Domenica 12 settembre

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DOMENICA Settimanale di Informazione 12 SETTEMBRE 2021

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ANNO XXI - N° 33 - DOMENICA 12 SETTEMBRE 2021

SAN LUDOVICO NEL MONDO

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DOMENICA 12 SETTEMBRE 2021

2 MARIA CRISTINA ORGA

IO RACCONTO STORIE magazine

STORIA E GLORIA DI SAN LUDOVICO DA CASORIA C’era una volta, in un paese per niente lontano, il giovane Vincenzo Palmentieri, vinaio di belle speranze molto innamorato della sua bella Candida Zenga, che nel nome portava in dote le virtù di purezza e profonda religiosità che caratterizzarono la coppia. Come in tutte le fiabe il lieto fine non si fece attendere e i due piccioncini convolarono a giuste nozze impegnandosi immediatamente a mettere in pratica l’invito rivolto loro dal sacerdote sull’altare durante la cerimonia nuziale che ne sugellava l’unione davanti a Dio prima che davanti agli uomini: “crescete e moltiplicatevi”. E, obbedienti e devoti, si misero subito al lavoro con grande dedizione e nel breve volgere del tempo necessario misero al mondo due pargoli. Ma non due non erano ancora abbastanza per moltiplicarsi, così si impegnarono ancora di più e nel giorno del Signore 11 marzo 1814, sotto il segno dei Pesci e lo scettro di Ferdinando Antonio Pasquale Giovanni Nepomuceno Serafino Gennaro Benedetto di Borbone-Due Sicilie (per gli amici e i posteri più familiarmente Ferdinando I) nacque l’agognato terzogenito, un bimbo vispo e sano, bello come un angelo, anzi di più, bello come un arcangelo e infatti fu proprio Arcangelo che i due lungimiranti genitori vollero chiamarlo. Arcangelo crebbe in fretta in seno ad una famiglia devota e operosa, mostrando da subito una grande curiosità unita ad una attitudine alla manualità che spinse il padre a mandarlo a bottega perché diventasse un bravo falegname. Ma la vivace intelligenza del ragazzo non poteva accontentarsi di esprimersi solo attraverso la materia inerte e illetterata, così l’acuto genitore intuì che gli studi, ancor meglio, gli studi religiosi erano il vero futuro del suo inquieto ragazzo e lo affidò diciottenne ai Frati Minori del Convento San Giovanni del Palco a Taurano, in Irpinia, presso i quali la vorace sete di conoscenza del giovane Arcangelo poteva trovare ristoro. Durante il noviziato si appassionò di matematica, fisica e chimica ed ebbe il tempo di innamorarsi del poverello di Assisi e delle gioie che la vita monastica più semplice ed essenziale gli

“Il San Francesco del XIX Secolo”. Così papa Giovanni Paolo II definì il fondatore dell’ordine delle Suore Francescane Elisabettine Bigie, custodi dell’eredità del poverello di Assisi e del suo figlio prediletto di Casoria, modello di fortezza e carità e di una sorprendente modernità a cui guardare ancora e soprattutto oggi come fonte di ispirazione restituiva quotidianamente. E Taurano fu solo l’inizio: le tappe successive del suo percorso di studio furono gli istituti di Sant’Antonio ad Afragola, di Sant’Angelo a Nola e di San Pietro ad Aran a Napoli, poi passò dall’altro lato della cattedra e iniziò con gran gusto ad insegnare matematica, fisica e filosofia. Intanto, anche la sua affezione all’abito e alla regola dei Frati Minori cresceva e per i successivi venti anni la sua vocazione sembrò essere quella al ripiegamento su se stesso, al silenzio, allo studio, alla meditazione, alla preghiera, alla speculazione filosofico teologica e all’approfondimento scientifico sperimentale (tant’è che fondò anche una sorta di laboratorio farmaceutico in cui metteva a punto rimedi il sollievo e la cura dei malanni dei confratelli e non solo) e sembrava dover continuare così. Ma. C’è sempre nelle vite degli uomini e delle donne straordinarie un MA, un inciampo imprevisto,

un colpo di fulmine che butta per aria il tavolo e mischia le carte, sconvolgendo tutti i piani e imponendo nuove regole al gioco. O nuovi giochi. E nulla sarà più come prima. Andiamo con ordine: correva l’anno 1847 e il 4 giugno stavolta sotto il segno dei gemelli e lo scettro del Borbone Ferdinando Carlo Maria per gli amici e i posteri più semplicemente Ferdinando II), Arcangelo fu ordinato presbitero e scelse di ribattezzarsi fra’ Ludovico. Non è questo però l’evento bomba che mandò la quieta vita del nostro in frantumi riscrivendo completamente per lui tutta un’altra storia, ma… Appunto MA. Un attimo e ci arrivo. Correva ancora l’anno 1847 (non dissimilmente dai precedenti e dai successivi) quando un bel giorno che a sua volta sembrava uguale a tutti gli altri, fra’ Ludovico era raccolto in adorazione del Santissimo Sacramento nella chiesa napoletana di San Giuseppe dei Ruffi quando ebbe un mancamento (la rima è involontaria, giuro, non mi si tacci di blasfemia, non mi permetterei mai!) e cadde riverso sul freddo pavimento della chiesa. Immediato il panico tra i confratelli che si affrettarono a prestargli soccorso immaginando chissà quale fatal malore lo avesse colto. E invece quello che lo aveva colto era null’altro che un’estasi, un’intensa esperienza di grazia, come venne definita, che egli poi definì “lavacro”, al termine della quale ebbe chiaro lo scopo della sua missione su questa terra: non solo studio, ma opere. E che opere! E così, come un fiume sbarrato da una diga e deviato dal suo corso scopre e disegna nuove strade, solcando il terreno riarso e restituendolo con le sue acque alla vita, immediatamente Ludovico iniziò una infaticabile opera di servizio all’umanità sofferente: rilanciò il Terz’Ordine di San Francesco, istituì a San Pietro ad Aram e poi ingrandì a Capodimonte l’infermeria dedicata ai confratelli e ai terziari poveri e, nel tempo libero, raccattava “gli accattoncelli”, ovvero scugnizzi e scugnizze dalle strade di Napoli per sfamarli, ripulirli ed offrire loro un’opportunità di futuro avviandoli all’apprendimento dei rudi-


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menti del sapere e dei mestieri artigiani. Ma la sua carità va oltre e si spinge liddove all’epoca nessuno aveva mai pensato di andare e dove ancora oggi molti faticano a volersi trovare: liberare gli africani dalla violenza e dallo sfruttamento dei bianchi cosiddetti “civilizzati e cristiani”, civilizzati e cristiani al punto tale da ritenersi in diritto di inviare bande di pirati in terra d’Africa con licenza legale di rapire uomini donne e bambini e farne lucrosa tratta umana con i latifondisti del Nuovo Continente (e non solo), nonché di seviziare e uccidere i più recalcitranti. Perché non va dimenticato che ancora alla metà dell’800, mentre gli intellettuali europei speculavano di poesia e letteratura, o scrivevano magnifiche partiture liriche, o filosofeggiavano di patria, costituzione, diritti e libertà, la schiavitù dei neri restava una pratica diffusa quanto redditizia e in buona sostanza tollerata da tutti o quasi gli occidentali. Da tutti o quasi, appunto. E nel “quasi” un posto d’onore spetta proprio a fra’ Ludovico che non ci dormiva la notte a pensare che bambini e bambine innocenti (ancor prima dei loro genitori) finissero in catene per la vita per il solo colore della loro pelle. Ma soffrirne e restare a guardare non era da

lui, così alla prima occasione passò dal pensiero all’azione (questa rima, invece, un po’ voluta lo è… ndr.). Fece appello alla sua capacità di persuasione e al portafoglio di più di un benestante benefattore napoletano (tra cui soprattutto il re) e riuscì a riscattare numerosi “moretti” come li definì, schiavi a Il Cairo organizzando per loro uno spazio in convento dove accoglierli, nutrirli, istruirli e catechizzarli affinché crescessero secondo i principi cristiani di amore, carità e fraternità e, una volta cresciuti, tornassero nel continente nero a portare a tutti la lieta Novella del Vangelo in modo che, divenuti cristiani, le genti di colore acquisissero quella dignità umana tale per cui potersi annoverare nella nutrita e

3 protetta schiera dei figli di Dio e divenissero conseguentemente “persone” come i bianchi, con buona pace degli schiavisti che avrebbero dovuto dedicarsi ad un altro commercio con cui fare soldi facili. “L’Africa convertirà l’Africa” era il suo motto e il suo sogno. E non solo l’Africa a giudicare dal numero di sacerdoti di colore che ancora oggi, anzi oggi più che mai affollano le nostre parrocchie ormai povere di preti a causa di una inarrestabile carenza di vocazioni tra i “bianchi”. Ma questa è un’altra storia e quindi torniamo a quella di Ludovico. Oltre i “moretti”, il buon frate raccolse le “morette”, creaturine ancor più vulnerabili dei maschi, affidandone l’educazione alle suore, per comprensibili motivi di genere. Ludovico per quanto vulcanico e pervaso dal divino ardore che si fa forza vitale non poteva umanamente fare tutto da solo, così chiamò a raccolta uomini e donne di buona volontà che ne condividessero gli ideali e fossero disposti ad abbracciare il Carisma del Poverello di Assisi e fondò ben due ordini monastici: i Frati della Carità Bigi e le Suore Francescane Elisabettine Bigie, ordine fondato nel 1862 e tutt’ora attivo in tutto il mondo e investito dell’alto onore della responsabilità della gestione dei luoghi


