovuto camminare per tre giorni a piedi. Non riuscendo a capire dove abitasse la figlia, abbiamo chiesto alla stessa di venire a Udine, davanti ala stazione ferroviaria a prendere le due donne. Siamo arrivati a Udine verso le 19,30 e dopo pochi minuti è arrivata anche la figlia. La scena, a cui abbiamo assistito, ci ha ripagato di tutta la nostra stanchezza. Gli abbracci insieme a fiumi di lacrime, che si sono scambiati, sono stati per noi, molto commoventi e struggenti. La figlia, tra le lacrime ci ha ringraziato e solo allora ci ha detto che stava arrivando da un paese vicino a Bassano del Grappa. Sia Irjna che Lidia ci abbracciavano e ci ringraziavano, Lidia dopo avermi abbracciato varie volte, ha cercato di prendere la mia mano per baciarmela, senza mai riuscirci. L’emozione mi stava sovrastando, non riuscivo più a trattenere le lacrime, ho fatto un gesto, che poteva sembrare maleducato, ho salutato in fretta e furia di nuovo tutti, dicendo che ci saremmo

rivisti quanto prima, subito dopo sono entrato di corsa in macchina. Senza farmi vedere da nessuno, ho pianto. Poi ho ripensato, a tutto quello che avevamo fatto, con l’aiuto della mia amica Provvidenza. La stanchezza e la tensione accumulate nei due giorni di viaggio, si erano sciolte, come neve al sole, nel momento in cui abbiamo assistito a quel ricongiungimento familiare. Quegli abbracci, così struggenti, così umidi di lacrime versate, ci avevano ripagati di tutto. Ieri (7 marzo) sia io che Antonio abbiamo ricevuto i ringraziamenti da parte di Irjna e della sua famiglia. Anche di tanti italiani e ucraini leggendo i miei post e vedendo le nostre foto, ci hanno ringraziato per quello che abbiamo fatto. Vorrei ringraziare tutti, ad uno ad uno. Vorrei dirgli anche, che abbiamo fatto solo ciò, che il nostro cuore, ci chiedeva di fare. Nella mia vita, ho visto tante brutture, bambini soldati in Uganda, armati con fucili più grandi di loro, cadaveri trattati alla stessa stregua di sacchetti di immondizia, buttati sui cumuli di spazzatura. Sempre in Uganda, mentre trasportavamo, con due autocarri, dei viveri, sono stato bloccato, da un gruppo di guerriglieri, e portato nel loro accampamento. Stavamo portando derrate alimentari con due autocarri alla congregazione dei Padri Bianchi, siamo stati bloccati da guerriglieri e portati nel loro accampamento. La nostra fortuna e stata, la fama che aveva presso di loro, il padre bianco che stava con noi, altrimenti non so, come e se, ne saremmo usciti indenni. In Polonia, ai tempi di Solidarnoc, siamo stati inseguiti dai russi, vestiti con


DOMENICA 13 MARZO 2022 uniformi polacche, solo per esserci radunati a pregare davanti a grandi croci di fiori su un sagrato di una chiesa. Ho visto poi in prima persona, le conseguenze dei bombardamenti in Siria. La popolazione atterrita, ad ogni strano suono, proveniente dal cielo. Ho visto poi, tanti bambini, crescere in campi profughi, farsi da soli i giocattoli con quelle poche cose che avevano a disposizione, giocare e ridere senza aver paura della guerra perché assuefatti. Neonati non avere il latte per potersi nutrire e crescere . Ho avuto la possibilità, di entrare in un ospedale di partigiani, situato all’interno di una collina, soldati che combattono per la libertà, contro l’esercito di Assad. Sono scappato insieme ai siriani oltre il confine, per andare in Turchia, dove non avrebbero più pensato ai bombardamenti e non avrebbero più sofferto la fame. Ho constatato di persona, senza nessun filtro mediatico, che la guerra a tutte le latitudini e longitudini,è una cosa schifosa, terrificante, barbara. Guardando la televisione, non ho mai trovato, in nessun documentario sugli animali, che parlasse di una guerra fra loro, di leoni contro le scimmie, di rinoceronti contro ippopotami. Noi umani li definiamo animali, io credo invece, che i veri animali siamo noi, che ci facciamo la guerra tra noi ammazzandoci per stupidaggini. Molte persone mi chiedono, perché vado o sono andato, in questi posti così pericolosi, chi me lo fa fare. Rispondo sempre, che se non lo facessi, non mi sentirei a mio agio con la mia coscienza, mi sentirei una nullità. Sono un piccolo uomo, credo fermamente in quello che faccio, so che posso fare solo piccole cose,piccoli gesti, sono convinto nel pensare, di non poter salvare il mondo da solo, però credo che possiamo e dobbiamo impegnarci, muoverci, fare qualcosa di concreto, di utile,

13 per cambiare le brutture del mondo, inventate dagli uomini. Voglio anche specificare, il motivo per il quale, mi muovo sempre da solo, ho paura per l’incolumità dei miei accompagnatori, se gli dovesse succedere qualcos, non me lo perdonerei mai. Dico anche che, non essendo uno scrittore, un divulgatore, un affabulatore, non riuscirei mai a portare avanti le mie tesi, i miei ideali. Quindi per parlare con le persone, e per avere un quadro abbastanza completo, io mi limito ad andare sul posto, mi immergo e assorbo il più possibile le emozioni che mi trasmettono quei luoghi, quelle scene che vedo, quella vita, vissuta da uomini diversi da me, quelle vite di privazioni e di stenti. Solo dopo questa immersione, e solo dopo essermi impregnato di tutto quello mi circonda, del visto e del vissuto, in quei determinati luoghi e popoli, che ho visitato, riesco a trovare le parole giuste, per emozionare chi mi ascolta. Si, sono convinto da sempre, che è l’emozione a muovere le coscienze, ecco perché mi piacerebbe essere un emozionatore. In questi giorni, mi sono domandato, come si potrebbe fermare questa guerra in Ucraina, senza far scoppiare un conflitto mondiale. Due domeniche fa, a Udine, durante la manifestazione in favore del popolo ucraino, in una piazza gremitissima di uomini, donne e bambini, mi hanno dato la possibilità di esporre qualche mio pensiero in merito. Una delle poche cose che avevo detto, era che i governi dovevano cambiare metodo e al posto di congelare i grandi capitali, le ville, gli aerei, i mega yacht, di Putin e dei suoi amici oligarchi, dovevano invece requisirli, e il ricavato spedirlo al popolo ucraino. Avevo detto anche, che come la guerra del Vietnam, devono essere i giovani a mettersi a capo di una rivoluzione paci-

fista, e riprendere in prestito la frase di una nota canzone: mettete dei fiori nei vostri cannoni. Un’altra idea, che mi frulla per la testa, sarebbe quella di chiedere ad Anonymus, di entrare nei siti russi, e far capire e vedere alla popolazione, ciò che sta avvenendo. Mi piacerebbe molto, bombardare le grandi città russe, con volantini sui quali c’è scritta la verità, dove ci fossero le foto dei bombardamenti, i civili trucidati dall’esercito russo. I sacrifici e l’eroismo del popolo ucraino, che si batte, quasi a mani nude contro l’invasore . Far vedere, al popolo russo, i loro figli, così giovani, morti per una guerra che non è la loro, ma di un dittatore assetato di potere. Se il popolo russo, venisse messo a conoscenza, di ciò che Putin sta facendo e i metodi che sta usando, per tenerli all’oscuro di tutto, come ad esempio: imprigionando i manifestanti pacifisti, mettendo il bavaglio ai giornalisti dissidenti, bloccando tutte le vie di informazioni, sono convinto che il popolo russo insorgerebbe subito, e finalmente detronizzerebbe, sperando senza ulteriori spargimenti di sangue. Sono giorni, che seguo le varie trasmissioni sulla guerra in Ucraina, e sento tutti parlare che avremo penuria di gas, di petrolio, ma non ho mai sentito parlare di coltivazioni. L’Ucraina è da sempre il granaio dell’Europa, è il maggior produttore mondiale di semi di girasole, ed è molto importante a livello globale di segale, orzo, colza e semi di soia. Mi domando, se i contadini sono al fronte, chi dovrà seminare, chi dovrà mietere il grano. Che il Signore, ci dia una mano. Spero di non avervi tediato molto, e concludo con: Viva il popolo UCRAINO, Viva sempre la LIBERTA’.

