Cas012 scipion mercurio, la commare o raccoglitrice

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O R A C C O G L IT R IC E Dell’ Eccellentiffimo Signor

SCIPION MERCVRIO Filofofo, Medico, e Cittadino Romano : D I V I S A IN T R E L I B R I . In quefta ultima editionc corretta, & accresciuta di due trattati ; ^vno del CO LO STRO , douef i tratta di diuerfi. mali de i bambini con loro caufe, e rimedij fingolari 5 dell'Eccellentifs, S ig.

PIETRO

DI

CASTRO

Medico Fiiìco Auignonefc. Ualtro di 'vn grauiffilmo Autore, nel quale fi rifioluono al­ cuni dubij importanti circa il cBattefitmo de i ‘Bam­ bini, e [i danno alcuni auuift Spirituali molto a propofito per le Parturienti,

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V E N E T I

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M. DC. L X X X .

Appretto Stellano Curci. C O t ^ V C t J i Z ^ DE’S y P E R I O R l , E V R I V l l E G l Q s



Prefatione dell’Autore. Vando molti anni fono diedi alcune mie fattichc alla ftampa; feguìtai anch’io i! commune, c volgare* vfo di fcufarmi appretto i benigni Lettori, di quel­ li errori, che per mio difetto follerò fcorfi nell'ope­ ra. Màhora penfando» chei benigni Lettori, le. gendo con prudenza l’opcre altrui , come ripieni di bontà fanno raccorrete il buono quando vene* fia , e quando non ve ne trouino fogliono appagarli della buona volontà de gli Autori, (cufando gli er­ rori come commetti dahuomini per loro natura attillimi ad errare; mi fonperfuafo, che fia molto meglio fcriuerea'maligni, e maldicenti Let­ tori ; i quali hanno l’orecchie tanto tenere , che fi fcandakzano fino ad’vn errore picciolo di ortografia; perche ftropicciandogli il nafo vfeiranno dal gelofo Tribunale della cenìura. Dallo fcriuere a queiti taline naiceanco vn’alrro commodo, che fi viene à difendere l’opra con quel­ le ragioni, che fono giudicate m igliori, non potendo l’Autore edere douunque giungerà il libro. A quelli nafuti dunque (per vfarela voco latina) iqueftT maldicenti, e detrattori, i quali ogni libro pare fu uerchio , ogni opra imperfetta , ogni concetto ftorto, & ogni fatica va­ n a; fcriuo io adefio, acciò le per cafo leggettero la mia Commare (fc bendefidero, che non la leggano, e non la guardino) polfano anco in­ tendere quelle ragioni, che hò giudicate baitcuoli à difenderla dalle maledicenzeloro. Sòperò, che non era neceffario quello difeorfo , per­ che finalmente i biàfmi di coftoro ridondino in lodi appretto le pedo­ ne prudenti , eflendo antichillìmo quell’oracolo , che la maggiore difgratia, che polla hauere vn’huomo da bene, e l’efiere amato, e loda­ to dai cattiiii, & il maggior fanore è 1’eiTcre da gli fletti odiato, e biafim atolo (e fallo Iddio} attimo di tutto cuore le correttioni; màodioà morte le detrai tioni ; e quando io fono auuertitodi miei errori, riceua come Filofofo l'ammonitore in luogo di maefiro, per infegnatmi quello ch’io non lapeuo , e come Chriftiano lo riputo mio fratello ; poiché a i eia -


efetritiwneeo officio tanto cortefe di carità. È ben vero, ch’io non poflb tolerare alcuni fpenfierati, i quali a pena fanno leggere l'opere altrid , non che comporne di quella forte, e pure tantofto, che vedono alcun-» litao alle ftampe, è che hanno letto ¡Ititelo, e rimirato letauole, chiu­ dendolo gli torchio il naie adotto, e gli danno quei nomi, che ad erti iono fomminiforati dalla loro furiala ignoranza . £ fe pure fi vede alcu­ no di quefli ta li, che fapia anch’erto comporre, nelle fue compofitioni non fi legge altro, che puntare quefio, è biaimare quello; e pure lareb. be bene domandargli da qual Prencipe hebbeil priuilegio della Cenfura generale. Conuiene sì deputare le co fe dubie , e ricercarne la verità : ma con quella modeftia, che nella cofa della Eilofofia, e pelle prediche^ del Chriftianefmo s’impara. Che coftume barbaro è quefio? Che profeifione più inhumana? L’efler mortai nemico dell'altrui lode; ecoms prima vn bell’ingegno s’auanza, evà crefcendo di riputatione, e di no­ me, fubitofi trouachiTinfefta: «come che le lodi altrui fiano proprio biafmo in vece di gradirlo aiutarlo fauortrlo, e quando corra il bifogno tnodefiamente correggerlo ; ne v i per ogni modo, e via dirteminato inuentiuc» maledicenze.* efatire di modo che bene fpeffoil valor torna r in troieria. La diferetta correttiorve è fantiUitwa, nè Letterato alcuno per grande, ch’eglififia la deuemai rifiutare, percioche non è huomo coS eccellente, che nelle cede fue proprie non porta ingannarli, alle quali non-è merineceflatio l’emenda, eia modella correttione, di chefia la_>,■ Medicina all'Infermo , ma chi baflonaffe l’amalato in vece di curari©- fa­ rebbe più preflovfficio di Boia, che di Medico; Stia in verohò deplo-ratopiù volte lo Aato d’vn principal Medico della Città di Padana, if qual con tanta rabbia voleua far il cenfor della Medicina, che non poteua alcuno por in ftampa cola quantunque picciola, ch’egli Albico non gli forte al pelo con vna cenfura cotanto teucra, che hauerebbe fatto adie­ tar per fino gli Angeli: Oh mi dirà alcuno , che lo faceua, per lo grani zelo che haueua del Aio Galeno ( checosi foleua nominarlo) & iorifpond o , che fe ranto-cra il zelochelofpmgeuaafatciò , prima tutti nort ferineuano contro Galeno, di quelli, che ponen ano opere in fiampa, quan­ tunque haueilero detto qualche cofa contra il tuo Galeno, cioè contrae l’intefo a Ammodo; E poi nouhaneuaegli modo; & occafìoo e di tnoilrar la fua dottrina, eia forzadella fua eloquenza nel difender Galeno dall’oppreffioue grauiflìma fattali delI’EccelIentiflìmo Signor Giacomo Zabarella nel libro de’Mechodi, e nella quarta figura de’fillogifmi ? douelofirapazza in maniera, che poco più hauecebbc iatto, fe l’haueffe j tremato à Acacia fua lucerna; e pur e quello quel ino Galeno , il qua­ le gl’mfegnò il modo di poter guadagnar tanto, che caualcando per a Città la staggi arte con Vaidrappa di Voluto, efiaffo dorate. Horfeque-' iti cicaloni vorranno cianciare d’intorno la mia Gommare, col ricercar-« ni de gli m o ri per dentro, io p ru u confe iseró, che come huomo poifo hauer errato, e come petfo na di poco valore,, e di manco grido poffohauerecommcfsograiiiitìmi mancamenti; ma mi confiderà poi c o a ^ è

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q u e llo , che quanti giamai fcrifsero nei mondo da gli Euangefifij, Apo. Itoli, Profeti , e Santi Padri in poi, che fcrifsero come fpirati da D io , e perciò fcrifsero bene, tutti gli altri nello fcriuere errarono ; ma chi più,e chi meno. Quanto poi àgli errori, chi pofsono come mettere nell’opere, io flimo che fi pofsano ridurre ©al fine, quando foflìcatriuo, ò alla inuentione, ò alia difpofitione, òalla elocutione. Nel fine so di non hauer errato al ficuro perche mio fine fù digiouare, onde vedédocofi fpeffo pericolare ne’parci vitiofi e le madri, e i figli per il poco fapere delle__> Commari, e degli altri miniitn (che quanto à Medici eili mai, òrariUime volte fono chiamati à quella arcione) determinai di porre in luce vn infitti, rione per la Gommare, acciochein quelli parti preternaturali fàpefsè par­ ticolarmente reggerfi, e gouernarfi. Ilche tanto più hò fatto volentieri, quanto che per efqueficà diligenza, ch’io habbia faputo fare, non hó ereduto alcuno che in volg are habbia fatto opra di quella forte: E vero che da due ótre miei amici mi fù già detto, cheli San fon ino {lampo v.n libret­ to intitolato l’Edificio del Corpo Humano, nel quale trattauadi fìm ilo fóggetto: mafapendo io, ch’egli nonfùne Medico, ite Cirugico, che Cola harrà potuto dire di buono in vna profeflìone , che mai non co­ nobbe, oefercitò? E fe bene haudfe potuto tradurre quel libro dila­ tino involgare idioma, sò , che ne anco in latino quella materia è fia­ ta trattata perfettamente? e quantunque diuerfi A tutori in diuerfi pròpofiti ne habbiàno difeorfo concifamente, niuno però ; ch’io fappià-, 1 ha ridotta à certa regola, Scanorma tale, che poiì'a recare alcun giouamento alle Commari . Ne fcriflesì vn certo Giacopo Ruefto Suizzèro vnpiciol volume diuifo in fétte libri: ma sì feruì delle Tattiche dell’Eccellentiffimo Eucherio Rodione Medico Tedefcho, il quale haueua fac­ to vfl libro pritìia di lui, e poco egli vi aggiunfe: oltre che offendo me­ ro Cerugico, molte cofe ditte per relatione d’altri, e molte altre c h o non poffòno ilare in modo alcuno . L’Eucherio poife ben n’ha fcrittodiuinamente fù però così breuè , che più pretto ha moftrato la fi rada, Si in* uitatogl’altrìà finire l’opra, ch'egli le habbia datto perféttiofle . Hòbefs fentito molto piacere, che nel medefìmo tèmpo, nel quale io ferino quefl’opera, hò veduto due principaiiffimi Medici l’ vno Francefe, e l’­ altro Italiano, Eccellentiffimo, Signor Lorenzo G ioberti, e l’Eccellentiffimo Signor* Orario Angènió, qùafi confpirare nell’ ¡fletto peufiero** poiché que lo ne gli errori populari ferirci in lingua Francefe tratta mol­ te cofe appartenenti a quella materia ttampati innanzi la mia imprefifione, & quello nellibro del pàrto humano difufamente ne difeorro; ma nè l’vno nè l’àltro però hmno hauuto mira d’iftrnire vnà Commare , come iò perche il Gioberto le cofe che tocca, le tocca come et> ror del popolo; & l’Augenio dogmaticamente nè ragiona con ftile più atto alle Siole , & alle Càtedre , che àlrittrutióirè d’vna Commare. Si che quanto al fine io sò di non hauere erràtto ; ma ne anco quan­ to aH’inuentioilfc : perche io hó hauuto pènfìèro di ridurre l’othcio détta Commale in vn t r a t t a t o e di nominarlo eo’I fuo nome pcrct® a 4 »


in effo vi fi contengono per lo più l'attioni fole che ad t ifa fi apparten­ gono. Nè cotale titolo, riputai vile, ò baffo, òperfe Hello, ò per la qua. lita della materia ; poiché Ariilotiie medefimo non li vergognò nei li« brofettimò della naturale hiftoria di fcriuere tutto il capitolo decimo intorno alIVificio della Commare . Nella difpofìtione certo si , che ho errato ragionando prima del fico naturale, nel quale nafee l’huom o, e poi del tempo; epurefisà, die prima giungeil tempo del naicere , e poi nafee nel fuo firo: ma quello errore è Icufabilecome fatto per foiza ; impercioche volendo io trattare del fito, e della natura della_> Matrice ( coftume ofkruatoda tutti i Medici antichi, i quali auantiche parlino del affetto di quali he parte, ragionano prima della fua natura, e del fuo fito) molto meglio me nè porgeua occalione il fito del nafeere, che il tempo. Md fe hauerò errato nell’ordine della dottrina, fi condoniciò alla mia Commare, laquale non fi cura di tante efquifitez2e , e le balia folo fapere quello , che le e neceflario in qualunque ordine le fia efpollo. Mdqui il maledico mi fa l'Oriando adoffo dicen­ domi, che troppo vergogna è Hata fare tanti difcorfidi filofofiacon le feminuccie; e con la Commare; al quale dirò due cole. L’vna, che all’hora quando io ragionaua con la mia Collimare era in vna corona di perfone più che mezanamente intendenti , le quali non foio volfero fapere quello , che doueua fare la Commare; ma qualche altra cofa di più-, e quella fù quella Filofofia, che gli offende il tenero nafo. L 'al­ tra, cola è , cheadhuomo, che già fieffercitò molti anni nelle Acade, mie, e lecito almeno per laiciuia d’ingegno vicirc alle volte de i gan­ gheri, e rinouerarlei pafliui humori. fichi sa , che quello libro noru fia letto anco da altri , che dalle Commari f Md l'affibi) pure il mali­ gno nell'elocutione , che io gli perdono; poiché gli errori fatti in_» effa, non fono fatti per ignoranza; ma per malitia, cioè d bella polla; e perciò fe dird , che ho fcrirtoin volgare, eche in quello habbia erra­ tolo gli refpondetò, che non tocca alla fua arroganza quello giuditio, c che d me pare di hauere fatto bene : perche la mia Commare non inten­ de la fauella latina, e in quella lingua poffa anco edere letto da padri di famiglie, e da qualche altro, il quale non intenda latrino, cheiubifogni di quella forte potra porgere aiuti importanti. Hò anco fcrittoin volgare ; poiché mi e piaciuto di fare così: e mi pareuadi poterlo fare, hauendo altre volre ilampate opre latine; oltre che io nacqui 1-bero, e perciò pofsooperareà nuo modo; e cefi come non farei tenuto di rendeic ragione ad alcuno, fc io hauefiì fcrittoin Tcdefco, ò in Abraieo, cofinon debbo renderla hora, che ho fcritto in volgare; fe bene ferir potrei addure molte che fono grauifiìme , & importantifiìme . Non è forfè {/ignori fpenfierati) tanta la Maelìd della lingua volgare, che puòric*uereogni efquefito foggetro? Monfignor Rcuer. Panigarola vi pofe dentro i maggiori mifierij della Teologia; e prima di lui que­ gli altri due fpiritifingolariflìroi di Monfignor Cornelio Mufo, e’1Fiam­ ma ,


ma. L’EccelIentifs. Signor Alefiandro Piccolomini vi trouò luogo quali per tutta laFilofofia;il Mattiollo vi adatò poco manco che tutta la Me­ dicina femplice , & il Valuerde tutta l’Anatomia 5 io non potrò collo­ cami quatro ciancette d’vna Comrnare iLafciateuela pure entrare que­ lla volta , perche douecommodamente può dimorare la Regina , ch’è la facra Teologia , colà può anco entrare ia Donzella , ch’è la Filofofìa , fe con maggiore ageuolezza la maiìara, ch’è la Medicina in habito di Commare, ch’è anch’efl'a veiìita con gonna rozza , e vile , cioè con vna lingua famigliare Romana intefa da tutti, ch’è quella apunto , della quale mi fece dono la mia balia in culla , e lamia madre in cafa_>. Oh tu non hai fcrittto perfettamente in Tofcano ;( diri qui maeilro Ariilarco . ) Et io dico, che non feri ili in Todefcho: perche fono Romano , & à chi piaceli Toftanoggiare , può leggere ilBoccacio, & il Bembo chefe ne catterà la voglia .Se anco tali fuogllatidiranno ,che l’opra-, mia non gli piace per altro; allhora dito io , che mi fanno molto fattore à non leggerla, e che elfi ne faccino di migliori , perche quanto manco piace a loro , tanto più forfè piacerà ad altri . Se mò gli parerà longa_. ne leggano la mettà ; febreue , vi facciano effi l’aggiunta; fe troppo chiara , haueranno manco faticha ¿ ’intenderla ; fe troppo ofeura le fac­ ciano il commento ; fe troppo baila di materia ; e di itile , patita man­ co nel cadere , chenon hauerebbe fatto conia molta altezza . Chefia_» troppo dotta non diranno forfè : perche oltre chedirebbono la bugia , la Natura loro e troppo nemica del lodare. Diranno bene , e con veri­ tà , che io mi fono feruito fpeflb di altri Autori : ma à ciò rifponderò quello , cherifpofcSan Gieronitno à i fuoi callonnìatori nel Pro ogo fopra S. Matteo , e nel quarto volume fopra Hieremia , il quale volendo fcularfi di eiferfi feruito dell’opre di Origene nel comporre i fuoi libri , difle, che ciò non poteua reccargli biafrno: ma lode, quando tutti gli antichi ofl’eruarono quello illeffo coftume ; efe furto era il feruirfi de gii altrui indori , che diremo di Ennio , di Cccilio , di Plauto , di Cice­ rone ;è di Virgilio? Anzi che diremo di Hilario , il quale leuò fin otto millaverfida Oriente , egli trafportò ne’fuoi libri ? L ’importanza Uà nel feruirfi della fatica d’altri con modeilia , nominandoli , e celebran­ doli fecondo il douere : onde perciò non pollò perdonare ad Arinotele , che effendofi feruito delle fattichediHippocrate nel libro del parto dc_^ gli otto mefi , & in quello della natura del fanciullo, non l’abbia pure vna fola volta nominato . Io confeflo d’effernii feruito dell’opre d’altri; mali nomino tutti nel libro con riuerenza , doue conofcoii bifogno ; & oltre di ciò ne faccio vn catalogo nel principio di quello voIume„J • Quanto hò qui detto ,non è già nato da penfiero arrogante ch’io habbia , che l’opra mia fia perfetta ; ò perche non meriti d’effer biafmata rimperoche sò ch’ella è imperfetta per diretto del mio pouero inge­ gno ; e sò , ch'ella trouerà detrattori per l’infelicità de i noftri tempi •• ma hò fcritto il prefente difeorfo , accioche non rcfti affatto derelitta nelle mani de calonniatori lenza alcuna diffefa . Piaccia à Dio Noftro a 5 Si;


Signore cofi darefgratia à me di conòfcere i mief errori per emendarli, co­ me ¿g ii altri di non biafmare quello, che|fu indriZzatoi buon fine, actioche non refti offefa la fua Diuina M aefti. Così da miei come da eli altrui errori.

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Bifcorfo di quanto nell’Opera fi contiene. EI Primo Libro fi difeorre del Parto Na­ turale dell’Huomo, d i pontualmente fi inftruifcela Commare del modo di gouernar le Donne grauide, dCquanto deb­ ba fare nel raccorre le creature nel parco. Nel Secondo fi ragiona del parto vitiofo, e preterna­ turale: cioè di quel parto, nelquale le creature vengono con le braccia, piedi ,ò lati auanci,e infegna alla Com­ mare come debba fare per dar aiuto alle creature in cafo tanto difficile, e pcricolofo. NelTerzo fi tratta di quei mali, che per lo più fogliono accadere alle impagliolate per cagione del parco i infognando anco alla Commare di medicar cofi quelli mali come quelli, che occorono alle creature doppo il parto >ne’quali mali le donne impagliolace ,ònon vo­ gliono , ò fi vergognano di chiamar Medici. Nel Coloffro diicorfo aggiunto , fi tratta de diuerfi m alidei Bambini, la loro cauia >• SCrimedij, fingolaà non cocaci dall'Autore*

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C A T A L O G O D E G L I S C R IT T O R I,D E * Q V A L I il è feruico l’Autore nella preferite opera. / E tio , S.Agoftino. Alberto Magno. Albucafi. Alefsandro Afrodjfeo. Alefsandro d’AIefsandro. Ambre fio Parreo. Anafsagora. Antonio Pofseuino.’ Aditotele. Auenzoar. Auerroe. Auicenna. Aulo Gelilo. Benedetto Pererio* Celio Rodigino. Cefare Baronio. Cicerone. Cleopatra. Cornelio Celio. Democrito. Deiofane. Diofcoride. Donato Altomare. Empedocle. Epicuro. Eroto Liberto di Giulea p Eucherio da Francfort. Francefco Ferrarefe. Francefco Pico. Francefco Roufseto. Francefco Toletano Cardinale. Galeno. Giacopo Siluio ; Gio:Battifia Montano» Gio.-Camillo Mafèi da Soiofra. Gio: Pico. G io: Scoto. Gio.Zecca. S. Girolamo.

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Girolamo Cardano. Girolamo Fracaftoro. Girolamo Mercuriale. Giulio Cefare Scaligero. Giulio Polluce. S. Gregorio. Heliodoro. Hercole Safsonia. Herodotto. Hefiodo. Hippocrate. S. Ifidoro* Lattando Firmiano. Lodouico Bonacciolo. Lucrecio. Marco Antonio Zim an . MarfilioFicino. v . Mattia Acquario. Mofchione. Nicolò Fiorentino. Nicolò Roccheo. Oppiano. Paulo. Paulo Scaligero. Pietro Andrea Mattinolo» Pietro d’ Abano. Pietro Gregorio Tolofano. Plauto. Plinio. Plotino. Plutarco. Rafi. Teofrafto;. Tertuliano* S.Tomafo. Trottula, Varrone. Vettore Trincauella. Vitruuio. Vlpiano. TA -


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DE’ C A P I T O L I del Primo Libro.

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Zlle cagioni di quei dolori, che t‘Huomo patifce, efà padre alla Madre nel[uà nafcimenm , Capito­ lo i. fol. i. Delle conditioni del Vario humano na­ turale, edellat{atura,parti, efeJlo , e forma della Matrice, C.2. 5. Del [ito naturale della creatura nel ven tre materno,Cap i. 14 Delle membrane ,òpelicine, che nell' vtero cuoprono la creatura, Capito­ lo 4. 19 Della maniera, òpofitura perlaquale Vbuomo naturalmente ejce dal vétre materno,cap. 24 Del tempo debito,eh'è affegnato al par­ to humano. Cap.6• 29 Ter qual caufajolo l'huomo trà tutti gl' altri animali babbi il tempo indeter­ minato alnafeere, Cap. 7. 34 Delle cagioni, per le quali i fanciulli nati nell’ottauo mefe in Italia peri­ tano,e gli nati in Egitto, & in Ifpagna viuano, Cap.8» 38 Delle cagioni,per le quali ì figliuoli nafconomafchi,òfemine,Cap 9, 41 lapropria ragione, per laquale vera­ mente fi generi il mafebio, eia femi. na.Cap. io. 46 Della caula per la quale i figli [miglia­ no à Vadri,Madri, ò ad altri Taréti, Cap. i l . 5Q Hittorianarrata daHelidoro, perla­ quale fi moftra come la imaginatione nepojfafar la creatura filmile atta cafa imaginata,Cap. 12. 53 •perche l’iftesfa Donna faccia mafchì co ynHuomo, e [emine con l'altro ; e

del modo di generari mafehi e le fe mine Cap. 13 . 58 Della caufa perche in vn parto nafeono più figliuoli,cap. 14. 60 Delle altre conditioni del parto legittmo,e naturale,Cap. 15» 62 Della natura, origine, tempo quantità, & vtilitàdem eH ru i,C ap.i6. 63 Delle qualità del Medico,che hà dago uernarla Donna grauida,Cap 17-67 Della qualità, & vfficio della buona Commare.Ca. i& 71 Del modo ; co'l quale fi deue gouernare la Donna alianti il parto,Cap, 19. 74 Delle cagioni, per lequali il desiderio ardente della Donna grauida forga di macinare, e d'imprimere nel corpo della creatura l’imagine della cofa defiderata,Cap-2Q. 76 Seia donna grauida può congìongerfi col marito [eriga perieoi della creatu­ ra, Cap, 21, So De'rimedijdi quei mali, che fono ca­ gionati dalla grauidanga, Capitolo

"22.

Della cura che, fi dee vfare alle Donne grauide nel tempo del parto, Capii.

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34

Di quanto è neceffario fure doppo il par­ tonaturale, e del biafmo di quelle Donne, lequali non danno il latte à proptij figliuoli, Cap.24, 90 Dette conditioni, e qualità lequ alt dee bauere la buona Balia * Capitolo 2 %

94

Di molte auertenge,che rimira la cura del nato fanciullo, Cap. 26. 97 Del parto naturale doppio, Cap.27.101 TA -


(: , T A V O L A DE’ C A P I T O L I del Secondo Libro.

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EI preternaturale, e vitiofo, & in quanti modi fi facia,edi qua». lo fi tratterà in queflo libro, Capito,

/oi. 103 Df / woifo di aiutar la creatura,che ven­ ga al parto con la tefla au ariti,ma col collo fo n o , Cap. 2. 106 Del modo di aiutar la creatura quando nafce con vn braccio auanti la tefla, Cap• 3* ili Del modo di aiutar quel parto , nelquale viene la creatura con amenduele mani auanti, Cap. 4. 113 Del modo di aiutare quel parto,nelquale nafce la creatura con vn piede auanti,cap.$115 D el modo di aiutar quel parto, nel qua­ le viene la creatura con amenduei piedi auanti, Cap.6. 118 D ei modo di aiutare quel parto, nelquale nafce la creatura co’ Tiedi auanti, e con le braceiadiiiefe¡'opra­ la tefla, Capri. 120 Del modo di aiutare quel parto, nelquale tenta la creatura d'vfcir dal ven­ tre con i piedi auauti, ma con le gam­ beinarcate, Cap.8. 123 Del modo di aiutare quel parto, nelquale la creatura cerca di vfeir dal ven­ tre con le mani, e con i piedi vniti in[ieme,Cap>9. 125 Del modo di aiutare quel parto,ne!qua­ le la creatura cerca di vfeir dal ven­ tre con le ginocchia auanti, Capito­ lo io. 126 Del modo di aiutae qual parto, nelquale la treatura viene con lapan'ga auan­ ti, Cap.1 1 . 128 Del modo di aiutar quel parto, nelquale la creatura viene con le natiche auati,Cap. 13. 130 Del modo di aiutare quel parto, nelqua­

le viene la creatura con i lati auanti. Cap. 13. 13 1 Del modo di aiutare il parto doppio nel quale nafeono , due gemelli co’piedi auanti, Cap. 14. 134 Del modo di aiutar e il parto doppio nel quale nafeono due creature vna co’l capo, e l’altra co’piedi auanti, Cap.

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Del modo d’aiutare quel parto doppio, nelquale fi ritrouavna creatura mcr ta,el’altra viua, cap.16. 136 Del aborto , e delle cagioni di eff'o * cap. 17. 137 Delle cagioni efierne dell’aborto; capi­ tolo. 18. 140 De ifegm,per li quali fi conojce l’^ibor. to,cap.ip. 142 Del per ¡colo,& importanza dell’albore to,cap.io. 142 Della cura, che dee vfare la Donnagrauida perpreferuarfi dall’aborto,cap. Del parto difficile, delle fue caufe,ejegni,cap.2ì. 147 Delle cofe , che fi dtuono vfare nel par­ to difficile per facilitarlo , capitolo Del modo di ageuolar quel parto * che è fatto difficile dalla graffez^a della Donna grauida »cap. 24. 15 1 Del filo,che facilita il parto delle donne graffe, e del modo di aiutare il parto', diffìcile per l'anguflta della matrice, cap. 2$. 15 6 Del modo di leuare quella difficultàdel parto, che nafce le feeie ritenute, da poterne, da cantrt, da ragade, e da morene,e da d u rerà di feconde, cap. 26. 158 Del modo di leuare la difficoltà,- che na­ fte dalla gr offesa della creatura ; e


*1 del modo di cattare le creature morte del ventre della madre, cap.27. 16 1 Del parto Cefareo, origine, poffibtlità, e neceflìtàdi quello, cap. 28. 165 Del modo co’l quale ftpuò fare il parto Cefareo, cap.zg. 1 69 Del parto difficile per caufa delle fecon. de, e del modo di cauare dal corpo della partoriente, cap. 30. 174 Delle caule,Jegni,e rimedij delle purghe del puerperio vitio[o,per la poca qua. tità diefjepurghe, cap. j t . 177 Delle canfe,fegni, rimedii, delle purghe vitiofeper la troppo abbondanza ioro,cap.^z. 180 Del parto vitiofo per la imperfetione de* tnembri della creatura, e dalla cagio.

ne di quella, cap. 3 3. 185 Delle Molteforti di moflri,e quali fi d ebbano riputar veri, e quali fauolofi, cap. 34. 187 De imoflri,oflenti,prodigi,e degliefem. pi di ctafcun di efjfi, cap. 55. 162 Se 1 Giganti ftano flati al Mondo,da chi prodotti,e di quale flatura, capitolo, J 6- 196 Se gli Tigmei veramente pano flati,0 di qual ilatura,cap,$7. 199 Se i dianolipojfonogenerare,come molti credono, cap. 38. 202 Che cofapano i moflri, cap.39 205 Della cogitine de’moflri, cap. 40. 20 6 Della molla, cagione,fegni, e cura di effa,cap«\ c. 213

T A V O L A D E ’ C A P I T O L I del Terzo Libro, EUefebri, che feguono il parto vitiofo, e delh loro accidenti, con fuoirimedi, Cap.i. 2 10 Delle cagioni del dolore della matrice , e de’rmedi] di quello,Cap.2. 224 Del prorito della matrice, e fuoi rime­ di], Cap.3. 227 De meflrui abbondanti, e del furor del­ la matrice idei lette che cofa fta, co­ me p faccia, & à che fine pa generato,Cap.4. 229 Del mane amento del latte, caufe, e ri­ medi] dieffo ,Cap.q. 332 Della troppo abbondanza del latte,delli rimedi] di effa, Cap.6. 235 Delle mal? qualità del latte nafeenti della intemperanza de g li humori, Cap.7. 238 Del latte quagliato nelle mammelle, e de’rimedi] di effo ,Cap.S. 239 Della cura delle fiffure , 0 fettole , che vengono nelli capitelli delle mam­ melle, Cap.f . 243 Del profluuio delle donne, e fuoi rime­

D

di], Cap. io. 244 Dello [eoliamente, ògonorea delle don­ ne , e fuoi rimedi] , Cap. 1 1 . 247 Delle p.aghe, che vengono alle donne doppo il parto vitiojo, e rimedi] loro, Cap.13. 250 Delie ragade, e della rottura,che acca­ de alle donne tra l’v»o,e l’altro [effo, e fuoi rimedi],Cap.i 3. 254 Delle crefle, nate ò crefcenze, che fo­ gliano crejcere nella natura delle donne, e loro cura, Cap.14. 255 Delle morene della matrice,e cura loro, Cap.16 . 257 Dall'enfiagione della matrice ,efuac ti­ ra , Cap.16. 258 Dell’ enfiagione ,che nafeef opra l’ombe­ lico,è de’rimedi] d'effa,Cap.ij: 260 Della infiamatione, 0 pofleme della ma­ trice, epia cura, C ap.ii. 261 De i motti diuerp della matrice della cura loro,Cap.19. 25 ? Della prefocatione della matrice,e della su ra di effa,Cap.20. 2 66 Del

»


t

T A V O L A

Del budello “»[cito di luogo alla parturiente,e curad’effo,Cap.2i 272 •propofitione de mali de'fanciuli, Cap. 22. 273 Delle febri de’fanciuli,e della cura loro, Cap.23. 274 Delle varole, & della cura loro, Capì­ tolo 24. 27 6 Della enfiagione del corpo de’fanciuli, è fua,cura, Cdp.25. 279 Della macilenta delle creature, efua cura,Cap. 26. »80 Della rogna,e lattume, e[ua cura, Cap.

folto la lingua de ifanciuli, e cura dì e[ja;Cap. 40. 296 Del dolore, che fentono i fanciuli nel far i denti, e de rimedi] di effe, Cap.

* x:

297

Del ¡inghiozp, e fuoi rimedi], Capito­ lo 42. 298 Del vomito,e fua cura Cap.fó, 299 Della incontinenza dall’ vrina de’fan­ ciuli, e della cura di offa,C.44. 300 Della fupieffione dell’ vrina de’fanciuli efuoirimedffiCap.tf. 301: Della pietra,e fua cura, Cap. 4<5* 302 27. 281 Della Stitichezza del corpo,e fuoi rime­ di],Cap. 47. 303 Della brutta, òepilepfia, efua cura, Cap. 28. 283 Del fluffodel corpo,efuacura, Capito­ lo 48. 305 Della conuulftone, e fuoi rimedij, Cap. 29. 286 Del male detto de i pondi,e fuoi rimedi], Cap. 49. 306 Della paralifta, e torpore, e fuoi rime­ di],Cap.^®. 287 De i dolori del corpo,e fuoi rimedi],Cap. 50. 307 Del J'onno turbato, e fuoi rimedi], Cap. 31. 288 De'vermi,e della fua cura, C.^x. 308 Della molta vigilia,e fuoi rimedij, Cap. Del lattume di fanciulli, efua cura, Cap.52. 3 ra 32. 289 Della deftillattione, efuoi rimedi], Cap. Dìpedocchi,e loro rimedi], C.53. 313 33 290 Della enfiagione della te(la di fanciulli, Della Strettezza del nafo, e fuoi rime­ Cap- $ 4 „ . 314 di], Cap.34. 291 Dell’enfìagion, e rofjefja, de gl'occhi de fanciulli,e lor rimedi], Cap.55. 315 Della tofie,e fua cura, Cap. 35. 291 3 16 Della difficoltà del refpirare, efuoi ri­ Dello [guarda florto,Cap.^6. medi],Cap.^6. 292, Delle fiffure delle labra, e loro cura, Cap. 57. 316 Del dolore dall'orecchie,e fua cura, Ca. 317^ 37. 292 Delle Scrofole,Cap.^%. Della poflema, che nafce nel principio Del humore dell'ombilico,e della enfia­ gione delle borfe de i fanciulli, efua della gola a i fanciulli,e della citte di cura, Cap. 59. 318 effa,Cap.^8. Delle piaghe della lingua,e delle labra« Del budello vfcito di luogo alty creatu­ elorocura,Cap.39. 295’ re, e de altri loro mali, capitolo 60. 320 Della poflema detta ranula, che nafce

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D E L L E C O S E P IV N O T A B IL I D E L L ’O P E R A

i l (primo numeraci mofìra il Libro, ilfecondoil Capitolo, il terzo la Carta . A

»Ariflot. fu raro nel trattar il Metboio della Filojofia, ma nella medicina Botto che cofa fi a , e le fue cattfe. Irebbe molti maggiori. 2.41.210 2 17 .13 7 . »Auerroe , efuo errore, che la donna ferita congiungerfi con l’huomopofia aborto cagionato da moli’allegrezza » tifo malinconia, tofie, e per teflimoingrauidarfi nel bagno. 1.10.46 mo di Timi» fin dallo sbadagliare. Auerroe fiocamente parla della caufa 2- 17.137. della mola. 2.41.210 Aborto da quante caufe efierne pofia B tfier cagionato. 2 .18 14 0 t/tborro da quatfegni fi couojca . -Ag.no alle mammelle per far tor­ 2.19.142. nar il latte. 3.5.232 »Aborto non fi dee procurare con la (cu­ bagno per far ficcare le varole. 3.33. la i [aiutar la madre . 2.20.142 292 »¿borio, efuoi pencoli. 2.20.144 Balia buona quante, e quali conditioni »Aborto, e fua cura. 2.21.145 debba hauere . 1.2 5.94 »Accidenti, che moflrano l’bora del par­ Balia di che età, colore, & fattezze to. 1.2348 efier dè ; quali tette, e che latte deus %Agrippi di ptjjìmo augurio appièfio 1 hauere. 1.25.94 Romani. 2.5.115 Balia come deuegouernarfi nel mangia­ *Allantoide e vna membrana ne gli al­ re , eb ete. 1-25.54 tri animali, ma non nelibuomo. Bambino (ubilo nato con thè fi deue la­ 1.4.19. ttare . 1.23.84 »Animose vna pelltcina che cuoprela Bambini fi debbono lattare dalle proprie creatura nell’vtcro materno . 1.4.20 madri. 1.24.90 vAnatomia boggi quafi ridotta ad eììre- Bambini quanti danni patifcano per t[maperfitnone . 1.4.21 fer datià balta. 1.24 90 appetiti corrotti delle donne grauide Bambini quante volte il giorno fi deb­ come fi corrtg no. 1.22.81 bono lattare. 1.2697 »Apoftema della matrice, e [uà cura. Bambini fi debbono far battezjtre (abi­ 3 - 18.261. to dal Tarocchiamo. 1.26.97 •<dpoflema, che nafce nel principio del­ Bambini doppo il battcfimofi facciano la gola à fanciulli, e fua cura . fiottare nella collotola per (uggire la 3.38.301. brutta . i 26.97 »Areta donna famofiiffimatrà Greci, (uè Bafihfiofie è vero,che vedendo venda » opere, & epitaffio. 1.1.3 2.40.206

B

Brut-


T A V O L A

Brutta , ò Epileffia de fanciulli, e [ua cura. ^ 3*28.28$ Budello vfcitoalle parturienti cerne [ì riduca à.fuo-lwqgo. 3 .11 .272 Budello vfeito à fanciulli » come fi cu r i. 3.60.320

Creatura quando naf&e con vn braccio auanti, come fi dee aiutare. *,3«

ni

Creatura-quando nafte con tutti due li bracci auanti, come s'aiuti. 2.4.113 Creatura che vien al parto con vti piè auanti come s’aiuti. 2.5.1 15 C Creatura perche nafea col capo auàti fe­ jln ì perche babbìano nella loro condo "Plinio. 2.5.115 fpetie tanta varietà . 1.12.5$ Creatura che viene al parto con i piedi Caula, per la quale fi generino rnafebi, auanti, come s'aiuti. 2.6.118 ofemine. 1-9.41 Creatura che viene al parto con ambe­ due i piedi auanti,e le maht dtflefe foCaufa propria, per là quale fi generiti tnajcbio } ò la (emina . 1.10 4 6. pra il corpo,come s'itiuti. 2.7.12 o Ctmmare buone qual effer debbe .1.18. Creatura quando viene al parto coti gli piedi auanti, ma con le gambe inar­ 70 cate , come s’aiuti. 2.8.123 CommariGenouefi che facciano per for­ mar ben il capo à fanciulli. 2.2*106 Creatura quando Viene al parto co ipì+. Cane di tantaJagacità, che vendicò, ridi,e con le mani auanti congiunte in. ueIlo ripudiane vccifo. 2.37.199 fi eme come ft aiuti. 2.9.125 Centauro tnoHrofauolofo. 2.34.1.87 Creatura quando viene al parlo con le Caufe del parto difficile. 2.22.147 ginocchia auanft. 2.10.126 Conditiom del parto bimano. t.l .1 Creatura quando viene al parto con la Carello gioiva alle creature. 1.2 6 . 97. p infam atiti, comefi aiuti• a.uu 128 Coflume barbaro diporre la crtatui a(li­ bito nata interra. 1.23.82 Creatura quando viene al parto con le Creatura nel ventre materno come fìà . natiche auanti, come s’ aiuti. 1.13«

C

1.3 .14

130

Creatura come nafta con la faccia Verfo in del j ò verfo la terra. 1-3.14 Creature nate neh'ottauo mefe perche moiano in Italia, e viuano in Egitto, dr in lfpagna. 1.8.38 Creature perche vengano feguali della imaginedi quello > cioè defulerò fua madre. 1.20.76 Creature come fi debbe collocar nella cuna, aceto non diuenti guercia .

Creatura quando viene al parto con gli lati auanti, come fi aiuti • 2 ,13 .13 1 Creature doppie detti Gemelli, che ven­ gono al parto con i piedi auanti come fi aiutino. 2.14.134 Creature doppie quando vengono ai parto, vna con la tefla, e l’altro con i piedi auanti,come fi aiuti . 2.15.135 Creature doppie quando vengono al parto, vna viua, e l’altra morta, co­ me fi aiutino. 2.16.136 1.2 6 9 7 Creature debbono portar adoffóglivt- Creatura morta, come fi caui dal còrpo gnufdei benedetti dal "Papa,e perche > della madre. 2.27.137 Creile della natura della donna,come ft Creatura come ft aiuti quando viene al curino. 3.14.255 parto conia teiìa auanti,ma co’l col­ Cura delle donile grautde nel tempo dei lo fior to* *,2.106 : parto. 1 -23.84

Dan-


&

T Ai V O L A

D

oniti,, che fi fatino a'figliuoli per dar Àbalia . 1.24.901 Defiderio ardente della Donna grauida, perche habbia forila d'imprimire L’­ effigie della cofa defiderata nel corpo _ della creatura. 1.20.76 DìSUllationc de’fanciulli, e [uoi rime­ d ii. 3-33-27S Diavoli non poffono generar per virtù propria. z.$$.uo6e 203 Diauoligeneranoin virtù de'corpi quali affamano. a.38 206^203 Dianoli come generaffero Merlino.

2.38.202. Diavoli innamorati tbvna Donna,eome foffero da lei beffati. 2.18.203 Doloridei parto contefont differenti da, . gli dolori. 1.23.84 Dolori della matrice, come fi curino»

»•s -234

te genera ifigli fetida vnghie.i.19.7$ Donne grauide per ballare, fallare, cor­ rere , & andar in carroccia facilif i ­ rnamente dijperdono. 1.19.75 Donne grauide quafi tutte defideran molte cofe, e nondimenopochefan i figli fegnati della imagine della cofa defiderata. 1.20.76 Donna grauida quando pafjì congiungerfi col marito fenga pericolo della ir calura, 1.21.80 Donne come fi debbono gouernar nel tempo del p a m . 1.23.84 Donnaimpagliolata come fi debba go­ uernar doppo il parto. 1 .24.90 Dannegrauide, per tre bore auanti il parto non debbono mangiare, ne mouerft molto. 2.2.106 Donna grauida ciò che far debba per preferuarfi dall’aborto. 2.20.140 Donna diventar huomo, come dice Viinw,el'Huirte è impoffibile.z.^.ipz Donne grauide con quali auuewmenti fi debbono purgare da i Medici.

'Dolore, che fentono i fanciulli nel far i denti, e loro cura. 3-41.297 V . Dedori di corpo de’fanciulli , come fi le E nino. 3.-5°*3°7 Donne così atte alle virtù, come gli Lituano ottimo ali*abbondanza H uomini. 1.1.1 del Sangue de mefìruì. 2.32.180 Donne non fono mofiri,come vuole jlr iflotele , & ilSdofra. 1 .1 .1 £ rifiagattone della matrice,e fita cura. 3,16.258 Donne fi ngolari nelle Dottrine, e neWEnfiagatiene che nafee ] opra l'ombeltMrte militare. 1.1.3 colo della partur¡ente , e fina cura. Donne difcepoledi Tlatone frequenta3.17.260. rono le [ernie tu babito d’ huomà. Enfiagatione del corpo defanciulli# faa 1.1.2 '* cura. Donne anùchamente erano Mediche.• Enfiagatione dell'ombelico,e borfe,fan­ 1.18.71 ciulli, e fvoi rimedi). ?-59-3 »8 - Donne perche facci mafehi con vn’huomo,efeminecon l'altro. 1.13.58 Enfiagatione,e rofjezz* de gli occhi de i fanciulli, comé-fi curi. 3-55-3 Donna puòfar molti figli ad vnparto,e fecondo MlbertoMagno fitto a feffan- Epilepfiade fanciulli, efuacura. 3.28.317» \ ‘ ta . i-i i - 14.60 Ercole Saffonia Medico fmgolareper le Donnagrauidacome ftdeue gouernare donne grauide. 1.17.68. auantiilpam . t* iftà 9 Spolverina gentil dtnnaVeroner ¿Donna gratudafe vfa troppo le cofefda. 1 , ........ farà-

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fe rara in far ver fi nell'vna, e l’altra lingua. i.i.g

l i uomo fole trà tutti gli animali hàil tempo indeterminato al nafcere, e perche. 17 - 3 4 * 3 5 F Huomo perche nella fuafpetie fiacofi diuerfo. I-I3-57 E bri , che feguono ¡1 parto vitiofo, Huomo di ventare Donna, e Donna come ft curino. 3 .1.12 0 Huomo,e impojfibile contra Tlmio, e Ftbri de' fanciulli , come fi curino l’Hauerte. 1.35.19 1

F

3.13.274.

Figliuoli perche fimiglion bora al "Pa­ dre hot alla Madre, hor a’paren ti ,ò fuori diparentado. 1-9.41 Fijfurc, òfettole, che vengono alli capi­ teli delle mammelle, come fi curino .

I

Maghe vedute nell’atto della co*-cettione, poffono fa rle creature fi miti alle cofe imagnmate. 1.13.55 Imagninatione che cofafta. 1.12.53 2.9.125. Imagninatione può effer caufa de rnoFlrifo del corpo de‘fanciulli,efua cura . ftri. 2.40.20 6 3.48.305. Infiamatione della matrice, e ¡uà cu­ Frutti,che prouocono l ’orinafono nocira . 3.18.161 ui alle donne grauide. 1.19.74 Intempetan'gedeglihumoriquante, e Frutti acerbi, e mal maturi, & condì, quali fiano. 3.1.120 ti ncll'acetto pejliferi alle donne gra­ Ifìromentt per far profumi alla matri­ n d e. 1.19 .7 J ce . 3.20.266

G

L

G

oletto come ft deue intendere Mbra e ftie figure,come fi curino. quando dice, che nel fondo della 3-57-3Matrice fono due fini. 1.2.5 Lutee che cofafta, e fuo mancamento. Gelofta bonefta giorni à far fare i figli 3.4.236. mafchi. 1.13.68 Latte come ft generi. 3.4.231 Gemelli per lo più buomini famoft al Latte perche la natura contro artificio mondo. 1.25.94 lo formi dal [angue 34.231 Giganti fono flati al mondo, e di qual Latte per quale cauje manchi,e fuoi ri­ iiatura. 2.36.205 med ij . 3-5-232 Gigante grandiflìmo ritrouato al tempo Latte troppo abbondante, comefi cor­ del Bocc. in Cicilia. 2.36.198 regia. 3.6135 Ciò: uuarte à torto riprende Mnflotde Latte quando ha mala qualità, come fi e con ragione èriprefo. 1.12.53 curi. 3.7-*37 Gonorea de le Donne comefi conofca, e Latte quagliato nelle mammelle, come curi' 3.11.247 fi curi. 3-8-23«? H Lattumedei fanciulli, eia fuacura.

3.27 282.

H

Imeneo checofafia,efua figura.

M

1.25,

Huomo nel nafcere mfelitiffme tra tut­ ti g l’altri animali »

M

jtcilenga , ò magregpga di fan­ ciulli, cfua tura. 3.26.280

Ma-


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Madri quanto pano biafmeuoli 4 dar i figli àBalia • 1.24.90 "Margbarila d'Muiìriagià Ducbeffadi Tarma mirabile nclgouerno di Fiati* dra. i *!*3 Mafcbi ò / emine perche fi generino .

1.9.41

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Mola quanto tempo fi porti nel corpo defía Donna. 2,41.215 Móñri di quante forte fi trattino,e qua­ li fian fan lofi, ò veri. 2.34.187 Moflri,come fiano differenti da gli Ofìètiprodigij, Tortemi. 2.35.192 Moftri che cofa fiano. 2.39.20? Moñri ,e fue caufe. 2.40.206 Moftri fe fi debbano far bateggare .

Matrice che cofa fia. 1.2.5 Matrice non hà quelle fette camerette 2.40.210 come penfa il volgo. 1.2.6 e 8 Matrice 4 i fuoi tefticoli. 1.2.9 Morene della matrice doppo il parto vi.. tiofo ,e lorocura. 3.15.257 Matrice con la creatura dentro. 1.2 .10 Matrice integra fenga creatura. 1.2.9 Moti della matrice, e loro cura. 3.19. 263 Matrice aperta in due parte. 1.2 .io Matrice come'£14 nel corpo della donna N che non è gravida 1.3.14 Matrice come ftà nel corpo della donna M te nella matriceche cofa fumo, Gravida , con la creatura dentro . & come fatte. 9 2.5 1.3.20 Matrice aperta con le feconde dentro- 'Fiarte, ò crefcenge di carne, chefo• girono venire mila IN¡atura delia i- 4 .ii 9 Donna doppo il parto vitiofo. 3.14 . Matrice patifee vna infìrmità che fi do­ manda farore vterino , per lo quale »55 molte Donne fifone appiccate, & af­ 'Natura della donna caufa de i dolori delparto. I-I.I fogate. 5.4.129 Membrutie,ò pellicine, ehe cuoprono la N af ° > cfua fìrettega, come fi curi. 3.34.298 creatura nell’vtero fono 2. veramen te, e non tre, tome pensò Galeno,& feco hoggi molti altri . 1 4 .1 9 O Medico maluagio, & empio, che procu­ ra l’aborto. 2.20.142 Ctifo perche dal fuo corpo fcatuMedico delle Donne grauide qual effer rifehi il fangue in preferita dtlidebba, & che qualità debba baueoccifore, 2.40.206 • re. 1.17.7 ? Meflrui delle donne,che cofa filano, & 4 Oglio magiflrale dt'lumbrici per miti­ gare il dolore della matrice, 3 t. che fine prodotti dalla natura, qual 328 fia loro ytilità. j . i 6.63 Meflrui fono fiorì delle donne. 1.16.66 Ombelicolo al bambino nato comefi dì tagliare, 1.23,84 Meflrui abbondanti cagionati dal parto vitiofo , 3-4.229 Ombelicolo, è fuo dolore, come fi cuti, 3.58.317 Meflrui di quante forte fiano, 1.7.34 Modidi far figliuoli mafcbi, ò feritine. Opinione degli Mflrologi vanifinta,che

N

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1.13.58 Mola che cofa fia lafua caufa , fegni, e pura. 2.41.59 j i

l’afpetto di Saturno faceta morir le creature nate dall'ottauo mefe, l» ■ .8.41

OreC->


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V

Orecchie ¡e fuoi dolori, quali accado* no à ‘ fanciulli. 3' 37<»9 S Orma, & fr*a incontinenza ne’fanctulli, come fi cu ri. 347.35 9 Orina, efuafuppreffione. 3.44.291

P

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Parto naturale dell’huomo bà diuerfi. tempi,cioè [etimo,ottano,nono,e decimo mele, e perche. 1.6 .19 Tarto di cinque mefi non è vietati,come vuole il Votefio. x. 5.3 a Parto illegitmo , e vitiofo, che cofa fin

2.24.134 Taralefi de fanciulli, efuacura. 2.3.

^inatella nociua alle creature»che lattano . 1.26.97 pdt/n quanto errino a permettere, che i figliuoli fiano dati à Balia , 1.34.

P

90

287 Pigmeife veramente fi trouino. 2.37.

296 prefocatione della matrice, efua cura.

3.20.230

Padri /ciocchi perche generino figliuoli ¡auij. 1.22.53 ''Padri [auij perche generino figliuoli [ciocchi, nell’ifteQo luogo. 1.22.53 piaghe che vengono alle donne dopo il parto vitìo[o,c loro cura . 3.2©.

Pondi, cioè cacar con molto premito de fanciulli, come fi curi. 3.39.295 Trofluufo, e /colamento, che refìa dopo ilparto,efuacura. 3.10.244 Prorito della matrice , efuoinmedij.

249 "Piaghe della lingua, e delle labro de’fanciulli, e loro cura. 3.39.295 Pietra de fanciulli, efu a cu ra . 3.45. 308 Partohumauo, checofa fta. 1.2.7. Part’humano di quante forte fta. 1,1.7 Parti della matrice quante fiano,e quali• 1.2.7 Parto difficile, come fi faciliti. 2.24. 206 3P<h7 odifficile per la g ra fferà della don nagramda, come fi faciliti. 2.24. »Si Parto diffìcile per l'anguftia della matrice. 2.25.156 Parto difficile per la groffezza della creatura, comefi faciliti. 2.27.161 Parto diffìcile per cancri,pofìeme,feerie ritenute. 2.26.158 Parto cefareo comefi [accia . 2.28.165. e 167 Tarlo difficile per le feconde. 2.30.’ 174 Tarlo vitiofo per la imperferitone delle membra della creatura, 2.33,185

Tedouhi, e lor rimedio.

3.3.227 3.52.312

R

R

agione perche l'huomo nel nafee» re fenta,e faccia fentir alla madre tanti dolori. l.l.i Regina d’I nghilter a fe foffe fiata Calori­ ca farebbe fiata la più gloriofa Don­ na de nofìri tempi. j . j .j Ragade, e rottura, che viene alle don­ ne tra l’vno,c l’altro fejfo, e lor cura,

3 . l 3*a54

Rogna de’fandulli, come fi curi .3*27

282

Ranula afofiema fatto la lingua. '3.40.

Guardo florto delle créature,come fi', faccia buono. 3.51.308 Segni da conofcerele erearme nell’vte ro materno fiano mafihi, ò [emine,

S

1.10.46 Segni dell’bora del Parto. Segui dell’aborto . Seguitici parto difficile'.

1.23.84 2.19.142 i.iì.ir fl


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Sifonde com facciano il parto difficile, Strettezza, delnafo de'fancinlli, e [noi rimedij. 3.3 3.24 e come fi canino. *.30.174 T Semebumanorkeuuto nella matrice, che mutatione faccia. 1.2-5 Empo debito affignato al parto bit. Seconde che cofe fiato , e quante. 1.2.8 Seconde aperte con lafreatura. 1.4.19 mano. i-ó.zpo Sito naturale della creatura nel ventre Tempo del nafcimento dell'huomo non e il quinto, e fefio mefe, ma il (etti' materno. 1.3.14 Sito nel quale nafconO così i mafchi co­ mo ottano, nono, e decimo. 145.31% me le [emine. 1.5.24.? 25 #32 Sito necefiario in ogni parto vitiojo.i.%. Torpore, 0 mortificatione dì qualche xio membro de’fanciulli. 3.30.287 Sito nel quale fi debbon collocare le par. Tofie de’fanciulli,e fuoi rimedi]. 3.3 5. tortemi molto grafie. 2.24.1;! 298 Sito ncceffario per fare il parto Cefareo. V

T

2.1(5-158

Singhiozzo, e (noi rimedi] . 3.42.298 Sonno turbato delle creature,e fua cura,

3.31.288

Spetie humana perche babbi tanta dìuerfità, 1.7.34 Stitichezza del corpo de’fanciulli, e fua cura. 3*47-3®3

i r o l e , e lor cura ’. 3.24,27^ Vigilia, ò Veglia molto delle Créa­ ture , e lor cura. 3.32.28^ Vomito de'fanciulli, e fua cura* 3.43.

V

a99

Verme de’fanciulli, e faro cura, 3.51,

308


T A V O L A D E L L E C O S E PIV N O T A B I L I in quello difcorfo del C O L O S T R O .

A

Boniangadi [atte può coloflrarecar. ‘ ^digemena che cofa fu i. 347 vdlacad. 347 libito che mal fia . 241

B Brutta onero madre de i fanciulli, efnoi rimedi/. C 32 6 Cauar il [angue della venna à i fanciulli douerfì liberamente. 330 Coloflro fecondo il volgo. 322 Coloflro fecondo "Plinio,& altri autori'. ■ 3J S f Crtnoni come fi curano . 339 Confettione detta requie de i fanciulli. 343 , , Cataplafma per il male di lib it o . 344 F Fanciulli morti de varole aperti trouati col Coloflro tacato allo Bomaco. 3 26 Fanciulli muti fi pofono curare cbe par­ lino vocalmente. 53? G Ciulepo per la bruta. 329 Gobba di caufa interna. 347 H U m idità delle orecchie . 335 I imfìamatione del ombelico. 335 imfiamatione della inguine• 338 h Letuano pretìofo per fanciulli [ubilo nati. 329 La natura prouede di quaglio è quei animali ch’anno il late più groffo. 325 N ?{uoua opinione della caufa delle yaro~ le . 328

O Occhiali per i ba mb‘ni guerci.

343

Toluere di orecihiadiceruo . Toluerecontra il male di lib ito .

343 342

p

a

Quar ta fignificatione del Coloflro .322

R

Rimedio vfato in Calabria cantra il CoIrjlro. 3 27 Rimedio, l’ifleffo vfato in Spagna .328 Rimedio per l’ifleffo da Nfcolò Fiorentino. 327 Rimedio alle piaghe della bocca, 333 Rimedioper vomiti de'bambini. 334 Rimedio raro per latoffe delli ¡Beffi . Rimedio per il mal di cana. 346 Riaffittane della forcella di flomaco. Rilajfat.della cartilag.coccige. 348

S Scarificar le gambe in luogo del falaffo ,

330

331 330 347

Siropo di laca. Siropo di fior de perfeghi. Satirialmi ne ibambini.

T Terga fignifica tione del coloflro• Triaca fmeraldina Spagnola. Triaca fmerald.noflra Veronefe. Triaca di cedro.

322 329 330 345

Varole. 3 26 Vlc.liuide.rofe per tutto il corpo. 335 Vagito ecceffiuo. 333 Vagito vterino. 338 Vermi. 338 Vilatiche,cingulo,neui, & machiefanguinee. ' 33 6

IL FINE DELLE TAVOLE. DEL*


Delle cagioni di quei dolori, che l'huomo -patifce, efa patite alla madre nel fuonafcimento, injìemecon l'argo­ mento dell’ Opera , Cap. I. RAN merauiglia pare,che l’huomo per fuà natura nobiliffimo, & per la ftupenda compoiìtione del corpo, detto da Greci picciolo mondo, & per le rare qualità dell’animo da quel Mosè, che à faccia d faccia ragio­ narla con Dio ^riputato imagine diurna, nel fuonafcimento nondimeno più d’ogni altro animale in feli» fi fcuopra, co fi per rifpetto della parturiente, la_. foffre dolore quafiinfopportabile, come per fuo, che è concetto , e nafcente, oltre i dolori più che molti, incorre in pericoli infiniti di morte, cofa,chenon accade nel nafcimento degli altri animali. Arili.nel 7. libr.della naturale hilloria de gli animali al cap.9. dice, ch©l’huomo più d'ogni altro animale nàfccndo patifce:di che quantunque egli non ne renda ragione, ve ne fono pe­ rò coli appreffo i Fiiofofi, come appreffo i Theologi ancora. I Filoiofi dico­ no la caufa di canti guai, & affanni edere coli la natura della madre, còme quella della creatura. Quello della madre, perche è deboliifima, e fragidiifima, &ilpartoèattionefaticofiflìm a, nella quale fd di bifogno di molta_» forza: e perciò non potendo ella con la forza contraltare d tanta fatica è neceffario, che molto patifca. La debolezza poi nafcenon folodai prin­ cipi) della ua compoiìtione ; md anco dalcoflume donnefco, dico da i principi)della compoiìtione, perciocheeffendola donnadi moltahumiditàripiena, edipochiifimo calore, come vuole Hippocrate, & Arino­ tele in mille luoghi, e perciò anco più fredda de g li huomini, cofi il freddo «omc l’hunii^o %!<? •atti a farla debole, & fiacca j fi come all’incontro il " A caldo


i

DELEA

CO M M A R

caldo,& il lecco fono qualità atte ad inuig©rire qualunque fi fia.Aggiunge* te poi à quello il coftume donnefco.che per lo più è otiofo, e dilitiofo,delle quali cole ciafchedupa per fe è badante d fneruare ogni vigore in Hercole,ò in Atlante ; Sì che effondo la donna di natura debole, patifce eftremamente nel parto tanto pieno di fatiche» Nè quello, che io dico, è già contrarici quello , che dice Ariftotile nell hilloria de gli animali, chelefemine degli animali rapaci, come de’Pardi, pantherc, Orli, Leoni, e limili,fono più fort j,& robpfti,de i mafchiiperChe quello è vero,ma è anco vero,che nellaTpecie fiumana auiene il contrario, il che l’iilelTo Arilìotile confcfi'a. Quiui in­ tendo delle for?e del corpo, impercioche quanto alle forze dell’animo troll fonto con lui, mentre chiamale donne Mo.liri, & animale occafiouato. Va­ neggiò all’hora quello grande huomo, perche forfè era in colera con la_» fua Malfarà, m i più di lui vaneggiò Gio: Cam,|lo Maffei daSolofra, il quale nel primo grado della ftia fcala naturale al cap.21. tiene per fermo,che là donna fij Moliro per quella ragione ; perche ia natura intende prima di fa­ re il mafchio, che la fomina, la cuale è falfiilìma, perche elfendo principi; della natura, mafchio, efem ina,l’vnoatttuo, e l’altro palfiuo, come di­ ce Arili, nel 7. della Nat. Hilloria, ne potendoli la generatione-far fonza.» ambidue quelli princjpii, necelfariamenteambidue gl’intende, ma prima il Mafchio, fecondariamente la Femina, e fe I’elferinrcfo dopò neceflàriamente faceffe i Mofiri, anco la forma, & materia farebbono mollri, perche l’efficiente prima intende il compofito, e poi la materia, e la forma , e la_» jfteffa forma, la quale è perfettjone del compofito farebbe mofiro, la quale fe bene è prima bella materia in quanto alla dignità, inquanto alla generatione, e doppo ; perche fi tira dalla potenza della materia, e però il dium Platone nel 7 libro delle Leggi vuole,che le donne fiano di tanta forza d'a­ nimo, e coli atte à gli ftudij appartenenti all’ornamento delPanimo, co­ me gli huomini. Plotino afferma,che alcune nobili donne furono difcepoledi Platone, e fecero profitto mirabile» adequali Dicearcofà il nome, e dice che fi domandarono Laflenia, Mantinea, Axiotea, e Filialia , aggiun­ gendo quefto Auttore, che le predette donne fi veftiuano in habito di fum­ mo per andate ad vdire Platone nelle Accedemies’màpure ancora appreflo i fuoiGreci conferiti Ariflotile.cheCorinnafuperò Pindaro nel fare veri! Li­ rici , fe bene auanti che fioriffe Horatio.fù flimato Principe de tutti gl’altri Poeti Lirici. E chi non sà i! valore di Saffo , la quale in poetare valfe tanto, che col fuo nome diede nome a’verfi Santifici fino al dì d’hoggi gratiofi, e belltf E però fù molto più fauoreuole alle donne Piar, che Ariltocile, perche egli volle, che lodatine (¡ano coli atte , come fono gli huomini, & alle_s» fatiche dell' animo, & à quelle dd corpo, fi come pare anco, che lìimaffe Tucidide, e per corroboratone di quello fi porrebbe forfè dire, che fe gli efempi dellePantafilec, e Camille fonoriputaci fauoiofi, quelli di Zenob ia , di Fuluia moglie d’ Antonio,, che riferifee Dione ne ¡fatti di Au&ufto fono veriflìmi > & hiilorici ; oltre che i’hifloriadi valore, e cieli’ Imperio delle Amazoniè certiffima. Et chi non sàia gloria delle Sibille non sà nul­ la : le quali le ben parlano infpirate da D io , non fi può però negate, che non follerò atte ad eftequirc quell’vfficio,al quale furono elette da fua Diur­ na.


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naMaefla . Plutarco* nella <-i a di Pericle, celebra con tante Iodi Afpafìa, Fa quale fu prima maeitra, & poi moglie di Pericle Prencipe degli Atheniefi , chela mette in Cielo , oltre la quale di ciò fu maeilra di Socrate, il quaJe_, confetta, chequanto di buo i o , e di bello Ceppe, rutto imparò da quella-, Afpafia-. Il Boccaccio nel a. libro delle lodi delie donne fa ampia fede de Ila fa pie nei fi ima Areta, e ne dice cote, che paionopui predo fauola, che Hi iloria , e nondimeno fono vere, i! cheli comprendenonfolo dalle opere, che compofe, ma dalle attioni, che fece in Atene.■ Le opere, ch’ ella fcriflo fono quelle; vii librod’accoiìumar i figliuoli: vno delle guerre d'Arene; vno della forza tirannica, vno della Republica di Socrate , vno della infe­ licità delle donne, vno della vaniti della Pompa funebre: vn trattato del­ la prudenzadelle Formiche, vn’altro dell’artificio'delle A p i, vn’opera del­ la calamiri, della Vecchiezza, & vtv altri della Vaniti della Gioucntil. Le opere, che ella fece in Atene furono tali, Ielle pubicamente Filofofia na­ turale, e morale trentacinque anni, hebbe cento Filofofi per difcepoli, o meritò dal Senato d’Atene vn’ Epitaiìoraleiopra la fepolturaS£ 0 ?iace A R E T A lafamofa Greca, Lume d' .Atene, annidi Grecia tutta , T^uouà Elena fembrònella beltade, 7 ^(e la Santa boneflade vn' alttaTirma, Con la penna aggttaghò’l dotto Anftippo « A Socrate con l’alma fu fìnt ile , E la lingua adoprò: del grande Homero » M i quello di ch’io faccio piu conto è il vedere,che vn San Girolamo huemodi tanta dottrina, e Santità, fi riputafleà gloria il dedicar l’opere fue a Paula, & Eullochia, gentildonne Romane, & il dottiffimo Patricio de­ dicò il Tomo quarto delle Difcuffioni Peripatetiche alla Signora Tarquinia Molza Dia, E>onna riluffrilfima, oltre ch ei i tempi noiìriliabbiarao letti J Poemi diurni di V iteoria Colonna , di Laura Terracina , e limili ed Itog­ l i in Verona la SignoraErfiliaSpoluerin a , f i gir fuperbo l’Adige, come per le altre g ii andò il Tebro, eSebeto . Et in Venem in ottaua rimala Signora Lucretia Marinelli hà moilrato quanto vale l’ingegno feminile. M i che ditetno noidelle viTtùmilitare delledoune ? E per incominciar dagli efempi de’tempi noffri, laRegia d’Inghilterra, Regina di vnpicciol Regno in m a gran ditola, i qual grado di gloria farebbe giunta, fe all’ inuitto a n imo tuo hauellc aggiunto lo iplendot della Chiefa-Cattolica, quando iti; gonna, e fola hi fatto ilare i legno filippo d'Auitria, di cui ben diffe il dittiao G io, Batriila Guarini I l più gran f ì l , che maifcargefse il Sole? A lla cui Monarchia nafeono i Mondi. «d ati r ne quando annotta ilSoltramonta* A

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Rompendogli le armate, depredandogli le ricche flotte delle Indie, & infultandogli contiiuiamentecon lefue armate vittoriofele R im e re i , della fuperba Spagna. Et la Sereniifima Margarita d’Aufiria pura’ noftri giorni in Fiandra con la fua accortiflìma prudenza, hà fatto più ellaio j gonna, che non hanno potuto fare due Guerrieri primi del mondo, Don Giouanni d’Auilna,& Aleffandro Farnefe .L aicio i Isella polla la brauuradi Zenobia Regina di Palmerino , Ja quale dopò la morte del Marito andò con • eilercito, & arme ad opporli all’inuittiflimo Imperatore Aureliano, dell^ quale trionfando in Roma , per burla gli fu detto : Tù trionfi di vna donna ; al che egli rifpofe, che fi gloriaua di trionfar d’ vna donna, il cui animo era ornato di valore, e di forza più che virile. Lafciò Artemifia , che dopò la morte del Marito njoffa fola perauidità di gloria m offo guerra alla Grecia, che chi non {corre nelle Martiri di Santa Chiefa quan­ to vagliano le donne, nelle virtù dell’animo, e del corpo, non vede nulla, & è cieco più che Talpa ; perche le Verginelle tenere in così verde età con fapientifllme rifpolle fuperarono cento Filofofialla volta , come CatharinaMartire, e con gli cruciati del corpo formontaronoei R eo li,eiScenoli, e i Codri, che con ragione,fecero ftupire fini-Cieli; le quali fe be­ ne furono fauorite della gratia di Dio (il checonfeffo)iI patimenno non­ dimeno fù attione humana ; patirono eftremamente , perche altrimenti il patir de’Gentili farebbe fiato più virtuofo, fi che è pur troppo vero quel­ lo , che dicono Plutarco, e Platone. Ma per ritornare al mio primo propofico, il patimento del parto è cagionato non folo dalla natura d e b o le della partoriente, ma anco dalla natura della creatuta, imperciòche dice Alber. Magno nel lib.4. delia natura degli animali al cap. io. ha l’huomo nel ventre materno il capo (data la propof rione) più grotta d’ ogni altro ani­ male, & quello è il primo ad vfcire fuori del parto naturale ; peròeffendo. più "rollo di ogni altro membro , Se douendo vfcire per luoghi tanto annulli, e ftretti non può fare di meno che non apporti doloti efiremi cofi a ie “come alla madre; c tutto quello dicono i Fitofofiin tale propofito. I Teologi poi ancora elfi hanno ragionato di quello fatto altamente, & han­ no detto, che la madre parturiente, & jl figlio nafeendo in quello .atto fono foggettià mille pericoli di morte, & ad altretanti affanni per il pecceco orin\nàie • pcrciochecfFcndo noi tutti in tàl peccato concetti j cjucito non folo ci priua di quella grada di Iddio originale, e guai che in quefhu, vita fi patifeono comprelì fotto il nome di penalità . E perche il primo huomo come principale agente peccò originalmente per lui, e per noi; e ia ., donna come inilromeuto del diauolo lo fece peccate , pero meritarne,n t o cosìl’vno come l’altro tanto patifeono conforme à quanto diffolfero ¡tale-,, peccato il grande Iddio alla donna : Nel dolore partorerai i tuoi figliuoli Se io moltiplicherò i tuoi parti ; mà ancora moltiplicherò 1 tuoi affanni, a l ­ tre di ciò volle la M. D. che l’huomo nafeefle in tante,miferie, acciò piu fa­ cilmente lo fapeffe poi fopportare nellafua vita , poiché feco furono feminate nel ventre materno Se anco le fucchiò con il latte. Vltimamente volfe Iddio, che l'huomoda i pericoli del parto cònofceffe la fua gran bontà, € m itó o td iaip o icV ctfcn d o per lo peccato prima ribello à lui, chenato,


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égli nondimeno Io difende da tante angnflie , acciò con l’acqua del Santo Battefimo polla tornargli in gratia , e farli beato . Hora douendo io ra­ gionare di quelli affanni , che accadono al parto humano nel fuo nafcimento , per colpa dei quali bene fpeffo retta priuo di vita , acciocheioeliap. porti tutti i rimedi; poflibili all’Arte della Medicina, & effendo il parto humano di due forti, l’vno n a tu ra le ò le g itim o ; l’altro preternatnrale; ò illegitimo, mi è neceffarioprima difcorrere intorno al parto naturale^ ; non folo perche è più perfetto , m i anco perche è regoladel parto preter­ naturale ; hauendo detto Arittotile che il dritto è rnifura di fe iteffo, e delio flotto j e Galeno , che malamente fipoffono conofcere gli effetti preter­ naturali , fe prima non fi conofcono i naturali ; e perciò in quello primo Libro tratterò del parto humano , naturale , Iegitimo , e buono ; nei fecondo poi del preternaturale, illegitimo, evitiofo.

D elite condiiioni del Parto humano naturale, e della Natura , P a rti, /ito, eforma deIla M a­ trice. Cap.IL V A N T lh a n n o giamai fcritto nel nafcimento naturale dell’huomo, così antichi come moderni , tutti l’hanno diifinìto , ò dichiarato con quattro conditioni , ò proprietà , che vogliamo dire , le quali fono quelle . Che nafca la creatura nel debito, econuenientefito ; in tempoopputtuno , edeterminato'; con accidenti!, ò dolori fopportabili , e medio­ cri, Scvltimamentecenlefolite , e moderne purgàtioni dopò etto parto • alle quali conditiòm é neceffario aggiungere vn’altra , la quale non Irò ani cora veduto da alcun’altro aggiunta, che il parto nafca perfetto, cioè con tutti i fuoi membri compiti , e con la forma fiumana , imoerciochequando anco nafceffeiu debita figura , e tem po, & haueflè quegli altri requifi. t i , che fonodifopraannouerati; md però fotte cieco, itroppiato, omoftro , fenza dubbio fi direbbe parto Uleggittimo , evitiofo . Queflo par­ to naturale poi è di due fo rti, perche òfcmplice , come quando inetto nalce vna fola creatura ; ò doppio , quando ne nafcono due, come gemei, li , opra ancora . Hora cominciando d parlare del la fua primaconditione, dico , che ii’ debito fito , cioè il fito naturale della creatura humana oiihcilmfente fi può conofcere , fe prima non fi conofce il fito della iie f. la creatura nel ventre materno, c queflo anco malamente fi intenderà, f o non iapremo la natura, parti, efito della matrice,ch’è fuo luogo, ricetto ; fi che!dipendendo dallacognitione della matrice*,! la cogni tione del fito naturale , difcorrerò prima della natura , fito , e parti dquefto, e poi al fuo luogo del fito naturale del parco hiunauo. E dunquei la matrice vn membro neceffario alla generatione, ecompoftodi foflanza neruofa, grotta alquanto, biauchetta,& in va luogo più che nell’ alcrocar-

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nofa- mà poco ; equeílahánerui, vene,&arterie , & è tutta componi di due membrane dette da latini toniche , l’vna delle quali è interiore » 1altra citeriore ; Quella di fuori è più gagliarda , e grofl'a di quella di den­ tro" e nafce dal Peritoneo, e dalle tele , che vengono ad elio Peritoneo alla mattrice, per congiungerla, e legarla feco. Quella di dentro è la pròpria foilanza dellamattrice , la quale nelle donne,che fono grauide e mol­ to <*roffa . e la compofitione di quefta tunica è fatta di molte fila neruofe, divenette , & di arterie picciole . Tutta la matrice è diuifa in due parti, vna delle quali e chiamata C ollo, & l’altra Fondo - Il Collo comincia dalla Natura della donna, á cui è attaccata, e termina nella bocca della matri­ ce alla quale poi è congiunto il Fondo . La forma ò fomiglianza della.,' matrice . nelle donne grauide limile ad vna gran velica gonfia , efiendo molto ampia di corpo , e (fretta di Collo . Ma nelle dotine , che non fo­ no grauide è molto differente, impercioche tiene la forma di quelle b orie, nuouedi cuoio legate molto {frette , nel fine della cui legatura fi vede il fondo, che di ampiezza eccede vn poco il luogo della legatura . Egli è ve­ ro , che il fondo non refta rotondo , come fà nella borfa ; ma eccedendo» vn tantino il Collo nella parte fuperiore con eguale diilanza forma quali due angoli molto ottufi, c fà appunto quall’eifetto, che fi vede nella fronte di quel Vitello , à cui incominciano á fpuntare le corna, che pereto anco quelle eminentie fono dette come della matrice . E quella poi della parte di fuori afpretta , m i nel fondo lifeia, edicolorerofletto , e da Iati di detto fondo riveggono alcune groffezze non molto grandi, le quali dino­ tano leradici delle membrane , ò vali necclfari) alla dilatatione della ma­ trice nelle donne grauide . Il Collo della quale medelimamente nella par­ ve citeriore della banda di dietro , e da quella dauanti appretto il mezo rcíialifcio, húmido, e più bianco del fondo : Si come nel retto poi li ve­ de incrcfpato , & afproperlemedefimecaufe , che fono dette nel fondo. Quanto alla parte interiore il fondo della matrice è bianco , e lifeìo , lm non fi feorge altro, che vna retta linea , che la dilhngue da alto a bal­ io , & è rileuata quanto vnpicciol taglio di temperanno , efiendo fim ilt. d quella , che chiafcheduno huomo hd tra l’vno , e l'altro fefso. Qucfto fondo nella fua capacità forma vna figura difeguale , e non tonda : il che auuiene per quelli angoli ottufi , che di fopra habbiamo nominate anco corna della matrice, e però quefta figura, più tofto pare triangolare molto ottufa ne’lati . Dalle cofe già dette fi può chiaramente vedere quanto fia_. fauolofa quella fciocca opinione , che già per tanti fecoli è volata p erita bocche de °li huomini d o tti, e con tanta arroganza le è badato l’animo di penetrarene’hbrinon folode’Filoiofi, md de'Leggilh , eTeologu quella dico che poneua nel fondo della Mattrice fette camerette, cioè tre nella parte* delira, tré nella finiftra, e la fettima in mezzo , dicendo, chele*, prime "enerauano mafehi, e le feconde femine , l’vltima li Hermafroditi . Così volfe Nicolò Fiorentino Gentile da Foligno , II Mondino , & Alberto Magno ; cofi volfero alcuni leggifti, e Theologhi, il che però ^ buma marcia ; poiché in elfo fondo refta vna fola capacità , laqualCj» non forma feni, ò ricetti diuifi con alcuna membrana , md ben diflmti pei*

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quel-


LIBRO

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«quella Iit>eà > chediceuamodifopra , e quello quanto alla pofitione della Matrice , non quanto allo Hello fondo j perche in lui veramente , e realmente non e altro » che vnfeno , ò cauitd . JE fe bene Galeno ne i libri dell’vfo delle parti , altro dice , che nel fondo dell’ vtero fono due feni, ò cauitd, eperopinione di Hippocrate riferifce , che i maichinafcono al lato deliro , e le feminenelfiniftro , s’ingannò nondimeno, per­ che pensò , che la Matrice delle donne folle limile à quella delle Capre, nella quale veramente li veggono i duoi feni , come egli dice , m i non-, già nella Mattrice humana . Et perciò anco congicttura , che Galeno non vedelTe mai matrice della donna , come diremo più di lotto . Il collo pofcia nella parte di dentro ft mofira inerefpato , contratto , e pie­ gato in molte , anzi fpeilìifime pieghe , e per quefto flirato alquanto fi diftende molto . Dalla parte vicina alla Natura della donna li veggono due pezzi di carne ineguali appunto come le creile de i picei oli polli , dette Ninfe, òHimeneo, i quali mentre Hanno congionttinfieme, fonofegno della virginità , e quando nella congiuntione con l'huomo fi rompono, ò feparano, fpelie volte con molto fangue danno fegno della virginità per» duta . Io sò che la maggior parte de moderni hd per fattola , chenelie_> Vergini fia quello Himeneo , e fe alle volte s’è veduto in alcuna , non-, però in tutte fi trotta , come di ciòfottiliifimamentenedifputal’Ecc.SigOratio Augenio nel 2. Tomo delle fue Epid. medicinali, colteiliinoniode’ primi Medici del nofiro tempo, cioèdell’EcceLSig. Francefco Vakfioal 2 cap. della fua facra Filofofia, e di Ambrofio Parigino,e d altrijto nondimeno mi contento andar d feconda per quella volta, e lalciarmi portare dallopi • «ione del volgo per due caule ; prima perche in Bologna cfercitando la pra» •cica fotto l’Ecc. Sig* Giulio Celare Arancio ( la cui anima fia in gloria) nel­ la prima anatomia, ch’io vidi d’vna Vergine volfe la mia buona forte , che vidi queirHimeneotanto celebrato coli bello, fatto , & com pito, come è fiato dipinto da Auicenna , e da altri Medici : feconda , perche ì’Eccellentifs. Signor Lorenzo Gioberti Delfinate negli errori populari allibro quinto , nè fa quali vn procedo di tanti tefiimonq di commari pratiche, che confermano hauerlo veduto , cheèqnalì vergogna non lo credere; ol­ tre che nel Deutoronomio al cap. 23. fe ben non fi fdmenrione del Himdi neo, fi fi però di quel fangue , il quale dalle rotture di elio fcaturir fuole. „Nel fine del collofi vede la bocca della matrice, la quale vfeendo alquanto in fuori termina in vna punta tondetta ; epiana>nel cui mezzo fi feorge vna filfura, che la fi limile alla bocca d’vn pelce,e particolarmente à quella del pefee Barbo . Il fondo poi , & ilcollo di ella, come habbiamodetto fono oiportanze neruofa, e membranofa; ma con quella differenza, che il collo e di follanza più fpongiofa, & di qui nafee, che fi gonfia anco alle donne ne ^ a p p ettiti di Venere . La grandezza della matrice non fi può pontualmente deferiuere, effendo varia non follo delle donne grauide,ma anco di quelle, chenon fono grauide, fecondo le compIeffioni,etadi,temperamenti,& efercitij. Nondimeno coli alla groffa fi potrà dire : che nelle donne grauide_j> fia tanto grande, quanto dal ventre loro fi potrà giudicare , il che per diametro» ò larghezza fard vn piede in circa pepogni banda ; perlonghez-

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DÈLLA

C 0 MMARE

>a poco più di altretanto, ma più , e manco rifpetto al corpo delle gràiir* ce, ò maggiore, ò minore, come ho potuto comprendere da yna donna grauida in Bologna vccifa nel 9, mele . In quelle poi , che non fono grauide , retta maggiore , ò minore fecondo i corpi , cioè ne’ corpi grandi maggiore, ne’piccioli minore , nelle Vergini più corrugata , eilretta_.» nelle maritate più dilatata ; nelle meretrici grande per il continuo vfo di Venere ; nelle vecchie più increipata ,• in quelle che hanno fatto figliuoli moltorilaffata , nelle altre che non n’hanno fatto , piùioda. Io ¿miei giorni hò veduto tré matrici, le quali cauate dal corpo eccedeuano di lun­ ghezza dieci dita per trauerfo, fi comedi larghezza riceueuano quattro di­ ta a paro con qualche difficoltà , m i tre agiatamente , & in fomma di larghezza tanta quanta fi poteua brancare con la mano . Batti hora que­ llo , che s’è detto delle parti interiori della matrice , perche habbiamo da parlare de ifuoi tefticoli, che pure Tettano di fuori appoggiari al fuo fondo, ep o id elfito , col quale è porta nel corpo humano . Quetta adun­ que hd i fuoi tefiicoli , quali ftanno fuori del corpo fuo appogiati a’iati del fondo , e fono attaccati al peritoneo coni vali del feme affai lenta» mente. Eilifono affai piccioli di quelli dell’huomo , màpiùlonghi , più largh i, dileguali di fuori , e comporti come di granelli di carne, Tettando inuolti in vna membrana , ò tejarina neruofa , hanno i loro vafifeminali dittimi nelle vene, & arterie , come fi vedeneglihuomini - Diimniera_, che fi conofce da quello , che.l’opinione di Galeno contrariad quella di Ariilotiieé molto vera, che le donne non folo concorrono allageneratione come ¡finimenti paffiui , mà anco vi conferirono il feme con qualcho aiutoattiuo per caufa de’tefticoli, comefi dirà più fotto ; imperochefej concorreflero lolo palfiuamente, il feme loro farebbe fouerchio. Stà lima­ ta la matrice nel corpo humano con il fondo l'opra il collo , dirira per longo in queflomodo , che il collo fi attacca alla bocca della natu­ ra della donna fotto quella carteggine , che congiunge l’offa del petenecchio , & eleuandofi dirittamente in sù , fi appoggia all’ infettino retto fino à dirimpetto della più alta parte del petenecchio . Oue na­ scono i mufcoli rettijdel ventre , fui finifce il collo della matrice , & incomincia al luo/ondo , il quale fi ettende verfo l’ombilico , e fi allar­ ga verfo i fianchi . La vellica poi dell’orina retta dalla banda finittradel collo della matrice , ¡nettandoin quello il meato dell’orina; ma tanto di fotto , che detto meato fà capo nella Natura della Donna , cioè nella-» parte fuperiore , ma però fuori del collo , fe bene è inferto nella tuni­ ca citeriore dell’ vtero . In quedo vtero effendo riceuuto il feme huma­ no doppoi fette giorni fi coagula, eficoltringe , e fi prepara a riceuero forma humana , come vuole Ariftide filofofo . In quetto modo coagu­ lato, eriftrettoilfeme , &diuenuto fpumofo , forma la madre natura-, tré veflìcchette , nelle quali formano li tré membri principali dd noitro corpo, cioè il ceruello, cuore, e fegato, Nella prima dopò i predetti fette giorni, ò almeno fei fi genera il cuore, nella feconda il ceruello, nella terza il fegato, & doppo quaiì immediatamente-fi forma l’vmbilico fatto di ma­ teria fperraatica, e fanguigna, quali membri appaiono nella più pura parse , .. . . r- • ■ - ¿elio.


LIBRO

PRI MO' .

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dello'fpernà , & il rimanente dieffoè condotto dalia virtù formatriceaj formar Taltre parti del corpo , come petto celta braccia , e gambe , & il rimanente di quanto è neceffario ad vn corpo perfetto ; ma dalla parte_j più terrena, e grolla di detto fperna fi forma come vn velo neruofo ; nel quales’inuolge la creatura , il qual velo è propriamente vnamembrana, chiamata da medici, e dal volgo feconda , efecondina. Finiti li fei gior­ ni , ò fette al più, fino alti noue fi producono Tali del petto , cioè l’vna_* e l’altra parte di elfo, &allhora la nutrice tira la creatura dfe , e la fo­ menta in modo tale , che tra quindeci giorni la prouida natura gli fomminiitra il fangue per l’vtero materno , dalli quindeci poi fino alli 27. giorni fi genera la carne di tutto il corpo , & a ll’nora gli tré membri prin­ cipali,cioè il core, ceruello, e fegato, fi (corgono mani fellamente vedem dofi il loro corpo formato, & perfetto, & perche fonodifunitì , ma non ancora feparati dal detto termine incominciano fepararfi l’vno dall’altro ; & in quel mentre fi vi (tendendo vna certa humidicà groffetta da quale i a , termine di nouegiorni forma la nuca , elafpina , di donde padano , propagini de’nerui nafeenti del ceruello , co’quali poi come ¡finimenti del moto muouono tutto il corpo , & all’hora fi fepara il capo dalle fp allo , & le parti eftrcme dai Iati, e dal ventre , e poco dopò reità tuttofi corpodillinto , & perfettamente formato , & cosìnelli quaranta giorni in­ comincia ad hauere il fenfo, le bene alcuni l’anno in minor tempo cioè in.., trentacinque , altri l’hanno in maggiore , come in quarantacinque • Nè ftarò adeiio à difputare , fe in coiai fòrmatione del corpo , fia pri­ ma formato il core, che il ceruello , come volfe Ariftotile ouero fe fi; pri­ ma formatoil ceruello che il fégato, come volfe Galeno , baila tener per certo , che fe.il moto nafee dal ceruello per mezzo dellafacoltd anima­ le , come veramente nafee il core non fi potrà giamai muouerefenzal’aiu­ to di effo , & però prima di lui Tarà formato , & perciò penfoioche^» la virtù formatrice , figlia primogenita della natura , per mezzodella fe­ conditi delfeme , vada quali in vn tratto delineando il corpo fiu­ mano j fopra i fangui della donna preparati alla generatione , nella-, memoria , che fa il pitore mentre vuole co’l penello abbozzare qualche diffegno , il quale in vn tratto cominciando dalla tefia difegnalefpalle, Se il rello del corpo, cofi quella, incominciando da quella veficaouefi forma il ceruello, correa quchsal doue fi forma il core , & termina in quella doue fi forma il fegato , & cofi quafi in : vn tratto le forma tut­ te tre incominciando dalla parte , & in tal modo procedendo ^ordi­ ne predetto viene ad acquetare il fenfo , & moto nel termine de’ giorni racconti di fopra . Hippocrate nel libro della uatura del fanciullo in 30. giorni fi forma il mafehio ; e la feminainqa. & deirifteffonel lib.dell’alimento in trentacinque giorni fi figura il parto , & in fellantafimuoue , ò pure per parere d’alcuni altri che gli riferifee in quel luogo alla formaro­ no neceffarij quarantacinque giorni, al moto fettantafei, ouero; alla-, forma cinquanta, al moto cento ; ò finalmente alla forma quaranta, al moto ottanta . Se foffe vero, come pensò Hippocrate, che fia eguale il tempo del1 a purgatione delia madre nella concettione, a 1 tempo della formation«yp


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del parto fi potrebbe dire , Arinotele giudlcaflè , che il mafchio fi formafse in trenta giorni , & in quaranta la femina perche nel libro fettimo della hiiloria degli animali nel terzo cap. dice, che le purgationidella concettione durano tanto tempo , ecofiproua , che fi deue leggere quel tefìo con fottile correttione .. Francefco Vale fio nel cap. decimo ottauo della fua facraFilofofia * Ariftotile anco nell’ilteffo luogo poco doppo foggiunge , cheimafchipcr la maggior parte fi muquono nel deliro lato intorno il giorno quadragefimo , eiefemine nelfiniilrointorno ilnonagefimo, ma infommain queflopropofitodice, e dice bene , che non fi può affermare cofa certa , fi come (limò anco Hippocrate non folo nel luogo citato di fopra ; ma anco nel fecondo libro delle malarie popolari nel­ la terza fettione . Hora di quanto habbiamo già detto nel preiente capitolo d'intorno alla matrice > porremo qui lòtto il difegno con ordine tale , che prima fi por^ pàli difegno dell’Vtero, ò mattrice nelle don­ ne grauide , e poi come ila in quelle , che non fono grauide , potendo­ li da quella feconda figura com­ prendere anco la figura cite­ riore della matrice, fi come dalla terza Tinteriore, e: tutte quelle cofe, che di elfo, habbiamo fino a qui ragio­ nato».

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DÈ L L ACO M M A R Deljito naturai#dellaCreatura nel ventre-Materno.

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V'pportemo di fopra, che dalla cognitione del fico, e della pofinirà della Matrice , haureflìmo potuto facilmente conofcere il fico della creatura dentro di eila : poiché è neceilaria la proportione tra il luogo»elacofa,- che entro vi fi colloca: per il che hauendoàbaiianza ragionato della natura». & del fico della matrice, farà bene dimoftrare il fico , che tiene la__, creatura nel ventre materno . Del quale quantunqueuon fé ne polla darecerta regola , effendo faciliifimo da mutarli perogni minima occafione ,■ che perciò forfè Hippocrace ne ragionò perplefiamente nel libro della na­ tura de’fànciutli, & nel libro del parto de gli otto meli, & pare, che da lui diuerfamente parli Ariftotele nel iettimo libro dell1 hiftoria de gli animali, nondimeno renerò di fauellarne per quanto fi può cariare con ragione da_# detti Autori , Stperquello , ch’io vidi in Bologna Tanno mille cinquecen­ t o , è fetttantaotto in vnasfortumta donnagrauida, che nel nono mefc_> fi* vccifa : perche eifendo chiamato TEccellentiffìmo Signor Giulio Ce­ lare Arancio , il più dotto , e valorofo Anotomico de’ Tuoi tempi , & il mio amoreuoliifimo Precettyprc, per cauare la creatura vma del corpo del­ la madre .come egli fece molto felicemente, hebbi grande agio di vedere con mio commodo il fito naturaledella creatura humana nel ventre mater­ no , il quale è di queila forte . Tiene ella ra teila nella parte fuperiore deh l’vtero nella fuamaggiore capacità, le braccia piegate in tale guifa, che ife gomita reftanoapprefloi fianchi: le palme delle mani fono àppoggiatealle genocchia: le gambe fono ritirate , & incrocichiate voltando fé' piantede'piedi fopra le natiche : gli occhi fi pofano fopra te ginocchia-, toccando con leguancie le mani elteriormence, & il nafo refia pendente tràelìeginocchia . La creatura dunque coti raccolta forma di fe quali vna figura circolare, e quello auuienenon folo, perche è incela dalla- natura, come la più perfetta di tutte Taltre figure mathematiche ; maaccioche in_. tale figura podi la creatura mouerfi con ogni ageuolezza , Se lenza nocu­ mento nei moti della madre ad ogni differenza di luogo: al che fare_i' non foloèattiifima la figura circolare, ma qualunque altra farebbe Hata-, inutile. Qui è da auertire, che ilando la creatura in quello fico , confequentemente tiene la faccia in-profpettriua verfo il ventre della madre-,, e nonverfo la fchena , come hà fognato Giacopo Kueffo nel Ino libro’ fecondo della genmricme» ©concettione humana nel quarto c a r to lo , ©mrctòmoftra anco' io difegno. M i io faccio, giudicio, che qiieftp htfQm©non vide inai Anatomia, ne fi certificò in pratrica di quello fico nato’rafeddrhuom o:' ma hauendo letto vna operetta di Eucherio RodionoMedico , la quale fù prima compollain lingua Todcfca , e fu dopò » * éatf&m latice da-Chnlliano Eginolfoi fe la fa celle egli propria, aggtun-geoK


L I B R O endoui migliore latinità, ciò non fi può negare, .& accrefcendo alle iuq * gure qualche perfettione. Colkiivolendo p oi, che,1’a attore fopradetto nel primo libro dille, che il parto maturale e .quello il quale nafce la^. ■ creatura còl volto fup.ino, il che none anco vero, volfe per aggiungerli! qualche cofa di nuotio, di affermare quella altra bugia, che Ia.erèatura_* itia col volto verfo la fchena della madre., ¡febeaciò fi modrafalfo, e eoa Pefperienza , e con-le tagiomVQuanto all’efperienzi dico, che foiTe^ vero,, che le creature (lederò colvolto verfo la .fchena delia madre, fa­ rebbe neceflario , che tutte, òla maggior parte“ di elle nafeeffero con il volto fupino riguardante il Cielo, poiché quando lì fd vicina l'horadei parto, fi gira la creatura fopra il capo, e pone la cella in quel luogo , oue prima teneua i piedi ; e però effendoftato certificato in molte Città dItalia da parecchie diligentiifime .Commari , che per Io più le creature:_» nafeono con la faccia prona verfo la terra , feguita necetìariameqte c’ habbiamo la faccia volta verfo il ventre della madre, e «'aggirino con lateda come di fopra hàbbiamo concitilo mentre procurano d ’ vicire fuori alla . luce de’ viuenti. -Oltre di ciò a miei giorni io hò aiutato tré donno dalla difficoltà del parto, e tutte tré hanno partorito i figliuoli con la_j l'accia riguardante la terra : di maniera, che l’efperienza ci infegna in­ dubitatamente l’opofito d i quanto h i feritto ifRueffo. Nè gii approuo per vera quella opinione del volgo, -cheafterma nafeere le donne col vol­ to verfo ifcielo, egli huomini verfo la terra: perche fe bene ciò può au» iienire alcuna volta, eflendofaciliifima caia, che il fico naturale-fi alte­ ri per ogni leggiera occafione, nondimeno quello è molto manifello, che di cento creature, le nouantafaranno volte con la faccia riuolta verfo !a__, terra. Quanto poi alle ragioni Anotomiche h i maggior torto il Rueffo , in quelle , che nella efperienza; impeccioche quando fi apre l’vtero della donna grauida , fi tagliano primieramente le due.membrane della_, matrice, poi fi trouavna parte del la Seconda detta Corion , nella qual è attaccato quel corpo glandulofo ¡detto da gli Anatomici il fegato vto. rinoincuicome nel fegato fono piantate le venne ombil¡cali. Per quelle vene la madre nodrifee la creatura., lequali anco fpiccandofi , & di(len dendofi alquanto arriuano all’altra membrana , cheinuolge la .creatura l dettaAmnios,edinuouo piantate in quella per meglio fortificarli, trapanata fi attacano nell’ ombilicolo della .creatura, tettando la creatu­ ra come fratto, le venne come troncone lefeconcede, ò fegato cornea radice, che pure con tal metafora tutto ciò dipinferogli Scoici ,Ondc_# fecondo l’ordine delle còfe dette , reftadi neceffità la faccia della crea­ tura nelfito, che è quella della madre, e non al rouerfio. L’altra ragio» nc ® fe foife vero il fico delRudfo, nefeguiiebbe vn inconuenien tc_# grandiflìmo , che eden do naturale all huomo nafeere con la faccia ver­ fo la terra, come s’à detto farebbe dibifogno, che quandola creatura-# . fi folle aggirata fopra la teda, accioche naicelTe con la cella alianti gli al* trimembri, di nuouoritornalfe d fare maggiorefactiche girarli tutta iti-* cerchio con tutta la vita, perche potefle hauere la faccia fupina, il che# ¿irebbe .à lei di grandilfipio pericolo , come ogni vno può facilmenco giudi-

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DELLA COMMA

giudicare Non efsendo dunque di grande impotenza , chefhuomofu fica più torto in vna maniera, che nell’ altra, fe quanto ricerca il fi­ co naturale, la natura non hauerebbepofto tanti pericoli in cofa di così poco momento. Retta che per maggiore chiarez^ za fi ponga qui fotto in figura , come ftia 1’ vtero nei corpo delle donne non grauide , poten­ doci da ciò vedere ancora il fido n atu ra le della creatura in e£so v t e r o .

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A fo n d o del là M a t r ic e . B C o r p o d ella V e l l i c a . CoUo^deJla V e llic a in n e v a t o nelcollo d e lla Matrice! E E D u e te ftic o li della M atrice.^ < FF Due reni» p er le quali p a fs a l’ o r m a . . . G G V a li g ra n d i della v e n a c à u a ,e dell’arteria grande» H L a parte del F e g a to , d e t t a g o b b a .

I La parte caua dell'iftefso. "■ 1

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Ah Matrice apertadella donna g ra u id à con la creatura dentro B Tetta della Creatura, come ftà dentro il corpo della m adre, con ilre' “ fìante del corpo .


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fj 1 3 R 0 F R I M q I 19 ijbelle Membrane >òTrilióne ¡chenell’utero cuopro* nola Creattira, Cap. IVVoprono ia creatura dentro la matrice nel predetto fito duci membrane , ò pellicine neruofe -, che vogliamo dire , vna_j delle quali da’ Greci è detta Corion , e l’altra Amnios , co­ me ottimamente hà ofleruato l’Eccellentiflìmo Signor Giu­ lio Celare Arancio in molte Anatomie di donne grauido , Quelle due membrane fono dette da volgari le Seconde , ouero fecondine , e fe bene Galeno à quelle due aggiunge la terza detta_, Allantoide , deue meritamente ifcufarfi , perche come bene nota il qua­ li diuino Veflalio nella fabrica del corpo humano , Galeno non tagliò m ai, nè fece anotomia della matrice della donna ,* pofciache al fuo tem­ po era quali facrikgio tagliare corpi humani , ondeeflendofiesercita­ to nelPanotomia delle pecore , boui , e capre , ne’quali veramente fi ritroua , oltre le due membrane predette anco la terza detta Allantoidt^», fi pensò quello grande huomo , che il limile folle nell’vtero vmano . Del medefìmo parere è fEccellentifiìmo Signor Orario Augenio nel libro del parto humano in più di vn luogo ; il quale fe ben ioriuerifco , & hono ro come patrone , e Maeilro per le fue rarilfime qualità , e virtù , quali fono tante quanto alla candidezza > e bontà dell’animo fuo , quella è in­ finita: nondimeno non pollo accollarmi a queila opinione : poiché ( c o ­ me più à baffo fi dirà) le" ragioni dell’Eccellentifiimo Arancio fono dimofiratiue , eia fperanzaoccultatilfima ; e fe Galeno hoggi douefle fcriuere in quelle macerie con gli altri antichi di tal opinione , fermerebbe al­ tramente , e non darebbe occafione ad’altri d’errare non folo in queflaL», come in qualche altra cofa . Mà in vero quella parte dell’anotomia è ri­ dotta à tanta perfetrione , che giamai niun Medico la viddetale , n o ' ancol'illeffbHippocrate , ò Galeno , mercè prima delle fatiche immor­ tali di Andrea Veflalio , che lariuocarono quali da morte a vita , le qua­ li però non harrebbo no ballato, fela Maeltà di Dio per fua bontà non ha« nelle prouilìod’altri huomini fegnalati r i qualipcrbencficionollroriduceflero à perfeteione con fucceflione di tempo la gloriola imprefa , con.» tanta fatica incominciata dal Veffalio . Fiorì per quella dopò lui ildottiffìmoFaloppio, àcuifucceffe il facondilfimo , e diligenti (fimo '• e piu che humano Artefice GiulioCefare Arancio , & in Bologna è ammira, to tanto Angolarmente il Signor Tagliacozzo , del quale ne faccio iò molta Ili ma per le fue fegnalate Virtù , e perla dottrina profonda, e j per la prattica imcomparabile nelle cofe di medicina , e finalmente per­ che egli è flato difccpolo dell’Arancio , parendomi che viuendo egli vàia anco qualche frutto di quell’huomo fàmofiifimo • L’Anotomia dunque_A è quali falita al fommo grado della eccellenza fua , e quelli che erano nella fua hifloria , non meritano d’effere feufati , fi come meritauano gli antichi, che bene fpeffo giocarono ad’ indouinare - Nè faprei io ima ^ B a §h


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DELL A C 0 MMÀR E

ginarml il modo col quale fi poteflc difFendere Giacopo Rueffo, ch’hai»» oiamoanco difopra nominato, il qualein quel fuolibro della concerna­ ne, e generatone deH’huomo, Rampato in Francoforte l’ anno mille a cinquecento ottarttafette hauendo fcrittodopòil Velsalio; perche confefsadi efserfiferuitodel difsegno dell’ Vtero nelle fuetauole, vuolenei terzo capitolo del primo libro, chetrèfiano le membrane, che c o p r a ­ nola creatura neir Vtero materno, feguendo in ciò l’opinioneci quelli» che mai viddero la matrice humana, & perciò annouera col Corion ; t’ Amnios anco 1*Allantoide. Mi fono certo marauigliato, come quello huomo habbia fcritto in materia cale cofìà calo, poiché non in vna fo­ la , md in molte s’è manifeflato inefpertiilìmo dell’Anotomia, e partico­ larmente nel fello capitolo del primo libro, ouc volendo mollrare co* mefia innolta la creatura nelle predette membrane, forma 11 difsegno dellacreatutahumananell’ Vtero, òC anino, òPorcino, de’qualil'vno, c l’altro è cinto da quel pezzo di carne, che pare vna fafcia, la quale non puòefsereà modonefsunonell’vtero humano.Mdperdimoftrare piùchia­ ro l’errore di quello feritore intorno alle tre membrane, fid i bifogno fapere 'a cagione, che indulse la Naturai fare, che gli altri animali habbiano l’Allantoide , e non rhuomo . Se l’huomo hauefse nella Vellica., quel meato dell’ orina detto Vraco , che nafee dal fondo di detta vellica, & ardua tra le due membrane che coprono il fegato, & iui al­ largatoli in vna grandezza notabile fi forma fobico in guifadi vellica, e_# contiene l’orina de’ brutti fino al parto: chiara cola è , che anco l’ huomo hauerebbe la terza membrana, ma nella vellica humana ne ancogli occhi del Lince vi trouarebbono l’ Vraco : adunque e impolTìbile che habbia l’Al lantoide, la quale fiforma da efso Vraco. Oltre che ancocomefi diri piu di lotto, l’orina, ifudori, &l'altre humiditd della creatura fi confer­ mano tri l’vna, & l'altra membrana fenza alcun altro vaio. Eie benne nel tagliatela vellica fi vede piciolo funicolo, il quale partendoli dal fondo della vellica humana finifee nell’onibiiico, & hd qualche fomiglianzaj con l’Vraco; nondimenofe fi fard l’efperienzac’hò fatto io , fivedra, ch o quello funicolo non è pertugiato; poiché in Bologna con la felice memo­ ria deH'Eccellentiflìmo Arantio per gran prona, che fi faceffe non fu mai pollibile farui penetrare vn’agoanco lottiliilìmo , e purene gli;Vraci de gli animali affai più piccioli degli huomini poffacommodamenteentraiui ogni groffo fpicillo . Però dicctia il Signor Arancio, che quel fonicoloera vn ligamento della vellica, che arnuatoall’ ombilico foamfee. Si deuein quello propofitoauertire, chedoueilValuerde nelle figu re^ dell’ Anotomia legna vna particella lotto nome di Allantoide, s’ingan­ na forte: perche pare , che ilVeffalio vfi tale voce per finonimo^ o n e r o perche effendo fiato alquanto ofeuro il Veffalio ih allignarci propri; nomi delle membrane, egli habbia feguito l'opinione commune de gli antichi tanto contraria ài vero, c tanto indegna di vno A n a t o m i c o . Md fù gran fortuna la foa, chhauendofr in tutto, e per cotto f e r i­ to de’fudori del dotiffimo Veffalio, nè hauendo altro fatco , che voiganzario, & d are miglioramento alle figure ; facendole intaniate yi.»


L I B R O P R I M O , 2 , rame; perche da lui furono ftampate in legno, babbi a acquittato tanto grido, e riputatone . Retta dunque manifelto, che le membrane, quali cuoprono il ieto humano, fono due, non tre, come dice anco chiaramente il Vefsalio nel libro quinto della fabrica del corpo humano,nel capitolo decimofettimo & l’Arancio nel libro del feto humano nel capito­ lo decimo, Scvndecimo. Mà diciamo hora la cagione, per la quale vo lfo la Natura, che la creatura fofse coperta da quelle due membrane nell’vtero materno . Prouiddela fagace Natura diquefte due membrane per inuolgerui la_j Creatura, come vogliono Hippocrate, & Aditotele, accioche le vene dell’ombilico, perle quale lì doueua nutrire la creatura fufsero da quelle ve­ nite, anzi fortificate, e cuftoditecontra ogni ingiuria, ò accidente, che potefse occorrere, perche erano necefsarijfsìme alla nutritone del fette. Sono dunque t r i le due membrane conferuate come in vn fodero, oueli. curo portano il cibo giornalmente ogni hora, fecondo là neceffità natu­ rale alla creatura. Inoltre volfela Natura, chefofsero due, acciocho cofi indoppiate potefsero riceuere quel fottile eferemento fimile all’orina, cheèofudore, come pare che accenni Galeno , ouero è orina, come-, molti altri credono ; imperoche l’orina della creatura è contenuta neH’intenore membrana detta Amnios, nella quale non entra per altra (trada, che per il pudendo: mi fi può forfè credere, che per la lunghezza del tempo di tanti meli ne trafcoli, ò trapaflì qualche particella trdl’Amnios & il Corion. Quella humidità torna molto i propofito, & è quali neceffaria all’hora, quando giunta l'hora del parrò, rompendoli dette mem­ brane, bagnano, & Immettano abbondantemente le parti della natura_, : perche lejrende lubriche molto, e facilita il parto, & l’vfcita alla creatura_» mirabilmente. Ma oltre le predette ragioni vi è quell’ altra importantiflìm a, che efsendo rotte dette membrane feruono come funi per tirare fuori il fecondo parto , cioè le feconde, le quali fenza quello aiuto difficilmen­ te fi potrebbono hauere. Di quelle membrane molto* più fi potrebbe ra­ gionare, dicendoli della loro origine, legamenti, dillributioni d’arte­ rie , e di vene, e di molte altre cofe limili, ma non efsendo quello luo­ go accommodato al difputare longamente, ballerà hauerne detto cofi alla sfuggita per quello, che ricerca l’iftriuione di vna fufficiente Com­ mare. Chiunque ne vorrà poi maggiore notitia veda il Vefsalio, il Faloppio, l’Arancio , & gli altri limili Auttori, che hanno di ciò bafteuolmente fcritto « Io folo per aggiunger chiarezza à quanto hò detto u ij quello capitolo, porrò in aifegno la matrice della donna grauida con le feconde dentro: doppo le feconde la creatura fuori, e dentro di efse con laloro diftintione Maauanti ch’io ferri il prefente Capitolo, hauendo detto come la crea­ tura retta inuoltanelle due membrane, è quali necefsario informamela-. Cimare del modo, come fi nutrifea detta creatura in luogo coli rinchiufa, fappia ella dunque, che efsendo la creatura rinchiufa, & inuolta nelli fopradetti veli ò membrane chiamate le feconde,come habbiamo detto di fo. :pr$, che le vene vmbilicali fono come tutte le altre radicate nel fegato de v B 3 barn-


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h o ra q u e lle fi fp a rg o n o p e r Ja m atrice a lla g u ifa ch e fan n o le r i d ic i de e l a b o r i in t e r r a , & co fi q u e lle in ficin e c o n l'a r t e r ie co n g iu n gen d o f ic ? n. le del,a, m a tric e n c e u o n o il /angu e fo m m in iitraro d illa m ad re & lo p o rta n o nel fe g a to della c r e a tu r a , & c o fi la n u trifc o n o , & q u e lla e la p ro p ria c a u fa , p e r la q u a le a lle g ra u id e m an ca n o i m e ftrm m e r ch e q u el fa n g u e , c h e p e r il m e ilr u o fid ift r ib u iu a , feru eD er n u trim e n to d ella c r e a t u r a , & c o fi/ e m e n d o p e r c ib o l a i d a di fc a t u r ir e , e c c e tto p e rò in alcu n e b ilio fe & m a g r e , le q u a li h an n o ta n ta c o p ia d i fan- * g u e , c h e g lie n ’au a n z a q u a lc h e p a r t e , e q u e llo è q u e llo , ch e nella gra u id a n za e fc e fu o r i in m in o r q u a n titd d el c p n fu e to ; md di c iò nè r a g io n e r ò p iù d b a lio .

ft Matrice


A Matrice aperta con le fecónde dentro J che imiolgoho là creatura. B Fegato della Matrice, doue fono piantate le veneombilicali. C Le feconde tratte fuori della Matrice. _ D Vna delle Membrane aperta detta Corion,e l’altrà intiera, che muoige1* creatura. E L’altra Membrana detta Amnios, pure aperta • FLa creatura attaccata alle vene ombilicali. S

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M 1a


M BELLA

CO M U A R E

Bella maniera,òpofìtura, nella quale l’huomo na­ turalmente efce dal ventre materne. C ap.

V.

Abbiamo detto difoprà, che dalla cognitione del iìto na­ turale cefi della matrice, come della creatura in effa pendei la cognitione del naturai fico , e modo del nafeimento humano , peròhauendo á baldanza moftrato il fito dell’vna, e dell* altra , fard cofa facileá lapere qual fia il fito naturale , nel quale 1* huomo nafee . Imperoche fiando con la teña collocato nella iuprema, e più capace parce della matri­ ce, e necefsariamenre girandoli fopra il capo nell’ hora del nafeimen­ to , è neceflario , che il fito naturale fia, nafeere con la tefta alianti, come P ifleffa efperienza ancora nefd fede indubitata. Di ciò Aditote­ le ne] fettimo libro delle hiflorie degli animali, al capitolo ottauo, ren­ de quella ragione, che nafeendo naturalmente, elcano prima con lateita fuori del corpo della genitrice. Hippocrate nel libro della natura., del fanciullo aflegna vn’ altra caufa, e dice, che quello fucccdeper la_j grauezza della tefia : poiché effendo ella più graue d'ogni altro mem­ bro del corpo, quando fimuoue la creatura per vfcice dal ventre ma­ terno, defeende albafso, e prima efce anco fuori. Ma Plinio nel fettimo libro della fua naturale hilloria , nell' ottauo capitolo porta quella ragione molto gratiofa, che efsendo la vita contraria allamorte, fi com e_j alla morteli vaco’ piedi alianti; coli alla vitali viene col capo. Vltimamente come Filofofi polliamo dire , che ciò interuiene : imperoche cflèndola Natura molto follecita in conferuare i fuoi fuppofiti , s’ in­ gegna di condurli al grado del miglior fine più pretto che fía pollibileje per­ che dopò l’efser riceuuro nel ventre materno la refpiratione è il primo grado d'efsere perfetto : perciò vuole, che la tefia fiala prima ad vfeire , come più nobile membro , & accioche tantotto goda la creatura il be. neficio della refpiratione, la quale non folo come tale è procurata dal­ la Natura, mà come quella che apporta grandillìma facilità al nafeimen­ to . Impercioche efsendo il parto vna di quelle attioni , le quali ricer. cano forza non poca , mentre la creatura manda la tefia fuori prima.,, che gli altri membri, acquifta maggior forza per la refpiratione, per Ja^ quale aiutandoli allegenfce aliai le fatiche alla madre , di modo , c h o il parto fi rende non folo più facile, mà anco più licuro . Quello, fi tocca con mano nelj’ efperianza , poiché fi ricerca fatica indicibile a-, cañare le creature morte dal corpo delle donne parturienti folo per que­ llo , perche la creatura elfendo m orta, e non potendo aiutarfi, rendo l’opera difficile, epericolofa. Galeno nel libro decimoquinto deilviodclle parti al Capitolo fettimo dice, che tutti quei parti, ne i quali le creati! re


L 1 B R 0 V R I M O.ij

hàfcono altrimcnte ,*che con la tetta auanti, non fono naturali, ma pre­ ternaturali, illegitimi, e vitiofi; dunque meritamente polliamo d ir o , che il fito naturale del parto fia quello., nel quale la creatura n alco col capo auanti , dopò il capo feguitano ordinatamente il collo , I o fpalle, le braccia, eie mani diftefe Copra le cofcie, da’Iati, e le gam bo parimente diftefe . Il quale modo quantunque fia per ragioni naturali ottim o, muoue però grandiffimo ftupore a chi confiderà >eh vna creatura crefciutaa tanta grandezza poflavfcircda luoghi tanto augniti, eftrctti con la tefia auanti, eh è il più grolìo membro, che fia in tutto il cor­ po, è pure anco nè ella, nè la madre foglia quali mai pericolare. Galeno nel Capitoloiettimodel fopradettolibro dice, che quello eccede ogui altro miracolo di naturalconciofia cofa che nel tempo della grauidanza la bocca della matrice fia tanto llretca, e ferrata, che i ileffa non entrerebbe vu pic­ ciolo ago , quantunque fottiliffimo, & all’incontro nel tempo del parco fi allarga,e dilata tanto, che per ella palfando la creatuta, felicemente viene in luce.Et fe bene Diletto Galeno nel terzo libro delle facoltà naturali al capo duodecimo pare,che attribuifcaquefto alla virtù dpulcrice laquale irritata dal graue pefo della crefeiuta creatura, la fpinge fuori del ventre materno, nondimeno nel libro decimoquinto dell’vfo delle parti confelfa ,che l’huomo può meglio di ciò marauigliarfi.che intendere la cagione:e quantunque egli foife Etnico, anzi tri gli Ètnici, e Gentili poco credere alle loro vane fuperiliziom : sforzato però dalla verità in quello fatto eftolle la fomma_. prouidenza di Dio con molte lodi , come operatrice , & effeetnee di quella opera mirabile. M i è molto à propofito per conclufìone di quello capitolo accordare non folo Hippocrate con feitefso: perche pare, che fi contradica parlando del fito naturale della creatura: ma anco rinconciharlo con Arillocile,al quale pare contrario per la medefima ragione.Hipp.parlando del fito naturale di tutti gli animali, nel libro del parto de gli or­ to meli, dice, che il fito de gli animali quadrupedi nel ventre materno, e diflefo , quello de gli animali di due piedi, come fono le galline, egli vccelli è in fe ftefso,& contrario, quello de gli animali lenza piedi,come gli pefei è obliquo:quello deli’huomo è raccolto,e conglobato,e come fù detto di (opra in forma circolare con la tella nella fuperiore parte dell’ vtcro. Ma nel libro della natura del fanciullo dice, che il fico della creatura nell’ vtero è tanto raccolto in fe Itefso, che quantunque riell'iftefso ventre fi vedefse, non fi potrebbe però difeernere in quale parte foise la cella, & in quello pare, che fia contrario à fe itefso hàuendo detto nell’ altro libro fopra no­ minato , che il capo itia nella parte fuperiore dell’vtero. Pare anco che fia_» contrario ad Arinotele, quale difse nell’ ottauo capitolo del librofettimo dell’ hilloria de gli animali, che la creatura hutnana ne’ primi meli tienela^ tella nella parte fuperiore deil’vtero, e negli vltimi mefi nella parte inferio­ re . Per conciliare dunque Hippocrate con Ariftotile, dirò, che quando»e* gli fcrifse il libro della natura del fanciullo, non era ben chiaro, e rnolco del fito della creatura, hauendola veduta in quei primi mefi, ne quali e ma­ lamente diftinta, & è inetta al moto, & però dille quelle parole, che kl* anco fi vedette nel ventre materno , non fi potrebbe difeernere, ie


i6

BELLA

COMMARE

f l a f u f f e d i f o p r a , ò d i f o l t o . M i q u a n d o fc r iffe il lib r o del p a rto d e eli o t t o m e f i , vid e il t u t t o d iftm ta m e n te , & in t e m p o , ch e la c r e a t u r f i fi p o te u a b e m flìm o d ifc e tn e re , e p e rc iò afferm ò c o n v e n t i , ch e een èÌ Uai ariftn ie i<.ner a p a 'rt^ H p en u fe Ì sI1 v re r?. * H o ra p er a c c o rd a rlo con A r in o t e le , fi p u ò d i r e , c h ’e g li n on s ’ in gann i p ig lia n d o ! p ri» im rnefi per il te m p o tu tto au an ti il p arto ,- p erch e in uero la t e ­ tta a ll’h o r a re ità d i fo p r a : e p ig lia n d o g li virim i m e iì per " il te m p o del p a r t o , è a n c o v e ro , c h e all’h o ra la tefta e di lo t t o } p erch e è la p rim a ad v ic ir e , co m e d ice a n c o H ip o c r a te n el lib ro d e lla n a­ tu ra del fa n c iu llo . H o r a p er d ichia­ ra re a n co m e g lio le c o fc c o n t e . " m ite in q u e llo c a p ito lo p o r r e m o in d ife g n o d u e m o d i d e l n a-

fci mento na.

t u r a lo ,

c io è q u a n d o il fa n ciu llo hàfce c o n la faccia p r o n a , e q u a n d o n afce co n la fa c c ia fu -

pinau,,

Site


L I B R O

P R I M O.

x7

Sito del parto naturatane! quale na. {cono così i mafchi come le temine rare volte. ■ — lr'"'v > —* r Sito


18

D E L L A COMPARE

0 Sito de! parto naturale^nel quale na. fcono cosi i mafchi come le femine perlopiĂš. Sito


L I B R 0 P RI MO a-9 D el tempo debito , eh* è a[segnato alna [cimento humano.

Cap. VI. A feconda conditione de! parto naturale delliiuomo è , e lio la creatura nafea nel tempo debito , il quale tempo none conofciuto da lei per difeorfo > efl'endo all’hora pnua, per aiuto de’fenfi non hauendo ancora 1 vfo di quelli : n if­ folo perilfinto naturale, imperoche m quegl) virimi meli del■-------------la «rauidanza, crefciuta la creatura ricominciando, & a man • . * i, rt n ?r la orane m o le d el c o rp o , & a lim en to iom m in ta ra to le ^ ¡ ^ p S l e Ì S t ó l C b U i e i ) , la f i m on ete p .ù d e lfo lit o e c a lir r a r e e le & ro m p ere q u elle m em b rane ch e la c o p n u a n o , & in fom m a^. n re n a ra à nafeere , & ad vfeire in luce e c c it a n d o la v irtù efp u ltrice a-

la PrcpaI f A i r o rernoo del parto . Ma perche apprello ì D ottori , che^a J P J S haimo lfcrkto^>° e vana l’opinione intorni la puntuale determina­ c i ciò hanno lente > cne d’ inueftieare il vero fra tanta diuerfit à ° d ? pareri ^ AuloPGe!io nel capitolo decimofetto nel libro terzo delfa r /n n ri Attiche adduce in ciò diuerfe fentenze , dicendo prima^ » che a’ fuo? tlmpi p er aSttoritd de' Filofofi , de* Medici illuftn eracrednro'vero che il parco humano potefle nafeere per rare volte nelfecfim Jm de * mai nell’ottauo, fpeilo nel nono , ma fpeflii.imo nel decimo > porca l'autcorlti di Plauto odia C M .td .td d C a lic i™ , c d, Mcnaodro odia fauola di Plotio. Ma Cenilo noiafolovolie, che potefle nafeere nel iettano, nono, e decimo mefe; m u anco nell’ottauo. Diquello parere fu medefimamente Marco Varrontj nel decimoquarto libro delle cofe diuine , & aggiunge che la creatura., può naicere anco nelFvndecimo , attribuendo quella opinione ad Artao?ele diiche conuengo molto marauigl.armi . Che poi il parco d, dieci mefi foffe creduto vero appreifo i Romani , lo dichiarano manifeflameiitt_a» * V « n o fc tim (o p t.lM d d e d .lw dc , Se Adriano InoDeratore in certo cafo feguico pronunciò , che fi potefle nafeere nell vndecfmo mefe. Plinio nel fettimo libro della Da tallona naturale cita Mafluriocome auttore , chedica, che forco la pretura di Luco Pepino fu da. tafentenzacontradi vno in certa controutrfia di heredita , perchef u» S S « S S ! » di edere (lata Sra»ida trcdecl * f , . Ma Amceuoa concUrde che anco di quattordecipoflo.no le donne gramde partorire : fi chea in tanta iaSetd legu.rò H ppocrate , & Ar.ttocde , comeRuttori piu degni di fede: poiché in quella , & in ogni aitra cola hanno l ro pareri con molte ragioni. Hippocrate dunque ne librode! parto d«^» qliottom efi , & Arsotele nel capitolo quarto del intimo libro dell h fiori» de gli animali dicono , che il tempo debito , e determinato r mento humano è il fettimo , ottauo , nono , e decimo mefe. _pVt’ai. opinione reputo veriffima» & peto quotidiana efpenenza , e P ^ -


5< *BELLA

C

tre cagioni , che qui di fattoli diranno, e di più pensò , che quei e* hanno creduto,, che le donne pollano partorire nel decimoterzo , edeoimoquarto mefe, fodero dall’ilteffe malamente informati , le quali per auucntura prefero errorenel numerare i meiì , ouerocomeè poilibilehauendo proceduto alla grauidanza qualche gonfiezza di corpo come dice_,» Arifiotele,ò la retentioned’emellrui per quattro , ò cinque meli, e dop. poeiferhauendofifubitoingrauidate, computarono i noue della graui­ danza con gli altri d’emeltmi fupreflì., & arriuano per quefto a! nume­ ro di tredeci , ò quatordeci - Francefco- Valefio nel capitolo decimo ottauo della fua facra Filoiofia dice, e dice bene, che non è termina­ to pontualmente tempo alcuno al nafeimento humano in maniera ta le , che non polla per ogni picciola cagione alterarli, e che quanto hanno fcritto Hippocrate, Ariltotile , Galeno , Varrone , & tanti altri auttoridottifimi di quefto, il lutto fi deue intendere , cheauuenga il più delle volte, & ordinariamente . M i doue egli radduce I’ell'empio di vna fanciulla, nata di cinque meli , che hauea finita dode» ci anni, & era dall’altre differenze folo nella macilentia del.corpo , quan­ to egli compofe quell’opera, pare d me , che reciti cofa molto flranna j perche non portaalcunaragione, che faciliti la credenza in cofa tanto ma» rauigliofa; fe io credo ad Hippocrate , & ad Aditotele la maggior par­ te di quanto fcrifiero intorno al parto de’fette , ò otto meli , citi reca­ rono anco ragioni fe non neceflarie , almeno probabili delle loro opi­ nioni ; perche inuero altro difputare di cofà poflibilé, & altro di cofa fatta , come infegnano molto bene i facri Theologi . Quando poi anco fofle pofiìbile, che il parto di cinque meli folle vitale , il che però non_, credo ; non fi potrebbe giamai ciò perfuadere fenza. ragion . E che sò io che le propriedonuenon habbiano prefoerrore nell’aimouerape i meli dellagrauidanza, come dice Ari itotele, e che il mete da loro ftiraato quin­ to non fufle il fettimo . Come per efempio fi vede nelle donne b iliofo ripiene di molto fangue , che quantunque iìano grauide per infino al terzo , e quarto meie hanno parte de’ confueti melimi , ma in minor quantità del folito , & quello perche il feto non può diuorar tutta la quantità del fangue per eifer molto ; nel quinto poi , e fello quando la creatura fatta grande può dinotar tutto il iangue , celiando all’hora il meitruo, cominciano a computare il termine della grauidanza, e nafeendo da indi d cinque del fuo computo dicono , che è di cinque me­ li , non s’accorgendo che g ii quattro meli erano grauide non oltante, che appartile il legno del meitruo per la ragion predetta :. il che io hò auuerticoin vnaGiouineincafamia, la quale per due grauidanze fin’ al quar­ to mefe Tempre diede fegno di meitruo, ma in minor copia . Hippocrate* nel libro del fopra nafeimento dice bene , che loro fi deue ctedere nel ne­ gozio della grauidanza, e del parto : perche ne pofiono fapere meglio diogn’altro, Ma vi aggiungo io che a chi parla molto , non fi deue cre­ dere ogni cofa; perche il Santo dille , che ne’ molti raggionamenti quali tempre lì troua la bugia , ne ceffarò mai di llupire , quando iosód ’ha. utrlettoappreffo C e la r e Baronio ch'il.gran Tcrtuliano huomo tanta* fama*.


