Domenica 5 Aprile

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DOMENICA 5 APRILE 2020

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Settimanale di Informazione

Distribuzione gratuita - E-mail: casoriadue@libero. it

ANNO XIX - N° 14 - DOMENICA 5 APRILE 2020

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DIDATTICA A DISTANZA


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ANTONIO BOTTA A colloquio con il Dirigente scolastico del Liceo statale Gandhi di Casoria, prof. Gennaro Ruggiero

“CONTINUA, CON LA DIDATTICA A DISTANZA, IL DIALOGO EDUCATIVO CON GLI STUDENTI”

La scuola, ha scritto il Ministro dell’istruzione Lucia Azzolina, “prima di tanti altri ambiti, ha dovuto imparare a far fronte ad un’emergenza drammatica, non solo da un punto di vista organizzativo, ma anche emotivo.” Dall’intervista al Dirigente De Rosa, pubblicata sul numero di Casoriadue di domenica scorsa, è emerso che la scuola casoriana sta reagendo con professionalità e umanità all’emergenza sanitaria. Una conferma di ciò si evince anche dal colloquio col Dirigente scolastico del liceo statale Gandhi, prof. Gennaro Ruggiero, che ringraziamo per avere accettato di rispondere alle nostre domande La ministra dell’istruzione Lucia Azzolina punta tutto sulla didattica a distanza, visto che è assai improbabile l’apertura delle scuole dopo le vacanze di Pasqua. E’ l’unica maniera per salvare l’anno scolastico, non crede? Innanzitutto un caro saluto a tutti i let-

tori. Secondo me il problema di salvare l’anno scolastico è secondario, o al più riguarda gli studenti dell’ultimo anno; per gli alunni delle altre classi le competenze non acquisite quest’anno potranno essere recuperate negli anni successivi. Piuttosto l’importanza della Didattica a Distanza (DAD) risiede nel fatto che essa non interrompe il dialogo didattico/ educativo con gli studenti che, soprattutto in questo periodo di isolamento, ha un alto valore sociale e formativo. Il mon-

do della scuola non deve abbandonare i propri alunni. E’ comprensibile che, inizialmente, gli insegnanti possano trovare difficoltà nell’applicare la didattica a distanza con le video lezioni, web cam e altri strumenti digitali. Tuttavia, Azzolina sostiene con fermezza che gli ostacoli possono tramutarsi in preziose opportunità con l’aiuto degli animatori digitali e la fruizione di supporti mediatici offerti dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Lei, in qualità di Dirigente scolastico, cosa pensa al riguardo? È chiaro che qualsiasi innovazione ha bisogno di un periodo di rodaggio e non può essere a pieno regime da subito, inoltre gran parte delle scuole soffre di carenze strumentali tecnologiche che ha limitato lo sviluppo delle didattiche multimediali. continua a pag. 4


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Nonostante ciò, la classe Docente italiana ha dimostrato grande spirito di sacrificio e senso etico pur di non far mancare la necessaria guida agli alunni nell’apprendimento a distanza. Mi risulta infatti che anche i Docenti con poca dimestichezza con le nuove tecnologie si sono rapidamente attrezzati e aggiornati in tal senso. Anche il Ministero dell’Istruzione sta facendo la sua parte fornendo supporto organizzativo e con un piano di investimenti per dotare le scuole più deprivate di strumenti tecnologici, destinati in comodato d’uso agli alunni che ne avessero bisogno. Nell’I. C. Gandhi, com’è stata organizzata la didattica a distanza? Quali i punti di forza e di criticità riscontrati? Nel nostro Liceo, per i primi giorni i Docenti sono stati liberi di utilizzare qualsiasi mezzo lo ritenessero opportuno; poi, in seguito a riunioni a distanza con l’Animatore e il Team Digitale, si è consigliato a tutti i Docenti di utilizzare la stessa piattaforma digitale per creare classi virtuali, dove è possibile che i Docenti e gli alunni scambino materiali di studio, compiti da assegnare e da verifi-

care, realizzino lezioni a distanza e in videoconferenza. Inoltre, da diversi anni il Liceo Gandhi utilizza il registro elettronico che permette l’interazione Docente/ alunno e sul quale viene registrata quotidianamente l’attività didattica svolta. I punti di forza sono stati le competenze tecnologiche in possesso dei nostri

Docenti, la partecipazione massiccia da parte degli studenti e, ribadisco, il fatto che non abbiamo interrotto il contatto con i nostri studenti. Il punto di criticità risiede nel fatto che nulla può sostituire il contatto umano in presenza! Esami di Stato: si svolgeranno nel periodo consueto, fine giugno - fine luglio, o saranno differiti? Lei cosa prevede in merito? Si farà di tutto affinché gli Esami di Stato si svolgano nel periodo previsto; cambieranno le modalità secondo quanto prescritto dal Ministero. (Commissione composta da tutti membri interni e solo uno esterno, ndr ) Ha la possibilità da questo settimanale di rivolgere un saluto ai suoi studenti: lo faccia, se vuole, esprimendo ciò che il suo cuore le detta in questo momento difficile per tutti. Cari ragazze e ragazzi, spero che stiate bene così come lo spero per i vostri cari. Sono orgoglioso di voi per la serietà e l’impegno con i quali state affrontando questo disagio di vita e di studio. Sono sicuro che presto torneremo a rivederci ed a salutarci da vicino. Un abbraccio a tutti voi, mi mancate tanto!!

RITA GIAQUINTO

La crisi che verrà. Ristoranti e locali chiusi al tempo del Coronavirus

La crisi multiforme provocata dalla diffusione mondiale del Coronavirus non è solo sanitaria ma è, e sarà, anche economica e sociale. Le misure di restrizione indicate dagli ultimi decreti del Governo Conte, hanno provocato la chiusura dei ristoranti, dei bar, dei locali, e di tutta quella fascia appartenente alla cosiddetta categoria di somministrazione che, soprattutto in una città come Casoria, rappresenta, in alta percentuale, il motore dell’economia. E’ innegabile che l’emergenza di questi giorni è senza precedenti, ma il paracadute per le imprese ed i lavoratori dovrebbe esse-

re costruito tenendo bene a mente non solo le difficoltà delle categorie e dei settori in generale, ma anche e soprattutto di quelle differenze che, di fatto, esistono tra il Nord, dell’Italia industrializzata, ed il Sud che vive, principalmente, di terziario. Abbiamo provato a sentire gli umori dei proprietari di alcuni dei tanti locali di cui Casoria, soprattutto negli ultimi tempi, si è arricchita. Preoccupazione per i propri dipendenti, futuro più che incerto ed una manovra economica che non rispecchia esattamente le esigenze di questa categoria sono, in linea generale, i timori più diffusi. Come ci

racconta Giuseppe Malinconico, titolare, insieme al fratello Geremia ed allo zio Umberto Marzatico, del ristorante pizzeria, burgheria e braceria Vesux, aperto, poco più di un anno fa in via Castagna : “In questo periodo, come da ordinanza ministeriale, siamo chiusi e siamo tutti in attesa che l’emergenza passi il prima possibile. Stiamo attraversando – penso - il periodo più critico dal secondo dopoguerra : il Covid-19 è stato una tempesta che ci ha travolto ,tutti, indistintamente. Abbiamo un unico obiettivo, limitare il contagio, stando a casa, e ritornare quanto prima ad una

vita normale”. Noi stiamo a casa, ma per voi, cosa vuol dire questa restrizione ? : “ Il nostro team si avvale di circa 20 collaboratori, tutte persone straordinarie che, giorno per giorno, fanno del loro lavoro la passione di una vita, e ora stare fermi significa non solo aver fermato la loro passione, ma anche aver reso difficile il compito più importante che ogni genitore ha, e cioè garantire alla propria famiglia le risorse per poter affrontare questo periodo di chiusura. Abbiamo gradito la proposta della cassa integrazione in deroga, ma come succede sempre in Ita-


DOMENICA 5 APRILE 2020 lia la burocrazia ha dei tempi troppo lunghi e in questo momento non ce lo possiamo permettere; per di più sono state fatte troppe limitazioni, e questo ha portato ad escludere dalla manovra tante persone. A mio parere, bisogna allargare l’intervento a tutti, garantire alle famiglie tutti i sostentamenti e sospendere tutti quelli che sono i pagamenti ordinari, ovvero fitti,mutui,finanziamenti,bol lette . Posticipare di almeno tre mesi questi impegni significa focalizzare in questo momento le risorse solo su cibo e generi di prima necessità”. E come trascorrete questo periodo di chiusura ? “Stiamo “approfittando” di questo momento di pausa per rivedere tutti i menu, una cosa che, comunque, di base, facciamo ogni sei mesi. Questo ci consentirà di riproporci in una veste del tutto nuova alla riapertura. Stiamo lavorando, contemporaneamente, alla sicurezza, cercando di accaparrarci i dispositivi per rendere sicura la permanenza degli ospiti nella nostra struttura, con apparati che consentiranno di sorvegliare sulla salute degli ospiti, come, ad esempio l’uso dei termo scanner. Non da ultimo, stiamo studiando il modo di intensificare e perfezionare l’asporto, quindi le consegne a domicilio, visto che penso sarà il punto di partenza della nostra attività. Stiamo pensando a qualcosa di nuovo, tipologie di pizze e di panini che possano essere ancora più rappresentative delle nostra terra. Stimolare con le novità i nostri clienti è sempre stato il nostro obiettivo”. Il cliente, insomma, sempre al centro dell’attenzione dei nostri ristoratori, come è accaduto anche per Giuseppe Antonucci, titolare del famoso pub in tipico Englishstyle, Lord-Up, che ha chiuso il suo locale addirittura

prima che la restrizione fosse imposta dal Governo : “Si, è proprio così – ci racconta Giuseppe – decisi di chiudere perché la sicurezza dei clienti, diventati, nel tempo, amici del pub, era, ed è, la nostra priorità. Sono stato , da subito, circondato e sostenuto dal loro affetto e la speranza è di aprire il prima possibile, anche se la situazione è di una difficoltà indescrivibile. Il problema non è solo quando sarà possibile riaprire il locale, ma, soprattutto, quando si ripartirà. La nostra non è un’attività di prima necessità e, con la crisi economica che questa emergenza sta portando, le nostre attività saranno le ultime ad essere prese in considerazione dai cittadini. E dall’alto, i nostri Governatori, non si sono resi conto, nella maniera più assoluta, di queste difficoltà. Fino a questo momento, non hanno dimostrato nessun sostegno valido per il nostro tipo di attività e per i nostri dipendenti. La fiducia e l’ottimismo non devono mai mancare, ma questa tempesta è stata travolgente”. Chiudiamo questo nostro breve reportage, con le parole, dure, cru-