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MALDERA: “SONO IN CONTINUO CONTATTO CON I RAGAZZI DELLA NAZIONALE UCRAINA, DALLO SPOGLIATOIO ALLA GUERRA, CHE DOLORE!” ANDREA MALDERA HA LAVORATO FINO ALL’EUROPEO PER LA NAZIONALE UCRAINA, NELLO STAFF DI SHEVCHENKO

Andrea Maldera, match analyst e assistente prima al Milan, sia nel settore giovanile che in prima squadra, e poi all’Ucraina con Shevchenko, ci racconta l’intreccio di sentimenti che sta provando nel seguire la guerra. Andrea non parla solo con i suoi occhi ma con quelli dei calciatori e degli addetti ai lavori con cui è in contatto, che sono passati dal campo di calcio ai tristissimi scenari di questi giorni. Fino al mese di giugno hai lavorato in Ucraina, vivendo anche l’esperienza dell’Europeo. Quali sono i tuoi sentimenti in relazione alla guerra? “In questi casi il rischio di scivolare nella retorica è alto, oltre ai sentimenti di grande dispiacere proviamo ad immedesimarci nei cuori delle persone che sono sotto le bombe. Avendo lavorato in Ucraina, il mio coinvolgimento umano è maggiore in virtù dei tanti amici che ho da quelle parti. Penso alle persone spaventate, alle loro domande, alle paure che li attanagliano, alcuni sono in macchina da ore, senza corrente nelle loro case. Ci sono tanti calciatori della Nazionale che sono a rischio arruolamento, cioè possono passare in pochi giorni dal campo di calcio alla guerra, pensando a se e quando ci sarà la pace e potranno ripartire con il campionato ucraino” Hai contatti frequenti con tutti i cal-

ciatori della Nazionale Ucraina? Ci sono delle iniziative in cantiere? “Sì, tanti e frequenti anche con i calciatori che giocano all’estero. Loro vivono sentimenti contrastanti, provano rabbia perché vorrebbero essere in Ucraina ma non possono anche perché è sia brutto che giusto che la vita vada avanti. Devono lavorare, giocare per i propri club. Hanno attivato una raccolta fondi chiedendo a tutti di partecipare per un supporto materiale. Ho provato empatia anche per i sentimenti di Shevchenko, penso che avete visto il suo messaggio a San Siro prima del derby di Coppa Italia. Sheva ha la mamma e la sorella che hanno voluto rimanere a Kiev perché è dura andare via dalle proprie case, dai luoghi che ti appartengono, in cui hai sempre vissuto. Shevchenko era sconvolto, sofferente così come Yarmolenko, Yaremchuk. Cerco di aiutarli, mettermi a disposizione, ognuno di noi può fare qualcosa, anche solo denunciare quanto sta accadendo, le barbare violenze compiute ai danni di un grande Paese come l’Ucraina. Una nazione viva, culturalmente evoluta, basta pensare alle università, ai tanti giovani” Hai avuto anche dei contatti con De Zerbi e il suo staff prima che andassero via dall’Ucraina? “Sì, li ho sentiti nelle scorse settimane. Roberto è un esempio, un grande leader.

Non si tratta di eroismo, ha risposto alla propria coscienza, tanti giovani si sono affidati a lui, non se la sentiva d’abbandonarli andando via subito dall’Ucraina, appena era possibile. Mi ha raccontato che il momento più violento è stato il saluto ai ragazzi perché i calciatori ucraini sono “a disposizione” del loro Paese, praticamente tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni non possono lasciare l’Ucraina per cui potrebbero trovarsi a combattere. Roberto si è preso le sue responsabilità, ha fatto il massimo, in tanti probabilmente avremmo tagliato subito la corda e pensato a noi stessi. Erano in albergo con donne e bambini e, anche quando con il suo staff ha lasciato l’Ucraina, è riuscito a farlo con difficoltà nel viaggio” Durante la vostra esperienza in Ucraina avete avvertito delle tensioni che potevano a far pensare ad una guerra? “Le tensioni c’erano ma mai avremmo pensato che accadesse tutto ciò. Lo Shakhtar non gioca a Donetsk da molti anni, prima a Kharkiv, dove scese in campo anche il Napoli di Sarri, e poi a Kiev. Mariupol è una città confinante con la regione del Donbas, la trasferta da quelle parti era sempre a rischio ma ho vissuto un Paese che provava a reagire, crescere. Basta pensare che nel 2018 a Kiev si è disputata la finale di Champions League, mi viene in mente l’entusiasmo per le vittorie contro Portogallo e Spagna. Siamo stati anche orgogliosi del risultato di aver portato l’Ucraina ai quarti di finale dell’Europeo. Nessuno sa cosa succederà a club e Federazione, ci sarebbero anche i play-off per il Mondiale con la prima partita in Scozia a fine marzo. Il quadro sociale, politico, economico è pieno di punti interrogativi, il calcio è una piccola parte ma il nostro mondo. In questo momento, però, possiamo solo sperare che la guerra finisca al più presto possibile”


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DALLO SPORT ALLA GUERRA: IL TRISTE DESTINO DI TANTI ATLETI

Dalla spensieratezza dello sport alla follia della guerra, dalla bellezza di vivere del lavoro che si ama, per cui si sono compiuti tanti sacrifici al dolore di vedere la propria terra distrutta, alla morte. Ci sono tre atleti che in Ucraina hanno già perso la vita a causa di questa maledetta guerra: i giovani calciatori ucraini Vitalii Sapylo (21 anni) e Dmytro Martynenko (25 anni) e il campione di biathlon, Yevhen Malyshev, deceduto in combattimento ad appena vent’anni. Sapylo, ex difensore del Karpaty, era un comandante di carri armati ed è deceduto in una battaglia nei pressi di Kiev. Martinenko, invece, ha perso la vita insieme alla madre dopo che una bomba ha colpito la loro abitazione. Giocava nell’FC Hostomel e nella scorsa stagione era stato eletto miglior giocatore del campionato regionale. Lo sport è stato investito dalla guerra. Ci sono tanti racconti drammatici, come la fuga di De Zerbi e del suo staff che sono andati via dall’Ucraina

soltanto dopo aver assistito tutti i giovani calciatori, soprattutto i brasiliani dello Shakhtar Donetsk che sono riusciti a lasciare Kiev. Fonseca anche ha allenato lo Shakhtar Donetsk, era andato in Ucraina dalla figlia e ha spiegato tutte le difficoltà patite per andar via, gli scenari di guerra che ha attraversato. L’ex tecnico della Roma con la sua famiglia ha viaggiato per trenta ore in bus ma è uscito dall’incubo. “C’è una guerra in corso in Ucraina. Non è ‘un’operazione speciale’, ma una guerra cinica e crudele. Le città e i villaggi ucraini sono in fiamme, sotto i bombardamenti e le bombe. Missili dalla Russia e dalla Bielorussia volano contro edifici residenziali. L’ho visto con i miei occhi e quello che milioni di ucraini vedono ogni giorno. Questa è l’unica verità e non ce ne sono altre. Non credete se vi dicono che le bombe non volano sui civili. Volano, uccidono e distruggono. Non credete se vi dicono che il nostro governo è ‘nazista’”, la moglie di

Fonseca Katerina Ostroushko ha compiuto quest’appello nei primi giorni di questo conflitto. Ci sono tante situazioni legate allo sport: il Krasnodar, per le difficoltà economiche figlie della guerra, ha risolto il contratto di sette calciatori stranieri. L’allenatore della Lokomotiv Mosca Markus Gisdol si è dimesso e ha dichiarato: “Non posso lavorare in un Paese il cui leader è responsabile della guerra”. Lo Sheriff Tiraspol ha battuto in Champions League il Real Madrid al Bernabeu, meno di dieci giorni fa ha perso soltanto ai rigori contro il Braga in Europa League, il suo allenatore ucraino Yuriy Vernydub si è dimesso ed è andato ad arruolarsi per il suo Paese. Potrebbe essere il destino di altri sportivi perché qualsiasi ucraino tra i 18 e i 60 anni può prendere il fucile e combattere. Una vicenda che lascia un macigno sul cuore di tutti, soprattutto degli appassionati dello sport che è un veicolo di pace.