LIBRO

P RI M O .

ji

amofó fi lafciò perfuadere da vna vile donnicciuola , che¡’anime de’giufti fodero colorite. Nè gii mi pare anco vero quel principio, che pone il det­ to Valerio nel luogo medefìmo , quando egli dice , che nelle alteranout naturali niuna cofa a pena è ò imponìbile , neceifaria , impcroche fe fi prende l’alteratione communemente , cioè per latrafmutazionecosi nel­ la foftanza, come nella qualità-, come la prende Arinotele nel fecondo, quinto, e fello libro della Bilica ;all’hora.è necefsario fupponere il moto, lafcfìanza, d'accidente . Banco necefsario , che l’alteratione fi con. giongacon l’alterato , come vuole Arinotele nel fettimo deil’ ittefso li­ bro fopradetto nel tello vndecimo , & duodecimo . E anco impoifibil-, che l’alterazione fia di altra maniera , che di due forti , cioè vna fpintuale, e l’altra corporale , come infegna pureanco riilefsonel libro fertitno, enei fecondo dell’anima al tello 57. e 58. e nel terzo al tello capito­ lo otcauo , & è imponìbile finalmente che tri principi; uonfiaalteratione, come dice il medefimo oel primo libro delia Fifica ; fi che è bene la­ rdar tale priuileggioà Dio apprefso il quale ognicofi è pottìbile , e c h o fe ben può tutto ciò che vuole: non vuole però tutto ciò che puote . E r i me gioua credere ad Hippocrate , che il parco di fette mefi fia vitale per le ragioni, che m’infegna dicendo , che in quel tempo la creatura è giun­ ta quali allo flato della perfezione corporale , la quale comincio nel quarto, e fino nel fettimo : e perciò anco ifillefso dice in vn afforifmo, che dal quarto al fettimo mefe le donne grauide fi pofsono purgare in cafo di neeefiìrà : perche all’hora la creatura fatta grandicella può fopportare la_, niolellia del medicamento.. Si che il parto di cinque mefi nè e condotto i quel grado di perfettiono, che lo fii vitale, ne cofi imperfetto può fopportare quelli affanni del parto , che à pena fopporta lacrcatura nel fettimo, ò nouo mefe, potendo mala­ mente perfuadere il contrario vn’efempiofolo , quando folte anco vero, e farne vna regola cofi vniuerfale . Quello hò voluto dire non perconcradiread huomo di canto valore, come è il Valefio predetto : mafolo peracteilare l’ofleruanza, ch’io porto alla Maefti delI’Antichiti, la quale molto più di noi è fiata diligente offeruatrice nelle cofe naturali. Più al ragioneuole s’accofìa il parere delI’Eccellentiflìmo Signor Augenio , il quale nel primo libro del parto humano ài capitolo decimo quinto,difputaudo con traMattco Curio , cheil parto di lei mefi fia vitale in Iraha , aggiongeal nafeimento humano vn mefe più del Valefio ; m i fi come per la "battezza-, del mioingegno à me non piacel’opinion dell’vno , cofi non poffo capir quella deli’altro , ben penfo che quando haueflì voluto filolofarui dentro hatei ( forfi) trouato alcune ragioni ( apparenti però ) che me l’harebbero perfuafo j come farebbe à dire , che in Ifpagna doue per parer di Accen­ nali parti di otto meli fono vitali, talvolta anco coli per la feconditi de’progenitori, e per la caliditi del paefe,ouero per la virtù particolare delle compldfioni, il parto di cinque mefi riceue in cofi poco quella perfettiotKJ che 1i altri luoghi à pena riceue in maggior terfipo, come nel 7- 8. e 9. e che in Italia, doue il Clima è men fauoreuolc al nafeimento humano , che in_, Ifpagna, fenonfari vitale quello di cinque m eli, come la fari almeno v~ quello


5't

D E L L A

GOMMARE

quello di Tei me fi è canto più , quanto in paefe doue per fe fletto ¿1 Clima è benigno, egli huomini di compleflìone più temperata, che in Ifpagna; pofciache li Spaglinoli abbondano più di colera adulta , che gl’italiani, fipuòfperare effetto tale . Ma quelle è fimili ragioni fono di quelle, che infegna la Natura far falci mortali, come farebbe d dire , che quella Na­ tura , la quale in Italia e Madregna a i parti d’otto meli Tempre, & a quel­ li di fette meli fpeiiìilìme volte peraltro virali, hora diuenterd benigna—» c clemente Madre in quelli di cinque meli. Io per me credo che in tal diffimlrà ad altro Tribunale non fi pbfla appellare , che à quello della_» fperienza , ma fperienza cale , che fia comprobara da molti fucceffì fim ili, perche altrimenti non merita nome di fperienza . Ma all’ hora_» dico io ; quella tale fperienza fece troppo gran torto , & ad Auicenna_» in Ifpagna , & ad Arittotile in Egitto , ambidue curiofilfimi offeruatori del pai to humano, i quali furono così sfortunati ; che mentre offeruarono il parto de gli otto mefi vitale , co li , mai ne auuertirono nòdi cinque, nèdifei, ne fono io di quel parere , che quello , che non co­ nobbero gii Antichi, non fia poiììbile : perche è verifihno , che molte cofeconofciamo noi, che loro non conobbero, altre tante ne conofceranno i nofiri Pofien, le quali noi non fi fiamo ne anco fognate . Ma_» fonficuro , che in quelle cofe , le quali gli Antichi conobbero bene-», arriuarcno tanto alianti, che lafciarono più pretto a Moderni occafione d’inuidjargli , che pareggiarli , ò vantaggiarli ; e fe nonconobbero il mal francete , fù perche doueua effer mal nuouo, e di maniera nuouo, che con vn nuouo , e Tirano modo doueua effer curato , quando più cede alle qualità occulte di quella refina nafcolta nella midolla del legno Tanto, che à qualfiuoglia alterante, òpurgante : Ma il parto humano conofciutoda gli Antichi , e il medefimo , e della medefima natura_», e con riflette proprietà , del quale trattano i Moderni , e perciò io foij_» flato Tempre di quello parere, che in facolta' tanto Connietturale , quan­ to la Medicina , nella quale , come dice il Montano dottiamo , ogni giorno appaiano nuoui moftri ; non fi dourebbero riceuere le non c o lo pitiche vere , cioè, che perlo più fiano tali : perche molte volte dalla forza della Theorica, dico della energia delle acute ragioni , ci vengono perfuafe alcune cofe , lecitali poi mentre vogliamo accetar con la fpcrienza,non corrifpondono allaconceputa fede , e beffando l efperimentatore rimangono più fimib à Paradofì , che ad altro . Effempio ce ne_j fia laefottrina di quanti già mai fcriffero cosi antichi , come moderni del Parto Humano, tutti a bocca piena confellarono , che il parto difetto mefi fia vitale ; nondimeno veggiamo giornalmente di cento nati in fetee mefi, morirne notiantanoue, e mezo, per dir coli ; di modo che^enfo al flu irò, che le Hippocrace, egli altridoueffero fcrniere hoggi,quando la fperienza di tante centinaia d'anni, n’hà canato il marcio, ònon direbbe che‘1 parto di fette mefi foffe vitale , ouero che depoffibili(olle vitale , ma de fitto,mortale,così dirò, che’l parto dicinquemcfiin Ifpagna, e di fei in Itaiia, quando gli huomini fpeculatiui l’haueranno fatto poflìbile , e vitale con ragioni polìibili, la fperienza giornale celi farà veder tutti morti,e pur


LIBRO

PRI MO:

3,

fi sii che in cinquecéto luoghi Galen.ci ha inculcatole he le buone,è vere ca­ gioni non fono ò gii mai, ò rare volte contrarie all’efperienza ; perilchc io mi perfuado, che in materia tale le donne s'ingannafleronel computar il tempo,il che fia facililfimo:e quando ben foiTe certo, che non fi fodero ingànate,e che in Ifpagna fi vedefle vn parto,o due di cinque mefi effer vitale,8c in Italiafoife fiato veduto qualche parto di fei mefi viuere, non sò ie baiteranno d far vna propofition e vniuerfale nella medicina. Io per me refto nel parere del Diuino Scaligero, chele proportioni vninerfali per lo piùfiano fofpette in qualunque facolta; poiché d verificarle vi fi ricerchi altro che ciancie, ma nella Medicina non faranno fofpetofiifime, egelofiilìme, doue quafi ogni cofa pende dalia coniettura ^ Si contenti dunque la mia Com­ mare di feguirl’opinion più comune, e più probabile, anzi dirò più ve­ ra, che l’huomo trd tutti gli altri Animali b à , il tempo indeterminato à na» feere, poiché cofi nel fettimo, come nell'ottauo, nono e fin al decimo mefes nafee,conforme a quanto ne difsero,e Hippocrate ne’libri del parto di fette, & otto mefi, Aditotele nel quarto libro deH’Hiftoria degli Animali: e la ra­ gione di ciò , è perche efsendo la creatura nel fettimo mefe entrata nel pri­ mo grado di perfettione dell’efser corporale appartenente al viuere, la qua­ le perfettione in alcuna e tale, per quelle ragioni, che nel feguente capitolo fi diranno, che baita, d farle viuere nafeendo, & in altri yd crefcendo final decimo mefe ; hor quando è tanto efficace che baiti alla vira nafeendo nel fettimo mefe viuono; e fenon ha tanca efficacia, ma vi crefcendo co' me­ fi, all'hora nafee nell’ottano, nono, c decimo mefe. Horgionta la crea­ tura al fettimo mefe, e fenrendofi robufia, e gagliarda, e perciòmancanJ dole l’alimento, & il luogo per la grandezza del corpo, fimoue con im» peto, e rompe le feconde, il che fe le fuccede felicemente, nafee nel fettimo mefe, e viue, ma fe molto s’afiatica, ò che non pofsa fenir di romper 1c_ j feconde, reità tanto affannata, che nafeendo nell’ottauo mefe muore, ma quando nel fettimo mefe non fi fente robufia, itando quieta nel fettimo, Scottano, naicedbene nel nono, e decimo, elafcia quefte fottigliezze-» del parto di cinque, e fei mefi d chi le vuole, che in vero non sò feul opi­ nione pofla effer con ragione riceuutain vna republica ben ordinata, fe prima dall’efperienza reiterata non foibe più che molto accertata, e com­ portata,- parendomi che facci in troppo gran fpala, e feudo alla impudici-' tia, e pur troppo fi sa come ilBoccaciVne infegnò quanti Arziguogoli habbino le donne impudiche, per dare ad intendere lucciole per lanterne a tuoi femplici mariti , ienza’ifauordiquefiaopinione, vene andarebbero quelle poche a marito grauidedidue, ótre mefi fotto il faluo condot­ to di quella Dottrina, le quali dopo l’eiTer fiate cinque,ò fei Mefi co’Mariti, partorirebbero,è farebbero le belle,e le buone,ma quanto à me come cotal Dogma,& opinione nò puotè mai entrarmi nel capo;cc.fi fe doutflì pigliar moglie non vorrei, che m’entraffe in caia, perche fedoppo li cinque, ò fei meli nn nafeero figliuoli mi parerebbe, ai ficuroj efi’er vn Ariete per latino, & vn becco per volgare, C

Ter


54

D E LL A

COMMARE

Ter qual caufa l'Huomo tra tutti gli animali habbia il tempo indeterminato a i nafcert.

Cap. VII.

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Vriofa cofada fapere è per qual cagione l’Huomo Colo tra tut­ ti gli altri Animali habbia iJ tempo indeterminato alnafcere come il (ottimo, ottauo, nono, e decimo mefe, e tutti gli Animali hanno il tempo prefitto, e determinato alloro na­ ie imento , come dice Ariftotile nel fettimo libro della-. Naturale Hilloria de gli Animali, efeco Plinio; etutti gli altri, che in tal materia giatnai fcrittero, imperoche l’Elefante Tempro partorire il fecondo anno: la Vacca il primo; la Caualla, e 1* Afina-,, l’vndecitpo mefe, la Capra, eia Pecora¿1 quinto, la Cagna, & il Por­ co il quarto, la Gatta il terzo, e la Gallina Tempre dóppo'I vigefimo giorno del Tuo couare, li sbucciare gli Polcini; quella diuerfitàdi na­ scere trd gliHuomÌHi, egli Animali è molto notabile, e degna di coniideratione,tanto più quanto Ariliotile nel predetto luogo lavid d e,& conobbe; ma di ella nonne refe ragione alcuna; !• Eccellentiffimo Si­ gnor Augenio nel primo libro del parto Humano al capitolo decimoterzone rende molte ragioni, e prima di lui l’Eccellentiflimo Signor Lorenzo Gioberti nclterzo libro de gli errori popularial fecondo capitolo porta quali le medefime ragioni, le quali fi riduconoà tré capi, alla_. natura della creatura , à quella della Madre, & alla copia dell’alimen­ to , e prima quanto alla natura della creatura tale , e tanta e la diuctfitàdelle complefiìoni nella fpecie humana, che invero auanza ogni altra di merauiglia, quando ciafchedun huomo non iolo ne i gradi delle qualità attiue , e paflìue hi il temperamento , ma in que­ gli ifiefiì gradi h i laiua differenza tanto particolare, che Te àdue giouatii della medefima e ti, e temperamento infermi ambiduedi terzana pura_i, con li medefimi accidenti, avno nondimeno il Rabarbaro apportarifubita fapiti rantolio prefo, & all’altro indoppierila tei zana, egli acci­ denti • Quella tal proprietà ammirò Galeno ne] terzo del Methodo al cap. letam o, e la collocò tri le condiciom, cheli ricercano ad vn ottimo Me­ dico, nominando la proprieti ineffabile. Quella è quella proprietà ,edifferenza nafeente dal temperamento di ciafcheduno, la quale come in pro­ prio nidorifiede nelle complefiioni de gli hucmini: èquefìa ilefiae caufa di tanta diuerfiti di nature non Colo nella Tpcc^e humana, ma Torto vn medemo Clima, anzi in vna lleifa C ittà, & in vna medefima Famiglia, quel c he più importa invnmedefimo ventre; conciofia che vediamo i Gemel­ li concerti tei medefimo feme, enodriti dell'ifieffo (angue, nati nel medeffimo tempo, efser di natura diuerfiilìmi , per prona di che baili IVTem­ pio nelle iatre letere di quei famofiiiìiru Gemelli, Giacob, & F.fau, quali altre u u o furono di natura diucriì, quante fame li. Quella mede lima d,f-

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ferenza è quella . che fa piacer ad vno li frutti , & aborirli all’altro : a_i queftiilvmo, d quegli l’acqua, perquefti altri brama il formaggio", altri l’odia a morte* e tal varietà di penfieri non è da credere , regni fole» nel volgo per natura volubile; ma in tutti gli huomini per hauer tutti la lorcompleilìone particolare . Ecco due Eilofofi grandiflimi de’ primi di quel fecolo felice , Democrito , Eraclito , e pure quelli iì rideua d’ognirofa, e quello di tutto fi rammaricaua , c piangeua : ma la matrojor marauiglia, che fiain quella differenza particolare di ciafcuno è , che non folo fd gli huomini differenti da gli altri huomini nati fino nell’ ifleiTo ventre; ma anco gli fd differenti da fe msdefimi , perche quello , chc_» piace al fanciullo nell'etd puerile; airi (ledo difpiace adulto, e fatto gran, de ; e quanto amò in giouentù, aborri in virilità, e ciò con mo!ta_> ragione, perche mutandoli con gli anni la compIeiRon di ciafcheduno , e forza che anco quella occulta proprietà prenda diuerfa natura , e cagio­ ni quefti diuerfi effetti ; il che pur cofi felicemente due Cigni Italiani » fpiegarono al Mondo , il Petrarca , & il Veniero , quello nel Sonet­ to , Come Va’l Mondo, bor mi dileta, e place Quel, che più mi dijpiacqne, bor veggio, efenta Che per hauerfalute, hebbi tormento, E breue guerra per eterna pace. E quello ncll’vltimo Choro della ina Idalba^ \A che bramar, à che auentar i dardi Infogni ofcuri,& al colpir fallaci In chetiftruggi, e sfaci Stolto voler, ch'ogni tuo ben ritardi,’ Moggi s'auampi, & ardi, Doman quanto bramaui, odi, e difpregrj Quel che piace è vn’inganno, *Che ci adormenta con Infmghe , e veggi E l'inquieto cor cerca’l fuo danno .

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e’1rimanente che fegue : Dunque beh potremo d ire, che fe nella fpecio' humanafi vede tanta diuerfitd di compleflìoni.il che non fi vede ncllealtre fpecie de gli Animali, è molta ragione, che limonio habbia diuerfi tempi di nafccre: imperoche fe la creatura fard di compleffion fredda , & humida, fard dibifogno di maggiore fpatio di tempo per mutarli,e cofi giun­ gerà non folo al nono, ma tal volta al decimo mefe ; ind iè fari calda , Se humida temperatamente nafeerd nel nono ; fe calda , e fecca nel fettimo, & ottauo : e quello perche quanto più forze riceuerd dal temperamento, e comp'.eiliìone nella (ua generatione, tanto più prefto nafeerd, & all'incontro quanto manco forze haurd per diffetto della complefiione reftado P -ù d eboJce fiacca, nafcéri: anco più tardi, Pende anco tal preftezza, ò C

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tardanza di nafcere dalla compleífíone della Parturiente , e da qttelfá dell’Vtero, ò Matrice: da quelli della Parturiente, perche s’ella haurá Ja compleífion calda moderatamente , haurá facoltà di maturar il frutto più predo, che non farà queiraltra, che è di natura fredda , e flemmati­ ca; così anco accadere in vn temperamento fanguigno , il quale fempre produrrà li frutti maturi più predo , che non fari i! melancólico •• efempio chiaro nè fiano gli frutti d’vna medema pianta , de'quali quelli , che fono dalla banda del Sole maturano più predo , che non fanno gli al­ tri , podi nell’oppofita parte ; onde le Parturienti di compleífion calda e fanguigna partoriranno fpeflo nel iettimo, ottauo , e nel Principio del nonomefe, l’altre fredde, emelancoliche nell'vltitno del nono , ouero nel decimo. L’vtero ideilo'può effer caufa della predezza , ò tardanza del nafcere cofi perfedeffo, come per lo fuo temperamento : per fedeffodico, perche fe farà di capacità grande potrà dar luogo alla creatu*» raimo alnono, &decimomefe : mafeangudola sforzerà advfcirfuori quanto prima; perche la creatura fentendoii mancarii luogo , corno di l'opra iì dille calcitra , erompe le feconde , e fi accinge ad vfcirdal ventre materno ; il medemo diremo quanto alla natura dell’vtero : per­ che il caldo , e fanguinofo fomenterà meglio il feto , e maturerà più p red o; Scilfredo è melancólico più tardi : e da quedé confiderationi pende anco ¡I terzo capo , cioè la copia dell’alimento di effe creature, imperò che fe la creatura haurá molto fangue per alimentarli potrà più predo maturare, cnafcere, effèndo perciò all’hora la compleífion della nutriente calda: e fe ne hauti poco come auuiene negli temperaaleuti fred­ di haurá di bifogno di maggior tempo per rfrfnrfìd quel grado di perfettio n e , chele badi á viuere . Tutte quede ragioni fon belle , demon* dratine , come adotte ne'proprij principi)dellaFilofofia naturale: ma_» fe ne vorremo ritrouar dcH’alcre iaràforzaa ricercar l’aiuto di fcienza_» maggiore , e più vniuerfalc : c dire , che l’huomo effendo creato dal Sommo Dio come Rè de gli altri Animali , quando nella inueditura del feudo Regale gli diede quel gran Priuileggio . Tù flgnoreggicrai a’PefcidelMare, & a gli Animali della Terra: e gli donò facoltà di nominar­ li á fuo modo á guifadi Vaffalli ; doueua l’ideflb huomo effer differente da gli Altri Animali, come in molciffimccofe,così nel tempo del nafcere, é perche quelli hanno il tempo determinato al parto, comes’è detto , co­ li quedo doueua hauerlo indeterminato : e con molta ragione, acciò fi defíe commodo á fpecie tanto nobile di poter produr gli fuoi Indiuidui z_, faluamento , così gli acerbi, come i maturi , & acerbi domanderò gli parti di fette , & otto meli : maturi faranno quelli di noue , 6 dieci. Oltre di ciò è troppo conuénience , che chi non hà tempo determinato al congiongerfi , non s’habbi ne anco al nafcere . Tut­ ti gli altri animali hanno gli fuoi fe non giorni, almeno mefi determinati alla congtontionc carnale; dunque á ragione che anco al nafcere l’habbi* n o prefifo : ma l’huomo non hi nè mefe, nè giorno prefule alla copula carn a le , perònondebbe anco hauerlo al nafeimento . Mà bella ragione è quella, che porta Latcantio Firraiano dicendo,che il graad’Iddio non volte d e te r-


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determinar tempo particolare alla congiontionc dell’huomo, e della don­ na, acciò gli continenti haueflero commodo di meritare appo fua Diurna Madia: impercioche qual volta fanno refillenza a gli appetiti carnaliyteifano corone alle Anime loro della immortalità, e dell’altra parte incontinen­ ti haueflero modo di liberarli da quel {limolo per mezo del Tanto Matri­ monio; onde quel defiderio di propagar la fpecie propria {limolato dall*, apetito di Venere adempir portati comandamento Dinino, rrefeere, e~» moltiplicare, e riempire la terra, e perciò hebbe tempo indeterminato a_, quello, & indeterminato al nafcere,cioè il fettimo» ottano, nono, e decimo mele, e mò vero che la Gommare deue effer auuercita nel numerar i meli : c faper che i mefi fono di due forti, cioè il mefe Solare, & il Lunare. Quello del Sole hi Capere trenta giorni : Quello della Luna nò ; mà più, e meno fe­ condo la fua natura ; quello dico, perche il mefe della Luna è di tré forti, il primo fi chiama mefe di cognitione : i 1 fecondo mefe di peragratione, ò circuito : il terzo mefe d’illuminatione : il primo fi prende per quel tempo, nel quale la Luna fi congionge con il Sole, e girando il Cielo torna a ri cógiongerfifeco, cqueito ha vintinoue giorni , & alcuni minuti, il fecon­ do fi prende per tutto quel tempo, chefplendelaLuna mentre fi parte da vn punto di qualche fegno celefte, & à quello ritorna, c quello contiene^» ventifetti giorni, ottohore, & vn terzo, mouendofila Luna in quello viaggio da Occidente in Oriente; il terzo fiprendetper tutto quel tempo » nel quale laLunafimoftra in Cielo a mortali, hora maggiore, hora mi­ nore, e quello hà giorni ventifei, e fei horc in circa, e quello è quel mefe,che adopra la {anta madre Chiefa nel pronunciar la Luna nei facri nifi « ij, fi che la Commare prenda Tempre il mefe dalla congiontione della Lu­ na, cioè quello di venti noue giorni, quali meli non è accertano, che tempre jìano forniti, ma baila, che la creatura tocchi di tutti imefi,ònafcanc! fettimo, ottauo, nono, ò decimo mefe; come chiaro fi vede nel computo,che f.t Hippocratenel libro del parto di fette mefi,douc dice, che il parto di cento & ottantadue giorni, e dodecihore e virale,fui prende i iridi Lunari di coiv> giontione, e dd fettimo mefe cinque giorni : e giornalmente fi vedono i mafehi nafeerequafi Tempre nel principio del mefe. Debbiamo dunque^* concludere, che la più commune , e più probabile opinione del nafeirnento fiumano ila nel fettlmo, ottauo, nono, e decimo mefe : perche come dice Arinotele nel libro fettimo dell’hiiloria de gli animali, effendo fa creatura crefciuta , & ridotta nel primo grado di perfettione nel fettimo mefe , !a_j quale perfett ione fi fà maggiore ne ifeguenti meli fino al decimo, e già an­ co diuentata robuila, e gagiiardaje fentendofi mancare l'alimento, & il luo­ go per la grandezza de! corpo, fimuoua più gagliardamente di quello, che faceua: e fe accade, che in tal moto rompa le feconde, nafea nel fettimo nie­ l l ò fe non le rompe all'hora;naica nell’ottauo; è nei nono, ò finalmente nel decimo.

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Delle cagioni ,per te quali ifigliuòli nati nell' ottano Mefe , il più delle ‘volte perifcano \ e perche v i uanoquei, chefonogenerati in detto mefe nell’Egitto , e nella Spagna, Cap. Vili. Abbiamo detto fin fiora, che il tempo del nafeimento fiuma­ no, può edere nel fettimo, ottauo, nono , e decimo me­ fe ,* ma perche in tutti quefti mefi le creature venga­ no ¿bene, e non nell’ottano » farà cofa bella da in ireili ga­ te Andatele nel quarto libro della generatone de gli ani­ mali nel quarto capitolo difputa difufainente contra alcu­ ni medici, che diceuano, che le creature natene! ottano mefe a ni un modo poftqno viuere r e diquefto parere è anco Auicenna; perche, co­ me fi dira più di fottoi parti chenafcono d’otto mefi in Egitto, & in Ifpagna, viuono conte gli altri. Siche Arinotele ha ragione, quando dice, che non tutti i parti d’otto mefi fono cattiui, e vitiofi,ma la_, maggior parte di quelli, e particolarmente quelli, chenafcono rn quelte regioni noftre. Gli Aflrologhì volendo dare la ragione di ciò hanno detto, che ciafcun mefe della grauidanzaè retto, e gouernarto da vrd» particolare pianeta: c perche I’otrauoè gouernato da Saturno , pia'— netta freddo , efecco, qualità contraria alla vita, il cui principio è tafdo , & humido , per quefio le creature nate iòtto di lui non poifono vi­ uere. Dell ideilo parere fd il Rueffo nel fecondo libro della concettici ne, e generarione humana nel quinto capitolo, ma egli è molto piò dé­ gno di biafmo degli antichi Aftrologhi per quefio errore: prima per­ che come Chrifiiano troppo attribuifee a’Pianeiiie poi perche haueneo il Pico dalla Mirandola fcritto alianti il Rueffo, é rifiutato, anziatiini Ilato vanità tali, Serali infingimenti de gli Aftrologhi, non dòueua egli porre in luce, e quafi ricchi amare da’ fcpolchri vna già m orta, e> iepofta opinione tanto vana, e bugiarda. E quello tanto menodoueua rare,, quanto nelle Scuole di filofofiaà baitanzaciè fiato infegnato quello, chepoflauoi corpi celefti nelle cofe fublunari, i quali o lt r o lìnfiuenze del moto, e del Iume,_aggiongono folo quelle inefiftation?,, che perfeftefle non ci poffono sforzare , ò violentare jfe non concorde la volontà noftra. Mà ritrouiamo pure anco ueiriftefle Scuole là ragio­ ne; perche ncll'qttauomefe muoiono quali tutte le creature, che nàicono nella maggior parte di Europa , e così la trouò Auicenna nel lib.2r. dC r a ru ° a*terzo trattata. Hippocrate nel libro de! parto de gli otto mefi: Alberto Magno nel libr. io. dell’biftoria de glianimali al 2• trattato.. Queftitutti dicono,che il parto d’otto mefi perciò perifcejperche neU’ottaVP creatura fi ritroua affinata, e fi baca, e fi ritroua poi tale.-imperoj. «ne eifendonel fettimo meie creiciuto, & entrata nell augumento notabile


x ---x v jl- vy — - • yy ììell’efler corporale, le comincia a mancare il cibo per foftentarlì, & il Juo2 go per la grandezza del corpo, e perciò molto s’affatica per vfcire : il che felefncccde, nafce nel fettimomefe, e nafcefalua, quando è compito, manonlefuccedendo, enafcendo dopò eh è entrata neU’ottaiiofitroua ella in gran pericolo di perire , perche il parto come iaboriofiifimo ricer­ ca molta forza, & la creatura è già fatta debole , & affannata per le fatiche; c’hà foportato nel fettimo mefe, e non è atta à nafeere neil’ottauo, md più rollo à ripofarfi perche s’allegerifca delle pallate fatiche , e fi pre­ pari à queiraltre, ch’ha da foffrire nel nono . Et io direi vn’altcaragion più facile alla mia Commare, & è quella . La creatura per ordinarioìi fà pe rfetta in giorni trcntacinaue, ò al più quarantacinque , come hàbbiamo detto nel capitolo iecondo di quello libro . Hora arrecanti giorni lì* dmouerfi quanti flette à farli perfetta , è tre volte tanto Uà d nafte* o , quanto flette à farli perfetta, & a mouerfi, ma à farli perfetta flette trentacinque . Dunque à mouerfi Hard fettanta, moltiplicando il fettanta_, tre volte fdduccntoè dieci giorni , & tanto fanno appunto It fette meli; & perciò quelli narreranno nel tempo di n o . giorni compiti faranno Settemeftri , &viueranno, ma fe la creatura noa rellard perfetta nelli trentacinque giorni all’ hora acquiflard la perfettione nelli quaranta co-' medi foprafidifle : dunque il motto riceuerd nell’ottuagclfimo, & il nafcimento nel triplicato tempo / md il moltiplicar l’ottanta tré volte fa_^ giorni ducento quaranta, &quefli formano gli otto meli , &lecreature che in elfo nafeono, in Italia non viuono giamai per le cagioni poco fa addute da Aditotele , & Auicenna , non hauendo potuto acquiflar tanta perfettione nelli giorni trentacinque che li baftafle d nafeere nel fettimo mele. Hora mò quelle creature, che acquiflano la loro perfettione nelli giorni quarantacinque per confequenza fi muouono nel doppio , cioè li nonanta. Et così al lor nafeere fi ricerca il nonanta triplicato , il quale apunto contiene li none meli, & quelli che in eflì nafeono, fempre vengo­ no i bene . Nelle medefime Scuole di Filofofia haurebbe potuto ricroiiare ancoilRueffo, quanto fiano vani gli infingimenti de gli Aftrologhi d’in­ torno d quello foggetto, i quali cercheremo noi di confutare per fodisfactione de gli intendenti lettori. Se fofl'e vero,che il dominio del Pianeta di Satturno Copra l'ottauo mefe apportale non folo affanni, ma fecura morte nel parto di detto mefe, ne feguirebbe per necelfità , che ouunque regna quello Pianeta, nafeerrebbono effetti tali : ma i pianetti vgualment£_j fecondo il giro delle sfere celefti regnano per tutto il mondo, e nondime­ no Ariftotele nei fettimo della naturale hifloria de gli animali a! capìtolo decimo vuole, che in Egitto i parti d’otto meli Viuano ; & Auicenna r conferma, che anco in Ifpagna viuono, & vengono grandi, come gl*.' altri» Se forfi non voleflè crederei! Rueffò ò che quelli auttori tanto fegnalati dicano la bugia , ò ch’altri Pianeti colà regnino, colà da ri^ derfi coli della feconda, come della prima. Ma vdite ragione maggiore^ chefe pur folle vero, chei domini; di quelli Pianeti portaffero aìf otta­ no mefe tanta malignità »farebbon al mondo più Pianeti, che granella .* dell’arena in mare : poiché variando in modo i meli d ella grauidanza, che \ C 4 quel»


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quello,che è ottauoàCamilla, farà fello, terzo, ò quarto á LucrctíaJí biiognarebbe,che ciafchedunadonna haueffe ilfuo Saturno particola­ re per l’ottauo mtfe, ecofi farebbono i Pianeti innumerabili, comefono quali anco le donne grauide. Per quella ifteffa ragion dirò io , che fe be­ ne al parto d’otto meli di Camilla nuocerà l’afpetto di Saturno; perche quello mefeà Lucretiafarà il quinto, nel quale regnerà vn Pianeta più benigno, per rifpetto del quir.tomefe, quella malignità farà mitigata. Ma tutto è vanita , e fogno , come è anco fogno quello, che dice il medelìmo Rueffoneirifldl'o luogo, che oltre il Pianeta ai Saturno muoue anco al parto di otto meli l’afpetto del Sole, il quale trouandofi nell’ottauo mefe della grauidanza infegnooppofito, non può non apportare affanni, e pe­ ricoli di morte. Quello fi fcuopre vano anco per le ragioni detee di fopra, perche fono i mefi variabili in modo, che bonario ad vna farà, all’altra fe­ llo, fettimo, quarto, ò quinto: nè fi troueranno tré donne, che conuengano ne’mefi, ò feconueniranno ne’mefi , nonconuerrannone’giorni, h o r o , e minuti; e però effendo ancora vn Colo Sole, è imponibile, che à guifi_, di Vertuno fi poffa trasformare in tanti afpetti diuerfì, apportandoad vna grauida per ragione di fettimo, ò nono mefe la falute, & all altra nel medefimo luogo,tem po,hora, e minuto per ragion dell’ottauo mefe«,, affanni, e morte* Ma quella ragione vaglia per mille, fe le Stelle opra­ n o , e tanto pofionoin quelli fubìunari ( faccio quella Dillemma) opra­ no , o necellariamente, ò contingentemente, perche ogni attione, ò na­ turale, ò volontaria, fi riduce advno di quelli due capi. Se dirà il Rueffo , che i Cieli oprano necesariamente, dirà vna propofitione herética«,, poiché la necellìtà delle Stelle, toglie il libero arbitrio degli huomimi; de non fqlo herética in Theologia, ma eforbitante in fìlofofia, quando tutti i prim i, e maggiori Filolofi hanno confeflata quefla verità ,che i Cieli non«, isforzino ma inclinano ; fe anco dirà che oprino contingentemente, come veramente oprano: Ariflotile nel fecondo della pofterioreci infogna, che delle cole contingenti non fi può hauerefeienza: fiche non bifogna tan­ to ricorrere alle caufe del Cielo, quando polliamo trouarle più manifeflo è chiare. Ma è hormai tempo di cercare la caufa, per la quale qucfli parti d'otto mefi non fono vitali trànoi, come fono in Egitto fecondo Ariflotele, de in Ifpagna fecondo Auicenna- A r|fioteIe nel fopradetto luogo ne rende quclta ragione, chele donne di Egitto fono facili a parto­ rire,e fono di natura molto robufie,e perciò le creature non fi affaticano per nafeere per la detta natura delle madri, & oue le nollre nell’ottauo mefe fo­ no languide da ¡patimenti del fettimo, le loro fono gagliarde, e pofiono vfeire falue,e fané al parto.Si può dire anco,che la calidità dell’aere di Egit­ to le gioui moltoumperoche in paragone del noflro è calidiflìmo, c fi auicinaalle qualità del calore naturale d'ell’vtero con qualche proportione, e perciò la creatura nella mutationcdell’aere non patifce tanto colà, quanto patifee tra noi, e da quello nafee anco, che i parti loro non pericolano, non folo ne gli otto mefi, nè anco nel fettimo, nono, e decimo coli fpeffo, come fi vede, che pericolano i noflri. Le medefme ragioni dimorano , perchej quelle di otto mefi viuotio in Ifpagna; conciofia cofa che colà anco le don­ ne


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fie fono facili filme ad ingrauidarfi, c molto facili parimente á partorire^; & hanno l’aere più caldo del noltro ; le quali cofe non alterando, ne affat­ turando la creatura più nel fettimo, chenell’ottauo mefe, fi trouarobufta nell’ottauo, &efcefacilmente dall’vtero per la Facilità, ch’hanno le ma­ dri in partorire , e gode la benignità dell’aere in modo : chefoprauiueinLj quella maniera, che fanno gli altri nati nel fettimo, nono, e decimo me­ fe. Quiui s’hà d’auuertirela prudente Commare, checon ogni diligen. za fi sforzi di fapere bene il conto de’mefi del partorì perche in ogni occor­ renza di malarie il medico fappiacome gouernarfi nel dar medicine alle donne grauide, potendo darlene in alcuni meli, & in alcuni n ò, fi an­ co percìóe ella fappia quale fia particolarmente l’otcauo, accioche poffa aiutarla fecondo l’opportunità del tempo. E forfè per difetto di que­ llo computo di tempo. Pietro d’Abano grandiifimo medico diffed’ hauere veduto vna donna partorire nel fello mefe vna creatura la quale viife : il cheeffendo imponibile, come habbiamo prouato di íopra, fàbifogno dire che erraffe la donna nel contarei meli, fi come puote accadere a queH’altra, cheracconta il Valefio de’cinqùe meli, e coli forfè fù ingan-, nato il dottiamo Varrone, quando diffe, che le donne grauide polfono lartorire nel terzo decimo, ò quartodecimo mefe. Ariffotele nel fettimo ibrodell’hiftoria de gli animali vuole, che i naicentinel decimo, poffano coli bene foprauiuere cornei nafeenti nel nono. Maviaggionge, c h o nafeonoin tal mefe più femine, che mafehi, perche lafemina riceuepiù tardi la perfettionedel corpo, che non fa il mafehio come lubbiamo detto di l’opra auanti però il n.afcimento: perche doppo effo auuiene il contrario, e le femine più tollo che i mafehi ticeuono accrefcimento non folo quanto al corpo; ma anco quanto all'animo, c coli dice Ariflotele nel libro quarto della generatione degli animali al 6. capir, e però diuengono più preño graffe , & grolle di corpo, & più preño alimenti, e mode­ lle , che non fanno i mafehi'. Relia dunque chiaro, e manileño, che il deter­ minato tempo del parto naturale dell’huomo, fia il fettimo, ottauo,nono, e decimo mefe.

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Della cagione, per la quale nafeonoi partì mafehi , òfemine. Cap. IX. Rima chevfeiamo del ragionamento dell’V tcro, ò Matrice, è [ á propofito inueftigarc due cofe curiofe.La prima è,da che auuenga che trá i parti alcuni nafeono mafehi, & altri femine : la • feconda poi,da che auuenga,che alcuni nafeono limili á padri, I altri alle madri, & altri à gli api, ò a gli amici; e dal primo que’ fito nafeeràquefto altro : dache proceda, vna donna co il . vno marito farà i figli tutti mafehi,e con l’altro tutte femine;e de gli huomini alcuni faranno figlie femine con le proprie mogli,e con le concubine figli mafehi. Que fte domande portano feco grandillìma difficoltà; poiché tan­ ti, e tanti anni fono itati indifputa trá ¡ 'primi Filoiofi del m o n d o , & hora i Pe-


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DELLA

)jena fe ne fi la verità certa - Tuttatua io come medico feguitando l'opi­ nione di Galeno ne dirò quello , che giudicherò balteuole alla capaciti della mia Commare, e comincierò primad difcorreré* delle cagioni , per le quali nafcanomafcbi, ó temine. Democrito pensò , che la cagio­ ne fofle quella : perche ii fetne nella generatione venendo da tutti i membri dell’huomo , e della donna fe nel mefcolarfi infieme quello della_# donnafupera quello dell’huomo, la creatura diuenta femina ; fcquello delPhuomo eccede quello della donna , diuenta mafchio. Empedocle-, volle, che la caufa di quello folle la caliditd , e frigidi della matrice^ a imperochefe il feme humano fi raccoglierà nella parte calda della matri­ ce, fard mafchio. Se nella parte fredda , fari femina . Anafiagora diffe , che nella delira, e finiftra parte dell’ Vtero ftauala ragione di pro­ durre mafchi, ò fermile.- però nella delira i mafchi, e nella fin ifiralo femine fi genera, Cleofane attribuì quello al reilicolo deliro, e finillro onde s’imaginò , che lavim i del tcflicolo deliro generafle i mafchi, e quello del finillro le femine. Hippocrate l’afcrilTe alle qualità del fe rn e t; perche fe il feme fard tenace , eipeffo, fard mafchi , fe anco fard acquo, fo , e debole, fard femina, Ariflotele nel libro cerzo della generation^ degli animali dice, che i principi; della generatione humana* fono necef* fariamante il mafchio, eia femina j come fono d’ogn’altroanimale , chabbia fangue; Mddiuerfamenteperò, perche concorre come caufa ma-‘ tcr/ale paifiua, ponendo il vaio, e la materia del fangue, e l’altro cornea caufa efficiente , e formale , ponendo il fecondo fe me: e poi nel quar­ to deirillelfa generatione , dopò che d reprobato l’opinioni di Demo­ crito, e di Empedocle, ma più quella, che quella, rende la ragione, per­ che naicono mafchi , e femine , edice , che l’huomo nella generatione-« humana elfendo efficiente iecondp , e la donna puro materiale^ ; deue l’hnomo nell’atto venereo hauefe il fupremo imperio ( per dir coli) Copra il patiente, e però fe la donna in tale arto fi fard vniforme, come-« conficorpo fi fottometted quello, che intende l’huonrio, quella vniformird imprimerà nel fangue mefiruo vnaimaginedi prontezza, ediipofitione attifiìma d riceuere la forma iilefia dal mafchio , la qualeeflendo •fimile à fe fleflo per quella regola, che ogni limile genera limile afe, la_» creatura fard certo mafchio : md fe mancherd tale vniformitd , reflando il fangue mefiruo come difubbidiente , e non potendo il feme fiumano doni'narloi fuomodo , come difettofa materia, produce la femina ; però l’iflefib Arinotele nel primo libro della Fifica chiamò la donna vafo difettofo,& occafionato. Hipp. nel libro della genitura attribuifee la facoltà di fare mafchi, ò femine coli alle facoltà del reflicolo deliro, efiniflro, co­ m edi lati dell’vrero deliro, efiniflro, dicendo, che il teilicolo deliro ha facoltà di produre il feme atto d fare mafchi, & il finifio femine, c_ j che fimilmente il lato finillro della matrice , ha lamcdcfima virtù ne’mafchi, che ha il finillro nelle femine , & inciòfegue l’opinione di Anaffagora.ed iC leofan e, Galeno, checonfente con Hippocrate, & in que­ lla , in ogni altra cofa , fìì del madefimo parere , aggiungendo , ò difc fiorando {blamente la caufa di quella facoltà di lare mafchi,’ , che fia nel


teilicolo, e lato deliro della matrice, lì come quella di Fàté femine fiaO nel teilicolo, e Iato finillro, c però nel decimo quarto dell’vio delle parti al fettimo capitolo eccellentemente attribuì ciò al calore di dette parti dicendo, che il calore è caufa di fare mafchi, e la fredezza di fare femiue; e perche tal calore fi ritroua maggiore nelle parti delire, coli de’ tefìtcoli, come della matrice, perciò in elle fi generano i mafchi, fi come le femine nelle finiflre. Affegnapoi vnaragionc neceflaria, che le parti delire fiano più calde delle finiflre : perche in effe è collocato il fegato, che è fonte-* del fangue caldo, gchnmido, e però bifogna, che per ragion di retitudin e, come dice Hippocrate, fiano più caldi delle finiflre, che mancano di quella rettitudine. Oltre di ciò i vali, cioè (arterie, e le venne, che arriuano al teilicolo deliro,vengono in effò immediàtaméte dalla vena caua, & dall’arteriagrande che nel finillro végonofì da detti luoghhma paffano pri­ ma per ilrene finillro, il quale come luogo deflinato d riceuere gli efereméti dell’orina, almeno per paffaggio >non può fare di meno, che non debiliti tal fangue venofo, & arteriofo'. Aggiungefianco ,che nella parte finiflraila collocata la milza ricetto de gli eferementi freddi, e malenconici, i quali fin tanto, che colà fono con­ gregati, comunicando per cagione di retirudine la fredezzad quella par­ te , e per fio pure troppo è chiaro, che le delire parti fono calde, e le finiflre fredde. Queflocalore poi ècaufacofi di farei mafchi, come d’ognialtra buonaattionenel noiiro corpo, purchéfia moderato; onde., dille anco Arinotele, che iprincipi) della gencratione fono il caldo, i ’humido, & l’ifteffo nel libro fetrimodeH’hiiloriade gli animali al capi­ tolo terzo dille; che i mafchi fimuouono primi nella parte delira dell'vtero dopò quaranta giorni, e le femine nel finillro dopò ottanta . Hor pcrftoqueilo fondamento, ch’è veriffìmo, dice il modo Gal. col quale ciò fi faccia, & è tale. Nella generatione delia creatura fe procederi più feine dal teilicolo deliro , che dal finillro , e fard tale leme fomentato dàlia parte delira della matrice, certamente farà mafehio, perche è ge­ nerato , e fomentato da parti più robufie , e più calde , mà aH’jncòntro fe il feme fiumano procederà più dal teilicolo finillro che dal deliro, farà riceuuto nella partefinillra defl’Vrero, aff’hora farà femina per la_» fredezza, e debolezza delle parti coli mandanti , come recipienti. in oltre fe anco il feme dell huomo procederà dal teilicolo deliro, e far­ r i riceuuto nel lato fin iflro della matrice, & iui farà raffreddato, e debili­ tato permefcolanzadi queli’impuro feme, che colà fi ritroua, all bora fa­ rà femina per accidente, & all’incontro il femcdel teilicolo finillro riceuu­ t o , e fomentato nel lato delirodeirVtero, pigliando vigore, e forza_», potrà generare il mafehio. Eie bene gli Arillotelicifi moltrano tanto ritrofi in volere accettare 1’opimone di Galeno , nondimeno il loro Ari­ notele diffe pure nel libro terzo della generatione de gli animali, al ter­ zo capitolo, chefe il feme farà benconcotto nel fangue meflruo , pro­ durrà il mafehio , fe male, la femina , il che è quafi il medefitno cori-, quello, che dille Galeno in quello luogo, cioèfe il feme farà fomentato dallato cleilro, la creatura farà mafehio, fc farà indebolito dal finiflre» '.V 1 1 ■ " ' *'■ ' ■** ~ •' ‘ *■' * e dà


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D ELLA COMMARE

c da quella materia impura, fard femina. Màfia come fi voglia, am c_J piace molto più l’opinione d’ Hippocrate , e di Galeno , che quella., d’Ariftotele , e le quello foffe luogo da difputare , mofirerei con.» quanta faciliti fi risponde alle fue ragioni . Ne dice Galeno , corno alcunipenfano, che il Teme delle donne fiaatto, e fecondo per fare femine , quello di mafehi per fare maicfii : anzi egli confuta tale opi­ nione, dicendo , che ciòfarebbe porre due principi} contrari; di vn folo ef­ fetto : ma dice che la donna concorre non folo col feme , e col fanguealta generatione de i figliuoli; ma anco al calore delle parti, fi come l'huomo vi concorre non folo col feme; ma anco col calore ideilo : e tanto più ciò è vero quanto viene confidato della mag­ gior parte de’ Filofofi , che i mafehi fono più caldi delle femint_>, però Galeno riferifee la caufa alia copia del calore confederato nelle p arti, & Aditotele al calore natiivo confederato nella qualità del Té­ me , non vi facendo concorrere la donna . Io nondimeno mi con­ fermo maggiormente nell’ opinione di Galeno , poiché il fottiliifimo Scoto, e di quello fteffo parere nel terzo libro delie fénteuze , alla_j quarta diflintione , il quale hauendo fcritto dopò & Ariftotele , & Galeno ottimamente può hauere dato giudicio delle loro controuerfie : e peróne! predetto luogo , dice , e bene , che la opinione di Galeno èia migliore, fi come ncll’ifteffo libro alla diflintione quinta lo diife fuori de’denti: e le ragioni fono quelle. Prima i figliuoli alle_^ volte fiaffomigliano più alla madre, chea! padre: dunque la madre oltre ilfangue, òilfemeaggiungequalcheattiuiri, pervfarele fue parole, Cj t perche 1’attiuitàfi attnbuifee all’agente, il quale fi sforza produrre l’­ effetto fimile a fe,però oltrela preparatione della materia,qualche altra cofa vi fila donna: Di più Arifl.nel libro decimo della prima Filofofia dice, & è così, che la donna, e l'huomo fono della mcdefimafpecie,& nel quarto li* bro della generatione de gli animali, che ambe due fono principi; della geratione humana; adunque hanno la mede lima forma: il che non fi può nega­ re, e quella è la ragione ; & hauendo quella hanno anco le potenze : che féguitano detta forma, come è la vegetac/ua^ attiua, e pallina.E vero mò,che tali potenze m ole hauerà come agente principale, e l’altro come fecon­ dano , e meno principale ; c che anco alfa donna conuiene qualche attilli­ t i oltre la preparatione della materia; e però dilli, che mi pareua Topinione di Galeno piùragioneuole, volendo egli, che ilpadre,elamailre fiano prin­ cipi) della generatione humana oltre il Sole, ma in queflo modo, cioè» il Sole come caufa vniuerfale, il padre come agente principale, fa madr<L> come agente fecondano , il quale quanto alla preparationede!!amareni_, concorre palfiuamente, ma hàqualche gradodi attiuitàquanto aU’affomigtiarfi fa creatura, a fomentare il feme humano, a purificare il proprio feme,il quale deue effer materia del corpo humano, ne teflicolidella matri­ ce, a rifeaidarlo nel deliro lato dell’iileffo, & a renderli vniforme, & a copformarfìcome vuole Ariftotele col voler dell’agente principale. Ecerta^ Fopinione di Galeno è ottima, eccetto che nell’affegnare i leni della—» matrice, i quali vuoleche liana due diuifi,coine quelli della capra, il che


L I B R O

PRIMO' .

m è come ci è moilrato di fopra.ESan Tomaio di ile ancor lui,che le doni ne concorrono come principio pallino, & non altrimente parlo, feguendo l’opinione d’Arinotele, al quale troppo crede come medico . Anzi Ariilotele medefimo, che tanto fconciainente ragiona delle donne in quello propofito nonconfeffa egli apertiifimamente , che la donna nella gene» rati'one, oltre la preparatone della materia, vi aggiunge qualche attiouePGiàfièdetto nel reci tare il fuo parere,quando vuole, che a fare mafchi fi a bifogno,che la donna nell’atto Venereo fi conformi col volere dell’huomo,come agente volótario,e li dia come il mero imperio fopra detta attione, acciò la forma non habba ollacolo - Hora dico ip quello conformarfi, vniformarfi, & vnirfineli’intentionedell’agente , ò atcionedunqui.» altro fà, che porgere il feme , ò fangue. In oltre nel libro decimo dell’Hift- de gl i anim. per tutto l’ottauo c.proua, che tutte le femine conferifcono alla fecondità del feme , nel mezo del detto capitolo confeffa , che il concetto hà da edere fecondo , e buono , eneceflario , che il feme fi* prodotto così dalla donna, come daU’huomo , fi che altro fanno lq donne , che porre femplicemente il feme nella generatione : pcrcheall’horafarebbonodameno che lcgaline, lequalinon folo in compagnia del feme del gallo , pongono il puyo fangue per generare l’ouo, ma col couaclo tanti giorni per il loro calore natiuo producono i pollallri, Il che nonfideedire :e(Tendo la donna animale della nobilifiima ijpecie dell’huomo. Ma faremo punto per non fiancare il Rettore con la lunghezz i del capitolo,es rimetteremo la concluiìone di quella materia nel l&j guente Capi­ tolo.

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D E L L A GOMMARE

La formai ragione , per la quale veramentef i gene­ rano i mafchi, e le Femine. Cap. X . Idilpiace, che Auerroe tanto fi burli di Gaietto , feguendo l’opinion d’Arillotele di quella materia,poiché ne ancofù trouata da Ariftotile la fua opinione ; mi fu prima d’Hippocrate , e conuiene con Galeno per conto del calore , principio della generatione » febene Ariftotile lo confiderà nelfem o dell'huomo , e Galeno lo confiderà più filolòficamente , e nel leme, e nelle parti , oue detto calore dimora . Ma fe pure Auerroe con tutto ciò vuole riderfi di Galeno, fappia certo , che per quello pare­ re non fari mai riputato coli iciocco, fi come egli fi deue riputare , quan. do nel fecondo libro delle fue raccolte contra il parere di tutti I Filofofi del mondo , vuole che la donna pofsa ingrauidarfi , fe bene non fi con­ giunge con l’huomo, & adduce il tcilimonlo d’vna donnicciuola fua vici­ n a, cofa indegna di tanto Filofofo, quale egli fi riputaua cì’effer . Ma_, quello non credo io , che dicelfe tanto per ignoranza, ò fcempietd; quan­ to per nalitia, & empietà ; elfendo come Turco , & nemico della leggediChrifto, e come tale sforzandoli di offùfcarei mifteri) di quella con ogni fuopoterefempreempio,e maligno ; e però vuole quali il fuo pròpolito perfuadere, che quando noi crediamo ,'e confeflìamo per miraco­ lo illullriilìmo dellagloriofa Vergine , che habbia concetto il fuo figlio fenza copula carnale , egli Io moftri poliibilein naturarin che li moflranon foloempio , ma mendace, come per l’illeffa Filofofia fi puòprouare . E febene quello non è luogo da diiputare materie filofofiche , e di più an­ cora pare fuori del difeorfo preferite quella quellione : nondimeno effendo diuolgata l'opinione di Auerroe fino tri Jc donne , mi fia lecito fa­ re quella poca digrelfione , per moftrare anco ad effe in volgare la fua_, fallici . Dice dunque nel prefato luogo , che le donne fi poffono ingrauidare fenza accollarti all’huomo, ficomeaccadèad vna donna , che nel bagno s’ingrauidò : perche uelfiftcffo bagno era fiato iparfo il fem*_, davnhuomo/cheinquelln s’eralauato il che quanto fia falfo , vdite_j Arllotele nel fecondo libro della generazione de gli animali al capitolo fecondodice, che il ferae fiumano è fpumofo per natura; c però è bian­ co, il che prona con quella efpericnza: perchefcltd vn tantino all’aerefiliquefi; imperocheficonfumalafchiuma , e gli fpiriti fi rifoluono, ediuenutoacquofocome sà c fi rende inetto alla generatione : ma fe l’­ aere può alterare , e rifoluere in acqua ilfeme , che fari l’acqua humidilfima , & attifllma d intenerire cote più dure del ferne? Nèbifogna_, dire , che quel feme non foffe toccato dall’aere perche effendo fchiumofo , fenza fallo nuotò fòpra l’acqua , come fanno tutte le cofe fchmmofe. Maquandoanco folle venuto d gala , ftaudo nell’acqua , poteu.i_,,, l’ac-


LIBRO PRI MO.

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l ’acqua alterarlo farlo acquoio, & inetto al generare. E chi fd, < h o quella donna entrafse fubito nel bagno dopo che vi fu fparfo il feme <? E fe-» bene vi foffe entrata fubito, come fi potria credere, che il feme non.* s’alteraifedouendo farepafaggio per quella diftanza , ch'era trd quel­ lo che lo fparfe, e la donna, che lo raccolfe s* il dire ciò farebbe vn mo* Arare troppo carefiia di Filofofìa: perii chefefù alterato, reftò inetto allageneracione; la quale in modo talee certo impofsibile* Ma che rifponderà Auerroeà quello , che dice Ariftotele nel primo libro della gene­ razione degli animali, a!fello capitolo, oueafferma, che gli animali, c’hanno il genitale longo fopramodo, non fono atti alla generazione: perche il feme per quel longo tratto fi refrigera, e perde la efficacia gene­ ratila per tanta dimora f eie queilo è vero, che fard poi nel bagno? Di più rifletto Ariftotele nel libro terzo della generazione de gli animali al capitolo quinto, & fello biafma pure Herodoto, Heracleòta, & Anaffagora, i quali penfarono, che alcuni animali s’ingrauidafsero per Ia_, bocca, cioè il Conio, e l’Ibi? e però gli conuince con quelle ragioni: prima che dalla bocca alla matrice non vi è ftrada , per la quale il feme vi iipofsacondurrei poiperche quando ben vi fofse riceuuto in bocca-, de’pefci, òdelli vccelli, farebbe facilmente alterato dal colore natiuo loro, c fi renderebbe inetto alla generazione. Ma che farà poi nell’­ acqua calda dimorandout etiamdio pochilfimo fpatio di tempo d Non-, fi accorfe Auerroe, che quellafuadonna honefta volfecoprirelafualibidinecon la feufa del bagno , &in vn medefimo tempo farli immortale ne gli fcritti del primo filololò de’fuoi tempi, efare parere balordo lo feri­ toreeoi darli ad intendere fifconcia bugia, laqnale oltre le ragioni dettai non doueua egli credere d niun modo: perche effendo Turco, e rapen­ do, che alla fuanatione per legge è prohibito ilvinopoteua anco pen­ iate, che il feme de Turchi e manco efficace del feme di quelli, che beuono vino ; e come tale eflendo acquofo è faciliffimo nell'acqua, che fe que­ gli huemini hanno più figliuoli di noi altri, quello non auuieneper Ia_» fecondità del feme : ma perla copia delle donne, Siche rella già confu* mata coli empia opinione d’Auerroe, laquale fù da lu ì, nemico tanto de Chriiliani, per offùfcarelo fplendore della noftra fede: però da noi non folo deue edere fprczzata, mà nè ancoquafi afcoltata, efeben fof­ fe vera, comeèfalfa, non per quello anco cftufcarebbequello ilupendo mifterio della Incarnazione di noftro Signor Giesù Chrifto, pofciachefù fatto non folo lenza copula carnale, ma lenza feme humano, folo per ope­ ra dello Spirito Santo - Tornando dunque al propoficonoftro, dal qua­ le ci erauamo partiti con quelladigreffione,diciamo, che dopò lanaranone del parere di Galeno, & d’Ariftotcle intorno ¡acagione del partorir i ir,afe h i, elefemine, polliamo noi Chriiliani Caperne "ageuolmente la_> caula fe vorremo dare orechia a noilri Theologi, i quali dicono, che ha* uendo il grande Iddio nella gereratione del Verbo Eterno prodGtceanco ab eterno l’Idte di tutte le cofe create in tempo , prodotte anco l’Iciea di Linretia, di Liuia, djScipione, e di Pompeo; e tanto diilinramcmc, che f.ucretia doueua ueceflariamence eifer donna, e Scipione doueuaci’’ere *in0'. mo;


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D E L L A

C O M M A R E

m o.fi chela volontà di D¡o è quella, che producei maíchi, ele femínea E ben vero, chetale volontà non efelude le ca ufe feconde, eperciòfiferne del calor naturale, del fangue, del Teme, ed i tutte l’alrre cofe neceffarie alla generazione: macón queftalegge, chefiano obbedienti al vo­ lere diuino lafciando, che le caufe feconde operino fecondo il loro corio naturale eccetto nel fare i miracoli. A quelle caule feconde fi poflono poi congiungere quelle, cheArillotele raccontane! librofettimo dell’ hifloria de gli animali, al capitolo fello, e più chiaramente nel libro terzo della generation degli ammali, al capitolo fecondo cioè l’età, lacompleffione, i Venti, la natura de luoghi, e la natura dell’acqua. E per co­ minciare dall’ età , le fanciulle il più delle volte generano femine , come fanno anco le vecchie ; perche in quelle il calore natu­ rale non è giunto alla fua perfettione, &inquefteperl*etàè fatto de­ bole. All’incontro le giouani di fiorita età, eie donne di etdmczana, per vigore del calore, fono atte d generarci mafehi, fe altro impedimento non le trattiene. La compleffione homidae accomodata à produrre per femine la molta humiditd , e per confcquenza frigidità, laqualenon da_. perfetta forza di concuocere, e fermentare il feme humano per cauarnej la fecondità , & comunicarla al fuo feme , ò fangue . Vi aggiongo anco Ariflotilei venti, penfandofi, chepoifono operare qualche cofa nella generatone humana , come oprano nella generatione del­ le pecore : ma quefta opinione tanto vaglia quanto può . Di-| ce dunque, che quando fpirano i venti Allibrali ò Meridionali, elfi fono più atti alla generatione delle femine , che gli Aquilonari i quali vagliono allaproduttione de’mafchi, e quello auuiene, perche il verno Auflralc_>, eflendo freddo, & húmido può raffreddare il feme, e debilitarlo; fi come ¡Settentrionali loeflìcano, e corroborano vedendolo atto à generar i mafehi. Ilmedefimo fi può dire de Siti imperoche ne’paefi, oue regnano nebbie, vapori paludofi, e venti Meridionali il più delle volte rigene­ rano femine: mane’monti, oue fpirano Tramontane, Garbini, eventi iìmili, e maggiore numero de mafehi. Vltimamente conclude Arinotele che Tacque crude, generano crudo nutrimento, e crudo fangue, fono at­ ti (Time alla generatione delle femine ; da che ognun può vedere, che fe Ariilotile iileflo confiderà il calore natiuo delle dònne come atto ad aiutare là generatione de mafehi, e lo confiderà anco ne’ venti, ene’fitièmoltoragioneuole l'opinione di Galeno, mentre egli confiderà il calore natiuo anco nella parte delira dell’Vtero, e nel teflicolo deliro , oltre quello, ch’ènel feme dcJThuomo ; anzi tò ció più filoloficamente d’Arifl. poiché arriuò più alla caufa immediata. Ma il curiofo in quello capitolo vorrà anco fapere, fe vi è modo diconofccre, che la donna habbia concetto mafehio ò femina, il che effendo d’impotenza a fapere, e mera curiofità e però il recarlo mi pareuafouerchio di trattarne: Pure volendo fodisfare anco a i fpenlìerati gli dirò quello che da altriAuttori è flato fcritto, ma però in modo, c h o tutto fìa fegnocongietturale, efalacifiìmo: perche in molte prattichc_# liò veduto il contrario Hìppocrate nell’Aforifmo42.de! ¡ib. 5. dice, che fe la donnahaurà concetto mafchio,farà b:n colorita,e fe haura eòcctto femina


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lárd pallida . In oltre, & Hìppocrate, & Annotile vogliono c h o Il raafchio fi Tenta prima nel lato dpftro , e le femine nel finiilro. Auicenna nel-libro terzo, alla parte vigefima, nel trattacto prípio, forma tutto il capitolo decimocerzo di cotali fegni , e dice tr i gli altri , che fe la donna hará conceptúo il mafehio , monead pri­ ma il piede , la mano , c l’occhio deliro , che il finiilro, & il ven­ tre fi ridurrà verfo l’ombelico in forma acuta , & anco tutta ladu» rezza fi ritirerà d’intorno all’illeffo , e così l’arteria del braccio de­ liro farà più veloce di quella del finiilro . Mà come hò detto, fo­ no quelli fegni coli fallaci , che mi arroilifco á fcriuerli , nè fi può penetrare quello fecreto , fe non con quella pcrlpicacia , che dee hauere il buon Medico , e della quale ragioneremo più á baffo .• per­ che effacauando da tuttiipredetti fegni, e dal temperamento della—» donna , e da, altri accidenti accaduti vn non sò che, riceue qual­ che lume per conofcerlo. Lafcio pòi a bella p o lla i legni, che dan» no ad intendere , fe' la donna fia grauida , o nò : perche anch’ elfi fono molte volte fallaci, da quello in poi, che fi prende dalla ilrectezza della bocca dell’ Vtero , di cui canto fi ftupifce Galeno . Et quantunque gli fcrittori della medicina ne raccontino vnaj frotta.,, io però fcriuendo in quella età , giudico più ragioneuole fcriuero quello folamente , ch’è » oucro in effetto , ò probabilmente t a l o ; fr i quale i manco fallaci fono quelli ; primo dopò 1* atto Venereo fi feme non elee fuori del Vaiò; fecondariamente il giorno dopo la donna fi fente agile, e leggieriifima , e pare d’hauere il corpo vuoto , e quello perche nauendo la matrice ricenuto il fe­ me, fi ritira, e fi riilringem olto,terzo, fubito le doti­ ne abborifeono l’atto carnale , e le carezze dell’Huomo ; e dopò ne fegue la groffezza del pet; t o , il faftidio’ del cib o, e limili noti allq donne ; quanto poi à quel legno > Che alcuni penfano che fi v e d o nella vrina, è tanto falfo, e bugiardo , che più prefto conuieneà ciar­ latani , che a_. Medici, o perche più hà che fare la Lilna3» co’ Gam bari, che 1’vrinaamollrarle donne grauide.


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d e l l a

c o m m a r e

Della [orniglian&d, c'hanno ifigliuoli alpadre, ò alla madre, ò à parenti, e delle cagioni di ejja. Cap. XI. Eflahora rìfpondere alla feconda domanda fattadi fo p ra j; d’onde nafca> che alle volte i figlioli nafeono fimili al pa­ dre, & alla madre ; bene fpeffo nè all’vno, ne all’altro: molte volte ifmafchio farà fimile alla madre, ¿ a lle volte.,» la feminafard; fimile al padre; altre volte faranno fimili a_, gliaui» ò auole, fratelli, parenti, Scarnici : perche co­ me dice Ariftotele, nel terzo libro della generatione de gli animali.al ca­ pitolo terzo, fenafce vna creatura, chenonfia fimile i neflimo de’parenti, èquafivn mofìro. Si può cercare ancora , le lo ilroppiato può generare figli firopiati !, ò zoppo zoppi , ouero con altri fegnr nel cor­ po : elacaggione, che il padre fauio produca (ciocchi i figli , & all'in­ contro lo (ciocco li faccia mafeere fauij. Quelle dimande in vero fono curiofe, e belle da fapere, ma non faranno perrò molto difficili à dichia­ rarli perche la folutione pende dal fapere la caufa della fomiglianza», » e ritrouata quella, fapremoanco d’onde nafeono quegli altri acciden. ti. Horaperritrouarlapiù fondatamente, la cercheremo tra filofofi anti­ chi. Empedocle voife che la fomiglianza nafeefle dalla foprabbondanza». del Teme in quello modo, chefe il feme deli’huomo nella generatione auanzaua quello della donna, la creatura farebbe fimile al padre : ma_* feal contrario farebbe fimile alla madre : e di più fé il calore del detto feme dell’huomo fuaniffe,quantunque fofie in maggior copia di quello della f donna;nondimenoall’hora per tale difletto farebbe al padre diifimile. Par. menide pensò, che la fomiglianza nafcdTe dalla delira, ò dalla finiftra Parte della matrice : imperochediiTe,chenellatodeftro di ella nafeono i figli fi­ ngili al padre, e nel finiflro fimili alla madre. Gli Stoici credeuano, che il feme nella generatione veniffe da tutti i membri, e perciò diflero, che an­ co in efia il feme porta la figura, efimiljtudine in potenza.-onde quel fem o ch'abbonda maggiormente, e fupera l’altro, imprime la fomiglianza», fua: eie foprabbonda quello della donna , la creatura fi fa fimile alla ma. dre,fe quello delPhuomo, diuenta'fimile al padre; & in ciò fi accollano all’­ opinione di Empedocle-Altri hanno penfato, che ciò venga i cafo. Mal’ifieiTo Empedocle, fi come riferifee Plutarco nel libro quinto del parer de i Filofofi, al capitolo vndecimo, e duodecimo, oltre la foprabbondanza», del feme aggiongej, chela caufa di fare figliuoli fimilièilpenfierofiffo, ò 1*jìnmaginatione gagliarda della donna,che h i nell’atto della con cettionej; affermando,che molte: donne hanno fatto i figliuoli fimili alle fiatile , ò pitture, c’haueuanoin camera. Pliniofu di quello fleffoparere nel li. brofectiino della fua naturale hifforia , al capitolo duodecimo, & al­

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LIBRO

PRIMO

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cuni altri difiero, feguendo l'opinione di Ari itotele dal che fi dirà pi» ballo, che fe la donna odia congiuntone del marito penfarà fidamente* in lui, fata al ficuro il figlio mafehio, & al padre fi niliffimo ; anzi Hefiodo ne "li E rgi, & Terentio nella Comedia dell'affannato , prendonola^» fomigTianzaper luggello del parí nt ato, quantunque non fia Tempre ve­ r o , poiché ipefle volte vediamo i figlinoli diflimili a i parenti. Añilótele nei terzo della generatione de gli animali, al terzo capitolo v u o ic i» chela caufa della fimilitudine fía in generale le medefima, ch’è quel­ lo di fare i mafehi , cioè la fecondità del íeme humano, emanente dall’huomo, il quale con la formafeilantiale, efpecifitadel ruomefenel. la generatone humana confcrifce tré forme; dice Auerroe’ nel med fi­ mo luogo; là prima èia forma fpecifica , che fa i'hnomo , la feconda», del fedo, che loffi mafehio, la terza e forma deff’indiuiduo, cioè della ”perfora, chelofà limile a fe. Onde per mancamento della prima, nalcc non huotxio , una moib o ¿per mancamento della feconda , nafee femi» na,e per d¡ fletto della terza, natte diflimile.e tutto il fondamento di quelle forme confifle, come s é detto nell’altro capitolo nella conformatone,che fa Ja donna nella concezione con la volontà dell’huomo ò con l’amore di vnirfi m tutto,eper tutto con l’animo ieco,fi come s’ vnifce colcorpo - M i come poi nafeano i figli fimili á parenti, ò à gli amici, lo dichiara Auerroe nel medefimo luogo, di mente d’Arilìotele dice , che fe l’agente manca nel conferire vnadelle; tre predete forme, all’hora Teffetto, cioè la creatura fi volge al fuo oppófito ; perche tre fono i termini delle iudette forme; il primo d effere huomo , il fecondo d'effere m^fchio > il terzo d edere fid i­ le a fe, fono parimente anco tre i loro oppofici, onde al primo termine fi oppone il non eflère huomo, mamoilro, il fecondo il non effere mafehio; mafemina, ilterzoit non edere fimile, madiffimile. Di più accade a llo volte dice Ariftot. che l’agente, cioè il mafehio fi troua debole nel confe. rire la forma del fare il figliuolo mafehio, ms fi ritroua poi più robullo nell* altto grado della fomiglìanza; e però all’hora nafee veramente femina per la detta debolezza; ma fimile al padre per la forza dell’infimo grado delk^» forme. All’incontro quando l’agente hà forza a bailanza per produrre*» forma dell’eflere mafehio ma è debole, nel conferire la forma terza della fimilitudine, all’hora preualendo la donna, doue manca Fhuomo, naict* la creatura mafehio; ma fimile alla madre. In oltre di qui nafee la cauta * per la quale alle volte i figliuoli fiano fimili a gli ani, ò ad altri parenti, imperoche quando l’agente farà più forte nelle fue operationi, tanto piu perfctramentegli s’affomigliarà l’effetto, e quanto meno lari efficace, tan­ to più facilmente la fimilitudine pallará ne gltaltri della parentella » com.® in rami,e però il forte agente farà i figliuoli mafehi fimili a fe hello ; il manco forte li produrrà fimili al fratello, ò a i nepoti ; le ancora lari piu debole in quella opcrationc gli genererà fimili all’auo» òaU’azauo>ma c deboliflimo, all’hora queftaattion? pafferàal fuo propofito,«oeal tronco della madre,forella.ò auola; e nafeeranno fimile affé donne .;Quelta e ‘ o p ­ zione d1Ariilotele in vero molto filolofica, efottile. Girolamo Car «elle fue fottilitá, al libro duodecimo oue tratta della natura dell liuomo, D 2 e aei


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T> t I I A C O M M A R E

c del fuo temperamento dice, che fe il Teme dell’huomo predomina ¿ quel­ lo della Donna, i figliuoli fono Amili d’animo al padre; fe all’incontro, fo­ no limili alla madre ; & fe il detto Tempre predomina al fangue meftrtio ,. all’hora fono limili di corpo al padre : ma fe fard vinto, e fuperato da quel­ lo,faranno filmili alla madre : equefto predominio (dice egli)nafce dalla_« moltitudine, ò dal vigore. Quella fottigliezza del Cardano riefee alquan­ to groffetra : imperoche afpettaua di leggere cofa ,che dal fuo ingegno foffe fiatta fottiiiflimamenteritrouata, e non più detta da alcuno : ma ve­ do , ch'è l’è l’ifieffaopinione di Empedocle portata di pefo, emifitipifc o , che Giulio Cefare Scaligero, il più felice ingegno, che fiorifee nel­ la noftraetd, gli perdonale quello fallo, poi che nel libro delle fueefercitationicontra il Cardano gli fi inoltra molto feuerocenfore, & in que­ llo propofito non lo riprende d altro, che di hauer feguito l’opinionaccia fraddiccia,e commune,che i mafehi nafeano nel deliro Iato nella matrice,e le femine nel finiftro. Frd tante opinioni al pare di quella d*Ariftotelc, mi piacque quella di Empedocle , non la prima ch’è comtnime con quella.» del Cardano, ma la feconda, la quale fù anco d’Hippocrate, nella qualità dice, cheli penfiero della donnainduce lafomiglianza della creatura; imperoche fe la donna con la forte imaginatione, e col filfo penfiero perafard ad alcuno, ò al proprio marito, ò al parente , ò a qualche alrroncll ’atto della concettione,al ficuro quella creatura porterà quella fomiglian­ z a , e maggiormente quando aifrontaffe il padre ancora, che concorreF; fe nella medefirnaimagìnatione, onero fecondo Ariftotele, che haueffe il feme ben difpofìo a produrre tutte tre quelle forme, cfr’habbiamo di fopra detto. A credere veramente quella opinione mi induce non folo il vet ifimile .*ma la verità iileffa. Il verifimile dice ; perche hò Tempre hauutofofpetto molte hiftorie ieritte da Greci, come quelle#» che contengono cole più verifimiri, che ve» re ; e però haiiendo letto in quello propofito vn’ efempio notaailc#» appreffo Heliodoro nella.» fua hilloria delle cofe Etiopiche,noru» pollo, neceffariajfiefitre affermare, che fia ilzl tO vero,come ffdirà ne| ieguente Capi­ nolo#


\L IB R O P R I M o:

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¿lifioria narrata da Eliodoro 3 come la Immagina* tienep offafare le Creaturefimili alla cofa im­ maginata. Cap. XIL Arra dunque il predetto Helodoro, nei libro delle H iftorio Ethiopie j che quella fua belliffima gloriane, Chariclia,nàc­ que bianca di padre, e madre negri,- cioè di Hidafpe Rè di Ethiópia, della Regina Perlina ; questo auuennc folo per lo penfiero, ò per l’imaginatione della madre, imperciocho eiiendoli congionto il Rèdimezo giorno in vna stanza, mie eranodipinte molte attieni d’htiomini, e di Donne bianche , e particolarmente gli amori di Andromeda, ediPerfeo, lì dilettò ella in modo della vista di Andromeda nell’atto venereo, che restò grauida d’vna fanciulla limile è lei; erutto questo fatto ftì tenuto poiTìbile doppo da Gimnofofisti,chV erano gli fmomini più fapienti di quel paefe, A me ciò veramente tanto* più pare poffibile, quanto Aristotele racconta cofa, fe non l’iStclTa, al­ meno limile nel libro feteimo dell’Historia degli Animali, al capitolo fé«sto poiché afferma, che nella Morea vna donna hauendo adulterato con^ vno Etiope, e restatane grauida, partorì vna figliuola bianca, quantuo que il padre foffe stato negro; e questa poi maritata ad huomo bianco^ partorì vn figlio negro di lui. E fe bene anco hò detto di prendere féfempio di Heliodoro per verifimile folamente ; poiché l’opra fua irà più fèmbjanzadi Poema, ched’Historia : nondimeno fi potria dire, che-» J'historia di Chariclia fia stata vera j poiché li vede confermato Pi stello in altri cali legniti da dottifìimi, e fapientilfimi huomini. San Girolamo,per cominciare da’Santi riferifee nelle questioni (opra il Genefi, che il grande-» Hippocrate liberò vna donna dall’infirmiti dell’adulterio, del quale era_» acculata; hauendo partorito vna donna diliimile al padre; e ciò fect-r fblocol teftificare, che vna pittura, cli’haueua in camera limile alla crea-tura, n’era fiata cagione per il fiffo penfiero, che la donna teneua in effsL, nel tempo della concettione. L’Alciato, e prima di lui Quintiliano libe­ rò vn’altra donna dell’iftcffa colpa, hauendo partoritola figlia1negra, & efiendoella, & il padre di colore bianco, eia diffefa fù: perche haueua_, in camera dipinta vna figura di vnoEthiope. Ma quello, che più impor* taèquefto', che Santo Agoflino nel decimo libro della Città di Dio,* al capitolo trentèlimo narrando quello , che lece Giacobbe per fare va­ riare i parti nel gregge, mentre Labao l’angariaua; reputa quefto effettonatnraliflìmo ; impercioche quando egli voleua fare nafeete le pecore^ bianche, poneua molte bacchette di pioppa, di mandole, e di platano1 fcorticate, c fatte bianche ne i vali loro da bere, e coli da tale mipreffione concetta , nafceuano bianche : ma quando poi voleua , che nalcef**fero varie, vimefcolaua inlìeme le bacchette bianche, e le verdi» ecofi r iufci.il fu 0 diffegno felicemente. Ma per verità più aperta, emanile^ I> j fia»

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f a piglio quello» che da tutto il mondo e conofciuto vero, anzi certif» & e ,che la force irnmaginatione,&il f i f a penfiero delladonna_,, ha forza d i legnare nel corpo della creatura Ja fornig,lianza, e Pimagfa¿» dellacoladefiderata» & agni giorno per ciò fi vedono oafcere cre*turt_j legnate, òdi carne di porco >òd i pom i, ò divino» òd’vua, ò d'altrc_> fimiiimacchie» come più ¿baffo fi dirà diffufamente, quando di ciò inne * ftigheremo la cagione* Se dunque la fotte immaginatione , &fiffo defiderio può coli notabilmente alterare vn corpo giàorganizato» e quali fatto perfetto e quanto maggiormente Io potrà' alterare» e raffomiglare á qualunque cola defiderata » quando non è corpo organizato, e per* fetto:. ma Colo inmaffa( per direcofi) informe nel feme»e nelfanguefuo facilifiimoperfuauatura ad alterarli all'hora* che è concetta la cre atu. ra ? Confeffobene» che quefta opinione è manco fattile di quella di Ari* Hócele » maconfeflo ancora ch’è più fàcile da intendere » e forfè più vera per refperienzegià dette ; e fe quella farà vera diremo, che per quello il figliuolo nacque/imile agli aui » alle auole » òad altri parenti s perche c la dònna nella coneetfauevi corfecon Pimmaginatione c coli nacque,» quell’ altro zoppo’ » cieco » ò ftorpiato : perche la medefima fi affi­ sò in vno di quelli oggetti .. Per la medema caufa il padre fauio genera il figlio fciocco : perche effendo la maggior parte de’lludioll ma­ linconici, & le malinconia forellacarnaledella Pazzia» odiata dalle don­ ne nellVfò venereo fommamentepuò effere, che corrano con lìmmagtnatione a defiderarepiù prefio vno fciocco allegro » che vn fauio malfa, conico »oltre che i padri dillratti ne gli fiudij loro non attendono aquell’'attione. Et all’incontro il padre fciocco» ma allegro» dilettando molto alladonnanell’atto di Venere» leda occafione di defiderare à tale alle­ grezza vn-’animo. faggio. Il che per rimmaginatione le Accede. Ma qui nafce vnabelladubitatione» fedefiderando la madre nella concetdone_> vna forma dell’innamoratoC perefempio) ch’ella hebbeauantr» che fi ma­ ritare »& il Padrcne defideraffe vn’altra, ò la Propria, o diqualche altro’ fuo parente » quale defiderio preuarebbe in quella d i fparità di volere ? Se­ condo Ari ño tele , fe l’agente foffein quella difpofitione di communicarc: tuttiqueitrè gradi di forme» cioè di fpetie, di differenza» e di indiali» duo» comes’èdetto» alficuropre »alerebbe l’huomo ma fecondoqueflaopinfanedi Empedocle» e di Hippocrate, ch’è lodata da me » prcualerebbe la donna per due r a g i o n i L ’vna è ; perche nelle fue immaginario * ni è vehe menti iliina : l’altra è : perche tale immaginatione: altera » & aíTomigliaH mellruo, ó feme» che fono parti delfuo corpo. Stando dùnque vera queftaopiniane » iocredo, chefemai fi verifica quella propofitione chcl’imaginationefà ilcafo » ella in quella maceria fia veriffima-Giouannii Guarte nel fuo Efame degltingegni al Paragrafo quarto,capitolo decimo*quinto riprende Arinotele, e bruscamente » il quale atribuifce 1acatifa_» della fimiglianzaalla moltiplicità della immaginatione; e non falò ripren­ de lu i, ma quelli, che lo feguitano’ in cotal opinione, eperòlichiama_.. Filolòfi volgari, e vuole chePHiftoria di Giacob folle miracolo, e tronu forza ¿ ’immaginatione j- & adduce vna ragione, Scvn efempio, la ragio ■ fim o ,


L I B R O

PRIMO.

jj eìofie èla immaginatiua appartiene alla fantaiia, e quella all' Anima ienJ fitiua, la generatala appartiene alla vegettatiua, perche fi vede che il Cauallo genera fenza intelletto, e la pianta produce fenza fenfo , fiche effendo facoltà leparare , vna non dipende dall’altra, e però la immaginatione come facolti appartenente allaSenfitiuanon pnòimpcdire, ò quali» ficare la generatione, ch’è facoltà della vegetarla . L’efempioè tolto da Hippocrate ; il quale ragionando della fimiglianzade gli Scithi, dice,che nafce dalla vniformirà del cibo; da che argomenta e g li, che nelle Tpecie de eli Animali fi vede più fimiglianza, che in quella de gli huormm,perche ouelli vfano vn cibo foio ; e quelli molti. Io prima rifponderò alla ragio­ ne , poi all’efempio . E quanto alla ragione adoprarò Spagnuolo contrae Spaenuolo : cioè portato la Dottrina dell' E ccelléntiffimo Valefio nel li­ bro dellaluafacra Filofofia al capitolo vndecimo doue vuole che la immamnatione , e la generatione liano attioni dependenti dalla medefima_, facoltà Animale ; come fi dirà nel fondo di quello capitolo il che fi d e u o intendere in quella maniera fe ben Ariftotile nel fecondo dell anima,diilinguendo le potenze di effa, dice, che le operationi dell'Anima Vegetabile fono generare, nutrire, e crefcere ; nondimeno quella potenza , corno fuperiore alle altre inferiori communica le fue operazioni ad elle in quello modo. L’anima hà tre potenze, Vegetate, fetitire, e diCcorrere: il Ve­ getare communica le fue operationi alle potenze inferiori, percheognt Animale contenuto nel Vegetabile genera, fi nutrifce, e s^ccrcfce , cosi ogni rationalecontenuto Cotto l’ Animale non folo participa le operacioni di eflo Animale, e come fentire, gufiate, e limili, ma Umilmente an­ co tenera; finutriice,es’accrefce, di modo tale , che le ben la genera­ tione è operatione propria del Vegetabile : e anco cotnmune al fenfibile ì ma in quello modo, che ogni fenfibile hà le operationi del V egetabile^ , ma non ogni Vegetabile quelle del Senfibile , fi che non è vero quella, che diceHuarte, che eifendo il generare opera del Vegetabile , non polla anco conuenireal Senfibile , e però ben dille il Valefio , che il generare e operation dell'Animale, quanto poi afiefempio , ioconfeifo con Hippo­ crate , chela fimplicità del cibo, & vnilormitàpollaaflai nellafimiglianza : ma non credo però, che fia caufa formale di ella, ma come difpofitione vada vniformando quel cibo » che nafee da cibi vnifornii 5 Copta Iqu&l poi più facilmente l’immaginatione pofsa imprimere I immagine di già concetta: che ciò fia vero, fia lecito portareefempiocontra elempio. Non è fpecie alcuna tri tutti gli animali, nella quale fi feorga maggior varietà, che in quella de’Cani, e pur quelli vfano tutti il medefirno cibo come ol­ ia , pane, carne, e lio fili, dunque la vniformità del cibo non ballerai far la fimiglianza ; ma il Cane , che è animai fagace , e mai , orare vol­ te fi congiunge con la Cagna , fe non in prefenza di molti Cam , contra_* de quali correndo coli il cane, come la Cagna con limaginatione, hora-» contra l'vno , hora contra l'altro , acciò non l'impedifca dal luo atto per quello diuerfifica tanto la fua fpecie,e non col cibo folojma meglio'.pig iamo pur l’efscmpio nell’iftefsa fpecie Humana ; ne’monti Pirenei > e n ello A lpi co li veri© gli Sujzzeri, doue io piùd’vna volta fon© fiato,, ▼ » ™ au*

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"DELLA C O M M A R E

uertitofráraltre, vna cofa per notabile, che quelli Huomini, eDoflhe alpeftri non mangiano altro che Caftagne, late, acqua, e nondimeno per la ragion dell'Huarte, doueriano effer tutti /ìmili, il che è falfiffimo, perche nafeono con le medelìmedifferenze, che noi altri. Quel che hò au~ uertito per notabile è , che vfandocosifemplice, e rozo cibo fono le piu belle,fanne,colorite creature,che veder fi poflànoril che fe ben può accade­ re dalla /implicita del Cibo,lo attribuifeoio, nondimeno più alla falubrità dell’aria, alla bontà deH’acque,& al continuo efercitio:e quanto ali’inttanza, che fa l’Huarte nel Contadino,che fcmina’l formen co,dico,che la ¿m ili, tudine non quadra, perche quantunque il Contadino feminando habbia diuerfa immaginatione, non è però agente effentiale della generatione del formentojlaíciandol’efficientiaal calor del Sole,& alia fecondità della Ter­ ra} però la Aia immaginatione non può variare, di modo, che quell'Huarte, che già fatto Cenfot feuero di Arinotele,riprendeua i fuoi feguaci per Filo­ sofi Volgari, riefcevolgariifimo, poiché moftrò eftremacarcftia di Filofofia è di Logica,poiché non conobbe,che le operationi della Natura fuperiore, ponno conuenire alla Natura inferiore,contenuta neliaiuperiore, & che le opinioni, che fono proprie d-vna,poiTono effer communi all’altra, come ne gl’efempi s'è dichiarato.Md perche habbiamo fondato tutto quello difeor. fo fopra la forza dell’immaginatione,non farà fuori di propofito dichiarare la fua natura,accioche fapendofi,che cofa ella /¡a le cofe già dette fi poffano anco più facilmente intendere.Ma prima proce ilo , che ragionando io con la Commare,non poffo parlare della immaginatione fe non riflrectamente, e dirne folo tato,che baffi a dilucidare il fuo nome,perche il trattarne efqui. inamente appartiene al Filofofo, che perciò Arift.ne ragionò nel Jib.j.dell’, amma;al teflo 1 6».c S.Tomafo nella prima parte della fua sòma, alla q .y iJ nell’art.4.deue á bafláza dichiarare,come la immaginatione, ò Fantafia, fía vna potenza dell’anima diflinta dalfenfo commune,dalla cogkatiua,e dalla rnemoratiua , e come il fuo officio fia di riceuere i fantafmi de gli oggetti riceuuti dal fenfo commune.-come fía fempre in motto ; e perciò fognando tato fi efercita,come fia di due forti perfetta,& imperfetta,come fpefiiflìme volte fía accompagnata dalla bugiale finalmente come l’immaginationi ve­ re e gagliarde fiano dette da Alefsàdro cataleptice,cioè,appréfiue.Ma per-] che queda è materia dei Fllofofi,batterà faperealla mia Comare,che la itnmaginatione fia vn moto dell’anima noftra, il quale è formato dal fenfo, e coli dice Alefsàdro nel lib.j.dell’animajal c. delia fantafia,e Themiftio nell' iffeflò luogo.Ma Platone,pare,che voglia,che l’immaginatione fia vn pare­ re rale, che con l’opinione fi ftabilifca. Arift.nondimeno aferifce,che non è fempre ella congiunta co l’opinione: ma è quali vna impresone, ò veftigio del fenfo, il quale ritenendo le fimilitudini, ò immagini delle cofe fenfibTli, fpo_gliateperò,e priue delle conditioni materiali dal fenfo commune,le apprefenta Libito, come fe fofsero in vno fpecchio, ò pittura all’intelletto,il quale poi apprendendole, diuidendole,e esponendole, ne forma quel con­ cetto,ch’a lui pare.Hora quella imaginatione è quella,che cofi ftrauagáteméte produce quafi in vn (libito, tati effetti di fomiglianza ne i figlile ìa ra­ gione rede Plin.perche la velocità de i penfieri humani è tato [ubi^clie ^ vnq


LlUtO

PRIMO.

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vno ìilante(per dir cofi)può correr fopra molte cole vdite,ò vedute.Queftà non folo ne’figli, ma anco in mille altre cofe produce effetti mirabilije però Auic. afferma,ch'a fuoi tempi fù vn’ huomo,ilquale afua voglia, conia fola imaginatione fi faceua venire Paralifia, e non poteua eflcre offefo da eli a. nimali venenofi, fé non quando egli voleua S. Agoft. anch’ egli dice, che in Africa vidde vn'altro, il quale con i’imaginationemoueua horl’vna,hor l’­ altra orecchia.come fanno i caualli,& i boui, e che inchinaua la zazzera dei capelli fopra 1a fronte fenza mouere la tefta,(ì come la riduccua al fuo luogo quando ciò li piaceua.Md pure rifletto Auic.ch’adeffo nominauamo nel lib. delle cofe naturali,e nel padella fuaMetafìfica,attribuì tanto a quefta ima-' ginatione potente, che diffe,che fe l’anima rollerà purificata da’penfieri ter­ reni, potrà con la forte imaginatione congiungerfi all’intelligenza,con uin­ coio tale d’ amore, eh* antiuiderà le cofe future, e fattafi participe di quegli arcani, che fono nudati á pochi, & anco per impulfione di effe, fard mouere gli elementi,il che perciò noi non crediamo potere auuenire fenza miracolo diuino* Ma Auic. che fù Turco, è troppo atribuí all’immagmatione, ò fcriffe il falfo. Quello è bene vero; ch’ella libera da molte infirmitadi, cleuando i moti dell’animo, ò fe pure non le fcaccia affatto le minuifee almeno, ouero in quelli, che per la imaginatione grandemente confiderano ridurre la opi­ nione della fanitd, laquale hò veduto iorifanare molti mali : perche induce l’allegrezza,atta per fe fola d fare queflo effetto,come dice Galeno,nel libro del gioco della balla.Quefto habbiamo voluto dire,per dimoftrare la poté.' za delfimaginationermala caufa:percheella poffaarriuare, & hauere parte con la generatione nel contribuire la fomiglianza, non l’habbiamo ancora afsegnata,nè per auentura l’hòveduto io acora opprefso altri,che apprcfso Francefco Valefio, nel c.i i.della facra filofofia, & è quefta chiara cofa c,che la imaginatione,e la generatione, fono attioni dependenti dalla medefima facoltà,animale attinente al medefìmo fuppofito; e però nafeendo come da vn medefìmo fonte,hanno molta fimpathia,econuenienza infierne : come tutte l’altre facoltà, che generano l’huomo, quantunque fiano di luogo dittanti,cioè la Fantafia nella tetta,e la generatiua ne i tetticoli,è di qud nafce,che bene fpefso,vna promoue l’altra,come l’attioni muouono le palilo» ni,e però quando i vafi fpermatici fono pieni di feme,forge da quefti l’ima» ginatione di caricarli,e di votarli,e difiderando la donna,forma vna imagi­ natione libidinofa ; & all’incontro, quando il penderò, e la imaginatione riuolge cofe amorofe per la mente,aH’horaquafi in vn fubito(comc auuene particolarmente nei giouani)ie parti genitali fi gonfiano,e fi irritaco da ta­ le immaginatione,e s’accingono infierne all’atto Venereo, c quefta è quella fimpathia,ch’è trd fvna,cl’altra potenza -Mà batti hormai quanto hò detto intorno á quefta materia,la curiofità della quale mi haffatto cadere inqu«3 ila longhezza maggior« del mio defiderio, e del mio infticuto.


JS

BELLA

C OM M ARE

Perche vna donnafaccia marchi con 'vn'huomò, -fe­ mine con 'un altro, e del modo dì generare i majeh i , e le femine. Cap. XIII. Afee nel propoiito del quale parliamo, vn’ altro dubbio, chenonèdalafciarefottofilentio ; ondeauuenga , che vna donna faccia mafehi con vn marito , e femine con^. l’altro, ò perche il marito fàccia femine con la m oglie^ e mafehi con la concubina, alcherifpondo , ciònafcere da quella cagione , che s ’è confiderata di fopra_. » quando fi parlaua della generatione de’ mafehi , e dele femine, perche quella donna partorifee mafehi col primo marito, t * femine col fecondo, perlarobuièezza , e per la calidità del feme del pri­ m o, e per la debolezza del feme del fecondo , per lamedefima ragiono il marito fd femine con la moglie, cioè, ò per il poco amore ; che fi trouatràloroj fecondo Arifiotilc, eperqueitocon la concubina amata fa_, mafehi , ò per la frigidità della moglie con lei fd femine , eperlacalidità della meretrice; fà con lei mafehi. Polliamo con I’occafione delle cofe¿ dette , edellaprefente materia , infegnar qui il modo di generare figli mafehi, ò femine, e però cominciaremoda quellacaufa , ch’èmegliore dituttel’altre , ch’è il volere di Dio onnipotente ; ondediciamo , che volendo figliuoli mafehi, fi deue ricorrere all’aiuto di Sua DiuinaMaeirà, fi come fece la madre di Sanfone, e di Samuele, cheeffendo iterile impetrorno da Dio quel figliuolo , con le fue deuote orationi. Ma fe­ condo Arinotele bifogna renderli le mogli conformi , vniformi, e con­ giunte in tutto, e per tutto ; il che fi confeguifce trattandole bene, & amoreuolmente, ne violando la fede matrimoniale . E ve ro , che alcuna volta gioua il farle cadere in qualche honella gelofia , perche cagionan­ do qualche picciola ira , quella produce poi maggiore amore , e coli piu fi vnifcono nella concettione con l'amore del marito , ma in quefio è dibifogno di molta prudenza : perche effendo la donna facililììma a precipi­ tare ne i contrari;, non sd contenerli nel mezo;e però ama troppo, oucro odia mortalmente. Quando al parere d’Hipp.c di G alen o , bifogna per fare mafehi, congiungerfi con la moglie,quando le mancano i melimi,e le. garfi il tefticolo linifiro ; ma in m odo, che non ne patifea dolore, e quello accioche la matrice fia più afeiutta da gli eferementi del meltruo,e per con* leguenza come più calda, atta à generare mafehi, fi come fi lega il tefti­ colo fimltro ; perche da lui ne viene il feme impotente , debole, freddo , àJ»cn^ ? re k fumine. Dirà qui il lettore , Dio s á , fe quello è vero; & io dirò, ch’è vero, ch elo sà: màsò ancora io , che in campagna di Ro­ ma , oue nc^Verno concorre gran quantità di Pecore Piltoiefi , e d'altri luoghi, per fuggire le molte neuide’monti , i pallori di detto gregge^» v. ^ ........... vfano


LIBRO

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Tfano quello ftefl'o rimedio di legare, & l’vno, & l’altrotefhcolo a 1 mon­ toni , fi come più gli piace di fare generare mafchi, è femine, di che ha. uendonead eifi domandato la cagione, mi hanno tutti confermato quel­ lo , ch*infesnaHippocrate in quello propofito. Nefideue fare poca fir­ ma di quello tsftimonia de’ Paftori , perche anco Anftotele nel libro terzo della generatone degli animali, al capitolo feco ndo adduce il teftimonio delgl'i ideili, per prouare, che i venti Meridionali, per la lo ro humiditd latino generare le femine- Secondo il parere anco di Hippocrate, e prima di Empedocle gioua tenere in camera pitture, ritratti, o fiatile de'fuoi parenti, òd’altre pedóne ilfuftri , ma fatte da mano eccel­ lente, e belle ì onero nell'atto venereo , ricordare alla donna l’ effigie di cui fi defidera la fimilitudine. Il Cardanoanch’egli nel libro decimo fecon­ do delle fue fottigliezze» infegnatre modi per fare figliuoli mafchi; 1! primo è , che l’huomo fieferciti molto, Se vii cibi iodi, cioè oltre il buoii_, pane, e vino, carne di vitello, faluaticine, polli più toifoarro ititi, che-, vii rare volte coti la moglie >acciò per quelle caute il Teme li faccia-# più caldo, ,e più gagliardo. Il fecondo modo è , cheladonnadoppohauere vfato con l'huomo, fi riuolga fopra il lato deliro , e fupra elio di­ mori vn poco di tempo, feguendo in ciò l’opinione d‘ Hippocrate , e di Galeno,per il caldo della delira parte. Il terzo rimedio e l’vfo dell herba_, mercorella, ma della mafehia » perche édi due fo rti, cioè mafchi a , etemina. La mafehia è quella. che ne i fuoi: nodi, ha duero tre granellami* lafeminanonlehà; equeflaherbafipuòvfarenecibi,ne lainfalata » in_» mineflra, Se in conferii* di zuccaro, 8¿ è cofa grata . Ma io , per me direi, che à voler far figliuoli mafchi, èforza procurar , che il feroe dell huoiKo diuenti caldo ,e fecco, il chefifacon recondltiom feguenti. Fnma_» vfar cibi caldi, efecchi, come pane ben conditionato con faje , e finoc­ chio, vin buono1 bianco, egoretto, non grande, ma mediocre; man­ giar p olli, vcelletti, tordi / francolino , pernici, colombi, ma fupra tutte 1’altre colè, perantipafto, zuccaro con butiro, viuanda non folamente "rata al gufio, ma tanto vfata da Ramenghi* che niente pm;in or. tre vfartletti cibiin moderata quantità, acciò lo fiomacho pofla concocerli.fenza produr crudità, & per quefto icommodi,& ricchi,generan po­ chi figliuoli, per che quantunque vfino buoni cibi, gli vfanotmmcKreratamente; il far efercitio moderatamentefcalda ; & aficca il ieme, confutila gli eicrementi, diqui nafte, che iContadini abbondanotanco di figliuoli mafchi,de’quali hanno bifogno i delitiofi,di più rvfar con la moglie rar<L> volte,acciò,che il feme ila ben concorro ne’cefiicoli, almeno per otto j,ior ni,e congiungerfifeco o tto , ò dieci giorni aeranti 1 tempo del Mcltruo, cciò Che 1e qualità del feme,vengano a effer fometate da molto fangue dell Vtero,èben’ro ho detto altroue,cheper far figliuoli brfognacongmngerfi con le Moglie, fubito doppo’l Meftrao,cola ragi onaua del far figlinoli « • folutamente ,ò mafehio, ò femina ,eragionaua detemi mdifferenti nellt^ altre qualità ; Má hora che fi parla di far figlruoli mafchi, e d vn ìeme.^ caldo,è fecco,è forza congiungerfi inanzi’l meftruo, accio,che qucl . «ld olcfccco, fiaco m c& m í,«co d al molto laosjoc deJrVtcìo«r<to,Sc


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-DELLA CO M M A R E

húmido, e per fine doppo tal congiongimento è forza procurar, ch’il ieme cada nella parte delira dell’Vtero,iI che fi f i facilmente, fe doppo i’hauer vlato co’l marito fi voltarà la donna fopra'l fianco deliro, fiando mezo glor­ ilo in letto,abballando alquanto la tetta, & inalzando ¡p ied i.

'Della moltitudine de figliuoli, che najcono nel medejlmo parto . Cap. X IV . A per fine di queda materia, farà bene cercare onde nafea ,

che la donna effendo della fpecie humana, nella quale più delle volte nafee vn parto folo, e non molti infierne, ficome auuiene nella fpecie de’canni» de gatti, dei Porci, o detonigli ; fi vede però, che alcuna donna partorirà in­ fierne due, tre, e più figliuoli. Intorno á che fi dette auuertire, che altro è domandare d’onde nafea, cheallt* volte la donna partorifee due,tre,e più figlinoli,& altro è domandare don. de proceda, che doppoThauer conceputo vna creatura ; dinuouo la don­ na fi torni a ringrauidare. Per ritrattare dunque il fondamento vero d’og n ico fa , e da notare, che Ariftotele nel 7 . libro della hifloria de gli ani­ mali, ai capit. 4. dice,che molte fortidi animali partorifeono vn folo feto in vn parto, come il cauallo, e l’afino, Se altre forti ne partorifeono molti , come i eani,i gatti, Jepri,ma la fpecie humana ila nel mezo, e però alle volt? ne partorifee molti,& alle volte,e per lo piùvn folo:di modo,che il numerode i nafeenti non ripugna alla fpecie humana.E ben vero , che in vn luogo* più,che nell’altro fono più,e meno feconde le donne,feeódo la qualità de’paefi e peròdice Arinotele nell’ifteffo luogo ,che in Egitto le donne fo­ no tanto feconde, chefpefiilìmo partorifeono gemeli, m am okevoltt» tre,equatro figliuoli, anzi racconta per cofa chiara, e manifefta, ch<u» vna donna partorì in qu attro parti venti figliuoli,la maggior parte de’quali nutrì, e viffe felicemente • Trogp Pompeo afferma ,,che pure in Egitto vna donna nè partorì fette in vn parto , per quello forfè Plinio r nel Jibro7.delIa fua naturale hifloria, al cap. j domanda il Nilo fetifero. Auic. nel lib.de glianimaJi dice^hevnadonna fi fconciò di 7<*figliuoii tutti bere formati. Alberto Magno,dice anch'egli,che vna TedeCcafù madre di fe (Tan­ ta figlino lì,de’qualine partorì cinque alla volta,& vn’altra pure Tedefca_, difpetfecon ventidue aborti ben figurati,e benformati. Maintomo à ciò* io fcriuo più di quello, che iocredo, fc ben Erancefco P ico, Conte della Mirandola, fcriue anch’egli dihauer veduto vna Tedefca in Italia parto­ rire in due parti venti figliuoli. Battirta Eulgpfo, &.il dottiffimo Viuesi narranojch’vna Contdla Margarita d’Irlauda partorì jòtì.figliuoliin vn^ jrarto tutti viui,quali haueuano il corpo come piccioliforzetti,ben forma, ri,con tutti h fuoimebri,quali anco furono battezzati dal Vefcouo di quel, laQttàin.TnbaciJcd'«rg.cnto, $cfonoiiconfcruati finoal tempo di Carlo, Quinta


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QuintoImperatore,il quale hebbe in jnapo,& li amijiirò. Quello sò bene ilkertOjChe già forfè tren fan ni, nella Città di Fo rlì, ne vide io porra;c_/ cinque nati in vn parto alla fepoltura ; e che in Roma,patria, mia, vi è la«» nobiliflìma famiglia deporti), detta dal volgo de’Porcari , le cuigentildonne hanno quali per coduine di non fare mai vn folo parto, madiap* plicarlo alle volte:e perciò il volgo tiene,che tale cognome de’Porcari, fia^ fiato loro pollo per la fecondità de’pàrti, la quale è continua nella fpecie_> Porcina,md s’inganna,perche ritenendo quella famiglia,anfora i lampi dei molti fplendori delle virtù de’Catoni,ne porra anco il cognome, bencho corrotto. Ma tornando alpropofìco. Arinotele non arduo à tanto nu­ mero,quanto, e quello, che fù creduto da gli Scrittori fopranominati : anzi dille che quantunque la donna partorifca due foli figliuoli, ò fianomafchi, ò femine,nondimeno difficilmente fi conferuano, & è cofa rara vedere due. gemeli adulti,c grandi,e viuere longo tempo.Hora vediamo la caufa di que­ lla moltitudine de’parti. Vna caufa può edere l’abbondanza, e la fecondi­ tà del feme.come vogliono Empedocle,8c Afclepiade, la quale abbondanza è fecondità ritrouando la matada ben preparata nell 'vtero caldo della do­ na,dopò l’hauere dato la forma ad vno, procede col medefimo vigore al (e-1 condo, al terzo , Se ad altri fino , che dura tale fe co n d ità ^ queltafe farà anco potente,e ben difpoila , gli fard tutti mafehi, ma fé;fard alquanto ijjdebolita ( fiche può edere non vfeendo il feme tutto in vnà volta ma vicenda)aH'hoFa gli farà mafehi , e femine. L’efFetco medefimo fuccede^» nellefpiche.delformeuto, edell’orzo; nellequali è perla feconditi del grano,eperlagroiTezzadeI terreno fi feorgono in grani ilriplicatl ,equa­ druplicari. Ne però è vero, come penfarono gli Stoici, & Alberto Magno, che tanti figli nafeono per quelle fette camerette, che diceuano effer nella matrice.perche di fopra habbiamo inoltrato la farfitd di quefta opinione../« Vn’altra cagione della moltiplicità de’parti,può edere lafopragratiiddza , la quale fe bene accade rare volte, nondimeno è poffibile i fi come infegna Hippocrate,neI libro,che fece della grauidanza, e lopragrauidanza, Sì Ariftotele, nel libro fettìmo dell’hiftoria de gli ammaliaicapitolo quarto,Ss altroue. Quella fi può fare in queflo modo , fe dopò la grauidanza della«» donna, la boe ca delia matrice non fi rillringerà cofi bene, come fuole,e la«, donna fi congiungerà di nuono con Ihuomo, & il feme percafoentrará nella matrice, di nuouo fi genererà vn’altra creatura, la quale può anco ve­ nire d bene,fe la feconda grauidanza ne primi giorni profilimi a la prima foffe fattajperche i figliuoli nafierebbono come gemelli,ma fe fi fard la fecóda; dopò che il primo feto fard formato, all'hora per la dinerfitd del tempo del naicere.per forza quello fecondo perirà,& il primo verrà bene, fe arriuerà i w i a S d <JeI,macuro unto fcuiUhaueie detto della nutrice* de i

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D E L L A COMMARE Dell* altre condìtionì del farto legit­ timo 9 e naturale * Cap. X V .

A terza conditione del parto naturale è che ftafca là creatura con leggieri accidenti, cioè facilmente nafca ella, è facilmente la partorifca la madre. E qui fi deue notare,fi come habbiamo detto nel primo capitolo, che i dolori fono neceffarij al par­ to , coli per la pena dataci dalla diuina giuftitia; comepec la propria natura delle donne, e delle creature. Onde dice Ariftotelenelfettunolibrodell’hiiloriade gli animali, al nono capito­ lo , che la donna più d’ogni altro animale fente nel parrò dolori acerbiffimi, ma particolarmente le delicate, ledeboli, e le allettate in otio , e quelle che non poflono retinere il fiato Iongo fpatio, il quale ritenuto, facilita il parto mirabilmente. Se dunque il dolore ieguita neceflariamente il parto, neifuna donna potrà giamai partorire fenza dolore, eccetto la Santilfima Vergine, Madre d’iddio, la quale, e perifpetiale priuilegio, nondoueuafentireaffanni : «perchehaueua concetto invìi mododiffe. rente, da tutte ¡’altre donne, cioè per forzedello Spirito Tanto ;enon_, per humano congiungimento. Sarà perciò ¿1 parto natutale, non quel­ lo , che mancherà dì dolori, perche nifluno farà tale; ma quello, che hauerà dolori leggieri, e fopportabili. Vi fono però alcune donne, che nel parto naturale tanto poco patifcono, che ilanno per caia fino all’h ora nel partorire, & da alcune hò fentito dire più volte, che penano più à fa. re vna torta che non fanno à partorire. E ben vero, che le doube gran« d i, gioitali i, robufie, e di molto efercitio, e quelle» che fono di nata, ra allegre fentonoafsai manco dolori, chel’altre, ficome anco ¡figliuoli mafchi apportono minore affanno alle madri delle fcmine,perche queti ha»odi quelle forza,& agilità maggiore. La quarta conditione poi del parco naturale è,che con l’iilefsa faciÌità,&ageuolezza,conIaquale fifopportan» ì dolori della parturiente,efcano dal fuo corpo le feconde,che inuolgcuano la creatura. Il medefimo diciamo,douere efser di quelle purghe, a quali logliono feguire il patto predetto in tutto quel tempoche le donne Hanno di riguardosi quale apprefsogli Hebrei,fù detto tépo di purificatione, & apprefso i Latini fù nominato puerperio. Suole quello tempo per lo più durare giorni quarata,e perlo meno quii» deci, quantunque a molte donne fia di venti, venticinque, trenta, ò trentacinque,à chi più,& àchi meno.Sono poi necefsarie quelle purghe,perche nel tempo della grauidanza hà la creatura fuochiato quella parte migliore delmeilruo, la quale come fiore feparò la natura della faccia, per nutrir­ laottimamente, eperòdoppoi nouemefi, s’adunò notabile moltinudinedieferementi,da i quali ènecefsario, col beneficio di dette purghe, net« tarequei vafideliamadre, equelle vene, checome chiauica contcneua*

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HOle patti inutili. Onde quando nel parto naturale fuccedotio tai purghe mediocremente, liberano la parturiente da molti mali, i quali nafeono'dal­ la loro fupprefliona,cioèda febri,da fuftocationi,da fincopi, da epilepfic_<, da apoplehe,e finalmente da morte, E coli fa ri natueale,e legitimoil parto nel qual la creatura nafeerd nel proprio fito,in tempo debito, Si opportu­ no, con dolori mediocri, econlefotilepurphe. Viaggiungo iolaquinta conditane, c’hò toccato di Copra ancora, cioè che il parto iìa perfetto, non diffettofo ne 1 membri, come fe folle zoppo, cicco,mutolo, nè manco alterato nella forma humana, come fe hauelfe figura di moftro,o imperfet. to del tutto, come quello che fi domanda mola. Ma perche habbiamo fat­ to mentione delle purghe, che fogliouo venire alle donne doppo il parto, & habbiamo di Copra detto, che la creatura è nutrita nel ventre materno dalla parte migliore del meftruo ,‘ farà cofa conueniente di inoltrare, che-, cola fiano meftrui, cume fi generino, & à che fine : in che tempo fi muouano,e quanto durino,e finalmente di che qualità, e di che quantità fianojlc quali tutte cofe diremo nel feguente Capitolo.

Della natura, origine, tempo, quantità >& ‘Utilità dei me¡ir ni* '

Cap. X V I.

E purghe confuetedi venire alle donne ordinariamente ogni mefe, fono non foloda’ Volgari, ma anco da’ Latini decci Meftrui, fe bene poi in Italia appreiso diuerfi popoli hanno altri nomi,e fi nominano in Roma,& in TofcanaMarchefe,& ih Lorbardi a pure Marchefe,fiori > meftrui* e ragione. In­ torno à che riuolgendo io il penfiero, hòcreduto, che le Gonne vergognandoli di patire quelle purhge le ponellero il nome di Marchele, fe bene il nome difiorile è proprijilimo, perche fi come il fiore apporta cerca fperanza del frutto , edafegno , che non e Acrile la pianta , coli quelli meftrui fono fegno euidente della fecondità della donna . Il nome di meftruo gli fù importo , perche ordinariamente al­ le donne fane|fuole venire ogni mefe, come anco quello di ragione, per­ che per ragionedi Natura, le donne debbono hauere quelle purghe, «quelle , chenon hanno il loro beneficio, oltre chefono di breuilfi* ma vita, fono anco fottopollc d miìe infirmitadi. Che cofa fiano que­ lli meftrui , lodichiaiò Galeno nel decimoquarto libro dell’vfo delle parti all’ottauo capitolo , e prima di lui Ariftotele nel primo della generatione de gli animali, al decimo capitolo quando dille, che il meftruo eravn profluuio naturale, ordinato di (angue eferementofo, vtile» ma crudo, Quello profluuio fi domanda ordinato »perche ogni mele pro­ rompe, ma la cagione, che fece nominarlo eferementofo, è bella da fapere : imperoche effendo il fangue-meilruodellamedefima natura* ch’è quello delle vene, d’onde nafee, che fia il meftruo eferementofo >fe non-, . _ .. . — - - * èefcrc-

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èefcrementofol’altrofangue ? Quella voce, efcrementofo, e fiata ca­ gione, che molti hanno creduto, che il fangue fia vitiafo, evenenolo, I d i peiiìma natura , poiché fi chiama efcrementofo : tra quali d fiato dcittifiitno Fernelio , huomo tanto filmato , che fu nominaco u b a ­ leno de* fuoi tempi , Nondimeno ( il che fia detto con nuerenza di tanto huomo ) lacofa non (là cofi : pofciache fe il lingue meftruo tolfc di cofi pefiima conditione, come eflì credono , la fapientifiìma Natura ci farebbe fiata crudele madregna, e non madre amoreuole nel procurarci il primo cibo nel ventre , quando damo teneri,c deboli, cofi ve!enofo,c_> cattino, e piùattoiìtofficarfi, che nutrirli ,& à cuftodirci. E bene ve­ ro, che Columella, & Aratotele in più luoghi c Plinio particolarmente^ nel lib.7.della fua hiftoria natnrale.al cap.i 5.dicono che non fi può crouare cofa più mofiruofa de’meftrui delle donne, perche rendono acetofii molta iterili le biade, tocche da donne,che habbino il meftruo,muoiono le pian-, te,s’abbruggiano l'herbe.cafcano i frutti de gli alberi, doue elle fi pongo­ no à federe: anzi lo fplendore de gli fpecchi per’il loro afpecto s’olcura, Ia_. lucidezza del ferro,&: il ni tote deirauorio fi offufca.gli aluei degratti muo­ iono , il rame, & il ferro fi arruginifeono,l’aere s’infetta di cattiuo odore, e fìnamlénte i canidiuentanorabbiofi, quando hanno mangiato alcuna picciola parte de’mefirui Anzi Auerroe afferma per cofa certa,che vlando con donne mefiruate nafeano all’huomo infermità crudeliifime , come lepra, e fimili.ilche pare fia molto vertfimilCjpoicheMoife nella legge vecchia,prohibì il comercio con le donne mefiruate : Con tutto ciò concludo io ,cn o non è Tempre vero che il fangue mefiruo fia di cosi peflìma natura, che co^ me hò detto di fopra , la natura ci harebbe fatto troppo grati torto , o non farebbe poffìbile à viuere nel ventre materno e(Tendo cibati di coli per­ fido cibo. E vero, che può produrre quei cattiui effetti, che di lopra_, fi forino raccontatùmà li può produrre folo il meftruo delle donne mallate , inferme,e piene di cattiui humori;perche quello delle donne fané non nuo­ ce,anzi è ottimo , e temperato ; e quello anco delle malfane non e cattiuo,come mefiruo,ma per accidentejimperciocheeffendo mandato dalla na­ tura alle vene della matrice,Ia quale è ricettacolo di tutte le iuperiluita del corpo, fe colàritroueri fuperfluità catiue, corrotte , facilmente il corrom­ perà,e piglierà anch’egli catiua natura, e diuenterà impuro, e perciò prò ¿urrà i cattiui effetti fopradetti. Quefto mò non accade nelle donne fané » perche in effe trouando l’vtero netto da’cattiuihumori, reità nella fua qua­ lità ,e temperie, e come dice Hippocrate, e fimile al (angue fcaturiente dai collo dell’veci fa vittima,anzi l’ifteffo doppo il parto della donnaf, paflando per le mammelle diuantadoIciifimo,ebianchiffimo,latte.E fe bene quei do.’ ti huominidiflero, ch’era fangue efcrementofo , non però intefero , cat­ tino , ma fouerchio alla natura , fc bene anco buono, & vtile, cibando, e nutrendo la creatura nel ventre materno . Perche poi fia detto crudo eflendo flato col chilo nella prima concettione nel ftomaco, e col lanmi nella feconda nel fegato, lodichiara Gal. edice, chefidomanda crudo, non per rifpetto di fe fteiTo, ma per rifpetto del Teme, il quale riceue I viti, ma purificatione ne’ccilicoli, come vn’altra concottione, chenonen^

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65 cernita dal meilruo. t ben vero, che anco il niellalo può ricalare vm .. limile pudficacione nelle mammelle,, ma all'hora è già fatto latte , non più è meilruo, Arinotele perla ragione foppradetta, dille nel primo libro della generatione de gli animali, al capitolo vìgelìino, che il meilruo e differente dal feme , come il crudo dal cotto, & il puro dall'im puro. Ma quanto al modo col quale fi generano i melimi , lafciando per bora le opinioni di Democrito, di Parmenide, e di Polibo corri falfe, & accollandomi a quella d’Hippocrate, d'Ariilotele, e di Gale­ no , dirò, ch’Clìendo le donne per natura più fredde degli huomini .non,* poffon nella prima concottioue conuertire tutto l'alimento nella lollanza de’corpi, e però ogni giorno la natura trainiate alla matrice a poco,a_. poco,quel poco fangue, che foprauauza, doue radunatoli giornalmen­ te, quando crefce in modo, che la detta Natura non può più tenerlo nei Vali dell’vtcro, forge la Virtù efpultrice , e lo caccia fuori ogni msfe. Viene per quello il detto l'angue chiamato crudo, perche nella terza concottionenonhà potuto riceuere l’vltima perfettione, la quale chiama­ no ¡medici agglutinatione. Qui li puòintédere la cagione,che gli huomini non hanno i melimi, perche ellendo più caldi delle "donne, nella terza..» concottioue conuertono più gagliardamente l’alimento in carne, sriiL, ioltanza, nel che fare niente rimane, fenon l’eftremento. Onde Celio Rodigino s’inganna, mentre egli crede, che iltìullo delle morene negli huomini, iìacome il meilruo nelle donne: impercioche quello è mero efcrementomelancolico meteo ad ogni cola, che follmente gioua, afgrauareilcorpodifellefo : mailmeitruoè atto à nutrire la creatura nel ven­ tre materno, e dopò naca à conuertirfì in latte, vuole Ariilotele nel li­ bro felto deil'hiilorie degli animali, al capitolo ottano, & nel terzo della generatione de gli animali,che i melimi folo li generino ne gli anima, li, ch'hanno molto lingue, che perciò ne’pefci, e negli;vcce?!i non fi veggono. Madoppoladonna, produce melimi la caualla, èpiùdiqueila , la vacca;madilei manco lacagua; E ben vero che tra tutti gli ani­ mali hanno le donne più abbondanti i melimi di qualunque alerò;' il che_» puòaiuienireperdue raggioni. Prima perche ne gli alcri la materia del meilruo fi conuerte ne’molci peli, e nelle vughie, come ne’cauali, e nello vacche anco nei corni; poi perche vfandoi bruti vn folo cibo, crozo, e facendo grandtfiimo efercicio, generano manco fangue, e manco eferemento,e per confequenza manco melimi - Il tempo nel quale vengono tal purghe alle Donne, fé ben non fi può didimamente eflegnare, per lo più nondimeno è nell'anno quartodecimo, e fitiifce nei cinquantcfimo. M i_» con molta raggione comincia dopò il fecondo lettenano, Perche la natu­ ra , ch’era prima molto vigorofa , e calda, fi contempcra alquanto all'­ hora, e fi rimette da quai viuacc femore, ìlquale faceua perfetta anco 5a terza cottione,& in quella con la fua virtù non faccua auanzare luperflui. tànefluna : onde auanzando dopò quella remifiìone alcuna fuperfluiti di fangue, la Natura la inaura alla matrice, e cominciano i melimi. Quelli quali per la ifteila cagione delcalore predetto mancano dopò l'anno cinquanceiììmo : pecche già indebolita in quel tempo il calore naturalo E, non


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D E L L A COMMARE

non può fare quella cottione,che bene ilia, olrre cjje fa virtù erpiifcrice^» nonna più forza di Spingerle fuori dell Vtero , perciò mancano. Baiti quelto in quanto al tempo vniuerfale : perche quanto al particolare d ico Ariftotele, che per l’ordinario nel calare la Luna, eiììCogliono venire > bene anco a molte neiraccrefcimenro , itnpercioche alle Vecchie vengo­ no nel mancar della Luna, & alleGiouani nel creicene» per lo più. Della durata loro non iene può dare certa regola, Mà pure Auictnna, &Aetio dicono, che rai purghe fogliono almeno cflcre diltauti rvnadali’altra ht lo spatio di ventiline giorni, & perlopiù di trenta , febeneancovi ono alcune donne, che li purgano ogni vigefimo quintogiorno, &akre ogni vigefi/nofettimo . Sogliono poi conttnouareper opinione d’Hippo* crate , nel libro deli'infirmird delle donne, due ó tre giorni al più nelle-* donne fané. Aedo dice, durano cinque; E Paulo Egineta crede, che ad altre durino tre, ad altre cinque, à molte fette, Auerroe nel libro delle.* fne raccolte vuole, che il minore tempo ila d’vn giorno ,e il maggiore di fette. M aiodirei, cheladonna, che iìpurga, òè fana, òè inferma-,Se è fana,in due, ò tré giorni finifce di purgarli ; fe è inferma, continua-, tal valtai meli, e gli anni nelle purghe-Si deue anco auuertire, feègio* uane, ò vecchia; fe è magra, ò graffa ; perche in ciafcheduna di quelita compleffioniil tempo puòeflerepiù breue, epiùlongo. Laquanticà del fangue,. che efee in dette purghe, coli Arinotele, come Aedo, voglio­ no ; che fia moderata alla mifuta di duecocile; è perche vna cotiiacapifce noue onde alla fottile, ogni moderata purga nelle donne porterà fuori vna libra, e meza di fangue alla fottile ma più, e meno fecondo la diuerfità delie compldfioni, delle etadi, e de gli efiercitij, perche le vergini nel principio pillile purgano» le vecchie meno, le fanguine aliai, e le_> flemmatiche poco La qualità de’meitrui deue edere di quella maniera,cioè iettili, rolli,. floridi, efenzapuzza, òde etere, che coir di ce Arinotele nel fettimo della hinoria de gli animali, al capitolo fecondo hò differito fin hora di trattare quella conditione de’mcfirui, che fù polla nella loro di­ chiarartene, quando fii detto, ch’erano vtili : perche io voglio figliar^» quello capitolo con refpofitionedella vtilird lo ro . E quello hò fatto : imperciochemi pare colà lìrana, chele donnequando fono domandatedal medico, fe hanno le purghe loro, fi vergognino à rispondere, moltt_P volte con falfità lo neghino : il che f i fare errori grandifllmi al medico in-, pregiudizio loro ; onde li bifognianco per cauarledi bocca il vero, adopraremolti interpreti, come fe doueflero confeflare d’hauere vna cofa vergognpfa- Echi non sa , che è vergognai danno à non hauerle,fi come_j èneceffario, & vtile l ’hauerle ? Che fi vergognai non hauerle è chiaro: perche quelle che non l’hanno fono iterili, & anticamente non fipoteiuL, dire maggiore ingiuria ad vna donna , che dirle iterile, quafiarborefenzafiore, Sfruttò. Sono poi neceflarie, fommamente per tenere netto il corpo daeftrementi, che di continuo fi generano nel corpo della-, donna, per natura fredda: Ma quale fia l’vtilità loro, ognuno la può fa­ cilmente conofcere : poiché i meitrui non folon indicono le creature nel ventrematerno : ma li connettono inlatte con l’opra delle mantelle pec

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L I B R O

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alimentarle doppo note. Oltre diche dice Ariftotele nel fecondo librò della generatione de gli anima'i , Hippocrate , nel libro delle infermiti delle donne, e Galeno nel terzo delle parti orfefe, le donne che non^ hanno i melimi, patifeono mal caduco, paralifia, fluito di ventre, heinoroide , prefocationedi matrice; difficolti d’orina, hidropifia, paz­ z ia , malinconia, febriacute, apofteme, e finalmente morte. Ma quel­ lo , diche fanno p ù contro le donne , è » che i melirui fuppreffi !e_v> fannodiuentare brutte ; come dice Auicenna; Hipocrate nel fello li­ bro de’ pellìlenti, vuole, che le fa ciano venire la barba »onde nominai due vna detta Pleuia , e l’altra Nemefia» che per li meflrui ritenuti diuennero barbute,& horrideffi che fono molto vtili,e neceflàri;, e molto ho* notati.

