Cas020 merli, lettere concernenti l'epidemia sofferta in napoli

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L E T T E R E CONCERNENTI L ’ EPIDEMIA SOFFERTA IN NAPOLI S C R I T T E P

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D. FRANCESCO MERLI Primo Medico

degli Eferciti , e R ea li Ofpedali di Sua M aejìà S icilia n a .

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D. LORENZO ZO N A Medico primario nella Città d i Capua

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I n data dei primo di Luglio r 764«

Stìmatijfs. Amico *

in quefta Capitale J come il ricava dai regiftri delle fole Parroc­ chie cento Periòne in circa ogni gior­ no . Comprendendo però gli Ofjpedali degl’ Incurabili , dell’ Annunziata , di S. Giacomo., della P ace, e tu delle T ru p p e: comprendendo le innu­ merabili Comunità Religiofe , i Ritiri , i Confervato r j, i Cartelli , le Carceri , e finalmente i Proteflanti , ed i Greci , che non fono pochi , v ’ è chi crede, che la fomma dei morti pofia afcendere a più A di


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di trecento per giorno . Ma fia quella minore a difpetto di chi Ja vuole maggiore ; quando giunga la mortalità a foli trecento per giorno, è per verità un eccedente tributo , che non foto per fettimane , ma per meli continui ha ricevuto la Parca in cli­ ma sì temperato , e falubre . Credo, che nel fuddetto grande Ofpidale degl’ Incura­ bili diverrà minore il numero de’ morti , fubito che evacuandoli le ne formeranno dal medelìmo d u e , o tre nuovi in buone fituazioni , e in luo­ ghi capaci , come già fi è fiabiiito di fare . Il Padre Rocco popolare abililfimo Miflìonario racco­ glie i poveri Ragazzi per chiudergli in luogo a parte , e vi riefce a meraviglia ^ e così ogni gior­ no per quanto fi può fi evacua la Città di miferabili , e di infermi ; ma il gran numero , eh’ ella ne contiene , non permette tanto prefto la perfe­ zione di quefi’ opera . Vi fono ordini per la più pollìbile pulizìa della Capitale fino , per quanto fi d ice, a toglierne i can i, ed i negri . Quella febbre, per cui tanti ne muojono ogni giorno, e per cui fi fono date tali difpofizioni , e frequen­ temente fi confulta per migliorarle , e per accrefeerie, è una febbre , che più non rifpetta grado alcuno di Perfone , nò alcuna fituazione di calè ,• e quantunque fia più diilruggitrice de’ poveri , non rifparmia però nò i comodi , nò i cautelati ; e di p iù , fe a taluno fi attacca* da chi ne rinviene, l’ afn


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Taffligge moftiflìmo , e qualche volta l’ uccide, dimolìrandoci con tali fperienze, che divifa anco­ ra poco perde della fua forza prim iera. ’Quella febbre in Maggio ebbe un afpetto ¿ un altro n’ ebbe in Giugno , e da qualche giorno ne pren­ de un terzo . In Maggio fu per la comune una febbre putrida verminofa , dove gli oliolì , e qual­ che tale per purga poteva giovare , e giovò ¿ ma fi oflervarono dannofe le replicate emiflìoni di fangue , le ripetute purghe, i forti emetici , i rad­ doppiati vefcicanti, in modo che dove furono que­ lli rimedj fenza tutta la più dovuta rifkffione ado­ perati , fu ben difficile diitinguere i tìntomi del vero male , ed il male prodotto da’ rimedj medefimi Fu fino dal primo nafcere contagiofa una tal febbre, benché alcuni erano di contrario parere . Coll’avanzare delle fettimane fi palesò a tutti per attaccai ticcia . Furono obbligati allora i Profeflori a vititare un numero non ordinario d’ infermi - Credette­ ro fui principio dover feguire l1indole del m ale, che pareva indicare collantemente 1’ ufo degli ac­ cennati rimedj : ma poi fi avvidero, che non poteva quello metodo tlabilire una regola generale, mentre con quello molti perivano lafciando nel letto, nella ca­ mera , e in tutta la cafa un ammalio di corrotte foflanze , che follecitavano negli altri di quella Fa­ miglia lo fviluppo di quel putrido maligno , del A 3, qua-


£ IV 5è quale ognuno fembra portar (eco buona porzione , mercè forfè i prodotti della terra dell’ anno f'corfò , ed i patimenti , e difagi , che per diverfè cagioni è toccato comunemente quali a tutti di fò finire . Nell’ intero mefe di Maggio per ogni cento Infermi era v o c e , che ne perivano all’ incirca dieci , ed io lo credo ; non io però , fe tutti mori (fero per la fola violenza dei male . „ ', Entrando Giugno non furono più così frequenti le febbri putride verminofe : ma più di effe compar­ vero le febbri putride infiammatorie n ervo fej.e fino dalla prima febbre fi conofceva 1’ attacco ne’ nervi dalla ibmma fpoflatezza , da’ continui sbadi­ gli , dai iòfpiri, dall’inquietezza , da’ deliquj , fubfulti , tremori , e particolarmente dallo fpafmodico dolor di tefta , e dagli eliantemi , che fpefio compa­ rivano fino dal primo iflante della febbre . T a­ le feconda febbre in qualche modo diverfa dal­ la prima defcritta obbligò i più fàggi Profefsori a cambiarne ancora la medicatura. Quelli però, che non fi moifero dal primo riabilito metodo ad onta delle prontiflìme evacuazioni , che in buon fenfo erano efpreffioni , conduflero fovente il lo­ ro infermo a fonimi patimenti , ed a grave peri­ colo , da cui fe ri forfè , ebbe penofà convalefcenza. Crefcendo il mefe di Giugno , quefte febbri furono più facili a comunicarli ,• e perciò il numero degli Infermi crebbe a difinifura , a fegno che dalle fole Parrocchie fi fono fatte fino a quattrocento Comunioni al


± v & al giorno feriza le molte altre £ ch'eie fi facevano quotidianamente nelle Comunità Religiofe , ne’ luo­ ghi Pii , negli Spedali , dal che fi feorge fino a qual palio folle ordinariamente condotto l’ Infermo. Quello putrido infiammatorio refo viepin ai nervi nocivo, ed infello ha prodotto offefe > di capo di. vario genere j ora delirio , ora ldnnolenza , ora fonnolenza, e delirio uniti , ora lordità * ora ftupore , or fiordi mento , e pazzìa , che in molti e fpeffb durata per buona parte della convalefcenza : ha prodotto defezioni ianguinolenti con tumidezza di ventre 'y convulsioni , fubfultf, e finghiozzo . Cfi Ammalati di tal dalle fono fiati à come Tempre fu­ rono, i più aggravati , e i piti facili fimilmente a morire . •> In un gran numero d’infermi fono comparfe le petec­ chie : in molti le parotidi ora nel principio del m ale, ora nel progrefTo . A molti il veleno ha mal­ menata la regione de* reni , a legno1che le ftrangu* rie » e difurie fono fiate frequenti , pericolofe , e pertinaci . Se quello male fia flato prodotto dal 1’ ufo de’ vefcicanti fenza la dovuta confiderazione applicati , e raddoppiati , falcio riflètterlo a voi . So ì che le Cantaridi fono Tempre fiate conofciute per fin veleno particolare de* reni . L ’ olio da non pochi non fi è creduto contraindicato dal caldo , e da’ patimenti , che cagionava agl’ in­ fermi , e dalle porracee , fetenti , e tinte d’ ogni colore numerofe dejezioni $ anzi di più fi è credu­ to >


& VI & t o , che fofle 1* unico generale antelmitico in que­ lle occorrenze ; quando che voi già iàpete , che niuno per noflra diigrazia ne abbiamo , che polla (limarli fic u ro p e tanto meno l’ olio , benché lìa riufcito felice in alcuni particolari (oggetti. Amico, io non fono flato neppur con quelli, che hanno attribuito il vanto d’ antiflogifiico , e di antifcettico al cinabro, ed al mercurio dolce, de’ quali per le dejezioni, e falivazioni , che producono , credo po­ ter dedurre, che (minuzzano* e corrompono le fluide foftanze , ed obbligano le parti falde col mag­ gior vigore dello Hi molo , che loro d an n o sa ri­ trovare per ogni parte un emuntorio per fepararle : perciò d’ efll ho temuto nelle correnti coflituzìoni, dove troppo facile fi dimoflra la foluzioti degli umori . ‘ j r I l fudore ha molto giovato in quefle febbri, alcu­ ne volte anche ne’ primi giorni , e quali fèmpre le dejezioni spontanee hanno fpezzato > e do­ mate quelle m alattìe. Ma quando l’ arte teflardamente ha voluto prima della concozione obbligar la natura a forti (carichi , la teflardaggine fpefle volte ha facilitata la flrada alla morte . Il male ora corre nel modo ideilo Si sperava,’ che il caldo confumafie in molti i primordj a loro toccati di quella febbre ; ma per Io contrario fi ofierva , che ih caldo già incominciato è più dan:i nofo agli attuali infermi i del che non è difficile ‘intenderne la ragione .

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* VII £ Vi confettò, o Amico , eiTere fiata da alcuni ri­ fiutata la mia ailiftenza , perchè mi fono dimoftrato contrario a’ copioii vomitivi , contentando­ mi di adoperargli fedamente in picciola dofe, e di replicarli piutofto quante volte mi fembravano indicati dal male ; perchè non ho avuto fret­ ta di ricorrere ai vefcicanti ; perchè non fono flato troppo amico deil’ olio , "delle frequenti emiifioni di fangue > e nè tampoco de’ folutivi « Per tutte quefìe ragioni m’ hanno alcuni addolcata la gran taccia di voler chiudere il veleno ne1corpi , e di non faper comporre ricette per difcacciarlo . I dolci clifteri, ì fomenti or anodini , or dolci aro­ matici , i vifeeri degli animali fono flati i miei to­ pici : 1’ aceto , il lim one, il giuleppe , il mele hanno formato uniti all’ acqua gelata il . miou diluente fubacido : poca chinachina unita al zafferano > allo fìibio , o alla canfora hanno fatto, il mio antiset­ tico • e qualche elilire , ,o qualche dofe di buon vino il mio cordiale, il mio elefifarmaca , Non mi fono troppo {paventato de’ fintomi , che aumenta* vano o di forze , o di numero *. -Mi è. piaciuto di riporre la mia fperanza nel beneficio del tempo , procurando. intanto di mantenere in vigore V In­ fermo coìl’ ufor alle volte^della cannella gelata , del cedrato, del limone, e anche talvolta col; cioccolatte gelato . Ho confegnati varj Infermi ai facri M iniflri, ma per loro bontà me gli anno reftituitì . Così mi fono affaticato quali due rcefi con in* corno-


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comodo , e con pericolo , ma per varie giùfle ra­ gioni mi fono poi finalmente riflretto nella mia Clientela , dalla quale per verità fono aliai più (li­ mato di quel che conofco , che convenga al mio poco merito ; compiacendomi intanto , che quei Medici di conto, e di autorità, coi quali la forte mi ha fatto incontrare, mi abbiano configliato a non perdermi d’ animo , e a non pentirmi del debole mio modo di penfare su tale Epidemìa , ed a feguire fui loro eièmpio il divifato metodo di medicare, difiinguendo l’età , il temperamento , confìderando la varia forza del m ale, afialendo validamente, il vio­ lento , e per gradi il tardo malore ; perfuafo che rade volte è dato al Medico di conofcere, e più di rado di poter riparare co’ lumi della Medicina alla forza d’ un pofiente incognito veleno , a cui volendo opporre troppi rimedj, fpeffò avviene che fi avva­ lora , e fi rende più mortale . 3La pulizìa, il cambiarriento di letto, la continua ven­ tilazione , I* umido acetofo per la flanza fonò tut­ ti piccioli difenfivi da me (limati i più opportuni da praticarli. Perciò gran pena , gran pericolo incontra a medicare perfone povere , colle quali è' impoifibile di mettere in ufo fimiglianti cautele. So ho per principio incontraflabile , che anche in ottima falute ne’ tempi caldi il cibarli di molte vivande in una tavola , o mangiar quattro, o cinque volte al giorno è motivo più che baftevole per cadere in­ fermo j perciò fono fempre flato lontano dal prefcrivere

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re cinque* o Tei rimedj a! giorno, lenza dar tempo, che alcuno compifca la Tua funzione,per regolarli -dall’ utile, o ver dal danno , che fe ne feofge , fé debba quel­ lo feguirlì, o minorarti, o mutarti ,• ho Tempre temuto che poflano tanti rimedj tra loro confonderli , o pro­ durre cattivi effetti, prendendoli poi fperto i loro mo­ vimenti per nuovi .mali , a’quali difficile è ancora , che non nafca 1* idea di opporre de’ nuovi rime­ dj, ed in tal modo opprimere, non medicare f in­ fermo . Ed in fatti da tutti gli nomini datti, ed onorati fu Tempre abborrita nel medicare 1’ unione di molte coTe nell’ ilieliò rimedio per T incertezza della ve­ ra natura decomporti, e per non Tapere qual diverfa qualità acquiftino i Tempiici uniti infieme . Come poi dunque non dovrà condannarti tanta varietà di rimedj forfè per la maggior parte comporti , e ado­ perati in un medefimo giorno ? •Sapete già, chein quefta Capitale, come in ogn’altra po­ polata Città', molti n.tfcortamente mutano la loro arte in quella del Medico : perchè, fe la Torte gli favorifee , lucrano da Medici , e fe commettono errori, fi Infingano di poterli nafeondere. Dalla voftra lettera io rilevo il timor panico , in cui era incorfo il vortro dotto amico di profeilìone le­ gale , credendo quefta epidemìa una vera perte . Ma rilevo altresì le valide ragioni m orali, e fificò-politiche nella medefima accennatemi , per follevare 1’ animo dell’Amic© troppo leggermente abbattuto.QueB rta


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ila falfa notizia è fiata fcritta anche altrove : tal­ ché qualche Governo eli ero ha chi erto a que­ lla Deputazione della Sanità d’ eiTerne eiattamente informato^ e mi fi dice, che per tale informazione, oltre a’ Signori D eputati, ne fia flato incaricato qualch’ altro foggetto per darne un più maturo , ed accertato giudizio . Intanto pollo per ora aificuravv i , che quella Città , lode a Dio , non è attacca­ ta di tal p elle> ma che foffre folamente una feb­ bre di quelle , che fon chiamate da’ noflri Pratici , di Carcere , d’ Armata , di N a v e , dottamente deicritte dal Sinedam , e da’ fuoi Cementatori', ed Ultimamente dal Signor Pringle, del di, Cui tratta­ to fembra un effetto della Provvidenza 1’ e {Ter­ ne ufeita non ha guari una belliflìma traduzia* ne Italiana troppo addattata alle prefenti circoftanze. . . 1( , La p e lle , da cui Iddio ci difenda , come vai , o Amico , meglio di me fapete», è più follecita a dar la morte , e di cento appena ne rifparmia dieci. Que­ lla febbre,che noi lòffriamo, appena dieci fra cento ne uccide , e mi ila fiifo in mente , che più pochi ne uc­ ciderebbe , fe follerò tutti in ¡flato d’effere medicati a dovere. E perchè non crediate , ch’io parli a cafo, Tappiate, che nel grande Ofpedale degl’ Incurabili è voce , che non ne muojano che cinque, p fei per cento ogni giorno ; e quando follerò dieci, quindici, v e n ti, e più ancora .per cento, non farebbe ilupore per riguardo alla gran moltitudine, tra


*% XI è tra la quale non ottante il fenno } e la pietà di co­ loro , che vi prefìedono , e non ottante f accu­ ratezza , e la dottrina de’ Proiettori, che aflittono, il difordine è inevitabile . Egli è Olpedale , e tan­ to batta . Mala attinenza , impuntualità ne’ Serven­ ti , errore nel preparare , nel dittribuire le medici­ ne’ , fcufabile follecitudine ne’ Medici , mille difetti néo’n Infermi , aria tempre cattiva fono infallibili compagni di un tal luogo, e mattimamente in circottanze si critiche. Voi già fapete , che dal gran Cairo fi crede Tem­ pre che derivi tal Mottro, originato colà dal­ la corruttèla delle umane iattanze , facile à fuccèdere per la moltitudine de’ tollerabili , chè quel luogo rinferra , ricoperti fempre de’ mettefimi panni , i quali pét l’ infenfibil corrotta trafpirazion e , di cui fono imbevuti , facilmente fi lacerano , e fi corrompono anch’ etti : e a quetta cagione piti che a’ bagni caldi , è all’ abufo della pipa mi par che debbano attribuirli gli effetti peftiferi . Sia pe­ rò come fi voglia , è indubitabile , che fe la fozzura non produce la pefte, l’alimenta almeno , e la fa più lungamente duraré . Per ora abbiamo moti­ vo di confolarci , che non fi fono veduti bubboni,' ne Tappiamo , che alcuno fia morto fe non dopo 11 fettimo , il nono , o il quattordicefimo giorno dtìl fuo male . A m ico, quello C ie lo , e quetta Città nudrifce , con-: forme Tempre ha nudrito, uomini grandi in ogni B a fa-


& XII Facilità j perciò è da fperarfì, che a quelli, che fono desinati a governarci, mantenga Iddio i iiioi buoni lumi per Fare Fempre più efeguire gl5, intraprefi ef­ ficaci ipedienti in un affare di tanta comune im­ portanza . L a iavia vofira condotta nel governo de.’ voftri Infer­ mi è degna di tutta la lode . Così f aveifero qui imitata tutti i Medici , iiccome lwnno fattcr alcuni , a 1 quali ò riuicita felieiilìma . Sopra tu-tco mi piac­ ciono le replicate lavande » e h fcftrazione de’ ma* teraffi , o ira delle lane , nelle quali troppo facil­ mente annidano le fozzure , le immondizie . In tut­ to ho procurato , e procurerò di ieguire le voflre tracce, ma in quefle due ultime cofe vi imiterò ancora con maggiore efattezza „ Intorno alla cagione di quella Epidemico male , che mai pollo dire ad un Medico voflro pari ? Dirovvi candidamente,, che io credo aver patito tutta l’ Europa una peffima annata nel 176 3. , e nel principio del corrente 176 4 . cagionata probabil­ mente da’ cattivi venti , che vi anno fcaricate piog­ ge tolte da’ corrotti fiagni , o paludi , dalle quali acque n udii ti i prodotti della terra ne hanno acquifiata una mala qualità , putrida , e veienofa . Il ppoqo freddo , e fpeiìb incollante , che abbiamo fvuto nel palfato inverno ; la primavera irregolare credo, che vi abbiano contribuito ; e credo ancora, che 1’ eccepiva dimora de’ venti caldi , ed umidi ab­ bia non folo fra di noi mantenute le impurità , che dal-


± XIII ± dalla noflra terra , e dalle noftre immondezze fon derivate in abbondanza, ma di più abbia portate a noi le aliene confervandole lungo tempo . Sento, fé non fono fallì i rapporti , che in altre par­ ti la noftra Europa ha fofferto , e foffre : più degli altri par che (offra quello Regno , forfè perchè ‘ troppo vicino a quelli dilgraziati venti , e in cirCoftunze più critiche per il numerofo , mendico , fozzo popolo , eh’ in eifo è concorfa , oltre a mille altri fooncerti troppo nor. folo a voi , ma ad ognuno palefi . Qu ito veleno , quello putrido or coagulante, or feiogliente ne’ prodotti della terra è troppo chiaro per m e. Non fo , che ne pendilo gli altri. S o , e vi dico queLlo , che accade a me . Veggo in tutto quell’ anno ogni corpo mutato . Veggo fudare al­ cuni , che mai non fudarono ; veggo (litici uomi­ ni , che ebbero ibmpre il corpo obbediente : veggo malinconici i p iù allegri : di più , chi era folito a purgarli blandamente con due dramme di Rabar­ baro , con cinque once di Siropo di fior di perti­ co , ora lì purga con due terzi meno , Il dormigliofo , il vigile ha mutato cadutile ,• ognuno li la­ gna di qualche male nel capo , d’ uno ftomaco, che non. digerifee , e modra ognuno una lingua p iù , o meno velina . Le convulsioni lì fono refe comuni , e finalmente non fento alcuno , che più , o meno non fi lagni oltre il codume degli anni paifati . Quedo fecondo me , o Amico t vuol dire , che re­ gna -


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gna ne’ noftri umori un difordine , una difpofizione ad infiammarti, e a corromperti , e guai per chi la promuove . In fatti è già voce comune, che molti di quelli, che vollero con rimedj forti di­ fenderti dal cadere infermi della corrente Specie di m ale , v* incorfero facilmente , ed il maggior nu­ mero vi re fio preda . Quello putrido - quello velenotb umore , quello alcali, quello Diavolo , di cui ognuno fembra , che ne abbia la fua porzione, per cento cagioni intrinseche, e ricercate ti Svilup­ pa -, e giulla la varietà di quelle -, ed il numero produce o un’ acuta maligna febbre continente, o una maligna doppia terzana , o una maligna difienterìa -» Ora il veleno fi porta alla teda , ora li depofita al p etto, ora a’ re n i, ora agli altri vifceri del ballo ven tre, fempre con più , o meno offefa de’ nervi anche dal primo fuo ¡dante . Per Io che io dico , che' quedo male a noi non viene da’ grandi ammaili , ma da fottiliffima , e volatile picciolilfirna porzione di umore : e quantunque in molte di quelle malattìe fieno comparii de’ verm i, pure non debbono efler quedi P oggetto della cu­ ra , perchè cadono da per loro domato il veleno v Alcuni francamente fi poflono dir morti nella prima febbre ; tanto è ftrano e funedo I*.apparato di quella. Precedono d’ improvifo deliquj , lipotomia, produzione Somma, tetro permanente color di vifo ; che Se codoro non avellerò quindici -, e anche "Venti giorni di m ale, io la discorrerei diverSamente »


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te . Quelli Infermi di tale fpecie per quanto io fo , fono pochi : ma quanti fono , tutti muojono . Intorno a’ vefcicanti > fappiate, che io di effi non fono nemico ± ed in molti cali G allici, e di altra -natu­ ra cronici, io con fomrno profitto me ne fervo i ma non eccedo il numero di uno , o di due ; poi­ ché non fo chi abbia decretato , che debbano an­ dare fempre a pajo « Dove poi vi è una gran feb­ bre , dove agifce un veleno con offefa de’ nervi , dove l’ aere non è buono , io ne ordino rari , e mi contento di fofiituire a loro le firofinaziom ga­ gliarde pi.ù volte ripetute . Non cavo che poco fangue in fimili febbri , dove vi fono proftrazioni, deliquj , e polii piccioli ; non purgo che con epicratici minorativi, con frequenti clifteri . Amico , fa vado ingannato , difingannatemi . Ma io vi ho abbaftanza feccato. Lamentatevi di voi ileiTo , che me ne avete data P.occafione . Finifco lafciando a voi fpiegare perchè le Donne , i Vec­ chi , i Giovinetti , ì malfani per naturai coftituzione fieno fiati finora più rifparmiati degli altri . Buon per noi che non manca nè al Pubblico , nè al Privato il danaro • che grande, e fomma è la pietà del Monarca , onde troppo difficili faranno i diford in i, e ia varietà de’ pareri, che altrimenti farebbero facili a nafcere . Se dal più degno ceto de1 Medici prendelTero gli al­ tri a regolarli , fe fofie comune una generale ¡fini­ zione » compatta di poche , ma di maffime difiin-

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& XVI & 2,ioni , con poche) femplici, e facili ricette, forfè ii toglierebbe una doppia miferia alle cafe ,• non fi continuarebbe un eforbitante , ed ingiufto utile a’ certe Spezierile non bifognofe i forfo non vi fareb­ bero tant’ Inferm i, e per confeguenza minor nu­ mero vi farebbe di morti ; nè finalmente prende­ rebbe tal male buona parte del fuo valore dall’ incorifiderata medicatura di pochi , ma per F ordina­ rio più degli altri occupati . Mi riferbo per li i f . di quefto meiè a continuarvi la Storia con quella efattezza , che mi chiedete , e ijpero darvi fempre più felici novelle . Addio .

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1764.

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“ EH’ avanzare di L u g lio , e del caldo, che è flato , ed è intelaiò , quefte cor­ renti Febbri continuarono ad affligger­ ci , afialendo alcuni , come gli adulti, robufti , fanguigni , ed atletici con impeto improvvido tutto ad un tempo, cagionando vomiti copiofi, deliquj, pro­ duzioni , con polii piccioli quali infebbricitanti , con lingua umida quali buona , orina naturale , burburigmi nel bado ventre con tal qual diftenlìone del medefirno , e fpefio, e quali Tempre con colore itte­ rico , unito Tempre a notabile ofFefa di capo . Quefli tali facilmente fon morti prima del nono giorno, C ed


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ed alcuni , che fon paiTati piit avanti , non ancora: promettono guarigione ; la quale , fé mai accade , farà certo a traverfo. d’ una ben penofa. convalefcenza .. 1 ' Amico , quelli tali fi fon medicati da varia clafie di Medici in un modo troppo oppofio fra loro . Io fono flato con quelli , che vedendo un irnprovvifo vomito così copiofo di tante materie Cottili., hanno, di botto ufato in gran dofe il fucco. di limone o fchietto., o con forte tintura di chinachina uni­ to a neve ad oggetto d’ impedirlo ,• così il lau­ dano liquido congiunto all’ acqua teriacale mi è piaciuto con quelli adoperare ,• così la neve ideila, e 1’ acqua nevatiffima , clifleri dolci , foti malvati , ma fpeifo uniti all’ erbe aromatiche amare , e cot­ te in un vino acquato Altri fono, ricorfi all’ olio , dicono eflt, per fedare ; febbene le fmatiie , e di nuovo il vomito fìa per lo più accaduto, con dejezioni uguali al vomito , e con fonarne profirazioni.. Altri poi fi fon fatti beffe di tali medicature , e fi fono ferviti del vomitivo per imitar la natura , che fembra fecondo loro al vomito inclinata . Io però dico , che in tal cafo la natura è fuperata dal male ; e però chi in tali circoflanze pro­ muove maggiormente il vomito , ajuta il male , e non imita la natura Ognuno poi fi è accordato con 1’ acqua nevata , con 1’ ufo di qualche limona­ ta . Tutti quelli di tal fpezie in qualunque modo me-


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medicati corfero , -e corrono grau pericolo , e fo­ no flati facili a ricadere . Quella febbre in altri li è manifeilata con efatto tipo di doppia terzana . A quelli giova il pic­ ciolo emetico più volte replicato nel corfo di tal febbre : giovano le bevute fredde fubacide : gio­ va il rabarbaro unito alla china , fe il ventre è chiufo , e quando no , la pura china in buoila dofe follecrtamente rende tal febbre fenza indo­ le maligna-, e reilano fpeiTo gl’ Infermi curati nel termine di dieci, o dodici giorni.. Alcuni in tfuefta febbre hanno in orrore la China : ufano francamente P olio , e quando fi vomitaffe dieci volte , lo ripetono ,• l’ Infermo fi confo­ la con quel che vomita , ma non fempre ne ha ragione Altri s’ am m alano con Diarrèa , o DifTenterìa ; vanno del corpo all* impenfata d ieci, o» dodici volte al giorno : per due , o tre giorni foffrono deliquj ; ma ri fiorati da gelati , o da poco , e buon vino , facendoli loro alcun dolce elidere , fi rimettono . Quelli però, che in limili cali fanno ufo dell’ olio , tanto per elidere, come per bocca ad onta delle ambafee, de’ dolori, e fottili dejezioni, che in loro produce , quedi fpelTo entrano nella gran febbre, e per confequenza in grave pericolo . più odinati di tal fpecie fe fanno ufo dell’ acqua Teriacale con 1’ infufione del rabarbaro , e la ripetono*, giuda il bifogno , unita a bevute fredC a de ,


fc XX & de , ed a clifteri anodini , fi curano felicemente;' in modo , che fembra , che abbiano così cacciato dal loro corpo quel generale impuro , di cui mollravanfi in fetti, Io vi fembrerò forfè un gran nemico dell’ olio j e pure non è così . Quando incontro In­ fermo , che lo foifre , che da elio ricava utile ; quando pofio adoprarlo fenza ambafce , fenza vo­ mito , fenza dejezioni lottili ; quando la febbre non è troppo intenfa ; quando la lingua non è ari­ da , quando fi tratta di ili pera re o vifcidi , o vermi , che fi manifeftano nel bailo ventre , quan­ do non vi fono convulfioni , quando 1’ Infermo non è tanto fanguigno ; e finalmente quando non è così fervida la llagione , io di efio fo ufo , e confefio , che non pretelì mai cacciar 1’ olio dalla m edicina, e fpecialmente il perfetto d’ o liv a , per­ chè perfuafo , che ella di troppo mancherebbe pri­ va di quello . Vi fono altri per1 quanto ho fin ora ofièn/ato, che ca­ duti infermi di tal febbre con più , o meno di forza, cd impeto padano infino al quinto giorno o con una chiara , o ofcura febbre doppia terzana , e poi cadono in quel male , a cui furono altre volte per loro fventura Aggetti . Così quella febbre con­ duce all’ itterizia chi altra volta l’ ebbe: all’ idro­ pisìa , all’ empiema , o altro attacco di petto , qua­ le altre volte patì . Quelli come generalmente fi curino , io non ve Io pollo dire ; Colo vi d irò , che io quelli medicando ho