4 francescani ad Assisi, così come a Casoria, dove le suore curano la chiesa della Immacolata Concezione, edificata, per volontà di Ludovico dove sorgeva la sua casa natale, ma soprattutto nei luoghi più poveri della Terra, come l’India, le Filippine e l’Indonesia, solo per citarne alcuni, nei quali portano avanti strenuamente la mission del loro fondatore: alleviare le sofferenze degli ultimi e dei dimenticati. Gli aggettivi “bigi” e “bigie” non erano stati scelti a caso solo per indicare il colore grigio delle vesti monastiche, bensì per ricordare a tutti che l’abito era stato scelto del colore della cenere non per la vanità di voler distinguersi dagli altri ordini, bensì per sottolineare l’umiltà di chi lo indossava, che scegliendolo si faceva “poca cosa” come poca cosa è la cenere, si annullava completamente per dedicarsi totalmente a servire i bisognosi. E hai voglia se ce n’erano! Non solo “moretti e accattoncelli”, che volentieri riuniva in bande e complessini musicali convinto che la musica fosse uno dei linguaggi con cui si esprime Dio e facesse bene all’anima quanto al cuore, ma anche i bambini considerati “imbarazzanti” dalle loro stesse famiglie perché portatori di disabilità: sordi, ciechi, storpi, ipodotati. Fra’ Ludovico fondò istituti dove

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venissero accolti, curati ed educati, ma soprattutto amati, anticipando anche in questo campo, con larghissimo anticipo le teorie medico-socio-psico- pedagogiche più moderne. Fondò anche personalmente una missione in Africa con annesso ospedale, che però ebbe vita breve, perché dopo un solo anno di permanenza in quelle terre struggenti e ostiche fu richiamato da urgenze inderogabili a Napoli e i suoi confratelli, per quanto animati da buona volontà, spenta la sua luce iniziarono a brancolare nel buio e non furono all’altezza del compito francamente soverchiante le loro forze umane e spirituali. Sarebbe lungo e nulla aggiungerebbe alla grandezza del personaggio l’elenco di tutte le altre opere straordinarie che riuscì a compiere o ad avviare, ma un fatto è certo: difficilmente oggi qualcuno riuscirebbe a reggere il confronto con lui. Inquieto come da ragazzo e mai soddisfatto del proprio lavoro, Ludovico visse ogni momento della propria esistenza chiedendo a se stesso qualcosa in più del giorno prima e travolgendo col suo entusiasmo ostacoli e reticenze fino al suo ultimo giorno, fino a quel fatale 30 marzo 1885 in cui, alle sette di mattina chiuse gli occhi e andò a bussare alla Casa del Signore, dove sicu-

ramente gli saranno state spalancati porte e portoni e organizzati festosi comitati di benvenuto. Per la verità Ludovico non ha smesso neppure allora e mentre le sue spoglie riposavano serene e mummificate nella chiesa dell’Ospizio Marino di Posillipo che aveva voluto per i marinai anziani nostalgici del mare e in cui aveva fatto erigere un monumento che, con potente allegoria di immediata comprensione raffigurava San Francesco d’Assisi nell’atto di abbracciare Giotto, Dante e Cristoforo Colombo, Terziari Francescani, dall’Alto dei Cieli fra’ Ludovico continuava a compiere Opere che avevano e hanno del miracoloso, direttamente e attraverso l’azione infaticabile delle sue sorelle spirituali, quelle Suore Francescane Elisabettine Bigie che ancora oggi, che la grandezza dell’uomo si è tradotta nella potenza salvifica del Santo, praticano il Vangelo nella vita fino in fondo e servono Dio sul serio, anziché limitarsi a masticare farisee giaculatorie e a battersi il petto con ipocriti mea culpa durante la messa, per poi tornare a servire Mammona appena liberati dal rituale Ite Missa Est. Nel 1994 papa Giovanni Paolo II ha proclamato fra’ Ludovico da Casoria beato e nel 2014 papa Francesco lo ha consacrato Santo. E non aggiungo altro.


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FRANCO PEZZELLA

PADRE LUDOVICO DA CASORIA. LE TESTIMONIANZE FOTOGRAFICHE

Una delle immagini più popolari che riproduce le fattezze di San Ludovico da Casoria - sicuramente la più cara alla spiritualità dei fedeli e l’unica della sua persona che i confratelli raccomandano di trasmettere - è senza dubbio quella che, ripetuta altre volte e nota anche in più versioni pittoriche e scultoree, lo raffigura disteso a terra, col capo coperto dal cappuccio, il volto affilato e sofferente, a ricordare, forse, il momento in cui, mentre era in adorazione di Gesù Sacramentato nella chiesa napoletana di San Giuseppe dei Ruffi, era caduto a terra, e come san Paolo sulla via di Damasco, aveva fortemente avvertito che era giunto il momento di cambiare vita, di dedicarsi a quelle attività caritatevoli che avrebbero riempito e contraddistinto il resto dei suoi giorni. Si tratta di una fotografia che, come ricorda un’epigrafe in calce ad essa, gli aveva scattato, nel 1852, il suo amico e futuro biografo, il sacerdote Raffaele Pellegrini, durante una delle frequenti visite che era solito fargli (foto 1). Quella voluta da don Raffaele non era stata tuttavia la prima immagine di Ludovico

ottenuta attraverso un processo fotografico, un’arte che il futuro santo aveva peraltro praticato come hobby ai primordi della sua invenzione quando ancora si chiamava dagherrotipia, durante il periodo in cui aveva insegnato fisica e matematica presso i seminari del suo Ordine. Si dà il caso, infatti, che già otto anni prima, da conoscitore dei processi chimico-fisici, era riuscito, con l’aiuto forse di uno dei primi fotografi del tempo, a realizzare un autoritratto in dagherrotipo, il processo inventato dal francese Louis Jacques Daguerre, grazie al quale si riuscivano a fissare le immagini su lastre di rame argentato ricoperte di ioduro d’argen-

to. Era all’epoca, appena trentenne, e nell’immagine si presenta piuttosto imponente nella figura, alto e snello, di aspetto gradevole e con lo sguardo vivo (foto 2). Due anni dopo la foto del Pellegrini, nel 1854, durante un viaggio a Parigi, mentre era ospite di un suo benefattore, il marchese Felice Tommasi, figlio primogenito del defunto Donato Antonio Tommasi che era stato, tra l’altro, più volte ministro del Regno delle Due Sicilie, fu da questi portato-forse perché messo al corrente della sua passione per la fotografia-a visitare uno dei primi studi parigini dediti a questa nuova arte, non prima, però, di avvertire il titolare di tenersi pronto

per uno scatto. Sicché, preso alla sprovvista, il buon frate dovette assecondare il desiderio del suo benefattore lasciandosi fotografare in piedi, con le mani infilate nelle maniche, in quella che è, peraltro, l’unica immagine che lo immortala con gli occhiali. Negli anni a venire, Padre Ludovico, sempre per compiacere i suoi benefattori e non apparire ingrato e scontroso, si fece fotografare altre volte: una prima volta nel 1872 ad Assisi, durante un incontro con il conte Francesco Bindangoli, posando a mezzo busto, con le mani conserte sul petto e il volto sorridente; una seconda volta, nel 1876, a Firenze per compiacere un ricco negoziante, tale Giu-

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seppe Castagnoli, prestandosi a ben due scatti: un primo nel quale compare a figura terzina con gli occhi rivolti al cielo, un altro, nel quale posò a figura intera con le mani congiunte, dietro al quale annotò, con una puntina di amarezza: «Ho fatto questo ritratto per obbedienza alla famiglia Costagnoli» (foto 3). Avendo però già in animo di farsi ritrarre come sarebbe piaciuto ai suoi confratelli, ossia adagiato sulla nuda terra, con la testa reclinata sul corpo e il volto celato dal cappuccio, di lì a qualche giorno si ripresentò di sua iniziativa dal fotografo, il quale ancorché perplesso, diede seguito alla sua insolita richiesta. «Questo ritratto l’ho fatto per i miei frati, perché stiano sempre così umiliati a terra. La gente si fa il ritratto per farsi vedere io me

lo faccio per nascondermi», aveva spiegato all’imbarazzato fotografo (foto 4). Tuttavia, alle obiezioni di questi, il quale gli faceva osservare che una fotografia senza volto non ha senso, Padre Ludovico ritornò sui suoi passi e posò di nuovo a viso scoperto e sorridente. Ancora una volta disteso al suolo ai piedi di una grande croce rivolta verso l’isola di Capri ma in compagnia di Padre Bonaventura da Sorrento e di due confratelli bigi, Padre Ludovico si fece fotografare di nuovo nell’aprile del 1880 per riguardo ad una specifica richiesta della marchesa fiorentina Riccardi e della sua figlioccia spirituale Caterina Volpicelli in visita all’eremo del Deserto di Sant’Agata dei Due Golfi; località dove fin dal 1867, su invito del marchese Casanova, il buon frate, da ardente testimone della carità di Cristo qual era, aveva fondato, in luogo di un precedente eremo dei carmelitani scalzi, una casa del suo ordine, per accogliere gli orfanelli e successivamente anche i vecchi poveri e gli inabili al lavoro. A questa foto, ispirata a quella che gli aveva scattata anni prima don Raffaele Pellegrini si sarebbero ispirati, a loro volta, l’incisore romano Lucio Quirino Lelli con un’incisione nell’antiporta della “Vita” del futuro santo scritta dal cardinale Alfonso Capecelatro arcivescovo di Capua nel 1887 (foto 5), e il pittore

tedesco M. Schmitz Haboch, per realizzare nel 1894 un dipinto, attualmente conservato a Quisisana, dove il Nostro, sullo sfondo di un incipiente tramonto che ancora fascia di luce Punta Campanella e l’isola di Capri, è raffigurato nel momento in cui, accompagnato da padre Bonaventura e da due confratelli, nel prendere materialmente possesso dell’edificio, si prostra a terra per baciarla. Al cardinale Capecelatro si deve anche la descrizione letteraria più dettagliata del frate: «Il Padre Lodovico fu nel corpo bello di signorile bellezza, con carnagione bianca e mista d’un roseo che, quando s’accalorava parlando, diventava quasi vermiglio. Ebbe il capo ben proporzionato, i capelli castagni, bruni e spessi, il viso ovale, la fronte spaziosa e gradatamente sporgente dal vertice ai sopraccigli, gli occhi cerulei, piccoli, ma parlanti e

vivacissimi; il naso regolare e leggermente aquilino, la bocca giusta, le labbra sottili e strette, ma sorridenti, la voce sonora, e nel canto argentino, la parola viva, leggermente stentata; il mento quadrato, gli orecchi piccoli, il collo ritto, le mani bianchissime, affilate, gentili. Usò portare il capo spesso ritto verso il cielo con uno sguardo limpido e sereno. Fu grave nell’incesso, nel parlare affabile e cortese; in tutto l’andamento della persona nobilmente semplice». Alla fine del XIX secolo era una pratica molto diffusa ritrarre in foto i defunti con lo scopo di mantenerne il ricordo: a questa macabra usanza, originata in Inghilterra durante l’epoca vittoriana, non sfuggì Padre Ludovico, cui furono fatte alcune foto sul letto di morte e durante la veglia funebre nella Cappella dell’Ospizio di Posillipo (foto 6).