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SALUTE & BENESSERE

ROSSELLA PARLA DI CINEMA E TV CON MARIO AUTORE E FRANCO RINA

Particolarmente indovinato e di successo è stato l’incontro che la conduttrice Rossella Giaquinto ha organizzato nella sua ultima puntata di Salute & Benessere, il format in onda sulla rete web NanoTV che sta riscontrando un sempre crescente interesse da parte dei web spettatori e dei social con condivisioni che raggiungono un numero sempre maggiore di visualizzazioni. Motivo di tanto seguito è, oltre alla raffinata eleganza della padrona di casa, soprattutto la scelta accurata degli ospiti sempre di gran prestigio che Rossella porta virtualmente nel suo studio. Questa è stata la volta di un incontro che “ha fatto bene”non solo agli spettatori della trasmissione ma anche agli stessi ospiti che, ciascuno nelle sue competenze, ha mostrato grande entusiasmo nel confronto e nel dialogo con l’altro: ci riferiamo al giovane talentuoso attore napoletano Mario Autore, che ha interpretato – sul grande e piccolo schermo – la storica figura di Eduardo nel film del regista Sergio Rubini “I fratelli De Filippo” ed il giornalista lucano Franco Rina della redazione politica del TgLa7 e direttore di Cinemadamare, il più grande raduno mondiale di giovani filmmaker.Una grande passione per il cinema quella di Rina che, negli anni, ha contribuito a raffinare il suo profondo senso critico. È proprio per questo che l’incontro organizzato da Rossella è stato per lui l’occasione di parlare, per la prima volta, con Mario Autore, rico-

noscendogli doti attoriali di notevole spessore.Queste le parole del giornalista con cui parte l’intervista: “Rossella, io devo ringraziarti perché mi hai dato la grande opportunità di incontrare Mario Autore. Solitamente, fuggo dai film e le serie televisive perché, per quanto riguarda il cinema, li ritengo responsabili di un genocidio culturale. Invece questo film non mi sembrava italiano, mi ha catturato subito innanzitutto per la recitazione. Sono sicuro che Mario si è formato nel teatro perché l’interpretazione è stata da vero attore di teatro. Non è stata l’interpretazione di chi è passato dai tavolini di un bar molto famoso a Roma, in via Settembrini, dove si fa il cinema italiano, tra minigonne, sigarette, parolacce in romanesco. Perché purtroppo questo è il terreno su cui nasce il cinema a Roma e nel resto d’Italia. Per me guardare un film deve essere un’esperienza completa, estetica e per piacermi devono esserci attori veri. Tutto il resto è una forzatura che ha ammazzato il cinema. È��������������������������� ���������������������������� immediata per me la differenza tra il lavoro di Rubini e le altre serie che si vedono in TV per le quali provo un fastidio estetico: manieristi, attori inesistenti che parlano tutti allo stesso modo. Dobbiamo imparare a non accontentarci, né accontentare”. Per Mario Autore, magistrale interprete di un ruolo difficilissimo, la domanda di Rossella tocca un aspetto forse poco noto del suo curriculum.

Al di là della tua estrema preparazione, il fatto di essere laureato in psicologia ti ha aiutato ad entrare perfettamente nella parte? “Ma a parte la laurea, io sono un appassionato di psicanalisi e ovviamente tendo a portarmi nel lavoro questo metodo: mi aiuta a guardare il mondo e ad analizzare i conflitti in un certo modo. E se non c’è un conflitto io non credo in quel personaggio. Per rispondere al Dr. Rina, che ringrazio, confermo che vengo dal teatro, non avevo mai fatto televisione, né cinema, ed è stata la mia primissima esperienza. Non sono del tutto convinto che non ci siano altri percorsi possibili������������������������ : ci sono attori che reputo bravissimi e che il palco lo hanno visto abbastanza poco, però concordo che,soprattutto in Italia, gli attori sono una categoria lavorativa poco considerata come professionisti. In Inghilterra e in America non puoi avere un contratto di lavoro se non sei iscritto al sindacato, all’unione di categoria. In Italia chiunque può avere un contratto d’attore. Noi non abbiamo girato il film sapendo che andavamo su Rai Uno, ma per il grande schermo. Soltanto dopo lo abbiamo scoperto. Era evidente che non era un film realizzato direttamente per la televisione. La grande differenza, ad esempio con il cinema americano, con cui spesso facciamo paragoni, è dovuta al fattore economico: il budget con cui si fa un piccolo film in America è lo stesso con cui si fanno tre grandi film inItalia”. Il Direttore di rete, Maurizio Cerbone, in studio accanto a Rossella, interviene e chiede: quanto è stato complicato avere al tuo fianco protagonisti molto diversi tra loro come Giancarlo Giannini e Biagio Izzo? “Lavorare con tutti grandi attori, è stata una esperienza bellissima, infatti io lo considero un master, non un film. Ma poi è stato “facile”, perché è più semplice lavorare con attori bravi: lavori di meno, non devi faticare troppo, fingere o inventare nulla”. Un film ben interpretato da tutti, luci e musica ben calibrate, un lavoro tecnicamente ben fatto, ma il Dr. Rina solleva,


DOMENICA 13 MARZO 2022 rivolgendosi a Mario, solo un dubbio sulla figura di Peppino De Filippo da lui ritenuto un grandissimo intellettuale, straordinario, anche più di Eduardo che era molto più bravo come drammaturgo: “Peppino, è riuscito a fare una cosa che nella storia del cinema è accaduta soltanto a Stanlio e Ollio dove non si sa chi è la spalla. Nel film questa figura di Peppino viene un po’ ridimensionata. Mario, corrisponde alla realtà, mi sbaglio?” – Questa la risposta del protagonista del film: “Nel nostro lavoro non c’era assolutamente l’idea di far considerare Peppino come inferiore intellettualmente, ma sottolineare come fosse più vicino al pubblico, più amante della risata, anche più amato forse. Abbiamo puntato sul fatto che fosse semplicemente più orientato sulla recitazione, mentre Eduardo era orientato sin da subito verso la scrittura”. Mario, quanto ti sei sentito responsabile quando ti è stato assegnato questo ruolo? “La responsabilità l’ho sentita già dal provino. Eduardo è un personaggio mitologico, è epica, non è solo storia.

17 È una maschera, ed è impresso nella nostra cultura di base: molte delle sue battute, le usiamo noi nella nostra quotidianità, ha creato una lingua che non esisteva prima di lui. La prima cosa che ho fatto è cercare di evitare qualunque confronto possibile con lui, si perde a prescindere”. Franco, tu con Cinemadamare, un festival itinerante di cortometraggi, lavori con 48 università di cinema, sei giunto alla XX edizione con filmmaker provenienti da 40 Paesi del mondo. Napoli sta diventando un set a cielo aperto. Un’industria cinematografica come quella oltreoceano arriverà mai in Europa, in Italia? “Per me chi fa cinema ha una grande responsabilità. Andare al cinema non è solo un passatempo, ma è anche assistere a qualcosa di nuovo e di sorprendente. Quando il cinema comincia a fare manierismo non mi interessa più. L’arte non è mimetica, l’attore deve interpretare e non imitare. Siamo alla vigilia di un grande cambiamento mondiale, ma se ci sarà qualcosa di buono, gli uomini andranno dove ci saranno le idee

ANGELA CAPOCELLI

“MOSTRUOSI ACCOPPIAMENTI” E IL CENTENARIO DI PASOLINI

Il 3 Marzo 2022 si è tenuto alla Federico II di Napoli il primo incontro del seminario “Mostruosi accoppiamenti”. L’evento, a cura di Francesco de Cristofaro, Giovanni Maffei e Ugo Olivieri, si è svolto presso l’aula Piovani del Dipartimento degli studi umanistici, alle ore 15. Ospiti Massimo Fusillo e Claudia Cerulo, le opere commentate sono state “Opinioni di un clown” di Boll e, non a caso, “Petrolio” di Pasolini, dal momento che il 5 marzo si è festeggiato il centenario della sua nascita (5/3/1922). Il professore Francesco de Cristofaro ha aperto l’incontro definendo il nostro “un mondo in cui accadono troppe cose troppo tristi” in riferimento agli ultimi avvenimenti di cui tutti siamo al corrente: la guerra russa in Ucraina. Il discorso è proseguito con la spiegazione di “Opinioni di un clown’ effettuata da Claudia Cerulo che ha sottolineato l’attualità di quest’opera che, pubblicata nel 1963, lancia il messaggio della necessità di un confronto col passato (piuttosto che il superamento di quest’ultimo) per dei reali cambiamenti: un argomento piuttosto all’ordine del giorno, dal momento che nel 2022 ancora nel mondo si sente parlare di guerra; sembra che l’essere umano non impari mai dal proprio passato! Dulcis in fundo, Massimo Fusillo ha illustrato le caratteristiche di “Petrolio” di Pasolini, un’opera summa di vita e opinioni, quello che potrebbe definirsi un metaromanzo, in cui regna il tema del doppio come convenzione del romanzo borghese per rendere comunicabile l’incomunicabile: la frantumazione dell’identità. I prossimi incontri si terranno presso la medesima sede e tratteranno sempre di autori del secondo 900: il periodo del boom economico, durante il quale si assiste a palesi cambiamenti formali nell’ambito del romanzo.