Delle qualità del Medico , che ha dagouernare la donnagramda. Cap. X V ÌI. Armi di hauer à baflanza difeorfo d’intorno alle conditioni del parco naturale, ò kgitimo, però farà bene ragionar addio del modo , col quale fi debbano gouernare le don­ ne grauide ; imperochefpdloauuiene, che quel parto, il quale per fua-natura farebbe fiato naturale, e farebbe venuroà bene, perii malgouerno della grauida, ouerochidoueuabengouernariafiéfatto preternaturale, ecàttiuo, con pericolo di morte, coli della madre , come del figliuolo innocente » Anzi tanto più è neceflaria alle donne grauide vna diligente cura , quanto Arinote­ li dica nel quarto libro della generatione degli ammali; che tutte lefe* tnine degli altri animali, nel tempo della loro grauidanza viuonofanif. fime : ma le donne fononi quello tempo infermiilìine, e la cagione è il troppo otio , e le molte dclitie, Se il loro difordinatiffimo modo di viuere perii quale loro è concedo tutto quello , che fanno defiderare; fi come ^ nelle fonine de gli altri animai» fuccede il contrario, potendo co’l loro moltoefercirio mantenerli robuile, e fané. Hippocrate nel libro dell malarie delle donne raccontò i principali mali, che alle grauide fogliono accedere , i quali non fono piccoli, òpochi, fonotrà quelli l’appetito corrotto, il inappetenza, il votimo, lo tremore del cuore, enfiagione a dei piedi, la tìictchezza del .corpo, & altri limili. Ma perche le donne_p grauide hanno di bifognocofi di prudente Medico, Se molto efercitato per curare quelli accidenti, come di fofficiente, e diligentiffima Com­ mare, ò Raccoglitrice; prima ch’io venga ad infegnareil modo di gouernarle, decorrerò cofi delle qualità del Medico, come della Commare__J» che debbono hauer la cura loro, comedi dueminiltri pitiche necceflarij à quelìaattione. Htper incominciare dal medico, deue quello eflerc-J » (quantunque fia in ogni fua attiene faggio, e prudente ) in quella nonE 2 di-


B E L L A COMMARE

éS dimeno prudentiflìmo, & accortilfimo ; fi per i'atrione in fc imporfàntif. fima, concernèndo doppio pericolo della madre , e del figlio; sì anco perche e irrimediabile ogni piccolo errore : che qui foffe commefla. Onde oltre ladotrina, eia pràccicai deue concinnamente efercitarfi intorno alla perfetta cognicione delle grauide con quella viuacità, e prontezza-» d'animo, la quale nominò Aditotele nel primo dei libri poileriori , Solertia., ch'è appunto quella, che non folom quella, ma in ogni afraoperatione medecinale li può recare à molta vtilità, & honorc incomparabile. Nc fi perfuadaegli, che la cura delle donne fia cola leggiera, eche baili aloidi Capere quel iolo Aforifm ) d’Hippocrate, ch'è il primo del quarto libro , ouc egli infegna, che le grauide non fi debbono purgare fe non dal quarto mele fino al fettimo ; & aH’hora anco (blamente quando l’occafionc sforza per i graui accidenti, e pericoli, che foprailanno ; Anzi tenga_j per fermo, che riè il molto fapere, ne la gii ¡gente prattica baila alle v o lto lenza quella folcrtia già’ detta accompagnata da vna diligentifiìma atten, tione : perche fi fono veduti molti deprimi medici, i quali è eoa il Valo­ re , e con il grido occupato i primi luoghi, ingannati alle volte notabil­ mente nel curare le donne grauide, 8i io di ciò ne pollo fare piena fed(t_# per dui cali occorfi Cotto i miei occhi, cioèvno nella terra di Cento, fottopoita allo flato del Papa, e l’altro nel Polefene, & d punto in quella magnifica terra di Lendenara, oue efl'ercito addio l’ officio di Medico pnblico, e ferino l'opra prefente. In Cento il Cafo fu tale , cheyìfitandovna gentildona di quel luogo ,i! medico Porcio vecchio, che già quarant’anni medicauain quella terra, & haucndola molti giorni medi­ cata per male di milza, e per meftrui fop predi, finalmente la vifitaiio, che all’hora feruina per Medico nella terra di Pi?ue; onde hauendo pri­ ma efaminato , che non haueuafentito alcuna vtiliti dalle purghe riceuute , e doppo toccandole il ventre mi accorfi, che tuttala durezza fi ritirauaverfo l'ombilico informa circolare; e contemplandole anco il coloredel volto aliai vino, dilli, ch’ io fufpicaua, ch’ella foffe grauidiu». Rifeall’hora la gentildonna, per la gran fede, cheportaua al Medico, ma poi venuta il tempo del parto, partorì due gemmelli, & all’horafi accorte-, che il fuo medico diccua benelficio , che patiua male di milza .* poiché n’haueua tenuto tré nel corpo , cioèlafua, e le due altre de’figfi. noli. L’altro cafo è fucceflo qui in Lendenara l’anno paffato, doueritrouandofi la Molt’ Illuilre Signora He'ena Guagnini nobiliflìma gentil­ donna Veronefe, maritata al Molc’ Illuflrc Signor Conte Antonio Maria.,* de'Conti, ptincipafiifitno gentil’huomo di quella terra, e di tutto il Polefene,auuenne , che quella Signora fi fencì per alcuni giorni indifpofla, e perciò fece rifolutione col Signor Conte fuo conforte di trasferirli i Padoua per rimediare allafua indifpofitione, non elfendoui il Medico all'hora in Lendenara'. Fece dunque condotta, colleggiare Copra ilma!e;e percho ella non hauenavn minimo penfiero d'elleregrauida,nè manco i Medicié i quali erano de’primi di quella città fe n'accorfero.fù purgata,ripurgata,lo fù dato l’acqua dc’bagni, le iùcauato fangue.econ mille altri rimedi) datili da quei Signori Medici. Nondimeno Cornò à Lendenara, e da indi à ferro mefi


L I B R O P R I M O ¿9 nflefì partorì vii figliuolo maichio , il più bello, graffo " ebeftcompleffonato che per molti anni fu nato in queita terra; eparue che quei rimedii ricemiti nella purga tanto atti alla fua rouina , foffero flati dati corno ottimi non folo d conferuare, ma ad abbelire la detta crea tura,onde io per mecredo , chela Maellddi Dio habbia difefo quel fanciullo tra tanti affani di fattili , e di medicine per qualche grandiflìmo bene .Daquefli dueefempi fi può cauar quanto io diceua, che nonbafia alle volte il molto fapcrc nel gouernare le donne grauide, quanto anco i dotiflimi Medici i;i_* . ciò s’ingannano .E io trim o lti obligli! c’ hò allaDiuiua bontd , tengo quefto de ¡maggiori, che fi e degnata di farmi gratia di vnmaeftro , & di vno amico , da i quali hò potuto tanto in quefla matteria ritrarre, che mi da il cuore di non potere errare molto in tale materia ■ Quelli fi come in_, ogni attione di medicina fono eccellentiffìmije quafi diclini, cofi nella cura delle doòne grauide hàno fatto marauigliofe importanti.il maeftro fù l'Ec cellentiiiimo Sig. Giouanni Zecchia Bolognefe, prima medico, e nella fua patria di Bologna , e fuori; huomo in ogni forte di difciplina fingolariffimo ; dottato non folo d’vna candidezza d’animo ineflimabilema prnato di piaceuolilflmi, & puriflìmi coflumi, il quale con tanta prudenza , ac« cortezza,vigilanza,e folertia fi portaua nella cura delle grauide , che giàmaierrò , medicandole per non grauide ,e con ogni piaceuolezza l o conditile fempre d felice Porto . L’amico e padrone mio è l’ Eccel. lentiffimo Signor Hercole Saffonia , yno de' primi prattichi dello Studio di Padoua , huomo di tanto ingegno »Audio , e valore, e lio trd poco tempo, per le fue rare qualità non Batteranno i termini di tutta Italia d capire il grido della fua fama , quando fuperata |*. ìnuidia fpiegando l’ale del Yuo valore , riempirà tutta 1’ Europa del Aio famofo grido . Queito quantunque in ogni fua attione , appretto di me fia ammirabile, in quefla nondimeno del curare le donne grauid<_j è tanto accorto, e diligente , che fupera ogni humana induflria, di chc_j voglio addurre vn’efempio, e ballerà per gli altri infiniti . V e n tic i alli meli pattati da Venetia d Padoua vna gentildonna Venetiana_>, conforte dell’ lìluftriffimo Signor Marino Faliero, la quale per il Aio parere, e per quello de’Medici credeua di ilare molto male : o n d o condottali a Padoua per far confultare Copra i fatti Cuoi .fece chiamare 1’EccellentiffimoSaffonia, primo d'ognì altro Medico , il quale vifìtatala_* le dille,che non le bifogna altro conflitto,perche era grauidat& anco aggiu fe di vn fig!io mafehio.Parue fauola al primo incontro l’opinione di quella Signore,cofiallagentildonna, comeal conforte,perche erano quafi certi­ ficati da medici , ch'ella era inferma , e non grauida , mapure efequirono il parer Aio , & afpettarono l'euento per alcuni mefi , nei quali partorì dia vnbclliffimo figliuolo mafehio .M a tornando al nollro difeorfo, de­ lie àcora il prudente medico fuggire come la pefle quell’épio , & homicida coflume tanto indegno del nome ChriAiano, & ofl'eruanoda alcuni, c h o nelle infìrmità graui delle donne grauide, fi conducono d fare difperdere le creature con quelle crudeli, e bugiarde parole , che per faluare le madre fi puòocciderela creatura .Vfanza Em pia, & inimiciffima allaprofettiioE i nc


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DELLA

C 0M M ARE

ne Chriili a na,1a qua e non vsò giatrjai far male,per prouocare il bene . Bu^ giarda fcntenza:poiche non è vero, che per fare difptrdere la creatura fi (al­ ili la madre,anzi ella incorre in pericoli maggiori,impercioclr diremo nelle caufe del parto difiicilejchc la creati! ra morta, lo fd difficili (Timo con peri­ colo di morte alla parturiente, non potendoli la creatura aiutare in modo alcuno. Ma di più.fe bene la creatura vfcifle facilmente dal corpo morta_, cheellaè,chi lardellai quel medico,che ardifca di promettere, che il fecon­ do parto ,e le folite purghe vengano à bene? Quando quelle cofe ficuramé. te luccedeffero,haurebt>e pure qualche fcufa apparente, ma effendo ciò in. certo,& il difperdere la creatura certilfimo, fi delie fuggire con ogni arte,e «comandare quello fatto d fua Diuina Maeiìd, e fomminiflrare quei piaceuoli rimedi),che poffono giouate molto,e nuocere poco, ò nulla. Ne mi dica alcuno, Hippocrateconfegliòd ciò fare per con feruare le madri nel­ le graniinfirmitadi delle grauida'nze, perche io rifponderò , che Hippocrapte non fù Ange!o,ò Euengelifta; e però non ogni cofa che dille fù vera; md potè anch’egli errare, fi come erano gli altri. OIrre che quando anco hanelle detto il vero, non fù Chrilliano, al quale quefta enormità viene prohibita,fapendo,che i l fare difperdere èvn priuare quelle anime perpetuamenre della vifionedi Dio.-Siano adunque accorte, & auucrcite le Commari & i padri di famiglia a non affentire mai d operationi coli federate. Dee poi con moltaattencione il medico trattare la cura delle donnea grauide; si perche la grauidanza non lì conofee dall’orma alfolucamente, e malamente da pollùSi anco perche fi ricerca vna efquifica diligentia , c perfpicaciaadaccorgerlene, ellendochiarodtutti, cheinrutcala medicina nonfi troua altro fegno eludente dell’ effer grauide, che il ferrarli la_, bocca della matrice in modo che per e(Ta non entrarebbe vn'ago fotcililfi « mo,e tutti gli altri fegni fono fallaci, e mere cógetture.le quali pofsono effere, e non edere vere,onde di quello fegno euide'nte fi ffupì tanto Galeno nel libro 1 5 dell’ vfo delle parti,al fettimo cop. Sarà dunque ficuriflìma itrada^. fuggere nelle donne grauide ogni medicina veramente purgante ; allenali piùchefia poffibileda lenimenti, e quando purebìfogni, vfare i più piaceuoli, & anco tanto picciole, quando ballino ad irritare la virtù efputrice ; che (e bene in vna volta non fuccedeffe l’euacuatione dell’humore pecante, adoperando i medicamenci piaccuoli,fi pofsono reiterare, il che non fi può farecon l’vfo de'graui.Il medefimo dico del cauare fangue.per: he non fi deue cauare fe non in ellrema neceffkd,& all’hora fi delie trarre in più volte.* più pre(to:chein vna fola-E tanto balli hauere detto del Medico delle don­ ne grauide.

Delle


LIBRO

TRI M O

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Delle qualità, e dee li offici] del­ la buona Commare. Gap. X V i U . ,tretanto,e più neceffaria è alle donne grauide la raggia,& pru dente Commare di quello fiali buon Medico: Imperoche fe_j quello col configlio l’aiuta,quella è col configlio,e con la ma' no. Anzi fela nccelfitd (ua non folle da ogn’vno chiaramente per fe della conofciuta ; il folo proprio fuo nome ce la manife • iiarebbe:poiche appreffo i Latini è detta obffetrice, quali olla colo,e riparo contra i pericoli del parto; e nella patria mia di R om aviéno detta Mammana, voce comporta da vna dittione Latina, che è Mamma,Se d ’vn’altra Greca ch’è Ana quali tanto quanto madre . E i e bene il nomt_* Mamma è volgare, lù però prima Latino,no folo per lignificare le mammel­ le,ma propriamente per lignificare quella voce,con la quale le creat ure nó fapendo ancora parlare chiamano le madri,il che li proua appreffo Martia. le,nel primo libro de’fuoi verli.oue dice : Mamma,atcjtie Tatashabet atra Ilmedelìmo teffifica Catone parlando delle fanciullefchi voci,dicendo. Qj±i c¡bum,ac potionem buas,& pappas vocant,&patrem Tatam, & ma. trem Mammam. Ma meglio fi conolce quanto fia neceffaria, & importante, fe fi confiderà-» il fuo contrario, cioè quanto fiadannofa la cattura commare , poiché l'­ empio Faraone Rè di Egitto , pensò col mezo folo di due maligno Commari dirti tiggere il ntimerofo popolo d’iddio hauendole importo, che mentre aiutauano nel parto le donne Hebree, vcidelTeroi malchi , eferbaffero le femine . Ma molto meglio fi conofce lafua preftantia, dignità le fi confiderà, quel ¡fodero gli vffici; della Commare anticamente, Platone nel Teeteto cioè nel piai.della fcienza,e Gal. nel Com.del 61. Aforifmo della fecóda particola,dicono,che le Commari haueuano alcuni vffi ■ cij communi c© gli altri Medici,alcuni particolari,;! commune era il medi* care le Donne in tutte le fuc infirmità, poiché all’hora non lì intror ducenano huominr d medicar Donne , e perciò Ouidio nel 2. del le fue tras* formationi,là mentione di Ociroe figlia diquel gran Medico Chirone, Se Omero nel q.ddl’Oddiffca celebra Plidamna moglie di Ie ri Egittio. Cosi Afpafia quella famofa lù Medica Eccellentiffima, Se anco tanerote madre diSocrate, come afferma Laertio nella vita di erte ; per teftimoniodr che lì vede,che la Volpian nel libro primo, al paragrafo primo della eftraordinariacognitione,di quelle Donne Mediche, e Commari ,ii prefide del. le prouincie Romane,foleua far Giuftitia della loro mercedc.-come del caffi gole operauan male,come appare per L.ltem fi obftetrix,ffad Officio poi particolare haueua tre’capifil primo era di conofcere Cele dóne tollero grauide ,ò nò, in cafo di liti /opra tal cofa, come manifeffJla Ug* - ----- E 4 * J& c


D ELLA COMMARE

geprimajf.devtero infprciendo. Il iècondoera di l'opra difcernerfl alianti che fi facetfe il’matrimonio quali fofìero le donne feconde,per poter produr figliuoli,e quali huomini con l’iftefle potettero generare : il che fi conofcena , e dalla qualità del temperamento, e dalla difpofition de membri ge­ nitali : del qual vlficio,nè fa tanto come Platone nel lòpradetto luogo,che non fa mai fine di lodarlo, il terzo è quello, che appunto efsercitano hoggi,& è aiutar le Donne grauide ,gouernarle inanti‘1parto,nel parto,e doppò il parto,tagliar l'Ombilico alle creature,e gouernarle, come fi ricerca di quefto terzo vfficio. Arili.ne fi! i! cap. tome] Iib.7. delIe’Hiftoriade gli Animali Deue dunnque la buona Commare edere molto pratica,& deue hauer raccolto molte creature felicemente ; ma non fia vecchia molto acciò non habbia difero nel vedere,debolezza,ò tremóte nelle mani,poiché cofi per V vno mancamento, come per l’ altro, poftono occorrere pericoli notabiliffimi, effendo bifogno ne’parti preternaturali, hauere forza grandiifima_, per ridurre le creature nel fitonaturale, come fi dirà al fuo luogo. Deuj_» j n oltre edere accorta , e diligentiilima nel conofcere il vero tempo del parto è nel diicernere le vere doglie di quello dall’altre : acciò polla ede­ re pronte in tale occafione a collocare le donne grauide fu’l letto, ò feggiola,il che è di grande importanza : perche comparendo le humidità folite_» non fi perda tempo in aiutare le creature,-e fuggendo tal occafione, le parti della Natura nò refiino afciutte,e perciò il parto poi fi renda difficiliflìmo, Non abbandoni mai giorno,nè notte la grauida, perche nella fua adenza_» pofsonofopragiongere i dolori, l’hora,& le humidità del parto, & in quel tempo,che fi manda á chiamare la Commare,fi può perdere la predetta op. portunità.Dalla fua preféza nè nafce ancora vn’altra vtilità maggiore,& è, che venendo la creatura in fito finifiro, e preternaturale, fe la Commare fi trouaprefente, puòfubitoconlamanò ridurloalla debita figura ,che_> fe fi pone tempo in mezzo, la creatura perla incommodità del luogo noru naturale , muore alle volte, ouero caufando dolori ecceffiui alla madre, 1’vccide- , ouero fi fdegnano tanto le parti inferiori della Natura , che per il dolori; concorrendoti! humori, e gonfiandoli , rendono il parto difficilifii» mo,e pericolofifiìmo , & a quelli pericoli,e danni fi rimedia facilmente con prefenza della Commare, la quale in vn fubito rimettendo lacreatura,ò il membro al fuo luogo, e confortando la donna à non agitati! molto.fà otta* colo à mille errori,che poffono nafeere. Habbia fempre la buona Cornarsi vna aiutante,non folo come fua allieua per inftruirla bene in quello impon tantjflimo efcrcitio, ma anco accioche in ogni occorrenza fia prontiffima_, ad aiutarla conforme al bifogno,come in porgere ogli, graffi caldi; feiugatoi , forfici, e filo nel tagliare Pombilicojouero in tirare fuori deliramente le feconde,e in altre cofe fimilijil che fare non fono buone tutte le dóne;im. -t j?errioche fi è vitto alle volte,che , ò perla vecchiaia del le Commare, ò per dapocagine dell’altre,doppo tagliato l’ombilico,fifono lafciate vfeire i ca. pi delle feconde di manorii che cagiona certiifima morte alle parturienti. Sia la Commare affabile,allegra,gratiofa,burbera,coraggiofa, e faccia fem. pre buono animo alle grauide, col prometterle, che partoriranno vn figlio roafchjo al iìcuroj« eh: noafentiranno molto dolore,e ch’ella ben lo sà per .. . . — mol .


l ib r o

Pr im o .

molti legni,che hd ofleruato in altre ; il che quantun quei?) bugi a , non cffcndo ditta per danneggiare altrufimafolo per aiutare, & inanimire 1-epar­ toriente,credo fi polla dire fenza fcropolo di peccato,tanto maggiorine te, uanto piatone tiellafua Repnblica 6. vuole il medico, alquale concede il ir bugie per confolare l’ammalato.Dee oltre te predette cofe effe re la vale te Commare p ia, & deuota, prima auanti il parto in ricordare alte donno grauide, che mai fi conducano à tate palio lenza confeffarfi, communicarfì per il manifefio pericolo dimorte, che accompagna il partoie poi in pcrfuaderle quanto fia lodeuole,e gioueuole infieme ne’noltri pericoli ; ricor­ rere alle orationi, & interceflìonide’ Santi, ma fopra tutto d quelladeliaJ Gloriola Madre d’iddio,Vergine temprerà quale hauendo partorito il fuo figlio fenza peccato,e dolore, fard facile in aiutare quelle,che ¡loro in pec­ cato concepifcono,e con molte pene gli par torifeono. Sari bene anco ma ilrarle quanto fia vtile filar fare Orationida Refi gioii, Se da altre perfono pie;il fare dire Mede il dareelemofine dpoueri,Scrimpicgarfi in limili opra di pietà. Et io inuero non pollo fe non fommamente lodare quel cacolico' collume di Lombardia,doue quali in ogni Chiefa fi conferuano alcune Re­ liquie de Santi,accomodati in modo di poterle à fuo beneplacito portare, te quali li pógono adolfo d tutte le donne parturienti.il che gioua non foIo per la fede dc’credenti, ma perche veggendo le Reliquie dfquei Sdti glo. riofi,ii ricorre con la mente d loro,e facendone oratione,fi rendono fauore uoli d pregare per i bifogni del Parto. Tutto quello hò voluto direrperche mi pare,che troppo grà Vergognai datino farebbe, che noi Chriftiani,che habbiamo la vera fede,& adoriamo il vero Iddio, nelle difficoltd del parto non ricoreilìmo d fuaMaeiti permezo della interceflìone de’fuoi Santi ; quando gli Idolatrie Gentili cultori del Diauolo nella turba di tutti Idoli, & in quella loro Vanillìma opinione non folo finfero due Dee,comeriferifee Varonenel fecondo libro,I vna delle quali era auuocata del parto natu. rate detta Profa;e l’altra prefidente del preternaturale nominata Pofuedra ma come dice Plinio nel lib.16 delle fue hiltorie penfonogli antichi Roma ni,che Lucina, onero Giunone Lucina haueife la poteftdiopra il parto humano, che perciò honorauano come Dea, e con vittime, e con altari, e tanto balli hauere detto delle qualità,e degli officij della buona, e d ilig er te Commare.

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D ELLA

COMMARE

Del modo , col qualef i deuela donnagratti* dagouernare nel tempo della grani' danz^a auanti il parto. C ap. X IX . O ra è t e m p o d i o r d in a r e i l g o n e r n o d e lle d o n n e g r a u i d e , '1 c h e r i g u a r d e r à t r e f i n i ; l ’v n o d i r e g o l a r e i l m o d o » d e l v iu e r e lo r o a u a n t i il p a r t o , e d i r im e d ia r e a_ . t u t t e l e i n f i r m i t a d i c o n g i o n t e d a l l a g r a u i d a n z a ; il f e ­ c o n d o d i a iu ta r la n el p a r t o , e re g o la re co fi n el rac c o ­ g l i e r e l a c r e a t u r a , c o m e in r im e d ia r e à g l i a c c id e n t i e m e r g e n t i ; il t e r z o d i i n f t i t u i r l e d o p p o il p a r t o c o l i n e l g o u e r n o l o r o , c o m e d i i n t o r n o ¿ q u a n t o fia b i f o g n o p e r f e r u i g i o d e lla c r e a , t u r a . D i r e m o a d e ffo c o m e fi d e b b a n o g o u e r n a r e le d o n n e g r a u id e - » a u a n t i il p a r t o n e l m o d o d e l v i u e r e » e d o p p o t r a t t e r e m o T a l t r e c a ­ ie p r o p o ile o r d in a r ia m e n t e . D e b b o n o a d u n q u e le d o n n e g r a u id e f u g ­ g i r e c o n o g n i m o d o p o f f ib ile t u t t i g l i e c c e lli : p e r c h e l e il t r o p p o i n o g n i c o l a ft d p e r n u o c e r , i n l o r o i l à p e r r o u i n a r e i l t u t t o ; p e r ò f u g g a n o l'a e re c o fi tr o p p o c a ld o , c h e tr o p p o fre d d o : p e r c h e i l v e n to d i T ra m o n ta n a f i p a rto rire c o n d iffic o ltà ; e g l i A u ftra li fa n n o d ifp e rd e re , f i c o m e d ic e H ip p o c ra te nel lib ro te rz o d e 'f u o i A f o r if m i. Il m o t t o tr o p p o v i o l e n t o , c o m e d i b a ia re , fa lta re , c o r ­ r e r e a n d a r e in c a r r o c ia c a lc a r e , fa lire , e f c e n d e r e le a le in m o l t a .» f r e t t a , è c o l a p i ù c h e n o c i u a , Se a t t i i l ì m a a f a r e d i f p e r d e r e . I l m o l t o o t i o , e q u i e t e , p a r im e n t e r e n d e p i g r e , e fiac c h e , e d e b o li, e l e j m a d r i , e le c r e a t u r e , e p e t c o n f l u e n z a d if f ic o lta il p a t t ò n o t a b i l ­ m e n t e ; m a q u a n d o p u r e f i d e b b a e c c e d e r e , ò n e l l ' v n o , ò n e l l ’a l ­ t r o , è m e g l i o p e c c a r e n e l l a q u i e t e , c h e n e l m o t o v i o l e n t o .1 1 v i t ­ t o f i a m o d e r a t o , n e l q u a l e c o l i l a t r o p p a r e p l e t i o n c n u o c e p e r !<_> m o l t e c r u d e l t à , c h e i n e l l a fi g e n e r a n o ; c o m e l a t r o p p i a f t i n e n z i ^ # o f f e n d e f o m m a m e n t e l a c r e a t u r a : m a in q u . i l o f i d e u e p i ù t o r t o e c ­ c e d e r e n e l t r o p p o , c h e n e l p o c o : p e r c h e n o n b i f o g n a h a u e r e cnra__» d e l c o r p o p r o p r i o , m a d i n u t r i r e il f e t o . S i a d u n q u e il c i b o d i b u o n i a l i m e n t i , q u a l i p r o d u c a n o b u o n n u t r i m e n t o , e f a c i l m e n t e fi d ig e r if e o n o , e fia n o d i p o c h i e f e r e m e n ti ; c o m e d i p a n e ben c o n d i . t i o n a t o , c a rn e d i p o lli , v i t e llo , v c c e l l i , m a non a c q u a tic i , v in o n o n n e g r o , n o n b ia n c o , m a ro ffe tto , n o n g ran d e , n ia m e d io c r e - 'S i c o n te n ti la d o n n a d i d u e p a lli al g i o r n o , e ric o rd a rfì che n o n e c o f a , c h e e o u ¡ n i n o p i ù l e c o m p l e f f i o n i , c h e f a r e t a n t e m c r e n d e t t e , Se b e r e t r à p a l i o . F u g g a o g n i f o r t e d i c ib i v e n t o f i p e r i g r a n i d o lo ri. & t o r f i o n i , c h e p r o d u c o n o n e f v e n t r e , c o m e fo n o fig lim i > fo rm en * t o n i . >iodi , C a f t a g n e , m i n i l l r e d i p a t t a , f o n g h i , c ip o lle , pop4 d e g n e » e \ e r z e » S i a l l o n t a n i d a ll e c o l e , c h e m u o u o n o fo ri«. “ .... ...................... ..... sa»


L I B R O

PRIMO.

y,

na, come brodo di ceo rofll, pafHnache, petrofello, finocchio,appio,e iè/eno,perche tutte queitecofe pofibno muouere anco i meftruhil che ¿danno fiistmo alla grauidanza,& attissima cauta per far diiperdere :l’vfo delle co­ le faiace cofi di carne,come di pefee è tato catriuo, che Arinotele nel libro fettimo dell’hiiloria de gli ammaliai capitolo quatto diffe, che fe le donne grauide vlano troppocofe falate,generano i figli lenza vnghie,& Hipp.nel ■ libro del fopranafcimento afferma,che tai figli fono di poca vita, Io credo chela ragione fia : perche fi formano le vnghie di materia vifeofa, egiuri, nofa , come dicono i M edici, nella quale come in nidificonferua l’humido radicale, eh è poi miiura della noftra vita : imperoche effendo pafcolo del natiuocalore, tanto viuel’huomo, quantoduratalehumidi : e fubito. muore quando finifce,non hauendo più il detto calore maceria doue fi pofJ fa trattenere. Quelli dunque, che nafeono fenza vnghie, inoltrano ¿I man­ camento deirhumido radicale,per confequenza, la breuità della vita . V ifteflo effetto vogliono,che faccia l’vfo immoderato dell’aceto; i 1quale con la fua acrimonia,deficcando tale húmido,abbreuia la vita;e però configlia, no i Medici á quei, che tale abufo non fi poffono attenere, che Io p-cparino con zuccaro,ò vuepafl'e bolliteci attengano le grauide più, che fia poflibile,dai {rutti,e particolarmente da quell,che prouocano l'orina,corno fichi,meloni,cocomeri; & in fomma l’einpirfi anco de gli altri,le efpone a_. mille infirmiti per il catiuo nutrimento loro, ma fopra il tutto fuggano "li immaturi,& acerbi,e coditi nell’aceto,come perniciofi a fe,& a le creature. Non vfino parimente acque molto fredde, tanto dannate da Hippocrace,& da Añílatele, mafpefib gli oui frefehi in brodo, ò fenza, mandole frefche, c fecche con zuccaro,farro,rifo,e fimili.II forino fia moderato di notte,e non digiornoipercheil fonno meridiano è quafi fonte di mille mali,ad ogni co. ditione di perfone, e come il dormire è troppo nociuo , perche riempi ìz_, teila di vapori, & il corpo di pigritia, coti il veggiare troppo difeca grande­ mente , c nuoce alla creatura, la quale per nutrirli hà bffogno di honeit v» humidità.Vfi la donna grauida ogn’opra,per euacuare il corpo ogni giorno dagli efcrementiial che fare conuiene molco l’vfo delle vitande ‘lede, e del­ le mineftrine di herbe,come borrágini,biete,e infierne con brugne le c c h i, & vue pafiole cotte in brodo , perche le feccie ritenute non foìo inducono dogla di teña alla grauida: ma affanno non picciolo alla creatura, Le pai* fioni dell’animo,come fono ita,e malinconia, fono peilìrne; l’ira per laebolitione,che fifa del fangue ; la malinconia per accidia, ch’induce; però fi sforzim le donne con ogni|honeffo modo di Ilare allegre, edi buon ani. mo,fperando tempre di fare il figliuolo mafchio,con buona grauidauza,o migliore parto . Intorno le pafsioni dell’animo,dee àco la gracida có ogni prudenza,fuggire quegli ardenti defiderij.quei sfrenati appetiti,quali,defideràdo ella cofa,che non può fubito hauere, inducono ò la morte a lei,ò la diformitd.e bruttezza alla creatura, imprimendo fopra il fuo corpo l'ima, gme dellecofedefideratejperciò fi veggono tanti fegnati con la forni g'ian* za di vino,vua,fegato,frutti,& infino della cotica,di porco coi peli.DÌcho allungo fi tratterà nel fesuenre cap. E quefto baiti de! modo de! viuere del­ la donna grauida,di cui fi fpera il parco naturale; perche di ciò fi ragionerà

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B E LLA C O M M A R E

vn’altra volta nella cura del parto difficile., ne però fi replicheranno le medefimecofe ordinandofi in quello luogo il modo di viuere,ballante à con. feruare quel parto,ch’è naturale,accioche non diuenga preternaturale ; e_» colà poi fi inlegnerà il modo di viuere tale,che faciliti il parto difficile, o come vitiofo procuri di farlo naturale.

B e ll a cagione,per la quale il defiderio ardente delta donnagrani da habbiaforz^a di macchiare, e di imprimere nelcorpo della creatura l’imagine della cofa defederaia . C ap. X X . A prima che vfeiamo di quello difeorfo , fard bella cofa.., inueiligare la cagione di quanto diceuatr.o nel-fine dell’­ antecedente capitolo, cioè, comevn’ ardente defiderio donnefeo habbia forza di macchiare, e d’imprimere in­ delebilmente nel corpo della creatura rimaginedellij cofadefiderata. Auicennanel libro quinto de gli ani­ mali , nè dà quella ragione , che mentre: la donna defi. deca ardentemente alcuna cofa , Tempre riuolge nel penfiero l’imaginc_j> della cofa defiderata ; per lo che viene à formarli ne gli fpiriti animali vna Tdea di quella ; i quali fpiriti poi mefcolandofi col fangue imprimono in lui la detta imagine . E perche quello fangue è deilinato dalla Natura a nutrire il corpo, mentre la donna tocca con la mano vna parte del fuo cor­ po, tiia quel fangue coli legnato per particolare nutrimento della partorì toccata , e venen doni fegnato della imagine della cofa defiderata^, la im­ prime anco nella partenodrita. Qucflaraggione tanto vaglia,quàto può: per quanto ad alcune cofe credo fia vera;ma quanto ad alcune altre,non la pollò capire- Credo fia vero, che il defiderio ardente delle donne formi gli fpiriti animalidell’jmagine della cofa defiderata,la quale anco fi imprima^ nel fangue,e che finalmente quello fàgue flàpi nella carne quàto riceueda gli fpiriti animali, perche di {opra habbiamo detto quanto polfono i defideri delledonne, e quanto pollano quella alterare la creatura , e nel fecon­ do libro diremo cofa,che conuerrd làcilitarre quella credenza,quando mo. ilreremo,che tali defiderii polfono anco formare i moltri nel ventre mater. no,il che è degno di grandiffimo ilapore.Si che tégo la ragione di Auic. fin qui per vera,ma che itia in mano della donna fare legnare pi ù quella parte, che quella, toccàdo quella,e non quella, mi pare fcioccheria certo indegna dell’ingegno di Auicenna per molte ragioni : prima perche fe la donna douelfe hauere attione in ciò oltre al defiderio profódo,quando fi tocca quel. la parte,che deuereilare ìmprelfa dell’imagine,bifognarebbe,che la toccai, fe con animo determinato di farla nafeere legnata,ma Tempre la tocca a ca fo,e non penfandoui;adunque non è il toccare cagione di quello effetto-In o l tre chi nonsd, che ilarrebbe in mano delle d on n e à fare le creature cofi t . ino, p ‘ _____ _____ - . _______ ___


LIBRO

PRIMO.

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#noilruore,come belhilime ; quando defiderando d’eilrema bellezza Teduca in donna, ò in huomo, fi fregraflero il volto con volontà determinata a J tale attionejouero come facilmente farebbono le moglie de’Ciarlatanid“. fiderando il nafo dell’Elefante à fine di fare nafcere vii moflro tale per pò" cere col raoflrarlo guadagnare moiri denari, fi toccaffero il naflò continuai mente. Onde fi come l’vno , come Palerò è imponìbile, perche quello eÒ fetconon farebbe accidentale j come è; ma eflentiale, hauendo la fu a . caufa propria , e determinata; coli quello, ch’hora dirò, èveriffimo & ofieruato da me in due, òtrèefpsrienze, Io mi ricordo, che in m ia! giouanezza, quando era piùcunofodi quello, fin hora volli chiararmi di quello dubbio, e però eflendomifi offerta occafione di alcune p o i co Prudenti donne grauide, le quali vidi, &vdij defiderare cofe difl conueniente, & impoffibili d'hauere almeno fi prefto come harebbonò voluto, iole feci auuertite, che non toccaflero alcuna patte del lorocorpo : mentre haucuano tale defiderio : perche la creatura nonnal fceflelegnata : madie fi pofero¿ridere, &vna ftropicciò il nafo, & l’altre tutto il volto molte fiate, epoi motteggiandomi diflero ; hora_. vedrete quan to fono ciarloni quelli vollri Filofofi ; verrete d vedere il vol­ toquanto nafeerd, econofceretechidinoidicail vero. Da tré fui in j quello modo ¡mutato, e nella creatura di quella, che s’haueua ftropicciaro il nafo, viddi fegnata in vna cofcia l'immagine della cofa defidel rara, mane i figliuoli dell'altra duo non viddi macchia alcuna, non iolò nel volto,ma ne anco in alcuna parte del corpo loro. E femifofledomau data la cagione, perche non viddel’iflefloeffacco in quelle due donne, che nella primafopranominata , cioè, ch’i parti loro nafeeffero fe g a ti in., alcun luogo con la figura limile al defiderio ; rifpondsrei, che ciò°auueno perche l’immaginatione loro, quantunque vehementc.non fù perfeuefan* te; e bifognaua ch’ella perleuerafle tanto, ch’hauafl'e hauuto tempo di for" mare gli fpiriti, e quelli il fangne, affinché nucren do egli parte del corpo 'vi imprimefle l’immagine riceuuta. Il che diri ogn’vno eflere vero.ic confidcr e r i, che eflendo quelle arcioni naturali,hanno di bifogno del moto & il moto del tempo fua mifura, il quale non fi trouain quelle imamnatióni che non hanno perfeueranza,c però nonèmarauiglia, fe non producono ancora l’illeflo effetto , poiché iuanifeono prima che portano fare l’imprellìone nel fangue. Poihamo nondimeno con l’ efempio della prima don" na già nominata,e con le addotte ragioni concludere,jche quando pure l’imagmatione perfeuerants ha forza di llampare l’immagini nelle creature** ella le flampa in quella parte,nella quale furono porcate dal fangue,che co­ la venne per nutrirla; nè può la donna col fuo arto alterare quello effetto tralportarlo alerone,perche è mero accidentale, & accidentalmente è anco portato più i quella parte,che i queita.Pare,che intorno ciò non fi poff» „ dire altro,poiché fin aderto di tanti Filofofi, che hanno tocco q«eilo punto a niuno e ballato i’animo aggiungere alcuna cofa di nuouo all’opinione di Auicenna.Io credei bene, quando viddi le fortigliezzedi Girolamo Carda­ no trouar gra cofe fopra quello fatto : ma in fòma ancora e«li, come fanno g.i aKri,lo fuggi coaie fcoglio,e gli bailo nel 12/Iibrohauere detco^chcdi

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7S

B E L L A

GO M M AR E

m o l t i è f ia t a r i c e r c a t a la c a u f a , p e r l a q a a l e i d e f id e r i j d e l l e d o n n e ftia c c h in o i fe ti, nè a ltro fo g g iu n fe . M a p iù m i p a n ie U r a n o , C h e G iu lio C e f a r e S c a f ig e r o g r a n i (lim o C e a f o r e d i q u e l l e fu e f o t r i g l i e z z e , g li p e r d o ­ n a n e q u e i i o f a l l o : p e r c h e d o m a n d o f a l l o il n o n h a u e r t r a t t a t o c o f a t a n » t o c u r io f a , d o t t i l e , e n o n a n c o r a i b a fta n z a d ic h ia r a ta da a lc u n o . O n ­ d e p e r c o n c l u d e r e q u e l l o p r o p o f i t o , & a g g i u n g e r q u a l c h e co-fa d i n u o u o e l i o , ch e la c a g io n e d i A u ic e n n a n e lla p rim a p a r c e è v e n d i m i ; i n a n e l l a f e c o n d a i f a llì d i m a : e p e r c i ò ci b i f o g n a t r o u a r e v n ’a l t r a , c h e f i r p i ù c o n ­ ti m e n d e . S e v o r r e m o c o n t e n t a r l i d ’ v n a r a g i o n e a p p a r a n t e , fi p o r r i d i r o » c h e ij f e g n a r e p i ù v ita p a r t e , c h e l ' a l t r a , n o n a u u e n g a d a l t o c c a r e d e l ­ l a d o n n a ; m a i l a v n m e r o f c h e r z o d i N a t u r a , l a q u a l e in t u t t i g l i e l e m e n t i f i d i l e t t a d r f a r e q u a l c h e g i u o c o g r a t i o f o . P e r ò n e l m a r c i a n a f e e r e il V i ­ te llo m a rin o fo rm a d i p efee , i T r ito n i , e i e N e r e id i n e lla te r r a t a n t o cq fe im p ie t r it e , co m e d e n ti di G ig a n t i, fo n g t, a rb o fc e lli, f r u t t i, e n el M a l i c o d e l l ’E c c d l e n t i i i ì m o S i g n o r H e r c o l e S a f l o n i a h ò v e d u t o f i n o d e l b i f . c o t t o i m p i e t r i t o . C o s ì f o r m a n e l l ’a n a t a n t e i m p r e f f i o n i , t a n t i v a p o r i , t a n t e a p p a r i n o t i i f in d i H u o m i n i a r m a t i c o m b a t t e n t i , e d i r a g i o n i , e f i n _ , . l a p i o g g i a d e ’p e f c i n e l C h e r o n e f f o , c o m e d i c e A t e n e o , e d e l l e r a n e i r u D a r d a r i i a , c o m e d ic e E u f i a t i o . N e lf n o c o p o i lo f a n n o g li A l c h i m i f i i . q u a n t e c o f e fin p e n d e f e o r g o n o n e l i e l o r o t r a m u t a t i o n i : Q u e l l a il e f l a N a ­ t u r a d u n q u e , l a q u a l e in c i a f c h e d u n o e l e m e n t o v n i f e b u r l a r e , h o r a a n c o ­ r a n e i r h u o m o c o m p o f t o d i t u t t i q u a t t r o g l i e l e m e n t i , v u o l e f a r e i] m e d e f i m o , n o n b a l l a n d o l i , c h e i n m o l t i t u d i n e fi n u m e r o f a n o n fe n e t r o u i n o «dieci l i m i l i , f e a n c o n o n v i a g g i u n g a l a q u e l l a a l t r a m a r a n i g l i a d i r i e m p i r ­ li u el c o r p o l e i n u g i n i di q u a n t o s f r e n a t a m e n t e d e f id e r ò fu a m a d re h o ra_ » i n qu. i t a , & h o r a in q u e l l ' a l t r a p a r t e - M a p e r c h e i o n o n p o i f o i b a l l a n ya c o n t e n t a t e d i r a g io n i a p p a r e n t i , fo ìa m e n r e a r d i f e o d i r e , c h e la c a u f a v e r a d i f e g n a r e p i ù q u e l l a p a t t e , c h e q u e l l a , fia , p e r c h e fi t r o u a il f a n g u e e f f ig ia t o d a q u e i f p i r it i , i q u a l i p er m e z o d e lla im a g in a t io n e lo f a n n o t a l e f in q u e l l a . , o q u e l l ; v e n e , l e q u a l i , ( e r u o n o à n u t r i r e p i ù q u e l l a ^ p a r t e , c h e q u e lla : o n d e d o u e n d o p o r t a r e l'a lim e n t o a d vn a p a r t e d e ­ t e r m i n a t a , tr o t ia n d o f i r ip ie n e d i q u e l fa -n g u e , lo a p p lic a n o c o l i , e n o n _ . 4 l t r o u e ,d o u e a n c o q u a n t u n q u e la d o n n a m a i h a u c lle to c c a t o , a o g n i m o ­ d o lo p o rc a re b b e r o . E per m a g g io r c h ia r e z z a è d a a u u e r tir e , ch e d if o p r a h ò d e t t o , c h e f i p i m a g i a a t i o n e d e e e l f e r e p e r m a n e n t e , e f il la p e r a l c u n o f p a t io di te m p o , a c c iò p er m ez o de! m o to v i c o r r a ta n to f p a t io , c h e g li f p i r i t i i i p o l l a n o f o r m a r e c o n l ' i m a g i n e d e l l a c o l a d e f i d e r a t a , q u e lla im p r im e r e n el fa n g u e , è q u e llo po: ta r lo a lla p a r t e , c h e d e u e d a _ , lu i effere n u t r i t a : im p r c io c h e c i a f - h e d m u v o l t a , c h e t a n t o n o n d u r i , n o n p u ò p r o d u r r e e f f e t t i f e g n a t i , p e r c h e l ’i m a g i n e f u a n i f e e p e r l a p o c a . p e r m a n e n z a . D i q u a f o r f è n a l c e , c h e fe b e n t u t t e l e d o n n e g r a u i d e _ j > d e fid e x a n o s h ¿ n a t a m e n t e a lc u n a c o f a : n o n d im e n o p o c h iflìm e d i lo ­ r o p a r c o r i f c o n o le c r e a t u r e f e g n a t e : p e r c h e r i c o r d a n d o l i e l l e , c h c _ j t a i d e f i d e r i j le f e g n a n o , e d e f o r m a n o , e t m o n o , e d e f illo n o d a q u e l a r d e n t e d e f i o e o u d e fu a n iC c e q u e lla v e h e m e n t ia , c h e p o te t ia ( la m p a r e ^ ’.’¡ m a g i n i ; & i n q u e l l a , c h e l ’ i m m a g i n a t o n e p r o d u f l e , f u b i c o e f f è t t o


L I B R O

P R I M O .

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cagionò quefto .* perche il fangue quatido fiì effigiato da gli (piriti e r a già vfcico dalla vna Cani , & era poi-tato per quei rami , cti-r_j conducono il fangue d nutrire le membra . Ónde quello effetto lv-b. be bifogno di minore peifeueranza nel penfiero fido. Quello hò det­ to : perche può auuenire , che la donna drfordmatamente cìifìderi cofa , che non polla hàuere coli prefto , quando la malfa del fan. gue vfeendo dal fegato è condotta nella vena Caua , deila quale par­ tendoli entra in mille altri rami , che Temono d nodrirc tutti i mem­ bri del corpo. Chiara cofa è , che fe fima'gine della cofa defiderataoccupaife tutto il corpo anco verrebbe fognato , fi come occupen* do vna parte di quello legna quella parte del corpo , che nntrifee. Adunque e necellaria la vchemente immaginatione perfeueranre per qualche tempo, quando l’impreffione fi id nella mala del fangue, acciochc polla arriuare alla parte , che deue fegnare , lenza guadar fi; il che non fd di bifogno quando il fangue è impreflò mentre è invia Q percoli dire ) per nutrire quella tale parte , che_j reità fegnata, quello parer hò fcritto , non perche mi perfuadadi fapere più di quegli huomini dotti ¡irnii che diciò non hanno reio altra ragione, che quella di Auicenna ? ma , perche è lecito ad ogn’vno filofofare , e fe alcuno per forte non piacefle, la laici ilare,che non mi offenderà, punto ; & io fin che non fentirò ,,che fia ap­ portata al tra ra­ gione ne mi­ gliore,, ter­ rò qu e(la per bel­ la , e per buona ..


So

D E L L A

C O A 12V I A R E

Scia donnagrauidapuò congiongerftcol mar ito fèuzjlpericoto della Creatura -

Cap. XXI.

Ora perfinire quefto ragionamento della cura delle donne ira '

uìdcauanti il parto, reftafolo vna co fa da cercatela q u a l o è non men curiofa che vtile alle creature j & é fe la dorma.# grauida fenza pericolo del figliuolo può congiungerfi col ma­ rito. Ariftotele dice nel libro 7. dell’ hiftoria degii animali, chele donne grauide fono più dell’ordinario libidinofe; quefto propofico anco nel 4. della generano ne de gli animali, che quali tri tutti gli animali la donna , Stlacaualla folamente anco pregnanti fi con. giungono col mafehio. Onde efl'endofi detto di fopra, 1, ch’è pericolofilfi* macofa non contentare le donne ne i loro ardenti defiderij, potremo affer­ mare, che fe la donna grauida appetirà grandemente il congiungimento, fi debbono computare i meli della grauidenza, cioè i primi,i mezani, e gli vi­ rimi ; proibendole ne ¡primi quattro melila congiuntione dell’huomo, perche è di gran pericolo, e può caufare morte alla creatura,hauendo det. to Galeno,ch'ella in efli è come vn tenero frutto legato Bell’albore,il quale anco per ogni mediocre feoffa fi può fpicare, e rumare. Ne gli vltimi an­ cora il danno è più certo, e più grande,perche come dice Arinotele nel li­ bro fettimo dell’hiftoria de gli animali, al cap.4. congiungcndofi la donna_, 'inquelli meli, partorire la creatura piena di mochi,per difetto de’quali è facil cofa,che nafea nell’ottauo mele fdrucciolando dal ventre facto lubrico perdetti mochi.Reftano dunque folo i meli mezzani,ne’quali polla la don­ na ficuramente accompagnarli con l'huomo fenza pregiuditio del feto. Ma qui Lattintio Firmiano ricercala caufa, per la quale la donna grauida quafi fola frd tante fpecie d’animalifi congiuga col mafehio. Qnafi fola hò dee. ro,perche fanno quello ftelfo le Caualìe,ma non tutte,il Daupode, 8c il Lepre.-nè e (lato offeruarto da faui quefto effetto in altri animali.Poppea figlia c i Marco Agrippa rifpofe a quelta domanda, che gli altri animali nella gra. uidanza rifiutano la congiuntione del mafehio, perche fono beftie. Ma Lactantio predetto nel l.de vero culto,al cap-vigefimoterzo rende due ragioni. La prima è,che la Maeftà di Dio ciò permette, acciò i mariti per l’impediméco della grauidàza delle mogli nóhabbianocccafionedi adare all’altrui •donne. La feconda è acciò la donna grauida conaftenerfi dal commercio fiumano poffa acquiltare il nome di pudica:alle quali ragioni lì può aggiù • gere quell'altra fitofofia.alle feinine de gli altri animali lì gonfia, e viene_j Fuori notabilmente la matrice nella loro grauidanza onde hauendo i loro fu mafehi il genitale longo fopra modo , rifletto d quel dell huomo, non poffonoeffe fopportare il mafehio ; e quefto balli del|a cura delle donne graui. deauanci il parco. T - ^ l


l i b r o

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L e i rimedij dì quei mali , che fono cagio* nati dalla ^rauidanz^a. Cap. X X II. Cciochefia perfettamente trattata la cura delle gran ici^ auanri il parto è di bifogno d’infegnare hora il modo di r mediare a quei mali, che fono cagionati dallagrauidanza, e prima fi rimedia all’ appetito corrotto con po­ ca fatica, perche in tale appetito defiderano le donne,* non Solo cofe nociue al feto, ma alle volte co le contrario ■■ alla poca natura. Nociue alla creatura fono le cofe^j ffautofe, vifcofe, calde, molto falate, ifruttiacetofi, efimili, de’qualià baftanza fi ha detto di fopra. Contcarij alla propria natura fono legni, carboni, fallì; Scaltre cofe di quefta forte. M i qui lìdia difficolti, che,# fe le niega quanto defiderano, òmuoiono, ò difperdono; fe ancole ficoncedè, fi fi grandilfimo errore. PeròalPvno, & all’ altro fi rimedia, Prima esortandole i non voler defiderare cofe tanto nociue, e difconueneuoli, e con amoreuoli parole ritirandole da cofiiìrane voglie: potiendoleauanti il gran danno, che potrebbono patire , &eife, e le creature, & lo {fedo conto, che fono per renderne a Dio nel giorno del giudicio, quando pervn defiderio coli difordinato fiponganoà pericolo di torli la_, vita, e di ammazzar i figliuoli. Se corali perfùafioni non faceflero frutto per difetto della naturale loro olìinatione, all’ hora lì deue prometter! ej quanto defiderano : e fingereche tali cofe fiano vn poco lontane, ponendo qualche tempo tri mezo , Se in quel mentre dandole faue con fic o col zuccaro , le quali mirabilmente sorreggono gli appetiti corrotti* Alla naufea, ouero inapettenza, che propriamente è faftidire il cibo, & hauerlo in odio tale , che quando fi vede fi volta lo ftomaco , fi rimedia con l’vfo del vino vecchio, odorato, & aromatico, come è lamaluagiagarba, vecchia, illiatico, lavcrnaciagarba, il vingreco;e fimili, i quali fi debbono vfare più torto in zuppa, 8c in fomento allo itomaco, chebeuernemoltoipatto. Ubere anco l’acqua, ò dirtillationo dell’herba detta virga partoris notifsima à gli fpeciali, dopò parto è rime­ dio notabile, fi come anco il vino nel quale fia fiata infufa, & co fi l’vfo de* cappari, e de’finocchi conditi in aceto in poca quantità, mi col molta zuccaro. E anco lodata quella ontione, fatta con oglio di martici, poluere anco di martici »incenfo poluerizato tanto deil’vno, quanto dell'altro la quale molto calda fi dee applicare coli fotro la orcella dello ftomaco, come nel filo dcllafchiena, dirimpetto alla detta forcella ; e ciò fi deue vfare fera, e mattina. Il vomito fi ferma facilmente, facendo ftringerle mani, Set piedi al paticntedopòil cibo, e fregandoli moderatamente le braccia, Si il mafticare cipolle, & poi f p u t a r l e , ò noci cofi f r e f c h e , come verdi, cedri, aranci pomi granati dolci, ò garbi gioua affai. Auicenna loda l’onr ^ c 10 ff


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DELLA COMMARE'

ftomaco cofi fotto la forcella , come dirimpetto ad ella nel filo della fchic«acon oglio di mailici femplice, maben caldo, tanto quanto fi può fop. portare ; onero con oglio di abfinthio mefcolato con poluere di mailici „ ouero fare vna Epitima con due fette di pane abrufciato bagnate nel vi­ no vecchio ,& odorìfero , & impoluerate con poluere di garofolo, e di canella, applicandole fopra le due bocche predette dello flomaco . Non_ è di minore efficacia v a ' vnguento fatto con oglio di codogni , e di mani­ ci , ranco dell'imo, quanto dell’altro con poltierje di mortella , e di coral­ li rolli egualmente, & vn poco di cera, applicandolo molto caldo fera, o mattina. Mal’ vfareauantipaftovnpoco di cotognate lenza fpecie è cofa vciliffima , e grata, & d chi quella non piacelle, può vlare i cotogni cotti fotto la cenere, che fa ti ¡'ideilo effetto. Al tremore del cuore non., coli facilmentefi rimedia ; perche i rimedij , che farebbono atti ¿quello male, fono contrarii alla grauidanza , e però Auicenna , e Paolo lodano bere in tal cafo l’acqua femplice, ma calda, e fare moderato efercitio, e t le freghe alle braccia , & alle (pale moderate ,con qualche m ediocro cordiale fatto d’acquarofa,borragine, dimeliffacon luteo di cedro, maluagia , aceto ,& vn poco di zaffi-ano, applicandolo al luogo del cuor«^, con vna pezza di fcarlato fera , e mattina ben calda. L'enfiagione de piedi fi corregge coli di dentro comedi fuori,cioè di dentro mangiando buoni cibi , i quali fiano di buona foftanza, e di pqghi efcremcnti ,e non cari­ cando troppo lo flomaco col troppo bere tq ì paltò,con le collationi, merende. Di fuori fi debbano lauare i piedi con acqua falfa , òdecotto di carminila, & di anetro , e dopò il bagnò fi debbano ongere c o jij oglio di camamila , & di fale . Io quanto alla lUtichezzadel corpo vi fi ri­ media col fare mangiare alle grauidelc mineltre fatte nel brodo ,ò nell’ac­ qua con herbe , che foluano il ventre , come fono le fpinaci , le bietole^, ilboragine; meicolandoui vn poco di vuapafla,e ponendoui per con­ dimento òbutirofrefeo, ouerooglio dolciflìmod’oiitu ,ò dimandolg_j dolci fattoi! medefimogiorno .Quando ciò non gìoualfe fi adoperino cure di fapone jd i meie , ò di lardo con fale, j'vfo delle quale è di brodi lenitiui alteraci , hò fempre più lodato nelle donne , die quello de’ feruitiali »perche efagicano il ventre tutto, inducono tornimi, e portano non poca noia alla creatura , ma pure quando fi poceffe far di manco, fi debbono vlare ptaceuolifiimo ,ficin poca quantità , fuggendo di pomi mollo cotto , òfappa, epiùd'ogni altra cofa la mercoreìla : perche^, quella herba,è atrìffima, anzi potentiffima à prouocare i melimi. Sopra il tutto non fia facile à prendere medicine per bocca quantunque leggieriffi. me,ma pure quando ciò folle neceffario da fare , non fi faccia giaiiiai lenza il cotifeglio di qualche prudente Medico. Altretanto fi fugga l’vfo di alcu­ ne cotognate, ò di brugne, ò di cibi conditi da fpetiali lenza faputa de’Medici,perche eflendo compofie con la Scamonea,ò con altri ingredienti potentganzi diabolici,fono pericolofiifimi, Ma alla tofiefi deue con ogni prefiezza ouuiare,la quale per il vio lento moto del Diaframa può facilmenta di'perdere,e le fi rimedia col leuare le cagioni di dia ,come perelfempù» s ella p ro ced e rà U dillilacione, fi fugga di ilare al Sole* al vento, al fereqo, \

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PRI MO.

1 0 8» ■ ¿inotte ,edicenare troppo lafera , d’andare à dormire fobico dopo il Palio , di bere vini grandi. Sarà bene anco vfare doppo cena ptd .va­ pora tanta Theriaca nuoua quanto vna faua grofsacon due grani di 1pica, eh’ è medicamento probanfiimo , & lodato da Galeno neHibro quinto del Methodo, al capitolo decimoquinto. Vfino ancorà le donne 1 ac­ qua pettorale con poca regolarità , perche le cofe troppo dola nuocono alla matrice , tengano il Diacodion in bocca coli femplice .come com­ porto ,ò le pillole bechichie di Galeno fotto la lingua , & ongano il pexio con bruirò frefeo , & con oglio violato di mandole dolci. Quando poi le fopragiungefse lafebre, all'hora fi donerà prendere altro partico . c h o di ilare con quelli piccioli rimedi), perche quanti rimedii ho fcritto u l . quello capitolo, e quanti fono per fcriuere nel terzo libro tutti fono buoiji sì , & prouatiffimi da me più volte ; mà tali quali può portare la capa­ cità d'vnaCommar e , e non più , e .però fono tutti pratichi . e poch.ffimoTheorici .Borapoiché lcFebn eccedono la debolezza delIeCommari, configlio in quello accidente di febre domandare fempre il Mohco fifico , e non fi fidare del parere d’ogm donnicciola, de barbieri ,1 quali per lo più(fia detto con riuerenza de buoni ) non folo vogliono med c a ro con la mano ma danno medicine , e fanno piu profeffione di quell » che manco fanno, fi come hò veduto in particolare auuenire in-, quella terra, oue perciò nafcono difordim .e pencolimi; portantiffimi. Può bene lo prouida Gommare quando non vi forte commodità di medico in ogni febbre, ò "rande,ò picciola,ò terzana,© doppia terza­ na,ò quartana, fubito leuare il vino alle granide, darle à bere lo brodo in luo 3 luogo,farle pigliare ogni matti­ na mezza Icodella di brodo fenza tale alterato, con boraggine, acetofa, radicchio, orzo t feme di melone & agrimonio, partkotormente nelle febbri longhe, e leoteitrà tanto prouederà ©gni modo di Medico» E canto balli della cura delle don» ne grauide auantiil par» co.


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' DELLA C O MMA R E

Della cura che fi deue vfare alle donnegrauide nei tempo del parto , in particolaee dell'rufficio} che all'bora appartiene al~ la Commare. Gap,XXIII, ,L fecondo fine della cura della donne gràtiide è quello, chej riguarda il proprio parco ; & in vero non ricerca m inoro diligenza di quella, eh’ vfarc fi debba auan ti il parco ; an­ zi tanto maggiore quanto il parto reca fecomille dolori, Se affanni, & altretanti pericoli di morte, onde ogni mìnimoerrore commefl'oin quellaattione, nonfoloèirremediabile ; ma perniciofiflimo. Deue dunque primiera­ mente la Commare edere atteutiflìma a conofcere il vero tempo del parto, ilquale ficonofceda quefti fegni. Approffimandofi il fettimo, ottauo, nono, ò decimo mefe, che in tutti quelti può nafeere l'huomo, incomin­ cia vn dolore di matrice intenfo, & acuto, ìlquale fi diilende ne’ lombi, nelle natiche, nei fianchi, & nelle anguinaglié : fi fente vn horrore per tuttala vita, come fuole accadere nel principio delle febri; la matrice ol­ tre ciò fi mone alquanto dal proprio luogo, edefeendendo verfo la natu­ r a , la quale fi apre, e fi dilata più dell’ordinario , fi inhumidifce, e fi gonfia con qualche dolore ; e quanto le parti inferiori più fi gonfiano, tan­ to le fuefuperiori fi difgonfiano. Succede à quello vna frequente volontà di orinare per la compreflìone, chefà la creatura allaveifica deirofina_». Quando ciò fi vede, mettendo la Commare vn detto nella natura, tro­ vieri come vn’ouo di Gallina poco auanti. Quelli accidenti, e dolori fono differenti da quegli altri, che fono cagionaci da indifpofitioni, per­ che quelli del parco vengono fempre con qualche humidità,come dice Mo< fchione Dottore antichiifimo, e gli altri fenza alcuna humiditd. Veduti quelli fegni, la Commare fubito fi deue accingere ad aiutar il parto intre­ pidamente, il quale fi può fare intrem odi, òinletto, òinfeggiola, ò quando la necefiitd, e la pouertd sforzàfle, fopra le giuocchia di vn’altra . donna. Se il parto fi fard nel letto, ò per debolezza'della partoriente, ò per qualche altro euento, all’hora la Commare deue fare accommodare^ la donna grauida col corpo eleuato, ponendo de’ cufcini dietro la fchiena, e con le gambe ritirate, m aaperte, &efl'endo veilita de5fuoi panni, la_, difeinga da ogni legame cofidi gambe, come di grembiali, allacciature di Aringhe, & intrecciature de cappelli, accioche ilfangue pofla liberaD ____________ p er------re le feconde. Se anco il parto iì farà nella feggiola, potrà contenero la donna nel letto fin che nella fua natura fentird vna groifezza come .v»!ouq, & ¿ll'hora fatta preparare la fcggiola, la faccia anco circon4 .-r dare


LIBRO PRIMO.

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dare Còli vtì lenzuolo, particolarmente l’inuerno, acciò l’aria non entri,' &reflringa le parti della natura, il che è dannofiffimo; dopò (entità !a_ predetta groflezza fàccia preparare ogliodi mandole dolci caldo,oglio di giglio bianco, butiro , graffo di gaiina , decotion di fieno greco, acqua rofa, aceto rofato , e maluagia: mà per le pouere batterà vn poco d'aceto rofato per darlo ad odorare alla pattnriente in quei fatti, d ij; e foglio di giglio bianco per ongere le parti inferiori, feiugatoi, forbici, ¿refe . Ciò fatto, conduca la grauida bellamente alla fedia, & iui collocatala l'auertifcaà non gridar, òpiangere, ma d trattene, re il fiato più che fia poffibile, perche il fiato ritenuto accelera, e fa­ cilita il parto mirabilmente. Dipoi fi dee la Commare ongere bene il di50 grotto della mano finiftracon oglio caldo di mandole dolci, ócoru, graffo di gallina, ò con decoro di fieno G reco, ò con butiro, acciò pofla più volte ongere beniifimo le parti circonuicine della Natura, & fefia poffibile, anco la bocca della matrice, e l’altre parti di dentro, acciochecolmezzodiquetteontionifi rallentino , e rendano facilmente il parto.Habbia due donne autrici,l’vna delle quali tenga la parturientedj dietro, fotto le braccia, acciò fpinta dal dolore non fi moua finiftramente, & interrópa quella attione,l’altra attenda d confolar!a,e farle buon animo e ricordarle fpeffo,che tratenga il fiato,più che fia poffibile, per la ragiona detta di fopra.Dee anco la Commare pur con le mani calde,& onte fregar­ le piaceuolmente il corpo fempre tirando aH’ingiùje fe col dito toccherà , che le feconde non fiano ancora rotte, potrà fare opra con I e mani, e con le dita di {tracciarle, e di romperle , acciò più facilmente efea la creatura.Rotte che faranno le feconde, vfeiranno le humidità in abbondanza , & all’horadee la Commare dettamente con ambe le mani prendetela tetta del fig!iuolino,e mouerla qui,e là due, ò tré volte con molta agilità per di latare meglio l’vfcita in quei luoghi angufti, e fubito fatto queflohabbia in mano vn drappo, ò feiugatoio bianco,fottile, e netto; e riceuuta Ia_, creatura la collochi fopra vn cufcino, fuggendo quel barbaro cotta me di porla cofi tenera,e ignuda fopra la nuda,e fredda terra.E fe bene quello co­ llume è antichiflimo,è nondimeno anco pieno di fupcrftitione; perche li Gentili ponendo i figliuoli fubito nati iti terra, pigliauano gli auguri; da quel principio, & inuocando la Dea Ope, òLeuana, crederono, chc_* maifofferoper hauere la voce, fe prima non toccauano la terra; di che* tanto fi burla S.Agofl.nel 4.1ib.della Città d'Iddio.Quefla vfanza è affetta­ ta chiaramente da Marco Varrone nel 1.2.della vita de’padri con quelle parolejnata che era la creatura, fubito dalla Commare fi poneua in terra, ac­ ciò inaguraffe il bene effereje Seneca nel libro de’coflumi diffe,che la terra riceue ignudi tutti i nafcenti.Io nondimeno hò addimandato barbaro que­ llo coftume rifpetto alla pietàChriftiana, la quale fi ride delle fuperftitioni de’Gentili, e non implora altra Ope, òLeuana, chela grana di Dio col mezzo dellaSacratiffima Vergine Maria, e degli altri Santi, appretto di cuieffendoimportantiffimo, che le creature riceuano l’acqua del Santo Bacteffimo, acciò morendo fenza etto, nonreftino perpetuamente priue figlia vifione di Dio,barbara cola è, & piena di crudeltà porre le cratnttì


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D E L L A C OMMA RE

fubito nate fopra la fredda terra con pericolo grand iilìoìo di morte. Nè quello deue parere incredibile ad alcuno; perche poflono iopragiun<*ere infirmiti importanti, comefpafimo, apoplefia, epilepfia, ò brutta, come qui la domandano paralifia, efimili mali, quali fono cagionati dalla freddezza della terra, & tanto più, quando vfcendo il tenero par­ to dal ventre materno, luogo caldiiiimo, e ponendolo fopra la nuda_» terra, fi fa pattare da vn’cflremo all’altro fenza mezo ; il che è al­ le pene delTinferno , doue l’anime pafiano dall’acque bollite al «eìo, & al ghiaccio, onde chi fai figliuoli in ie tto , fugge quello crndek co fiu­ me, e cotale mamfeflo pericolo ; eie parturienu ancora fono meno in­ fettate datt‘aere,e fe bene poi è vero, che partorendo fopra la feggiola, fi facilitai! parto; perche il paio aiutai ritrouare facilmente la firada per rendere al baffo. Dopò vfcita la creatina eforto la Commare i ncneffere troppo follecita nel tagliare l’ombilico, perche alle volte, ò perla troppa vecchiezza , òpcrlinauuertenza, òperqualche difgratia taglia­ to l’ombilico , le efee di mano il capo delle feconde, le quali'corrugandoli nell’ vtero, apportano ò difficiliffimo modo di rihauerle,ò certiflìma mor­ te alla parturience,e però lodo,che fi lafcino attaccate alla creatura tanto, che fiano vfeite fuori, & ella non patiri fe farà con drappi, e feiugatoi cal­ di coperta, E perche hora ragioniamo del parto naturale, nel quale deue: non foloil figliuolo vicire felicemente, m i anco le feconde, pcròla_# Commare non tagli l’ombilico, fi come habbiamo detto, fino che le fe­ conde non fono fuori, perche vfeite quelle , può poi fecuramente taglia­ re > lafciando quattro dita di longhezza attaccate al ventre della crea­ tura: ma alianti che tagli è neceilario far due legature con refe, vna verfo la madre, e l’altra verfo il feto, accioche il taglio redi in mez­ zo per fuggir qualche effufione di fangue, che potefle nafeere cofi da vua parte,come dall’altra. Se per forte poi il parto fotte doppio, deue la_> Commare farei molti quello che ad vnfolofì è detto edere neceffario : mafia in cafo tale molto follecita , e diligente , acciò non tenga in_, tanti affanni longo tempo la parturiente. Hora hauutcfì da lei le fecon­ de, & accomodato l ombilico, domandi materia per lauare la creatu­ ra ; materia dico, perche il cofiume di lauareinati figliuoli è fiato mol­ to diuerfo appreflo molte cationi. Auicenna nel libro primo , alla diftintion terza, & nella prima dottrina al primo capitolo vuole che fubi­ to nata la creatura fi laui con acqua calda, & vnpocofa/ata, acciò s’in­ durci ( Per vfare la fua parola ) e fi condenfi la fuperficie del corpo , perche non fia ofFefa daH’inequaliti dell’aere ambiente, & in vero non è fenon datemere, che corpo cofi tenero vfeito da luogo tanto fiufato, e cal­ do , non patifea facilmente per ogni cofa, quantunque picciola, e debo­ le . Auerroe fi burla del porre il fate nell’acqua ; propone doppo il bagno dell’acqua dolce, e calda, rondone delloglio di ghiande; m i perche quello è troppo aftringente, & ateo ad incallire la cotenna, viene Auetroe burlato da feguaci di Auicenni. Licurgo commandò i gli Spertam per ie ’ gge , i figliuoli fubito nati fi immergcflcro neH’acqne-» freddiifinie » a c c io c h e fi affucfafl'cco a lla fa tic a , il quale cofium o - pai:

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- - ¡ va noi à i Candiotti, St à i Germani, & è raccontato da Aditotele nel libro iettimo della Politica. M i fe bene Anilotele Io loda come atto ad afide fare fino dalla fanciulezza 1 corpi a difesi> P?r potere agiatamen­ te iopportare, gli incomtpodi della guerra, Galeno nondimeno nel1pri­ mo libro clfionfcruare laianità fe ne ride, chiamandolo piu tolto coftume degno Je ’ porci, è d-orfi, che d’huommi ; parendogli cofa troppo eforbitante, di porre ne’gelidi fiumi le Cinture calde,, come fe■ fofero vn pezzo di ferro infocato . Loda dunque lav.a 11 ez 1 ciullii impercioche è coli errore l aprirli troppo i meati de gli egli troppo nlafla.it., fi come e fallo grande il Lrrargli troppo co i^ egli cohrecriui fecondo l’opinione di Auerroe - Alcum lauano con 1 qua calda s ì, mà vi mefcolano il vino negro garbo, aftnagente.por cor­ roborare le membra della creatura, e doppo Pvngono con ogbo rofec , e di mordella . Altri nell’acqua calda vi pongono v no, ma ¡ ^ d rofe, e di mortella con vn poco di (ale; e quello non po tenero dalle immonditic« ma per nfoluere fa lc h e humore e concorfo in qualche parte del corpo per cafeat. , p -’ . , ueffe patito il fanciullo nel ventre materno, C0J- la j gl membra deboli. A me piaceli modo, che loda Galeno, di 1lauar gl inoli, fubito, che tagliato l’ombihco con acqua calda ,& v n taot fale, & coflumeofleruaco da’ Greci, finoal giorno dhof i, fare mille benni, come corroborare le membra , ^ ‘^ ^ ‘aino difef^ ni»falde ecoflrirmerle mediocremente ì meati, accio relltno ditele-» da’nocumentieterni. OndeMofchioneMedicoanuchilfimo, ¿oppo^hauerbiafmato quei popoli, che lauauano le lor chelelauana, mcfcolataconpolueredi galla, e di mortella, e quelU, che e i no con vino,acqua,e fale,loda il porre nell’acqua vn P°co di fale trito , A vn poco di afronito, e conclude, che il confici ngerle n ’ fai pericolofo. In quello atto di lanate, deue laComnure auucrtire^ma­ neggiare al fanciullo bene i diti delle mani, e de pie humor folle delle braccia, {palle, ginocchia, accioche fequalc ep lira la creatura, colà raccolto,per beneficio di tal motto fi riiolua. „ , • auatchehuafeiughi con diligenza le nari, e le orecchia, accio retando^ . midità, non le nuoca, e fubito otigendofi Ia palma .,;accnolezza il fuo mandole dolci,ò di catnammila leggiermente,onga con p aceuolezza il corpo,e poi pigliando vn poco di vin bianco in bocca, rnn Hminta delle ginòcchie,e delle braccia,e fotto le afcelle,e^poi e , 0 fl.ate della mano per confortare quei nerui, e corde, che; tan £ pcj,rc de«li contratte. Può anco con vna gocciola di ogho stregarl p p ^° occhi.* ma fiaoglio di mandole dolci, fi per nettar » _ » feilfanammollire le palpebre. Fatto quello >fopral om S . 1 gue non foffe ancora (lagnato, vi fi ponga polucr 1 » acciò non boloarmenoie di mirra accommodandolo con vna pezza a > el_ cafchi.e poi lemettavn dito inbocca,& raggiornando p cur; che le flemme,ò vifcoficà,che vi faranno, e tenendouelo_vn poco, procur, ^ dalla bocca le cada vn poco di ìaliua, Con la medefintt idoli ,

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doli l'efiremitá del ditto piccolo con butirocaldo le onga bene le parti del federe, acciò gli efcrementi, eloiterco facilmente trouinol'vfcica; ecofianco ponendoli la fopinafopra le ginocchia, con la palma delia mano le prema leggiermente lopra il petenecchio, acciò l'orina conipreda pigli laiìradad’vfcire fuori. Doppo quello fi fafci fijiUto la crea­ tura, addattando i membri ben pan, & vguali , acciò non patiflero fiando à difaggio, & in particolare fi fafcino le mani, eie braccia ditte, fe. Fafciata che fia, fi collochi nella culla, la quale non ¡labbia piuma perche è troppo morbida ; Scatta à ribaldare il fanciullo per natura calididimo, ne ancofia troppo dura, acciò non offendale tenere membra, e però fopra i cufcini, ò letticiuoli di piume fi può porre vno llramazzet. ro d i lana, Siipoueri poffono vfare pelle, lino, ò limili cofe; Ma_* ¡opra il tutto fiia in luogo nè troppo freddo, ne troppo húmido ma_* difirió dall’aere, e più prefio caldo, che altamente. Collocata, c h o farà nella culla lacreatura alianti, chegulli il latte, e bene porle in boc­ ca vn poco di butiro frefeo mefcolato con zucchero, e non vi effendo butiro alla mano, del pomo cotto dolce con zucchero, Se quefio falli, acciò allettata da quel dolce, più facilmente prenda il latte, Se anco perche così il butiro, come il zucchero poííono monede facilmente il corpo. Nicolò Fiorentino, Medico celebre, e primo de’fuoi tempi di­ ce, -che dandole in bocca mezo cucinato di firopo di cicorea, con reo­ barbaro, alianti, che gufiiil latte, la preierua perpetuamente dalla apoplefia , epilepfia, ò brutta, che vogliamo dire. Non fi dia il latte-* al bambino doppo il bagno, fe non è pattato quattro hore, perche egli nocerebbe notabilmente; màfegli latti ben maneggiare per boccaquel butiro con zucchero, e fi latti ripofare alquanto dalle fatiche infinite^, che foffcì nel parto. T ri tanto /¡attenda: all'impagliolata , la quale dop­ po l’efferfifcaricata della creatura: fla condotta dalla Commare, oda altri al letto, doue non fia lume, & iuì fia polla ben diftefa con le gambe vn poco aperte, acciò facilmente pofiono vfeire le folite purghe. Si prenda vna grandefponga bagnata, e (premuta nell’ acqua calda, fi fomentino , e nettino benei luoghi vergognofi, e doppo che faranno nettaci, fi prenda vn poco di oglio di mandole dolci, con altrettanto vino, e fiondano bene, hauendo tanto patito nel parto, il quale fe co­ me naturale farà fuccelio lenza molti accidenti, tutte le colè faranno ottime , le pnrghe vfeiranno moderate, non fopragiungeranno febri» tormini, naufee, ò altri mali, che fogliono accompagnare i parti dif­ ficili , Se illegitimi, come diremo nel fecondo libro . Adunque in tali parti benigni, e leghimi fi può allargare la mano nel gouerno delle donne di parto, dandole quattro, ò fei cucchfari di latte di mandole dolci, con zucchero, ouero vti’ouo irefco pure con zucchero; come*’ aneóle fi può dare due fettine di zuppa nella maluagia, ouero mezza., fcodelJa di brodo di pollo per ricrearle, e rifiorarle alquanto. Pattato che farà vn quarto d’hora, fe le potrà collocare la creatura al latto finifiro inm odo, chcletocchi il fianco, tenendola coli mez’horaaimeno impcroche e fiato parere di molti, che Tela madre ogni giorno, la mattina \ ifo “

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LI BRO P R I M O .

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c en e fle il f i g l i o l o m e z ’ h o r a a u a o t i g l i d e lie il l a t t e , n e l m o d o p r e d e t t o , lo o e r f e u e r a r e b b e q u a l i d a i n f i n i t e m a l a t t i e , e C iò p e r v i r t ù d i q u e l c a l o r e , c o ’l c i u a l e q u a l i f o m e n t a n d o , & a i u t a n d o il f u o p r o p r i o c a l o r e , l a a c u i i i e à d ic c ip a r e e l i e i c r e m e n t i , c h e r a d u n a t a li n e l c o r p o , c o l te m p o p o flo n o m o l t i m a li O n e r a r e j il c h e v e d ia m o fa r li p e r f o lo in f t in t o n a t u r a le d e lle C h i o c c i n e c o n i l o r o p u l c i n i m o l t e v o l t e il d i , a n c o n e l P e f t a t e c a h d i f f i ma F a t t o q u e l l o li d i a i l l a t t e d o p p o q u a t t r o h o r e a l m e n o a l l a c r e a t u r a , e l a G o m m a r e f u - i p o f i , e r i f i o r i a n c h ’e l l a : p e r c h e i n v e r o n o n p u ò r e i l a r e fe n o n f i a n c a p e r l a m o l t a f a t i c a , e p e r l a d i l i g e n z a n o n m e d i o c r e , , . Ouì m i r e i t à p e r ò d ’a u u e r t i r l a , c h e c o n o g n i a c c o r t e z z a o r d i n i l i m o d o d i v i u e r e c o n r e g o l a a l l e d o n n e , e m a n e r a n n o p a r t o r i t o ; p e r c h e in I t a l i a f i v e d e vn v i u e r S m o l t o i f r e g o l a t o , c o l q u a l m a i f if in if e e d e m p i r l e ; o n iù m a n g ia v n a im p a g lio la t a , c h e n o n f a r e b b o n o d u e fa c c h in i . L a m a t n n a ^ d f n n o p e r c o lla tio n e d u e o u i frefeh i c o n vn b ic c h ie re d i m a in a m a ; d a in d i/ p o c o p er d if in a r e , v n q u a r t o d i c a p o n e v e c c h io , a lm e ­ n o c o n il f u o o u o s b a t t u t o , o r i l i in m i n e l l r a , c o n c i a m b e l l e , m a r z a p a ­ n i , p i n o c h i a t i , & p l a c h i a t e : à m e z o g i o r n o il r e l l o r a t i u o c o n b r o d o , m a r z a p a n e , ò z u p p a , la c e n a c o n c a p o n e , & a ltre c o f e , il q u a le c ib o ef­ fó n d o t r o p p o , e p e r la q u a n t it à , e p e r la q u a l i t à , n e p o te n d o li d a lla -, d o n n a d i g e r i r e , c a g io n a c r u d e l t à , e q u e l le f e b r i , S c a lt r i m a h , o ltre -» c h e le fa s ic h e d e l p a r t o , p e r fe fo le fo n o b a l l a n t i a in d u r r e la f e b b r e . O n ­ d e la f a r g i a C o m m a r e , c o n o g n i f u o p o t e r e le c o m m a n d i , o p r o t e ­ s i c h e fin o al fe ttim o g io r n o d e b b a v i u e r e m o d e r a t a m e n t o , come m a n g i a n d o v n p o c o d i p o l l o , q u a l c h e t n i n e l i n n f t d ifa tro ,z u p p a d i b ro d o ;c o n o u o s b a t t u t o , & a n c o b e u e n d o a lle v o lt e q u a lc h e o u o fre lc h o , & à p a f lo ,il b r o d o d i p o llo fe n z a fa le , a lle n e n d o li d a l v in o p er q u a t t r o , ò fei g io r n i a l­ m e n o , a c c i ò la f e b r e ò ce ffi fc v i f a r à , ò n o n le v e n g a t ir a t a « » d a l m o d o d ifo rd in a to d i v iu e re . E q u e ­ llo b a lli h a uere d et­ to

d i q u a n to d ee fa re l a C o i f £ m a re n el p a rto tu r a lo .

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<?o

D E L L A *C O M M A R E

D i quello eh'è neceljario difa re doppo il parto natu­ rale , e del hiafimo di quelle donne, che non danno il lattea i lorofigliuoli} ma trottano Balie per allenar­ l i . G ap . X X I '/ . Erta hora di dire quanto occorre di fare dopò il parto natura!e:md perche quello parto è legittimo,e benigno.poco ci darà da fare per conto deIl'impaglioIata,la quale no effendo afflitta da itrani accidenti,attenderà a riitorarii* come s è detto prudentemente, e tutta la diligenza li volgerà alla creatura. Però non redi la prudente Colli­ mare, di ricordare alle madri, & i i padri, che habbiano molta confideracione in eleggere buona Balia ; perche dalla bontà dileinonfolo dipendala fanitd, e la buona complertìone dei figliuoli, ma anco la viti iileifa. Et io in vero non poffo fenon biafmare quel faltofo , e cattino cortume d'Italia, doue fino le artigianelle ardifeono di man­ dare le loro creature ¿Balia Fuori di caia; il che fù giàfelamente concerto àiPrencipi, per la delicatezza delle Prencipefle , e per non fentircilrepiti peritarti, eflendopure ancotroppo affannati da i negotij publici. Echi non sa, che in ogni ilato , econditione di perfone è molto meglio allenare le creature in caia , che darle à Balia, & Balia tale alle volte, che larouinaaffatto, e nella fanitd, ne’cortumi, come fi dirà p illi baffo«? Sò ben quello,che barbaro come pare,che fnbito nato il bambino, Fé li dia bando dalla cafa tua,e Fua,come fi farebbe àgli altrui figli, quafi folte tradi­ tori,e ribelli, e pure poco dianzi la madre lo portò in mezo delle vifcere, ò fi può quafi dire del cuore,& col proprio sàgue lo nutrì per noue meli con. tinui. In quello veramente le donne d’hoggi auanzano la natura in buinanadi qualuque tigre,d altre più crude fiere,le quali deporta la natia feroci­ tà peggiore,quàto per la Tua longhezza fi è conuertito in vfo,& in vfo tale, che mài credo fia per mancare,e fino al tempo di Aulo Gellio, lo veggo detelìare da lui nel 1 a.lib.ddle noti Attiche.al capitolo primo, con raggioni veriflìme, e chiarilfime, le quali acciò fiano più efficaci, e di maggiore atictorità, le fà recitare da Fauorino Filofofo principale della Grecia, e l’ind li­ ce d ragionare con Senatore Romano fopra vna tenera figliuola, acciò ne anco le ricche, nobili giouani fi poffono feufare, ò perle delitie, ò per la tenerezza di non alleuare i loro proprij figliuoli. Dice dunque,che il dare ifigli ad alleuarealle Balie, e Fare vnparto contranatura, imperfetto, è fmezato. Contra natura veramente, perche dalla donna in poi, nonsò, quale animale, tigre, orfo, cocodrillo, ò afpide , non allietai li Cuoi pa [. im p e r ie c t o a o p o , p o le n e n iu n a a ltra n u tn te e co li oene, 10 n u trirà c*- ilam a d r e . Sm ezato fin a lm e n te , c o a c io fia co rti, che la d o n n a v o lo h t ie r i


LtBRO

P RI MO.

tjeri l abbia nutrito nel ventre col proprio {angue, ciò che non fapcua_, fe forte mafehio , ò femiwa , ò mortro , & hora che lo vede , riconofce per figlio, an^i con i vagiti,ò fofpiri lo (ente a domandarli aiu­ to , quali fmezzandolo; efenza quali, lo manda inefilio, conrentandoiì di hauergli dato federe, & fopportando ,che altri gli diano il ben effere, come fe le mammelle li foffero date da D io, e dalla natura folo per ornamento del petto, fi come fono datte all’huotno » e non per nutrirei figliuoli. M i in fomma quella empia vfaiua è tanto accrefciuca nelUvfo , che fi può più coito deplorare, che fperare emenda , poicbelapieti, ò paterna, ò materna non può più perfuadere nei cuori di parenti, quanto fia crudele cofa prillare de! proprio alimento , del fuo fami dare , c domi, to cibo ordinatogli da D io , e preparatogli dalla natura il proprio figlio generato dal commuti fangue, e Teme, & invece di quello procurargli iatte non di madre, ò parenti;mà fpefse volte nè anco vicina, nè della T itefsa patria, m i foreiliera, e fori!barbara montanara; non di liberai m id i ferua,nondicafta : m i di meretrice ; e bene fpefso non di fana, ma di malfrancioiata. Dio buono, che crudelti è quella ; aggiungo io forli, chenonèchiaroi tutto il mondo, che quali infinite creature fi fono infetT; tate di mal Francefe, folo col fucchiare il latte di Balie infetee, cafo tanto migrando, quanto, che efsendo quella quali pelle feminata in quei corpi teneri,& entrata col latte, fi auuiticchia in modo intorno all’humido radi­ cale,che lino alla morte non l'abbadonada quale prefiiffimo anco accelera; e tutto quello auuiene dalla prima cortefia,ch’vfano i paréti a’figlmolifubito che lono nati.Mà oltre i predetti errori,vditeil danno,che apporta al­ le creature la priuatjone del latte materno.Habbiamo detto di fopra.che il feme fecondo del padre prima, epoi il fangue, òfeme dellamadrecon la_» fifsa immaginatione pofsono indurre ne'figli la fomiglianza de loro proge­ nitori. Hora fe il fangue iilefso della madre fi trasforma in latte per opra delle mammelle, non porterà ancofeco qualche virtù, con la quale communicherà a’figli alcuna indinatione d’animo, conforme à quelle delle_^ madri, certo sì, perche ciò è fiato auuertito nell’alleuare i brutti con lat­ te diuerfo della propria fpecie ; come (e il capretto fi allenerà col la tte a della pecora, e produrrà il {¡curo il pelomoliffimo conforme d quello del* le peccore ; fe l’agnello fia lattato da vna capra, produrrà certo il pelo aipronome è quello delle capre. to si le piante bene fpefso {trapiantate in terreno diuerfo dal natio,ò muoiono,ò come fterili languidamétc viuono. Si che il dare i figli d Balia,nò e altro,che cacellare quelli indole,& imma­ gine,che fù indotta in elfi dal feme,e dal sague dc’progenitori,e fù propriata dal vérre materno, onero imbaltardirli col latte alieno, e finalmétc rom­ pere quel vincolo d’amore filiale, che nafee non folo dail’efsere generato» «ni fi accrefce dail’efsere allenato, col proprio latte, e nella paterna ca. fa al focolare, douc federono gli ani, e gli proaui lu oi. Eftmpio di ciò fi* Cornelio Scipione cognominato Afiatico, il quale hauendo condannato alcuni de’fuoiCapi tani à motte per hsucr violato il remp io delle Ver gin* .Veftali,cfsédo pregato da i principali dellaCittd a mitigai la legge,& à fa‘* uar quegli h u o m in i forti,non volfe nc an co aquietarfi d preghi di Scipione t ' —


della

commare

’Affocano fuo fratello, ma s’acquietò alle preghiere d’vna fuá fòrelIaCi di latte, figliuola della fua B alia, diche diffido riprefo dall’Affricano erdifcortefe.poichehaueuafatto pervna Donniciuola quello, che non aueua voluto fare per tanti Senatori rifpofe, che il molto obligo, che portaua alla fua Balia l’haueua sforzato à far quedo, alla quale era obliga* to più, che alla propria Madre, poiché fe da quefta era ftatoconceputo, ciò fù per la dilettatione fentita neH’arto Venereo dalla Madre, Ma_. chefubito nato l’haueua bandito di cafa fua; Mala Balia fenza diletta­ tione, e fenza obligo di natura, l’haueua riceuuto nella propria cafa_» * nelle proprie braccia, enell’ifteffo cuore, cibandolo di quel latte, ch ell’haueua con il proprio fangue, e nutrendolo come proprio figlio: Non fù minore il fatto di Gracco, valorofo Romano, di quello di Sci­ pione, il quale ritornando vittoriofo ¿R om a delle guerre d’Afìa , s'in­ contrò nel medefimo tempo nella madre, e nella Balia, allamadre do­ nò vn’annello d argento , & alla Balia vn cinto d'oro , di che quella., dolendoli per vn vederli profporrealla Balia nel dono, lerifpofe Gracco: voiM adre, mifacelle dopol'hauermi portato nouemefiin corpo, ma fubito nato mi delti bando dalla cafavoftra: Mà quefta Balia mi riceuè, mi accarezzò, mi feruì non noue m eli, mà tre anni continui, non_, effendo fuo figliuolo mi donò quei vezzi, e quei baci, cheà proprij fi­ gli donar fi fogliono, e col proprio fangue mi nutrì, non per neceilìtà , ma per amore. Quello difcorfo, parte fatto dava Filolofo Genti­ le, e parte cauato dall Hiftorie de’Romani, che d quel tempo adorauan opu ri fallì D ei, douerebbe far arroilìre noi altri, che effendo nati Chrilliani facciamo profeffione di quella fede tanto perfetta, che ha^ per fondamento il credere, & operar con carità: efe ci infegnano ad amare fino i propri; nemici, molto più ci infegnerà ad amare, & al­ lenare i propri; fig li. Mà di quà nafce forfè, che à giorni noftri tan­ to poco è l’amore de’fìgliuoli verfo i loro padri , e madri volendo Id­ dio , che alla poca loro amoreuolezza vfatagli in fanciulezza rifponda il poco amor verfo i parenti de’figli nell’età perfetta. In oltre fe è vero , comeverifiimoviene creduto quello, che dice Ariftotele, cheiliti, & il latte danno i collumi, poiché vieta il dare le femine i Balie meretrici, fucchiando col latte anco l’inclinatione alla libinide, anzi tutti ¡M edi­ ci di maggior grido tengono, cheicibi geodi, & dipeffitno nutrimen­ t o , non folo facciano gli huomini fiolidi, e melancolía', & attiàcaderein mille mali quali diremo noi, che fiànoi collumi diquei pouerì fanciulli, che quantunque nati nobilmente, fono mandati ad alleuarenelle montagne da libidinofe donne, che per la loro pouertàò nori mangiano cibi buoni, Perche non ne hanno: ò benché hauendone hatiuti, li vendono, per fare quello auanzo, e coli fi nutrifeono di peflìmo alimento, e producono per ciò inatte coli perfido, eperniciofo^ Ma-' crobio nel libro quinto de’fuoi Saturnali, al capitolo vndecimo dice ¿ che le madri debbono lattare i propri figliuoli per due ragioni • L’vna è , acciò, p e r lo n g a afienza n o n f i feord in o dell’amore, e riuerenza^

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L ’altra ac c iò Coft il latte non prendino i coihimi della nutrice »fpeffe v o lto contrari) alla natura loro. Deh fei Padri Oltre te predette cagioni confidetalterodi quanto traflullo fi priuino, nel dar i figliuoli a Balia fuor di ca­ ia, non credo mai, chefìconducefleroàdarueli; imperochenonepaflatempo al Mondo, che arriui alla dolcezza di quella de’ fanciulli, non è comedia, che la parreggi quel ridere, quel piangere, quei fòbici m oti, anzi il vederlo, e per niente ridere, e piangere nel mcdeiìmo tempo, e così nel]*vno , come nell’altro moftra alcune gratie indicibili, e cofadi ftuporo: volendo andar in colera per niente, cercar vna agucchia con tanta diligen­ za; buttar viadanari, correr dietro il pomo, vdir le argute propolt<L_i » erifpofte, veder queigiuochetti, queigefti, quei favellanti mori, ve­ derlo difputare co'gatti , e cani , far cafette , formar archibufi, talJ’hora far l’huomo, il vecchio, facerdote, & il Predicatore. Horadi­ fender la Balia da qualunque hora, batterla fenza propofito : Mi quel che piu importa, quando il Padre torna à cafa afflittodanegotij, il vedere, c fentirfiil caro tìgliolino, òfigliuolina in capo della fcaia, che con tanta-# fella, e baldanza l’afpetta, loriceuc, l’abbraccia, lo baccia, dice tan­ te ragioni, e tante cole , che ballano a folleuarlo da ogni profondo penfiero, e nontantollo fi fenta, che fubito incomincia à giuocolar feco, e farlo rallegrare al fuo difpetto. Nè mi dica alcuno, chenonecofada_» huomograueilfollazzar co’ pattini, perche io gli rifpondo, chefileg"e_» appreffo di Ebano, nel libro decimo della varia hiftoria, che Ercole do­ pò’! fudqr delle battaglie fi ricrearla co’l giuocar co’ fanciulli, per tefhmonio d’Euripide; e Socrate fùritrouato da Alcibiade à giuocar co l fan­ ciullo Lainproche, & Agefilao Rè caualcaua vna canna per far compagnia ad vn fuo figliuolo, e voltatoli ad vno, che di lui fi rideua ; taci hora_» tàgli dille, che quando haraì figliuoli darai gindicio di quello fat' to. E forfè quella è la caufa, dalla qual na (ce, che i figliuoli a giorni nollri tanto degenerino da padri, fe bene anco anticamente fi vide ìlmedefimo, come nota Pla­ tone nel Melinone, degenerò Cleofane catti-; uo figlio da Themiltocle ottimo padre. Tiantippo da Pericle; come anco Cai, ligola da Germanico jComodo da Marco Aurelio,e Domitianoda Spallano, & Abfalone da Dauit,chedoneuodir pri­ ma. Infomma e cofa vtililfima; e conueneuoliflima lattare i figliuoli, comehabbia •* aio prò. u a to .


94 D E L L A C O M M A R E E die conditionì, e qualità, che deue hauere n)na buona Balia » Cap. XXV* Auendo già moftrato quanto fiaconueneuolealle madri» chediano il latte proprio a’ioro figli per nutrirli, farà adeffo a propoiìto cercare le condicioni, & le qualità, che dee hauere la buona Balia; quando le Madri non-» potefsero fodisfare all’effetto, & al debito loro, òpec debolezza erudente, ò per infirmità, ò per altro rifpctto » Dico dunque , che la madre »■ che vorrà pro­ luderli di Balia, dee procurare di hauerla ben conditionata, acciò pofsa giouare alla Creatura. Ben conditionata dico,equanto al luogo , e quanto alla fua natura. Quanto al luogo,fia del paefe,e non fìraniera, prendendo­ la in cafa,nè giamai fopportan"do,che i figli fuoi fiano condotti fuori di ca­ ia , cosìperche icibidicafa fonom igliori,&i fanciulli non anderanno in aere cattiuo ; come anco perche la Balia fi alienerà dall’ vfo di Venere, effendo difcofta dal marito,per cui fe diuentafse grauida» il latte dìuenterebbe pefiimo » Oltre che farà di non poca contentezza alle madri, vedere con­ tinuamente il proprio figliuolo, Se a lui ciò tornerà di grandiilìmogrouamento : imperoche la madre vdirà i fuoi pianti, vederài fuoi bifogni,e ren­ derà i feruitij:della Balia più diligenti ; e fe pure non li darà il latte con I o mammelle,almeno fupplirà con l’orecchia,e con gli occhi vdendo, e veden-, do le fue necefiità,e prouedendogli con il comandamento. Quanto allanai tura, dee la Balia hauere alcune buone qualità appartenenti cosi all’età,al­ la complefsione , a’coftumi, alle mammelle, & al latte ; come al tempo del parto, alla creatura »che partorì, alla fanità, a non efsere grauida. Imperoche quanto all’età dee efser giouane, cioè ne troppo tenera, ne troppo matura: in modo, che non habbia meno di ventanni, nè più di trenta., cinque, efsendo queftaetà mezzana vigorofa, & atta a non generare mol­ ti eferementi » Se a produrre il latte molto efficace deue efsere di buona complefiìone, e per quello nè grafsa, nè molto magra , ma carnuta » e robufta, e di pettolargo, di colore viuace inondi color rodò, lentiginofo, ò folco,ma più tofto florido, viuo; poiché come diffèSefto Chiron«nfe,quefìefono più ealdedell’altre,e piùaccomodate acuocere bene l’alimento per confeguenza*a produrre ottimo latte.Eleggafi efercitata, perche più facil­ mente fòpporterà le fatiche necefsarie al gouerno delle creature, e nel ve­ gliare ;e nel mondarle, nel fafciatle ,e portarle in braccio .douendonella cura loro accompagnarfi vna eftrema fatica,vn’efquifipa. diligenza, & vn’atnore fingolare. Habbi buoni coftumi, conciofia cofa,che fù parere d’Arift. e d’altri fauij, come fi è detto anco di fopra, che i coftumi fi facchino con latte, e diquànafee per opinione d’alcuni, cheicagnuoli alleimi da., vnaLupa» òdavna Leonella diuentanofèrocifsimi, & i Leoncini nutri­ cati da capre , ò da pecore diuentancf manfueti. Plutarco nel libro doue igfcgn^ di alleuarc i fanciulli efsx>$ca.lcmadri à nutrirli col proprio la tto


LIBRO PRIMO

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mà quando non pedano farlo per alcun a necefiìcà le eforra à proucxjer/ì di Balia , che habbia icoftumi della patria ;Queftadee edere anco diligen­ te ,cpolitain tenere bianchiflìme le pezze,fafcie ,camifcie, efadiatori, acciò nè dalle immonditie , nè dal lettore reili offeia la creatura , per il c]uale diffetto moltidìme volte piange, e s’affligge. Sia calla ad ogni mo­ do , per l'vfo di Venere può edere pernitiofo al latte , cofi perii dubbio d’ingrauidarfi , come per debilitare la cottione de’cibi da cui procedono poi le crudità, che fono feaainario, e fermento delle malattie. Si sferzi d’cflere allegra, quando per natura non fede tale ,e perciòdee fpedo can­ tare,e fare vezzi, e carezze amoreuoli alla creatura; fuggendo qudl’abufe di tutte le Balie d’Italia,lequaJi mentre che accarezzando i fanciulli vocilo nofecoparlare producono parole concile, contrafatte , efìorpiatepià proprie del cinguettare , ò del gracchiare delle Gazze, che del fauelare_!>. Perciò la buona Balia parli fempre diitintamenpe, & vii parole articularo j e compite j accioche,efsendo ella il primo mapiiro ,che infegna la fauella a i bambmi , e che coltmaquel loro animo tenero,gli femem buone temè* ze,e perfette,e non imperfette, e cattine, le quali non foio producono catti. uo effetto,quàdonó [apendo ben ragionare fomiglianopuì pretto alle gaz ze,che a gli huomim.mà gli accrefcono doppiafactica,quando volédo im­ parare a ragionare perfettifiìmamente, conuengono a aifimpatare il catti' uo,& apprenderei buono.Dee ancora la Balia fopra ogni altracofa efserc iobna, poiché moiri cibi guadano io ftomaco ,c debilitano il calore natu­ rale,per il quale diffetto,il cibo fi corrompe, il fangue diuenta cattiuo , Se il latte fi fa pefljmo , che così fatto conduce la creatura, ò appreftamorte, ò hà vita ìnteliciflìma,facendole vna mafsa di fangue, Se vedendola d’vna_, carne compodadi peflrmo nutrimento .Dache giudichi ognuno quanto errino le Balie de nodri giorni,adequali pare,che per legge fia concefso no folo di fare quattro patti il giorno, m id i continuo efsere col bicchieio alla bocca,giorno,e notte, nò finire mai d'empi fi,e magiared’ogni cofa,ò buo­ na,ò cattiua»e quello có il pretefto d’efsere BaJia,ecbe bifognafare del lat­ te afsai, nè fi accorgano quefte mefehine , che il mangiare troppo non può produrre afsai latte , perche non potendofiqueltroppo cibo cuocere nel­ lo domaco,pafsain efcremento.e non diuenta latte,mi guada quel poco di buono,che ntroua già fatto. Onde debbono fare i loro patti ordinati del definare,edella ceha,e fe ne li giorni Ióghiconofcerrano hauerebiiogno di cibo , potranno aiutar/ìcon vna fcodella di brodo,onero con vna zuppa di V ino . Vii la buona Balia cibi di buon nutrimento; fuga tutte le co fe falatre^ rutti gli agrumi,come pori,agh,e C!polle;mangifruttimoderatamé. te à pado.e non fuori di patto,s’aftenga da vini grandi,& auuerti tea di non imbnacarfi,perche fepolta nel fono potrebbe opprimere la creatura, oltre la cattiua qualità, che da ciò neacquidail latte, poiché difse Mofchione, ch’e impedibile,che viuafano il fanciullo fe la Balia faràfolita d’imhriacar.. fi. Dorma moderataméte la notte, e quando fofse didurbata dal piato della creatura,dorma il giorno moderatameteancora,percheil fonno è neceisa rio alia cottione, e particolarmente nelle lattanti . Dopò il Tonno fi sforzi di purgare il corpq,e fàcciaqualche leggiere efsercitio, acciocheii latte fi faccia


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faccia migliore, come farà fcopare la arecafa,fregcaffe,iauare pezze, e fare cfìmiii arcioni, nelle quali s’agita il corpo. Il petto della Balia fia ben largo, quadro, e le mammelle fianoelcuate alquanto, non molto grandi, onero ta nto imifurate, e floflè, che pendino a guifa di quelle vacche ; ma fiano bea raccolte, nè dure, nè m olli, ma mezane tra l’vno, e l’altro, perche il calore naturale molto meglio fi raccoglie,e ita vnito nella carne ben conditionata, e fermata, che nella morbida : ma le mammelle molto dure apportano que­ lli difam, che con la loro durezza poflono ammaccare il nato del fanciullo erendedo diforme , e fèrandofi il latte in efse non può effere fucchiaco fen2a molta difficoltà. Le buone mammelle ancora fi eonofceranno dalle molte vene che fi veggono fparfe dentro di quelle in modo, che à guifa di rami ! 6 abracciano, e fecondano infierne. Il capitel loro non dcuè effere troppo r i ­ tirato , acciò la creatura non s'affatichi in lattare, ne troppo groffo, acciò empiendole quafi la bocca, non le impedifca la lingua nell’attrahere il latte.. Oltre le predette conditioni quella veramente farà buona Balia, che anco hará il latee, nè molto,ne poco, ma á baftanza per nutrì e il bambino, e che l ’harà bianchiffimo.e come dice Auicenna confitte di modo,che pollo fopra l’vnghia non ifdruccioli fubito per edere troppo,acquofo nè fi attachi à mo­ do di colla per la molta vifeofità: ma ftia vnito mediocremente ; & in o lire i non lia acecofo,edi cactiuo odore ma dolci filmo,& gracidano,e cofi hanno detto Galeno,nel i. lib. del conferuare la fanità , al cap. 9. Auic. Mofchione Se o<mi altro Auttore, che giamairagionafe del latte.E le bene Arili.nel l.J. ddl’hittoria de gli animali, al cap.2 i.hà fcricto,che i! latte liuido è migliore del bianco perche ha più formaggio, credo, che all’ hora fcriuede vn parar dodo, pofciache il huido dimoìtra più pretto predominio di humore pimitofo con malinconia, che fegno di bontà, fi come il fofeo dimoìtra predomi » nio di malinconia, il pallido, di collera,il bianco imarrito di flemma: e però fe alle volte hd dormito il buon Homero,non è marauigiia, fe dorme qui an­ co Arift. quando l’vno, e l’altro fù Greco. Md per finire le conditiom delle.# Balie, non fi laffi lattare la creatura , fe non fei, ouero otto giorni doppo il fuo parto, panche in quei giorni retta il corpo fìacchiffimo per la molta fati­ ca del partorire, anco gli lnimori turbati è confuti non poliono generarci nutrimento conditionato. Vltimamente fi elegga più pretto vna Balia, che Labbia partorito vn mafchio,che vna femina : imperoche il latte e più puro , e manco eferementofo, ettendo ttato fomentato mentre era ¿1 iangue dal ca. lore naturale del mafehio, più caldo di quello della femina ; e fopra il tutto s’auuertiica, ch’ella non habbia rogna,tigna, fcrofole, ò fimili mali, battan» doti à á quanto h a b b tam o detto fin’bora della buona Balia ,j


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De molti auuertimenti, che riguardano la cura del nato fanciullo . Cap. X X V I. Romito,chehabbiamo della buona Balia,debbiamo tor­ nare alla creatura, che mà collocammo in culla, acciò non patifca,econducenaole quella buona nutrice, la gouemaremocommodamente, poiché s’hauerd ripofàta r per quello fpatio di tempo, che retto collocata nel lato finiitro della madre, come habbìamo de,to di (opra douerfì fare per le raggioni addotte. Mofchion dice, c h o dopò il fuonafcimento deue ilare dieci hore auanti , che li fia dia cibo la prima volta, il quale tempo parendo molto alle madri, fia almeno di quat­ tro hore, mà quando la balia comincierà á nutrirla, e dar le il latte, oflerui fempre quello coilume,che fe la fa lattare nella cullala fàccia ilare con la , faccia voltata al Cielo, perche fiando ne'lati, & offendo ancora tenera può ammaccare i I fuo tenero latto,-mà quando le darà il latte tenendola n ello braccia la pieghi deftramente fopra vn fianco, aè però molto. Vfi di lat­ tarla molte volte il giorno, le porga hora l’vna, & hora l’altra mammella, fi perche non fi fianchi fiando fempre ad’vna attaccata, fi anco perche pi­ gli il fiore del latte cofi dell’vna come dall’altra parte . Qni è d’auucrtiro vn'abufo notabile,che hò veduto in Lendenara,doue quanto prima le don • ne poflòno fare mangiare alle creature,che lattano la panatella, la fanno con ogniinduilria, quantunque habbiano molta abbondanza di latte; e non fi accorgono,che rouinano li fanciullijprima perche dandogli la pana­ ta fi facciano di quella, e non pigliano il latte, il quale è il proprio pri­ ma loro cibo, poi perche ammaliandoli quella panata nello ftomaco col la tte i guifa di colla,fi vn’ alimento vifcofo,egroffoil quale,e difficile più del latte da digerire,dimora nello ftomaco più,che molto, c mandando va­ pori groffialla tefta perla natura del latte, eportandoui anco quel nutri­ mento vifeofo cagiona apolepfia,& epilcpfia,maliche lotto nome volgare fi dimada la brutta, c queda e la ragione; perche muoiono tati fanciulli in queda terra per detta infirmità.La panata dunque non fi gli deue dare mai, fe non indiretto di latte, e non quando il latte, balla auucrtendo di non_. empirli molto di latte,mà tré , ò quattro volte folo il giorno abbondanteméte,perche Ariftotele nel fettimo libro deH’hiftoria de gli animali,al cap. I2.dice;che le creature incorrono facilmente in molti inali,per il molto lat­ tare, e Marco Varrone, nel fuo Logiflorico afferma, che il molto cibo file creature deboli,picciole,& ottufe.il tépo di darle il latte c di vn anno è me* zo,è al più di due anni, come volfe Oribafio, & Aetio:perche il molto lat­ tare rede il ceruello húmido più del dòuere,& ottufo l’ingegno per li mol­ ti vapori che il latte màda alla teftaje però difle Platone,che la molta humidità, ch’è prodotta dall’vfo del molto latte, e eaufa della ftolidita nelleG creat


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COMMARE

creatura. Doppo ch’hanno preio il latte non fi portino nelle braccia, ne fi acitano nella culla : mi bene alianti ; e quando la necefliti lo sfornire, fi faccia quello con deffrezza, acciò non fi conturbi il latte nello ftomaco, La creatura fi laui l’Effate vna volta il giorno con acqua alquanto tepida, e poi fciugatala bene,ongendofi la palmadella mano,con oglio di mando­ le dolci palp ino leggierméte i fuoi membri. L’inuerno fi deue Iauare rare volte,e con moltacautella,acciò non retti offefa dall’inclemenza dell’aere. Si auuertifca fopra ogni cofa nel collocare la culla,che redi polla in modo, che la luce della finellra; ò d’altro lume le redi dirimpetto, acciò non diuenti lofea, ò guercia per il torcere de gli occhi à ritrouare il lume pollo in finillra parte,e per maggiore ficurezza fi può rimediare à quello pericolo, ponendo à capo della culla vna bacchetta,che faccia come vn’arco, & ac­ comodandola fopra de pani lini bianchi,acciò l’occhio non vada ricercare maggiore lume reilando fido in contemplare la bianchezza de’panni. Io in quella terra di Lendenara hò veduto adoprare vn’iflrométoben affai com­ modo ; il quale è come vn criuello, e ponendouifi fopra vna tella diffende beniffimo da quello pericolo.Mà habbiamo ragionato affai della cura cor­ porale della creaturaie però è bene hora difeorrere del negotio.e della cui ra dell’anima,la quale come importan tiffima,deue effere molto d cuore al­ le Commari.Ondc doueranno pcrfuaderea’parentfiche quantunque il fan­ ciullo ltia bene,lo debbono far fubito battezare in Chicfa dal Sacerdote^ proprio minillro de’Sacramenti,perche fe bene in cafo di neceffirà può fa­ re ciò ogniuno .-nondimeno è meglio, & più ficuracofail farlo battezzare da'loroParochiani,potendo le dònne facilmente,ò lafciare qualche paro­ la della loro neceffana forma,ò non hauere I’intentione determinata di fa­ re quello,che fi la Chiefa Cacto!. Rom. onde cosi per diffetto dell’vno,co­ me dell’altro-.la ceratura non farebbe batezzata,e rellarebbe priua delCielo.Poiche dunque è tanto importante i! riceuere pretto il S. Battefimo, io perfuado ogniuno,che non eferciti quell'antico coflume,cheera in vfo, Se appretto i Gentili,& appreffo i Giudei, di ilare fino all’ottauo giorno ad imporre il nome a’Ioro figliuoli, cofa che noi facciamo nel Battefimo per­ che hauendo detto Ariflotere nel7.deirhiil.de gli animali,al capitolo duo­ decimo che molti fanciulli inanzi il fettimo giorno muoiono,e però gli an­ tichi paffato tale termine,gli poneuano il nome quafi ficuro,che doueflero viuere,appreffo di noi Chrittiani,fi debbono' fubito fare Battezzare,perche il pericolo della perdita è troppo gràde.Subito Battezzati loderei,che fenza fallo fi faceffero feottare da vn pratticoChirurgo nel collo,due ditta fotto la Nuca,detta i n Tofeana la Collotola, trà la prima,e fecóda vertebra,ò nodo della fpina.Quello coftumeècosì riceuuto appreffo i Fiorettine che Battezzandofi tutta la loro Città nella Chiefa di San Giouanni,hò veduto io molte dóne fubito vfeite di Chiefa,entrare dirittaméte in vna barberia* e fare dare il fuoco a’puttini, accioche più reftino , e più fani, e preferuati dall’apoplefia,e epilepfia,la quale [noie efftre familiariffima a’fanciuli.M* però nacque vfanzatale hoggi,ò hieri.-poiche Herodotto nel «j-.libro dice, che i popoli di Libia dopo il 4.annofogliono feoteare i figliuoli nelle vene delcollo,ouero nelle tépie, eche.ciò offeruauano fino al fuo tépo,e viuedo


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PRIMO.

faniflìmi non danno la cagione ad altroché d quella vftione,ò fcotacura,Ia quale non fi deue lafciare molto aperta, ma trd quindeci giorni, onero vn mefe fi può lafeiare ferrare, hauendofatto aliai giouanecto à corrobora­ re quelle llrade, per le quali la flemma poteua in abbondanza precipitarli per le projpagini deneruidifperfi|per lafpina, olii della fchiena , e ca­ gionare ifopradetti mali. E ben anco da offeruape quel lodenole cofìume, che s'ollerua quali in tutta 1Europa, della quale hauendo vedutola maggior parte, hò veduto anco quella ofleruauza coli bene nell-altreProninne, come appreflb noi altri Italiani, & è di fare portare al collo, & alle bracciade’fanciullicoralli rolli infilzati, che tocchino la carne, non per ornamento, che poco giouarebbe, md per le virtù che hà il corallo, portandoli adoflb, e toccando la carne, le quali racconta parte Plinio, parte Andrea Mattioli nel quinto libro (òpra Diofcoride, altre FrancefcoRueffo nel libro delle gemme, al capitolo decimonono, elonoque« R i. Gioua il coralo contra laepiiepfia detta la brutta : difende dalla pau. ra del fu lm in ee dalla faetta : e per quello forfi l'antichitd troppo fuperilitiola lo conlacrò d Gioue, & al Sole; allegra il cuore, come dice Auicenna, ferma i denti la difenteria, beunto in poluere rifarla i dolori del corpo, e libera dalla pietra della vellica, confortalo fiomaco, ò man­ giato, òdi fuori, toccando la fua regione; & altri vogliono, chegiouiallamilza, fe fard beuuto molte volte in poluere : md fopra tutto da . parecchi è riputato ottimo contra le fafeinationi, ò malie, che fogliono tare le itreghe alle creature. A quello propofito mi fouuiene hauer letto apprdlòMarco Varrone nelfefio libro della lingua Latina, ch’era «allu­ me molto antico, che i fanciulli portaflero altre cofe bruttarelle, ch’egli spunto nomina, res turpiculas, acciò fi libcrailcro dalle fafeinationi, è malie: ne fin fiora mi fon polfuto immaginare, che follerò tai cofe, f o però nonfolfero fiate, ò coralli, ne’quah foffe impreffa qualche figura, ò carrattere brutto, ouero ( il che più tofio credo ) folle la radice dell’herba detta Satirion, la quale lì può domandare brutta; sì per la fua effigie che raflembra due tefticoli ; fi per la virtù; perche come dice Teofrafto, nel libro nono al capitolo vigelìmo è attillima allo llimolo di Venere, o toccandola fd gli huomini libidinofi, e tanto più mi confermo in quello parere, poiché Plinio nel libro vigefimofefio della fua naturale hi(loria_,, al capitolo decimo afterma, che quefta herba è vt ililfima contra le malie, Mdquìilcuriofomidimanderdfeèvero, òfauola , che fiatile malie,e-» fe fon vere, come poffonole llreghe amaliare le Creature fenza approdi* marfi d quelle, e fenza toccarle, d che rifpondo, che cosi non folfero, co­ me fon vere le malie, perchecofii facri, cornei profani Auttori lehanuoaccertace, econtellate per chiare, ètra gli altri il Maefiro delle lententie, di San Tomafo nella prima parte,alla Qnefiion.i 17.al terzo libro . Alberto Magno,al Iib.a2.de gli Animali,& il Tofiato nelq.Problema al cap. ló.ne fanno indubitata fede-.e quel che più importa, la Santa Chi efa, perii fuoi Inquifitori, abbruggia, e condanna le llreghe per le loro malie; il medefimo dice Ariilotele nella parte 20. de’Problemi al 34.plutarco nejla pri­ ma Deca del Conuiuio,oltre che i libri Poetici fono pieni delle memorie di G a Cic* ¿fà ________________


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D ELLA

CO M M A R E

Circe, clic mutò Vlifle in porco, e li fuoi compagni, come diceHomero; è di Medea, chi non sd gli incantefmi, e le itregharier' Md chi vuole à pieno certificarli di quella materia legga vn libro chiamato martello delle {fre­ ghe,cópolto da vn frate Todefco,& io ne difcorro d luogo nel lib-de gli er­ rori populari,è mo vero,che le malie fono di due forti,alcune fono natura­ li ; altre per arte del Diauolo i le naturali fono quell e, che nafconoda vna pelfimacoilitution naturale, la quale è di tantamalignitd , cheguaitagli huominico’ l folofguardo fenza colpa dell’agente, come dice Alberto Ma­ gno nel predetto luogo * e Marfilio Ficino nel 13 • dell'immortalitd del­ l’Anima al cap.4.& queiiapuò procedere,non folo da gli occhi,md dal toc­ care, dal fiato, e dal parlare di quella non parlo io; m i della feconda fatta per mezo Diabolico , la quale e ferri tata da quelle mahiagie donne dette flreghe guaita le Creature,hora toccandole, baciandole, bora guardando­ le fòlotìlfe, e quello come dice S. Tomafo,nel luogo citato non immediatamente.mi per mezo dell'Aere alterato, & infettando,horaapprefentàndo fiori, & frutti amaliati, che fi fa per opera dei Diauolo, con caratteri, ò altri mezi,il quale in quello affare è vbbidiente d quelle maluagie Megere, poiché in contracambio h i riceuutol’anime loro in dono: contrale quali Malie, i Gentili adoperauano ilSatirione, li corali,la Rutha, & altre cofe iìmili-Md noi Chriiliani,nutrì ti dalla Santa Madre Chiefa cattolica,habbiatno migliori rimedij contra le malie,che non fono ò il Corallo, ò il Satii ione,& è l’vfo degli Agnus Dei, che compone il Pontefice Romano Santiffimo Pallore, e Vicario di Chriilo in terra, ne’quali entra Foglio Santo, e fi compógono con tante benedittioni la fettimanaSanta, che quelli vagliono contra malie,fulmini,paure, & altri pericoli, che foprallanno alle crea­ ture . Per quello reputo neceilarioii farne tenere fempreadoffo di fanciul­ li effendo vn legno de’fedeli, & vna medicina falutare, & io per due volte nelle fortune ho veduto fubito cadere l’orgoglio all’onde, & d i venti get­ tato vn’Agnus Dei in Mare . La buona memoria di mio Padre ancora mi raccontò d’hauere egli Hello veduto nell’incendio dell’Hoipitale diSan Spirito di Roma,luogo celebre della città,al gettare d vn’Agnus Debelliliguerfi quelle fiamme, come fc le creature de cieli vi fufierofopracafcate. M i chi defidera vedere a pieno la loro virtù, legga vn libro comporto dal Molto Reuerendo Padre Fra Vicenzo Bonardo Romano, dell Ordine de Predicatori, già. compagno del Maeftrodel Sacro Palazzo, & hora Vefcouo(credoJ diSarno,il quale ne tratta copioiamente.

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D el Parto naturale doppio C ap . X X V I I . Auendodi Copra parlato de! parto femplice naturale, e nc.' cellario dire breuementequalche cofa alianti, ch’io fini*, fca quello libro del parto naturale doppio. Dico dunque, cheil parto doppio naturale è quello, nel quale nafcono due, ò più fanciulli con le conditioni predette, che/ì ricercano nel parto femp icejtiaturale. D ue, ò più hò detto, perchefebene fpeffo nafcono gemelli, molte > volte nafcono triplicati, quadruplicati, e moltiplicati, come fi è detto di Copra, nel quale parto altro non fà di meftiero, che di molta diligenza della Commare in affrettare l’opra, douendo feruire à tanti : mi però of­ ferii]'in ciafcheduno quanto fi è itifegnatonel parto femplice. Debbe an­ co confidcrare, fe il parto fard de gemmini, ò de* tngemmini, quando tutti vengano infieme, ò vnoauanti l’altro, imperoche fe tutti fodero pec vfeire preparati neU’iileffo tempo, dee pigliarnevnfolo, efofpingeread­ dietro gli altri, e dee pigliare que'fo, eh e anteriore à gli altri in qualche^ modo; md fia auuertita auànci, he egli fiafuori affatto di prenderei’-, altro, acciò non muti fico, e renda il parto difficile. Intorno àciònoru,' dirò altro, fe non eh’ il parto quantunque naturale è più diffìcile, cheil femplice; md è vero anco, che quafi tutei i parti doppij fono flati di per­ sone fegnalatiffime, c nella Scrittura Sacra fi racconta quello di Giacob, ediEfau; nellenarrationifauolofe, quello di Cailore, e di P o llu ce^ ; nelle Hifloriche, di quello di Romulo, e di Remo,oltre, che corqe dice T i­ to Liuio nel Primo libro della prima Deca, e Plinio nel libro fettimo, i tri. gemmi, appreffo Romani dettiHoratij, e gli altri trigemmini detti Cu. riatij,appreffo gli Albani in campo aperto, combatterono à corpo ,à Corpo, perl’imperio della Città loro. Si chela fatica di queilo parto doppio fi può confidare con la fperanza d’vna granj riufeita ne’nafcenti. E perche fi potrebbe di effo moftrare la forma in molte figure, fecondo la molCiplicità de* nafeenti, md da vnafola anco» ra fi poflono congietturare l’altre però ballerà à noi di porre qui fotto deferitta la figura del parto doppio natura­ le de’ gemmelli folamente.

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DELLA COMMARE

11 Fine del Primo L ib ro .

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DELLA COMMARE DI S C I P I O N E M E R C V R I O;. L [ B RO

SECONDO.

D el parto pretternaturaley e vitiofo y in quanti modi fi faccia ye di quanto [i tratterà, in que(io Libro : Cap.L V'diuifo if parto Fiumano, nd primo capitoro del pri­ mo libroin due membri, cioè nel parto naturale ,,e nel preternaturale » quello come perfetto, quello come imperfetto, e vitiofo; e perche quello è mifura di quedo, lì come il feto dell' obligo, come_? lì dice, hora farà facile cofa fapere quale lìa il parto pretternaturale, che per lo auuenire fempre illecitim o, ò vitiofo dornandaremo, poiché mi pare, che_» a badanza nel primo libro fi è dichiarato, qual fia il parto naturale deH’huomo , e quali nano le neceffarie fue conditioni. D i­ remo dunque , e bene, che quedo farà parto vitiofo, al quale mancheran­ no vna, ò più conditioni conuenienti al parto naturale, e perche fi dif> fe , che cinque erano le fue conditioni, ciocche la natura nafca in debito fito , in tempo opportuno facilmente, e con accidenti fopportabil i con_» le folite purghe, e coni membri compiti, perfetti; il parto mancando d’vna, ò di due di quede conditioni,farà al ficuro vitiofo>ma vitiolìlfimo.fe farà priuodi tutte-Onde per ragionare con ordine,diremo,che il vicio in effo può naicere dal fico, dal tempo,da gli accidenti, dalle purghe.e dal la im­ perfeccione delle parti. Se dal (ito mancherà la prima conditione ; e verri lacreaturaal parco col capo dotto, con le mani,piedi,lati,ò ichienaauanrh Se dal tempo mancherà le fecóde, e cosi nafeeado auanci il tempo decermi-


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com m are

nato, e con file co produrrà l’aborto. Se nafcerà con accidenci ecceffiui,fatà difettofo nella terza,e fi farà con difficoltà eftrema.Se il vitio farà nelle pur­ ghe,all'hora gli mancherà la quarta, e le feconde faranno difficili ad vfeirej ouero poche, ò nulle, ò troppe fi vederanno lefolitepurghe .Se finalmente farà nell’ imperfeteione de’rnembri, farà drflectofo nella quinta condicione, e la imperfectione farà in qualche parte,ò in tutto il corpo.-in parte,quando nafcerà il fanciullo co’mcmbri ftroppiati,ò moftruofi in tutto il corpo,quàdofaràil parto totalmente imperfetto,ne farà huomo,ò donna, ò animale, mà vn pezzo di carne disformato, detto da’Medici molla . Hauerei potuto nel ragionare di queiìo parto vitiofo feguire l’ordine di Auicenna,nel terzo libro alla parte 2 r. trattato 2. e cap 21. oue trattando del parco difficile annouera nelle fuecaufeil fitc vitiofo,l’aborto, la mola , eia durezza deile fe­ conde : mà hò lafciato quello ordine benché buoniffimo» percheiofeguo quello, ch'è propofto nel primo libro;6i è canato dalle conditioni del par­ to naturale. Il che tanto più volentieri hò fatto, quanto, che hauendo preio il parto naturale per la fquadra, e mifura del vitiofo,molto meglio,e più diftintamence difeorreremo adeffo fopra le ifteflè conditioni, che come per­ fette inoltrano il naturale,così imperfette manifdtano il vitiofo. Oltre che più chiaramente fi comprende la differenza de’ lìti vitiofi per mancamento della prima conditione dell’aborto,per diffetto della feconda,della difficol­ tà del parto per caute della t erza, delle purghe per caufa della quarta,e de’­ membri imperfetti per caulà delia quinta. Si aggiunge a quello , che inco­ minciando a trattare del parto vitiofo,prima-chedeldifficile, fi incomincia da caufa più vnitierfale, perche è anco caufa del parto difficile, ch'è difficile apunto, perche è vitiofo; fe bene poi quelli termini di vitiofo, e diffici­ le fi tronano fpeffe volte appreflo i Dottori vfati reciprocamente, piglian­ do il vitiofo per difficile, & il difficile per vitiofo. Onde io per feguire l’or­ dine principalmente del primo libro difeorerò d’intorno al vitio nafeentc* dal difetto del fito naturale ; ma prima dirò, che il parto vitiofo è di due_j forti, vno Tempio, e l’altro doppio. Il Tempio è quando vna creatura fola nafee in detto parto co’I mancamento d’vna, ò di più delle conditioni alli­ gnate di fopra al parto naturale. Il doppio è , quando gemelli, ò più crea­ ture naftono nell’ifìeffo parto vitiofo, come poi fi d irà. Se dunque e fiato detto, che il fico naturale del nafeimento fiumano fia il venire in luce con la tefta a uanti, e con la faccia più fpeflo prona, che fupinaùl fito del parto vi­ tiofo farà contrario à quello, & per quanto fi può raccogliere da Mofchio¡ne Medico Illufiriffimo, & Eccellentiflìmo, & da Auicenna,quello fito può «fière contrario al naturale in cinque modi principali-Principali dico,perche ciafcun modo è variabile in più maniere,come fi moftrerà.Nel primo modo può la creatura opporli al fito naturale con la tefta, nel fecondo con vn bra­ d o , ò con due,nel terzo con vna gamba, òcon amendue, o venendo auanti con le gambe aperte, Se arcate, òcon le mani, & piedi auanti, 0 con 1c_ j ginochia ; nel quarto con la panza, fchiena, natiche, nel quinto con i lati . Prima può opporli co’l capo, perche nel parto naturale viene la creatura co lateila inanzi à ritrouare dritamente la natura della donna, fenza intop-

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0 n o n p ie g a n d o in alcu n l a t o , m à nel parco v itio fo vien e con la tefta_i , — :: -------' ------------------auaa-


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L I B R O

S E C O N D O

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alianti s ì, ma torcendo, è piegando il collo, fica la tetta ne fianchi della _» madre, o nel petenecchío, Con le mani farà contrario il parto, quando nafeendo porrà fuori vno braccio, ò a m b e d u e , e medefimamente co’ piedi fpengendonefuori,hora vno, horal'àtnbedue; onero con le mani, eco’ piedi, quando con etti vniti, fi prefenta alla bocca della natura; onero ve. nendo co’piedi auanti difiende le braccia fopra la tetta , & infierne inarca., le »ambe. Co* lati fi può opporre quando in luogo di venire con Ja tetta.» auanti, viene porgendo il deliro, ò finiftro fianco; & vicinamente fi fa con. trario indoppiandofi, quando porge auanti la fchiena, ò la panza regira le gambe, e ie braccia verio il fondo della matrice, ouero s’indoppia porgen. do le natiche alianti, ole genocchia, come fi moflrerdal fuo luogo ,e queño quanto al parto Tempio. Quanto poi al doppio (ara contrario, le ver­ ranno due gemelli, vno de1 quali ila morto, e ìi altro viuo, vno co piedi auanti, c l’altro con la tetta, ò amendue con i piedi, ò con le mani, ò in., fomma’ con l’altre differenze, ‘che fi [fono dette nel parto Tempio, le bene per la poca capacità del luogo occupato da duecorpi, non fi poffono ere. dere ne’ gelimeli ¡altre differenze, che nafeere due con i piedi auanti, o con >q tetta, come auiiiene nel parco naturale, ò vno con i piedi, e l’altfo con ía tei; ’ - E perche il mio primo fine e flato di trattare di quello parto vitio­ fo perinfègn?re alla Commare i rimedi; di aiutarlo in quanto fia poflìbilc» all’ arte noftra, hò penfaro per maggiore facilità di porre in difegnociafcheduno de’ predetti modi del fico vitiofo, e poi foggiungerui il modo , che dee tenere la Commare per correggerli, e perridurlial debito fito na­ turale: «iudlcando io neceffàtrio auuertirla, & inttruirla d’intorno a molti abufi perfuggirli,come d’intorno a molte altre cole vtiliifime per abbracciar-! le. loche cercherò particolarmente di quelle differenze, chefitrouano nei fito del parto vitiofo, conciofia cola, che vi fono cafi ne’quali non por^ gendo il conueniente aiuto, e la^creatnra, e la parturiente a certiffìmaj morte ¿conducono: E anco bel lilfima cofa, &vtiliflima, vedere vna_j Commare intrepida, e iaggia oprare in talli affarri feco n d o il bifogno, z j la ragione.