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ciali, profondamente preoccupate, ma illuminanti sulla criticità di questa crisi, di Rino Primitivo, titolare di locali come Villa Egle ed il Business Cafè, che pone l’accento su un tema caldo e scottante, come la possibile infiltrazione delle organizzazioni criminali, per le quali questa crisi sarà una fonte di lucro e di guadagno : “Se il nostro Governatore De Luca, il nostro Sindaco Bene non fanno sentire ai piani alti la loro voce, noi andremo seriamente in difficoltà. Le attività come la nostra hanno bisogno di liquidità, e con il bonus di seicento euro per gli imprenditori, io cosa vado a dire ai circa cento dipendenti che ho nelle mie strutture ? E’ una presa in giro ! Questa sarebbe l’assistenza che ci ha offerto lo Stato ? Lo Stato deve allargare le garanzie che devono fornirci le banche, bloccare per almeno quattro, cinque mesi, il pagamento di fitti, bollette, utenze, perché altrimenti noi non ne usciamo da questa crisi. E se non ci aiuta lo Stato è bene che si sappia che c’è un rischio altissimo di “un passaggio di mano” di queste

aziende : le organizzazioni criminali speculeranno su questa crisi, e noi rischiamo di diventare i dipendenti di ciò che abbiamo ricostruito !”. E ancora, Primitivo continua puntando l’accento sulla necessità di diversificare l’Italia : “Non possiamo pensare che le manovre economiche costruite per il Nord, dove ci sono le industrie, possano valere anche per il Sud. Non abbiamo un sindacato di categoria, perciò, in questo momento, la voce dei nostri amministratori è l’unica difesa in cui possiamo sperare. Capisco che l’Italia non è virtuosa e ricca come, ad esempio, la Germania, e quindi non ci può assicurare la liquidità, ma allora, che allargassero le garanzie con le banche. Noi saremo l’ultima attività ad essere presa in considerazione dal pubblico : in tempo di crisi, puoi mai pensare di organizzare un evento o una cerimonia ? Eventi che, tra l’altro, si organizzano per lo più nel periodo estivo, che, quest’anno, salterà completamente ed è il periodo che consente alla nostra attività di “conservare” per il periodo invernale”. Sig. Primitivo, un’ultima battuta : “Noi chiediamo attenzione e tutela, altrimenti, qui si rischia grosso. Con la manovra di questo governo, noi del Sud, ci sentiamo abbandonati esattamente come l’Italia settentrionale dell’industria e della finanza si è sentita abbandonata da Germania, Francia, e da tutta l’Europa !”. Si è sempre meridionali di qualcuno ! - avrebbe detto il filosofo Bellavista…Mi si perdoni la battuta, ma oggi più che mai, il nostro meridione va seriamente difeso, se non vogliamo che vengano dati, in pasto ai lupi, anni di fatica e sacrifici dei tanti, coraggiosi imprenditori dei nostri territori.


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6 Imma Castronuovo

Il Decreto Cura Italia lascia agonizzante il settore terziario: interverrà una cura per salvarlo?

La crisi del settore terziario e dell’attività alberghiera in particolare, svela l’enorme falla dell’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in merito alle misure di sostegno all’economia del Paese. Un decreto che spacca in due, ancora una volta, l’Italia: perché, a ben vedere, questo provvedimento prevede delle misure che, in concreto, si rivolgono principalmente alle fabbriche, alle industrie, che sono presenti per la stragrande maggioranza al Nord, mentre il Sud vive, per la maggior parte, di settore terziario come il commercio, il turismo, i servizi, i trasporti e le professioni – settore che sta subendo un vero e proprio tracollo finanziario, più degli altri. Infatti, coma ha di recente affermato, allarmato, il Presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, “benchè gli alberghi non siano stati ricompresi nell’ultimo dpcm del governo tra le attività da fermare, il 95% delle strutture sono al momento chiuse. E lo sono per l’impossibilità fisica dei clienti di raggiungerle. Gli italiani non si possono muovere. Un albergo è una macchina che costa, perché ha dipendenti, ha utenze. Moltissimi imprenditori hanno scelto la strada della chiusura volontaria.”, incalza il Presidente Bocca, visibilmente preoccupato per il settore che rappresenta, settore che non è stato in alcun modo beneficiato dal cd. Decreto Cura italia. Andando ad esaminare con attenzione il decreto, infatti, non è difficile rendersi conto che, per le imprese alberghiere, non sia previsto alcun “aiuto”. Ad esempio, è stato previsto il credito d’imposta del 60% sui canoni di affitto in relazione agli immobili di categoria C1 – quella dei negozi, per intenderci – ma non per la categoria D2, che è quella per gli Alberghi. Allora, un commerciante può beneficiare di questa agevolazione fiscale, un albergatore che conduca in locazione l’immobile adibito ad albergo, no. Questa è una evidente incongruenza, oltrechè una profonda disparità di trattamento tra esercenti attività d’impresa. Non solo. Non sono previsti ristori per la categoria. Anzi, no, uno solo è previsto, quello dei voucher: la possibilità, cioè, per l’albergo, di non rimborsare i soldi

già ricevuti dal cliente, bensì di fare un buono da utilizzare in seguito. Un po’ poco, se si pensa che la maggior parte degli albergatori, da Noi intervistati, ha dichiarato di aver dovuto rimborsare le prenotazioni fatte sui siti ed in parte pagate mediante acconti. Lamenta il Presidente di Federalberghi : «Ad oggi abbiamo un solo decreto, il cosiddetto Cura Italia, che per le nostre imprese non prevede nulla Avrebbe dovuto mettere in sicurezza i lavoratori delle imprese colpite. Siamo perfettamente d’accordo sulla filosofia alla base del decreto, ossia che il primo atto da compiere era quello di mettere in sicurezza i dipendenti. Peccato che questo decreto sia oggi completamente inattuabile. E spiego il perché: Un’impresa chiusa, come sono chiusi gli alberghi, è un’impresa che non ha cassa, non ha disponibilità liquide. Dunque è un’impresa che non può avere uscite, non può fare pagamenti. Giustamente il decreto del governo prevede che la Cassa integrazione in deroga e il Fis, il fondo integrativo salariale, siano pagati direttamente dall’Inps. Il portale dell’Inps abituato a ricevere mille richieste, oggi ne sta ricevendo decine di migliaia. Quindi per diversi giorni è stato impossibile entrare nel sito dell’Istituto. Solo ieri (25 marzo, ndr) si è sbloccato. E noi sappiamo già che l’Inps per lavorare queste decine di migliaia di pratiche che stanno arrivando, e quindi procedere ai pagamenti, necessiterà di mesi. I dipendenti rischiano di rimanere senza aiuti per questo tempo .Stiamo parlando di persone che guadagnano mille euro al mese e che con quei mille euro fanno la spesa. In questo periodo che cosa faranno. Molti alberghi hanno chiuso all’inizio di marzo, e tra qualche giorno sarà tempo di paga. Le aziende oggi non hanno i soldi per poter anticipare la Cassa integrazione. Rischiamo di lasciare decine di migliaia di persone senza risorse», conclude, preoccupato, il Presidente Bocca. Pertanto, continua il Rappresentante di Federalberghi, “abbiamo presentato una serie di proposte che speriamo possano essere accolte, tra cui abbiamo chiesto che ci sia un ristoro per la perdita di fatturato degli alberghi. Non basta sposta-

re in avanti le scadenze tributarie o contributive. Al 30 maggio il settore sarà probabilmente nelle stesse condizioni di oggi. E a giugno dovremo anche pagare le tasse sui risultati di bilancio del 2019 che sono stati dei buoni risultati» A tali legittime preoccupazioni che allarmano il settore in questione, fa eco il titolare di un grosso complesso alberghiero, Rino Primitivo, Titolare del Complesso Business a Casoria, che comprende Hotel, Bar, Ristorante, Sala Eventi, Sala slot, e Villa Egle, un complesso di Sala Ricevimenti ed Eventi. Un complesso completamento chiuso. Con una perdita di esercizio dal valore inestimabile, atteso che, “oltre ad una perdita di esercizio del 100%, ci mancheranno anche gli utili per affrontare l’inverno, quei periodi in cui le attività sono quasi ferme, mentre, questo periodo, è per noi albergatori il più proficuo, dai lavoratori delle aziende che lavorano in loco, e che abitualmente ospitiamo, ai gruppi individuali che vengono in visita nelle nostre città, specie nel periodo pasquale”, lamenta Rino Primitivo. “Le banche non ci aiutano, il Governo non ci aiuta: dove sono gli aiuti per noi?”, tuona l’albergatore. “ Come faranno a vivere i dipendenti, che per la maggior parte lavorano part- time, e non beneficiano della cassa integrazione? Come faremo a pagare i fornitori delle merci che ci hanno fornito e che ora sono a terra, inutilizzate ? il Governo non ha previsto la sospensione dei pagamenti ai fornitori, sta al loro buon cuore decidere se darci respiro di qualche mese per i pagamenti, oppure no. Non siamo tutelati. Siamo stati lasciati soli. Il sud vive di terziario, mentre il Nord si mantiene sulle fabbriche. Se vai in banca, non ti danno prestiti. Dov’è lo Stato?! Poi si dice che aumenta la criminalità organizzata! Ma se un’azienda onesta, chiede in questo periodo un prestito alla banca e non lo riceve, e magari si fanno avanti questi personaggi che ti offrono un aiuto di cui hai bisogno, che poi pagherai caro e amaro, dov’e’ lo Stato? E dove sono le Associazioni Anti racket? Non facciamo Slogan, servono fatti. “ chiede accorato l’albergatore. “Un decreto che avesse voluto veramen-


DOMENICA 5 APRILE 2020 te aiutare l’Italia, una e sola, avrebbe dovuto prevedere una serie di aiuti per il nostro settore, che invece è stato lasciato completamente solo, allo sbando. Se va avanti cosi, non ci rialzeremo più, dovremo chiudere per sempre”, incalza Rino Primitivo. Attesa la gravità e la improcrastinabilità della situazione che state vivendo, avete avanzato qualche richiesta ai nostri politici? “Sì, stiamo preparando un appello, che sottoscriveremo in molti, da inviare al Presidente del Consiglio, al Ministro delle Finanze e al Governatore della Regione Campania, con delle specifiche richieste che Le anticipo, in esclusiva, e che Le posso così riassumere, in 4 punti: 1. Garantire la liquidità alle aziende attraverso la concessione di prestiti dalle Banche, nella misura del 10% del fatturato aziendale dichiarato nell’anno precedente, con la garanzia dello Stato. 2. Erogare un “bonus” per i fitti. No al credito d’imposta che, tra l’altro, non contempla la categoria D2, che ci riguarda da vicino. Occorre l’erogazione di soldi che potremo, almeno in parte, dare ai proprietari , per i fitti che dobbiamo pagare; il 50% da parte dello Stato. 3. Sospensione o dilazione di tutti i debiti in scadenza verso l’Erario. 4. Dilazione del pagamento delle utenze, da pagarsi , dal momento della riapertura , nei successivi 12 mesi “, conclude Rino Primitivo. Questo, l’accorato appello ai Nostri

7 Governatori, regionali e centrali, da parte dei titolari del settore terziario della Campania, un settore messo letteralmente in ginocchio dall’evoluzione dell’epidemia da coronavirus che, seconda la stima di Confcommercio, sarebbero oltre 23 miliardi i consumi sottratti al mondo di alberghi e ristoranti, con una previsione di riapertura solo ad ottobre, con una riduzione dei consumi di oltre 52 miliardi e un calo del Pil di circa il 3%. “Con il protrarsi delle chiusure delle

attività produttive e di quelle del terziario - come il commercio, il turismo, i servizi, i trasporti e le professioni - e con la prospettiva che questa situazione si prolunghi nel tempo, la situazione economica e il calo dei consumi sono destinati a peggiorare”, dice una nota dell’associazione. Di seguito, il quadro dell’effetto della pandemia su ogni settore interessato che, come si può ben constatare - ed immaginare - vede in crescita il solo settore alimentare.