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ho Tempre in mira di inceppare , fnervare, espel­ lere, mutare il foiito veleno j e mi contento di ioc-» correre a’ lìntomi palliativamente , e mi fernbra non. andare ingannato j molto più che veggo nel mag­ gior numero aver le cure un efìto felice . In tutti trovo giovevole il freddo, ed i fubacidi i in pochi trovo indicato fo lio , ed i vescicanti, Senza dei quali ho Sempre medicato con felicita dal prin­ cipio di quella Epidemìa fin oggi . Con 1’ ufo dell’ acqua teriacale , del zafferano , della chinachina o in infufo , o in Soffanza : coll’ufo dei folutivi melati per epycrajìm : col ufo di poco vi­ no per bocca : con foti anodini aromatici alle vi­ scere giufìa f efigenza dei cali , ho fatta , e con­ tinuo a fare la mia medicatura . V i è un altra Specie , che però in rigore non può dirfi d’ Infermi . Vi fono alcuni , che cadono in una fenfibil fiacchezza con certa tal qual mutazione del loro naturai colore , con lingua più , o meno veilita , con certa pena nello ftomaco , e difordine del ventre , e polfo in qualche modo mutato . Io quelli gli ho giudicati , e gli giudico profilmi di­ sporti a cadere in tal febbre corrente ,• ma quando anche ciò non forte Segno di tal proflima malat­ tìa , quelli tali mi à riufcito felicemente rimettergli nell’ antica lor fai ute coll’ epicratico ufo di poco rabarbaro unito a chinachina . Vi dirò di più , che coftretto fin dai primi giorni di queda febbre di configliar qualche prefervatlvo


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vo a molti di quelli di mia Clientela, per fare che non ufafiero delle cavate di làngue, de’ forti eme­ t ic i, de’ forti folutivi , de* quali ho fempre temu­ to , io lor configliai 1’ ufo frequente di t^l polve­ re comporta da uno fcrupolo di rabarbaro , e da mezza dramma di chinachina , ed una bevuta fredda d’ acqua con-zucchero , e limone . Ancora nefiuno de’ cortami nel ufo di tal rimedio è d i­ venuto infermo,. Altre particolarità su di tal corrente male io non ho^ forfè ve ne faranno , ma non mi è occorfo ortervarle nè fra i miei , nè fra gli altrui infermi , che per varj incontri ho viiìtati . Ora su d* una cola chiedo il voftro configlio . V e g ­ go da non pochi praticarli gli ailorbenti in picciola dofe> ma ripetuti più volte al giorno j in ogni dalle di quella febbre fi ordinano . Voglio crede- • re , che alcuni • lo facciano col fine di prender tempo . Altri però fi gloriano di ufar d’ erti per aflorbire gli acidi delle prime v ì e , acciocché quelli non corrompano il Chimmo , il C h ilo , il Sangue . Io però su della fcorta della mia pratica , e su de­ gii efperimenti , che danno a noi Uomini pratici nel medicare , gli credo rarirtìme volte utili , e fperto molto dannofi , particolarmente nel mal , che corre . Io vorrei impattar d’ acido il co rp o , Io fiomaco , le budella; così quelli adoperando, te­ merei troppo , anzi farei perfualò di coadiuvare •alla corruttela, alla quale troppo facilmente tende un


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corpo in quello luogo , e ia quelli tempi ; e tan­ to più , quanto più infermo » e infermo di tal genere . So, che la Teorìa degli acidi è ofcura : ma la facilità , eoa cui iì prendono. , la forza , con cui fi desiderano , è per me un linguàggio della, natura a. loro favore .. Intorno alla mortalità ,. o Amico , è la ilelTa i lo ivario è di dieci , o dodici di meno qualche giorno sì , e qualche altro no . ;Intorno agli Spedali non vi è novità fapete già , che per dar luogo ai Poveri nel grande Spedale degl’ Incurabili , la Truppa formò tanti diviiì Spe­ dali , quant’ i Corpi , che tale Truppa compongo­ no , e quelli a carico loro. . Gran Provvidenza mi. regge e mi. protegge ; che fe non lì evacuavano di Soldati gli Spe­ dali di quella Città , era del mio. impiego d’ invigilare alla miglior poilìbile ‘alfirtenza de’ medeiìmi giornalmente , e Dio fa con qual rifehio , con qual efito avrei compito a quello mio dove­ re . Negli Spedali de’ Corpi non mi è prescritta al­ cuna obbligazione j onde la mia vigilanza, per ora comincia , e finifee in quello delle unzioni, detto di S. Orio la , nel quale non è per anco pericolato alcuno di tal febbre nel numero di trenta , o trentacinque, che di tal comune indole fono rimarti infermi là dentro: e di più fra gP impiegati in elio Spedale dal più alto al p:ù infimo fin oggi non vi è flato alcuno leggermente ammalato

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Mi avanzo a dirvi queflo , perchè è facile a veri fi* cariì da chi che fia . |benedica Iddio il nofiro M onarca, e chi Io configlia. Quefta fola rifoluzione è fiata troppo vantaggiofa per la fua Truppa , e per me . Il di più che va accadendo Io faprete con altra , che a Dio piacendo vi manderò il primo dell’ entran­ te , la quale per me farà la più importante. Addio .

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In data del i. di Agojìo 1764.

Stitnatijjìmo Amico • Ccovi la terza Lettera *da me promeiTavi coll’ ultima mia de’ 1 f. dello fcaduto Luglio per la continuazione del no« ilro (oggetto. Avrei molte novità , fe voleffi par­ larvi di Ofpedali ,* ma come che credo di aver ragione , che fovrabbondi, quan­ do aflerifeo , che dagli Ofpedali poche pratiche no­ tizie fi poflano prendere , che fieno accertate , o legittime; perciò la ftoria di quelli i f . giorni farà brieve , tantopiù , che la Dio mercè fi refpira di molto . Che poco fomminifirino gli Ofpedali di ac^ D cer-


* xxvr & certato per un’ accurata. Storia Medica » particolar­ mente in tali circoftanze , fembramì facilmente pro­ varli dall* indole dell’ Infermo , che rariffime vol­ te è efatto , ed obbediente ; dalla poca fedeltà de’ Serventi, che fp ilo mancano a! loro-dovere j dal­ la natura de’ rinoedj fpeffo pefati a villa , e trop­ po in fretta preparati, iè non vogliamo dire anche qualche volta fai lìficati ; dalla diffribuzìone de’ medefimi fatta spefle volte fuori di tempo £ dall’ aria im pura, che per tutto entra , e a tutto porge ma­ le qualità y da i difordini, che più crefcono in oggi, che gli Spedali fono troppo pieni d’infermi, e d’infer­ mi facili per la coftituzione del male a moltiplicare le im purità. Perciò fon io di parere , che quando tali luoghi non rinterrano un difcreto numero d’in ferm i, e non abbondano di comodi per mantenervi dentro Paria tèmpre n uova, la pulizìa * la vigilanza, P efattezza , l’ ordine , pregi incogniti a’“ gran d i, e affollati O fpedali, poche, e deboli notizie fi polla­ no da quelli ricavare. Sia pure efatto il Profeffore , diligente, dotto, e profondo: fpenda il luogo Pio tefori ; fiano i ferventi di abilità , non faranno mai però tutti di un coffume . Balla dire comuni­ tà , perchè debba comprenderli un’ unione , dove vi fono i buoni, e gli ottim i, i mediocri , i catti­ vi , e i peffimi . Ma dato ancora ( lo che è fommamente difficile ) che la comunità, che forma un Ofpedale , foffe in ogni faa parte perfetta ,* tè Paria in quello non è di continuo nuova , pura , e fre-


& XXVII jfc fca : fé fomma non è la pulizìa , come Infingali! # che un Infermo polla ricavar utile da tal rimedio , che prende una, o due volte al giorno, e non ritrag­ ga nello delio tempo dall’ aria , che continuamente refpira, con che render inutile l’efficacia di quello, e la prudenza del Medico ? O entri quella per il pulmone nel fangue , o vi entri per i vali bibuli di nolìra cute , o in qualunque altro modo , fe , quando è impura , offende il Pano fino a farlo ca­ dere infermo, come potrà poi quella lafciar libera - P azione ad un rimedio in un corpo dalla malattìa ì indebolito? In quelli mali di conduzione qual Ofpedale può lufingarlì d’ avere un’ aria buona, ricco che folFe di dieci ventilatori , fe in una cafa di terzo piano , iti una camera fpaziofa , un fole di tali Infermi , ben­ ché affittito con infinita efattezza , rende ad onta di molte cautele fenfibile l’ alterazione di quell’ abi­ tato ; Se tutto quello e vero , io non dilprezzo già, , ma do quel mifurato credito , che meritano , alle fperienze fatte negli Spedali.. Sono di quelli tanto quanto pratico -, e fembiami non andar molto dal vero lontano , benché però Tempre intenda di fottomettermi al vollro favio criterio . L Jio n poifo però lafciar di dirvi , che gli Spedali por­ tati da dentro terra alla marina , che la Truppa portata in nuovi Spedali, febbene formati in cafe, hanno ricevuto un utile della metà , fe non voglia­ mo dire di più . Pochiifimi ammalati muojono , nò D a tan-


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tanto lunga, nè difficile rie Tee la loro convalefcenza ; motivo , per cui la Mae (là del Re ha ordinato a follievo del Pubblico povero Í’ erezione di altri Spedali nell’ aria falubre di Pufiiipo , alla miglior condotta de’ quali vigilano Signori d'infinito felino, e probità . Ma per ritornare ai nortro aíiünto vi ripeto , che ( grazie al Cielo ) fi refpira . L a pioggia del dì 19. paiTato , che imp tuofa , e ge­ nerale durò per molto tempo alla viltà del nortro Orizonte ¿ il frefeo umido , che portò Teco per più giorni , purgarono in certa maniera 1’ aria noftra più bada da quelle putride alcaline efalazioni, che l ’ ingombravano ; e febbene fubito dopo non fi vedeiTe molta variazione ne’ regi (tri tanto delle C o­ munioni , che de’ Morti , per la ragione , che mol­ ti già {lavano in pericolo , pure cominciò la muta­ zione in appreilò a comparire fenlibile , e fé non fu del tutto allora cortante , verfo la fine almeno, del m efe, e nel fine medefimo diminuì il numero de’ Morti a fegno di far poco cafo di quefta Epi­ demìa , quando a proporzione andarte ibernando per altri foli Tf. giorni . I morti fra gli Ofpedali, e le Parrocchie in quefto Popolo numerofo di più di 300. mila anime permanenti ancora nella Capitale verfo l’ultimo di Luglio particolarmente non giunfero a a 00. Ora parlando per la verità, io ragiono così. Nel mefe di Agorto avrà certamente ogni anno perdu­ to Napoli mille abitanti per vecchiaja , per vajoli , per Febbri d’ ogni Ìpecie , per ferite, e per altri m ali, quan-


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quanti ve ne fono fuori della corrente coftituzione ; Onde preilò a io . morti per giorno in tal mefe non devono contarli, perchè è il più tiretto nu­ mero , che mancar polla . Ora detratti 20. da 200. rimangono 180. In una Capitale così popolata 180. morti non formano certo, nè formar debbono concetto di maligna epidemìa . Che di 500. mila abitanti uno ne muoja ogni due mila non è cola certamente degna di ftupore . Ma ne mariiFe anco­ ra uno p:r mille , non d :ve nemmen per quello caratterizzarli per maligna una tale epidemìa . Foffe piacciuto al Sommo Iddio di non dare mai maggior grado di forza a limili mali di coftituzione . A ll’ accennata falutevole pioggia fi fono unite infi­ nite altre buondì!me cofe provenienti dalla pietà del Sovrano , dalla diligenza del Governo , dal fervore del Popolo . Il primo h a , come vi dilli di fopra , a collo del fuo Reale Erario formati gli Ofpedali per le povero Perlone civili a Pufilipo . Il fecondo ha permeilo 1* introduzione de’ grani nuovi del nativo Cielo ad £>nta della gran quantità , che ne tiene del vec­ chio ellero , del quale per lieve fofpetto ne ha ri­ mandati , e fin gettati i rubbj a migliaja . Ha in­ vigilato fopra la generale continua pulizìa delle Iliade , e delle cafe , profondendo tefori sì nel mantenimento di tanti Spedali , e di tanti p o veri, come nel facilitare ad ognuno di quelli , quando fono


& XXX & fono ben Tifiabiliti , il ritorno alle Patrie loro, L ’ ultimo alfine è ricoriò , e continua a ricorrere ‘alla Tempre valida interceffione de’ Santi Protetto­ ri , che.quefia Città *, e quefio Regno difendono , Am m tuo , che in qualche modo vi abbia concorfo ancora il tempo domando , dividendo , invec­ chiando'queflo dominante veleno j (ebbene la fioria ci rammenti ^Epidemìe duranti per anni interi, lènza perder punto del loro vigore . Ammetto, che vi abbia contribuito una convenevole quaiì gene­ rale medicatura , nata dalla voce de’ primarj Profefiori , che in ogni ior foglio , in ogni lor congrefio j e confulto l’ hanno amorofamente confi­ gliata con Ìbmmo profitto , attefa la buona indole degli altri tutti pronti ad imitare . ì)alli i f . fino al primo d’ Agofio la febbre di cofiituzione ha feguitato , e ièguita il corfò della fiagione . h K fiata efiuofa in molti , e qucfti quali tutti fono fiati foggetti al delirio , di cui alcuni non fe ne fono liberati , benché ceffata la Febbre . Per le anteriori ofiervazioni però vi è da fperare, ' che fi curino perfettamente . O niuno , o pochi di tali Infermi danno cacciato vermi dal loro corpo­ si fono medicati con bevute fubacide fredde, con minorativi melati, con mafticar della neve , con le cavate di fangue , come la forza del polfo permet­ teva . Utiliilime anche fono fiate le coppe a fan­ g u e , ed i differì': utile il mufeo odoro fio , o col cinabro , o col zafferano , o con la china unito . 1 più comune termine di quefii è fiato dagli undi^ ci


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cì fino ai venti * fo da <q miche naturale emorragìa non è fiata follecitata guarigione . .Piu ne fono, morti di quelli * che hanno fofierto il fopore, che di quelli , che hanno loiferto il delirio . In altri la {ebbre è fiata putrida, acuta fempre con fornmo lento r e , I fintomi fono fiati cardialgìe , vomiti , convellimenti , fopore, lingua vefoita , al­ cuna volta con flufi'u diiTerai$nca „ òhe.' fompre ■ è fiato cattivo. SpeiTiifimoK qhefti haniìQi.gettato ver­ mi , i quali , per quel qh© .ho veduto- dal princi­ pio dell1 Epidemìa fino al giorno cì’ oggi , fqno fempre fiati delia fieiìa natura , :lunghi vicino a unii mezza palmo ^ tondi , raffi: , e , della groiFeizza di ; una penna da fcrivereU p ir’-. o. -,jnu»g ira le particolari p {Tentazioni su quefti )ho vedutol una Giovane di anni 18. figlia d i'u n Me^capt® o pannine di tal Febbre infermai Quefia. dupoiaveip cacciati per bocca , e per focefìb ben gol vermi > con poco, o neifun fallievo ahuerib della, tetta.'j' che teneva fempre come ({ordita , ob^reffa * e'' tre­ mante , dopo il giorno a a. del firn male una mattina dopo vari fternutt vide comparire per le narici uno de’ foliti vermi , il quale (ebbene con bel modd fi efiraeife da quelle , ptjro' non fonti minorare gli ordinar} patimenti del fuo capo . Co’ vapori del zolfo poi , per quanto fu poifibile , andò migliorando in apprefiò ; e partì finalmente *per mutar aria. Io fo , che pre font e mente fia be­ ne ; ma non f o , fo altri vermi abbia cacciati per le narici . Procurerò dì faperlo , e fapendola ne fa­ rete avvifato , N el,e


& XXXII £ Nelle Febbri , dove non vi era fluflo difienterico, e lingua arida , 1* olio ha ipeflb giovato , e tanto più , quanto 1* infermo è fiato per coflume più avvezzo all* ufo di quello . L ’ uomo civile delicato ha fpeflo molto l'offerto nell* addattarfi a tal rime­ dio ; in modo che fi univa facilmente la repugnanza dell’ Infermo colla volontà del Medico ; P uno a non prenderlo , e P altro a non ordinarlo . Do­ ve vi era icioglimento di ventre fi è fatto 1’ olio conofcere in tutti per troppo flogiftico . L ’ acqua vinata ad ufo , il fiero acido in neve , le firotìnazioni, le cop pe, i eli fieri d o lci, ^ qualche prefa di uva orfina , o di poligaia , o fole , o con­ giunte a poca china : qualche volta P elifire di Parate 1fo , e l’ acqua teriacale : e dove vi era fopore , jqualche cucchiajo d’ aceto debole canforato, qualche- pillola di mufeo , zafferano , e china fe­ cóndo; le indicazióni hanno fatto la mia cura , la quale mi è riufeita, come a tutti gli altri, fcabrofa * lunga, e qualche volta inutile . Se in quelli cali fi cavava fangue, era lo fleifo, che veder P Infermo peggiorare all’ ¡fa n te . I polii fempre p>ù piccioli , e tardi fi dimofiravano , frefeo il tatto , e languide le forze . Se poi accadeva una fpontanea emorragìa o per il nafo , o per P ano , o per la v.gina era certo di un gran follievo , e fpeflo prognoffico di un efito felice. [La Truppa finoggi è fiata la meno fòggetta a quefta febbre di coflituzione . Quella che più ha fofferto è fiata quella delia Marina j ed al contrario quella, che


& XXXIII ¿ che n’ è andata la più illefa , è fiata finoggi la Svizzera , e la Macedone . A proporzione 1’ Uffizialità ha fofferto affai più de’ Soldati , e di quefla ie n’ è perduto un buon numero. La Nobiltà continua ad andarne immune : fopra di che riflettendo, piacemi credere , che ciò fácil» mente fía accaduto , e accada per le loro comode abitazioni, per la facilità di ritirarli in luoghi più aperti, e per confeguenza più falubri, per la loro coftituzione troppo rare volte faniiTìma , per il poco che trattano , attefo che , generalmente par­ lando , il loro maggior incarico iì riduce non già nell’ accoflarfi all’ Infermo , ma nel fargli ta­ lora porgere qualche caritatevole iòccorfo ; come è voce , che abbiano fatto a larga mano . S ’ impedirono per quanto è poffibile le unioni del P o p o lo ne’ Teatri , nelle picciole Chiefe , nella Fiev. ra non peranche perciò aperta fui troppo giufìo rifleifo , che l’ aria , la quale in querti luoghi fi racchiude , è troppo facile a reftar alterata^ dalle refpirazioni , e trafpirazioni , che da’ corpi in tali I dìfiretti radunati fi efalano . Si difputa intorno all’ aria : chi la vuole infetta, e 1’ ha quafi per la fola cauiàle di quefia malattìa ; chi penfa all’ oppofto. Io per me non credo l’ aria infetta, fe non dove manca la ventilazione , e dove la iozzura annida . Così nel cafo noftro credo folo infetta l’ aria nelle picciole occupate cafe, nelle v i­ cinanze de’ grandi Spedali , e in ogni luopo f ¿ 0 . ve la ventilazione è impedita , o è fcarfa . E Se


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fflSe 1’ aria fofie generalmente infètta in fimiii Torta di Epidemìe , non fàprei come iì poteife /piegare , perchè i Mi ni il ri Efteri alla Corte della Porta in I collituzioni ancora più ferie vadano efenti Tempre da ogni pericolo col folo allontanarli per poco dalla Capitale., coll’ intermettere il commercio con chi lì ila , e col vivere fola mente fra loro , quando ad onta di ogni, cautela fono sforza­ li ti a refpirare f aria medelìma .. Non intenderei come nelle forti Epidemìe fofferte in Algieri la cafa del Bey , o Ila del Viceré Ha data mai Tem­ pre in tali fgraziati tempi la piti rifpettata , efiendo quella giuda il rapporto de’ Viaggiatori T unica gran cafa ben ventilata ; ficch.è trovandoli in ella più aria , che nell’ altre , avrebbe dovuto ancora su tal fuppolìo dell’ aria infetta più veleno , e maggior pericolo, incontrare . Così finalmente non faprei comprendere la buona forte della Nobiltà , ( che Iddio fempre difenda ) nè come vi poteife efler alcuno , che folle licuro nelle abitazioni delle Terre vicin e, quando in. Napoli T aere non fofie generalmente buono ; non intendendo bene come pofia co’ Ponenti del mezzo giorno , ed altri ven­ ti *, che foffiano alla giornata * relìar fempre tra i confini della Capitale quell’ aria, immobile a guifa di un gran marmo in mezzo di una Piazza . Non voglio abufarmi per ora maggiormente della vollra Tolferenza . Per i iy . del corrente ne avrete la promefia continuazione .. Addio .

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sigojìo 1764.

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U1 principio del mefe di Agorto il nu­ mero de*-morti a tenore de’ pubblici regiftri fi raggirò Tempre fra i no­ vanta , e meno . Gli Ofpedali., per­ chè n uovi, e fituati in buon’ aria, non hanno perduto in quefti giorni pattati, . . cIie Pochi Infermi , i quali uniti agli altri delle Parrocchie appena afcendono a 17 0 . 0 160• Per q«el che riguarda i C ollegi, le C o­ munità Relrgiofe , i Conffervatorj non vi è conto hho ; ma e comune fam a, che abbiano poco più E a f0f5


* xxxvr ± fofFerto degli anni antecedenti ; onde su quelli re­ golandoli è facile, quando fi voglia, averne un lin­ eerò detaglio . Già fapete , che ogn’ Infermo , che non ha comodi futficienti per farli curare giufta l’efigenza del ma­ le , è condotto negli Ofpedali del Pubblico , o in quegli eretti da S. R. M. , dove per quanto è pofiìbile lì cerca, che fia con attenzione , e zelo aillfiito . Ma lìa ancora in qualche parte mancante cotefta affluenza , farà però fempre maggiore di quella , che Infermi di tal condizione avrebbero po­ tuto avere ne’ loro anguffi miferabili tugurj , Sebbene quefta febbre di coftituzione lìa , come vi accennai nella pattata lettera , ridotta per la mor­ talità , che accaggiona , a non doverli dire tanto maligna ; ciò non ottante fi continuano tutti gPimmaginabili ripari , perchè vada a cedere , e ad eflinguerfi totalmente . Perciò un numero grande di Poveri d’ ogni feffb , che forfè afeende a cinque in fei mila fra Nazionali , e Forettieri, i quali per la loro miferia , poca abi- ' lità , e volontà di travagliare , fe fodero in liber­ tà , inquietarebbero il Pubblico mendicando , e puz­ zolenti Io danneggiarebbero , e finalmente caderebbero infermi o per la quantità , e qualità de5 frutti , de’ quali fi pafeerebbero , o per 1’ angutte umide terrene abitazioni, in cui dormirebbono ; tut­ ti coftoro dalla vigilanza del Governo fono fiati chiufi in varie grandi cafe , dove fi nutrono , e fi man-


& XXXVII ± mantengono , finochè le circofianze 1* efigeranno ; ad onta di una fpefa , e di un incomodo non ordina­ rio . Sono fra loro didimi i ragazzi , gli uomini, e le donne. Ciafcuno è feparato nella fua clafle; e fe alcuno di quelli cade inferm o, è iubito con­ dotto allo Spedale a quella clafle d’ infermi ad­ detto . Di più per clafle ancora ogni canvalefcente ha il fuo ritiro ne’ luoghi più falubriigdella C ittà. A quella grande pietolà Opera necaflaria del pari , che difpendiofa yi concorrono con fullìdj le nobili Comunità Religione per loro fpontanea , ed eroica volontà : vi contribuifcono le Comunità mendicanti con 1 alfillenza , ed i particolari con generofe li­ moline ; e le più favie perfone nobili ne diriggpnb la condotta , ne dillribuifcono gl’ incarichi , ne conliderano , e ne regolano le fpefe . Fra Deputati al governo de.gli Spedali tanto Mili­ ta li, che pubblici vi e flato del 'dibattimento , fe lì dovevano , o no permettere i materaflì agl’ In­ fermi di febbre di conduzione . Adducevano gli uni per ragione della loro opinione , che poteva fembrare un atto barbaro , e indegno della Pietà Ctifliana il coricare tanti miferi Infermi su della i fola paglia , e che pretto al Publico , e pretto gli Efteri avrebbon etti incontrata la taccia di econo­ mici troppo indifcreti . Attlrivano gli altri , che al­ cuno non avrebbe mai prefo per atto crudele ne­ gare i mate ratti a tal fpecie d’ infermi , perchè non v e chi. non fappia , che quelli tali non ebbero mai


* . XXXVIII & mai altro Ietto , che la alida terra , o la fola pa­ glia ; non vi è chi non Sappia , che le lane deb­ bono eifer in quelli cali dannofe , a cagione che in effe fi accumulano le fozzure , che dal corpo infermo lì feparano , ¿che in effe fi rifcaldano , fi fermentano , e fi rendano facili ad ifpirarfi e dall’ ammalato , e dagli Affi fi enti ; ma che per io con­ trario la paglia ordinario letto de’ poveri gli man­ tiene fempre frefchi : non riceve fi facilmente le im­ purità , non le rifcalda così pretto : e quando an­ che ciò accada col tem po, è pronto il riparo, per­ chè di poco-'Goffo è il rinnovarla , e facile è l’ in­ cendio dell’ antica . E in verità, le lane degli Ofpedali , per quanta cura , e pulizìa fi poffà ufare , rimangono fempre ad ognuno che penfa ragione­ volmente fofpette . Perciò fi è convenuto fra loro di ilare alle decilìoni de’ Medici , e di dare i materaffì a chi verranno da quelli ordinati, e di le­ varli dove verranno giudicati non convenire . Nella Truppa , come vi ho detto altre volte , ogni Reggimento ha eretto il fuo Spedale con quegli afiegnamenti, che la Maeffà del Re ha loro accor­ dati . Vi prefiedono Uffiziali , vi affìffono buoni Medici , e riefcono finora felici le cu re. Non vo ­ glio già dire per quello , che ne’ grandi Spedali della Città follerò malamente governati . Dico folamente , che ora fono più fotto l’ occhio de’ loro refpettivi Uffiziali , a’ quali io do un poco più di zelo per e flì> che alla comune degli Affilienti de-


* XXXIX A gli altri Spedali .. AiTerifcono alcuni, che fe le trup­ pe ave ile ro veramente Spedali , e non cafe per Ospedali , vi lì potrebbe, metter un ordine troppo vantaggiofo per gi’Infermi Avrebbero voluto aver il permeilo., come fpelTo. accade in campagna , d’aver CJhieCb. per Ofpcdali . Ed ecco le ragioni , su cui fi fondano , In una Chiefa , dicon elfi , alta è la v fottuta ,, alte fono le finefire, e fe quelle danno tempre aperte e di notte , e di giorno , non è che bene e per gli Aififtenti, e per g l’ Infermi .. Coni liberano ogni Cappella per un picciolo Spedale feparato , ariofo, e per ogni parte ventilato .. Conj tan,° anchi /uil’ abitato de’ Monaci ,, perchè quello ( può dar comodo alloggio a tutti coloro , che fono impiegati, a fervire , e a chiunque ò {¡celta; per in­ vigilare. Ognuno però fi è accomodato alla m eglio, ' Potuta > ed. ha moftrata tutta la dovuta i mi ¡milione alle Sovrane determinazioni . Stono andato ira me penfando:, fe i metodi generali, cne ho veduto tenerli da diverfe claffi di Medici nel curar quella- febbre d i fuo principio fin’ a quell oggi fieno degni d’ etter imitati , fìabiliti , e notati a memoria de’ giorni futuri e ilo I ra me confido, per due ragioni La prima , e la

fino ° rt^ ’ Perche Poco Vale Paper un rimedio, o oueft,°cdieCI P?r .Ia CUra di un’ E p ite m i* , quando e T n l i ° n° a C0S1 dÌVerfe fra lo ro ’ che nuI,a e iendofi ordinariamente veduto. , che lo fpecifico di un Epidemia e riufcito o inutile , o dannofo in un’