migliori. Non c’è dubbio che Napoli è il centro di un umanesimo che non c’è da nessuna parte, il nostro paese in generale crea una suggestione unica, i ragazzi che vengono a Cinemadamare da tutto il mondo sentono questo richiamo quasi ancestrale. Filippo Scotti, ad esempio, il protagonista del film “È stata la mando di Dio”, è stato a Cinemadamare, anche un ragazzo iraniano che ha fatto a Sorrentino da cinema director lo ha conosciuto con noi. Cerchiamo quindi di stabilire un contatto tra quanti vivono di cinema, con le difficoltà che ci sono in tutto il mondo. Anzi, direi che in Italia è fin troppo facile fare un film”. Tra la pandemia, che non possiamo ancora considerare come debellata, ed il conflitto russo-ucraino che ci ha catapultato in un clima di timori e grandi incertezze, l’arte e la comunicazione fanno il loro corso. L’auspicio di Rossella, a fine intervista, di accomodarsi ad una tavola rotonda con i suoi ospiti è anche il nostro. Quando dialogano le competenze, si possono realizzare grandi cose. E non solo film.


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ANTONIO BOTTA MOSTRA ITINERANTE PER FAVORIRE L’ISTRUZIONE DEI BAMBINI SIRIANI DI ALEPPO

CON LA SOLIDARIETA’ IRROMPE NEL BUIO LA LUCE DELLA SPERANZA

INAUGURAZIONE GIOVEDÌ 18 MARZO, ORE 10,00, NEL LICEO “ELSA MORANTE”, SCAMPIA – NAPOLI “Siria, Una speranza nel buio”: è il titolo della mostra grafica itinerante organizzata nell’ambito del progetto “Tutti per la Siria – ritorno a scuola”, promosso a favore della città di Aleppo. L’iniziativa, organizzata dalle associazioni Gocce di Fraternità Aps, Vita e Valori, Pro Terra Sancta e dal Liceo Elsa Morante di Napoli (Scampia), sarà inaugurata il 18 marzo prossimo nell’Istituto scolastico predetto - viale della Resistenza, 25 - di cui è Dirigente la prof.ssa Giuseppina Marzocchella. Lo scopo della mostra è di raccogliere fondi da destinare alla Parrocchia Latina San Francesco d’Assisi (Aleppo – Siria), guidata da Fra Ibrahim Alsabagh (o.f.m) d’Assisi (Aleppo – Siria), il quale, com’è stato evidenziato nell’opuscolo del Progetto, ha riattivato “ una scuola elementare che ospita bambini vittime della guerra (orfani, bambini abbandonati o nati da stupri e rifiutati dalle madri) con la possibilità di ricevere vitto ed istruzione, nonché di essere assistiti da volontari nella loro crescita personale. Il progetto “Ritorno a scuola” prevede inoltre la possibilità di seguire da lontano i progressi di questi piccoli alunni divenendone padrini o madrine attraverso adozioni a distanza”. L’Evento, dunque, di forte pregnanza etica e solidaristica, nel quale è previsto anche l’intervento da remoto di Fra Ibrahim, vuole rispondere alla grave emergenza educativa presente in Siria, offrendo ai ragazzi l’opportunità di formarsi, di completare il proprio percorso scolastico e di guardare con speranza al proprio futuro. Al riguardo, il “Rapporto Unicef” del 15 marzo del 2021 sottolinea che “la

Siria sta ora affrontando una delle più grandi crisi dell’istruzione nella storia recente. Quasi 3,5 milioni di bambini siriani sono fuori dalla scuola, incluso il 40% delle ragazze. Quello che vediamo sul campo, è che le strutture scolastiche sono sovraccariche. Una scuola su tre in Siria non può essere utilizzata perché è stata distrutta, danneggiata, utilizzata come rifugio per le famiglie sfollate o viene utilizzata per scopi militari”. La guerra è una sciagura devastante per tutti, ma in particolar modo per i bambini, una insensatezza malvagia, un’assurdità diabolica che li colpisce in maniera spesso irreversibile, compromettendone la crescita fisica, psicologica, socio - relazionale. Le immagini dell’aggressione militare in Ucraina sono un’ulteriore, drammatica conferma di come le bombe, i missili, sempre più micidiali, distruggono, oltre alle case, città e infrastrutture, il mondo affettivo dei bambini, lacerando, come un uncino che s’infila e scava nel loro cuore, sogni, speranze, affetti. Le foto, affisse sui pannelli nella mostra del 18 marzo prossimo, mostreranno le conseguenze tragiche subìte spaventosamente dai bambini e dalle bambine nella storia drammatica della guerra civile in Siria dal 2011 ad oggi. Colpisce, facendo sanguinare il nostro cuore, una frase pronunciata da una bambina siriana di soli tre anni, estratta gravemente ferita dalle macerie, dopo i bombardamenti: “Quando morirò, racconterò tutto a Dio”. Ma lo strazio si può trasformare in forza d’amore, in sentimento di giustizia, in profonda empatia, mostrando mani tese e cuori aperti, per contribu-

ire, grazie all’iniziativa “Tutti per la Siria – ritorno a scuola”, a far fiorire la speranza nell’animo dei bambini siriani. “La mostra è itinerante” spiega il Presidente dell’associazione ONLUS “Gocce di Fraternità” Carlo Tucciello, “e durerà tutto l’anno 2022. Altri luoghi e città dove essa sarà esposta sono: Sessa Aurunca, Sant’Antimo, Aversa, Giugliano, Gaeta, Formia, Grumo Nevano, Carinaro, Casal di Principe, Caivano, Gricignano, Sant’Arpino, Cesa, Santa Maria Capua Vetere, Caserta, Napoli. Ai fini della raccolta-fondi sono allestiti presso la mostra stessa, piccoli stand con oggettistica varia, realizzata anche con materiali da riciclo, libri sul tema della guerra civile siriana, il Cd “Stringimi forte le mani”, promosso da Gocce di Fraternità, Carmine Di Luglio e Pro Terra Sancta”. Tra i libri sul conflitto siriano, è da segnalare anche il romanzo “FARIDA, dalla Siria a Berlino via Lampedusa”, di cui è autrice la prof.ssa Maria Giulia Campece, valente scrittrice e poetessa di Casoria, é una storia di dolore e di coraggio, con un finale lieto di riscatto della protagonista, una ragazza siriana che, dopo aver sopravvissuto ai soprusi e agli orrori causati dalla guerra, nell’amore riscopre il senso pieno della bellezza della vita. E a proposito dell’amore, è più che mai necessario, soprattutto in questi tempi difficili di sofferenza per le devastazioni della guerra, far emergere dal fondo del nostro cuore l’energia di bene in esso riposta, quel desiderio di aiutare e di rendersi disponibili, per avere cura di chi versa in condizioni disperate, soprattutto dei bambini, che sono le prime vittime della guerra; ciò che fanno i membri della associazioni poc’anzi citate per i fanciulli siriani, sostenendo nella sua opera fraterna Fra Ibrahim, è, come disse don Tonino Bello nel rivolgersi a chi “spera nel volontariato”, “un soffio di speranza”, che investe coloro che portano sulle spalle, già da piccoli, la croce dei soprusi, delle violenze, dell’odio dissennato. Chi occupa parte del proprio tempo per destare il sorriso sul viso spaventato dei bambini, lo nobilita come “spazio dell’amore”, spazio in cui la prodigalità è un investimento, lo sperpero è un affare, e le uscite, invece che impoverirlo, raddoppiano il capitale”.