Vista l’evoluzione dell’epidemia, per Confcommercio “rischia di saltare la previsione più ottimistica che era quella della “riapertura” dell’Italia a giugno che avrebbe comportato, per il 2020, la perdita di 1 punto di Pil e 18 miliardi di consumi.” Occorre intervenire subito con un piano adeguato per i settori terziari, altrimenti il fallimento sarà inevitabile. E la recessione del nostro Paese cagionerà danni irreversibili.

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8 CIRO TROISE

Il calcio s’interroghi più sul come che sul quando si ripartirà La Lega Serie A fa bene a ricordare al ministro Spadafora il ruolo trainante del calcio per lo sport italiano, Malagò, presidente del Coni, lo sa bene, l’ha anche più volte ribadito. Il pallone è uno dei vettori principali dell’economia italiana ma è chiamato ad una sfida che finora ha storicamente fallito: dimostrare la capacità di essere sistema, preferendo la solidità alla liquidità ubriacante, temporanea, che s’alimenta più dei fasti della virtualità che della sostanza della realtà. Si parla troppo del quando si ripartirà, delle legittime previsioni di un mondo che ha bisogno di programmare il proprio futuro pur non potendo decidere in maniera autonoma, dovendo aspettare che finisca la tragedia causata da questo maledetto virus, e troppo poco del come il calcio affronterà la peggiore crisi dal dopoguerra ad oggi. È ormai abbastanza chiaro che la battaglia al coronavirus preveda tre fasi: quella in cui siamo immersi in questo momento di forte contrasto con il lockdown che serve a rallentare il contagio e soprattutto a non sovraccaricare gli ospedali, una di transizione che sarà sotto il profilo economico comunque pesante e fastidioso e la liberazione che presumibilmente arriverà soltanto con il vaccino, o in maniera integrata se le scoperte scientifiche sui farmaci e sugli anticorpi dovessero dare nel corso del tempo ottime risposte. La guerra è ancora in corso, in Campania

Il calcio ha bisogno di un piano graduale per la ripartenza che tenga conto sia della fase di transizione che dell’agognata liberazione dal coronavirus De Luca ha già prorogato le limitazioni alla vita sociale fino al 14 aprile e nel corso dei prossimi giorni anche il premier Conte allungherà il periodo d’attuazione dei suoi decreti inizialmente previsto fino al 3 aprile. Non si potrà stare a casa per mesi, l’ha anche ammesso proprio il presidente del Consiglio, contestualmente con il calo dei contagi fino all’agognata quota zero che, secondo gli esperti, dovrebbe registrarsi tra fine aprile e inizio maggio. Bisogna pensare alla transizione in cui si potrà tornare a lavorare in maniera graduale, con tante precauzioni e con il supporto della

tecnologia, penso all’applicazione che traccerà i nostri spostamenti e ci avviserà di eventuali contatti con i positivi. Il calcio anche deve dividere in due fasi i suoi provvedimenti, ora serve lo shock economico: taglio degli stipendi ai calciatori in serie A, cassa integrazione estesa in B e C, fondo salvacalcio costruito sul modello tedesco con il supporto degli introiti dei grandi club, richiesta al Governo di una legge a sostegno del calcio dilettantistico e dello sport di base e d’abolire il Decreto Dignità ottenendo così introiti immediati da nuove sponsorizza-

zioni. L’impatto economico di problemi e soluzioni varierà se non si riuscirà a ripartire, nel frattempo Gravina deve imporre ai presidenti che, se i medici daranno l’ok, sarà obbligatorio terminare il campionato. L’interesse collettivo viene prima di quello individuale, non è una frase da condividere o su cui cercare l’unità d’intenti ma da rispettare senza opporsi. Ci sarà una fase di transizione anche per il calcio, in questo caso bisogna porsi le domande: quando si potrà disputare gare a porte aperte? È necessario individuare un solo stadio in cui giocare senza pubblico per limitare gli spostamenti? La priorità durante la fase di transizione va data all’aggiornamento delle visite mediche in maniera rigorosa e senza sconti, bisogna farlo nel rispetto di Morosini, Astori e di tutti coloro che hanno perso la vita giocando a pallone. Non c’è ancora un protocollo “Covid 19” ma sarà necessario introdurre nuovi esami di secondo e terzo livello che saranno ancora più approfonditi ovviamente per coloro che hanno contratto il virus. La liberazione va preparata durante la fase di transizione in cui il calcio deve porsi un obiettivo: smarcarsi dalla dittatura dei diritti televisivi, trovare nuove fonti di reddito, investire sul merchandising in maniera seria, sbloccare la questione stadi, reinventare il proprio modo di fare sistema.

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SALVATORE IAVARONE*

Ex RESIA, dal deserto nascono opportunità

Questi giorni di emergenza sanitaria legata al Covid 19 ci impongono una quarantena necessaria per garantire il contenimento dei casi, ma purtroppo anche nella nostra Casoria i dati aumentano preoccupando non poco. Il nostro in bocca al lupo anche al nostro sindaco che per prudenza ha scelto l’isolamento dopo aver avuto probabilmente contatti con un membro della giunta comunale che è risultato positivo con alcuni familiari al tampone, a tutti loro il nostro augurio di una presta guarigione. Da queste pagine di giornale, a me è chiesto di parlare di altro, e non solo di coronavirus, perché è giusto distrarci anche parlando di altri temi. Il tema delle aree dismesse a Casoria continua ad essere un tema importante per il rilancio di Casoria, ma questa volta vogliamo approfondire la storia e le potenzialità di una delle aree dismesse di Casoria, grazie ad una serie di informazioni assunte dal settore VII Pianificazione. L’Ex Resia in Via Principe di Piemonte, Via Gioacchino Rossini, Via Leonida Bissolati è un’area di 96.126 mq. Costruita nel 1949 con la localizzazione di una fabbrica chimica della Montedison, destinata alla produzione di vernici. L’incremento di produzione avviene dal 1958, in dipendenza dal forte potenziamento degli impianti, consistenti attualmente in cinque torri di distillazione. Gli impianti sono stati ampliati più volte successivamente in corrispondenza delle crescenti esigenze produttive. L’importanza della Resia nel processo di industrializzazione sul territorio si considera visto il ruolo di azienda pioniera da essa svolto. Nel 1975 la situazione cambia: il complesso Montedison di Casoria presenta numerose carenze che rendono necessaria la ristrutturazione. In particolare l’improduttività degli impianti, che rendono passiva la gestione dello stabilimento e la mancanza di un idoneo impianto di depurazione in pieno contrasto con le vigenti norme anti inquinamento rendono la ristrutturazione oltre che necessaria improrogabile. Il programma di ristrutturazione non è limitato agli impianti, per l’ammodernamento dei quali è necessario realizzare nuove costruzioni e all’impianto di depurazione, ma comprende sostanziali interventi per quanto

concerne l’accesso allo stabilimento, i servizi sociali, l’ufficio tecnico e la rete fognaria. Pochi anni dopo vi è stata la completa dismissione dell’azienda e la progressiva lenta distruzione delle strutture edilizie, per cui dell’area resta un grande “vuoto” di circa 100.000 mq, in un contesto dove si alternano un minuto tessuto residenziale, insediamenti commerciali di piccola e media grandezza e strutture produttive di notevole estensione. Il complesso produttivo, attualmente dismesso, è delimitato da via Bissolati, via Principe di Piemonte e via Rossini. L’ingresso è posizionato lungo la S.S. 87 “Sanntica”. All’interno l’area presenta un andamento fondamentalmente pianeggiante con pendenze estremamente limitate. Gli edifici produttivi sono quasi completamente distrutti; permangono alcune strutture in gravi condizioni di degrado e di abbandono: la portineria e i servizi sociali, un edificio ad un piano, alcuni magazzini industriali ad un piano, alcune strutture impiantistiche, alcune tettoie ed una parte a nord’est alberata. In realtà, questa situazione è completamente mutata, a seguito del processo insediativo, che si è sviluppato intorno al lotto produttivo, progressivamente inglobato entro un sistema urbano articolato, con altri segni, altre giaciture, altre articolazioni volumetriche. L’area è dotata di una favorevole condizione di accessibilità dal punto di vista dei collegamenti infrastrutturali. Via Principe di Piemonte, vale a dire la

S.S. n.87, è l’antica ”Sannitica” di collegamento tra Napoli e Caserta; via Rossini rappresenta un importante elemento di collegamento con l’asse Mediano e con Arzano; via Bissolati si immette in via Nenni, che rappresenta un altro importante collegamento con l’Asse Mediano. La recente storia di questo sito è legata al ritrovamento di fusti e al dramma dell’inquinamento dell’area ex industriale. In tanti segnalano l’anomalia della amncata crescita di erba nell’area. Ed è sempre storia recente la volontà che molti ricordano, da parte degli ex proprietari, di donare l’area al comune, cosa che si vanificò senza spiegazione. Oggi l’area è privata, ma deve rappresentare un occasione di sviluppo per il territorio, non una speculazione, ma un’opportunità per l’area a Nord di Napoli e non solo per Casoria. La commissione consiliare cho ho l’onore di presiedere ha formalmente richiesto tutti gli atti sulle bonifiche di tutti i siti dismessi a Casoria. Io stesso ho contattato la Regione Campania anche in quanto membro dell’Ato Napoli 1 per la gestione dei rifiuti per incrociare i nostril e I loro dati e coinvolgere direttamante l’Arpac per un lavoro più approfondito. Quando questa quarantena da coronavirus sarà passata avremo molto da fare, e sarà l’occasione per un grande evento pubblico, anche con i proprietari di queste aree per parlare di sviluppo del territorio. Presidente delle III commissione consiliare “Territorio, urbanistica, infrastrutture, ambiente, vivibilità e viabilità”