& X X X X 5è un’altra , variando Tempre quelle a tenore delle fìagioni , e delle indoli, e de’temperamenti de’ Popo­ li . La feconda , perchè tenendo l’occhio fifio Tulle cure regolate da i più valenti in quefi’ arte , non ho veduto in loro fiftema alcuno : ma bensì un re­ golamento , il quale nafceva dalla Torza del m ale, dalla urgenza de’ fìntomi ; e quando anche fi volefTe in loro offervare qualche idea di fiflema , non vi fi vede , che quello di una Tomma blandezza * quello di sfuggire ogni Torte rimedio , come trop­ po capace di produrre una gagliarda mozione in umori già troppo alla fermentazione , e alla cor­ ruttela difpofli , per non togliere con quello alla natura la forza , di cui può abbifognare , quando giunga a portare alla Tua concozione il veleno . Ognuno , Amico , in cotefte contingenze fi fcaglia contro del Medico . Vorrebbero in elfo non già un favio , e prudente profeflòre , ma, fe folle polli bile, un Dio » Come che fpefio la ferocia del male vince la Torza dell’arte, perciò Te muore l’infermo, vien critica­ to il Medico o fopra i rimedj , che usò , o Topra quelli, che fi crede omettefie . Vi è chi crede, che alcuno fiali barbaramente abufato de’ vefcicanti , degli emetici , e delle cavate di langue replicandole Tenza cagio­ ne , e talora anche con indicazioni contrarie . Ep­ pur convien credere , che certi cali efìgono la violenza , e rendono neceflaria , non che fcufabile la crudeltà . Nefiuno vuol Tarli carico , che doven­ do cofloro ad un veleno, che già dal primo iftan-, te


& XXXXI * te nel fangue fi man ¡fetta., opporre rimedj di trop­ po misurata efficacia , vedendo fui principio vano ogni loro sforzo, convien che mutino ad ogni poco e penderò, e rimedio a tenore di quanto richiede la moltitudine, e la forza de’ fintomi . Perciò fi chiama capriccio ogni lor nuova ricetta ; fi dice , che ognuno vuol pattare per inventore quando per verità ognuno cerca d’ imitar quelli , che fi fono .per la loro pratica , e per il loro /ape re acquiftati maggior concetto ne! Pubblico . £ fe vi è chi da quelli fi fcofti ., fono fidamente o alcuni troppo 'Giovani , ed inesperti , o pochi Secretifti , e Saltimbanchi , che in limili tempi per il molto , che sfrontatamente promettono, fanno farli maggior clientela degli altri * So , che non v.i fu mai Epidem ìa, in cui non fia•fi creduto d’ aver ritrovato il fuo gran fpecifico, o p u fpecifici infieme: e quello ; credo io , che accada , perchè, quando il veleno è dal tempo in­ vecchiato , o framifchiato con altre foftanze , div ifo , c fuddivifo in più parti , ragion vuole , che fcemi di forza , che s’indebolifca ,°che di mor­ tale divenga peri co lofo , di pericolofo incom odo, i e che finalmente fi perda . Così una dramma di lolnnatq da infallibilmente la morte ; ma divifo per g'an. da della moleftia , e per mezzi grani di ran f fa lentire . Siccome poi certuni meno efperti vedono riufcir più facili le cure , così fi perfiiadono di aver ritrovato lo fpecifico , e per aver più F ragio-


& xxxxn ^ ragione- di lodarti, non conféflano. indebolito il ve­ leno , ma fcoperta la Tua natura : quindi o per innocenza , o per malizia decantano portentofe le loro ricette , e danno ad effe un ideale valore .. E ’ già più di un mefe , che non ir permette di por­ tare che pochi cadaveri in procefllone , e di fepellirgli dentro le Chi eie della Città per una non io !o utile , ma neceilaria, cautela ,• cio è, per non aprire , e chiudere troppo fpefio Sepolcri , partico­ larmente in certe Parrocchie fituate-in luoghi anguiti , ed occupati . Si portano quelli ad un. Campo santo inabilito a piè di un Monte fuori G ro tta, coftrutto con tutte le leggi del ben penfare ; men­ tre oltre l’eiTer in un luogo difabitato, viene coper­ to da un alto monte , e. cailigato dall’ aria del ma­ re j nè la Città può che troppo, difficilmente, rice­ verne i vapori. . Ma perchè farebbe incomodo a. cagione della grandezza della Città portarli tutti a queila Tèrra santa ; perciò- alla parte oppofla verfò. Poggio Reale a’piedi d’ altro, monte ve n’ è un’ altra per comodo de’ più vicini Spedali . Alle C o­ munità Religioiè però è permeilo», quando alcuno muoja fra loro , di fervidi de’ loro, ampj partico­ lari Sepolcri .. Quante- varie opinioni ,. quante difpute , o Amico , fu quefti Campi-santi ! Chi gli innalza alle stelle , chi ha per eill un orrore eilremo .. Ho intefo da periòne di autorità, e di talento,, che forfè fi continue­ rà una fi b ella, ed utile ufanza . Fu queila difmef-

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& X X X X IIl & là fra’ Criftianj a cagione de’ corpi , che potevano manifeflaili in modo particolare accetti a Dio ; per­ ciò fù ftabilito o con fidamente, o per claffi tutti fotterrarli in C hiefa. Ma comechò può ottenerli Pi­ li efio intento anche repellendoli in aperta campagna $ perciò a maggior falubrità di quello Cielo lì cre­ de , che anche dopo ceffata la corrente Epidemìa , fi continuerà a dar loro la fepoltura lontana dall’ abitato Vi è fin chi fi perfuade , che alla noilra fventura vi abbia potuto contribuire un’ infinità di »fo lle troppo piene , e molte di effe fmofie per ra­ gione di evacuarle . Quelli per aver ragione di co‘sì penfare , dicono , che la fola folla degl’incurabili ir è fiata capace di rifvegliare nelle menti di tutti il trop­ po neceflario penderò non folo di non più accrefcerla, J ma di chiuderla : attefo il fommo danno, che gli abi­ tanti d’ intorno foifrivano ,• a f gno che fuperbi edifizj erano non per elezione , ma per neceilìtà abi­ tati . Vi è finalmente chi coll’ autorità di Sovages Medico dì S. M. CrifiianiiTrma è al fommo reniten­ ti'te di andare ad afcoltare la S. Meifa in certe Chiefe , che accolgono ad ogni poco cadaveri , e che aprono perciò , e chiudono continuamente fepolcri. Intorno alla forza del male , a’ fuoi fintomi , e alla T cura generalmente avutali di elio in quelli i giorni per non dilungarmi al di là del loverchio , differirò a darvene il delìderato ragguaglio nella fufleguente , che, a Dio piacendo , fpero mandarvi il pri­ mo di Settembre .

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Stimatijfìmo Amico En mi ricordo , che nella pallata non vi dilli che poco intorno all’ indole dei male corrente ; ma iblo parlandovi di varie difpoiìzioni , e difpute giuniì a quella lunghezza prefìflami per non abufarmi della voftra fofferenza ; onde io so — j, che vi fono debitore della Storia del m ale, dell’indole , che ha avuta in tutto lo fcaduto Agoiìo . Prima di iòddisfare a quello mio obbligo contratto , piacciavi, che rHponda all’ ulti­ ma voftra .

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£ xxxxv ± M» dite , che la Storia di quelli tempi è diffìcile aver­ li lineerà ; che quella noti reca gran diletto , fa va divifa dalla Critica’: e fe con la Critica lì unjfee , che fi corre gran rifchio d’inquietarfi . Però mi configliate a non follecitarne'i e a non permetter­ ne la (lampa , cafo che alcuno volefiè farla . Sono da voftro pari le Fagiani, che mi adducete , e preffo di me hanno tutto il pefo , tanto’ p iù , checonfeflo ingenuamente di non effere (lato uno de’ Me­ dici più, occupati, ma uno di quelli, che ha cer­ c a t o di fuggire, non d’ incontrare Infermi in parti•colare di tale fpecie : e per confeguenza un Medi­ co , che ha poco veduto , e che poche fperienze ha fatte ; e fo per quello, che la mia Storia deve efier mancante di molto , e forfè del meglio ,• molto più perchè fcrivendo a v o i, che avete un mondo d’ Amici per ogni parte del Regno, e nella Capitale iftelìa, non mi lon curato di andar (minuzzando tutto, come converrebbe a chi volefle dare una diligente medi­ c e a relazione di una tale Epidem ìa, della quale so, che a fuo tempo si auranno tant’ efatte Storie sì per : quello che riguarda la condotta di un Ceto tanto rifpettabile di Medici, che per quello che riguarda 1 indole del male , che il nome foto degli Autori , cosi per pratica , che per fapere riguardevolì ren­ derà la mia di poco , o nelTun conto . Ma per­ chè troppo mi glorio della vollra amicizia , perciò non farò per oppormi a chi voleife pubblicarla , per­ chè in tal modo renderò palefe quello mio pregievolg


& XXXXVJ

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Vole vanto, non che i (inceri miei fentimenti su quali* to mi è occotTo, ed ho veduto intorno alla corren­ te febbre-, eh’ è l’ unico oggetto del vofiro ^co­ mando . E per 'venire a! propolìto . Quella nel pallaio AgOllo ha avpte le feguenti particolari varietà . E ’ (lata forfè quanto ne’ primi tempi accompagna­ ta da vermi , i Temi dei quali credo , che ora s’ in­ troducano in noi con 1’ aria , che inferriamo , ora co’ cibi , de’ quali ci nutriamo -, e che ora in una , ora in più parti de’nofiri vifeeri incontrino convenien­ te alimento per iVilupparfì , crefcere, e forfè multiplicarlì ; fe non vogliamo più probabilmente dire col Redi , col Vallisnìeri , e con molti altri dótti moderni fcriitori, che certa (pecie di Verminacci fi trasfonda da Madre a Figlio; o ch e in noi fi generino,come penfa Buffon, e Maupertuis, i quali credono le prime parti dalla materia animate. Per quanti vermi però feguitino quella febbre in varietà, numero -, e grandezza, mai a parer mio devono elfere lo feopo della cura : ma lolo deve penlàre il Medico di mutare, correggere-, evacuare quel putridume , quelle mutate follanze , nelle quali quelli doviziofamente annidano, crefcono , e fi multiplicano . Sebbene alcuni abbiano o per favore della natura , o con l’ ajuto dell’ arte caC* ciati o per v o m ito lo per "feceflo molti vermi pri­ ma di fopravvenire loro la Febbre , o ne’ primi giorni di quella, non perciò è fiata meno fafiidioTa-> e durevole la malattìa negli uni 9 non perciò


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& X XXXVII & gli altri ne fono andati efenti . Le Parotidi fono | comparie in molti, ma più negl’ infermi degli Ofpedtilì , che delle Gafe ; l’ oifefa de’ nervi è Hata ) Tempre indi vi fa da quefta Febbre, o acuta , o . acuta putrida o caloroi’a putrida che fia data . La. forza del male nell’ avanzar di Agofto li è fatta | fentire, come nell’ antecedente me Ce, nel Popolo baf­ fo , e più. , quanto più mal nutrito , e fporco . Le difsmtene , il vomito , r emorragìe il va; jolo fono fpeffo flati i compagni della Febbre . :L’ apoplefsk non fono Hate più frequenti degli anni paffuti in quelli fervidi tempi , ne’ quali credo* quelle provenienti dalle grandi , ed improvife ra-i prefazioni de’ noilri umori . Ad onta che gli Ofpedali fieno più dell’ ordinario 1 pieni , e che quelli podi in riva al mare non ab­ biano più il vantaggiofo pregio della novità ciò •non oftante per la buona medicatura , per il buon faere , per la vigilanza di chi preliede non danno che aliai pochi morti per giorno a paragone del numero degl’ Inferm i.. Si deve confelfare , che alcuni Infermi hanno dovuto effere difanguati , ed altri martirizzati con gli emifpaflici o per il pertinace delirio. o per il forte , e pertinace fopoje . In ognuna di quelle Feb b ri, fgombrate prima blandamente le prime vìe , è fla­ to in quello caldo mefe di Ago ila di grand’ ufo il mufeo odorofo in dofe di i f . fino a 20. aci­ n i, ora folo , or unito, all’ alla, fetida , ora, alla chi-


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«b in a, ora al zafferano , ora allo fUbio , ora alla canfora , e più di tutto unito al cinabro . Per ciò che riguarda a quell’ ultimo debbo confeffare di averne offervati , e più fpeffo intefi ottimi ef­ fetti . Vi è flato chi da favio , e dotto Profdfìòre medicando non ha attefo in quella Febbre 1’ offefa de’ nervi , ma Scuro di non averla mai veduta da quella indivifa , ha con anticipazione fatto ufo del detto mufco , o folo , o con alcuni degli accen­ nati rimedj , ma più col cinabro in dofe all’ età , temperamento, e giorni del male conveniente, e ben fpeilo con notabile profitto , vincendo fovente ogni offenfìone de’ nervi , e rendendo quali del tutto be­ nigna la Febbre . O ià neha mìa prima vi fcriilì , che io non intende­ va , come il cinabro in quelle Febbri poteffe gio­ vare per le ragioni , che allora vi accennai ; ma dalla vollra rifpòlla intefi , che voi penfavate al­ trimenti ; onde io facendone nuove pruove , ed unendolo al mufco , F ho ritrovato rimedio da farne conto . Confeffo però , che più che mai mi trovo bene ufando la chinachina unita a’ fali , dove realmente vi lòno vermi ; unita al rabarbaro , dove P infarci­ mento delle prime vìe prevale all’ acutezza della febbre; alla canfora, dove vi è fopore , allo ilelfò mufco odorofo, allo llib io , al zafferano , dove fi vede in qualche modo proffimo difpollo il Pudore-: rcù faprei con quale animo lafciarne l’u fo , da che ella


& XXXXIX $ • fu Tempre l’ ancora della fperanza in ogni febbre : di tal natura, in particolare erti va . Non perciò condanno chi non T ufa : dico iblo , che io di ella non poiTo che fonama mente gloriarmi « In tutto il corfo di quella Epidemìa io l’ho Tempre ufata , ma ora più che mai mi fembra vederla opportuna 5 e neceifaria. Intorno al modo, con cui fi è penfato difenderli dalla 'corrente febbre, egli è fiato vario. Molti lo deduffero dal loro modo di penfare i altri P apprefero da ■ qualche libro , altri l’ ebbero dal loro M edico. Io non voglio individuarvi le contrarie regole , ed i 'diverbi pareri di quelli : diverrei troppo Ipngo in cofa di poca importanza : vi dirò folo come su di ciò ho io penfato , e configliato . Perchè credo, che affai più per ifpirazione, che per «ltra fpecie di contatto, lì poffa infinuare tal febbre, in chi ne ha già alcun femineo in fe ; così ho te­ muto , e temo di fiar troppo predò di un tale In' -fermo , parlare a lungo col medefirno , vifitarlo pri­ ma che 1a Tua danza fia ventilata , e aperta . Così per difenderli dico , che convien trattare cogl’ in­ fermi quanto meno è poffibile , poco trattene*!? nelje loro flanze, camminare per le più ampie,, ed aper­ te v ì e , farli fpeffo vicino al mare , abitare ne’ più alti appartamenti, fuggire i luoghi , dove fi unifeoro molti refpiri , dove vi è un caldo ' umido , fpeffo efercitarft fino a fudar qualche poco , far ufo de’ bagni frefehi , fiar all’ ultimo fegno pulito , nudrirfi


& L & drirfi del poco. , ma deL buono , e per quanto è polli oile , del più lem pi ice . Quella ho praticata.» quella ho' conlìgiiata-¡per la più ragionevole manie­ ra di prefervarli. Lodo P ufo degli odori sì per i fani ». che per gP Infermi:, e dall’ antica loro conofeiuta utilità d. duco ulterioc pruova , che per ifpirazione fi comunichi tal febbre, più che per al­ tro contatto; altrimenti, pochiiRrfio;* e. fonie niente, quelli giovarebbero ; poiché no,n per altra ragione io gli giudico profittevoli, fe non perchè s’intrecdano eoo gli aliti maligni , a’ quali danno, qualche vantaggiofa modificazione . Giudico anche il vino un ottimo difenfivo ,, e debbo dire , che quell’ Infermo anch’ efiuofoi % che ne ha fatto ufo unito a molt’ acqua giuda il grado della febbre ,, e forza de’ p o lli, ha cosi ben folìenute le fue fo rze» che gli fono fiate facili ,. e follecite le c r ifi, in particolare quella del Pudore * Quello fu un tempo in ufo anche ne5 mali piu acu­ t i , e chi 1’ adopra merita certamente rifpetto . Io ho incontrato predo alcuni la taccia di ubbriacare gl’ Infermi per averlo lodato, e permeilo con molt’acqua , dove eravi bifogno d’un temperante, d’ - un diluente ; fchtetto a qualche farfo , quando conve­ niva uh cordiale < un elefifarmaco . Dico non, oliarne, che non vi è febbre e ftiv a ,d o v s non ne convenga l’ ufo : che con poco vino , acqua, e neve or in una dofe , or in un’ altra configliato , mi è riufeita cor­ ta , e felice la cura di molti poveri fenza il me­ noma


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•nomo altro rimedio j e credo che di quello trop­ po abbifògnarebbe uno Spedale o d’ inferm i, o di . convalefcenti di tal febbre . In iomma parlandovi per la verità } io P .ho ritrovato particolarmente in quelli tempi affai più utile dell’ olio ; ho con ofc iuto, ch’ egli difende il fano , che egli fblleva l’ Infermo , e facilita a gran palli laco n valefcenza . L ’ ubbriaco in quelli tempi non è flato forfè il più disgraziato . Fofle cofi facile l’aver il vino da ogni luogo puro , e lineerò .: ma in quello vi è 'troppo di malizia . Il v in o , il pefee , la carne-, i fru tti, ed anche il pane non è a tutti permeilo d* averli per quello , che fi pagano ; vi è fpeiTo ne* venditori un’ arte così fraudolente, che inganna il compratore, e fino la vigilanza del Governo ifleffo . Metodo alcuno per medicare, non è flato permeilo fif|P are fuori degli Ofpedali per mille pratiche ragioni a voi troppo note - Negli Ofpedali .poi vi è un altro fare : in quelli deve efiervi un certo tal qual formolario per un più facile disbrigo , per impedire ■ moltifiìmi difordinì ; e -voi ben Io fapete , quanto nefiun altro Medico, di O fpedaìe. L a Nobiltà continua ad efiere del tutto illefa . Il ce­ to c iv ile , e comodo, egualmente che le Comunità Religiofe , e con diflinzione quelle delle Donne go­ dono della forte ideila . 6 ^ on fono mai giunti, che poche volte, al di fopra delli cento i morti in quefli jg . gio rn i, cornprefePar­ rocchie , ed Ofpedali. t

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Intorno poi a quanto mi ordinate di dirvi rifpetto alla Reai Perfona di S. M. , che Dio guardi, poiìo afficurarvi , che nella fua deliziofa Villa di Portici gode ottima , e profperoià fallite, ed è follecita all' eccedo , ed all’ ecceflb impegnata di vedere fpenta nella fua Capitale , e Regno tal Febbre , di cui per ora tralafcio qui di parlarvi , con la fperanza di notificarvene la totale eftinzione nell’ aU tra ; ed al folito fo n o .

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In data d eg li 8. Settem bre 17 6 4 .

Slim a tifs. Amico ù che confiderò il voflro comando ? più che rileggo le voftre lettere, più che rifletto alla vaftità della materia , che ho intraprefo di racchiudere in po­ che pagine , maggiori difficoltà fempre mi fi affacciano, e fono ben contento di vedermi alla fine di quello noffro efèrcizio . V i fcriffi già nella pallata mia del primo corrente qual fia Hata la mortalità nell* intiero corlo dì A g o lìo , quale la forza del male , i Tuoi partico­ lari


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lari fintom i, le fue più confiderabili varietà i «; finalmente vi parlai della .più accertata m edicaiu-, ra . In oggi che poco , o niente pare vi fìa che dire intorno a quella Febbre di coflituzione, cfi fendo .giuriti i regiitri delle Parrocchie a dare un giorno per l’ altro quali 1* antico ordinario numero de’ Morti degli armi paftati , prendo per la verità a fortificarvi nella volila opinione contro i .m ifieri fatti da molti full’ accaduto in quelli tempi . H i fia lecito di rammentarvi alla sfuggita , che fui principio di quella coflituzione morbofa deridendo voi le lettere, che vi erano indrizzate piene d’ infuffifienti timori , che quella Capitale foflè invaia di tiri male dell’ epidemia peggiore 5 avelie la bontà per confer­ marvi nel vofìro per. fa re di richiederne il mio fentimento Fin d’ allora vi dilli ^ che lode al Sij gnore , non foflriva quefia Città , che una Feb­ bre putrida , attaccaticcia sì , ma di rado mor­ tale . Il fatto ci ha afiìcurato di una tal verità Nella maniera dunque ^ che vi ho fcritto per lo ' i pattato, vi fcriverò ancora per 1* avvenire , fenz’altro fine , che di feguire la verità , e di farmi conofeere , per quant’ è poffibiie , efatto (lotico , ed amico lineerò . j| Non può impedirli , che in quelle drcoflanze non parli ognuno a fuo modo . L ’ ipocondrìa ettendo in più vigore , rende fcufabiìi varie fpecie di delir j. Si è detto, li dice -, e fi dirà eternamente > che fe fi folli no prefe.Ie m fure a tempo , iJ tifale farebbe Gettato in un mefe . La mafiima p ru o va, che .

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; ^ che fi adduce, fi-è , che. alcuni Paefi intorno alla Capitale, tra fuori di m ano, popolati fino a du e, o tre mil’ anime, lì fono, mantenuti netti da tal Febbre coll’ invigilare folamsnte , che alcun Fore*> (fiere infermo non v’ entrafie • o (e poco dopo cadefie ammalato , folle l’abito, divifo dagli altri fuo¿ ri dell’ abitato . Lodo quefte favie precauzioni ,* ma da qu fio. non. ricavo , che perciò, tardi fiano fiate ■ prefé T opportune rifo!unioni nella Capitale . Primieramente per le notizie, che ai avevano da. ogni Í altra parte della noilra Europa, fi Teppe, che ora jj in un luogo , or in un altro accadevano, mortali­ tà , dove di una fpecie d’ animali,, dove dì. un* alj tra ■ Sì loppe, che la fpecie umana ne’ primi tempi Bdclia foli irta Febbre fu minacciata nella Città di iTurino i nd'a Provincia di Beira in Portogallo, e n'C° n ^orza Coimbra i, benché non poJe fie imputare l’ origine di tal còfii unzione ad al­ cuna di quelle cagioni „ per cui lì teme fra i noi infurta » Là nel punto* ideilo , che il G o­ verno difponeva tutto il conveniente per difender' fi da maggior male ¿ nel mentre che fi davano «li ordini più generali , venti favorevoli ,, piogge ab: bendanti ruppero fortunatamente ogni difjgno , ed in meno di : a giorni ogni male epidemico radi­ calmente finì * L ’ ideila Febbre invafe Roma , ma fi vide poi ancora cedere a’ primi rip ari. .os! accaduto intorno alla mortalità, de’ C a­ ni in Iipagna ,, de’ Polli in Lombardia, de’ ne­ gri


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grì in P u g lia . Quale C ittà in mezzo a tali certe n otizie, lufingandoiì del deilino dell’ altre, non fi farebbe tenuta irrefoiuta , tanto più , che ogni più picciola moda era per collare un infinito difpendio ? Quello Governo però fino dal primo compa­ rire di una tal Febbre , non pensò che ad eftinguerla i onde furono fubito ingranditi gli Ofpedali della Città ,f i fece ufo dell’ imperfetto Reclulòrio , lì divifero i Carcerati, fi raddoppiarono gli Ofpe­ dali di Marina, fi prefero tutti gli efpedienti necefiarj fenza lafciar nulla al cafo da decidere in un affare di così grande importanza . In fecondo lu o go, fe in un picciolo paefe da m ille, o due mila perfone abitato dal Governatore , o da’ Sindaci vien qualche cofa ordinata , fi fa in un momento da tutto l’ intiero paefe , e fi effettua fubito per la tenue fpefa , che porta {eco V efecuzion e. In una Capitale grande, come è quella , e tanto popolata, quante difpofizioni fono difficili a penetrarli , lebbene da più giorni date , e quoti­ dianamente efeguite ? Non tutto fi publica a fuon di tromba , non fubito fi lìampano gli editti ^ anzi quelli fi giudicano in tali occafioni inopportuni ; effendo maffima di quelli tempi il dar pronti ripa­ ri , e fingere che non fi danno , o che fi danno ad altro fin e , ad oggetto di non intimorire il Po­ polo , onde la fpecie fra fe non s’ abborra per ti* more di male maggiore . In terzo luogo, in una sì grande popolazione, il gover-' » •


& LVH & verno è diviio in varj Tribunali , i quali , quandi iì tratta di certe difpendiofe rifoluzioni , tutti de­ vono unirli . La Maeftà del Re vuole con troppa ragione edere informata di ciò, che ne rifulta . Tut­ to , per quanto follecitamente fi pentì , e lì voglia efeguire , tutto vuole il fuo tempo ; onde necefia-, riamente non pofiono edere così iolleciti i provedimenti ; poiché in cafi di tal natura non lì può immaginare , ed efeguire nel tempo ifieiFo . Ma per farvi più chiaramente toccar con mano, die ¡tutto il poffibile fi è fatto , e •fatto in tempo ¡ opportuno, credo baderà, che io vi faccia vede­ re , che la foiFerta febbre Epidemica ha avuto un • languido incremento, e una precipitoià declinazio­ n e , lo che a D io , ed alle vigilanze fo llecite, e ben ponderate attribuisco . Che non abbia avuto queda febbre , che un languido aumento, facilmente fi pruova dal quali fempre eguale numero d’ inferm i, di comunioni , e di morti dal principio fino alla fua declinazione 4 ■ Intendo per numero fempre eguale la difparità di 4| 10 0 . Infermi p iu , o meno , di 40. comunicati , di i o . , o ir - morti ; eflendo , come io credo, ognu­ no ben perfuafo, che quando limili mali hanno il loro aumento , devono per lo meno raddoppiare il danno ordinario , e foftenerlo per tutto quel temp ° > che chiamali fiato dell’ Epidemìa , come fi •mantiene l’aumento del male per tutto Io fiato del «naie. Ora fe non fi è veduto , che la nJ'cita di ' ' H tal


& L V IIt ± tal febbre , che ha feco portato per ben tre meli un* egual fo rza, è mancato dunque 1’ aumento , e queito non v ’ ha dubbio è accaduto per le foilecite in-s traprefe cautele; altrimenti fe fi follerò lafciate le m if rabili Inferme Perlbne ne’ baffi , ed umidi lo­ ro alberghi , mancanti fpeflò dei neceflarj rimedj , malamente, e f,nza alcun riguardo , o prefervativo affi fi ite, fi farebbe tal febbre refa più attaccatic­ cia , e a folla invadendo il minuto Popolo , al più vicino fuo grado fi farebbe comunicata ; quindi paffando più oltre , non so qual ceto di Perfone farebbe potuto vantarli immune da sì terribil flagello . L ’ aver di vili i mendici da i p o veri, i poveri da i comodi , i fani dagl’ infermi , ha impedito l’aumen­ to di quella febbre, ed ha Affato il fuo limite , Che fe poi negli Ofpedali vi è qualche mortalità , fappiate, che non fono molti gl’infermi nuovi, ma che su quelli fi raggira , che furono una , o due volte infermi . Quelli o per la loro mala condotta in in convalefcenza, o per l’ impreffione de’ primi attacchi van n o , e vengono dagli Spedali, finché vi rim angono; nè v* è da fperare , che su di pochi; mentre è all’ eccefio difficile tener in efatta rego­ la tal fpecie d’ infermi , i quali fe per tutta la con­ valefcenza fi trattengono in Comunità , imbeven­ doli di tanti aliti corrotti , fpecialmente in tempo di notte , tornano con facilità ad ammalarli ; fe fi licenziano, è più certa la recidiva ; mentre non re­ fluendo eli! agl’ impubi della gola , arbitri di loro me-


& LIX

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medefimi , e Tempre poveri fi nudrono , fi Taziano del peflìmo , tornano a far Ior letto la nuda terra, o a Cielo fcoperto , o dentro un um ido, ed angufio tugurio ; cosi o per difetto di traspirazio« ne , o per difetto di nutritura in qualità , e pefo ricadono infermi ; Io che nalcondono fino che vinti dal male , e deftituti adatto di forze , e mez­ zo Cadaveri fono riportati allo Spedale , da cui non è poi Arano , che pallino al Campo Tanto . Io p r la pratica , che ho di tal Torte di gente , non che degli effetti delia corrente feb b re, e d’ ogni » a la t i l a , che ne* tempi caldi affligge l’ umanità, !re' Pxr temere > che d maggior numero di tant mfe.ici , non offante tutto ciò , che vi poifa o l 'a r t e , o la carità contribuire , pure a cagione del P !inJ ° ™ aJ e ’ 0 per ie recidive abbia a correre 1* ifteiTo delfino . I p o v e ri, o Amico , tanto piè peTicolofi quanto fon più numerofi., fono flati mai ■ Tempre lo fcopo di «nuli , o di peggiori m ali. Se reflano difumt. ne* propri alberghi perifcono o per la A i a o per la mal* affluenza { fe fi unifcono in Ofpedah , perifcono per le ragioni , che parlan­ do di queft. vi adduflì ; la mafilma delle quali fi e quella di bevere e gli alieni, e i proprj vapori con 1 aria in tal. luoghi , e in circofianze^ tali femT ’ peÌF\mV Non ò Però così della Truppa . Quella merce d’ edere ben veftita , ben taPt° qU3nt0 ben ntidrita , perciò fi i difende dell’ inclemenza delle ih g to n l, e fe le reni H