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ANTONIO BOTTA IL VESCOVO DON MIMMO BATTAGLIA A CASORIA PER LA PROFESSIONE PERPETUA DI NOVE SUORE DELLE VITTIME ESPIATRICI DI GESÙ SACRAMENTATO

VIVETE LA VOSTRA VOCAZIONE COME SCELTA D’AMORE Il 5 settembre scorso, nella chiesa dell’istituto “Suore delle vittime espiatrici di Gesù sacramentato” di Casoria, si è svolta una solenne celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Metropolita di Napoli, mons. Domenico Battaglia. Durante la Santa Messa, animata dalla corale delle suore sacramentine e concelebrata insieme con alcuni sacerdoti della comunità ecclesiale del territorio, si è svolto il rito di professione perpetua di nove suore professe della Congregazione fondata da S. Maria Cristina Brando: suor Elvira dell’Eucaristia, suor Anna Maria dell’Immacolata, suor Michela dei Santi Angeli, suor Agata di Gesù Ostia, suor Rossella del Sacro Cuore, suor Monica di Cristo Re, suor Domenica del Santissimo Sacramento, suor Assunta dell’Eucaristia, suor Ivana di Gesù Sacramentato. Nell’omelia, seguita alla proclamazione dei brani della Sacra Scrittura (Is. 35, 4 -7; Gc 2, 1 -5; Mc 7, 31 -37 ) il Celebrante dopo aver posto in evidenza il “momento di grazia” non solo per la Congregazione, “ma per tutta la Chiesa”, si è soffermato sulla Parola del giorno, ponendone in rilievo la bellezza, perché esorta alla speranza, a stare in piedi, a non perdere la fiducia nella fatica, nella solitudine, nelle varie vicissitudini della vita. Isaia, infatti, richiama il coraggio di non smarrirsi, di non temere, perché “si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo,griderà di gioia la lingua del muto”. Rivolto alle suore professe, sedute in cerchio intorno

all’altare, le ha spronate ad avere il coraggio di spiegare a tutti i motivi della loro scelta di seguire il Signore in maniera perpetua. “Voi siete tutte ragazze belle” ha affermato “e allora vi chiedo di dire che cosa di bello avete trovato in Dio da consacrare a Lui la vostra bellezza e la vostra vita”. Dalle risposte di alcune di loro, don Mimmo ha tratto queste riflessioni: “ E’ vero, Gesù è l’unico amico, sposo sempre fedele, e ciò vale per tutti i cristiani; in Lui è il senso della nostra vita” e con Lui riusciamo a superare le nostre sordità, i nostri mutismi, il nostro essere bloccati nelle paure e

nelle accidie. Indicando suor Ivana, paralitica, ha evidenziato che anche nelle fragilità fisiche, nelle situazioni di difficoltà “si può essere felici”. E, infatti, suor Ivana, al Vescovo che le ha chiesto se fosse contenta della sua scelta di consacrarsi perpetuamente al Signore, ha risposto con immediatezza: “Sono contentissima !”. Al riguardo, mons. Battaglia ha spiegato il senso dell’”effatà”, ossia l’invito di Gesù rivolto al sordomuto, “Apriti” , dopo avergli posto le dita negli orecchi e toccato la lingua con la saliva. “Apriti” è la consegna che faccio a ciascuna delle nove sorelle” ha detto “apriti, cioè, alla

vita, alla speranza, alla gioia, non rimanere chiusa dentro le tue fatiche, i tuoi limiti. Apriti, c’è vita, c’è amore, vivi e ama, è questa la scelta di vita per chi segue le orme di Gesù. L’effatà è stato detto a ciascuno di noi nel giorno del Battesimo, tutti siamo chiamati ad aprirci, a fare di Gesù il senso totalizzante della nostra vita, a vivere in relazione con il Signore. “Certo, si può sbagliare” ha proseguito “ma ancora di più il Signore dà il coraggio di attraversare il deserto della vita”per trovare in lui la forza di andare avanti. Facendo, poi, riferimento alla consegna dell’anello che le nove sorelle avrebbero ricevuto dopo l’omelia, il Presule ha sottolineato che esso è il segno della fedeltà allo Sposo, ma, nel contempo, rappresenta anche la fedeltà di Dio alla storia di ciascuno di noi, alla nostra vita. Quindi, il senso dell’ “Apriti” di Gesù è anche di continuare a fidarsi del Signore nelle circostanze avverse, nelle solitudini e nelle sofferenze; “Abbiate il coraggio, nei momenti difficili, di “aprirvi”, ossia di non rimanere bloccati in voi stessi, ma di uscire nel buio, di attraversare la notte, guardando le stelle nel cielo, perché esse ci sono sempre; vi sarà sempre una stella che illuminerà, nell’oscurità, l’anello che effonde luce intorno. Continua, dunque, ad avere fiducia in Dio, Egli è Forza dentro la tua forza, è Vita dentro la tua vita. Gesù prese in disparte il sordomuto, lontano dalla folla, perché non ci sono distanze davanti a Dio. Notevoli sono le difficoltà per i sordomuti di farsi capire e di capire. Per questo Gesù gli viene incontro e re-


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8 cupera prima l’udito, perché per imparare a parlare bisogna prima saper ascoltare. “Anche nella vita” ha aggiunto don Mimmo “occorre saper ascoltare e poi parlare; il sordomuto, dopo il recupero dell’udito, comincia a parlare correttamente. Deve essere così in ogni situazione, prima bisogna ascoltare e poi parlare! La capacità di ascolto previene i pregiudizi e permette di parlare con chiarezza, senza ambiguità. E non date mai nulla per scontato, perché noi non sappiamo cosa c’è nel cuore del fratello. Non c’è nessuna differenza tra ciò che dici e ciò che vivi! Occorre, perciò, il coraggio della coerenza. Il Vescovo ha concluso l’omelia esortando le nove consorelle ad ascoltare innanzitutto il Signore che chiama sempre, ad essere felici della loro scelta del Sì perpetuo a Dio che è incantato della loro bellezza e ad essere voce di coloro ai quali non è permesso di parlare per rivendicare i

loro diritti. “Dove non c’è parola” ha affermato “c’è violenza”. Ultima raccomandazione di mons. Battaglia alle nove consorelle è stata di essere al servizio dei poveri, di non avere paura di sporcarsi le mani con i bambini, con i ragazzi con chi soffre, perché è lì che si incontra il Signore che continuamente chiama. La chiamata del Signore non è un privilegio, va vissuta come “scelta d’amore”. Dopo la riflessione omelica, si è svolto il rito della pro-

fessione perpetua, durante la quale, le consorelle, hanno espresso la loro scelta di consacrarsi definitivamente al Signore con un forte “Sì, lo voglio”, rispondendo ad alcune domande del Vescovo. Al termine della celebrazione eucaristica, suor Agata ha rivolto, a nome delle consorelle,parole di infinita gratitudine al Signore per averle chiamate a consacrare a Lui la propria vita, nella Congregazione fondata da S. Maria Cristina Brando,

che esortò le Sue figlie “ad essere vittime di fatto, fino a volere dare la propria vita per Gesù”; inoltre un vivo ringraziamento ha espresso al Vescovo don Mimmo Battaglia, molto partecipe della loro gioia, gli amati genitori, Madre Gemma e suor Alfonsina, che le hanno seguite per un tratto nel loro percorso religioso, continuando a stare loro vicino con la preghiera dal Paradiso, e un grazie di vero cuore alla Madre suor Carla Di Meo.