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B E L L A COMMARE

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D el moda di aiutare la creatura, che Venga alpar­ ta con la tejìa aitanti, ma col collo ¡torto . Cap. II. Er cominciare dalla tefta, come da parte pià n o b iltà può da quefta nafcere la prima oppofitione , ò con­ trarietà al parto naturale , nel vitiofo * 8c all’ hora-* falli , quando venendo in luce la creatura , vienfi auanti con la tefta prima degli altri membri » ma con il col­ lo ftorto in maniera , che declinando quella alla parte de­ ne della madre*.e : ilira, n » ) vò / ìfiniftra,fi iiiiiu ificca iu .d u v . i ifianchi ia iiw iii u t iia n i t t u i t j v con il collo» ottura quali fa Natura, e ciò può accadere così veri© il petene<chio,e fuo j

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LIBRO

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oppofiro, come ne’fianchi, cioè che la teda fi cacci nel petcnecchio, ò nella parte, che gli è dirimpeto,& il collo faccia i’effetto fudetto.Quedo tale fico porta feco più affanni, e dolori,che pericolo, fe la Commare farà non meno dii igen tc, che accorta, perche eilendo venuta la Creatura con la teffa alian­ ti , e facile cofa dipingerla adietro, drizzarle il collo, econdurre la teda_» al fuo luogo,acciochenaturalmente pollanafcere-futcauia il doloreègram didimo, condolía cofa cheèfpinta la creatuta dalla virtù efpultrice; & à ciò sforzandoli ella per iftìnto proprio di natura, quanro più a fate quedo s’adopra, tanto più comprime quelle parti, doue tiene la ceña fitta, il che cagiona continuamente dolore atroce, & alla madre, Se alla creatura ,la_» quale non può fenza affanno, con odi tanto teneri ponrare corpo fi graue , Se odi cod duri, come fono quelli dellamadre. Onde venendo quello cafo, il quale potrà conofcere la Commate, toccando con la mano la teda in trauerfata, con ogni prefiezza fi accinga à porgerle il podìbile aiuto, & à fa­ re quello adoperi dueinflromenti,il primo de’quali farà il configlio del Me­ diconi fecondo fia l’opra della mano.Quanro al configlio del medico bañe­ ra quello, che diremo adeflo per indruirla. Sia auuertito Copra ogni altra_» cofa di non fare muouere punto le grauide, le quali haucranno le creature*» trauerfatc nel corpo, fuori di fito : perche quel moro agitando più le dette creature, elefámaggiormenteaddodare, e ipingere nei luoghi, doueli ritrouano,e quello cagionando maggiore dolore, cagiona anco maggiore-* ñudo di humori, i quali fi come per fe ñedi fono badanti ad empire le vene, & l’altre parti circonuicine, coli pollono facilmente prohibiré l'efitoài ianciul l i , onero anco affogarli con la loro abbondanza. Onde il dottiifimo Mofchione fi lamenta di quei Medici più antichi diluí, i quali commandauano alle donne gravide, che alianti il parto fi moueffero, e fi lauaffero: perche tanto c vero, che ciò porti giouamento, che più predo anco nel par­ to naturale può nuocere, conducendo fuori del debito fico la cracura, ne fi può concedere molto mediocre fe non nel parto difficile, cornei! dirà nella fuacura .Si concede anco nel parto vitiofo, ma all’hora fidamente, quando fituatala parturiente conia teda china fi fa muouere ,ò per condurre il fan­ ciullo nel fondo nella matrice, ò per fargli mutare fito. Ma il farla muoue­ re mentre è in piedi, ò á federe, è cofa più che perniciofa, e però in quedo fia molto auuertita la Gommare, e faccia, che le fue parturienti diano nel­ la maggior quiete, che farà podìbile. In oltre laici quell' abufo pur troppo radicato nelle donne Italiane, le quali danno alle grauide, mentre fono in procinto di partorire, ogni hora, Se ogni momento da mangiare, e da be­ re, perche penfandofi co n tale via confortarle, le indebolifcono più, ponen­ do tanto cibo fopra la virtù già languente per il dolore » e per il timore del parto,e le accade apunto quell’idefTo, che accade à quegli altri,che penfan­ dofi accendere predo il poco fuoco, lo caricano di mol te legna, le quali quantunquefecche, per la moltitudine opprimendo il fuoco l'edinguono. Però non fe le dia cibo, ne vino,fe non in cafo mani fedo di neceflìta per ri­ dorarle le forze, perche i! molto cibo gonfia il ventre,e lo domaco.c perciò comprime anco la matrice,c per confeguen za la creatura,che vi è dentro in modo, che non puòmuouerfi, nèajtftarfi pernafeere. E chi non sà, ch*^


B E L L A COMMARE

io8 fpecic di dolore indicibile il mangiare, e bere fenzafete, e fame? equa!, donna hauerd mai fame; ò fette in dolori sì acerbi, & in tanto immeniì timori? Onde non s’afcolti i! configlio del Rueffo nel quarto libro, doue in più luoghiperfuade ne’parti vitioii amuouere^, e cibare bene fpeffola_» parturiente: e quello baili quanto al configlio del Medico. Quanto poi all’opra della mano fono neceffarie tre cofe : vna alla Commare : l'alrra alla parturienreda terza alla creatura. Alla commare è necefiario hauere le ma­ ni morbide, e quando per natura non le habbia tali, le ammorbidila con quegli ogli, grafi),e mocillagini, li quali prima d’ognialtra cofa deue hauere ì n pronto in ogni pare ' cosi naturale,come vitiqjlo, e fiano tali ogli,di oliua dolciflìmojdi feme di lino,e di mandole dolci,bntiro frefeo,graffo di gal­ lina,dj ocha,ò di annera,decotto,ò mocillagini di fieno greco, di malua,di altea,e fimili cofe.Hora con tali graffi florpiciandofi bene le mani quantun­ que rufliche foffero, le ammorbidirà, e farà paftofe. Doppo fi dee tagliare le vnghic fino fu’l vino, macón tale auuertenza, che non reftino difugua* li,ac ciò nel toccare, e trattare il corpo teneriffimo della crcaturanon lo la­ cerino,ò ferifcano;doiiendo particolarmente maneggiare fouente quel cor­ po prima ch’efca in luce fopra ogni credenza tenero, fi come fanno fede l o Commari Genouefi,le quali pongono i capi de bambini,quali in vna (lampa per dargli quella figura, che giudicano ottima,ne gli fanno alcun nocumen. t o . Alle partorienti poi è necefsario ile onueniente fito, il quale farà anco neccfsario ad ognialtro parto vitiofo, e portali! qui fotto in difegno, per maggiore chiarezza doppo che da noi farà 11ato dichiarato. Si collochi, & acconci la parturiente fopra il letto fuppina.ma con la teila chinajil che fi là commodamente, ponendo molti piumacci,ò altre maffaritie fotto le (palle, 8c alzando fempre con proportione, fin che fi arriui alle natiche, di modo, che faccia vn fdrucciolo pendente da dette natiche fino alia teila. Si acco­ modi poi la Commare in ginocchioni trà le gambe della parturiente,& ontafi le mani con i predetti ogli,ò decoti, confideri bene la parte,doue portaua la creatura con la teila, & hauendola ben riconofciuta di quindi inco­ minci a fregare gentilmente, e fpingere verfo l’ombelico della parturiente : ma fopra il tutto onga molto bene, & il corpo, e le parti circonuicine della natura, e quello faccia molte volte, affinché la creatura Rodandoli da_» quel luogo,doue malamente era fituata.fi r¡d.uca ne} mezo del ventrejil che iuccede facilmente. E qui debbo auuertire l’errore non dico di molte Com­ mari, ma di alcuni Medici ancoraché hò veduto operare in tal cafo; poiché volendo ridurre la teda al fito naturale, e ricondure la creatura più adentro nel ventre materno, collocaiiatio le parturienti nelle feggiole da parto, e_, no n s’accorgeuano, che quel fito è contrarijffimo á quella attione, perche il fanciullo facendo, pefo a fa deffo,e tutti gli inteiìini,anzi tutta la vita cor­ rendoli adoffo , lo cacciano a baffo, e lo confìcano fopra modo ne Ulto vi­ tiofo, dal quale nè per diligenza loro, nè per forza vfata dalla pariente, può a muti modo rimouerfi, perciò non lenza ragione,due, ò tré, c hò veduto iti tale fito infelicemente perirono infierne con le creature. Hora collocatala parturiente nella fudetta figura, cioè fupina, con la teda pendente, e con_» tptto il r e d o del corpo eleuato dimorerà in quella fin tanto che la Comma-

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SECONDO,

io » re habbid ridotta la creatura nei rnezo del ventre,e fuori di quelle anguille doue era cacciata, e quafi fi tra, la quale fi apparecjfieri poi d concluda in_. fico naturale al parto ,e quella è la terza cofa neceffaria alla creatura.Onde fubito che s’hauerd ammorbidito le mani,come di fopra fi dille, reitando pureinginocchioni tra le gambe della parturiente, & intromeffalamano delira détto la natura della donna,e toccando il capo del fanciullo lo driz­ zi verfo la bocca della natura,e coti palpadolo leggierméte.onga beniflìmo èluive le parti inferiori della natura,con gli ogli tepidi lopranòminati.e di­ morata cofialqunto, intrometta la fin ite mano per dentro la natura in aiuto della delira,accomodando l’ vna,e l'altra mano almeno con le pun­ ta delle dita,vegga di reggerli il capo dritto,toccandogli le tépie, e ferma­ tolo bene in tale fico,commandi,che d poco fi leuino i piumacci,che ftauano fotto le natiche,e coli fuccefliuamente tutti di modo,che refii la partnriente in piano.Fatto quello con prellezza, & altrettanta dellrezza le aiu­ tanti donne piglino la parturiente per li fianchi, eia girino commodamente verfo la fponda del letto.-mi la Commare non lafci mai la teda della crea­ tura, e fi aggiri ancor effa.come fi gira la parturiente, la quale doppo con­ dotta sù la fppndadel letto, veda fe la creatura fi muoue per nafcere, per­ che fpeilo accade,che fubito che la grauida torna in piano fu'l letto tenen­ doli la tefta della Commare,come fi è detto nafce il fanciullo fenza impedimento.-md quando coli non efce fuori fegiriti di cenere la fella dritta,e com­ mandi,che pian piano fia leuata d federe fopra la fponda del letto,tencndola due donne per dietro , e ponendole delli fcabelli fotto i piedi con tale proportione, che le gambe refiino molto aperte, & alquanto pendenti, & all’hora fi adopri la Commare di hauere la creatura.Quando ciò non fucccda, fi conduca la parturiente con ogni deftrezza poifibile alla feggiola da parto,doue con più commoditd può efercitare il iuo officio,e fe hauerà te-' nutala teda dritta,come fi dille, al ficuro nafcerd la creatura nel fico natu­ rale fenza impedimento alcuno, in feruigio della quale fard tanto quanto fi è detto nel c. 20. del r.I. doue s’infegna à raccorre le creature nate natu­ ralmente. Ma viaggi ungo di più,chedonecoldfi diffe, che hanuca le fe­ conde , co n vna fponga bagnata in acqua calda fi deue nettare la natura, e fomentare le parti circonuicine hora in lnogo di acqua calda fi adopri la fponga con vino bianco caldo, per confortare quelle parti, che hanno ta. to patito,à che fare non e buono il vin negrojperche effendo troppo ailringente potrebbe ferarre quelle parti,che debbono reftare aperte per tutto il tempo delPimpagliolanza, detto il puerperio, il che caufarebbe accidenti crudcliffimi, come più d baffo fi dirà al fuo Iuogo.Sari dunque più à propofico il vin bianco,perche è apertiuo,ma fi debbono ongere anco dette par­ ti con ogli di camamilla,di mandole dolci, ò di gigli bianchi, i quali effendo anodini,mitigheranno il dolore,e rifoderano temperatamente l’humore concorfo, di che appunto h i bifogno la parturiente. Il difegno del Ci­ to,che. debbono tenere le grauide nel parto vitiofo,che fopra fu infegnato da noi, è quello che fegue.

B Sito .


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D ELLA

COMMARE

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BSito necefsarijiijmo in ogni parto vitiofo,ne! quale fi debboi*o collocare tutte le grauide , che difficilmente partoriicono perqiul fi voglia caufa.

Del


LI BRO S E C ON DO.

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D el modo di aiutare quel parto , nel quale nafce la creatura convn braccio auanti latejla .

Cap. HI.

Aggiore difficoltà in vero porta feco quello fecondo parto vitiolo , nel quale la creatura viene con vru. braccio auanti la ceda , di quella che portafle il pri­ mo > imperoche mai , ò rariffime volte fi vede que­ llo parto,che anco la tetta nò fia fuori di iìco.E la ragione di quello, e perche efsendo il braccio vfeito fuori della natura,& efsendo la creatura fofpinta dalla virtù efpultrice,ccme da fe itefsa defiofa d’vfcire in luce,è forza, che quanto più il brac. ciò

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DELLA

COMMARE

ciò fi fpingeauanti, tanto più il capo richinifi,e fi pieghfiò rctfo i fianchi» ò nel petenecchio.ò verfole reni, non potendo vicirein vn medefimo tépo il braccio con la fpalla.cla tefta.-poichc la tetta fola è ballante ad occupare le foci della matrice.Si che è difficile quefto fecondo parco vittoio per dop­ pia difficolti,l’vna per il braccio,ch’è fuori di luogo,l’altra per la retta che retta fopra, come fi è moftrato nel cap. antecedente in quelto cafc è di bifognoche fi vfi grandiflìma diligenza non folo della Commare,mi da quei di cafa per farla ftarc femprc affittente alla parturienteperche fe accade » che la creatura venga con braccio, òpiedi auanti, c chelaCommarenon fia in cafa.mentre che fi fi domandare, e che ò per la molta dittanza, ò per la tardanza di venire, ò per non eflerfi t rèuata, all’hora fiprolongail tem­ po,e l’aiuto, fe quel membro.the retta fuori piglia freddo, ò che muoia, ficuro quello diffctro vccidela creatura,e rend’il parto difficiliflìmo. A queflo fi può rimediare, facendo ilare d i, e notte la Commare affittente alle donne grauide almeno per tré,ò 4-di atlanti il tempo del parto,il qual tem­ po fara beniflìmoconofcititodaquei dolori foliti, che fogliono precedere il parto.Ma quando anco accade(fe,cotne facilmente può interuenire,che la Commare non fi trouafle prefence, quando la creatura viene con le brac* cia,ò coni piedi auànti, ogni donna può porgere quefto aiuto di ongcre il braccio,ò gamba con butiro frefco,ogIio di mandole dolci, e grattò di gal­ lina, e ridurle nella natura della madre, ponendo lei (ubito in etto à gia­ cere fupina con la tetta inchinata, & con le cofcìe inalzate, e coli appettare la Commare. Quella poi quando farà giunta, dee vfare la medcfima dili­ genza,che fiì ordinata nel precedente capitolo cofi nette cofe appartenen­ ti al configlio del Medico, come in quelle che s’afpettano all’opra manua­ le,onde acconciata la parturiente nel fito di fopra moftrato,t agliate!] Ì’vnghie, Se ontefi le mani,riduca il feto nella capacità del ventre, e dòppo con la delira,ò fini lira mano riponga il braccio al fuo luogo,diftendendolo giù per la cofeia ; il che è facile da fare, poi drizzi la tetta nel modo detto di fopra nel a. cap. & anco con ambedue le mani fi sforzi di toc. care le punte delle fpalle del fanciullo con le punte delle fuc dita,e di rifpingerlo alqnanto verfola madre. Fatto quefto,torni à prendere con l'iftefle ditale tempie della creatura, & vfi quanto habbiamo detto difopradi condurtela parturiented federe,ò fopra la fponda de! let­ to , ò fopra la feggiolla da parto,reggendoli nel tetto , come fu giàinfegna,. to.

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D el modo di aiutare quelparto nel quale viene U creatura con amendue le mani auanti. Cap. IV. L terzo parto vitiofo e quello nel quàle la creatura-* vien fuori del ventre materno con amendue le mani auanti; e queilo fe bene i lei è di minore pericolo,poiché le braccia cofi diflefe tégono la tetta à fegno,in modo,che non coli facilmente fi polla piegare verlo i lati,fi come fù del parto d’vn braccio lolo,& tuttauia molto faticofo per la Commare,la quale hd da fare in elfo4.attioni;due in ri­ durre le b ra ccia al fu o Iuogojla terza ,in ifp o rg e re la creatura détro verfo 1’H ~ vtero


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t>E L L A C O M M A R E

\tero,e la quarta nel tirareTuori la creatura.Hora pet farle benc,con l’airtto di Dio faccia fobico intrepids>e corraggiofa accomodare la parturiente nel letto fupino*ma con le cófcie.e natiche molto alte,più che di fopra non fi è detto,e con raleproportione,che faccia quali vna pendenza feguente à guifa di fdrucciolo,fecondo il fico, che fi è moflrato in figura nel 2. capito* lo,e pollali laCommare in ginocchioni doppo ch’hauerà onto le mani con gIiogli,ò graffi,come fù detto,e ch’haucrà anco onto il ventre,e la natura, porrà la fua mano delira nella natura,ridurrà prima l'vno braccio alfuo luo. go cioè, dirtelo giù per la cofcia, e poi tirando fuori la dertraintrometterà la lìnirtra, Sì accomoderà l’altro medefimamcnte.come fece il primo. Fato quello con amendue le mani,adoperando però folo la punta delle dita,toc­ cherà l’ vna,è l'altea punta delle/palle della creatura,e la fofpengeri con ogni deflrezzaverfo il fondo della matrice. Lafcierà dopò per qualche fpa. tio di tépo la parturiente in tale lito,tenendo il fanciullo fermo con la pun­ ta delle dita,acciò s’acquieti in tale figura,e commandi tra tanto alle aiu­ tanti,che à poco à poco leuino i calcini di fotto alla grauida,macon mol­ ta deftrezza,la quale ridotta in piano,fi la fei ancora per alquanto ripofare, ma però la Commare-mai defitta di tenere ferma la creatura,come fi è detto. Ripofatala donna.fi conduca nella fponda del Ietto à federe,accomodanle fotto i piedi,cufcini,òfcabelIi,accioche redi con le gambe aperte,e commode,efacendola tenére per dietro ad vn’alcra donna,le faccia in modo di. ftendere la fchiena,che fi renda atta a l’vfcica della creatura. Quando fi po­ tette condurre alla feggiola farebbe megliomu il mouerfi ne’parti,che fono vitiofi nel fico è cofa peffima, poiché come fi è detto nel primo libro, balla il moto à fare difperdere.e fare variare il fito naturale,e mutarlo in vitiofo; nè fi concede il moto fe non nel parto dificile,come di fotto diremo al fuoluogo;onero dopò,che la parturiente farà polla in letto fopina nel fico inlegnato, fi come habbiamo inoltrato vn’altra_» volta. flora fe la Commare hauerà felicemente condotto in quella parto vitiofo la creaturà al fico naturale* fi gouerni nel refto con le regole,¿he furono. "* iiifigtiate da noi d’intorno al rac* ^

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c o rre il p a r to n a t u r a le ,


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D el modo di aiutare quel parto , nel quale nafce la creatura con vnpiede auanti. Cap. V . Olpo più difficile del precedere è il parto vitiofome! qua­ le viene la creatura con vn piede auanti ; si perche è più difficulrofo da ridurre al fico naturale , come per il pe­ ricolo ino,è il dolore della madre nel tirarlo fuori c< i piedi auanti. Per quella canfa dice Plinio nel libro timo della naturale Hiftoria.alCapitolo Ottauo,chc fi do­ mandarono Agrippi,quelli che nafcono co’piedi auanti, pecche diifidlu'ite ruicono.Auziegliieguendo il coftume «etile,cau3 pelH a firno


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BELLA

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fimo augurio da tali parche ciò conferma con alcuni cali feguiti, affermali! do che non folo gli Agrippina MarcoAgrippa in poi)ma nati dalle Agrip­ pine,fono flati (per vfare le parole) faci, incendio, e rouina del genere lmmano,come furono Caio Caligula, e Domitio Nerone,due veramente più «loxlriin volto humano, che huomirii,come ne’lofoffatti fi legge appreffo Dione,Plutarco,e Tranquillojn tal cafo dunque dee la Commare colloca' re la partoriente fopra il letto lupina con la teila pendente,come fiì pollo in di legno, e poi ongerle beniffimo il ventre, la natura, e doppo à fe fteffa le mani , facendo ogni sforzo dirimettere la creatura nel ventre materno» il che fari , Te porgeri gentilmente la gamba vfcita al fuo luogo, e fari muouere la parturiente qui , e li moltcj» voice , accioche ritornando il fanciullo nel fondo della matrice, poffa ella più ageuo finente ricondurre la gamba , & i piedi al debito luogo . Ciò fatto fi affatichi con amendueTe mani , tenendone vna dentro la natura, e falera diflefa foprail corpo, èprocuri di girarti» la creatura con la teda in giù, e co’piedi all’insù ; il chefe bène pare difficile à chi non è pratico il tale amminiilratione, riefee però alle volte_j molto facilmente. M i non bifogna hauere nè colera, nè fretta ; m i fi dee con l’animo qnieto patientementeattendere à condurre i poco i poco il bambino nel fuo fito, rotandolo con la punta delle dita deliramente ,e fofpingendoloalloin sii, e con l’altra mano di fuori aiutandoli,fino d tan­ to , che il capo venga doue prima erano li piedi . Il che quando fucceda , tenga la Commare con amendue le mani il detto capo con la punta delle d ita, e conduca la parturiente alla feggiola con la-j diligenzamedefima, che è detta di fopra, & iui aiutandoli con ogli, e graffi caldi , riceua la creatura , che nafeeri naturalmenre . Doue fi dee auuertire , che non è bene in foccorrere à quello parto feguire il configlio del RuefFo , ch'egli d i nel quarto libro ; al capitolo primo dicendo, che quando la creatura viene con vno, ò con due piedi auanti,fi dee all’hora con og'i procurare di farla coli nafeere tirandola per i piedijprima perche noi non fiamo certi,che quella proua debba riufeire. , e non riufcendo fiamo certiffimi di far morire il fanciullo,& di porre in manifeflo pericolo larnadre,poi perche fempre in ogni parto di vjtiofo fito la prima proua, che fi dè tentare, e di ridurlo al fito naturale; il che quando poi non fucceda,all’hora èlecito prouare di hauere la creatura in ogni mo» 1 do migliore. E tanto più mi fpiacc il configlio del Rueffo, quanto che à ! volere far prona di tirare per li piedi il fanciullo, che viene fuori con vn_. A piede atlanti fi hanno da fare quattro attioni tutte d’importanza, e colme li di fommo dolore,e di eflremo pericolo per la madre,& anco per i! figlio.La fa! prima è di prendere l'altro piede e di tirarlo fuori ; la feconda è di acco­ modare la mano delira diflefa giù per la cofcia ; la terza di acconciare fi-i milmente la finiiira,la quarta di cauare fuori la creatura peri piedi con Je mani diflefe; il che rende il parto pieno di dolore, e pericolofiffimo. E ciò è tanto vero, che lo conleffa l’iileifo Rueffo nel terzo capitolo del medefìmo libro, doue apertamente dice,ch’èmo!ro meglio in tale cafo sfòt* zarfi di ridurre la creatura al fito naturale. M i quando ciò fare non fi polla ne


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fiè per ingegno della Commare , nè per ragitatione della madre.,» \ all’hora è forza tirare fuori l’altro piede, & accomodare le mani dirtele giti per le cofcie, poi cauare fuori il parto con Ì piedi auanti aiutandoli con l'vfo de gli e g li, e graffi caldi , e quando in ciò forte difficoltà , s’vferanno quei rimedi) , che facilitano il parto , che fi infogneranno al luo luogo nella cura del parto diffi­ cile : md fopra il tutto fi farà tenere il fiato più che fia poffibilc* dalla parturiente , fi farà ftranutare , e s’eforterà à non gridare, ò piangere.


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BELLA

COMMARE

ftefe in parte tanto difcoiìa della natura della donna, e per confequeru za doue la Confinare non può giungere, fenon qualìper forza con mani per dare quell’aiuto, che farebbe neceilario. Con tutto ciò, dee la faggia Commare con animo intrepido prima raccomandare quella atrione alla Maelfàdi Dio,, & à Maria Vergine, è dopò fare corraggio con parole franche alla patiente, la quale collocata nel fito predetto, & on­ ta abbondantifiimamente, con tutte due ternani addattandole nelle anguinaglie, i'pinga deliramente la creatura verfo la matrice, e dopò ha« uerlafpinta coffper fuori * orca dinuouole mani, prendendo le gam­ be,le fpinga quanto più può. Fatto ciò fenza porre tempo di mezo ongen. dofi purele mani, e ponendole dentro la natura riconduca le gambe nei Tuo fito naturale, cioè incrocicchiando le gambe, e foprapongalepiante de’picdi alle natiche, e dopò contenendole coli per vn poco di rempo faccia muouerela partoriente hor qui , horlà, teflando pur anco c0fi pendente con la teiianel fito, chei’habbiamo polla, imperciocheda^» quella agitatione ne nafeera vno de’due commodi, ò che la creatura mu­ terà fito, e mutandolo ogni altro fari manco cattiuo; ouero le braccia giù dellefe fopra il capo caleranno, e muteranno anch’efi'e luogo. All’hora fe la Commare s’accorgerà , che la creatura muti fito, fi sforzi di con­ durla al fito naturale cioè con la tefta alianti, ilchefpeflo facilmente^ fuoleauuertire, pure che fianobene accomodate le gambe: màquando anco quello non accadeflè, fiadopri almeno di prenderle le mani, e di* (tenderle giù per le gambe, & adatarle in modo, che il fan dolio nafca_» co'piediaùantinelmodo, che fi dille nel precedente capitolo. E perche alle volte nc manco quello fi può cctr.módamence fare, in tal cafo non lì deue perdere d’animo la Commare, m i da prendere amendue le gambe, e tirarle fuori d tfa naturacon buon nodo piùchefia poflibile; edoppo dè hauere celle faiciette quattro dita larghe, e fatte di candide vecchie^, fotnliffirr.e fenza orlo è ¿diramente conqueiledeue legare le gambesauuertendo di non inltringerle molto : m i cingerle con molti giri al meglio che potrà. Fatto quello fi aiuti con quella indultriaà tirare pian piano fuori il parto almeno tantoché venga fuori più della metà delle cofeic.^, le quali poi giunte i quello legno fi onga, l’vna, e l’altra mano, ncj pongavna dentro la natura, auuertendo di porla lopra la panza della—» creatura ; la quale come molle caderà, e cerchi d’hauere le braccia, ò co* locarle dai lati ; fi perche la creatura nafcendocofi, manco patirebbe a come perche fugirebbe quel pericolo di slogarli ambe le fpalle, e quan­ do ben non iedislogafle, patirebbe nafeendo con le braccia dillefelopra latellaqoafifi feneflramente, quanto farebbe ad hauere la corda tonde quelli, che in tale guifa nalcono, viuono Tempre conualifcenti, e nelle braccia hanno pochitììmo, òniun vigore. Dee dunque la Commare fare ogni opera di non ridurre a tale termine, mi quando non fia poflibilo fare altro , almeno vii vna buona patienza in canate fuori i poco i pò-» co la creatura, 3e adopridlraordinariatnentegli ogli , & i graffi per am­ morbidire, c rilaflare quelle parti, e fare più facil l’vfcita. Hauta la_* c re a tu ra ponga fubitoogui fuacura doppo c’haueràcauato le fecónde,


LIBRO

SECONDO,

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elevato l’ombilico, nel refocilarla: perche ne haurà grandiffimobifo* gno°, patendo più in quello vitiofo parto, che in ogni altro, che ac­ cadere polla all'huomo, & in particolare refocilli con fomento di oglio di cammamilla, è maluagia le giunture delle braccia, e fpalle, coli fotto le afcel!e,come fopra le ipalle» hauendo la creatura in tale luogo patito più eh e in ogni altro . M i qui diri la Commare, come potrò io fapere, qu ando il fanciullo venendo có’piedi auanti, habbia anco le braccia diftefe fopra il capo, non veggendofi tale effetto con gli occhi ? Rifpondo, cheperduedrade potriciò comprendere ; prima per congettura, quan­ do veda la creatura co’piedi fuori, che i dolori faranno atroci, eche in particolare la parturiente fi dolerá de! fondo delJò llomaco, pa­ rendole l’hauere colà tutto il fuo male : imperoche pontando el­ la con le mani nel fondo della matrice, la quale confina conio ftomaco nelle grauide de’noue mefi, il dolore in quella parte fi fi meglio fentirc,che in altra del corpo.Potrà anco con hcfperienza chiarirli di quedo, fe ponendo vua delle mani dentro lanatu-, rafentirà che le mani delfanciullOj non fiano didefe giù per le cofeie : perche potria con ra­ gione credere , che l'habbia fopra la teda , St quedo le­ gno | , congiunto col dolo­ re poco fà detto e infalli»

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H2.

DE L L A COMMARE

4

D elmododì aiutare quel parto, nel quale ilfancm * lotentadi'vfciredal'ventre materno co3piedi auantiy e con legambe inarcate, Gap.

V ili

Ltrimcnte fi oppone il parto vitiofo de’piecfi al par­ to naturale >■ quando nafcendo la creatura co’piedi auanti , non gli porge' fuori della natura della madre : m i inarcando le garnbe punta con le punte di elfi nelle anguinaglie della parturiente, e bené fpeffb allargando le braccia , ingombra tutta la matri­ ce . Quello fico é ben ripieno di molti pericoli ; m i di im g g k ti dolori ancora ; pofciacbe il fanciullo nell’inarcare le

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!


LIBRO

SECONDO,

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'gambe difende il collo delia matrice3 il che fare non fi può fenza dolore che all’hora s’accrefe infinitamentente, quando puntando i piedi n<JIe aaguinaglie fi sforza d’vfcir.e, -e non può farlo., nell’allargare parimente le braccia i v i quafi lacerando .il fondo della matrice, la quale eflendo neruofa communica il fuo dolore a’nenii,e a tutte le vicine parti : onde lo ilomaco, le budclle, e tutti gli interiori fcntonoeftremo affanno. Ia_, Commare dunque accortali di queftofito; il che le farà facile, mentre ^toccherà i piedi nelle a n g u in a ie , conduca fubito la parturientesu‘1 Ietto nel fito deferitto di fopra., necefl'ariffimo per aiutare i parti vitiofij & agitatala alquanto in diuerfe bande, e fofpinta la creatura verio infondo della matrice, pigl/ amendue i piediquafi vniti infieme,e li ri* duca al fito naturale, e poi prendendo le ginocchia, ò le fpalle tanto le dimeni fin che lo faccia mutare luogo . M i in cafo che anco le mani foflero allargate, le vnifea anch’efle allecofcie, e fi adopri di ri­ durre la creatura con ia teila auanti, ¿e quando ciò fare non fipoteffe,almeno tenendo ferme le mani, la tiri co’piedi auanti,come fi è detto nel precedente.capitolo adoprando l’iftefl'e fafeie, e la medefimi dili­ genza per rihanere le mani. M i prima fac­ cia ogri opradj fuggir quelli parti Agrippini -, perche fono pieni d ’infiniti pericoli,c doppo che fi farà conquiilata la creatura figouerni col mo. do detto .più volte, e fi rifiorì lei la^i madre,come habbiamodi fopra infegnato.

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bel


12 4

b e l l a

c o m m a r e

D el modo d'aiutare quelparto 3 nel quale cerca la creatura nafcere auanti con le mani, e collie-* di vnitiinfiem e . G a p . I X . Vole bene fpeffo venire al parto la creatura coli ma­ le fituata, anzi piegata, che torcendoli verfoil ven­ tre vniice, è mani, è piedi , è con quelli viene auanti , porgendoli prima d'ogni altro membro alla«* ’ natura della donna, e fpeffo con tanto impeto, che vfcendo fuori della natura coli le m ani, come i pie­ di , rendono vno fpettacolo horrendo. Il che può auueaijre anco p e rc h e la p a rtu rie n te h a b b ia t r o p p o p a tito ; ò perche JaCon*.


LIBRO

SECONDÒ.

uS

mare non fia fiata fubico dimandata, è però è ottima prouigione à farla», ilare Tempre pronta per due,ò tre giorni aitanti il parto in caia,acciò men­ tre fi và d domaudare non patifca tanto la madre, e la creatura. Ritrouan. dofi dunque la Commare in tale difficoltà, con ogni prodezza preparilo ontioni dette di (òpra, e collochi la patiente nel fito infegnato più volte, edoppo chele hauerà onto beniffimo il ventre,e la natura,e dentro deifa le hauerà pollo la mano delira, fi sforzi di prendere il capo della», creatura, & acciò meglio poflà fare quello, dopò che hauerà in. trodotta la mano delira introduca la fini lira in aiuto di quel­ la, e reggendo la teda meglio,che potrà,la fermi, e fer­ matala,la tiri a fe verfo ìa natura, e tenendola ferma con vnamano, con l’altrafpingaallo insù» piedi,e le gambe, il che non le fard mol­ to difficile rollando la partorien­ te in quel fuo fito decliuc , nel quale tenendo la reila del fanciullo,formaci piedi ageuolmentefdruc* ¿¡olieranno ano in giùi quando ciò fucceda; il parto è faci! ¡filmo, cffendo la creatura ridotta in fito natura­ le, nel quale s’offerui quantofù in le­ gnato nel capitolo vigefimo del primo libro intorno al modo di raccogliere il parto. (•••)

S/j


n6

DELLA

COMMARE

D el modo di aiutar quelparto, nel quale la creatura cerca di ufcìre dal <ventre materno con legi­ nocchia auantì. Cap. X. Vccedeil parto vitiofodelle ginocchia, acciò quello , nel quale viene la creatura con le ginocchia auanti, ò con vna, ò con amen due non Tenza molta diffi­ coltà : impefoche è forza di fare vna di due cofe_i , è di condurlo con la tetta auanti, e quello è ditti, cile , douendo girare tutto il corpo , ouero di trar------ss» * lo fuori per i piedi , è quello è pericololo, c o m c ^ fi è detto ilei capitolo dif'gli Agrippini < A tanta difficoltà fupplirà L ,l ¿’ac-


LIBRO

SECONDO.

1 17

l’accortezza della iaggia Commare , la quale auuedutafi di quello fii to conduca con ogni preflezza la parturientc al Ietto , e collocata. la> ontala» & agitarla» come piu volte fi c detto edere neceflario in ogni parto vitiofo, fi sforzi , ponendo la mano delira nella na» tura ben onta , di volgere la creatura eòa la tefiaèllo in giù, fpingendo aL poflibile i piedi verfo il fondo della matrice, fe ciò potrà fariì, fata il fito naturale; ma quando non fi poila , fi difponga^ di canaria fuori per i piedi, legandoli con le fafeie , e modi pre­

mei


12,8 B E L L A C O M M A R E Belmodo di aiutare quel parto , nel quale la crea­ tura viene co'lventre auanti.

Cap. Xt. Arleremo adeffo di quel parto vitiofo, nel quale viene la creatura col ventre auanti, e con le braccia, eie gambe rinuolte allo in sù verfo in fondo della matrice. Onde di­ ciano prima, che in fito tale patifee molto più la creatu­ ra di quello, che faccia la madre , poiché indoppiandofi con la panzaauanti, fi pieghanel filo della fphena, corre pericolo di sfilarli,ouero d’effere fempre deboliifi* ma di rene per quello Anidro prefo nel nafeere. Md tanto più pericolofo fari quello fito qu anto la Commare fi porteri negligenteméte in aiutare, e perciò,quando fi accorgeri d'effe, collocata la madre nel fito predetto,e facilita la llrada con le folite ontioni, pongala punta delle ditta dentro la natura,e confideri bene qual parte fia più vicini alla natura,ò la teda,ò le natiche, e fcuotendonneo due, ò tre volte la creatura, veda fefi gira-, facilmente, fe la fentird muouerfi ageuòlmente, non attenda ad altro, che i girarla fin che prenda la teda ; il che le fuccederà con poca fatica, fc elfenderi la mano più alto che polla,e brancherà il fanciullo per vna fpalla,onde all’hora poi difendendo l’vna,e l’altra mano giù per le gambe po­ trà condurlo nel fito naturale.Md quando ancora fentiffe qualche difficol­ t i nel mouere la creatura,confideri,come hò detto,qual parte è più vicina alla natura , ò la teda , ò le natiche , e fecondo queda cònfideratione deliberi,imperochc fe la teda rederà più vicina.-la conduca contra la te­ da auanti alparto naturale:ma fe le natiche,e che anco diffidimele fi poffano mouere la creatura, all'hora fi rifolua di tirarla fuori per i piedi, come fi è detto di fo pra nel parto de gli agrippi, con ogni deprez­ za, e diligenza pofUbile-* perche non foloe male, m ie maggiorò bene condurla fùori,che lafciarémiferamen. te morire, e le i, e la madre ; auuertendofa Gom­ mare, che hauuto il fanciullo gli onga il filo della fchiena con oglio di cammamilJa, e convin bianco per confor­ tarlo , come fu detto di fopra.,.

Del /


LIBRO s e c o n d o :

D el modo di aiutare quel parto 3nel quale la ereatti* ra viene con le natiche aitanti.

Gap. X. Iù difficile afsai del fopradetto è quel parto vitiofo nel quale viene la creatura con le natiche auanti: perche oltre la molta difficoltà , che contiene nel voltarla per farla nafeere il dolore , che apporta al­ la madre è grauiffinio , conciofia cofa , che empien­ do tutte le cauirà del ventre inferiore , de'fianchi, della natura , e della vellica , e calcando più di o* gni douere tutto il corpo , come fi vede * che accade in quei > che I le-.


1,0 B E L L A C O M M A R E

feguono addolora infinitamente la parcuriente . Onde la CommarO con ogni poffibile preftezza accortafi di-ciò , la conduca fu’l letto in quelfito fopradetto, Che è quali la chiaue de parti vitiofi, o doppo con deftrezza fpinga la creatura verfo il fondo della matrice , c l’ombilico della partoriente. Con deftrezza hò detto ; perche* «offa ben confiderare le il fanciullo facilmente fi aggiri » ò nò, e quando lo conofce facile al moto , à poco , à poco intromettendo; le mani dentro la natura, lo giri in modo, che gli poffa brancar vna fpalla per condurlo con la tefta auanti, il che (ac­ cedendo , il parto è ridotto nel fico naturale. Ma_, quando ciò fare non fi polla commodamente ; ò perche la creatura difficilmente fi moueffe, ò perche la debolezza della parturiente* non lo comportaffe ; all’hora fi rifolua di cauarla fuori per ¡piedi, co­ me fi è detto di fopra, & hauutala in tal modo, conforti il ventre del­ la creatura con«, quell’oglio di caffiàmillà, e maluafia, corno s’è detto di fopra aggiun­ gendola vn tantino d'oglio di af-

fendo.


LIBRO

SECONDO,

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D el modo d ’a iu ta re q u e lf arto , n e l anale •viene la crea tu ra con i la t i a it a n t i

Cap. XIII.

.

’ VItima contrarietà,che può fare il parto vitiofo ferripio al naturale » e quando la creatura viene al par. to con vno de’ la ti, ò col deliro, ò col finiilro, net quale propriamente ella reità intrauerfata ; il che e ben certo cagione di grandiifimi dolori alla parturiente,con ciofiacofa, che fi diifira il collo della matrice fopra modo, effendo pervna banda della teda , e per l’a!tra_» da gli piedhftirata oltreche in tal fico per forza la teda della creattura reità I

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DELLA

131 c o m m a r e invnode fianchi della madre, & i piedi nell’altro, onde fpingendoinJ eflj,e con quella e con queda,cruccia la patiente in modo,che le pare d’effere tagliata permezo, e perqueftofì vedrà in tal cafo efaminarfi, e venire in grauiffimi accidenti, tutti cagionati dal predetto dolore. Quando che la Commare fi fard accorta di quefiofito, come potrà facilmente accorgerfi perla figura del ventre nella grauida,e per gli accidenti importanti,e col mettere anco la mano dentro la natura, all’hora collochi prima la par­ toriente nel (olito fito detto di fopra , ©poi fubitola facciaaiutare dall’altre donne prattiche s’ella non potrà farlo per fe fiefsa ; affinché la crea­ tura intrauerfata muti luogo,il che fuccedendo,mancherà fnbito quel do­ lore grande che la cruciaua.Onga dopò beniffimo con ogIi,e graffi non folo tutto il corpo,ma anco con abbódanza le parti da baisodi dentro,come di fuori, e quefio per due caufe, e per mitigare il dolore, e lubricare quei luoghi ; acciò più fàcilmente la Commare pofsa voltare la creatura, e que­ lla pofsa vfcire in luce. Onte che haurd le parti predette con diligenza,re­ cando ella Tempre ingenocchioni trà le gambe della parturiente, ponga_, là mano delira dentro la natura, e fi sforzi di girare il fanciullo, come farà aggcuolmente, fi potrà prenderlo per vn braccio: imperoche eflendo ve­ nuto auanti con vno de lati , le mani reftano molto apprefl'o alla natura^. Quando dunque pigliaffe vna m ano, fia aunertita di non tirarla fuoridei ventre, perche fi caderebbe all’hora in poco meno, che maggiore difficol­ tà , come fi è detto di quel parto vitiofo di vna mano fuori : ma fi ftrua di quella mano per girare la creatura, acciò venga con la celia auanti; il che farà facile. Fatto quello fubito riponga, & acconci la mano ; che già pigliò,diftefa giù per le cofcie, & intromctrédo all’hora la mano Anidra,le fermi la teda,tenendola per le tempie,e fatti leuare i piumacci, che la par­ turiente haueuafotto lafchena, con l’aiuto di molte donne, laconducaà federe, ò fopra la fponda del letto ,ò allafeggiola, come fi è detto di fopra. MifenonlevenilTe fatto di dare di piglio ad alcuno braccio; perche la creatura nel trauerfarfi, reiìaiTe più apprelfo con le cofcie,che con le braccia alla natura,in tal cafo.-corgendofi di non potere girarla predo ( che anco molto tempo non vi dè confumare)acciò non occida la madre fi rifolua di ti; rafia fuori per i piedi,in che ofler; ui poi quanto di foprafièinj fegnato nel parto de gli Agrippi.E tanto badi hauer detto del parto femplice vitiofo nel fii


libro

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f e c o n d o

:

ij.

D el modo di aiutare quelparto,noi quale nafcono due gemelli coi piedi aitanti.

Cap. XIV. L parto vitiofo doppio è quello, nel quale nafcono due, tre,ò più creature fuori del fito naturale,c perche nel trat­ tato del parto vitiofo séplice fi è detto quàti fiano i prin­ cipali lìti centra natura del nafccre humano:tutti i medefimi lìti poflono anco vederli de’parti vitiofi doppi;, poi­ ché anco in quelli vi è il luogo, & il locato, & tai lìti per necefitd fonopaffioni occorentitrà quello , & quello. ' Eben vero, che non così facilmente vi fi veggono tutti, per l’impedimenI

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D E L L A

CO M M A R E

to,chevna creatura apporta all’altra in luogo canco angufto. Onde per lo più il patto doppio fi vede nei gemelli, e q uefto fi poifono nafcere in duo modi, òamenduecon latefta auanti, ecoftituifcono il parto naturale * come fi dille nel fine del primo lib ro , ò vengono in altro fico, e fatino il parto vitiofo inquanto al fico , Se all’hora ò verr anno amen due co’piedi auanti, ò vno co’piedi e l’altro con la celta , e finalmente vn viuo , e l’­ altro morto. Quelle fono le differenze più confuete , nelle quali fi veggono i gemmelli ne parti vitiofi.c però fe verranno co’piedi auanti , la Commare dè fare buon’ animo , c prepararli ad imprefa in vero molto difficile , ricor­ dandoli la fatica, che le promette il capitolo de’parti d egli A grippi, & hora 1‘afpetti maggiore quando il parto è doppio , e doppiamente vitio­ fo,e perciò ricerca doppia fatica, e doppia diligenza. Conduca dunque la parturiente al letto, e la collochi in quel ficotanto necefiario a’parti vitiofi femplicc,mà neceffarijflimo a’dopij,&iui hauendole onto più dell’­ ordinario il ventre , ele partida ballò, Schauendo pollala mano den­ tro la matrice, fiadopri indiuidere quei fanciulli 1*vuo dall’altro, acciò nell’vfcita l’vno non impedifea l’altro , c poi pigli le gambe di quello,che vuole prima cauare, eie conducili fuori delia natura, eleghr conlefafeie, come fidifle di fopra. Doppoquello gliaccommodi [emani dillefe giù per le cofcie, e lo tiri fuori nel modo, che infegnai di fopra nel capi­ tolo de gli Agrippi. Hauuto il prim o, e gouernatolo, fenza tardanza«., con la medefima induftna caui iùon il fecondo, e Io gouerm, e poi fubito attenda á rillorarc la madre coli con cib i, come con fomenti di maluag ia , & di ogli nelle parti dabaffo, effendo fiato il patimento doppiamen­ te longo. Dòue dè auuertire la Commare:che quando i gemmelli vengono coni piedi auanti, non fi può tentare dicondurlial fico naturale : perche l’impedimento, che vno apporta all’altro, lo prohibifce, e per quello è modo più ficuro il tirarli fuori per ¿ piedi, fe ben ciò fare non fi dè, quan­ do mai fia pollìbilq nel parto fempio.


LIBRO

SECONDO,

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D el modo d'aiutare quelparto , doppio nel quale na* f i e vva creatura con la tefta auanti, e l’al­ tra co’piedi . Cap. XV. Orca anco feco molte difficoltà, fe ben non tante quante ne porta il fopradetto, quel parto doppio vitiofo, nel quale l’vna delle creature viene con la tefta alianti,e l ’al­ tra co’piedi; imperoche quella, che cerca d’vfcire con la tefta auanti è impedita dalle gambe dell'altra: mà per», che quella pure refta nel fico naturale, quefto parco fifa meno difficolcofo di quell'alt«) : In diuerfitàtale da’fitt fi rifolua la Commare di procedere in quella maniera. Prima metta Ia_»

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D E L L A

C O M MAR

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parturiente nel debito fico , e Tonga beniffimo, come fu infegnato di Co­ pra. , e poi confideri fe i gemelli fono al paro , ouero fe vno è più fuori dell’altro. Se fono al paro , fpinga in dietro quello che_» viene co’piedi alianti, e procuri ai far nafcete quell’altro che fi troua nel fìto naturale, collocando la parturiente nella feggiola da parto doppio, che l’haurà condotto con la teda alla bocca delia natura. Hauuto quedo, riconducala nel letto in quelfitodi prima,alfine di far proua fepotefle g i­ rale quella creatura,che viene co’piedi auanti in altro più commodo fito, è in fomma faccia quello,che fi è detto nel capitolo de gli A grippi,e quan­ do altro non polla fare, la uri fuori co’piedi auanti.

D el modo di aiutare quel parto doppio, nel qualefi troua *vna creatura morta, e l'altra viua. Cap. XVi. A (e accaderà >fi come fpedo accade, che de'gemelli ne! parto vitiofo vno fia vino,e l’altro morto in qualunque figura fi fia, fi moftri anco in quello laCommare non men faggia,che dili­ gente. Plinio nel libro fettimo della fua naturale hiiloria, al capitolo decimo dice, che gli antichi chiamarono quei tali, che in quello modo foprauiuendo nafceuano,vopifchi.Si certifichi dunque la Com.di ciò in tutti i gemelli, il che farà perii moto,e qua. do fi accorgerà che vna delle creature lia morta,e l'altra che reda fia viua, eflcndo in fito naturale, il patto farà più facile ; má fenon fia tale, porterà difficoltà maggiore. Però condotta la grauida fu’l letto in quei fito tante volte replicatole la creatura viua farà fuori di fito,ve la riduca con i modi, che furono da rtoi di lopra infegnati Md tutto il fuo penderò principalméte s’indrizzi ad hauere quefta viua; si perche è bene liberare prima lei, che concerne maggiore pericolo, fi anco perche più malageuolmente fi può cauare là morta,che la viua,come diremo più di fotto al fuo luogo. Quan­ do haurà dirizzato il fanciullo viuo nel fito naturale, meni la parturiente .alla feggiola da parto per raccoglierloimà quando ancora foffe fuori di fito in modo, che al naturale non fi potefse redurre,Io tiri fuori co’piedi, e nei modo migliore, che le fía pofiibile.Fatto quedo, e ri dorata cofi la madre, cómela creatura fi accinga poi ad hauere la morta nd modo,cheinfegneremo più á baffo,particolarmen te nel cap. 7 di quello lib.Mà auuertifca la •Commare fopra il tutto,che non badandole l’animo di fare le operationi, •che fono neccffarie,£che habbiamo infegnato in tutti i parti viriofi,e pre­ ternaturali nel fito, deudincro durre qualche Medico, ò Cn ugico perito á farle, mà fenza faputa della parfiwienteil che riufeirebbe facilmente nelle camere ofeure, ò fe foffe introdotto fenza parlare trauefh'to in habito di donna con la teda bendata. E fin qui badi hauere detto del parto vitiofo nafeente per difetto della prima condicione, che fi ricerca nel parto natatale, eh è il debitore legitimo fito . Deli! \


LIBRO Dell’aborto,

SECONDO.

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e dellecagioni intorno à

Cap. XVil.

E per difetto della prima conditione de! parto naturale iì kce parto vitiofo nel fito, anco per difetto della fecon­ dabile è quella del debito tempojnafcerd il fecondo par­ to vitiofo nel tempo, e chiamerai!! parto abortiuo , il qualeè appunto quello, come vuole Auicenna nel libro terzo,alfa parte vigefima prima, trattato fecondo, capi­ tolo ottauo, che auantiil tempo debicofà nafcerel,i_. creatura, ò morta affatto,ò almeno non vitale. Hò detto auantiil tem­ po debito; perche quantunque il fanciullo nafcefse dopò quello, come penfarono, chefofse potàbile Auicenna , e l’Aponenie dicendo, chelhuomo può vfcire in luce anco nel quartodecimo mele, e Varrone, che (come riferifce Aulo Gelilo nel I. vigefimoqnarto delle noti Attiche)affermò Gracco hauere hauuto tal nome, perche fù portato dodeci meli nel ventre della madre: nondimeno nó li potrebbe domandare aborto, poiché égli riceuè vitio folamente nella quantità del tempo. Tale parto è chiama­ to da’Medici accidente, cagionato dalla facoltà naturale ritentrice inde­ bolita, la quale naturalmente dee ritenere il feto fino al fuo debito tem­ po , md latta debole da qualcheduna di quelle caute, che di fotco.fi diran­ n o, ò da molte, lafciandofi vfcire quel pegno, che in cura le era dato fino al douuto tempo,produce l'aborto. Nè fia qui bifogno difeorrere di nuo-‘ uo quale fia il tempo determinato al nafeimento humano, poiché già s’è moftratod baltanza nel primo libro,quando fi ragionò della feconda con­ ditione del parto humano, pero baderà quedo fapere ,che ogni nafeimen­ to fattoauanti il fettimo, ottauo, nono, edecimo mefeal piu è vitio­ fo nel tempo,e chiamali aborciuo,non olíante che Francefco Valefio nella fua facra Filofòfia affermi il contrario per vn cafo feguito d’vna fanciulla natanelquinto mefe, come fi è detto nel primo libro , II parto abortiuo hd le fue caufe, delle quali alcune fono interiori, & alcune altre ederiori. Noi ragionaremoprima delle interiori, e dòpo delle ederiori, e diremo prima »che efse fono di due forti, alcune che appartengono all’animo, al­ tre che appartengono al corpo. Quelle dell’animo fono le paflìonidell’animo dette Allegrezza, e Malinconia, delle qualicofi l’vna, come l'al­ tra mentre fia difordinata, può fare difperdere la creatura, anzi il riio ,e Paura notabile produconoil medefitno effeto, iìcomijj affermo Hi ppocrate nel primo libro de’mali delle donne, il quale anco I vo'*e > che vn grane fofpiro ciò potefle Operare, fi come Plinio nel libro quarto, al capitolo fedo difse che il fó!o sbadii iare può far difperdere le grauide. La ragione di quefti accidenti prodotti da caufe diuerfe può ef» . lere, perche fi come nella difordinata allegrezza fi rifòlUono con tanta co* ' * i a gli fp iriti v i t a l i , ch e r e d a il c o rp o p r iù o d i v ita ; co fi d ella m e d i t i l a è m a-

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ò malinconia immoderata, ritirandoli gli ifteiìi in fretta » «confonden­ dogliene parti infieme del cuore, loffocanoil natiuo calore. 1! medelimo fi può confiderare nel rifo, ò per la riiolutionede gli (piriti, òper la compreflione del Diaframma » il quale con impeto dibattendo l’vtero, può fare difperdere la creatura, Teftimonij ne fono quelli, che molto ridono, 4 i quali reità vn dolore notabile dopò il rifo fotto alle c o llo del petto, prodotto per tale cagione- M i nel fofp irò credo io fi produ­ ca quefto effetto perii molto aere attratto in fretta dopò effo, il quale con impeto portato anco alla creatura, pofl'a farla nafcere abortiua. Pu­ re quefta ragione tanto vaglia, quanto può, non hauendo villo altri, che di ciò n’habbiano alcuna allegnano . Chiara cola è , che quelle paffioni dell’animo ( per tornare vn palio à dietro ) tanto poflono in n oi, e parti­ colarmente nelle donne, che Aditotele narra, Policrate nobile donna», dell’lfola di Nafo efferc morta per vna grandiflìma allegrezza, che riceuè ifpietatamente. Il medefimo accade à Filippide Poeta Comico , il quale hauendo oltre ogni fua afpettatione nel certame poetico fuperato i competitori, e perciò effondo llato coronato, fubito fpirò . Mà l’hiftoria di Diagora Rodiotto balta à far fede à qualunque, che l'allegrez­ za può quefto effetto produrre, poiché egli morfe di gioia, quando vidde tutti tré ifuoi figliuoli effere in vn mcdefirao giorno coronati nei gi­ uochi olim pici. Non occorre narrare quelli, c’hd vccifo il dolore, e la malinconia», : perche effendo quefta vua forda lima, & vna occulta tarma della vita noilra, può in vn momento fare con impeto quello, checon ionghezzadi tempo fa pian piano. M ic i batteri! inferire folo, che Galeno nel libro della Thcriacaà Pifone afferma eflere morte parecchie Donne grauidc_j» folo per lo ftrepito del Tuono, comehoggi farebbe il rimbombo degli Archibuggi, e dell’Arti gliaria ; effendo anco manifefto, che Tulliola». Figliuola di Cicerone grauida, Pafsò da quefta vita all’altra , fubito, che hebbenuoua d’effere itata ripudiata da Dolabella fuo marito. L’ifteffo auuenne à Giulia figlia di Cefare, e moglie di Pompeo, quando ridde la velie del conforte bagnata di fangue humano i perche effendole Hata»* portata temeriamente à caia in quel giorno de’Com itij, che Craflo, Pompeo ottenero il confidato con grandiiiimo contrailo de gli Cittadini, pensò che fofse occorfo al marito qualche grauiifimo accidente. Le caufe interne poi appartenenti al corpo fono quali.tutti quei maliche affligono i noftri corpi, come l’intemperanza de gli humori, ò fredda, ò fcc'ca; la iolution del continuo, e la cattiua conformatione de’membri naturali ; e la mala compleflionc della grauida - E per incominciare dalla prima caula, non èdubbio alcuno, che la calda intemperanza de gli humori della gra­ vida poffono fare difperdere ; perche effendo proprio del calore il rifoluere,e confumare »mentre la troppa caliditd confuma quell’humido, ch’era atto i nutrire la creatura, la priua per confequenza di vita. Il medefimo ©fletto può fare l’intemperanza fredda, non folo perche il freddo è contrat ijfljmo alla vita , i principi) delle quale è il calao, c l’humido, ma^ p e rc h e j, c o m e dice G a le n o nel fe c o n d o lib ro de’luoghi a ffe tti» le don­ ne v

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LISÈO

SECONDO.

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iie di coflipleffione fredda generano cattiuo natrimento, effendo fonnac« chiofè , pigre, e ripiene di flemmaiperilche i ligamenti, che contengono la creatura,come pieni di macchi non fono faldi, e facilmente poiìono tiJafsarfi, e rilafsandofi auanti i! tempo cagionano l’aborto ; oltre che fat­ te piene lecauità della matrice, daqueftì inocchi può facilmente reftaro foffocata la creatura. Mà quel,che più im portai, che nella fredda, & humidacompleffione, la virtù retentrice è deboliflìma, per difetto di cui facilmente difperdono le donne grauide, comeinfegnò Hippocratenel quinto libro de i fuoi Aforifmi aH’Afotifmo quarantacinque, doue diise » che nelle donne di mediocre ftatura, le quali fanno aborto nel fecondo, ò terzo mefe fenza cagione manifefta, aliìcuro queflo prò cede perche 1* vtero, e le fue parti fono piene di inocchi, e di flemme, le quali debilitano» c ome fi difsefla virtù retentrice,e fanno cagionare queflo effetto. Quanto fi è affermato nelle qualità attiue , tantofi può affermate delle pafi» fiue, cioè, humide, clecchc, le quali riefcono all’hora peggiori, c h o fono in (ieme accoppiate le calde, efecche; le fredde, èrhumide,comc difle Auicenna, &Hippocrate anch’egli nell’Aforifmo 30. lafciò icritto, che nelle donne grauide,ciafchedun morbo acuto,è mortifero ; e morbi acuti fono quelli,che con impeto vengòno,e con celerità fìnifcono.La foluta continuità,ò folutione del contimio>èparimentecaufadeil’aborto,come fono le piaghe,ò apofleme delia matrice,e ciò dice Auic.nel j.Iib.nella parte ai.al c.8.& Hippoc.nel predetto luogo afferma, che la Refipilla,che viene allagrauida, è mortale. L’ifteflo effetto può nafeere dallacattiua compleffione,poiché pure il medefimo Hipp.nel libro del fopranafeiméto conclude,che le donne ò troppo magre,ò troppo graffe,ò non s’ingrauidano,òfe fi ingrauidanodifperdono.Nè già è dubbio,che anco la mala compleffione naturale, confiderata nella creatura è caufa dell’aborto, cioè ò la troppa grofiezza de’membri,ò la molta picciolezza;quel!a per farla inetta al parco,e quefta per renderla inhabile aJ!a nu tritione,ouero fe fi riguarda nella matrice,come dice Auic.nel luogo predetto,fenza fallo la grandezza della fua bocca lafcia cadere il feto auanti il tempo . E ben vero, che non è cofi chiaro, che la fua picciolezza fia caufa dell’aborto, fe bene ciò ftimò Hipp.nel lib.del fopranaicimento.doue infegnò anco il modo di allargarla. L’EtcelIentifs. Sig. Mercuriale nel lib. delle malatie delle donne afferma» che la picciolezza della matrice è bé caufa di fare piccioli i figliuoli,mà non già difperderli : e porta quella ragione Gal.e d'altri Medici»chehauendo la Natura fabricato l’vtero à queflo fine,che Tempre fi poffa rendere capace fino all hora del parto, non può effere in lui tale diffetto di abortire . Mà chi vorrà fegnire Hippcr. rilponderà edere vero per l'ordinario, e per lo più:mà effendo la nacurahumana alterabiliffima per ogni picciolacaula_* può cllère tal volta vn’vtero cofi male formato,che refti picciolo,come mo^ I ilruofo.e perla picciolezza non potendoli dilatare fia caufa dell'aborro, j & in queflo cafo habbia intefo Hipp.qnato fcriffe.Trà queite caufeinteriol ri fi può anaouerare anco la tolle veheiTiéteiperche col moto gagliardodel «Torace, e del Diaframma può fare dilpei dere,come fi è detto nel i.lib .L ’ ifteflofi potria affermare del vomico, dei dolori colici, e d'aitri dolori del / ~ cor-


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DELLACOMMARE

corpo, irré quefto baili d'intorno alle caule interiori, perche deH’efterioc parleremo nel feguente capitolo , accioche la troppa lunghezza no n fallidifcai cortei: lettori.

Delle caponi eterne dell'aborto. Cap. XVIII. E caule eileriori dell’aborto fono moltìilìme, come ràcèótita Auicenna nel luogo citato nel capitolo precedéte.il qua* le feguitò più d’ ogni altro in quella materiauiré raccorrò le più principali : e dirò prima che l’aere cattiuo, e diftéperato èattiflìmoa fare difperdere,ecofi il piouofo,& Autira­ le del Verno,coli il fecco,e freddo Aquilonare della Primanera;e parimente Alberto Magno,che neipaefi troppo caldi,e troppo fred­ di le gtanide fpeffo difperdono.Mà qui dirà la Commare,come pollo io ri­ mediare d tal difetto d’aere ? pollo fare io , che fpiri più tcilo quel vento, che quell altro ì E vero dirò io,che ciò non può fare ella:mà quando fentirà quelli, e corali in clemenze di aria dee auuertire le fue grauide, che fi ri­ tirino nelle camere, e fuggano quel nocumento, e faccia eleggere in ogni itagione l’aere temperato,si quale quando non fia tale per natura,fi procu­ ri con l’arte. Secondariamente fi allontanino come da pelle, da i fetori,& dalle puzze: perche Ariflotile nel libro ottauo deli’hifloria de gli animali al capitolo vigefimo quarto dice, che il folo fetore delle lucerne fmorzate ozila per fare difperdere le grauide, e per conleguenza ogni fetore di qualunque altra cofa corrotta : che intrando per le nari, e bocca della ma­ dre , e communicato alla creatura teneri dima , & atcìllìma ad alcerarfi per ogni minima cofa,può corromperla per quello,che dùTe Arili, che tutte le cesie tocche dalla putredine, fi putrefanno. Et fe bene non nafee quello effetto nelle madri, che fono prime in raccorrei! fetore, ciò auuiene perche pofsono meglio refidergli, che non può fare il tenero bambino, Il moto violento è concitato è attiffimo mezo ¿ fare difperdere:e perciò vie­ tarono per legge i Romaniche le donne grauide nò andafsero in cocchio efsendo quel moto,come anco quello del ballare,falcare,correre per fcale, c fienili,fpefse volte cagione dell aborto,perche fcuote alle donne il ventre in qnel modo, che fi fcuotono gli albori, da i quali pertali fcof$a i frutti cafcano Quefto abufo nódimeno è sì poco cófideratom Italia,& coli radi, cato quali in tutta la nobiltà,che non fi propongono mai altri falazzi alle grauiae,che d'andare in caroccia,e frequétarefeilini,non s’accorgendo,che moti di quella forte non folo conquafsano la creatura incredibiimente.mà, fono ballanti d rompere i legami, che la ritengono nella matrice, è f'arla_» fdrucciolare fuori in maniera, che il calo fia irrimediabile. Il medefimo pofsono fare i bagni d’acque calde vfati per dilitie, li quali rilafsando i predetti legami per la loro troppa humiditd,generano l’aborto.I] magiarei>ariméte,S{ilberefipoisonoannouerar$tr4 le caule della difperfione,

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S ? S L di ? Ì Ì:PP<" e,l priraoJ llbJ delIe maIattie de]Ie d o n n e i Auic.nei luo«o ¡ 5 ,Sfrnfi -tat0' Ma ^?w Ìlord-IC011 n>anSiare > intendo del troppo, e del P ln,Se,nere come *n fpecieiperche il molto cibo può fare difperdeÌ f / 5 n n ^ d r 3 cr^ tura>& iJ P °co » fottrahendole il nutrimento neceffa£ i 'Z u Z r C f ?n Ì T m §C" me ‘ ^ fpecie P °i; Perche vfo n o molti ciDJ, I quali per feileffifono atnffimo ¿cagionare l’aborto , come fono «li apertjui, prouocando i m dirui, e t r i quelli fi poffono mettere «li anifi, Ì S 0CÌ V ‘ .caPPer“ lieIcno> lepellinache, tutte lecofe flatuofe, ò ventoie,e 1 vlo immoderato de’frutti cofi acer bicorne conditi. E nocino anco ArfftqU? freddaP«teft>monip di Hipp.nell.del'aere,acqua,e luoghi; e di Arilt.nel quarto della generatione de gli animali. Plinio tra le caule eiterne annou era il lepre marino,e Galeno nel 1. della Teriaca à Pifone dice che panando la grauida fopra il ferpe detto Antiflena,al ficuro difperderà „ Ugni lorte di euacuatione notabile può effere anco caufa efficace dell’a­ borto,come di medicine purganti,e in genere,& in fpecie. In genere dico: perche j purganti per la efagitatione,& euacutione caufata ne gli humori, o per lo iluzzicare,la virtù efpultrice poffono produrre tale effetto.In fpeciepoi,fe s vfafse Jafabina.T pane porcinno,l'elaterio,la ruba.lacolloquintma,e hmilj.L’iileflo diciamo dal cauare fangue, togliendo immediataméte il cibo alla creaturajcofi del flufso di corpo abbondante che vernile alla donna,fi come ilimò Hipp.nel Aforifmo 32.nel quinto libro, & in fomma Ogni,e qualunque euacuatione è fofpettiffima nelle grauide,& infino l’vfo di Venere particolarmente ne gli vltimimefi come nel 1. lib. fi è detto,alle quali caule fi può anco aggiungere il luogo,& auilero digiuno; perche au­ lì11 egli ferue per euacuatione : onde la Cattolica Chjela come pietofa ma­ dre,per prouedere à tale pericolo habilira le dòne grauide dai digiuni. M i vna notabile caufa de gli aborti noto io,la quale da pochi è auuertita, & è la moltitudine del fangue, che Affocando la creatura produce l’aborto; impercioche hò veduto io,e configliato molte donne, le quali anco graui­ de vedeuano ogni mefe le loro purghe, fe bene in minore quantità del fo• litoronde effendo efse di natura fanguigne è generando più /angue di quello che bifognaua alle creature, le aftòcauano nell’abbondanza di quello. M i più d bafso,quando parleremo della cura, moilreremo anco il modo di rimediare à quello diffetto, & idefso per fine di quello capo ci ballerà d’auuertire il lettore, che fe gli parefsero qui replicate molte cofe, che fu­ rono gii dette anco nella cura delle grauide nel primo libro, deue icufare la materia, ch’è con quella molto congiunta , oltre che coli furono polle come cofe da fùggirfi,e qui come caufa dell’aborto, e perciò quello rifpetto «abbiamo qui configliato,che fi fuggano con ogni modo poffibile.


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D ELLA

COMMARE

De ifegni, per i quali f i conofce Caborto. Cap. X IX . [Aborto fi può conofcéré commodamente de’fuoi legni, i quali fono di due forti; perche alcuni dimoilrano l’aborto douer farli altro lo manifeitano già fatto.1 primi fi cariano da gli ac­ cidenti della donna grauida,e dalla qualità delle mammelle; i fecondi dell' habito di tutto il corpo.I primi dunque fono i continoui dolori del corposa roflezza del volto infolita,la grauezza di tefta , e la fiacchezza de membri, le quali cofe poflono anco efsere caufe, fe molto durano, come fi è detto di fopra. Dalla qualità delle Mammelle fi conolce il futuro aborto, quando elle fi ammonirono, e diuengono lan. guide,ò fiappe (per vfare la parola diqueftopaeie)èciódifseHippocrate ne gli Aforifmi 37. e 38.de! libro quinto, e la ragione può efsere; perche la creatura nella matrice fucchia perle vene ombilicali la parte più dolce, e più foaue del fangue, & iltimanente è condotto dalla natura nelle tette, come fcrifse Hippocrate nel libro de Ila natura del fanciullo. Siche quan­ do il fanciullo é difperfo, la Natura non fàtale opra, ò perche fi è fatto l’aborto per difetto di nutrimento, ò perche fi fono rotti i legami, & il fangue, che folcita condurli alle mammelle tiene alrra firada ,'onde e lio reftano mofcie. Gli altri fegni poi.c he dimoilrano l’aborto efsere già fat­ to , e che fi prendono dalfhabito di tutto il corpo, e fono la freddezza del ventre, il non fentireàmuoucrfila creatura, la palidezza del volto, e delle labra principalmente, gli ifuenimenti d’animo, il tremore di tutto il cor­ posa perdita totale dell’apetito,& vna grauezza tale di membri,che paio­ no piombati. M ài fegni delle caufe citeriori glipuòogn’vno facilmente comprendere per fe itefso.-perche fe per efempiol’aborto farà da flati, il corpo farà più del douere gonfio ,e deilirato, fe da percofsa,ò cafcata,nè apprirà il fegno, fe da troppo fangue, la grauida inoltrerà ciò nel colore del volto,e coli può dire de gli altri.

D el pericolo dell'Importanza dell'aborto. Cap. X X . IA eheixpofsafperare, ò temere nè gli aborti,adefso deb• biamo inoltrare,e però diciamo,che fperado noi mortali le cofe buone,e temendo le catiiue,poco bene in quelli fi può fperare,quàdo già fiamoficuri.che ¡figliuoli perifeanor mà fi può molto temere, poiché oltre la perdita loro corrono le madri mani fello pericolo di morte r e perciò ----difse Hippocrate nel libro delle malitie delle donne, che efse pericolano sépre negli abortiti che febene non èsépre vero quanto alla morte,e però sépre vero in quàco al richio del morire.Aetio>& Anice-, na


LIBRO

SECONDO:

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tìateftificano.che vna patifce più ddi’altra,e chele donne fanc,edi Uatura formate,e ch’anno il corpo obediente.ibno manco afflitte dal aborto,che l'altrc,perche la virtù cfpulrrice è in loro più gagliarda,cofi patifconoanco meno quelle di età perfetta , che non fanno le troppo giouani ,• ma pure in qualunque modo, ò in quale fi voglia fiato, Se $tà fi faccia l'aborto, femjpre pai fi de temere, che fperare, accioche con molta diligenza fi or­ dini cura tale, che baili difendere è la creatura da quello, e le madri da’pericoli, che à quelle foprafianno. Ondeeforto la Gommare, che non fi fac­ cia mai beffe de gli aborti : ma (limandoli molto fia più tolto tenuta falli« diofa ri cordatrice di quàtofide fuggire dalle grauide,che grata adulatri1 ce con tanto danno, e delle madre, e dei figli, e quando dai fegni predet­ ti , fi accorgerà, che vi fia qualche pericolo di difperdere, intrepidamen­ te io predica, c procefii, poiché farà facile cola à rimediarui, pur che l o grauide fi lafcino gouernare, confluendo tutta la cura di quello nelrimonere le caufe,che lo producono. Si può dun que confiderate quella cu­ ra in doi modi. Prima auanti,che fi faccia l’aborto;fccondariamente do­ po » ch e fatto. Auantichefi faccia rimedia con la preferuatione: dopò eh e fatto la cura hd due capii! vno di cauare la creatura morta; il che fi ¿alegnerà nella cura del parto difficile cagionato dalla creatura morta.-l’altro e di gouernare l'impagiiolata perche quefta cura non è differente da_» quell’aItradeirimpagliolate,che hanno partorito naturalmente,non dire, ino qui di ciò alcuna cofa,rimettendoli à quanto fù da noi fcritto nel c.20. del primo libro. Retta ora folo, che ragioniamo di quella cura, che pre» ferua dall’aborto, la quale come hò detto poco fà, confitte nel rimouere lecaufe coli intcriori, come citeriori , è perciò è polla in mano per h o maggior parte dell ifieile grauide . Eforto dunque la Gommare àpetfuaderle fpeffo con graui parole, che viuano temperatamente, e non appon­ gano a quei pericoli, che poffono cagionare rabortof1 poiché troppo bar­ bara , e ferigna cofa è per vn picciolo piacere, ò di caroccie, ò di balli, o d i mangiare, ò d i bere, ballare, ò correre, procurare la morte à quei figli, che pure fono ammaliati, compofli, e nutriti del loro proprio fangue, alloggiati nelle più intime vifceredel corpo loro, anzi quali interna­ ti ne’più intimi penetrali del cuore. Quei figli dico, che hanno da perpe­ tuare la loro memoria nella poiterità, e de’quali non produce l’huomo, ò Ja donna cofa più cara al mondo, e che gli faccia tolerarc maggiori ttrarij» & affanni 5quei ileffi ancora, che debbono ne gli vi timi anni porgere a’io,ro progenitori lutti gli aiuti poffibili, come in ricompenfa dei benefici! riceuuu ; e nelrellrema hora della vita, dare quegli virimi baci, c ferrare gli occhi ,d chi gli diede vita, e pregare Dio continuamente perl’anime loro. M i quando anco quella fiumana pietà non bailaffe dmouer l’animo jelle grauide in haucre cura di non fare gli aborti >fi debbono commouerc » per la pietà Chriiliana, ilcuifineeffendoil fommo bene , & ogni virtù; 1 cosi quello, come quella ci pervadono i procurare la vitade’figliuoli, laccio conofcano quel Dio, che ci farà beati,eie conofeerenon lo potranIno perla morte immatura, almeno riceuano l’acqua del Santo Battefij*no, per v irtù delle quali poffono effere b e a t i, e viuerfi col Creatore loro. ' Nè


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DELLA

COMMARE

Nè fi fcordino, che la Diurna Maeftd. nel giorno del giudici ovniuerfale domanderà Arettilfimo conto alle madri delle negligenzè vfate nelle loro grauidanze; poiché hanno fatto più conto di vmpiCciolo piacere, che di dare vita à propri) figli, i quali morendo abortiui, e non potendo effera Jauati nelle viuifiche acque battefimali.refiano fempre priui della vifion di D io, pena tanto graue,& atroce, che tuttiiSacri Theologi concludo­ no, che quantunque le pene dell’inferno fiano attrocifiìme, lamaggior però è quella del non vedere Iddio, detta da loro pena del danno, eie bene i fanciulli morti fenza batefimo non hanno la penna del fenfo, per­ che non fono condennati nelle fiamme infernali, hanno nondimeno quel­ la del danno per non vedere Iddio, ch’è la maggiore : & in quefta in c o r - ® rono per vn picciolo appetito della fciocca, crudele, efieramadre. M i quanto fiano empie, e maluagie quelle infami Megere, che per cuoprire le sfrenate loro voglie, & i loro dtfonefti falli, procurano gli aborti, lo può giudicare ogniuno, pofcia che ne gli tigri ciò fanno, nè qualunque al­ tro animale più crudo: Quale fialo fiato anco dell'anime di quei Medici, che à ciò fare le configliano,& aiutano, folo Dio benedetto, la cui deiti è tale, che contemplandogli il giufio fdegno, fi fi, che dal Cielo non gli fulmini, ne permettache aprendoli la terra inghiotta moftrifi horrendi ad efempio delle federiti lo ro . Per quella caula Siilo Quinto di felice me­ moria, volendo prouedere à vn tanto errore, comandò con vna firettif.' lima bolla, che non pofsano efsere afsoluti per qualfiuoglia occafione ta­ li inimici publici del genere humano, fe non in articolo di morte. Hò fat­ to quella digrefiione maggiore di quello, che (I conueniua ad vn Medico : mà perche vorrei fare accorta lam ia Commare in negotio coli importan­ te , mi feufi il troppo affetto, che io porto d quelle creature, le quali per lorofciagura, e per imprudenza, òmaluagicd delle madri, gufianopri. ma la morte, (per dire coli) che la vita; muoiono auanti, che nafeano; prima che poflanno rimirare quella fabrica del Mondo, l’abbandonano , auanti che co’piedi calchino la terra, vi fono dentro fepolte, finalmen­ te prim a, che poffano conofcere la madre per nutrice, la prouano per homicida. M i perche la troppo longhezza nonfaftidifcail lettore fini­ remo quello capitolo, e trafportaremo al feguente quella curai chefidS viare nella preferuatione dell’aborto.


L I B R O SECONDO,

Hi

Della cura, che dee vfare la donnagrauidaper poterfi preferuare dall'aborto Cap. X X I. Cciochela donna grauida fi poffa preferuare dall’aborto,' dee l'accortaCommare prima ordinarle il viuere moderato,con forme ¿quello,che fiìinfegnato nel capitolo decimofcftodel primo libro intorno la cura delle grauide.Dopo confideri fe le caufe,che poffono fare l’aborto fono pré fenti,òabfenti.Sefono abfenti »batterà procurare di fug. girle:ma fe fon prtfenti quelle faranno,ò interiori,ò cite­ riori. L ’efteriori fi debbono rimuouere ; perche in quello conficela cura loro; il che fi fàbeniffimo col contrario d’effe,come per eiempioi fi fuggiranno i venti noiofi , e frodi, col ritirarli nelle camere, fi allenerà d ai moti con la quiete; fi tempererà la donna nel mangiare, e nel bere; quando perlafua graffezzafi temeffe l’aborto;acciò con la dietafipoffa fmagrare, lì attenga dall’ vfo di Venere in quegli vltimimefi , & infomma conicon­ trari) s opponga alle caufe eftrinfeche dell’abborto. Se quelle anco foffero intrinfiche,rimouanfì con ogni efquifita maniera ; & perche i ciò non ba­ ttano le forze, ò il fapere della Commare, s'adopri il configlio del Medico il quale dè con quella diligentiffima prudezza,che fi è detta nei primo libro, attenerli con ogni modo poffibile della purgatione delle grauide:maquando pure fianeceflarioperqualcheinfirmitd , che minacci l’aborto coti la_» grauezza fua, all’ horale quei faranno i primi meli, fi puòfofpettare,come dice A etio, che ciò fia per procedere , ò da moltitudine dhumore , ò da flati.Mà aH’yHo,& all’altro fi rimedia ottimamente,preparando tutto il corpo,e purgandolo con modeltia. Con modellia dico non folamente non pattando l’ordine di quei medicamenti, che per la loro piaceuolezza fono detti benedetti ; come la mannaj’il firoppo rofato folutiuo, & il reobarba­ ro ( fe bene quello alle donne grauide non fide mai dare ininfufione , ma fempre in foftanzajpoiche con la parte terreflre doppo l’hauere purgato altringa alquanto; il che non fa in fufione)ma anco douendo vfarli, fi diano in poca quantità.-perche quantunque non mouefsero a battanza vna volta,fi pofsono replicare l’altra fenza pericolo,elefidefsero,in molta Quantità * pofsono incorrere pericolo dell’aborto. Nell'vfo ancode’preparanti particolarmentecontra gli flati, fi iafeiano tutte le cofe, che aprono molto , come il finocchio, Panilo, il dauco, il prefemolp, l’appio, e limili : perche fonfemplici atti a fare difperdere : ma s’vfi la bettonica,Partemifia,la menta,e quelle tutte anco in poca quantità. E perche il mio inftituto è di ragione nel prefente libro con la Commare, e non con i Medici,pafso ad altro lafciandone ad effi la cura, che meglio di me fapranno quello,che fi douerà operare.Mà quando i mali fofsero leggeri, \comefebrete, vomiti,tolse, ò ftitichezza di corpo all'hora la Commaro K go-


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gouerni le Tue grauide nel modo, che fi è infignato nel capitolo dccimonor.ode! primo libro guuerteodolafolo addalo, che ncli’applicare i rimedi) vii quella diuerfitd, che ne i primi , .& virimi meli della grauida, cioè nel prim o, fecondo, terzo, fettimo , octauo, e nono, cifc non poflono riccuercrimedij fe non deboi filimi, e piccioljifimi, parlandoli medicine per bocca : perche in quelli ogni notabile agitatione le fi abortire : ma ne gli altri m?fi fi può allargare più la mano, mentre però la m ateriali^ turgente , o-furiola,'come dicono i Medici,, cioèil bifogno ,fia più che-» molto. Ma. perche nelle caufedcirabortohabbiamoannouerata la molti­ tudine del (angue, come quella,, che può fpffocare la creatura, che rime­ dio s’adopraper frenare quella caufa f certo njunoèpiù atto della fagnia_, cioè mfiiìon del fangue, lacuale coli in quello cafo, come in qualche pur­ ga ,c ’habbia bifogno di cauare fangue, fi dè vfare: ma con molta pruden­ za : poiché in più d*vn luogo Hippocrate ha detto ; che il cauare fangue-» fà difperdere le grauide; e perche quello dilli do nel primo libro, cheà niun modo fi debbono falalTare fe non in poca quantità, & in .diremo bi­ fogno. Onde quando.fi dourà ciò fare, fi faccia con quelle circonllanze ; .ficonfideriinchemefedellagrauidanzafitroui la donna, imperochenell’ottauo, e nono mefe non fe le dè al ficuro cauare fangue, s’ella però non», foflè tanto fanguigna, checorreflè pericolo di difperdere- Ma fe farà an­ co ne’pritpi meli il pericol è molto, fe bene non e tanto,quanto è negli viri­ mi; perche bifognando in elfi fe ne calti poco,e più quefio in due volte, clic in vna fola; 5c all’hora anco fi cani dalle vene delle braccia, e non da quelle de*piedi, perche fi cagionerebbefiacilmente ¡’aborto. Ne’mefi metani trà i primi, e gli vltirni., fe il fangue abbonderà tanto, che fi tema l'aborto per caufa della faffocatione ( e quello fi conolce per vero fegno , quando a llo donne grauide vengono i melimi, perche non fi dobbiamo fidare molto della roffezzadel volto, che può procedere dalla calidità del fegato loro ) all’hora fi può cauarfene lìcuramente ; perche quella e la propria med teina, mafie non abbonderà, fe fia poflìbile, non fe ne caui, ò douendofi cauare fi adopri quello auucrtimento, che alla grauida nel terzo, quarto,ò quinto mefe le ne caui vn poco più ; nel fedo, fettimo, & octauo vn poco meno, & in fomma più,e meno,fi come più , e meno fi accodai gli-vlcimi è primi me • fi .Sopra il tutto fi fuggia I’.vfo delle ventofe, perche tirando dal profondo del corpo,potrebbono nuocere aflaifiiauendolc chiamate Galeno nel decimoterzolib. del metodo,al capitolo decimonono,rimedio flrenuo per tira, re fuori gli humori, qhe fono nel fondo del corpo. Mà ne per caufa di febri, punture, ò d’altri mali acuti, nè per l ’abbondanza del fangue ardifea mai la Commare di fare cauare fangue alle grauide fenza licenza, fapura, & inceruento del medico, Mi reità dire nel fine di quello difcorfo,che,fe per forte ja donna grauida fqffe percofa, ,ò cafcafle, ammacandofi il ventre notabil­ mente, deue iubito porli in letto , e ie ¡fi deue ongerc il ventre con ogl io ro* f fato completo, ouero con cerotto bianco d’Hippocrate, il quale fi com­ pone d’oglio rofato completo, e di cera, e quello li faceta fera, e mattina-» con panni caldi, prendendone per bocca la marina d digiuno vn poco di brodo ) nel quale fiàtio bollite due foglie di boragini>e tre di melifla, detti, > raa-


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raiiciata', con vn poco di coralli rolli,eciòfaccaperottigiorni continui., Ha Gommare può anco vfare il fegùente empiallro, il quale è buono per corroborare la matrice, e fermarla àccioche tengali Cerò più-gagliardàmente, e non fia facile ad abortire;, e quefto fi deut pórre {oprale rèni della^. dònna. L’empiaftrofi fa in quello modo, fi piglia alle fpetiarie di Galanga vn’ oncia, di ladano due dramme, di noce mofcataydi noce di ciprefso' di bolfarmeno ,• diterra figillata, di fanguc didrago di balaufti; meza_» dramma per forte,di acacia’, di Hippociltide vn'onCia per fòrte , di'maftici di mira due dramme, di pece negra vn’oncia,e tanta cera quanto baili. Si; fa cerotto peilando benfottilmente tutte le cofè predette, e fi dillende fopralereni, portandouelo la note folamente, eperche alle volte p rod uce^ ’ prurito, fileui in quel cafo,e s’onga di vóguencorofato, òpomata,e poi; vi fi proui il medefimo cerotto, che inueroèdi molta efficacia. E o lt r o quello lodato l’vfo dell’vtìguento della Gontella fopta le reni, lVfo del Dia* margariton coli freddo , come caldo : ma però nelle donne moltocalideL’-vfo del freddo, e nelle molto fredde l’vfo del caldo. Oltre quelli medica­ menti fono anco lodati alcuni fempliei, i quali operano pili per própietà* occulta, che manifeilaf e però è ilatolcritto, che le donne grauide fi preferuano dall'aborto portando alcoli© il lapisiazoli,òl’vnghia dèll’orfo,co­ llie dice lSficoIò Fiorentino : ma più efficace di quello è la pietra detta Iafpis', attaccata al collo in modo, che cocchi la carne , come vogliono Aet io , e Marcello »-Galleno loda ìlSardomo legato foprà il vèntre :: ma per lepouere, che non hanno danari percomprar&queltc pietre , fono buo­ ne le radici dimaluafaluatica , e dell’ herbadettafirferiteportàcè addilo, auertendo, che tutti quelli rimedi), che vagirono iprohibirè ¡’aborto,, fOnocontrarijalla facilità del parto : però bilogna nel tempo del parto loa uarfeli d’addoflo. E tanto baliifiauere detto dell’aborto „•

"Delle caufe y e dei fegni del parto difficile *.

Cap. XXII.-

Fronde ¡1 parto viriofo, non folo per le caufe predetto del lito coutra natura, e del tempo indebito, ina anco per difetto del modo nel quale fi fa imperoche manean­ do là terza condicione del parto naturale al vitiofo . eh’ è la facilità deF partorire , elfo farà- pieno d’ affan­ ni e d’ angofeie ; è però fi chiamerà parto diffici­ le - Di quello volendo noi ragionare d baila tua per *hfotmatione della Gommare, fard bene di lui vedere ctecofe; primio quali lìano le caule, che la difficoltano : dopò; come fi poffaconolcere,& antiuedere la fu ad iffico ltd p er fàper proucdcrgli di rimedio; vltimamente come fi deue rimediare átale difficoltà; MòlchioneMedico antichiffimo gare,, che riduca d trècapi le caufe della difficoltà del parto : alla natura K

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commar

della parturiente, alle caufe eflrinfechc, e finalmente alia creatura. Alla parturiente poiin due modi, e quanto alle pailioni dell’animo, e quanto alla compleflìon del corpo . Quanto alle pailioni dell’ animo , perche l ’ira , la malinconia , e la paura diftrhaendo il penfiero d gli fpiriti da_^ attiene tanto importante, la rendono difficile. Qu_anto allacomplefiione del corpo ; perche le donne molto grafie, deboli,vecchie,ò molto giouani patifconocon molta difficoltà, come dice Auìcenpa nel lib.j .alla par­ te vigefimaprima al trattato i.c.a. fi come anco quelle, c’ hannoI’QÌfo del petenecchio compreflo,o fchiacciatosla matrice angufla,e ftrettaiòqueli’altre parimente, che patiteono alcune infìrmitadi, le quali fogliotio ve­ nire nelle grauide,come tono f'ebri, apofteme della matrice , del federe , ò della vefìca , morene,ragade,e fimili.Faffi difficile anco il Parto percagion delle caule eflriori, cioè per colpa di tutte quelle cofe,che poffono coltrine gere i porri,ò meati del corpo, come è l’aere molto freddo che perciò Al­ berto Magno,Auicenna,e quanti hanno mai ieritto di quefta maniera,han. no detto,che le grauide con più difficoltà partoriscono il verno,che Iellate & Ariti.fcriffe nel lib-j.d -Ila generatione de gli animali , che le donne del Settentrione più difficilmente partorirono di quelle del mezo giorno. L’yfo anco de bagni allringenti,come di acque falle nitrofe,alluminole,ò al­ tre artefìciali con le medetìme qualità,e l’vlo de gli odori de mufeh i.ambri, e zi betti,rende il partodifficile,perche qùelli increfpano i meati del corpo, e queffiritirano la matrice alle parti di fopra,la quale per fua propria natu­ ra vaghiffima de gli odori. Vtilmente fi rende difficile il parto perrilpetto della creatura in due modi,ò percaufadcl letto,ò per colpa della mole cor­ porale. Per cauta del feflb,difle Alberto M agno, che lefemine rendono il parto più difficile dc’mafchi perla loro debolezza,non potendoti aiutare* nella maniera,che fanno i mafchi.Perla mole corporale p oi, perche accade alle volte , che la creatura nafea con i membri coli groffi, che non potendo vfeireper le vie lolite, e di mefìiero ò partorire con ettrema difficoltà, o ritrouare altro efpediente, come fi dirà per tirarle fuori .Quelle fo n olej principali cagioni, che fogliono difficoltare il parto fecondo il parere di Mafchione.Mà fecondo Amc.nel lib.j.alla parte ai.al trattato 2.al cap.21. ve ne fono molte altre,le quali apporterò per maggior chiarezza, hauendo io feguitato volentieri quello fenttore ; poiché egli è acutiffimo è copiofif. fimo in quefia materia ; oltre ch’è flato feguiro anco da miei maggiori che hanno Ieritto di quello,che pure l’Eccellentifl.Mercuriale ne’Jibri delie_^ malatie delle donne quafi di pelo dal medefimo prende ciò ch’egli colà tratta in cotal prepofito. Dico durnque, che le caufe aggiunte da Auicenna ( per feguire l’ordine di Mofchione) alcune fi riducono alla partoriente, come ch’ellafiadebole, & inquieta,vitio communedella nobiltà: ò c h o habbia durezza nelle feconde, che non rompendoli portano molta difficol­ tà i altre fi riducono alle caufe citeriori, come ilnafcere nell’ horaconueniente del parto, ò la negligenza, & ignoranze della Comare: altre final­ mente fi riducono al feto, come s’egli fia debole ò male condkionaro, ò morto.Qiieilecaufe facilmente fi conosceranno, le dalla faggia Comare faranno auua titii Segni loro,acciò preuedendo il parto douereifer diffi-


L I BRO SECONDO.

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in n rln la la caufa, ranfa. che rh e lo In renderà renderà tale, rou euu iadi ieli’. Cile,e coftgìeturando tale, vi vi oproueggia di m quell’op:

portuno rimediOjChe lo faciliti.Dice dunque Auicenna.che 1 fegni del parto difficile fono tali, cioè il dolore della dona gracida,il quale nò fi difiéde per la parte dinanzi del corpo, come fi nel parto naturale, ma fi gira alle partì delle reni, e della fchiena, e quafi certo,che il parto farà difficile,e tanto pia quanto detto dolore fi ftende ne’lombi, fpalle,e fchiena, e quello ferua per vn legno vniuerfale. Lecaufe poi particolari della difficoltà fi conofcono per ilegni loro particolare, come il ventre più grande del folito, moièra , che le creature ha per nalcere co’membri più groffi dell’ordinario, e rende­ re per quello malageuole iljparto. Se la grauida fía molto giouane, ò vec­ chia, fifofpeti, che la difficoltà nafeera dalla debolezza commune alle­ na, & all'altra età. Se anco fia rebu lla,.e ben complelfionsta, àcquei dolori delle parti di dentro fi può farecongietura, che la difficoltà poi!*.# cagionarli dalla durezza delle feconde . I fegni m ò, che fanno temere, che la creatura fia morta, fono detti di fopraà balianzanel capitolo decinoue. doues’infegna gli fegni di conofcere l’aborto, e tr i quelli fono Iapalidex* zadel volto, edelle labra, la fredezza del ventre, la grauezza della vita«,*1 la fiacchezza del corpo, & altri colà notati. Quando dunque la Gommare vederi cotai fegni nelle grauide commette, c fidate alla fua cura, e djligen-' m , fi accinga à fare ollacolo alla difficoltà del parto imminente, acciò l a j porturiente non patifea molti dolori, elonghiaffanni, che hauendo detto Auicenna, che s’clla penerà tré, ò quattro giorni nel parto al ficuro morirà la creaturajSc Hippocratc nel quinto de’fuoi Aforifmi.che alle donne,che patifeono molto nel parto , fi fogliono rompere le vene del petto,ò della matri^ ce, ó il peritoneo, c ere pando reftano in tue* toloro infe!iciffime,e perla colpa dell’hecniainteftinale. Mà perche inquefta attione,come in ogni altra,è ne. cefsario l’ordine,deue la Co» mare ordinare quello c o fe , che pof« fono feruire i render facile il parto difficile, le quali le infe^ gneremo nel fes guente c a p i­ t o lo *

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Oellè


Ijo B E L L A G O M M A R E B elle cofe> chefi debbono ordinare aitanti ilparto per facilitare il parto difficile .

Gap. XXII. ìlle cofe, che fi debbono ordinare dalla prudente Colli­ mare perageuolare il parto difficile,alcune precederanno il parto,& altre fi efequiranno nel parto medefimo. Au5 - ' ti il parto fi deue ordinare da lei vn modo di viuere tanto regolato,che per fé fieH'o baili à coreggere tutte quelle^ caufe, che poffono difficoltarlo; e però procuri alle don­ ne vn’acre temperato, fuggendo gli eccelli coli di freddo, come di caldo . L ’ottio ftefloancoraperfefoloè ballante ¿rendere il par­ to difficile per la debolezza,che apporta, onde fe bene fi è dctro di fopra che alle grauide è romenamente neceflariala quiete: nondimeno in que­ llo cafodel parrò difficile folamente il moto fi concede; ma con queila_, auuertenza,che la donna fi moua auanti, chele humiditàefcano dalla_. matrice, per le quali fi conofce di gìà eflerfi rocce le feconde, e la detta-,'.. matrice eflerfi aperta : però dopò che ella farà aperta,à niun modo fi muouala gra.uida, madia ferma nella feggiolà, eccetto quando ne’partivitiofi di fito fi fi muouere nel fico fupino, e decitile, accioche le creatura malamente funate mutino luogho. Muouafi dunque pafleggiando, ò falendo, efeendendo fiale con modefiia auanti, che s’apra la matrice. I cibi fiano temperati, dibuono nutrimento, e in poca quantità, corno carni di capponici galline, e di caftrato.e cofi og!io,butiro,pafiole,ficchi lecchi,bieta,malua,e fparefi,perche già fi è detto,che la replecione,può fa­ re gli aborti,& anco riempiendo lo ftomaco,può impedire la. c reatura,àiia quale ogni pìcciola colà per la itreteezza del luogo dà molta noia. Il vino fia temperato, non garbo, nè grande, e di colore bianco, perche come apertiuo può aiutare cotale attione. Il vegghiare troppo nuoce fommamente, perche dille Hippocratc, che le vigilie educano il corpo, elc_p chiamò per quello edacije nel parto fà bifogno di ammorbidire,e non ellìcare.L’ v!o diVenere facilita il parto sì,ma perche nuoce alla creatura come di fopra fi è dettò,fi dee vfare temperatamente I! bagno è ottimo rimedio al parto difficile: ma però quello,che è comporto d’acqua dolce, nella., quale fian bollite herbe, che mollifichino il ventre, come malue, ma­ dri di viole, bietole , branc’orfina , e limili : dopò l’efferfi bagnate, e {ciugate fi onga loro il ventre con égli di viole gialle,e di mandole dolci, con graffo di gallina,di oca, di anitra,e con butiro,Ie quali tutte cole pofiono"mollificare,& allargare quelle vie,per le quali deue vfcirela creatura, mai fopradetti bagni s’ vfino Tempre due hora auanti il cibo . Il beneficio del ventre fopra il tutto fi procuri ogni giorno , adoprandolecure dime­ le , di Capone, di lardo, òdi radice di bietole, come fanno fare le Com­ mini, efifuggal’vfo de’fenùtiali, come quelli, che foglion©inquietate


LIBRO

SECONDO.

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d re, & i figli, e fogiiono anco bene fpeflb cagionare l'aborto per i grani dolori, che apportano particolarmente a quelle donne c’hanno deboli gli teffinLMà quando purebifognafle yfarfi,fi vfino in poca quantità,c di[brodi laffatiui.ne’quali fiano bollite,bietole,maina,madre di viole,e non mercore!la,come fi è detto altre volte,ella è attiffima à fare djfperdere.Et forfè più ficuro farebbe d non vfarli, & in loro luogo adoprare i predetti brodi per bocca a digiuno almeno per vn’hora alianti il cibo, a’quali per facilita * re l'operatione fi può aggiungere oglio di oliua dolce, ò mandole dolci, ò butiro frefco . Le paffioni dell’animo fi mitighino, come l’ira con la beni­ g n iti, il timore con la Speranza di riufcirea bene del parto,e di fare anco vn figlio mafchiojla malinconia con l’allegrezza, laquale deue effer procu­ rata ad ogni fuo potere dalla faggia Commare con gratiofi motti,con arrrutie ingegnofe, con fiutole piaceuoli, efoprail tutto col prometterle quali certo , che patirà nel parto pochifBmo, e che al ficuro partorirà vn mafchio, perche fe l'ha fognato quella notte nell’alba, nel qual tempo per lo più i fogni fogliono veri riufcire: e fienili ciancie, che alle donne fi con* uengono à marauiglia, poiché ad efse è proprio, e naturale il cianciare . E quelle fono le cofe, che deue fare la Commare alianti il parto almeno pervn mefe , come dice Auicenna: ma quelloche deue fare nell’iftefso parto , foggiungeremoadefsonel feguente capitolo.

D el modo di agevolare con medicamenti quelparto eh'è fatto difficile dalla g ra ffetta della (rrauida.

Cap.°XXIII.

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N vero quello, che deue operare la Commare nel parto diffìcile , è di fatica maggiore , che non fu quello , ch’operò auanti al parto'pcrche all’hora bailo folo il comandare, e fareefseguirealle'grauide, ma horaèbifogno di comtnandare s ì, m i molto più di fare ; & in_. fortuna è di meftieri più di fatti, che di parole : douendo con l’opra, e con la mano ageuolare il parto difficile, Se dunque la difficoltà del parto nafeerà dalla parturiente , ò perche el. la fia troppo grafsa, ò debole per giouanezza, òper vecchiezza, o per le feccie ritenute, onero per cauta di febri, ò di apofteme della matrice, del federe : cancri, òfifsure, dette ragadi dell’iftefso , ò finalmente mo­ rene; farà forza rimediare à tutti quefti impedimenti, accioche il parto fi renda facile. E perche hò fatto mentione di apofteme, le quali appartengono alla cura del Medico, e Cirugico,niuno fi peni! , che io intenda di add'otorate, e fare medica la mia Còmmarej perche io là Jafcio ne iuoi termini di raccorre le creature , e non le concedo fe non quanto le con• <efsePlatone nel Teorctco, e Tim eo, doue vuole che ella fia ddigriitu" ' t........... K. 4

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tp. B E L L A C O M M A R E

fìma in aiutare il p i t i diffìcile non tolo, co’me dicatnenti, ma an* co con gli incanti,i quali efsctido vani, e mericamente prohibid dalla reli gionChritliana, gli lancieremo da banda , e ragioneremo iolo di quei ri­ medi] naturali,che può, é dee vfare la Commare nell’ageuolare i parti. Ho­ ra fe lì teme, che il parto debba efsere difficile per la grafsezza, e corpu­ lenza della madre, á quello fi può rimediare in due modi. Prima facendo, la Ilare per due meli auanti la dieta conueniente, e proibendole il terzo del folitocibo, che vfaua nei precedenti meli della grauidanza, allenen­ dola dai brodi, e dallacarne di molto nutrimento,come di tafani, di qua­ glie, ò diPernici,ecofidapiilacchi, pignoli, vini dolci, e grandi, eiru luogoloroficontentidel pollo pili arrollo, che Iefso , e del vin tempera­ to, non dorma molto. Non vii però altri medicamenti, che pofsano fare {inagrire,nè efercitij, òdilarfiilropicciare la vita, perche potrebbe.# incorrere, nell’aborto . Ma quando ciò non baili,c tuttauia reiti grafsa_., e corpulenta fi può ali’hora aiutare in due maniere,ò con medicarne ti,c’hàno facoltà di facilitare il parto, ouero con i lìti,e con l'opra della mano.Di­ remo adefso prima de’medicamenti,e poi dell’opra della mano. Gli medi­ camenti fono di tre fortfialcuni fi adoprano di fuori,altri fi prendono per bocca, & altri vtijmente operano per proprietà occulta, portando­ gli adofso : de quali, perche il medico ragioneuole non fa più conto, che quanto gli crede il volgo fommamente ; perciò ragioneremo de i primi, e dei fecondi prima, dopò per fodisfateione delle Commari, e delle donne raccontammo alquanti dei terzi. Quando dunque la grauida non potrà partorire per le caufe fudette, auantiche la Collimare venga con la mano ad altre efperienze, adoperi alcuni medicamenti citeriori, i quali hanno molta efficacia, per facilitare ¡p arti; e prima collochi la patente nella ■ feggiola del parto ,ò nel letto, e prouidi farla itarnutare ; il che faccia_» con pepe petto fottihflìmo, mefcolandoui elleboro bianco , tanto dell’vn o , quanto dell’altro: ma pereccitare loltarnuto più efficacemente, fi componga quella poluere . Pigliali di maiorana vna dramma, e meza di nigella, di garofoli, epe.pebianco pello fottiliflìtnamenteyn fcropolo per forte, di noce molcata, di elleboro bianco, ediCaftore mezo fcropoJoperciafcheduno, lì mefcola ogni cofa, e falli poluere quali impalpa­ bile, e con vna penna fe ne deue fofficarenel nafo della donna più v o lt o , che li prouocheranno gli ilranuti mirabilmente. Olire di ciò commandi la Commare alla parturiente,che ritenga il fiato pi ù che fia pofiìbile.e li sfor­ zi di premerli ad ogni fuo potere, e la Commare le Aringa i fianchi leggier­ mente,e fregandole il ventre tiri fempre allo iti giù, e dalPalcre donnei^» faccia fregare le gambe gagliardamente . Dopò adopri gli ogli , e grafi] nominati di Copra, ongendo con elfi ben caldi tuttofi ventre, la_» natura,e ['altreparti circonuìcine. Fatto quello prepari alcuni profu,tm alla natura fatti con quelle polueri. Pigli di mira, digalbano, ecaItorco tantodell’vno , quanto dell’altro, e gli pedi beniffimo , e poi con fiele di bue glim palii, e prefa vna tegghia di carboni, vi getti della pre­ detta paila, accomodando la donna con vn lenzuolo intorno bene llrctto Copia 1 ombelico# acciò il fumole penetri nella matrice >ouero adopri i’i» Uro- " 1


LIBRO S E C ONDO:

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flromentoatto d profumare, cheàbafl'ofi mofirerd in diflegnó nel terzo Jibro. Può v fare anco quefì’altra palla. Piglia di m ira, folfo, rubea de> tentori,galbano, oppoponaco tanto quanto vorrai coli dell’vno, corno dell’altro, mefcola, e pefìa beniffitno , e con fugo di Sabina fanne palla, della quale metti fopra icarboni più volte nel modo predetto, E quando per i poueri, ò non vi fodero danari, ò commodità ai Spetiaria fi faccia il prefumo con lo Aereo del colombo, coloquintida, di arcemifia, ponen­ do òvna, ò tutte le cofe predette fopra i carboni, che faranno buoniffìmo effetto. Se i prefumi non gioueranno, fi adoprino i fughi, e polueri ponendole dentro la natura,con bambagia, ò con pezze fottili fatte in modo di cade longhette,e groffe alquanto, che bagnate ne i fughi, e con le polueri, cheli diranno, fanno mirabile effetto. Piglili dunque fugo di ruta, vi fi bagni la calla fatta di bambagie, òdi lana, e poi s'impoluerl con la polperè deli’Ariilolochia rotonda, e fi intrometta nella natura, c fi'lafci cofi per buona pezza; ouerofi bagni lataftanel fugo dell’Ariftolochia rotonda, e fi impolueri con la poluere di mirra, e dauco, e fi faccia_* co.mc prima, ouero fi prenda fugo di ruta faluatica, d’artemìfia, d’arillolochia rotonda tanto dell’vna,quanto dell’altra,e bagnata che fia la talla fi tolga poluere di mira, oppoponaco, di cannella, di mufehio, d'ambra, e impoluerata la rafia fi introduca nella natura come di fopra,auuertendo in quello luogo,che gl’odori di mufehio,ò d’ambra,fi come odorati,nuocono infinitamente,e rendono il parto difficile;cofì adoperati nelle parti da baf­ fo lo facilitano, tirando la matrice al ballo, perche è vaghiilimadegl’od ori. Fatti i fuffnmigij potrd la commare adoprare i medicamenti, che fer­ irono per bocca,e cominciando da più pronti,e più facili,vii di hauere Tem­ pre appretto di fe la feorza della caffia fìllula poluerizata fottìlmente, della -quale nc dia da bere alla parturiéte nel brodo de ceci rolli.in cui fiano bol­ liti ancora radici di finocchio,e perfemolo.il medefimo effetto fd il prende­ re tanto di affa feti da,quanto vn cece rollo, e tre volte tanto di cailoreo, e pellàdoli,e dandoli in vin bianco con raggiungerai vn poco di cinamomo e di zafferano. Di maggiore virtù fard la feguente beuanda. Si piglino di feorze di Caffia fifiula, e di canella, e di zafferano due fcropoli per forte ; di borracc minerale mezo icropulo »d’aqua d’artemifia tré oncie ; fi mefcoli tutto infieme,e diafi a bere caldo.Ouero fi prèda di borace mezo fcropulo, di poluere di Sabina vna dramma, di acqua di giglio bianco cinque oucie, di zucchero fino vn’oncia; di zafferano vn fcropulo mefcolando ogni cofa, fi dia da bere caldo alla donna, che è cofa dficaciffima non folo d fa­ cilitare ogni parto : md anco d cattare fuori del corpo le morte crea­ ture . E quando le parturienti non vo!effero,ò non potettero prendere beuande per bocca, poffono all’hora ordinare alcune pillole, che hanno la_» medefima virtù, e fi fanno in quella maniera. Piglili di atta fetida, d’armoniaco, di rubeo di tintori vna dramma per ciafcheduna, e mefcoli ogni co • fa,e con il fugo de ruta fi facciano dodeci pillole, le ne diano tré ò quattro alla volta alla patiente con due dita di decotto di cicerchie, ò di Sabina. O u e ro fi prendano di Sabina, d u e d ram m e di affafetida, di armoniaco, di


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BELLA

COMMARE

rubea di tintori meza drammaper ciafcheduna,mefcolenfi, e faciali Pillo* le , e fi diano alla patiente tutte con vin bianco. Onero vltimamente fi fac­ ciano le fequenti, le quali fon più efficaci deli’altre,ficome hò conofciuto nella prattica molte volte . Si piglia dim ira, di fforace, e di cafforeo vna drammaper forte,e dìbarocemezofcropulo,fipeftail tutto,e fi meicoia-. con mele , e falli à modo di eletrturio, e la metà della quantità detta fi da alla donna con mezzo bicchiere di vin bianco grande, che fubito fa effetto grandifiìmo. Adoprafianco con molto giouamento il decotto della Sabi­ na,della artcmifia, della coloquintida,e del fien greco, e mercorella con ¡2 fponghe,fomentando la natura,& ventre delia grauida. Onero quello erapiaflro.Prendi vn pomo,òduedi colloquintida, esfalla bollire in lei libre de acqua,nella quale metti poi meza oncia di mirra,tre onde di fugo di ruta, e tanta farina di fien greco , che balli à fare l’empiafiro con oglio di giglio bianco,& vn poco di zafferano,il quale fi pone poi fopra il corpo delle grauide trà l'vno el’altro leffo.Refla fiora,ch’io racconti alcuni femplici,& al­ cune altre cofe che oprano per proprietà occultaje però Plinio nel libro vi* gefimo, vigefimoquarto, vigefimoottauo,6c in mille luoghi hora loda per queffo l’alloro aleffaudrino; tal volta le feconde della cagne poluerizate , benefpeffolefpogliecinte, che lafcianoleferpi nelmele di Marzo, coli anco la pietra y£tite legata, ò la pietra Aquilina legata alla cofcia . Mo. fchione loda l’ hauere addotto le fetenze del 1*Ariffoìochia rotonda, il cui nome lignifica parto facile. Si come Alberto Magno cuore della gallina-, legata alla cofcia. Piacque à Pitagora, come riferifce Plinio, che fi odo­ rifero glì anifi : aia io penfo che lìa meglio darli a mangiare alla donna-,» Altri hanno detto, che giouimolto tenere la calamita negra in mano -, ouerocingerelaparturientecon vna cintola di pelle di cerilo fecca, che-, non fiacarnofciata. Di quelle cofe deuehauerne molte alla mano la bona Commare, perche non fi trouano Tempre quando bifognano, come la-» Sabina colta il mefe di M aggio, l’Ariffoìochia, la pelle del Cerilo, e li­ mili Hippocrate nel libro della natura delle donne loda le viole, & il feme della porcellana beuuto ne! vino bianco. Màfia a uuertita la Commare di vfare quei rimedij nei quali entrano la Sabina, & il borace rare volte, & in quelle grauide fidamente c’hanno nel ventre le creature morte ; e quello per quei rifpetti, che ben fono notiflimià i D o tti. E fin qui baffi hauere det­ to di quei medicamenti, che pollano ageuolare la difficoltà dei parto ca* gionata dalla graffezza della grauida,

A Sito»


L I B R O S E C ONDO.

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A Sitonel quale ffdebbono collocareledonne pĂ rturiefttĂŹ, che fono molto graffe.


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D E L L A C OMMA R E

D el fio chefacilita ilparto delle donnegraffe, e del modo di aiutare quella diffcoltà delparto la quale nafce dall'anguria della M atri­ ce,e dalla debolezza deliagrauida . Gap. XXV. I può non folo ageuolare la difficolti del parto cagionato dalla greffezza della grauida con quei medicamenti, che fi fono iniegnati: ma anco conque fito, che habbianio porto auanti quefto capitolo deferitto diligentiifimamenteda Auicenna, nel libro terzo alla parte vigefià imprima, al trattato fecondo, al capitolo vigefimoprirao, il quale inuero è tanto gioueuole per non dire necefsario à fare partorire le donne grafse, ch'ogni Commare deue faperlo , e porlo in v fo . L’habbiamo dunque qui di fopra porto in difegno, ma di­ chiarandolo anco per maggiore chiarezza diciamo, che fi diftendono due ò tré capezzali; ò molti cufcini in vece loro, in tal modo, che non occupino più che la fola fchiena della grauida, la quale vi fi fa dopò diftenderc fopra con tal fito,che la terta cocchie ftia fermata in terra pendente. Fat­ to ciò le fi fpiegan le gambe in dentro verfo il federe, piegando le ginoc­ chia più che fiapoffibile. Quello fito ( tome ciafchedun può vedere) vie­ ne talmente d dilatare la natura della donna, che per grafsa, e corpulente che ella fia, può facilmente partorire ; e tanto più quanto la grafsezaa del corpo diftendédofi verfo i fiàchi non impedifee la creatura all’vfcire,fi che riefee commodiffimo vri fito tale ; il che non fà la feggiola,doue ledendo la grauida la pancia, il grafso, e gli intertini correndo fopra l’vtero,lo com­ primono,& per confcguenza (fringono i fanciulli con anguftie non poche e perciò gli impedifcono il nafeere. Collocata, & accomodatala donna_, in queltomodo la Commare fi deue inginocchiare tri le fue gambe tenen-; do anch’ella vn cufcino fotto le ginocchia,e deue dopò con I'vna, e l’altra «nanoongerle beniffimo tutto il ventre, el’vno, e i’altrofefso, &anco quattro dita fopra il fine del fil della fchena detto coderizzo, il quale nel parto fi ritirarti fuori non poco; adoprandoogli di gigli bianchi, e di camamila, graffi, edecotti di malue, altee fien grecò, feme di lino, e fimi li deferirti di fopra ne’parti vitiofi di fito. Con la medefima diligen­ za, erimedij, poi intrometta la mano deftra nella natura, onga, &am morbidifea anco le parti interiori abondeuolmente.che ciò facendo vedrà quanto facilmente partoriranno le donne grafse. Ma fe la parturiente hanerà la Matrice angufta,ò l’olso del petenecchio fchiacciato molto,in to­ tale aiuto non fta in mano della Commare perefsere malamente formate quelle parti nel principio della concettione : può però viaria alsai vfando gran diligenza nel farle quei bagni mollificati detti di fopra nel capitolo vjgefiaiocerzo,c nell’ongcdc fqo*a modo,e mifura le parti da bafso,cotne fj


L I B R O SECONDO.

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cinregnato neH'aiutare la grada, adoperando oltrei predetti anco l oglio' di viole gialle. Et perche vna, due, ò dieci ontioni non poffono fupplirealdiffetto delia natura, feneadoprino, eventi, e trenta; fin che quel­ le parti fiano mollificate in modo, che l’Arte coreggia la Natura, e cocale.» modopropofeHippocrate coli nel libro del fopranaicimento, comein_. quello della fterilità, infegnandoà difendere la matrice, quandonaturalmencefia piccioh, d ire tta , acciò fiageuoli il parto. LodaAuicenna lo fchizzare dentro la natura con qualche fchizzctto con gli ogli predetti perche meglio fi rilaifino feparti interne; e volendo fare c iò , li adopril’oglio di mandole dolci, col decotto del fien greco ; e ciò fi faccia piuVolte: ma in tal calo fi fugga come la pelle l’aere freddo,& il vento; e perciò fi collochi la grauida in vna lianza, o camera ben ferrataapprefio il fuoco, & anco allo fciiro; perche ciò le farà malto gioueuole, e perche ella man­ co fe ne vergognerà; e perche il caldo aiuterà molto con la dilatationo di quelle angufiie; Se mò la parturiente fia debole, ò peri’ età tenera, o perla vecchiaia, quando il configlio giouaiTe dopò il fatto, farebbe in_* pronto il rimedio, cioè di non maritarli, o congiungerfi con huomoin_, quede etadi: conciofia'¡cofa ; che fi come nelle vecchie e ridicoloio ; coli nelle giouani infipido, è pieno di pericoli; e quello che più imporra, coli nell'vna, come nell'altra età , l’vfo di Venere reca breuità notabile a l l u vita. Si che da cotali congiungimenti ne featurifeono due danni notabili; l’vno nelle troppo tenere giouani, l’altro nellemo/to vecchie; chein_. quelle i figliuoli,ò nel parto penfcono.o nafeendo fono di pochilfima vita, c fanità>& in quefte poffono generare,li producono di cortifiima villa,malenconici, e flemmatici conforme alla natura loro, e di capricci più (tra* uaganti, che nel Mondo trottare fi pollano, oltre che ogni volta , che elercitano l’vfo diVenere, danno vna zappata nella fepoltura, come in prouerbio fi dice al mio paefe . Ma perche quello confeglio è troppo tardo dopo il fato , e pereto anco di poco giouatnenco , efiortiamo la_» Commarc di sforzar/! anco in cafo tale di porgere qualche aiuto, dando al­ le giouani buone parole piene di fperanza,e diconfolatione : perche deb­ bano partorire mafchio.e facilmente, fi come ella hà preuillo da i legni degli occhi, e del volto , eciancie limili, fi come fù detto da noi anco di fopra in altri caft failidiofi; etjoppo, che Fhauerà confortata, adopri tutti quei modi ,che facilita il parto ,e d’ontioni, e di medicamenti per bocca , oda portare adolfo , iquali già fi fono infegnati nell’ anteceden­ te capitolo. Maalle vecchie vi vuole che parole, pere he in età già trabboccheuole alla fepoltura, e forza porgere riiloro, facendole odorare vini fpiritofi, come liatichi grech i , maluagie, vernaecic, e fimil i, Anicen. nck luogo citato altre volte in quello propofico,al c. 24.concede ¿ quella quali , che ouo frefeo etiandio nello fiefib tempo di partorire ,ouero flillato di carne con qualche zuppetta in Vin bianco odorato:ma in poca quantità. Nè quello e contra ciò c’ho di fopra fcritto contra il Ruefifo,che alle parturienti non lì debba dare cibo:pcrche nel cafo prefente fi riguarda la mera_, necefità, la quale non hauendo legge tiraàfe tutta la cura, che anco per quello rifpetto il concilloro vniuerialede medici infegnati da Hippocrate,


r 58 D E L L A C &M M A R E e da Galeno in cento mille luoghi, grida, che l’occhio deltro del medico* ila femprè intento alle forze, &:il Anidro al male, fiche canniene dare il cibo in poca quantici ad vna vecchia grauida debole per ri ¡forarla, flicorno difconuiene darlo àigiouane robufie, e gagliarde, e per là ragioni di fopra apportate E perche-la troppalonghezza non faitidifca i leggenti ; riferbiamo gli altri precetti-, che giouano alla difficoltà del parto j e quando el­ la proceda da cagioni diuerfe dalle predette..

J)elmo do dite nave la difficoltà del parto\ che najce* dafeccie ritenute, da yépofìeme nda cancrir da raghade, da morene , e da d u r e r à difeconde..

Gap. XXVI.

Adifficoltà poiché puònafcere dàlie feccie ritenti te;e moi* to facile da rimuouerei perche vfandò le cure , e per boc-ca quei brodi mollificatiui fatti con malue, Bietole, e b o ragini, mercorelle,. dei qualid baifanza di fopra fie det­ to , il ventretorna ad obbedienza con molta preltezzo*;; il che anco quando non giouafle fi poifono vfàre le ontioi nidi fuori, con ogli, e graffi, che faranno di giouamenro grandiffimo-- Cofi anco non èmolto difficile mitigare quelle febri, che pofibno recare al parto qualche impedimento, con l’vfo d’acqua d’orzo,e di quei brodi alterati , ne ¿quali fìa bollita borragine, accetofa-, betoni­ ca, lupoli, cicorea, & agrimonia, crefcendo d’vna, e minuendo ddl’altra lierba „ fecon d o ch e la febre farà terzana, ò due te r z a n e ò quarta­ ne,- ò emitrfteoyt come fi; e detto nel primo libro della cura ddle donnt_^grauide,. poiché nonfipuòvfàre altro rimedio nel nono mefé del parto, e fi debbono fuggire in ogni modo i lenienti purganti, e la fàgnia. Così’ fbfiè facile rimediare alle Poifeme,piaghe, cancri, ragade , o" della Ma­ trice , ò deiraltro feffo', ò della reifica , le quali fono di grandifiimo impedimento al parco,- si perche fono mali ocnlri , à i quali p er fioneffà poche, volte può il Mèdico applicarli i debiti rimedi) ; si perche la Dònna gtàutdaèiotalmente conditionara , che nè Tempre, nè ogni medicamento purgante, è atta à riceuere.. Aggiungete, che quando anco bempotefle in qualunque tempo, come dal quarto m e fiti alfettimo, la grauidànza illeffa col gonfiare il ventre toglie la facoltà di' potere arriuare al luogo del male con gli opportuni rimedi). Qbando dun­ que la Gommare fi troueràdn tante difficoltà’, fubito faccia ricapito è quali che medico, ò Cirugico, e fperimentato dai quali fiinformhdi quanto fiai bifogno, fe bene queffi mali eflendo lònghi non comincieranno Tempronel tempo del parto : ma in quello della grauidanza, & all’fiora con più a-gio pocri il medico prouedere all’ infitmità , accioche ne] tempo dèl parc o n i g l i por« difficolta,, o almenoportandola fia minore. Io d’intorno> à que»


I

LIBRO

S E C ON

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rà dutile malattie me nepaflerò ffóbriamente : perche oltre che-non énfio attinto trattare, de’ mali delle donne, fe non inquanto, ©rendono il par­ to difficile, ò fono cagionati dal parto vitiofo, -ò alcuna cau fa di quello,, fono anco quali infiniti dottiífimi huomini , cheà bafianza ne hanno fcritt o , e tra gli altri Hccellentjffimamcntc iPVilmercatoDottore Spagnuolo. A me ballerà dire, che potcndonellepredeteeparti nafeereogni fortedì A p p o rtan e,ò piaghe, fino il cancro fecondo la diuerfiti de gli huomini peccanti [empiici, òmefcolati, fecondo, chedifpolìcfi trotteranno ¡’in­ temperanze caufe di detti mali : Se faranno infiammationi, flemmone.^,, ò refipiglia, il che fi conofce dalla rettezza, e dall’ acuto dolore,, nel prin­ cipio potrà la Commare ripercotere con acqua roía ., acqua dipiantagine, & di folatro, attenendoli d ag lio gli,& vino, edoppoil detto prin­ cipio vfare i rifoluenti, come decotto di malue , orzo, riole : matte tali mali nos cederanno á quell irifnedjj applicati dalla Commare,ffubito.fi ri­ metta al parere, & opera del medico, nonfi ettendendo piuauanti i termi­ ni del proprio officiofuo, perche egli preparando, e purgando prima tut­ to il corpo per quanto però importa lo fiato delle grauide né’ locali medi­ camenti ordinerà quanto conuenga,d mutare, rompere ,aflergere, incar­ nare conforme al bifogno; folo in quello fia la Gommare diligentiffima di porre in efecutione quanto dal Medico farà importo, e fi sforzi di vede­ re ella minutamente, come le parti fi mutano, c che effetto fanno ogni giorno, non potendo per bonetti vederle rifteflo Medico, acciò non reIti gabbato dalle informationi, 8c operi per quello al contraria . Potrà an, co con ficurtà la Commare in ciafeheduno dei predetti mali mitigare il d o ­ lore con oglio di mandole dolci, e di ¡ombrici fatto con oglio di camamilla , e maluagia, con lane fuccide calde, con oglio di gigli bianchi, e con graffi. Similmente quando fi aceorgefledi quefti mali crudeli, potrà re­ golare il viuere alla donna , proibendole il vino fin tanto, che fi tromi vn perito Medico , il quale con ottima regola contraria al male., e con gli altri infiromenti della medicinali opponga a tanti effetti valorofamento. Non porteranno tante difficoltà le Ragade cofi dette daGreci, e da noi fifsure, ò crepature, ofetole, che nafeono d’intorno, al federe., le quali quantunque pofsano efsere cauiate da quella eminentia che nafte nel fede­ re , detta condimoia da G reci, ò creila da volgari ; per lo più nondimeno prouengono dalla mordacità, & acrimonia dellhumore fatto. Per volerlo guarire potra la Commare mitigare l’actimonia de gli humori con i brodi alterati, con latuga, orzo, cndiuia,& acetofa ;& vferd dopò 1’vnguento infraIcritto fopra la parte.oftefa. Si piglia butiroffrefeo, lauato con acquarofao molte volte, per ogni oncia del quale, vi fi pongano due dramme di tutia Alcnfsandrina preparata, che vedraflì vn’cffetto mirabile, & alle volte fi la. •uino queiluoghi con vino negro caldo,nel quale fìano boliro tutiattaluia,& vn poco di melc.Ma quando ciò non baila,che fpefiffime volte può pure baitare,fi ponga fopra ledette fifsure vn poco ditetrefarmacodifsoluco, con oglio rotato,e fettaranuo incallite,vi fi può aggiungere vn poco di carta ab­ bracciata, laquale Galeno lodò infinitamente da porre fopra le piaghe del«,icparti vergogno!«, nel lib d el M c t h o d o , a l c a p it, j5 .Il medefìmomoda


i6o

B E L L A C OMMA R E

può tenere la Commare anco nelle piaghe fino che fi prouegga di medico, chelecuricon miglior ordine : auertendo di attenerli dai medicamenti troppo mordaci, e corrofiui per non eccitare maggiordolore,e perconfeguenza maggior concorfo di humori. Màfe la difficoltà del parto pro cedefle dalle morene, le quali ,ò come cieche cagionano diremo affanno, ò come aperte grande effufione di fangue ; all’hora la Commare procuri di rimediare alloIpargimentodel fangue nel modofeguente. Sòio benilfimo , che la cura ordinata di quello male ricercherebbe, che prima s’inuelligaifero le fuecaufe peri fuoi fegni.e trouatele fi ordinarie col buon_, pronolticola regola conueniente alla qualità deH’humore peccante, efequendola con quei tre famofi iflromenti della Medicina , detti daGreci Dietetica, Farmaceutica, eCirurgica, c’hanno per fine di prepararti» J’humore, che pecca, e di purgarlo : e poi corroborare coli i membri che mandono, come quei che riceuono. M i perche le grauide fono talmente condiciónate, che non ammettono per Io più quella cura ,e più di bifogno d’attendere al fintoma, ò accidente , che alla caufa del male : e partico­ larmente quando nell'hora del parto rende quello difficile . La Commare dunque per raffrenare ij fangue , che feorre, adopri le polueri collrettiue, come di galla, di feorze di pomo granato poluerizate, il pelo del lepre_j bagnato nel bianco dell’ouo, l’aloè poluerizato, i fomachij, la mortella-.» il calcante abbruggiano, e limili ; i quali fi pongono fopra le vene aperte., dellemorenecon bombace abbruggiato,ò con quelle tele diragno , che fi raccolgono nei molini , ò nelle calte della farina: ma fi v i i lauuertiment o , che infegna Hippocrate di non chiuderle mai tutte; ma di lafciarne-^ vna aporta ,"acciochela Natura alluefata di mandare colà il fangue catti­ lo , ferrandole quella firada, non le giri in qualche parte nobile, e par­ to rita danno maggiore. Al dolore poi fi rimedierà rifoluendo bellamente quegli humori, che con troppo abbondanza concorfero in quelle parti ; il che fà eccellentemente il decotto della radice di altea,mefcolato con oglio di mandole dolci, e con butiro frefeo, polli in vna fcodella, equeita-, collatà in vn cantaro pieno di acqua calda , vifideue federe la grauida, acciò le morene tocchino quei licori ,che fono nella fcodela , la quale ílá agalla nel cantaro; quando però elle rellino di^fuori del federe pendenti: perche foffero di dentro, il me de fimo medicamento fi può incrometer con bombace, ò pezze bagnate in elfo. Eancoattiffimo, e prouatiffimo que­ llo altro rimedio per mitigare il dolore delle morene. Si pigliano di vernice liquida due onde ; d’oglio di feme di lino quattro oncie; fi mefcolano infierne ,e fanfi fcaldar, e fi applicano con bombace, òlanafuccida. Ma_. quello eh io fono hora per ifcriuerae medicamento mio famigliare, e pet> ietto. Si tolgano tre oncie dolio di anime d’armelini , ògrifomole , a. oncie d’ogliòdi feme di lino, e cinque torli dioui; fi mefcola ogni cofa, efì fà fcaldare , e poi s’vngonole morene che fubito è mitigato il dolo­ re . Se anco fa durezza delle feconde fà malageuole il parto, perche effendo più dure dell’ordinario ,\ la creatura non poffa romperle con l’agitatione delle mani, e de’piedie per quello ella è trattenuta dentro di è(Ta_, per forza \ mayic p iu fa t ig a n d o fi d'yfcire, re n d e il parto difficile , ep?c


' ' LIBRO SECONDO.