*

de


& LX & de più facile la convalefcenza , e più difficile la ricaduta . Intorno alla mortalità de’ Medici in quefti tempi non vi pofio rifpondere con quella efattezza, che mi chie­ dete . Per quanto mi fono informato fin al giorno d’ o g g i, ne faranno morti dieci all’ incirca ma un triplicato, e forfè quadruplicato numero è fiato infermo . I giudi2ioiì però egualmente che dotti ProfeiTori poco hanno fofferto, e credo, che alcuno non ne fia m orto. Hanno quefti viiìtati gl’ infer­ mi in ftanze ariofe j hanno mifurata la dimora prefio di eilì ; e s’ è occorfo di doverfi trattenere a confiderare il male colf unire il parere di più di uno , lo hanno fatto in altra contigua fianza i hanno amato di andar vediti in modo , che 1’ iniènfibile trafpirazione più facilmente divenide fudore, di quello che fi trattenefle : fi fono famigliarizzati co’ faponacei , fra’ quali molti fi fono deter­ minati per l’ olio,- fi fono mantenuti all’ eccedo puliti , ed a tempo debito hanno fatto ufo di buon vino , e di pochi , ma fani cibi . Quelli che han­ no penfato diverfamente, che fono fiati pronti ad ogni chiam ata, facili ad abboccarli coll’ Infermo in ogni luogo , e in ogni tempo , fe non fono per la maggior parte inciampati nella febbre, che in altri curavano , credo, che fia per una certa aduefazione fatta nel loro uffizio . Così reggono gli Uo­ mini nello fcavo de’ minerali , o de’ bitumi , o nel­ la formazione de’ crifiaIli, perchè nati in tal me­ die-


&rxi & ftiere , nel quale fé alcuno entraffe novizio in età adulta , troppo facilmente vi perirebbe ; onde chi più vi è a eòo Ùn ¡nato , più vi regge , e tanto più vi regge , quanto più fa le cautele da tenerli in tal profeffione . I Sacerdoti affilienti hanno folFerto affiti , e li dii ce , che a quell’ ora ne lìano morti prefso a 300. I Quelli come fempre efemplari , e di zelo ripieni hanno affaticato fin a morire nella vigna del Sij{ gnore , eroicamente affiliendo ogni fpecie d’ inferj mo in qualunque luogo , o tempo . Mi fono fempre dimenticato di rifpondervi intorno all’ efame de’ C adaveri, di cui eravate tanto cu> riofo . Quello fi è fatto , e fi è replicato fovente . in ogni grande Ofpedale più per appagare chi non è medico , che per illuminare chi è Medico . Cre­ dono quelli dotti Profeflori , e fembrami ragionato il loro credere, che del tutto inutile non fia l’efame de’ Cadaveri di tal male ; ma che però poco ¡ri affai vi fi poffa ricavare di vantaggio , perchè al­ lora in effi fi vedono gli effetti degli effètti , non la prima forza del male , dalla quale fola fi poi trebbero trarre le indicazioni de’ rimedj . Irremediaf ! bile è fempre il male , che fi feopre in tali fe­ zioni . Per render utile quella fatica converrebbe, che su’ primi giorni del male ne foffie permeilo 1’ efperimenro , come in altre occafioni su la vita de’ malfattori da qualche Governo è fiato accor­ dato . Del refio è troppo facile conofeere dagli efantemi , e dalle fattili inutili delezioni una foiuzione, una


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una difpofizìone alla corruttela, alla cancrena ; al« Io sfracello in uno, o più d’ uno de5principali vifceri fenza ricercarlo con più evidenza nell’ efame de’ Cadaveri . Ho cercato più volte di dare a me ragione , perche giovevole ija data J’ aria del mare, ed il fuo a/petto per la cura di tal febbre. Ho penfàto, che forfè dalla Terra nata la più efficace materia di quella feb­ bre in forma di deniò viicido putrido , quello dall aiia di mare di iali feconda ha potuto eller divifo , domo , o caligato almeno . Ma rifiet-t tendo poi, che nafce dal mare lo fcorbuto , ma­ le violente ^ e forte quanto la vera pelle , fon redato perciò all’ ofeuro con qual parte l’ aria del mare abbia potuto giovare alla febbre corrente.. Deduco folo , che 1’ Epidemìa di mare potrà fa­ cilmente dentro Terra trovar rimedio . Finifco con pregarvi del volìro parere ib p ra quell’ ul­ tima mia rifltffione . 'Leggo , e veggo in quelli fa ­ nelli tempi anelar baldanzofo il libertinaggio , 6 T inganno . Non vorrei dire , che quell’ultimo trion-' f i , perchè la religione è vinta dall’ interefie.; ma non trovo per ora altra ragione,- onde fermando­ mi a parlare folo del prim o, credo , che ciò fuccefla , perchè in detti tempi s’acquiilano d’ improvifo ricchezze, o iì aumentano quindi è poi, che buona parte di quelle fi orofonde alle prime voci delle paffioni . Mi ila fifla in mente un altra cagione, ed è quella - Tengo per fermo , che quel putrido velenoiò, che in tal data dofe produce il male del-


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dell’ Epidemìa , o della pede in taluno , in altra m nor dofe pofla folleciure con efficacia al libertinaggio ; e come che in tali sgraziati tempi acca­ dono fortune , e miferie maffime , perciò il ricco » che per lo più non è ij più relìgiofo , ha fopra del povero una doppia autorità y ed ha il povero pei il ricco una cieca obbedienza , e fommiffione , ad onta delle voci della religione , ad onta del flagello , che già fente fòuoterlì al fianco . Stenderò con impazienza le promsiìemi voftre pra­ tiche oiìervazioni fopra la (ordita , le convullioni 5 le tumefazioni di ventre , non dolenti gl’ ipoeondi j , fingili ti , le periodiche ittetizie , i debj > e 1 efficacia deila veduta , e della voce degli oggetti con difordinata paffione amati dagl’ Inermi deliranti , in guarire magicamente i deliri , e con c i la Febbre ¿ attenderò anche le oflervazioni Jopra le petecchie accompagnate con certe condi­ zioni di orine ,- oltre 1’ emorragìe giudicatorie del­ la voftra Febbre coffituzionale , non diverfa, e quan uniforme alla qui oflervata . Attenderò Umil­ mente e ofiervazioni fatte fulle diarrèe copiofe di pura acqua limpidiffima talvolta , talvolta lattagm > a . e finalmente la minuta contemplazione ae fenomeni negli acuti , e principalmente ne i j [■! onc^ febbre pura biliare , onde poifa ai i un certo luftro alla (cienza metafifica : e pren ero in appreflo altro foggetto per appro­ darmi del voftro talento . Addio .


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DE’ CANI,

Ottobre

1 76^. .

Stimatìfs. Amico . ^11 ultima mia , colla quale pofi il ter­ mine al noftro letterario efercizio full’ Epidemìa fofferta in Napoli dalla fpecie umana , promifi di prendere altro foggetto per approfittarmi del voftro talento ,* e nel tempo che io andava fra me penfando alla (celta di un nuovo rb0rr>ento , che folle diverfo , e che tetro non fof,e ’ m’ avvidi , che le cireoftanze preferiti mi vo^vano di ritorno al fogretto dell’ Epidemìa non già P'U degli uomini , ma de’ cani , la quale cominciò I ino fi-


& LXVI

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inoflervata verfo la metà dì Settembre , e forfè pri­ ma , e che tuttora continua . Sebbene quella fpecie di Epidemìa a taluno , che non confiderà, fè non che fuperficialmente le cofe, fèmbri da non curarli j pure fè da una parte lì riguarda­ no con ferietà gli u tili, che 1’ uomo da’ Cani nell' ottimo fiato di lor ftlute ricava , e dall’ altra il danno , che ricever ne pofia dalle lor malattìe ; fi rileverà non edere indegno di un Medico fottrarre o dal fuo ripoio , o dalle fue occupazioni qualche ritaglio di tempo per impiegarlo a iollievo di un Gregge , che tanto interefia la pubblica umana focietà . Non furon da quefte diverfè le mire , eh’ ebbe un Virgilio Ci) allor che cantò : „ Nè la cura de’ Cani ultima fia . „ E Columella , ( j j quando dille : “ Parlerò prefèn„ temente dei muti cufiodi : febbene fallamente vien ,, chiamato il Cane muto cufiode . Imperochè qual „ uomo fi chiaramente , e con tanto ftrepito , quans> to quello col latrato manifefia il ladro, o la be» fiia rapace ? Chi è di lui più fedele compagno ? » Chi più incorrotto cufiode ? Chi guardiano più » vigilante? O finalmente qual altro’ difenfore , o » vendicatore più collante fi può trovare ? Onde » il contadino prima di tutto deve provvederfi , ed 3) ave. cura di quello animale . ,, Ma a che fio io (1) Georg. lib. 3. ver/. 404. (2) De re rujìka libi 7. cap. i2.


* LXVII & a perder tempo in qui trafcrivere tanti valenti chiariiTimi Autori , i quali convinti dell’ utile , e del danno , che dal gregge canino lì può ritrarre , han­ no di ciò trattato nell* opere loro . E per tacer di tanti, oltre Varrone, lì legga in grazia la prefaziore di Giovanni Ulizio ; lì legga un Fracaftoro , un Gefnero , un Aldrovandi , e finalmente la Omogra­ fìa del Paolini , e refterà perfuafo chiunque non aver io dietro la fcorta di uomini di tanto grido malamente impiegata qualche parte del giorno nel defcrivervi la fioria di lìffatta Epidemìa , eh* è la [ feguente . Fino dai primi giorni di Settembre lì cominciarono a trovar morti per le firade Cani di ogni Torta ; ma perchè ve ne Tono moltilììmi più infetti , che utili, e che a perfona alcuna non appartengono : perciò in­ finiti di quelli inofiervati morirono per molti gior­ ni . Solo da che lì avanzò il male su de* Cani di abilita per la caccia , di efperimentata fedeltà per la guardia del gregge , o della cafa ,* su de* Cani filmati per qualche rara loro qualità o nel pelo , o nella ftruttura i allora fu che di etti lì cominciò ad avere qualche difeorfo , ed a fentirfi qualche compaffione . Le firade , le Halle , i letamai erano i luoghi , dove piu lì ofiervavano . V arj fintomi ha quello male , ma due in particolare fono generali . L ’ uno è, che il Cane furibondo , e felvaggio diviene dal primo giorno del Tuo male manfueto, doci­ le , ed incapace di offendere chiunque lo moietta ; ed I a il

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& LXVIH A il manfueto per natura , e per educazione manfuetiflimo , e quali fiupido fi rende . Tutti fi moftrano iaili, e poco pronti a fuggire contro del loro ifiinto naturale tutto c iò , che potrebbe offenderli. P are, che ciafcuno di quefìi poco veda , o poco Tenta quel carro , o quella carrozza fotto della quale ita vicino ad effere fchiacciato ; p are, che non ve­ da , o non Tenta il ferrato piede di quell’ anima­ le , che Teppe tanto accortamente in altro tempo fchivare . Non cura le roinaccie , e Tèmpre or più , or meno tardi dal pericolo fi ritira . In fomma ognuno lo può offendere, benché però fi conofca, eh* egli per tale offefa fi lagna , e ne riceve la dolorofa impreilìone . Non diverfamente Lucrezio Caro {3) in vedi elegantemente traducendo la fioria della Pefie di Atene da Tucidide (4) deferitta , efprime la forte di que’ moribondi infelici anima-, * (f) « , „ Stefo in mezzo alla vìa de’ fidi Cani „ L ’ abbattuto vigor 1* egra , e dolente Alma vi deponea : poiché il veleno „ Contagiofo del mal toglieva a forza ,, Dalle membra la vita . „ I-’ altro fegno quali a tutti comune è una debolezza dalla metà inferiore del loro corpo fino all* efiremo de’ piedi , che a poco a poco crefee a tal fe- ; gn o , (3) De rerum natura Db. 6 . (4) Db. z, de belle Peloponeif,

(5)

Aleff. Marchet.


& LXIX

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gno , che fembrano con gran fatica fìrafcinare tal parte indebolita . E ’ prevenuta quella da un molefto prurito alla regione de’ lombi , che manifeilamente fi fcopre dal vedere il Cane fermarfi ad ogni ifiante per iìropicciarfi o col mutò , o colle zampe la parte accennata ad onta di non conofcervi alcuno eflerno .legnale , onde ripetere;¡una tal molefiia . Tal debolezza giunge fino a confuti/ all’ impoffibilità di camminare . .¡Altri a guifa di Apopletici girano intorno a fe va­ rie volte, e caduti in brieve tempo iè ne muo, jono . T non fo » e credo che ila molto difficile , che al­ ti i ancora Io fappiano, iè quelli fodero prima di tal colpo infermi di un male , che loro Io prediceffi: : come accade nella fpecie umana , la quale i ra o foffre fimil; infiliti fenza che prima fieno iaccedute o convulfioni , o cardialgìe , o fopore , o vertigine « Perciò ne’ Cani è più che mai irremediabile il male , a cagione di non faperfi il pun­ to di prevenirlo . r ■ ^ e fìi , che così violentemente finifcono di v iv e re , fi • nutrono bene fino a quel termine, in cui vengono | orprefi dal male ; quindi per la loro buona nutri­ zione , e buono appetito non indicano ad alcuno jj, il loro pericolofo momento . ■ fru ì come ubbriachi vivono molti gio rn i, camminan-v 0 1 ordinatari)ente a fegno di muovere agli in­ nocenti le rifa , ai fenfati la compaffione . Òr femb ra ,


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5è LXX

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bra , che non pofiano reggere al pefo del loro ca­ po i ora ad ogni poco fi alzano , e fi coricano lenza che ne apparifca ragione ,* ora fan centro di molte andate , e di molti ritorni un cortiifimo fpazio di terreno ; finalmente obbligati dalla per­ fetta paralisìa della detta metà del corpo fanno impotènti sforzi per portarli altrove, follevando in­ vano la metà del corpo davanti , e formando col­ le zampe palli ficuri, ma non progreffivi . Quelli tali cani paralitici Hanno però un’efquifita fenfazione anche nelle parti oifefe . Molti di quelli per tale infelice fiato rimangono fenza foccorfo ,* onde vinti dall’ inedia , afFannofi , ed in un continuo ab­ baiamento , come d’ uomo afflitto da elamorofo fingfiiozzo muojono dopo pochi giorni , quando fi la­ ncino del tutto in potere del loro m ale, e della na­ tura , lo che di rado fgccede . Comparifcono fmunti di ventre , e Aitici , e falò quel cane, a cui fi fecero ingojar medicine per lo più oleofe, divenne Iafio di ventre per maggiore fuo danno,* mentre fe non 1* uccife follecito il male , fu con maggior facilità fatto morire , perchè divenuto più fozzo . '■‘-'■li Vi foho decani , che foiFrono tolfi , sbadiglio , e qual­ che volta vomito , ma raro è quell’ uno , che con ardenza moftri di voler bere . Ogni fpecie, e claiFe di cani ha in quefta Epidemìa fofter'to ; ma il maggior numero di quelli , che muojuono, è della ciafTe d e ’ mefchini : forfè perchè la


& LXXI

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più T o letta a radunarli dove le altre fpecie di animali rnoiti fomminiiìrano loro dì che alimentarli . Quei cani di altra fpecie, e dalie ben nudritì, e go­ vernati iì fono mantenuti p ù lungamente fani , e i le non fono mai uiciti di eafa , o vivono ancora, o fono morti di un male troppo dall’ Epidemìa di­ verto . Non ho tralafciato di fare alcune fezioni ne’ cani mor­ ti di fiiFatta Epidemica malattìa ; e quantunque fon perfuafo , che lì avellerò acuto a ripetere più vol9 te in tutt’ i giorni del male , mi fono per altro per mia ìllruzione contentato di poche . Ne’ dimoro vi* fceri naturali a ritorva di qualche verme rotondo nelle budella rinvenuto , ed in alcune parti di que­ lle qualche tognale di cancrena, non ho potuto al­ cun’ altra cofa feoprirvi . Nel petto poi , come nel capo , niuno indizio ho trovato , che abbia interefiata la mia attenzione fuori di certa razza di vermi negli andirivieni delle narici rivenuti , che forfè colà pervenuti fono dali’elìerno , deportati da qualche mofca . id e ilo fe non è tutto quello , eh" è accaduto , e che 9 accade ne’ cani in quelli tempi , è quello almeno , li che io per tutto quali un mele ho potuto oifervare , e quanto cercando ho potuto fapere . ^Permeilo quello , che mai pollo dire per indicarvi il mio parere Falla natura di tale Epidem ìa, falla fua caufale , fu pronoilici , che può fomminilìrare , e falle indicazioni, che dedurre fi pofiano tanto per follie-


& LXXII & folUevo dell’ infermo cane , quanto per h f pre no­ vazione dei fano ? r r Io non mi comprometto difcernere gran cofa in così cupi nascondigli j in ogni modo però non già per quanto farebbe proprio dell’ affam o, ma per quan­ to mi permette il mio talento, ed il breve giro di una lettera famigliare , prendo fu di quanto ho di «opra accennato a ragionare cosi . Per quel che appartiene alla natura del male fembra eiTer ella una febbre lenta , nervofa , putrida , contagiofa . Ho detto febbre ; che che ne dica il chia­ rimmo Sta 11io , il quale per accrefcer forfè mag­ giore probabilità al fuo fiftem a, il quale pretende, cne i anima ragionevole iìa la cagione de’ mo­ ti febbrili ; negando poi a Bruti 1* anima , volle fortenere, che querti mai non febbricitafiero. Ma ballano le offervazioni del Ramazzini , del Lancifio , del M ariotti, del G oelick e, e dei Mauchart, che dell’ Epidemie bovine , e de5 Cavalli hanno dottamente ra­ gionato per convincere come fallo il lìrtema del loda­ li u l,0 ; :LVendotutti querti nei Bruti ogni natura d. -febbre oifervata, e fin5 anche la Tipica , e mol­ ti fintomi uniformi alle febbri , a cui r uomo R i ­ getto diviene . Di fot lenta , nervofa , perchè i fopradefcritti fintomi di debolezza , d’inerzia , di Paralisia non ben fi unifcono alle febbri ardite, e fangu.gne j efiendo anzi querte per Io più Ia cura D u L r- ? ’ 6 f' a le . '« «rzana . DLnqTO m Jen per conchiudere , ehe I’ uraor p e c can-


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cante ne* cani fia la linfa refa vifcida , e non di fa­ cile atta a fcorrere per il fidema de’ fuoi canali , ma capace o a comprimere il cerebro , o la fpinal medolla , o le tonache , che i nervi vedono ; o fi» nalmente i piedi ganglioformi ( con giudizio chia­ mati tanti piccioli cerebri ) difièminati nelle mac* chine viventi : dal qual riilagno , e chiufura lo ne deduco la febbre , i nervofi fintomi , e fin’ anche i contagio!! effluvj più guadi , veleno!! , e mortife­ ri , che ogni altra liquida fodanza corrotta . Sono ben note le paralisìe di mezza vita in bailo , che alle difenterìe fuccedono , e alle nefritiche , e coli­ che.; (ì fa 1’ attacco delle budella col mefentero , e di quefio. coi lombi , Dilli putrida , perchè fpeflo accompagn ta co’ vermi . Finalmente contagiofa , perchè la malattia fi vede propagata tra la greggia de’ Cam , e a quelli foiamente finora limitata .° M b u tngo , c e il fin qm detto fìg badante per farvi; diicorrere da voflro pari fopra. la natura del m ale, e de fintomi poco avanti accennati. quanto alla caufale fopra tutto fi noti , come Tu* c.dide nei di fopra citato loco fi efprime in circodanze^ non dalle noi}re diifimilj ; “ D (làni poi per „ la focieta e dell’ alloggio , e del vitto più faci!»i mente andavano incontro al,m ale , che già loro oprafiava , „ Io non niego , anzi ho per fìcuro,: e nella piu bada parte dell’ Atmosfera.irefpirata a cani un tal veienofo miafma vi annidi , che ha potuto , per coi! dire , attoflìcare un tal gregge . K ' * Ma


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Ma è anche di troppo ficuro, eh’ efiendo all’ uomo la propria fuflìftenza mancata, hanno dovuto i ca­ ni per ioflegno della lor vita paflar oltre di quella naturale di lorotchifofa inclinazione rimproverata dall’ Avvoltojo ( 6 ) al Cane della favola con quelle parole : „ Concepito in un Trivio , ed allevato „ Nel vile Aereo : „ e dar di piglio ad ogni genere di corrotte fòiìanze, che non digerite , e di più ancora putrefatte hanno poi accrefciuta di molto la putrefeenza alla naturai copia di alcali, di cui fono dotati a dovizia . Ed ecco fpianato un fecondilfimo campo per ifpiegar con chiarezza , come ha potuto tra* cani dopo 1’ Epi­ demìa degli uomini vederfene una diverfa , ma alla di loro natura ben addattata . Vengo ora al pronoltico , le di cui mire non riguar­ dano l’Epidemìa, de’can i, ma folo una feria importantiilìma rifleflione, fe quella pofla intereffare 1* umana macchina , per la confervazione della quale si facile ad alterarli per picciolillìme cagioni fon io perfuafo di non elTerci cautela, che balli . Credo di aver badante fondamento per folìenere , che la foabie delle pecore a’ Pecoraj lì co­ munica allora quando per curarle fono da coiloro maneggiate ; e delle puflole , alle quali fon Aggetti gli Artefici di lana ne ripeto la caufa proffima dagli effluvj morbofi , che fi annidano nelle ——— (6) Phatdrt lib. i. fab. 27.

lane


& LXXV & , Jane di pecore forfè efiinte da contagio , o da fcabie ; e non già dalla vita fedentaria di tali Artefici, come il Ramazzine, ed altri hanno penfato . Il dottiffimo Borelli Medico di Cafiro Città della Gallia Narbonefe nel regi firare la Storia del Carbon­ chio da Nazionali detto M aru at in termini chiariffitni favorifce la mia opinione , Quei ti dopo di avere defcritta la fua cura di un genere particola­ ri (lìmo , eh’ è , di tenere gl9 infermi per nove gior­ n i, e nove notti continua in una perpetua veglia per mezzo degli iftrumenti di rtmiìca , conchiude i così : (7) “ Io credo che quello male ivi fi con„ tragga per il veleno , d ie fi nasconde nelle Jane „ delle pecore morte di contagio; poiché tali Ope„ rai ne maneggiano ipefiò ne* loro continui lavo„ ri ; e però io lo nella faccia , e nelle mani dei „ più poveri particolarmente ciò fuccede • Le ve« g l'e poi in ogni maniera a coloro conferifcono : „ poiché altrimenti col Tonno compagno di quella „ malattìa fi concentra Tempre più il veleno ver„ fo il core - „ Or fe 1’ uomo forfè dal vitto , o dalla fordidezza difpofto,fi trova a fomentare il contagio velenqfo sì , ma non di gran forza de9 Bruti ;° q u a l ragion farà, che mi poflà convincere, che non fi debba temere il contagio di un morbo di gran valo re, quale per l’ appunto è quello , che la maggior K a parte (7) Obferuat. iz. Centur. 2.


& LXXVI & parte di Bruti uccide, e principalmente de*C ani, che coll* uomo in focietà fé ne vivo n o , e di vitto non differente lì nudrono ? Per me non vagliono punto i regiftri di quell* E p i­ demìe , dai quali fi rileva , che il contagio da’ Bruti non fiafi comunicato agli uomini ; mentre fi legge in altri edere al contagio umano preceduto quello de* Bruti , e fpecialmente de* Cani . Chi fa che la p? ftilenza de’ Greci da Omero defcritta (8) non avelie da M u li, e da Cani avuta l’ origine? E ’ certo almeno , che in quella, che fpopolò 1* Ifola di Egina , di cui ne fa menzione Ovidio , (9) d g regge de’ cani fu il primo a morire . .ir „ Dalla firage de’ cani ebbe principio', „ Degli augelli , e de’ bovi Scs; “ E finalmente per tacer di tanti altri , Silio ftalico così fi efprime in defcrivendo la pelle in Sicilia tra gli eferciti Romani, e Cartaginefi . (io ) „ La forza del velen (enti primiero „ Il Cane allor: quindi dall’ aire n u b i, „ Piu non reggendo al voi , cadde 1’ augello „ Se dunque fi deve concepire Un ragionevol° timore d’ ogni Epidemìa de’ B ru ti, che poflà 1* umano ge­ nere intereflare ¿ tanto più farà da temerli quella de Cani ¿ cagione per cui io refiringo la cu­ ra alla confervazione foltanto degli utili, e non _________ _______________________

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( 8) L'tbr.I. litad. (9) Metamor. fio) Lib, i9. de fecundo M io Punico,

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f già di quelli , che mendici, e vagabondi vi^ vono di rapina , ed inquietano la focietà . Siffatti • animali fono da me tenuti , come tanti viventi ca­ daveri, e però meritevoli non fòlo in quelle , ma : in più felici circoflanze d? effere tolti dalle popo* late Città , ’ dove non mai , per quanto da Magi? Arati s’ invigili , potrà forfè* ottenérli queila tanto # neceflària pulizìa'* • ' 'm i u. ’Vjplendo dunque parlare della cura de’vantaggiofi cat ni foltanto , io divido queila clailè in ire’ altre difV e ife . La prima in q uelli, che alla difefà delgreg■ 8® idno addetti j in cani da caccia la feconda ,* e fin alm en te la terza in quei cani dimettici , che o colla forza , d co’ latrati pòflbno fervire all* urna■ na difefa i ed in queila ultima claflè comprendo «quelle fpecie tutte di càrti, che o per picciolezzà per qualche altro pregio con baiìevole vigi­ lanza da particolari famiglie fi nutrifcono : in {’quella ancora non tralaicio di annoverare quei cani tutti , che in iicuola dura , e penofa da un ; qualche oziofo Maeflro a far de’ Urani giuochi fono ad d ettati, fino a far credere a’ femplici, non poterli quelli efeguire fenza un fovrumano poT|tetQ • punto non riflettendo fin dove giugfter po* abilità di un cane in apprendere', qua0ra al fenfo della villa , e dell’ udito quello fi accoppjag’e del tatto, fe render fi potette fvéftito dà peli , più dilieato , e fenfibile j e finalmente ,n cIUe^a conto ancora quella razza di cani , i quali


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quali fono flati afluefatti a dirigere i dubbj pafli di un cieco , come a giorni noitri veggi amo , e come la Storia , e Pitture di troppo rimota anti­ chità ce ne afltcu raci- : Ciò poflo , in due flati io confiderò gli utili Cani ; o quelli immuni dal contagio , e /oggetti a con­ trario foltanto i o già dal tnedefimo o p p reflì, e divenuti infermi in uno flato o acuto , o croni­ co . Iba cura dunque io la divido in prefervare i ià n i, ed in foccorrere gl’ infermi # Crederei, che i primi toglier fi dovrebbero da quei lu oghi, in cui umido vi fo fle , e collocarli in parti alciutte , e fe polli bil fo flè , elevate di molto ,• affine di farli refpirare un’ atmosfera più a lta , e diverga da quel­ la , in cui prima v iv a n o ,* cibandoli di femplice pane imbevuto nel fiero ¿-e per ordinaria bevanda* di femplice acqua naturale , in cui Jmmerfa vi lìa una porzione di Antimonio. K el cane poi da contagio opprefiò , e di già divenuto infermo conviene ponderar que* finto­ mi , che dal male non vanno difcompagnati » Sul primo farà ben fatto di. fcuoterlo con uno de’ rimedj di P'cciola mole s ì , ma di una /omnia attiviti),..quale per appunto crederei , che fofle A turbit minerale , che al pelo di tre in quattro gra­ ni inviluppato in un piacevole cibo potrebbe/* farli ingojare . Da Affatto rimedio fi otterrebbe noti folo la fcofla del ventre obbligandolo al vom ito, ma ben anche ad ulteriore evacuazione . Quin­ di


* LXXIX & di fi dovrebbe il cane lafciare colla fola j e pùra acqua di fonte , adoperando da tempo in tempo qualche oncia di vin generoiò . In ta­ li cireoftanze nè punto nó poco farei uio di altri interni riinedj, come quelli, che con pron­ tezza fi rivomitarebbero £ eiiendo i cani per lo­ ro naturale ifiinto facilillìmi al vomito . Farei ca­ lo bensì dei i topici , ed in primo luogo della percolfe -y che potrebbero fervir di un , forte ri­ medio , per dar moto alla linfa , che ne’ fuoi va­ li intorpidifce. Se il capo fi vedefle opprefib, lagrimanti gli o cch i, confeguenze di riftagni nel capo medefimo , farei radere allora £li efiremi deili orecchi, in cui circofcrivendo un cerchio della circonferenza di un carlino , e perforatone il cen­ tro, vi introdurrei picciola fchieggia di Elleboro ne­ gro , come rimedio efficace a chiamar nell’ efterno la cagion peccante , e a mettere in* movimento la ftagnata nel capo medefimo. fopratutto crederei efficace per ridonare a i nervi il tuono, per porre in attrito la len ta, cor­ rotta , flagnante linfa , ed in conleguenza per rifve» gHare, ed accendere una più fenfibile febbre, d’im1erge re il cane infermo nell’acqua fredda una, o più vo,te al giorno ; indi ben coprirlo, ed afpettame l’ e£nt0 • qui detto non fupera il male acu» io fon perfuafo , che il molto più , che praicar fi potrebbe , o dannevole, o per lo meno nuti e addiverrebbe. Refia foltanto alla sfuggita di dare


£ LXXX * dare un’ occhiata fui cronico del male ,• mentre fon fic u ro , che deile paralisìe , che cogli acuti fi unifcono , pur troppo profonda , ed attiva confiderar fe ne deve la cagione . E ficcome nelle lunghe infermità degli Uomini , e l’ Infermo , e gli A f­ filienti perdono la lor pazienza £ così fon certo , che i! più tenero Padrone non la conferveià lungo tempo per il fuo Cane . Ma dato ancora , che voglia efperimentare ogni più valevole pirtiedio : in quello cafo anteporrei gli unti mercuriali for­ mati col doppio di grafi© * e coll’ aggiunta di po­ ca canfora , dopo avere rafo lungo la fpinal midol­ la p e rla larghezza di una palma di mano , e l’oite- rior delle eofcie e delle fpalle, ove farei alternativamente le firofinazioni . So, che potrebbero convenire, i fenapifmi , i vefcicanti * i corrofivi , e internaroen-« te il cinabro , ed il mufco $ ma più d ’.ogn-’altr-a cofa, efficace io giudico 1’ unto mercuriale., e prefib- %f poco efficaci i bagni minerali'. ) f n: Fra noi non fi parli più di Epidemìa . Queflo ne fia il termine ; ma non fia il termine del noftro carteggio j e di quell’ amicizia , che vi profefib * e vi profefierò eternamente .