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10 ANTONIO BOTTA

8 milioni e 600.000 persone sintonizzate su RAI UNO per ottenere l’indulgenza plenaria concessa dal Papa a chiunque

“TUTTI SULLA STESSA BARCA PER REMARE INSIEME: NESSUNO SI SALVA DA SOLO”

Piazza S. Pietro deserta e avvolta nei colori smorti del tramonto; scroscio di pioggia insistente; cielo blu cobalto, sprazzi di vento che solleva verso l’alto volute di incenso, silenzio mistico: in questo scenario suggestivo, surreale e commovente il Vicario di Cristo in terra si fa interprete del senso di smarrimento e di paura di tutta l’umanità, ne coglie il dramma: con passo lento, claudicante, come Mosè che salì sul monte Sinai, raggiunge il sagrato della Cattedrale con tutto il peso delle angosce del mondo intero, per invocare protezione e salvezza in questo tempo di emergenza sanitaria. Noi, come il popolo ebreo in cammino nel deserto (otto milioni e 600.000 sintonizzati su Rai Uno e altri milioni su TV 2000), siamo in preghiera nelle nostre case, sconvolti, frastornati, attoniti e attendiamo che Papa Francesco parli con Dio e lo implori per liberarci dal contagio, dalla paura della morte, dall’angoscia per un futuro incerto per l’impatto devastante della pandemia sull’economia e da un incubo che inaspettatamente ci opprime, spodestandoci dal piedistallo del nostro delirio di onnipotenza. Attraverso il Pontefice unica è l’invocazione che sale da tutti i popoli della terra: “Signore, dove sei? La tempesta ci assale, ci tormenta, non t’importa più nulla di noi? Non t’importa che siamo perduti”? Solo adesso in cui avvertiamo il senso di fragilità nel mare furioso, sferzati dalla tempesta malefica del Covid 19,proviamo il forte e medesimo spavento di tantissime persone che sono, da tempo, fla-

gellate dalle tempeste scoppiate in tanti angoli del mondo e verso le quali appena volgevamo un fugace pensiero di commiserazione: in spasmodica corsa nel soddisfare in maniera vorace i nostri appetiti di qualsiasi tipo,nell’assecondare gli effimeri bisogni, non avevamo tempo per prestare ascolto alle invocazioni dei bambini privati dei loro diritti al gioco, all’istruzione, alla cura, ad una vita dignitosa, né ci preoccupavamo delle profonde ferite inferte alla natura. Le nostre fatue sicurezze ci rendevano superbi, tronfi,spavaldi; la sofferenza dei popoli afflitti e tormentati dalla fame, dai conflitti e dalle bombe che falcidiavano le speranze di vari popoli tormentati dalle sventure era lontana,

non ci riguardava, per questo volgevamo appena un rapido sguardo ai TG e via verso i luoghi dove ci si recava per “bruciare” le emozioni impellenti, verso le nuove cattedrali, i grossi centri commerciali, per comprare e consumare in un vortice senza fine. Adesso, noi, come ha detto il Pontefice, ci troviamo tutti nella stessa barca che sballotta sulle onde agitate e la fragilità e l’incertezza ci stringono lo stomaco e quasi ci tolgono il respiro. Nelle tante rinunce a cui non siamo abituati, nelle restrizioni coatte,ci stiamo ricordando, finalmente, che sopra di noi c’è il cielo verso il quale volgiamo di nuovo gli occhi: quel “manto” meraviglioso che in noi non suscitava più stupore . Questa esperien-

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DOMENICA 5 APRILE 2020 za dolorosa, ha osservato Francesco,ha smascherato e lasciato scoperte le false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito «le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità… i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine» e ha lasciato «scoperta, ancora una volta, quella benedetta appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli». La consapevolezza, tremanti di paura, di non essere infallibili, di sentirci “nudi”, non più idolatri di noi stessi, ci ha portato, Venerdì sera, a immergerci in un bagno di umiltà, a tenere giunte le mani, a sperimentare la gioia di ritrovarci fratelli nel comune bisogno e a rivolgerci a Dio, riscoperto come Padre misericordioso. Anche Lui era stato riposto tra tutto ciò che non serve più, “roba” vecchia, da Medioevo oscurantista; al limite, solo a Natale, per rispettare un’antica tradizione e per accontentare i bambini, lo facevamo apparire nei pochi presepi allestiti nelle case, personaggio, tutt’al più da favoletta per i più piccoli, tra lo sfavillio di luci di maestosi abeti. Seduti o in ginocchio, emozionati e commossi, abbiamo accolto la santa benedizione e l’indulgenza plenaria con gli occhi da cui sgorgavano lacrime di contrizione, perché ci siamo percepiti di

11 nuovo Suoi figli e solidali nella sofferenza: “ Vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori… non lasciarci in balia della tempesta”. Il Vangelo, come ha posto in rilievo il Santo Padre, chiama adesso “a cogliere questo tempo di prova come «un tempo di scelta». Non è – ha affermato – il tempo del giudizio divino, «ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita». Proprio dall’esempio di chi, come gli operatori sanitari, in questo flagello ha sacrificato la propria vita per guarire quella altrui, dobbiamo far riemergere le risorse interiori accantonate e abbandonate dentro di noi per un sussulto di umanità, perché, come disse il grande giornalista Enzo Biagi (di cui avremmo festeggiato i suoi 100 anni dalla nascita

se fosse ancora fra noi) “in ogni creatura umana c’è una scintilla di eternità e di grandezza”da coltivare e da valorizzare per contribuire, ciascuno facendo la propria parte , alla creazione di un diverso tipo di civiltà. Essa, come sosteneva il grande laico missionario Raoul Follereau, non si fonda sulla forza, sul denaro, ma è “il desiderio paziente, appassionato, ostinato, che vi siano sulla terra meno ingiustizie, meno dolori, meno sventure. La civiltà è amarsi”. “Nessuno si salva da solo”ha sottolineato il Papa, quindi occorre “remare insieme” verso la globalizzazione della solidarietà e verso i beni relazionali per salvare il pianeta dalle deturpazioni selvagge, per dichiarare “guerra” alle guerre sanguinose, per una più equa distribuzioni dei beni, per coltivare la virtù della misericordia, da intendere come amore che vive la miseria dell’altro come fosse la propria. E’ fondamentale, in primis, partire da una comunità europea coesa e unita nel perseguire una medesima politica economica, non legata alle regole del passato, ma a un’idea di futuro aperta al mutuo sostegno, alla corresponsabilità, affinché i Paesi più ricchi e riottosi rallentino il passo per attendere che quelli in difficoltà li affianchino.


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12 VITTORIA CASO

DAD: LA SCUOLA RISPONDE? L’emergenza causata dal coronavirus ha determinato la sospensione delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado e il conseguente suggerimento di utilizzare la DAD cioè la Didattica A Distanza. È opportuno spiegare ai non addetti ai lavori cosa s’intenda per DAD, considerato che essa coinvolge non solo dirigenti, docenti e alunni, ma anche le loro famiglie, spazi e risorse economiche. “Le attività di DAD, come ogni attività didattica, per essere tali, - si afferma nella recente circolare 388/2020, emanata dal M.I. - prevedono la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni. Qualsiasi sia il mezzo attraverso cui la didattica si esercita, non cambiano il fine e i principi. Nella consapevolezza che nulla può sostituire appieno ciò che avviene, in presenza, in una classe, si tratta pur sempre di dare vita a un “ambiente di apprendimento”, per quanto inconsueto nella percezione e nell’esperienza comuni, da creare, alimentare, abitare, rimodulare di volta in volta. Il collegamento diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo; la trasmissione ragionata di materiali didattici, attraverso il caricamento degli stessi su piattaforme digitali e l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente, l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali: tutto ciò è didattica a distanza.” La circolare, preceduta da varie note esplicative, evidenzia, inoltre, la necessità che la scuola risponda con senso di responsabilità e si riorganizzi di fronte alle nuove esigenze, causate da questa situazione imprevista, piombata come uno tsunami sulla nostra nazione. L’invito è a far sì che la lontananza fisica non equivalga ad abbandono dei discenti a sé stessi. Non mancano: inviti a rimodulare gli obiettivi formativi in base alle diverse peculiarità di ciascun grado di scolarità; a non interrompere la continuità del processo d’inclusione per alunni diver-

samente abili, con DSA e BES; sottolinea il duplice valore dell’indispensabile valutazione: diritto per i discenti e dovere per i docenti, da realizzare con tempestività e trasparenza attraverso forme, metodi, strumenti e criteri decisi dal Collegio dei Docenti. La scuola da nord a sud ha risposto con sensibilità operativa, giuridica e amministrativa attivando forme di DAD e strategie innovative di apprendimento, con maggiore serenità dove c’era la formazione di base indispensabile, informandosi, dove non c’era. I sindacati sono scesi in campo, alcuni alzando barricate contro la DAD, altri invocando il contratto, altri ancora dimostrando equilibrio e serenità di giudizio. Per comprendere meglio la realtà delle scuole italiane, abbiamo intervistato alcuni Dirigenti Scolastici e abbiamo chiesto loro di illustrarci come si sono organizzati circa la DAD, punti di forza e criticità. “Pur essendo presente già da tempo nel panorama delle tecnologie digitali, la DAD, nella maggioranza delle scuole italiane non era né nota né applicata, sia per una certa ritrosia alle innovazioni da parte di tanti docenti, sia per le problematiche normative e pratiche connesse. – ha affermato la prof.ssa Antonella Barreca, Dirigente Scolastico dell’ITES Galiani, Napoli, che ha accolto il nostro invito a parlare con franchezza - Nella grave emergenza in cui ci troviamo non credo ci fosse altra soluzione che garantisse, sia la salute di studenti ed operatori, sia un servizio essenziale come l’istruzione, diritto fondamentale sancito dalla Costituzione. Pertanto, bisogna inquadrare la situazione facendo di necessità virtù. Non esiste normativa specifica che possa indirizzare e guidare il sistema scuola nella DAD ed esiste anche una difformità molto va-