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il dolore, chone fente la madre, e per impedimento, che ella medefin« ne riceue , fe dico il parto fard fatto difficile da calila tale »all’hora Albico deue la Commare porgere l’aiuto conuementej ikhe fard ongendo con 1* rnatio beniiiimo le feconde; è dopò cotneinfegna Hippocrare agguzzil' vngbia del dito groiTo nella fommitd in modo di punta di lancetta, e fi adopri di fendere la feconda,perche ogni poco che la polla intaccare, la_, fquarcerà beniffimo, e faciliterai il parto. Ma quando ciò non riufciife,fia neceflario aprirla con vna punta di lancetta bellamente ,r ikhe fi potrà fare fenza pericolo, ponendo la punta del ferro dopò il dico indice,e intromet­ tendo il dito fin che fi gionga alle fecondc.'pcrche alfbora poi accomodan­ dolo fi deue toccare con la punta la feconda tanto, quanto fi farebbe d cauarfangue, la quale porrà poi con le vnghie (tracciare commodamentc.* quando però alla Commare non baiiaffe l’animo di fare quello officio, li potrà adoprare ogni barbiere, che adopra tale poca indultria vi vuole, c bifogna folo auuerrire di non pattare troppo auanti col ferro,per non ferirelacreatura. Se anco la difficoltà nafeeife dalle caufe citeriori, aquella rimedierà la Commare con la obedienza della partoriente, infegnatidole a fuggire i fuoi con trarij : come feii vento caldo nuoce, figgerlo : fc il trop­ po cibo, vfi la parfìmonia.

D el modo dì Iettare la difficoltà delparto chenafie dalla mole del corpo della creatura, e del modo dt cattare le creature morte del ventre deIla madre. Cap. XXVII* Aggiore fenza comparatione è la difficoltà del vitiofo parto, chenafce della mole del corpo della creatura, che non è la fopradetta: sì perche non fi può priuare di fenza torlclavita: come perche non fi può priuare di quella carne, e di quei membri; che g ii poffiede. Pure anco a quello fi troua rimedio : e prima auanti il parto quando dalla groflezza fm¡furata del vetre fi potrà fofpicare, che la creatura debba etlerc più grolla del folito, deue la Comare ordinare alla grauida vn modo di viuere mediocre, acciò fominiltrandole pòco alimen­ to, fi fmagrifea; ilche fari ottimo rimedio. Mafe d ig ii non fie preuilto quello accidente,e fia venuta l’hora del parto,all’hora fi cólìderi fc la crea­ tura fia viua, ò morta. Che fia morta, fi potri comprendere da quei fegni, che fono detti di (òpra, nel cap.dell’aborto, & in tal cafo adopri la Com«, mare quei rimedij.che fono polli di Copra nel cap.24.per facilitare il parto, e particolarmente quelli, ne’quali entrano la fabina, & il borace; m*_j quando nongiouino, fi deue accingere a cauarla fuori: fiche quando a_» lei non riefea, chiami l’aiuto di qualche Cirurgico ifpcrimentato : perche la creatura morta rende il parto difficiJifhmo non aiutandoli la creatura,e l*/'l r>h- fi ri i o fu t. *•tx I« C*I»> /> < * - 11.

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oer cauar’a fuori quanto prima,■ ¿'quando l’hauerà con le mani fentità, fe non hauerà la tetta auanti fi sforzi di girarla, accommodando la grauida in auet (iti di fo pra : ma non potendo raddrizzarla la tiri almeno per cam be, legando le fafcie al coilo, ò ai piedi ,& aiutandoli con l’ontiom già nominate tante vole . Ma quando non potefleà modo niffunotirarla Fuori intiera, e bifogno cauarla in pezzi per non lafciar patire la m adro : di che Hippocrate re fà vn libroà polla per infegnare il modo. Auuertifca dunque la Gommare , ò Cirugico, che auanti fi metta i tal imprefa, veli la faccia alla parturiente, acciò non vegga co fa tanto trombile, e aiutandoti con l’voghia del dito grotto, ò con alrro, cerchi defendercle pelle dell*—» pancia, acciò poifa tirare fuori le budelli, che quello folo ballerà à fare vfeire la creatura facilmente ima primacaui fuori gli intellini. Dopò que­ llo fe la creatura morta fi ritroua polla con la teila auanti, fi debbono fare alcuni vncini fatti à polla, che fi porranno in difegno vn poco più ì baffone fi ficchino nella cauità de gli occhi,ò dell’orecchia,o lot­ to il mento, che coficommodàmente fi potrà tirare fuori. M ale farà co’ piedi auanti, gli vncini fi atracano al me­ glio,che fi può,auucrtendo folo di non lerir la ma­ dre . Se mò il corpo per la groffezza non po­ trà vfeire tutto infieme, fi debbono ta­ gliare i membri fecondo y che fi ca­ tteranno fuori con tale auercimento di non Iafciare mai ritornare indietro quella parte che reità den­ tro , e di attacarla con gli vncini, ò di tenerla ferma con le tanaglie atte à cauare le creature morte , la figura delle quali, ede gli vncini predetti deue*> efler t a le .

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LIBRO

S E C O N D O.

163

Due iflromenti, i quali feruono ne’parti vitiofi per refpingerelc creature dentro il ventre, ¿fine di ridrizzare per poterle hauere facilménte. B Vncino buono per adoprarc nelì’hauère le creature morte attacandoe' lo nelleconcauitd degli occhi,bocca,omento di effe . C D Due ta n a g lie pure neceffarie à c a u a r e le crea tu re m o tte d a l ven tre # A A

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BELLA

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COMMARE

Duealtri vncini piÚ gagliardi, che fono neceflarij per cauarelaU creatura morta in pezzi, a fine di tenerla falda, acciò coli troncha non torni dentro la matrice . 1 Due vncini taglienti come rafori da vna banda, i quali feruono per tagliare,e sbrenare la creatura morta , efl'endo i rafori ordinari pericolofiffimi per ferirelamadre*


Mdfe la creatura farà viua, il che ficonofcera'dal moto diefTa, che fi ¿olirà farePAuacenna infegna molti rimedj^md perche non fi poflono efiequire fenza grfdillìmo pencolo di farla morite mi pare fouerchio il porli" nè sò io come portano legare fafcie al collo, ò alle gambe di quei tenerìfifo, mi fanciulli, come egli vuole., acciò fi canino fuori dal ventre della madre' fe non entrano ancora in grandiliimo nfchio della vita loro. Si che la piti ficura cofa è di adoperarle ontioni, & i bagni predetti, e replicarli moltiffime volte, acciò mollificandoli quelle parti fi poteffero dilatare tanto" che concede fiero l’vfcita alla creatura. Fatto quello fi collochi la partii* riente nel fito, che è neediario alle donne grafie da noi di fopra infognato' e quandoquello non le piaccia, raccomodino nella feggiola, eia Com­ mare adopri gli egli rtarnutatorij, & quegli altri rimedi) arti à faciliraro il parto, che fono podi nel cap.24. Quando mò quelli non giouino, bifogna ricorrere à qualche altro partito ; perche la madre cofi miferamentè non perifea, del quale parleremo nel feguente capitolo.

D el parto Cefareo 3origine 3pofsibilità, e necefsita di quelo.

Cap.XXVIIi.

) mi ritrouaua in Francia l’anno 157 r. 1572.e ragionai molte volte fopra quello foggetto della difficoltà del par to nafeente dalla mole del corpo della creatura có parco, chi Medici,eCirugici di quel paefe, cert amente dottifiim i, i quali mi difiero, che era cola faciliflìma aiutare le creature in cafo tale,e mi lodarono quel taglio,che fi può fare nel vétre della grauida dal lato deliro) ò finiliro fon za neflun pericolo, cofi della madre, come del figlio, detto parto Celarci» dal cedere,ò tagliare il ventre. Quello da mebèmliìmo coufider-ato nelle parti, che fi fà , non mipareua imponìbile, ma come cofa nuoua in Italia, & à me, che mai l’haueua non folo veduto a fare,ma ne anco vdito, arrcc. caua gran marauiglia, e perciò defiderai fommamente di vederne qu fiche efpcrienza. Ondeapprefso Tolofa invna terra molto nobile detta Callel tuiouo.di Atri,per opera di vn Cirugico dell’Eccelkntifi'.mo Sign. Scipio­ ne DucadiGioiofa, all’hora Generale del Campo della Lega in Lingua d’ Oca vidi due donne, alle quali erano fiate canate le creacure ville dal ven­ tre con quello taglio, & vna di loro mi difse d’efserfi doppo di nuouo in. grauidata, e di hatiere partorito felicemente. Quello sò io chia ramente, perche hò veduto le cicatrici nei lati del ventre longhe mezo piede ; e co­ li noto per quei paefi, come in Italia il cauarefangue nelle doglie di te­ tta. Màdopò hauendo ietto vn'opra di Fraucefco Roufseto Franccle 3 compofta di quella materia, mi fono talmente perfuafo, che tale rimedio fia ottimo,che non hò più dubbio alcuno, poiché quel Dottore racconta quali in fin iti e fsep i d e ’cafi feg u icfin e’qnali n om in a il nome,cognome,e p a - ' L 5 cria


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D E L L A CO M M A R E

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tria di quelle donne, che fono fiate aiutate in necefikà tale, e che hanno foprau (luto felicemente inficine con le cteature. E vero , chenonfideue tentare quella operatione fe prima non fi hauerà vfato ogniptro portìbile rimedio; poiché quefto deueeffere l’vltimo ; efe bene è anco^ rimedio, che non appartiene alla Commare, ma più torto al Medico , òCirugico intendente; nondimeno mi è forza parlarne, eperrifpettodella materia dell vtilità fua . Dirò dunque per compita informatione di quefto parto Cefareoquattro cofe.cioè l'origine, la necedìtd , la poflìbilitd, & il mo­ do. E prima quanto all’origine non nacque hieri, nè hoggi quello modo di cauare le creature dal corpo delle madri con il taglio detto parto Cefarco , ma èantichiflimo, quando Plinio nel lib.7.della fua Naturale hifloria , al cap.p.ne fa mentione dicendo, che Scipione Africano il maggio# re fù egli cauato dal ventre materno (fe ben la madre era morta) con queito taglio, e perciò fùanco detto Cefareo ; e coli fùdi moltialtri, li quali in cotale modo nafcendo,acquirtarono il nome di Cefoni. E perche quel­ lo , di che parla Plinio fù fatto nella madre morta di Scipione , quello del quale io ragionerò fia più ammirabile, conciofia cofa che retta viua la ma­ dre , & il figlio; onde l’opra pare quafi diuina,e fe bene nel primo incon­ tro porta feco vn’efperto fpauentofo, &: horribile , nondimeno per il feli­ ce fucceflo reila piena di vtilitd, e di marauiglia. La fua neceflìtd è poi ta­ le , che fenza quefto aiuto è forza lafciare morire miferamente la creatura, e bene fperto la madre ; perche non potendoli hauere la detta creatura nè col mezo di ontioni, di bagni, di medicamenti tolti per bocca , ne con altri iflromenri, & elfendo ella più dell’ordinario grofia, e le vie angufle, come Porto del petenecchio fchiacciato, e più cheneceffario venire a_# quello taglio, non vi tettano altra lirada per aiutarla. Ilche tanto più fi deuefare, quanto che oltre la cfperienza villa dame nelle due done pre­ dette , e ne 1 tanti cali feguiti portati dal Roufseto, le viue ragioni lo ino­ ltrano poifibile, e fenza pericolo coli della madre, come deila creatura, lequal i fono quefle. Se ninna cofa poteise rendere quella attione importibile, òpericolofa, farebbe vnadiquerte tre; ò perche dandoli il taglio, fi oflfendeffe qualche membro principale neceflario alla vita, come il cuo­ re ; o il polmone ; alla cottione de’cib i, come lo ftomaco; ò al fare il fati­ gue, come il fegato. Ouero perche tagliandoli tocchi qualche vena, ò arteria grande, dalla quale nafcaquellaabbondanteeffufionc di fangue, detta dà Greci Hemorgta, laquale in breue fpatio ds tempo vccide, fe non fi raffrena. O vlcimamente perche tagliando fi tocchi qualche parte tanto neníela, efenfitiua, che produca Io fpafimo. Ma farà fácil irtima cofa á chiarirli di quella difficoltà, febene efaminaremo il luogo, doue fi fi que­ llo taglio ; imperoche fi taglia o dal lato deliro, ò dal linièro, fi come pa­ re meglio al Cirugico , e fecondo che più vna parte, che l’altra retta im­ pedita quattro dira fopra Panguinaglia verfo il pettenecchio trà bombili# co , ¿¿ilfianco, come più d balio fi dirà, quando ragionarono del mod o . In tale luogo come sd ogni Cirugico anco mediocremente efercitato» non fono collocati membri nobili, ouero c’habbiano nerni grandi, dar­ tene notabili dalla Matrice in poi t nella quale fono m o lte ven e, per vfo, e di


1 S7

B ROSECONDO.

e di purgare il fangue medruo, e di nutrire la creatura. Ma quando anco fi tagliano, e dhe da quelle nafca grande effufione di fangue, non per que­ llo fi deue temere di morte, perche della medefima matrice anco non ta­ gliata ogni mefe per l’ ordinario,ne viene notabile abbonbanza,& in alcane malattie, come ne’medrui foprabbondanti, tal volta n’efce vn fecchio, e co fi ne’parti iliegitimi , e pure non muore la patiente ; il che auuieno, perche tal« fangue non è Tempre buono ; ma alle volte , ò tanto cattiuo, quanto buono ; ò anco forfè più cattiuo, che buono, fecondo che la don­ na fi ritrouapiùfana vna voltaiche ¡’altra; e perciò euacuandofi il cattiuo con quella effufione,ne fente la donna più tolto giouamento. Hora tor­ nando al primo propofito,in quella parte, ch’è detta abdomine da Greci, e da Volgari ventrefea, ò pancia, prima fi vede la cotica, per la quale fo­ no femiuate alcune vene capillari,e picciole,fotto la cotica detta curiofi ri* trouail graffo,il quale come parte fredda è abbàdonato da ogni vena anco mediocre. Doppo fi veggono m ufcoli retti del ventre,!' quali come carilofi,hanno sì delle vene,ma non tanto grandi, che da effe polla nafeere molta effufione di fangue. Sotto queiti giace il Peritoneo parte membranofa,e neruofa,chc è priua anch’ella di vene grandi; e doppo fotto quella fi troua la Matrice nelle donne grauide di nouemefi;di maniera, che non vi èpericolo di cagionare con la predetta operatioiae, danno d’ alcuna forte ne i membri nobili, & nelle parti fanguigne. Ma meglio non vediamo nei in_. prattica edere feriti molti nelle guerre, ò nelle ride priuate con ferite I011ghe,e larghe più d’vn palmo nella pancia, & á quelli ideili tal volta racco­ glierli le budelle ne’cattini, e pure foprauiuono ¿ Dunque le gran ferite in tal luogo non fono mortali. Ma dirà alcuno,che alera cola è ferir la pancia in quella carne grafsa,& altra è tagliare la matrice parte ncruofa. Et io rifpondo, che fi vede ogni giorno da Norcini Idioti tagliatele veffìche al­ menonel collo per cauare le pietre grofse come cui di gallina. Ma forfè nò habbiamo villo,e medicato più d’vno,cheefsendo pafsatida banda à ban­ da,haueuano rotto le budelle,e pure fono guariti felicemente. Galeno defi­ lo nel libro fedo del methodo noninfegna eglià curare, efanarle ferite della pancia,e particolarmente quelle del Peritoneo ?fi che Pattfone in fe è poflìbile , e riufcibile, come fi può cauare dalle già dette ragioni. Io in_. vero mentre era in fifsopenfiero di quedo rimedio, leflì l’opra di quel dot­ tiam o Medico detto Francefco Roufseto Francefe , del quale hò fatto di fopra mentione,eredai cófolato fopra modo, hauédo egli trattato di que­ llo partoCefareo degnamente,& hauendolocomprobato per molte ludo* rie parte accadutealì’id efso, parte ad altri Cirugici degni di fede, in_, modo che lo perfuade per molto facile, eriufeibile. Efe ad alcuno parefi fe drano d credere, che la matrice coli tagliata pofsa vnirfi di nuouo ; haucndo detto Galeno, & efsendo coli la verità, che parti neruofe, ò membranofe dette fpermatiche,tagliate che fono vna volta,nó lì vnifeono più; perche egli intende.come dafe medefimo b dichiara ne’libri della coditutione dell arte medicinale,al capitolo fedo , che non può il feme humano tornare à riunirle co me fa il fangue nella carne, ma fi vnifeano però, come fi vede nel Peritoneo tagliato ,che cor erufeitare fi vnifee nella vefiìca, Se L

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in quella pellicina, che cuopre gli olii, detta perieftio. Anzi tanto più fi vnifcenell’vtero, quanto che fubiro che la creatura è filoni fi corruga, e coilringe come vna boria, e tale corrugationeproduce vn^materia callo, fa, attilììma à produrre la cicatrice,la quale nè anco può impedire le futu­ re grauidanze. Quello, oltre che io lhò veduto in Francia , il Rouisetto predetto lo proua per molte hiltorie de’cafi occoriì, & anco con buoniifirae ragioni. Imperoche fe ben pare, che la cicatrice reitera nell’ rtero per caufa del tag!io iia per fare queU'eftètto,che fi vede ilare in tutte l’al tre par­ tidel corpo,cioè di ritirarle,e contraherle in modo,che non fi pofsano di. Rendere come l'altre, e che per diftetto della medefima nafea quella infir­ mitela quale Hippoc. nel lib.fecondo delle malattie delle donne domandò contorfione matricale ; nondimeno fe bene fi confidererd la natura deliz­ ierò, fi conofeerà chiaro, cheetiandio, che vi rellicicatrice, non può impedire la grauidanza. Habbiamo noi detto nel primo libro,che il corpo della matrice è ben di foftanza neruofo, mi anco hi molti fili detti fib ro di carne, le quali fono attifiìmeà difendere, e dilatare l’ vtero; anzi per forza conuiene efsere molto dilatabile ( per vfare quella parola perchei fi­ gliuoli non fi pofsono fare fe non i rniiura , ma vna volcapofsono efsere maggiori dell’ altra: e però la natura della matrice deue efsere tale, che molto più di quello che ricerca la capaciti della creatura, purché non fia grandezza infolita,e fmifurata fi pofsa allargare. E la ragione è quella,che douendofigirare la detta creatura nel tempo del parto fottofopra,è forza che fempre il detto luogo refti maggiore,& atto i diltenderfi in ogni occafione per feruigio del feto. Quello anco fi proua vero, perche fi vede che legrauide, che hanno i fanciulli nel ventre fmifuramente groifi, ò moitruofi nel corpo, non patifeono perrincapacitidell’vtero, im p erla., itrettavfcita velia natura. Nè g ii è vero che pofsa reitaretale cicatrice, che fi rcllringa notabilmente la Matrice ; perche d fare quello farebbe neccfsario, chefofsero fiate leuate via dellafoflanzadi efsa tré, ò quattro dita,il che non efsendo fatto, ma efsendo facto vn femplice tàglio per long o , corrugandoli la matrice fubico dopò l’vfcita del figlio, nonpuòmai la cicatrice eccedere vna colla di mediocre coltello, e perconfeguenza_r può poco ritirare la parte,e non può cagionare l'elfetto,nominato da Hippocrate conrorfiuo della Matrice. Si che tale amminiftracione è poliibile e riufcibile, come per l'efperienza, e per le gid dette ragioni fi è prouato ! Kefia di vedere il modo di quella attione, e di quello parleremo nelf«. guente capitolo.


modo, col quale fi può fare il Parto Cefareo .

Gap. XXIX.

Fare l’attione de! parto Cefareo non è buono ogni Cirugico, ma quello, che fiaefsercitato, coraggioio, e j prudente , e fopra ogni altra cofa prattico nell’ Anetomia , acciò fappia quanto deue penetrare col ferro, o fappia conofcere i confini dell'om ento. 11 peritoneo, fi fico de'mufcoli rettile difeernare il corpo della matrice. E certo, che quella eia maggior difficoltà dell’attione prefente,poiché l’arte della Cinigia è cofi bene ffrapazzata, e data quali in preda à barbieri , che mai à fuoi giorni fu peggio. Hora trouato i! pra­ tico Medico, òCirugico,deue quello atlantiche pongale mani all’opra , diligentemente confiderare.fe vi lìa altro modo di hauere la creatura oltre di quello, perche quando vi fofse fi può omettere per dare manco fallidio alla patiente. Mà quandoegli giudicherà, che non vi lìa altro rimedio poffibile,cóiideri le forza della donna,fe fono balfanti à fopporcare tal miniilerioi il chcconoiceràinduemodi, dal polfo, e dal patimento, che,# hauri fatto nel parto . Onde quando fofse Hata malmenata da qualche im­ prudente Commare,ò da qualche inefperto Cirugico,come fuole accadere molte volte, e lì trouafse anco col polfo debole, fi deue con honeite feufo ritirare dall’imprefa predetta; perche fe per forte la parturiente morifse nell’opra,ancorché douefse morire per il patimento fofferto,tutta la colpa farebbe del taglio e non d’altro. Mà fe rittouerà la donna gagliarda, col polfo à fefso, fatto buon animo prima à fe, e poi ad efsa,e chiamato il fa_ uore diuino da lui, & da quella, prima preparerà gl’ iifromenti attià fare quel taglio,cioè vnrafoioacutiffimo,e taglière al poifibiIe,vn’alttocon la teda rotonda,ma ben affli aro,fienile à quello, che adoprano i barbieri; vna succhia có la punta triangolare acutifflma,accomrnodataco’l filo cgualiffimo & inceratoci quali tutti ferri collochi in luoco, che non fiano veduti dalla patiente per non la fpauentare . Habbia in oltre vnafpongi-amoli/fima,molti panni fini fottiliflìmi, vecchi e molto piegati perferuirfene, co­ me fi dirà . Di più fi faccia preparare parecchie pezze,ò nette,ò brutte per indoppiarle, & porle fotto la patiente , fafcieffili, floppeben pettinate, e molte pezze fiottili bianche, longhe mezzo braccio, per viarie nell’oppor­ tunità,comea’infegneri . Ma auuertifca, che la Cornmare alianti quella^ amminiflratione faccia euacuare il corpo della patiente, e partico­ larmente dall'orina,acciò votandoli la veflìca redi più bafsa la quale però quando fofse anco piena, e che il taglio fi douefse dare nella parte fin/iha',doue ili fituata detta veflìca, non impedi rebbe punto queffa attione, reftandopctilfuo fito m o lto b a fsa , e per il pefo della matrice^^ piena


170 d e l l a pienamoltocooiprefsa.

commare

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Curato il corpo, può il Cirugico eleggere due lìti da colicuare la patienJ te;vno,fe farà gagliarda,&animofa;raltrofe farà debole, òfaurofa. Se fía gagliarda, l’accommodi appogiata à federe nella fponda del letto in qneflo modo.-PendanoIe gambe á bailo, Se i piedi tocchino la terca, e redi ella lupina con la panza in sù&habbidue,ò trecufcinifotto le fpalle,efotcola tefta. V ifíanoaiutanti tregiouani.ògiouanegagliarde, ecoraggiofe; due delle quali tengano le braccia, e le fpalle, e ì’altra cacciatafele tri l o cinocchialeabbracilecofcie , eie tengafaldamente. Non parlino, ma ftiano pronte á farei! loro officio. Sianui di più due,ò tre altri,che pollano porgere al Cirugico quanto egli domanderà fenza dimora. Ma qtian do la paciente fía debole, fí accommodi in fico tale, che fegga su’I Ietto ; ma dia meza inchinata,e ciò porrà fare con i cufcini.come fù detto di fopraje que­ llo fito è ottimo per liberare dallo fuenimenco quelle, che temono la fag. nia . Fatto quello,il Cirugico fi prepari à dare il taglioie però prima confí­ nen quale de’lati deue eleggere:perche fe per cafo,come faole auuenire,’a donna patifse ò durezza di fegato, ò di milza,fempre s’hà da fuggire quefli incontri in quello modo,che hauédo durezza di milza,lafci il Anidro,e ta­ gli il deliro; & hauendo durezza di fegato, lafci il deliro, e tagli il i l i ¡Uro. poppo tale conlìderatione fegni il luogo,che hà da tagliare con inchioilro buono in line á retta, fituan dola tra Fona bilico, & il fianco apunto (opra il mulcolo retto,che con 1 ombilico confina,tre,ò quattro dita fopra l’anguinaglia verfo il petenecchio,tirando lalinea fecódola drittura dei ninfeolo . Faccianfi inoltre tre, quattro, ò cinque linee Picciole trauerfe fopra linea retta per fegnare doue fi debbano dare i punti quando fi vorrà cucireje quella linea,e taglio riefee meglio vn poco più alto per fuggire molta effulione di fangue,chenon fi pollo molto balio. Horfegnaco collii luogo il Cirugico col nome del Signore Iddio tagli fecondo che diflegnò con l’incnio(tro,arriuando col taglio nel profondo del grafio delta pancia,e tencndo longo il taglio mezo piede in circapocopiù, ò poco meno, iecondo che la patiente farà più grande di corpo,ò piiìpicciola. Facto quedo pri­ ngo taglio,vedai! corpo del mufcoloretto.e cagli anco quello- finjche gfiì. geal Peritoneo, il quale aperto fi vede la matrice, che anch’ ella fi deue ca­ gliar«: ma leggiermente per non ferire la creatura,auuercendo ne! tagliar­ la di cominciare il taglio dalla parte fuperiore,e tirarlo per trauerfo [Ter nó tagliare ifuoi teilicoli,e gli epididimi,e vafi fpermatici. Ciò fucceduto fe­ licemente fubito ficaui la creatura,e le feconde infierne. Doppo fi habbia in pronto(ma preparato auáti queda attione) il decotto di artemifia.agri» monia, bectonica, alcea, foglie, ò fiori di granati, rofe fecche dell'vna, o» oeU’altra aridolochia, cìpero,{quinanti;eflendo fatta quella decottione in vm negro,gatbo, e grande, fin chedi fei libre fi confumi la terza parte, !«_, quale colifi dopò,& alla colatura fi aggiongano due libre di quell’acqua..,, che adopranoifabri per ammorzare i ferri infocati, e facciali ribollire di nuouo, Se in efla fi bagni quel panno lino piegato, che di fopra facefiìmo apparecchiare,e con elio cofi bagnato fifoméci il taglio più volte, che tale decotto è atto 4 fermare il fiulfo dddanguc copiofo, e confortala p a r t o . ~ Con


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*' L I B R O S E C O N D O .

i 7i

Con la fporgiar poi coii dentro la matrice, come di fuori netti al meglio che può i! fanglue fparfo. Fatto quefto,l vtero fi ritirerà fubito in fe fletto & ilCirngico $ prepari à cucire l’Abdomine,à che fare è di bifogno,l-aiu to di vn’altro, che mentre patta l’ago, comprima col dito le budellame fi moftreranno iui vicina, eflTendo mancata la groffezza della matrice, auuertendo di tenere Tempre la ferita coperta co panni caldi doppij bagnati nel decotto predetto, acciò il freddo non penetri, ò l'aria più del douere ne gli inteflini, Si cuce l’Abdomine con pochi punti, come l’altre cucitu» re fa tte in qualunque altra parte del corpo . Si medichi dopò il taglio co­ me l'altre ferite, cioè coni digettiui mondificatiui e confoli datiuijma alla pertettione della cicatrice ; per rifpecto poi dell’vtero ferito fono neceffarij due rimedi), l’vno di vfare vna rafia fatta di pezze fottiliifime,e vecchie alla grandezza del dito picciolo, detta da Medici PeiTarij, la quale fi deue ongere con ogho rofato completo, con roffo d'oiio, & ogni giorno met tere nella natura bene auanti ere volte lo Efiare, el’Inuernodue. L ’altro rimedio è de fcruitialetti fatti nella matrice, quali fi fanno con piccioli fchizzetti fatti d tale propofìto , affine di mondificare la matrice, confolidarla,e confortarla ; e quefti fi compongano con il decotto di artemifia agrimonia, abfinthio, altea, piantaggine, roferoflè, fiore di maina \ alborca > nepetta, e radice di Ariftolochia dell’vna, e dell'altra fotte ci* pero, fquinanti, facendo bollireogni cofa in vino grande garbo e tali feruitiali fi facciano Tempre auanti, chef! intrometta il pefsano con il det­ to decotto tepido. La regola del viuere fiatemperatifiìma, come iti * ogni ferita d’importanza fi fuolecoflumare, e fi fugga l’vfo del vino almeno per quindeci giorni, acciottoli producefseinfiammatione, e ftia ladonna in fianzedoue l’aere non lenuoca, & in fommafigouerni con tanta dili­ genza, con quanta fi farebbe vn corpo feri­ to nel ventre di ferita mortale, E hora baili hauer detto di quello nuouo modo di aiutare li par­ tidifficili per vti liti delle mifere patienti.

esito


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COMMARE \

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S i t o p r i m o necefsario al parto Cefareo, nel quale fi debbono collocare q u . He g r a u j d e , c h e non pofsonohauere i figliuoli,fe non col taglio, ma p e r ò q u e l l e f o i a m e n t e 3 che fono gagliarde.

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P S ito feco n d o del p a rto Cefareo, nel quale ยง c o llo c a n o le grauide deboli: ' '


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4 D ELLA

COMMARÉ

Delle difficoltà, che nafte nelle feconde, e ìlei rimedij per cattarle dal corpo della parto­ riente . Gap. XXX, L parto vitiofo, & illegitimoècoiì imperfetto nellà conditione delle debite purghe nel fecondo parto, come in tutte l'altre di fopra raccontate ; imperoche fe il naturale rende la creatura, e le feconde ageuol. mente, etral’altre purghe mediocri, j&in quantità conuiene; all'incontroil vitiofodi quella forte non rende le feconde , ole rende con grandiffìma diffi­ coltà: e l’ altre purhe ò le niega del tutto, ò le manda in troppo abbondanza, difetti tutti baffeuoli per fare morire la mifera impagliolata. La onde coiì in queffo negotio, come ne gli affri predetti deuela Commare eiferebene iffrutadi uanto ha da fare per foccorrere à tanto bifogno, che fi commette alla iua iligenza.E perche la difficoltà tutta di queffo vitiofo parto pende da due capi;ò perchele feconde non fi pollano hauere; ò perche le purghe fiano, ò poche,ò troppo, precedendo con ordine, ragioneremo prima del mo­ do di hauere le feconde, e poi del rimanente. Ma volendo parlare di que­ llo diremo tre cofe: prima per qual caufafi dette cercare con tanta dili­ genza di hauerle ; la feconda per qual caufa fi rendano diffìcili ad vfeire ; la terza il modo di cauarle.edt farle vfeire. E per incominciare dalla prima; c neceffariod’vfare ogni arte per hauere le feconde : perche fubito, o preiliifimo fi marcifcono dimorando nella matrice doppo 1' vfeita della crea­ tura,e marcite che elle fono,nafce quell’ effetto detto profocatione di ma* trice; anziperi vapori caufati dalla putrefattone, &eleuatial Diafram­ ma, & alla teftadiuenta la donna afmatica, pazza,e fpeffo , reffandofoffocata, fe ne muore. La caufa poi della difficoltà loro non è vena: ma_, molte : impercioche nafee alle volte dalla dapocagine della Commarejbenefpel so dalla debolezza della partoriente; alle volte dalla contrattone della matrice , & vltimamente perche tenacemente reflino le feconde at­ taccate alla matrice. E per cominciare dalla Commare, fe quella farà troppo vecchia,ò da poco(che per quello ricordai nel primo libro,che non fi elegga molto vecchia) potrà incorrere in vno di quelli errori, che ò per debolezza hauendo tagliato Tombilico fi lafci vfeire di mano il capo delle feconde aitanti che l’attachi ad vna delle cofcie col filo ; oueroperifeiocchezza mentre attende poco i quello che molto deue , fuggendo il capo delle leconde mentre taglia l’ombilico, prima le veda nafeofle , che fe ne fia accorta; e perciò diflì io , che era piu ficuro modo hauere le feconde auanti che fi tagliafse l’ombilico, fe bene ciò il parto vitiofo poche volte (itole auuertirejperche £ pieno d affanni,e malegeuolmentefi pofsono hauerecofi predo,onde acciò che la creatura non patifes tanto,fi può taglia­ re I’qinbilico , quantunque le feconde reflin o nel c o r p o ; mala Commare de-


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LI ERO S E C O N D O .

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deue eflerediligfntiffima in legarle vn bindello, òreffe doppio, e poi rac. comandarle alisi cofcia della parturien te , ouero darle in mano i qualche.» accorta aiutante] ma meglio è non fidarli d'alcuna, e legarle come fiè det­ to: perche alle volte ò per rimediare il nato fanciullo, ù permuouerfi, ò per edere attenta alla parturiente lepuòvfcire di mano il detto capo, e condurre la donna in manifeflo pericolo di morte : poiché è difficiljflimo, e molte volte impedibile ritrarlc dal corpo doppo che vi fono rìétrate; ma pure quando la difgratia vuole, che per caufa della Commare fuggendole il capo di mano, non fi podòno hauere in tale cafo fatto ella buon'animo , fi onga la mano con oglio di mandole dolci, ò con butiro, ò con altro , e l’intrometta nella natura , procurando di rihauere quei capi che le v f c j . ronodimano, e rifluendoli li tiri deliramente fin che v i c i f c a n o le fe­ conde. Maquandoanco non li polla hauere, ongabenidimo il corpo con og!i, e graffi dileguati, poi dia alla donna la tegnente benanda, laqualeèprouatidìmadame inmille occafioni, e follo"Iddio, che tem­ pre ch’ io lhò ordinata, ha fatto il defiato effetto. Pigliali di acqua di giglio bianco cinque onde, di-zucchero fino due oncie, di zaferanno poluerizato vno fcropolo; di fauiuamezadramma; fi mefcola il tutto èlafli beuanda, e puoffi dare ad ogn’ hora fecondo il bifogno; e que­ llo rimedio è anco buono à cauare fuori del corpo la creatura niorca_,, Ma fe la difficoltà di hauere le feconde nafee dalla debolezza della impagliolata, la quale hauendo patito molto nel parto vitiofo, doppo quello retta in modo languida, e sbattuta, che à pena può rerfpirare, non che reggerli à federe, ò fopportare la manifatura, che fi fà nell-ha­ uere le feconde, in tal cafo la Commare procuri dì hauere fubito ducè tré oui frefehi, de’quali prefi i to rli, òroffi gli faccia difsoltiere in vna meza fcodella di brodo di pollo bcrtiffimo caldo, epoflouìva pocodicanellapelta con vn tantino di zucchero, fele piacerà, &va_. cucchiaro di acqua rota, faccia bere alla donna tale miltura, la quale è attiffima à riltorare fubito la virtù. Può anco darle due fette di zuppa fatta in maluagia , ò vernaccia dolce, ò greco, ò altro vino genero, fo : il quale è buono per aiutare ogni debolezza. Il medefitno farà me­ za fcodella di peilo, ò brodo buono di pollo, pignocati, pelacchiate marzapane, beuendoui dopò vn poco di buon vino. A Milano vfano in tal accidenti vna forte di vi uanda detta colà Zambaglione, la quale è di grandiffimo nutrimento, nè mi difpiace in cafo di debolezza, vfatoin poca quantità, e per vna fol volta, e quando l’impagliolata non hauefse lèbre perche all’ hora coli quello, come gli altri cibi detti di fopra fono fofpetti per il troppo nutrimento, loro, e particolarmente per rif, petto del vino; onde in quello cafo fi debbono aiutare le parturienti coni brodi, & oui frefehi lenza vino. Ma quando non habbiano febre, può yfare quelloZambaglione con li altri rimedij.il quale è ottimo refocillamento, e fi fà in quello modo. Si prendono quattro rolli d’oui frefehi, e fi difoluon nel vin bianco dolce, e grande; evi fi aggiungono tré on­ de di zucchero, e due oncie di butiro frefeo è vn poco di cinamomo polwwiaato i Stài fuoco lento fi mefcolanole predette cole fempro fino

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fino ¿ tanto, che fi riducano alla fpeffezzadel capo di latte.* perché all’hora quello ciboèfatto perfetto , e mangiali con il cucchiaro . E parfa tanto buonaà golofi compofitione tale, che per'fare trofei piti pompofialCarnoualc, hauendo lafciaxii letti delle imo giuriate, cita­ ta introdotta nc’banchetti è quel ch’è peggio , per doppo palio. M i fe la impagliolata farà pouera , e che non habbia commodirà noo_, folodi taledelitte, m a i pena polla hauere de gli oui all hor* fi potrà rilìorarecon oui frefehi, mettendoui fopra vn poco di camelia, di zuc­ chero, òdi noce mofeara, ebeuendoui dopò vn poco di vin bianco, ouero pigli vna fcodeIJa di brodo di pollo, ó vitello almeno, e n h ó ­ rn ala debolezza fi conducaalla feggioladal parto, douela Commare conleontioni, econla manofi adopri di hauere la feconda,- ilehenon le farà difficile aiutarli la patiente. come potrà fare dfendo già nitorata à baftanza ■ Ma quando non fi potcìlero hauere, adopri la predetta medicina per bocca che habbramo infegnato nel cap, 24.di quello a.lebro nella quale entra borace minerale, fauina, acqua di giglio bianco, zucchero,& zafferanno, che le hauerà ficuramente. Quando poi taledifficoltà nafea dall’effcrfila matrice collretta, ritirata in modo , che noi! permetta P vfeita alle feconde, all’hora ficonfideri fe ciò fia accaduto, ò perche fi fia per il troppo dolore gonfia, ò per la troppa liceità cflìcata; impercioche coli nell’vno, come nell'altro cafo fi deue hauere quella intentìone di lubricarla, e di renderla morbida, affine di rilavare la_, matrice, e di allargarla per potere poi hauere facilmente le fecondo. Fallì commodamente quello con l’vfo de gli ogli, e graffi detti di fopra tante volte: ma particolarmente con l’vfo ddl'oglio di giglio bianco caldo, e foglio fefamino, di narcifo di giglio turchino , ' detto Iride. E anco molto efficace il bere invino caldo alcuni grani di ginepro, oue­ ro meza drama di galbano ; e coli il decoto dell’abrotano fatto in vino, ò del pu'egio.Sono anco molto vtili i fuftumigij fatti alle parti da baffo coni, polli d’acqua, nella qualefiano bollite malua, altea, Branc’ orfina, fe­ móle,e cammamilla fien greco, e feme di lin o. Vltimamente fe Tefeconde non potranno vfeire, perche troppo tenacemente rellino attaccate alla matrice , in quello cafo la difficoltà è di molta importanza : pofeia chej quando i medicamenti non vaglionoà tirarle fuori, vie bifogoo dell’­ opera della mano . Onde la Commare fubito fi faccia portare carbone in vno fcaldaletto.emeflo tri le gambe della patiente, e accommodandoIc vn lenzuolo dopò attorno ftretto alla ci ncolla, acciò il profumo non le peruenga àgli occhi, ponga fopra i carboni vn poco di folfo , foglie di hederá,ò di Naffruzo, efogliedi fico, ouero vn poco di mufehio, am­ bra .zibetto , garofoli, ò noci mofehate : & in fomma ogni cofa odorifera e ottima da vfare nelle parti da baffo, fi come è peflìma da odorare ; anzi al nafo fi debaono prefentare quel!e cofe, che per natura loro fono fetide, e puzzolenti : perche effendo la matrice molto vaga de gli odori, & nimi­ ca ¿effettori, fuggiendo le puzze , che per il nafo fi tirano, & allettata dg gli odori fuffemìgati da ballo facilmente fi rilaffa, & allargai cofiageuoi. mente rende le fe c o n d e , S o n o le c o fe puzzolente,che fi d e b b o n o fare od<j,

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raro ú*lla T M»$*te I áfla fccidai i capelli abbrufciati * il cuoio vecchio arfo, i toltane li ardenti, pene di pollo. M oki hanno detto, che il fuffomigio dell.vnghia dt afino patti da baffo èortimo rimedio anco a mandare fuori il fetto morto ; ma in curte H ac caufc vfi, Cnmmare gli ilarnutatori detti di fopra, il tare ritenere il fiato, io rr . __ ... altre circonttanze, che facilitano il parto. Quandomo nè anco per tan­ ti nmedij fi poteffero hauerele feconde, deue la Commare ongerfibcne la mano delira, Se intrometterla nell’vtero, hauendofi bene tagl iate l’onghie, etrouata la feconda, tiri fuori il capo, il quale poi prendacene lamanfiniftra, emettala man delira tra le feconde, e l’vtero, e gionta douefentirà la feconda attaccata alla matrice, con le punte delle di­ ta la vadi diltaccando, come f i il beccaio, quando al medefimo mo­ do dillacca la pelle dell’ animale morto , quello è 1’ vltimo rimedio. Hauute le feconde, per mitigare il dolore della matrice, fivfioglio rofato completo, rollid’o u o ,.c latte, ongendo bcnilfimo quelle parti» c ’hanno patito.

'Delle caufe spegni, rimedi) delle purghe delpuerperio vitio/eper lapoca quantità loro. Cap. X X X I. Erta hora che per piena informatione della Comtmre ra­ gioniamo delle vitiofe purghe, che fogliono leguireil parto vitiofo, e venendo in neffuna , ò pocha quantità, ouero in molta abbondanza. Di che douendo trattarei auuertirò prima il lettore, che non è miopenfiero difcorrerede'mellrui, ò fuppreflì abbondanti, ò bianchi, òroffi, perche già da principio hò proteftato piuvolte di non volere parlare fe non di quei mali, che fono cagionati dal par­ to vitiofo, ò dalla grauidanzai e mi balla informare ábaílanza vna Corri* mare, in maniera, che nel parto coli naturale , come vitiofo fappia reg­ gerli, lafciandodi trattatele malattie delle donne, che fono fiate trat­ tate già da molti antichi, e moderni fcrittori: poiché anco la Comma« re è debboleiüromento nel medicare affetto coli importante de melimi ftippreffi, ò abbondanti, alla cura del quale ballano ¿ penai primi Me­ dici, Se i più efperimentati. Onde fecondo l ’ordine propolto ragionerò delle purghe fol ite accadere nel tempo del puerperio, e non d’altro, & ir ciò fare attendere più ad apportare alcuni rimedij prouati per vtilità della Commare, e della parturiente, che á difendermi molto nella Theorica, e nella cognjtione delle caufe, ricercando quello male più tollo fubito rimedio , chelonghadifputa: perche come fi dirà, ogni tardan­ za è piena di pericoli . Difcorrendo dunque di quelle purghe , dire­ mo tre cofe. Primadi quante forti fiano. Secondo perquale caufe fiano ò molte, òpoche. Terzo come fi rimedia cofiall’vno, come all’altro. M Dojjp


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popò il parto naturalefogliono vfciredall’vcero due fory purghe, vna difanguerofsolimileàmeftrui, che ogni -v-ugond alle donne, el* altra d quello fufsequente eferern?•zr'J bianco limile alla chiara dell’olio, ò alla flemma, c o n q u a l^ ^ ^ o d ifa n g u e . La ragione di tale diuerfied , penforh*>^-> ptrttìe dopo I vintala creatura, quel fangue, cheeracoli condotto per nutrirla, non ve la ritrouando, cafea fuori delia natura,ac­ ciò reftandoui non fi corrompa ; perche non h i potuto ancora prendere» coli repentinamente la ftrada delle mammelle, e conuertirfi in latte : on­ de efcerofso in abbondanza dopò il parto. Ma perche dopò guelfa , Prima fi vari)la purga, e fia eferemencofa, la ragione è cale. Ognu­ no s i , che la creatura nella matrice fucchia ilfangue meftruo, piglian­ do la parte migliore, acciò iftigando la natura di modo, che retta in_, quelle parti qualche portione efcrementofa, e fecciofa ; oltre che efsendo l’vcero come chiauica, per la quale fuole la natura cacciare fuori gli eferementi, e la fuperfluiti del corpo della donna, chi non s i , che in tuteo il tempo dellagrauidanza , molte vene faranno congregate ? le quali ai che in dettò tempo non fi fono per l’ordinario potute purgare, efsendo ato l’vtero ferrato, dopò il parco la Natura à poco à poco le manda fuo­ ri in molti dì ; e perciò quefte feconde purché paiono eferementofe, e fie­ matiche • Il tempo poi d’efse è fiato afsegnato ne! primo libro però dicia­ mo folo adeiso,che la prima purga del fangue rolsodura fette giorni al più fin che la natura riuolta tale corlò alle mammelle per conuertirlo in latte, e la feconda aila.più longa dura trenta giorni, Hora nel parto vitiofo acca* de alcuna volta, che dette purghe cofi le prime, come le feconde , ò fo­ no del tutto rifirette, òfc vengono in poca quantità; ouero che tanta., abbondanza corrono, che pongono le patienti in eftremo pericolo di morte. Ma auanti che infegniamo il modo di prouedere a tai pericoli, è pecclfario iapere lacaufadi quelli accidenti. E per cominciare dalle_» purghe, ò nulle, ò pòche, Auicenna confiderando la natura della matri­ ce annouera molte caufe della ritentione loro, come la fircttezza delle ve­ ne fue le apoileme, e le cicatrici; matràl’altre dice, che l’aborto fuole ciò fare come anco conferma Paolo nel libro terzo al capitolo cinquantcfimonono perche otturandoli quelle vene che arriuanoalle feconde, fi prohibifee l’vfcita alle folire purghe. E fc bene fi vede tal’hora in molte*» donne che difperdono : vfeire le purghe abbondeuolmente; in quelle pe­ rò , chefpefio abborrifeono, fi vede il contrario. Galeno.nel quinto delle parti offefe vuole, che bene fpefio la caufa di trattenere le purghe*» fia cofi l’intemperanza calda della matrice come la fredda. La calda come dillipatrice di quell'humore, che doueua purgarli. La fredda come quel­ la , che ottura, e con la vifeofiti, cconlatenaritd dell’humore freddo, c con la fua freddezza condenfando, e coftringendo le fauci, per le quali tai purghe douendo fcaturire : perche è proprio del freddo il condenfare. Unde potendo nel parto vitiofo concorrerei'vna, e l’altra difordinanza 01 numore, come nelle donne grafie la fredezza, c nelle fangui gne, e co­ leriche la caldezza, puòl’yna, e l’altra trattenere le purghe Lolite farli nel p u e r p e r io . Aetio p en sò t c h e il violente moro potefle anco cièca* S‘° i '

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gionare, e però ^iiìe,che le donne die cantano , e le ballatine non fi pur­ gano, perchein quefte il moto veloce confuma quello, chcfidourebbe purgare. Ondelacendofi nel parto vitioio moti gagliardiifimi,& agitationi non picciole ; perche la Commare còri le mani itroppiccia quelle parti moltevoltc; e percheIriftelTa parturiente è in continuò, &fat»cofomo. Co, puòquello eflìccarequelle humidità, chedòueanóvfcire; efe non_, tutte alméno'in qualche parte. Alberto Magno nel lib 9 .de gli animali a fferma,che il molto veghiare fà il medefimo effetto, e coti la malinconia,& il timore. Auenzoar riduce talicaufealla vifcófitàd'ell'humorejchefi dee purgare,& alla debolezza della virtù eipultnce.e quello lo dice chiaro nel lib.a.al cap. del primo trattato. I fegni di quelte purghe gli laici la Conf­ inare fapere alMCdico,& áco i pronòftichi,e la difa lóro ordinata;perché nelle purghe del puerperio fi deue più rimirare all’effertòjche alla caufa, c più li dee attendere alla prattica, che alla Theriaca,qriado ogn’vno sà, che in quello tempo nò bifognamedicinare rimpaginiate. Le ballerà dunque fapere quello,che dice Arili, nel lib. a. della generatione de gli animali, al cap.quarto, che le donne, che non fi purgano fon foegette ad vna infinitàdi mali,quali fono annouerati da Hippocr- nel libro ad atto, quando egli dice, che i melimi ritenuti prohibilcono il fare figliuoli,rifcaldano il cor­ po, diftirano le vette,comprimono la vellica,prohibifce Tonnare, apporta • no dolori ne’lombi,efoffocatione,e bene fpeflo là feiatica,le polleme del ­ la matrice.E perciò fia auuertita la Commare in tal cafo di fare ricapito al medico,acciò da quello fía iftrutta.-má fe per fòrte non vi fofle commodità di hauerlo, procuri alla donua vn’ aere caldo temperatamente ,fe la caufa farà fredda,e freddo,fe la giudicherà calda .Le faccia bere vin biancone no liaueràfebre; e fel'hauefse, acqua Cotta, con coriandoli, canella, òfinocchio. Vii brodi alterati con pulegio, ferpolq,finocchio , perfemo-“ lojbrodo di ccci rolli,con radice di perfemolóje fubito fatoli prima vn feruitiale commune,Ic facciacauare fangue dallà vena del talo,(fetta; in que­ llo paefc la cauichiella,da quella dico, ch’è nella parte di dentro del piede deliro nominata .laffena, perche rale rimedio è approuato in quello cafo da tutti i D ottori. Là quátirá fia di fei onde, più, e meno, fecódo che la donna farà giouane,ò vecchia,grade,ò picciola sàguigna,ò flemmatica,ga­ gliarda,ò debole,E vero,che Paolo loda più il cauarloindue volte,replica­ do la fannia, che in vna;è ciò á me piace molto ; perche nei parti vitiofi, le donne hanno grandemente patito, e il cauar loro tanto fangue in vna vol­ ta le affligerebbe troppo,e particolarmente quelle,nelle quali tale fuppreffìone di purghe viene per la debolezza della virtù efpultrice. Si dee però auuertire anco di refocillarle innazi có brodo,&có rifiorì,& io loderei,che il fangue fi cauafie cofi dal piededeliro,come dal finiftro,dalle vene di den­ tro del talo,partendo la quáticá in due volte,cioè tré oncie dal deliro pie­ de,c tre dal finiftro, è dall’vno cariandole la mattina, e dall’altro fei h o ro doppo. Ma sè,ò perche la parturiente fofle paurofa, ò anco perche non fi trouaffe barbiere, che fapefse cauare fangue da dette vene,ò perche la_* donna fofse tanto debole,non fi potefse ciò fare, all horà la Commare le attache due gran ventofe nelle cofcie b en i canto della natura,ma difozz


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to> e le rada replicando molte volte, affingendole h o rq iu , h o rIJ, elfi faccia pungere in molti luoghicon vna punta di lancetta nelle cauicchiej delle gambe : perche Galeno tanto fidò nell* vfo delle ventofe in cali tali, che nel libro quinto del mettodo, al capitolo terzo le propofe quali per rn ficuro rimedio. In lomma vfi la Commare tutti quei femplici nel farei decotti, che habbiamo notati di fopra nella cura dell’abor­ to , che fi debbano fuggire delle grauide: perche prouocanoi melimi, come afsaro, fauina, pulegio, perfemolo, & a n ifo . Di tutti quelli li può fare acqua cotta da bere, aggiungendoui vino di pomi granati dol­ ci , particolarmente quando la caufedelmale fofse la caliditi. Gioii ano anco i fuffumigi; fatti alla natura di occhi di pefcTTaTaiffe di ongieai ca» utili abbrucciate. Quanto alle medicine per bocca gioueuoli à quello ìùaIe,neIafci!aCommare la cura al Medico; perche i fare queftonon fòfo è bifogno fapcr la virtù del medicamento : ma la natura di chi lo detS prendere: perche nonèia medicina come vna fcarpa, che fi affacciai molti piedi; e però fi contenti di vfare quelli rimcdij locali, e facili da prepararli- Se anco vorrd adoperare ontioni, pigli oglio di mandoii dol­ ci vna oncia, dicamamillamezaoncia di zibetto, òmufchio dieci gra­ n i, e ne faccia ontione, mefcolando ogni cofa infieme, e con quella qnga tutte le parti da baffo. M iper li poueri piglilupini, ececi rolli, affpnzo, pulegio, artemifia, e Sabina quanto lepiace, e faccia bollire io-, acqua ogni cofa, e drente vi metta d federe la patieitte vn'hora per voi ta,c poi afciugatala le onga bemllìmo le parti di fuora della natura, è di den­ tro con ogli di viole gialle, c di giglio bianco, nel quale fia bolito vn pg. Co di mirra, e di fauina

Velie caufe, jfègni, è rimedtj delle purghe vittore per la troppa abbondanza loro. Gap. XXXIL Osi fi rendono vitiofe le purghe del puerperio nel molto i venendo in troppa abbondanza , come gii habbiamo detto,che fono nel poco: imperciochc quando con trop. po impeto prorompono, e fenza ritegno dopò il parto e-J fconOjfono molto danoofe.e piu pericolofe di quelle,che eranofupprdle,o in tuttofò in perche quelle,fe fu» . ■ biro non vi fi rimedia, caufano, òfubica morte, rellando clangue il corpo , o producono altri mali, che fi diranno più a baffo. 3 CofT?mare ^accorgerà , che le purghe fiano più del douea’tra cofa , vada jnueiligando quale caufa fe può ha» r S in imCCIO-hef ° flafecondoroportunitdporgerle ilconuenieni ° \ !lmPercioche non Tempre quelli protluuij di fanguc vengono dall' abbondanza d. effo che potendo fiate nelle vene le r o m p e r £ -n o n . m a bene fpeflo d a lla l u a f o t t ik a z a ; perche n o n p o te n d o conte,

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tietfì dentro le,vene, efce fuori, & alle voice delJ’acrimonia fua, laquaIc è tanta, che rodendo le vene fi [’effètto medefimo. Si vede oltre di ciòin alcune donne, checiòauuiene per la debolezza delle vene della . matrice, le quali come tali non poffono riteneic il (angue, checolàdalla natura è dellinato ; per Io che vfeendo fuori di caufa i melimi immo­ derati. Il limile accadequando alcune vene dell'ifìefla matrice fi aprono, le quali foro dette Hemoroidali. Ma quello che fi al cafo noffro è , che anco tali fluflì vengono quando la Matrice nel parto vitiofo pacifce_^> più del douere, perche alJ’hora diffirandofi in diuerfe maniere , facil­ mente fi poffono romperealcune vene, eprodurre quelto effetto . L’ifteffo può auuerire anco quando le donne cafcano, othefonoptreofle, ò quando fono piaghe nella Matrice. I fegni vniuerfali fi poffono ageuolmentc dall’vfcita del fangue conofcere, cornei particolari della relatione della patiente, perche efiendo la donna molto carnofa, e piena di fangue, la caufa può nafeer dalla pienezza delle vene; fi come la debo­ lezza, ò la calidita del corpo può produrre il fangue lottile, ò pieno di acrimonia, la quale debolezza del corpo può anco dimoffrar la debo­ lezza della matrice , e l’apertura di quelle vene dette delle Morene. Lo cafcate, e le percofle fi poffono facilmente comprendere dalla relatione, e da’fegni, che nel corpo fi veggono . Quando dunque la Commarc haueri confiderà«), che il male nafea davna delle predette caule, ó da., molte infieme, fi accinga per quello, che fpetterà à lei, per rimediare al meglio, che le fia potàbile quanto prima; perche come diffe Hippo-, crate nel libro quinto de gli Aforifmi, da’ meltrui, òfuppreffì, ò ab­ bondanti , nafeono hidropifìe, malinconie, Pazzie , e morti. Quella cu­ ra hànecellaria mente tré parti principali, cioè ilmododelviuere, l’ef-x fibitione di alcuni medicamenti per bocca, c l’opra della mano. Si con­ tenti la Commare di lalciare la parte del dare le medicine al Medico, per­ che douendo quelle edere fecondo la natura della patiente, e douendo effere dace nel tempo del puerperio, nel quale non è lecito dare per bocca fe non in cftremo di neceffitd, non e officio di donna il potere quello difcernerc. Per quello in tali accidenti procuri d’hauere 1aiuto, & il conliglio del Medico , per ogni rifpetto, e perfuada la patiente con ragioni ef­ ficaci , che non è vergogna (coprirgli tai mali, poiché non e ella fola, che li patifea, ma anco le mogli, e le figliuale dei Medici alle volte fono ne gli idem accidenti, e che l’iffelTo accade alle Principefle, & altre cofetali. Ma quando pure non volelfero le pacienti fidarli del Medico, fi adopri la Commare nelle due parti predette, cioè nell’ordinarle i vico, e nell opra della mano . Quanto al vito,fia egli femore contrario alla caufa del male: e però doue il molto fangue caufa tal prof luuio l'aere deue eflerc treddo,e fecco ch'èattoa diffeccare, il fonno deue edere pochillimo , perchediffe Hippocrate ,che il vegghiare confuma phumidita del corpo,i cibi fiano pochiffimi, & afeiutti, come gli vccelli, ò vccello arroflo, & il pane boicotto. Si allenga la donna dal vino, e beua acqua cotta confemedi codogni, e fuggale mineflrc, ibrodi, e l’altre cofe, che producono molto fangue , come i oui frefehi, le mandole, i peilacchi, & 1 pjgno t , M g 11


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DV.LLAC O M M A RE

Il moto farebbe buono per eflìccare il corpo ; ma perche pi\ò fare fcatturireageuolmenteilfangue, ftia più ferma, chepotrd, e federi con le cor fcic molto ffrette. Quando mò la caufa del male fia la fottigliezza del fangue, all’hora l’aere freddo è buono, &ilfonr,ofia iongo: perchcquafi ogni euacuatione trattiene per il dormite. I cibi fiano di grolla foftanza , come di palla, di rifo , di farro, il pane non fia molto cotto, il vino di foftanza groffo, e di colore rodò, come dice Auicenna, e quando non vi fia febre, ne può bere mediocremente, come può anco viari polente > e pefci così arrofto, come à ledo, ogni moto nuoce, e coli l’ira, e la co* Jera,e le paftioni dcH’animo . Quello mede-fimo modo di viuere gioua an­ co all’acrimonia del fangue dal vino in poi, in luogo del quale fi deue vfare acqua d’orzo, e orzate ogni mattina, alterando gli humori coi brodi, ne i quali fian cotte foglie di porcacchia, lamica, piantaggine, acetoia, Scorzo. Vferi molto il zuccherò rofato vecchio alianti parto. Quan­ to poi alle altre caufe, l’aere fia temperato, ogni moto di corpo, e d’a­ nimo fi fugga ; il Conno fia più longo dell’ordenario ; il vino non vi effendo febre fia picciolo, acerbo, aftringente, e negro: ma effendoui fibre fi vfi acqua acciaiata, nella quale fiano bolliti, ò Tamarindi, ò codogni, ò vn poco di aceto. Tutte le carni fono migliori arroftite, cheleffe: ma trd l’alcre fono ottime leeftremitd de gli animali, cornei piedi, leceruelIe, le trippe, il fegato, e limili, e Tempre fi eleggano più prefto le carni del monte, chequelle del piano. De’legumi fono buoni il farro, ilmiglio , ilpanicio, il rifo, è la lente cotti con aceto. Ilcafcio frefeo, gli ouidabere, il latteacetofo, i pefci graffi, fquamofi con le triglie, & i cefali fono lodati. La piantaggine tra l’herbe , acerofa, lalattuca, eia confoiida hanno molta virtù di fermare i fluffi del fangue, come anco trà i frutti, iperi, i codogni, le nespole, i granati brufehi, e le more non_, mature. E tanto baili per l’ordirte del viuere. Quanto all’opra della mano hauendofi per fine, efeopo di raffrenare l’impeto del fangue, fi potrà fare ciò in due modi, e con lereuulfioui, e con medicamenti locali. C o n io reuulfioni dilli, cioè,con le ligature ftrette fatte alle braccia appreffo i go­ miti con naflri, òcordclle forti, e molto ftrette, mutandole fpefio in_* diuerfiluoghi delle braccia. Quando quelle non bafti.no .come fpeffoaccade, fi adopri quel rimedio tanto lodato da Galeno nel libro quinto del Mettodo, al capitolo terzo, per auttorità di Hippocrate, & é , che fi pongavnagran ventofa fotto le mammelle, òduepicciole(otto amendue,le quali portano ritirare il corfo in sù verfo il fegato. Quello rimedio inuero io l’hò più volte efperimentato efficaciflìmo, è tanto più mi piace quanto la ftefsa Commare può da fe, &in ognihora amminiftrarlo. Ma quando nè per le molte volte,che le ventole fiano applicati in diuerfi parti ce! petto(fempre però d’intorno alle mammelle per non addolorare tanto vna fola parte) elle non giouafsero, all’hora fi ricorra à quel rimedio, che’è pure anco propofto da Galeno nel libro,ch’egli fece del modo di cauare i mali col cauare fangue, al capitolo decimo ottauo ; & è , eh e a ne’gran profluuij de’meftrui ( quando però non vifiacofa, chefaccia oitacolo, come debolezza, vecchiaia, fuenimcnto , ò Amili ) fi caui

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fjnoue nel braccio deliro della vena del fegato : ma con tale auuertenza, che aperta la vena fi laici vfcire per riempio dieci gocciole di fangue, e_, poi fi otturi con il dito, e tardando alquanto, fi tornift lafciaroe vfcirt deil’altro, e fi otturi di inumo, e coli fi vada alterando molte volte, ac­ ciò meglio fi sfreni quell’impeto, che lo precipitaua al baffo. Ma quando vi folleImpedimento tale, che non fi poteffe cauare fangue, fi facciano at­ taccare le ventofe fotto le mammelle con tagli affai profondi, che faran­ no il medefimo effetto : vfandoperò cosi auanti la fagnia, come auanti le ventofe vn feruitiale commune : perche è cola. pemiciofiifima il cauare fangue dal corpo in qualunque modo lenza prima nettare lo ftomaco, ò le budelle dalle feccie loro. Trà tanto che fi prouederà di Medico, il qua­ le auti la patiente con i medicamenti interni in tanto bifogno, potrà la_. Commare farle bere la mattina à digiuno, e quattro hoteauanti cena bro­ do di piedi di Vitello, di caftrato, ò d’ altri animali, nel quale fiano bol­ lite piantagine, porcellana, feorze di rouere, capelletti di ghiande ; herba lifimachia, e foglie di mortella. Efeper fortenon vififoflecoficommoditd di Medico: in tale cafq le faccia pigliare per bocca doppo 1*haucr prefi tré, ò cinque de’ predetti brodi alterati, quella medicina, fe la vorrà in beuauda. Piglia di feorze di mirabolani citrini vna dramma, di polpa di tamarindi meza oncia, di acqua di piantagine meza libra ; fi faccia bol­ lire ogni cofa, fi colli, edalla collaturapredetta pigliane tré o n d o , diffoluere meza oncia d* ellcttuario di febefìen, due oncie, e meza di iìroppo violato folutiuo, e quattro fcropoli di reobarbaro abbruciato» e dadi quattro hore auanti palio. Mà fe la patiente vorrà la medicina in.* bocconi, prendaflì di zucchero roiato vecchio meza oncia, di mirabo­ lani citrini vna dramma, e di riobarbaro abbrufeiato quattro fcropoli; fimefcola, e fi fanno bocconi, fi indurino p o i, e dianfi per quattro ho­ re alianti il palio. Doppo, die il corpo farà purgato in quella manie­ ra , fi potranno pigliare le infrafericte pillole, òelettuarij, cheinfegneremoadeffo; mà non fi marauigli alcuno, fedo tanta auttorità alla-. Commare di amminillrare medicine: perche come hò detto lo làccio in eafodineceilìtàeitretna; perche fealfluffodel fangue meflruo non fi ri­ media fubito, al ficuro in due, ótre giorni muore la patiente. pillole vtilià quello effetto fono le feguenti. Pigli alle fpetierie di cal­ canti, e di oppio, di incenfo, di m allici, e coriandoli torrefatti vn_, grano, emezo per forte; facciali poluere fottilifiìmo, e con il fugo di ribes, òco’l firoppodi mortella fi facciano pillolettc, e fi prendano la fera tre hore doppo cena. Onero addoprifi vn poco del feguente elettuario il quale è di mirabile operatione. Piglia due onC.di zucchero rofato vec­ chio di corali rodi, c di audio abbruggiato,di bolo armeno orientale,due dramme pér ciafcheduno ; di pietra Hermatite tré dramme ; fi mefcoli ogni cofa, e peltifi fertilmente, e con il zucchero predetto fi faccia elettuario, del quale ne prenda la donna duedramme per volta la mattina, e la fera vn’ bora auanti il palio, foprabcuendoui vn poco di acqua di pian­ tagine ,ò di herba detta burla Pafloris. Sono anco di mirabil giouamento alcune palle compoile da’ Medici dette trocifci, delle quali f z s r~ M 4 ne


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uè piglia vna dramma fino à due.cò due, ò tre onde di acqua di piantagM ne,di mortella ; ò di lifimachia tre hore auanti il cibo. I trocifci.ò pafteìle fono quelle,delle quali ad ogni bé ordinatafpetiaria fe ne puòhauere,cioè 1trocifci di charabe ,di bollo armeno, di terra figillata, e limili. Hò 10 per tale effetto fatto cóporre in quc Ita terra vna cóferua fatta di fiori di lifima. chia,laqua!e in vero in ogni fluflo di sàgue hà fatto notabile efperienza;& pigliate di detti fióri lecchi, ò verdi al pefo di vna dramma fa giouamento grande,pigliàdoli in oui,vino,ò brodo. Quella herba fi troua in gran quacita nelie fponde dell' Adigetto, 8c è detta dal volgo herba S. Mariarmà in­ tiero è la lifimachia riuelata à Lifimaco Imp.de’Macedoni da bacco per infegnarlià guarire il fuo eflercito, chemorhia di fluffo di fangue, e perciò acquillò il nome di lifimachia daU’inuétore.Doppo quello potrà la Gom­ mare venire à 1 medicaméti locali,i quali faranno di quattro forti,cioè em­ pialtri,ontioni,bagni,e peffarij,ò talle. Gli empialtri fono quelli. Piglia della pietra Hematite, del bolo armeno meza oncia per forte, di fangue di drago due dramme per ciafcheduno,di ambra gialla,di cuppole, di ghian­ de , di noci dicipreno, di balauilij vna dramma per forte;delle fquamme del ferro due dramme, di trementina,di pece greca, quanto balli coll dell’vna,come dell’altra,fi mefcola.e fi pelia ogni cofa,e fallì empialtro,il qua­ le fi ponefoprail petenecchio. L’ ontione è tale. Piglia oglio di Mortella, oglio rofatoonfacinotrè onde per forte,e poi piglia dèU’Herba lifima­ chia,ò de* fuoi fiori, c fà bollire ogni cofa infieme, & ongiquattro volte il giorno tutto il ventre, e dentro la matrice. Ouero ne’ predetti ogli ponili di ambra gialla,rafura di auolio,rafura di corno di capra, di poluere di co­ ralli roflt,di terra figillatta,d’incenfo bianco due dramme per forte,mefeola, e là bollire ogni cofa infieme, e con vn poco di cera fanne vnguento, & ongi tutto il corpo . Il bagno poi fi fi con dequa calda acciaiata, nella quale fiano bollite cofe aiìringenti, foglie di piantagine maggiore, e mi­ nore,de ligano,e di mortella,rami di more falu atiche,di folatro quanto tl piace, delle capelle dfgh iande, di galla, di Buda Partorì s, di herba Iifimachìa,e di feorze di granati,'dopò vi entri la patiente auanti il parto,e vi ilia immeda fino all’ombilico per meza hora,dal quale leuata,& afeiutta fi può ongere con gli ogli predetti. I peffarij, ò tafte fatte di bambagia, ò pezze fottiliflìme fi bagnino nel fugo dell’herba detta cauda equina,e piantagine minore, e s’ impoluerino con bollo armeno, ò poluere fatto di fiori di lifimachia,e s intromettano nella matrice, evi fi tengano continuamente, che è cofa efficaciflima, & in quefla terra io n- hò guarite due con l’ aiuto di Dio,c col mezo di tai peffarij, dal corpo delle quali viciuano ogni gior­ no dieci, ò più libre di fangue. E tanto baili hauere detto della quarta «ondinone del parto vitioio.


LIBRO SECONDO.

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Delparto vitiofo sper la imperfettione dei membri della creatura, & deU la caciotte di quella.

Cap- XXXIII.

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Abbiamo fin qui àbaftanza dimoftrato, come il par­ to .¡Ilegitimo fía vitiofo nel fico, tempo, accidenti, cpurghe, per mancamentode quelle quacrro conditionidel parto legitimo. Reità bora, che mollriam o, come il medefimo è anco vitiofo per nfpetto de ¡membri della creatura nafcente. Il quale vicio fe bene più pretto fi dee atrribuirealla concetti one, che al parto ; moftrandofi nondimeno nel nafcere imperfetto, e potendo per caufa ditale imperfettione affannare il par­ to , & alterare il modo del nafcere, diremmo, che quello parto vitiofo è quello, nel quale natte la creatura imperfetta, quanto al corpo • E perche quella imperfettione fi confiderà ò nei membri, del corpo, ò in tutta la figura de! corpo ; fe fi confiderà nei membri, la creatura fard ftroppiata, ò moftruofa,fe nella figura, ciò può accadere in due maniere, ò che fia im­ perfetta in parte, ò in tutto; e però fe fari imperfetta in parte, coftituirá i moftri, s’ è in tutto, farà vn parto veramente imperfetto, c nafceràquel pezzo di carne informe detto dai Filofofi, e Medici, molla. Io dunque fecondo ¡I predetto ordine tratterò prima della imperfettione considerata nei membri: poi di quella cheli confiderà'nella figura, &c vltimamente di quella, che in tuttofi fettofi comprende. E piacemi oltre modo di douere trattare cotale materia nel fine di quello fecondo li­ bro, poiché eflendo curiofiflìma di Sapere,feruird come ghirlanda di elio . M i perche sò, che quello difeorfo poco importa Saperli anco dalla perfetta Commare , potrà ella fedendo ripofarfi dalle fatiche pati­ te ne’parti difficili, e nel procurare di hauere le feconde, e le purghe, e fi compiaccia di Sentire quelle cofe, che almeno comepiaceuoli, & an­ nette al prefente propofito, le diletteranno. Di Sopra nel capitolo nono, del primo libro, dicemmo polfibile cfser, che i progenitori llroppiati poisano generare figlinoli llroppiati, ò con altri fegni, che habbiano nel corpo loro , eciòmoftrai verififmo per la forza de l’immaginatione. M i adetto darò ragioni più particolari del nafcere i figli llroppiati, poiché c vero ,-che ciò può fare la forte immaginatione della madre: ma non è da credere,che quella ne fiafempre caufa f perche nettùno potrà perfuaderfi, che vna madre ftrnppiata defideri generare figli tali, e vegga in elfi volontieri quella imperfettione, che odia in fe (tetta. Onde fe bene nell’­ atto della concettione penfando ella a i membri llroppiati, poffa per tale immaginatione produtlitali, queda farà come vna caula efficien­ te: ma può ancp hauere altre caufe, come più á batto racconteremo.

Epri-


i 86DELLA C O M M A R E

E prima fi deue fapcre, eh« la imperfettione dei membri della creatura-» può accadere in due maniere, ò nel numero del meno, ò nel numero del più . Se fard nel numero, del meno, nafeerà con vn’occhio, con tre dita per mano, con vn braccio, òvna gamba, ò coni membri fiord, ritrat­ t i, ò troppo longhi, e potrà edere detta cofiifroppiata nelle dita, atatrattione, ò slongamento de’ membri, come mottruofa per hauere vna gamba, vn braccio, ò vn’ occhio folo. M i l'impetfettione farà nel numerodelpiù,fe nafccràcon tré occhi, quattro mani, Scaltretanti piedi, & all’horaal ficuro faràmoiìruofà,e non ilroppiata. Horaper procedere-» con ordine,tratterò prima della imperfettione, che fa gli huomini itroppiatinelnafcere, e dopò di quella che produce im oitri. Dicodunquo , come g ii diffi, chei proge nitori ftroppiati poffono generare i figli itroppiati, di che non è l’immaginatione cauli folamente ; ma qualque altra_, ancora, come diremo. Arinotele nel libro fettimo deirhiftoria de gli ani­ mali , al capitolo fello tiene per certiflimo,che da padri zoppi, itroppiati,ò ciechi fi generino alle volte figli tali : e fe bene non ne rende ragione , nondimeno potremo noi dire, che quello effetto pofsa hauere molte cauf e,ò la efficiente, che èia immaginatione de’ progenitori, la quale fenoli defiderò, almeno difeorfe fopra 1’ efsere zoppo,ò cieco, ò la caufa materiale, che èilfem e, il quale fefù male conditionato nelle qualità,co me tale ha potuto ne gli occhi produrre la cecità; fefù poco, nonpuoto produrre fe non vn braccio, vna gamba, ò tre dita per mano; e fefù mol­ to , moltiplicò le membra , e feccle doppie, come infegnò Arinotele-* nel libro quartodella generatione de gli animali,al capitolo quarto. Que­ llo ch’io dico del feme, l’ intendo cofi in quello della donna, come-* in quello dell’huomo: imperoche fe quello della donna farà in abbon­ danza grande , e quello dell’ huomo farà poco: non potendo infor­ mare tanta materia, e forza, che refti imperfetto in quella parte, doue nonpuotearriuarela fecondità dell’huomo. Mà feilfangue della donna fù poco,quantunque quello dell'huomo fofse à baitanza feconda, reila im­ perfetto il fanciullodiquei membri ,che non potè informare ,mancandout la necefsaria materia. Quando anco accadesse, che quel dell’ huorao fia molto, e fecondo,e parimente quello della donna : all'hpra fe q uello dell’ huomo fofse fecondo egualmente,generarebbe gemelli,trigemini,ò più figliuoli come fi è detto nel primo libro,ma trouandafi meglio difpoilo in vna parte, che nel’altra , tale difpoficione moltiplica imembri, e genera., imperfetto il fanciullo nel numero del più, e fallo moitro. Il confiderare quefia caufa nella materia è coltume di Ariiìotele, perche ha egli per necefsario ne’generidelle caufe numerargli la cauiamateriale,coine fi vede» che hà fatto ne i libri della Fifica;come anco perche quando tratta de moflri, fo nda tutee le fue ragioni foprala confideratione della materia come fi dirà. E fe bene oltre la predetta caufa materiale, può nafeere ilroppiata la creatura,o perche la madre cafchi da alto à baisoiò perche fia da alcuna percofsa; non dimeno io qui ragiono delle caufe interne folamente t e non dell’eilerne ; e però baili faperè, che per difetto del feme de ì progenitori può il fanciullo nafcerc ftcoppiato come ficdetto,e rende il parto virioio n el

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LìERO

SECONDO.

ilei quinto modo, cioè nella imperfettione de i membri. trattiamo della imperfettione della figura.

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Hora reña, che

{Velie moltefòrti di moflrì, e quali poffòno effer veri, e quali fi debbono reputare fauoloft.

Cap. XXXIV. Vandol’imperfettione della creatura confitte nella fignra,' all hora fi generano im ofiri. Dico nella figura,non per­ che imoftnefsendo imperfetti nella figura, nonfiano anco imperfetti nei membri : perche certamente come«» moliti, fonoe di figura infolita, e di membri imperfet­ ti nella materia efiiggiata dalla ftrana figura. Ma per più chiarezza di quanto fihà da dire , gli hò diuifi fotto quefie voci, perche, fe bene anco i mollri fono imperfetti nella materia; della figura nondimeno più fpefso fon molici nominati. Nella materia ve­ ramente fi può fare il moftro quando nafee la creatura con tre braccia, tre gambe, ò due teñe ,- imperoche non hauendo efsa forma alcuna ftrana_», fe non la moltitudine de’membri, hà nondimeno nome di moltruofa ; Ma fenza fallo più moftruofe faranno quelle, che oltre i membri difordinaci nafeeranno con il capo di Vitello, di cane, ò di Elefante ,che non faran­ no le prime. Douendo dunque ragionare di quella imperfettione, la qua­ le oltre ¡membri indoppiati altera la figura ftranamente, & ch’è detta.» da tutti moftro, ne tratterò tre cole. Prima fe veramente i moftri fono in natura. Secondariamente-, che cofa fiano. Vltimamente quale fia la_j lorocaufa. Nè mentre io cerco, fequefti fiano in natura, dubito io , fe ■ vifiano, ò non afsolutamente; ma fevi fiano tutti quei, che credc_j i) volgo, e queftofd la difficoltà, & è cofa da efsere ricercata. Ondeper meglio intendere quanto fi hi da dire, imoftrifi pofsono confiderare in due maniere : ò in quanto nafeono della medefima fpecie, ò in quanto fo­ no generati di fpeciediuerfe. Nella medefima fpecie fari vn’huomo, che habbiailcapodiccruo, di pecora, òd icallrato , ole gambe di caprai ò con altro membro rafsomigliante qualche animale ; ouero , chehabbia più membri dell’ordinario, come due capi, ò quattro braccia, ò deformi molto, e fintili. Imoltri di fpecie diuerle farebbono gliHippocentauri, Minotauri, Onocentauri» de ¡qualifi difse amichamente, cioè mezo huomo, e mezo cauallo, come è il Centauro; mezo huomo, e mezo To­ r o , come il Minotauro; mezo huomo, e mezo afino, comel'Onocentauro. Cerco dunque io , feimoñn fono in natura, cioè quelli fecondi^ perche il ricercare dei primi farebbe cofa di cieco, veggendofene ogni giorno in molti luoghi ; e quefta cofa degna da inueftigat fi; perche da huomini dottiflìmi prima di hora è ñato cercatoi! medefimo. Tuttauiaper ritrouare meglio la verità come nella radice cercheremo prima feè poffibilc, che raoftritalifi pofsono generare daipeciedadiuerfc; perche da^,


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D E L L A

CO M M A R E

¡guelfa poflìbiliti s'accorgeremo del vero. Anilotee nel libro ottauo del* I'Hiiiona degli animali, al capitolo vigefimootcauodice, che quando li animali di diùerfe fpecie ficongiongono nell’atto di Venere,polìono ge­ nerare , fc però ìltempodel portarcil patto non far a differente »òladifugualità del corpo noti fard proporcionata. Umedcfiino anco afferma nel fecondo della generanone degli animali, al capitolo quinto, & adduce perefempiole'cagnedaiupi.elevolpi ingrauidate dacam . Ma il medefimo, nel libro quat to deli’irteffa opera, al capitolo quarto dice fuori dei denti, che la diuerfiti del tempo del partorire prohibifee del tutto il farli inoltri di fpecie diuerlè, come di bue, e d’huomo, di huomo, e di caualio ; perche eflendo notabile diuerfiti tri il tempo del nafeere dei bue ; del ca­ usilo, e dell’afino; da quello deH’huomo, edipiùeffendo t ii quelli nota­ bile fpropoi tiene , nella mole del corpo è imponìbile, che nalcano moftri di fpecie tanto diuerfe. E fe bene pare per quello, che habbiamo detto nel pruno libro, che il tempo del parto della caualla, fi faccia nel decimo mele, il quale anco arriua alle volte il parto humano, che perciò fia pollibile generarli!1 moftrodihumano, edi caualla, nondimeno non ècofi: Perche la caualla Tempre in tale mele partor ifec : ma la donna rare v o lto fi che hauendo l'huomo diuerfi tempi per nafeere, cioè il lettimo, otta­ u o, nono, e decimo mefe, e la caualla folo vno, cioè il decimo m efo, oltre la fproportione del corpo, per tale ragione non e poflìbile, cheli facciamortro della fpecie humana, ecauallma. Galeno nel libro terzo, dell'vfo delle parti del corpo humano, al capitolo pi imo , fi burla di Pin­ daro Poeta, chefinfe la guerra de’Centauri ,e perciò fu chiamato Pinda. ro per burla: ma ben dice che tale fallo fi deue import allalafciuia delle Mule, le quali mentre vogliono dietare, hanno dibifogno di qualche^ miracolo; e perche il fare miracoli è opra diuina, non potendo lemufe far veri miracoli, fanno di quei fauolofi , de quali vnoè quello, di tìn­ gere i Centauri. Di che rende Galeno la ragione nel predetto luogo ; per­ che la caualla non poma riceuere il feme humano nell’vcero fuo, elfen* doui bifogno di vn più longoinftrumento, che non ha I huomo perconduruelo. Maquando vn lopoteflecondurre inbitoficoiromperebbc, ò almeno fra poco tempo per la contraria compieilionc della caualla, Ga­ leno ancora nel medefimo luogo ricerca gratioiamente quando ben potefle generarli di quel nutrimento fi hauti da cibare? certo di cibo conueniente alla natura del feto ; dunque perche l’herba; e l’orzo eonuien eai caualli, e cibi humani cotti per .conuertirfi in (angue all'huomo, fari di biiogno hauere vncibo, che dal mezoin sii mimica con (angue, compoifo di pane, vino, e dal mezoin giù con altro comporto di her­ b e , e d’orzo ; cola tanto imponìbile, quanto che fia rHippocentauro. Si-r inile a quefta ragione ne porta vn'altra non mengratiofa, che bella Lu» cretio Poeta nel libro quarto, & è , che quando ben fi trouafle cibo atto a nutrirlo, come g ii mai potri vjuere $* pofciache quando il caualio nel terzo anno comincia ad’eflere nel principio della fua giouentù, all’hora ancora l'huomo fi diletta delle mammelle quando nel quartodecimo an­ no 1’ h u o m o è nel p rim o g ra d o della giouinezza , il caualio è quali


I LIÈRO

SECO NDO.

189

decrepito ? Queite fono ragioni canto vitie, e vere, che appreflo di i n o rendono imponìbile la generationedelIHippocenrauro.e perconfeqnen. za del Minotauro, e deli’ Onocentauro. Per quello non fenza ragione Ciceronenel libro primo delle queftioni Tufculanefene burla, e nel pri­ mo della natura de gl 1 Dei quali adirato difle.Chi dunque crede rd giamai, che fia flato l’Hippocentauro, ò la Chimera, à fauoie di cui ¿¡ultimano Imperatore, nel titolo delle inutili Aipulatjoni di quel libro che chiama­ to le lue intìiturioni, lo ticn per imponibile. M iquel che piùmiperfuadeèrauttoritd di San Giouanni Chrifoftomo ncirHomilia fettima^» fopra il capitolo terzo dell’ Epi itole diSan Paolo à Coloflenfi, doue di­ ce, che gli Hippocentauri fono moAri fauolofi, e finti, e però ben diffcAriflotele, che fi come e imponibile vedere vna vite inferta fopravn'oliuo, che faccia è vino, c oglioinficme, coli non fi pottd vedere vn_» moflro comporto di diuerfe ipecie, fi che eflendo imponibile il modo della generatione di quelli moftri, e anco im poflibile, che giamai fiano flati. Ne acciò credere mi muoue punto l’ auttoritd di Plinio, quando nel libro fettimo della lua naturale hifloria, alcapitolo terzo dice, cheClaudioCefare fcrilse,che dfuoi tempi nacque inTefsaglia vn’Hippocentauro, Cche l’ iftefso Plinio ne vidde vno condito *el mele portato al predetto Prencipe da Egitto,anzi harei penfato, che hauefterraueduto , fenon_» haueflì letto apprcfso San Girolamo nella vicadi San Paolo primo Heremita.che d Santo Antonio ne apparfe vno nell’Heremo.E pure ne anco per uefto crederò, chefofseHippocentauro reale; ma apparente finto dal >iauolo per atterrire, e fpauentare il dcttoSanto, col quale haueua.» guerra immortale, tentandolo continuamente, & in tante maniere in . quante sd ogniuno,che legge la fua vita.Si che San Girolamo fcriue il vero: mafi può credere, che fofse illufione diabolica. E bé vero,che nell’appari. tiene del Satiro nalce maggiore difficolti,fe fi treui,ò nò ; perche efsendo feongiurato da Santo Antonio adire chi fofse: rifpofe, ch’era huomo mortale, Se habitatore deliberemo, vno di quelli,che la pazza Gentilitd chia­ mò Satiri,eFauni;e Io ricercò, che pregafse il Dio commune per lui perche fi come nego gli Hippocentauri, e gli altri mo Ari di quella forte, coli confcfso,che i Satiri pofsano efsere, cioè huomini, che habbiano le gambe di capra, e che cofi fian nati per l’immaginatione de i primogenitori huomini communi come noi : e che alle volte fiano flati villi; ma rare volte,e fia­ no flati nominati Satiri. Plutarco narra nella vita di Scilla, che tornando d’ÀÉali fù prefentaco vnSatiro viuo, qual non parlaua, ma mtiegica del quale egli non fece conto alcuno. 53 H Sicheè la Sfinge di Niceforo Califfo, egli HippocentauridiStrabone, con gli altri moftri d’india, credo fiano cofe fauolofe compolle,ò da Poe­ ti,ò dalla fuperftitiofaGétiiità.la quale quadofù llracha di formarli i Dei gli huomini, gli ricercò anco ne i brutti,& ne i molit i , la doue Sant’ Ifidoro nel libro vndeciino delle lue Eti mologie, al capitolo terzo, ne ragio­ na diurnamente,e dimortra molte fintioni poetiche efsere attribuite a’mofiri,come diGerioneRèdiSpagna con tré capi,che fùfintione fondata-«

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J?» B E L L A

CO M M A R E

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tbprala verità di tre fanciulli, eh’ erano concordi in modo che parevano W r c vnafteflaanima. Le Sirene, che col canto addormentano i Nauiganti fu fauola;vtro è che le meretrici con gli allettamenti loro accecano i miferi mortali,e tanto gli auuiluppano nelle lafciuie di Venere, (che pu­ re fiì finti nafeere dalla fchiuma del mare) fin eh e dentro vegli affogano. Cosi Scilla, e Cariddi fauolofe, e lo Crepito dell’ onde caufato dal FIuHo, e refluffo, eh e nel Faro di Meffina, & alcuni icogli, quali pareuano hauerc forma di (fatua. 1 1 medefimo auuiene ne gli animali brutti, come nella fàuolofaHidradiHercoIe, la quale non fù altro, che vnafeatturiente palu­ de, ch’egli feccòco’l fuoco j nel che fare mentre ne otturauavna, ne feorgCna j ° oette i Flì anco fauola quella del Can trifauce chiamato Cerbero, cuilodc deirinfcrnoimi veritd è , che quelle tré etd infantia, gioii inezza, e vecchiaia,a guifa di tré bocche ci deuorano Tempre, e ci conducono alla morte. T f i MCentauri doue prefero origine, fe non come diffe Eginio Aueilft0 Liberto nel fuo Palefato, dalli Tori di Tcfiag]iafottolffione?i quali fpauentati (opramodo dmenero cosiferoci, che faceuano in quei paefi {fra­ se infinita,& perciò Iflìone Re,appromettendogràmercede,ichi li vcciari acccfe molti a far cotal’ imprefa,trd quali li gioueni della Cittd di Nettile, che incominciaronoi domar caualli.&d montami fopra per ve­ nder detti Boui,e quelli che la prima volta viddero gli htiomini fopra Cà* ualIi,pensarono, che fofsc vn’ammale iftefso, & li diedero il nome di Cen rauro, que ila medefima opinione hebbero gl’indiani la prima volta, che viddero li Spagnuoli d Caùallo . Si che cotaimottri finti di fpeciediucrfefio non li pofso capire: Credo Ìidnrn rÌHiaagfgi0repart| dl ? UK110 5 ch5 fcriuc Strabone nel libro decimo. , cllafua geografiaul che anco e riferito da Plinio nel libro fettimo mofin m in Ìii?0rJ l ra caP KO!°,fccondo » che in India fi vedono molti mofin , m i detta medefima fpecichumana, e non pcrcommiifione, che facciano glihuomim con i bruttirma per quelle caufe,che di fotto fi diran. jio;e coli non pare difficile il credere,che coli nafea tal volta alcuno con i piedi li grandi,che voltando le piante verfo il Sole fi faccia ombra d tutto il corpo,altroché habbiano vn’occhio folo detti Ciclopi. M i queilo anco credo con tale limitatione.che ciò accada rare volte per difetto ò abbon. bafs^raccontaremo\ immaginatione dclla madre>ò P « altre caufe, che à E perciò concludo, che quanto fcriue il Signor Antonio Orfi8ò lShft-el fU0 P !f rd! f °rdl fi° I Ì Clir'0i‘ 31 brattato primo,cioè che da SSahd? me/ colandofi con donne pòffono nafeere huomini perfetti portando per confirmatione di ciò vncafo occorfoin Succia affermare, da

-TalfrfS vSi

fe,& vn’ che fi trouano r o u a n*t n o» ^L :-^ ^j

■'daPiomm} Magio

i ^ uu«iiu«<ì a morte,& lalciaca ne’defcrti,

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LI BRO SECONDO.

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gtidauaal Petù, in alcuni luoghi deferti di ella fi faluò folo vna donna,& vn cane, il quale per effergrande, e feroce la difendeua dalle fiere, che la vole«. uano 'diuor.ire,pérloche nacque amore tra la donna,& il cane,la quale con, giongendofilpefle volteconellarellògrauidadi lui,& partorì vn figliuolo rmfchio, il qualefu huomo ragioneuole, onde congiongeodofi con la ma­ dre fece figliuoli, e figliuole, & cofiin fucceilo di tempo riempirono di habitanti due Regni, 1 quali hauendorelatione alla loro origine hanno in_. grandiilima veneratione i cani; quefieinfomma fono fandonie più atteà efler raccontate alle veglierinuerno,che d’efier icritte nei libri,Se partico­ larmente da palone gmdiciofe, come dal Signor Torquemala, il quale per quanto inoltra nel fuo giardino,« fcrittore accorto, & molto prattico in Auttori più grani, Si quello che più importa,che mi h i moffo à marama­ glia,fono fiate le proprie fue parole,quali fcriue alianti che narri quelli tré ridicolofi efempi. 11 fenfo delle quali e eh egli tiene per dottrina vera che fia imponibile , che da vn’huomo, e da vn’animal brutto fi polla generare huomo perfetto , poiché nella medefima fpecie humana vi farebbono de gli huomini equiuoci come nafeenti da diuerfi principile non da gli ideili, da quali fogliono nafeere communemente gli huomini, & quando dice, che non fi debbe reltringere la natura fenza hauer rifpetto alia caufa fuperiore, che è Iddio,non conclude punto,perche li medici,c Filofofi quando dicono edere imponibile, che da due principi) di diuerfe fpecie poffa na­ feere effetto di vna fpecie dilli nto formalmente, perche hanno molto rif­ petto alla caufa fuperiore, ch e Iddio, alla quale anco appoggiano le fue ragioni. Imperoche operando Iddio,& gouernando ogifi cofa con la lua prouidenza, quella cgrauida dell’ordine diurno, il quale è l'anima di tutte le cofe, il quale anco non vuole patire, che nelle caule feconde fiano difordini tali,come farebbe fe da vn Cane.fimia.ò Orfo nafeetfero huomini Per­ fetti ; che mò quei Regni habbiano in veneratione i cani, non conclude, che fiano generati da cani, poiché fe quello folle vero i Tartari farebbono di tal razza , quali hanno in tanta veneratione il nome de’cani, che con il fuo nome dan titolo maggiore al loro Imperatore,chiamandolo Gran Ca­ ne , & li Signori di Verona ancor loro hebbero ambitione di cotal nome, poiché in detta fàhfiglia vi furono Cane dalla Scala, Facino, e limili, cofi dirò di quella giouineSueua, che sò io, che non folte ingrauidata da qual­ che bel giouane, & ne defse poi la colpa all’Orfo,Della Portughefe crederò io qualche cofa, fe però per Baboino il croniita Portughefe incele qual-; che huomofaluatico, .


I9t ' D E L L A CO M M À & E

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Dei moftri* operiti,prodigiij ,e portenti 9edegli efempij di ciafcheduno d'efsi.

Cap. XXXV.

A diluitone dc'moflri, pofta nel pallaiocapìtolo èqu3iì generale, perche diuide quelli d vnafpecie, da quegli, che fi dicono prodotti dafpecie diuerfc. Hora lafciando gli virimi come f'auolofi,colmeremo a diuider i primi, che nafeono della fpecie humana. Di quelli ragionàdoSant’ Agoftino nel libro decimo della Città di Dio,al capitolo 16Ai diuide in quattro modi, in mofiri, in olienti, in pro­ digò, & in portenti. E fe bene quelle voci fi adoprano alle voice confufamente,pigliando i portenti per inoltri,! inoltri per prodigi},& i prodigi per moltn, hanno nondimeno le proprie loro.e particolari fignificationi,On­ de inoltro fard propriamente, quando nafeerà vna creatura contro l’ordi­ ne naturale,co 1 capo di callrato,o di cane.o con i piedi di capra,ò co altro membro fom.gliante qualche animale irragioncuole. Prodigio fari,quàdo la creatura haurd vna parte polla in firo dilconueniente, come il fegato nelia banda fimllra,il che riferilce Arillotele:e Strabone aggiùge dc’moftri d’india,ch’alcuni hanno gli occhi nel netto. Olienti fono,quando alcune cofe accadono d’intorno al parto inu fitate,e nuoue,come al tempo di Xer. fe vna Caualla partorì vna lepre,& al tempo di Annibaie quando egli roui« nò Sagunto,vn fanciullo fubito nato ritornò nel ventre di iua madre,fi co­ me riferifee Plinio nel lib. fettimo della naturale hiltoriaal capitolo terzo e tali olienti non folo fi cófiderano nel parto hnmano,main ogni altra cofa,come nelle Comete,ne tuoni fatti à Cielo fcreno, ne gli alberane i fiori, e in altre apparitioni folitc mollrarfi agli huomini. Ciò auucrtifce Stietonio Tranquillo parlando di Giulio Cefare,il quale méere il fiume Rubicane ilaua fofpefo fe douea palfare,ò nò,con l’efercito armatogliapparue vna figura d’vn huomo aliai grande, il quale fonaua vna zifnpogna di canna. Portento vltimamente fard quello, nel quale la creatura nafeendo contra_» natura; hauerà il corpo trasformato,il che può edere in più modi ; cioè, ò nella quadra,ò nella figura,ò nel fedo. Nella quatità,ò troppo, ò poca, co­ me fi dice de'Giganti.e de Pigmei,de’quali ragioneremo ne'feguenti capitoli.Così potrà ellere anco nella quàtiti portento,fe peccherà nel numero del poco,ò del troppo,cioè del poco nafeendo la creatura fenza braccia, o gambe,e del troppo hauendo nelle mani fei.fette.òpm dita, e coli dicode gli altri membri.Si può anco con fiderare il portento nella figura; quando i fanciulli nafeono có i capelli,e la barba,ò co denri, come raccóra Plinio nel redetto luogo di Marco Curio chiamato Dentato»e di Gneo Papirio carone, i quali amendue nacquero con i denti, e farebbe anco riltelfo, fe la creatura nafeeffè ridendo, ch’è contra l’vfo commune de’nafcenti, e in que ito modonacque Zoroailro folo u à tutti gli huomini. Sarebbe por»

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tento anco nella figura,quando nafcelTe co’l nafo d’E!efante,ò con le cor­ na in capo ,ò con altro accidente, che variaffe la fua figura da quella, nella quale cominunemente fi nafce. Nel fello fard poi,nafcèndo la creatura con l’vno , è l’altro fedo, detta da Greci Hermafrodito, tri i quali portenti fi poflòno anco annouerare quelli, che fono itati trasformati in altre fi­ gure , ò fedo . Figura , ò fedo hò detto ; perche Herodoto nel fuo Malpomene, dice, cheiNeuri popoli diScitia ogni anno diucntaua no lupi, alla quale cofa adentono anco Solino, Varone, & Aufoniofe bene ciò non fi deue creder vero quanto alla trasformazione reale per, edere impedibile,* ma quanto alla fantafia loro, cadendo per infirmiti in quella fpetie di malinconia, ch’è detta pazzia lupina, per la quale pare i gli huomini d’elfer diuentati lupi, e mangiano bene fped’o anco le carni crude. Il che può anco accadere per giudo giudicio di D io, come fi leg­ ge di Nabucodonofor.ilquale dtende per la fua fuperbia caligato dal grand'iddio, conuersò fette anni tri le bedie, e pafcolò fieno; ma_* però fempre redò huomo nella fua forma quantunque ilu i parefse d’ efser beltia. Quanto al ftfsopoi Plinio nel libro Tettiino, al capitolo quar­ to , tiene per fermo, che le donne fi polsono trasformare in huomini ; e lo conferma con l’efsempio d’vna fanciulla, nata in Monte Caffino {ot­ to il Confolato di Licinio Crafso, e di Caio Caifio Longino, la quale diuentò Mafchio. L’idefso afferma per tedimonio di Mutiano, che in Argo vna donna nomata Arefcufa diuentò huomo, mifela barba, &an.' co menò moglie - Anzi egli-medefimodice di hauere veduto in Affrica.» vna fanciulla trasformarli in mafchio nel giorno delle nozze. Quefti efem. pi mi feruono più per dechiarare, che pofsano annouerariì tri 1 portenti, che perche io creda chefiano veri. Non li credo,e non linegofimperoche puòefsere che in fiibito fia vfcuo fuori dellanatura delle dette fanciulle qualche eminenza di carne longa prodotta da flati, oda rilafsatione fatta in quelle parti, e che perciò il volgo habbia ampliato la verità dell’Hidoriacon la vanied della fauola, facendo che tale eminentia fofse membro virile , e che quei tali pigliafsero moglie . Haiirei vdito da Plinio volentieri (e le mogli di coloro generarono mai figli lenza lo aiuto di altri. Giouanni Huarte nel fuo Efsame degl’ ingegni , al capitolo decimoquinto l’hà per fermo, che gli huomini pofsano diuentar donne , non folo come Plinio , fuori del corpo della ma­ dre, ma anco dentro l’ idefso vtcro , e prende per ragione^ fondamentale la fimilitudine , che lì ritroua tra’l membro virile , è l’vtero ; efsendo ( dice egli ) che la matrice, & il membro virile fono limili in tutto, e per tutto infino ad vn minimo lineamento , e fa,cil cofa ch’vn huomo diuenti donna, & vna donna huomo, perche q uando la Natura fa diuentar vn’huomo donna, non hà da far altro, che ri­ tirar il membro viril dentro la panza, è quando vuol far d|vna femina machio mandar fuori la matrice. Io molte volte hò amminidrato quedo Scrittor, cofi nell'acutezza dell'ingegno, quàto per hauer faputo cofi gratiofamente, ègiudiciofamente cauar quel fuo Efame degl’ Ingegni delli dottrina, è libri di Gal. & in particolar da quello nel qual infegna , che i N coftu»


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coilumi del!’ animo feguitanoil temperamento dei corpo, cofifin’hora j non confideraca da gii propri; Medici impacciati canto à dir male l’vno dell’altro, Mà in quella opinione quello Spagnuolo mi hà fatto venir vo­ glia di ridere, pe che hà commeflo tré eirori norabiliffimi, prima, come Filofofo, fecondo, come Scrittore di cole curiofe, cerzo.come Medico, (fe peròiùtale)come Filofofodico, perche hà prefoper fondamento, che lafimilitudine faccia l’Identità, il cheappredo gl-iltefTì F/lofofi, è faliìflìmo produce bene, la iimilitudineamorecon la eofafimigliata, ma non la può far mai de!rateila natura, ecco l’efempio. I) Gatto s’aifimmlia al Leone, operò nonè Leone, ma Gatto, ilCauailo all’ Alicorno” il Cane al Lupo; il coniglio alla Lepre, elaSimiaairhuomoj e fi come la_, fomiglianza non fi tutti quelli animali d’vna fpetie, cosila fimiglianza trd !’vtero , e‘ l membro virilenon può far ladonnahuomo, nèl’huomo donna. Come fcritrore poi troppo ardi d’affermare , che nell’vtero fi mutino mafchiin fonine , efemine inim ichi, cofa che folo Iddio può fapere , ne le congetture, che adduce vaglion nulla, cioè che quelli, che fono di femina diuentati mafclii hanno la voce feminile, e fon procliui al vitio nefando, perchequanto alla voce fottile Arinotele ritroua altre raggioni, che l’elkr lemma nella particola feconda vndecimaal problema terzo, fedo, vndecimo, e duodecimo, & altri , md particolarmente nel problemma vltimo, doue ricerca perche caufai putti, lefemine, c gli Eunuchi parlino con la voce fottile; nondd egli la caufa alI’eiTerc Ita. tifèmine , maalladifpofitioncdegliinllromenti vocali, all’ aere attrat­ to: ò p o co , ò molto, & anco al temperamento manco caldo, di quel­ lo degli buomini, perche quanto poi all’ edere propenio al vitio nefan­ do, non argomenta reffere flato femina, perche veggiamo alcuni efsere arcihuomini (per dir così, ) efser nondimeno caduti in detto vitio. E chi dira giamai, che Giulio Cefare fofse donna nel ventre della madre, e huomo fuori, poiché come fortiflìmo foggiogò tutto il mondo, c nondimeno in giouentù fù le delitie di Nicomede Ré di Bithinia, di che Io motteggiarono i fuoi propri; Soldati nel trionfo della Gallia dicendo. Cafarfubegit Gallias, & tnumphat, 1'{icomedes [ubegit Cafarem, & nen triumpbat. Md l error che fece come medico trapafsa rutti gli altri, imperoche le per fare la donna huomo la natura non hà da far altro che mandare fuori là matrice per ridurla in membro virile ; diman­ do io da qual parte potrà bilicarli tanta carne, che polli felicitarli la glande del membro virile, e carne tutta fpongofa ? Poiché E rre ­ rò , come fi e detto di fopra , e tutto di foflanzacartilaginofa , c neruofa. In oltre con qual arte potrà la natura ridurre quelle due membrane , che per feflcfse fipofsono allargar nel tempo deila graui danza vn piede, e mezo, ridurle dico ad vna,e contraherle in vn corpo fo lido,e compagnarle in modo, che mentre fi gonfiarà flimolato da Venere, non ecceda la grofsezza di quattro dita ? Con qual iflromento farà il bufo perorinare ? E con qual arte hauendo fatto il buco farà che quel canale, che e commune all yrina, & al feme genitale, pofsa farli nella nuouama­ trice, quando che il collo della reifica ncll’vtero è incitato nel collo di


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LIBRO

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cfla matrice allafiuiilra partePE da qual banda calieri la natura tanta pelle che polfa formare la borfa per i tcilicoli detta Scrotto? Etaccommo darla* cosìartificiofamente nelle radici del Genitale . M i chi non s i , c h o ogni volta, che l'Vtero efce dal corpo delle donne,ne nafce qUell’efFetto dettoprocidenzad Vtero.ilquale none maifenza molta effufion difangue, dolor grauiflìmo de gl’interiori, de* Lombi, di tutto il corpo , ò del­ la natura con certezza euidente, chefe preftonon fi rimedia, induce la Conuu liione. Ma fia come fi voglia ,laM aefti di Dio può fare quefta, e cole piu marauigliofe, fe ben non le può fare la natura, e maflìme nell’eti adulta, m quanto alla trasforma tiene del fello; perche quanto al produr­ re la barba, hò ancor io detto per teflimonio d’ Hippocrate,che i melfrui lupprefli poliono farla venire alle donne. M afari bene nel fine di ciueifo capitolo vedere fe e vero quello che il volgo crede, cioè che femprei rnoitri, gli olienti, i prodigi, ò i portenti predicano, & annontiino qual­ che futuro male di guerra, di pellilenza, ò d’alt re affìittioni. Sant’ Agoluno nel libro decimo della Citti di Dio, al capitolo decimofefto dicc_j, che Ja Madia d’ Iddio per alcuni interualli di tempo produce i moliti già cetcrminati da la fua prouidenza, ¡quali per lo più predicano, òfignibeano qualche cola futuraronde fon detti moiiri,perche dimoftrano, olienti , perchequafi col detto accennano; portenti, perche predicano,prodigi;, perche pronunciano le cole auuenire. Del medefimo parere c Sant’ Ifidoro nel librò vndèci» mode l Etimologie; al capitolo terzo, cheimoftri per lo più denotino futura calamiti, che perciò Cicerone nel fecondo libro della Natura de gli Dei ditte,che i moftri fon detti, perche dimoftrano qualche futara cofa à mortalbmi è hormai tempo di fornir quello capi­ tolo, & ragionar deGigan­ t i.

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DELLA C O M M A R E

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Se i Giganti panoflati at Mondo, e da chi prodotti, e difjualflatura.

Cap.XXXVl. Abbiamo detto nel paflato capitolo, che portento nel» y la quantità > ò molta, època nella fpecie Humana_» fi condera nei Giganti, enei Pigmei, e perche quella materia porta feco molta curiofità,hó diferito il trat­ tarne in quello capitolo, per poterne più agiatamente vedere tre cofe; prima fe è vero, ò fattola, che i Gi­ ganti fiano flati, & i Pigmei. Secondo fe fia poifibile quello , che da moki fù creduto, cioè, che i Giganti, follerò Figliuoli degl’Angeli »come gl’Incubi,e Succubi de’diauoli. Ter­ zo di qual grandezza fiano (lati veduti al Mondo i G iganti, & i Pigmei. Quanto al primo la Scrittura Sacra nel primo de! Genefi, al fedo cap.cofi chiaramente lo manifcfta,dicendo. Erano i Giganti fopra la Terra in quei giorni huomini famofi ; quali Giganti non folo furono auanti il Diluuio, ma anco doppo,il che ci dimoitrano è le Scritture Sacre,e le profane,come afferma Lattantio Firmiamo nel Ijbro de Natura Deòrurn. E perciò nel Deuteronomio al terzo, fifàmentioncdiOgh,Rèdi Bafsà, che fù Gigante; e nel libro de Numeri, al decimo terzo fi dice, che in Ebro fu­ rono Giganti , come anco in Toni in Città d’Egitto, e che a ! tempo d’A bram , come fi vede nel decimoquarto del Genefi, fumo deilrutti daAmirafel. Nelle profane poi non fi legge altro, che quei Tifei, ¡T itan i,! Polifemi, Ciclopi ; gli Antei ,i Palanti, limili, comefipuò vedere appreffo ci'Ouidio nel primo de Ponto; appreffo Virgilio nel terzo, nelfcilo dell Eneide, appreffo di Lucano nel quarto, & appreffo molti altri Scrittori in mille luoghi. Ma le detti Giganti fodero gcncratida gli An­ geli ¿cola bella da fapere, perche fù opinione dimoiti grauiffi mi A utto ri, che così idiauoli, come gli Angeli porefiero generare; èche ve­ ramente generaffero gli Angeli T i Giganti, & idiauoli; quei Spiriti, i quali dell’atto dishonello , che efercitano, fono detti Incubi, e Succu­ bi, de'qualipiù diffufamente ne ragioneremo nel feguente capitolo. Hora diremo folo, che Lattantio firmiano nel libro fecondo dell origine de °li Eroi,al capitolo decimoquinto,e Tertulliano nel libro della Vclation delle Vergini, e dell’habito, & ornamento delle donne ; Ginflino ncll’Apoiogia pnma,Giofeffo nel primo,e nel terzo delle fue antichità.Sàt’Ambi olio nel libro dell’Arca di Noe;e fin a S.Agollino,nel i5.della Città di Dio.alcap. aj.moflì dalle parole fcritre nelGenefi al cap-ó.che fono tali, Vedendo i fi­ gliuoli di Dio le figliuole de gli huomini, che erano belle, le prefero per mogli,dificro, che li figliuoli di Dio in queflo luogo fi deono intendere "li Angeli, da qualfmolti altri han detto, che nafceiiero i Giganti, e fe b e n e dal Tello Ebreo fi vede,che erano i Giganti innanzi,che li Figliuoli di D i» Pi'


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pìgliafsero mogli, nondimeno perche anco doppo’l Diluuio, equafiper ogni fecolo fi fon veduti delli Giganti. penfarono alcuni, che fofsero fi­ gliuoli de gli Angeli predetti, ma nondimeno per figliuoli di Dio in quel luogo non s'intendono gli Angeli, mà i Figliuoli di Seth, come dice Nicolòdi Lira in quel luogo, e Sant Anaftafio nel libro delle diuerfequeftioni, i quali figliuoli di Seth, nafrendo da quel Padie, che incominciò i chia­ mar il npme di Dio furono chiamati Santi; tome dicono quefli Dotto­ ri, li non fi parla degli Angeli, ma de gli huom'ni giuftì, i quali nella fcrittura fp< iss volte vengono chiamaci hglido'idi Dio. Per q.iefto San Giouanni al primo, pa landòde’buoni difse.che Chriffe li hauea darò poteifa di farli figliuoli di D io, e Clnùto ragionando de' cattmi dille fetc figliuoli del voltro Padre diauolo. H ehi non sa che gli Angeli non hauendo corpo non ponilo generare, poiché la generacione è alcione del cor­ po , c non dello Spirito .come è l'Angelo,-e però San Giouanni Chrifortomo nel primo tomo delle fue Homilie alla vigefimafeconda {opra San^. Mattheo dilie, che gli Angeli fono Portanze incorporee, dalle quali è longi ogni concupiiccnzacarnale. E San Girolamo fopra l capitolo primo di Agco Profeta, con gagliardirtìme ragioni confutale opinioni di quel­ li, checredeuano, che Ageo, Malachia, eGiouanni Battifta fofsero Angcl» veititi di corpo humano » impcroche determinò il Concilio A qui* renfe nel Canone primo, riferito da Graciano nel Canone Epiicopi vigefimofello Glofa vlcima e come cófirmano Theofilo Arciuefcouo Antiochen o , e San Metodio Vefcouo di Puteri, che quel palio fopradetto del Genefi s’intende de gli huomim giudi, e non de gli Angeli, i quali peccato» oo per entrare alle donne delle genti,cioèalle figliuole di Cain, e per que­ llo peccato tri gli altri mandò Dio il Diluuio,dèfl’irtcìlo parere è Alfonfo lod ato Vefcouo Abulenfe, nel Gcnefi fopra’l quarto capitolo fiche è ve. riflìmo che gli Giganti fono flati, e che furono figliuoli d'Angioli, Ma per finire hormai quello capitolo, farà bene vedere di che futura fiano Itati al Mondo. Sauc’Agortino (per incominciare da Santi,) nel decimoquinto della Cittì di Dio , il capitolo decimo, dice hauer vifto vn_, dente d’vn Gigante rirrouato in vn fiume, il quale harebbe fatto ducento denortri.Titio,diconoi Poeti,iù grandenoue giugeri. Polifemo fù ripu. tato di datura grandilfimo. Atlante, fauoleggiano.tpocri, chetoccauail Cielo conlafchiena, maperlafciar lefauole, e venire alle Hidorie.Ncm. brot nella Sacra Scrittura fùdi grandiflìma ftatura, come ancoGolia_,? « per venir alla fpecialiti della ior grandezza 1 1 foldati di Sertorio in Afri­ ca nella terra di Tegena, ( come narra Plutarco nella vita fua ) rirrouorono il corpo d’Anteo grande feflaned cubiti, che a nortramifara vengono i edere fertanta piedi incirca. Plinio nel libro lettimo della naturai Hiflo* riaalc.i6.dice,cheinCandiarópendofivn Mòte ritrouarono vn corpo d’YnSigantilg04<S.cubiti Doppo in quello nell’anno di noflro Signore otto­ cento,fù ritrouat© in Roma il corpo di quel Palate,che in fauor d'Enea cobattendo có Turno,fù da quello vccifo, il quale drizzato in piedi fuperaua le muraglie della C ittì mà più moderatamate a’tépi di Io:Bocacio in Sili* *P redo Trapani ,fù trouato il corpo d’vn Gigàte,qual dalla cógettura delle N | fu erdi;


.reliquie, j’í>? - D E L L A G O M M A R E fi giudicò, che fotte di ducento cubici, e perche il modo , /

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fd trou a co e bello lo narrerò qui fo tto . Alcuni contadini, che voleuano fabricare vna lorocafa paitorale, incominciando á cauar fondamenti alle radici di quel monte, che fopratìà alla Terra di Trapani, nel penetrar di tal cana in vn Cubito dirupandoli molto terreno, apparue 1* entrata d*vna gran Cauerna, nella qual entrando èon curiofitd con facelle accefe ritrouorono vna grotta di grandiliìmaaltezza,e larghezza, per la quale ca­ minando vn pezzo ritrouorono vn'huomodigrandiflìmafiatata, i!qua­ le ftauaà federe appoggiato ad vn fuo baftone, diche ftupefatti, &m ipauriti ritornarono á dietro fuggendo, & correndo nella Terra di 1 . spa­ ni á dar nuoua á i Terrazani della merauiglia, che hauean veduta ; li qua­ li moli] dalla curiofità, e dall’infolita nuoua, trecento di loro armati con torcie accefe »ntrarono nella detta fpelonca, e videro apunto come d&_* Villani gli era (taco riferto ; ¡¡che rimirando da difcoiloflupefacci, conofeendo finalmente quell* huomo non effer viuo, mamorco, e contem­ plando , che era ap poggiato con la man manca ad vn baftone tale, chc_j fuperaua la groffezzadi qualunque arbore d’ ogni gran Naue, vno di que­ lli più corraggiofode gli altri, accollandofegli, e toccando con la man il battone fobico fi nfolfe m poluere ; di che altro non ne rimafe in piedi, che vna veftituradi piombo di etto baftone, la quale feritimi per farlo graue, che pesò quindici Cantara, &ogni Cantara di quel paefepefa cento libre delle noftre: s’acco ftarono in quefto mentre gli altri per curiofitd toccando il corpo, fubito fi nfolfe anch’egli in poluere , eccetto, che tré denti,ciaicheduno de’ quali pefa tré rotule, cioè cento onde commu­ ni,i quali denti fin’ hoggi fono fofpefi con vn filo di ferro nella Chiefa del« TAnnonciara indetta Térra, inteftimonio dellavericà. La parte ante­ riore del Cranio,cioè la fronte, la quale capiua molte moggia di formenco, & vn’oflò d’vna gamba non affatto corrotto, dal quale fi conget­ turò,che queftoGigante fotta della grandezza predetta di ducento cubitida molti Letterati di quel tempo fù penfato, che quefto folle Erice Rè di quella Ifola figliuolo di Buti ,.edi Venere vccifo da Ercole in quel luogo . Altri difiero poter effer Oritcllo, il quale nelle efequie d’ Anchife alla prefenza d’Enea vcciie có vn pugno vn T oro. Altri pcfarono.che fotte vno de* Ciclopi, e particolarmente Polifemo. In quella verità piantò la fauola le fue radici della Gigantomachia, cioè della Guerra de Giganti contrai D ei, e perche gli pareua imponìbile,che da Donne potettero nalcere cor­ pi così grandi, li finfero figliuoli della Terra, Per quello gli finfero i piedi di ferpe,e fimil pazzie, che hoggi c vergogna i raccontarle: macini mi domanderà alcuno per conclufione di quanto s’è detto, dachecaufa nafeono i Giganti poiché non Tempre fi vedono,ma rare volte:Gio:Bocca. do,nella Genealogia de gli Dei,al quarto libro, & vltimo capitolo dice la " caula edere alcune coftellatiom apportateci dalle reuolutioni de i Cieli, le quali colle lknoni,perche con le reuolutioni fono erranti, fpeffo vanno, c vengono nel fuo afpetto, fecondano quel fetto, c Copra modo produco* nogl.huotmm ¿tanta grandezza, come anco per gli contrari; affetti, e coitellationiproducono glihuorainipiccioliffioy, o Pigmei; e di qui è , che

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L ì B R O S E C O N D O ' . -¿99 Chefi vedono i Giganti molte voice, emoltiflìmedieifi, non fi s i alerò, che’l nome, li quali perche non perfeuerino nella medefima grandezza per la propagation della fpecie, poiché fi legge, e G iganti, eGigantefle efier flati al Mondo, come Phia appretto gli Ateniefi, per quanto fcriffe Erodoto nel primo libro della fini Hiftoria, la quale fu di grandezza di 4. braccia, della quale feruendofi Pifilìrato, racquiilò il Dominio della fua Patria. Dico,che la ragione è,perche nafeendo i Giganti per la forza del* lecoilellationicelefti, fi come va mancando quel vigore fecondo , così a poco a poco fi riducono alla datura de gli huomini, e queilo baili hauer detto dei Giganti.

Se gli Pigmei veramente pano fiati, e eli quale fiatura .

Cap. XXXVII.

Ragionami cola far’vna bella Anthichefi doppo’l capito­ lo de gli fmifuratiGigati,e ragionare de’piccioli Pigmei, de’quali parlando Ariiì.nell*S.lib.deJl’Hift.dc gli animali al c.ia.tien per certo, che fi ritro u in o e racconta quella bella fandonia,che fan guerra con le Grò nelle paludi fuperiori d'Egitro , dettecrocoglitide, onde nafee il Nilo, che fono di ftatura di due piedi,ò poco più,che vanno in fquadrone <ì guadar l’oua di dette Grmchecaualcano caualli picciolifiìmi che habitano le Grotte:che le lor Donne di cinque anni fon vecchie.il che ( come io credo ) hi dato caufa à gli altri, c’hanno fcritto dopo di lu i, di creder per vera quella fauola,come ha fatto Gio-.Camillo Maffei nel 1 .gra­ do della fua Scala naturale al cap. z 2.doue afferma,che i Pigmei veramente fono conforme i quattone fcriue Arili. Ec io per me fono dato vn pezzo in forfè i credere fe Arili dii effe da vero, òburlatte, ma quando nel predetto luogo,doppo l’hauer narrato quanto s’è detto di fopra; aggiunge e quella non è fauola,mi fon perfuafo,che ne parli lecondo’l Volgo,come fuol fare {petto ne i Problemi,ma che dica da douero, fe ben in altri luoghi,come nel 2.1ib. della generatone de gli animali nel fine del 6.c. parlando de’Pigmei fi dichiara,che intéde per Pigmei,ò Nani,Huomini piciohìlÌjni,i quaii nafeono così nò per etter razza de’Pigmei, ma perche fono vitiati nelPVrero, di modo,che non vedo io perche ragione GioiCamillo Maffei, il quale fi mofira tato fiottile nella confideratione delle cofe naturali della fua Scala, non fola voglia,che la fauola fia Hid.ma acerbamente riprenda Pietro d’AbanoMedico famofilIìmo,che nella xo.parte de’Problemi.al Problema 12. dica d’hauer veduto,e toccato vtio, ma che però non creda ; che i Pigmei fian’huomini veramente,e non folo riprende la opinione,ma anco la ragio­ nerà quale è,che non potendo apprendere le cofe vmuerfali, e nò habitando le Cittadino poifano effer Huomini ,e l'ifleiTo Maffei adduce vna rag io» neper p ro n a r cnc fian h u o m in i, & è q u e lla , chcvfcendoi Pigmei tré N 4 volte


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volte l’anno in fquadrone dalle loro Cauerne, per rouinar l’oua delle Griì ^ d/moftratodi penfarc,alle cofeauuenire, e per quello fono ragfoneuoli, & huomini. lo Per debito, deuo come Medico, difender vnliuomo co­ si celebre, e come quello, chericonofcela Magnifica città di Padouaper Maertra di quello, chesò, fon sforzato à Marauigliarmi delMaffei, il qualeardifee di riprendere così leggiermente vn tanto Filofofo, e Me­ dico, Vidde, e toccò con le mani l’Abano vn Pigmeo, efe lo giudicò Pigmeo, giudicò bene, che non folle huomo , e chei Pigmei non fol­ lerò huomini, perche dottamente difeorrendo, difse che non poteua apprendetele cofevniuerfali, cioèdopò l’hauerle apprefe, applicarle-» alle particolari necefiarie,come è il Reggimento della República , il che noniìfàfenza ottimo difeorfo humano, &che quello fía necefsarioal difeorfo humano, lo dice Arinotele nel t. lib.della Fifica, quando ci info­ gnatile la ccgnition noilra comincia dalle cofe vniuerfali, c confufe e ter­ mina nelle particolari, e perche tra i fegni più efficaci del difeorfo huma­ no , e l'ordinarla República , come fi legge apprefsod’Arillotele nel pri­ mo della Politica al capitolo fecondo , clone pone per naturale, anzi per l’iftefsa natura dell'huomo »elserìl gouernociuile, & ¡1 ragionamen­ t o . adducendoil teflimonio d’Homero, il quale afferma, chea chi non e huomo fi può dire . fine tribù, fine Iure , fine D o m o , per quello l'Aponefedifsebene» che fei Pigmei fono, non fono huomini. Nèval punto la Ragione del Maffei,che l’andar à guadar l’oua delle G rù , li fac eia difeorfiui, perche anco, come narra Arinotele nel primo libro dell’ Hiiloria ccgli Animali al capitolo primo. Vccello Pipa inimico all’Ardeola, con ogn’indurtria v i i guartarlc, e à romperle l’oua: fi che fe’l romper l’oua facefseguomim Pigmei,farebbe huomini anco quelli vccelli. Et di p iù , ie vnfolo, ò più fegni di fagacità facefse gli Animali partecipi di raggione* ve nc farebbero quei pocchi d* animali > che fariano huomini, e però dottamente GiulioCefare Scaligero nell’ efercitat. cento quarantafette_» contro il Cardano , dice che la fagacità è fondata nel fenfo, e la iapienza nella ragione, e però quella conuieneà gl’Animali brutti, e queltaal!’huomoj e però l’andar dietroàfimil fliticarie, fece errarci primi huo­ mini del mondo, che perciò Porfirio nel primo dell’aftineuza confeffaglianemali, che han memoria, efenfo, hanno anco la raggione , &: adduce per teftimotf io , che Apollonio Thianeo, Melampo, Tardía, e_> Tálete intendeuano bctriffimoi difeorfi de gli vccelli, & altri animali, Plutarco nel vigefimoqujnfo del parere de’ Filofofi al capitolo vigefimo, dice Anafsagora, c Pitagora, tennero perfermo, che gli animali brut­ ti hauefsero origine, anzi l’ifiefscr Plutarco in vn libro da lui comporto, il cui titolo è che gli animali habbian faggione,par che fia del medefimo pa­ rere; quanti»que cosí gran Filofofo errafj'ero in ciò,la caufa dell’errore fu il vedere con qual arte, & ingegno, e quali con fine i Ragni tefsono le loro reti, ò telc; il vedere che l’Ipporamo vedendoli ripieno, vadiallefpine percauarfifangue, per non incorrer in infirmiti. La Murtella, che pec combatter col Rofpo fi vada a mordere la Rutta Capraria, la quale è Axu tidoco d'ogm veneno. H veder la Gazza, li Papagalli che imparino a par­ lar


L HB R O S E C O NDO.

io.

làr da glihuomini, c comi narra Plinio nell’ottauo della Naturale Hiifo ria al capitolo primo, &EIianoal capitolo decimo del libro fedojdella varia Hillotia,in fino gli Elefanti habbiano imparato i rapprefentargiuochi negli fpettacoli,& anco à fcriuere lettere Greche, e tante altre fando­ nie, che racconta Plutarco nel libro della Induftria degli animali, & il legger Arinotele nel quarto dell’ Hidoria degli animali, al nono capi­ tolo. Plinio nel 1 9. dell'Hifloria Naturale al cap.29.doue parlando hrno,e l'altro della natura del Rolfignuolo,dicono,che la Madre infegna i canta­ re a’giouanetti,eche vanno meditando,péfando, c riceucndo Ìe correttionimaterne,come fanno i ponto i figliuoli nella Scuola di-Mufica ; Ma che Crifippo inuentot della Diatetica dice, che il fuo cane hauea Logica, per­ che feguendo vna fiera in vn Triujo annotando la prima, & feconda Brada fi pole à feguir la fiera perla terza,come fc hauefse argométato per la mag. gior,& minore propofitione,e feguifse la conclufione.mi fi voglia di ride­ re E quel che più importa,Gal.dèi quale io taccio tato dima,nel libro del, l'efercitation del giuoco della balla lo dice tato fuori de’denti,che gli ani­ mali habbian raggione del ragionamento in fuori, che non hi bifogno di Gioia: però non fi deuedir con vcritd,che gli animali habbian ragione, poiché è falfi(limo,e fequelli grand’huominilo difsero, fi deue intendere, che gli animali irragioneuoli hanno raggione, cioè vna ingenita fagacità , con la quale imitauano le operationi fiumane; la qual fagaciti è vna indination naturale in loro detta indufiria, ò infiinto naturale, emanante da queli’Arrc diuina.chealtriméte è detta Prouidcza,che difpone tutte le cofe fecódo l’ efserc fuo ( e bene)Se inquefto propofito, & fenlo parlò Galeno,ecofideueintédereSanc’Ambrofio nel libro fello dell’Efameron al cap. quarto e quinto Bafilio nclftfomilia 9. pur nell’Efameron, doue dicono, che gli animali hanno vn veilito di ragione. Quella è dottrina di S.Tomafo cauata della fecóda fecunda:. Queil. 1 3.art.2.ciò hò cfperimentato io in vn Cauallodonatomi dall’Eccellétiflìmo Sig.BartoIameo MaImignato,il qua­ le è tanto fagacc,che fe mi cafca vn guanto fi ferma,fe fon (aiutato fi ferma, fe vado à medicar vna cafa più d'vna volta per mefe, & ann i pallando per quella flrada fi fermai quella porta.Ma chi non si la fagaciti di vnCanne da caccia Franccfe,che vendicò il fuo Patrone da vn* ailaifinamento fatto, non s i nientejil qual cafo,come cafo degno meritò pittura ne! palazzo del Re di Francia:ilqual iohò veduto, & lo Scaligero nelle fue cferciration i contr'al Cardano lo racconta percola mirabile nella cferciratione 2011. al numero fello,il cafofùquefle.EfiTendovccifo a tradimento vnGcntil'huo « moFrancefe,& fepolto da alcuni fuoiEmoli Cortigiani fuori della Citti il Cane andò a ilare fopra la fepoltura finche la fame lo cacciò,e tornando in Corte fù riconofciuto,e accarrezzato da vn amico del morto,e cortefeméte pafeiuto; al quale il Cane con gefli, e cenni fece tanto, che lo condufse a ritrouar il fuo morto Patrone, e nel ritorno mentre, che l’amiconarraua al Rè il fattoci cane in prefenza del Rè morì,e morficò più volte l’interccffore,perche fi venne in cognitione deP’aflafiìnameto fatto,perche nel (in­ goiar certame tri il cane.c lo intercedere,11 cane redo vittoriofo.Dunque non baila vna acciò iagace i far vna beftia ragioneuole,Ma buona fù,ch e il Mif-


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D E L L A CO M M AÌRE

tfiffci non vedette il Leone di Filoftrato, perche forfè barebbe cercato di petfuaderci etter hifloria quello, che linfe fìlollrato in vna di quelle, cioè che dormendo Ercole fianco per hauer combattuto , & vccifo Antheo Sal­ tando fuori Squadroni di Pigmei, per far vendetta d’Anteo loro parente,» ( come diceuano ) e circondato Ercole lo fuegliarono ; fuegiiato fi pofe à ridere, e pigliando quei Pigmei 1: ripofe nella pelle del Leone, e li buttò nelle paludi predette, fauola in vero più ridicolofa aliai che verifimile. Ma di grada refperienzaja quale, come dice Arift.nel Proemio della Metafifi«’ cac’infegna tutte le faenze, non ci chiarifce ella, che i Pigmei ne hora fo­ no, nè furono giamai j1 E quanto è che due huomini fegnalatittìmi, l’vno Italiano l’altro Spagnuolo,il Colombo Genouefe,&i!Cortefe Gattigliano, queftoad emulation di quella,con curiosità inaudita, quello trouónuoui Mondi, e quefto girò quanto gira’l Sole, vfeendo dallo fìretto di Gibil­ terra dal deliro lato, & intrando con i Suoi Vafelli gloriofi dal finiftro,hauendo girata tutta laballa della terra, & in tante Segnalate cofe nuoue, che viddero, & vdirono.mai non viddero,ne vdiron nuoua alcuna de’Pigmei? oltre che le diligènti Peregrìnationi fatte dagli Portughefi per tutta l'Africa, a punto verfo quelle paludi,oue fi dice elkr i Pigmei,chiaramente ci dimoflra, che non fono >poiché mai alcuno di eifi Portughefi intefe nouella alcuna de’Pigmei; e però io retto con l’opinione di Alberto Magno, che i Pigmei veramente non fi trouino,fe non vogliamo dire, che i Pigmei fiano Nani ; come pare che accenni anco Arift. nel predetto luogo,e tanto più mi confermo in quello parere, quanto l’Eccellentiifimo Signor France­ sco Pico] orni ni tiene per certo, che i Pigmei fiano Nani, e quelli fon huomini,ma imperfetti,ò fortealcunadi Siinie.Ma veggiamo hormai di qua­ le flatura liano flati, per finir quella materia. Giulia nipote d’Augufto, comeriferifce Plinio nel fettimo libro della Naturale Hilloria alcap a i. hebbe Canoppa, & Andromeda, le quali erano Nane picciole di due piedi, & vn palmo; Varrone dice, che Mario Malfimo, e Marco Tullio furono Caualieri Romani alti due cubiti ; Molonefamofo ladro fù Nano, e coli picciolo,che diede occafione al prouerbio, picciolo come Molonr; M’Antonio Triunuiro hebbe vn Nano chiamato Sififo grande vn piede è mezo. Augufto ne’publici fpettacoli mottrò Lucio fuo Nano grande due piedi: io in Bologna hò veduto vn Nano portato à corno da Circolatori, il quale non era grande più di due cubiti, ben formato, e ben fatto,con vna barba lunga mezo piede, il quale ragionaua, e difeorreua anco benillimo, fi che concludo, che Pigmei non fiano,e che i Nani non fiano Pigmei, ma moffri nella diminuta quantità,queli però Nani fono huomini imperfetti,e tanto batti hauer detto in quella m a te r ia .