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RITA GIAQUINTO

CORONAVIRUS CAMPANIA: 192 NUOVI CASI, 9 DECESSI TASSO DI POSITIVITÀ ALL’ 1,87%

Sono questi i dati aggiornati al 6 settembre, sulla base delle informazioni diffuse dall’Unità di Crisi della Regione Campania per la prevenzione e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. I dati relativi all’andamento della pandemia, come da bollettino ordinario emanato dalla Protezione Civile, sono i seguenti : cala il numero di positivi rispetto al 5 settembre, con 192 nuovi contagi su 10.248 test effettuati. Nelle ultime 48 ore, i decessi sono nove, a cui ne vanno aggiunti altri due verificatisi in precedenza ma registrati soltanto il giorno prima. Per quanto riguarda i ricoveri e la pressione sulle strutture ospedaliere, anche qui, fortunatamente, segnaliamo una diminuzione del numero di posti occupati in terapia intensiva. Nello specifico, sono 28 i posti letto occupati in terapia intensiva, contro i 656 ancora disponibili. I posti letto di degenza occupati ammontano a 351, mentre i posti di degenza disponibili – tra posti letto Covid e offerta privata – sono 3.160. Il Covid Center del nuovo Ospedale del Mare a Ponticelli che fu realizzato in occasione della prima ondata dell’emergenza sanitaria, è ancora chiuso da quando, nello scorso mese di giugno, fu dimesso l’ultimo paziente Covid. Anche nel reparto di Rianimazione e Terapia Intensiva ordinaria all’interno dell’ospedale, non si registrano pazienti

Covid. Possibili pazienti positivi che accedono al Pronto Soccorso dell’Ospedale del Mare e che, in gravi condizioni respiratorie, dovessero avere bisogno dell’assistenza in terapia intensiva, di intubazione e rianimazione vengono trasferiti, per competenza ASL Napoli 1, al centro di riferimento che è il Loreto Mare, ospedale che dispone sia della rianimazione che della normale assistenza a pazienti positivi che non sono in gravi condizioni. Sempre operativo, e in prima linea da inizio pandemia, l’ospedale Cotugno, polo di riferimento per le malattie infettive . Presso l’Ospedale del Mare, attualmente, ci sono pazienti Covid conclamati soltanto nel reparto di medicina d’urgenza. Si tratta, ovviamente, di pazienti positivi al virus ma che non hanno bisogno dell’as-

sistenza di rianimazione e per i quali è più che suficiente la degenza in reparto. Sul fronte vaccini, oggi 7 settembre (giorno in cui viene redatto l’articolo, n.d.r.) sono state somministrate 16.596 dosi, di cui 8.030 sono prime dosi e 8.566 seconde dosi. In totale, il numero di donne vaccinate è superiore a quello degli uomini, 3.823.145 donne contro 3.553.663 uomini. A Napoli è stata raggiunta quota 3.785.384 di vaccinati. Segue Salerno con 1.413.686 vaccinati, Caserta con 1.197.483, Avellino 580.312 e Benevento con 391.662 vaccinazioni effettuate. Per avere un’idea più chiara dell’andamento dei contagi sostanzialmente in calo, basti pensare che solo a fine dicembre del 2020 in regione Campania si registrava un tasso di positività del 13,15%, con numeri tristemente da record in fatto di contagi e di decessi. Il 25 agosto il tasso di positività era al 3,55%; oggi, invece, come già sopra indicato, siamo all’1,87%. Se, da un lato, siamo di fronte a numeri e percentuali che tranquillizzano e fanno ben sperare, dall’altro sono dati che vanno percepiti come uno sprone per i cittadini campani a perseverare nella campagna vaccinale e nelle misure di contenimento ordinarie (mascherine, distanziamento) che stanno dimostrando di essere gli unici strumenti in grado di limitare l’evoluzione pandemica.

ANGELA CAPOCELLI

AFGHANISTAN: NOMINATO IL GOVERNO TALEBANO

Compare nella lista di persone indicate come “terroristi o associati a terroristi” dall’Onu il nuovo primo ministro afghano nel governo dei Talebani, Mohammad Hassan Akhund, e ricercato dall’Fbi per terrorismo è il nuovo ministro dell’Interno, Sirajuddin Haqqani. Gli Stati Uniti si dichiarano allarmati in quanto la lista dei nomi annunciati per la composizione del nuovo governo include tutti membri dei talebani o loro alleati e nessuna donna. Gli USA si dicono preoccupati, in particolare, dai precedenti di alcuni di questi individui. Sotto osservazione, da parte degli Stati Uniti, è la disponibilità o meno del nuovo governo a lasciare uscire dal paese tutti quegli afghani che lo vogliono. Ultimamente viene spesso dichiarato come imminente l’annuncio del nuovo governo dei talebani ma nei giorni scorsi si è combattuto nella Valle del Panshir per sottomettere l’ultima sacca di resistenza contro l’Emirato talebano. Preoccupante risulta essere, allora, l’emergenza umanitaria nel Panshir, dove migliaia di persone sono senza cibo né farmaci o assistenza e dove i talebani, che stanno soffocando nel sangue la rivolta dei cittadini, hanno avvisato che qualsiasi tentativo

di insurrezione sarà duramente stroncato. Questo l’appello del leader del movimento di resistenza nella valle afghana, Ahmad Massoud, che invita a una rivolta nazionale contro i talebani: “Ovunque tu sia, dentro o fuori, ti invito a iniziare una rivolta nazionale per la dignità, la libertà e la prosperità del nostro Paese”. Nel frattempo, a Kabul, una manifestazione di una settantina di persone contro il Pakistan è stata repressa con degli spari da parte dei talebani sebbene fossero in maggioranza donne, a quanto pare, a protestare davanti all’ambasciata Pakistan, accusato di appoggiare il regime talebano. Una situazione, insomma, tutt’altro che semplice; un incubo che sembra non avere fine; un terrore di fronte al quale il resto del mondo, attonito, rimane immobile. Quando finirà tutto questo? Perché nessuno interviene? Come si può permettere che tutto ciò avvenga? Ed ecco che si fa appello a questioni burocratiche, equilibri politici e tante, diverse motivazioni che sembrano privare esse stesse le vite umane della dignità che andrebbe ad ogni costo salvaguardata. Uno scempio, senz’altro, che ci auguriamo finisca presto!


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CIRO TROISE

VERSIERO: “IL CALCIO NON È STATO AIUTATO ABBASTANZA PER LA CRISI PANDEMICA”

L’analista economico-finanziario Fabrizio Versiero più volte coinvolto nel report calcio della Figc analizza lo stato dell’arte del mondo del pallone Dalle commissioni agli agenti per i grandi affari sulla scena internazionale ad uno sguardo tecnico sulla situazione del calcio dilettantistico e giovanile, l’intervista ad ampio raggio di Fabrizio Versiero, analista economico e finanziario che si è occupato più volte del report calcio della Figc, è una fotografia complessiva sulla situazione del mondo del pallone. Un rapporto della Fifa racconta che gli agenti negli ultimi dieci anni hanno guadagnato 3 miliardi e mezzo di commissioni. Cosa esprime questo dato secondo lei? “Il dato è abbastanza ampio perché riguarda anche i costi per l’intermediazione, il lavoro su tutti gli aspetti pubblicitari perché pochi club al mondo hanno i diritti d’immagine di proprietà. Incidono tanto i “big deal” internazionali, questi numeri esprimono un ribaltamento delle gerarchie. Una volta le società erano l’ago della bilancia, oggi, invece, se non si passa per i procuratori, non si riesce a capire né i tempi né i costi di un’operazione. I giocatori si spostano di più con tanti benefit, la minaccia riguarda il tracciamento delle attività economiche. Molto spesso queste agenzie di procuratori non hanno la residenza fiscale nei Paesi in cui effettivamente operano, i rischi in tal senso sono importanti” Lei ha visto il “battesimo” di uno strumento come il Report Figc. Qual è il valore di questo strumento? “Sì, l’ho visto nascere, è una fotografia annuale del calcio in Italia. Raccoglie tutti i dati: il numero dei tesserati, lo stato di tutte le società, anche quelle dilettantistiche, il calcio giovanile, le

comparazioni con gli altri principali campionati europei. In questi anni ho visto i trend di questo mondo: la dipendenza dai diritti televisivi, la crescita del costo degli ingaggi, i problemi nella valorizzazione dei calciatori. Sui trasferimenti si pagano anche le imposte, tanti club spesso rateizzano anche l’iva. Non è possibile farlo solo con le ritenute ai calciatori perché rappresenta un requisito fondamentale per l’iscrizione ai campionati. Ho potuto verificare l’impatto dell’accesso a determinate competizioni. Sposta gli equilibri accedere alle coppe europee, soprattutto alla Champions ma, invece, è più complesso il discorso relativo a promozioni e retrocessioni. Per un club come il Carpi, che ha ingaggi bassi, l’impatto è fantastico e anche il paracadute in caso di retrocessione attutisce tanto la retrocessione. Se, invece, un club più blasonato e con ingaggi più alti retrocede, è un problema grosso soprattutto per le società in-

debitate con l’erario” Che impatto ha avuto la pandemia sui conti del calcio italiano? “Con la pandemia sono venute meno le risorse certe, i ricavi da stadio sono stati azzerati. I costi sono rimasti inalterati mentre gli introiti sono profondamente diminuiti. Il sistema così si è cautelato abbassando le valutazioni dei calciatori, nel calciomercato si è ricorso con grande frequenza a formule particolari come il prestito con diritto o obbligo di riscatto. Questo strumento sposta la spesa in un altro momento in cui probabilmente ci sarà maggiore disponibilità di cassa. Pensate per esempio alla formula utilizzata dalla Juventus per Locatelli: prestito biennale con obbligo di riscatto. Tutti gli esperti di economia alla domanda quando usciremo dalla crisi? Rispondono fra un paio d’anni. Sulla pandemia è mancato anche il supporto dello Stato al mondo del calcio a differenza di altri settori. Si sarebbe dovuto e potuto fare di più, per esempio aprendo una linea di credito per riattivare tutto l’indotto collegato al calcio, magari con la condizione del riammodernamento degli impianti. Sarebbe stato opportuno considerando anche la contribuzione significativa dello sport per il Pil, ai primi posti nell’area dei servizi” Il sistema calcio reggerà nei prossimi anni? “Bisognerà inventarsi qualcosa: incrementare gli introiti per i diritti televisivi (con l’operazione Dazn ci sono riusciti), potenziare il merchandising, lavorare sugli stadi, fare tutto ciò sperando in un futuro migliore. In Italia abbiamo sofferto di più la pandemia perché abbiamo una classe imprenditoriale di taglio diverso rispetto per esempio ad Inghilterra e Germania, con una capacità d’investimento nettamente inferiore”.