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20 RUBRICA “L’AVVOCATO RISPONDE” DI MARIO SETOLA

Preg.mo Avvocato, mi chiamo Alessandro, ho 50 anni ed un figlio di 10 che qualche mese fa è stato affetto da un’infiammazione cutanea. Mi sono perciò recato presso uno studio dermatologico di Afragola ed il dottore, senza neppure visitarlo mi ha prescritto uno shampoo (neppure molto costoso da comprare in farmacia) facendosi inoltre pagare profumatamente l’istantanea visita che ha fatto a mio figlio. Dopo qualche giorno, dopo aver utilizzato quel prodotto, il problema si è amplificato ed ho dovuto portare mio figlio al vicino Pronto Soccorso, dove gli hanno prestato le cure del caso, tra l’altro ricoverandolo per due giorni. Ora, Le chiedo, è possibile chiedere un risarcimento danni al dermatologo dal momento che non solo non ha guarito mio figlio, ma ha addirittura peggiorato la sua patologia? Veda sig. Alessandro, il problema da lei esposto è di scottante attualità, anche alla luce delle numerose denunce (penali) e richieste di risarcimento danni (in sede civile) che piovono addosso ai medici, che nell’esercizio della propria professione vivono con quella spada di damocle del risultato a tutti i costi. In realtà, in alcune professioni, dove esiste l’alea, il rischio (ed il medico rientra in questa casistica), si deve parlare di responsabilità di tipo professionale. E’ doverosa pertanto, la distinzione fra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato. Più precisamente, il medico, nell’esercizio della propria professione, è da ritenersi gravato di una obbligazione di mezzi, consistendo il suo operato nel dovere di apportare al malato le migliori cure possibili in considerazione del livello scientifico raggiunto dalla medicina e fatti salvi i casi del tutto imprevedibili. La differenza fra i due tipi di

obbligazione, farà si che sotto il profilo della responsabilità civile per le obbligazioni di mezzi (come appunto nel caso del medico) sia il creditore (e dunque il paziente, nel nostro caso il suo bambino) ad avere l’onere di dimostrare la responsabilità del debitore (il medico) ove il primo risulti insoddisfatto della prestazione ricevuta. Così, mentre le obbligazioni di risultato si caratterizzano per la realizzazione di un determinato risultato (mi si permetta la ripetizione), al contrario le obbligazioni di mezzi richiedono un determinato comportamento e specifiche accortezze che il debitore deve adottare nell’ambito dell’esercizio della propria professione. Al medico dunque non potrà essere contestata la semplice mancata guarigione del malato, qualora, nell’esercizio della propria professione, abbia adottato tutti i mezzi in proprio possesso con la diligenza necessaria. Al contrario, ai fini di una affermazione di responsabilità,

il paziente o chi per lui intenda adire le vie giudiziali per il risarcimento di un danno, dovrà dimostrare la violazione da parte del medico delle cosiddette leges artis caratterizzanti la professione di Ippocrate e consistenti nei doveri di correttezza e diligenza tipici. Quindi, nel suo caso, dovrà dimostrare la superficialità del dermatologo, e l’eccessiva rapidità della visita non può, da solo, dimostrarlo, più importante sarebbe invece approfondire sulla cura datagli. Infatti, dalla diagnosi e successivamente dalla prescrizione si potrebbe evincere evidentemente l’errore del medico e di lì dimostrare la mancanza della diligenza richiesta in questo tipo di obbligazioni, anche perché poi in ospedale le cose sono andate meglio. Avv. Mario Setola – Civilista Esperto in Diritto di Famiglia Cardito (Na) Corso Cesare Battisti n. 145 Cell. 3382011387 Email: avvocato.mariosetola@libero.it

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DOMENICA 13 MARZO 2022 SALVATORE IAVARONE

21 CONSIGLIERE FEDERALE NAZIONALE EUROPA VERDE

IL SECONDO SVINCOLO AUTOSTRADALE TRA AFRAGOLA E CASORIA

In queste settimane ha assunto un ruolo importante nell’agenda politica cittadina, la questione dell’uscita dell’autostrada che dovrà essere realizzata da Ikea come opera di compensazione (con un ritardo di circa venti anni). Tutto ciò non sarebbe mai stato realizzato se ai tempi dell’amministrazione Tuccillo non avessimo attivato una serie di azioni per riportare alla luce quanto era stato posto nel “dimenticatoio” da qualcuno. Oggi, possiamo affermare con certezza che l’opera sarà realizzata e questo è un risultato importante per la città. L’ingresso autostradale da Napoli in direzione Roma, passerà sui terreni confiscati al clan Magliulo, oggi Masseria Ferraioli, mentre quello da Roma e in direzione Napoli passerà nell’attuale parcheggio di Ikea. Uno svincolo autostradale è sempre cosa buona per un territorio, nel nostro caso servirà anche a diminuire il traffico cittadino e a dare una grande opportunità in termini di viabilità, vivibilità e sviluppo. Anzi bisognerebbe approfondire se, oltre all’uscita, le convenzioni con i costruttori di Ikea prevedevano la realizzazione anche dell’ingresso autostradale. La masseria Ferraioli è una realtà grazie allo straordinario lavoro che nell’ultima amministrazione di centro sinistra (2013-2016), portai avanti da assessore con tanti altri amici e con l’associazione Libera. Sia la delibera per l’approvazione del regolamento dei beni confiscati e la delibera per il bando portavano la mia firma, ed ebbi il piacere di presiedere la commissione che affidò quel bene. Purtroppo poi quel lavoro non fu portato avanti da chi arrivò dopo, perché gli altri beni non sono mai stati assegnati. Lo stesso obbiettivo oggi lo stiamo portando avanti (sempre gli stessi) a Caso-

ria, dove abbiamo appena approvato il regolamento per l’affidamento dei beni confiscati e presto avremo il bando. Da oltre venti anni sapevamo che li sarebbe sorto uno svincolo autostradale, ma la progettazione è cosa che non attiene al comune ma ad autostrade, che non decide o disegna uno svincolo in base ai terreni da attraversare, ma ha standard ben precisi. Il comune oggi non è nelle condizioni di chiedere di realizzare uno svincolo diverso, al massimo potrebbe decidere di non volerlo più, ma sarebbe assurdo. E ricordiamo che lo svincolo ha anche una ricaduta sovra comunale, interessando i comuni di Casalnuovo, Acerra, Casoria ed altri. Qualcuno oggi sostiene che l’uscita dell’autostrada non deve passare nella masseria Ferraioli, perché essendo un bene confiscato, sarebbe un brutto segnale. In realtà sapevamo da sempre che li sarebbe passato lo svincolo, con conoscevamo il disegno dello svincolo, perché non era pronto il progetto definitivo che autostrade doveva approvare, ma sapevamo benissimo che parte dei 120.000 mq sarebbero serviti per un’opera viaria strategica ed importante, e a costo zero per la collettività. Riconosco in pieno il valore, il significato e l’importanza di un bene confiscato, ma perché chi si preoccupa di alcune decine di mq che si perderebbero, non si preoccupa del recupero dei beni confiscati al clan Moccia e che il Comune non ha ancora trascritto a patrimonio e non valorizza o non affida ad associazioni locali? Ci indigniamo perché un servizio utile come uno svincolo autostradale (che tutti useremo) divide in due un bene importantissimo, ma non ci preoccupiamo di sapere quanti e quali beni confiscati

al clan locale non vengono trasferiti al comune. Siamo un paese strano! È ovvio che se è possibile ridisegnare lo svincolo, questo va fatto, ma è ovvio che questa decisione spetta solo ad autostrade, che ne ha capacità e competenze. Non vorrei che i tanti virologi, che oggi si sono trasformati in esperti di strategie di guerra, domani possano diventare ingegneri di Autostrade SPA. Certamente qualcuno avrà da ridire sul fatto che da ambientalista, dovrei preferire un orto ad un’uscita autostradale, ovviamente sono un ambientalista calato nella realtà del 2022. La seconda uscita dell’autostrada farà diminuire il traffico all’altezza della prima, servirà a decongestionare il traffico in città e comunque gli orti sarà possibile realizzarli all’interno dei 120.000 mq di masseria Ferraioli, senza perdere questa loro bella esperienza. Se potessimo spostare l’autostrada, ne potremmo parlare, ma ovviamente, non potendo, abbiamo poco da scegliere. Ma, dal punto di vista ambientale, lancio una nuova sfida a questa amministrazione comunale, che oggi si trova a dover decidere tra uno svincolo autostradale e le polemiche di chi li accuserà di aver sventrato un orto. Nel programma di questa amministrazione, attualmente alla guida di Afragola, vi era la proposta della realizzazione di un parco urbano alle spalle della Gescal in un terreno da espropriare. Io sono ancor più favorevole ad uno svincolo autostradale se si attiva subito l’iter amministrativo per la realizzazione di quel grande parco che è a servizio dei comuni di Afragola (a pochi metri dal centro) e Casoria (nella periferia di via Pagano). Siamo pronti a cogliere questa sfida per la crescita ambientale della città?

www.casoriadue.it


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A TU PER TU CON ENZO DI DOMENICO CONCLUSA UN’ALTRA PUNTATA DEL PROGRAMMA IN ONDA SU PARTENOPE TV