L UBRO S E C O N D O , Se i Dianoti pojfono generare, come molti credono. Cap. X X X V III. Efta fiora, che vediamo, fe i diauoli poflanó generare ; come fù propofto nel cap.de’Greci, e come vien da moli ricreduto; cperchein quel capitolo ì baftanzafù dimoftrato per molte auttorita de'Santi, e molte ragioni, che quelle parole del Gegefi non s’intendenano^e gli Angeli, ma de gli huomini giufli, replicando il medefimo filo diremo, che quelloquefito h i due capi, pri­ ma fe i diauoli polTano generare per propria natura ; ouero fe per mezo, Se aiuto d’altra Natura. Quanto al primo capitolo San Tomaio nella prima parte, alla quelèione 51. all’articolo fecondo lo dice fuori de’ denti, enei corpo di elsa queftionc.e particolarmente alla nTpofta del fefto argomen­ to , che elsendo il generare atto della vita, e la vita facolti attenente al compoltod’ amma, è di corpo, non hanendo corpo l’ Angelo non può hauere l’operationi, che da quello nafeono,eche efsendo in efso la generatione, l’Angelo per fua natura, non può generare, e poiché il Diauolo per natura c Angelo, che il peccato lo fece diauolo, ne feguita, che ne an­ co il diauolo per propria natura pofsa generare; fi che non c vero che i demonij generafsero per fe gii Incubi,& i Succubi,ma perche nelle H iilo rio Ecdefiailichedi Viccnzo Btluicenfe,al libro vigefimopriiuo,capitolo 30. fi legge, che Merlino fofse nato di vna Donnaingrauidata da vn Incubo,é Plinio nel libro rrigéfimo fcttimo della Naturai Hiftoria, al capitolo vigefimoicttimo narra, che nel focolar di Tarquìnio Prifco Rèdi Roma_., vi apparite vn membro virile di cenere, e che ingrauidò la mafsara di Tanaquille,la quale partorì Tulio, che fuccefsepoi al Regno di Tarquìnio, e Snida dice, che Appollonio Tianeo nacque d’vn Diauolo, è forza dcchiarare, in che maniera ciò pofsa fare, però io dilli da principìodel capitolo, fe l'Angelo lo può fare per propia natura,ò per virtù d’altra natura. Dico dunque che il demonio efsendo di natura Angelica, non può generare per virtù di efsa.ma per virtù della Natura humana, cioè facendoli hora Incu­ bo , hora Sucubo , quali il volgo dimanda Siluani, e Fauni. Impcroche mentre il dianolo vorrà procurar lagcnerarione.-gli è necessario pritmaffumer vn corpo d’vna Donna morta,ò altro fantastico,è fingendoli d’efscc vna meretrice fottoporfi all’ huomo nell'atto carnale, erìceueril fuo feme, ò procurarlo eli hauere da quegli, che patifeono pollutioni nottur­ ne, òche volontariamente da felleifi fi corrompono, & confermarlo nel luo calor natiuo, il che potrà facilmente per hauer cognitione dellecofe create, fi come facilmente potrà muouer quel corpo come fe fofse viuo ; poiché la foitanza fpiritualehàimperio afsoluto fopra la fofianzacorpo­ rale , §c anco con la medefima facilità p o ^ con odori occultar il fetor del corpo

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D E L L A CO M M A R I E

corpo morto:e fatto quello, bifogna che di nuouo pigli vn’ altro corpo di mafchiOjò cadauere.ò corpo fanraftico,e che quel feme, che hauea raccol. to comeSuccubo lo trafmetta nell'vcero d’vna donna nell'atto carnale»fat­ to Incubo, & in quello modo porri il diauolo generare» ma non per v mi propria.Mà mentre che io fermo quelle cofe,in feruitio del diauolo,diué* to rofso, confiderando ch’vna creatura cofì nobile come è il diauolo (che purè Angelo per natura ) mentre è tanto intento alar peccargli huomini non fi vergogni di pigliar corpo, & efercitar quegli atti putanefehi, e difhoneili, pur è vero che molte volte l’habbia fatto, e facci tuttauia, come leggeapprefsoS. Agoilino nel libro decimoquintodella Cittàdi D io, e nel trattato che fiGiacomo Sprcgier,intitolato Maleus Maleficiaru.-doue è vna frotta di quelle fporcherie del dianolo. In confòrmacione delle quali egratiofa vnaHiftoria;laqualeneha narrato l’Eccell.Sig.ErcoleSafsonia, riferitagli da vn VcfcouoGerrnano,lniomo fegnalatiifimo è di dottrina, e di bontà di vita , quando andò in Boemia in campagna del!’ Eccdl.Signor Girolamo Mercurialià vifitar l’Imperatore;narrauaqueftoReucrendillìrno Vefcouo, chequindeci, ò venti giorni prima hauea nella fuadiocelì formato procefso autentico d’vna donna giouane,del!a quale era innamo« rato vn Incubo llranamente , il quale fpefiflìme volte vfaua feto, e più di quello,ch’ella voleua,della qual donna s’innamorò vn’altro diauolo,& hauendo afl’onto corpo humano, la ricercò che voleffe aggiunger loco» à cui rifpofe la donna non poterlo fare per mima maniera,perche hauea vn dia­ uolo tanto gelofode’ fatti fuoi ,che fempre l’era à torno, il quale le fi folle accorto d’vn fimil fatto l’hauerebbe mal trattata,rifpofe il fecondo,fe voi contentarmi io ti infegnarò vn herba,la quale mentre ui portarai addofio, il tuo diauolo nò potrà accoftartefijC le confeflò,che anch’egli era diauolo piacque alla fagace donna la propolla dell’herba,& abbominando lofcelerato commercio de’diauoli,promifiTe di far ogni cofa.-purche le delle l’ herba j fù diligente il fecondo riualc i portarle 1 herba, dalla quale fatta pa* drona la donna con allutia gratiola,e più che diabolica la tenne femprc_* addofio, e coli fi liberò dalla oppreflione del primo diauolo, e dalla moleflia del lecondoiqueflo affermaiia il fudetto Vefcouo haucr in procello depolto quella gratiofaHilloria,con giuramento la iteffa donna,-e fe la mia_. Commare defidcrafaper come habbinomc queltahcrba, ledicocheha nomc,cacciadiauoli.


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L V B RO

SECONDO

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Che cofa pano Moftri. Ó p .X X X iX . Ordine propofto nel ragionamento di moftri, ricerea che d.oppol'hauer vifto, che in vero alcuni fono in natura, e che dii fono di diuerfe forti, fi vegga ancora, checofa_. fianoi Moftri. Ariftotilenel libro quarto, della generatione de gli animali, al capitolo quarto, fé bene li dilli nifcc, chcfianovnalelfione, oftefa di vnacofa contri la fuanatura, nella quale nonfempre, ma alle volte refta tale; nondimeno più chiaramente poteua dire, cheilmoftro fia vn’errore della natura , la quale opra per qualche fine, di cui refta defraudata per difetto di qualche caufa concorrente a procacciarlo. Quella dichiaratione fe bene è buona, fi può dire nondimeno per maggiore chiareiza, ch’il moftrofia vn’affctto naturale raro , il quale degeneradalla folita difpoficione , eriuerenza naturale fecondo la fpecie. Ondequall’hora nafee vn’ afFetto nella natiuitd deli’huomo differente dal folito coftume, fi chiama moftro : imperoche l’agente naturai è fempre intende, efi sforza di produrre l’effetto limile àfe Hello,e quando non fuccede, all’horaè moftro. Le caufe poi, perle quali non fucceda l’affetto limile al l’agente, fi diranno piu a baffo . Chiamali il noftro affetto naturale, perche qualunque errore , che fi com­ metta in ogni arte, non fi domanderà giamai moftro. Tale affetto acciò diuen ti moftro, deue portare feco qualche imperfettione, ò nella quanti­ tà , ò nel numero, ò n ella figura, ò nel feffo, come fi c detto nell'antece­ dente capitolo, è quelle imperfettioni debbono rare volte vederli : perche fe follerò ordinarie, non farebbero più moftri. La onde fe horaappreffo noi fi vedeffero giganti non farebbero più moftri, poiché per la loro rarez­ za fon tali il che alianti il Dilanio non era per la frequenza loro.Ma quella imperfettione fi cófidera fecòdo la propria fpecie,in due modi; prima che habbia qualche mancamento ; il quale per lo più non è folito fiauerfi dalla fua fpecie,fecondo tale mancamento non lo prilli della fimilitudine in tutto,è per tutto della fua fpecie.Onde nò fi vedrà giamai nafeere da vn’hiiomo vn‘oliua,o da gli albori animai alcuno ; è perciò ben dille Atilloc.neJ 4. della generation de gli animali, al cap.quarto,che quantunque nafta alle voltevn fanciullo coleapodi peccora,di vitello,ò di Elcfante;nondimeno èhuomo,è nò Bue,ò Elefante.In cotal fenfo hò detto io,che iSatiri pofsa» no efler,cioè huomini fornigliàti in qualche parte alle capre, ma però huomini,i quali non faranno generati da altri Satiri,ma dahuomini, e donne perfette.-è fe nafteràno tali,ciò accaderà rare volte.è per alcutja delle caufe cheli diranno ; e tri quelli fù quello, che apparile a Sant’Antonio, perche quando per propria fpecie fi propagaffero, come veramente credeua )a_. Gentilità, non farebbono moftri, perche il moftro appare rare volte .Si è. detto mò,ch’egli è affetto naturale, il quale degenera dalla propria fpecie: ,7 eli


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DELLA

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e fi è detto, che naturale fi domandai differenza dell’artificialejmà come degenerante dalla propria fpecie ; fi può anco domandare difordinato, & errore di Natura: perche iafcia il folito ordine, che è feguito dalla Na­ tura per lo più nella produttione dell’huomo. E fe bene molti Filofofi han­ no detto,che il moftro è vno effetto cétra natura,io però confermandomi à quanto dice San Tomafo, dirò, che propriamente non fi può domanda­ re contra natura; sì perche la lua imperfettione fi riduce d qualche caufa naturale, per difetto di cui fi fi moftro ; come perche la Natura vniuerfal e , cioè Dio l ordina, fe bene l’intentione dell’ angente naturale non l’intefe, è ciò confetta egli nelle queftioni della potenza, alla queftione fetta» nel fecondo artic. Ma per qual cauia Dio voglia i moftri nel mondoff’iffeffo Dottore lo dichiara nella prima parte della fuafomma, alla queftione vigefimafeconda dicendo,che ciò vuole per dare maggior perfettione a llVniuerfo. Chiara cofa è , che adoprandoli Dio per auuifi,e nuntij d e llo cu fe future, come fi è detto di fopra per teftimonio di Sant’Agoftino Sua Maeftd gl’intcnde.

Delle cagioni de i Moftri.

Cap. XL. Iremo fiora quali fiano le caufe de i moftri,poiché habbiai momoftrato, che fiano,e che cofa fiano. Empedoclo pensò,che la caufa foffe il feme humano»il quale eilendo , òpoco, òdiuifo, òfuanito, ò debole, producaimo­ ftri. Strabonc attribuì anch’egli la caufa al feme, ma_» fotto altra confideratione, cioè, ò che foffe mal colloca­ to nella matrice, ò troppo gomfio. Ariftotile ne] libro quarto della generatione de gli animali, al capitolo quarto dice, la caufa effere nella materia sì, cioèaelfeme; m iòpercheil feme fia debole per rifpetto dell’ agente.-ò perche fia imperfetto pcrrinobedìenza di chi lo riceue. Più facilmente fi conofceranno le caufe de’ moftri, fe ricercheremo quale fiano lecaufe,ehecécorronoaIla perfetta generatione dell’ huomo, le quali per mìo parere fono cinque . La primaè la feconditi, e virtù fc minale defiggente,! a quale formalmente confifte nel feme fiumano. La fe­ conda,e la materia,della quale fi deue formare la creatura,come è il feme,ò ilsague della madre.La terza,fono le qualità elemétali,per virtù delle qua­ li in debito tépo fi forma l'animale. La quarta è il luoco determinato i rieeuerlo.cioè la Matri ce. La quinta,fono le caufe efìrinfeche, come l’afpetto deLCielo,l'aere,e l imaginationede’ progenitori; m i particolarmen­ te quella delia madre nell’atto della concettione . Difcorreremo particolarmente fopra ciafcheduna di quelle caufe, acciò fi tocchino con mano le caufe de moftri. Quelle fono le caufe neceffarie alla perfetta generatici ne dell'huomo, delle quali fe ma, ò più mancheranno di cooperare in det­ ta generatione , chiara cofa è, che fi genera il moftro ; e poftono mancare, quad© rettane in qualche roodoimperfetto.Epcr esépio corainciàdo dall* pri:


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SECONDO.

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irima , fe il Teme dell'huomo fard debole in modo, che non pofa informare tutta la materia , all’hora la creatura nafeerà fenza vn braccio, vna gamba, ò altro membro, il quale non haurà potuto informare , c coli farà anco la materia caufa de i M oftri, quando fari imperfetta, ò nel poco , come diceuamo adeffo, e fi può direnella generatione de' N ani, ò de’ Pigmei, ò nel molto, hauendo il fanciullo due capi, quattro braccia , ò gambe, ò altri membri dop. pij , & il medefimo diffetto rimira anco il numero , nafeendo con molte ditta nelle mani , ò ne’ piedi . M i fe il diftetto fari nelle qua­ lità , cefi il troppo humido farà i membri fproportionati, come il troppo fecco contratti, & il troppo freddo languidi , come il cor­ po caldo farà nafeere le creature con la barba ò con i denti, come di fopra fi è detto , perche rifoluendo parte della materia terreftre , lajconuerti in peli, ò denti auanti il tempo. Caufa dé’ Moitri può edere anco la Matrice , la quale non coftringendo , & ab­ bracciando bene il feme , & il fangue, detta genitura fi fparge , e fi diffonde , e quello fi nafeere, ò i membri doppij , ò altre fproportioni nel corpo humano ; fi perciò Alberto Magno, diffe d’ hauer ve­ duto vn Moftro , che hauea vndici occhi, & altrettante lingue . A quelle caule fi aggiunge l’arià, 1’ affetto de’ C ie li, e le imaginationi de’ progenitori; ma fpecialmente quella della donna . Dell'aere non è dubbio alcuno , perche , e Strabone , e Plinio vogliono , che l’­ India ila abbondeuole di moliti per le qualità di quell’ aere , & anco di fopra per auttorità di Arinotele, nel primo libro fi è conclufo, che l'aere può molto nella generatione dell’ huomo , come anco può nel generare i moftri , edendo imperfetto nelle fua qualità , le quali per necdlìtà alterano il corpo humano , c gli comnuinicano le fue_» proprietà , come quello , che entrano fenza alcuna alteratione nelle intime, parte de i noftri corpi , e però effendo imperfette nelle qua­ lità attiue , ò pailìue , alterando il feme , & il (angue de i proge­ nitori, poflono produrre quei Moftri , che fi differo poco fà, ne gli ecceifi delle qualità del feme . Caufa anco può edere l ’ afpetto di al­ cuni fegni del Zodiaco fecondo gli Aftrologi , come nel tale afpcrto dell’ Ariette non fi può generare altro, che moftri, e cofi pensò Tolo­ meo nel fuo Quadripartito. Io per me non foglio tanto attribuire al Cie­ lo: perche come hò detto nel primo libro baila, che efsendo caufa fecon­ da, infida co’l moto, e col lume, c con leinclinationi.chenelreftonon sò vedere, che i fegni celefti pofsanocagionar moilri , quandoimoftri ion Tariffimi, epurequell’afpetto delfegno celefte domina fopra moitc_> concilienti in vna medefima C ittà, anzi vicinato nell'ifteffa hora, e punto, è tattauia fi vide Lucretia generare il moftro, e non Camilla, L’opinione di San Gregorio Papa nell’ Homilia della Epifania, e molto conforme alla mia intentione : poiché egli colà molto gratiofamentcconiondela vanità degli Aftrologi, che troppo attribuifeono alle Stelle, e gli domanda, d’onde auuenne, che Giacob, & Esau gemelli concetti, c &a£i ad raeddìmo tempo fofsero di cofi diuerfe nature, & efsercitij Noi»

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C O M M Afe E

t’ allc llelle.-perche coiì l’ vno, come l’altro farebbe flato inclinato al medefimo , elsendo l’influenza fatta nel tnedefimo ventre deli'iftefsa madre , Non dalla matrice; perche all' hora farebbe necefsario, che ad ogni mem­ bro vi fofsc vna particolare infIuenza:poiche trà Giacob,& Efaù non vi fù altra differenza, che il nafeere prima,e doppo. Ma perche S. Tomaio, 8£ Alberto magno,con altri Dottiffìmi Auctori,pongono tri le caufe de’mo­ fle, anco I appettode’fcgni celefti, l’hò collocato pure anch’io, hauendo però detto quel ch’io ne fento . LVlfima caula.e forfi la maggio eper mio giudicio, e la imaginatione de’progenitori.e particolarmente quella della madre. Particolarmente dico qucfta:perche di fopra lì è mollrato quanto pofsa tale imaginatione nel corpo già formato,ftampandoui fopra le mar­ che,che defidera la donna.Hora che farà airhora,quàdo nei fangui,e femi teneri corrono gli fpiriti formati dapeuficri mofiriiofi; Certamente po­ tranno piti che molto effiggiare, e variare tale mafsa di fangue, edifeme, tanto più ageuoltnente quanto è più atra quella materia a riceuere ogni imprelfione , quanto è il corpo digià organizaro, e perfetto. Il modo lì dirà più à bafso-.mà che l’ imaginatione pofsa ciò fare,e opinione qnafi muccchiata di quanti mai ragioneremo della imaginatione delledonne. Lo perfuade Alberto Magno, Auicenna, & vn numero quali infinito de fcrittori. Ma tri Moderni Francefco Toletano huomo dottilfimo, & hora Cardinale meritiamo, fopra il fecondo libro della Filici d i Ariftotele, al­ la quell.i?.mette l'imaginatione tra le edufe dei moftri.Fri Mattia Acquirio pur nel feconco della Fifica, ne’fuoi fcholij, fopra le queiliom di Fra_, Francefco da Ferrara,nella quellione quinta, e del medefimo parere, Trà Leggiftì il Dbttilfimo Accurfio gloflatore famofo, anch’egli dice riftefl'o fopra la legge xa 5 nel titolo delle Pandctte,che tratta della fignificationc delle cofe,e parole, il qual fe bene lo dice come leggifta è però da credere, che vn tale huomo in opere coli fegnalate non ponefle opinione fe nonappronata da ott imi Filofofi, Ma che ilo io a dire? non fi può cauare ciò dal­ le parole di Arili quando nel quarto libro della generation degli animali, al tap.4. dice,che ¡1 moftro nafee, òdalla debolella del Teme nell’agente, ò dalla difobidicnza della recipiente, quella difobidicza dirò io oltre mol • te altrecofe.che fi poflono conliderare,che altro non è,che quello non vniformarficon l'intentiotie dell’agente, il quale intendi di produrre vn fimile á fe ; e però quando la donna andrà vagando con la mente nel tempo della concettione,e péfando ad animale,òad’altrc llrane figure produrrà il moflro,poiché di fopra fi è detto che l’vnirfi,e farfi conforme alla volontà del­ l’agente, e caufa di farei figli firn ili al padre. Non efcludo però l’ a ltro caufe, mentre dico, chela imaginatione della donna può far nafeero i mollri.alla quale fe fi aggiiìgerà la debolezza del feme,ò le qualità ecceffiuacon la fproportione della matrice fenz’altri afpetti celefti,il moftro c bello è fatto : Md qui dirà alcuno, che la fomiglianza non quadra: perche quia donna Rampa il vcfligio della cofa defideratanel fanciulefco corpo, quefto auuiene, perche la defiderò molto: ma quale farà co fi fdocca don-s na, chegiamai defíderi cofa tanto horrenda di farei figli moilruofi? Rifjxjndo ch’è vero, che allo ftampare le voglie ne’ corpi dei fa n c iu lli , fi ri^ cerca


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ÌércarimaginationfitTacongionca, co'Idefiderioperfeuerante: magne.' fio fidiflcicheeraneccflario ; perchola imaginatione non poteuain vno Mante imprimere cotai legni : ma per mezo de i fpiriti,e quelli per mezzo dei fanguedl quale doucndo pattare per molti fpacij di vene per ritrouart, la parte, che doueuano nutrire, e neceflaria la perfcueranza del defiderio con le forte imaginatione,acciò non fuaniffe per fuo difFetto, N c’Ja gene ratione mò de i moftri non vi vuole quella manifattura ; perche nella congiuntione dell*huomo, e della donna, mentre qucilem i, efaneuifiv' nifconomfìeme : il che è fatto Tempre con molta dolcezza, fe iti quell'" atto la donna difcorre con la imaginatione fopra il colo, capo, o petto di qualunque ammali, eche niente duri, ancor, che nonlodeiìderi Correndo gli fpirici quali in vn fubito fopra quei femi per mezo della dol* cezza, imprimono in quei fangui quelle confufeimagini, cheappreft 1 con la imaginatione, le quali reitando coli fin che iì corpo fi informai fi genera il moftro. Il che più facilmente fi può fare, quando vi concorra alcuna dell altre fopradette caufe: fi che correndo gli (piriti impreffio«pati dalla imaginatione fopra cofa tanto tenera; e molle, non h i dibii fogno del defiderio per impronto, à fare tale opra , come nel corpo formato già ditte. £ quella e la ragione, che lenza , che la donna», deuderi, hauendo con la fola imaginatione apprefso qualche figura lira na, produce i moftri . II che à me pare facilismo , quando vedo al" cuni hauerle attribuito cofa, le quali oltreché fono mirabili. 0«nunle. tocca con mano quali ogni giorno. Tra quelle é , che fe vedi i sbadaeliarc alcuno , ancor tu sbadaglierai. Se vedrai vfcire il vino dalla botte , ti verrà voglia di orinare. Se vedrai il panno rofso, ti farà vfcire il fan«uo dal nafo ; e molti di piu hanno voluto, che anco quella fiala caufafper là quale comparendo I’vccifore al cofpetto del corpo vccifo, gli faccia», de le ferite fcaturire il fangue. Ma io fi come nei primi efempii confdlo 1 irnmagination,cofi in quello vltimo nò ve la sò trouare.come dirò piti 3 b7 so.* Credo, dico, che la immaginatione fia caufa del fare sbadagliare altrui, mentre io sbadaglio ; perche veggendomi fare atto tale, corre egli con la fua imaginatione fopra di ciò , la quale eleuan do vapori dallo ftomaco, o dall’altre parti inferiori atte fare ciò, producono elfi cota­ le effetto . il medefimo (uccede, mentre che vedo vfcire il vino dàlia botte, o orinare alcuno, perche la mia imaginatione fi raccorda dell*onnare, e iucglia la virtù efpultrice à fare quella operatione, come di. ce Ariftotelenella fettima felfione, ài fettnno problema, fi comeanco auuiene quando fi vede bere la medicina da altri, ò fi vede comporre^ nella fpeciana, chemuoue il corpo à molti, & in particolare à m o ilefso: perche ricordando del prendere Je medicine, la imaginatiua prouoca il vomito, il che fi può fare con qualche parte di colera, che farinello ftomaco, la quale cafca à bafso per le budelle muoueil cor­ po ; & io alle volte agitato da tale imaginatione nel vedere à compor­ re le medicine, hò cuacuato tre, e quattro volte il ventre. Il medefi­ mo dirò del panno rollo, ch’eccita il fangue per mezo della imaginatiol ne , la quale ricordandoli del fangue per la roflezza del panno. Io

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muoue » c f i quafi bollire, c quefto alterato come fottile afcefldo al nafo , come i luogo , dal quale fuole fcaturire . Nè fon gii io dell’ opinione di Auicenna . che ciò accada per rifpetto del dolore , che per forma fpecifica operi quefto , fi come non credo con lu i, che rimaginatione d’altri pofl'a operare ne i corpi altrui; Perche quefto è vn troppo attribuirle ; onde io dilli , che l’ imagfnatione fi i fopradetti affetti nel corpo proprio , e non in quel d’altrui. E pec quefto io non sò trouare la ragione naturale in quell’vltimo efsempio dell’vccifo, il quale allo apparir dell’ vccifore fcaturifcc il fangue dal­ le ferite ; perche co’l parer della Scola Peripatetica tengo , che l a J imaginatione faccia gran cofe sì : m i nel corpo di coi è la imaginatione, e non in altri : onde i me piace fopra modo il parere di quell’ Auttore de probiemati attribuiti ad Ariftotile, quantunque egli non fognafle mai cofe tali; il quale difputandodi quefto affetto di* ce tri l’altre cofe , che ciò accade per Giudicio Diuino , à cui tanto fpiacciano gli affaflinamenti, che quando fon fatti di nafcofto, cchenon poffono per teftimonio d’altri eifere manifeftaci co’ l proprio fangue dell’vccifo gli propala ; e per quefto aggiongo , che ragioneuolmente nel Genefi diffe Moise , parlando del fratricida Caiani ecco il (angue del tuo fratello, che chiama vendetta fin dalla ter­ ra ; perche in vero i mio giudicio di ciò non fi può ritrouare alcuna«. Cauli naturale . Che fe per alcuna fe ne porcile aflègnare , farebbe,» quefta vna , che da gli occhi dell’vccifore vfeendo alcuni fpiriti vidui arriuafsero al corpo dell’ vccifo , in cui, ò perche fi mouefle qua^ fi odiando l 'vccifore, che il fangue per fpiriti come odiofi agitaflcro quel cadauero, fù poflibile, che il fangue per quella ragione mupuelle. Ma che quefta ragione fia falfa , anzi imponibile fi conofca d i più capi . Prima petche ne feguirebbe , che il vedere fi faceffe per eftramiflione , come pensò Platone , cnon per intromiifionc , come vuole Ariftotile crede Piatone nel fuo Tim eo, che quando veggiamo, efeano da’ noftri occhi alcuni folgori, ò lampi per virtù de’ quali fi veggono le cofe vifibiii, & in quefto modo diceua , che il vedero fi fi per eftramiflione . Ariftotile nel libro del fenfo, e del fenfato difputa acerbamente centra Platone, e moflra» che il vedere na* fee dalla forma delle cofe vifibiii, permezo del lume, c del colore, e cofi fi vede per intramitfìonc ; perche fe foffe vera T opinion di Pla­ tone, fi vederebbe anco allo (curo per virtù di quei folgori ch’ egli diceua vfeire da gli occhi noftri ; il che è faciliflimo. E fe ben pa­ re, che Ariftotile in molti luoghi de’ luoi problemi tenga l’ opinione medefimadi Platone; nondimeno io dirò che all’ora, ò parlò fecon­ do il parer comrttune, ò non feppe dar in propofito, ò quefto pe­ rò , che quando dilputa contra il fuo maeftro, vi mette il miglio. te > che habbia , c parla fecondo la propria opinione . Ne v a io punto la ragione delle donne , che hanno i meftrui, le quali guardan­ do lo fpecchio, io macchiano, quella del bafilifco, che co’l folofguardó yccide i'huomo, perche la donna mcftrua non macchia lo fpec-*

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chio per quei folgori ci Platone , ma per alcuni vapori putridi d e­ viati dalla malignità del meftruo , i quali efeono non lolo da gli oc­ chi per efi'er portentofi: ma dalla bocca, e da tutto il corpo , e que­ lle macchiando lo fpecchio . Quanto al bafilifco poi e gratiofa_» la ragione del Mattiolo , con la quale fi burla la vanità .di queda_* forte . Quale dice egli fù il primo che notaffe quello accidente.^, che l'occhio del bafilifco occideffc guardando ? Se fù vitto morfe , e non lo puote dire ad alcuno . Come dunque ciò s’ è pofliitc fapere? Ma non è l’ occhio quello , che l’vccide ; perche c più rodo la boc­ ca , & il fiato , il quale infettando 1* aere vicino , vccide chi fi troua colà con molta preftezza . L’altro inconueniente , che feguirebbe da quello parere, e che quella opinione di Auicenna , che l’ imaginatìone polla operare ne gli altrui corpi , fpieggata da tutti i maggiori Filofofi , farebbe vera , fe folle vera la "predetta ragione de i Platonici. Maio domando quanto ben fofse certo , che i fpiriti vifini vfeendo da gli occhi muouano il fanguc arriuati , che fono al corpo morto : fanno elfi dico quello effetto per la propria virtù lo­ ro ; Se ciò è vero , dunque lo moueranno Tempre , & è vano il dire, che ciò fanno auanti le lette hore fedamente , quando il fanguenonè ancor congelato. Dice alcuno come riferifee il Pomponatio, chequeite nafee , perche l'anima dcll’ vccifo fi fdegna contra I*vccifore , M i dico io , doue fi troua quell’ anima? ò nel corpo , ò fuori . Se è nel corpo dunque non è morto , & all’hora , non l’ jmaginatione, ò fpiriti vifiui dcll’rccifore, ma l’iilefsa anima del ferito adirandoli fà bol­ lirei! fangue. Se farà veramente morto l’ anima farà fuori del corpo , Se in quefio cafo per opinione di tutti i Sacri Theologi , e particolarmente di San Tomaio nelle quedioni difputate, & in molti altri lunghi l’ anima , reda priua di tutti i fenfi corporali fubito ch’è feparata dal corpo, quan­ tunque come in radice reilino nella efsentia fua ; e perciò non potrà adi­ rarli , per non hauer fangue nè cuore d’ intorno à cui nafee 1’ ira_, anzi ne anco l’ anima dell’ vccifo conofcerà l’ vccifore , non hauendoi fenfi: per i quali fi fà. la cognitione • Oltre che , come dice San To­ maio, l’ anima feparata dal corpo può comprendere tutte lecofe natu­ rali in vniuerfale ; ma non già particolare, fi come fcriile anco Santo Agodino nel libro della cura de’morti. Tuttauia, Marfilio Ficino nel Ficino nel libro decimoquinto dell’immortalità de glianimali, al capi­ tolo quinto, e molti altri, ch’egli riferifee auanti di lui, come Poliidonio, Stoico, e Lucretio, furono dell’opinione predetta, penfando pure vera quefla bugia , che le anime dei morti operino alcuna cofa_, verfodinoi. Ma pure èpiùtolerabile l’erroredi quelli, diquello, che fia la vanità diGalcotto Marti), il quale ragionando inquedo pTopoiìto , forma vna certa fua Comedia de gli fpiriti dell’vcciforc, e vuole che,» cflendo ellì entrati addotto all’vccifo , dimorino colà fino a tanto, che Pvcciforeritorni, il quale veduto da loro, fcuotonoil fangue per congiungerfi feco di nuouo. Si che vuole, eh« quel morto non folo reità Q * ycciio


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COMMARE

a n vccifo da cedui ma ancora fpirato da luoifpiriti. Per me Dio eli perdoni egli non raffrontò d quello tratto. La cofa in fe fteflaè vera, che il fanene icatunfee sdle volte alla prefenza dell’ vccifore, e tutto il Mondo ciò tiene certiflìmo, e gli iteflì giudici, e Criminalifti l’hanno offeruato ; ma pero la ragione naturale non fi troua, fe non fi riccore à quella di Platone Kelto dunque nel mio parere , che ciò fia mero giudicio Diuino, il quale tanto ha in odio gli homicidij, che quando ogni altro taccia, fa parlare U iangue ; h le ciò e véro, non importerà niente, che l’vccj fore fi nrefenti auann il corpo dell'vccifo fette hore dopò la morte, perche la Diuina_, potenza non hàbifogno di quello tempo, per produrre quello iftclTo, il quale nafeera anco dopòlonghiflìmointeruallo, quando coli piace a chi può ageuolmente operar ogni cofa. E quello balli hauere detto della ma­ teria de i mollri, ma perche la Commare in quello negotio habbia ancor ella qualche parte,l’auuertiamo; che faccia battezzare i mollrifubbit0>?v?/aranno nat i : perche Arinotele dice, ch’efii viuono pochimmo, eS.Tomaio vuole nellefuequeltioni dei Colibeti*che fi debbano battezzare. Ondefenafcelfevnmoftro, che hauefse due capi, ò due corpi, in modo, "* che fi vedeffe hauere due anime fi dee battez­ zarne l’vno, e poi l’altro, ma fe in lui conofcclfe vn corpo diftinto, e l’altro non fi potefle ben difcernere,batezziprima quello, che fi conofce afsolutamente e poi batteziquell’ altro fotto conditione,e quello fi dee fare per recare finez­ za à quelle anime,poiche è ve­ ro,che quàtunque il mollro fia diforme, e però na^ todidonna,ehuom o,&èdella fpecie humana.

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Della Mola, edelle cagioni , fegnì, e cura di ejpt. C a p .X U . Ora retta trattare di quella imperfettione, la quale fi confiderà nel parto vitiofo, non folo nelle membra, nb ò nella figura come di fopra fi è detto,ma in tutta la mo­ le del corpo, la quale ettendo imperfection tale, che non folo vitia il parto,ma lodiftrugge; non folo lodeforma,ma lo annichila; non folo non è creatura fiuma­ na, ma vn pezzo di carne deforme: meritamente è detta da i Medici cofi antichi,come moderni moIa,chc vuol dire apunto pelo graue, & inutile alla generatione humana, e pefo tale, che fe con pretto rimedio non fi caua dal corpo ( al che fare non fi ricerca però fatica picciola ) apporta certiilìma morte alla patiente infeli­ ce . Quello è quel parto che fi può nominare aflolutamente vitiofo ; e va­ no, poiché non nafee in elio la creatura rtroppiata, òmoftruofa, cheia quello modo Tetterebbe pure huomo, ma nafee vn pezzo di carne mal fat­ ta fenza anima inetta. Di quella mola vedremo quattro cofe, cioè che cofafia, quali fiano le fue caule, come ficonofca, & vltimamentecomc fi curi, il che per etter appartenente molto alla perfetea Commare, accioche polla aiutare quelle donne, che alla fua prudenza fi commettono, 5c accioche polla conofcere la ditferenza del parto humano dalla mola, fard trattato da me diftufamente, e con maniera diligente, Elamola corno dice Aditotele nel libro quarto della generatione de gli animali al capito­ lo fettimovn pezzo di carne fenza forma, ò effìgie dura, &c infenfibiie, concetta nella matrice humana per le caufe, che fi diranno. Galeno nel dccimoquarto dell vfo delle parti, & Auicennaanch’efiì dicono, ch'è vn pezzo di càrne fenza forma propria: ma può ben nafeere con diuerfe_> forme ; perche hora fard rotonda, hora quadrata, e fiora di altra figura; c perciò fcriiTe Nicolò Fiorentino di hauerc veduto alcune mole di figure enormi. In fomma quella genitura, la quale generata nella matrice della donna, non riceue alcuna forma fiumana, ma fi mofìra vn pezzo di car­ neinutile, ? di forme, chiamali mola, come dicono Galeno nel libro 14 . del Methodo, Aedo nej.l.id.al c.8o.e tutti gli altri Medici, chefcriilèro di ella,¡quali ruttimi pare che adoprinola dichiaratione di Aritt.perdarad intendere la fua natura. Quella mola ha le lue caufe,fi come l’hanno tutti gli altri affetti naturali, ma canto diuerfe appretto gli fcrittori, che nien­ te più. Io ne apporterò le due più contrarie, Jafciando le altre, come de' pendenti da quelle; e però dico, che Ariil.nel lib.4. della generatione de gli animali,al capitolo fettimo vuole,che la caufa della mola fia la debolez­ za del calore della matrice, il quale quando è tanto debole, che non può attuare,(e quafi epuando come fà la gallina gli oui,fomentare bene cofi il • ‘ • o 3 feme


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feme dcll’huomo, come il fuo fangue, & ilfuofem e, per ridurlo à perfettionc, la genitura refla vn pezzo di carne informe, ch’è detto moliL Ma Auicennaall’oppofitonel libro terzo al capitolo decimoortauo della parte vigefimapnma fenile, che la caufa della mola fia il molto fan-uie^ concorfo nella Matrice, mentre nell’atto Venereo fi fcaldò, il quale dal molto calore dell’ifleffa Matrice, quali arrofliro in vii fubito fi collr«nfe;e però non potendo la virtù formatrice reggerlo, e ridurlo a buona forma, fecefi vn pezzo di carne informe, detto mola. Quelli due pareri tanto di. ucrfi in due huomini tanto fegnalati, arrecano non folomaiauiglia, ma voglia di fa pere qual di loro difle la verità. Io prima che verga a quello, diro quello che femprehò tenuto per fermo di Arinotele, che in alcuno cofe luperaile ogni altro filofofo, e che in molte ad altri reflaifc inferiore. Superò ogn’altro nei ridurre tutra la fiiofotìa à Metodo col? proprio.e tale, al quale mai niilunoaltro la ridiillc,* c perciò merito i primi honori trài pailari Filofofi . Nel redo non giungeal candore di Platone, alla profon. dita dei miflenj, ingemmi deirinfegnare, anzi parue,che i beha porta fi ingegnane di offufeare, e non elfere intefo, e diintricarc gli ingegni human i , che perciò fù domandato feppia, la quale per non eflcr prefa . dal peicatore, verfa il negro licore: poiché quando anco parla nelle co­ fe chiariflime, procede con tanto timor?, che niente più, efempre in °§ nì tn a* per difficile, cheellafìa, ragione tanto perpleflamente, che quali dando a cauallo del follo , vuole hauereinmano qualche refu°io per faluatfi. Egli in fommaè huomotale, chehauendocon tanta pom­ pa, & appaiato nel libro della Poileriorainfegnato ilmodo di far l o Dimoflrationi fcientifiche, ne i fuoilibri nondimeno non fe ne troua alcuna, che fia perfetta in quel modo eh’ egli infegnò a comporle. Si che o non Teppe, ò non volle farle tali, e fe non volle fu maligno, come an­ co le non teppe, fù non dirò ignorante per l’Eccellenza del fuo ingegno perlam acdà, edeiranrichiri, e del fuo nome, masfortunaro quando infegnò ad’altri il fare fi bella cola, & egli giamai la feppe fare. Nelle co­ fe di medicina poi ardifco dire, ch’egli habbia hauuto molti altri, non foto eguali à lui > ma che habbia meritato in parecchie cofe cenfura notabile, c fe qui foiTe luogo di narrarle, mi baderebbe I animo di prouaro quanto hò detto, ma baili per breuità quefla vna, che fcriuendo del cuore pensò ch’egli fi oencraffe prima d’ogni altro membro del corpo noftro , é pure fi sa , che douendo quelli nutrirfidi quel fangue, hà Infogno prima., del fegato, che glie lo fommimftri. Diremo dunque, che anso nella cau­ fa della mola,quando egli afferma, che ella fia generata dalla debolezza del calore della matrice, merira non folo come medico riprenfione; ma come Filofofo ancora. Come medico dico, perche appretto i medici li^ carne fi fa del fangue, come materja, e dal calore natiuo, come efficiente, il qual conuertendo il fangue in vnafoftanza ruggiadofa,! attacca alle par­ ti che vuole nutrire, e poi lo conucrtc in carne ; fi che doue non è ca!or,iu| fi può generare carne. Come Filofofo àco deue Ariflotele clfer riprefo,per. che egli fteffo ne! libro quarto delle fue meteore lafciò fcritto, che la digeiliune fi fa dal c a lo re naciuofijquale fe farà céperatofard digeilionc, fe fa» ri


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n j rà poco, fari indigedo quello, che digefto dfer doueua, e coti lì corrompe còme abbandonato dal calor natiuo. Laonde vedendoli in prattica, che la mola dura trentaquattro ami» cfino alla morte co­ me dice Auicenna, chiaro cella, che la debolezza del calore non . fia caufa della mola. Ne vaie la raggione di Arifìotele, quando di­ ce » che non li corrompe la mola ; perche la Natura lì affatica di ri­ durla d perfettione; perche egli Hello dice in altro luogo , che la Natura non opera in vano j e pure mai fi vede, che la mola polla renderli perfetta, poiché dopò tanti anni , c’hà dimorato nel ventre «iceanco mola. Si che Arinocele nelle cofc della medicina non valle tanto, quanto nella Filofofia, anzi come penuriofo» anco nella Filofofia rubbù da Hipppocrate c iò , chefcrifle della natura del fanciul­ lo , è del parto de gli otto meli, e Io trafportò come fuo nel libro della generation de gli animali, è con tanta ingratitudine, che mai l‘hd voluto nominare. Dunque À me pare , che meglio penfalte Auicenna nel fopradetto luogo , che la mola fi generi dal fouerchio calore della matrice, il quale quando ritroua nell’vtero molta copia di (angue concorfoui per l’atto venereo , quali abbrucciandolo l’arroftifce , e lo congloba , onde la virtù formatrice non può regger­ lo , e ridurlo à perfettione, che perciò brutto è diforme recando e detta mola . Da quello appare anco, che è falfa opinione di Auerroe il qual vuol , che la caufa della mola fia il feme vitiato ; per­ che dalle cofe viriate non puònafcer affètto di carne, la quale co­ me carne è ben cotta, e di buona follanza , è non corrotta. E que­ llo è quell’Auerroe , che volfe effer itimelo de’ medici , il qual in vero in alcune cofe è flato profondo Filofofo , m i in altrettanto più ridicolofo , che vn Gratiano; Chi non lo crede à me legga il Viues nel libro quinto della corruttion delle Arti, al tomo primo, doue f i vna Catafta de gli fpropofiti d’ Aucrroe , che marauìglia è come huomini migliori, e più dotti di lui l’ habbiano feguicatò , r i­ putandoli i gloria l’eder chiamati Aucrroilli, e pur fi s i , che d ò è fiato fingolar priuileggio de i primi huomini del mondo, da il nome d legnaci, come Platone,Socrate, Arifiotile, e limili; e quan­ do ben Auerroe fbffe fiato tal, per qualche cofa di buono, ch’ haueffe detto in Filofofia , due cole fole doueuano trattemi ogni ani­ mo cordato da prendere la fua denominartene ; la prima l’ hauer guado quanto di buono difs’ in Filofofia con quella pazza , & intollerabil opinion, ch’m tutti gli huomini fia vn* jntdleto fole.* la fe­ conda l eder Turco , e Spagnuolo . Si può perciò concludere , che iolo nelle dorine , ch’ hanno commercio con i’ huomo, fi produca., la mola , è non nelle vergini, ò continenti, perche de’ nelI'Vtero concorrer molto fangue , & il calor folo fi de’ actrefcer per l’ agitation di Venere. La donna, ch’hdla mola, h i il corpo grofso, ron­ do , e diftefo, come le grauide, con quella differenza da quelle, come dicono Mofchion, Cleopatra , che le donne grauide non fen­ dono nel tempo de’ mettrui dolori, ò puntare; ma bene fpefso fento-

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nomuouere la creatura,e quelle che hanno la mola,ogni mefe fentono neì tempo,che foleuano hauere i meilrui:molti dolori,e punturemel corpo,ne mai fentono mnone re la creatura : E perche le donne hidropiche ancora . hanno il corpo grotto, e dittefo come le grauide ; quelle che hanno la mo* ]a fono dalle hidropiche differenti; prima perche non fono infettate dalla_, fete come le dette ; fecondo perche fecol dito fi percuoterà il corpo delle hidropicherifuonerà; il che non accade à quelle che hanno la mola. Ma il più verofegno è, che pairato il decimo mefe non fi veggono fegnidi partorire, e tnttauia il ventre retta grotto,gonfio, & al modo di prima_j lenza anco fentirfi il moto delia creatura. Si che quando la Commare ven Pai^ato d decimo mefe, ch’è il termine più longo del parto humano, che la donna fia colorita in volto, & il ventre li retti grotto, e gomfio, non vi cflendo fegni di hidropifia, 1/quali faranno ageuolmente conofciutidal Medico, all’horadeue fofpettar vnadi duecofe,ò chehabbialamolanel vf ? tr,e * onero che la matrice fia ripiena di vento, cagionato, ò dalla fri» Riditi dell’vtero, oda molta flemma , che fi ritrotii in tutto il corpo, ò cacatua efterna , come da cibi ventofi, da venti, dal dormire in terra, ò «a molta acqua beuuta, che pure quello accidente à miei giorni sò che è accaduto à due; vna nella Città di Tiuoli,cheera moglie dell’ Eccellentifnino Signor Vicenzo Colonna,Medico Fifico di quellaCittà,hauendo por* tato il corpo gonfio per dodici, ò quattordici meli, e credendo edere grai inda,mandò fuori vltimamenteper Ja natura vn poco di flati, e fubito tor. corP ° a^a ^ua forma naturale. L'altra donna è moglie di Abraham«, Hebreo Habitante in cento,il quale ettendo à cafa mia per altri affari*mentr’io fcriuetia quella materia, micommunicò, che le era accaduro vna .« cola limile, e che hauendo portato il ventre gomfio dieci, ò vndeci meli » doppo tal tempo le ritornò all'atto fuo primiero, dopò hauer mandato fuori alcuni flati. Siche il vero giudicio delia mola fi prende dopò il decimo mefe, come doppo il più longo termine, che fia (lato alìegnato al na^ feimento humano. Aggiungcfi, che quelle,che hanno la mola, fentono muouerfi non sò che nel corpo : ma di moto graue, e lecondo che fi inno» uono elle flette,e tuttauia le grauide fentono muouerfi la creatura, fe be n ette non fi muouono, e con vn moto agile, e le pare di fentire à muouere nel corpo loro vn forze, ò topo , fi come hò intefo à dire molte più volte. Onde ben ditte Hippocrace nel libro fecondo delle malattie delle donne, che la mola nen fi muoueiperche ciò s’i ntende di moto proprio,non hauédo l’anima. La detta mola,come pure dice Infletto Hipp.nel luogo citato, jpuò Ilare nel ventre due, & alle voitc quattro anni ; à che aogiunt7e Aritto* tele nel libro quarto della generatione de gli animali, al capitolo fm im a <ne può durare fino alla morte, e per confcrmarione di c iò , Nicolò Fio­ rentino Medico i i Tuoi tempi celebrato, dice d’ hauer egli veduto vna_, cionna.che venti anni portò la mola nel corpo. In fomma quando la mia sommare fi accorgerà, che le donne habbiano la mola, fubito le auiierri• à fartela cauare, perche è vn male pericoìofiifimo ; che non efsendo cu* porta la morte, dicendo Hippocrate, che fe non vfeirà il moldài corpodella Gonna, doppochehauerà partorito Ja mola vi* «eri


LIBRO

SECONDO,

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nera,ma fe ne haucri in abbondanza, al iìctiro morirà > & Alberto magno Icrifse, che per quello nelle parti Aquilonari le donne, che partorifcono la mola muoiono. La fua cura, fe la vorauno commettere al medico , ( il che io lodo,& è meglio, che commetterla alla Commare ) faprd egli come fi doueri reggere. Mà quando, ò per vergogna, ò per altro rifpctto voliano le donne, che la Commare faccia quello effetto, ella all* hora habia quello folo fine, di fare venire fuori la mola quanta prima, alche fare fi rice rcano due cofe,prima, che fi prepari la mola, accioche el la pofsa_. vlcire facilmente ; dopò fare riforgcre la virtù efpultrìce per cacciarla fuora. L’vna, e l’altra luccedefacilmente quando il corpo è purgato con modo conueniente;ma alianti, cheli venga alla purgha, li collochi la . patientein vna camera ofcura nel letto con i piedi eleuati, comeinfegna Paolo,non fi muouafe non per fare i bifogni neccfsarij del corpo, faccialefibuon animo continuamente dalla Coinmare , e ogni giorno le met­ ta vnferuitialecommune, con decotto di bieta, dimercorella,di malua, di afsari,radice di appio, e fauina, con grafso di callrato, ò di agnello;ma ir» molta quantità. Mangi cibi buoni, come carne di pollo, e oui frefchi, e beuavin bianco mediocre. Dopò che farà fiata tre, ò quattro giorni in quello modo di viuere, lefidiaper boccaquefia medicina quattro hore auantiilcibo. Piglia meza oncia di fiore di cailìa, meza oncia di elertuariolenitiuo, e fanne bocconi, ouero decotto nel brodo fenza falt.,. Dopò per fette giorni quattro horeauanti il cibo, le fi dia meza fcodella di brodo, òdi acqua, nella quale fiano bollitele infraferitte herbe_», bettoniche, maggiorana,matricaria,artemifia,mentafiro, puiegio, labinaimercorella, finocchio, appio,prefemolo, & vnpoco di zucchero:con vn tantino di zafferanno: e doppo il quarto firoppo , hauendolej fatto la fera prima, vn feruitiale nel modo fupradetto, il giorno feguente fe li caui fangue dalla vena di dentro della cauichia detta faffena; feperà non fari la patiente molto debole ,ò confummata . Dopò i fette firoppi,' lt fi dia in bocconi la feguente medicina - In bocconi dico : perche disen­ fio necessarie in efsa lefpecie dflera,e imponibile prenderle in bepauda_-. Piglia di ellcttuario Indo meza oncia: di trocifci, dimirra, aifpeciedi lera, pietra femplice di Galeno, meza dramma per forte ,■ di polpa di colloquinrida mezo fciopolo : fimefcoli tutto infieme, faccianfi bocconi co’lmel roiato loluciuo; èdianfi quattro horeauanti il cibo > òueroin luogo loro fe li dia vna dramma di pillole fetide. Dopò fi debbono adope-: rar alcune cofe atte a cacciar la mola fuori del corpo , le quali fono di più forti,cioè da pi éder per bocca,da vfarein bagni,ontioni,(uffum<gi),è peffarij.Per bocca piglia vna dramma della feguente miflura.per j.hore alian­ ti ilcibojlaqual fi cópone in quello modo. Si piglia canella fina,e di mirra vna dtàma.emeza perfortejdi ruta,di fabina,di calamento» di puiegio, df radice di rubea di tintori, di fagapeno,di oppoponaco meza dramma per fortcidi cardamomo,di leme di ginepro,di mécaftro, quattro feropoli per fortcjfi fà pellarc ogni cofa fottilmente, & poi col fugo della fauina fi fac­ cia padelle di due dràmervna,& ogni mattina fe ne può pigliare vna à di­ giuno fin che duMoo;§ dopò imaiedutanaente fi beue la feguente beuàda »,

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n8 D E L L A C O M M A R E

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Piglia radici, ò foglie di perforata, di Sabina , di mentrafto, di pulegio i di calamcnto, diartemifia, di rubea di tintori, difinochio, di dauco, di feme di rapano, vn'oncia per forte, di aceto bianco forte tre onde, di mele vna libra ; fimefcolailtutto, e fallì bollire, efchiumafi.è di quello licore caldo fe ne beuano quattro onde ; è fe quello non le piacelfe, pren­ da tré onde di fapa fatta in viu bianco con quattro fcalogne pelle,che ri­ medio vfato da Plinio nel libro vigefimoterzo deH’Hifloria n a tu ra i al ca­ pitolo fecondo. Coppo il predetto palìello, la fera tréhore auantila ce­ na fi faccia entrare la patiente nel bagno fino all’ombilico in vn vafo di le­ gno, nel quale dimori almeno per due terzi d’hora, & al più per vn’bora ^ preparili il bagno con acqua pura; nella quale fiano bollite le radici, fio­ ri , e foglia dell altea, decta maluanifchio tré pugni, di branc’orfina, di maina, di ferula campagna, vn pugno per forte di acqua pura, quanto baiti per fare il bagno; fimefcolail rutto, e fallì bollir fin che la terza»» parte fi confumi.e poi in eflo fi faccia federe la patiente, reflando tanto caldo quanto potrà fopportare, fempre tri l’ombilico, & il petenecchio tenga di quell’herbe, che nell’acqua bollirono. Dopò che farà vfeita dal bagno, e ben feiugata, fi onga co l feguence vnguento tutto il ventre, i fianchi, il peteneqchio, la natura, etrà l’vno.e l’altro fefio. Piglia di egli odi mandole dolci,vna oncia, e meza di aglio di femidilino, di graf­ fo di gallina, due onde per forte, dimoccillaginedifeme di lino, dimocillamne di;fien greco, vna oncia per forte, e tanta cer3 quanto ba­ iti; facciali vnguento atro à ta lv fo , come fi e detto. Doppo il bagno onta che farà la patiente, immediatemente le fi dia vna girelletta di quel­ le che fi diranno, le quali fi compongono in quello modo. Piglia dello fpecie del Diaciminio,delle fpecie di Diaga!anga,meza dramma per forte .* di canella fina,del calamo odorato nell'accoro de gli anifi eletti, vno fero*, polo per forte, di Temenza di ruta, di zenzero, di'Artemifia, dimarobio ,d i faluiamezo fcropolo per force ; di zucchero fino due onde; fidiftempriil zucchero con fugo di artemifia, e di perforata, òfuo decotto, quando non fi potette hauer il fugo,e poluerizando quello, che vi poluerizato, fi facciano girelle di due dramme, IVna delle quali ne prenda vna dopò l’cfser bagnata, & onta, come fi è detto. Sono anco molto lodati i profumi fatti conl’vnghia déll’Afino, particolarmente infiemecon gli al­ tri rimedi;, gioueuoli per cauare la creatura morta, che fi fono infegna. ti di fopra nel capitolo vigefimoquarto. Md il fare tenere continuamente dentro la natura della patiente quella calla fatta di bombace, ò fila foctili, detta da Medici pettario, è cola cfficaciflima, è compone nel modo fefuente. Si prende di radici di aflaro , di accoro, di ruoea di tintori > due dramme per forte ; di feme di ruta, di nigella meza dramma per forte ; di maggiorana, dinocemofcata.digarofoli, di bacche, di alloro, v n o dramma per forte di iauina vna dramma di, cafioreo, di Euforbio mezzo fcropolo per forte: fi mefcola ogni cola, e pdfafi bene facendone poluere fottiliflima.il che fattoli piglia tanto bombace,ò pezzetta fintile vecchi* quanto giudicherà conueniente la Commare,è fe nè fàcome vna taita !ongà, e grolla, quanto il dito pollice, poco più, ò poco meno,è bagnati-


L I BRO SECONDO' .

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doli nella trementina, òbutiro fi impoluera con la predetta.poluere, e mettali nella natura della donna. Onero pigliando la medefima poluere con trementina, mele cotto, ò lardo, fi facciano come cure, colettatili nella natura. E per finir quella mareria, tutti quei rimedijchc babbuino raccontati di Copra nel capitolo vigefimoquarto, per facilitare il parto*fono attillimi a quello male, & indilcrentemente fi poffono adoperare. Ma lopra ogn’altra cola auuertifca la Gommare, che la patiente fedda Tempre lopra lafeggioladel parto ( eccetto però quando per ripolarfi giacerdfopra il letto ) doue con la mano aiuti ad allargar le parti da baffo, hauendoCela onta con i graffi detti dt Copra molte volte, che Cono buoni per ageuolare il parto. Qui voglio amnCare il Lettore, chenon fi marauigli, (c nella cura della mola hò quali dottorata la mia Commare, infcgnandoli ¿dare medicine,‘perche la carità mi hi sfornatod Carlo,accadendo bene Ipeflo.che le donne non dico pec vergogna di non lafciarfi vedere da i medici :ma per; che eflì non fappiano ì loro mali ; è CpeciaU mente di quella forte,fi contentano più tollo di morire,che di chiederli aiu­ to ; e per quello hò giudicato elpediente,che le Comma­ ri fiano iftrutte di quel­ le ccfe che fono maggiormen­ te necef. Carie in tale infermiti. E balli per fine di quefto fecon­ do libro ,

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Il Fbe del SecondoLibro


DELLA COMM ARE DI S C I P I O N E M E R C V R I O . L I B R O

T E R Z O .

D e lle f e b r i, che feguono i l parto v itto fo , e d e i loro acciden ti p ropin qu i , infieme con i rim e d q .

Cap-I. ESTÀ bora, che per piena information della Com­ mare, fi tratti in queffo terzo L ib ro, conformo alla promeila fatta nei.principio del primo, di que­ gli accidenti, i quali.dopò il parto vidofo fogliono per lo più occorrere cofi alle madri, come a i figli: e che alle volte fono cofi importanti, che quando con i Tubiti, e conuenienti rimedij non fe gli fà refiffenza, apportano feco, òcerta morte, òvica più che infelice. Diuideròdunque quello difcorfo in due parti, poiché foffrendo affannine! parto illegitimo, e la crea­ tura , e la parturiente, parlerò nella prima dei mali, ch'a quefia foglio' no accadere: e nella feconda delle infirmiti, che quella poflono afflig­ g er: ma con tale fobrieti, edegli vni, edell’altre, che ne fauellarò pai torto come Empirico, che come Teorico : perche: cofi ricerca la poca_. capaciti della Gommare - E perche come mfegnaGalenoin fei cento, e piu luoghi, tutti i mali che pofsono inquietare il corpo fiumano , fi ridu­ cono a tre capi; perche fono o intemperanze di h,umori, ò folutionc di continuo, ò mala conformatione di membra, l’inremperanze fono di più lfirfl. no#* O1.?A fri» /i /lo f.1 «rUn Unr» . J _ _ i Or

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LIBRO T E R Z O .

ili

tlone del continuo poi nafee dalle ferite, piaghe, dif'iegamenti, ò rottu­ re ; eia mala confòrmatione deila fproportionata quantità de membri, quando il corpo, ò qualche membro reità troppo grande, egrofso fenza proportione, ouero nafee anco dal numero, quando il corpo haurà fei dita nella mano, ò tre gambe dal fito ; quando haurà vn braccio in mezo la pancia, e dalla figura,quando haurà alcun membro trasfigurato. Io fecuitando quello ordine di Galeno ragionerò prima de i mali, che feguono il parto vitiofo, e che corrjfpondono alle intemperanze, poi di quelli che rompono la fu pefficie, e vtilmente di quegli altri, che nella compofitione ficomprendono. E per incominciare dai primi, fi domandano intem­ peranze de gli humori quelle difugualità, ò (prcpoi rioni, che nei quat­ tro humon del corpo noftio fi ritrouano, e fono cagionate , ò dall’intem­ peranza del fegato, ò d’altro membro, ò dal modo dilordinato del viuere: imperoche quando il fangue , la colera, la flemma, eia malinconia reflano ne’ Termini loro, quanto alla qualità, e quanto alla quantità, all'horacome confederati in amicheuol pace, fanno godere al colpo vno flato felice, e tranquillo per la concordia loro detta da Greci fimerria_.. Ma quando l’vno vuole formontare, òfoprailare all’altro, ò nella quan­ tità, ò nella qualità , all’hora fi difconceita quella bella armonia,fi tur­ ba quella dolce quiete, e ne forge vn tumulto noiofò, detto pure da Gre­ ci Ametria, e da Latini Intemperanza , ò fproportione di humori, i qua­ li perciò corrompendoli caufano tante miferie àgli huomini maggiori ,e minori fecondo i tempi dell’anno, i fiti de i luoghi, i climi, e tempera­ menti de’ patienti, il modo del viucre, &anco fecondo che l’intempe­ rante fono fempie, ò doppie, & accompagnate con più pernitiofi, o più benigni humori , perche come fanno i medici , l’ intemperanza della fola qualità è più furiofa, e fubita, che non è quella, eh’ è congionta con la quantità, Onde fi come è più noioiofa in quel poco tempo, che dura, cofi è più facile da guarire .• poiché fi cura con gli alteranti folamente. Cosi anco quella con la quantità deH’ humore apporta minore-» affanno: ma è più longa da guarire. Quelle intemperanze ranco più nuocono, quando le calde occorrono ad vn giouane colerico il caldo paefe nel tempo dell’ eflaile, chehabbia vfato vini grandi, e cibi di mol­ to nutrimento con fpecierie peggio farebbe feco’l caldo iìa accoppiato il fccco. All’incoutro fé Ja intemperanza fredda farà accozzata con l’ hu* midain reggion fredda invn corpo graflo, otiofo, e ch’ abbia vfato cibigrofiì, e beuuta acqua, farà tanto più noiofa, e difficile. Hor quefle intemperanze, e difcordiedi humori fe fi faranno dentro le ve­ n e , cagioneranno le febri continue, come la colera farà la terzana con­ tinua, il fangue la continua, la flemma la quotidiana continua, eia-* •malinconia, due ótre quartane; ouero febri longhe, che durano vn-» mele. Ma fetale intemperanza faraifijò dentro le vene, e che fubitofia-. cacciata dalla virtù efpultrice j all’hora nafeono le febri intermittenti; co­ me dalla colera la terzana fempia, dalla maliconia la quartana, dalla-» flemma la quotidiani. Emù vero, che da queflimedefimi accidenti naloq n o a lte e differenze di t e t r i , c o ra e d u e te rz a n e ; h e jn it r it e o d u e , & t r c


B E L L A

5.11 c o m m a r e quartane, febri fincopali, e firnili, delle quali non elfendo capace la Cnm' mare, non ne diremo altro. Le baderà (apere, che quandogli humorifi difconcertano, fi generano le tebri, come fi è detto. Ma quando difconcorrotl ° ? ° ,fon.° precipitati à qualche membro in molta quantitá , fe J huomo fara colerico, farà la refipilla; fefanguigno, farai apode, ma, detta flemmone da Greci, fe flemmatico generará l’Edema; L i a ¡ « o S ¡? ° * Í CancroA Ma,Pet£he quefti modi di confiderà« appartengo! no alla fupcrfioe guaita, di erti nc ragioneremo più à bailo, tornandoa dire dcll'intemperanze, delle quali difeorrendo, parlerò prima di in quanto «anfano le febri.e poi de i loro accidenti,che fono due forti,cioè i?Uj 1 ProPmqu,> & alcuni altri remoti. I propinqui fono la fere, ladofilia della tefta, le vigilie, il vomito, l’impotenza, è fímili. I remoti fono i dolori della matrice , il prurito dell* i íteffa , i mefiti abbondanti, ò altri tali. Sogliono le partorienti, e pocchillimc volte partorire anco na­ turalmente fenza febre, e dopò il parto vitiofo refiar per Io piò con febri. o continue, o intermittenti fecondo gli humori, che abbondano nel corf ° J ° ir ’i j peroche alle magre, & afciutte farà famigliare la terzana, al. iffinafre ‘C a?6 f.crzailf. Per cau.fa deIla flemma ; alle carnofe la contimi a per il fangue , & alle malinconiche la quartana, è quelle febri poffonoefier doppie,o fempie fecondo che con diuerfihumorifarannoaccompagnate Hora della cura loro poco mi occorre trattar, hauendo infegnato nel ori! mo libro quanto fi deue far nelle febri delle grauide nel parto natural. É envero, ch’in quelle del parto vitiofo fi depporre maggior cura; perche la caufa loro e piu potente per il molto patimento diquefio parto; onde ricercano quei brodi più vigorofi,& il modo di viuer disegnato; ma quanIn £ f ? rer .i- C° rp?-’ .ò cauar fI fangue 1 CGSÌ » ò P °co » » meno fono riguardeuoli 1 impagholate, come le donne grauide. Solo quelle fi hád’fr Saltai ’ ChC <rran<I0 M Cff^ ri di qualfiuoglia forte fi fiano fodero cagiona* te dalla fuppreflìon delle folite purghe, il vero rimedio oltre il viuer ordia nato eprouocarle purghe.-il che fallì nel modo infegnato nel c. trmefimo primo del *. libro, & m tal cafo intrepidamente Ieficaui fangue ( quando pero non vi fia impedimento , ò per debolezza di virtù ) dai piede , e per rilpetto della tebre, e per eccitare le purghe. Auuettifca la Commare,che doppo che hanrá governato le fue impaginiate tre, ò quattro giorni, come fi e infegnato di Copra nelle febri loro, fi sforzi di prendere con(Hi0 í w o aJ;,í,e r feí C° 5 Perch® ,e «omplefiioni, e le nature delle donne(ono d£ er.fe’.chc " 10,,t.clcofe S!°Hano i mille, le quali poi vccidono altre“ nf * ; . ° ? d,e ìn taI‘ !c“ atG,c ,Ivin°> fatti ad elle feruitiali communi, & H !l humori co.n 1rbrod‘ ? e 1 S“ 31' fiano bollite herbe conuenienti íí Í m peCCaIntej cí.e fi ooHofcerà dalla natura della febre, fubitoricorw al Med,co ,che ordinerà quanto fia bifogno per la fallite delle inferme, ì i o i o l ^ " ^ ^ o e f f e M e d i c o a f i a m a n o ; /¡sforzi la Comma« di f i H e T a L n d ^ hC C|uand,0(Tfoiiero »attenute,che queflo baflerà per gua­ l a ltVm p««e 1 ° - ™ prontc>dal frequentare i brodi alterati, c » . * * ■ * » « * •<•*' * Sopra


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L I 3 K V ‘i L K Z Q . ¿tt Sopra il tutto nelle impaglioisse , che hanno la febre vii i leruitiali com.’ iftiuniogni terzo giorno, che fanno opra vtilifiìma. E gli brodi alterati conuenienti agli fiumori peccanti,come nelle terza­ ne femplici conuicne il brodo fenza falc di polio, ò Vitello nel quale fono bollito Indiuia,& acetofa,femi de meloni,& orzo. Alle terzane doppie,alle predette herbe fi aggiungono lupoli, boragini, & radici, & nelle terzane-» complicate fi adoperano brodi alterati con radici betconica, con vn poco d’aflenzo,e quello decotto gioua anco alle febri terzane lunghe,& quarta­ ne con quello auuertimcnto di aggiungerui herba ranzata detta da I>iofeeride meiifsa,agrimonia,& feorza del pomo. Con il medefimo modo potrd opporli àgli accidenti propinqui delle fe­ bri,come alla doglia della telta,al poco appettito alla vigilia,alla fece, e* limili,imperoche i feruitiali fono ottimi nella doglia della iella,fia per qua. le caufa efser fi voglia, e dopoie fard cagionata da caufa calda adopri del­ l'acqua rofa con oglio ro fato, & vn poco di aceto fopra la fronte, e l>na, e l’altra tempia.Ouero le freghi ogni (era auanci il cibo le gambe, e le brac­ cia , eie faccia tirare per Hnaft» do ppo le freghe vn poco di aceto bianco e oucro le m etta le ventofe fece he fotto le reni. Per efìinguere la fetc vfi a d qua d’orzo có agro di cedro,ò acetòfo rofato,vino de granati,latuga infufa in acqua d'orzo, marafche cèdite,e brugne cotte nell iileisa acquaio zuc­ chero,oucro tori! di latughe condite nel zucchero;come quelli,che fi fanno à Ferrara,che fono ottimi. Coli giouano i grani de i pomi granati brufehi* dolci,ò di mezo fapore,e la diate quei pomctti rolli detti LazaroIi.AI non potere dormire fono molto vtili i bagni fatti alle gambe,& alle braccia auanti cena con acqua calda,nella quale fiano bollite foglie,rami di falci,vi. ti,canne, e carnami Ila,radici di mandragora, capi di papauero bianco fen­ za feme,e dopò cena fi vogano alla paticnte le nari ,le tempiere palme del­ le mani,c le piante dei piedi con ogli o violato di falci,nel quale fiano podi due grani d’ oppio, e quattro di zafferano, aggiungendoui vn poco di vnguento populeon. Ouero le il dia doppo cena per meza fiora vna meza on­ cia diDiacodion femplice fatto in girelle.oueropuredopòcenaduecime di lattughe cotte in brodo, facendole bere anco il brodo, ouero vn’hora doppo cena le fi dia vna dramma diTheriaca: ma pelò quella con faputa del medico. Quanto alla innapetenza, & al vomito non diremo altro per­ che li fono pofto i rimedijal capitolo decimonono del primo libro quando fi trateauadella cura delle donne graujdc •


n4 B E L L A C O M M A R E D elie cagioni del dolore della Matrice% e de* rimedi] di quella .

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Cap.il.

I è detto poco fi,che gli accadenti dell'intemperàftzàfo} no di due forti ; alcuni propinqui, de i quali nel pafsato capitolo fi hà difeorfo ; altri remoti come dolori, ò pru­ rito di matrice; flufso di fatiguedettomeftruiabbondan­ ti , e fimil j, i quali domando io remoti; perche non cofi prefio feguitano doppo le febri, come fanno gli altri fopranominati : ma tal volta fiaranno fei otto, e più giorni i comparire. Però diciafcheduno dirò quel tantoché io giudicherò baftaJ re all’iftrutione della Commarc,accioche in ogni occorrenza pofsa porge­ re aiuto alle fue impagliolate. II dolore della matrice è pafiìone crudeJiffima, la quale fegue alle volte la febre cagionata dalla calidità de gli hutnori corrotti,ò dalla intemperanza di eflì,ouero non vi efsendo,la produ­ ce quando il dolore è nato dal molto patimento del parto, ò dalle purhgc ritenute,le quali gófiando le vene della matrice: apportano affanno infopportabile, onde bifogna rimediarui fubito, proceda egli per qual fi fia ca­ gione. E prima fi prouederi alla caufa della febre,la quale come troppo ar­ dente,dando il iangueferuidoalle vene della matrice,fe fia regolato il mo­ do del viuere,& alterati gli humori,che quello c il proprio rimedio, e par­ ticolarmente con l’vfo dell'orzata per molti giorni,con fugo di limoni,e di aranci. Oltre di ciò gioua molto foglio di viole rofato per vngere il luogo doue rifiede la matrice, cioè tri l’ombilico, & il petenecchio tra l'vno * e l’altro fefso,e tri le reni,ouero l’vnguento rofato di Mefue.con latte fiuma­ no, ò il latte della donna con acqua rofata,e chiara d’ouo ne i predetti luo­ ghi fa effetto notabile,e buono anco peri poueri,che Tempre non pofsono mandare alle fp^ziarie,il decotto dell’orzo,malua,madre di viole,lattuche, e folatro,ne’quali fi bagnano pezze, e fi pongono Copra le reni, ombilico, peterfecchip. Giouano anco non poco in tale cafo alcuni fughi fchizzati nella natura della donna,come il decotto della radice di maluauifchia con orzo, & vn poco fi fien greco; ouero il decotto di capi di papauero bianco con alcuni fiori di viole,& vn poco di malua. Maquando il dolore è caufato dalle purghe ritenute,all’hora la cura principale è il procurarle,come fi è infegnato nel capitolo j i.del fecondo libro, ouero quando fofse ecceflìuo,è continuo,perche quando non vi fi rimedia prcfto.fuole vccidere fiat, tenta mentre fi prouocano le purghe,al dolore con gli anodini.e fi frequétino i ferùitiali fatti con gli ogli di viole gialle,di ruta,di feme di lino,i qua. li fi polsono anco infondere nella natura della donna, acciò vadano im­ mediatamente a trouare la matrice, cquefio fi fari con alcuni fchizzetti fatti per tale affetto, ò con bombacc bagnato ne gli ogli predetti. Gioua anco fopra modo foglio di bóbaci, il quale io foglio comporre con oglidr carnai


fcanaamilla, e con vin bianco in quello modo. Pigliami Tei oncie di oel/o di camamilla 5 tre oncie di lumbrici lauar i in vin bianco,due oncie di buon vin bianco, e non di maluafia per rifpetto della Tua concia: e poi fi fi bollire ogni cofa inficme fin che i vermi fiano disiati, i quali doppo fi ca uano, eli fanno leccare in tegame di terra, e fi l'anno in poluere, la quale fi metta neH’oglio predetto, facendo bollire tanto, che gettandone vn a gocciola fopra il fuoco non faccia ftrepito. Quello oglio caldo è mirabile per mitigare il dolore in ogni parte neruola, ma principalmente nella Ma. trice. Giouano anco 1 graffi di gallina, di anitra, di becco, conlemo cillagini del fiengreco, e difemedi lino , appi icari coli di fuori, come di dentro: e coli anco 1 fomenti fatti con gli predetti ogli caldi, e polli in vna vellica, laquale fia tenuta dalla patiente fr i l’ombilico, &ilpette necchio . Ma quando i niuno dei predetti rimedij cedeffe Portinaio dolo"' re, all'hora in cafo tale di neccfliti fi adopri vn poco diTheriaca e da' tale per bocca vn’hora auanti il palio, ò dilloluta in oglio di lumbrici ' portale nella natura. M i non fi vfino quelli rimedij fatti con oppio *l> „ non per neceflìtd grande, comeinfegna Galeno nel libro duodecimo del Mettodo,al capitolo fecondo. E fonuno rimedio anco il bagno dell’oelio commune caldo, nel quale fiano bollite malue, mainai, ifchio fien -reco capi di papauero bianco, cammamila, di Cerne di Tambuco, e difeme di Lino, facendo rtarimmerfa la patiente nel detto oglio fino adorabili«* per rn hora ; doppo il bagno ponendole vna pezza onta di Theriaca é di triferamagnatral ombilico, & ilpetenecchio, febene come hòdetto, ebene non vfare quelli rimedi; fe non in cafo di diremo bif0-no ; perché ancor che 1 medicamenti, ne’quali entra l'oppio, pare cheg” o.iino miti­ gando il dolore; nondimeno fanno peggio, che meglio: perche ieuano ildolorrendendohparce flupida, c pnua di fenfo, la qual per ¿a ffe tto s indebolisce, e lì fa pm atta a riceuere le fluffioni. V ltim Lente, feU dolor della matrice, fard cagionato dal troppo patimento, che ha fati to nel parto vitiofo , fi conforti con gli ogli di mandole dolci, e con viti bianco grande, ch'è »1 proprio fuo rimedio ; il che fallì fchizzando° dece" 1 co,r.‘ ^ nrtro Ia «matrice con gli fchizzecti atti a'ciò far, ouero applica,1dog„ d, fuori trà l’ombilico, & il pettenecchio conVnaS h E . de. Gioua anco il decotto di maluauiichio, di malue, dicammamilla d, fico greco fatto con acqua, ev,n bianco; ongendo doppo tutTort cor’ poconoghotofato di cammamilla, edi lumbrici fa tto fL n d o la m .a ordjnatione, e con butiro frefeo, e finalmente fi faccia vn tale profumo n, r X tnCe|* cluaIe1i:c!mP °fe Troctula MedicoEccellentifiìmo, <fhefùTc° nuto hauer 1 vno, e 1 altro leffo, e perciò era chiamato il maeflro dei par­ t i, cioè in quello modo. Piglia di llorace, diincenfo, dicalamento di feme di appio vna dramma per forte, fi mefcolail tutto, e faffi polueré il quale lì metta fopra le bragie tri le gambe della patiente llando ella coner. ta con vn lenzuolo, accio il fumo penetra nella natura j e fi replica due ò tre volte il giorno, finche fi Tenta qualche giouamenté . Aukcnna nd*jÌ bro terzo, alla parte vigefimaprima al capitolo trigefimoottauo del fecon­ do trattato,leda fopra naodo il fare federe la patiente nell’acqua calda onl P

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gendola dopò con oglio violato dolce,e tepido. Ma quando quel dolore è cagionato da flati,ò ventofita(il che ficonofce dal rugito,òbrontolamentoTche fi fente nel corpo)all’ bora vi fi rimedia con ontioni,fomenti, & rnguenti,che lo mitigano,e rifoluono i termini predetti. Però la Commaro adopri Toglie di mandole dolci caldo applicandolo con la lana (uccida, e quando per tale vntione non reftaflero, fard bene dare alla patiente per bocca meza dramma di Theriaca, e meza di crifera magna, facendole bere dopò due dita di vino , nel quale fiano bollite due cime di artemifia, & al­ trettanta nutricala. Ma quando il dolore aft'liggeffe le parti vergognofe(il che iuole fpeflo accadere ) fi faccia vn fomento con le fpongie a i detti luo­ ghi con il decotto fe guen te caldo, Piglia di pulegio, di foglie di alloro,di ruta,di artemifia,di abrotano vn pugno per forte,e tanto vln bianco gran­ de quanto baiti coprirle; fi facciano bollire fin che fi confumi la quarta parte, e poi bagnando le fponghie in quefto decotto fi fomentino le parti vergognofe, e dopò vnganfi le medefime con oglio di mandole amare, e de camamilla. Gioua anco molto il decotto fatto con fiori di camamilla,& Temenza di lino bolita nel vino , e con detto vino fomentando le parti do­ lenti - Altrettanto,e più fia vtile il dare alla patiente due grani di mufchio nella maUiafia da bere, ma per le pouere batterà pigliare vna cipolla bian­ ca , e farla cuocere forco la cenerà ; e dopò cotta peftarla con due onde di butiro, con la quale fi faccia come vn empiallro, e fi ponga fopra le parti vergognoie.Ma fe quefti dolori moleitaffero la patiente nella fchiena.e par­ ticolarmente ne i lombi,e nelle fpallc;all hora prendali di camamilla,e di abrotano due pugni per forte;di altenzo vn pugno; di artemifia tre pugni;di noce mofeata meza oncia;di canella due dram­ me; di acqua ccramune libre dieci;fi faccia bollire ogni cofa.fin che fi confumi la meta,e poi con le fponghe fi fomentino i luoghi,e che dogli ono;e dopò i fomenti fi pigli di oglio di fpica meza onc. di oglio di giglio bianco vna oncia di noce mofeata polucrizata due dramme; fi mefcoli, fi faccia oncione,&adoprifiper ongere »luoghi fomenta^ ti.


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LIBRO TERZO.

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Del Trarito dilla Matrice, e fuoi rimedij. Cap. III. Ogliono bene fpeflò,per i dolor? patiti nel parto vitiofo , e perla difficolti deliziata della creatura , mal fiutata » e per dcontinuomaneggiare della Commare, talmente fdegnarfi le Parti della natura,che concorrendoui molto fangue,fi generano molti mali. Imperochefe il fan sue fari colerico, òdi altra quali ti .cagionerà quella folli­ none del continuo, che li dirà più à baffo; m afefari falfo con vn pocodi colera fottile, produrrà vn’effetro detto prurito, ò ca­ lore notabile, il quale none altro, che vn faffidiofo ardore con vn conti­ nuo defiderio di gettarli, che non folo non feffa dopò l’efferfi grattato ; malafcia il defiderio più che mai accefo con molto dolore. Caufa di que­ llo male non è altro, che l’humore falfo, ò colerico generato nel fegato dal molto calore di effo, ò dal difordinato modo del viuere , e che è corfo coli per molta agitatone fatta in quei luoghi per tempo dei parto vitiofo. Ifegni di quello fi comprendono dalle parole dell'inferma ; e Però fi dee pretto rimediare? perche potrebbe fàcilmente terminare in piaghe, ò fi­ ttole, lafuacuradouerebbe hauere due capi, 1 'vno di preparare, e d i purgare l’humor peccanceie l 'altro di mitigare quell’ardore rabbiofo.che infetta le parte della natura, coni medicamenti locali. Manon fianeceffaria tanta efquifitezza : perche io tratto di quello male in quanto fi troua nelle impa|liolate , le quali ò haranno le purghe, ò n ò . Seleharranno , il mal può far pochiffimo prugrefl'o, francando per quella viala natura anco quei falfi.e colerici humon.che dauano noia;e folo cól’vfare l’acqua rofa in chiara d'ouo ben sbattuta, & applicata alle parci con pezze fi gua­ rirà tal effetto: onero adoprando nel modo medefino il decotto di malue ,ed i viole con orzo. Ma fe non haranno le purghe , all’hora tutta lacuraèriuoltaal prouocarle, & il modo fi einfegnato nel capitolo trentefimoprimo del fecondo libro, perche apprendofi quelle , purgheranno anco quello altro Immote; & inquarto mezo eflendo il prouocare le pur­ ghe alle volte difficile,e lungo, fi dee attendere ad alterare gli humori, con vn buon modo di viuer freddo,& humido.vrando carne di polli come mol­ to temperate, lattughe,accettofa,malue, orzo cotto in brodo con pochinimo iale» Nuocono lefpeciane,i formaggi vecchi, i Talami, i vini grandi, . l’andar in co lera,& in luogo del vino fi vii vn poco di acqua tepida auanti palio, perche dice Aetio, ch’effa fola bada à contemperare l’acrimonia.., dell'humor falfo. Tutte le infalate crude fono fofpecce, & anco le cotte non fono molto buone,per rifpecto deU'ogiio,& del fale.Quando la donna ufará quefto modo di viuere, vfi anco i brodi alterati con le fudette herba la mattina in luogo di firoppi, & in ogni giorno le faccia vn ieruitial comP a mune


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DELLA

COMMARE

nume fe però non anderd del corpo. I! cauarlefangue dalla vena del bràc­ ci cadetta del fegatCjfar; bbe fingolurc rimedioima perche fi attende d pròuocare le purghe, lequalhfimuouono facilmente col cauare (angue dal piede,come fi è detto,ballerà cauarlo in quel modo, fi. per eccitare le pur­ ghe, fiancoperrinfrefcare il corpo.acciòquel calore fi rimetta. Dopò la prcparationc di quelli humori fallì, c caldi, bilognarcbbe purgarli, ma ciò non fi deue fare in quello : perche le impaginiate non fi debbono pur­ g arci particolarmente fe corrono le purghe loro. Ma però quando non correderò, fi potrebbe darle quattro fcropoli di riobarbaro pedo beniflì*no,quando il calore folle ecceduto, in brodo, ò in vino, fenon haran. no febre,e fe il pettito ò ardore fara maggiore ; le fi diano quattro (cropoli di agarico preparato, con mera oncia di manna fatta in bocconi ; ouero l ’iftdlo agarico con tre onde di mele rofato folutiuo diffoluco, con acqua di endiuia. Vfi anco la patiente per quattro, ò cinque mattine vn’ bora.* atlanti il cibo di pigliare vn’oncia di zucchero, con fiori di radicchio, ò rofato, beuendoui dopò due dica d’acqua d'endiuia, ouero prenda il fero del latte per molti giorni. Fatto ciò fi polfono adoperare ficuramentei medicamenti locali der ellinguere l’ardore prurito delle parti offele. Auicenna loda fino al Cielo quello empiaftro. Piglia delle foglie di lattuga,di piantagine,edi menta fe 1 foglie perejafeheduna, di léte feorticate vn’onc. di feorze di granati mezo pugno,fi mefcola il tutto,e fallì bollire in vino bianco picciolo, ecoliafi, equeilacolaturafiadopraòperlauare le parti oftefe, ò per bagnare le pezze per tenerle fopra di quelle,e quello rimedio è ottimo nel prurito g ran d e^ . Ma quando foffe maggiore il calore, ò brufore del prurito, all’hora piglia di acqua rofa quattro onde,di polpa di tamarin di meza oncia, di fiori di viole vn pugno, di orzo meza oncia, mefcola, e fi bol­ lire» e lana fpelfo la parte offefa. Gioua anco il latte mefehiato ,con acqua ro­ fa , ebagnando fpeffo quei luo­ ghi, cheoccu­ pa il ma-


LIBRO TERZO. D ei mefruì abbondanti, delfurore della Matrice, e del latte * che cofa f a , come.fi faccia 0 *a chefine fa generato. Cap. IV. l'lOcíTa intemperanza calda produce anco ì melimi foprabondanti: imperoche accrefciuta oltre il douere nelleia» tiche del parto vitiofo, acuifce talmente il fangue, che rendendolo foteile, e acre, come fottile, fdrucciola dalle vene, & efee più di quello, che farebbe di bifogno ; ò come acre, rodendole bocche delle vene, fà l’ef­ fetto medefimo -Ma perche nel fecondo libro al capitolo trentadue fi è á balláza infegnato il modo di raffrenare l’impero delle pur­ ghe foprabondanti, vada la Commare in tal cafo à leggere il predetto ca­ pitolo, che colà trouerài rimedi) conuenienti à quettomale. Peggiore, accidente è quello, ch’d chiamato da i Medici furore della Matrice, & ch’è prodotto fimilmcnte dallailtella temperanza calda, nè altro è , chevn_. sfrenato defiderio di Venere. Sfrenato io dico : perche molte donne fpente da cota! rabbia, fi fono impiccate,come fi legge apprefio Plutarco delle dònedi Mileto,molti affermano,che in Lione di trancia fi fono (petto vide donne,che fi fono affogate nel Rodone. Efe bene molti hàno creduto, che ciò ven^a dall’aere,come il Mileto,ò dalle ftellc, e come è il Lione ; alcuni però più faggi Filofofi hanno detto, che ciò fía accaduto per qnefto eífet-í to , che è chiamato furore della matrice . Ma perche non fi può trattare di quefta materia con quella honefii,che fi conuiene ; e perche non mio iropofitoparlare fe non di quei maliche feguitano il parto , lafcierò tale oggetto da patte,&paflerò ad alcun altro più honcfto,e più vtile. Solodirò in tal cafo fi debbono vfir due rimedi),il primo fpiriruale, il fecondo naturale,!! primo cófeflaifi,e communicarfi fpeflo,portar reliquie addoflo, digiunar in pane, 8c acqua, & dar picche fi può in compagnia di perfone fpirituali,legger le vite delle vergini,particolarméte quei le di San­ ta Caterina da Siena,S.frà tutte ¡’altre mirabiliffima, la cui vita letta còpie tà è ballante d frenare qualunque pafiìone humana,il vofiro rimedio , & il beuere vini piccioli,mangiar lattiche crude, frutti, carne di manzo, lafciac Je fpecie, carne di polli, vitella, e pernici, Se in ogni viuanda vfar il feme dì agno callo poluerizato.non dormir fopra le pliyne,& in lomma vfar quelli (rimedi),che habbiamo infegnato nel capitoloTccondo di quefio libro. Tratterò dunque adeffo del mancamento del latte nella impagliolatà, e particolarmente in quella, che vuole notrire col proprio latte il ìlio figli- 4 nolo fi come donerebbe volere ogni madre pia,e lodeüole» Quello manca­ mento farebbe ancor egli da lla intéperan2a calda,e fecea del fangue, della donna,ch’è cagione,© dai molto patiméto del petto, ò dal proprio tempeK u n en to« o dal difordinato m o d o del r iu c r e , ò da altra caula citeriore »

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M i pei che non (ì può ragionare del mancamento , fenonfi ragiona anco dall’abbondanza di effo, e effendo e l’vno, c l’altro diffetco,tratterò prima del mancamento, poi dell’abbondanza. Haueua gii determinato diluci­ dare quella materia nel primo libro,e nel capitolo delia balia,come inluo* f o più proprio: ma hauende poi peofato , che il mancamento, e l’abondanza del late fono mali, e difetti, e ch’io intendo di trattare in que'ilo terzo libro delle infermiti delle donne, e de i fanciulli »hò riportato il prtfente difeorfo in quello Juogo.Hora douendo 10 parlare del latte, fari cofa molto curiofa da fapere che cofa egli fia,come fi generi,& à che fin o fia generato, le quali tutte cofe tratta cofi bene Ariilotile nel libro quarto della generatione de gli animali, al capitolo ottauo, che mi e parfo conueniente dirne anch’io alcuna cofa breuemenre per informatione della Com­ mare. Dice dunque Aritlot. nel luogo predetto,che il latte è fangue fouerchio mutato, Se imbiancato. E fouerchio: perche auanza il nutrimento del corpo, ma è fangue : perche Hippocrate , e Gallenohan detto in mol­ ti luoghi , cheli lattenafcedal {angue; anzi Hippocrate nel libro fecon­ do de gli Epidemici lochiamo fratello del fangue meilruo , e Galeno nel lib.i4.dell’vfo delle parti diflc,che il latte fi genera dal fangue meilruo; & io nel primo libro affermai,ragionando de’meilrui,che quel fangue, che andaua alla Matrice per nutrire lacreacura,e condotto per altra Urada alle «lammelcdoppo ch’è nacadiuenta latte.Ma qui nafee vn dubio ; fe è vero come è veriflìmo che il latte fi faccia dal fangue meilruo, potrafi dubitare, fe fi faridal buono,ò dal cactiuo;impcrochedi fopra fi è detto che nel fan­ gue meilruo vi è del buono>e del catiuo ,Hippoc.ncl libro della natura del Tetco,e nel primo delle malattie delle donne dice, che il latte fi fa di fangue puriffimo.e dolciflìmo,il che anco conferma Arinotele nel fopradetto luo. go , onde s’intende farli della parte migliore de i meilrui. Ma il fapere co­ me fi generi , non ècufifacile;pofciache hauendo letto Hippocrate nei luoghi fopranorriinati,che il latte c (angue concotto ; dice nondimeno nel quarto Aforifmodel quinto libro che il fangue è più caldodel latte ; onde fi può dubitare, fe il latte è fangue concocco, come polla efiermen-. caldodel fangue.Mafe l’iilefo latte dtuencabianco nelle màmelle per ilcalor naturale,eflédo prima fangue,come reitera men caldo.Però fi deucauuenirc,che il (angue meilruo, cioè la migliore parte di lui è veramente ma­ teria del lette. Dico la migliore parte »cioè quella» che non folo è più pu­ ra , più dolce, e più graia , ma anco mediocremente concotta, c o r n o fanguc.Dico mediocremente >non cheperciòfia fangue ben cotto : m i mediocremente cioè che non fia cotto più del douere,& in grado ecceduto Queiloiangue cofi concotto è mandato alle màmelle per le veneaciòdeftinate,oue giunto, col mezo d’vn altra cottione diueta latte per beneficio delle mammelleja qual coteione non aggiuge calore al latte; ma purifica- . * t ione,imperodie ,fc gli aggrangcife calore, farebbe al ficuro più caldo del fanguenna perche tale còcòcione ad altro nò attende,che ¿purificarlo più di quei,ch’era, e quali a lambiccarla perle Iponghe delle mammelle, per quella caufa fe il fangue , che h i da farli latte, e in qualche parte acro , ó troppo caldo, coli diftilandofi fi c o n te m p c ra eoa rimanditi delle mam­ m elle -


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m SRO TERZO,

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jnelleife è troppo fpeflo.ò vifcofo.fi afsotiglia,fe hd parte alcuna difeguale all’altrc parti compofte di emartro qualitd diuerfe, fi agguaglia, e faflì vna cofa vniforme cèfi nelle quali td(per quanto però può fare la natura,)come nella foflanza, & in cotale guifa il latte fi genera di fanguc cotto, cioè me­ diocremente concotto, efattolatte reitàmen caldo del fangue, cioè di quello, ch'è ioniamente cotto. Ma vorrà iapere la Commare.- perchcla natura fece tanta manifattura nel tralmutare il fangue in latte ? Non poteuacofipafcere la creatura di fan guedoppo, ch'ènata, fi come fecenei ventre auanti, che nafcefse ? Rifpondo di si, che ciò poteua fare, ma cf. fendo ella iilromento del Diuino volere,il quale procede Tempre con fom. ma fapienza, come la creatura non ancora nata,e più imperfetta della nata polì volfe doppo nata procurarle cibo più perfetto di quello, ch’vfaua-, auanti nafcefse, e perciò le prouide del latte più perfetto del fangue, poi­ ché è purificato, e quali lambicato, cofa che non era nel ventre materno. Oltre che fc fi pafcefse di fangue, farebbe cofa horrenda, & anco il fanguà concotto à perfettione douendo entrare nello ftomaco, e nel fegato, fiar. rofiirebbe perqueile due altre cottioni, efsendo prima a fufficienza con­ cotto, onde per quello difetto la creatura non fi potrebbe nutrire. D* che fi caua quello, che nel terzo luogo promeifi di cercare, cioè, ch’il latte fìa prodotto dalla natura ¿quello afferro , folo di nutrire il fanciullo in^ quella età tenera, nella quale efsendo priuo di denti non può di altro cf* fer nutrito. Quello poi acciocheben nutrifea, decefserdolciffimo fenzafetore, e di mediocre confidenza; cioè nc troppo fpefso, ne troppo liquido, quanto alla qualità, maquanto alla., quantità ogni volta, che il latte è poco, ò troppo, è mal fano, e nuoce grandemente alla creatura, non ballando il poco à foftentarla , 8c apportandole il molto , quelle infer­ mità, che più àbafso fi diranno, ' ’ Hora ragioneremo noi pri­ ma del fuo mancamen­ to , e poi dell’ab­ bondan­

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COMMARE

Del mancamento del latte , e delle caufi, rimedi] di quello.

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Cap. V.

Anca il latte per molte cagioni, come per debolezza delta virtù attratrice delle mammelle, fecondo Auicenna, ò per la llretezza delle vene loro, ò perl'opilatione dell' i fleffe, ò per la grau idanza delle lattanti, o per il fangue vitiofo, il quale iia rifcaldato, e fatto tale, ò da febri, ò da fatiche, e dolori di parto, che confumando il calore quella parte di fangue,che doueua farfi latte Io fa maca­ re. E come io non voglio come hò più volte detto,trattare fe non di quei tnalìchefeguirannoil parto, ragionerò del mancamento del latte nafcente dall’intemperanza calda, fecca, de gli humori cagionati da'dolori, ò dalle febri del parto vitiofo. Quella caufa fi conofcerà da fuoi fegni : impcroche quando la patientc dica di hauere patito grandemente nel parto,, quando ella habbia hauuto gran febre, quando ila pallida, e negra nel volto, òfenta gran dolore nel corpo, all'horafi può fofpettare guitta-1 mente, che l’intemperanza de gli hnmori colerici habbia fatto mancare.* illarte. Ciò poi fi conofce nafcere da efiruttione per l’habito di tutto il corpo oppilato, òperlapicciolezza delle mammelle quando proceda-, dalla ftrettezza degli ilìromenti. A quello mancamento èforza rimedia­ re fubito : poiché non lolo nuoce alle creature tettare priue del douuto ci­ bo, md apporta alle donne infermità notabile, come febri Ionghe, opilationi, c fintili. Si rimedia però con hauere rocchio, & raffrenare, Se al­ terare rintemperiecalda, e fecca come caufa di quello male, Scadvfare alcune cofe, che generano il latte. L'intemperanza fi raffrena, con il mo­ do del viuere, e con i medicamenti alteranti, e purganti, & il latte fi prouoca con alcune cofe prefe per bocca, e con alcune altre applicate di fuori alle mammelle. Dirò prima de gli vni, e poi de gli altri; onde dirò anco, che quanto al modo del viuere, e più che neceffario, chelaCommarc_,* in ciò fi affatichi : perche fe in ogni male, è neceffario, in quello è neceffarijfimo. E perche ragioniamo hora del mancamento del latte, che nafee dall’intemperanza de gli humori caldi, efccchi, il modo del viuere d e o efferccontrario ¿quelle qualità, & deueefferefreddo, &humido, ma temperamente. Sia dunque tale, ò fi faccia tale con ogni indultria get­ tando per le itanze, acqua, aceto, foglie di canne, di viti, di falci, ò fimili. Il fono della donna fia lungo più del folito.- perche i 1veggiare diffecca il corpo . L’efercitio nuoce fopramodo qualunque fia, come anco l’vfo di Veneree doppiamente cacciuo, fi perche può prouocare i mellrui, \ i quali diflcccano il latte; fi perche può cagionare la grauidanza.che rouina affatto la fperanza di produrre il latte • il cauare fangue ancora è mezo potentiflirao da eftingticrlo,pcròfe nc attenga nelle lattanti - Il cibo effer«) dee


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L 4 B RO T E R Z O .

dcetnodcrato : ma di buona foftanza,coms di poli,di caponi, di pernici, di eccelli,di vitello,e di fimilibuone carni, le quali fono migliori alede, cho arroile. Tra i cibi, che facilmente generano molto latte, è quello, che fi f i di farina di rifo,latte di pecora,mandole dolci feorzate, di zucchero, di polpa di capone- Per le pouere donne batterà il latte,è la farina di rifo cot­ to in modo di polenta. Il butiro è anco ottimo à tale effetto, come anco forzata. Il vino non fia grande, nedi fodanza grofla:ma mediocre,e fottilebianco, & amabile alquanto, non dolce, perche Ariftotile dice nel libro del fonno,e della vigilia, che vin grande negro nuoce più, che molto, alle lattanti. Le carni,& i pefei falati non fono à propofìto artolutamente parlando ; fi per edere caldi,che perciò conuengono con la caufa del male* fi perche il ialc fi come diffecca le carni falate,còli diflecca quelli,che tropp o l’vfano. Tuttauia poiché MofchioneMedicoantichiifimo,e quafitut­ ti gli altri Medici antichi lodano cofe falate per produrre il latte, dirò, cho fi poffono vfare folo per incitare l’appettito,acciò con più baldanza fi magi.efi beua per l’incitamento loro; il cheperaccidétcpuò generare il latte in quanto il corpo meglio fi nutrifee. Si procuri il beneficio del corpo ogni giorno, òcon feruitialifatti in brodo,e di herbe,chefoluono,ouerocon cure. Si vfi particolarmente di bere la fera dopò cena vna fcodelladi latte, fattodifemedi Melone con zucchero, il quale non folo fard dormire, ma produrà il latte in abbondanza.Quando vi fia gran necertkà diali alla don­ na fera,e mattina vna mineftra fatta di mandole, peftacchi, e pignoli petti diftemperati con brodo di caponi, nel quale fiano bollite borogìni,eendiuia,e femi di melone.Ordinata che hauerà quella dieta la Commare, potrà fuo honore confegliarfi col Medico,effendo officio fuo di purgare,e di da­ re medicine : poiché egli faprà prendere l‘occafione del tempo, conoscerà la natura della paciente, e darle quella quantità de’niedicaméti,che giudi­ cherà. neceffaria.Màpure quando,ò non vi forte commoditi di Medico, ò che per degni rifpetti non vi voleffe adoperare l’opra fua,in tale cafo fi fet* uirà de i mici auuertimenti. Se dunque la caufa del male fard l’intemperan­ za calda,e fece» do gli humori,queilaairhora fi contempri con l’alterare, e purgare detti humori. Farti ciò commodaméte con l’vfo de brodi altera­ ti con lattuga,acetofa, endiuia, cicorca, IupoIi,& orzo, i quali più g i o i ­ ranno fenzacomparatione; feprima di erti la paticntc prenderà vnvncia di fiore di cartìa con due dramme di elettuario,di fugo di roie,facendo l’occafione di zucchero,ouero quando ella forte molto delicata, potrà prédere feidrammedellofleflofioredicaliia, &vnadrammadi cletruario rofato di Mefue con vn poco di anefi portati coli in bocconi, come in brodo. E poiché haurà prefo cinque mattine i detti brodi alterati, allhora le fi dia tre oneie di firopo rofato folutiuo,ò di manna eletta, & quattro fcropoli di reubarbaro infido in acqua di in occh io, diflemperando ogni cofa con Ja medefima infufione -• Quando mò la paciente folle debole, ò delicata, fe Jé dia vn’oncia, e meza di firoppo rofato iolutiuo, e meza di manna, e due* * fcropoli di reubarbaro infufo,come di fopra.Fatto ciò fi potrà séza rifpet-^ to alcuno tirare il latte alle mammelle, e con alcune cofe per bocca, e costi piarne cofe ap p lica te d i fuori; per bocca U donna piglierà il fegucn te bro­ do


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d e l l a commare

do fei , Olierò otto mattine > il quale fuole prouocare il latte mirai bilmente. Si prenda di feme di fenocchio dolce , di feme di porro, di ruchetta , detta in quefti paefi ruceóla, due dramme per fo rc o ; di feorze di noce mofcaca detta macis vna dramma, di foglie di mai­ na dicce pugni : tutte quede cofe fi facciano bollire in brodo di pollo, ò vitello fenza fale, del quale ne piali la donna ogni matti­ na quattro hore auanti il cibo per otto giorni. Con il medefimofi pofl'ono lauare le mammelle, che gioua grandemente. E buono anco per quello affetto il brodo di pollo, nel quale fíano bolliti femi di rape , e di porro , e coli il prefemolo portato fopra le mammelle, e la pietra Agata portata al collo. Di grande vtilitd , e parimente il bagno fatto alle mammelle di acqua faifa , conmaluauifchio, Con citifo, con feme di finocchio, rucchctta, e rape, il quale fi ( ì con le fponghe bagnate in elio ben caldo; fi come anco gioua molto il feguente ellettuario, pigliandone vna , ò due dramme , due hore^j auanti'il cibo, e la mattina , e la fera il quale fi compone in quello modo. Piglia di mandole dolci monde , di pignoli, di peftachi, me­ la oncia per forte; di feme di rape, di feme di rucchetca vna dram­ ma per forte, fi mefcoliogni cofa, e fi pelli bene, e con tanto me­ le fchiumato, quanto b alli, fi faccia l'ellettuario . Le pellinache, ò il fuofeme mangiato genera il latte nobilmente , come anco fi il fe­ me di finocchio, ò la lua radice cotta nel brodo della cicerchia. Ma 3 ueIlo, che marauigliofo fi fcuopre ne'lombrici terreftriè, che vna., ramma di eilì poluerizati, e beuuta in acqua d'orzo,‘'quali fubito fà tornare il latte , & io hò vfato dare si vna dramma alle volte di detta poiuere, ma in luoco di acqua di orzo , hò dato tré onde di acqua di lumbrici deilillata per lambico, & hà fatto mirabile affetto. Qpelte cofe perche fono flomacofe da prendere, la Commare le darà »Ile patienti fenza dirle, che cofa fiano . Ma le pouere »fino la lat­ tuga cotta, a tutto pallo, o acqua cotta, col feme di lattuga, che produce il latte fopra ogni humana credenza. Adopri anco per que­ llo la mia Commare le ventofe fecche, cioè non cagliate, e fatto le mammelle, le quali mirabilmente colà tirano il fangue .• e dopo hauerle leuate , freghi bene le mammelle con le mani palpandole nota­ bilmente, e ilropicciandole con vin bianco caldo , nel quale fía bol­ lito vn poco di menta, di rofe, e di viole ; c doppo tale ateiono loaffiughi, litio onga immediatamente con ogliodi giglio bianco; nel quale fia vn poco di mufehio, e di laudano pello. VItimamente nel mancamento del latte, vfi la Commare dare alle Donne due volte il giorno, due dramme della feguente polucre in vin bianco dolce, cha vedrà effetto notabile . Piglia di criflalio due dramme ; di feme di aneli, di feme di aneto, di marrubio meza dramma per forte ; fac7 ti-afi poiuere foctiliffima, c diali come di fopra. Auuertendoperò, che -v quando la pariente haueffe granfebre, ògrandiflimo calor, quelli riJ medi), ch’eccitano il latte, fi adoprino in poca quantità: perche cflendo caldi n u o co n o molto a ll’in te m p e r ie . Quello modo dj gouemarfi nella


V I B R O T E R Z O . ij*

intemperanza calda può effcre regola nella freda,& humida, laquale_i anch’ ella può cagionare il mancamento del latte, sì per la lua fredezza^, che non generafle fange a balìanza,sì anco pere he generafle fangue gtofo, perche opilafl'ele vene, perle quali deue il latte pagare. Ma perche que­ llo accidente perche, ò rare volte interuiene dopò il parto vitiofo, ne ra­ gionerò breueméce,dirò,che daH’efempio della intemperanza calda fi può eauare il modo di,reggerli nella f'reddajma con fine contrario; impero che come nella calda bifogna raffreddar, coli nella fredda bifogna rifcaldare. Si vfi dunque il modo del viuere, elepurghe, che fi diranno nel capitolo ottano, doue fi parlerà della cura, del latte congelato nelle mammelle. Ma fi auuertifca,chequàdoil difetto del latte derina dalla fredda intemperan­ za ¡airiiorafi poffono adoperare ficuramentcimedicamenti,chelqpro­ ducono, perche come caldi giouanocontra l’intemperanza,e come aperiti, ui generano molto latte.

Detta, troppa abbondanza d e l la tte , e de* rimedii di effa.

Op.VI. 4M

Ontrario al mancamento del latte è la fua abbondanza-. ; effetto non men dannofo, quando, & Auiccenna, & Ariflotile confeflono ,che l’abbondanza del latte produco molte,e grauiinfermità alla creatura.Ondcnel libro fettimo dell Hifloriade gli Animali dille Arifìotile,che i ficiulli per il molto latte fono opprefiì dalla conuulfionc, ò brutta, che vogliamo dire, e la ragione è quella;perche me nicchiano tanto, che non lo poffono digerire , il che riempie la tefla di vapori, come è propio del latte , e quelti oppilanoi nerni difccndendo per la fpina della fchiena; onde offendo le creature deboliflìme, fono facili a riceuere perciò oghi fluffione. Tale abbondanza di latte nafee, anch’ella dalla caldezza de gli nurnori fanguigni, imperoche hauendo detto , ch’il latte fi fi dal fangue, doue è molto latte; fari per neceflirà molto fangue fari nelle nature calde, & humide, dette apunto da i Medici fanguigne, e tanto maggiormente, quanto quelle di tale natura faranno giottani, vieranno ottimi cibi, vini preciofi.e vitaotiofa. A quello affetto , che nuoce tanto alla creatura,fi deue fubito rimediare , ilchefifacofipereflìccare il molto latte generato , come per raffrenare la natura, che non ne generi tanto. Si difecca il latte generato, col modo del viuere, e con alcune me­ dicine,fi raffrena la natura, acciò non ne generi in tanta copia è con l’vnòi» e Palerò. Il modo del viuere fia poco, & attenuante,come dicono i Medie/-, acciò il corpo imagrandofi non generi tanto latte; e per quello il veggjare è ottimo rimedio a deficcare , & il corpo, & il latte. Così anco il moI«l to efercitiojlo sfregare molto il corpo con pani afpri,il digiuno, il bere ac­t qua, ò via picciolo, e quelloadacquato con acquacotta, nella qual fiaho boi-


D E L L A CO M M r f R E bollici Temi di ruta > e di agnocallo > il bifcotto , le carni arroitite , quell* iilefTe , Se i pefci falati giouano grandemente per tale effetto. L vfo anco del aafferano, edclcimino nelle viuande, ò portato adollo diifecca il latte notabilmente. M i il più efficace rimedio di tutti glialcri ,e il cauare (an­ gue da quella vena del bt accio,che è detta vena commune, hauendo fatto porre alla patjente il giorno alianti vn faruitiale commune fatto di caifia_» tratta >e melle rofato, & con vna libra di decotto di malue, di bietole, di mercorella, Se oglio violato > con vn poco di Tale , & vn torlo d’ouo. E ■ quando non volefle adoperare la fagna per qualche degno rifpetco, faran­ no il medefimo le ventole tagliate polis alle cofcie, ò alle polpe delle gam* be. Quello è vn di quei mali, che non hanno bifogno di medicine purgan­ ti: perche non fi trouano medicina -, che faccia andare il (angue , fe non la fcamoneata in molta quantici, non occorre dare medicine per boccàe^ » «(Tendo la gran copiadel (angue cagione dell’abbódanzadel latte .Si poffono ben dare per bocca alcuni brodi alteraci buoni per fminuire il latte, Se vfare anco alcuni rimedi; per quello alle mammelle. I brodi*fono tali. Pi» jlia cimino vno fcropolo : di Teme agnocallo due fcropoli: di fpelta oucro agnia, detta in quelli paefi melica, òforgo vna dramma, fi pellai! tutto, c fi fa bollire in due fcodelle di brodo, e le ne da due bore auanti il cibo la fera, e la mattina meta fcodella alla patiente. In quello propofito d illo Alberto Magno, cheilforgofa fminuirtbil latte ne gli animali, Fe molto ne magiano >il che fe fofle, vero, guai alle contadine di quello paeie , le quali, e per mangiare tutto l’anno il pane di forgo , e per il continuo effercitio non harebbono mai latte per nutrire i loro figlioli Quello sò io , cheilpanedi ipelta , e di forgo produce poco latte perche non produce fe non poco, e groffo (angue. Quando il prenderci brodi predeti veniffe «ì noi, fi può fare vnoelettuatio , ch'è molto grato, Se ottimo per quello effetto e fi compone in modo tale. Piglia di Temi di agnocaflo due fcro­ poli,di cimino polusrizato nieza dramma,di feme di ruta vno fcropolo; d i coriandoli preparati meza dramma, di zafferanno peilo fotilinente mezo, fcropolo; di zucchero fino dueoncie : fi diflolua il zuccherosi acqua-,, òdecotto di agnocallo , e datagli conueniente cottura , vi fi incor­ porano le fopradette cofe poluerizate Tortilmente , e falli elettuario, ógirelle .delle quali ne può prendere la patiente meza oncia il giorno, due hore auanti il cibo. Quanto poi a rimedi; locali, fia bene v, fare il feguente decotto,applicandolo alle mammelle con fponghe nuoue, e fi fa in quello modo,piglia di feme di agnocallo, difemidipfillio d u o dramme perlorta, di cimino vna dramma , c meza ; dialume Ìcaglia_. fch’è detta fcaiola da alcuni in quello paefe)meza dràma; di acqua vna li­ bra, e meza; fi fà bollire ogni cofainfieme, e poi fi bagnano fponghe nel predetto decotto ben caldo , e fiapplicano alle mammelle, cenendouelo \0Pfa buona pezza, e mutenùole; facendoli dopò vntionc ad elle con 1 vn. ga'è'hco populeonè, in cui fia vn poco di cimino. Sereno Medico raro , lo. V Jò , ¿quello effetto 1’ vfodell'acecoifortecaldo con le fponghcalle mam/inejle, nel quale fe fari bollita vna quantità di cimino, gioueri maggior nre, ma edibifogn© viario ben caldo per tre gicfrni continui. Quando

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per tanti rimedi; non fi difleccaffe a baftanza il latte, in tal cafo, per non far danno alla creatura, e ben farlo fucchiare da altre creature, ò donne, e fe bene fono anco perciò fiati fah-icati alcun/ ifirométidi vetro,ò di altra materia,con i quali l'iftefie patientifi poffono fucchiare il latce;nondimeno èpiùficuromodo di farle)« fu chiare da altri. Aetiomedico antichillimo dille,che il farli fucchiare il latte è vn feruente correre maggiormente;8i io dico,che quàdo fi poteflefar di meno,farebbe bene,& Aedo harebbe mol­ ta ragioneima fe l’abbondanza d i latte farà tanta.che non folo auuanzerd alla creatura,ma anco gonfiandoli nelle mammelle cagionerà dolore,acuì foprafta il pericolo di qualche infiammatione ; tale cafo per giocare al ficuro,fara bene farlo fucchiare da altri,e particolarmente fc la patiente fa­ rà folita di farli lattare. Ma perche rinfelicità dei nofiri tempi porta feco, chepochiflìme madri, efpecialmcnte delle beneltanci, e nobili lattino i loro figliuoli, ilmododifaredifeccareil lattee pitiche necellano, accio non appórti quelle infermità; che feco fuole apportare, quando è concor­ ro alle mammelle, e non è fucchiato. Necefiario anco maggiormente fia di moftrare di prohibire nel principio, che non fi generi latte nelle mam­ melle , e però fi vngano efse doppò il parto tré, ò quattro giorni con l’vrv* guento leguente, facendo alla donna ogni giorno vn ferii itiale commune, come fi è ordinato anco di fopra. L’vnguento fi compone in quello modo. Piglia di oglio rofato, e di oglio di mortella vn’oncia è meza, di aceto tre onde, fi mefcola ogni co fa, e fi vngano le mammelle fregandole molto be­ ne, e dopò le fi pone fopra il feguente empiallro, piglia di maftici d u o dramme : di noci di ciprefso quattro fcropoli, di bollo armeno, di terra fi. gillata due dramme per forte, di fangue di drago tre dramme: di poluere di mortella,di balauftij.vna dramma,e meza per forte: di oglio di mortella,di oglio rofato onfacino,di tremétina vna oncia per forte,di cera miouaquanto balli, e facciafì empiaftro, del quale li cuoprono le mammelle della». donna,che non vuole generare latte. Quello em­ piallro difcacciando il fangue dalle mam­ melle, Iofdtornare aJJamatrice, & in talguifafi prohibifee il latte; ma S* vii dicci, ò quindeci gior­ ni , fin che le purghe^ hanno préfo il corio loro , e che quel fan-

Delte


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COM MAEE

Delle male qualità del latte nafcente daWintemperantera de gli humori 9 e de i rimedij loro.

Cap. VII*

I à raggionato à lungo de ì difetti del latte, confiderati nella fua quantità:) quali fono prodotti ò dalla intemperanza cal­ da de gli humori, come è la poca quantità di elio ,ò dalla ca­ ndirà, è copia del fangue, come e la molta abbondanza dell’? iddio latte. Sarà dunque bene,che nel prefente capitolo au­ tieri iamo la Commare, che anco nelle qualità il latte patifce ben fpeiTb percaufa del le intemperàze de gli humori.- perche formandoli il latte dal fangue,e quello nel fegato,fe il fegato farà di(ìéperato,ò per mol­ ta caliduà:ò per mòlca freddezza, ò per molta humidità,ò per molta lic­ eità, per forza produrrà vn fangue limile alle fue qualità,e quello tale genérarà vn latte conforme à fe lìdio.Il che é bene d’auuertirejperche lì veggo­ no non ra re volte le creature andare mancando,e dilìruggerfi come la nèue al Sole,*e no vedendo le nutria ammalate,ne tampoco le creature,non fi sà à che dare la colpa,e per con feguenza n5 sà trottare rimedio,non fapédofila caufa del male. Màfrà tuttel'intéperanze, chefogliono vitiare il latte nella qualità,e la calda,e fecca,la quale facendo vn fangue colerico,e quali arrabbiato,tanto è lungi,che pofla nutrire il fanciullo,che più prelìo l’am­ morba,& quali attofica;e quindi alle volte fi veggono,& odono le creature tanto più dolerli, & affliggerli,quanto più lattano. Quella intemperanza èia caufa interna del latte vitiofo nelle qualità ,e l’altre caufeellernepoffono efler tutte le cofe,che fono atte ad accèdere gli humori,cerne colere, rabbie,molto tflercitio,poco fono,bere vini gradi vfar fpeciarie mangiare troppo cibi falati, cipolle,porri,agli, e molte altre herbe catfiue, coli cot­ te,come crude.Si conofce facilmente il latte vitiofo,come infegna Aedo, bagnandoui détro pezze di tela bianchilfime,e lafciandofeccareall’óbra, perche quando faranno Cecche meneranno il color dell’humor peccante: fe la colera faral’lntemperàza, farà macchiate di color di giallone la malinconia,di negro,fe la flemma,parerà macchiate di marcia,& haranno accolla^ do/e al nafo cattiuo odore, e gullato il latte non farà dolce,ma amaro,òdi altro faporc. Si può coregger quello vitio del latte,leuando la caufa che lo produce,come l’intéperanza,la quale fi leua col prohibire lacaufa efleria» re,che l’indufle à fométo.con vn modo di viuere cótrarioalla temperanza, e con alcune medicine piaceuoli ballanti àpurgare l’hnmore peccante.On, j4e cluan^0 1 intemperanza calda,e Cecca fia caufa di quello vitio,fi vii il mo?iucre cól’ i ile He medicine ordinate poco di Copra nel cap.delman\d t nento del latte rperche dTendo caufa coli di quello come di quello l’ in. temperanza calda ,e Cecca conuiene all’vno, & all’altro la medicina dieta,e c iameddiaia cura. Quando l’ inteperanza folle fredda,& humida,il modo di U ............... ' £0 .


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gouèrnarfi s'inftgncrà più i baffo nel cap.doue s'infegncrà medicare “il lat­ te cagliato nelle mammelle. Solo fi dee auuertire, che quando il latte foffe troppo acquofo, e c h i, perciò non poteffe contenerli nelle mammelle, ò nutrire la creatura, all’horailfuovero rimedio, el’vio de’ legumi,del mangiare di palla, de’rifi, de formentoni, deleafeio, e del vin grande , e delle carni groffe, come di manzo arroilite, ecofianco de le polente, e delle migliacele. E tanto balli hauere detto de i mali, che feguitano il parto nafeente dal­ la intemperie calda , efecca. Diremo horà di quegli altri, chenalcono da contraria radice , cioè dall'intemperanza fredda , & humida ; e per non vfeire dalla materia del latte » à punto da quello inco. minciaremo.

Del latte cagliato nelle mammelle, ede rimedij di ejfo . Cap. V ili. Vole I*intemperanza fredda humida del fegato produrre il l'angue groflo fuori di modo,e quello il latte di limile natura; il che è cagion di molti mali alle dóne,e in particolar di que­ llo,che crefcendo molto,tuttauia ingrofsandofì il latte,nè po­ tendo vfeire, ò efsere totalmente fucchiato dalla creatura, li indurifee in modo, chediuentato come vn pezzo di calcio, allvltimofi conuerte in vn’ apoltema con molto pencolo didare vn canchero. Ma è molto bello da fapere il modo come fi faccia ; perilche lì dee faperc che ogli latte coli humano, come ferino è comporto di tre parti, come info­ gna Arinotele,« tintigli altri che fcriffero del latte , cioè il calcio di buci_ ro,e di fero. Quando dunque tutto il latte, cioè il cafcio, ilbutiro, Se il fero fi congelano, ò cagliano, all’hora s’indura dencro le mammelle,& reità come vn pezzo di formaggio, che le occupa tutte.- Seauuiene, co ­ me fuole fpeffo accadere, che fi cagli folamente il formaggio,Se il b itiro, e relti il fero diiIoIuto,a!l'hora fi congeda il latte d pezzi à p ezzi, e fi lente per dentro le mammelle come ceci,ò faue. Il primo male è detto da i Me­ dici Cafeacionefil fecondo Grumefattione,che tanto vuole dire,quanto riduttione del latte in Formaggio,òpezzetti dell' ideilo. La propriacaufa di quelli due rnali, cioè della congelatone del lattein tutto,ò in parte appreffo il maggiore numero de i medicièrintemperie fredda, come fi caua da Hippocrace nel libro quarto delle malattie delle donne, e da Aleffandro nel fecondo de i problemi. E fe bene alcuni altri tengono,tri qua­ li è Auicenna, & i luoi feguaci, che quello male poffa nafeere cofi dalli-., calda intemperanza, come dalla fredda , pigliando argomento dal cagliò* che congela i! latte, il quale per opinione di Arillotile, ediGalenoè caldo, enon freddo, io nondimeno che di cidhò protellato di non vo­ lere far difputare la mia Commare, ma folocriilrutrla ncllecofc neeeffarie


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rie al luo vfficio, mi contenterò in quello luogo di fegmtarla viacomifmne. e l’opinione delia maggior parte, chela congelatone del latte nafeé dall’intemperanza fredda de gli humori ; non negando però, che anco non polla farli dalla caldajquella col freddo congelandolo,come fd anco l’acqua nel Verno,e quella con il calore rifoluendò, & efficcando le parti ferole, a fortili in modo, che falere fi reiiringono.e fi condenfano. Qui conuengono dire di non fapcredoue Ariftotile hauelle il cerue'lo ; quando affermò nel libro fettimodelThifloria de gli animali, al capitolo vndecimo, che vn pelo diuorato dalla donna può produrre quello male : poiché, e come Filofofo.e come Medico poteua accorgerli dell’impoflìbilitd del fatto,quando il cibo condotto nello fiomaco fi riduce inquel fugodetto Chilo per mezo della prima cottione;e doppo.e tirato per le vene miferaiche fottilif. fimo a guifa di capelli nel fegato, nel quale per virtù della fecòda cottione diuéta fangue. Hora eifendo la materia del fegato quali lutuofa(come gra. tiofamente riferifee Galeno nel libro duodecimo del mettodo,hauer detto vn medico de i fuoi tempi) no sò come quel pelo fi polla diliscare da quel pantano,e didoppoanco nella vena caua condurli, e da indi per tanti giri nelle vene particolari per andarfene alle mammelle. Ma quando ben vi ri­ ducete,forgono maggiori difficoltà: perche etendo la foltaza delle mam. mede fpògiofa,che fortuna harebbe quel pelo, che per natura debolillìino, e piegheuole fappia reggerli coli bene, che in tanti diuerticoIi,egiri,fempre vada drittofln fomma ¿fatale a’grandi huomini lafciarfi piantare .qual­ che gran carota dalle donniciuole • Coli di (opra habbiamo detto, che fù burlato il gran Tertulliano dei colori delle anime de’giufti,& Auerroedi quella fcioccheria , che le donne fi pollano ingrauidare nel bagno fenza huomo, & anco il noflro Ariilotele fù vccellato come riferifee il Vaflalio da qualche Donna Chiachierina, che gli diede ad intendere, che i peli faceuano più fattione nel noflro corpo,che vn’huomo d’arme nella moftra. Sò bene io, che i Medici anrichiffimi hanno trattato del male del pelo, che tanto affligge le donne nelle mammelle : ma non è pelo fe non perfimilitudine: perche quando alcune fibre del fangue fi infiammano,e corrompono, vfeendo dalle mammelle raficmbrano p e li. Hora tornando al proposito nollro , le il latte farà congelato dalla intemperanza fredda, ciò fi potrà Conofcere, fe le mammelle fi gonfieranno molto, e refieranno bianche con poco dolore : macon tale differenza; che fe il latte farà conuertito incafeio, fi fentirà nitro ridotto in vn pezzo, fe farà conuertito in "t-umi, ò pezretti; nelle mammelle fi fentiranho co’l latte molti grummi, o pezzetti dim lì. Mafe lacaufafia l’intemperanza calda, lemamellereftandogroffe faranno anco molto infiammate con febrenon picciola, con gran pai(ione. Si cura queflo male prudentemente, quando con ogni preftezza_» vi fi prouede perche Hippocrate dice nel quinto de gli Aforifmi,che il lac, te indurato nelle mamn ielle fà impazzire j il che fe bene Galeno dice di non liàtier mai veduto,non nega però,che non polla efler vero. Chiara cofa è, che induce apoiteme,cancri,e mortej/i che la fua cura deue efler molto fol: lecitata, e deue hauer due parti, J’vna di rimirare alle caufe, e l’altra di at­ tendere l’a fte tto , La p rim a d c u c h a u e r tr è fini, i’vno, che non fi generi fate


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LIBROTERZO.