LA PUBBLICITÀ SULLE EDIZIONI DIGITALI E SUI SITI DEI GIORNALI OFFRE UNA INFORMAZIONE CREDIBILE. IL SETTIMANALE CASORIADUE HA UNA STORIA CARTACEA DI 30 ANNI E DAL LOCKDOWN HA INIZIATO LA SUA STORIA IN EDIZIONE DIGITALE; IN AGGIUNTA HA ANCHE UN SITO DEL GIORNALE. LA PUBBLICITÀ È UN’ANTENNA MOLTO SENSIBILE IN UNA FASE DI RIDEFINIZIONE DEI VALORI E DELLE PRIORITÀ. LA NOSTRA TESTATA DA LA POSSIBILITÀ ALLE AZIENDE CHE INTENDONO PUNTARE SULLA QUALITÀ E SULLA CAPACITÀ CREATIVA DI IMMAGINARE UN TEMPO POST PANDEMIA.


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CHIARA D’APONTE

86 BISTRÒ. STORIA DI UN RISTORANTE E DI UN RAGAZZO FORTUNATO Il protagonista dell’intervista di oggi, care lettrici e cari lettori di Casoria2, è un giovane ed intraprendente imprenditore. Nato a Casoria ma con sogni ed ambizioni troppo grandi per restare nella terra natia. Si chiama Salvatore Caiazzo, proprietario dell’ “86 Bistrò” sito a Sorrento. Insieme allo chef Renato Leone (“ io lo considero un grande” mi dice il Caiazzo) è riuscito a creare un menù raffinato ma “easy”, ricercato ma basato sugli ingredienti della tradizione. Il tutto in una location pensata e realizzata ad immagine e somiglianza del suo creatore. Ma facciamo un passo indietro. Ormai lo sapete, la prima richiesta che faccio a tutti coloro che ho l’onore di intervistare è di fornirmi una breve descrizione di sé. E sono rimasta stupita quando Salvatore Caiazzo mi ha raccontato che “la mia storia abbraccia due strade parallele. Io in realtà sono Ingegnere biomedico con alle spalle diverse esperienze lavorative importanti in vari ospedali del centro nord Italia. Ma ad un certo punto della mia vita ho sentito l’esigenza di iniziare un progetto del tutto nuovo e che nulla ha a che fare con il mio ambito lavorativo. Ho deciso di iniziare una carriera nel mondo della ristorazione. Lo confesso e lo ammetto senza nascondermi dietro ad un dito: sono stato molto fortunato perché ho da subito avuto l’appoggio incondizionato della mia famiglia. Mio padre in particolar modo ha finanziato, con i risparmi derivanti da una vita di duro lavoro e sacrifici, il mio progetto.” A questo punto mi viene in mente di chiedergli come mai abbia scelto Sorrento come luogo in cui far prendere vita al suo progetto e non Casoria dove pure le attività di ristorazione sono molteplici ed alcune hanno riscosso e riscuotono un discreto successo. “Ho scelto Sorrento perché è una cittadina che ha una cultura gastronomica notevole, una grande tradizione nell’ambito della ristorazione e perché il mio obiettivo non è semplicemente vendere cibo, ma fare carriera. Ed io ho sempre sentito, fin da giovanissimo, che Casoria non fosse

la città adatta a contenere le mie enormi ambizioni. E’ vero, a Casoria ci sono molte attività che si dedicano al cibo ma quel modo di fare ristorazione non è certamente il mio. Io non sono per la mangiata mordi e fuggi, come detto, io non vendo solo cibo ma una vera e propria esperienza di gusto. Cosa alla quale il cliente medio che frequenta i ristoranti di Casoria non è interessato. Non è ovviamente una colpa. Semplicemente si tratta di due modi diversi di intendere la stessa cosa. E non biasimo neanche chi decide di aprire un’attività a Casoria perché mi rendo conto che non tutti hanno la possibilità di poter investire cifre importanti. A Sorrento sono riuscito a creare una location in grado di rispecchiare esattamente il mio modo di essere: rilassato ma raffinato. Non vado dietro al turismo di massa ma cerco di fidelizzare una clientela selezionata fatta sia di persone del posto (poche, in realtà, sia perché il mio ristorante non è economico, sia perché Sorrento è un paese e i residenti sono sempre un po’ restii a fidarsi dei forestieri) che di turisti stranieri.” Incuriosita dalle parole spese per il mondo della ristorazione casoriano gli chiedo un’opinione su Casoria in generale. “Posto che io parto da una posizione privilegiata perché con l’aiuto di mio padre sono riuscito ad andare via da Casoria e a realizzare il mio progetto, ritengo che la maggior parte dei casoriani abbia una vita limitata perché fatta da poche possibilità. Ogni volta che mi capita di tornare lì leggo negli occhi della gente il rammarico, la rassegnazione ma anche la stanchezza dovuta ad una situazione di vita

in affanno, in cui ci si arrangia. Ovviamente questa è la situazione di un po’ tutto l’hinterland napoletano non certamente solo di Casoria. E non penso che la politica locale sia forte abbastanza per cambiare questa situazione. L’unica possibilità, secondo me, viene dalla città metropolitana di Napoli. Se Napoli cresce e migliora produrrà un effetto che a cascata si riverserà su tutte le città che la circondano”. E’ una persona schietta e sincera Salvatore per cui mi viene spontaneo chiedergli un’opinione in merito alla questione “Green Pass”. Gli chiedo nello specifico se è vero che fa perdere tempo e quindi disincentiva la clientela ad entrare al ristorante. “In un locale come il nostro il concetto di fretta e perdita di tempo non esiste. Da noi il tempo rallenta, non poniamo attenzione al soldo ma all’esperienza. Da noi difficilmente troverai caos, camerieri che corrono a destra e manca e confusione. Quindi posso dire che chiedere di esibire il certificato verde non è certamente qualcosa che fa perdere tempo. Devo però sottolineare in tutta franchezza che ritengo ci sia una disparità di trattamento. Non capisco perché al ristorante sia obbligatorio il Green Pass e, ad esempio, dal barbiere no. Ritengo che il settore ristorazione sia stato fortemente penalizzato. Noi stessi abbiamo passato dei mesi terribili, siamo riusciti a riaprire solo a partire da Maggio. “Infine abbiamo parlato di cucina. Mi incuriosiva il loro “Pignatiello a centro tavola”. “Idea dello chef Cosentino (colui che nel 1974 inventò i famosissimi scialatielli), che ogni tanto viene a trovarci. Dà l’idea di tradizione e convivialità ma non è il nostro cavallo di battaglia, anche perché il nostro concetto di cucina è un po’ più articolato, fatto sì di ingredienti semplici ma rielaborati e rivisitati. Molto apprezzata è la nostra calamarata con ceci e ricciola. Quando gli chiedo se stanno lavorando a qualcosa di nuovo però Caiazzo fa il vago: “facciamo un check l’anno prossimo, così vediamo se sono riuscito a realizzare tutto ciò che ora ho in mente!”


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RAFFAELE SILVESTRO Il 3 e 4 ottobre, ad Arzano, ci saranno le elezioni comunali, i cittadini tornano al voto dopo 29 mesi di commissariamento per lo scioglimento dell’amministrazione Esposito nel maggio del 2019. Per la carica di sindaco saranno in 4 a concorrere: Cinzia Aruta, Ageo Piscopo, Luisa Auletta e Renato Liguori. La prima si presenta con una coalizione prettamente di centro sinistra, composta da: Movimento 5 stelle, PD, Le Nuove Generazioni e moderati, quindi 2 partiti e 2 liste civiche. Ageo Piscopo, che già è stato sindaco ad Arzano nel 1997, si presenta alla partita con 3 liste civiche appartenenti al centro destra: Udc, Voltare pagina e Arzano viva. È di destra, invece, la seconda candidata donna Luisa Auletta, che fa capo ad un’unica lista: Arzano Alternativa. Stesso discorso per l’ultimo dei 4 candidati, Renato Liguori, con una sola lista al suo seguito: Per l’Italia con paragone. Per il prossimo primo cittadino di Arzano, il lavoro sarà arduo. La città viene da 3 scioglimenti per camorra consecutivi, le

casse comunali sono in dissesto e i cittadini ormai non credono più nella politica e nelle persone. Ci sarà bisogno di molto tempo per riassestare una città, come quella di Arzano, ormai martoriata da tanta mala politica degli ultimi 20 anni. Dopo la prima settimana di campagna elettorale, il seguito per la coalizione di centro sinistra è alto, molti sono colpiti dal cambiamento e rinnovamento portato dalla candidata sindaca Cinzia Aruta che dopo 15 anni di esperienze nel sociale, si cimenta in questa nuova avventura. Nella sponda opposta, invece, si gioca molto sull’esperienza forte dell’ex sindaco Ageo Piscopo, grande oratore e soprattutto ottimo conoscitore della macchina comunale. Sono questi due i candidati principali alla poltrona di sindaco, sia per la forza delle loro liste, sia per il coinvolgimento che hanno avuto ed hanno nella comunità arzanese. Tra gli organi di stampa, pare quasi certo che si vada al ballottaggio tra la sinistra e la destra, ma questo, solo il tempo saprà dircelo. Ai posteri l’ardua sentenza.