Molto seguita anche questa nuova puntata di “A TU PER TU”, in onda sulle frequenze di Partenope Tv (canale 188 per la Campania e Basso Lazio, canale 190 per la Puglia e la Calabria e in streaming su www.partenope.tv), condotta dal giornalista Antonio D’Addio e dalla presentatrice/speaker radiofonica Ida Piccolo, il martedì sera, alle ore 21,00, e in replica la domenica alle ore 21,00. Graditissimo ospite è stato l’artista Enzo Di Domenico uno dei maestri della canzone napoletana, cantante, autore, musicista, arrangiatore, attore e produttore, che, perfettamente a suo agio nello studio televisivo di Partenope Tv, si è raccontato con schiettezza e spontaneità ricordando i suoi inizi e le sue collaborazioni con i massimi esponenti della musica nostrana mettendo il marchio su canzoni ormai indelebili. Il maestro Di Domenico ha cominciato a comporre canzoni in vernacolo per tutti gli artisti napoletani tra cui Mario Merola, Pino Mauro, Sergio Bruni, Tony Astarita, Mario Abbate, Giulietta Sacco, Gloriana, Antonio Buonomo, Massimo Ranieri, Mario Trevi, Tony Bruni e tanti altri, ha raggiunto la notorietà di autore e compositore, partecipando a vari festival della canzone napoletana e a tre Dischi per l’Estate. Tra le sue hit ricordiamo “Spusarizio e marenare”, “Eternamente tua”, “’O bar e l’universitā” “Orgoglio”, “AnnaMaria”, “Tu malatia”, “Medaglia d’oro”, “A dolce vita”, “Lello kavwasaki”, “Ciente appuntamente”, “Sulitario”, “‘Mbraccio a te”, “Paura”, “Passione eterna”, “Sì, Annamaria”, “E ti faccio vedere”, tanti gli album incisi, ln. Intanto, nel 1969 ha scritto la canzone ‘O sgarro, dalla quale

è stata tratta la sceneggiata interpretata da Mario Merola, prima sceneggiata napoletana ispirata al genere Western, nel 1974 ha composto “Gennaro Spartivento, ‘O criminale”, da cui viene tratta la sceneggiata rappresentata al teatro Politeama di Napoli, inoltre nel 1980 ha recitato come primo attore nella sceneggiata Romanzo. Nel corso della puntata Enzo Di Domenico ha parlato del suo legame con la famiglia, con i sei figli, ha eseguito dal vivo Felicità, Uocchie e paura, Auguri a te e Delirio, ha raccontato alcune curiosità, come, ad esempio, una sua hit tradotta in castigliano dal cantante venezuelano Rudy Marquez col titolo Tu Ana Maria, in vetta alla classifica in Venezuela, per 22 settimane, la collaborazione con il cantautore Federico Salvatore, l’album A volte basta una telefonata, con la collaborazione di Enzo Gragnaniello, Franco Ricciardi, Luca Sepe, Ivan Granatino, Dj Enzo DC, Luna Di Domenico, Adriano Di Domenico, Annalisa Martinisi, un concerto presso il Circo “Moira Orfei”. Anche per il Ray Charles napoletano e il Battisti del Sud non potevano mancare i filmati e le testimonianze fotografiche relative alla carriera, ai colleghi, alla vita privata e i videomessaggi inviati dai figli Luna, Adriano e Nanni, e dagli amici Lorenzo Natale e Salvatore Architravo. La puntata andrà in onda anche sulle frequenze di Radio Amore giovedì alle ore 22. Un grazie particolare all’editore Angelo Ucciero, che crede fortemente nel programma, e al direttore artistico Renato De Carmine. La regia del programma è di Antonio Di Gennaro.

GAIA MOSCHETTI

E’ ONLINE IL NUOVO SINGOLO DI NINNI “PASSA ‘O TIEMPO”

Sono dieci i singoli all’attivo, ma quest’ultimo in particolare apre un nuovo percorso per il cantautore napoletano. Il brano è autoprodotto, fa da apripista ad un progetto che Luca Caligiuri in arte Ninni insegue da tempo: il primo Ep che uscirà nei prossimi mesi. Ninni, propone al pubblico la sua voce, i suoi testi, la sua musica, la sua anima che porge verso la sua personale visione del mondo. Una nuova strada in cui il cantautore si mette in ascolto del cuore, con i suoi ritmi, le sue pause, le sue accelerazioni. “Passa ‘o tiempo”, recita il titolo, mentre un amore è sospeso tra i profumi del caffè e del ragù, mentre il mare scompare giorno dopo giorno dalla darsena di Pozzuoli. Un momento di forte introspezione per quest’uomo che osserva il sole al tramonto e, mentre la notte sopraggiunge, avverte più forte la mancanza di questo amore. Ma il tempo non si ferma, continua a passare quasi senza che noi se ne abbia contezza, mentre diventiamo un po’ più vecchiarielli e scassambrelli,

con l’intro della chitarra, presenza costante in questo percorso. Un brano malinconico, tenero ed emozionante “se avete amato la verde milonga di Paolo Conte e le sue struggenti atmosfere, “Passa ‘o tiempo” vi aiuterà a ricordarle.


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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

IL 16 A NAPOLI, DA NEW YORK, LA GURU MONDIALE DEL MAKE-UP MODA: DANESSA MYRICKS

L’artista USA sarà ospite del nuovo teatro dell’Accademia Trucco Liliana Paduano. Sarà Danessa Myricks, la super star delle makeup artist statunitensi voluta anche da Madonna, a tenere a battesimo il 16 marzo il nuovissimo Anfiteatro della Bellezza dell’Accademia Liliana Paduano: un auditorium da 200 posti a sedere voluto dal CEO Carlo Matthey di fronte alla scuola vera e propria, alle spalle della stazione Garibaldi. Un inizio non casuale per un cartellone di Master Class da sold out, come già in questo caso: in un mondo incentrato sulle etichette, Danessa Myricks ha infranto i confini e costruito un mondo di bellezza per persone di tutte le razze, età e sesso. Dopo aver attirato l’attenzione di alcuni dei più grandi marchi, ha guidato lo sviluppo del prodotto per alcuni dei lanci di maggior successo come KISS e Benefit Cosmetics ed ha lanciato poi il suo proprio marchio, Danessa Myricks Beauty: esattamente come tante allieve della scuola napoletana diventano spesso, grazie al sostegno all’autoimprendi-

torialità operato dall’Accademia, delle imprenditrici di successo oltre che delle ottime professioniste. Negli anni, Danessa è diventata una star del makeup ed ha creato look per celebrità di tutti i tipi: oltre a Madonna, anche Ciara, Chris Brown, Jordin Sparks e tanti altri. Ha lavorato con intrattenitori musicali e nella realizzazione di grandi film, ma ama ascoltare le persone che si sono sempre sentite ignorate dai marchi di

bellezza e che finalmente approdano ad un marchio pensato invece per tutti, il Danessa Myricks Beauty appunto. Il suo show napoletano, cui prenderanno parte truccatrici provenienti da tutta Italia, vorrà essere allora un vero e proprio spettacolo del “makeup”: la mattina infatti Danessa eseguirà due demo dimostrative, mentre il pomeriggio, saranno le stesse partecipanti ad eseguire su modella quanto appreso la mattina. Il cartellone delle masterclass dell’Accademia Liliana Paduano, del resto, è solo all’inizio: sono infatti in programma numerosi show in esclusiva italiana con i grandi maestri del make-up di tutto il mondo. “Le masterclass – ha commentato il CEO dell’Accademia, Carlo Matthey - attireranno professionisti del trucco da tutta Italia e del resto d’Europa: un grande vanto per la nostra città che diventa capitale del make-up italiano grazie a quella che è oggettivamene la prima accademia in Italia e che ha sede proprio nel capoluogo partenopeo. Un doppio motivo di vanto per tutti noi napoletani e campani”.