riegata di competenze digitali che fa la differenza tra i docenti, tra le scuole, tra i cicli e tra le diverse zone del Paese. Il rischio più grave è sicuramente la perdita dell’inclusività di cui la scuola italiana porta il vessillo. Inoltre, anche sotto il profilo infrastrutturale assistiamo a differenze notevoli tra le aree del Paese che è caratterizzato, da zone più ricche ed industrializzate con alta e veloce connettività, e zone in cui le infrastrutture sono al collasso. Punti di forza? Sicuramente, una volta acquisita dimestichezza con le tecnologie, la DAD, può rivelarsi un utile strumento per accompagnare la didattica in presenza, utile per offrire nuove opportunità ai ragazzi più difficili, a quelli che sono costretti a casa per un periodo lungo di malattia, per offrire agli alunni più deboli un’ulteriore occasione di riflessione, approfondimento, recupero. Per i docenti può fungere da propulsore dell’entusiasmo che si genera dalla diversificazione delle metodologie didattiche.” Relativamente alla valutazione, momento delicato e indispensabile del processo d’insegnamento -apprendimento, la prof.ssa Barreca induce a riflettere: “Hanno idea i tecnici del Ministero, di come proporre la valutazione dell’anno scolastico: sommativa? formativa? In che modo tener conto degli alunni con gravissimi e diffusi insuccessi formativi palesatisi e valutati nel primo quadrimestre e dei dispersi?” “Nell’ ITES GALIANI, come in tantissimi altri Istituti d’Italia – precisa la prof. Barreca con la chiarezza che la contraddistingue- non eravamo pronti, non eravamo organizzati. Devo dire che i docenti si sono subito adoperati a livello individuale per continuare ad avere il fil rouge con i loro alunni; il problema però è più articolato: fare sistema dandosi delle minime regole a tutela degli equilibri tra docenti e della serenità degli alunni. Questo aspetto è un po’ più difficile da governare perché, non essendoci una parola definitiva sulla DAD da parte del M.I., nonostante, a garanzia del servizio essenziale dell’istruzione, non sembra esserci altro modo, si dice che la DAD non è un obbligo pur essendo evidente che se vengono richieste le


DOMENICA 5 APRILE 2020 valutazioni degli alunni, di fatto lo è. Pertanto, abbiamo assistito a posizioni diverse e polemiche sull’uso delle piattaforme erogatrici del servizio, sulla libertà di insegnamento, scontri ideologici derivanti spesso dall’idea che libertà di insegnamento possa corrispondere all’ anarchia organizzativa. Per quanto riguarda i nostri studenti, hanno accolto con minore ritrosia dei docenti le modalità DAD perché usano device a loro molto familiari, perché c’è una maggiore flessibilità negli orari di studio. Ma le difficoltà per molti di loro sono strutturali: case piccole in cui è difficile avere uno spazio proprio di studio, condivisione dei device e della connettività con altri in famiglia. Sicuramente il problema generale è la difficoltà di connettività dato dall’esaurimento dei giga disponibili e non aumentabili per motivi contrattuali con il gestore. Per la valutazione, io spero che il M.I. ci dia indicazioni chiare che ci consentano di individuare indicatori e descrittori adeguati alla situazione. Per l’Esame di Stato concordo per la commissione interna con Presidente esterno ma bisognerà normare le modalità di svolgimento rendendole simili agli esami che, già da tempo, tante università telematiche adottano. Indicazioni precise: Che tipo di esame? Come valutare i crediti? E se i crediti sono scarsi? Obbligo DAD si o no? Queste sono solo alcune delle problematiche generate dal sistema DAD.” Alla luce della mia personale e lunga esperienza di docente, condivido le perplessità della D. S. del Galiani circa le valutazioni e gli esami di maturità in quanto momenti assai delicati e spesso punto nevralgico dell’anno scolastico in condizioni di normalità, figuriamoci in un anno drammatico qual è l’attuale. E negli Istituti Comprensivi com’è la situazione? In tal senso abbiamo voluto ampliare l’orizzonte e interpellare il prof. Giulio Silvestro, Dirigente Scolastico dell’IC PIO LA TORRE di ROMA, ben 5 plessi, di cui 1 ospita la secondaria I grado e gli altri 4, compreso quello centrale, ospitano primaria e infanzia nel quartiere Primavalle, a nord ovest di Roma. La platea è eterogenea con forte tasso immigratorio e alcune punte di disagio sociale, pertanto, tutti i discenti hanno bisogno di trovare nella scuola un sicuro punto di riferimento. Già docente di matematica e fisica presso il liceo Gandhi di Casoria, il prof Sil-

13 vestro è grande esperto d’informatica oltre ad essere stato dirigente sindacale Gilda; pertanto, gli chiediamo subito quale sia il suo parere relativamente alle tante polemiche circa la DAD e se nel suo istituto si sia riusciti a realizzarla. “La DAD è sicuramente una risorsa preziosa, da utilizzare anche a emergenza superata, rafforzandone la consuetudine e le connesse competenze, quale opportunità di arricchimento della didattica ordinaria e strategia innovativa, complementare e non certamente sostituiva della didattica in presenza, in cui la relazione interpersonale diretta accresce e caratterizza l’efficacia e la qualità dell’azione educativa e del dialogo pedagogico. Le polemiche iniziali, in gran parte superate, sono sicuramente sorte dall’urgenza da parte delle scuole di ricevere indicazioni che tenessero nella dovuta considerazione le concrete situazioni, le diverse realtà, le difficoltà delle famiglie e i molteplici problemi connessi a burocratismi e fiscalismi. Il fatto che il contratto collettivo nazionale di lavoro non la preveda è sicuramente uno degli elementi che ha generato polemiche assieme ai tanti aspetti impliciti ed espliciti bisognosi di chiarimenti; tuttavia in un momento così drammatico qual è l’emergenza covid 19, nulla pregiudica la sana dialettica, cardine della vita democratica. I docenti del Pio La Torre, dopo un attimo iniziale di titubanza, presa coscienza della gravità del momento, si sono dati da fare con professionalità e senso di responsabilità, dettate dall’etica e dalla deontologia professionale, non certamente da clausole contrattuali. Andando ben oltre il proprio dovere, infatti, i docenti della scuola dell’infanzia, della primaria e della secondaria I grado, si sono prodigati con quell’impegno ed energia positiva, che da sempre connota la maggioranza della classe docente. Molti docenti si sono messi in gioco con entusiasmo per costruire occasioni di crescita per sé stessi e per i

propri alunni. In qualità di Dirigente Scolastico – precisa il prof. Silvestro - ho fornito ai docenti, puntando sulla condivisione, materiale ricco per qualità e quantità, link, videoconferenze, chat, note e circolari ministeriali e le principali piattaforme, affinchè vi fosse la possibilità di un ampio confronto e poi la libera scelta dello strumento ritenuto più idoneo e congeniale a ciascun grado di scolarità. C’è chi ha optato per il registro elettronico–piattaforma Axios; la primaria che non ha il registro elettronico ha scelto G. Suite; nella scuola dell’infanzia le maestre utilizzano video e messaggi da chat e cellulari; ma non finisce qui, c’è chi sta sperimentando videolezioni e chi ogni giorno arricchisce di nuove idee la didattica: alimentati tutti dal desiderio di non lasciare soli i bambini lungo il percorso educativo intrapreso da uno o più anni di attività. Nessuna imposizione, dunque, ma grande fervore ed entusiasmo, ore ed ore di lavoro da parte dei docenti e almeno 9/10 ore al giorno di coordinamento da parte mia. Alcune criticità vi sono, determinate da situazioni economiche non floride, da famiglie che non riescono a seguire i bambini; in verità, si tratta di casi che già erano a rischio dispersione; il Ministero, in verità, sta prendendo in considerazione la possibilità di provvedere a soddisfare le esigenze dei soggetti più deboli economicamente ma anche noi non molliamo le redini e chiediamo l’intervento dei servizi sociali laddove ci rendiamo conto che non c’è feedback. Ovviamente anche i docenti di sostegno intervengono in maniera decisa e determinata. Insomma, la parola d’ordine è “non lasciare nessuno indietro” e come dirigente di questo grande e articolato istituto sono abbastanza soddisfatto di quanto stiamo realizzando, grazie anche al lavoro veramente considerevole che da remoto il personale amministrativo svolge. Siamo ancora lontani dalla perfezione, nè pretendiamo di raggiungerla ma certamente ogni giorno miglioriamo le performances.” Anche a Casavatore, territorio ad alto rischio dispersione e con tanti problemi irrisolti, le scuole sono un punto di riferimento imprescindibile sia per la formazione che per l’orientamento e la socializzazione dei giovani. Dei 3 Istituti Comprensivi presenti sul


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14 territorio, tutti molto operosi, il Romeo è sicuramente una scuola con una folta platea, che in questo momento delicato siamo curiosi di sapere se e come abbia risposto alla DAD. Ci rivolgiamo, pertanto, alla Dirigente Scolastica prof.ssa Maria Evelina Megale, alla guida dell’IC ROMEO di Casavatore da lungo tempo. “In un momento così complesso tutta la comunità scolastica si è attivata immediatamente dopo la sospensione delle attività didattiche delle scuole, considerando fondamentale non far perdere ai nostri ragazzi il contatto con i docenti e fare sentire loro la nostra presenza, anche se virtuale e con modalità alternative rispetto alla didattica ordinaria. – afferma la prof.ssa Megale – La risposta della platea è stata molto positiva, nonostante alcune famiglie avessero indubbie difficoltà a causa della mancanza di competenze digitali e spesso di strumenti informatici adeguati, quali PC e tablet. C’è stato, in verità, di fronte ad una situazione così insolita un primo momento di giustificata ansia ma presto stemperata e confluita in una sana e costruttiva collaborazione. Ciò grazie anche alla mediazione del sig. Giuseppe Mignola, presidente del Consiglio d’Istituto e della sig.ra Alessandra Lamanna, componente CI, e di tanti altri genitori, spesso rappresentanti di organi collegiali della scuola, che hanno fatto girare attraverso i gruppi WAppgenitori notizie, informazioni, raccomandazioni. I docenti, invece, abituati già da qualche anno ad utilizzare la piattaforma G.Suite di Google , dotati quasi tutti di una buona preparazione informatica, pur essendo rammaricati per la mancanza della didattica in presenza, si sono organizzati con scienza e coscienza, mettendo in campo tutto l’impegno necessario per realizzare le classi virtuali, in cui hanno registrato tutti i ragazzi della scuola secondaria di primo