TERESA D’ANGELO

IL BELVEDERE DI SAN LEUCIO DA SOLD-OUT CON IL GRANDE ARTISTA GIGI FINIZIO

Il tutto accade il 6 settembre 2021, nella bellissima location del Belvedere di San Leucio a Caserta, un panorama fantastico illuminato dal concerto di una “grande ripartenza” del cantautore, maestro e “poeta melodico “ come lo definiscono i suoi fans, Gigi Finizio. Il tutto organizzato nei minimi dettagli con la sfilata di moda sposa e sposo ed abiti da cerimonia dei vari atelier che hanno collaborato con l’agenzia Italian Management di Pietro Grippo, accademia fantastica che tratta corsi di moda, portamento, cimena e casting televisivi. La sfilata svolta in tre momenti con l’Atelier Ascione, Atelier Costanzo e Coru, specializzati in abiti sposa/o e cerimoniali. Sul palco a condurre la serata Teresa D’Angelo, Erennio De Vita e l’influencer Nunzia Rinaldo. Professionalitá divertimento ed emozioni, grande opportunità per tutti gli allievi che hanno siglato tra tantissime persone ma oltre la sfilata da

passerella sul palco, sono stati la splendida anteprima di apertura di questo grande concerto. Chiusa la sfilata la serata si apre con la grande voce di Gigi Finizio, tanto atteso dalle tantissime persone giù in platea.Tra i suoi capolavori ha cantato le canzoni più ascoltate tra cui quelle dei vari anni e quelle nuove ma la grande chiusura spetta sempre a quella più conosciuta più amata più richiesta “Amore Amaro”. Un successo unico costituito dai tanti sorrisi delle persone, dalle tante presenze e soprattutto dai tanti applausi. Ospite speciale l’amico cantautore Marco Fasano, che Gigi ha chiamato sul palco cantando con lui “A modo mio”, scritta insieme. Una serata magica ricca di stelle che hanno portato tanti sorrisi sui volti, cantando spensieratamente. Un grazie ancora a Gigi Finizio ed ai suoi musicisti, infine un grazie speciale a Pietro Grippo che organizza sempre eventi molto belli.


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SIMONETTA DE CHIARO RUFFO

BRILLA LA STELLA DI PATRIZIO OLIVA AL PREMIO INTERNAZIONALE FAIR PLAY MENARINI

Napoli, 3 settembre 2021 – Brilla nella notte di Castiglion Fiorentino la stella di Patrizio Oliva, campione del pugilato italiano premiato al XXV Premio Internazionale Fair Play Menarini per la categoria “sport e vita”. Il campione è apparso molto emozionato sul palco della kermesse quando ha spiegato il segreto della boxe che rappresenta anche un po’ la metafora della vita: “Il difficile della boxe è sapersi difendere, parare i colpi, perché tutti sono bravi a colpire”. Nel ricevere il premio, ha ricordato quanto il fair play pervada da sempre il mondo dello sport: “Innanzitutto lo sport è sinonimo di inclusione; De Cubertain diceva che è importante partecipare, il che vuol dire che lo sport deve essere aperto a tutti e non deve escludere nessuno. E poi il mondo dello sport è pieno di gesti di grande umanità, basti pensare a Coppi e Bartali che si scambiano la borraccia o a Di Canio che durante un incontro di Premier League tra Everton e West Ham, al momento di tirare in porta si fermò perché il portiere della squadra avversaria si era infortu-

nato. Il mondo dello sport è un serbatoio di gesti di grande umanità”. E parlando della sua grande versatilità, poiché passa con grande disinvoltura dallo sport al teatro alla musica, ha ribadito l’importanza della flessibilità nella vita: “Io credo di essere soprattutto una persona versatile; quando il cambiamento bussa alla mia porta sono abituato ad aprirla e ad accoglierlo”. Anche Ennio Troiano, Direttore Ri-

sorse Umane Global di Menarini ha commentato con grande soddisfazione la 25esima edizione del Premio: “Oggi festeggiamo i primi venticinque anni del Premio Fair Play Menarini: un risultato incredibile in un anno eccezionale per lo sport italiano. Ci auguriamo che i valori del fair play, fondati sulla condivisione di principi che rappresentano la vera essenza dello sport, possano aiutarci a guardare con ottimismo al futuro”.

Villa la Falanghina

VIA SAN VITO 16 - 80078 POZZUOLI - NAPOLI TEL. 081 5263260 - 081 5260513


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TUTTO SPOSI: TAMPONI GRATUITI ALLE COPPIE NON VACCINATE PER OTTENERE L’INGRESSO ALLA FIERA IN PROGRAMMA DAL 16 AL 24 OTTOBRE

Lino Ferrara: “L’obbligo di GREEN PASS per l’ingresso in fiera può essere un valido sistema di tutela, ma si rischia di ridurre ulteriormente del 30% l’accesso dei potenziali visitatori delle fiere” Il continuo cambio delle regole per l’accesso ai luoghi pubblici ed agli eventi, indicate in questi giorni dal Governo Draghi, mette in difficoltà le attività fieristiche ed imprenditoriali. Le direttive di giugno scorso, quando sono state definite le modalità di ripartenza del mondo fieristico, nel ridurre le capienze e dettare i protocolli di accesso, oggi sono ulteriormente restrittive nonostante salga il numero dei vaccinati. Gli organizzatori di Tutto Sposi, il salone del wedding più famoso d’Italia in programma alla Mostra d’Oltremare di Napoli, corrono ai ripari: “La campagna vaccinale è ancora in corso e da quando abbiamo cominciato ad organizzare la fiera, dallo sblocco del 15 giugno 2021, le regole sono cambiate in corso d’opera – afferma il patron della manifestazione, Lino Ferrara -, quindi ritengo come imprenditore di dovermi accollare l’onere del maggior costo per offrire gratis il tampone rapido che consente di ottenere il GREEN PASS per accedere in sicurezza in fiera a tutte le coppie di futuri sposi ancora non vaccinate e potenziali clienti dei nostri espositori”. La decisione di Governo, di rendere obbligatorio il GREEN PASS per l’accesso alle fiere, potrebbe determinare una ulteriore perdita di partecipazioni dei visitatori come evidenza Lino Ferrara: “Il Decreto Legge che inserisce l’obbligo di GREEN PASS per l’ingresso in fiera, se da una parte potrebbe essere un valido

sistema di tutela della Salute Pubblica, dall’altro rischia di decrementare di almeno un 30% i potenziali visitatori della fiera da far ripartire dopo lo stop imposto dal Governo”. Che prosegue così: “A mio modesto parere, avrebbe dovuto essere un onere economico completamente a carico dello Stato rendendo gratuiti i tamponi alla stregua dei vaccini, vista l’obbligatorietà del GREEN PASS intervenuta in corso d’opera, ma se non ci pensa lo Stato, come imprenditore, che ha preso impegni con gli espositori a far data dal 15 giugno, quando l’obbligo non c’era, sento il dovere di farmene carico nonostante le tante difficoltà di questa ripartenza”. La decisione del patron di Tutto Sposi, di superare l’ennesimo ostacolo intervenendo con il costo dei tamponi a carico dell’organizzazione, in favore delle coppie non vaccinate che vorranno visitare la fiera, non è l’unico impegno assunto. In qualità di presidente di ASSOFIERE da tempo Lino Ferrara opera in favore delle imprese e del comparto: “Nella mia qualità di Presidente di ASSOFIERE sono mesi che mi spendo per sensibilizzare le Istituzioni affinché intervengano con agevolazioni pubbliche per la ripartenza delle fiere e qualche risultato lo stiamo cominciando ad ottenere. La Camera di Commercio di Napoli - prosegue Ferrara - ha ripristinato bandi per contribuire alle spese di partecipazione che negli ultimi anni avevano escluso le fiere presenti alla Mostra d’Oltremare, mentre la Regione Campania ha finalmente promulgato la legge che regolamenta il comparto ed è lo strumento per attirare fondi governativi che ci vedeva quale fanalino di coda tra le regioni italiane”.

Scuola di recitazione presso la scuola di danza “Scarpette Rosse” nei pressi della Chiesa San Benedetto di Casoria . Sara’ un corso di recitazione dopo 2- 3 anni verrà rilasciato attestato I meritevoli verranno inseriti in film cortometraggi e proposti alla AP Cine Production di Roma di cui sono consulente


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DIANA KÜHNE

PREMIO “LA CONVIVIALITÀ URBANA” - VII EDIZIONE

10mila euro per i progetti di restyling di Villa Arbusto a Ischia, il complesso museale che custodisce la famosa Coppa di Nestore scadenza iscrizione lunedì 13 settembre 2021 dal 18 al 22 settembre i progetti saranno votati su FB dal 1° al 3 ottobre il voto della giuria tecnica ad Ischia

Ultimi giorni per presentare progetti di restyling di Villa Arbusto, sede del museo archeologico che ospita la Coppa di Nestore e altri importanti reperti ritrovati sull’isola di Ischia. Entra, quindi, nel vivo il Premio “la Convivialità Urbana”, il concorso di architettura partecipata ideato dall’architetto Grazia Torre, presidente dell’associazione Napoli Creativa, giunto quest’anno alla settima edizione. C’è tempo, infatti, fino a lunedì 13 settembre 2021 per iscriversi al concorso (bandito a luglio 2021), che ha fatto dell’approccio multidisciplinare la sua formula di successo coinvolgendo anche designer e sociologi, oltre ovviamente ad architetti e urbanisti e che coinvolge perfino i cittadini nella valutazione dei progetti.I gruppi che si saranno iscritti avranno poi tempo fino a mercoledì 15 settembre per la consegna degli elaborati. Il concorso ha un montepremi di oltre 10mila euro, di cui 6mila riservati al primo classificato e gli altri divisi tra il secondo e terzo classificato, premio web e menzioni. “Dopo anni di riflessione sulle principali aree della città di Napoli, per le quali abbiamo assegnato dei premi ai progetti, da piazza San Luigi e il Casale di Posillipo a piazza Mercato, dal Lungomare alla Mostra d’Oltremare fino all’Ippodromo di Agnano, abbiamo deciso di volgere lo sguardo sull’isola di Ischia per cercare di valorizzare le grandi potenzialità che racchiude Villa Arbusto” afferma l’arch. Grazia Torre. Per partecipare al premio, i gruppi multidisciplinari di progettisti dovranno immaginare una ridistribuzione e una rivisitazione degli spazi del complesso museale di Villa Arbusto, alla luce di una diversa e più fruibile localizzazione delle attività accessorie del museo, come biblioteca comunale, bookshop, caffetteria, laboratorio didattico, spazi espositivi temporanei, spazi per bambini ed altro. Tali attività dovranno in qualche modo richiamare e valorizzare i beni artistici custoditi nel museo, ed in particolare la Coppa di Nestore, prezioso reperto dell’VIII secolo a. C. scoperto dall’archeologo Giorgio Buchner nel 1955 e qui custodito. Tutti i progetti parteciperanno ad una competizione on line sulla pagina FB di ‘NapoliCreativa’ dal 18 al 22 settembre 2021 e saranno oggetto di un’esposizione, proprio a Villa Arbusto, dal 1° al 3 ottobre 2021, per essere poi votati da una giuria tecnica e dal pubblico dei visitatori alla mostra, in una tre giorni che sarà denominata Festival della Convivialità Urbana nel corso dei quali si svolgeranno convegni, seminari e incontri. Il Comune di Lacco Ameno, proprietario di Villa Arbusto seguirà con molto interesse la competizione e non ha escluso la possibilità di prevedere procedure negoziate per i progetti che riterrà particolarmente meritevoli.