DANIELA LOMBARDI

FLORENCE JEWELLERY WEEK 28 APRILE - 2 MAGGIO 2022

Palazzo Medici Riccardi - Palazzo del Pegaso Palazzo Coveri - Scuderie di Palazzo Corsini - Sala Vanni Polveriera della Fortezza da Basso Dal 28 aprile al 2 maggio Firenze ospiterà la quarta edizione della Florence Jewellery Week, evento internazionale dedicato alla complessa relazione tra ricerca artistica, artigianato, design e nuove tecnologie. Una riflessione a tutto tondo sui temi chiave legati al mondo della ricerca orafa contemporanea con mostre, seminari e incontri con gli artisti orafi più innovativi: Lauren Kalman, Anya Kivarkis, Rein Vollenga, Sam Tho Duong, Jayne Wallace, Kazumi Nagano, Conversation Piece (Beatrice Brovia & Nicolas Cheng), Ana Rajcevic, Barbara Paganin, Xinia Guan, Anne Lahn Hornbæk Hansen, Pilynn Siriphanich, Zhipeng Wang, Charlotte Vanhoubroeck. Saranno inoltre esposte le opere di Manfred Bischoff, Peter Chang, Yasuki Hiramatsu, Fritz Maierhofer, Bruno Martinazzi, Francesco Pavan, Ruudt Peters, Gerd Rothmann, Peter Skubic e sarà ospite d’eccellenza il pezzo più celebre del maestro Giovanni Corvaja. In programma anche una serie di incontri tenuti

da esperti del gioiello, del design e delle arti visive, tra cui Roberta Bernabei, Maria Laura La Mantia, Paola Stroppiana, Federica Fontana, Carla Riccoboni, Barbara Schmidt, Nantia Koulidou, Conversation Piece, Lauren Kalman, Ana Rajcevic, Anya Kivarkis e Jayne Wallace.


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LE NEOMELODICHE

UN CONCERTO PER DIRE NO ALLE DISCRIMINAZIONI CONTRO LA MUSICA NEOMELODICA Ritornano finalmente sul grande palcoscenico del Palapartenope di Napoli tre cantanti neomelodiche molto apprezzate lungo tutto lo stivale: Nancy Coppola, Stefania Lay e Giusy Attanasio. L’11 aprile le tre giovani e carismatiche donne animeranno un concerto dal titolo sicuramente provocatorio: “Le Neomelodiche”. “Il nostro concerto è una provocazione contro lo stereotipo che associa la musica neomelodica al trash, ed un tentativo di coinvolgimento di quei napoletani, anche colleghi, che oggi prendono le distanze da questo genere. il punto è che «noi raccontiamo le storie vere, storie in cui tutti possono identificarsi”, e a Napoli, in particolare tra la gente comune, si trova di tutto. I neomelodici parlano a un pezzo d’Italia, non piccolo, che sfugge alle sirene del mainstream culturale e persino di quello alternativo”, spiegano le tre artiste. L’evento sarà preceduto dall’uscita dell’omonimo singolo il giorno 14 marzo. Il concerto è anche il primo grande appuntamento neomelodico post – pandemia. “Per noi il rapporto con il nostro pubblico è fondamentale, spesso traiamo ispirazione per le nostre canzoni proprio dalle storie di chi ci segue. Ci è mancato tanto il contatto fisico, quello che avviene in occasione dei concerti, delle feste, dei matrimoni a cui partecipiamo, fatto di cori, abbracci, strette di mano, pianti. Abbiamo cercato di tener compagnia a chi ci apprezza attraverso i social con dirette, live… Ma essere sul palcoscenico avanti a migliaia di persone che ascoltano la tua musica, cantano in coro le parole delle tue canzoni, ed in generale condividono il tuo progetto è molto più emozionante. Vorremmo già fosse aprile!”, concludono Nancy, Stefania e Giusy.

GEPPINA LANDOLFO

CERIMONIA DI CONSEGNA DEL PREMIO DI GIORNALISMO “FRANCESCO LANDOLFO”

Martedì 15 marzo 2022 alle ore 11 a Napoli, presso la sede dell’Istituto di Cultura Meridionale (via Chiatamone 63, Palazzo Arlotta) si terrà la cerimonia di consegna del Premio di giornalismo “Francesco Landolfo”. Saranno presenti il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli e il presidente della Federazione nazionale della Stampa, Beppe Giulietti. La cerimonia si svolgerà nel pieno rispetto delle normative anticovid. Il Premio, giunto alla decima edizione, ricorda e valorizza l’impegno nella professione di Francesco Landolfo, segretario dell’Ordine dei giornalisti della Campania, già vicedirettore del quotidiano “Roma”, fondatore e presidente dell’Arga Campania, scomparso nel 2006. Nell’ambito del premio viene assegnata una targa in ricordo di Gianpaolo Necco, consigliere nazionale Fnsi e Unaga, a cui si deve il rilancio delle attività dell’Arga. Di seguito i premi assegnati dalla giuria. Carta stampata (ex aequo): “Allo sportello del cielo” di Fabrizio Geremicca (Extra, Corriere del Mezzogiorno), “La magia del mare pulito, l’uomo sporcherà ancora” di Teresa Palmese (Metropolis). Menzioni speciali a “A tavola la confusione è servita” di Giuseppe Giorgio (Roma); “IngannaPastore, la vite che promette miracoli” di Gianrolando Scaringi (Il Mattino). Radio-televisione (ex aequo): “Bioplastica biodegradabile per i retini per l’allevamento delle cozze, così salviamo il mare” di Andrea Caruso (Buongiorno Regione, Tgr Campania)., “Svendita del litorale, la pineta di Varcaturo e la vecchia foce nelle mani di un privato” di Gaetano Pragliola (TeleClubIta-

lia). Menzioni speciali a “La colatura di alici di Cetara diventa Dop” di Roberto Esse (Saporti in Tv, Piuenne); “La Terra dei Fuochi continua a bruciare” di Alice Martinelli (Le Iene Show, Italia 1). Web (ex aequo): “G20 a Napoli, il ministro di Biden a San Giovanni: «Qui c’è la vera fonte d’ispirazione»” di Giuliana Covella (Il Mattino.it), “Ornitologi sull’Appennino campano: gli uccelli stanno perdendo la bussola” di Pasquale Raicaldo (Repubblica.it). Menzioni speciali a “Decarbonizzazione, utopia o realtà” di Ada Vittoria Baldi (NewsExpress.it) e “Sequestrati negli alvei fusti tossici e carcasse di animali a Marigliano” di Gabriella Bellini (La Provincia online). Targa Gianpaolo Necco a “Il Future Food Institute e la valorizzazione del miele del Cilento” di Domenico Letizia (Cook magazine). Il premio è indetto dal quotidiano “Roma”, dal Sindacato Unitario Giornalisti della Campania, dall’Ordine dei Giornalisti della Campania e dall’Arga Campania con il patrocinio morale dell’Ordine nazionale dei Giornalisti e della Fnsi. La giuria è composta da Antonio Sasso e Pasquale Clemente, direttori del quotidiano “Roma”; Claudio Silvestri, segretario del Sindacato Unitario Giornalisti Campania; Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania; Geppina Landolfo, presidente Arga Campania e vicepresidente nazionale Unaga; Antonella Monaco, consigliere nazionale Unaga; Gennaro Famiglietti, presidente dell’Istituto di Cultura Meridionale.


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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

“EMOZIONE DONNA”, DELL’ARTISTA DE SANTIS ANTONELLA

Sabato 5 marzo, nella Sala Consiliare del Comune di Casoria, si è tenuta la mostra La Donna - “Emozione Donna”, dell’artista De Santis Antonella, patrocinata dall’amministrazione Bene. La mostra, organizzata in prossimità della Festa della donna, ha visto protagonista la “donna”, rappresentata dall’artista in tutte le sue emozioni. Col segno della matita e dei colori, Antonella, riesce a tirar fuori ciò che sente, che vive in particolari momenti. L’ artista ha disegnato nel tempo le sue donne, diverse tra loro ma accomunate da un unico filo conduttore: le emozioni. Le sue opere sono delicate, intense, profonde, sprigionano “Forza, “Coraggio”, “Passione”, rappresentano un viaggio nel misterioso “uni-

verso donna”, da esplorare, conoscere, amare, rispettare. L’iniziativa ha visto la partecipazione di cittadini, amici, parenti e degli studenti e docenti del liceo scientifico “Gandhi” e dell’istituto tecnico turistico Torrente, che hanno partecipato con entusiasmo ed interesse. L’ artista è intervenuta, su richiesta degli ospiti, spiegan-

do brevemente come sia nata l’idea della mostra e perché la donna sia la sua musa ispiratrice da sempre. Antonella ha voluto, poi, omaggiare le tre donne della Giunta, Paola Ambrosio, Giovanna Guarino e Marianna Riccardi con un suo dipinto, il volto di una donna avvolto dai colori, mille sfaccettature che fanno delle don-

ne un turbinio di emozioni. La mostra è stata accompagnata dalle note della maestra De Luca Simona che, con il suo pianoforte, ha reso l’atmosfera magica. Hanno suonato con lei, sua figlia Luigia (flauto traverso) e il suo allievo, Christian, figlio dell’artista. L’ evento si è concluso con la lettura di due poesie di Valentina Lucchese dedicate all’amicizia con l’artista. Una giornata all’insegna delle emozioni, in un’atmosfera intima e piacevole in cui arte, colori, musica e cultura sono stati protagonisti assoluti. Una giornata dedicata alle donne, che “...hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale” ....ma che da sempre “sono la colonna vertebrale delle società.”