grado, ad eccezione di una decina. Un lavoro oneroso ma agevolato dalle competenze dell’animatore digitale prof.ssa Anna Migliaccio e del suo team, proff Maurizio De Pascale, Mariarosaria Scarpato e Claudio Zecchino. Impegnativo è stato anche il lavoro delle Funzioni Strumentali alla didattica, Proff.sse Perone, Orefice e Visone, dei referenti dei dipartimenti, dei coordinatori del sostegno che hanno dovuto curare i vari passaggi della DAD affinchè si potesse procedere tutti di pari passo e in sintonia. Ovviamente, ho coordinato ogni fase ed ogni singolo step attraverso video conferenze con i docenti dei tre gradi di scolarità, i dipartimenti, i responsabili, non dimenticando assolutamente i docenti di sostegno. In tal modo sono state riorganizzate le attività didattiche, dopo la rimodulazione delle unità di apprendimento, adeguati i PEI e i PDP; lo scambio, le relazioni e la coprogettazione in itinere tra docenti dello stesso team e dei consigli di classe ha dato ottimi risultati; i docenti sono riusciti a coordinarsi in modo da evitare sia sovrapposizioni, sia carichi cognitivi eccessivi ai ragazzi. Le videoconferenze permangono uno strumento privilegiato per fornire informazioni, fugare dubbi, sviscerare punti problematici, trovare risposte. Nella scuola dell’infanzia si sono rivelati fino ad oggi sussidi preziosi strumenti semplici come smartphon, wapp, telegram, portale Argo del registro elettronico, tra breve si partirà con videolezioni su classi virtuali. Le maestre sono in contatto quotidiano con le famiglie e i bambini per recitare filastrocche, raccontare storie: ascoltare la voce narrante della propria maestra e sentirne la vicinanza aiuta a mantenere stretti i legami. Nella secondaria e in alcune classi della primaria è utilizzata la piattaforma WeSchool, basata sulla collaborazione, sul coinvolgimento, sulla interazione con

gli studenti sia durante la lezione, sia prima, sia dopo. Di fatto li raggiunge proprio sui dispositivi elettronici che i ragazzi tengono costantemente a portata di mano, rendendoli consapevoli della loro utilità non solo per comunicare e giocare ma anche per apprendere. In tal senso alcuni discenti, piuttosto restii a partecipare alle attività didattiche ordinarie, hanno scoperto il piacere di apprendere in modo diverso dall’usuale. In conclusione, - aggiunge la prof.ssa Megale - anche se il lavoro da remoto mi comporta un impegno quotidiano tra le 10 e le 12 ore, sono soddisfatta della risposta corale che il Romeo sta dando. Del resto, conoscendo la professionalità e la serietà dei miei docenti, non mi mai sfiorato il dubbio che lasciassero da soli i discenti lungo il percorso di crescita umana e culturale. Anzi, desidero ringraziare tutti i docenti, che insieme all’ ininterrotto “lavoro agile” da parte degli uffici di segreteria, in primis del direttore amministrativo, dott. ssa Piscopo, stanno rendendo la comunità scolastica una vera comunità educante. Ringrazio, inoltre, la vicepreside prof.ssa Ruggiero per la collaborazione costante; tutti i genitori che continuano a manifestarci stima ed affetto e contribuiscono costruttivamente alla formazione dei propri figli e tutti gli alunni che si stamno dimostrando responsabili, partecipi e decisamente forti in questo periodo estremamente doloroso”. Indubbiamente questo articolo è lungo ma ho voluto offrire una panoramica del lavoro che stanno svolgendo le comunità scolastiche; non sappiamo quando potranno riprendere a pieno ritmo le attività didattiche in presenza ma quel quid che lega profondamente docenti e alunni non può scioglierlo nemmeno la pandemia: “I legami più profondi – concordiamo con Lao Tze - non sono fatti né di corde, né di nodi eppure nessuno li scioglie” .


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ANGELA CAPOCELLI

Intervista a Ciro Borriello: il calore di un abbraccio Nel panorama a tuttotondo che stiamo cercando di offrirvi sull’argomento Covid19, abbiamo deciso di inserire quest’intervista a Ciro Borriello, assessore allo sport del Comune di Napoli, che ci ha gentilmente dedicato un po’ del suo tempo per dirci la sua. Indubbiamente, il momento che stiamo vivendo ha fatto emergere sia i tratti salienti positivi che quelli negativi del popolo napoletano : la sua forza nell’attraversare anche i problemi più difficili con l’ironia e la simpatia che lo contraddistinguono ma anche la sua mancanza di senso civico e, talvolta, noncuranza delle regole. Come crede stiano affrontando i Napoletani questa situazione? Nel suo giudizio dominano lode o biasimo? Sicuramente, il nostro è un popolo abituato ad affrontare difficoltà, tra mancanza di lavoro e situazioni sociali particolari… Io credo che i napoletani stiano rispondendo molto bene a questa emergenza, perché, al di là di come la raccontano e di alcuni fatti isolati, nei quartieri che sto attraversando non noto una disobbedienza. Purtroppo dobbiamo registrare che ci sono delle aree della città socialmente in difficoltà, ovvero i quartieri estremamente popolosi dove è difficile far passare delle regole, anche se pure lì stanno tenendo duro. Le immagini che sono girate sulla Pigna-

secca, ad esempio, sono immagini sbagliate perché non erano assolutamente molte le persone che si trovavano per strada. Quindi, complessivamente, sto vedendo che questo popolo ha risposto all’emergenza con maturità. I progressi in ambito medico effettuati dai nostri dottori sono per noi motivo di orgoglio. Recenti servizi, però, hanno cercato di smentire la paternità napoletana di alcune scoperte. Perché, secondo lei, il resto d’Italia è restia nel mostrare riconoscenza nei confronti della validità professionale dei nostri medici? Che il Monaldi e il Cotugno siano centri di eccellenza nazionale rispetto alle malattie infettive è un dato di fatto. Di conseguenza, credo che la sperimentazione di quei farmaci dovuta ai nostri infettivologi sia un’intuizione estremamente positiva e che deve trovare supporti scientifici. E’ chiaro che tutto ciò che è nuovo come questo virus trova comunità scientifi-

che pronte ad accogliere le novità ed altre meno, che si muovono anche su criteri di globalizzazione del farmaco: ci sono dei centri di potere, come la sanità del Nord, che si riferiscono a modelli farmaceutici economicamente complessi rispetto a quello che può essere uno studio condotto da un nostro medico. Quando si scontrano dei modelli culturalmente diversi ne esce fuori una lotta tra Nord e Sud che secondo me è anche un po’ forzata! Questa quarantena rappresenta una stasi economica che dimostrerà tutte le sue conseguenze negative non appena l’emergenza COVID-19 sarà stata del tutto debellata. Quale sarà, secondo lei, l’entità di questi danni? Ora è difficilissimo calcolare i danni economici agli studi sociali anche perché la nostra città si avviava dopo anni di sofferenza a un’economia basata esclusivamente sul turismo: già tra un mese avremo una ricaduta estre-

mamente negativa. Esiste poi tutto un mondo di commercianti, liberi professionisti e piccole imprese che in questo momento è immobilizzato e che tra qualche mese inizierà a subire le conseguenze catastrofiche di questo fermo. E’ chiaro che se non ci saranno delle misure straordinarie del governo che accompagneranno il dopo (proprio come se si trattasse di un dopoguerra) la ripresa sarà veramente difficile. Seppure al Sud i contagiati siano minori che al Nord, il blocco sull’economia è lo stesso, quindi le misure dovranno necessariamente riguardare TUTTE le regioni d’Italia e non solo quelle settentrionali dove, purtroppo, ci sono stati più morti. Vuole lasciare un messaggio al nostro pubblico e al popolo napoletano in generale? Restiamo a casa, evitiamo contatti sociali, usciamo solo se strettamente necessario. Credo che questo tempo ci farà ragionare su quante cose inutili stavamo probabilmente facendo e ci farà rendere conto di quanto sia bello il calore di un abbraccio che adesso ci manca. A noi napoletani, che siamo un popolo d’amore, come diceva De Crescenzo, manca molto questo contatto sociale. Ho fede nella forza dei meridionali e sono convinto che ne usciremo più forti di prima, con ancora più voglia di stare insieme!

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16 ROSA DAVIDE

Essere farmacisti ai tempi del coronavirus Oggi potrebbe essere una domenica qualunque, ed invece non lo è. Perché domani non sarà un lunedì di ordinaria amministrazione, ma comincerà la quarta settimana di quarantena per molti e di battaglia per tutti coloro che armati di divisa, guanti e mascherine (per chi ha la fortuna di esserne ancora dotato), si recheranno a lavoro. Tra i lavoratori a più alto rischio, anche se troppo spesso dimenticati, ci sono i farmacisti: sempre in prima linea per la tutela della salute. I farmacisti, da circa ottocento anni di storia, svolgono un servizio sociale alla comunità, producendo cultura, fornendo assistenza, stimolo e cure. Oggi, ancor più che in passato, sono vicini a chi ne ha più bisogno : tutti i cittadini, nelle grandi città come nelle zone più colpite e più ferite dal virus. Perché soprattutto ai tempi del covid19, le farmacie rappresentano il primo presidio assistenziale per la comunità. In uno scenario così difficile per la sanità, con gli ospedali quasi al collasso, la limitazione degli spostamenti e i medici di famiglia costretti a ridurre drasticamente il numero delle visite, i farmacisti ci sono e il loro lavoro diventa ancor più insostituibile. E per meglio comprendere il concetto, basterebbe porsi alcune semplici domande. Senza farmacisti come sarebbe possibile la dispensazione di tutti quei medicinali indispensabili per la nostra salute? A chi ci si potrebbe rivolgere nelle emergenze quando il medico non risponde? Chi ci ascolterebbe quando abbiamo dei dubbi sulla terapia da seguire o quando abbiamo semplicemente bisogno di un consiglio o di una

parola di conforto? La risposta sta nel fatto che non può esistere farmacia senza farmacisti. Così come i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari e tutti coloro che lavorano per garantire i bisogni di prima necessità, anche i farmacisti purtroppo non sono immuni. Per capire quanto la categoria sia esposta al rischio di contagio basti pensare al numero di persone che transitano mediamente in una farmacia: fino a cinquecento accessi giornalieri. Nonostante nella maggior parte dei casi siano state adottate tutte le misure possibili per contenere l’epidemia (montando vetri di plexiglass, recuperando mascherine e disinfettanti ove possibile), la sera i farmacisti tornano a casa distrutti e con la paura di contagiare le persone più care. Perché a fine giornata, quando la stanchezza comincia a farsi sentire, si ha l’impressione di avercelo addosso quel virus, e tutti quei sintomi sembrano comparire per davvero. Il giorno dopo si ricomincia nonostante tutto, perché vi è una vocazione che va ben oltre tutte le preoccupazioni, perché la spilla con il caduceo appuntata al petto di ogni far-

macista pesa più di quanto voi possiate immaginare ed è il simbolo di un giuramento (il giuramento di Galeno) che racchiude tutti i valori e i doveri di una professione troppe volte sottovalutata. I farmacisti ci sono, giorno e notte, trecentosessantacinque giorni l’anno, instancabilmente, per dare consiglio, conforto, ascolto e sorrisi. I farmacisti restano e resteranno in farmacia, qualsiasi cosa accada. L’appello di tutta la categoria è quindi rivolto alla responsabilità e alla coscienza di ogni singolo cittadino. Bisogna recarsi in farmacia solo se strettamente necessario, non per prendere una boccata d’aria e comprare cose che non servono realmente. I medicinali sono un mix di salute e umanità, non si comprano per conservarli nel cassetto o chi ne ha realmente bisogno rischia di restarne senza. I farmaci non possono essere consigliati da chiunque ma solo dal medico o dal farmacista, i social network o le ricerche su internet non possono sostituire in alcun modo queste figure professionali. Chi ha febbre, tosse o altri sintomi sospetti deve restare a casa e avvertire il medico di medicina generale, e non recarsi irresponsabilmente in farmacia. Non vi si chiede molto: rispettare le regole, restare a casa, uscire solo per effettiva necessità ed urgenza, adottare comportamenti responsabili. Queste restano le uniche armi per combattere questa battaglia, contro un nemico tanto invisibile quanto pericoloso, che attacca tutti senza distinzioni. Questa volta in gioco ci sono le nostre vite e quelle delle persone a cui teniamo di più.