“Il bando integrale del concorso è stato scaricato oltre 600 volte da più parti d’Italia e perfino dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e dal Guatemala a riprova della portata non solo locale di una formula partecipativa e di un approccio multidisciplinare particolarmente gradito che produce risultati sorprendenti ad ogni edizione” afferma l’architetto Torre. Villa Arbusto fu costruita nel 1758 dal duca di Atri Carlo d’Acquaviva e fu successivamente residenza di lusso per molti nobili europei e poi elegante dimora appartenuta all’editore Angelo Rizzoli, che infine l’ha donata al Comune di Lacco Ameno che l’ha trasformata, appunto, in un complesso museale. La giuria tecnica è composta da Michelangelo Russo direttore DIARCH Federico II, Aldo Aveta presidente Rotary Club Napoli a.R. 2021/2022, Francesca Brancaccio specialista in restauro di siti archeologici, Alessandro Castagnaro presidente ANIAI Campania DIARCH Federico II, Silvano Arcamone responsabile Interventi Edilizi Demanio, Lucrezia Galano responsabile Cultura –Complesso Museale Villa Arbusto, Maria Claudia Clemente /Francesco Isidori LABICS, Maura Caturano architetto e paesaggista, Federico Florena TIAR Studio oltre ai vincitori delle edizioni precedenti Gianluca Vosa / Raffaella Napolano (Vosa Napolano Architetti) e Claudio Correale (Studio Correale). La VII edizione del premio “La Convivialità urbana” è bandito dall’associazione NapoliCreativa con il patrocinio del Consiglio Nazionale Architetti, del Comune di Lacco Ameno ad Ischia, del Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II Napoli, del POLI.design di Milano, dell’Ordine e della Fondazione Ingegneri Napoli, dell’ANIAI (Associazione Nazionale Architetti e Ingegneri Italiani), del Rotary Club Napoli, dell’ACEN, dell’EWMD e delle associazioni “Napoli Pitagorica” e “Turismo Cultura Sostenibilità”. Media Partner: Caffè Design e Design Diffusion Network. Si ringraziano gli sponsor Ortolomo E.G., main sponsor, Schneider Electric, Delta Light, OBO, Vimar, GAM, Falanga, CAME, AutomationPro.


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GRAZIA GUARINO

IL BELLO E IL BUONO A SOSTEGNO DELLA “DIVERSABILITÀ” E DELL’ECCELLENZA

190 chef e produttori uniti per “Cenando sotto un Cielo Diverso”, l’evento che fa la “differenza”. Ai fornelli anche gli stellati Domenico Iavarone, Giuseppe Aversa, Michele De Leo e Roberto Di Pinto. Madrina dell’evento: Maria Bolignano Gli addetti ai lavori del settore enogastronomico uniscono le forze per la tredicesima edizione di cenando sotto un cielo diverso, evento da sempre a sostegno della “diversabilita’” che quest’anno amplia i suoi obiettivi: il ricavato, oltre a servire per lo storico obiettivo della costruzione di un laboratorio ludico – didattico per malati schizofrenici e per regalare un sorriso ai bambini ricoverati presso il reparto di nefrologia dell’ospedale santobono pausilipon attraverso la consegna di dolciumi e regali durante il periodo natalizio, sara’ impiegato anche per l’organizzazione di una festa presso il centro don orione di ercolano (rsa per disabili). Chef, produttori e personaggi dello spettacolo uniti per “Cenando sotto un Cielo Diverso” Il cibo, oltre a essere una necessità, è uno dei grandi piaceri della vita. Regala la possibilità di perdersi tra i sapori, di esplorare culture diverse, di dare sfogo alla creatività ai fornelli. Per noi italiani, poi, cibo vuol dire convivialità: che cosa c’è di meglio di un delizioso pasto condiviso con le persone a cui vogliamo bene? Il ruolo del cibo diventa ancora più fondamentale quando è collegato a iniziative benefiche. Così, per sostenere bambini malati e diversamente abili, soggetti che da sempre necessitano di tante attenzioni e che in questo particolare momento che stiamo vivendo hanno bisogno di un sostegno ancora maggiore, l’associazione “Tra cielo e mare” ha chiamato a raccolta 190 tra chef e produttori – italiani e non - che hanno unito le forze per organizzare un grande evento di beneficenza che si svolgerà lunedì 13 settembre presso Villa Alma Plena (Casagiove, CE), incantevole location poco distante dalla Reggia di Caserta, ubicata nei giardini dell’antica riserva di caccia del re, ove oggi tra di ulivi secolari, agrumeti e piante ornamentali si svolgono importanti eventi. Attraverso la tredicesima edizione di “Cenando sotto un Cielo Diverso” cuochi, cantine e aziende hanno deciso di collaborare per un unico obiettivo: ridare speranza e regalare un sorriso a bambini malati e diversamente abili. Parte degli chef e dei produttori sono stati segnalati da Slow Food (Alleanza dei Cuochi della Campania), mentre alcuni dei vini e i relativi abbinamenti con i piatti sono stati organizzati dall’AIS Caserta. Di grande supporto all’organizzazione è stato anche lo chef resident di Villa Alma Ple-

na, Salvatore Spuzzo: a lui è toccato il compito di convocare i cuochi d’oltralpe. Una serata nel segno della ripartenza e della solidarietà, ed anche un’occasione per raccontare e promuovere il territorio: ci saranno banchi di degustazione, con assaggi di vino, prodotti locali e piatti preparati dagli chef. Fra calici e specialità gastronomiche, ci darà anche (ampio) spazio allo spettacolo: sono infatti testimonial dell’evento Ciro Torlo, Gerardo Stanco e Giuseppe Moscarella, ex “Mister Italia” e attori, mentre la madrina sarà l’attrice, autrice e regista Maria Bolignano. Saliranno sul palcoscenico, introdotti dalla presentatrice Ida Piccolo, gli attori Cosimo Alberti, Giovanni Caso e Giovanni Rienzo, il cantante Gennaro De Crescenzo, la cantante Ida Rendano, i cantautori Luigi Libra e Michele Selillo, il comico Massimiliano Cimino, il cabarettista Stefano De Clemente, il comico e cabarettista Enzo Fischetti, e tanti altri personaggi appartenenti al mondo della musica, del teatro, del cinema e della TV. “Per ripartire, mai come ora, è necessaria la collaborazione di tutti. E in un periodo particolarmente delicato come questo hanno tutti raccolto il nostro invito con grande felicità - sottolinea Alfonsina Longobardi, ideatrice ed organizzatrice della kermesse -. Nonostante le difficoltà che stiamo attraversando, crediamo che queste abbiano contribuito a creare un terreno fertile utile a sedimentare nella mente di tutti il concetto di “diversabilità” e, quindi, a far includere nella società i diversamente abili integrandoli in particolare nel mondo del lavoro”. Infatti, gli chef stellati che parteciperanno all’evento (Domenico Iavarone, Giuseppe Aversa, Michele De Leo e Roberto Di Pinto) cucineranno con alcuni dei pazienti della RSA Don Orione di Ercolano. “Oltre ad essere vicini al mondo della diversità, con “Cenando sotto un Cielo Diverso” intendiamo anche sostenere gli artigiani del gusto e dar loro la giusta visibilità, raccontare il nostro territorio è la nostra più grande passione”, conclude Alfonsina. Special tnx: Grazia Guarino e Maria Consiglia Izzo, per XY Agency, ufficio stampa dell’evento; Silvia la Penna per View Point, media partner dell’evento; Annamaria Ghedina per “Lo Strillo”, media partner dell’evento; Antonio D’Addio, per la direzione artistica; Nunzia Rocco Buiano e Salvatore Spuzzo per la concessione di Villa Alma Plena. In ottemperanza alle regole anti – Covid19 sarà possibile accedere all’evento solo in seguito all’esibizione del green pass oppure dell’esito negativo del tampone.