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D I Q U E S T ’ A N N O 17Ó4. CON

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Sikggiungne l’Opufcolo del BOYER intorno Metodo da feguirii nella cura di varie infermità E pidem iche , che per lo più regnar fogliono nella generalità di Parigi. T R A D O T T O DAL F R A N C E S E E d illuftrato dì annotazioni .

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Preffo G iuseppe R aimondi L I C E N Z A DE’ SUPERIORI.


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SIGNOR

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T A N U C C I

C ava li f.re dell ’ in sig n e R eal O r d i n e di S. G e n n a r o C ofksiGUERE , e S e g r e t a r io di St a t o di S. M. , d e l ’ k i K r t i m e n t o di St a t o degli affa ri e s t e r i , C asa * S P al,; > sit i R e a l i , suo G e n t i l u o m o di C am era , ■ a So p r a in t e n d e n t e g e n e r a l e b e l l e P o s t e ,

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E 1 prefentare a V.E. que__ fto picciolo Saggio su le tti; lattie diqueft’ anno, avverto l’ onor fommo, che le debba ad­ divenire dal fublime voftro Patr< 01,110 . Le falfe gemme , in * tto de grandi Perfonaggi , il Mondo riguarda, come rare 5 e a

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preziofe . Non dubito perciò; che quella mia operetta qualun­ que ila , portando in fronte sì gloriofo , ed immortai Nome , debba edere reputata, ed univerfalmente diftinta. Volirà fa­ rà quella gloria, che le perver­ rà , perchè Voftro è il potere, che. la rende meritevole. Il par­ lare de pregi d* un gran Perfonaggio , che per tutt’ i riguardi merita Y univerfale ammirazione, farebbe una inutile memoria pe prefenti , fuperflua pe’ futuri . Parlano talmente le Voftre in­ clite gefte a vicini, ed a’ remo­ ti , che la rimembranza farà fempre cara, fempre prefente, e fempre viva , anche ne’ tempi av­ venire . Quali feniì di gratitu­ dine , non fi dettano giornalmen­ te negli animi di ognuno, e co­ me ne faranno immemori i pofteri , rimembrando, fe non al­ tro,


tro , i benefìzj , che ’1 Voftró zelo ci ha procurati nelle cri­ tiche circoftanze di queft’ anno? Confervi la Provvidenza una vi­ ta sì degna, alla gloria del Prin­ cipe , alla tranquillità de5 fuoi fudditi, e per lo maggior efemplo nel Mondo. Di V. E. Napoli 14 Agofto 17^4. I

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Mo ed obblig. Servo

Sebaftiano Cantera.


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lo v a a coloro , i quali o fono grava .» ti da prefenti a v v e r ft à , o le temo* no im m inenti , o le rammemorano pajjate , invefligarne /’ origine , pon­ derarne la gravezza , rifle tte rn e , € congbietturarne la durata . Q u in di addivien f •> °be ciafcuno tra dolorofe immagini di inJtyn ità , e d i morte , che affliggono la C itT >_ d i ejfere informato , d i qual natura fia il morbo ^ che ne travaglia : quando m jfa terminare : qual ne fta fia ta la cagione ; j; perche i M edici , tuttocche curino m alattie di tt)i genere , fieno cotanto dtverfl in lor pare? *J f on e tfuefla una vana curiofltà , S i p a t­ te. d interejfe , che troppo ci riguarda , tann tutti g li a ltri interefft da anteporfl, Qianto la cura della propria conferv azione negli uomini ogni altra premura , e ydecitudine . Io mi fono ingegnato nella pre|”fe operetta , come ¿0 potuto il m eglio , fddtsfjre queflo giuflo deflderio de m iei C itr procurato adattarmi a ll intenrmcnto d i t u t t i , e sfuggire , quanto mi è \et0r •> ft t ig lie z z e dell' arte Ju e particolari locuzioni , cangiandole

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le pii* in tellig ib ili , e più comunali . Nelle angufìie , e nelle m ifere circofìanze del tem­ po , e nelle molte , e molto difgu/lofe occu­ pazioni della Profeffione , merita compati­ mento quejla , qualunque ft a , fa tica . E /pe­ ro , che le diferete perfone , ponendo meni , te , f e non ad altro , al buon •volere , « debbano fa p er grado.


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confuta la erronea idea d ì P e jìe , che j i è fofpettata nelle m alattie correnti.

A ciafcuno quali calamità fofferfe quello nollro fioritiflimo Regno nella paflata fia­ tone ; e quali afflizioni ed angurie ingomrarono gli animi degli abitatori. Nella Me­ tropoli precife , il vivere di quell’ anno è ifiato un continuo batticuore . Scarfl alirrienti, |>ane non cotto , mal fermentato , infalubre j panici timori ed apprenfioni fortiflime di repire a momenti fenza vitto ; concorfo innu­ merevole di povera gente , la quale co’ lajfrtenti , e con le morti in mezzo alle pubbli­ c h e llrade, e con gli afpetti cadaverici, ecciK ava fenfi di commiferazione , e di mitezza ; fono, a vero dire, motivi pur troppo fenfibili, ■ tnterelfanti , per impegnare lo fpirito di chiunque a trilli e dolenti rifleflioni . Iti tali dure circoltanze comparve nel cominA ciar


2 ciar della ftagione novella, come accader fuo le dopo la careftia , una fpecie di malattie, che han condotto, e conducono a morte gran copia, non meno di volgar gente, che di cul­ la , e riguardevole, Sorfe negli animi di ognuno allora un forti fofpetto, che il male eifer poteffe di quel ge­ nere , che fpaventa, e che defola . La gente popolare precifamente, come quella, che crede all’ erroneo adagio, che alla careftia fucceda la pefte ; e che per pefte capifce ogni gran mortali­ tà ; parve, che fe ne perfuadefle interamente. Quindi addivenne , che precorrendo la voce,j e fpaziandoft per le remote contrade; gli ftranieri non meno , che i cittadini ne chiede!fero follecito l’informo, per prenderne, in cafo di ftniftro , il debito riguardo, e le necef* farie precauzioni. E quantunque allora , e indi ne reftaifej ognuflo pienamente informato, che il morbo! era tutt’ altro di quello, che poteva!! immagi'l rare , o temere ; ciò non oftante pare , chei non ancora ha del tutto fgombrato dagli ani'l mi di alcuni 1’ irragionevole fofpetto . ET di meftieri perciò (affinchè le titubanti menti) quali che fiano, reftino perfuafe ) che io ne tenga fu di ciò lieve propofito , e faccia lofi capire , quanto errate vadano , e com’ elleno! inutilmente fi rattriftino , fingendofi quel ma-l le , che non è fiato, non è , nè può eifere <l E per venire a capo di ciocché fi propone» giO'


giova che fi fappia , che due fono le Temen­ ze» per cui fi crede, che pofifa in luoghi, do­ ve non è confueta , addivenir la pelle . Giu­ dicano taluni, che eifa non polla mai deftarfi fenza che dall’ Oriente ci fi communichi la velenofa Temenza . E credono a contrario ben m olti, che non fia d’ uopo dell’ Orienta­ le attacco , onde fi fvegli ; badando foltanto che immonde cofe , ed ecceifive cadaveriche corruzioni empiffer F aere di putridi Temi alla vita de’ mortali pur troppo moleili. Senza che fi entri ad efaminare quale delle due fentenze fia più plaufibile ; fi adotti pu­ re qual più piace , e veggafi , che nè dell’ uno , e ne dell’ altro modo è fofpettabile che qui efilla alcun feme di peftilenza. Capifco come a lungo andare può dietro , .Careftia venir la Pelle , come la Storia c infegna '• ma ciò non può accader^ , fe «prima non s immetta F Orientale conta­ gio , o non precedano corruzioni iomme e grandi di cadaveri . Ciocché addivenir dee ne luoghi , ove la indolenza fia malTima , o a fame giunga a fegno, che non comporti la sofferenza , che nè alla politezza fi badi, alle debite ricerche fu de’ legni defiderati. a fame e uno ilimolo , che non ammette dazione . Se cosi dunque , e non in altro modo può a a Carellia fucceder la Pelle ; come immafalnare , che in Napoli vi fia, o elfer vi pofA 2 fa:


I fa : fe grande non è fiata la penuria ; fe, co­ me fa ognuno , trafcurate non fi fono le de­ bite cautele fu de’ legni conduttori del fru­ mento , o d’ altro ; fe cofa qui non venne, che dall’ Oriente capitaife , o da altro follet­ to lido; fe tutto ciò , che induce putrido, fu dalla Citta eftratto ; e fe finalmente , prima che il morbo avveniife , niuna carnificina di bruti , nè mortalità grande di uomini è fucceduta ? La morte di ben molti , che vanno nelle tombe , convien eh’ eccedente fia , per­ chè fvolazzi nell’ atmosfera tanto di putrido, quanto conduca , e vaglia ad appellarla . Cadrà forfè nell’ animo ad alcuno , or che fen vegga a fufficienza convinto, di feguire la fentenza , che l’ Aria , od i cattivi cibi poifano fvegliar quel male , che fa fpavento ■ Vano gli riunirebbe di adottar cola , che or più nqn regge, e che fu concludentemente ri­ provata da Bartolommeo Corte dottiifimo Me* dico di Milano in una Lettera ifampata in Modena , intorno alle cagioni della Pelle. Si adotterà, forfè, per follenere un capriccio, ; il fentimento del Muratori , il quale iuppone poter ri furiare tal volta da’ panni, che riten­ gono il veleno della pelle antecedente ? Per probabile , che voglia reputarfi quella fenten* za ; farà mai vero , or eh’ è più di un colo , che qui regnò la pelle , che il veleno pellifero fia quella Fenice , di cui fi favoleg* g ià, che muore , e poi rinafee dopo anni E qua*1.


3

E quando tutto ciò, che fin ad ora è det­ iro , non conduca a quel che da caparbio Tuoni voglia in contrario iòllenere ; attribuirà T ori­ gine della Pelle alle Coftellazioni , che un tempo fi finfe, ed ora è rancido : o gli Sorga talento d’ imputarla a’ corpicciuoli, che :falano dalla terra? E come in tal fiftema faebb egli ficuro, quando anche fi tenefle lun;i dal praticar perfone , o robe infette ? Si logori quanto fi voglia il cervello in tdottar fentenze antiche , ed inventarne nuo'e ; che Tempre fi darà nel fecco ; nè mai fi perverrà a dimoftrare quel, che fi vuol fin­ gere , o temere del mal prefente. So io , e fanno tutti, che fuole talvolta ■ otto immagine di febbri Epidemiche, nafconWerfi la ^peftilente Temenza , e quindi fviluppparfi all improvvifo , facendo icempio in poc i giorni j ma niuno dovrebbe ignoraret, che ,s ella fa mafcherarfi in ogni altro tempo, non # u o , nè fa nafconderfi in tempo di eità in cui Tempre efercita la maggior ferocia. Quello punto di Storia , fe non altro, do­ rrebbe pur ballare a mettere in calma T anidi chiunque, or che il male , tutto che , *la f°tt0 la Canicola , non folamente non ? a prefo incremento, ma egli è di molto fceato . Per la qual cofa ponendofi mente a [Uanto fin qui è detto, e che diralfi fu T ori» e natura delle correnti malattie , dotebbe ognuno vivere vita tranquilla, e fpeA 3 rare ^


6 rare , che non fia ingiufto , nè vano il mio annunzio , di dover terminare quanto prima il mal prefente , fé pure Vuolfi così c o là , dove f i puotc C iò che f i v u o le ............ .

Se è vero , che il caldo ci benefica, e tolte fi fono dalla Citta con prudente e favio ac­ corgimento le cagioni tutte , che alimentano i morbofi femi ; farà pur vero , che foftenendofi ferma la fervida ftagione, e profeguendoiì le medefime precauzioni , che tuttavia du­ rano , e con profitto ; poifa, e debba la epi-1 demia celiar tra non guari.


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A R T I C O L O

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N el quale f i ragiona dell' origine d ell' EpU demia prefente.

folenne olfervazione, che alle penurie tra Popoli affamati fulfieguono le grandi Inalattie ; che quali Tempre fi fchiudono nell’ tprica ftagione ; e che di ordinario maggior­ mente fi accendono con 1’ avanzarli de’ caldi • filò pollo , è duopo ricercare quello cotai principio eccitante in quella, e non in quel­ la ftagione , le malattie ridette. | In tutti i cafi di penuria, tre fono coftan*. temente le cagioni de’ mali Epidemici. Mej|izia ; cibi pravi ; e numero grande dì pove­ ra gente . Le altre poffono elfere , e non effere ; come a dire , irregolarità di Stagioni , corruzioni acquofe , d’ infetti, di quadrupedi, o di altro genere di animali, ftravizzo di pe­ t i , e ftragi belliche. Per filofofar dunque fui Éerto, non perderò di mira le prime tre fer­ me caufali, per efaminarle , s’ elleno, quante t>no , polfono per fe fole , od unite generare t Uel tal feme motore , che mi fon propollo linvenire. . La Meftizia in primo luogo può divenire Seminario d’ interne putrefcenze. Si pruova . X^n trille penfiero rende 1’ Uomo ebete , fiacP lo ftomaco, efalta la bile. Quella laifituA 4 dij LL

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dine , quella inappetenza , e quell’ amarore nella bocca , che avverte ciafcuno' in tempo, I o dopo , che 1’ Anima lì addolora , fa cono fcere a chiunque le inverfioni fuddette . Quelli tali effetti fi aumentano a mifura, che fi prolunga, od avvalora la cagione della malinconia : fieguono in feguela di quelli pi» prodotti viziofi, non difficili ad interpretargliLo itomaco fievole apparecchia male , e fa mutar i cibi in fpontanee corruzioni. La bi­ le , quando è invertita dallo flato naturale, per fe fleffa riefce un putrido morbofiffimo Anche negative , s ella diviene inefficace, mancando quel naturale attenuante fapone, non buona riefce la chilificazione : e dell’ affimaffo chimofo , molto indigeflo ne fupert ne’ craffi inteflini : e quel molto convien, che fi corrompa ; anche perchè, mancando il folletico della bile, torpido, e flittico divie­ ne il* ventre . L ’ ebetudine del corpo parimente flurba ¡1 perfpirato, perchè manca a’ canali quella fa' za ardita , che fi chiede per fpignere alla pel' le 1’ efcrementizio vapore : il quale allora provvidamente fi converge, e fi fcarica nell3 budella : dove incontrando la bile , s’ è legir' tima , la perverte , e la corrompe . Oltre A che lo ileflo perfpirato è un vapore putrido abbaflanza per eccitare molte malattie. In ogni conto adunque la doglia dello fp1' rito può divenire forgiva di putride f e m e n z s : P


da’ cibi , che per lei non bene fi apparecnano , iia dalla bile che s’ inverte, e fia il trafpirabile , che non fi eitrae . I cibi in fecondo luogo , per natura pravi e guaiti, introducono ne’ corpi ciocché è pro­ prio di loro. Val’ a dire , che fe il pane , a Bigione d’ efemplo , è comporto di grani fra­ ntici, o di farine mifturate con fozzure, i fracidumi, e le fozzure trarranno a morte i vi­ olenti : e fe è vero, che io fpirito eftratto dal frumento , fia un fale morbofo ; fara ve­ ni parimente , che la putrefcenza del grano , ■ he fervi per quotidiano alimento , dovefle ■ uocere alla vita de’ mortali. I Da quel eh’ è detto finora, pare, che le jiue prime cagioni fiano materia fufficiente per produrre , e fvegliare le coftituzioni Epi­ demiche dopo le Careftie. E pure non è cos i . A me fembra , che ci manchi quel tal principio attivo, ed eccitante quelli tali Pappa­ lecchi , che unito inficine, produca le febbri. 1 Se quelle due prime cagioni M ero baile voli [er fe fole a fchiudere le malattie, non trovo igione, che porta interamente perfuadermi , hrchè nella Primavera, e non quanto più efi|ono quelle cagioni, l’ Epidemia fi manifefta. j E’ ficuro , che durante la meftizia , durano [e putrefeenze ; e durante il mangiar de’ cibi |jravi 5 durano , ed entrano ne’ corpi le prave demenze ; fe per fe fole , e fenz’ altro aiuto, °flero fuificienti a produrre 1’ Epidemia ; chi non


IO non vede, che a tempo della lor durata, do­ vrebbe con più ragione eccitarli ? Nè vale qui la ragione della maggiore, o minore raccolta ; perchè fe fi efamina , co­ me fi vuole , fi troverà con evidenza, che il maggiore debba competerli più alla rigida, che all’ aprica ftagione ; più quando li fa ufo de’ cibi non fani , e la malinconia efifte, che in altro tempo. Altro è dunque quel co­ tale fuoco , che fchiude , e che ci fa univer* falmente infermare . Io f o , che fi potrebbe ricorrere a quella interna commozione de’ corpi , che fi fveglia nella nuova ftagione ; per mezzo della quale, 1 prudentemente la Natura operando, cerca difbrigarli da quelle interne morbofe monadi, che apparecchiò la rigida ftagione . Ma egli è un futterfugio, che non conduce abbaftanza a dimoftrare quello , che s’ intende : anzi pa­ re , ¿he provi il contrario. In buon fenfo , chi giudica in tal fatta maniera , riflette , che le morbofe femenze accumulate ne’ corpi nell’ Inverno, fiano fterili allora , infingarde , e neghittofe : e che poi a Primavera , mettendofi la macchina in moto a fomiglianza de’ beni della terra, sbuc­ ciano la razza de’ mali , proporzionale all’ in­ dole originaria. Or io crederei , che quello parallelo do* velfe ridondare in beneficio delle umane natu­ re , quando folfe concepito altrimenti . Si inno*


¡nuove la dotta e maeitra Natura m tempo, ihe fcuote ogni cofa ; e le fue raofle tendono Ad efpellere alla fuperficie que’ tali femi morlofi , che allignarono nell’ Inverno ; appunto Ionie fa la terra, che gravida di tanti fem i, iviluppa, e manda fuori della fuperficie, le pian­ te , le frutta , i fiori , ed altro . I Quel provvido sforzo della Natura, che lì frigge in Primavera è collantemente falutare. jpgni vivente allora , fi fente rinafcere . Il » rio , la vivezza, il coraggio, il valore , che fente ciafcuno, fono tutti contraffegni di fpo|lio , e di liberta di giro . L ’ univerfale prufit o , che fi eccita in tutti alla pelle , 1’ efflorefcenze falutari, la reintegrazione della falli­ le a’ convalefcenti, la facilita di curarfi i ma­ li cronici , il termine delle febbri intermit­ tenti autunnali, che itraziarono tutto l’Inverno, fono certe ed indubitate pruove, che la Natura non fi muove, che a vantaggio di fe lidia. Sono inconcepibili, ed incalcolabili i moti, ihe moltiplica , e che dirigge quella interna generale attività de’ Corpi : ma per impercet­ tibili , che fiano ; fempre farà vero, che non li eccitano , che a profitto . E v v i una forza ìntima nel tutto, ed in ciafcuna parte del lutto , che opera con prudenza, con norma, F con giudizio. Alfimigliava Galeno quella dotta facoltà 9 quel naturale fenno , che notò in un ca­ pretto , eh’ egli eitraife dal feno di una ma­ dre


dre viven te. Quella piccola belila lènza Min­ zione e fenza maeltro, non appena fu melfa fui fuolo, che camminò a quattro piedi ; poco do­ po rifcoife dalla pelle il refiduo umore , che la bagnava ; e quindi fi rafpò le colle con uno de’ piedi . Facoltà per altro pur troppo conta , e che con fomma avvedutezza efamina il Signor La-Mure in due dottilfime Dilfertazioni , una intorno al refpiro, e l’altra intitolata de Natura red iviva. Alla medefima facoltà pare, che fi debba l’ origine del Alterna di Stallio, il quale capir non potea, come le umane nature , unifor­ memente operando aggilfero collantemente con giudizio, fenza l’ aiuto d’ un principio attivo, difpotico , ed intelligente. Non potendofi attribuir dunque la materia­ le fufcitante cagione, nè alle prime due caufa li, com’ è detto : nè alle falutari mofle, ptf le qftali la Natura in Primavera fi fpoglia, e riltora , com’ è provato : è debito di credere, che nella terza caufale , che farebbe la pove* ra gente, debba probabilmente rinvenirfi. I femi morbifici , che fomminiltrano i p0' veri all’ aria ambiente , e per lei a’ viventi, non fi mettono in azione , fe non perviene la nuova, e la calda ítagione. I cenci , che veltono elfi, e la fozza lor cute , confervano quel principio attivo e motore , che fa fve' gliare le malattie a Primavera . La ragion decide; i fatti compruovano.


E ’ mafiima inconcufla, che ciocché trafpira dalla pelle degli Uomini, è un putrido morbofo ivapore : indujia docent , diceva Boerave. Per fecondo che tal efcrezione ha prodigiofa , e che alla giornata fuperi di molto le giorna­ liere fenfibili evacuazioni. Santorio V ha dimoArato . Per terzo che finalmente la povera gente , per difetto di comodo , verta Tem­ pre e di notte, e di giorno i cenci medefimi. Ciò porto, ragionafi cosi. Nelle cenciofe vefti de’ poveri , la maggior parte di quel , che per la pelle trafpira , fi ittacca , fi aduna , e fi addenfa , nella rigida Ragione. Quando l’ aere è freddo , fi aggluti­ na, e fi rertringe l’ umore trafpirabile. Ognu|o l’ oiferva ufcir l’ Inverno dalla bocca lotto ^ecie di fumo . Durante dunque l’ Inverno, giornalmente fi moltiplicano que’ putridi va­ pori, e fi confervano. A l comparir della Primavera, tempo in tu ì, il Sole rifedendo più fopra il noftro Orizonte, attua maggiormente le fottopofte foftanze, Svolazzano nell’ atmosfera le volatili cofe , e le movibili . Dunque le fozzure , che fono belle vefti , e nella cute de’ poveri , col vaio| e del caldo , cominciano a dileguarfi , ed i Sapori, che le compofero, fi lanciano nell* lria ) e dall’ aria, parte co’ cibi , e parte col ìefpiro s’ infinuano ne’ corpi di que’ viventi, 'lle nuotano in quel fluido ammorbato. 1 primi ad aiforbire que’ putridi femi, fono i po-


r4 .................................... i poveri fteifi, indi i vicini, e fucceffivamente i rimoti : e però i primi ad infermarti fono i poveri, poi i vicini, e finalmente i lontani I l procedere della noftra Epidemia ha féguito l’ ordine accennato. 11 primo affaltocad­ de fopra la povera gente , e la plebaglia; co­ me quella, che vive in piano terreno, ed ia fe fteffa ad un di preifo , non è men fozza de’ poverelli. Chi giace a piana terra è nella parallela ideila di que’ che camminano per iilrada , onde è più proifima la plebe a bere la vaporazione putridità. Prettamente s’ infermarono coloro , che po' pio operare , converfarono co’ poveri. Ricordianci la morte del Duca d’ Andria, del Marchefe Ippolito, della coftui madre, la malattia della moglie , la ftrage de’ frati laici della Certofa di S. Martino , che difpenfavano il pane , e di tutti i fecolari, che furon chia­ mati per aiuto. Un Padre di S. Brigida, eh« pur conversò co’ poveri, morì dello fteifo mor­ bo: e tanti, e tanti altri ben conti nelPaefcSucceffivamente furono attaccati gli abitan­ ti di quelle ftrade , per le quali le proceflh ni de’ poveri erano numerofe . Io so che nel­ la fi rada, che conduce da una parte a S. L«; eia del Monte, e dall’ altra al Moniftero <j> Suor Orfola, ftrade frequentatiflìme da’ poveri) tutti gli abitanti delle ftanze inferiori, e de’ baffi appartamenti , fono fiati attaccati dall* nota febbre. M i afficura l’ Economo della roc*


rocchia di S. Maria di ogni bene , che le maffime fatighe della fua Parrocchia, fono fta:e per gli abitanti di tutto quel tratto di via, :he fanno i poveri per falire alla Certofa di S. Martino. Di mano in mano , chi ha affiftito agli Spedali , tutti , o quafi tutti fi fono infermaI i: attacco , che a mio giudizio , non proce| leva aifolutamente dalla natura della febbre ; j na dalla medefima mofeta, che ne fù la pri] na cagione. Agli Spedali fottofopra non con­ corre , fe non la gente miferabile. Pruova quello mio giudizio la felicita di | curare, che fi è rilevata ne’ luoghi, e ne’ maj ati puliti, ed ove la ventilazione, che torna di’ ifteffc, è Hata libera , e franca : e la cerezza, di non eifere Hata attaccata la gente, he ha fervilo detti luoghi, ed ammalati. Un le miei Allievi , che ha affiftito notte , e giorno a quattro graviffimi Infermi di cafa co­ mode, e pulite, non fi è infermato, e le cute fono riufcite con fomma felicita. Allo Spe­ dale iftituito a Pofilipo, ed a Chiaia, le cum fono riufcite ottime, e gli affilienti non fi fono infermati cosi di facile : a motivo folo, che fono luoghi di fomma ventilazione : e la €ente, che afflile con fomma vigilanza, foftiene bene la pulitezza . All’ incontro nello Spedale degl’ Incurabili , °^e per la inopinata moltitudine degl’ Infer011 ) la fozzura, e )a negligenza è fiata ine­ vita»

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vitabìle , tutti i Giovani s’ infermarono , co­ me ancora tutti i Sacerdoti, che confortava­ no a ben morire. So io , che ho 1’ onore di eifere Medico ordinario dell’ Infermeria di S. Lucia del Monte , che tutti i Sacerdoti, che furono obbligati ad afiiilere i moribondi nel detto Spedale , ed in cafe di povera gen­ te , tutti furono attaccati dalla febbre . A ll) oppofto niuno, o pochiifimi di que’ che godo no la vita ritirata, e la fommità del Con vento , fi è infermato . I Cavalieri, le Dame, le Clauflrali, e tut-| ti que’ , che fono viifuti lungi dalla gentil Tozza, non fono, eccettuatine pochiifimi , ni infermati, nè m orti. Ciocché pruova ad evil denza, che l’ aria non è fiata infetta per niun altro principio generale . Dall’ infezione dell' aria non è chi garantifca il nobile, o Hi plebeo. Il ceto mercantile all’ incontro, corròI il più foggetto a foffrire ne’ fondachi il con corfo de’ poveri, più di facile fi è ammalato. Nelle Carceri , nelle Galee alla Darfenat e tra’ Diflerrati le malattie fono fiate prodi' gioie . Ovunque in fomma è fcorfa , o fi M raccolta la gente impulita , e povera , ivi il morbo fi è fpaziato e diffufo. Perlochè in tali avventure la prima r e f I la , che deve tenere chi fopraflà per la crii* della pubblica falute , dee eifere quella di U cacciare lungi dall’ abitazione tutta la pover* gente e itraniera, ed inquilina: fituarla in tarò


J7 te colonne diftribuita , fecondo l’ opportunità de comodi , dove fa meftieri, che fi pulifca da qualunque fozzura , e fi rivefta di nuova biancheria : a quel modo appunto , che con ammirabil efattezza fi vede praticare co’ po­ verelli raccolti nella gran fabbrica della Caval­ leria lungo il Sebeto. Sloggiare i poveri fuori delle abitazioni , per utile che fia in fe fteflo ; mai non riefce però di molta utilità, fe non fi adempifce pri­ ma, che giunga la ftagione aprica. E ’ vero, che in Napoli molto fi è profit­ tato in troncare la baldanza all’ Epidemia, tuttoché tardi fi fieno praticate nella parte maggiore quelle tante cautele, eh’ io fteflo in un mio parere , fcritto a di 4. di Giugno, minutamente divifai ; ma fi doveva molto piu di utile fperare , fe cure maggiori non ne aveffero fraftornato il difegno, che a di 24. di Marzo avvedutamente propole in pubblica Deputazione 1’ Eccellentiflimo De­ putato perpetuo della Salute D. Tommafo Mariconda , Cavaliere affai noto per li fuoì rari talenti, e per lo zelo fommo , che ha dimoftrato fempre per lo bene pubblico j e fpezialmente nelle critiche circoftanze di queft’ anno. Que’ foccorfi, che poflòno prevenire un difaftro , non fono paragonabili con que’ , che fi eleggono per frenare gli efiftenti mali. Pre­ venire dunque , è non riparare, farà fempre miglior configlio. B

AR-


iS A R T I C O L O P artizione

III.