{angue, l’ altro , che fe pure fé genera, non vada alle mammelle; il terzo di leuare l’ intemperanza, eh’ è caufa di detta congdaeionc_a. T ri fatte l 'altre cofe il modo del viuere è attilfimo iflromcnto da vietare, che non fi generi il iangue, c perciò eleggali vn aerc fecco, habitando in iflanze volte verfo Tramontana, & in folaro, non a terreno. Vegli la donna molto , e dorma poco, e fi cfcrcici pai che fia pollibile .* che fi fa commodamente in caia col ialite, e con lo fccndere molte volte le fcalc in fretta . Mangi pan duro , ò bif. cotto, carni arrofte, egrofle, comedi manzo, efirmli. Non vfibrod i, ò minefire, e beua acqua cotta, e non molta . Quanto alla fe­ conda mira di ritirare il corfo del lingue delle mammelle altrouo ; ciò falli commodamente col canate fangue dalla vena dei piedi detta faffena; ìmperoche non folo fi caua il fangue per defliccare il latte.* ma fi ritira ad altro corfo contrario direttamente à quello delle mam. melle » il che però mai fi faccia , fe prima non fard fatto a'ia paticntc vnferuitialcommune , con caflia tratta , e mele rofato , limili à quelli, che fono di fopra più volte flati ordinati. M i quando ò per debolezza della patiente, ò per paura non voleffe lafciarlì cauar tan« ue, in fua vece giouano le ventofe tagliate applicandole alle polpe elle gambe , ouero alle cofcic . E quando ne anco quelle voleflo tolerare, le fi facciano almeno molte freghe, e Iigaturc flrette, che caufino dolore . Si leua poi l’ intemperanza fredda , & humida come origine diaqueflo male col modo del viuer contrario ad ella, vfando cofe calde, efecche, èie bene il vino conuerrcbbcrifpetto all’ intempe­ ranza , nondimeno perche genera facilmente il iangue, fi può lafciare, e fi può vfare in fuo luogo acqua cotta con canella,e nel reflq fi vii il modo del viuere predetto. Si alterino ¡gli humori freddi con brodi, ne i quali fiano bollito borraginc,bettonica,fenocchio,appio,fparagi,bugIofa,ouero men­ ta,pulciaio,ca!amento,& originato,e poi fi purghino con tre onde di mele rofarofolutiuo, c quattro fcropoli di agarico preparato, dilToluco coru in fu(ioti di iena. Quando fari frenato il corfo del latte alle mammelle,fi po­ trà bere del vino,& vfar carni leflc alterate con boragmi, e canella, c pren­ der ogni mattina ( l'inuerno particolarmente) due dramme del confetto detto triumpiperum; beuendoui doppo vn pocodivin bianco buono. Mal’Eflate è dannato l’ vfo di cofe calidedi quella forte; & anco il Ver­ no, quando vi folle febri, però fi può PEftate adoperar il zucchero, di bettonica, di boraginc, e di rofmarino vn’oncia per forte, due hot’ auanti il cibo, & al fegato, cioè fotto le colle dal lato deliro fi vfil’ ontiondi oglio di alfenzo, ò fpico di menta, perfei, ouero otto giorni. Ma all' affet • to fi attenda, cioè alla durezza delle mammelle, cagionata dalla congelation del latte con i rimedi; caldi per difciolger quella durezza.perche dice Ariftotile, che le cofe che fi congelano per il freddo, fi difgelano per il cal­ do , cnoi habbiamo di fopra detto, chela caufa di quello affetto è temperanza fredda.Ciò dunque fi potrà far con alcuni fomenti, & ontioni, > applicati alle mammelle. I fomenti fi preparino di cofe aperitiuc, c mol- ’ lificatiue in queflo modo . Piglia di foglie di melliloto vn pugno , di

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ÌO-


*4* D E L L A CO M M AR E

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fogliceli rutavn pugno, e m ezo; di radice di maluauifchio vn’ott^ eia: di radice di raffano meza oncia; di feme di appio due dràmme fi mefcola , e pella ogni cofa bene infieme , e faffi bollire in_. quindcci libre di acqua commune, fin che fi confumala m eti; colafi, & alla colatura fi aggiungano tre onde dt aceto , e dopò con fponghie bagnate nel predetto decotto ben caldo fi fomentato mammelle per meza hora, cofi la fera, come la mattina per vn'hora auanti il cibo . Giouano anco altretanto, edi più i fomenti fatti pure alle mammelle nel predetto modo, e tempo con le fponghe; ma bagnate nell’acqua , che auanza alle oliue falate detta Mur?a_., pigliando vna libra di detta acqua / due onde di aceto biancorvna drammadicimino poluerizato , & altrettanto zafferanno- Fallì bol­ lire ogni cofa, & viali il fomento ben caldo, E ciò baffi per la cu­ ra dell’ intemperanza fredda : perche quando la calda produceflè tal male, può la Commare reggerli nella fua cura in quel modo , che fi e detto di fopra nel capitolo lefto, perche cold fi infegnala forma_j di corregere quella intemperanza, e quanto al modo del viuere , ♦ quanto all’ alterare , c purgare gli humori caldi. Ma fopra il tut« conuerra a quella la fagnia, e per il male non hauendo intentiont che fi generi latte , e per gli humori caldi , i quali per eccellen­ za, co ’l cauare fangue fi raffrenano. Solo ne i medicamenti fi habbia vn tale auuertimento di vfare per i fomenti : il fugo di limoni con l’ aceto, e zafferanno in quello modo . Prendi di fugo di limoni, ò »aranci > in difetto di limoni tré oncie di acqua commu­ ne vna libra , di aceto tre oncie, di feme di cicorea, edi appio quat­ tro fcropoli, fi mclcola il tut­ t o , faffi bollire, & viali con le fponghe,co­ me fi è detto di fopra. Gio­ ita anco il decotto fatto con maluauiichio, malua, viole, lcn. ticchie, applicando­ lo pure alle mam­ melle nel mo­ do pre­ detto .


LIBRO

TERZO.

MI

Della cara dellefijjure, ò fettole, che vengono nei capitelli delle Mammelle.

Cap. IX,

On minor affanno di quello, che dia il latte cagliato nelle mammelle, Cogliono dare quelle-fe­ cole, ò crepature, che nafeono ne’ capitelli di efle, e perche di querte habbiatno ragionato i bailanza nel libro fecondo al capitolo vigefimofcttimo però colà rimandiamo il Lettore così quanto alla cognitione del male, come alli rimedij di efl'o : Ma il proprio medicamento di que­ lli mali è , chefilauila donna dette fettole con-. vin negro gagliardo, nel quale fia porto vn poco di lume di rocca: ouero vii quelto medicamento: il quale in cotali affetti pare la matt di D io. Piglia diLitargiriod’ Argento mezaoncia, di mirra due dramme, di zenzero , vna dramma, fi mefcoli ogni cofa, fi poluerizi beniifimo» epoiconogliorofato faccianfi fare vnguento, e fivngiano il predectoma'e, maqueftomalc nonguarifee le non con molta difficol­ tà , fe non fi rimedia all'acrimonia dell’ humore, che lo produce, il che è flato infegnato nel fopradetto capitolo vigefimofefto , del fecondo libro, l’ vfare anco di tenere fopra li capitelli l’vnguento di fughi vherbe, il quale io infegnò à fare nel capitolo vndecimo del terzo libro, mefcolandoui vn poco di precipitato, che fia flatoinfufotré, o quattro giorni nell’ acqua rofa_»> renendouelo fopra fei horc, e quando fi vuol lat­ tare la creatura, cauarlo via, Se lauar il ca­ pitello con latte, oueco acqua rofa_» & dopò , che hà lattato ritor­ nargli il fudetro vn­ guento, giouerà fommamen-

ce.


144

DELLA

GOMMARLE

x

D el pròfiutilo delle Donne , e de i rimedìj loro. Cap.X.’ ' Edcfi bene fpeffo nelle Impagliolate , che hanno patito molto nel parto vitiofo, reftarc vna in­ firmiti noiofa, la quale diuenta di maggiore dan» ho; perche di quella più che d’ ogni altra fi ver­ gognano le donne, & è vn continuo fluito di mate­ rie , hora bianche, hora gialle, & bora verdi, che viene dalla natura, e dalla matrice della donna-, detto volgarmente (colamento, òfcolagione delle reni. Quello (colamento fe veramente è di lemc , è non d’ altra materia, chiamali da Greci Gonorea : ma quan­ do non fia tale , e non è Genorea: ma è da Latini chiamato prollunio delle donne . Io ragionerò dcll’vno , e dell’ altro , acciò l i j Gommare fappia in quello calo ancora porgere aiuto alle lue Impagholate , quando le donne fi vergognano tanto di quello male , ■ che raiiflime volte fi ardifeono di fcoprirlo al Medico . Ha quello promano le lue caufe, come ogn'altro male, e quelle fono coli in­ terne, come elterne . ¡E vero, che le citeriori fono quelle, che pofl'ono produrre le interriori: ciò qualunque intemperanza di ¡ciafeheduno humorc peccante, fc bene quella infermiti per lo più nalce, ò dalla calda, e lecca, ò dalla fredda» & humida, e più da quella, che da quella per gli humori corofi, caldi, & acri, che la producono quali fempre. Parlerò dun­ que prima della calda*e fccca, e poi dell’ altra, e perciò dico, ch’ella fi può trouare, e nel fegato, come nel fonte del fangue, enell’altre parti, in tutto il corpo, e nella (teda matrice per il Iongo patimento nel parto vitiofq, per il cui difetto,il (angue nel fegato diuenuto colerico, genera que­ gli licori,ò humori Cottili,& acri,che p'roduce tale profluuio. Quello poi fi » maggiore all’hora, quando vi concorrin o l’erà giouenile, c colerica, il paefe caldo, 1 vfo de i vini grandi,e delle fpcciaric, il molto patimento del parto vitiolo,per lo ftroppicciare della Comare con ogli caldi,e finalmen tc quando vi concorre la debolezza della matrice,la quale reltando langui­ da dall’ affanno pairato, e non potendo più applicarfiquello alimento, che farebbe fuo proprio,fi rilaffa,e prorompe in quelle fluifioni. Si conofcerà, che quello male venga da caufa , quando l’cfcremcntoè gialo, ò verde al­ quanto, la donna palida, e giallettancl volto, & h i gli occhi languidi, e 1 ca.nt° n‘ vn poco gonfij. Sari anco fegno di quello, s’ ella nell ’orii narc lentira bruciore nelle parti circonuicine della matrice, e calore granI* ¿ilfimo per tutta la vita, «calle volte come punture di aghi. I! rimedio fa­ rà piu facile, eficuto, quando fari procurato dal Medico, e non dalla-, Gommare : perche egli Capri la natura de i corpi t laqualiti, e quantità de m ed i*


1L 1 B RO T E R Z O:

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medicàtficftticofi inrcriori, come locali, quello, che piùd’ ogn’ altraJ cofa importa , faprà prendere l'occafione di applicargli perchenon_ vi è cofa più difficile di quella in tutta la Medicina, che perciò Hippocratela chiamò precipitofa nel primo Aforifmo , e certo ragioncuolmente , pofciache fé negli altri affari di mondo , cofi di guerra , come di pace, leoccafioni volano,nella Medicina fuggendo precipitano. Si che la mia faggia Gommare in negotio di quella force, vfi ogni diligenza in prouederfidi Medico, che curi quello male: perche è di molta impor­ tanza , e fe prefto non vi fi rimedia, diuenta incurabile. Ma perche la_. maggior parte delle femplici donne fi vergognano di feoprire quello diferro al Medico, nè può curarli da elio in modo alcuno, eforto incafo tale la Commare à prenderli quella imprefa : perche io porrò quìla fua cura. 11 che tanto più faccio volentieri, quanto che io defidero inoltra­ re la vanità, & il pericolo di quel collume pazzo, che feguono, e le don­ ne, 5c i barbieri ignoranti, di attenderei riltringere, ed formareprofluuiotale, poiché ciò è cola enorme, & eforbitante, quando elTenda quellohumorecaldo, corrotiuo, & acro , comenaicente davnaintemperanza calda, e fecca con materia fottìi iffima, tanto è lungi, chegioui il rafrenarlo, che più coltoli rillringelabifeiain grembo , efifomenca_. l’inimico in Caia. Onde la mia Commare vfi modo migliore, di fanaro quella infermiti, la quale fidiuiderd in tré parti, prima ordinandoaUa_. radente vn conueniente modo di viuere; doppo preparando, e pur­ gando quegli humori, che producono il male, ecorregendo 1‘ intempe­ ranze, che na fono cagione, evltimamente applicando alcuni rimedij alle reni, acciò fi tagli la llradaal fuocorfo. Eperche ragioniamo hora diquelprofluuio, che nafee dall’ intemperanza calda, e lecca, ordini la Gommare quel modo del viuere, che fi infegneràncl ieguente capitoIo: aggiungendo quello folo, eh’ vsò Galeno nella moglie di Boetio,Ia_, quale patiuavn limile male: perche doppo hauerla purgata, le fect* prendere i brodi alterati con finocchio, perfemolo, afparagi, & altro cofe , che prouocano l’ orina; c doppo vsò quei medicamenti, che tira, no alla cotica, come freghe, & vntioni con ogli apericiui, e cofi la libe­ rò inquindeci giorni, diche ancone fùben pagato: poiché Boetiogij mandò quattrocento Scudi. Auuertifca la Commare, cheilcauare fanguealla inferma con lecircollanze debite, cioè hauendole prima fatto vnferuitiale commune, e non eflendo ella molto debole, nè il tempo troppo caldo, farà vcililfimo : maficaui nel braccio deliro della vena_j del fegato; e poco per volta, più perriuulfione, che pereuacuationej. Doppo purgata, che fari la Donna, fenza fofpecto fi potranno rfare i ri­ medij da fermare il profluuio, e però a i lombi, & alle anguinaglie fi pon­ gono pezze fottili, bagnate ne 1 fughi di fempreuiua, di lattuca, e di porcacchia, e nell’ acqua, & aceto. Adoprici anco l’ vnquento rofato diMefuecon latte; & io foglio vfare il fugo dell’ herba detta c o d ^ ó f ; Cauallo, ch'èqua dimandatafeuole, co'lfugodi piantagineminorc_J, e di boria palloris mefcolato con chiara d'ouo bene sbattuta, &appli'.f cata alle reni , Se alle anguinaglie , fono anco lodate l’ acque d ' . , “ Q. 3 iba* \


ufi

DELLA

COMMARE

jb a g n i d i L u c a , o d e lla V e rg in e d i P a d o u a in q u e lla in d ifp o fit io n e ..' M a q u a n d o e lla nafecfle d a lla d e b o le z z a della M a t r ic e , la q u ale hau e n d o m o lto p a tito nel p a r t o , reità t a n to d e b o le , e q u a fi fnerua t a i n m o d o , che non p o te n d o n u trirli d i q u el c i b o , ch e le co n u erreb b e , fi co rro m p e , & elee fu o r i ; fia in ta le c a fo in ten ta la C o m ­ m are i c o r r o b o r a r e , e c o n fo rta re la M a t r ic e . E p erch e p o c h e v o lte -, a cc a d e q u e llo , eh a n c o la M a tric e non h a b b ia q u alch e p a rte d ’in ­ tem peran za fr e d d a , & h u m id a , p e rc iò dal cau arc fanone in fu o ri lì g o u e rn i la p a tie n te nel m o d o , ch e fi è in fe g n a to di iopra nei cap i­ to lo o tta u o , q u a n to a lla p r e p a r a t a n e de g li h u m o ri , & a lla co r­ r e m o ne d ell’ in tem p eran za , d o p p o fi a tte n d e alla M atrice , vla n d o fe ru itia li , che la m o n d ifirh in o da q u e lle fuperfluitd , che in ella fi ritro u a n o . I fe ru itia li fi facciano con d e c o tto d i b e tto m ea , di m er c o r e lle , d i n u t r ic a r la , d i a r t e m if ia , e m ele ro fa to . O u ero fi fa c * cia n o ta lle di b a m b a g ie , e fi b a g n in o n e i fu g h i d ell’ herbe p red et* te , p on en d ole n ella n a tu ra . M a q u a n d o la p atien te non yoleffe ne q u e lle , ne quelli , fi faccia il d e c o tto d e ll’ h erb e p redette , e fe e e ia in elio la p a tie n te , au u erten d o b en ifiim o p e r v n ’ h o ra au an ti il cib o f e i , o u e ro o tto g i o r n i , d o p p o il q u ale fi v n g a il ventre t r a r '* o m b ilic o , & il p e tc n e c c h io , co n o g iio di f p ic a , e di n o ce " m o fea ta , e p e r b o cca prenda o g n i m a ttin a à d ig iu n o m e z a o n c ia d i c o n fe ru a di b e t t o n ic a , ò di fio ri di ro fm a rin o , e p er i tr e g io rn i v lt im i,p ig lia vn a d ram m a d i c a g lio di lep re nell’ a c e to , tan ­ t o lo d a to da G a le n o , c q u a n d o n o n -, fi p o tc fs e h a u e re o g n i a ltro c a ­ g lio è b u o n o ; co m e d i ca­ p re tto , di v it e llo , ò di a g n e l­ lo . J

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l i b r o

t e r z o

:

*47

Dello /colamento 3 ò G onorea, delle donne, e de i nmedij di ejfo .

Cap. XI.

Imileà quello male èquell’attro profluuio di feme, ch*è detto Gonorea da G reci, s fcolagione.ò fcolamento da Volgari,il quale fe ben può nafeere dall'intemperanze de gli humori,nondimeno per lo più feguita il parto vitiofo per debolezza de i vafi feinmali,come dimoitreremo.Tale fcolamento chiamò Galeno,nel quinto libro delle par­ ti ctfefe, vlcitadi feme inuolontaria : e Mofchione vi aggiunfe vna parola gratioia,dicendo,eh è vfeita di feme non folo inuolontaria:ma fenza piacere.Q,uì non difputaremo,fe le donne hanno il feme,ò nò, eflendo à baflanza Copra di ciò flato ragionato nel primolibro, douefiè conclufojche nella generatione oltreil fangue vi pongono il feme.feguendo l'opinione di Pitagora,di Democrito,di Hipp.e di Epicuro Dottiifimi Medicijfe bene Arinotele fù di altro parere. E vero,che quefto feme loro è men fecondo di quello degli huomini, quando nonfacefie altro, perGiudicio di Galeno , e di Lucretio nel lib.^.della natura, ha almeno forza di aflìmigliare i figli alla madre.il che farà più ageuolmcce.quàdo al feme fi aggiun. ga l'opra del penfiero , edcU’imaginatione, come fi è detto ai fuo luogo. Quando donque tal feme della donna efee fenza volótà,ò dilettatione,falli la Gonorea detta fcolamento. Le caufe di quefto male fono, ò per rifpetro del feme,ò per cagione de i vafi feminali.Per rifpetto del feme,in due modi, ò per la quanta,ò per la qualità. Per la quantità quando fia tanto, che nò potendo capire ne i vafi.traboccàdo quafi da quegli fà lo fcolamento. Per la qualità poi quàdo il feme è ò troppo caldo,ò troppo acro, ò troppo fottile,e quefto fi fà tale per caufa della intéperanza calda de gli humori, ò del fegato,ò della troppo fatica,ò delPvfo de i vini grandi,c delle fpetiarie.e fi. mili altre caufe citeriori. Troppo fottile fari poi quan do,ò per troppo acquoficà diuenta tale, ò per qualche indifpofitione fredda, che infetti qual­ che patte del corpo.Per caufa vltimaméte dei vafi feminali fi producequeila infermità,come dice Galeno nel lib.tcrzo de’Sindomati,quando ò lavo­ ro virtù efpuUrice troppo gagliarda, ò patifeono effi qualche intemperàza calda,ò fredda. Calda,quando il feme farà acro, e colcricotfreddo quando farà lottile, & acquofo. E perche nel parto vitiofo appunto i teflicoli della matrice,& 1 vafi del feme patifeono affai peri violenti moti della matrice, e per in continuo trauaglio.-perciò accade fpefle volte, che doppo il parto vitiofo redi quello male alle donne per la predetta debolezza. I fegniJnjji ^ fon facili à conofcerfirperche mofiràdofi da per loro,pur che la patiente acJ’ì voglia occultarli,fi (aprano séza difficoltà,e quefio baili per fegno vniuer fale. Quanto poi ài fegni particolari per intendere le caufe, che produran-^ n o riiid ifp o fK Ìo n e ;d ic ia m o ,c h e fi co n o fcerà d eriu are d a lla m oltitudine del

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feme,


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D E L L A

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CO M M ARE

feme , quando il modo del viuere farà flaco laudato, 1’ ocio, e l’vfo de’vìnigrandi, e dolci continuo, e quando in tale fluflo la paciente non fen. tiri moleftia alcuna: mapiùpreflo alleuiamenco. Quando poi lo fcolam eneo è acro, e caldo ; all’ hora fi (ente calore grande nelle reni, ne i lom­ bi, e nelle parti vergognofe con vn continuo prurito, fi come quando è acquofo ,e lottile, non fi fente ardore, ne calore : ma folamence qualche languidezza, ò debolezza . Vltimamentei fegni, che moflrano il difet­ to nafccre dai vali del feme, fono , che mancando tutti gli altrui predet­ ti , e feguita nondimeno lo fcolamento. Mà qui è neceflario fapere, co­ me dobbiamo difeernere quello male da quell'altro: che nel precedente capitolo nominalfimo profluuio delle donne . Onde diciamo , che lo fcolamento è differente dal profluuio'. perche lafuamatcna, efem pro piùvifeofa, e tenace, c quella del profluuio è liquida, & acquofa affat­ to ; e quello auuiene, perche fempre il feme per Ina natura ha del vifeofo mediocremente i cofa che non han gli altri humori. In oltre la materia-, dello fcolamento non corre fempre: ma per interualli, e poco alla volta-., & all’incontro quella del profluuio fempre è inmotto, & in molta ab­ bondanza. Hora quando la Commare farà venuta in cognicione di que­ llo male, ne deue fare molto conto : perche lafciandofi lenza cura, appor­ ta, ò piaghe, ò difficoltà d’orinare, ornale di gambe ; e molte donno agognandoli di fcoprirlo a’ Medici fono morte, che anco per ciò fono mollo ad informare la Commare, acciò pofsa aiutare quelle, che non vorrannoriccorrere al Medico. La cura dunque fi ordinerà fecondo il coftume folito detto di fopra, cioè, col modo del viuere prima, doppo con alterare, e purgare gli huinori, vltimamente con l’vfo d’alcuni medicamemti locali, per fermare lo fcolamento . Onde l'aere prima fia freddo , efecco, eleggendo di habitare inillanze, che habbianolo feneftre volte verfoTramontata, lllonnofia moderato: ma in lettidu­ r i, come materazzi, ò fopra cafse con due, ótre pani, razi, òfchiauinefotto. Si gettino per la camera foglie di fai fi, viole, lattuche, viti, & agno«: caflo. Il muouerfi molto è dannofo, e particolarmente l'andare in caroc. eia,fi come l’vlo di Venere è più che nociuo . Vii la donna per bere acqua azzalatta, e laici il vino ; ouerovfi acqua cotta, nella quale fia bollito, feme di ruta, di agnocallo, e di ninfea: ma quando non volelle beuere acqua, alflhora le fi conceda vn poco di vino rollo garbo picciolo, nel quale fia infufo il feme di ninfea, di agnocallo , e di ruta. Il mangiare farà in quello modo, che nafeendo il male dal molto cibo , la patiente mangi poco, ebeuamanco: e le fi faccia cauarefangue dalla vena del fegato nel braccio deliro, infino á quattro, òcinque onde , fecondo la_, natura (uà. Maquandolacaufaderiuidacalidità, vii pane ben cotto , e di cailrato, e d'vccelli montani, e fugga le carni de i polli, Mani, NA e pernici, perche nutrifeono troppo. Siaddoprino t r i l ’herbela lattuf e ^’accetofa, e fi lafcino le mandoli, i pignoli, i marzapani è cibi fi7 mili, chepoflbno generare molto fangue. Quando mò il male nafeeife dall’intemperaijza calda de gli humori > all’hora fi vfino in viuande la lat-,

tu-


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L I B R O

T E R Z O .

turra, le porcellane , il farro , l’orzo, il meglio , il rifo , i piedi del vitello, Se i ceruelli de gli animali, equefto baiti per buona regola del viuere. Reità, che fi preparino gli humori con il feguente decotto. Piglia di foglie di lattuga, e diendiuia, e di acetofa, mezo pugno per forte; di a^ro di cedro, òdi limone, òdinaranciofenzafemidueoncie; difeme dTruta ; di agnocafto, di cedruolo , e di ninfea vn’ oncia per forte ; d'ac. qua commune tré libre ; di zucchero oncie 3. fi mcfcoli il tutto, e fi taccia bollire fin che fi confumino i due terzi, fi coli, e della collatura ogni mat­ tina quattro hore auanti il cibo, fe ne prendano quattro punte di dita ben calda, con fugo di limone, c di cedro, di arancie, ouero vn poco di agro di cedro, ò firoppo di acerofità di cedro, che e cofa delicatiifima_,. Doppo l’hauere prefo de’ decotti quattro, ò cinque d ì, fi pigliano otto, ò dieci dramme di fiore di caffia tratta di frefeo con vna dramma di reobar­ baro poluerizato, e due grani di ¡pica, facendone bocconi. Fatto quello fi poflòno ficuramcnte vfare medicamenti perriftringerc lo (colamento, e di fuori,e per bocca. Per bocca fi può prendere quella conferita,ch'è mol­ to delicata, & altrettanto efficace, la quale fi compone in quefto modo . Piglia di conferita di agro di cedro tre oncie, di ferite di agnocatìo, di feme di ninfea, di feme di cucúmero dieci dramme per forte, di feme di ruta meza oncia, di canfora due oncie, e meza; fi peftabenillimoogni coia, efafficonfetto, delquale fi pigliai digiuno tré hore auanti palio vna oncia per volta . Io foglio adoperare fpeflo due rimedi) ficuriflìmi a_#. quefto effetto doppo la purga - L’vno è di prendere per fei mattine tré on­ cie di fugo d i cedro, ò di limone con vn’ oncia di zucchero à digiuno, per tré horè auanti il cibo. V altro è di pigliare mezo pugno dell'herba detta paronichia, òruramurale, epeilarla, epoi facendone vnafritelletta_, con vn poco di farina, & vn’ouo in tegame, ò padeletta fenza oglio però, ò butiro, mangiarla in due mattine, che riilringe lo fcolamento affatto ¿ Molti vfano felicemente foglio di noccie, cioè nofelle, pigliandone per tré mattine á digiuno vna oncia per volta. Gioua anco i! bagno fatto di foglie di mortella, di ifquamo, e di lattuga due pugni per forte : di feme diìattuga, e di ninfea vn’oncia per forte .• di feorza di mandragora due oncie;d’acqua commune vn fecchiosfacendo bollire ogni cofa fin che fi confu­ mi la quarta parte,e doppo vi fi fa federe la patiéte ìnfino all’ombilico me­ za hora,e quefto fi può fare, coli la fera, come la mattina due hore auanti il cibo. Ma doppo che farà afeiugata, le fi vngano i lombi, e le parti vergognofe con oglio di feme ifquiamo fatto con acqua vite, il quale fanno fare gli fpeciali al torchio, come fi fa quello di noce mofeata. Ouero piglia di oglio violato,e di oglio di mortella meza oncia per forte,di femi di ifquia­ mo tré dramme,di feme di mandragora,e di lattuga vna dramma per forte, di canfora due fcropoli, di aceto forte negro due oncie ; fi peila beniffimo il tutto, e s'adopra doppo, che s’hauerà fattto alquanto bollire. Quando anco il male procedeffe dall’acrimonia dell’humore,all hora giouanoquafi ¡T I medefimi rimedi),aggiungendo ne i brodi alterati il leme di porcacchia# folatro,e cofi nella conferua di agro di cedro,il zucchero rofato con la lòia, Ma fe Ja eaufa del male farà l’acguofità del feme nafecnte dalla debo­

lezza


1 ijo

D E L L A

C O M M A R E

lezza de i v a li fem m ali p er il m o lto p a t im e n t o , ò p er l’in tem p eran za fre d d a de g li id e ili , ò dal fe g a to , in ta le c a fo li vii il m o d o del v iu e re d e tto di fo p ra nel c a p ito lo o t t a n o , d o u e fi tra tta del l a t t e a c o n g e la to per caufa fred d a , e li h a b b ia in ten rio n c di in gro ffare il fe m e . Il che f a r i b e n iflim o la trife ra di M el'u e, p iglian d o n e m e z a ^ dram m a p er v o l t a i d ig iu n o con vn p o c o d i fem e di ninfea , e b eue ndoui d o p o vn p o c o d i b r o d o . O u ero fi prenda m eza o n c ia di q u e ­ lla co n fettio n e p e r c in q u e , ò fe i m actin e due h o re au an ti p a d o , la quale fi co m p o n e nel m o d o (e g u e n te . P ig lia due o n cie di z u cch e ro ro fa to , vna o n c ia d i c o d o g n a c o fenza fp e c ie , di c o ra lli ro d i p olu e n z a tid u e d ra m m e , e m e z a , d i fem e di a g n o c a d o , e di ninfea due dram m e p e r forte , fi p e d in o b e n e i T em i, e fi faccia c o n f e t t o . Si laici folo in q u e d o c a fo l’v fo del fu g o di lim o n e co m e tro p p o fred ­ d o ; p erch e p iù p re d o p o tre b b e accrefcere 1 in tem p eran za , che d im i­ n u ir la ; m a q u e llo d e ll'h e r b a d e tta p a ro n o c h ia , ò ru ta m urale g io u a in ogni d id e re n z a di {c o la m e n to . Si co n fo rtin o p o i iv a fi fé m inali co n vna fp o n g a gran de b a g n a ta nel v in n e g r o , nel q u ale fian b o lliti b alau fti feme d i a g n o c a d o , e d i r u t a , ro fe ro d e q u a n to ti p ia c e . G io u a n o a n c o fo p ra m o d o I a c q u e d e i b a g n i, vfate c o li d i fu o ri , com e p er b o c c a , e t r i q u ed e fo n o quelle di P a d o u a d e tre della L a d r a . E can­ t o b a d i h au cre d e tto d e i m a lin a fc c n ti d a ll’in tem peran za d e gli h u . m o r i , c o fi c a ld i, c f r e d d i, com e h u m id i , e fe c c h i; in q u e d o p erò q u e fle q u a lità fo n o co n eifi c o n g io n te , p erch e fe bene p o d ò n o a f . f lig g e r e iln o d r o c o rp o a n c o in q u a n to fon n u d e , c io è fenza hu m or i , io n on d im en o n on h ò ra g io n a to di q u e d e , perch e è m io p r o p o fito d i tra tta re fo la m e n te di q u e i m a l i, che fegu itan o il p a rto v it i o f o , e m a i , o r a r e v o lt e fi v id d e , che alcun a I m p a g l i a t a foffe m o k fla c a d a ll’in tc m p e ra n z e , che c o n fid o n o n elle nude q u a lit à .

Delle piaghe, che vengono alle donne doppo i l parto vitio fo, e de i ri­ medi] di quelle.

Gap. XII.

E g u ita d o p p o l ’in te m p era n zaq u e ll’a ltra fo rte di m ali, lid u a li g u a d a n o la c a r n e , p e lle , o u ero o f f a , d e tte fo lu tio n e del c o n t in u o , c d iu ifi in tre p a r t i, cio è in p ia g h e , fiffu rc , d e tte R a g a d e , & a p e rtu ra d e ll’ vn o , e l’a ltro f e d o . R a g io n e re m o d u nq n e a d e ffo p rim a delle p ia g h e , e p o i del r e d o , a c c iò .. a n co in q u e d e là C o m m a re fap p ia re g g c rfi;e tan to p iù ,q u a n o c h e ta li accid en ti io g lio n o a u u e m r e , & il p erico lo lo ro è g ra u iifim o . e p ia g h e fo n o v a d isfa c im e n to d ella fuperficie h o ra lo n g h e , h o ra t o n n j e , h o ra a n g o la r i, e fo n o alle v o lte fo r d id e , e p u z zo len ti ; altre volte,# Secche, c q u a fia rfic c ie ; tal v o lta ca m in a n o ferpen do co n m a lig n it i, ch e

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L tB R O T E R Z O

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per ciò da Greci fono dette herbete cacoetiche, efpefloltannonel medefimo luogo immobili. Sogliono quelle per lo più moleflare il collodella vellica, e le parti vergognofe,come diffeGaleno nellibroottauo delle parti offefe, e per lo più feguonolo fcolamento, ò il profanilo delle donne- E vero,che le proprie caule loro,come d icono Ariflogeoe, &: Aetio, poflòno eflere l’ intemperanza, & il fiuflo della materia calda, fecca_j, colerica, falfa, ecorrofiua, e tri le caufe eflerne, pollono eflere 1 me­ dicamenti gagliardi, coli pi eli per bocca, come intrame ili nella natura per facilitare il parto. Si poflono parimente farenafcerelc piaghe nel cauare le creature morte dal ventre della granid« con ferri, quando con po­ ca prudenza perniando di tagliare il cadauere della creatura,lì fenice la madre, la quale ferita non eflendo nè intefa, nè curata da ehi la fece, diuenta piaga trd poco tempo, fi come anco può fare qualche poftemma rotta deutroìa matrice, e medicata malamente. Si conofcono le piaghe per i legni loro, quando però non fi Pollono vedere con gli occhi, ò toccare con le_» mani, cioè quando reflano molto alte nel collo della matrice ! onde fi len­ te all hora vn dolore, che punge nelle parti della natura, & alle volte fca. corifee marcia. Quello dolore comincia dalle anguinaglie, e da i lombi, e finifee nel capo, e particolarmente nella parte polìeriorcdi elio, detta_. colottola, il quale bene fpeffo anco fi oilende fino alle radici degli occhi per i\ confenfo c’bà la matrice nella fpinale medolla, eflendo in fi neruofa, e legata con nerui. I fegni poi più particolari, fono che alla femplice efeoriatìone, fegue vn picciolo ardore, ò prurito, che featurifee humore foctile, e ferofo. Ma fe le piaghe faranno maggiori, il dolore anco farà tal«_> con quel dibattimento, che fi fente ne i graui dolori, è la maceria, che rIcjrà fuori fard puzzolente • Se le piaghe faranno con infiammationejfem« prc ò la maggior parte del tempo la patiente harrà la febre , & il dolort_> notabilmente grande,ma quando faranno fenza infiammationejaH’ hora_. farà anco ella fenza febri,e la materia farà abbondante,& il dolore minore. Horaquàndo la Commare fi farà certificata,che nella matrice fiano piaghe, fi dee preparare à curarle,quando però non vogliala patiente eflere curata per man di Cirugico ; il che farebbe meglio : perche Hippocrate nel libro delle malattie delle donne, dice, che le piaghe in luoghi tali guarirono, per che non fiano ò molto putride, o molto i infiammate. Là cura ha due capi, 1’ vno in purgare qucll’humorc, che fomenta la piaga, l’ altro im» guarire rifletta piagha. E perche habbiamo dettogliele piaghe perlopiù nafeono da humore caldo, acre, falfo, efimile; però fi dee ordinare il modo del viuere in quello modo , L’ aere fiafreddo, Se humidetto, il fonno moderatoci vino fi laici,e fi beua acqua cotta con orzo,ò vino di pomi granatini pane fia ben cotto,e fenza fale,le carni di vccelli, òdi vitello in_> poca quantità;!) moto è nociuo,c cofi le fpeciarie • Gli humon fi preparino con brodi alterati, con acetofa,endiuia, lattuga, ecicorea. I! corpo fi purghi con tré oncie di Groppo rofato foluciuo, e quattro fcropoli oi.reo- . barbaro,dsflolti in acqua di endiuia, ouero con vna oncia di fiori di caffi?, 1 / & vna dramma di reobarbaro. II cauare fangue in tal cafo e ommo nnM dalla vena del fegato nel braccio deliro,quando l'età,ò la debolezza.»


tsi B E L L A

COMMARE

non loprohibifcà ; e tanto più ciò fi dcue fare, quando le piaghe fofle* ro con qualche infiammatione. Cofi anco fi procuri ogni giorno il be­ neficio del corpo, quando la Natura fia pigra àquefìo. Doppofìattenda à rifanare la piaga , ilchefifà in due m odi; prima mitigandoli do­ lore, fe vi fard; perche farebbe Tempre correrei’ humore, e farebbe im­ ponibile rifanarla; fecondariamcntc deflìccandol’ ideila piaga, cornee neceffario per teftimoni d’ Hippocrate. Il dolore fi leua con l’ vfo dell’oglio di rolli d’oui, applicandoli conbombace nella natura fopralapiagha; e perche il dolore ficommunica alle parti circonuicine perla vici­ nanza loro; però e bene per mitigarlo vngeretriil petenecchio, el’ombilicocon oglio rofato completo,nel quale fiano bolliti lombrici, col qua­ le fi debbono vngere anco le parti vergognofe della donna, tràl’vno, è l’ altro fedo. Si può anco adoprare il latte delle donne, come vuoleRafi. Gioua fopramodo il bianco dell’ouo ben sbattuto, co’I latte di femedi papauero bianco, meffo nella natura con vn fchizzetto, ouero il bianc o dell' ouo pure sbattuto con la mocillagine del feme di pfilio, & i] fugo , ò decotto del ifquiamo bianco. Quando mò il dolore fofl'e intollerabile, fi niòd detti fughi aggiunger vn poco di oppio, cioè due grani, perche ebenel’ oppio infufo nella matrice può indurre la fterilitd, nondimeno fi può vfar, per leuar quel dolor, eh è ecceifiuo, è può vccider, pcrcheèmeglio reftar ifenle, che morta. Ma quando le piaghe fiano femplìci, èìenzadolor (femplici chiamo quelle, chefonocon fempliceefcoriatione )all’horafi poliono guarire co’I decotto di balaufiij, e dello fpodio fattoio acqua rofa, & applicato, ò con vno fchizzetto, òcon_. pezze bagnate, tenute continuamente nella natura • E fe oltre la efeoriatione, ò feorticamento, la piagha farà profonda, fiadibifognoallhora vfare medicamenti di maggior virtù, acciò operino con maggior forza. Onde gioua il decotto delia piantatine fatto in acqua rofa,ò il il fuo fugo , con vn poco di bollo armeno, ò fangue di drago. Ma perche rare volte^> le piaghe fono profonde, che anco non fianoputride , e puzzolenti; però fia in tale calo la cura più difficile. Si mondifichino dunque eccellentemen­ te co’l decotto deH’Ariitolochiarotonda, dellamatricala dettaamarella in quello paefe, e dell’ orzo fatto in acqua: il qual decotto, ò fi intro­ metta nella natura con lo fchizzetto , ouero con le pezze bagnate in eflo. Gioua anco il decotto, l’acqua (tifata dell’herba detta coda di cauallo, la qual fi domanda qui feritole, e di quell’altra detta borfadi pallore con vn pocodimelle, òdi zucchero pure applicato nel modo fopradetco. Iponeri potranno vfare il fero del latte detto fcolo, intromettendolo nella_# matrice con lo fchizzetto, òprefo per bocca doppo la purga; perche ne^ mali della matrice è ottimo rimedio , come tefiifica Galeno, nel libro de_ cimo de 1 medicamenti femplici. Mondificatechc faranno ie piaghejil eh’ ficonofeerà dal non vfeire più marcia, ò poca, all fiora fi debbono deflìce .care. E perche la matrice, e-di foflanza neruofa, emembranofaconpoi ig'hiflìma carne , come fi diffe nel primo libro, però nel delficcare fideb} c onovfare medicamentipiaceuoli, e leggieri; il che non fi farebbe nellcparti carnofe,ò piaghe cócumaci. Sarà anco bene in queiti efficcanti porre fem-

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Tempre acqua rofa.-poiche le parti vergognofe godono infinitamente dieffa; e per quello iohòvfato fpelTevolte con felice fucceffo la tuttapreparata,e lanata dieci volte riell’acqua rofa,fata non in vetro,ma in lambic­ co di piombo: perche il piombo è ottimo à rifanarc le piaghe. Quella poluere li intromette con i peflarij.ò pezze,ò bombace dentro la natura lindo, uc fono le piaghe.E anco vtiliilimo il precipitato buono,che è l’imperato­ re delle piaghe macerato, per tre, ò quattro giorni in acqua rofa, ò in fu­ go di piantagine, e di folatro ; onero rifteffo mefcolato con vnguento rofaro di Mefue, cioè due dramme per oncia. Io foglio vfare l'vnguento de i fughi compollo dall’ Eccellentiflimo Signor Giulio Cefare Arancio mio Maeftro, tlqualcfifà di lugo di piantagine, di centaurea, di folatro, di oglio rofato completo, canfora, e cera ; aggiungendoui vn poco di ttttia,ò precipitato: perche quello nò folo fana qual fi voglia piaga della Matricejma di qualunque altre parti del corpo per contumace,che ella li fia_,. Gioua anco quello vnguento,che li compone in quello modo. Piglia di oglio di mandole dolci quattro onde,di tutia lattata in acqua rofa,di preci­ pitato lattato in fugo di folatro, vna dramma per ciafcheduno.di aloè polueriza to meza dramma; di zafferano mezo fcropolo; di fugo di piantagine,e di folatro meza oncia per forte:di canfora vno fcropolo,fi facciano bollire i fughi, e foglio fin che fi con. fumino i fughi,e poi fe gli aggiungano le polucri;e fi incorporino, e poi fi leuino dal foco, maneggi­ andole in vn mortaio di piombo fin che l'vnguento fia ben freddo, e poi fi intrometta dentro la matrice^ con rafie,ò bombace, ch e efperimentatiifimo . E quando le piaghe follerò tanto infondo della matrice, che le taile non vi poteflc. giungere ; all’hora fi disfa queilo vnguento con oglio di man­ dole dolci, e fi introduffc con lo fchizzetto nelle parti effefe.

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VELIA

COMMARE

Dalle ragade^ e della rottura, chef affialle donne tra l '*vnOi ell altro Ceffo\ coni propri/ rimed ij. Cap. XIII. Itì faci! da fanarfi fono delle piaghe quelle Allure dette Ra­ gade, le quali non folo d’ intorno all’ vno,e l'altro fedo fogliono nafccre doppo il parto vitiofo, ma anco per lo più moleftatio i capitelli delle mammelle in m o d o .ch o difficilmente fi può dare il latte allecreature. Onde la_* Commare dè efler molto diligete in curare limili infirmi» taddi. Ma perche nel fecondo libro al capitolo vigcfimofcfio di quelle Allure à baftanza fi á ragionato,volendo fuggire la longhezla , e non replicare due volte vna cofa, potrà la Commare reggerli confor­ me à quanto colà fe ne Icriffe, e quanto alle mammelle gioueranno anco i medefimi rimedi;. Màdouendofi dare neceirariainenteil latte alle creatu­ re ,vfiqucfia diligenza di lauareil capitello alianti che le fia pollo in boc­ earon fa fequentc lauanda cioè con vn poco di vin negro picciolo, ebra­ ico,nel quale fia bollito vn poco di rofe fecchc,& vn tantino di mele rofaro,auucrtendo di fchiumarlo,e di laiiarei capitelli delle mammelle doppo thè il fanciullo hará lattato. Si debbono poi prendere gli onguenti ordina­ ti nel predetto capitolo vigefimofello del fecondo libro mettendoli in vna feorza di noce, tenendoli fopra il capitello. Ouero fi prenda butiro frefeo , lauatonoue volte in acqua roía, e di tutia AIeflandrinapreparata_, vna dramma, e mefcolando l’vno, e l’altro fi pongano fopra la fiffura, haucdolo come fi è dettorc tanto baAihauer parlato delle Ragade. Maggio, re di effe ienza comparatone è quel male, il quale fuolc venire alle mifere parturienti, quando per la difficolti del parto, e per la groifezza delle _» creature fi rompe quel tramezo di carne, che è trd l’ vno, e l’altro feifo, & è detto da i medici Perineo ; per difetto di cui coli la matrice, come il bu­ dello può muouerfi di luogo , oltre che non curandoli fi predo queflom ale, fi conuertirebbe in piaga, e piagha tale, che farebbe diffi­ cile da fanarfi. Onde iaCommare accortali di tale rottura; fi prepari fubito per rimediami, e veramente il buon rimedio farebbe lauare lamatri. ce con vin bianco caldo, nel quale fia dilfoluto vn poco di butiro frefeo, e ridurla doppo al fuo luogo; il che fatto bifognerebbe con due, ò tré ponti dulcite le parti giàdiuife, Ma pérchela Commare, e peri incfperienza ,e per la timidità fua, e male atta d tal opra, & il Cirugico per vergogna non fi domanderà dalla patiente : mi fono imaginato il modo jcol quale maranigiia la Commare porgerà aiuto in tanto bifogno, 3c è quello. Pigli due l^e lille di tela nona,lunghe tanto quanto farà la rottura predetta,e larghe due aC dica,ò poco meno, le quali ficuopronodi pece,ò di cerotto barbaro,e lì accomodino foprai labri della rottura» ponendone vnà da vna parte, o

l’altra


L I B R O

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l'altra dall’altra,e dopò con vii ago cufcendo la tela lenza toccare la carne ò la pelle; perche mentre fi vnifeono quelle lille co'l filo, tirano le parti di', uifeal luogo loro . Fatto ciò, prenda due chiare d’ouo ben s battute,c con vn poco di ftoppagh applichi {opra l'vno,e l’altro fello,ammettendo di fare in modo,che la {loppa non penetri dentro la natura:perche potrebbe fopprimcre le folite purghe, il giornofeguente leuata c’harra la lloppa.fomcti la rottura co’l icguente liguore. Piglia me za Iibra di vin bianco picciolo* Si altrettanta acqua rofa di foglie di rofe roiTe,di foglie di perforata mezo pugno per forte, fi mefcola ogni cofa, e fi fa bollire, e con vna fponga fi fo­ menti il male mutandola più volte, e quello ordine fi ofierua per due gior^ n i. Dopò il fomento fi ponga dentro l’apertura quello vnguento. Piglia di oglio rofato vna oncia, di oglio di perforata meza oncia, di trementina fei dramme.e di cera noua quanto baili per fare vnguento, il quale fi acco­ moda fopra le fila iottififiìme,ridotte in faldelle, e fi applica dentro la rot­ tura per none giorni,deppo i quali fi pone fopra ladetta rottura la poluere di confolidamaggiore. Si onga anco tutto il ventre della patiente vna volta il giorno con foglio feguente. Piglia di oglio di perforata, di oglio di camamilld vna oncia per forte, di ogiio di mandole dolci meza onciali mefcola il tutto,e fi fà l’vntione ,doppo la quale fi pone anco vna tela mi{furata detta da i Cirugici fpara drappo fopra il ventre della donna, lafcia* doucla portare almeno per quindeci giorni accomodata con vna fafeia. Si può anco prendere di oglio di mandole dolci, e di perforata, vn’oncia per forte, e di cera noua due onde, fnefcolando ogni cola al fuoco, & infon­ dendo doppo in quello licore tanta tela noua,quanta balli d coprire tutto il ventre della donna,(opra il quale fi deue applicare. Trattanto ordini poi la Commare il viucre regolato all'inferma, in quel modo, che fi farebbeu ad'vna, che fofle fcrita;cioè negandole il vino, accioche non le fopragiun* geffe la febrc,e beuendo brodo in ino luogo Mangi oui frclchi,e panate Ile in brodo,e qualche poco di carne di pollò,ò d'vccelletti,e fopra il tutto rii la quiete, e per quattro giorni almeno Aia fempre in letto, non fi leuando ne manco d fare i bifogni necclfari; : mà quelli fàccia nel letto.

Delle erefie ,nate,òeferefeenz^e,che venirefogliono alle natura della donna,ecomefi debbono curare. Cap.XIV. n 9B P p E & | ’Vltima parte delle malattie predette,e quella che contiene III lafproportione de’ membri, la quale confillein vna di que] c j| trc differenze, ò nel numero, ò nella grandezza, ò nel ITT jyk to*Pcr tale cagione quella,che hanno pietre nella vellica,ò l o~ nclle reni,porri,na tte,ò altre eferefenze,vermi,ò limili,li riU e B B S E S o ducono alla prima forte di quelli mali; e quegli, a’ quali fi gonfiano alcune parti, come i gli Icropici la panza, i i mal fani le gambe, ò là teda, fi riducono alla feconda forte, c fc vna parte e fee di fico»


x5fi D E L L A COMMARE

fito.ò luogo,come Vii braccio,vna gamba,vn'occhio, ò altro membro ap­ partiene alla terza. E perche anco ne i parti difficili accadere Cogliono ma­ li di ausila forte;però anco di quelli per potergli porgere rimedio,dee eflere la Commare informata.Suole dunque bene'fpeffo aU’impagliolate per il molto patimento, e dolore del parto vitiofo, ò per lacalidità de gli ogli vfati per facilitarlo , ò per il molto {Impicciare dellaCommare debilitarli talmente,e (degnarli infieme le parti della natura,che per concorfo di mol­ te materie perìo più flemmatiche,fi generano alcune carni à guifa di crede di gallo , le quali tanto fogliono vfeire dalla natura, che pendendo fuori fanno horribile fpetracolo^ & impedimento notabile alle donne, cofi nel fare i feruitij loro neceffarij , comenella.concettione, e natiuità de’figliuoli. E perche quedo male non ha bifogno d'altra cura, che di edere leuato.però la Commare(quando che la paziente non voglia feruirfi de l’opra del Cirugico per vergogna) potrà vfar tre modi per Ieuare le dette eferefcenze.ouero legandole con vn filo di feta cruda iottiliffima,& ogni giorno dringendole fino che calchino,ò con forbici ben taglienti tagliandole,e (ujjito a pplicandole chiara d'ouo con acqua rofa per tre giorni continui, ouero adoptando il feguente vngtrento, il quale fi deue accomodare in ma­ niera con lo bombace.che non tocchi altroché la natta,creda,ò crefcenza, %h e dire vogliamo - L'vnguento è cale. Piglia vna chiara d'ouo sbattuta perfettiflìmamente,e purgata di quella fchiuma,che fuol farli nel sbattere, epoiaggiungeruimezofcropolodi folimato beniflimo poluerizzato, & vn’oncià di vn’ herbadetta Ranoncolo, ò piede colombino, fi mefcola il tutto infieme,e fi adopra nel modo fodetto . Quedo medicamento è tanto efficace, che in tre, ò quattro volte fi adopri perfettamente, lie* ua le dette eferefeenze, e fe per cafo toccafle le parti cip conuicine ; perche farebbe nalcerc veifiche , ò le fcoi> ticherebbe ; all’ hora fi può vfar acqua rofa , e chiara d’ouo ben sbattuta, oucro vn poco di vnguento rofato con fugo di folatro\ fin che fia guarito il detto feortitume, òla vellica, e fi può doppo fare ritor­ no all’vfo dell* vnj guento ante* v

d e tto .


l i b r o

t e r z o :

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'Delle Morene della Matrice infierne con la cura loro.

Cap. XV. IE morene nella matrice ricercano maggiore cura : perche ap. portando febbre, e grandiilimo dolore, fono di molto peri­ colo fe preño non vi fi rimedia. Queñe fe bene poflòno nafcereperle purghefuppreffe, nondimeno perle più la pro­ pria caufa loro è il parto diffìcile, il quale perii dolore delle parti della natura precipita molto fanguc nelle veneloro* e perciò gonfiandoli oltre il douerc producono le morene della matrice. Si conofce ageuolmente queflo male dal gran calore di quelle parti, e da! do­ lore continuo; anzi l’iitcffe morene fi poflòno toccare col dico, ouero an­ co vedere. La cura loro fi dè con ogni prelfezzacffequire; fi perche poflòno indurre la febbre grande,come perche poflòno conuertirfi in apofteme, & cancri. Quefta cura poi è quali l’ifìefTa,ch’e g ii fcritta nel lib.a.al Cap. 26. douc fi parla delle morene del federe, fenon che in quefte bifogna mag-’ gior diligenza, perche apportano pericolo maggiore. Ondela Commare ordini fubito il viucre parco, acciò generi poco fangue, facendo mangia­ re alla donna pane in brodo, oui frefehi,carne di vitello, òpollaflrijn^ poca quantità, e facendo bollirene’brodiacetofa, endiuia, elattuga^,. 11 vino è nociuocofi in quello male come in ogni altra flulfionc di humori, e l’orzata in fughi, e in grani cotta in brodo, ma bcnilfimo bollita, e ottimo nutrimento in cafi tali. Lvfo de i feruitiali è mirabile, perche conferuandofi il ventre lubrico, non fi preme molto per fare ifuoi agi, di maniera che il fangue corre meno alle morene ; ma quefli fiano fatti di fu­ ghi d’orzo, d’ogiio, e di butiro. Doppo quefli fi può cattare fangue nel principio del male nella vena del braccio, cioè quattro, ò fei onde fecondol’ctà, e forza delle patienti; sì per euacuare il detto fangue; stanco perrafftenarilfuocorlo, che feende albalio. Molti attaccano le fanguctte alle morene nel principio del male, maquantociò fia fuori di ragione lo infegn a Galeno in feicento luoghi quando dice che nel principio drogai fluflione è neceflario ritirarlo alla parte contraria, e pur le fanguetre ritiranoalla parte ofFefa, cpervn’ oncia di fangue che fucchiano, vene con­ ducono dieci; oltre che eccitando dolore non mediocrequefloaccrefce anch’egli la fluflione. Pcrfanar poi il dolore doppo hauerecauaro il fan­ gue giouano quegli ifleffi rimedi) applicati alla natura, che di foprafuro­ no notati nel fecondo libro al capitolo vjgefim ofeflo. Ma oltre quelli il' latte di vacca caldo fchizzato nella natura con vn picciolo ichizzetto è vtiliflìmo, come anco l’orzata intromefla nel modo medefimo, e più efficace èancora il latte del feme de’papaueri bianchi, fatto con acqua di lattuga. E quando la pariente non voiefle fopportare tale operatione del Schizzetto, fi può preparar vn bagno di acqua commune, nel quale dimori


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d e l l a

c o m m a r e

la patiente per mez’ hora auanti il cibo due voice il giorno. II bagno fi fi in quello modo Piglia dimalua, di viole, di latugadue pugni per force; di fiori di Nenufarc bianco, di foglie di piantagine, difolacro, di fiorijdi camamilla vn pugno per force ; di Temenza di lino ere oncie ; di orzo feorticacoerèoncie; di papauen bianchi orco capi, co’l feme loro, equattro lecchi di acqua commune, fi mefcoU il nitro, e fi fi bollire fin che fi confumi la terza parte; fi pone dopò in vn vaio di terra, òdi le* gno, e dentro vi fi pone la patiente, come fi è detto. Doppoil ba­ gno gioua fopra modo il feguente vnguento , applicato dentro la natura con foglie di Piantagine. Piglia di vnguento populcone, di vnguento rofatodi Mefue; di vnguento infrigìdantc di Galeno vn’oncia per force, di latte di donna due oncie; di fugo di piantagine , e di ninfea vn oncia per forte, fi meicola il tutto in va mortaio di piombo, e fi adopra come fi dille.

Della enfiagione della Matrice , e della itici cura. Cap. X V I. Eguono il parto vitiofo alcune altre malattie, detti dai Medici nella magnitudine ; perche fi confidcrano nella_, grandezza , allaquale è ridotta per effe la matrice . Ma quella grandezza è molto differente da quella della j grauida, perche quella none infirmiti, ne impedifco l’ operationi, e quella, della quale parliamo, f i l ’vno, c l’altro. Hora potendo crefccre la matrice, ò per la ventofità , ò pergli humori, fi dee fapere, che i flati, òla ventofiti può effere cagione non folo dell’ enfiagione della matrice : mi anco di tutto il corpo ; echel’humore fe è acquofo, produce l’hidropefia deH’ vtcro; feè fangumno l’ imflammatione detta apoflema; fe è colerico, fi la_* rifipilla, fe è malinconico il cancro» fe è flemmatico finalmente fi vn tumo­ re duro; e fenza dolora detto Scirro. Ma perche come g ii piu volte hò detto.iouon intendo ragionare fe non di quei mali ; che feguono il parto vi­ tiofo , e poche volte, ò non mai veggiamo, che doppo cale parto ne fegua hidropifia,cancro, refipilla, ò feirro, lafcierò quelli i quei, che trattano di tutte le malattie delle donne,e parlerò de gli altri, c prima dell'enfiagione, dell’vtero. Aetio nel Iib. decimo ottano cap.78.dide,ch’ella può nafeere io doi luoghi della matrice, ò nel collo, ò nella fua cauiri.e quanto alla caufa volle,ch’ella nafceffe.ò per aere venuto di fuori,come fi fi ne i parti difficili, e nell’aborto particolarmente. ò per debolezza di erta matrice, la quale effendo diuentata più frcddadel folito, produce tali flati,i quali pure fono cagione di gonfiarla , e di gonfiarle ir.fieme tutto il corpo. L’ifleflo Aetio pensò,che ne potefle effere cagione ancora vn pezo di fatigne cagliato,det­ to da i Latti grumo,il quale otturando la bocca della matrice prohibifcel’efito fuo alU vétofitd.Si conofce queito male per quelli fegni,che doppo il par»


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parto ìmmediatamenre torna il corpo à gonfiarfi, come prima fenzaclie la dono a fi fia congionca con l’huomo e quando anco fi folle congionta, il gonfiar fi in vn fubito à tanta grandezza è legno ; che ciò viene daziati, o non da copula carnale: perche in quella fi gonfia doppo due, ótre meli. Oltre quello nafceanco (ubico vn dolore pungente, il quale incomincian­ do dalle anguinaglic occupa tutto il ventre fin fopra l’ombilico,& alle voltearriuaanco allecoite,e tal volta tormenta tutto il corpo. Sefifentedi piò vfeir dalla m atricc alcune ventofità, anzi di continuo mentre la donna fi muoue , fi fentono rogiti,e brontolamenti nel ventre, e toccandolo con la mano,fi (ente didimo,e rifuona percofiò à guifa di tamburo. Quando dunque la Commare fi fari accorta di quello maleiludij fubitodi dargli rimedi) : perche fe bene in fe iteffo non è mortale, nondimeno s’egli non e curato in tempo, e lemmario di molte, e grauiffime infcrmitadi. Ma fi cu­ ra facilmente adoprando vna buona regola di viuerc, & alcuni medicaméti locali,come infegna Rafi. La regola del viuere fari ottimale l’aere fìa_, caldo, come contrario alla caufa del malejò fe l’aere fia pieno di dolori; fi­ che fi fi gettando nel fuoco garofoli, canella, ma Ilici, noce mofeata, pulegio, calamento,fogli di lauro, finocchio »cimino,& anifi. 11 cibo fia fobrio, & il pane con anifi, e finocchio ; il vino fia grande vecchio, bianco, come è la vernaccia, e la maluagia garba, ma in poca quantità e quel vino che fi compone con zucchero, e canella, & è detto Hippocras è ottimo in quello calo,ma vfano parcamente,e quando l’inferma nó hauefle febre, che non habbia nel corpo molta pienezza di humori.Tutti 1 brodi fiano al­ terati con finocchio,anifi, cimino, origano, e menta. Vfi la donna le fpetie del Diacimino al pefo di vna dramma nel vino,ò nel brodo, due hore_j auanti il cibo . Le fi facciano due feruitiali ogni giorno per vn’hora auanti il mangiare,con decoto di finocchio,bacche di lauro,& abrotano vna libra di aneli,di oglio di camamilla,diruta,di aneto vna oncia,e meza per force, di mele rofato tré oncie,e meza di Iera pietra femplice di Galeno; aggiungendoui due dramme di Diafinicone fenzafale,& ouo. Il fangue nonfidee cauarc, perche il male nafee da caufa fredda ; ma quando quello male fegua l’aborto, nel quale per lo piùimeftrui fonofoppreffi, fi può cauarc fangue con molto giouamento alla paciente gagliarda della vena deltalo nel modo , che fi è detto nel libro fecondo al capitolo 31. E fe il male non_. cede à quelle prouiflìoni,fia bene dare alla donna fi feguente boccone quac* tro hore auanti il cibo. Piglia alla fpetiaria vna dramma,cmczadilera,di Ruffo, & vn’oncia di Diacartamo, e fanne bocconi,che oprano eccellente­ mente, hauendo prima prefo per tré, ò quattro mattine di quel brodoalteratto con aneli,e finocchio,che fù detto di fopra. Si poflono anco fare empiaftri di arfitolochia rotonda,di Iquinanti.di zedoaria.di finocchio,di anifi,di ruta di aneto,e di fcmolc,mettendo vn poco per forte delle predetto cofe à bollire in vin bianco,finche fia fatto come yn’cmpia(lro,fi quale s’hà da applicare fopra il corpo. Giouanoanco alcuni Tacchetti,ne i quali fi po­ ne femola finocchio, anifi, fiori di camamilla ,fale,efemedilino, e quelli ~ ben caldi fi mettono fopra il ventre. Quella cura medesima giouaancoà/ Quella fpeccie di Molaiche nafee da ventofità.Maic limale nafee daqueflo R a pcz-


i6oDELLA

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pezzeto difangue cagliatojch’è detto grumo, in talecafola Cornmarc prò. curi col dito onto co n oglio di viole gialle,ò di aneot, ò giglio bianco,pe­ netrare al collo della matrice per leuare il detto fangue, e ritnouerlo da-, quel luogo ; ouero per romperlo con lo fpeilo lìrigolare. Doppoqucfto faccia vmi taila di ficchi lecchi ben pelli vn’oncia, due dramme di cimino pedo,e con oglio di aneto fi impa(li,e fi metta nella natura. Uchefe p u ro non giouaffe fi dia alla patiente quella bcuanda, che fi compone nel modo feguente. Piglia venti mandole di perfichi pelle, due rolli d’oui frefchi di canella, di pepe longo di zafferanno, di garofoli, e di noce mofcata, vno fcropolo per forte;dizucchero fino vn’onza,di vin bianco due oncie, fi pefla il tutto,e fi fd vn poco bollire,e fi d i poi alla patiente, pur che non habbia fcbre,ch e ottimo medicamento.

Dell' enfiagione che nafee fopra /’ orribilico t e de'rimedij d'eJja*

Cap.

XVH.

'Enfiagione predetta,e i dolori del parto vitiofo fogliono produrre vn’altro noiofo effetto nel corpo, Se è , chc_a ò per la molta ventofiti, che io defìira troppo, ò per 1 • eccefiiuo dolore fi dilatano quelle rughe , ò crefpe ch<-» di g ii erano contratte nell’ ombilico mediante la le­ gatura fatta della Commare nel nafeimento, per diffctto di chi fi fàvn tumore , ò enfigione fopra l’ombilico , che alle volte crefce alla grandezza d’ vn mediocre melone . Qneilo male fuole anco nafeere dal molto aere , che accattano 1&* donne nel gridare, efofptrare, che fanno nel parto difficile, iiquale cor­ rendo per tutto il corpo, precipita rerfo l’ombilico, e produce cotale* infirmitadc, ch’èdi grandiffimo pericolo. Però quando vorrà la Commarerimediarui predo, e bene , commandi alla patiente, che giaccia fui letto fupina in piano, cioè lenza papezzale lotto le {pale; e ciò fatto fi adopricon le mani per ridurre il budello, che per l’apertura era vfeito* al fuo luogo; c fc la ventofiti coli corfa lo prohibifee , fomenti il luogo predetto col feguente decotto. Piglia di feme difinocchio, dianifi, di aneto, di camamilla, e di feme di lino vn pugno per forte, &vn boccale di vin bianco grande vecchio , mcfcola, e f i bollire ogni cofainfiemefitt che fi confumi la m e ti, e poi con vna fpongia fomenta il luogo più volte, fin che l'enfiagione fiafminuita: fiche fi fa predo. Ciò fatto fi riduce il bu­ dello al fuo luogo, e dopò vi fi pone fopra il feguente cerotto, iiquale n i virtù di corrugare, e di codringcr quelle parti rilaflate. H cerotto e cale. Piglia di aloè, di triadici, ci incendi, di lodano , di ambra » i di draganti, di gomma arabica due dramme per forte: di bidorta, di r fiipocidido,di acatia, fangue di dragone, di bollo armeno, di gala vna

«ramo», cmeza per forte » fi wclcoUno tutte le predette cofe, e i


LIBRO

TERZO:

xSi

peftano bene, e con tanta cera gialla, e pece nera quanto batti, fi fi cerot­ to,e fi applica fopra il luogo offefo,accomodandoci vn cufcinecto fopra..,, e legandolocon vna fafcia,acciò fi attacchi bene. Ma per le pouere.che non pofsono fare tanta fpefa,vfi la Commare il fomento di ceci roliì, e del cimi* no per rompere la ventofità, e per cerotto pigli due onde di incenfoma. fchio, e lomefcoli con vna chiarad’ouo e l’ impatti fopra l’ ombilico, lei gandoui con vna fafcia.E fc quello male fofse male gouernato,e perciò s’inl fiammafse, all'hora il male è irremcdiabile : onde fi può vfare per con fola* tione deirinferma vn’empiaftro fatto di vioIe;di malue, di farina d’orzo ; di oglio violato, e di fugo di piantagine,e fe le può farecauare vn poco di fangue dalla vena del piede.hauendole prima fatto vn feruitiale;e doppo fi at­ tenda a confolarla con buone parole, perche aJ più in quattro giorni non_. diuenw vn cancro.

D ell’ infiammatìme della Matrice , e della fua cura .

Gap. XVIII.

Rauiflìma è quella infermiti nella magn/tudine, ò gran­ dezza,che vogliamo dire, la quale fiìole venire dopò il parto vitiofo,& è detta infiammagione,ne altro è ch’vna apoftema nafcéte dal molto fanguc concorfo alla matri­ ce. Onde ella può hauere origine cofi da i melimi fupreffi,come dal vitiofo parto,il quale,ò per il molto dolore, ò per lo (Impicciare della Commare nell’aiutare il parto fece concorrere molto fangue in quelle parti.il quale produfle poi l’infiam. magione. Ma perche io ragiono di quella in quanto ella fegue il parto vi­ tiofo folamen te,falcierò di trattare di quella,che nafce da i meltruifuppreffi, oda piaghe vecchie. Segni dunque ai ella fono i dolori acuti nelle parti vergognofe , i quali rifpondono nei lombi, nelle anguinaglie, e in tutto il corpo,e cofi è parimente fegno il dolore di capo, il Conno profondo.il zauariamento,ò il vaneggiamento,e feiì tocca con la mano il collo della mitrice;fi fente duro,e caldo d'vn calore acutiffimo. E perche tale infiammagione può cofi auuenire nelle parti dauàti.come in quella dietro della ma­ trice, fe fard nella parte dauanti, il dolore fi fentirà maggiore nel perenec. chio.ela donna non potrà orinare fenza molta difficolti: ma elfendo nella parte pofleriore,il dolore fi fentirà nei lombi,la pariente anderd del corpo difficilmente . Cofi fel’infiammationefarà inluogo più alto,ò più ballo, fi vedrà da i legni che dimoflranoil luogo offefo .Quelfo è chiaro,che nell’infiammatione dell’vtero, fempre fi vede la febre continua la quale canto più crcfce, quanto più il male fi mattura, al quale fubito fi dee rimediare ; perche Hipp.nel5.1.degliafforifmi,ene] a.delle malattie delle donne dice,/ che rinfiammatione,òrefipil la della Matrice nelle grauide è mortalillìma, & in quell e,che nò fon grauide, quantuque nó fìa tanto mortale, però gua.

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DELLA

COMMARE

rifcc rare volte. La cura di quella hi tre capi ; l'vno di ordinare il viuere, l'aicro di mitigare il dolore, il terzo di fare nafeere la matrice, e di rompe­ re l’apoitemma. Il viuere fi ordina con l’ aere freddo.ilquale non eifendo ta. le.fi come none nell’eilate, firaffredi conio fparger acqua rofa, aceto: foglie di lattuga, di ninfea, d iviti, di falci, e di altre coie limili perle ftanze, come altre volte fi è iniegnato. La donna laici il vino, e beua ac­ qua d’orzo, ovino di granati, e mangi poco, e carne di pollo alterata con accettofa, endiuia lattuga, & orzo. L’orzata è ottima co'l fugo di naranzi, ò con l’agrefta, e fia bene che la patiente vada del corpo ogni gior: no con vn feruitiale commune , fatto con decotto di malua, d’orzo, di latuga, oglio violato, e vn poco di cafiìa. Dorma poco, e meno fi adi­ r i, e in queflole ficaui fangue, ad ogni modo fi dee fare in ogn altra infìammatione. Ma da quale luogo fi debba cauare, non è ben certo ; poi­ ché vi è molto difparcre trd Medici per le varie fentenze, che lafciò fcritre Galeno. E vero, che lamia Commare non fi curadi dilpute; e per­ ch'io ragiono deH’imfiammatione che feguita il parto vitiofo, però fia be­ ne cauare il fangue della vena del talo, fi pere he è cofa ottima prouocar le purghe nel tempo puerperio,come fi f i cariando il fangue del detto luogo, fi anco perche Galeno dice fuori de’dentiin piùd’ vn luogo, che nelle infìammationi delle reni,vellica,e matrice,il cauare fangue dalla parte da baf­ fo apporta giouamento notabile. La quantità fia fecondo la natura,tempe­ ramento , e forzadella patiente, cioè nelle giouani gagliarde, e carnofe} più dell’altre meno-, e quello baili per il primo capo - Per mitigare pò» il dolore fi vii l’emplaftro vfitatiflìmo da tutti i Medici, che fi fi di latte vacino, di pane gratato, e di oglio ro fito , ponendolo fopra la natura del­ ia donna, eh è rimedio prefentaneo : e fe non potette hauere coli pretto il latte vaccino, fi prenda quello di donna, ouero il decotto di puligino, piantagine, malue, niniea, papauero, viole, & orzo, mefcolandoui vn poco d'oglio violato, òrofato, La cura ordinata delle infiammationi la infegna beniffimo Galeno nel libro quarto del Methodo, dicendo eh el­ la confitte nel ripercuotere in principio. Ma perche poche volte, ò non., mai il Medico, nè la Commare è domandata in principio del male, pero èpericolofoil ripercuotere efiendo pattato in principio. Dunque iniuo luogo fi puòrifoluere , òmaturare, e per quello s adnprnl decotto di malue , e di viole con vn poco di camamilla, e di aneto, e foglio dicamamilla, e rofato, con vn poco di farina d'orzo ; e di faua; perche qu elle^ cofe ri mluono mediocremente. Ma fe farà tanto auanti il male che non fi poffa rifloluere.ali’hora fia bene maturarloiil che fi fà con l’empiattro fatto di malue,maluauifchio,fichi fecchi,radice di giglio bianco,fognia di porco, butiro,e leuamento con vn poco di zafferanno. Rota che fia la poilemma.fi adopri per 7. giorni quello digeiliuo fatto con due onde di oglio rofato,co meza oncia di oglio di abezo, & vn poco di cerai e dopò fi fenizzi nella na­ tura della donna vin negro,nel quale fiano bollite rofe, & vn poco di mele, 1 >e n elle fila fi pon ga m ele co n vn p o c o di in cen fo .e m irra p e fia ,& yn p o c o di di fo p ra n e l c a p . d elle p ia g h e , & q u e flo b a ili p er in ftru ttio n e della C o m m a rc in q u e llo

' c a r ta a b b ru c c ia ta .G io u a a n c o l’v n g u e n to de i fu g h i,in fe g n a to


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xé*

LIBRO TERZO,

m a1e;au u erten d o ch e q u a n d o d o p p o il p a rto v itio fo ( il che p o ch e v o ltc _ > ¿ v e d e ) nafcere la r e fip illa , fi cura con il m o d o m e d e fim o , q u an to a i v iu e r c , & al cariare fa n g u c : m a non f i v f a n e v n t io n i, ne em p iaftri : ma_* fo lo l'a c q u a d elle m alu e c o t t e , d 'o r z o , a lle n e n d o li an c o d a ll’ o g lio vio la to ,e r o fa c o .

De i modi diuerfi della Matrice e della cura loro .

,

Cap. X IX .

V Itin ia forte d elle m a la ttie d elle d o n n e ,è q u e lla ,c h c c o n tiene im a h c o n fid e r a i nel fico ; E p erch e nel p a rrò d iffi­ cile alcune p a rti del c o rp o d ella partu rien te m u tan o fic o , ò alm eno p are che lo m u t in o , p erò an c o di q u e lto è be­ ne,che fia in fo rm ata la C o m a r e . R a g io n e rò d u nq ue d el m o t o , che p u ò fare c o fi la m a t r ic e , co m e il b u d e llo p er­ che I’ vn o ,c l ’a itro p u ò v fe ire d i lu o g o ,m a p rim a d irò d e l­ la m a tric e , au u e rten d o che io h ò c h ia m a to q u e llo fcam b iam en co di fico ò v e r o , ò ap p aren te : perche G a le n o nel lib r o fe d o d elle p arti o ffe fe , rifiu ­ ta l'o p in io n e di P la to n e , il q u ale p e n s ò nel fuo T i m e o , c h e l a M a t n c o m u tan e lu o g o n e lc o r p o h u m an o ; il che è falfilfim o . O n d e hauendo io nel p rim o lib ro c o llo c a to rv te r o tra l’o m b ilic o , & il p eten ccch io c o n fo rm e a lP o p in io n c di G a le n o , c del V a fla lio , fi d ic e , che m u ti lu o g o allo in sù , q u a n d o g o n fia to o d a m a te r ia , ò da fla ti fi a llu n g a , e pare ch e vad a a lla g o la . M u ta lu o g o p o i a l'o in g iù , q u an d o per la m o lta h u m id iti rilaffan flo fi q u elle m em b ra n e , a d eq u ali refta a t t a c c a t a , c a l a , & e fc e fu o ri della n a t u r a . D a lati fi d ic e , che m u ta l u o g o , q u a n d o p iù da vna p a r t e , c h o d a ll’a ltra g o n fia n d o li le vene p ien e d ’h u m orc, c o l i Io d ifte n d o n o . D i tu t­ te q u e lle m u tatio n i ne ra g io n e rò d id im a m e n te , a c c io c h e la C o m m a re re­ d i m e g lio in fo rm a ta . Q u efto m a le com e tu tti g li a ltr i h a le lu e c a u fe in ­ t e r n e , « c e d e r n e . L e interne fo n o r id o t te d a A u ic e n n a i due c a p i, c io è a l la r c p le t io n e , & a lla c u a c u a tio n e . L a re p le tio n e ¿ q u e l l a , ch e d iftcn den d o il corp o della m atrice , l’a llu n g a , & a llu n ga n d o la la f i a fe e n d e r o j o u e ro riem pendola fo p ra m o d o , m en tre d eclin a ad vna p a rte , ò a l l ’alcra, la m en a fuori di fico. L a eu acu atio n e e q u a n d o , che edendo p riu a la m atri­ c e di fan gu e che la m a n te n g a g a g lia r d a , d iu en ta m o fe ia , e la n g u id a ^ , « riem piendoli di hu m idita fi rilaffà n o per q u ella le m e m b ra n e , ch e la tcng o n o a tta c c a ta ,o n d e efee fino fu o ri della natura della d o n n a , c q u e llo m a­ le accad e fpefim m e v o lte alle d o n n e . L e c a u fe e fte rn e p o i , c o m e ra c c o n ta M o f c h io n e , & H ip p o c ra tc .fo n o le fatiche p a tite ncll’a b o r t o ,o u e r o g l’erro ri della C o m m a rc,ch 'e lla p u ò co m m e tte re ncll’a iu ta re i parti vicio fi, com e e lo flro p ic c ia re le parti d ella n atu ra fenza ri gu ardo,-tirare le creatu re ò le feconde con tro p p a v io le n z a . p u ò a n c o eflerc ca u fa eftern a, fe la d o n n a 5* Uuaflit qualche graue p e fo d o p o il p a t t o , ò gtid affe,© a'affiiggcffc m o l t o ^ R 4 fotte


iiS 4

D E L L A

C O M M A R E

fofle percoffa nel ventre doppo il parto di frefco. I fegni di quelle diuerfità di moti,e lìti della matrice H/ppocrate li racconta eccellentemente, e dice che fe alla pariente doieranno gli occhi,ò irfentirà la celta tanto piena,che habbia continuamente voglia di dormi re, ouero le abbonderà molta ialina in bocca;chiara cofa è,che la matrice afcende.e manda i fuoi vapori alla re­ ità. Ma quando patirà vomito,ò difficolti di refpirare, co qualche dolor di petto,ó di ftomaco,corronoi vapori alla volta del cuore è del toracejcome quando infettano il fegatose patientiprendono lanoce;& in fomma quan­ te volte afeendono alle parti di fopra, tante voice nefegue la perfocatione della matrice,nella quale refiano le donne come morte. Quando poi decli­ na da i lati, il dolore di quel luogo con qualche durezza ciò manifeila coli verfo le cofcie,come in altra parte. Vlcimamente i fegni della matrice fo­ no chiariffimiiperche la Gemmare toccando le parti vergognofe,lente,e ve­ de vna groffezza in guifa di o u o , e tteH’ifleffe parti fencono le pacienti vn_. dolore notabile,& anco fpeffo orinano con difficolti a goccia à goccia. Di quello maledeue far non poca ftima la Commare ; fi perchele donne, ora­ re volte, ò non mai lo feoprono al Medicojfi anco perche Hippocrate nel libro 2.delle malattie delle donne lo riputò grauilfimo,rendendo le donne iferili,ouero vendendole. E vero che quando la matrice cade al ballo,nel­ le giouaniè più facile redurle i fanitàjma nelle vecchie accade’I contrario; e per dò dene la Commare accingerli con ogni preftezza per rimediarui, hauendoqueflofme principale di ridurre la matrice al fuo luogo . Ma per­ che a ciò fare e neceffario rimouere , e prohibirc ogni caufa eilerna, c h o fomeucafle il male j per quello ordini la Commare, che la patiente giaccia inietto con fomma quiete,fcacci tutte l’afflittioni, òmalinconie,gridori,e toffi. L’aere fia temperato,& s’accoili più al fecco, che ad altre qualità. Vii ogni giorno feruitiali, quando il corpo non feruiffe, e doppo quelli lefreghecon quella auuertenza, che la matrice fara volta alle parti di fopra, fi sfreghin le gambe, elecofcie ma fella volta alle parti da ballo fi freghino le braccie#elefpalle,il vino fia medioche, odorato, e non molto vecchioje figgali l’acqua come la pelle, effendonemiciffima di quello male. I cibi fianocarniaipolIi,d’vccelli,e piùaroflitecheIelle,poichébifognadiffeccare . Il fono fia più preilo poco, che troppo, perche il veggiare diffecca il corpo . Quando il corpo fofle ripieno di molto fangue,e la patiete giouane c galgiardagioua molto nel prefente male il cauare fangue doppo che s’hauerd fatta vn feruitiale comraune ; ma fi caui con quella auuertenza, che fe la matrice afeende, fi dee cauare dalle vene dei piedi dette faftenne, fedeicende da quclledelle braccia. Ma perche Ja commare faprà malamennte reggerli nel giudicare, fe le forze fiano bafleuoli à fopportare l’ emiflione 4al l'angue, ò fe l’età fia conueniente.* però fiano più ficure le ventole taglia­ te con ia medefima diligenza, cioè che fe la matrice afeende alle parti fuperiori, fi applichino allecofcie, fe alle inferiori, fi mettano alle mam­ melle. Si fuggal’rfo di Venere in quelli incouenien-ti di Matrice , eccetto , però quando che cala al baffo, doppo l’hauere ordinato tal modo di vince farà bene la Commare pervadere alla patiente, cheperfei, ouero orto giorni prenda vn poco di brodo tre bore auanti il definare, nel quale fiano b o i-


LIBRO

TERZO.

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bollitefaluia, mehfla, detta herbaroffa, menta, maggiorana, perfemolo, & artemifia ;e dopò che fia coliate aggiungiui vn poco di zucchero. Fatto quefto bifogna darle vna prefa di pillole, le quali componga lo fpetiale in quello modo. Piglia di pillole di agarico due fcropoli, di pillolo di coloquintidavno (crepolo; di trocifci di mira meza dramma; mefcoliil tutto, e confiroppo di artemifia faccia cinque, ò fette pillole, le quali fi prendano dalla patiente quattro hore auanti il definare. Subito purga­ to , che farà il corpo , deue la Gommare con ogni induiiriaadoprarfi per ridurre la matrice al fuo luogo, come qui infegneremo. Ma auuertifca^, che qua parliamo del moto, che fà verfo le parti da baffo, fi perche è il più frequente, che foglia accadere ; fi anco pèrche la cura degli altri moti fi dirà nel leguente capitolo , doue ragionerà della prefocatione della ma­ trice! con ciò lìa cola che la lua cura fia buona in tutti gli altri moti da_, quello in poi, nel quale la matrice feende al baffo. Collochi dunque la_* Gommare la patiente nel letto fupina, con le gambe eleuate alquanto, doppo prenda vin negro brufeo, nel quale fiano bolliti i feguenti femplici, cioè mortella , noce di cipreffo, cuppolidi ghiande, foglie di nefpole, e di forbì mezo pugno per force, e di fangue di dragone vrToncia ; peftando bene il tutto, e doppo raffreddando vn pezzo di acciaio infocato, iett«_j ouero otto volte nel vino predetto , e poi bollendolo fin che fia con fuma­ ta la terza parte. Habbiadoppofubito lana, elabagninel detto licore, e fomenti per molte volte la matrice,e con vn pano bianco l’afciughi è dop­ po afeiugata l’impolueri con la (eguente miftura. Piglia di incenfo, di ambra, di galla, dibalaulh), dinoce,diciprefso, di bollo armeno vna dramma per forte, dimallicidue dramme, di allume di rocca cruda, vna dramma: e meza; mefcolaognicofa, efacciafi poluere, con la quale iì impolueri la matrice doppo che fia lauata, e con alcune pezze bianche-» in guifadifafeiette (e le faccia quafivna braca, accioche la poluere non pofsa cadere, e la matrice fia bellamente ritenuta. Doppo che farà la ma­ trice ridotta nella natura, e fomentata nel modo fodetto,fubito fi metta vna gran vento fa fopra 1 ombilico fenza tagliarla, & alla patiente fi faccia­ no odorarecote odorifere, comemufchio , ambra, zibetto. Giouaan­ co molto per ritirarla al (uo fico oltre le cofe predette, l’vfo delfeguente bagno, adopratodue, òcre volte la fettimana, il quale fi fà nel modo feguente. Prendi di bache, di mortella, di feorze di granati, dicuppole di ghianda, di balauftij, di foglie di cotogni, di nefpole, e di forbevn pugno per forte . e tanta acqua quanto vuoi ; bolliffì ogni cofa inficine fin che fi confumi la metà, e doppo collochiiiifi dentro la patiente finoall*ombilico, efsendo il bagno tanto caldo, quanto pofsa foflrire, e ciò fi fac-1 eia vn’hora ananti il cibo. Dopò che farà afeiugata le ponga il feguente-’ ceroto trdl’ombilico, & ilpetenecchio. Piglia noci di ciprefso, maltici, acatia , incenio meza oncia per forte; di fangue di dragone vn’oncia ; di oglio di mortella, e di maltici quattro oncie per forte, c tanta cera, quan­ ta baffi a fare il cerotto il quale fi diffende fopra vna tela tanto larga,quan­ to e la palma della mano, e fi accommoda nel luogo predetto. Porti andò ladoniu dentro la natura continuo vnatalla fatta con. vna oncia di afsa f«. "i ’ '■ “ ....... “ ’ ti-


DELLA

COMMARE

r id a , co n due dram m e d i m a f lic i, co n vn a d ra m m a d i b a cch e d i m o rtella l d 'in c e n fo , e di g a ll a ; p itta n d o o g n i c o f a , e c o n o g l i o d i m ortella facen ­ d o la ta fta , ò p e f f a r io . M a q u an d o a n c o la m a tric e n o n fi p o tefferid u rre a l iu o lu o g o , è per la d u r e z z a , ò p er a ltro a c c id e n te , H ip p o c ra te in fegn a i non fare a l r r o , ch e i c o n feru arla c a l d a , a c c io c h e il fred d o non la faceffe m o rtific a re ;& in c a fo ch e fi putrifaceiTe è fo rza t a g lia r la , c o m e d ic o n o il P o I o , A c t i o , e N ic o lò F io r e n t in o , p o fc ia c h c v e g g ia m o c o n la g io r ­ nale e fp e ric n z a che a lle f c r o f e , & a lle ca g n e fi c au a la m a tric e , e pure fo p rau iu o n o fenza p e ric o lo a lcu n o

Delld prefocattorie della Matrice, e delta cura

Cap. XX. A l m o to , ch e f i la M a tric e alm e n o m etafo rica m e n te a l l o p a rti di (o p ra ne n afce quel m ale ta n to p e ric o lo fo , e ta n ­ to fa m ig lia re a lle d o n n e , ch e d e tto p ro fo c a tio n e d e lla m a tric e , & è di m o d o a tro c e , che (fra n g o la le m ifere p atien tr , e le co n d u ce an c o f p e f l o i m an iféfto p erico lo d i m o r te , ò a lm e n o à fia to c o fi in fe lic e , ch e p er t r é , à q u a t t r o h o r e n è o d o n o , nè v e g g o n o , nè b a tto n o poi* fo . E q u e llo m ale è vn m o to della M a tric e v e rfo le p arti di ( o p r a , c o m e vuole P a o l o , o u e ro com e v u o l M o fc h io n e , è vn a o ffefa n o tab ile d e lla - , re fp ira tio n e , la q u a le è c a g io n a t a p er d ifte tto della M a t r ic e , e q u e lla d i c h ia ra tio n e è c e rto m ig lio re , d i ^ n e l l ’a ltra d i P a o lo , p erch e vera m e n te la m a tric e n o n fip u ò m u o u ere d i lu o g o , fe non in q u a n to Ir o ffe n d e , ò s 'a llu n g a . C a u fà in te rn a d i q u e llo m ale fo n o h u m o ri c o r r o t t i, che l i t r o * n ano n elle v e n e d ella M a t r ic e , ¿ q u a li ò riem p ien d o le v e n e , ó m andan­ d o v a p o ri a lle p a rti d i fop ra p ro d u c o n o q u e llo e ffe t t o - Q u e lli h u m o n p o r p o ffo n o e d e r e a lle v o lte fe m c r it e n u t o , c o m e v u o le G a l e n o , & alle v o lte m e l i m i , i q u ali fe o ltre m o d o fa ra n n o ri te n u ti nel c o r p o , non foto fi pu* tr e fa n n o , m a d iu e n ta n o v e le n o . G a u fe e lle rn e fo n o prim a l’atten erli d a ll ’vfo d i v e n e re , e p e rc iò q u e llo m ale afflig ge fpedo le v e d o u e » e le m o n a c h e ; & /n fo m m a t u t t c q u e lle c o l e , che p offo n o tra tte n e r i m e lim i; c o m e il m o lto v e g lia r e , b o r io , i c ib i g r o t t i, c fpetialm en te lo {fed o a b o rtire p ro d u c o n o q u e lla in d ifp o fit io n e . T r i tu tte le ca u le p erò è p rin c ip a le l’v ­ f o freq u en te d e g li o d o ri a c u ti,c o m e di m u fe h io ,d i a m b r a ,ò d i z ib e tto ,n è c iò accad e p erch e la m a tric e h a b b ia q u ell’ o d o r a t o ,e fs é d o g li o d o r i o g g e t ­ t o d e l)'o d o ra to ,m a p e r q u e lla r a g io n e ,c h ’a d e ffo fi d i r i . E fe b e n e di (o p ra afferm a in a ltro lu o g o ch e la m a t r ic e è vaga d e gli o d o r i , ta le vagh ezza in ­ refi p er l’effetto che n e fe g u e ,p e r il q u a le p a re eh e lla fia v a g a d e g l’ o d o ri.L a ra g io n e du nq u e,ch e g li o d o ri in d u c a n o la p re to c a rio n e e ,c h ’effendo eh i a t . tilfim i i riem p ir i v e n tric o li del c e ru e llo p er la c a lid it i lo ro ,n e fegue ch e e f­ fondo q u e lla con u en ien aa t r i e ff o , e la m a trice ,p e r la c o llc g a tio n e d e ’n e ru i,

*

che


L 1 B RO T E R Z O.

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che nafcono dalcerucllo, come da fonti ; e ncceffario chela detta Matrice dalla copia de gli odori fia come ritirata all'insù per li ftimoli, che «li odo­ ri inducono nel ceruello. E perche come fi e detto , non può mu­ tare luogo effendo coftretta con tanti legamenti, viene ad edere diftirataquali violentemente; ilche cagiona, come fpafimo, confequcn«a la prefocatione. Ouero gli odori attratti dall’ odorato nel ceruel-lo rempiendolo, commouono anco la matrice, laquale nel commouerfi aggira quegli humoriputrefattfie perciò, e cagione, che fi eleuino vapo­ ri velcnofi, c corrotti » che afeendono al cuore fanno il medefimo effetto. A ll’incontro le cofe fetide fono medicina della profocatione : perche Ari­ notele vuole, cheifetori.fiano fondati ne i vapori groflì, e crudi, i «quali fono attiffimi ad oppilare, onde oppilando non pollano è vendono più tolto i prohibire, che nellùna cola palli alla Matrice, laquale perciò, ne fi moue,néfi commoue E fe ben con l’odorare cofe puzzolenti le donne, -che patifcono quello male, firileuano da accidetti coli graui, quello non auuiene per il fetore, poiché egli èatto ad opppilarc; ma perche la , ¡puzza inimi «dima al nollrofenfo richiama i gid fmariti fenfi, anzi ciran • doli,quali per i capelli, gli induced fare illoro officio nel corpo, ilquale per la profocatione haucuano quali abbandonato. Onde quelèaè la cau­ ta per la quale fi fanno i tuffomigij nelle partidafialTo, di cofepuzzolent i, quando fi teme l’aborto: perche oppilando la itrada, fano quali vn battone alla troppo frettolofa vfeita; fi come anco gli odori applicati i quelli parti con la loro caliditd fottiliffima, giouanoà gli affetti matricali, dilpenfando la humidità loro , come dice Aleffandro . 1 fe«ni di quello male fono, che la donna reità come morta, hd il corpo freddo, il polfo che non batte , e non refpira . Non refpira dico per la fioc­ ca: perche niuno può viuerefenza refpirationc : ma effendo quella piccio* Jiffima in male di quella forte, fallì, ò per la porrofitàdi tutto il corpo, ouero anco per le vene, & è d i maniera piccola, che danoinon lìconofc e . Hora perche limili accidenti fogliono accadere anco alle donne, che patifeono rappoplefia, l epilepiìa, ò i vermi: è bene d’infegnare alla Gommare in che confille la differenza di quello male degli antedet­ ti. Dico dunque che mai viene le profocatione della matrice, che per qualche giorno auanti non fiano preceduti dolori di matrice, & affan­ ninotabili? ilche non accade alla apoplefia, cepilepfia, ò vermi. Iuoltre la profocatione con gli odori applicati alla naturariceue qualchagio. uamento c ciò non inceruiene negli altri mali. NeH’ apopkfia fi fente il polfo grande, e la rclpiratione èmanifella,mà nella profocatione non fi lente nè l’vno ne l’altro. Gliapopletici, e gliepileptici hanno lafchiuma alla bocca,e non le profocate. Coli quellc:chc patilcono i vermi,fentono puntare nel ventre, e nel parofifmo guizzano, ilche non auicne allcj profocate, leq itali reftano quali immobili, come flatue. Quando la Commare dunque fi accorgerd di quello male,ne dee fare gran conto, pcrchc_a Ipeile volte conduce le patiéti alla mòrte.* ma Tempre all’imagine della iltcfxamorte,eh è il priuarle di fenfo^e di moto,e per gran pezzo trattenerle in angofeu,^affanni crudeli. E ie bene la prefocatione, che nafcedalfcme ritc-


i68 D E L L A C ' O MMA R E

ritenuto, e peggiore di quella, che nafce dai melimi fupprelfi, nondi­ meno amenduelono cattine, e pericolofiifime. L i cura ha due p arti, 1'vna riguarda il paroiìimo, e l’altra profocationc. Io informerò la mù_, Commare della cura che fi dee fare al parofifmo, perche effendo repenti­ n o, Se inafpetto, alle volte non fi può hauere Medico: eie pure fi può hauere, la tardanza può apportar morte alla patiente: onde ella bene inllrutta recherà qualche giouamentoin cafotale, è non fari come fogliono far l’altre inqnefti accidenti, le quali non fapendo che fare , ri­ mangano quali incantate, òfiftringono nelle fpalle , e pure è officio di buona Commare in ogni cafo faper dare qualche aiuto,accioche l’ infer­ me non perifcano infelicemente, finche u cercano gli aiuti maggiori. Subito dunque ch'ella vedrà il parofifmo della profocationc ; il quale conofceri da ifegni predetti, non habbia altro fine, che di far tornare Ic_^ profocate in fe ileffe.-imperochc ritornandoui, fi raccende il calore natiuo, e quello diffipa gli hurnori eleuati della matrice, che produceuanoil male. Faccia dunque con ogni diligenza legare le gambe alla donna, con nafiri, ò bindelli fotto le ginocchia, le braccia, e la gomita con lega­ ture ftrettiffime, e le muti fpeiTo, hor più alto, hora più à baffo, eie tiri i capelli delle tempie molte volte. Le ventofe attaccate alle cofcie_* dalla banda didentro tagliate, fono mirabile rimedio - Giouaanco vn feruitiale fatto di decotto di cencaurea minore, dipulegio, e di mag. giorana, pigliandone di effe vna libra, emeza, edioglio di rutta quat. tro oncie, di Iera pierà (emplicc di Galeno due dramme, di fale gem m ai vna dramma, e mezza, di mele rofaco tre oncie, e mefeo landò ogni cofa fi fa feruitiale. Ma quando quello non fi poteffe porre, fi faccia quella-, cura* Piglia di polpadi colioquintida cinque grani, di fale gemma-, otto grani, di elleboro negro mezo fcropolo, e tanto mellc, quanto baili per fare vna fopofta . Nel medefimo tempo fi prendano cofe odorife­ re, comemufchio, ambra, e zibbetto , e fi intromettano nellamatrice , perche non tanto nuocono al nafo per eccitare la profocatione, quanto guouano alle parti da baffo eificcando l’humidità della matri­ ce con la loro calidità, e fottigliezza, comedi fopra fi è detto . All’ in­ contro fi applichino al nafo tutte le cofe puzzolenti, le quali effendo inimiciffìme de i feri fi humani, quali per forza gli rifuegliano dal fopore, nel quale per il male erano immerfi. Però fono di gran giouamento la puzza delle lucerne inilinte,delle fuole abbruggiare,delle itraccic.e de i capelli,e di folfo pure abbruggiato. Si auuertifca folo, che gli odori non arriuino al nafo, perche accrefcerebbono il male perle ragioni dette di fopra, e-* però nell’vltimo di quello capitolo fi porranno in difegno due iilromenti, per profumare la matricein maniera, che l’odore non polla giungere al nafo. Giona anco il calloreo , & il garbano macenato nell’aceto,e sfrega­ to fpeffo al nafo ; e coli il profumo di affa fetida, di fagapeno, e di armoniaco. E veile parimente il gran rumore, come fcaricare gli archibugi in luogo, doue fiano le patienti, c colm ili fono gli flranutatorij, i quali fi fono infegnati à comporre nel Secondo libro. Doppo quelli rimedi; pigli la Commare fugo di mercord!a,e di artemifia,có vna, ò due dramme della


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TERZO.

poluere della Benedetta, & con meza dramma di galangapoluerizata, e faccia vna tafta,e l’intrometta nella matrice, procurando di allargare il Aio collo co’l dito bene auanti più che fia polfibilc, Onga alla donna le piante de 1 piedi con ogli laurino e di giglio bianco, e cofi tutto in ventre, & Aui. cenna loda molto vn’empiaftro fatto con vna cipolla cotta fotto la cenere alla quale fi può aggiungere vn poco di cimino, e di calloreoje quello baili per aiutare le patienti nel paniifmo. Quanto poi all'altra parte,che rimira lapreferuatione, quella appartiene al medico; e poiché quello male non è nel numero di quelli de 1 quali tanto fi vergognano le donne, e perciò fi può feoprire al medico ageuolmente,procuri per quello la Commare di fa­ re,ch'alcuno medico efperimentato prenda la cura di preferuare le fuc con­ fidenti da quella indifpofitione;e il ricordi folo doppo le purghe,che il ve­ ro prcferuatiuo è farli fare due fontanelle, vna per gamba, chenonfenza caufa in Roma le domandano Caccia Medico ,11 modo di fare i profumi in modo, c he arriuano nel fondo della matrice, e non al nafo, fard da noi adeflomoArato. Si faccia fare la Commare vnvafo; il quale ten«a appretto di fe, òdi rame, ò d'argento che fia fimilc ad' vna taila, e fia pertugiato fecondo la torma, che fard deferitta nel fine del capitolo, & in elfo collo­ cati gli odori, fi intrometta nella natura. Ma quando le donne non voglia­ no quello impaccio , fi può adoprarc vn'altro vafo di gran dezza di vna carafa, ò inghiftara co'l fuo coperchio in forma di imbottatoio, con i fuoi piedi, accioche poncndoui dentro gli odori con vn poco di fuoco fotto arriuano alla matrice. Gliodori fianomufehio, ambra, ò zibetto con acqua di artemifia, di ruta, e di pulegio, i quali facendoli bollire nel vaio , fi può doppo elfo vafo cofi caldo prefentare alla bocca della matrice. Ma per le pouere, che non potranno comprare mufehio, ò zibec. to; il fuffumigio fia tale. Piglia di garofóli, di pouere, di ‘ canclla vna dramma per forte ; di noce mofeata due«* dramme, di fpica di pulegio di calamento vn po. co per forre; di acqua di arteoiifìa vna Ji* ora; fi faccia bollire ogni cofa, e nel vafo deferitto fi faccia il Tuffomigio alla Ma< tricc .

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17Âť D E L L A C O M M A R E lilromenti per fare i fuffomigi) alla Matrice.

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Âť


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TERZO.

Iiiromcnto, nel quale li mettono gli odori, affinedi intrometterli n ell, n atu ra della donna; perche non arriuinoalnafo, c 1' aere ri• � C * polfa entrare facilmente.


x7 2. D E L L A

COMMARE

Del budello vfcito di luogo Alla partu­ riente , e della cura ¿Ceffo . Cap. X X I. Er fine de i mali delle donne, refla eh’ io informi la Comi mare di quel l’altro accidente, chcfegueil parto ritiofo quanto al fitoje che fe bene nò accade al la matrice,e però molto vicino. Quello è , che per il molto patimento dei parto efee alle volte il budello fuori del fuo luogo alla par­ turiente ; cofa, che oltre la difformità apporta dolore fe preflo non vi fi rimedia, reca pericolo di qualche infiamrnagione/e quello male è anco molto famigliarea i fanciulli,come fi dirà più à bailo- Dunque fe il budello farà fuori di luogo,ò farà con l'infianrMnagione,ò fenza. Se farà c o n l’ in fia m m a g io n e filch e fi con ofeera dall'acuto dolore) fileni il vino alla donna,t feb dia acqua cotta, Se orzata fatta fenza fale in brodo di polio, e dopò fi faccia vn bagno, nel quale fiano, bolliti capi di papauero bianco,maluauifchio,ninfea,fiori di camamilla,e rofe,& in quello fi faccia Ilare la patiente,e doppo vnga con oglio rofato onfacino, & oglio di aneto,nel quale fiano bolliti alcuni lombrici.ò vermi terreftri,e quello fi faccia per tré,ò quattro giorni fin che fi è rimetta la infiammagionc,'edop­ po la Commare laui i 1 budello con vin bianco,piccio!o,nel quale fia bol lito yn poco di rofe, e lo rimetta dentro con le dita . Ma fe il budello non farà infiammato, & vfeirà ò per il molto aere freddo,che nel parto vitiofo pene­ trò in quei luoghi, ò per il molto moceo che l'haueua rilaflàto ; all'hora è neceffario leuare quelle moccofità, che cagionano il male , e poirimeterà dentro vna libi a di acqua commune, di fale due dramme; di verbena mezo pugno, di feorze di pomi granari due pezzetti, e facendo bollire ogni cofa infierne con vna fponga fi iaua il budello , e doppo fi rimetta dentro con le dita, e dopò fi fomenta il feflo con vna ipongia ben calda, bagnata nel feguentedecotto . Piglia di acqua commune tre libre; di rofe, foglie di roni (quefii fondi fpini che fanno lemore)dimnrcelladi feorze di granati vn pugno per forte,e dieci noci di ciprelfo;peflifi il tutto,e facciafi bollire, e fi fomenti il felTo,e doppo fi afperga con la feguente poluere. Prendi di matti­ ci,di incenfo , di allume di rocca, di galla meza dramma per forte; mefcola ogni cofa è fi poluere fottiliffima.e poi accomodala con pezze legate,acciò non cada nel moto della donna. Le ponete potranno vfare per lauarfiil bu­ dello quella acqua ncllaquale i ferari amorzano i ferri infocatile doppo che farà il budello dentro,prendali feorze di lumache abbruggiate,epoìuerizat c , e fi pongano fopra il feflo, ch’è rimedio lodato da Galeno & c di poca fpefa. Il corno di ceruoabbruggiato, epoluerizato pofio fopra il budello gioua grandeméte.e tanto più quàdo fara prima lauato cò acqua,ncllaqualc fiano bollite noci di cipreflo,bettcnica,calamento, c fangue di dragone. Tro-


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Tropofittone de i mali d e ifanciulli. Gap. X X II. Ompimento dell'opera fecondo la prometta fatta, fari il trattare di quei mali , che occorrere fogliono per lo più creature do ppo nate,acciò laCómare no folo in ogni alle altra occ3Ììone fi madri faggia : ma polla in effetto porgere aiuto i quei teneri bambini : i quali non poflono per la loro tenera eti riceuere foccorfo da i Medici ; anzi fe bene poteflero r iceucrne.-è tanto crefeiuto quello abu* fo in Italia, di non adoprarli ne i mali de i fanciulli,che pare,che i Medici non li fappiano medicare ¿e pure è cofa chiara , fe bene elfi non poflono prendere medicine : fi poflono però curare cou altri modi . E perche in molti luoghi hò veduto, che nelle infermiti loro quanto hi propottoil Medico è fiato Tempre difpreggiato , fe bene era con ogni ragion propo­ llo,e che quanto hanno propello alcune donniciuole è fiato abbracciato, & efeqmto: però mi ion motto a ferme re di quella materia ; accioche al­ meno le donne habbiano da proporre cofe, chegiouino.enoiuiuocano. Hora douendo ragionare delle infermiti deipuci , replicherò quanto di fopra dilli parlando di quelle delle donne, che ne tratterò più pretto em­ piricamente , che con la Teorica, nerchecic dee feruire fittamente per informationealla Commare, accioche polla aiutare gli infermiquando non villa Medico: e però bifogna anco parlarne fe non quanto conuienealla fua capacità. Diuidodunque i malide ¡putì in quatcro parti: cioè in ma­ li interni , & efterni: in mali vmuerfali, e particolari . I maliinterni fo­ no quelli , che di dentro accadono ,e quelli fono ò vniuerfali, come febri ,o particolari come epilepfia, conuulfione, paralifia.e torpore,fonno turbato, vigilia, djfìillatione, firettezza di nafo: toile difficoltà di efpirare , dolore di orecchia, pofiema nel fondo della bocca, caroli nella bocca, e nelle labra, ranula, affanno ne' fare i denti» fingiozzo, naufea, ò vomito, incontinenza di orina, fuppreflìone deH’iltefla »pietra della velica, fiicichezza del corpo : flutto dcH’itteflò dolore del premito, detto in Lombarl »1^ ^ j • j P0*1C^'>'dolore di corpo, e vermi . Lemalitieefteriori fono anch efle di due forti imperoche alle voice occupano tutto il corpo efono chiamate vniuerfali : bene fpeflo vna parte fola, e fono dette particolari. Ma vniuerfali fono varole, ò ferie, enfiagione , ò magrezza del corpo, e rogna. I mali particolari del capofper incominciare dal.membro più no. bile) fono iljattime,i pedocchi, l'infiagione della tetta,òdclle palpebre , le ferole, ò fitture delle labra, le fcrofole.elo fguardo ftorco.&imah de^0n0 ! en^agIoncdclI'ombIico,ò delle borie dei tetticeli, 1*eiìto del budello,&ifperonagli à i calcagni. Incomincieròda i primi maji 'yccrni vniuerfali, c poi difeorrerò de gli altri, accioche la Com m aro oe riabbia tanta notiti?, che in ogni cafo fappia come fare.. S Delfc


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COMMARE

Velie febri de i Fanciulli , e della cura loro* Cap. XXIII, Ogliono bene fpeflo !e creature quantunque picciole, efferemoleftatedadiuerfelorci di febre , anzi da tante, ò poco meno, da quanti fono moleftati gli adulcifi.io dal­ la quartana, febene nafcendo ella da humore malinco • nico, pare che fia imponìbile, che polla accadere a ta­ le età,laquale è diicoila da ogni malinconia, anzi à quel­ la è per diametro contraria ; poiché e di natura calda, & humidaefendoThumor malinconico freddo,e Ceco . Ne già fi può negare, che i putti non fiano tormécati alle volte quellafebre,laquale fe non nafce dalla loro natura, ha origine, ò dal latte cheiucchiano , il quale può edere di natura malinconico ,ò da altra caufa edema, come dal troppo mangia­ re, dal troppo cnouerfi ; perche quelle cofe poltono congregare molti humoricrudi, e quelli diuentare malinconici. Dico dunque, chele febri nei fanciulli polTono edere cagionate dal nutrimento del latte , c h e fucchiando ,ò da quello del fangue, che già fucchiarono ne! ventre materno, il quale per diuerfe qualità cacciue , che puote hauere, produlle anco diuerfe forti di febri - AggiungeHippocratenellibrodeiraere, acqua, e_» luoghi, effc rinucrnata fecca , e la primauera humida fa nafeere febri ne i fanciulli; come anco il mouerfi dii à tutte I hote, & il dargli il latte cen­ to volte al giorno, fi perche il troppo mouerfi corrompe la digeflione, e cotale corrutione può produrre mille febri ; fi perche il frequente lattare non da tempoal calore natmo di cuocere quello, che fu prima prefo. On­ de da quelle febri ipdlb ne fegue Iamorte: poiché non potendofi i putti gouernare nel modo, che fi conuerebbe, è forza , che diano in vn Etica, ò che infelicemente muoiano. La Commare dunque nelle febri dei fan­ ciulli habbia due auuercimenti; vno alle balie; l'altro alle creature. Quanto alle balie vini modo del viuere, & i rimedi; al preparategli humori peccanti nella terzana fempia, doppia, ò nell'a'rrc febri, che fi fono infegnati nel capitolo primo de libro tcrio , ma fopra il tutto le lieui il vino; perche beuuco dalle ballic in tempo, che le creature riab­ biano la fibre, fi conuerte in veleno, e fe bene laequa, ò il brodo fa_» manco latte delvino, almeno lo fa migliore. Onde per quello fonoreflaro moire volte attonito in vdire certe ballie, ie quali hauendo le crea­ ture loro con la febre cagionata anco dal latte loro mal condirionato,mai volfcro confentire ne di purgarli, ne di lalciare il vino ; fegno così manifello di poco ceruello, e di manco canti; in fonim i la Commare perluada alle balie , quando le creature hanno la febre, che la vira, e la morte di elle confifle nelle loro mani ; e però le faccia ogni mattina prende­ re firoppi alterati conforme alle febri come fi è det o , le faccia fare feruitiali communi, lcdiaacquadi orzo in vece di vino, brodo, nel quale


fia bollito orzo , & vii poco di acctofa , e neiie f'ebri terzane , & ardenti le faccia prendere qualche fiore di caffìa. Quanto poi alle creatu­ re fi dee vfare molta diligenza per aiutarle, e prima nonfe le dee mudare illacte, ò quando le fopragiurige la febre, ènei femore di ella : perche fi veiderebono, eie bene piangono, non credano le balie, che ciò fac­ ciano perla fame, ma per il dolore della febre, Si laici dunque quel paz­ zo coltume delle balie d’Italia, lequali tutte hanno quella frenefiu dispor­ re Tempre le mammelle in bocca alle .creature, quando le fencono pian­ gere , e pure alle volte debbono piangere , ò per troppo grauezza Hi ftomaco, ò per naufea, ò pef altro male, che non ricerca cibo. Si che non è bene lattarle Tempre, e fpecialmenrefe la febre non fard, declinata ; ilche fi conoicerd dal calore, ilquale fard fminuico«. E perche la fe­ bre apporta alle creature Tete grandiifima, in tal cafo fard ottimo rimedio porle in bocca vn poco divino di granati con vn tantino di aceto, di zucchero, che è medicamento celebrato dà Auicena. E fe di quello lico-v re ne voranno prendere , Tele può dare in tutt i tempi anco nelparofifmo della febre che apunto ail’hora hanno maggiore fete ; e quello non folo ferue ad eftinguere la fete, ma anco per rimedio contro la febre. Eperche le creature per bocca non poffono riceuere aiuto , e forza ingegnarli per di fuori: onde nelle febri de’puci è dibifogno tempe­ rare l’ardore loro, confortare Io ftomaco, e prouocare il fudore - Per mi­ tigare l'ardore, fi prendano pezze fotrili bianchiifime, e bagnare nell’ac­ qua di endiuia.di rofe.di acqua di orzo,fi pongono alle reni, 0 vero fi ado~ pri oglio rofato con. vn poco di latte di donna, & acqua rofa, con vn tantino d’aceto. Le fi onga Io ftomaco con oglio di mattici di afsen2 0 , e di coralli rolli, pelli in quello modo. Prendi vn'onciadi ogho dr maflici; e meza di oglio diaflenfo; vna dramma, e meza di coralli rolli pelli ; fi mefcola ogni cofa ; c fi applica fotro la forcella delpetto per tan­ to Ipatio, quanto occuparebbe vna giuftina, ò vn tellone . Ma fe non-, andaffero del corpo fe le facdauoxure di fapone, di lardo , odi melo« onero feruitialetti di fero, di latte detto fcolo, con vn poco dì mele,c_, di falò. Il parlare di cauare (angue à 1 fanciulli in quello paefe è vn beftemmiarc, ancorché Rafì Medico Eccellentifs. de fnoi tempi caualfe (angue ad vn putto di 5. meli con le ventofe felicemente . E vero , che Galeno commanda in molti luoghi, che non fi caut (angue ài putti fe non palfato l’anno quartodedmo : ma hoggi tale regola non rielcc: perche in pratica fi vede, che cattandogliene guanfeono, eia natura ideila , dailaqualeè miniltroil Medico,ogni giorno gli nccauanon nel decimoquarto anno ,, ma nel primo, e fecondo, terzo, quarto, e quinto, efcito : quando perogni leggierecaufaglifi venirefanguedalnafo còfinellefebri , co* meinfanità . Et io inuero gli nè hò fatto cattare molte volte con felice., iuccello: ma con quelli auucrtimcnti , che prima le creature habbiano piùdi vn’anno ; fecondariamente le hò fatto attaccare vna fanguctta_, fopra la vena del braccio ; terzo non hò lafcjatovfcire più di vn on­ cia ; ò meza del fangue . Galeno dunque hebbe ragione d dire, che UOn fi cauafte fangue à i fanciulli fenondoppoil quartodecimo anno ; meenS 1 He&v


%j 6BELLA C O M M A R E

«Jendo del cauar fangue con la lancetta, perche al fuo tempo non fapeuano cauarne fe non due, ò tre libre alla volta , & i fanciulli e(fendo faciliffimi darifoluerfi non potenano fopportare quelto rimedio : ma con la latiguctca fi fugge ogni pericolo, e quelto baiti delle f'ebre de i fanciulli, che lattano: poiché quelle de gli adulti, e grandicelli /¡debbono gouernaro co’l configlio del M edico.

Delle varo le , e della cura loro.

Cap. XXIV.

Ouendo parlare de’ mali de’ fanciulli hò giudicato con*' ucniente parlare prima de gli vniuerfaii , edoppodei particolari : perche quello'ordine è più lodato in qualfìuoglia materia , Hauendo dunque trattato nel prece­ dente capitolo de i mali vniuerfaii interni » tratterò addio degli vniuerfaii edemi : e prima del più commune , cheèil rouiglione detto inquefto paefe varolo . Diròdnnque di quelle tre cole ; che cofa fiano: e quando apparuero , icvirimamentc come fi debbono medicare . I o s ò , che tri le va ro lo , & i morbilli vi è qualche differenza : nondimeno perche quelle , e que­ lli riceuono la medefima cura, piglio il nome comune adamendue , o tratterò di elfi v niuerfalmente . Sonoi rouiglioni , òvarole picciolo pultole , ò vellìchette, iequali nafeono nel corpo de tutti ¿putti , par* ticolarmente fpon tardamente con dolore , prurito , efebre, le quali rompendoli diuentanno piaghe . Di quello male non è facile à i'apero qual che fiala ragione interna materiale , come fi può credere , ch<_j fia l’efficiente, il calore natiuo: perche Auicenna , e con elio quali tut­ ti gli Arabi vogliono , che la fuacaufa interna materiale delle va role fia­ no le reliquie del fangue mellruo , delquale fù nutrita la creatura per nouc meli nel ventre materno : dicendo qu elli, che come vitio portò i le­ mmari; di quello male nel corpo delia creatura , la cui natura fatta_, più robulla cacciando fuori quegli eferementi , produce le varole . Ma intiero non può ilare quella opinione , quantunque fia di huominidottiffimi : poiché gid nel primo libro abaltanza fièmollrato , che’lfangue , chemitrifce ifanciulli nonèfempre cattiuo , ma nelle donno fané è puriffimo , efaniffimo , come neJI’infermec impuro, epeflìmo . Si che per quella ragione doucrebbono folo quelle creature h auerelo varole , ch’hebbero le madri ma! fané : & tuttauia fi vede , che coli qiiefle come quelle che l’hebbero faniifimo , patifeono quello m a lo Oltre che dal principio del Mondo i fanciulli furono lempre nuda­ ti del fangue meflruo , epute non fi legge , che le varole fodero fempre : poiché gli antichi diligenti ili mi indeferiuere tutti ¡mali , c h o conobberomai fecero parola di queilomale : iegno certi fiimo , c h o non vi era in quel tempo. Ma fe quello folle vero, anco gli animali, che finu-


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fi nudrifcono di fangue inciti no »conte vacc he , aiìou e causili, harebbonolevarole; ilcheèeofada ridere à penfarla. L’etcelentiffimo Signor Gierolemo Mercuriale ; come in ogni altra ina cola rari (fimo; cofi m que­ lla porta il fuo parere, ¿¡quale im e piace fommamente, & è , che le v i­ role cominciallcro al tempo di Auicenna, ò poco prima m qualche pelle; poiché cofi pare, che accenni Auenzoar Medico dotto, fé an rico r g a ohe vi (olle qualche caufa nell aere : onde paflaflero doppo in morbo here­ ticano ne i poderi, i quali difeendendo da parenti inietti vna volta di quello male, portarono (eco vna inclinatone àdouerlo concrahcrc- Si conferma quella : perchele varole nafeono non dalle reliquie de i meflrui • ma da queil'humore fortile, che fi ritroua nel fangue, e daimediciè no­ minato icore , ifquale bollendo per il calore del corpo fono cacciatg_> fuori dalla virtù efpulrnce, e producono quella indilpofitione . Per que­ lla caufa gli antichi non patirono le varole : perche ie bene hebbero gli icorri, non heberoperòla dilpofitioncpredetta come amale heredita. rio , fi come addio tutti l’hanno ; difeendendo da cepo infetto, vna vol­ ta di quello male. Io per me tengo veriifima quella opinione : p e r c h e tutti i inali che nafeono dacelcfte coilcllatione , vano mancando co i tempo, eie varole nel principio erano cofi difficili da guarire,che a pena i più rari Medici poteuanofanarle ; & bora è vergogna chiamare ■] Medi­ co nella cura loro. Hebbe dunque ragionerficccllentilfimo SìgnorGiouanni Zecca, nel fuo trattato del male Francefe à dire, che anco quello fc bene venne in Italia per contagio hebbe però qualche caufa nel Cielo: poiché nel principio non 1/ poceua guarire, & hora fi giudice più facil­ mente, che la rogna. Le caufeelterne delle varole pollano edere l’a e r o caldo, e humido come arto a fare bollire quegli icori, che fono materia _t di quello male ■ I fegni poi ch'annunciano la venuta loro, fonati doloro del ventre, la raucedine, la rollezza del volto , la doglia dcllatella, gli fpeffi (temuti, il regnare cotale male, 8c il conuerfare con altri, che lo poffeggano. Quei fegm p oi, che gii lo manifeltano venuto fono il deli­ rio , le puftolatte, ò vedicchettc per tutto il corpo, hora bianche, fio­ ra rofse, hora maggiori, hora minori fecondo ladiuerfìti dei corpi dei pacienci. Le varole per lo per non ammazzino, eccedo però alcune vol­ te , cheò per l’aere, ò per alcri errori comrn :lfi <ia chi g ucrna lecicature , ne muore quantità come in vna pp.fte. cura ne tfanciulli che lat­ rano , è più facile , che ne i grandi : pcrch. fi può alcerarc il latte in modo per la bocca della baita, che gli può apportare giouamenro nO'abife.Onde la balia non beua vino -: ma qua di orzo con fugo di cedro, ò di li­ mone , ò di narancio. Mang fobriamente, & vfi brodi alterati con lat­ tuga, acctofa, &endmia. l'i ubo fuo fia di poca rame, e di qualche^ ouo frefcho almeno nei principio del male, c fc volcde prendere p r vr»a_« volta vn*oncia di fiori di caffia, rrflorarchbe fopra modo la creatura-». A ’ fanciulli fi procuri vn’ aerc temporato ma rinChmio , che non vi entri venro : perche nuocefopratnodo al motto della Natura, a quale attendai fpingere (unti. Stia la creatura ben coperta con panni r. (fi; *na non tanto che s'alloghi ; e però è meglio coprirle bene le braccia , t u

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com m are

eofcic.e le gambe ,e leggiermente il petto. Appretto la bocca fe Aia Tempre vn vaio d’acqua frefea: perche li come il caldo gioua di fuori coli gioua l’­ aere ftefco:e fottiledi dentro Stiano le creature in molta quiete ne i letti, ò nelle culle , & il latte le fi dia modcramente . Si auerta con molta dili« genza,che le varolenon offendano i polmoni,la gola, ò le budella ; perche vi farebbe pericolo di certa morte;e con altretanta diligenza fi cuftodifeano gli occhi,c la faccia per fuggire,© il danno della cecità de gli occhi,ò la deformità del voIto.Le parti di dentro ne’fancmlli.che lattano, fi diffonde ranno co’l latte preparato della balia.facédole vfare le cofedette di fopra, e principalméte il vino di pomi granati,ò i loro grani tenuti in bocca,coll l’acqua di lente cotta con poco d’orzo,e fichi fecchi.mefcolandoui dentro doppoche farà cotta vn poco di aceto,di ageltro.e fugo di limoni,© di naranzi. Il cauare fangue ne’fanciulli grandi è lodatillìmoin quello male , e particolarmente con le ventofe alle reni,natii he, e cofcie.e quello fi d<-e_» fareauanti il quarto giornoima quanto prima,tanto meglio baitàdo ogni picciola quantità, per iJ nfpetto dell età tenera.Si vfino feruitiali di acqua d’orzo di butiro.e di oglio violato,ò cure di fapone,di Iardo,radici di bietole.Per dift'endere poi le parti citeriore è dibifogno hauere gran penfiero de gli occhi,i quali fono facilmente infettati da queflo male; onde giouera mo’to bagnarli fpelfo co l'acqua rofa,ò con acqua di piantagine,nèllaqua]e fia fmorzato vn pezzo di oro infocato,due ò tre volte Ma le pourre ado. prinoil latce acciaiato con vn poco di acqua rofa; vfifi diligenza, che la_^creatura con l’vngbie non fi gratti gl’occhi.ò la faccia: perche irritandoli il male,laida le cicatrici indelebilméte. Per queflo effetto facciandofi fare come due guanti di celia fotciliffima,e fi pógano a!fanciulli,e fi cufeino poi alle faine in modo, che non pollati giungere al volto con le mani. Per di­ fendere la bocca, le gengiue gli fi faccia tenere in boca acqua, & aceto, ò acqua d’orzo con foglie di piantagine,e rofe,ò vino di granati brufci.ò fu­ go di agretto,di limoni,ò di naraticì,con acqua.Refla hora vedere,fe leva­ tole fi b e lò pertugiare,ò nò.Ai icenna,e i fuoifeguaci difiero di si,acciò, quella materia dimoràdo colà,no roda la carne,e laici la deformità de 1 fegnemn vogliono.che lì pertugino qnando fono ben bianchi con vn’ago d'­ oro. Altri d i-ono di nò:perche già <amateria quando è diuenCita bianca , ha fatto tutto il male,che potea fare, e à me piace quella opinione, fe ben douendofi pertugiare,ciàfi dee fare cò l’ago d’oro,ò d’argenro.Pm preito lodo,che {libito che fono diuétaci bianchi.s’attenda prcfto a farli leccare, ilche fi fà ò con la ialiua.ò con l’acqua feguente.Piglia d aqua comune vna libra;di fale mez'oncia,di lupini,e d orzo mezo pugno per forte,có vn tàtino di za frano: mcfcola ogni cofa,e fa bollire,c con bòoace bagnerai le va.role - Doppo che comincieranno a ieccarfi per mitigare quelle croite, che fogliono apportare dolore,s’vfi l’vnguéto di cerufa.Pcr Ieuare poi le veltigia.ò fegm,che reftano dopò il predetto male,alcuni ptédono farina di fa ua di lupini,e di orzo,e le fàno cuocere in acqua di fiume a medo di fugoli,e adoprano quefia foprale mani,e fopra’l volto in luogodi fapone:e do­ po l’hauer ben flropriciato quelle,e queflo fi laui con acqua,nella quale fia b o llito fugo di limoni, e foglie di ferpentaria . Gioua anco l’vngcrficorj


LI BRO T E R Z O.

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graffo fiumano, ò di orfo.mà io hò efperimentaco molte volte felicemen­ te l’viigerfi le parte del corpo co’lfune humano,doppo hauetle ben fre­ gate con vn panno di lana: e quello fi potrà raccorre dalla Madre con po­ ca fatica,& è rimedio vcrifirnile : perche la cottica è prodotta di fperma . Gioua anco Ibpracnodo vngere i luoghi oìfefi con oglio di Belzui, hauendoli prima sf egati molto bene, e lattandogli con il brodo dì fagiiioli len­ za fale,òalcrocondiiTunro »

Dell'enfiagione del corpo de ifanciulli y e dellajua cura. Cap. XXV. I gonfia tal volta tutto il corpo de i fanciulli, ò per eaufa di qualche hunuditi cagionata da ltanze terrene, ò da_* venti humidi,ò perche fiano fiati feoperti la notte : ouero perii latte male qualificato delle nutrici.Ilche quando accada, giudichi la Gommare da quale cagione poffa ve­ nire,e la rimnoua,diffóndendo le creature da i venti, e da i luoghi humidi al pofiibfie: perche effóndo la carne loro comevna fpongha, eatriffiniaàriceuereogni humiditd , Sedi ciò fofle anco caufa il cattiuolattedelle nutrici : ilche conofcerà dal cartiuo co.’ lore del volto di effe, vi rimedi) col farle nutrire di buoni cibi, come carni divitello, ò pollo,e buon vino. Le faccia vfarei palli ordinari;,come fi è iniegnaronel primolibro refe fon pouere, almeno le faccia fuggire i cibi cattiui,& vfare gli oui . Le fi vnga lo ftomaco con oghdi imitici, e di affenzo , & il medefimò fi faccia alla creatura«,, quanto all’vntione. dello ftomaco : macon quefta_» auuertenza, che auariti che ella fi vnga.fi laui con l’acqua feguente . Prendi quattro cime di Tambuco,e tre diebuli.e falli bollire in venti libre di acqua commune, con la quale fi lamia creatura, e dopò che s hauerd afeiugata le fi vnga lo itomaco conu, gh ogli p re ­ detti .

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ito D E L L A C O M M A R E D illa macilenta delle creatu­ re , e de ì[noi rimedtj.