GAIA MOSCHETTI

MUSICAL “LOVE STORY TRANSYLVANIA”

Love Story Transylvania è un musical per la regia di Morgana Rosano ambientato in un Hotel a 5 stelle gestito direttamente dal Conte Dracula. In questo mondo bizzarro, entrerete a contatto con i mostri più conosciuti e sconosciuti della vostra infanzia: Frankenstein, Johnny La Mummia, al Lupo Mannaro, in aggiunta qualche personaggio un pò strambo che piacerà sicuramente per la contemporaneità. Al Teatro Niccolini di Firenze, il 5 marzo è andato in scena questo musical, che ripercorre il film di animazione. E’ adatto a tutta la famiglia, un’idea originale per passare una serata diversa insieme ai propri piccoli, fra arte, cultura e spettacolo. Le musiche moderne e le coreografie originali vi faranno venire voglia di ballare e cantare, come è successo sabato scorso nonostante qualche inghippo tecnico ma come si suol dire “è il bello della diretta”, non si può ripetere la scena come al cinema o mandare la pubblicità; insomma the show must go on, lo spettacolo deve continuare, A grande richiesta dopo 6 Sold Out a Latina e Roma la Compagnia Teatrale “La Fuente de l’Alma” torna a calcare le scene,

dopo la data di Firenze al Teatro Niccolini, gli artisti saranno impegnati il 2 Aprile al Teatro Cilea di Napoli, il 14 Aprile al Teatro Greco di Roma e il 26 Maggio al Teatro Dehon di Bologna, tutti spettacoli serali alle ore 21.

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MAYA REGGI E RAFFAELLA SPIZZICHINO

NUOVO FILM “MANCINO NATURALE”

I giovani e il mondo del professionismo calcistico nella storia di una madre e un figlio in ‘Mancino naturale’, commedia drammatica diretta da Salvatore Allocca al cinema dal 31 marzo distribuita da Adler Entertainment. Un ricco cast composto da Claudia Gerini, Francesco Colella, Massimo Ranieri, Alessio Perinelli e Katia Ricciarelli. Dopo il successo all’ultima edizione di Alice nella Città esce al cinema, dal 31 marzo distribuito da Adler Entertainment ‘Mancino naturale’, commedia drammatica diretta da Salvatore Allocca, interpretata da Claudia Gerini, Francesco Colella, Massimo Ranieri, Alessio Perinelli e Katia Ricciarelli. Il film, girato tra Roma, Latina e Vicenza, è sceneggiato dal regista con Emiliano Corapi, Massimo De Angelis e Simone Lenzi è prodotto da Daniele Esposito, Ruggero Agostinelli, Stella Rossa Savino, Samuel Chauvin per Emma Film srl e Promenades films sarls. La determinazione di una madre sola disposta ad andare oltre alle sue possibilità pur di dare a suo figlio una chance nello spietato mondo del calcio professionistico. Ma dietro a questo sogno c’è un conto aperto col passato che Isabella, proprio per il bene del figlio, sarà costretta a regolare. “Pur essendo incentrato su una storia e su argomenti drammatici – sottolinea la produzione – Mancino Naturale è un film connotato da forti elementi umoristici, tipici della commedia romantica. Una mescolanza di dramma e commedia, che riflette la vita quotidiana di tutti i giorni. In Italia un bambino su cinque tra i 5 e i 16 anni gioca a calcio nel circuito della FIGC, sperando di diventare il nuovo Totti o Del

Piero. A volte, ancor più che i ragazzi, sono i genitori i più accaniti perseguitori dell’obiettivo, e pur animati dalle migliori intenzioni, capita che perdano di vista i limiti di intervento nelle vite dei figli o che cadano vittime di ciarlatani e approfittatori. Infatti, solo uno su 5mila riesce a sfondare, lasciando gli altri 4999 rimarranno nell’anonimato. Il mondo del calcio giovanile diventa perciò una fabbrica di illusioni, costellato da personaggi la cui priorità non è sempre la tutela e la formazione dei bambini. Il film spazia tra temi umani e universali (relazioni familiari, amore, senso di colpa, redenzione) e temi più specifici come la passione per lo sport e le difficoltà economiche, mantenendo Il nucleo di tutto nella relazione madre-figlio”.

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MARCO CALAFIORE

LA NUOVA ORCHESTRA SCARLATTI DI NAPOLI INDICE AUDIZIONI PER IL LABORATORIO ORCHESTRALE 2022 DELLA ORCHESTRA SCARLATTI JUNIOR.

Le audizioni sono gratuite e aperte a ragazze e ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni, che studiano già lo strumento per il quale partecipano. Le audizioni sono aperte alle seguenti categorie di strumenti: Archi: violino, viola, violoncello, contrabbasso. Fiati: flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno, tromba, trombone, tuba. Timpani e Percussioni. Per il Sassofono verranno valutate caso per caso eventuali domande di partecipazione. Le prove di ammissione prevedono: – scale – esercizio e/o un brano a scelta del candidato (senza accompagnamento) – lettura a prima vista.

Salvo accordi scritti, la collaborazione con questo settimanale è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita. In nessun caso si garantisce la restituzione dei materiali inviati. Del contenuto degli articoli e degli annunci pubblicitari sono legalmente responsabili i singoli autori. È vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari.

Ci si può iscrivere alle audizioni entro il 2 aprile 2022, inviando alla mail scarlattijunior@gmail.com la domanda disponibile e scaricabile dal sito nuovaorchestrascarlatti.it Le audizioni si terranno sabato 9 e domenica 10 aprile 2022 presso la Chiesa dei SS. Marcellino e Festo, Largo San Marcellino 10 (centro storico di Napoli). L’attività laboratoriale e concertistica, giunta al suo ottavo anno, potrà essere articolata in più livelli differenziati e calibrati in base all’età e ai bisogni formativi dei partecipanti. Gli incontri si svolgeranno sotto la guida di elementi della Nuova Orchestra Scarlatti già esperti in campo di didattica musicale, pratica orchestrale e musica di insieme, con il coordinamento del M° Gaetano Russo. Orari audizioni e ulteriori dettagli sul sito nuovaorchestrascarlatti.it Contatti: 0812535984 - info@nuovaorchestrascarlatti.it

PRESENTANO

RITRATTO RITRATTO D’AUTORE D’AUTORE Omaggio ai grandi autori della tradizione italiana e napoletana da una idea di G E P P I N O R I C C I O con

Enzo D’Anna

Nino Grieco

Alessandro Giovenco

Francesca Sorrentino

con l’amichevole partecipazione di ELENA VITTORIA

e

ALAN DE LUCA Ingegneria dei suoni e Coordinamento musicale F A B I O G R I E C O Disegno delle luci P I N O L E T I Z I A Analista informatico M A S S I M O M I L A N O

Autorizzazione del Tribunale di Napoli n. Reg. 5116 del 28/02/2000

Editore C&C CENTRO STAMPE SRL

Direttore Responsabile: Ferdinando Troise WEB: C&C CENTRO STAMPE SRL - CASORIA Questo numero è stato chiuso il 10 marzo 2022

Direzione, Redazione, Amministrazione e Pubblicità Via Pietro Casilli, 26 - 80026 Casoria (NA) - Tel. /Fax 08113086022 email: casoriadue@libero. it

Al Teleprompter M I M M O I N C A R N A T O Riprese video E N R I C O V E S C E

SABATO 2 APRILE ore 18:00 TEATRO DON BOSCO Presso Istituto Salesiani Don Bosco Via Don Bosco n.8 Napoli ENTRATA GRATUITA SU PRENOTAZIONE Segreteria generale FRANCO MARROCCO tel: 333 5891409 LO SPETTACOLO E’ INSERITO NEL PROGETTO “ UN TESORO DA CUSTODIRE ” Per assistere allo spettacolo è OBBLIGATORIO

GREEN PASS RINFORZATO E MASCHERINA Dopo lo spettacolo seguirà un Rinfresco


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