, e Storica

narrativa de d iverfi am m alati.

Utti gli ammalati di febbre della nota Epidemia poffono comodamente ridurli, per rapporto alla vemenza, a’ tre dalli ili nte. Nella prima, evidente il pericolo , facile la guarigione . Nella feconda fommo è il pe­ ricolo , ardua la cura. Nella terza niun peri­ colo affatto , e breviffimo il rillabilimento . Il numero degl’ infermi della prima claflè e llato eccedentemente maggiore di quei del­ la feconda , e della terza. Più gli Uomini, che le Donne, fono flati foggetti ad ammalarfi. Più le Donne , che i fanciulli , ed i vecchi . Rara la Nobiltà , e le Clauilrali ; frequentiffima la gente minuta; meno frequente il Ceto di mezzo . Tanto gli ammalati della prima, quanto quelli della feconda claffe hanno febbricitato ordinariamente per lo fpazio di tre fettimane : quindi è , che dividerò il tempo della durata in tre fettenarj , o fiano fladj ; ne’ quali gra­ datamente fi ravviferà il principio, lo flato, c la declinazione delle malattie. Defcriverò dunque fladio per fladio, ciocchi c occorfo notare nelle tre dette claffi di am­ malati, fiutando a’ riflettivi -luoghi la narrati­ va de’ fatti. £ pef

T


ip E per adattarmi all’ intelligenza di tutti quei, che non fono addeftrati al Medico lin guaggio, mi è convenuto teifere le ftorie del le malattie fra loro feparatamente. Lo itile ordinario, ed ufato in fare un det taglio delle malattie, confonderebbe gli animi non medici ; e loro in vece di piacere , tor­ nerebbe a rincrefcimento. Agogna ognuno di eifere informato, come principiano le febbri , come avanzano, come cedano ; e come una dalie li diflingue dall* altra . In che modo contentargli , fenza in­ formargli minutamente , e con diftinzione di quanto è occorfo notare fettimana per fettiinana , e forfè giorno per giorno ? E come farlo con la medica frafe, fe ella ilelfa, come in piu libri di ottimo carato li avverte , è iorfe poco ben capita da’ Medici fteffi ? §.

I.

Infermi della prima Clajfe, Storia. ■ w

,

u i principio , e per tutto il primo ftadÌo avvertono quelli ammalati, dolor di capo, Piccolo freddo alla fpina, lingua veftita di un unco, e tenace limo, polfi frequenti, baffi, sngum, e duri ; le orine fono naturali • fotto la miffione del fangue la doglia del capo mifi 2 nora.

S


nora: tregua, che dura poco: rincalza il dolo­ re ceffa il freddo, fuccede il caldo , irregola­ ri comparifcono i polfi , Tempre però celeri, duri, ed angufti, fonai interrotti , niente ri­ fioranti ; e le orine fi oifervano confufe , ru­ biconde , nel mezzo delle quali vedeii nuota­ re una crafla foftanza roificcia : fcaricano col vomitivo per lo più bile verde , ed alle vol­ te gialla : in alcuni fi apre il ventre, per lo quale fcappano materie fottili di bile più gial­ la , che verde , le quali riefcono fempre mo­ iette , e di niuno follievo: fi dolgono inoltre delle vampe, che alternativamente accendono il volto. In tali infermi non fi dittingue mai il nuovo acceifo febbrile. Nella feconda fettimana in loro non fi offerva gran cofa di più, alla riferba del fonno , che interamente fi perde , e di un maifimo .calore alla pelle , che fcotta le dita. Amano oltracciò, tanto nel primo, quanto nel fecondo ftadio, e nel terzo confervare lo ilei* fo fito ; parte , per f acerbità del dolore nel capo, che dura fin all’ ultimo, e parte perchè ogni motta cotta loro abbagliamento di villa, ed una fpecie di momentaneo sfinimento. Cominciano nella terza fettimana i fautti fcarichi di ventre di putenti fecce , e verminoie, varie di colore, ma per lo più nerican­ ti , o di altro tetro colore. I vermini, che comparifcono, fono forprendenti, e diverfi nel­ la natura , nel colore , e nella grandezza •


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21 Con tali vacuazioni , che per lo più durano fino al vigefimò primo , ibernandoli giornal­ mente il valore della febbre, la gravezza del dolore di capo, e reftituendofi il perduto Ton­ no, ed il natio colore alle orine; cella final­ mente e fi dilegua la febbre. Particolarità u tili a nofar f i .

i* / ^ H i fu purgato nel primo fettenano, o chi ebbe fciolto il ventre natural­ mente , o fotto l’ azione del vomitivo, ed ufcirono fiottili materie, e biliofe, fofferfe do­ po la malattia, lunga, e penofa convalefcenza ; la quale fu brieve in quegli ammalati, che non ebbero purghe , nè per natura , nè per vomito in tal tempo fi apri il ventre. 2. Per lo più ne’ primi tre meli fu folenne la crifi per le vie del federe . In avvenire fi cambiò in copiofi fudori . Contuttociò ’ tanto prima , quanto dopo vi fu chi guariife fenza evacuazione, e fenza fudori. 3. Ne’ primi tempi pochiifimi ne guarirono prima del vigefimò primo ; ma dalla fine di Giugno fino a quello tempo, quafi tutti fono guariti al decimo quarto. 4. Laddove ne’ primi mefi fu collante ad offervarfi quella gran copia di bile vérde : dal­ la fine di Giugno in poi, non fi è quafi mai più ^eduta ; perlochè anche ne’ fintomi fi è di­ r u ta minorazione nel numero, e nella graB 3 vez-


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vezza. E ’ un pezzo veramente , che ne’ miei ) ammalati non è occorfo di oifervare quella fomma concitazione ne polli, quegli fcarlatti eircofcritti alle gote, e quelle vampe frequen­ ti al volto. §• IL Inferm i della feconda C la jfe .

Storia.

N

Egli ammalati della feconda ClalTe la feb­ bre entra, e procede per tutta la prima felliniana con inganno . Fa picciole dimo zioni ; ma poi in men di un baleno li fcag lia , e fa feempio : eccita dolor lento nel capo, e ribrezzo ; e per lo più indolentifce ge-l neralmente la macchina. Credefi un principioi catarrale : il di feguente fi rallegra F amma-I lato di fentiriì bene, ed aver ben dormito hi notte. Siede il giorno fui letto, invano fi at-l tende nuovo freddo, e nuova febbre : fi ele-i vano foltanto i polii , ed il capo o non duo-1 le , o la doglia fi ofeura , o pure fugge , e [ torna; ed in forma di lancinanti percofle all« tempia, o fu ’1 vertice, per intervalli mole; Ita : icappano le orine naturali : il dimani 1 n° r V,ariano > nella magnitudine , che nella Speditezza . Per lo più fono gonfi , vi­ ranti , e teli : Scappano le orine in copia* ed acquofe. Si marcia nel quarto con paifi? ' uguar I


23 uguale : placide le notti , ed i giorni tran­ quilli invitano gli aitanti a congratularli con l’ Infermo . Suole la notte del quinto toglier elfi di fpeme : ella è moleita , comincia una fmania ; una flatulenza nel ventre , ed una fofpirofa opprefiìone negl’ Ipocondrj : ciocché fpeflò fi attribuìfce ad Ippocondria ; pemiciofo \afilo delle anime innocenti : fi perturba la fantafia ; forge la confufione ; la rimembranza non è chiara ; fi accaggiona F inedia , e fe fiotta il polfo , pur a lei s’ imputa . Qualche Medico incauto fe ne perfuade ; permette la zuppa ; ma fe ne pente ben tolto. In fatti all’ apparire del fettimo fi prefenta , 1 ’ afcofo nemico con folenne propenfione a dor­ mire , e con finghiozzo : fulfultano i tendini; i polli fi sballano; fi apre il ventre, fi evacua . la bile a color di zafferano . Funeltiflimo fegno ; tremano gli arti ; fcarfeggiano le orine , e quelle , che fcappano torbide , e putenti , comparifcono le petecchie , ora in guifa di violacee punte, ed ora come morditure da pul­ ce ; fi confonde la ragione ; in gran parte la memoria fi perde ; fi tumefa il ventre ; fi ten<le il deliro Ipocondrio ; la lingua alle volte * s’ inaridire nella fpina , dura nel retto il gluj tine bianco ; in parecchi fi annerifce ; in altri divien gialla ; ogni voce, ed ogni romore fpaVenta l’ ammalato. Vero Meteorifmo : la de­ glutizione è difficile ; Fano il refpiro , moleiliffimo foltanto, mentre beve F infermo : femB 4 bra-

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24 brano voti i polfi ; intermettono in molti: ed in altri interamente fi perde il finiftro, ed il braccio fteffo fi raffredda: cofa , che non accade prima del duodecimo fegno , falutare : verfo il nono fi affaccia il delirio ; in parec­ chi paffa in furore: dura la diarrea biliofa, fempre più foriera di finiftro : verfo 1’ undeciiìio fi cade in fonnolenza : per lo più fi deli­ ra dormendo ; vero vigile Coma : fi perde 1 avvertenza di ciocché fi evacua per le vie dell orina , e del federe : le forze mufcolari non fono piu quelle, che ben reggevano al primo ftadio : alcuni fi raffreddano all’ undecimo : finalmente al decimo quarto, giorno giu­ dicatone , o morte, o cancrene di decubito, oppure parotidi. P^r lo piu nel terzo ftadio le cancrene finidette , o le parotidi , fono i Trofei di Vitto­ ria : cede le armi il nemico abbattuto ; e la vincitrice Natura fi ricompone: riforgono perC1° 1 P . » fi bevano, fi magnificano; la lin­ gua divien molle, e polita ; fi sbaffa il ven­ tre ; le orme fcappano copiofe, e gravi : ter­ mina il Coma ; il corpo fi riapre ; ma non caccia , che materie cretofe : di rado comp* nlce qualche vermine : la febbre fi minora a proporzione , che fi fcarica la digerita matevi&enmo primo ceffa la febbre*


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Cìrcojhtnze particolari da notarft. !•

A Lcuni ammalati di quella febbre hanno avuto un procedere particolare nel fecondo fladio . Si fono aifonnati , gli occhi rolfi, ed i polfi fpafx, ed appena febbricitanti; fcarfe le orine ; copiofe le deiezioni biliofe, ma non mai avvertite da loro: comparfe di petecchie ; qualche leggiero finghiozzo , cosi, e fenz altro fino alla fine ; tumefacendofi giornal­ mente il ventre hanno terminato i loro gior­ ni ordinariamente al decimoquarto , fpeffo al nono, o undecimo , e rare volte al vigefimo primo . Di quelli anche fe ne fono guariti \ verfo il decimofettimo , o vigefimo primo , ed alle volte al vigefimo fettimo . Però tardiffimo è loro riufcito il rillabilimento, anche per le piaghe , che accadevano a cagione di confervar fempre un fito fenza mai fpolÌarfi. 2. Collantemente fi è notato , che appreflo alle acque, che fono cadute, ed aven ti bo­ reali e freddi , che fono fucceduti in divertì tempi dell’ Epidemia , le malattie fono dive­ nute più generali, e più ollinate . Fu fenfibile il divario, che accadde dalla meta di Mag­ gio fin alla meta di Giugno, per le molte acque, che caddero, e per li fenfibili freddi, che fufleguirono. In fatti . 3* Laddove prima le cancrene giudicavano ln falute quelle febbri; in avvenire, quantun­ que


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que compariifero in più luoghi, e follevaffero fenfibilmente gli ammalati ; pure le medefime riufcirono infuperabili, anche fotto la più dot­ ta mano operatrice. 4. Dippiù le piaghe de’ vefcicanti prima non fi videro mai cancrenare, ma in appreffo alcune volte fi oflervarono annerire: anche prima del 14. 5. Moftruofe convulfioni comparvero dopo le acque, che prima non fi erano vedute qua­ li m ai. 6. Ne’ primi tre meli i fudori nella prima fettimana della febbre, furono fempre efiziali'. d’ allora in poi utiliifimi, più dopo il fettimo, che prima i continuati, ed abbondanti (udori. Vidi guarire a perfezione due ammalati , che naturalmente fudarono e notte , e giorno in abbondanza dal terzo fino all’ ottavo giornoE quantunque uno di quefti ricadeife per er­ rore 'di vitto; pure riaprendofi al fecondo gior­ no la pelle validamente , fi riftabili in quat­ tro giorni. 7. Più ne’ caldi , che ne’ freddi fono coniparfe le frenefie , ed i furori ; come ancora più le parotidi, che le cancrene. Però fempre quelle fono fiate più critiche , che quelle. 8. Le petecchie punticolari , livide , e che sbucciano prima del fettimo, fono di funeftiij fimo fegno. A ll’ oppofto le macchie rofle , ufcite nel fettimo, o dopo , fempre di felici

annunzio ; or comparfe, ed or difparfe, &


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dubbio evento. Se le punticolari, e violacee , in qualche giorno critico fi fono cambiate in rubiconde , ed efpafe ; anzi di più ne compa­ rivano ; fegno ficuro di riforta. Se all’ incon­ tro le rubiconde fi nafcondevano fotto la cu­ ticola , e paffavano nella condizione delle pri­ me : fegno certiifimo di Arane convulfioni, e di morte. p. Anomalia, o fia varietà, grande di fin­ tomi in diverfi fubbietti ; come anche fotto le acque , ed i frefchi. 10. In alcuni critiche metaftafi, o fiano depofizioni di marcia nel petto, e nel capo; le quali cacciandofi , giudicaron bene la febbre. 1 1 . In altri generali icorofe marce in quali tutta la circolazione verfo il 14. . Ciocché è ìfultato dalle infinite puftole marcite, che fo­ to fortite fopra la pelle , nel tempo fìeifo, 'che dal petto , dal nafo , e dalle piaghe de’ ' refcìcanti ufciva marcia a diluvio : la confu­ tazione delle forze fa in quelli cafi irreparaile la perdita . 12 . La fomma enfiagione dell’ addome per lo più ferale. Le orine perciò frequentemente fi trattenevano nella vefcica; le quali non avvertite , nè riparate, fono fiate di aflàifiìtfto nocumento . 13 . Non è fiato collante , che al fettimo 1 manifeftafle la violenza di quella febbre. Stolte volte al quinto , al nono, ed al deci. Quanto più prello fi è fatta conofcere, meno


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meno funeila è riufcita. Guai per coloro, ne quali è comparfa al decimo. 14. Le vacuazioni ventrali o proccurate,o fpontanee , prima del fettimo collantemente fono Hate funelle : fpecialmente quelle , che fono fcappate nel fettimo in prodigiofa copia, tinte di un giallo forte , fimili a i torli di uova, e che fermentavano nel pitale . 15. Le intermittenze de’ polfi , che fono comparfe fin dal terzo, o dal quinto fono fia­ te quafi fempre foriere di morte. La Lorditi al contrario in ogni giorno, eh’ è accaduta, è fiata preludio certo di vita . 1 6. Nè il morire fu collante al quattordici; nè il guarire al ventuno . La morte ha col­ pito al terzo improvifamente con Sincope, come olfervai in un Laico Alcanterino del Convento di S. Lucia del Monte : ha colpito al fettimo , al nono , all’ undecimo , al deci­ mo fettimo , al vigelimo quarto , al vigelìm0 fettimo , al trigefimo prim o, come uomio1 veridici mi hanno aflicurato . Così parimene è andato il guarire . 17 . Chi fotto f azion del vomitivo cacai* va molta bile verde , e denfa , ed il venti« fi manteneva chiufo , almeno fin all’ ottavo; guariva certamente . A ll’ incontro, fe inveì* di vomitare , fi feioglieva il ventre , fpezitd' mente di bilifere fonili materie, quell’ amm*’ lato paifava certo pericolo di morire. U n ver* me per bocca a principio , fegno m ale. LI


25) §. III. Infermi della terza Claffe, Egli ammalati della terza claffe , quan­ tunque fui principio cominciaffe il me* defimo apparato di fintomi, che fi è notato negli altri ; pure dal terzo giorno in poi la febbre cambiando d’ afpetto, è fembrato loro, *che non fodero più infermi. Fuori di un pic­ ciolo fcaldamento di capo, alcune interruzioni ài fonno , una notabile efpanfione ne’ polfi, e ^ lingua fempre fporca di bianco vifcido, non fi è notato fino al 14. altro di pofitivo. Mol­ ti fi fono tenuti fuori di letto per tutto il tempo della malattia . Non faprei indovinae \ ^e. vtan*a clemenza in cortoro nafceffe per jenignita di veleno ; oppure per valore della Slatura, o dell’ arte. So che per lo più sì fe­ lci comparfe fono accadute in que , che tre volte fi fono a prima falaffati, e che fotto I lino, o due vomitivi hanno gettata grande £opia di denfa , e tenace bile , verde come il ugo della ruta . So che , fe non è giunto il Quattordici, non è caduta la febbre, ed il più 'elle volte non è ceffata fenza una fenfibile :vacuazione . Il primo apparato è lo fteffo , * cura è efficace , il fuo tempo è di bene ; parti. Dunque fi potrebbe fupporre un be­ neficio dell’ arte. E perchè con la medefima cura N


cura non tutti han fortito la {Iella felicità, devefi ancora attribuire alla buona compleiiione. Parecchi di quelli fono guariti al fettimo, ed al nono. Uno , o due vomitivi ; due, o tre milftoni di fangue in prima , ed in feguito: ■ tre ferviziali di acqua, e mele in tutt’ i giorni ; due, o tre limonate ; digiuno ; ed ac­ qua con fugo di limoni ogni ora , fono flati rimedj , che felicemente han guariti dett’ in­ fermi a perfezione.

A R T I C O L O

I V.

Cenere, e fpecie delle febbri correnti , ed indole del 'veleno.

I

N qualunque modo fi vanno efaminando febbri della nota Epidemia, tutte poflbnot e debbono ridurfi al genere delle putride • Queir infoifribile lezzo , che fpirava dagli£' fcrementi degli ammalati , quel tartaro tena£i della lingua, collante in tu tti, quel calori quei vermini, quelle orine confufe , torbi^ e putenti, quella continuità di febbre fellZ? diilinzione, e quanto di uniforme , o di ^ vario li e rilevato ne’ noilri ammalati , tu"11' lignifica quella grande degenerazione di un1*3 r i , che dichiara il putrido • Per putrido non s’ intende quella vera ca<^' venca corruzione, che alcuni im m agina^


ma qualunque grande degenerazione dallo fla­ to naturale, che i fughi umani concepifcono , a fentenza di Galeno , e degli antichi. Poifono i liquori de’ viventi in due modi jfommamente alterarfi : o liquefacendofl, oppu­ re addenfandofi . E perciò due generi di feb­ bri putride , le quali egualmente corrompono gli umori, fi diftinguono in pratica. U na, che ficonofce l’ accaglio, ed il glutine, o ila tena­ ce infiammatorio ; e la feconda , che procede dalla fufione corruttoria. E perchè i gradi del rappiglio, come quel­ la della foluzione, poifono efl'ere varj a feconla della maggiore, o minore attivith della ca­ tione efficiente ; fiegue che anche le febbri debbano eccitarli varie nel valore , nella eften|one, e nel modo di procedere. I Quindi e nata la nota diflinzione delle tré [pecie di febbri putride , che i pratici chiamar o Ornatone; e fono quelle, che da prima’fino |u ultimo marciano fempre di un tenore e f e sputano falutari : Anabaùche, o Anacmafllche ; e fono quelle, che infenfibilmente au­ mentano , e fono piene di pericolo : Par arma. \ ™ e finalmenre appellano quelle , che infen­ sam ente fcemano, e che non fono di alpericolo. J Quando fi ponga mente alla natura, ed al f °r7 tutte le febbri della noftra Epidemia, le , ?yjmetlte li rinviene la notata diftinziolvérb putridi, ma ancora la varia fpef deUe febbri putride. 11


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Il fangue della maggior parte degli amma­ lati , come da’ caratteri , da’ fintomi , e dall’ offervazione rifulta , per lo più è flato denfo, e rapprefo ; e però ordinariamente le febbri di queft’anno fono dipendute da un glutine in ilammatorio . Ciò non efclude , che altre vi ne fieno fiate del genere corruttorio , come ì accaduto offervare , potendofi ben capire co me un medefimo veleno poffa in diverfi fog getti per infinite circoilanze alterare differenti mente gli elementi de noflri individui. Per la qual cofa liberamente poffono appi! larfi le correnti febbri putride infiammatori«! e putride corruttorie . E volendo feguire li tre notate fpecie, potremo a tutta ragione re il titolo di Omotorie a quelle, che fon coi" prefe nella prima claffe : di Anabaticbe a le della feconda : e finalmente di Paretemi che alle ultime comprefe nella terza. Ea voce maligna, che volgarmente fi ' attribuita alle febbri della feconda claffe, deefi capire per quella febbre, che i Pr^ diflinguono diverfiifima da ogni altra y ma f ‘ che il modo ingannevole di procedere le flituifcono di carattere maligno . Malign°11 dice colui , che dolce al di fuori, è barba1? al di dentro ; ha la voce di Giacobbe , e l{ mani di Efaù . y ero. ^he le febbri puramente raalig111! per la fomiglianza de fintomi, hanno molta3 finita con le Anabatiche j ma vi è della


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ferenza , che caratterizza, e diftingue 1’ una f i l i ’ altra » La negligenza di non ben diftin1 ^uere una febbre dall’ altra, può far commetI ere in pratica mille errori. Quello maledet] to nome di maligno, gridavaSydenham, il qua­ li e introdotto in Medicina, ha cagionato I mu danno , che non ne produfle F invenzione iella polvere da fchioppo. E ' facile veramen] e ne mali Epidemici, ne’ quali ci vuol mol| f ? per capirne F indole, e la natura, di rifugI piarli all afilo di malignita , medicandofi co-* t ,ìle febbri maligne quelle, che con effetto | Non faranno : e poi Iddio folo f a , quali fcom 1 -ezze , e quali falli non fi commettono. Non potendoli parlare con preqifione fu la | matura del veleno , che fa le febbri correnti, I :op e qtjeha , che mai non fi può individuare cal1 d\ Epidemia, bafterh accennarne alcu* g i i motivi, fu de quali ognuno riflettendo, può fle terminarli, come meglio F aggrada . Da quanto è detto fu la natura delie febbri, Olendoli chiaramente rilevato, che nella ma», «ior parte degli ammalati, gli umori fono fta7 denfl > e nelb minor parte fciolti , e fufi ‘embra, che polla feguirne , che l’ indole del ,eleno iia ftata coagolante piuttofto, che fonfn T e r mal?rado la differenza degli effetti, che f e t e r m ì X ’.

C‘ Ò " 0" PWÒ Q° n Precifl0ne

j / uo uno ^effb veleno introdotto nel fangue L viventi ora addensarlo , ed ora liquefarlo.


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Ì1 veleno, che fa il vaiuolo, per lo piu rap­ piglia, ed infiamma il fangue ; ma non è che in mille incontri non lo fonde, e lo cor rompe . Per poco che fi riflette fu la natura degli acidi, e degli alcali, i quali in divedi gradi di fottigliezza or addenfano , ed ora li quefanno i fughi de viventi , ben pretto re iteremo convinti di ciò, che fi vuol provare Un debile acido fcioglie il fangue, e le linfe; laddove il forte, ed auftero l’ accaglia. Gli al­ cali medefimi, che diconfi fitti, ancor lo fon dono; ma non è , che i volatili non lo ride cono m grumi, come fa il fugo di cicuta 10 fpirito di vitriolo , ed il fale di ramerino Potrebb’ ettere , che un fale medefimo, uno fpirito, il quale accaglia il fangue eftratto dalla vena, lo liquefaccia , poiché fia iminei' fo nella circolazione. Mille circoftanze, e mil le iiKontri poflòno nel moto alterarne la m tura . Baglivi efaminando la natura delle can­ taridi , rilevò , che congelavano tenacement 11 fangue eftratto dalla vena di un animale laddove immerfe nelle vene del medefimo, * liquefacevano. Fallace è dunque il conchiu^ r e , allorché fi vede negli fperimenti efterio11 produrfi un effetto , che tale fesuir ne d°' vette nella macchina de viven ti. E* tanto nota la varietà degli effetti un miafina medefimo può produrre ne’ cotp1 umani, che il dottiflimo Lobb , Medico l'1 glefe, non ebbe la menoma diftìculta d’ imp11 taf«


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tare doppia indole a’ veleni, che fa la Pelle, il Vaiuolo , e l’ Epidemia. E proprio del calore febbrile, efprimere dal angue la parte fottiliflima , e rappigliarlo ; :on tutto ciò è cofa ben ficura, che talvolta iccrefciuto in eccello , fonde gli umori, e gli •orrompe. Polfon dunque per una ftelfa cagio­ ne fvegliarfi ne’ corpi più , o meno fendibili, afferenti gradi di calore * e quindi rifultarne a liquefazione, o il rappiglio. lo rilevo da quanto fi è detto, e dagli efit t i , che fi fono veduti in differenti amma­ l i , che potrebbe eflere un acido fale or aufero, ed ora debile; o pure un alcali ora fif0 V . ora v Patrie i quello, che fa i mali »refenti ; ma di ciò chi può mai aflìcurarmene ? r «i_?a T6’1"0 ’ ° he qucl Putrido vapore, che fvolazza da-poveri e che fi è pÌovat’o cagione eccitante dell Epidemia, può elfere di natura f Clda ’ ed alcalina, ed avere m aasiore, o mi­ nore temuta : ma che fo io quali precife difitofraoni vi erano ne' corpi , e quali altera­ l i j i i P0? ffe ricevere dalla dimora ne’ cenci, C i 'ia fo r a del calore , o dalle infinite r Ì , > che galleggiano nell’ aria? L ? ci f lcura » che guafta bile e cor­ ti , quale patentemente fi è veduta, non ile m , VOìf,a- rovefciata nel fangue , i di cui i'h e 1 a^^ia m diverfi modi difordinati ? So, f bue imputridita è un flagello del fan-

C

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gue , e delle linfe ; e fo parimente , che ogni foitanza degenerata dallo dato di natura , può guadare le vicine toccando, e le lontane. Ma non fo quai guadi debbano fuccedere, o qua­ li precife fodanze vadino a ledere. Se dunque il denfo , e lo fciolto polTono egualmente infiammare ; il caldo in un grado agglutinare , e liquefare in un altro ; gli al­ cali fidi feiogliere, ed i volatili rappigliare, come ancora i forti, ed i debili acidi, e mil­ le ignote cagioni eflfervi da noi nè vedute, nè concepite , le quali potelfero guadare , « difordinare le folide non meno, che le fluidi fodanze de’ nodri individui ; come decidere li natura del veleno, che fa le nodre malattie! Decida chi vuole, che io fon contento ap­ pieno di confeifare la propria ignoranza di no» intendere, nè capire, dì che precifa naturi fia il veleno, che fa 1’ Epidemia prefente : uno, o più fiano i principj morbofi, chegi°r' nalmente in diverfi modi ci fanno infermati je fe tutto deriva da ciò, che ci capita di fu0* r i , o da quello, che dentro di noi iòggiorM oppure di nuovo fi apparecchia.