Cap. XXVI. Ontrarioal malefudetrc é la macilenza, la quale fpeffofí vede nelle creature, & è loro di tanto nocumento c h o non le lancia altro, che la pelle deihrafopra l’offa . Due forti ritrouo di macilenza ; vna preternaturale,è t altra Magica. La Magicaè propriamente quella, che induco­ no le ftrighe con le loro malie, tequah fanno, ridurre le creature à miferia grandiflìma. Di quelle ne tratrano ec­ cellentemente i Teologhi, e particolarmente Silueltro Ferrarefe, e l’Aut­ iere nel libro detto mai eusmalefit iarum. Onde io non racionero di que­ lla forte di macilenza: poiché la fua cura appartiene a ila Chiefa , laquale con benedition, eforcifmi,& altre pie medicine: la medica : ma diro ben.» della preternaturale, laquale c vna priuatione del graffo, e della carne m turto il corpo, St ¿mpecíifce l'attioni: cotì del moto : come della coctione repetò i fanciulli in cafo tale non lattano.ma continuamente fi lagna­ no » Le caufc interne di quello male poflonoeflere molte ne gli adulti co» me racconta Auicenna , cioè diflipamento del nutrimento douuto al cor­ po* ffquale può eflere fatto ò dal calore fouerchiodel corpo,ò daflufli, ò da vermi,che mangiano qnello che doucua nutrire il corpo ? ouero perche il cibo non polla cor.durfi al corpo,tflendo opilare le vie;ò perche è tanto cattiuo l'alimento che non puòattacare : ò per diffetto della debolezza . dello llomaco,ò perla troppo calidità del fegato, ò di tutto il corpo. Ma ne’fancjnl/i chiara cofa è , che la macilenza nafee dal nutrimento,ò poco, ò cattiuo, tome da fatte colerico, malinconico , ò falfo. . Caufc eilerne fono l’aere caldo , il molto vegghiare, il fouerchio inorici fi,& nei grand» l’vfo immoderato di viuere • I fegni, chemamfeilano le caufe, fono fa­ cili daconofcere, imperoche feri diffetto della macilenza nafeerà daj/’alimento nc'grandiceli, fi vera che mangiano poco, ò fe mangiano molto è fegno, cheil difetto è nello fiomaco, ìlquale non digerffce/e nel fegato, che non Lì buon fangue .In quei che lattano ficonofce dalk mammelle^ delia nutrice, quanto alla quantità, perche fe faranno poco latte,faranno mofcj|, e vuote , e pallide > le creature fi attaccano alle tette , èdoppo hauerlc molto fachiate piangono , orinano poco, eie balie non mano giano, non hanno appetito, e lon pallide. Ma quando k mammelle fiano pene, all’horapuò mancateli lacre, ò perche la creatura lo manda tuttrJiiori del corpo, ò perche 1 vermi dinotino quello, che lo doucua nutr re.Gli efcremrnti che vfeiranno dal corpo raamfcfterarmo il primo diffetto, come i fegni de i vermi dimollranno il fecondo-Se anco ciò accade per la debollezza dello itomaco , il fegno farà vna languidezza notabile . Se anco il mitrinaeqto fata cattiuo , oiò potrà venire; perche la balia iia col« rica,


LIBRO T E R Z O .

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rica, fiematica, mal.iwomca, rognofa, 6 li aticio lata , come iuofi—> fpeiio accadere Dal volto, c dall’habitodi tutto il corpo fi conofeerdfacilmeocequale humore peccante guaiti il lactenmperoche le fmorte fanno jl latte colerico, le n ir e malinconico, le gonfie fiematico, ekrognofe pcflimq. Si può ancoconofcere il diffctto del latte dal rimirarloiperche fe non farà biancliitlìino, di mediocre confidenza, c dolce, lenza dubbio fara catino. In quelto negotio la una Confiniate fi prepari di aiutare le mi­ fere creature : perche ogni macilenza è pcifìuia, e particolarmente in que­ lle , che polfono riceuereaiuto da pochulimi rimedi;, e che in bteue (pa­ tio di tempo poilono correre all'Etica, fe vi fopragiunge la fibre della ma­ cilenza .La cura de i faiicitili che lattano, dee ellcic principalmente nel­ lo alterare,& accommodare illatte,& in difpore le parti à riceuerlo , come ancoincorregere lo (tomaco, & il fegato,che ben preparino in nutri­ mento riceuuco.Quanto al latte fe quelto è calda del male,ò per edere po. co,ò perefiere male qualificato,il proprio rimedio è fubiro mutare balia, eccetto quando folle infetta di mal francefe,perche muttandola.in tale Ca­ io la creatura infetta al ficuro 1àttacheri all'altra balia,di che fi dauci ren. dere ilretto conto alla maellà di Dio, ammorbando quella pouera donna, per fi pocco prezzo véne à nodrire i tuoi figliuoli,la quale fatta tale,ò per. de la fua (ani ri perfempre, ouero attacca li male al fuo marito in modo ; che infirmandoli priua la lua famiglia del v»uere necelfario.Si che è meglio tenere la balia franciofata, e farle dare l'aqua del legno; perche pallando in latte,medicei i anco il tìgliuolino. Ma quando non fi pofia mutare ba­ lla le bene non hauef&e il male francefe, airhora è forzaalrerare il latte, il che faraflì tenendole in aere temperato,nutrendola di buoni cibi, e facen­ dola purgare da qualehe faggio Medico. Il modo di moltiplicareil acre fi è di già mfegnato nel capitolo quinto del prelente libro, ma fe fu il latte colenco.fi gommino le balie,come fi è infognato nelle febri terzane; auertendo quello Colo,che douendofi purgare,in giorno della medecina non fi dia filacce loro,ma di qual eh.- altra dònaalla creatura. Così fe farà malin­ conico,e fi regia co’l modo medefimo,co’l quale firegge nelle fe bri quar­ tane,ma fe nafctfie la maci.éza dalla debolezza dello ftòmaco,ò della calid iti del fegato,fi purghi la nutrice per configgo del medico,St alfianciullo fi rimed i con alcuni medicamenti ellenori. Onde allo llomacho freddo , c debole fifaccia quello fomento con vna fponga. Piglia ifiiza libra di vino bianco grande,come vernacia;ò greco; de ongano;di cakmenro, di pule* gio,e dirofe,edi atlenz-o mezo pugno per forte,fifii bojlire ognicofa infieme,t poi con la fponga bagnaca nel decotto predetto fi fomenta lo llomaco,cioè foto la forcel la del petto,e nel fildeHa fchena i dritcura,ò poco più in su della bocca dello llomacho permeza hora auanti il cibo , così la fera come la mattina. Doppo illoiiumto fi vogano ionedefimi luoghi con l’vntione figliente. Piglia di oglio di ailcnzo due dramme, d’oglio mailicino ine za oncia;, di gar.)fuli,e di canella poluerizaca vn fcropoloper forte, e con vn poco dfecrafi lìvngiTento,e fi adopra la fira, e lamattina.Se anco quello male nafeeffe dallacàliditi del fegato; il che ficonofce dal grancafetc dcfcorpo,ii faccu in figliente fomento ai figa to, cioè due dita io tm fi


DELLA GOMMARE

' 2. ^ 2coite del lato deliro pure conia fponea.Piglia di acqua di cicorea,di endi­ via,di ninfea tre oncie per forte : di àlicnzo vn’oncia,e meza; di aceto vn’oncia. fi f a bollire il tutto>c poi fi fomenta in luogo predetto , vngendofì doppo con l’infrafcritta vncione. Pigliadi vnguento fandalmo vn’oncia .• di fugo di cicorea meza oncia,di fugo epatica .• vn’onciadi fu«odi affenzo due dramme, fi mefcola ogni cola, fi fa bollire, e fd l’yntione » M afeil f iufio c caufa della macilenza, vfi la balia cibi allringentiicome riio,e carni di cailraro; e bena acqua acciaiata, e mangi codogni, nefpole, e Torbe, e granati brulchi, facendofi al puto quei rimedi, che fi diranno a baffo nel capitolo de! flufso del corpo . Se quello male procedeffe poi dalla molra . cali dita di tutto il corpo,il fuo proprio rimedio è il bagno del latte come; volfe Auicenna. Ma perche tutte non polfono ha nere tanta copia di latte* il me defililo, ò poco meno fà il bagno d’acqua commune, neliaqualefiano bollite malue, rumici, & acetola, e fia fatto meza ora alianti il cibo 5; «andòirteza hora nel bagno tepido,e doppo ungendoli tutto il corpo con rgho di mandole dolci, ò con butiro,ò con oglio violato, neiquale fia_* di folata vn poco di midolla di vitello. Ma fé la macilenza procedelfe da j vermi, la cura fua vera fari nell’vcciderli, come infegnaremmo al fuo luo­ go. Se la creatura poi non latrerà',ma fari grandicellà,procura la Comma­ re di farla curare da i Medici : perche quello male è di molta importanza, & apena baila ad cflo la diligenza di vn buon Medico, nonché quella di vna Gommare...

Dellaro?rt<Z ì e lattume 3e dellafua cura. Gap.

XXVIL

A rogna, òrafpo, ò lattume,che vogliamo dire :che fuole occupare tucto il corpo de fanciulli,e vn male faflidiofo x poiché nonfologlidiilruggcinmodo, che non fentono giouamentodal cibo, ò dal fono : m i gli fi inquietare-» tuttala cafa,doue dimorano. Quello male anch’eflo può nafeere cofi dalla mala qualità del latte della balia, come dalla caliditàdel fegato delle creature.Siconofce la mala qualità del latte, ò dal calore della balia, ò daU'iffeffo latte,come fi è dettodi fopra ; fi come la calidità del fegato della creatura fi comprende dalla rofiezzadal volto, dal gran calore delle palme delle mani, e de ¡piedi, e dalla continua agitatione. Se dunque farà quella infermità cagionata dal» la mala qualità del latte,tutta la curaconfìfte nella balia , laquale fi è info­ gnata nel precedente capitolo :ma fopra il tutto laici il vino,e beua.il bro« do alteratocon endiuia, lattuga, e cicorea . Vfi orzate la mattina pernii« nefira, e zucchero rofato,che per fei, ouero otto giorniquello bafterà à guarire lei: è la creatura. Nonadopri vntionidifólfo,òdifolimatoiper‘ dimetterebbe in diremo pericoloii fanciullore quando firendadifficile: d’vfare quella poca regola di viuere,eottima cofamutarla fubito .Se anco il male nafee dalla calidità della creaciua ,, fi adoprino gli llefli fomenti al Tega-.


L I B R O

T E R Z O .

1S5 '

feftato, che fi fono ferirti nel capitolo antecedentc,e fi vn^a di vnguento fandalino, e fe le fi poteffe fare pigliare fpeflo fugo di granati, farebbe ot­ timo rimedio. Si fuggacome la morte l’vngere le creature: 'fi percheiii_» ogni foggetto l’vngere fenza purgha è pericolofiflìmo: come perche quella rogna ferue per purga à 1 fanciulli,e quando le fi chiudenda (Irada d'vfeire fuori per la cotica potrebbe quell'humorc auifarfi ad altre parti nobili, & apportare Ceco la morte. Et perciò io con molta ragione foglio perfuadere a padre è madre de’figliuolirognofi,chenon fi curino di farli guarire atlantiche habbiano pa­ tito le varóle perche per la rogna fi fcarica molta malignità di effe varóle , Si giudico bene, che quelli che non hannofc non vn figlio mdchio -, dèi qual temono nella furia delle varóle. farebbonofauiamenteà fargl¡ attac­ car la rogna praticando con rognofi. Pero fe dolore gli affliggeffe molto, fi può bagnar là rogna con acqia_* nellaquale fia bollire maìue, maIiiauifchio,oizo,e viole : perche dopò che fard ammorbidita efalerd quel humore, e recherà manco noia. Dopò pof. fono vngeie,ò con vn poco di pomata, ò con butiro lauato molte v o lto nell acqua rofa.ouero con vnguento roiato: perche quelli rimedi jfonoatti a un rigare il dolore, & il male può guarire folo attendendo ad alterare il latte della nutrice. Ma quando pure fi voleffe feccare la rogna,fi faccia f vn bagno con malua fcabiofa ,& vn poco di elleboro con vn tantino di fa­ lca v o p o co d ifo lfo legato in vna pezza e laudicon detta acquala crea­ tura, e doppo afciura fi vnga con vnguento di crufca, che fubico guarirà -i tua fia piu ficuro lafciarla dafe fleffa feccare..

Della brutta, òepilepfta, e della[naturai C ap. X X V 11I. O* ragionato delle malattie vniuerfali, cosi di dentro co­ me ai fuori de’fàncin Hi , hora è di mifferio parlare dellfc particolari ,e per feguire l’ordine propollo trattarò pri­ ma di quelle cheinteriormente gliaftiigono , e doppo di quelle, che di fuori gli tormentano Incomincierò dunque dalla tolta : e prima da quel male appunto, che tanto frequente fi vede nelle creature di queda Tcrra_. • il quale è qui dimandato la brutta , e con moka ragione ,quai.do che^ tanta bruttezza )c riduce nel perofifmo , che non è poflìbik maggiore . Quello malefù da gli antichi nominato variamente ; perche dice Hippoc atc nel libro dell'aere, acqua, e luoghi : che moki o chiamarono morbofacro , penfandofi , chefoffeda Dio (pecialmente mandato , Ariflotile lo domanda ne i fuoi problcmmi ertafi poh he i patienti redaño come rapiti con la mente , Galeno nel libro delle malattie volgari dice* che Hippocratelo chiamò male de ¿putti : perche gli è tamibanflimo . ondeauco per quedo ifeguaci di Auuicenna lo nomarono Madre de ¿ fauci uhi. Celio gli diede nome di morbocomitiale; perche ne iCommiti, -----fu


'«-84 D E L L A

COMMARE:

fù fpelo v,fto affliggere i patir ti . D a i Greci c derto epilepffa-^; & e famiha rimino a ! fanciulli,come dille Auicena nel libro 4?. al fuo pro­ prio capitolo , fi per il freddo remperamento del Pro ceruUo, come per la molta numidi à , della qual abbondano. Quello male è vn ricorfo vio­ lento di tutti i mu(culi del corpo, e de i ncrui inuolontar o, e per interualli ▼ etfo il loro principio, perche muc o contratti,& 1 muf< uli, & , neruirefta l! corpo come morto.dalla « g ra d o n e in poi. E vero chetile loperinrer. ua li,u gira,trema, e fi dibatte, hor qua, hnr là alle volte. La lua caufame diara alle volte e vn vapore veli nofo, che Tergendo da vna parte de! corpo infino da vn dito di piede,& arriuàdo alla tefta lo produce Lacauf fi m mediata, o fia vapore,come volle Arifiotele.ò flato,come volfe A .ero«^ chiara cofa e chcGaleno nel libro certo delle parti offl-le.al capirolo letti’, mo dille , che la caufa immediata conuiene edere l’humore fredo, oroffò tenace, e del medefimo parer fu Auicenna , ma quello poto imporra alla Commare. Eancocaufa immediata, interna la natura de’putti,& il rem. perameto lororperche fono ripieni di molra humidirà, e congr gano molto elcrementi.non già per diffetto di natiuo calore,che in elfi è molto : ma er il troppomangiare.emuouerfi luori dr tempotperche abbonda m -.Ita umidità nel loro ceruello.Caufe cfterne pofiono edere i venti meridi nal i , l’vfo de i cibi grulli,il molto latte, e la confufione de i cibi. Quello hò" detto per il plfim o abufo delle donne di quella Terra, lequali dal pruno giorno quali del nafeiméto non fono contente di dare cento voice il Gior­ no il latte alle creature loro ma bene fpeflo due volte il m'orno,oltra il lac te ledano la panata* quellofolo per fare venir grafie,il che futeede, si ma’ le luccede anco,come in due anni hò veduto.e prouato,che quali tutte cafcano nella epilepfia detta brutta da loro, e di quefta n e caufa ben dettai panata,lacuale, fa quali vna colla nello ftomaco.e poi per la euaporatione del latte a,la tella porrata colà , ò almeno mandandoli! grofiì vapori riem­ pie il cerueiIo,e cagiona la brutta.Il proprio cibo delle creature è il latte,e la panata non conuiene le no diffetto di quello, e fin che le daranno pana® * c jarrtc Patiranno per lo piti ta'e male in quello aere particolarmente il quale fe bene buono per mio gì udicio refpetiuamente a gli al ri circonUÌCiniv tende nern n! _

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e ' j ! r-7 *' «,i, iiunuinicnoqueita »rau lezaa non e di buon nutrimento.-ma di flemma; come della molta b âchez zaloro fijrede, laquale, come dille Anftotole nel libro fcctimo della hi. ilona de gli ammali,e attillima i produrre quello male.Di t fio faccia "ran cura la commare : fi pere he eccede quafi ogni altro, fi per he paffanei pofteri per propagatone, e fafli hereditario, come diffe Hippocrate nel libro delle propolicioni, e per quello Plutarco vofeua nel trattato della tarda vendetta di Dio.chcifigli narri da gliepiletici fidouefsero fubico cu^lì**1* c*1® follerò infètti certamente di quello male E mò vero,che lo ifteflo Hippocrate vuole, che l’epilepfia fia di due forti ; vna che nel venere mawrno e congiunta con le creature:l'alcra,che proceda da difordiuicom. mefli. La prima fi guarii« da fe lleffa,l’altra hà bifogno di molta cura, la­ qua.


LIBRO

TERZO.

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quale anch’ella è di due fortigna ne Ile crea cure, che lattano, c l’altra ne i grandi. Io non tratterò fc non dj quella de ìlactamhpei circi grandrhanno biiognodi vn buon Medico,e non del la Commare-E nccefiaria dunque vira buona pacicntia nella balia,la quale dimori in aere caldo, e lecco, dorma modcratamentc.-perchc il molto fonilo rép it la teda,e parricolarmc e quello del giorno doppo defiliate, il vino è nocino per parere d'Ariftoteie, non folo a i fanciulli, ma anco alle balie, e però b tuono acqua con mele,e faluia in quello modo. Si prende vira libra di acqua due òcie di me­ le ; e due cime di faluia, e fi la bollire fin che fia bene khi rimata,e dopò fi beue,che è cofa molto grata al gufto,e otrima al male..Gioua anco l’acqua cotta con foglie di bettonica,« corciandol i: ma iuggano tutti i ligumi, le carni grolle, i pefei di vaile,le anitre,le oche, c limili, e mangiano oui frefchi, polli,vccelli di monte, c limili,t vlìno la faluia anco nel pane poluerizata. E perche quello male potrebbe venire per coalenfo, e difetto dello itomaco il quale, ò per il molto latte, òpanata, ò perla mala qualità del latte medefimo, lo producefle,- perciò fi lafci la panata come la pelle , nè le ne dia a 1 putti fe non quando manca il latte; le gli dia anco il latte quat­ tro, ò cinque volte il giorno,e non continuamenre.Le qualità poi del latte lì potranno correggere co’l buon modo del viuerc, facendo prendere ogni mattina a digiuno alla balia vn fcropolo di diamufco con vn poco di conferua di faluia. Alla creatura fi ponga lopra lo ilomaco quella miflura. Prendi di aloè di mirra, di mattici vno fcropolo per forte ; di Theriaca meza oncia ;melcola ogni cofa, e difendi fopra vna pezza , applicandola lotto la forcella del petto immediatamente. M a quando il male nafee dal ceruello per eflentia, come per lo pillinole naicere.-all’hora al meglio che fi può, fi dee dare alla creatura per bocca il feguente licore, che é lodato da Aedo per caufa del male, e da Auicennapet il relio . Piglia di (eme di peonia meza dramma : di floridi decade , e di fiori di bettoniia vn fcro­ polo per forte: fipoiuerizail tuttolottilmente. e poi vi fi aggiungano due oncie di mele punflìmo,c mescolando infieme fi mette vn poco di quello licore nella bocca de) fanciullo quando vuole fucchiare il latte. Ma perche il mele fuole ad alcuni prouocare naulea , elargii venire in odio le mam­ melle, fi potranno prendetele pc.ueri lenza mele , e mettergliene in boc­ ca, e poi dargli il latte. Di fuori fi adopri al capo quella po lucre. Prendi di peonia, di bettonica, di adiamo, di giglio torchinogli poco per forre, feccha,e pelia ogni cofa,c afpergi lopra la tefta,eaccommodaui vna feuffia m modo, che non cada . Tutto il capo fi onga con oglio ¿cino,òcamamillino. Ma di quanti rimedi) ellenorij che fi pollono applicare, il più elfi. c2 ce, anzi l’ottimo è quello,th’e tanto familiarea i biorcntim, i quali co­ me hò detto in vn’altroluogo,iubito battezati i fanciulli,quantunque non babbi ano quello male,gh fiottano nel collo due dita focto la coll otol atrimedio in veto balteuole non lolo à prderuare :ma anco à guarire da tale; infermità,& io ne hò veduto à miei giorni efpenenze notabili. G a!eno lo­ da il portare alcolloi iemi di peonia,& Alberto Magno lo fmeraldo.


‘iU

DELLA

COMMARE

D ella conmlfionc, e de9rime dii dì e[fa* C ap. X X IX . Oco differenti da quello male èia conuuìfione la quale è vna eontrattione, ò ritiramento inuolontario d’vito, ò più mufcoli di qualche parte de] corpo noftro e per queito è limile alla epilepfia eflendoanch’ella vn ritratto dei mufcoli ma non è l’ ilteffa ; perche in quella tutti i mufcoli patifcono: ma in queito male alcuni folamente. La conclnfione può edere ò per confenfo di qualche parte afflita, ò per effenza ; ma in qualunque modo ella fia . Hippocraco dice,che può nafcere da due caufe,ò da replecione, ò da liceità. La ragio­ ne è addota da Galeno nel libro 3 .delle parti offcfe: perche fi come le cor­ de del leuto fi romponojò quando fon troppo humide,ò troppo diffecate, cofi accade ne ineruijòmufcoli del noflro corpo . Caufa della repletionc farà la copia dell’humore grado, òflatuofo.e della eificatione vna gran febrc >come l’Etica. Lecaufeelterion raccolte è da Hippocrate, e da Auicennafono l’aere húmido, il troppo vtggiare,bagni ipefli, la ftitichezza del ventre, il fouerchio btutr di vin grandencgro , ò dalla balia, òdalia_j creatura, e i’ vfo decattiui cibi delle nutrici. Queito male e grauitlimo, fe bene è più facile da guarire nei piccioli, chenei grandii onde fi dee fubito porgere conueniente rimedio.E perche può efserc prodottoc da repletio¿ « e , ò da liceità., la cura farà di due forti; e però quando nafccrà rcpletione, bifognerà gcuernare le balie nel modo che fi èinftgnato nel capitolo precedente; quando alle creature baderà la Gommare ridurci membri di. (torti al luogo loro , & lui mantenerli ¡perche coti difforti apportano do­ glia , la quale potrebbe condurui materia, cfiropiarli. Si onganorutti i membricon oglio volpino , conoglio di zucche fanatiche, con oglio di colto, ongendo particolarmente il filo della fchiena con tutti gli egli; pre. detti,e fpecialmente con oglio volpino,e Con oglio mufchellino compoffo da Nicolo Fiorentino Ma quandodalla conclufione nafeerà Liceità , la cura dee cfs^rc tutta appetta .dia prima l’aere freddo, & húmido ; è però gioua fopra modo l’orzata, il latte di mandoledolci ,le bietole, la maina la latuga eoe ta, &; i brodi gradi de i polli. Il vin fia bianco, e picciolo, & i bagni di acqua dolce,nei quali fiano bolliti foglie di viole,di malue,di ne­ nuferi, di mafuauifchio ,e iapo ò piedi di caflràtoima in quelli dimòrinoi fanciulli meza horaauanti cena perquindeci giorni, e doppo vlciti, Se afeii.gati gli vnga tutto il corpo con oglio di mandole doki,botiro,ò "Vaiio di òcche , ò di anitre.-ouero con le midole di vitello dilioltein ò°Ìio di mandole dolci, ò di viole.


LIBRO

TERZO.

2.87'

Della parali/ia, e del torpore coni lororìmedii

Cap. XXX.

Eftano off. fe alle volte le creature ne ì membri del corpo» hor deliri, & borfiniflri, in modo , che ò non pedono mouergli, e in eflìfentono, ò feglimuouono, lo fan­ no pigramente tallendoli come addormentati . Il primo impedimento è detto paralifia, Se fecondo torpore. La parai ifia dunq ne è perdita del fenfo,e del moto delle par­ ti,come dice Galeno nel lib.terzo delle parti offefe.al de, cimo capitolo ma fe bene alle volte fi perde, & ilfenfo, & il moto, non­ dimeno piùfpelfo fi perde hora l'vno, & horal’altro . Quella pigritia poi, addormcntamento, che è detco da Latini torpore, e vna picciolaparalifia; perche in efl'o il moto, Se il fenfo fono infiacchiti, Si indeboliti ; o non Enarriti affatto ; e la ragione è ; perche nella paralifia 1 meati de i nerui fono oppilati, e nel torpore fono mezanamente otturati. Le caufe in­ terne, di quello male fono -immoti f lemmatici, de i q uali ve n*è gran copia ne ifanciullijlacaiifa edema poi può edere cafcaca,ò percofsa che compri­ mendo i neriu,& ammaccandoli, per dolore vi concorrono humori.i quali gli otturano,e coli nafee la paralifia, ò torpore fecondo che più ò meno gli oppilano . E vero, che ne i fanciulli per lo più è generata dal latte troppo grofso,e flemmattico.ò dal troppo latrare, ò dal mefcolare ¡1 latte con gli altri cibi.come métte fi dà a i bambini lattanti anco la panaca.oueroqualche altro cibo. Hora dunque la Commarc molta cura di quello male/perche non ne facendo cóto è forza, che le creature ò reilino ltropiace,ò muo­ iono, efscndoui chiamati poche voltei Medici è tanto più ciò dee fare; perche la paralifia inuecchiata non fi può guarire,& il torpore non curato diuenta paralifia Emò vero come dice Auicenna nel a. libro alla parte terza nel cap. della paralifia, che fequedomalc iouragiunge la febre ba­ ila a guarirlo efsafola, perche elsendo calda diffìpa l’humor freddo , ch’e­ ra caufa di quello. La fuacura confifle per quello in eiliccare la humiditd del corpo, onde quando il diff-tto naice dal lacte troppo grofso della ba­ lia,fi afsottiglico’l modo del vmere parco,con l ’vfodel vin bianco picciolo,e de brodi, ne i quafi fia bollita, acetola , vua pafsa,ecapil venere • La balia faccia elercitio coirle braccia fera, e mattina per vn’horaauanti il ci­ bo,e dorma manco del folito. . Se anco il male fofsc prodotto dal mefcolare i cibi co'l latte ,il fuo vero rimedio, e non dare mai a t o che latre moderaramenced i fanciulli, quan­ do che lattano,elsendo cjudto proprio nutrimento loro . Gioua anco ba­ gnatele creature in acqua ò lidia nella quale fiano bollite ina artetica,pulegio, calamento bacche di alloro,betonica, Peonia centaurea minore, zedoaria, e decade,ba/nando 1 corpi loromeza hora alianti il cibo, e doppo atciugafi.vngendofi tutti, e particolarmente il filo della fchiena, incomin­ ciando dalla nuca con oglio volpino,con oglio di giglio celeilc,con vn pòCQ


!

DELLA

C OMMA RE

co di euforbio.Giona anco Iauare le creature nell’acqut fulfuree dei bagni» maggiormente poi i fanghi deJl’acquemedefime, come fono quei Padoani di Abano . Ma il migliore rimedio di tutti a fare 1 fanciulli vn cauterio nel principio del collo due dita fotto la collottola.

Del forino turbato , efàoi rimedij.

Cap. XXXI.

Ra quello illuogo dopò la parali (ia di ragionare di quell’affetto,che viene nella lingua dei fanciulli,& è detto baibutie:mi perche quello non fi conolce fe non quando effi fono grandicelli, & io non intendo trattare fe non de i mali de picciol i , paflcrò a quell’accidente, da <ui fono canto affannati, ch'e il fonno tnrbato.impcrochr fi come dal fonno fono quali rinottrite le creature , coli dall’in. quiete di elfo vnguento fommimente offefe: e di qui nafte,che mai il fon. no per longo che fi ila,hi recato detrimento a i fanciulli, ma fi bene il breuc , e turbato . Quefloèquello fonno, nel quale fi fuegiano fpeiTbòco» timore, ò tremore, ògridorecofi la notte come il giorno, enafcealle_> voice da fogni, ma più fpelfo da i cibi corrotci nello itomaco della creatu­ ra , dai quali, come dice Auicenna nel libro 41. al trattato terzo , alla-* dottrina prima , al capitolo terzo, dettandoli vapori corrotti esulano nella immaginatione malinconica, laquale formando immagine fpauenteuole rifueglia con paura i fanciulli. E fe bene Ariilotele nel libro quarto dell'hiftoria de gli animali, afferma : che elfi non fognano auanti il quarto anno, nondimenoI’iftcflo nel libro terzo della medefìma hifloria modera quella opinione, e s’accolla più al vero, dicendo , che fe ben fognano alianti il detto tempo , non fi ricordano però de ¡fogni : e però i medici conforme al vero dicono che i fanciulli fognano,e da i fogni fpauenteuoli è prodotto il loro fono turbato. La caufa interna mediata fari il cibo cor. rotto nello llomaco, l’immediata i fogni horendi. L’elìeriore è il latte che fi corrompe, ilqualefipuò corrópere, ò perche la creatura nc fuochi trop­ po, è per ciò lo llomaco non lo polla cuocere,e fari peccato nella quantir i; ò perche ila di rattiuafofianza , e facile i corromperli, e fari diffetto nella qualiri. I fegm fono, che mentre dormono le creature, fi lamenta­ no, gemono , tremano, erifuegliandofiapena fi poffono acquietar e; li fi muttail colore,le puzza il fiato. Tutta la cura di quello male confillcnel prohibirelacorrottionedeicibi nello ftomaco.Se dunque la troppa co­ pia del latte fia caufa del malediche fari quando la balia habbia buon lat­ te,e non faccia difordine) il cibare i fanciulli parcaméce è il fuo vero rime­ dio. Ma le di ciò fia caufa la debolezza del lo llomaco, le fi dia bócibomcdiocre.ma lì corrobori anco lo llomaco con quei cerotti, vntioni ,e fomé. ti, che fi fono infegnati di fopra nel capitolo della brutta. Più facile è il ri. medio, quando il latte è cattino : perche mutando balia fi riunione ogni caufa efterna de! male. Ma quandoò per non trouarne altra, ò per altro ri-


LIBRO

TERZO.

t8 j

rispetto non iì polii mandare via, ficorregga il lacre con buona regola., del vùierefimile á quella., chefic detta nel prunoJibro quandoparlàuano della balia. Oltre di ciò Auicenna configlia ¿fare vfare x fanciulli il melo per bocca: percheefcano dallo ftomaco quei cibi corrotti,che cagionata, noi fegni.dandoglene vn poco per volta: mafpeflo il giorno. L’vJoancò delle cure di mele,ò difaponeè buono,òdi qualche feru tialetco fatto con mele, e fale,e di fuori fe gli facciano fomenti allo ifomaco con vino, nel quale fia bollito affenzo/erofe . £ anco ottimo rimedio il portare al collo i coralli roffi *

De

Ilamolta vigilia, e de i

Cap. XXXIL

di ej[a .

E il Tonno turbato tanto nuoce á i fanciulli,che gli faranno I o multe vigilie.-poiche effi fono per natura inclinatiflìmi al fonno,e godono in quello edremamente come di vn fecódo nu­ trimento i -Certochericeueranno grandiflìmo danno: poi che per effe, ò incorreranno in qualche notabile infermità, ò non potranno nodrirfi,olcre l’inquiete noiofa.che fanno fentire à Ohigouerna. Cauta di queite vegghie fono pure i cibi corroti nello ftomaco .-ma con quedadifterrenza, chequando non fono molto mor­ daci contrahono le fantafia, & aceitando fogni turbano il fonti orma quan. do fono mordaci,irritano,c purgono le parti interne delceruello, & eflìccandole producono leveghie. Tlfegnoè pure troppo manifedo,ch’e il pia­ to continuo.La cura è conforme à quella,ch’è polla nel cap itolo preceden, te coli d intorno alla creatura,come d’intorno alla baliaaggmgendo quel fto.chc mentre la balia fi nudrifce di buoni cibi,vii lattuga in mini (Iraiòta infalatta cotta,& i femi di papauero, e le mando) e dolci.1 canti¿& ìfuo^ nhgiouano à conciare il fonno, come anco l’vntione fattala fera dopò hauerc lattata la creatura ali’vna , e l’altra tempia con vnguento populeone.oglio violato, & vn poco di oppio, vn tantino d aceto, vngendofi con l’idelie coie anco 1? nari.Più efficace rimedioò fare bollire ncll’oglio violato ìl feme di lattuga,& il leme **'■' di papauero bianco,con-vn poco di " zafferanno,e di aceto,vngendo con pezze le tempie» Gioue* rà anco vn poco diiìroppodi papauero ciático prefo ia fera per Jbocca. (•••)

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Sci-


ì^o D E L L A C O M M A R E Della diftiHatione, ed ei rimedij di quella.

Cap. XXXII.

Rauiffimo male è ladiftillatione nei fanciuli, cornee nei grandi : ma in quelli è maggiore, perche fono meno di quelli capaci de’timedi, e per ciò Auicetia ne fece tanto conto, che la chiamò madre di tutte le infirmitadj;il che fe bene ad alcuni pare paradiffo; queftoè però da tutti accettato,che quando la diftilatione correndo al nato l’­ ottura , produce quella ftrettezza di nafo, che apena ci lafcia tirare il fiato, eh è detta da i Greci Corriza, e da i latini grauedine Ce arriua alle fauci.ò al petto in poca quantità,cagiona la raucedine,e le-» toffe, ie bene non genera raucedine ne i puttùpercheil lattare e il fuo me­ dicamento ; fe poi precipita ne i polmoni in molta quantità apporta la_» difficoltà del respirare. E la diililìatione vn flutto di materia,che defeende dalla tetta nelle parti da batto Tempre humida, ma hor calda, & hora fred­ da . La fua caufa interna c Tinte mperanza del ceruello, coti fredda, come calda; equeftahà le fuecaufeefterne, ò come produtrici,òcomeconfer* uatricijcioè della fredda l’aere freddo, il giacere in luoghi humidi allo feoperto di notte, & il baguarfi la tetta. Della calda il fumo,lo ftare con la_, tetta feoperta al iole, il tenere TitteiTa troppo calda, Trlare i cibi caldi, e vi­ ni grandi,e altre cofe, che riempiono le tetta, come fpetiarìe,noci,8i oglio. Ifcgni della diftilatione freddarono l’effere inclinati al fonno, il dormire profondamente,la pallidezza del corpo,e la grauezza del capo, fegni della calda fono i molti,e fpeffi ttarnuti.laroflezza del volto, il calore grande_j» delTifteflo, & il dormire poco. Di quefto male ne taccia conto la Comma­ re, perche come dice Auicenna,e radice di tutte le infermità;e però fi sfor­ zi di leuarla quanto primajperche leuando quefta, leuerà anco la grauedine,la toffe,e la difficoltà di refpirarc. si rimoue la diftillationerimouendo le caufe efterne.e fuggendofi gli eccelli dell’aere, cofi caldo, come freddo , il fuoco, i fumi,il Sole, i vini grandi, e le fpetiai ¡o Onde fi auuertifcono le balie con parole graui ; perche non corregendoii il modo del viuere lo­ ro; mai fi leuerà la diftilatione :e febène nella fredda poflbno conueniro lefpetiarie, & il vin grande, come cofe calde, nondimeno difconucugono come cofe che riempino la tetta , le quali in ognj forte di dittillatione fono peffime- Si vfino orzate,e brodi con acetofa, & endiuia nella calda, e nel­ la freda,con borragine,& vuepatte, il vino nella caldafia bianco, e pic­ ciolo : e nella fredda pure bianco .• ma amabile. Quanto alle creature poi ; fi vferà in effe cura diuerfa, fi come farà dmerfo il male,la quale infognere­ mo nei feguenti capitoli.


L I B R O T E R Z O . i 9i Della ftreteZjZ^a del nafò, e[uoì rimedij. Cap. XXXIV.

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Vatido dunque la difiilatione produca quella ftretcza di nafo,per lauare i fanciulli à pena poiTono rifiatare occu­ pando la materia i meati del natocela materia fard cal­ daich e ficonoicerà da i fegoi predetti nella calda diilillatione)gioua non poco lauare le gambe,e le braccia alle creature có acqua calda,Tempre tirando allo in giù; ouero fe le mettono due ventofe fopra le fpallè fenza ta­ gliarle,e con molta lioppa.accioche tirino meglio. Dopò fi faccia fucco di bieta.e fe li fchizzi dentro il nafo con vnolchizzetto,ò con vna penna d'occa pertugiata da due bande pigliando il tacco in bocca, ouero(& è più potente) il fucco di maggiorana con acqua rofa. Si sfreghi due,ò tre volte il giorno trale ciglia,e nel principio nel nafo grado di gallina.ò con oglio dicamamilla,ouero perle pouereco'lfeuodi candella, ch’èlimedi­ camento prouatiifimo, & opera quafi in vno ifìante •

Della tojfe, e fa a cura*

Cap. XXXVA tote de’fanciulli,ch’altro non ciche il moto de’polmoni,co’l quale fi sforzano di cacciare fuori quella materia;: che coli manda la dilfillatione ; e male molto noiofo, sì perche affligge fopra modo le tenere crcature;sì perche alcune volceè cofi rabbiofa , che pucxfare rompere alcu­ ne vene del petto. La fua cura ha due capi ; l'vno di euacuare la materia, che la produce, ò di diuertirla; l’­ altro di facilitarla in modo,che meno affJiga . Si diuertiflecon i modi mcdemi, che fi fono detti nel precedente capitolo, cioè con bagni,, freghe, e ventofe. Si éuaccua almeno in parte con le cure, ò feruitialetti fatti di mele,ò di decotto communc con mele rofato. 11 vomito,come dice Auiccenna, e ottimo, & ne i fanciulli fi produca facilmente co’l porgli vn dito in gola voto d’oglio comprimendoli la lingua. Gioua anco nella to flo fredda il porre in bocca alla creatura vn poco della feguentemiflura, piandole le vuole dare il latte dandole fubitola tetta- Lamifturafifi. in quello modo .. Prendi vn poco di draganti di feme di codogno edi regolicia, e mefeola ogni cofacon vn poco di mele. Ouero le fi ponga in bocca con vn cucchiaro vn poco di latte,di mandole dolci fatto con acqua di finochio,ej IUfi lodala mirra co’l mele . Ma nella toilecalda prendi del feme di papa­ nero bianco, e di gomma di draganti due dramme per forte ,-meza oncia di femi di cocazza,c peitando ogni cola con acqua di viole,e con zucche» T a IO


’■Lji. D E L L A COMMARE

ro fa come vii fapone , e danne ai fanciul/i auanci che gli fi diai! latte im* melatamente. Il petto loco fi vnga poi ogni giorno con battito, ouec con oglfodi mandole dolci.

Della difficoltà del refpirare, efm ì rimed ii .

Cap. XXXVL

Aggiore affannocertamente apporta la difficoltà deirefpirare nelle creature,che non fa la tofle.-e perciò à quel­ la. deue rimediare con ogni preltezza la Commare - Vii dunque per quello le freghe alle gambe, & alle braccia con ventole piccioletperche il diuertire queflamateria da’polmoni ad altre parti,el’vnico rimedio; In oltreogm giorno faccia al fanciullo;ò cura, ò feruitialctto, e quando la difficoltà folTe notabile , ò tuttauia crefcefle ; ne i grandicelli gioua con aiuto prefentaneovn cauterio nella fuprema parte della tefia apunto nelle giunture dette comiflure coronaluma perche à molti per la grande humiditàdel corpo tale parte per molto tempo dura fatica fer­ rar/?, ¿quelli perciò gli faccia nel principio del collo , come fi e detto nel capitolo della epilepfìa. In bocca fe gli dia del mele con vn poco di feme di lino petto onero prendi di farina d’orzo,e falla cuocere per fei hore, con latte di mandole,e con tre,ò quattro dattili,e polla per fe il fedaccio ognicofa, e con vn poco di mele danne in bocca alla creatura, quando vuole prendere il latte . E anco ottimo rimedio porle iu bocca vn poco di/ìroppodi ifopo nel modo medefimo ».

D ii dolore dell’orecchia, efuoirimedii .

Cap. XXXVII. Atifcono grauemente le creatcreper il dolore dell’orec­ chia , il quale è attrociffimo ancora ne i grandi ; ma ne i piccioli tanto più,quanto che non fapendo effi dire ilio-ro male, fpeffo non è conofciuto; e per quello pofTono* anco morire. Le caule interne di quello male fono, co­ me dice Hippocrate, gli humori coli fiematici,. cornocolerici ¿quali corrompendoli produconol’intemperan-2à,e quella fi dolora,ouero corrompédofi producono alcuni vermini qua­ li dannò cruciati ecceffiui.Le caufeeftsrne fono l’inequalità dell’aere coffi caldo come freddo, i venti, riempiono la tefta, le cafcete, e le percoffe.-Si conofce quello male in modo tale,che quando le creature piangen­ do hanno l’orecchie,òro(Tc, ò humide, ò con marcia , ouero pongono ad effe le mani,fi può fofpettare,che il dolore fia in quella parte fD /queiia infermità ne dee fare gran conto la Commare.-poiche Hippocrate dice ne i fupiprouoilichijche negli addir; fe iì dolore farà pertinace con la fe­ bee*


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LIBRO

T ER Z O

. 19 3 bre,in Tette giorni vccide . Hora fe la caufadel dolore farà flato, ò ventoficà,la balia vii i nmodo de! viuere che fi è detto nel capitolo dell'enfiagio­ ne e fuga (opra il tutto i ventre le pioggie, & vfi coriandoli cefi ne i cibi, come nell'acqua cotta.Faccia dormire la creatura (opra l’orecchia dolente acciò il calore rifolua la ventofità, e neH oreccfaia metta àglio di mandole amare ò di camamilla,ò aneto, ouero prenda oglio dilombrici,e facciaui bollire dentro coriandoli,finocchio, &atleto;e poi mettalo dentro l'orecehia.Gioua anco il deccotto fatto in acqua con fiori di camamila, anifi finocchio, aneto, e fien greco, fomentando l'orecchia con vnafponga,e poi mettendoui dentro oglio di mandole dolci. Quando poi il dolore procedeflè da caufa calda,in tale cafo l’vfo dell’oglio di mandole dolci con buti­ ro, & vn poco di oglio violato è ottimo, facendo prima in fomento con ac­ qua, malue fiori di camamilla,& orzo.Sopra il tuttofi faccia aftenere la baliadal vino è dalle fpetiarie,efe le faccia vfare orzate,lattughe, & altri cibi refrigeranti, e beuere acqua d’orzo, e fe dubitafte di perdere il latte, potrà beuere brodo nel quale fia bollito orzo. Ma fe il dolore folle cagionato da vermi, faccia ogni opra la Commare di nettare 1orecchia; fiche efequiraffi cómodaméte mettendoui dentro oglio di mandole amare, con poluere di affenzo,ouero fi decotto di aflenzo nelloglio di mandole amarecon vn po­ co di falnitro.Qnando in oltre la marcia,ò flcma foibe caufa del male,preti, di vn poco di vin biancho.nel quale fa bollire il mderofato,efaInitro, e_, laua beniflìmo l’orecchia, è dopò ongila con oglio di mandole amare, nel quale fiabolito vn poco dicaftoreo ch’è medicamento lodatifllmo da G a­ leno ne 1libro decimoquarto del Methodo,nel dolore dell’orecchia;& io ne i dolori,che hanno origine,ò da fléma,ò da Vermi,ò da caufa ftedda , anco ne i grandi vfo il feguente lenimento con giouamento mira­ bile.Prendi vna cipolla bianca,e Fani vn buco nel mczoima che però non palli all’altra parte,e poni dentro oglio diman. dole amore, e dolci quanto vuoi, cinque grani di ~ pepe intero, & alpefod i tre grani di calta; „ ' reo,con meza oncia di feme di papaue•' ro pefto,ò fugo di elio,e fa cuocere la detta cipolla al fuoco, e do‘ ' pò cotta fpremilla, e di quel fugo iftilla nell’ orecchia convn poco di bombace. Quello dolore ne i grandi rlceue maggiore cura : poiché oltre i medicamenti locali fi medica con medicine, e co’I cauare fangue ; ma non parlo io adeffo d’effo fe non quanto appartiene a’ fan­ ciulli .

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294

D E L L A

CO M M A R E

Dellapoflema che nafce nelprincipio della eolaa fanciullite della cura di ejja.

Cap. XXXVilI, Afce vna poftema nel fondo del!abocca,e quali nelprincf. pio della gola a i fanciulli, in quelle glandule.che di qui & d i là dalle fauci fono collocate , che fono dette ifchmi dai Greci; la quale apoftema alle volte è calda, & a llo yolte fredda, E calda,quando nafce da fangue,ò da cole­ ra . E freda,quando procede dalla flemma,il che auuiene (petto nelle picciole creature per la molta loro humidità della tetta, e quelle fono le lue caufe interne. L'ettcrne poi fono Paere_# molto caldo , ò molto freddo,lo ilare troppo al Sole,gli flridori>I’yfo de i vini gran di,e delle fpetiarie nelle balie. Si conofce quello male aprendo la bocca ai fanciulli ; perche nel fondo vi fi vede l’apollemachiaramento, anzi tocando dietro l’orecchia per di fuori fi fentirà facilmente. Il fuo co­ lore rollo, & il dolo re grande è legno,che nafce daifangue, comelapalidczza pure con dolor e è legno , che procede dalla colera ; la bianchezza-, col colore Topico, & ottufo dalla flemma .Quello male c di molta importanzaiperche fe non £ curato,può produrre ò fcheranzia,ò difficoltà di re. fpuare ; per ciò la Commare ordini alla balia vn modo conuenienre di viuere,limile à quello, che fi è infegnato nel capitolo dell’apolteme cald o dalla matrice,quando da tale caufa nafca;ma fopra ogni altra cola dia bati, do al vino,e beua acqua di orzo, con fucco di m ori. Mangi orzata a tutto patto,& vii acecofa In ogni fua viuàda,e doppo fi sforzi di riuoltarr fi corfo della materia altroue con freghe alle gambe, particclsrffiente co pezze calde.ò con acqua calda gli laui le gambe, tempre tirando allo ingoi. Le ventofe coli Cecche, come tagliate polle (opra le natiche , ò cofcie fono mirabili'.ma non gii alle fpalle per non tirare materia verfo il male.In boc­ ca del fanciullo gioua porre anco con vncucchiaro vn poco di fucco di mo­ ri,ò di diamorone,ouero il decotto di fichi fecchi.c di fuori fi vii il decot­ to dé“lPorzo,maliie, e viole, fomentando la parte dopò l’orecchia, o poi

vagendola con buturofrefco,oucro gratto di gallina,

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LIBRO

TERZO

195

Delle piaghe della lingua , e delle labra , e della cura loro *

Cap* XXXiX*

gpr ip* fe!! Ipì rají in! ipj

EH’ifteifa bocca co fi fopra la lingua, come nelle labrs dell’ vna, e l’altra parte fcatunfcono bene fpelio al­ «me piaghetce in torma di coraletti, che pure da.* Volgari Iona dette caroli, le quali danno co lo re^ gtandifíimo, e portano non mediocre difficoltà di lat­ tare . Qucite fono chiamate da Medici Greci Altima, da Auicenna, e fuoi legnaci Afeóle ò Botor» &infotnma fono piaghe picciole porte dentro la boc­ ca fopra la lingua, ò le labia con rofleza intorno, bianchezza in mezo, e dolore, e calore per tutto. Caufe interne di quello malefonogli humo* ri caldi, & mordaci , e conofiui, i quali fono prodotti, òdalle in. temperanze calde del corpo, oda i cibi corrotti nello flomaco della creatura, ò dal latte cartaio dilla balia , come da caufa edem a. il cibo fi corrompe perche è ò troppo , ò cattiuo, non potendoli il troppo digerire, ic il catcìuo nafeendo dal difordmato modo delvnicre delia balia, la quale vfa vini grandi, ò fpetiarie, a g li, cipolle, fcalogne, ò altri agromi. Que ile piaghe fono di due forti perche alcune», fono benigne, & altre maligne. Le maligne fono ie negre, e puzzolenti prodotte da caufa interna. Le benigne fono le bianche non molto pro. fonde,e natte da caufa eltema. A quello mal e rimedi)Tubito la Gomma, re : perche Galeno dice, che ne 1 fanciulli è pencolofiffima, e io ho ve­ duto molti incancherirfegli jl volto folo per quello male turato malamen­ te . Se dunque il male nafeerd per difetto del latte, fi; correggane! mo­ do inlLgnato di fopra nel capitolo della e p i k p f i a ò fi rmiti baba. Se dal molto lattare, fi moderi la bah a, e creda certo , che la ruina del le crea­ ture e darle ad ogni hora la retta in bocca, eche balla lattarle al piti quattro-volte al giorno . Ma quando il male fofsegraue da donerò, e necelsariopurgare la balia da quegli humoncaldi ,& acri,. tomi fièinfcgoato di fopra nel capitolo n . doue fi ragiona deli’àpottemc calde dell» matrice,, fopra il tuttofi vfi: bere a paito , & che tra giorno vffil luce© dimori, ò il Diamoti ne, ouero il fucco di granati con zuci htro, ncl'qualeatrconc potrà pere in bocca alla creatura fpefse volte ch'ecofa ottima. Dee poi la Gommare porre cura d*fermare le piaghe , ilche fi fàxo’l latta­ re la boura a r fauci uhi con fueeo di lattuga » di pjantagme, e di fotetro, poi ponendo {opta la piaga vn poco di poluere Giallume di tocca abbruggiato ouero glifi la ui la boctacon vn poco difucco di agrilla, ò lugo di mori, e poi ponuii {oprala poluere di alume di rocca cruda-, cherifanerà te piaga fubito. Giouaanco in quelle,che fono molto humidé la feguente «uiUira.Prcndrdi mirra,di gallaci inccnfo vn fcropoio per forte pellai T r

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i 9tS d e l l a

c o m m a r e

tortilmente ogni cola, e con vn’oncia di mele mefcola, e mettine fopra la piaga.ma prima Iauala con vìn negro. I predetti rimedi) fono buoni per le piaghette che tono bianche: perche quando fodero giallette,fi dee vfare fucco di granati, ò di egrette con tocco di pomi, di narici, e di lattu­ g a, òdi porcacchia. Maquando fodero negre, òmorelle, fiadoprino lentimafticate , e pongono fopra il male ; oueroallume dirocca con vn_, tantino di verdemente lattato nel tocco di mori negri;& il pùfieuro rime­ dio è toccare dette piaghe con ogli di folto mefcolato con acqua rofaj e più efficace ancora è foglio di vitriolo.

Deltapoftema detta Ram ila, che nafce /otto la lin­ gua defanciulli, e de i rimedij di ejja .

Cap. XL.

Afce torto fa lingua della creatura vna poitema det­ ta da Latini Ramila,la quale tanto le nuoce, che le impedifce il lattare. Quella può nafcere , ©dii molto fangue, flemattco, ò colerico ; & i fegni di quetti humori ageuolmente fi conofcono:perche il molto fangue la fi roda,e dolente,il fiematico men rotta, e men do!ente;& il co letico più pungente, e gialletta. La fua cura i facile nel principio,pur che la balia laici jì vino, quando pecca la colera ouero il fangue : Al lanco vfi cibi freddi, e particolarmente il fugo di orzo con tocco di limoni,òdi naranci. Quitto alla creatura le freghe,e le ventofette alle natiche nel principio del male fono ottime. Ma doppo il princi­ pio la Commare prenda vn poco di fale armoniaco,e col dito lo sfreghi fopra il tumore,che gioua notabilmentejouero ado . pri il draganto poluerizato con vn poco di verderame pofto fopra ¡1male. Ma quando egli fode contuma­ c e , c necedariofare , che vn Cvrugico con hu, punta di vna picciola lancetta lo fori,e fubito fi laui la bocca al fanciullo per fermare il fangue con vino ne­ gro,nel fale fia bollica gal- " la,rofe,e miriti,e final­ mente fi metta vn poco di mele con mir­ ra , c incenfo fotte la lin­ gua per tre, ò quat­ tro giorni. (.••)


LIBRO

TERZO.

1 97

D el dolore chefentono i fanciulli nel fare i denti i e de i rimedij di ejjo .

Cap. XLL

’Affanno,chepatifcono le creature nel fare i denti loro tan­ to moleflo,che oltre il dolore eeceifiuo le opporta il fluflo ò la iebre.Ma qui è bella cofa da fapere.-perche caufd quali tutti gli altri animali nafcono coni denti dall’huomoin poi;e perche effendo cofa naturale il fare i denti,fi facciano — :------- con, tanta moleftia,che i medici habbiano domàdato que­ lla attionemalattiajnafce l’huomo fenza denti per lo più;cofa che non ac­ cade ne gli altri animali,perchequelli benché follerò abbàdonati dailoro genitori fi porefiero prouedere il vito.-ma l’huomo come nobiliffimo il quale nafee in modo.che polfa dferc feruito da i fuoi parenti, non hauea bifogno de i denti fino all’età prouetta . E forfi in quello fenfo Cicerone contieni le miferie del nafeimento humanoin grandezza,béche à me pa­ ia paradofio, quando inuero mentre fiano fanciulli, come dice Arifiotilc viuiamo vita de i brutti non difcorrendo,fiamo nelle anioni imperfetiifim i. Ma Hippocrate nel libro delle carni porta vn’altra ragione,& è , che gli olii del capo iìnodrifeono di vnahumiditd grolla, e vifcofajc perche gli animali brutti abbondano di tale humidità,perciò producono! denti nel ventre de 1 loro genitoriima l’huomo non ha tanta humidità, che foprauanzi nelventre manterno,e per ciò nafee fenza denti,c dopò nato hauendo già ben formati gli ®flì della tella , allhora quello , che nutrita la teita3 produce i denti. £ fe Marco Curio Dentato* e qualcheduno altro auuenne •' perche la madre abbondò di tali humidi­ ta grolla, la quale ballò non lolo à generare è nodrire la tella; ma anco à are i denti. E poi vero,che la produttione de’denti è opera naturale,inlita, & ordinata neceffariamente dalla natura: ma douendo i dentifpuntare fuori per le gengiue, quello non fi può far fenza dolore ; perche vna materia dura ha da penetrarne vna molle, e fenfibile: onde nafee da ciò il olore, e gli altri accidenti. Caufa di quello male è il pertugio, che fa il dente nelle gengiue ; e legni fono le febri, il pianto infolito,il caldo no­ tabile in bocca,& i vedere i fanciulli quando lattano à liringere fopra modo ì capitelli delle mammelle. Potrà dunque la Commare accorgerli di quello ma e si da quelli fegni;sì anco perche vuole Ariflotele nel libro iettimoi del! hiltorià de gli animali,che i déti fogliono nafeere per lo piti doppo il iettimomefe,& a pochi auanti quello tempo.Si prepari dunquq iti porgere aiuto alle creature, il quale confifle nel mitigare il dolore,e nel' rendere facile l'vfcita a i denti. Gran giouamento apporta a qnc/Ìoil yiuere regolato della balia : e per ciò lafci fubito il vino, !c fpeuarie_»3 e tutte le cole calde , e vii brodo per bere, ò acqua di orzo, mangi carni <*1 di brodi alteraci con lattuga,endiuiajacetoiaje fetne di me ione.

Habbia


B E L L A

C O M M A R E

Habbia acqua di maiua.ò di latughe.ò latte di fané di melone,c con born^ bace,fi bagni fpeilo le gengiue. Gioua anco i! ter uello della lepre cotto,e pollo fopra le gengiue per facilitare l’vcita de denti ■ Ma quando quello non fi pofla hauere, tanto vale il ceruello di agnello,di capretto, di pollo. E anco molto buono il dente del porco cingiale,ò del lupo apportato ad dolio legato in argeatojcoilutne.che ancora hoggi quali per tutta Irai ia fi ofl'erua : perche con erto fi fregano le genginej anzi gli ilefli fanciulli da ie ftellife lo pongono in bocca.

D el fìnvoZjZjO, e dei rimedu di èfio •

Cap. XLIL L fingiozzo grandemente turba le creature, perche è vol» moto pretetnaturaìe dello itomaco, il quale per natura d beneficio della cottione,dee dimorare in fomma quiete, acciò fi i fomentato dal fegatotma mouendoloil fingioz­ zo alto in sù lo conquida, c debatee Itr atramente ; onde perciò il fingiozzo è moto preternaturale. Caufe di que­ llo male ie bene dice Htppocrate, che fiuno, cioè, ó lau» troppo pienezza^ò lamolcacuacuationernondimenone i fanciulli poche voltenafcedaìlainanitione;, m asìdal molto latte, ouero dal latte mal qualiffi ato,.CK è agro,mordace, e cattiuo . Segno del fingiozzo è egli me. defimo: ma che fia per replectione , e fegno la voracità della creatura che Saper fiedezza.ii vmere della notrice che fia per armonia,lo da incendere la cornicione dell’vfcita del corpose finalmente che fia per manitione, il poco cibo prefo per molti giorni dal fanciullo. Il fingiozzo ne 1 putì noni è mortale ,fe non quando nafte da inanimatione epiìepfia ò da altri mali acuti. Quando dunque la Gommare fi accorgerà, che il fingiozzo nafea dacaufa fredda, il proprio rimedio è vngere al fancillo Io nomato con_* ogiiodianeco , òd i menta, ouero di noce mofeataeon pani caldi,© llropp e, odane {uccide Gioua ancodoglio di afieuzo, nel quale fiano boilicii dieci grani di pepe, eieigarofoli con vii poco di zenzero applicandolo Copralo Domato con le (troppe calde.Pet bocca con vncuchiar© gjifiìdià vnpoeodi firoppo diaflenzo, o di menta ^ Quando quellomaietiaiceri dai molto ¡arte.ficibi manco la creatura;eqtiando illarte forte mal quali­ ficato,fi mutr balia,» ficorregail latte nel modo altre volte infognato. Se anco nafeerà da i nanitione,iI fuo vero rimedio è cibare i faneiuliiima Ja_, noce d’india data con zucchero allacreacura èottima;fi come anco gioua lopra modo inqueflo male il tenere il fiato, eia paura/e i putifoiTero atti àcjue&e operationi -


LIBRO TERZO. D el vomito, della cura [u à . Cap. XLlIL

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Peggiore il vomito del fingiozzo,* si perche il Tuo motto è maggiore, e più violente;si ancho peri he priua la creatura di quel cibo,che già haueua nello ftomaco; oltre che con­ giunto con la naufea apporta ansofcia grande fuor d’ogni credéza.II vomito è vn moto deprauato nelle ftomaco,ch’è eccitato dalla virtù efpultnce, come vuole Galeno nel lib. a. della cauta de gli accidenti. La naufea è vna vana vo luntà di vomitar? -, Quello nafee da materie cattiae radunate nella cauità d Ilo ftomaco.Quefìadall’ Kkflearpichiate, ò nellafuperficiedell’ifteilo,ònellafuabocca. Caufe interne del vomito, come racconta Galeno, fono le humidità dello ftomaco, e l’abbondanza di fredi humori, ò di latte , o cibi corrotti, 8c acero fi . Caufe cllerne topo fetori di cofe puzzolenti, il vedere vomitare altri,& mangiare cofe ontuofe , c grafie. Si conofce la caufa del vomito in quello modo, chefe la caufa faranno gli humori freddi dal caldo riccuerà giouamento,e fi potrà congetturare dal modo del viuere della balia, fe fa­ rà racrimonia del latte, dopò il vomito languirà ancora la creatura ; il molto latte, doppo il vomito migliorerà.A quefto male dee eifere mol­ to attenta la Commare,perche come nel principioè facilifiìmoda guarire, cofi doppo molto tempo apporta la morte : Però fe la caufa de! male fari la treaezza del latte ; fi correga con i rimedi) caldi ; ilche farailì co! fa ro mangiare alla balia qualche garofolo, ò canella, ò porne anco in bocca . a lla creatura,come anco ilfuccodi granati, ò di codogno. Di fuori glo­ ria vna fetta di pane abbruciata, e bagnata nell’aceto forte, &afperfa di puluere digarofoli, di meenfo, dim ailici, collocandola Coprala bocca , dello iìomaco . Io fogl io vfare per rimedio Angolare di prendere due pezze di tela nuoua quattro dita larghe,é bagnate nell'aceto le copro con poluere di inccnfo.di mirra, e ne pongo vna Copra la bocca dello ftomaco, cioè (otto la forcella dal petto imidiataméce,e l’altra dirimpetò è quèfta (opra ì J mI della fchiena,e le faccio rinouare dut,ò tre volte il giorno. Fallì anco v® empiamo, e fi pone nei luoghi predetti in quefto modo, piglia vn pu­ gno di rofse; emezodi menta : peffa ognicofabene, e poiaggiungeiii due dramme di maftici, e tre di incenfo. Ma quando la mala qualità del latte foffecagione del vomito,ò fi muta la balia ò fi corregga il latte,come fi e tante volte infegnato,& alla creatura fopra Io ftomacofi pon ga quefto empiaftro : piglia di farina di orzo mezo pugno, di cime di mor» faluatici mt zo pugnojdi fcot za di pomi granati vn’onciaipefta ogni cofa, e con ac­ qua rofa fa l’empiaftro.

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Del-


500 D E L L A

COMMARE

Dell'incontinenza d ell orina de ifanciu lli,

Cap. XL1V. Eguono hora le malatie della velica, le quali come in ogni età fono pericolofe,nell’età puerile nondimeno fi rendono pencoloiiflime per la qualità del male, sì anco per la natura fua, laqualerifolubile, e può riceuere poco aiu­ to dalla man del Medico: Accade dunque alle volte, che le creature non poifonoritenere l’orina, e quefto efterto non folo offende il corpo loro, e le abrufcia le cofcie, Se ilfelfo : ma anco añüge le nutrici, elemadri grauemente. Caufainterna di quefto male è l’offefa, che nceue quel muicolo , che circonda il col­ lo della vellica, i! quale effendo formato dalla natura átale fine,che allar­ ghi è Aringa la vcffica , fe c o n d o il b e n e p la cito della v o l o n t à per mandare fuori, ò ritenere l'orina : quando ò per propria indifpofitione, ò perdiffetto di altro membro refta offefo, all'hora nafee Jquefto maledell’inconftanza deH’orina. Refta quefto mufcolo per lo più offefo da gli humori freddi, evifeofì, ¡quali rendendo inetto all’opra fua, Stoppinandolo lo infiachifconoej perciò la caule interne poifono eflere l’intemperanza, ola materia fred­ da, egli humoriilematici, freddi, egroili, L’efterne fono l’aere, il fi. t o , Scil cibo freddo, 8t húmido; l'vfo dell’acqua fredda: le cafcare, le> percollé, dislogamento de! fil della fchiena, e lim ili. Nelle creature,che^ lattano quefto male difficilmente fi puòconofeere , perche poche volte le ritrouiamo lenza eferementi : ma pure la diligente balia, ò Commarefc_j nc accorgerà co’J tenerle sfa fciate dal mezo in giù,e commutarle ad ogni quarto di hora le pezze bianche, le quali trouando Tempre bagnate, e fo­ gno della incontinenza dell’orina.Ne i grandi è più facile da vederli,quanw: donon folo in Ietto ogni notte , ma il giorno ad o gn i hora hanno le carni, feie, e le calze piene <ii orina : puzzeranno di quel fettore vn mezo trar di mano . Ma di quelli non ragiono io , non mi curando che la mia Com­ mare medichi quelli, chepoiìonoeflere medicati dai Medici. Quando dunque tal male nafee nelle piede creature, della intemperanza,fredda^ del mufculo, il corpo fiematico loro, ò là natura flemática del latte della balia Io potrà manifelìare, come anco fi potrà fapere per altrui relatione J chenafca dacaufeefterne- Ma perche quefto male neifanciuli per Io pii* è prodotto da humori freddi, egroili, i quali ò diitrempanoil mufculo ò lo oppilano , tutta la cura farà indrizzata ad elficare dette flemme, auer tendo, che è più facile a guarire il male, che nafee da!l’intemperanza_,, che quelle che viene dall'opilatione, confided dunque bene la Commare > fe lacaufaderiui dalla balia, ò dalla creatura,perche dcriuandodalla ba­ lia , fi dee ò mutare il latte, correggerlo, e ben qualificato,elficcando!oa eri-.


L I B R O

T E R Z O .

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e ribaldandolo nel modo , che lì è detto di fopra del capitolo 8. doue li parla del latte corbellato per caufa fre dda: aggiungendo quello più, che la baglia fi guardi da pefei,herbe,frutti, & altre cofe.che fanno orinare» e tanto baiti alle balie. Quanto alle creature, e ottimo rimedio fi perrifpetto delle proprie qualità, come perche fi può amminiflrare fenza difficolrà , l’acqua fulfùrea de i bagni calda come è quella d’Abano nel Padonano,del Tetuzzo in Tofcana,della Poretanel Bolognefe;doucndofi in quelle acque inuiergere le creature fino a!l'ombilico,e dopò il bagno v,n. gere tri ivn o , e l'altro fedo, doue reità collocato il collo della velica con ogho di eufotbio : Galeno loda la vellica del porco , e della pecora lecca pefia, ebenuca, & anco il eaJamento , e la mira . Nicolò Fiorentino commanda quelle pelli dure» che fi trouano ne gli ftomachi delle galline^ ieccate,e prefe in poluere. Ma perche le creature latrate non fono atte al pi gliarle, fe li potrà far vn empialtro in quello modo. Prendi vna velfica di porco, ò di pecora, e dentro ponui vn pugno di calamento petto, vno di ruta,& yn’alcro di menta; mezaon eia dimirapoluerizata, econ tre,ò quattro oncie di oglio di giglio bianco , e mez’oncia di oglio di eufor­ bie, fi applichino le cofe predette tra l’vno, e l’altro fello.

D ella fupprefjfìone, e dell'orina xe [m i rìm edij,

Cap. XLV. Otto peggiore èiafuprellione dell’orina, che non è l’inrcontinenza: imperoche quella non vccidc, quantunque fia cola noioia.e fporcacma quella al più quattro giorni miferamente ammazza.La fupreflìoue dell’orina è quan­ do,ò niéte fi orina,ò folo à goccia à goccia.Caufe inter­ ne di quella fono debolezza della facoltà efpultrice,che è fatta tale dall’intemperanza fredda, e con humore, e fenza;ouero l'opilatione del mento de!rorina,ch'è prodotta, ò dahumor vifcofojò da pietra. Caufe ellerneionoil viro della balia,freddo,& humido i cibi groffi;come legumi, carne frefea di porco,vin grotto negro»« coli l’aere freddo,& humido. Quello male fi può ageuo-lmente conofcere dal non orinare ò poco, ò niente :ma da che caufa nafea, non è coli facile da prouederc. Onde auuertifcà la Commare,che fe nafeerà la caufa fredda, sfregando il petenecchio del pati ente Scaldandoglielo, l’orina efee fuo­ ri: Coli quando nafcedaoppilatione,mai ne per compreflìone,neper cal­ do lì mollra l’orina:ma quello, che più d’ogn’altro le manifefta, è l’ informatione del modo de! viuere tenuto dalla balia. Habbia gran cura la Comare di quella indifpotionerfi perche in vero le creature, come inhabili à prédere medicamenti reflano quafiabàdonati da gli aiuti Immani;« fa pure ne riceuono,fono gli elterni, 1 quali (petto poco giouano. Sedun» la mala qualità del latte ne fu eau(a,ti corregga co’l modo del viuere

caldo«


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C O M M A R E

caldo, come fi è già detto di (òpra nel capitolo ottauo, oue fi trattò del latte quagliato per caufa fredda ; aggiungendola fo!o, che la badia ogni mattina prenda vna fcodelladi brodo di ceci rofiì,nelquale fiano bollite radici di perfemolo, apio, làffifragia , capei venere, e fperagi ; ma doppo però >che haurà prefo vn poco di medicina per configlio del Medico. Vfivin bianco à palio, nel quale fia fiato infula mezo pugno di femidi Alcachenghi detti in quefio paefe hora fch.ioppi,hora mandonctte.Doppo due volte il giorno ponga la creatura nel feguenre bagno caldo fino à due dita l'opra l’ombilico nel quale dimori al più per meza hora.Il bagno fi fa cosi, piglia quanta acqua vuoi i eponnia bollire malue, maluauifchio,radice, ò foglie di vetriolo * e centone, efeme di lino, calata che farà la quarta parte dell’acqua adoprala come fi è detto. Doppoil bagno prendi meza oncia di fangue di Becco , due dramme di feorpioni poluerizzati, dueonciediogliodi feorpioni, & vna di oglio di giglio bianco, mefcola ogni to fa , & applica foprail pettenecchio, e tra l’vno, e l’altro fello. Onero prendi herba mariale detta vedriolo, ò pa­ rita ria ; òdi centone; peftala bene, poi con oglio di feorpioni butiro l'refco,& oglio di rutta fi'’.la ben cuocire in vna padella, e ponila nè i luo­ ghi predetti.

D el male della p i e t r a e dellaju a cura,.

Cap. XLVI. lù graue fenza comparatione è la foppreffion dell’orina* qnando nafee dalla pietra della vellica,e tanto più»quan, to pare,che quello male fia famigliarilfimo alle creature per parere di Hippocrate, e d’ogni altro Medico. Cau. fa interna della pietra è l’humori vifcoio , e freddo con. gelato dal molto calore natiuo, del quale la età puerile tanto abbonda. A che fi aggiunge la fìretezza del cana. le dell’orina, che fifa tàleper parere di Auicenna, ò per la mala compofitionedel corpo, ò per heredità paterna : poiché anco la pietraèanoo. uerata tra ihereditarij . L e caule efterne Hippocrate leattribuifee_j al latte della balia : imperoche dice, che fe il latte farà impuro, produr­ rà non folo la pictra:ma mille altri mali, & impuro fallì, quando le balie difordinatamence viuono . E fe bene i vecchi patifeono la pietraie bene non lattano; quefio peròauuiene in loro per freddi humori, e p e r l a i corrugatione de i meati già per la vecchiezza incrcfpati. L’altrecaufc_j cllerne fono l’aere freddo l’vfo dei cibi groflì, il moto frequente, il mangiare fpefiò, che perciò rompeladigefiione. Segni di quello male^ fono il dolore continuo, che nell’orinare fentono i fanciulli, ilqualc elfi manifefiano co’ l pianto , ecofi l’orinare à goccia à goccia, & alle volte con fangue,e la ranella continua nell’orina . Quefio male è di molta im­ portanza; perche non curandoli vccide in breue fpatio di tempo; ma curandofièpiù facile alle creature, chenegli altri: imperoche eflendo Jl


L I B R O

T E R Z O .

il fuo più vero remedio tagliarle, e fargliele cauare , fi cattano più facil­ mente a i picioli, eh. à 1 grandi^ E vero , che la cura fi può fare ijj_, due modi,ò con i medicamenti,ò col taglio. Con i medicamenti in que­ llo modo, che prima fe il latte farà calila del male, fi muti ftibito, per­ che altrimetite il refio fi farebbe in darno,& ìlpenfare di corregerlo è co­ la longa. Ma quando pure fi voglia correggere fi adopri il modo; cheli è infegtìato nel paffato cap. e la balia laici i cibi groffì, come ca feio, cafiagne, carne di porco, vin negro turbido, piedi, eceruellid’animali ; beua vin bianco picciolo, nel quale fiano fiati infufi Temi di Alcachenghi. Fatro quello fi ponga la creatura nel bagno infegnato nel capitolo prece­ dente, aggiundendo alle fudettecofe vna buona quantità di herba detta Annide, e doppoil bagno fi vii anco l’vntionecolà diferitta. Quando que­ llo rimedio non gioui fi prenda tanto ogliocommunc quanto balli à co­ prire la creatura fino fopral’ombilico, & in elfo fi faccia bollire buona., quantità di Alcachengi, e poi in quello bagno fi tenga la crearura per meza hora due volte il giorno- Maquandola creatura leua, ledaraivio-. bianco, nel quale fiano fiate infufe le femenzedi Alcachenghi, th è rime­ dio prefentaneo, & io in quella Terra l’anno patTata col dèttovino folamente aiutai per gratia del Signor Iddio vn figliuolo di M. Signore Becca­ to, il quale fece due pietre grolle come ceci ro/Iì, ò poco meno doppophauerebeuutoil detto vino. Ma quando quelli rimedijnon giouaifero, farà fegno* chela pietra farà molto grolT'a,& indurita, e perciò in ta!c_j cafo fi faccia cauareco’l taglio j il che fanno per eccellenza i Norfini, ai quali ho villo fare marauiglie in quella force di male ; poiché prendono ?obligofopra difefanare gli infermi in dieci giorni, e gli riefee felice, mente.

D ell« ¡ìiticheZjZjit del corpo, edefuoi rimedif.

Cap. XLVII. Vnno le budella anch’effe i proprijloro mali i qualinon-, poco inquietano le creature,e tra i principali^ ò il poco ò il troppo andare del corpo.Parlerò dunque primadell’vno e poi dell’altro, accioche anco in quelli fia informata la Commare. Il poco andare del corpo, ò la llicichezza che vogliono dire, e quella infirmiti, nellaqualei fanciuli manco lenza comparatione rendono da baffo di quello, che per bocca riceuono. Cotale male può hauere tre caufe inter. ne : ò il mancamento della colera, la quale non corre alle budella perle-* flrade affegnateledalla natura ; per ftimular la virtù efpultrice, ò l’intem­ peranza càlida coli del corpo,come di qualche membro, laquale è attiilima à feccarele fecciene'corpo, ouero la fredda, la quale debilitando la virtù efpultrice produce la llitichezza. Caufe efterne fono l'aere fieddo il vin grande negro, l’vfo di cofeaftringenti. comedi nefpole, codogni, « (orbe. Però U Commare procuri »chela balia fugha le cofe predette, &


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D E L L A

CO M M A R E

in loro vece vii quelle, che mnouonoil corpo, come bietole, boragini, mercorellainmineftra, bruge fecche cocce in vino con vua parta, e zuc­ chero, e fichi,fechi perche quelli cibi pillando in fangue, e quello il latte, durano non picciolo aiuto alle creature . Di fuori ai fanciulli giouino lt> cure di fapone,di lardo, e di mele con vn poco di fpetie di iera, Se di fale emma ; e quando le feccie fodero molto indurate, vi fi aggiunga vn poco icolioquintida. Se quelli rimedi) recafl’ero poca vtiliti faccia vn bagno con malua, mercorella, bietole, Se vna oncia di fena, doppo hauerui tenu­ te le creature mezahora dentro , prendali mczoouo duro, e leuatogliil roffo lì ponga in quella cattiti vna dramma di fpetie di iera con quattro grani di colloquintida, e fi leghi fopra l’ombihco -, ouero , fi prendi l’ouo predetto, e vi fi ponga dentro meza oncia di Diafimone, e quattro grani ai fcamonea, e fi leghi nel modo medefitno. Gioua anco vna dramma di aloè poluerizato con meza dramma di elleboro bianco,e meaa di negro pe ; flando,& impallando doppo ogni cofa con (ucco di ebuli, e ponendo Co­ pra rombilico. Ma quando laftitichezaa nafeeffe da cauta fredda,fi fomen­ ta il corpo con vino ,nel quale fia bo lito abrotano,menta,pulegio, e calamento,e ciucilo fia b e n caldoie d o p p o vi fi fac cia vntione có oglio di fpica di menta,ai eflenzo.e limili. Quando ciò non baflaffe, prendi di Temenza-» di ebuli vn’oncia pellala, emefcolaconogliodi fpica ponila fopra l’om* bilico per tanto lpatio,quanto occupa vn tellone.il meaefimo fa il decoto deH’ebulo pollo con lafpongafoprail corpo intorno all’ombi!ico-\l a auuertifeono fopra il tutto le Commari, che non lafcino viare nè alle balie, ne alle creature quel diauolo di quelle rofe bianche dette mpfchette,lequali fanno sì andare del corpo ; ma con tanti dolori, e

f

co n fi g ra n vio le n z a , ch e b a d e re b b e d v n c a u e llo i non c h e ad vn’h u o m o . Q u a n d o la crea tu ra b e u a , fi

prenda vnbicchiero di vino mediocre,e bian,

*

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c o ,e v i p o n g a d e n tro infufione vn a d ram p ia a i lene O r ie n ta le , c o n vn p o c o d ic a n e ll a , ò d ia n if i . e f i l a f t i fta re o t t o h o re in in-, f u f i o n e ,e p o i c a I latafi d ia v i»

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poco di que-

fto vino da bere al fani ciullo, che muoue il corpo per eccellen­ za.

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LIBRO

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TERZO.

Del ftuffo delcorpose della fu* cura*

Cap. XLV11I.

Onerario alla flitìchezza è il fìufso de! corpo , ilchenon è altro che rendere piti eferementi, ò feccie di quello c h o conuiene riipecto al cibo che fi prende. Caufa interna dj quello maleèildifktto della virtù, cofiritentrice, comeefpultricej perche quella non può ritenere; e quella (limola , e (oleata più del bifogno. Le dette facoltd diuentano co fi difettuofe,ò per caufa d’intemperanzafred da,&humida,la quale vitiando la digcftione , c debilitando la virtù riten­ trice produce il flutto, ò per caufa delle feccie, lequali diuentate più calde dell’ordinario,ttimolano la virtù efpultrice, e fanno l’effetto tnedefimo.ò .finalmente per i cibi corrotti, ò per i! far de’denti, come.fi èdettodi iopra. Caufe eilerne faranno il latte cattiuo della balia, ò troppo caldo ,ò troppo freddo, il vento AuOrale ; l’vfo de i cibi caldi, ò freddi. Si conofee quello male prima in generale da! molto andare del corpo, c poi par­ ticolare in quello modo,che fe i I flutto (ara prodotto da inremperaza fred­ da,fi vederannoi fegnidell'iiitcmperie, come il color bianchiccio,l’vfcita flematica, e il vmere pattato della balia. Cofi fe nafeerd dalla calda, I o feccie faranno gialle,& alle voi te infangui nateiperche fcorticano lebudelJa , il colore della creatura fard ò rofso ò palido,e parimente quello della nutrice,il modo del viuere fati flato proportionato i queilo con l’vfo de’ vini grandi,e dolci,e delle fpetiarie,dei frutti,efimili.Nafcerà da cibi cor­ rotti,quando l’vfcita non folo è puzzolente,ma di diuerfì colori,come gial • la,negra,e bianca,à queilo male la Commare prouegha con moltadiligen. za perche nettun'altro reca à fanciulli maggior danno di etto,-si perche non gli lafcia nutrire,sì anco perche gli prilla di forze.Quando dunque egli véga da caufa fre dda, ò humida fi muti (ubito la balia, ficorregha il latte, fa­ ce ndole vlare cofe calde,come carni ottime, vin negro garbo, òbrufeo, e qualche poco di ipccie.Vfi anco i brodi , ne’quah fiano bolliti menta, e orjgano.e ferpiffo,& alla creatura fi vnga il corpo con aflenzo fcaldato con ama padel.a, e poi sbruffato con vili negio. Ouero prendidue drammedì mira ben pclta& .yna oncia di zafferanno,e mefcolal vno e l’altro con tato vin buon quanto baili,& applica l’vncione fopra il corpo della creatura.,. Gioua anco fopra modo il porle in bocca mezo fcorpolo di quaglio di ca­ pretto diffolutocón vin tono ma con tale aiuiertéza, che doppo per fei hore no fe le dia latte,accioche no loquagliafle nello ilomaco.Seancoil ma­ le nafea da caufa calda,ò fi muti il latte della balla,ò fi alteri cól'vfo de’cibi ireddi.Si attenga (opra il tutto dalvino, & in luogo vfi l’acqua acciaiata c6 « n j . IJ,c*e Sran>ate»&adopri anco l’orzata con fucco dicodogniJa minelira di farro,di rifo,edi miglio in brodo di cattraro.lc Corbe, le ncfpole & acodogni. Alla creatura fi vnga i! corpo con ogli<. di mattici, dì codognie ^»mortella; c fe,come fuole effere,! vfeita f a r i colerica, e percìòhauerà V

fe o r-


5°6

D ELLA

C OM M AR E

{corticato le budella offerii) la balia la fopradetta regola del viuere, & fi fanciullo fi faccia fcruitialetti di acqua d'orzo ron oglio rofato , & coa_. polenta di miglio, edentro vi fi ponga Tempre vn rofsodiouo. Doppo gli fi fomenti con il decotto dell’herba detta taflobardaflo, che qui fi chía ma con voce ftrauagantc cirabrulìolone, e di maflici, e di Jifim.chia e* di piancagine minore, e fatto il fomento fi prenda oglio di mortella la cendoui bollire dentro I’herba liiìmachia, fi fprema doppo che farà cotta & aggiungendoui vn poco di polueredi maflici, fi vnga il corpo al fan­ ciullo . Si vfino le curre fatte di graffo di becco, con poluere di confolida. Ma fe la creatura poteffe prendere per bocca, è ottimo rimedio darle il decotto della lifiinachia detta qui herba Santa Maria, il quale fia fatto nel. l’acqua acciaiata; ouero darle in vn rofso di ouo meza dramma della pre­ detta herbapoluerizaca, òdel fuo fiore. Giona meter fopra il corpo la_, reticeli a del callrato per fare dormire di norte la creatura; fiche fi farà con i rimedi;, che fi fono infegnati di l'opra nel capitolo delle veggie fouerchie. Al fluffo poi nafeente de 1 cibi corotti è molto gioucuo 1elfi fom.nto fatto allo fionucocon vin caldo , nel quale fia bollito aflenzo, m en tij , garofoli, Stvn poco di noce mofeata , adoptando ben caldo convna., 'Onga : Doppo il fomento fi voga l’ifteffa con oglio di fpica , e di ma. ici vn’onciaper forte; con due dramme di poluere di maflici, &vna di coralli rolli.

Ì

JOetmale detto de i pondi, ede iim i rimedii. Cap, X L I X .

Egue quafi ogni fluffo vn’accidcnte, che vna volia conti­ nua d’andare del corpo fenza però andarui, & c moleflo con vn premito dolorofo quello fi chiama in lombardia il male de'pondi, e credo per quella cagione, che pare*» apnneo di hauere vn pefo nel fundo del corpo.La fua cau. fa è la facoltà efpultricc indebolita ; la quale fi fá rale per più per la fredda , ò calda intemperanza, che apporta yn’humor«, fiematico, groffo, e cenace con qualche acrimonia, addol­ cato tenacemente nel fondo del budello più graffò,'( aufa eflcrna è il pati­ re freddo nelle parti da baffo .* il federe fopra le pietre, l*v fare i cibi atti á produre la materia predetta. Si conofce quello male dal molto defiderio» che hanno i fanciulli di andare del corpo, dal gran premito con dolore*, e dalle pochiffimefeccie piene di fangue, e di inocchi, c quando l’intem­ peranza calda neècaufa, il dolore, òrofforcè grande; ma quando èia frd.dda, e minore . E facile cofa rimediare á quello male ne! principio ;fì co m e non facendofi conto di elfo, può reccare febri, morte. Però quan­ do le crea ture cadano in quella innifpofit ione, fubito la Commarc faccia regolare il modo del viuere alla balia fecondo la qualità dell'humore pec­ can te ••perche nella caula calda, deelafciare il vino, c bcuere acqua— ., oik:


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onero brodo alceratto con orzo, e lattuga: e nella fredda, debbe be­ re buon vino in poca quantità. Infomma fegua nell'vna, e nell’altra il modo de! viucr più volte inlegnato in quello libre» per correggere il ]at* te alterato ò dalla fredda, ò dalla calda intemperanza. Per miti gare_j il dolore allccreature fe le faccia il fagliente bagno. Piglia quattro pu­ gni di taffo barbaffo, & vna fcodella di ¡ombrici, e li fanno bollirò invnfecchiodiacqua , eri fi collochi dentro la creatura per meza bo­ ra, e doppo prendi rifonda di trementina; due onde d’oglio di man­ dole amare, mefcolatido ogni cola le fi ruga bemfimo il federe ; facen­ do penetrarci dentro la detta vncione conia punta del dito. Il far­ le anco vn fuffumigio con lafcorza del pino, doppo il bagno è ottimo rimedio. Giouaanconc igran dolorili farle vna cura con vn’oncia di grado di becco, di polueredi caffo barbaffo due dramme; di incenfo vno fcropolo, e di oppio doi grani, con altrettanta trementina, quanta balli.

De i dolo ri del corpo, e deifuoi rimedij. Capitolo L. Iù frequenti del premito fono i dolori del corpo, i quali fono detti da 1 lattini tormenti, che crucciano tanto le creature, che fpeffo le conducono à morte. Gàufa in. terna loro fono coligli humori freddi, e vifcoficome colerici, e malinconici prodotti dal latte corrotto, c fpeffe volte in quella tenera età dei vermi. Leeltcrne fono la fedezza dell’aere, il paure fredeoà piedi, 1vfo de i cibi freddi groflt, e dolci, & il molto vfo di quei frutti, che fo­ no detti dai Medici fugaci, & horarij, come fono le cireggic, fichi, i perfichi, gliarmelini, iperimofcatelli, imeloni, efim ili, clonalmen­ te caufa elterna può effere bene ipeffo le ventofirà. I fegm di quelli do­ lori (ono facili da conofcere,quando fi veggono le creature torcerfi, girarli con pianti grandiffimi, e llroppicciarfi il corpo con le mani.Que­ llo male è importante , perche vccide in poco fpatio di tempo, fe non vi fi rimedia. Però quando la Gommare renerà, che il latte corrotto ne fia cagione, lo corregga come altre volte fi c detto,co’l fuo contrario , oucro fatica, fi muti il latte, che quello è più facile, cficuro rimedio. Ma_, quando non fi polla ciò fare commodaméte, fi faccia purgare la balia per configlio del Medico da quegli humori, che faranno caufa del male, & al­ la creatura, con la lana fuceida fi vnga abbondcuolmenie il corpo con-, ogliodi anifo, dicamamilla, editane di lino, onero di lombrici fato con ogl io dicamamilla , e maluagia, ìlche fi dee replicare molte volrc-». Onero prendali vnarauceiladicailr-ato, eli faccia frigerenellapadella co'l predetto oglio di óbrici, ò di ione di lino, e le fi ponga Copra il cor. pò . Oliere fi metino due cime di ebuli .eduedifanbuco, e tacunfi bol­ lite in yn boccale di yia bianco , e poi con le fpongicfi fomentili corpo


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D ELL A COMMARE

del fanciullo, ch’è rimedio prefentaneo. Ma mi gliori ancora fono i feruitiali ,. i quali fe bene paiono poco accomodati alle creature perla loro tenera e ti nondimeno facilmente fe li pongono con alcuni.fchizzeti,che tengono più di 4 oncie dirobba >& operano poi diurnamente, perche-» attuano addofloal male, il quale ila apunto ve rio l’ombilico. Perequan­ do il male nafea da latte coi otto anco per cauta calda, ¿prendono d u o oncie di acqua d’orzo fatta in brodo di ca ilrato, di olio di aneto vn'oncia,e meza,& vn roflo di ouo.e filaccia il feruitialetto.Ma quando ne foffecauialavcntofitàfi prendinoa. oncie d’oglio d’aneto,d’ogliodi ruta,, e di camamilla vn’oncia per forte,& vn roflo di ouo. Onero ¿ prendano j. oncie di brodo di cabrato fenza lale,. nel quale fiano bollite bacche di alloro,cimino,e finocchio con due oncie di oglio di-aneto, edoi dramme di Diafinicone.e_fi.ee mponga il feruitiale. Quando anco il dolore petfe. ueraffe fi ponga in bocca al fanciullo vno fcropola di quello ellétuario, ch’è detto Requies Nicolai-. Ma quello medicameuflo fi vfi folo in calo di necefikà : perche l’vfarlo ¿bel diletto mitiga sì il, dolore.-ma nuoce, grandamente nelle creature ►

De i vermi, e della atra loro)

C a p . L F.

Perche tra le caule de i dolori del corpo hò collocato i vermi nel precedente capitolo,, i quali ricercano longo difeorfo ; perciò adeflo di efli vedremo tre cole.-prima che cofa fiano,e de quante forrr,fècondariamencecome figenerinoie vltimamente fi curino,. I vermi, che hora lombrici, & hora vermi fono chia­ mati,fono ò animali,ò come vuole Hippocrate ne) libro quarta delle malattie volgari, fóffanzaiche rafembra vn'animale. Queilfi nafeono nel corpo humano,e fono di tre fortijalcuni longhi,e condijaltri longhi,e iarghi& altri corti,e piccioli.I primi fono chiamati lombnci ro­ tondai fecondi lóbnci larghigli virimi afcaridi.r primi,Sci fecondifiveg; gono in ogni creatura,egli virimi rare volte ne gii liuomini.-mafpefliTime voltenei brutti.Galenoiii molti luoghi vuole,che i veri lombrici figencrino foto nelle budelleimacon tale differenza, che i tondinafcono°nelle budelle fottili appreflo lo liomaco,gli afcaridi.nel fondo delle budella & i larghi per tutto.-poiche fe ne fono veduti de longhiflimi. E fe bene altri Dottori hanno detto,che fi generano vermi anco nel nafo , cncllèaltrc parti del corpo,anzi fi fono veduti ammalati ¿ vomitare,fi deeauuertire che io ho detto generarli i veri óbrici nelle budella ¿quali fopure vanno allo flomaco,vi fono cacciati dalia fame,e quelli,che efeono per il nafe ò per l’orecchie no fonolombricijma vermi ad effi limili; Nafeono i lóbrici some da caufa cfficiéte-dal viuifico calore,che neLcorpo humano fi troua e da gli humori crudi come da caufa materiale,come velie Gal.e dopò lu ; tutti glialrri,che fcrifsero di queilofogetto.Poff ono aco nafeerc come da saaScria,da gji humori corottiie per queito lecofe dolci producono 1 ver


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ini : perche ageurfimente fi corrom pono,e corrotto producono crudi hnmori .-ondene 3 fanciulli regnano fi fpefo vermi per le cofe dolci. Mi fi ti­ pi fco in quello aliai di Galeno, che nel commento del 26. Aforifmo ddl terzo libro, dice, che i fanciulli, che lattano , meno d’ogni altro produ­ cono vermi, e ne rende queiìa ragione : perche fe bene la materia di pro­ durgli in quella età è molta: nondìmenoquelta medefima fupera il calote» ■ che potrebbe produrre, e coli gli impedifee ; mi ftupifeo dico di quefta •opinione,quando neirefperienzafi vede tutto Toppofico, che per yuo adulto, ò vecchio, che paci fca vermi, fi veggono patirli tutti i fanciulli» < in abondanza ¡ fe però Galeno non volfe intendere di quei fanciulli, che non fi nodrifeono fe non di latte; fiche potrebbe edere ageuolmence_j. ■ Quello sò ¡0 , che Hippocrate nel libro fecondo delle malattie delle don­ ne vuole, che anco nel ventre materno le creature generino vermi. Si conofeonoi vermi per la febre grande, per il polfo ineguale, per inquietu­ dine, per lo íliidorede i denti, per il vaneggiamento, e per l'inappeten­ za notabiliilìma : poiché fi fono veduti alcuni fanciulli (lare fino fei giorni conpochiflìmocibo, fianco fegno la fetegrande, le feccie du ridirne, c quello, che mai ingana è vn fetore accido che gli efee dalla bocca limile aquello., che alle volre fi fente ne i vitelli, che pure di vermi patifcono. V li ogni cura poflibile la Commare in quello male : perche è familiar/lfimo alle creature, e quando non vi fi-rimedia per trafeuragine , le può vccidere; oltre che i Medici fono bene fpeflo tanto tardi chiamati, che non hanno tempo di fare alcun rimedio. La cura dunque de i vermi ha_j due capi; l’vno di ammazzarli, e cacciarli fuori del corpo, e l’altro di rimouer caufc, che gli producono ; e però quando i cibi fi corrompono , fi corregga il latte della balia col farla mangime buone vinati de d palli or­ dinari) laftiando il bere tra pallo, i frutti, vini dolci, e grandi, &iix* fommafi gouerni nel modo, che fi infegnò alle balie nel primo libro per­ che non foloil regolato viuereleuerà la cornicione ma diminuirà laqtian. tità dell’humore crudo, ch'èactiifimo à produrre i vermi, e quello balta quanto alla miti ice . Quanto poi alle creature è rimedio /ingoiare il:farle almeno due volte il giorno feruitialctci, con latte di vaca , òdi donna, e con zucchero rollo, ilquale fi adopra per allattargli con la doldezza all’vfcita ; fiche alle volte riefee à mar.auiglia. Si amazzano i vermi in due mo­ di , ò-con 1.medicamenti interni ,òcon glielterni. Ma percheio ragiono delle creature lattanti, le quali difficilmente prendono a’cuna cola per bocca, dirò fola mente incorno i rimedi] interni, fommariamente quello, che lo puògiouare, accioche io Labbia poi agio diragionare a lungo de gli elicmi come quelli, che fi pedono ne ¿fanciulli adoprare pmageuolmente. I medicamenti,che per bocca fi prendono ¿(Tendo la maggior par­ te amari, fi debbono Tempre accompagnate cou cofe dolci, comecoru zucchero,ò mele;e quello affinché eflendo il verme allettato della dolcezza , nel mangiare quella fuochi anco il fuo venenó . Però li dà per bocca l'akiè con la mira, l'cordeo è reobarbaro,¿[quale hò veduto in Ferraraconfcttarein foggiarti confetini, e riefee quello modo per eccelknza-Si da •aaco il dittamo apcoJ’a(ienzo>& il lupino amaro, cofi in decotto,come in V 3 poluere,


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B E L L A

CO M M A R E

io Poluere. Auicennalodòl’oglioprefoin buona,quantità, & altri l’aceto forte, o il fucco di naranci, ò d i limoni, Galeno infegna molte cofeima tra I aitre efaltail ferne diaffenzo , di calamento di abrotano, e coriando li , eie mandolcamare • Maquello, che ne caua la macchia,come fi fuole dire» la corallina laquale adoprano anco i Ci ariatani, quundo in pubiico afpergendo la poluere di effa fopra i lombrici terreftri, gli fanno m orirò. Io foglio comporre vua poluere ,che Tempre ha fatto mirabile effetto, e fi fa in queftomodo . Piglia meza dramma di corallina; difeme di cauoli, ò di verze.e di Dittamo bianco vnofcropolo per forte; melcolail tutto, e pcfta fotilmente, e poi danne alla creatura con vn poco di acqua di gra­ migna . Giona anco fopramodo il ferne di verze confetto, e cofi la Tegnen­ te poluere, che in mocÌo fi compone. Prend i di coralo bianco, di rafura dianoli© di corno di ceruoabbruggiato, della pietra detta Agata, e di fcordeo vno fcropolo per forte,di corallina due fcropoli;di dittamo bian­ co vno fchropolo,e mezo di zucchero poluer¡zzato due oncie ; pefla ogni cofa Sparatameli te, e poi mefcoia inficine, econ l’aquadi gramigna ne darai a ifanciul li à tutte l’hore. Giouaancola theriaca prefa per bocca,; & applicata^fopra l'ombilico , polfo , e fontanella della gola, e coli anco foglio del Gran Duca, cioè,quello di perforata vngendo con effo turto il corpo. Quanto poi d i medicamenti edemi localli fi debbono fare diuerfi fecondo Ja diuerfitd dei vermi, e quello non folorifpettod gli ingredienti ma anco rifpetto al fito , ouc fi debbono applicare, imperochenafcendo gli Afcardi nel fondo delle budella, le vntioni.ò empiaftri fi debbono por. re fotto l’ombilico,e fopra i l fello ; e per i lombrici fopra l’ombilico verfo jo fiomaco, e peri vermi larghi d'intornoall’ombilico verfo i fianchi.Gio» ua dunque ad vccidere i lombrici Tempiaiti o fatto con vn pugno diciminò pefio bene, e con tanto feie di bue, quanto baiti ammazarlo & applicarlofopra l’ombilico verfo la bocca dello fiomaco ; oue doppo che fard fiato per due hore, fi laui quel luogo con acqua ben calda, nellaquale_j iiano bollite foglie di pertico, e di affenzo. Ma più efficace è queft’altro empiafiro. Piglia di Teme di alTenzo meza oncia ; di aloe due dramme ; di coriandoli preparati meza oncia, di nigella due dramme; di farina di !u. pini tre oncie ; di fucco diruta, oueroin fuodiffetto dell’oglio deli'iitef« fa due oncie, dj fucco di affenzo, ò del ino oglio tanto quanto baiti per impattare, e farne empiafiro,hauerdo pero prima petto beniffimo ogni cofa, e ponilo d’intorno all’ombilico fino alla bocca dello fiomaco. Doppo Tempialtro fi adopri il feguente bagno. Si piglino di afienzo quattro pugni di colloqumtida fei dramme ; di fole di bue meza fcodella ; di acqua, commune vn fecchio, fimefcoli, e fi faccia bollire ¡1 tutto,e con Ic fponghe fi lana il luogo, douefù l’empiaitro. Sono anco buoniffime per vcciderei vermi jvntioni, che fi fanno in quefio modo. Pighfi di fucco di affenzo, diabrotano; di lupini, &in diffetto de’fughi, fi prenda dei loro decotti vn’oncia per forte ; difeordeo, di dittamo bianco, e di aloe due fcropoli per forre, diogiiodi affenzo tre oncie; fipeftiil tutto foctihnent e , e fi faccia bollire fi i che i fughi fi confumino, e doppo gli fi ag­ giungano due oncie di feie di bue , e tanta cera nuoua quanco baiti,

fi ado-


LIBRO

TERZO.

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fi adoprì nel luogo pred.-cto. La Teriacha diflemperata con aceto, ò con Cucco di iimoaiidi nautici, ò di cedri, è bonitfima - E perche quefti ri­ medi; badano ad vccidere i lombrici, e neceflario doppo cauarli fuora del corpo ; onde per ciò fare potendo la creatura prendere per bocca , ie le^y dia vna dramma di reobarbaro confetto in brodo ;ò vino, ouero diflemperato nel decoto del Teme del cedro, e dell’afienzo. Ma quando non pof, Ca per fua picciolezza prendere per bocca fi raccordino quei rimedi; cite­ riori 3 che hò poito nel capitolo della flitichezza; e tanto baiti hauere det­ to dei lombrichi vermi poi più larghi fi vccidonoquaficoni medefimi ri­ medi;, eccetto che vi fi aggiunge qualche cofa più gagliarda, eflendo que­ lli molco maggiori de ilombrici, e per conCequenza più robuiti, è però nelle polueri predette fi può aggiungere il fel ce, ò il fuo Cerne ». ò il carda­ momo , ò la fcorza del moro poluenzato. Ma in particolare l’vfo della-. Theriaca con corallina poluenzata vccidequafi Cubito gli aCcaridi, pren­ dendola per bocca , & applicandola di fuori fa mirabile effetto .Si deequi auuertire,chegli Aleardi piu facilmente fi vccidonodc gli altri vermi: pofciachenafeendo nel fondo del corpo, facilmenteglifi può armare adoff© co’l medicamento; e.perògiouanofopramodo i feruitiali, elefupofle. I fernitiali fi fanno co’l decotto delle foglie.di perfichi, delle feorze del loro legno , cdelf alfenzo, prendendoli di elio quanto badi fecondo la capacità della creatura , e con butiro, e Cale facendoli il ieruitiale.Onero fi fd il decotto de il’alfenzo, e de i lupini amari, eprefodi effo quanto voi fe li aggiungono due dramme di pulucre di corallina, & vn oncia di melerofat o , & altrettanto zucchero, e fi fi ieruitiale • Le cure ò fuppoite fi fanno con mele,fel di bue, e fai gemma, e fi pongono vna volta il giorno. Qui non voglio tacere vn modo firauagàte, che hò veduto vfare in Lombardia in caia di alcuni nobili,i quali alle loro creature permettcuano le cofe dol­ erci loro beneplacito ; & h.ó veduto ancora molte dopo l’vlo di cordi co­ le dolci non patire più dei vermi come auanri patiuano?iIchc è degno di fìupore; poiché le cofe dolci Cono attiflìme à produrgli. Tuttauia in cafa ■ mia ne hò fatto l’efperienza in vna creatura picciola per trouarelacaufa, e la trouaiiìnalmenre: perche l’vfo del zucchero, e del confetto le moueua il corpo,& mandau'afuori i vermi crepati; credo che per hauere mangiato ingordamente troppo zucchero. Ma quefio rimedio reità troppo fofperto : perche può per la corottrone de gli humori produrre,.© molta copia-, di licori, e quelle tafiidiofifiìme febri, outro fiufi di corpo, i quali poi Co. no peggiori de i vermi • E Quello baili per fine delle malattie particolari interne,delie creature

V 4

Del-


/ jn

DELLA

COMMARE

Del Utfumé de ifanciulli, edellafua cura. Cap. LII. Edahora perfine è dalla prefente materia , e del librer, che fi informi ¡a Gommare anco delle malarie ederiori particolari ;• che affi igonole creature. E per feguire l’­ ordine propodomi ne 1 mali interni', incomincierò dal capo, del quale diremo i mali più principali, cheaccadere fogliono ai fanciulli, Tra quelli r. èquello, chej contante erotte occupa la teda loro, e del volgo non., lenza ragione è detto Jattume,qtiafiche fiaeferemento del fanguecattino, che fucchiarono nel ventre della madre, ò delle mammelle della balia_rf ; quelto è male veramente : perche guada la fuperficie, & apporta deformi, tamiaciotterrebbe più predo edere chiamato bene, che malequandoquelle creature, che n’hanno affai, viuono più-fané, e refìano quali ficure dal­ la epilepfia m ale fa m ig lia r iffim o alla n atura puerile.Si t he ò nafea da gli efcrementidel fangue, ò dal latte impuro chiara cofa è , che il fuo vero ri­ medio pcr/anita della creaturaè il non fami nulla: imperochequeU'ofJìcio che fanno le fontanelle nei corpi de gli adulti,fa il latime in quelle dei far ciudi, & hò già detta, che per difenderli dalla epilepfia, òbrutta, fpafi­ mo, & altri mali interni della teda, eneceflario, fargli vna fontanella . nel coho.La onde il lattume è tanro migliore delle fontanelle ^quanto che tifendo procurato dalla natura, occupa il luogo di vinti fontanelle. Onde ben dille Hippocrate nel libro-dei morbo facrò, che ciaichecuna volta che la teda dei fanciulli hà qualche piaga, tutto il ccrpofi purga per quella . parte egliredafaniilimo . Oltre, chein pratica hò veduto molte don­ ne {chiocehe , le quali volendo con vngtienti vngere detto lattime, e farlo feccare, hanno quafi fnbko vccifo le creature, con ò molta ragione, h»uendo rinchi-ufo l'inimico in caia, e feratta quella drada, perla quale la_, natura purgauacommodamente tutto il eorpo.Ma quado pureinqujetafi iei fanciulli per quelle erode, che attaccano i capelli infieme, in talecafo non fi vii altro, chegrallodi gallina ; ouero vnguento rotato, òburiro lauato con acqua rola per molli ficai e le dette erode,’ guardandoti cornea dalla pede degli altri vnguenti fatti con fongia di porco , & argento viua, òlitargirio percheapunto vn’v-ccidere le creature. Della tignaio non ne , parlorperche poche volte viene a piccioli,e lattanti ma fpeflo dgrandiethSquali fi debbono gouernere per configlio di Medico.


jtj E e’pidocchi,e de i Imo rtmedij, Cap.LIH, L I B R O

T E R Z O .

Atilcono anco bene fpciloi fanciulli per la molta copia de pidochiii quali fe bene alle volte infettano i i vecchi tut­ to il corpoiad tilt nodtmento occupano la tetta cò molto incòmodo, Nafte quello rnaie come da cauta interna da gli fcreméri de 1'viiima cotttone fatta nel nolìro corpo,! quali eflendocaldi,¿khumidi ^putrefanno nei pori,e_» ---------- cofiproducono i pidochi . Caulaprodutriceeilcalort-» nattiuo, e caufe etterne tono la natura humida delle donne, e de 1 fanciul­ li , l’vfo de i cibi humidi, de i frutti, de i fichi fechi delle cattagne, e del­ le nocijcofi anco i panni fatti con lana di animali morti. Sotto quello no­ me di pedocchi non folo intendo quelli, che il volgo ifleflo intende : maa^ anco ìelendinc, e le piatole perche nafeono dalla caufa medefima ; e non fono differenti tra loro le non nella forma . 1 fegni di quello male tono pri­ ma il gtatarfi fpelfo la teda,e più chiaramente gli iilelfi pidocchi, Lacommare faccia tlima di quelti per la bruttezza loro; e perche non curandoli potìono apportare maggiori infirmuadi. Si curano facilmente ; perche le­ gando la canta interna ò eftema, che le producelle, ò con medicamenti, ò con lauande è pettine fi poffono facilmente vccidere. La canfa interna li lena co l viuere moderato della ballia facédole lafciare i vini dolci, zucche­ ri i marzapani frutti, & in pai titolare quelli,che li polfono produrre, co­ me fichi,e noci,c limili. Mangi buone carne dipollo,ebeua vin picciolo, t fe li dia wi'oneia difiore di cafiia con meza oncia di manna in bocconi, ò dillemptratacon acqua di piantagine . Vii poi brodi alterati con 'upob acetola , indiuia j fcabiofe , e doppo prenda quattro onde difiroporofato folutioo con vna dramma di agorico preparato diffoltocon l’infufioncj» della fena,quattro hore auanti il cibo. Le caufe ellerne de i pcdocchi fi rrmnouano anch'elìc,e fubiro poi nella creatura fiadopriquello vnguento. Si pigli meza oncia dialume di rocca,vna dramma di eleboro bianco, o tanto oglio commune, & aceto, quanto balli per jmpallare le rolme pre­ dette ben pelle, e fi vnga la reità del fanciullo con quella compofitiono » Ouero fi prenda meza oncia di coccole di Leuàte benillìmo pelle,vn oncia di lira filagri a detta herfea pidocchiata, due dramme di aloe, e tanto aceto forte, quanto balli, c fi faccia l’vntione. Sì può anco vfarecofi alianti co­ me dopr o vna lavanda fatta conlillìa dolce, nella quale liana bollite icorze d’alio,ca!amvnto, ilrafifagria,e lupini, facendoli bolli e tanto, che»* cali la quarta parte e quefìi medicamenti vccidonoconi pidòcchi corri le lendine . Le piatole poi facilmente crepono applicandole Targento viuo e mortificatoceli la laluia in vn’impola,ouero con lardo di porco,o >.o 1 t o­ mo coto.Ma quello medicamento non vii nelle creature,e particolarmente forra la tdlaipcrche qiiclìianimali non vengono nella>teita,& a!k creatu­ re nell’altre parti non pofiono vcnirejfc però nò fi attaccallero nelle ?a. P bre, doue non bifogna adoprareargento viuorma lì potranno leu»e i c. ago gh fi0Ii di gineftra stetti, & applicati tanno morire fobico le piatole.


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B E L L A

COMMARE

Della enfiagione de Uà tefia de i fanciulli>e dellafu a cura Cap.LIV* El predetto male cpeggiore quello, che viene alle creatu­ re alle voice fubito nate ,.e bene fpeflb molto doppo, & è vn tumore, ò enfiagione in turca la tefia detta dai Greci Hidroctfalo. Nafte queiìa enfiagione come da caufa in­ terna materiale deJl'humore acquofo, ò da i flati cagio­ naci dal cattino fangue, ò dal latte della nutrice,e nafee più nelcapo,cheinaItraparteperIetnokeeuaporatiom che vanno alia teiia , e per lua humidità.Lecaufeeflerne poflono edere l’­ aere Immillo, la molta acqua beuuta dalla balia , ouero l’dTere percoffo il ventre del!egrauide,come nell’vfo di Venere ne gli virimi meiì della grauidanza . Quello male è facile da conofcerli; perche la groflezza del capo fi icorge fobico. E vero, che è più difficile conofcere la fua caufa ; ma s’auuertiica, chenafcendodafUti, toccando l'enfiagione co’l ditto non vi reità quella iofietta che rimane quando nafee da maceria , la quale anco fi conofce dalla lucidezza, quando il timore e trafparence. Dourà dunque la Gommare ammonire i padri, e le rtiadri di quello male.percheè grandif. fima importanza, & apporta morce, quando non fi porge predo rimedio. Tutta la (ua cura confilte in rimouere o i flati, ò l humore acquofo, L’ac­ qua fi leua in due modi, ò con i medicamenti^ con la buona regola del viuere deila balia, ò co l taglio. L i regola del viuere deo edere calda,e fecca meuocremente ; e>però l’aere fia cale, e quando non vi fia per natura, fi potrà tare tale con fuochi, & odori. Il lonno fia moderato, e le creato, re anch die dormano poco doppo l’hauere lattato.Non beua vino la baliama brodo nel qua'e fia no flati bolliti anifi ; e cornandoli. Mangi pane,_j fatto con anifi, c finocchio, carni di pollo, ed’vccelecti ,e doppofi por­ gli ¡nei la maniera, che fi è infognata ne! capitolo delTenfhgione del corpo del.e donne grauide, & ogni giorno prenda di conferuadì bettonica, e di rofmarino con poluere di anifi meza onuaperforte vna hora auati il cibo. Quiuito a i medicamenti localbfc l'humore acquofo farà poco , e fuori del Craneo,fi potrà curaieiperche aitrimenteè incurabile tonde in tafocafofi prcnoa acqua fulfurea de i bagni* ò di mare calda.-nella quale fiano bolliti corjandolfianifije finocchio, c con le fponghe ben calde fi fomenti il capo del lancinllo molte volte,e poi fi piglino molte lumache ondccólafcorza, e per empi? (Irò fi applichino nel luogo mede fimo. Giouaanco l’vngere la .teftacqnoglio di giglio camamellino, edianeto,nelqua!efia bollito vn_, poco difolfo .Si euacua l'aqna co’l taglio; ma perche quella opera non è perla Commare, la laici al Cirugico,il quale potrà faria felicemente;,fa farà prattico,e non fard l’euacuatione tutta in vna volta.

S>d.


L I B R O

TERZO.

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D elienfiagione, e della roJJezji>a degli occhi, e de i rimedij loro.

Cap. LV. Oìte volte Cogliono enfiarli gli occhiò diuentare rofCL alle creature, ò per il molto pianto, ò per qualche ca­ tarro, ò dillillarione, nafcence dal latte troppo humi. do,ò troppo freddo:perchela baliaforfe viueri in mo­ do, che lo fard tale, vfando legumi, herbe, ò acqua; ò perche l’aere forfè farà male qualificato cioè paludofo,c groflò-Segni di quello male Cotto gli occhi gonfiij hora in amendue le palpebre, hora in vna fola;e però Cubito vi dee rimediare la Commare:poiche effendo l’occhio gelofiihmo, * può ageuolmente incorrere in peggiore indifpofitione; oltre che comin­ ciando dalla fua picciolezzaà patire , fe predo uon fi rifatta, retla Tempro deboliilìmo. Quando dunque la caufa del male fia il pidnto, firimoua con rhauere parienza in goucrmre i fanciulli, e nò batterii;,'aia accarez­ zarli, e con piaceuolezze trattarli. Se anco il latte fard troppo freddo, Se humido, fi corregga con la buona regola del viuere,!a qualefi à infegnata di Copra nel capitolo del latte quagliato, Se alla creatura ( mentre però che gl tocchi non fiati rodi, e la fronte infiammata prendendo vino vec­ chio ò bianco , ò negro; e facendoti! dentro bollire vn poco di foie, e di mirra, con aloe, fi adopri con pezze bagnate fopragli occhi loro . Vale anco molto il decotto del fien greco fatto in acqua con vn poco d» fior di camamilla,applicàdoIo fopragli occhi có vnafpòga,e retrédouelafopra per vn poco di tempo. Mae buoniffimo rimedio tra gli altri il fregare le gambe,le cofide,e le braccia alle creature,come anco ¿1 farle mettere due, ò quattro ventofine fopra le fpalle, e natiche . Ma foprà il tutto fi fugga l’aere nociuo, quale è nemiciflìmo degli occhi i. S’è rolli, & infiammati il che può nafeere è da! molto pianto,e da! latte colerico della balia,fubi-’to fi alterili latte conorzate,latughe,endm.e,acetofe,ela nutrice laici il vino goucrnandofi come fi è infegnata di fopra nelle intemperanze cald e, & à gli occhi delle creatute fi adopri acqua rofa con ¡atre ai donna, e fu­ go d fcnocchtojoueroacqua rofa,e chiara dtouobene sbattutala quale Galeno nel libro decimo quarto del Methodo loda fino al Cielo: e di più le predette freghe» eventofe.

Del-


fté D E L L A

COMM ARE

Dello [guardo torto ,e d e i fuoirim edu.

Cap. LVL

Lle volte per negligenza delle balie rimangono le creature con gli occhi iirambi, e tanto deformi, che oltre la brutezzaloro danno anco faitidioà chi rimira . A que­ llo accidente può anco rimediare la Commarere perche come hò detto nel primo libro le creature diuentano 16fche; imperochementre chellanno in cullaricenonoàl lume per trauerfo, il fuo rimedio confitte nel collocarle maniera,che riguardino il lume aH'oppofìto in queilo modo,che le voi ■ teranno l’occhio i man finiilra,fi collochino nella culla in modo,che tut­ to il lume lerefli iman delira,e quando fodero lofche dalla delira il lume redi alla finillra. Queilo fi dee fare coli di giorno con le fine (tre ,comev di notte coirle lucerne, & acciò più facilmente rim irono il luogo , ouee Collocato il lume.iui fi p o n g a n o carte d i p in t e ,ò q u a d r i di diuerfi colori P particolarmente di colore verde,giallo,e turchino . Ma però fi dee be­ ne confiderarc ogni giarno,fe gli occhi faranno tornaci al buon fello,per■ che non.bi fognerà fargli rimirare più in trauerfo,accioche non diuentino djnettqfi da l’altra banda. Quando dunque faranno ¿fello,all’hora 1 fan­ ciulli Tempre fi colochino col !ume,ò al dirimpetto,ò doppo la tetta,con quello iilromento,ò panni, che gli vie.tanoil rimirare J’aere come fi è in* legnato nel primo libro,,

,

Dettefjptre delle

labra,e de

Cap. LVII. Rande incomtnodo fogliono apportare à i fanciulli quelle fidare,che nella labra loco Ypeffo nafconojpoiche oltre il dolore,gli impedifcono il lattare. Caufa interna di effe è l’intemperanza de gli humori cofi caldi, e fcchi come freddi, e fechi,e quella intemperanza procede cofi da materie coleriche, falfc»& acri,come da vapori de­ nari dalle materie medefime,iqua!ifie!euano ò da rutto il corpo.o dallo llomaco,ò dal fegato. Caufe ellerne fono la frigidità, eia liceità dell’aere, l’vfo de gli agli,cipolle,.fcalogne, fpetiarie, .& altre cote calde.Queflo male non ha biìognodi fegniipèrcheiì vedenell’aprire le Iabra:ma vi rimedi fubito la Commare, accioche di poco non diuenti molto, e non fi faccia piagha maligna. La cura fi li commodamenre fefi Jugira l’acre caldo , e fecco,ò freddo, ò fecco, quando naie a da quello ; come anco fe procedette dal latte cattiuo,fi corregga co] regolare iJ viuere della balia,comefiè infegnaroneIl’intcmperaiize,calde,e fecche.e nelle fredde,e fecche. Alla parte offefapoi fi debbono porgere medicamenti

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LIBRO

‘T E R Z O .

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locali, che moderatamente aftringcndo cilici hiño lenza afprezza;e però Auicenna loda molto foglio rofato onfacino,cioè fatto di oliue nonmature,e particolarmente quando il male nalea da caufa calda, adoprando quella miilura- Si prenda meza oncia di graffo di gallina, & altrettanto butirofrefcojvn’oncia di ogliorotatoonfacinotmezaoncia di (uceo,ò di vino di granati brufchufi mefcoli il tutto.e fi ongano le labi a dopo che la creatura hará lattato, é in particolare la fera, quando vorrà dormire. Ma quando il male vengada cauia fredda, fi prenda mezuoncia di trementi­ n a ^ aItrctiantomeLroIatolduedrammedimaftici>& vnadi mirra,e con vn poco di fugo di granatili faccia millura> e fiadópri comedi (opra. Quando il dolore folle grande ,- fívfi ü grafio di gallina con due grani di oppio,e confugodi grauati.Ma (opra tutti gli alni rimedi farà vtile toc­ care il male con vn ago infocato,& vngerio coppocon vnguento roiato »-

Delle /erofole, e della cura loro ..

Cap. LVllL

Otto il mento piùabaflfonelie glandule del collo-, alle' volte per tutto il colio nafeono alcuni tumor;, ò apo» . fieme dure,dolorofe,e deformile quali fonò chiamate fcrofoledal volgo. Nafce quello male , comedacaufa interna da humore flemmatico, c vifcofo più, e meno feccndoche le caufecfterne,cheIo fomentano, fono maggiori, ò minori, le quali pofsono efsere e gli aeri „. freddi,humidi, e paludo fi, il bere acque crude, il man­ giare legumi, carnigrofl’e , efimili. Le fcrofolefonodipiùlorti: impcroche alcune fono grandi,& altre picciolc, e fe ne fono vedute alcune, ùccio!e, comecect , e alcunegrofle come meloni. Di cfìe anco alcune òno benigne,& altre maligne:perche le benigne fono quelle, che danno poco dolore lenza infiammagione,e le maligne fono molta dolorofc e fi inoltrano fdegnate,& inflámate perle più , come ancoaltre fono impia­ gate,& altre nò.I legni delle fcrofolefono facili; perche fi veggono le fil. fure nei collo,e fe fi toccano,fi séte la durezza lorò.Quefto male è tato indiauolatOjche Celiò dice efieregràde errore il no curarle,& il curarle for­ fè maggiore: imperoche in qualunque modo fi medichino, fi fdegnano, equando paiono guarire,pure all’hora co più rabbia ritosnano . E perche poche volte lì vedono le fcrofòlc nelle creature, che lattano, e fe pure fi 1 vedono,quelle fono fupcrficiali,bcnigne, e facili da guari: e; per quello io lafcìero di fcriuere là cura delle proiode,e maligne, non eflédo ballate la Comare á íanatle-.maricercádovnCiruggico ottimo, nò che buono. Or­ dini dunqueil modo del viuere alla nutrice, che pofla correggere il latte troppo flemmatico, freddo , húmido, come fi è infognato altre volte nell'intemperanza fredda, & húmida, & dóppo il vero > epreifo rimedio' farebbe fare alla creatura vna fontanella nel collo due dita fottolacolctola,. la quale nò là-grefcruarebbe dalla cgilep.fiaima diucrtirebbe tutta*

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c o m m a r e

quel ani. teria, che andaua al collo .Sopra le fcroiole fi ponga il feguentfi cerotio.Si prenda di Diachilone vn’ortcia; diefipio meza onciajdi radice di gtghocelefle poluerizata tre dramme,fi mefcoli il tucto,efifacciailcerotco.Gioua anco il feguenre empialtro,eccelIentemence.Si piglino di léte cotta nell'aceto due onde; dioglio di cocumero afinino dueoncie, tre ò quattro,dì quei fichi, che nò fono maturi,onero tre onde di cenere,e di fcorza di fichi, di Aereo di colombiabbruggiato vn'oncia, e meza, fi me» fcoli ogni cofa,e fi faccia l’empiaftro,liquale fi ponga Copra le fcroiole . I Rè di Francia hanno manco fatica in guarirle,quando come io hò veduto in Parigi le guarilcono folamentecol toccarle ; fiche à me pareua molto marauigliofo auanti ch’io ne vedetela prouaima doppomi è parlo faci­ le; perche il Rè non vi pone de! fuo le non la fede è la deuotione, confeffaiidofi^commiinicandcfi auanti quella attione.imperoche toccandole protefia,e chiama la virtù Diuina per medicina,dicendo il Rè ti tocca, Se Iddio ti Tana. Ondehòdetto.chenonmene maramglio; perche la fede noflra è tale, che la quantità di vn grano di Canape ha forza di fare mito» uerei monti, nonchclefcrofole. Ma perche tale priuilegio fia dato à que LaCorona, e non ali’altre,non è materia da Medico il depurarlo,balta che la detta cofa in effetto è veriflìma diche non mi marauigllo punto; pofciaclie le gliCieliconfenrono tal grada a Pirro Rè de gli Epiroti,come rifentee Plutarco nel libro, che toccando qualunque hauelft mal di boc. ca con il dito pollice del pie dritto li rifanaua. Iddio fattor dei Cieli non potrà dare à gli Rè di Francia Chrifiianiflimi primo genitori di Santa Chieta,c quella è maggior gratile .

Dell'humore delPombilico , e dell'enfiagione delle borfe ne i fanciulli, e della curafua . Cap. L I X , Atifcono anco le creature vn tumore neH’ombilico.’ò per­ che fia flato malamente legato dalle Commari, ò per >1 troppo pianto loro. Quello crefee alle volte fino alla grandezza di vn me!one:ma perche fi è trattato nel cap. 17-di quello lib. dell’ifteflo tumore,che viene alle donne per le fatiche del patto vitiofo,e coli fi è infegnato la fua cura,non ne dirò qui altro: perche i medefimi medica­ menti fi poflono adoperare nelle creature. Ma fi auuertifca,che mai fi vfino medimamenti locali Copra l’óbilico,fe prima gli inteftini,o reticella no farà ridotta dentro il corpo,e fempre le creature giacciano fupine più che fiapofiìbile. E perche nei putti piccioli quello male guatifcefacilmente; ilche non auuiene ne gradi,fi regoli la Commare in medicarlo con quella maniera,che fi è detta nel fopra nominato cap.chequì non intendo di re­ plicare rifteflecofe. Hora ragionerò di quelj’altra forte di tumore, o enfiagione;che accade alle creature nelle borfe de i cefticoli.Queito male in­ comincia d nafeere alle folte neH’apfcsumagliejC fiqifce nelle borfe,e canfc

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L I B R O

T E R Z O .

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interne di effe fono le bifdtile, c h e fondono al h a l l o , onero l 'h u m diri ò «li humorigroflì.òi flati, ò la rottura dei peritoneo. Caule citeriori fono il pianto,il gridore, e limili, & i regni fi conofeono dai vedere, ò toccaro • perche quando cadano gli incelimi, fi fente toccando vna materia «rofett a , e fe fia caufa l ’fiumidita fi palpa come acqua ; e la ventofitd oltre c h e . t gonfia molto le borie, toccandole cedono faciliffimametne . Auuerta diligentemente.-ma ne i grandi con gran difficolti. Onde quando procedefse da humori vifcofi,e freddi per diffeto del lat­ te,fi corregga nel modo che fiè iniegnato nel capitolo dell'enfiagione n o delle donne. Ma quando nafta dal peritoneo rotto,e che calino à baffo gli inteftini.-all’hora tutta la cura ccnfilte in fortificare quelle parti rilaffateulche fi fà con lauaade; e cerrotiapplicati alle anguinagle iu modo però,che le budella ritornino al luogo loro il che fi fi difiendendo le creature fupinc con le natiche alte,e con le mani fofpingendo all’in sù. Tornate che faran­ no al luogo loro fe i flati faranno caufa del male fi f accia il feguente foraento.Si prenda di fuori di camamilla,di aneto,di meliloto vn pugno per Forte di fien greco meza oncia, di anifi di finocchio, di cimino,e di caruo d u o dramme per forte,di baebe d'alloro mezo pugno,di bó vin bianco quattro libre,h taccia bollire agn i co fa. * fi vna fponga oen calda la boria, c l’angmnaglia. Fatto quello fi applichi il feguente cdfocro. j i j,,.» bollo armeno,di fangue di dragone,di colla di pefee,di mattici,di draganti di gomma Arabica due dramme periorte, di incenfo meza oncia; di p eco greca,e di pece negra due dramme per forte; fi dileguino prima le peci,c_j poi con altre cole poluerizatc fottilmcnte fi faccia il cerotto, il quale fi di­ stende fopra vn pezzo di camozza largha quàto vn’ouo,e fi rinoua ogni tre giorni.Ma quando il male nafea dal budello vfeito per la rottura de peritor e o ; all'hora fi riduca al fuo luogo come fi è detto, c Cubico fi faccia il feguentc fomento.Si prèda i grani di mortella,di femedi fumacchi,di ieme di rofe rotte,di cipre(To,di radice di confolida maggiore meza oncia per forte, im efcoli ogni cofa,fipefti,e fi faccia bolli-e in buon vin negro brufeo , & aceto tanto dell’vno,quanto dell’altro, e con la Iponga fi facciali fomento, dopò il quale fi applichi in feguente cerotto . Si pigli-di goma Arabica,di colla di pefce,e di pece greca,di mirra,e di incenfo, meza oncia per forco, di noci di cipre(To,e di cipreffo , e di galla fei dramme per forte,fi mefcollino le polueri, e facendoli cerrotco adopnfi nel modo indetto. Auertendo, che nel tempo,che fi adoprerd il predetto cerotto,fiacofa ottima fare por­ tare da i fanciulli il bracchiero.-perche non Colo prohibifce,che la crepatu. ranon fi faccia m iggiore:ma anco tiene il medicamonto ben addoflaco alla rottura, onde aporca poi maggiore operatione.

Del-


jio B E L L A

C O M M E AR

B e l budello <vfcìto dì luogo alle creature, e daltri loro mali,

Cap. LX. Nco il budello delleereature vfcendo di luogo appor­ ta ad efl'e nò picioloaffanouna perche di quello ma le ne hò ragionato à baftàza nel capitolo 20 di quc fto libro rimetto la Commare ¿quei medicamenti, che cold fi fonoinfegnatLSoglionoancolecreature naicere alle volte fenza cuio;ma di quelto male_j non voglio informare la Commare : perche non è opra per lei, ricercando vn ottimo Cicugico per farglielo ; fé bene anco quello non balla : poiché i mieigiornine hò veduto faretre da peritiflimi artefici,e tuttitrefono morti: Pure in tale cafo fi dee vfare ogni opra per aiutare i fanciul!i:ma poi bifogna rim ettere la vira lnrr» noli« mani di fua D iu in a M atita Uclle fpe.o..agiie poi > òbuganze non ragioneròrperche mai vergono alle creature che lattano; ma folo alle grandi. pure balli fapere alla Commare', che na(cendo da caufafredda,ò della ftrettezza delle (carpe le gioua la rapa cotta, je feraole cotte nel vino, e la poiuerc della pelle del lepre abbruggiata.


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