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17 TOMMASO PELLEGRINO

OBBLIGO VACCINALE? DIVULGAZIONE DATI SCIENTIFICI PUÒ CONVINCERE SCETTICI, SI EVITI TERRORISMO”

“I numeri parlano chiaro, il 100 per cento degli attuali ricoverati in Terapia intensiva all’Ospedale “Cotugno” di Napoli non sono vaccinati. La pandemia, dunque, continua a mordere e il solo strumento che può contenerla è il vaccino. Da medico sono rispettoso dei dati scientifici, ritengo che un’attenta analisi di essi può convincere gli scettici del vaccino. Un’opportuna comunicazione è senza dubbio un ottimo viatico per arrivare a coloro che continuano a nutrire timori in merito. Ciò non significa fare terrorismo, bensì informare con chiarezza. Piuttosto definirei terrorismo il lavoro fatto da chi evoca il lockdown in un momento in cui non ci sono i numeri che lo giustificherebbero”. Lo ha detto Tommaso Pellegrino, capogruppo di Italia Viva nel Consiglio Regionale della Campania. “Sono contrario a ogni forma di discriminazione - ha precisato Pellegrino – il diritto alla salute è un principio costituzionale ma c’è un dato oggettivo che non si può ignorare: con più persone vaccinate avremmo ospedali meno affollati e più opportunità di cura anche per i pazienti affetti da altre patologie. Dunque, scegliere di non vaccinarsi non attiene al principio di libertà ma al principio di irresponsabilità. La Regione Campania sta svolgendo un ottimo lavoro, mettendo in campo strumenti di facilitazione e incentivazioni a tutto campo”. Ha concluso Pellegrino. ROBERTA D’AGOSTINO

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: NAPOLI: UN CERIMONIALE PER LA CITTÀ

Lunedì 13 settembre, alle ore 17, nella Sala capitolare di San Domenico Maggiore si terrà la presentazione del libro Napoli: un cerimoniale per la città di Umberto Zoccoli edito dalla libreria Dante & Descartes. Con l’autore interverranno il professore Nino Daniele, lo storico Guido D’Agostino e l’artista Lello Esposito. Parteciperanno l’assessore alla Cultura del Comune di Napoli Anna Maria Palmieri e l’avvocato Riccardo Marone già Sindaco di Napoli. Coordinerà l’incontro il giornalista Luigi Vicinanza. Il libro di Zoccoli racconta dell’importante funzione di un ufficio cerimoniale nelle istituzioni pubbliche. Un libro utile per esplorare un settore fondamentale ma poco noto, che ha origini molto antiche. D’Agostino, nella sua introduzione storica, getta un ponte tra passato e presente descrivendo, tra fine Medioevo e prima Età Moderna «l’esistenza ed il funzionamento in Napoli, nel regno, in età aragonese e, poi, spagnola, di un preciso cerimoniale di marca castigliana, inteso quale quel “peculiare complesso di riti, consuetudini e regole che presiedono allo svolgimento di atti pubblici di

particolare solennità (e rilievo ) sia civili sia religiosi”». L’autore - dirigente del servizio cerimoniale e relazioni internazionali - svela anch’egli regole, prassi e consuetudini contemporanee, ma richiama anche a quella duttilità nell’agire, dettata dal buon senso, nello svolgere un’attività delicata e complessa ed, allo stesso tempo, fondamentale per il funzionamento delle istituzioni. Nino Daniele, nella sua prefazione, definisce, con acume e giustezza l’autore: “cerimoniere democratico del suo tempo”. Trattandosi del cerimoniale di una grande e storica città, significa cercare di difendere e consolidare il ruolo di Napoli nel contesto nazionale ed internazionale, di grande capitale europea. Arricchiscono il volume le interviste a tre Sindaci di Napoli: Riccardo Marone, Rosa Russo Iervolino e Luigi de Magistris che hanno, a lungo, fatto parte della storia amministrativa, culturale e politica della Città. Alla presentazione prenderanno parte gli attori dell’Accademia Vesuviana del Teatro e del Cinema di Gianni Sallustro e della Talentum production di Marcello Radano.


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18 RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO DA FRANCESCO POLIZIO

IL MARASMA AMMINISTRATIVO E FINANZIARIO NEL COMUNE DI CASORIA

La decisione consiliare di approvazione del bilancio stabilmente riequilibrato con atto n. 15 del 19/5/2021 ha ottenuto il visto favorevole da parte della competente commissione ministeriale con numerose, consistenti e determinanti precisazioni. Gli amministratori del comune di Casoria, cantano vittoria non sapendo leggere il contenuto del provvedimento ministeriale che all’art. 1 richiama il documento contabile precisando che l‘equilibrio economico e finanziario può essere assicurato unitamente all’adozione di provvedimenti conseguenti alle prescrizioni contenute nel decreto che sono da ritenersi indispensabili. Il comune è obbligato in primis ad approvare, entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento, il bilancio di previsione 2021-2022 ed, entro 120 giorni, tutti gli altri documenti contabili tra cui il bilancio di previsione, il rendiconto, gli equilibri di bilancio. Nel decreto si fa anche obbligo al collegio dei revisori di riferire trimestralmente al consiglio sulla ottemperanza delle prescrizioni contenute nel decreto stesso. I punti qualificanti e decisivi delle prescrizioni ministeriali riguardano il personale, le entrate tributarie ed extratributarie, l‘accertamento e la riscossione delle entrate, la riduzione della spesa corrente, gli organismi partecipati e la gestione contabile. Sul personale, la scure del ministero riguarda la dotazione organica che non può variare fino al 31/12/2024 ed il controllo da parte della commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali di tutte quelle operazioni attinenti le spese del personale tra cui l‘assun-

zione, i fondi contrattuali etc. Sul versante delle entrate tributarie ed extratributarie fino al 31/12/2024, ‘IMU va deliberata, applicata e riscossa con le aliquote massime consentite con il rilievo dell’effettiva realizzazione delle relative entrate nel’anno di competenza. Il principio sopraenumerato comprende anche ‘imposta sul reddito delle persone fisiche, la tassa sull’occupazione di spazi e delle aree pubbliche, ‘imposta comunale sulla pubblicità ed il diritto sulle affissioni, l‘applicazione alla riscossione della Tari, i diritti di segreteria, il canone per la depurazione delle acque, l‘applicazione e la riscossione dei contributi per il rilascio dei permessi di costruire da destinare, in maniera esclusiva, agli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento degli edifici e del verde pubblico, alla riqualificazione e rigenerazione del territorio, alla salvaguardia del rischio idrogeologico e sismico, agli interventi di demolizione dei manufatti abusivi, alle spese per la progettazione delle opere pubbliche, alla riorganizzazione del servizio relativo al condono edilizio in modo da avere certezze temporali sull’evasione delle pratiche giacimenti. C’è altresì il richiamo al rispetto della normativa vigente sui proventi derivanti dalle sanzioni per la violazione al codice della strada da accertare e riscuotere nei tempi dovuti. Altro richiamo riguarda la gestione del patrimonio comunale che deve essere efficiente nella riscossione dei canoni di locazione assicurando gli introiti previsti. La raccomandazione, valida per tutti

gli interventi, è ‘effettiva realizzazione delle entrate nel’anno di competenza. Per conseguire il risultato del’equilibrata gestione della parte contabile e per conseguire ‘effettiva realizzazione delle entrate nel’anno di competenza, il Ministero sollecita il comune al’adozione di tutti i provvedimenti idonei e finalizzati a conseguire un›agevole attività di accertamento ed un’immediata riscossione delle entrate, ed ad attivare procedure coattive per recuperare ‘evasione. Sul versante dell’accertamento e della riscossione delle entrate il monito ministeriale rivolto, oltre che agli amministratori, anche ai responsabili dei servizi ed all’organo di revisione che devono monitorare costantemente le attività al fine del conseguimento del risultato e dell’equilibrio di bilancio. Per la spesa riguardante il personale dipendente viene invocata la riduzione, nel rispetto del tetto di spesa e nella corretta applicazione del contratto integrativo, al fine di garantire il patto di stabilità. Il contenimento dei costi nella dinamica delle spese per il personale diviene un obbligo per gli amministratori e nel caso dell’esternalizzazione dei servizi bisogna procedere alla rideterminazione della dotazione organica prevedendo la corrispondente riduzione. Altro capitolo investe le partecipate che dovranno rispettare regole e procedure in essere al comune per il personale, per gli appalti e per le consulenze, evitando i sovraccarichi ed i debiti, esercitando i dovuti controlli ed impartendo direttive per assicurare l‘efficienza e l‘economicità della gestione. Sul’esternalizzazione la commissio-

conIAZZETTA Sindaco vota scrivi ANTONIO IAZZETTA

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DOMENICA 12 SETTEMBRE 2021 ne ministeriale ha ricordato, e non ce n’era bisogno, che la garanzia deve riguardare il rigoroso rispetto della normativa, un adeguata comparazione dei costi, l‘economicità, l‘efficienza e la qualità del servizio offerto. Sul funzionamento e sulla gestione ordinaria, il decreto ministeriale fissa numerosi paletti, indica riduzioni delle indennità e dei compensi nel esercizio delle funzioni rappresentative, vieta l‘acquisto degli immobili, obbliga al contenimento delle locazioni passive, impone la riduzione delle spese generali di funzionamento delle strutture. C’è anche un invito a rivedere la partecipazione a società, enti e consorzi, verificando l‘economicità e la relativa debitoria, ed è il caso della società Casoria ambiente Spa ed il consorzio

cimiteriale nonché l‘ambito per i servizi sociali. Siccome non sempre il comune rispetta i tempi per trasmettere la documentazione di rito, il decreto ministeriale richiede, entro il termine perentorio del 31 marzo di ogni anno, la certificazione dei risultati conseguiti e le risultanze del saldo di competenza. Il comune dovrà anche aver cura di indicare nei documenti contabili le risorse necessarie per la liquidazione della massa passiva e per il finanziamento dei debiti fuori bilancio. Dall’esame semplificato delle numerose, consistenti e pertinenti osservazioni e prescrizioni della commissione ministeriale, l‘approvazione del bilancio stabilmente riequilibrato è, per così dire, formale, ma nella sostanza è una bocciatura che testimonia e ratifica il

19 marasma amministrativo e finanziario del comune di Casoria. La situazione anomala dei conti è stata segnalata da tempo, ma gli amministratori e i dirigenti non si sono preoccupati di mettere ordine con il risultato della declaratoria del dissesto finanziario e delle bocciature, nei fatti, del bilancio stabilmente riequilibrato votato nella seduta consiliare del 19 maggio 2021. C’è bisogno di uno sforzo enorme e straordinario per rimettere in piedi il funzionamento ordinario della macchina amministrativa. Per recuperare il tempo perduto la città di Casoria ha bisogno di una guida esperta e sicura, di un esecutivo che padroneggia i settori ed i servizi, di una nuova dirigenza e di tanti bravi e competenti funzionari.


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Augurissimi

Dal vostro amore è nata una nuova vita e dallo stesso amore essa trarrà l’energia per crescere. Con grande affetto, i nostri più sinceri auguri a Vincenzo Cataldo e Carmela Cuccurullo


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