A*


j

i - m ip 1S 3 Ragioni fu la diverfità de metodi curativi pra­ ticati nelle correnti malattie.

/ ^ O lo r o , i quali ignorano la Medicina, entrano in ammirazione , e pare , che Te ne fcandalezzino, vedendo , che i Medici nel [curare le malattie di un genere medefìmo , e penfano fra di loro diverfamente, e molti non Seguono ad un modo la cura in tutt’ i loro ammalati. Per far loro capire, che la diverfith nel medicare non fempre diriva da igno­ ranza , com’ eili forfè fupporranno ; ma proce­ de molte volte da lapere, è di meitieri , che s informino pria di ogni altro , che i mali Epidemici^ fgomentano chicheifia ; tanta è la varietà de cafi, che accadono , e tanta la dif­ ferenza, che paifa tra Epidemia , ed Epide­ m ia. E quantunque tal volta avviene , che negli ammalati di una Epidemia , fi noti per la fomiglianza, ed uniformità de ¡intorni, che le malattie abbiano grande rapporto con quel­ le di un’ altra; pure fi vede, che quegli fteiE I nmédj, i quali prima guarirono, riefcono quin­ di e nocivi, e fatali . I ,, Sydenbam, il grande Sfdenbam, vero feguacs I Ippocrate, ed attento Scrittore de’ mali EP> cm ici, conofcendo per pruova , e per con­ cimata fpcrienza la diverfiù , che s’ incontra C 2 tra;

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3« , tra l’ u no, e l’ altro morbo Epidemico, e tra ammalati di una flefla Epidemia, confeflà di buon grado, che nelle prime invafioni di una nuova coftituzione, fi finarriva; e m olti, fin che non ne capifife l’ indole , e la natura de’ m a li, bifognava pericolaifero nelle fue mani. Fin a quel punto adunque, che non fi per­ viene a fpiare l’ indole delle malattie , e la Natura non dimoftri quel, che le conviene, o noccia ; colui , il quale medica, per favio, e prudente, che fia, non può , nè deve, quan­ do non voglia ciecamente operare , determi­ narli a cura fifla e (labile . Per la qual cola è addivenuto , che ne’ primi tempi della noitra Epidemia, nella quale grande eifendo fia­ te la varietà de’ m ali, e de’ fintomi , com’ è veduto, e fcritto, varie cofe fi tentaffero, per riparare ora quello , e per rifarcire ora quell’ altro danno. Il modo vario di procedere nelle cure , eli' è nato per limile cagione , non è da imputarfi a quella ignoranza, che fi vuole ; ma a iomma làviezza , e laudevole prudenza. Nelle circofianze dell’ arte Medica, nella quale man* cano i punti di appoggio, ed i certi dati « che tutto deve nafeere dall’ oflervazione ; è fommo giudizio, ed è grande avvedutezza, abbandonare ciò che non giova, e feguire quel cne non nuoce. Quante volte i favj Legali > tutto che abbiano la legge ieritta , eh’ è ufl grande, e ficuro appoggio, rivocano i lor p&* ieri,


1

39 reri, e ad altri fi appigliano , perchè non il confanno con i cafi particolari ? Sono <le men­ ti umane pur troppo limitate : e per capire ciò, che fi vuole , come richìedefi , bifogna, che tralignino, e tralignando , mille vie , e mille modi adoperano per riufcirvi. Se meri­ ta ogni arte, ed ogni fcienza perciò compati­ mento , e lode infieme ; molto piu fel merita colei , che incontra Tempre nuove , e ftrane cofe, che le prime diftruggono, o le feconde. Perlochè nell’ efercizio , nella pratica , e nel1’ ufo della Medicina, fa d’ uopo, che il vero Medico abbia mai fempre pronta la fcienza delle cofe mediche , non che

!

Pien di filofofia la lingua, e 7 petto .

E per tornare Pa , onde partimmo, pongali mente in oltre a’ particolari talenti , che le malattie di quell’ anno han dimollrato ; ed alle novità, che ad effe procurò l’errore de’ tempi, quando voglia ben capirli la non intefa, o mal concepita diverfa prudenza di medicare . _ Moltilfimi, com’ è notato, fi fono infermati con la febbre putrida infiammatoria, e pa­ recchi con la putrida corruttoria. Chi non fa, che i fluidi de’ primi fono addenfati, e le fibbre vivide, e Aizzate; e che ne’ fecondi fciolri fono, o fufi , e 1’ azione della vita rincrefcevole ? E chi non capifce ora , che in Quelli fi conveniva fciorre, minorare, ed amC 4 man-


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manzire il foverchio ardire de’ faìdi ; laddove in quelli biiognava agglutinare , ed accrefcere alla vita quella forza , che mancando , f era d uopo ? Di neceffità dunque a tal riguardo li dovea riconofcere varia quell’ opera , che gli ottimi Profefiori impiegavano nella cura de’ diverlì loro ammalati. Cosi per ovviare a quelle novità, che fot r^°i aÌ^rra ’ ^uan<^° acque in copia da Ciel difeefero , e i freddi le accompagna rono , flurbandos’ il trafpirato , e cambian j -1 .ah3ett0 malattie ; furono i prudent Medici nella neceiiità di fervirfi di que’ mez zi , che prima non erano nè opportuni , n< tiecelTarj. Su di che vaglia l’ efemplo di rego ■la , e di maggiore intelligenza .

n° tÒ nelIe Particolarit^ > che i mali pe ireddi o per le acque divennero piu fanelli e che laddove le cancrene prima riufcivanc laiutafn, comparvero allora maggiori , ed ini' medicabili ^ Ogni Medico capiva , che man­ cando la via della pelle ; onde gran parte del1 impuro fi feema; tutto fi riconcentrava nella circolazione , che poi deponendo la fianca C vi natrice Natura, per intero la copia di quel ve eno , che 1 era nemico, più profonde , s ptu numerofe generava le mortificazioni. Or rilevando gli avveduti Medici , che la Natura era contraffarà da forze maggiori , e che perciò fuuefte riufeivano quelle crii! , le quali prima furon falmari : ficcome quinci


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Ima erano attenti a non difturbarla, anzi fe­ condarla ; furon quindi nell’ obbligo di fovvenir|a per altre v ie, alleggiandola del dippiù, che |a opprimeva , ora co’ falafli , ed ora con le jBolci, e blande purghe, la maggior parte infuppanti, ed alcaline ; e ciò non fenza fon­ damento . I Quando la pelle chiudefi, il ventre f i apre; cola troppo trita, e troppo certa ; vai’ a dire, ie in ordine al dippiù , il quale non fi eftrae :r quella v ia , la Natura ne adopra un altra, n cui compenfa a ciocché fi conviene . Ed Medico féguendo lei, come maeftra, e fcorta, entr’ ella manca in una , e per 1’ altra via >n puote, 1’ invita alla prima , e non rim­ andogli, alla feconda la richiama. E ciò va eglio. Imperocché ella mai fempre nelle ideila fcarica, comunque fia opprelfa, fe non In tutto, almeno in parte, quello, che dalla pelle fi difturba. E perciò utile farebbe folleticar |1 ventre , perchè fi fgravi di quel, che non 1 buono j che col'a ftia, e che da giorno in ;iorno , viapiù accumulandofi , oltre degli ol\ ra§gi ì che ov’ efifte, genera ; può di bel nuo'O aiforbirfi nel comune circolo, fe non fi eiae . Quindi le picciole , e continuate puri \ e furon di propofito allora , laddove prima le neceifarie , nè di giovamento fiate fareb­ bero . L ^ P°jchè i freddi ceffkrotìo > e la trafpira10ne di bel nuovo fi rim ife, quali mai più ve-


vedendoli quelle cancrenofe depofizionì, e gua­ rendo gl’ infermi con copiofi fudori ; i quali mancando in alcuni , (frane convuliioni com­ parivano j farebbe (fato allora un grave delit­ to , fe fi aveife voluto continuare, come pri­ m a, l’ ufo de giornalieri purganti. Quale fvia mento non fi farebbe proccurato a quel vele no, che prudentemente la Natura cacciava pei la pelle, e quale lfurbo a lei non fi farebbi indotto? Chi vuol divenire Padrone della Na tura , convien , che la fecondi, dice Ippocra te : e perciò ci lafciò icritto quel Canone co ftantemente in pratica comprovato : Quo ìs ' tura vergì t , eo ducere oportet. Fin qui pare , che vadi affai concludente mente provato , il perchè un Medico iteli» ora abbia tenuta una maniera di curare , o ora un altra. Reità quindi a diflfaminare , perchè aleuti1 Medici han feguito un metodo curativo ferente da quello degli altri ; e perchè tutu glorificano il proprio ; non potendoti capire come metodi diverfi , ed opporti debban gu* rire malattie di un genere. A capir ciò , che fi agogna, fi rifletta che in tutti i tempi fono regnati i varj >' itemi di Medicina , ed in ogni luogo ev'1 chi quello , e chi quello adotta , fecondo diverta inclinazione, ed amor proprio. Si«111' mente convien giudicare della non picciori moltitudine di que Medici, che qui riiegg0'

no»


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i quali diverfamente penlàndo, diverfa|iente operano * Sieguono alcuni religiofamente le orme degli crittori , e de’ loro Maeftri , e quelli lenza iilinzione di tempi , di temperamenti, e di Jtre circollanze, non punto fcollandoft da pre­ diti lludiati , metodicamente battono Tempre il ledelimo fenderò. Colloro , chi non vede, |ie ne’ cali defcritti dovettero effere difcordi In quegli altri Medici, che facendo nafcere la Medicina dall’ olfervazione, cambiano di fentilento a tenore, che mutano le circollanze Ile infermità , o che loro fi prefentano am­ alati , ne’ quali accortamente dillinguono una tura di male, dilferente dalla commune? V ’ ha di molti , che fenza diftinzione di talit'a , o gravezza di mali , e fenza punto ^guardare nè circollanze , nè tem pi, curano Tempre ad un modo ; fu la falfa credenza, che le malattie abbiano una commune origi; o che per una comune llrada le cagiomorbifiche debbano ellrarfi . Elmonzio li lerfuafe , che tutte le febbri doveano guarirli jer la via de’ fudori ; e perciò chiamava i Suloriferi la comune falce di tutte le febbri : non vi volea altro , perchè Gianbatilha ■ anhelmont ricettalfe Diaforetici , eh’ egli »ffe informato, che 1’ Uomo febbricitalfe. io non fo , fe qui vi fiano Elm onziani. o bene però , che v’ ha di quei, Che


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Che la ragion fommetton al talento , E credono per fermo , che la comune falci de mali fia 1’ olio , e le purghe ; e non vi vuol altro per metter mano agli olj , ed alle purghe, che loro fi dica , Tizio è infermo Turpe genus medentum. In mille incontri ho avuto luogo di confermarmi , che in Napoli vi fia quella razzi di fiftematici . Non ha guari, eh© fui chia­ mato a confultare una Donna , ch’ era infer­ ma dallo fpazio di diciotto giorni. Intefi, difin allora, non fo chi Medico la curaffe, I erano a lei fomminiftrate non meno, che u» dici purghe , due falaih, ed 84. once di oli» Poco tempo dopo me ne capitò uh altra p le mani, fenza fapere chi altro la medicali«! e correva l’ ottavo giorno di fua malattia che già ella avea in corpo non meno , d1 fette purghe formali , e da trenta once ^ olio, oltre de ferviziali frequenti, e fufficic1; te copia di fiero. Mi fu aihcurato , che_^ una donzella vi fu chi daife in ventisette gtff; ni di malattia, purghe num. 19 , ed once & olio num. 1 2 0 . modo tabe laborat. Or chi ben fi rammenta di quanto è de1’ to fu la difficoltà di conofcere i mali epi^ m ici, e fu de’ divertì cali , che fono accadi' in tempi differenti negli ammalati della n°‘ ftra epidemia ; e poi bilancia i fittemi , e

op


¡opinioni de’ tre defcritti ranghi di Proiettori; ^rileverà ben torto , onde avvenne, che si di­ cordi foffero nel medicare , e che non anco­ ra : La falfa

ìinion dal cor fi è tolta •

Per far quindi capire ad ognuno, perchè rutti vantaggiano il proprio metodo, e perche nolti fel credan fermamente ; parmi , che ìon porta durarfi molta fatica , quando fi fa icordare , che tra i m olti, e molti ammalai di queft’ anno , la maggior parte fono ftai que' della prima, e terza Claffe , cioè que’ ii febbri falutari, e di niun pericolo. La Naura non fidamente è Arata fuperiore al male n tali ammalati , ma anche fi ha prefo a »effe i difturbi, che le proccurò l’ arte : ond’ addivenuto, che tutti fono guariti con ,quaunque metodo curativo; e però ad ogni Me­ lico è riuffito di vederne guarire fiotto la fua rondotta molti ; perlochè al proprio metodo ì è attribuita quella gloria , e quel potere, che drittamente fi dovea alla Natura. Quanti furti confimili fi fanno continuamente ne’ ma­ li acuti alla Natura ? Oh fe ella parlar potet­ te , quante volte ci farebbe arroifire efclamando : Hos ego verftculos feci; tulit alter honoreu Igno-


46 Ignorare, o non voler capire; o voler nafcondere quel beneficio , che alla Natura fi compete, e non al rimedio , è cofa , a mia fentenza, affai perniciofa pe’ cali futuri . Non è cofa più facile, che fi imita nelle occafion i , quanto quel rimedio , che una volta fu creduto falutare . Nè evvi cofa men difficile, quanto il concepire nelle malattie acute, che il più delle volte tutto fi deve alla medican­ te Natura. Baita. ^La Medicina è un Caos, nella qua­ le infiniti riguardi fi chieggono , affidue pruov e , inceffante fatica, ed incredibile vigilanza per ben curare , e non offendere ; non giù per guarire Tempre , come la gente preTurne? pretendendo ad un cotal modo da’ Profeffori quella immortalità, che Iddio all’ Uomo non conceffe. a r t i c o l o

V.

Metodo Curativo .

Salaffi, ed i vomitivi fono flati i primi rimedj, i quali univerfalmente , e collan­ temente fi fono praticati negli ammalati d la nota febbre La pratica però non è fiata in tutti i tem pi, ed in tutti i foggetti uni' forme . Secondo le opportunità , ed i biffigli fi e dovuto alle volte o replicarne , o di' fmetterne 1 ufo. Il fàlaffo, piucchè l’ emetico?

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4? fu i primi giorni della febbre , è convenuto replicare bene fpeifo ; tra perchè i polfi fi foftenevano duri, e gonfj ; tra perchè la doglia del capo crudelmente moleilava. Spellò è ac­ caduta ancora la neceflìta di dover replicare gli Emetici nel terzo y ed alle volte anche nel fettimo : imperocché il più delle volte fi è rilevato , che nel ventricolo tuttavia ftanziava porzione di quella bile porracea ; di che la natura ifteffa ne dava i fegni veri , ora movendo la naufea , ed ora il vom ito. Ne’ primi mefi 1’ ufo degli Emetici fu più frequente , che non negli ultimi ; perchè al­ lora , come fi è detto, maggior copia della cennata bile predominava . In fatti in tal tempo per lo più il replicato ufo riuniro­ no falutare medicina . Il falalfo non fidamente fi è dovuto prati­ care , e replicare più fiate fu’l principio delle febbri , ma talvolta anche ne’ giorni più al­ ti ; per minorare quella folla di fangue , che nel capo determinandofi, faceva cadere gli In­ fermi in fatali fonnolenze. A qual effetto ora ft ordinava la iniffione del fangue con le cop­ pe da dietro 1’ occipite , ed ora dalla jugulare . Efecuzione, che non riufcendo fempre dì fenfibile profitto , a molti ha dato motivo ni dubitare, che le frequenti Miffioni di fan<* §Ue, non fuffero di nocumento’ . Nelle circoftanze di febbri putride corrutt0rìe j ove la forza della vita è fcemata di mol-


4B m olto, il dubbio è ragionevole , Poiché in tali ammalati non fidamente reputo nocevoli le frequenti, e iarghe miflioni di fangue, ma ancora le fcarfe , e le rare. Non credo però, che in tali cafx vi fuife chi allargale la ma­ no a tirar fangue , Ma in quegl’ Infermi , ne’ quali è patente la tenacità infiammatoria; chi non vede, che per riparare gli ulteriori addenfamenti del fan* gue , e per evitare, che la fibbra per le fo* verchie diftenfioni non ne perda la natia vi­ vezza ; le frequenti detrazioni fono ed oppor­ tune , e neceffarie ? Se vi è cafo , ove biso­ gna affolutamente divenir Galenico, mi pare) che fia quello dello flato infiammatorio. Co­ me altrimenti riparare , che il fangue ulte­ riormente non fi addenfi ; che addeniato Ì fciolga, e che le libbre non foifrano oltraggi0 perula fomma diftenzione? La detrazione,111'' norando il volume del iàngue, ne accelera'1movimento . Diali maggior libertà , e fpazi° a cannelli elaftici, e dirteli , che elfi batte' ranno con energia , e forza luperiore i co111' prefi umori . Quella è quella Natura , ch! tanto fi richiede ne’ mali acuti per attenui' re , concuocere , e fuperare ogni obice> ed ogni refiftenza : e quella è quella che il Medico deve foftenere prudentemente) nel cafo , che difetta , fe voglia riufeir 1,L bene nelle cure. Natura valida, o natura bile e lo fleifo, che forza valida, e forza ^


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I , 49 bile di quei v afi, e di quelle macchine , che fan girare gli umori. Quando per la diffrazione eccelli va de’ folidi , e per la fomma denfita del fangue , le forze cadono, ed i polfi fi fan voti; allora le mifìioni di fangue, fono piuttoflo nocevoli, 1 che di follievo. Se per avventura vi fuife mai flato alcuno, il quale ufato aveffe in ta­ li circoftanze la flebotomia , il che non creB do ; quelli merita quella taccia, che la gen| t e , che p arlale non ragiona, vuole attribuiI m fenza riferva , alla frequenza di tirar fanI gue . Chi non tirerebbe fangue in tem|P ° ) che un infermo , oltre di effer pleto1 tico , ha gli occhi infiammati , il capo oppreifo , le gote arroffite , turgidi , e duri i P°lii \ T al era lo flato di quegli , a’ quali ne giorni alti fi è dovuto tirar fangue, o dalla vena jugulare , o con la coppa dall’ occipite. I vefcicanti fono flati ancora fu i primi niefì a larga mano, e generalmente ufati ; fpezialmente negli ammalati della feconda clafje; ma poiché avvenne, che molti foftriflero ifcuria vefcicale, o fia 1’ impotenza ad orillare , furono creduti offenfivi , laddove pripatentemente riufcivano falutari . Io non ° ' ie tl rimedio attraffaffe le orine , o il jpale ifteffo : fo bene però, che tanto co’ veC[canti, quanto fenza, in parecchi 1’ ifcuria è c°mparfa nel fettimo. D Io t


Io non niégo, che le cantaridi fono molefie alla vefcica, e che poifono offenderla, quando fe ne faccia abufo; ma niuno dovrebbe igno­ rare , che laddove evvi fomma lentezza e tenacità negli umori , non che pigrizia ne’ folidi ; è facile f attrailo delle fecrezioni : e però i conici fali di que’ volatili , fciogliendo fa denfit'a degli umori, ed eriggendo la forza della vita, non folo non debbono reputarli nocevoli , ma utili e falutari . Ne’ cafi dunque delle malattie correnti, nelle quali la denfità degli umori, ed il fommo riticrefcimento del­ la vita , fono flati patenti; chi non vede, che f ufo degli Epifpaflici era più , che in­ dicato ? Se ne condanni adunque V abufo, quando fi voglia , e fe ne incolpi pur colui , il quale, fe mai vi è flato, fenza diftinzione fe ne fi» fervito in tutti i cafi . Ne’ cafi di calda in­ fiammazione , ove bifogna piùttoflo rallen­ tare 1’ audacia della fibbre , eh’ eriggerla , e condannabile 1’ applicazione de’ vefcicanti. Più forte nacque il foipetto , allora quando dalla metà di Maggio in poi fi cominciarono a veder cancrenare le piaghe de’ vefcicantiErrore del primo affai più manifeito . Per non errare, fi avrebbe dovuto por mente u' che tempo, ed in quali ammalati accadevano'“1' li infaufle comparfè . E ' ficuro, che non nern> vano le piaghe , fe non perveniva il della nota crifi ne’ luoghi di depofito ; va,.1'

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a dire, allora che la Natura gft deponeva al­ la periferia le loftanze, che mortificavano le parti non ulcerate . Erano dunque gli anneri­ menti delle piaghe un effetto del male , e non del rimedio. Se 1’ azione delle cantaridi * o di altro, che entra nella compofizione del­ la palla de’ vefcicanti , fuffe fiata la cagione delle annerite piaghe ; la cancrena doveva co."a\> o generarfi nel tempo dell’ applicazione, o poco dopo , fenza afpettare , che fi avvici­ nale il giorno critico , in cui la depofizione lo faceffe . Ed in fatti chi ferialmente ha notato ed offervato , ha avuto luogo di rilevare, che laddove i polfi prima di annerirfi le piaghe , erano languidi , Enarriti , e v o ti, dopo tale comparia, a lti, e forti fi oifervavano . Le cancrene , che nafcono in qualunque parte del corpo, per la perduta forza vitale ne’ cafi di morbo acuto, non fidamente feco non portano rinfranco di forze alla macchina ab­ battuta , ed a’ languidi polfi ; ma vieppiù la raffreddano, ed i polfi debilitano. E quando fia cosi , chi non vede , come al falfi fi appone colui , il quale attribuifce all’ opera de vefcicanti, ciocche non fi deve;? Quelle piaghe, che tanto fi fino credute nocev°li ? fe drittamente fi penfa, elleno fi do­ vrebbero reputare falutari. Io non dico , che per quelle, tutto ciò che fi educe, foffe mor°fi : ma fempre vi è luogo di credere, che D

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col buono il “guaito anche ne ufeiife : le vefcichette , che producevano le cantaridi , non fi vedevano piene di un fiero giallo, e mor­ dace ? E f eitrazione di una porzione di ve­ leno , qualunque fia , non è tempre vantaggiofa ? E con tutto ciò pur vorrei perdonare chi cosi penfa, fe collantemente in tutti, o al­ meno nella maggior parte degli ammalati tuf­ ferò comparfe le cancrene nelle confapute piaghe . I cafi fono itati affai particolari : e fa ognuno , che mal fi deduce dal particolare al generale . Per condannar dunque un rime­ dio , è d’ uopo , che generalmente noccia : ed indi convien difcernere , fe il nocumento di­ penda aflblutamente da quello . Per la qual cofa fomma maraviglia mi hi recato in veggendo , che la moltitudine de Medici preitando orecchio alla voce popolare, fi contentaffe di abbandonare una medicina, che per tutte le vie dovea reputarti utile , e non nociva. Operare fecondo la politica , e contrario all’ interno conofcimento , non fo b vadi bene . Io ne’ cafi , ove ho riconofciu^ la neceffita de’ vefcicanti, non ho mancato di ufarli fenza riguardo, in tutti i tempi indi' fintam ente, come fi conveniva, ed ho v e d u ­ to , mercè 1’ alta Poffanza, che fono riufo^ per lo piu faufte le cure de’ miei Infermi) delle quali ne potrei teffere ballante cata­ logo , Biiògna operare con ragion veduta, di-


ce Ippocrate ; e quando non riefchi , che fucceda fecondo la ragione , vantaggiofo F effet­ to , non fi deve paifar oltre fenza di lei . Le purghe tra gli altri rimedj, fi fono tifa­ te dalla moltitudine , fenza indicanza però , e fenza buono effetto . Fin da principio , che il male comparve , collantemente fi notò, che laddove naturalrnente prima del fettimo fi apriva il ventre , lvi il male prendeva poflanza , e conduceva a morte gli ammalati . Quefla iflruzione del­ la Natura, fe non altro, dovea rendere addot­ trinati i Medici , a non metter mano a pur­ ghe-, almeno prima del fettimo. Io non lo , come fia caduta dall’ animo di ritolti 1 Ippocratica Dottrina, che non con­ viene purgare , fe prima non fia refa fluida , e concotta la materia, mal potendofi vacuare le cole non d ig e rite , e non ancora apparecc late. Qual apparecchio , e quale concezio­ ne di umori fi può pretendere ne primi gior­ ni , fe la Natura allora è in diflurbo in tu­ multo , ed in moiTe ? Si caleranno fpremiture, e non quelle cofe , che convien caccia­ re Si moledera la povera Natura, e fi de­ aera da quell’ opera, alla quale è tutta inenta per domare il nemico , che F aliale. o non credo , che molti fi perfuadelfero , ie la putredine delle prime vie fulfe quella, mpa-I^ ° VeÌ e *e febbri correnti; perlochè la cteina, fulfe in debito di evacuarla folleciD

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54 , , tamente, e con valore : ma fe mai vi fulfe chi cosi la giudicale , fi compiaccia di me co riflettere fu le feguenti oflervazioni. Coloro , i quali s’ infermarono ne’ primi mefi , e che furono purgati più , e più vol­ te , fe eflì furono della prima Clafle, guari rono ; fe ne fappia però il quando , e ’1 co­ me . Ordinariamente la febbre durò ferri' pre di un valore fino al ventuno, e ter minò con fcarichi di putenti, e verminofe fecce . Val a dire , che le giornaliere proccurate evacuazioni nò fcemarono la febbre, nè abbreviarono il corfo , nè impedirono, che in fine feguiife quella crifi di putride verminofe evacuazioni, che accadde anche a colo­ ro , che non furono mai purgati . Or com2 capire , che una cagione ibernata a fuftìcienza non ne fcemafle nè poco , nè punto gli effet­ ti ? .Ciocché prova chiaramente, che nè le fecce cagionavano le febbri ; nè quelle , che fi cacciavano ne’ giorni critici, abitarono negl inteftini . Erano prodotti dunque , e n°fl producenti. Val quanto dire, che dalla circo­ lazione fi fcaricava nelle budella F umor dige' rito , dopoché la Natura nel fuo dato temp0 ne avea terminata la debita concozione. Quella fenfibile verità divien più evidente) quando fi rifletta, che ne’ tempi , ne’ quali A crifi accadde per la via della pelle co’ copi0'1 fudori, nè lecce, nè vermini fi fono più ve# ditti ; o fe fono comparfi ? è addivenuto & qitf'


quegli ammalati , ne’ quali i indori non fono fucceduti. Ove andate fono quelle tante verminofe , e putride evacuazioni ? La febbre è la fteifa di prima ; fi fono , e non fi fono pur­ gati gli ammalati , come prima . Celia la febbre ne’ medefimi giorni come dianzi. Per­ chè dunque non più fi vedono quelle tante critiche fecce, giacché fi vuole , che ftanziafi fero nella budella prima del male ? Altronde la Natura getta l’ efcrementizio umore : e per­ ciò non più fi vede per le vie del federe , quello , che dinanzi fi olfervava. E' una gran difgrazia , che quella materia delle crifi fi a tanto fconofciuta a’ noftri tem­ p i. Gli antichi, grandi M aeftri, oifervatori , e veri difcepoli della iftruente Natura ; poi­ ché ne’ mali acuti erano ben intenti a fpiare le moffe di lei ; giammai eflì non moveano ; e ie occorreva di muovere , perchè la Na­ tura non lo potelfe; nel farlo, eglino non In­ foiavano di mira i due giudiziofi riguardi, i. di non troppo moleftare colei , che a vantag­ gio opera, 2. di non muovere, fe prima non folfe concotta la materia nimica . Le febbri di quei!’ anno , le quali, com’ è veduto , fo­ lio fiate per lo più depuratorie , meritavano eflèr riguardate con la vetufta avvedutezza. } ° fo , come ancora gli Antichi meglio di noi fapevano , che v’ ha di molte acute feb­ bri , nelle quali la fola Natura non può vincere , e perciò le crifi in vano fi attendono ; D

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ma ciò non efclude , che molte ve ne abbia, per vincere le quali , è (ufficiente la fola energia naturale . Tutte le vere corruttorie hanno d’ uopo dell’arte, perchè non vi è Na­ tura, ove il fangue, che l’ anima, è liquefat­ t o . Ne’ foli caft adunque delle febbri corrut­ torie , o pure dove la Natura era fommamente oppreffa , 1’ arte dovea giocare ; ma non già negli ammalati di febbre depuratoria , ed ove la Natura era per fe fteifa baite vole. Cat­ tivo giuoco di arte farebbe però , fe in cafi Amili praticar fi voleifero le purghe attive, e fenza diftinzione de’ tempi. Convennero al­ lora , coni’ è detto avanti , che la pelle fi chiudette per le acque , e per gli freddi; ma non prima del fettimo, in poca dofe , e fen­ za difturbo. Uno , o due falaffi , ed alcune volte tre, quando audace foverchiamente era la Natura: un vomitivo a principio : la dieta acquea: qualche goccia di aceto nell’ acqua ; e due, o tre ferviziali di puro decotto di malva , e mele al giorno , han condotto a felice fine tutti i miei ammalati di prima, e di ultima claife . Le crifi fono riufcite in loro a perfe­ zione , perchè non difturbate, ed a tempo de­ bito : perciò non ho io avuto il difpiacere di vederne uno ricadere , o foffrire lunga, e pe" nofa convalefcenza : come altri fono ricaduti, e moiri hanno (tentato a ricuperarli. Ciocche reità ne’ m ali, fa le recidive, dice Ippocrate-