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TERESA D’ANGELO

Dal programma “Chiacchierando con..”, ideato da casa in diretta Instagram,parlando simpaticamente con Ines Danza, Angelo Iannelli e la splendida Drag Queen Priscilla.

Pomeriggi interessanti, per riempire alcune ore del pomeridiano, rompendo un po’ la solita aria di casa, ricca di malinconia, angoscia e preoccupazione che in questo periodo così duro, tiene tutti siamo chiusi tra le quattro mura per difenderci dal contagio del nemico invisibile che tutto il mondo sta combattendo,il covid19. Alcuni artisti, tra cui attori, cantanti, ballerini, performer, e quant’altro scelgono così di partecipare in diretta, raccontando come stanno passando il loro tempo di restrizione a casa. Nella seconda settimana del mio format, ho avuto il piacere di sentire ed intervistare la bravissima coreografa e ballerina, Ines Danza, colei che ha sviluppato innumerevoli coreografie per tantissimi video musicali, coreografie teatrali e da palco di molti artisti partenopei. La sua voglia incondizionata di ballare non si ferma nemmeno in questi duri pomeriggi, perché non solo continua il suo costante allenamento, ma attraverso Skype, continua ad insegnare alle sue allieve le tante discipline della Danza. Altro ospite del panorama partenopeo è stato il nostro premiato “Ambasciatore del sorriso”, Angelo Iannelli, amatissimo attore con la sua maschera da Pulcinella, scrittore, letterario,conduttore che si batte da sempre contro tante tematiche, lottando contro l’illegalità, il bullismo, la violenza e portando un sorriso lì dove evince la legalità, il buon senso, le vere eccellenze campane. Angelo mi ha raccontato che passa i suoi pomeriggi tra la lettura e nuovi progetti di scrittura. Poi sui social, per sfidare questo corona virus, ha lanciato un

vero contest dal nome “Io resto a casa e cucino specialità” gastronomico, dove preannuncia una ricetta e le persone sia da nord che da sud, interagiscono con foto e video ma anche molti artisti,giornalisti, cantanti, presentatori, amici e tanti altri artisti. Egli si impegna alla fine con un giudice del settore,scelto ogni volta in base alla tipologia gastronomica a premiare il vincitore del contest. Ultima ospite questa volta in prima serata, la splendida Drag Queen Priscilla, regina delle estati a Mykonos, l’isola più affollata delle Cicladi. Ancora vestita e truccata con i suoi favolosi abiti e lustrini, ha partecipato alla mia diretta con estrema simpatia. Abbiamo parlato poco a causa della scarsa connessione,perché in questo periodo le linee internet sono interessate ed intasate da tante dirette,infatti ci siamo promesse di rifare il nostro incontro per dare vita ad un interessante intervista. Mariano Gallo, attore napoletano che poi nei suoi show diventa Priscilla, riempie i suoi giorni con tante attività,iniziate proprio da quando sta a casa per queste ordinanze da rispettare. Alle 18 in diretta Facebook, inizia i suoi makeup set, dove si prepara e si racconta col “Diario di Priscilla”, una sorta di racconti di tutte le esperienze vissute, dove le persone che lo amano per la sua positiva personalità, lo seguono assiduamente ogni giorno, per poi arrivare al Drag show delle 20. Lí cadono le luci, uno shot di preparazione,si attacca la musica e dal sipario esce la star con il suo Show sempre diverso e brillante. Grazie a tutti gli ospiti interventi.

Crescere insieme, perfezionandosi Sicurezza edilizia Ambiente

Vincenzo D’Anna

Dottore in scienze dell’Ingegneria Collegio dei geometri e dei geometri laureati della Provincia di Napoli

VIA G. ROCCO, 2 - 80026 CASORIA (NA) TEL./FAX +39 081 19105654 - CELL. +39 335 8157475 E-MAIL: stdgroupsrls@virgilio.it - stdgroupsrl@pec.it


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ESPEDITO D’ANTO’

SMART WORKING: LA MODALITÀ DI LAVORO A DISTANZA CHE RIDUCE I COSTI E FA BENE ALL’AMBIENTE

L’emergenza Cononavirus ha costretto tutto il mondo a rivedere le proprie abitudini giornaliere. Il 90% delle attività sono state chiuse e nuove modalità di incontro si sono rese necessarie. Non è mai semplice dover stravolgere senza preavviso e da un giorno all’altro la propria vita, ma è stato ancora meno semplice per chi non aveva già di base una struttura e un’educazione digitale. Una delle procedure che più si sta utilizzando nel mondo del lavoro è sicuramente lo SMART WORKING, un termine che ognuno di voi lo ha ascoltato in questi giorni. Ma andiamo ad analizzare nello specifico di cosa si tratta e come viene utilizzato. Secondo la definizione del Ministero dello Sviluppo Economico Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività. La definizione di smart working, contenuta nella Legge n. 81/2017, pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone). Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento - economico e normativo - rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall’INAIL nella Circolare n. 48/2017. Sembra chiaro fin da subito che non è una procedura molto difficile da applicare, soprattutto ad i lavori di

ufficio. Ovviamente anche la pubblica amministrazione si è dovuta adeguare a questo modello, avviando tutte le procedure necessarie per lo svolgimento a distanza. Anche il nostro comune di Casoria ha adottato questi strumenti avvalendosi dell’uso di software e strumenti di riconoscimento come Spid e Firma digitale. Qualche giorno fa il sindaco Raffaele Bene ha annunciato che sarà per qualche giorno in isolamento volontario perché un collaboratore della sua giunta è risultato positivo al tampone, ma che continuerà a svolgere tutte le mansioni di primo cittadino direttamente da casa sua. Molte riunioni di giunta si stanno tenendo in videoconferenza e tanti dipendenti del comune stanno operando da casa. Sarà difficile realizzare anche il Consiglio comunale in videoconferenza perché bisogna rispettare tutta una serie di normative come la stabilità della connessione internet di tutti i partecipanti, il riconoscimento dell’identità e la trasparenza verso i cittadini. Ovviamente quasi nessun piccolo comune era preparato a far fronte dalla sera alla mattina a questa evenienza, ma già che la macchina comunale possa funzionare anche con i dipendenti che lavorano da casa, è un grande risultato perché il comune di Casoria, con tutti i dissesti che ha, resta ancora un tassello importante dell’economia cittadina. È evidente che l’Italia intera paga lo

scotto di non aver investito e potenziato dei settori essenziali come la sanità, la scuola, la sicurezza e ovviamente anche il digitale. Mentre vi scrivo mi segnalano che il sito web dell’INPS non solo è offline perché non regge la grande mole di utenti connessi contemporaneamente per richiedere il bonus professionisti da 600 euro, ma addirittura sembra abbia un malfunzionamento che sta registrando una gravissima violazione della privacy, infatti se ci si collega si visualizza l’account di altre persone con tanto di dati sensibili come telefono e mail, ma di questo magari ne parleremo al prossimo articolo con il placet del direttore Troise. Il mondo digitale è ricco di strumenti per far fronte alle emergenze ma anche per migliorare la vita di tutti i giorni. Oggi abbiamo fatto ricorso allo Smart Working per garantire la continuità del lavoro per pubbliche amministrazioni e aziende, una modalità già esistente da anni ma mai presa seriamente in considerazione. Ci è voluta una situazione di emergenza per sburocratizzare le procedure e utilizzare il lavoro agile, un episodio che deve far riflettere se si considerano gli innumerevoli vantaggi che determina lo Smart Working come la riduzione dei costi per le aziende, riduzione del traffico stradale e di conseguenza la riduzione dello smog. Speriamo che alla fine si faccia tesoro di questa esperienza per essere meno impreparati al prossimo imprevisto.

www.casoriadue.it


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DANIELE ESPOSITO*

Restare a casa e muoversi poco potrebbe aumentare la depressione.

La “reclusione forzata” in casa in questo periodo di quarantena dovuta all’emergenza Covid.19 potrebbe causare svariati problemi, innanzitutto comportamentali. La depressione è uno di questi. Ne soffrono infatti circa 4 milioni di italiani, con un’incidenza che colpisce tra il 10% e il 15% della popolazione, soprattutto di sesso femminile. La domanda che si chiedono in molti è: Come uscire dalla depressione senza farmaci? La depressione, detta anche disturbo dell’umore, è una patologia psichiatrica, caratterizzata da episodi di umore depresso accompagnati principalmente da una bassa autostima e perdita di interesse o piacere nelle attività normalmente piacevoli. In base ai dati dell’OMS le donne hanno una probabilità di ammalarsi di depressione il 50% superiore al sesso maschile. Il principale indiziato è il sistema ormonale, infatti i cambiamenti ormonali femminili concorrono alla depressione, influenzando la chimica cerebrale. I sintomi più comuni della depressione sono stanchezza, senso di affaticamento e perdita di energia. Tristezza, angoscia, senso di vuoto, impotenza, insoddisfazione, disperazione. Perdita o aumento di peso e Disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia). Dolori fisici e Difficoltà nel prendere decisioni e risolvere problemi sono causati innanzitutto dalla mancanza di movimento e di sport. Depressione e inattività vanno spesso a braccetto. È quindi possibile uscire dalla depressione senza l’utilizzo di farmaci? Si! Ecco 3 semplici consigli per migliorare il tuo umore anche restando a casa. 1. LA SALUTE PASSA DALL’ALIMENTAZIONE

“Fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo Cibo”, diceva Ippocrate. Una corretta alimentazione permette di stabilizzare l’assetto ormonale e il sistema nervoso centrale. No a cibi che contengano eccitanti o troppi grassi e zuccheri, alcol e stupefacenti, che hanno effetti negativi sul sistema nervoso centrale e sulle funzioni mentali. Una dieta adeguata ha un grande valore terapeutico in caso di depressione. Prediligere inoltre alimenti ricchi di vitamine del gruppo B, e tra queste, soprattutto: B1, fondamentale per le funzionalità delle cellule nervose (contenuta in germe di frumento, nocciole, fiocchi e farina d’avena, noci, frumento, fave, mais, muesli); B3 utilizzata nel campo della psichiatria ortomolecolare nel trattamento di molti disturbi psichici (ne sono ricchi alimenti come crusca di frumento, fegato di equino o di suino, arachidi, petto di faraona o di pollo, fesa di tacchino, salmone, tonno, sgombro, pesche disidratate); B6 coinvolta nella formazione di trattamenti chimici del sistema nervoso (presente in cereali, semi vari tra cui quelli di sedano e di girasole, carne, latte, frutta).

2. AIUTA IL TUO SONNO Un sonno breve e disturbato è un importante fattore di rischio per la comparsa e il perdurare di problemi depressivi. Diversi studi hanno dimostrato una stretta relazione fra depressione, scarsità di sonno e attivazione di fenomeni infiammatori che sono alla base dello sviluppo di differenti patologie tra cui diabete, ipertensione e la stessa depressione. La privazione del sonno negli umani provoca sonnolenza, senso di fatica, irritabilità progressivamente più intensa. È importante favorire a agevolare un buon sonno ristoratore. Inoltre la vita all’aria aperta e il movimento favoriscono il benessere e dunque un buon sonno, TV e apparecchi elettronici lo inibiscono. 3. SI AL MOVIMENTO. Anche a casa. L’attività sportiva, condotta per almeno 1 ora 3-4 volte alla settimana, agisce sull’organismo in modo positivo grazie al rilascio di due importanti neuromediatori: l’acetilcolina e le endorfine, gli “ormoni della felicità”.L’attività fisica agisce anche sul sistema immunitario, contrastando gli effetti fisiologici dannosi prodotti dallo stress, prolungando la vita dei neuroni, stimolando l’emissione di fattori neurotrofici. Puoi iniziare subito allenandoti a casa in diretta con me il Lunedì, mercoledì e venerdi alle 17:00. Mi trovi su facebook, instragram e youtube Daniele Esposito il metodo. *Personal Trainer e consulente della nutrizione sportiva, da oltre 15 anni nel settore, è autore del libro il Metodo 5, premio eccellenza italiana a Washington D.C.


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Wedding e Made in Italy in ginocchio

Il presidente Paulillo nel disegnare il difficile momento del mondo del wedding, e dei settori dell’articolo da regalo e bomboniera, indica la strada per gli aiuti “La situazione è estremamente difficile per il mondo del wedding, migliaia di aziende sono al tracollo economico e rischiano di non riaprire mai più e, per giunta, licenzieranno gli artigiani e i collaboratori che operano al loro interno. In Campania, ma anche nel resto d’Italia, questo comparto è costituito da piccole e piccolissime realtà imprenditoriali che non riusciranno a reggere all’impatto dello stop imposto dal decreto DPCM del 22 marzo”. A indicare il difficilissimo stato del settore è il presidente dell’AIRB –Associazione Italiana Regalo e Bomboniera–, Luciano Paulillo. L’imprenditore ed organizzatore della fiera Vebo, il salone internazionale del settore che si svolgerà ad ottobre prossimo, disegna uno scenario che, senza l’aiuto del Governo e delle istituzioni di categoria come Confcommercio, Confartigianato e Camere di Commercio, vedrà il collasso del comparto. Delle problematiche del settore se ne era già parlato in occasione

dell’assemblea nazionale dell’Airb alla presenza della portavoce dell’associazione, Eleonora Daniele, da sempre al fianco della promozione del made in Italy rappresentato dal comparto produttivo. “I numeri sono chiari – spiega Paulillo – nel nostro settore lavorano circa 30.000 operatori dei maggiori distretti produttivi nazionali, dal Veneto al comparto lombardo, dalla Toscana al distretto del centro sud (Campania, Puglia, Sicilia), ma che evidenzia una presenza massiccia di aziende campane per quasi il 50% del totale. Dunque non è difficile capire il danno che subirà il made in Italy della produzione”. L’allarme, secondo Luciano Paulillo, è affrontabile se scendessero veramente in campo le forze istituzionali che invece non facilitano l’accesso alle risorse che sarebbero state messe in ballo: “Si parla di oltre 25 miliardi, previsti in un primo rilascio annunciato, ai quali farebbero seguito altre decine di miliardi di euro, ma sino ad oggi – denuncia il presidente dell’Airb – nessuno ha visto nulla. Gli aiuti servono nel momento del bisogno, non in futuro, già la settimana

prossima diventerebbe tardi, le Camere di Commercio e le loro aziende speciali dovrebbero essere i punti di riferimento per il Governo, e quindi per le Regioni, così da poter ridurre gli anelli della catena e giungere velocemente alle aziende in difficoltà”. La soluzione indicata favorirebbe certamente, per velocità e conoscenza dei tessuti produttivi delle singole regioni, la strada della ripresa consentendo alle aziende di poter avere subito una boccata di ossigeno. Ma per Paulillo l’impegno deve prevedere anche il mondo bancario, dove il Governo deve rendersi garante delle linee di credito e, soprattutto, prevedere “scivoli amministrativi” per le tasse ed imposte con una rateizzazione dei pagamenti a lungo termine.


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DOMENICO BORRIELLO

Lo sport può aiutare il paese a rialzarsi, ma serve unità

Nella Sala del Consiglio dei Ministri a Palazzo Chigi c’è una teca che custodisce delle medaglie relative alle tre Olimpiadi – sia estive che invernali - che si sono tenute nel Bel Paese. Nella cabina di regia del paese, insieme alla copia della Costituzione, quindi non manca un chiaro riferimento allo sport. Dinanzi all’emergenza che stiamo affrontando anche il fuoco sacro di Olimpia ha dovuto cambiare i suoi programmi, così i prossimi Giochi Olimpici si terranno per la prima volta in un anno dispari. Per un attimo proviamo a chiudere gli occhi e “scopriamo il domani”, come ci suggerisce lo slogan di Tokyo2020. Le immagini dell’accensione del braciere nello “Stadio Nazionale” faranno il giro del mondo e – con ogni probabilità – sarà uno di quei momenti che entrerà nei libri di storia e segnerà la definitiva ripartenza del mondo dopo l’emergenza che ha messo in ginocchio il pianeta. Definitiva ripartenza perché nel 2020 siamo stati costretti a rinunciare alle Olimpiadi e agli Europei di calcio, a perdere le nostre abitudini dinanzi a qualcosa che è più grande di noi. Abitudini, ma non solo: lo sport è – probabilmente – il mezzo più potente esistente al mondo. Lo sport è economia, dato che rappresenta una consistente fetta del PIL in Italia e in moltissimi paesi. Lo sport è propaganda, dai mondiali voluti da Mussolini fino alle strategie di “sportwashing” adottate dai paesi del Golfo persico. Ma – molto spesso lo dimentichiamo – lo sport è anche vita. E’ vita perché la pratica sportiva è salutare, è vita perché ci aiuta a creare senso di comunità, è vita perché tiene alto l’umore e aiuta a su-

perare momenti difficili. Non è un caso che l’Italia sul tetto del mondo a “Spagna ‘82” - secondo moltissimi sociologi – abbia aiutato il paese a voltare pagina rispetto agli anni di piombo. Certo è che a volte può anche essere un boomerang, come ben sanno i brasiliani con le terribili pagine sportive legate al Marcanazo 1950 e al più recente Mineirazo 2014. Lo sport può essere anche un’arma di riscatto, come la “Mano de Dios” nell’accesissima rivalità tra Argentina e Inghilterra. Ma lo sport può essere anche uno straordinario esempio di ripartenza: in molti mi raccontano di come il ritorno del pubblico di Avellino allo stadio fosse stato un chiarissimo segnale dopo la tristissima vicenda del terremoto dell’Irpinia del 1980. Adesso c’è un’emergenza seria che va fronteggiata, ma è importante cominciare a “scoprire il domani”. Queste giornate tutte uguali finiranno e sarà la volta di riprendere, a piccoli passi, la vita di ogni giorno. E ci sarà un momento, solo uno, che darà l’impressione a tutti gli italiani di essere effettivamente usciti dall’emergenza: sarà quando in uno stadio ricolmo di passione un arbitro di calcio sancirà il fischio d’inizio di una qualsiasi partita. Ritorneremo così

Salvo accordi scritti, la collaborazione con questo settimanale è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita. In nessun caso si garantisce la restituzione dei materiali inviati. Del contenuto degli articoli e degli annunci pubblicitari sono legalmente responsabili i singoli autori. E’ vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari.

ad esultare, polemizzare, chiedere l’esonero di un allenatore perché in Italia siamo tutti mister e provare a capire con quale criterio interviene il VAR. Ma prima di tutto ciò è necessario superare l’emergenza sanitaria, perché la salute è un diritto sacrosanto. Per questo sono stucchevoli le liti a cui stiamo assistendo in questi giorni, un segnale di disgregazione dinanzi a una sfida epocale è il messaggio più brutto che il calcio può mandare ai suoi appassionati. Ogni decisione presa sul futuro delle attuali stagioni sarà in parte giusta e in parte sbagliata, personalmente credo bisogni fare ogni tipo di sforzo per garantire i giusti meriti a chi si è distinto per distacco, sul campo. Chi decide, però, deve avere ben chiaro che ha una responsabilità enorme. Lo sport sarà il principale strumento di ripartenza del popolo, quando gli stadi torneranno a bruciare di passione sarà il momento del ritorno alla vita. Ulteriori segnali di frammentazione per difendere l’orticello dei singoli – in questa fase non daranno di certo un bel messaggio. Lo sport e in particolar modo il calcio – da sempre lo sport più amato dagli italiani – potranno dare uno slancio economico e, soprattutto, morale al paese. Per questo serve unità, senza approfittare della situazione. Si faccia proprio il motto olimpico che dice di andare più veloci, più in alto, più forte, ricordando sempre lo spirito dell’importanza che non risiede nella vittoria, bensì nella partecipazione. Soprattutto dopo questa fase, perché la partecipazione di tutti sarà un inno alla vita, la vittoria del paese e della gente.

Autorizzazione del Tribunale di Napoli n. Reg. 5116 del 28/02/2000

Editore CASORIA DUE s. a. s società messa in liquidazione

Direttore Responsabile: Ferdinando Troise Stampa: PRINTING HOUSE - CASORIA Tiratura 7000 copie. Distribuzione gratuita. Questo numero è stato chiuso il 2 aprile 2020

Direzione, Redazione, Amministrazione e Pubblicità Via Capri, 2 - 80026 Casoria (NA) - Tel. /Fax 0817311062 email: casoriadue@libero. it


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