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ed ogni refiduo fuppone l’ imperfezione della enfi. Quale perfetta, e buona crifi attendere , o fperare, fe in ogni giorno la Natura fi com­ muove, ora con quella, ed ora con quell’ al­ tra medicina? Avea ragione di credere Anto­ nio Fizes , che ne’ fuoi tempi di rado acca­ devano le crifi , perchè egli con vanagloriofa burbanza accaggionando gli antichi di timi­ dezza, e la Natura come infuihciente ; ci affi­ ttirà , che in ciafcun giorno , e da principio impugnava con l’ arte i mali . Non mancò egli perciò di effere un grande ilercoraceo. Le purghe negli ammalati della feconda claffe fono riufeite efiziali . Per lo più mo­ vevano le fottili materie , fmungevano dal fangue la parte fierofa , e la craffa viep­ più fi agglutinava : quindi addiveniva , che ne caii di tenace infiammatorio 1’ addenfamento crefceva , e ne’ cafi di liquefazione corruttoria, la forza vitale vieppiù fi confuma’v a . I frequenti lavativi ; e qualora bifògnafle purgare dolcemente il ventre, per compenfare allo feemato trafpirato, corri’ è detto altrove, due , o tre dramme di magnefia al giorno ; o una mezz’ oncia di caffia, o polpa di tatnarinti , o altro ùmile eccoprotico; è fiata la Efficiente purga, che con profitto fi è prati­ cata ne’ cafi di fommo tenace infiammatorio : ma non già nelle febbri corruttorie , nelle quali i generoiì antifettici , e non i purgati­ v i, debitamente fi competono, Isla


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Ma tofto che la Natura cominciò a deter­ minare alla pelle , e le malattie fi guarivano co’ copiofi fudori , anche i favj e prudenti Profeffori intermifero 1’ ufo de’ detti piccioli purgativi: non convenendo in modo alcuno di richiamarla altrove - Le purghe , che fi fomminiftravano dalla moltitudine , prima che i fudori fi manifeftaflero , erano falli leggieri per rapporto a que’ , che fi fono commeifi, quando dopo de’ critici fudori iè n’ è fortenuta la pratica . La Natura intenta a pignere alla circonferenza ; ed i Medici impegnati a ri­ chiamare al centro : quali contrarie , ed oppofte azioni ? Oh ammirabile forza della pre­ venzione ! Supporre, che le putredini delle prime vie formaifero le febbri, e volerlo fortenere, mal­ grado l’ oifervazione di non vederle mai più, allora che i fudori decidevano le cure non c atto di quella defiderabile prudenza, che tanto fi richiede nella perfona di un MedicoIo non niego , che in quache ammalato fi poteife trovare copia di fecce imputridite per i ftiJavizzi antecedenti , e che fia un uti­ le mezzo di evacuarle : ma 1’ evacuazione dee procurarfi a tempo debito , e con quella di* fcrezione , che non dilturbi le utili fatiche , che la Natura adopra per abbattere quel ni* mico, che le fa guerra nelle fue ftanze . Al­ cune volte fui principio delle febbri, dice Tommafo G la jf, uniformandofi alle dottrine d’ Ip*


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pocrate, convengono t purganti, ma fé im­ prudentemente fi fomminiftrano, almeno i generofi, per lo più riefcono di pericolo. Inacu­ tii morbis , Ipp. aph. 24. fe£f. I ., raro, & in­ ter inma purgante utendum ejì j atque hoc adhibita dilìgenti cautione, faciendum : ed altrove meglio efprìmendofi feil. 1. aph. 22 , cosi ra­ giona concolla autern purgare, atque movere n* porteti non cruda, ncque inter mitia , nifi turgeant , plurima non turgent. Per turgeicenza non s’ intende, che lo ftretto bifogno, che evvi di purgare. Ancor io ho dovuto purgare quegli ammalati, nel ventre de quali la prefenza delle antece­ denti putredini era nota : ma non F ho fatto, fe non è fiato il quarto , o per lo meno il terzo giorno . Ed allora mi è riuicito far evacuare con profitto, e fenza molto di attivi­ tà quello , che fi conveniva : Qualora la ma­ teria è apparecchiata , ed è pronta , ogni pic­ colo folietico educe molto, e non difturba. Perciò chi purga nel primo , o nei fecondo giorno , rade volte ottiene F intento. L ’ olio , eh’ è l’ ancora facra di ben molti, nella corrente ftagione fi è praticato fenza ri­ ferva, ma non fo con quale fondamento. Un I rimedio , il quale facilmente fi rancidire , e fi guada, ove vi è calore ; non capifco , co­ me nelle febbri putride di queft’ anno , nelle quali il calore è fiato per lo più eccedente, I potette convenire . C o lu i, il quale fuppone,


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che Folio fia medicina rilafciante* e che mol­ to conduce per rallentare F eritifmo delle lib­ bre , non io, fe dica bene. Dubito, che non immaginerà , chi così giudica , che F olio conferva entro di noi , quella natura , che fi vede al di fuori : ma egli s’ inganna » Che F olio nel calore fi alteri, lo fan del­ le genti almen due terzi ; che entro di noi vi fi a naturalmente maggior calore di quello di fuori ; e che proporzionalmente egli fi au­ menta , fecondo i gradi maggiori delle febbri, e della putredine , è cofa troppo conta . Co­ me immaginar dunque , che F olio entro de' corpi, ritenga la natia dolcezza? Quelle funa­ me , quelle ambafce di morte , quella pena allo ftomaco, e que vom iti, che foffrono que’ disgraziati, che prefero Folio , non fon effet­ ti ficuramente di quella foavità , che fe li vuole attribuire. I o non fo , onde addivenga , che dell’ olio fi faccia cotanto ufo in Medicina . Non vi è un M edico, che noi divieta a’ convalefcenti, ed a valetudinarj : e poi ve ne fono tanti , che fenza eccezione l’ ufano nelle ma­ lattie . Ogni giorno fi vede , e fi tocca con mani Fangofcia, che arreca; ed ogni giorno, fe ne rincalza la pratica. Io non niego, che vi iìano temperamenti, e malattie, ne quali , e nelle quali giovar poifa 1 olio : ma ciò addiviene ne’ corpi di libbra laifa, e ne’ mali di limile natura. pQ"


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poco, che un uomo fia di calda tempra, av­ verte torto , come l’ olio F accende , e l’ evi­ ta alla meglio . Sente all’ incontro colui, che forti una libbra molle , e lafla, quanto quello ■ il bea . Quando dunque dell’ olio fe ne voglia far ufo, fa di meftieri diltinguere i cart : ed aver |j Tempre per fermo, che fconviene , ove il pui irido è manifefto , ove il calore è grande , . ove la tempra de’ corpi è ignea : ed ove preycifamente la bile predomina. Oflervava Ippo| orate , che laddove abbonda il pingue, la fla­ va bile li genera . E per quello, fe non per altro F ufo dell’ olio fconviene ne’ mali cor­ renti; ne’ quali la bile è Hata patente. Coloro, che hanno F o lio , come un ver| micida; non fo, fe poffono foftenerlo : E ' ve­ lo , che colla Tua ramofitk ammazza le moche , e gli altr’ infetti, fe pure non fi metItono al Sole , dopo che bagnati fieno ’dall’ olio : ma non confervando egli la originaria ¡natura in mezzo al caldo delle budella : nè potendofi fomminiftrare in quella dofe , che vaglia ad irretire un gomitolo di lombrici, | Un.a fufcia di cucurbitini , o la numerofa far rniglia degli afearidi ; ciafcheduno vede , dice I i ar^.es ne^ ^uo Dizionario Medico , come I non ^ che fare colla clafle de’ verruicidi.

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I veri antielmintici fono que’ , che fi op­ pongono alte, putredine, la quale confumandofi ,

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dofi , impedifce la fecondazione ulteriore de bachi, e fa morire que’ che già fono adulti, privandogli di nutrimento : perciò gli avvedu­ ti Profeffori fi avvalgono degli acidi , degli amaricanti , e fopratutto del miele , per op­ porli direttamente alla putredine, ed obliqua­ mente a’ vermini. Oltre di che il miele, fe­ condo gli fperimenti del Redi , ammazza i lembrici in mezz ora ; laddove fremano affai più a morire fatto il faggio di ogni altro vermicida. Mi ila però fifo nel cuore , che i vermini delle budella , quando non fieno ingroifati a fegno , che ne travagliano maledettamente) o co’ rettati, e colle morditure, fia utile mez­ zo il non toccarli co’ rimedj, che gli diftruggono ; fe pure ve ne ha alcuno , che tanto poifa dentro di noi ; imperocché quegli fervo­ no per divorare quel cotal putrido , che fi' cenffo le malattie, va a gettarli per interval­ li nella cloaca degl’ inteftini, dove non è buo­ no , che fi accumuli ; nè che 1’ arte lo cac­ ci , prima che non fia terminata la conce­ zione , come altrove fi è di mali rato . Sara fempre minor male , che i vermi s’ ingroff' no, nel divorare il putrido: che il medefina0 fi raccolga colla certezza di guaftare ogni al­ tra foftanza, che tocca. M orbida fabla pecus totum corrumpit ovi^'

Sono i vermi umani abitatori di quell’ ofeu'0 carcere, la di cui femenza nafcecònnoi. ^ ol1 è ve-


è vero , che fono le uova , che vi capitano co’ cibi , i femi de’ notòri vermi , come lunga­ mente fi è creduto . Ne dobbiamo la Cover­ ta al Valifnieri ; al quale accadde di offervare, che le tre razze eie’ V erm i, che abitano in diverfi appartamenti delle budella , fono fenz’ occhi. Argomento troppo fincero, eh’ effi nacquero per ftanziare nelle tenebre : oltre di che la fperienza più fiate ci ha fatto ve­ dere cacciarsi vermi da’ bambini appena ufeiti alla luce . Ciocché ci convince fufficientemente, che que’ bambini , non avendo guftato ^cibo efteriore in quel labirinto , ne refpirat aria ; non potevano dar fuori i verm i, le con noi non fi allevafle la Temenza. L ’ eifere 1 vermi dell’ uornp Tempre gli tòeifi , nè mai variabili , Te non nella magnitudine , è una prova ben valida, che il patrio tetto fia nell’ uomo medefimo. E Te ciò e vero, come fembra indubitato; non vi e luogo di credere, che lo ftabiliment0 di que’ Temi in quella fentina, fia un trat­ to della Divina Provvidenza , che gli abbia collocati per diftruggere i putredinofi prodot­ t i , che vi capitano bene fpeifo, in cafo che, per intiero almeno , non riufeifle alla natura m efpiarli ? ^ E che però la condotta di diuruggerli prima del tempo , che non fono a portata di nuocere , e che il putrido efifte, Ua poco prudente? lo non credo , che vi fia chi poifa vanta­ re,

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re, che la fcrezione di qualche verme ne’ pri­ mi giorni , o nell’ incremento delle malattie di quell’ anno , abbia conferito a guarire nell’ illante gli ammalati, o del meno a rilevar­ ne la veemenza della febbre : la qual cofa, fe i vermi ne fodero Itati la caufale, li avreb­ be potuto agevolmente ottenere. Un verme eh’ è fcappato fuori fui princi­ pio delle malattie correnti , fpezialmente per bocca, è flato il foriere delle febbri perniciofe : dalle quali, in coloro , che fono campa­ ti , il più delle volte la crifi non è (lata ri fecce corrotte, nè di vermi : ma di orine fature , e grevi ; oppure di fudori : ciocché prova a diffidenza, che le febbri della feconda ciaffe precife , non hanno riconofciuta 1’ antece­ dente prefenza del putrido nelle prime vie, che cotanto fx è voluto impugnare coll’ arte; nè tampoco i vermi inquilini per caufale : c che la comparfa de’ vermi fui principio de morbi acuti, non fempre fuppone quella prò* digiofa copia di putrido efiilente negl’ intefri n i , che alcuni Pratici c invitano a credere • Piuttoflo fi dovrebbe ricorrere , quando f voleife foltenere , che i vermi fanno le gran' d i , e generali malattie , al fillema del Chit' cheto, adottato da Bartolomeo Curzio, Valid n ieri, e da tanti, e tanti altri, i quali per forza di fperienze , e di ragioni foilengono, che le malattie contagiofe iìano un prodotto d’infiniti bachi invifibili, che dalle fozzure, ®


dalle putredini fpiccandofi nell’ aria, e infi­ rmandoli ne’ corpi de’ viventi, abbiano valore d’ infermarli in mille guife, mordendo, e trin­ ciando le i'olide non meno, che le fluide foftanze. Quello fi (tema, a mia Temenza, ha i Tuoi gradi di probabilità, Te non maggiori , alme­ no uguali al iìitema de’ Tali , e delle monadi vpenate . Non è dubbio , che i mali gene­ rali, e contagioiì fi fviluppano dietro le gran­ di putrefcenze^, come la ftoria c’ infegna : nè Vl ha difficolta alcuna di ammettere, che ladcove. vi è putrido ( quando non fia la carne, Cie ^ R edi, ed il Malpighi fecero putrefare, rhiufa in un vafo di vetro ) i vermini fono in­ negabili . Lungo tempo perciò delirarono le ocuole , che la generazione rifultaffe dal pu­ trido : più durerebbe il farnetico, fe il Redi col cennato fpenmento, non le avelie fgiymate e fottratte all’ errore . E fpingendo innanzi l’ argomento, non vi lara luogo di credere , che que’ tal’ infetti, i quali fl fviluppano nelle putredini , nel priuio loi nafcerc fieno invifibili , e però faC1, .a P iazzare nell’ aere ? e che dall’ aria no cibi , e colla faliva , colla refpirazione per gli vani alforbenti della pelle , pofiòìnfinuarfi nella circolazione , e corrompee in diverfi modi gli elementi de’ corpi ? Io °u truovo difficolta a capire , che i vermini 0n j che i fali morbifici pollano punzE zec-


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zecchiando , e mordendo, ora sfibrare il fangue , rodendone la teifitura delle sfere ; ora addenfarlo , impegnando i folidi a movimen< ti più efficaci , e più celeri : e da ciò ri Alitarne le febbri di vario talento , le con vulfioni , le flogofi, le gangrene , i sfaceli, e quanto mai fi pofla concepire di morbofo . In una parola; che i bachi potettero fare quanto fi conghiettura , che facciano gli aci­ di , gli alkali , ed ogni altra morbofa parti­ cella , non pare , che vi fi trovi contradizion e , o improbabilità alcuna : anzi , fecondo quello fillema, fi rifolve un po’ meglio il gran punto della forza moltiplicativa . E troppa difficile a capirli veramente quella rapida mol­ tiplicazione di quel fcme , che capita in uj pezzo di panno , il quale in poco tempo « fpazia, e fi diffonde talmente, che fpopola lD brieve le C ittà, ed i Regni di abitatori. Quello lleffo fide ma è garantito dalle ^ crofcopiche oflervazioni, non meno che dal ifpezioni del nudo occhio . Le lenti han fatt° vedere nel fangue degli appellati, o degli ^ malati di ogni altro genere di febbre contagi0'3’ le miriadi de’ piccioli bachi, che guizzano, c(j. me pefci . Convengo , che i microfcopj P° fano ingannarci , dimoftrandoci talvolta 1,113 cofa per un’ altra; ma fempre una conghiettu^’ quando conviene con le altre , farà più fp* ^ nibile. Non hanno appalefato al nudo occhio l fezioni de’ Cadaveri di tali morbi , i verm1 , jlG*


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nel cuore, nel fegato, nel polmone, nel capo, ed in diveriì altri luoghi della macchina? Que­ lla oifervazione ci convince, fe non di altro, almeno , che le Temenze verminofe fieno intradotte nella circolazione . La quiltione dun­ que farebbe, fe lo fchiudimento de’vermini fìa uri effetto del male , o il male una confeguenza de femi . Io inchino a credere , che l’ appa­ rente nutrizione de’ bachi ne fia l’ effetto : ma non mi fido di negare , che le geniture ( per fervirmi della frafe Ippocratica ) non poteffero eiferne la cagione . Baita . E ' que­ lla una materia, che merita maggiore ricerca ; e non è nè di quello luogo , nè del mio ìftituto di parlarne, come fi conviene. •' j ^ * nc^ na è fiato un rimedio , che il piu delle volte e riufeito fvantaggiofo. In tutfia ‘f e d i dl, tenace “ «ammatorio , fia caldo, fia freddo la corteccia non ha giovato . .Laddove però le febbri fono fiate d,dolutone , ella e riufcita profittevoliffima medicina. Molte volte è accaduto ancora, che verfo caduta delle febbri putride infiammatorie, * e rilevata una fenfibile liquefazione negli mori non fo , fe per forza de’ rimedj fetticonp°rr;dl ! tn- 1r tCrni accidenti • ^ allora la Varn!. v 6 nuif ir.a un unle mezzo per follee f 1 ammalati. La improvvifa mollezza, dell? f ZZa nf a In^ua > ^ulteriore perdita re L r 0rZe ’ ? te"n ltk de’ P°Ifi » ed un mad°irefco per la pelle , ne fono fiati i fegna-

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2

li.


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li. In decozione fpecialmente gelida, più che in fodanza la chinchina in qualunque cafo, in cui fia convenuta, fi è veduta piu conferire. Di qui è addivenuto , che tale rimedio , ora vantaggiofo fi fperimentafle, ed ora infeli­ ce : forfè perchè non fi fono didimi bene i cafi, ne’ quali conveniva praticarfi. I Cinnaberini fui principio, come anche i canforati furono tentati ; ma dapoichè, poco vantaggiofa ne riufci l’ opera, fi fece alto , e non più fe ne tenne propolito. I fubacidi , ed il mele fono (lati rimedj utiliifimi in tutti i cafi ; fpezialmente in quei di glutine infiammatorio : gli uni , e l’ altro fono maravigliofi (doglienti , e che ben refidono alla putredine. Un vomitatorio, una, o due mifiìoni di fangue a principio , e poi in tutto il redo acqua, mele , aceto, e qualche ferviziale è data la condotta , che io ho te* mito con gli ammalati poverelli , e non fen* za grande profitto. I diaforetici, e gli bezzoartici fono dati J rimedj più profittevoli di qualunque altro : gl1 dibiati precife, conducendo alla pelle le impU' re femenze , e diffolvendo i rapprefi um ori» hanno prodotti mirabili effetti . Poifo aiTicU' rare chiunque , che dalla fine di Giugno ti avanti quedo rimedio mi è riufcito fempre profittevole . Notabile è una particolarita, che d è didinta nella pratica di queda medicina' Nel tempo , che fi praticava al pefo di i°' o i 1'


0 12. granelli in diverfe ore del giorno , la lingua , che prima non era molto coverta di bianco velo , giornalmente fi vedeva veilire di un glutine denfo, il più delle volte di co­ lor giallo , o nericante : ciocché era un cer­ to foriere di vita . Non è chiaro che dall’ interno fuori la cagione del male fi deter­ minava ? Sotto 1 azione di quello rimedio , quantun­ que non fempre fi fiano veduti i (udori, pu­ re a perfezione fono guariti gl’ infermi, e fenZa altra fenfibile efcrezione : vale a dire che convien fupporre , o che la materia il ’ coneoceife tanto, che acquiftafle una natura ami­ ca al fangue , o che infenfibilmente per gli vaui della pelle fe ne trafpiraflfe. Per riparare alle ilrane convulfioni, che fo­ no accadute per lo più , o per mancanza di quegli utili fudori, o per difetto , che le petecchie fi riconcentraffero, e la materia attac­ cali i nervi ; il più grande rimedio, che ho trovato giovevole, è flato il mufchio. Io non credo , che poifa darli rimedio , che fia più del mufchio infinuante, più divisibile, e che Pm follecitatnente tocca i n ervi. E ’ nota la celebre ricetta Tunchinefe , cotanto utile pe ^ ali convulfivi. Forfè ha forza di diffolvere, j promuovere il trafpirato? O forfè infinuan0 1 ne piu fecreti andirivieni della macchina, colà pervenendo, ove il veleno punge , lo tunuove, o pur lo moke ? La E 3


. . . . . La ferpentaria virginiana , o fia radice vi­ perina , fi è fperimcntata utiliifima ne’ mali correnti. Sa ognuno quali fieno i maraviglio* fi effetti, che produce nella Virginia per ifcio* gliere il fangue rappigliato dal veleno della vipera caudinofà ( ferpe che colà appellano Boicininga ) e quali fieno perciò i vantaggi, che rifultano in Medicina ne’ cafi di fìogofi, e di rappiglio . E ’ vulgare f ufo, che fe ne fa nel vajuolo: e non lenza giovamento. Può negarfi, che fia un ottimo diaforetico? I frequenti, e blandi ferviziali, il fiero , e l’ acqua fon ferviti per cotidiano utiliffimo ajuto in qualunque cafo. Molte volte 1’ ufo del fugo della cicerbita? che volgarmente dicefi Cardillo, fpezialmente quando la lingua fi è veduta nericante, afciutt a , ed incroftata di un glutine tenace, è rio* fcitot potentiflìmo rimedio per reftituirle il co­ lore , e la natia mollezza . Ne’ cafi di fomma fufione de’ liquori, l’ ufo dello fpirito di vitriolo , talvolta è fiato rimedio plaufibile, come anche i decotti gela­ ti della camomilla. I Senapi fin i, ove fomma è fiata la fonnolenza , fempre fi fono fperimentati di utilg medicina ; come anche gli animali vivi sbafa* ti , ed applicati fotto de’ piedi , e fopra i* capo. Del vino, nè per dottrine , nè per pruoV1' poflò ne’ cafi di quella Epidemia glorificar^


, . . 71 la memoria. Corre una voce interrotta , che quello liquore , iia riufcito profittevole rime­ dio : e veggo, che i Compilatori delle Gazzet­ te di Avignone afferifcono fiotto la data di Genova, d’ eflere rificontrati da Napoli, che il vino nelle febbri correnti abbia fatto prodigj. Ella è una invenzione bizzarra, niente diilìmile dal dippiù , che fui medefimo propolito con­ tiene detto capitolo . Si vuole fra le altre c o fie, che la tumefazione dell’ addomine fia fiata 1’ unica rifoluzione vantaggiofia, che abbia fatta la Natura per liberarli dalla nota febbre, quan­ do in realtà , ella è Hata, coni è detto, la più perniciofa comparfa , ed il più fatale fintoma . Io non dico , che del vino non fe ne fia tentata la pratica ; e forfè ad imitazione di Eriderico Hoffman, ed Huxham, dotti Scritto­ ri, i quali ci alficurano d’ averlo fperimentato laudevole rimedio in cali di Epidemie ma non dubito, ch’ ella fia ri ufcita infelice, com’ è accaduto di olfervare in tre miei Ammala­ ti , ne’ quali dovei farne l’ alfaggio, più per fe­ condare gli altrui pareri , che la propria incli­ nazione. Qual prò fperare da un liquore ac­ cagliarne ne’ mali di denfità ? E ’ probabile , che in qualche particolare Infermo, in cui il lingue, e le linfe , fiano fiate fciolte, e fufe, uafi fperimentato di follievo, ed abbia fatto quel Pr° , che ha foluto procurare nel vaiuolo dilfotutorio, come in ogni tempo la fperienza ha E 4 fatto


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fatto vedere; ma uno, ó due cafi particolari, fe pure fi contano, non debbono far concludere per la generalità. Che fe per avventura vi iia chi poflà contarne molti vantaggi, fon ficuro , che gli avrà riportati su degli am­ malati della prima , e dell’ ultima claffe, ne’ quali, com è fcritto, anche i manifefti con tra* indicanti, fono paruti profittevoli. L ’ aceto, e non il vino, ha follevato generalmente gl’ In­ fermi dalla nota febbre. L ’ aceto, che fcioglie, e non rappiglia gli umori de’ viventi, e che nel tempo itelfo aizza dolcemente f ardire del­ le fibbre rincrefciofe al movimento. Dalle limonate , e dalla neve medefima, aneto fomminiftrata ad abufo , è rifultata la medicina ancor generale , e fempre utile. Sono le nevi il quinto elemento , dice il dottia­ mo Redi nel fuo Ditirambo: e tali veramen­ te , li fono fperimentate nelle correnti malat­ tie . Il fiifo, ed il volatile nitro, che ugual­ mente da lei fi eftrae, mentre fe ne fa Tanalifi, è aliai noto rimedio pe’ mali di tenacità flogiftica. Quanto poi vaglia il gelido contat­ to, per ravvivare la forza della vita, none, chi ì ignora. Gran mercè de’ noftri, che del gelido bere ne dilatarono la nobile coito manza. La politezza delle biancherie da letto , & mondezza della Cafa , e precife della ftanza dell Infermo, la ventilazione , o del meno la frequente recentazione dell’ aria, f o n o i mezzi, i p»1


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i più efficaci per la felicita delle cure, e per ifcanzare 1’ attacco agli affilienti. Fuori di quanto è notato per rapporto a rimedj praticati, ogni altro , che fi. lappia, o che Caper fi poffa, fi creda pure un impoftura, ed una ciurmeria de’ medicaftri, de’ Pfeudomedici , de’ barbieri , de’ calzolai, e di tanti, e tanti altri, che nelle circoftanze di quell’ an­ no, mettendo in non cale il proprio meftiere, di per Ce fi Cono inveititi della laurea medica, ed hanno girato per la C itta, non fenza oltraggio della Profeffione, e fommo Ccapito del­ la povera gente ammalata. Mi afficura il Conte ^ Giacopo Marnili , Cavaliere di nota diftinzione, che un Copifta , il quale Coleva tarli delle copie nelle Cue urgenze , anche Cui principio dell’ Epidemia; in avvenire avendolo latto richiedere, riCpoCe , (chi ’1 crederebbe?) eh egli faceva il medico. Buon per n o i, che e . . ° ri l°no frate nella maggior parte fuperabili dalla Natura; e che la Clemenza Sovra­ na abbia rimediato con lo Spedale a Fofinpo ben affiftito e ben governato ; eh’ al­ trimenti la imperita, e nuova ciurma de medi­ canti , Ca Iddio , quale deColazione , non ci avrebbe procurata . Di mille utili rifleffioni, attinenti alla pralca, e di parecchi fatti Storici , avrei potu° arricchire quello brieve Saggio, fe mio tacnto fiato folle di feri vere folo per la Repu­ t a medica , e non per lo generale piacimen-


mento . Di più fcrivendo, e fpaziandomi nel* la vaftit'a dell’ argomento , come il meritava, fon ficuro , che mi avrebbe fatto tralignare dal prefiffo propofito , e non fenza rincrefci* mento di ben molti. Si compiaccia il Pubbli* co per ora , di quanto efattamente , e con fmcerit'a di cuore , mi fon dato 1’ onore di comunicargli : ballando per capir appieno quan* to lì agogna . Forfè in avvenire , dandomi!! tempo più tranquillo, fe pure altri non vi fia, che ne feriva d’ iftituto, mi fara caro di non defraudarlo , di tutto ciò , che qui fi è do­ vuto indifpenfabilmente tralafciare.

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T R A T T A T O Delle prerogative , ufo , ed efficacia dell’ eccellente Balfamo Salazarino. 5 Invitto Monarca delle Spagne , che Id­ dio feliciti , e confervi , oggi piucchè mai verfando (òpra di N oi, anche tra i splen­ dori di quella eccelfa Monarchia, le fue Rea­ li munificenze , fi compiacque di farci capita­ te , mefi addietro , un preziofiifimo fpecifico per rilevarne dalle malattie , che crudelmente ci travagliavano. ' Raccomandò per tal effetto al proprio Real Figlio , noftro Clementiffimo Padrone , che ne faceffe toccare 1’ affaggio ; e quindi dilata­ re la pratica per conforto de’ difgraziati fudditi ammalati , purché l’ opera del rimedio rifultafie in profitto , come vi era ragione da fperare ^per le molte fperienze , che fi aveva­ no , ne’ luoghi della fua fuprema Signoria. Piacque perciò alla Maeftk del Real Figlio, per fecondare non meno la Sovrana volont'a del Genitore , che la propria inclinazione, di ordinare a parecchi Profeffori , che fperimentaffero ne’ mali della coftituzione lo fpecifico 1 Salazar , e quindi ne riferiffero 1’ occorren­ te • E ritrovandofi in piedi un pubblico Spea e , che la Sovrana Clemenza a peculiare Pe a di fua Real Cafa fi era benignata di far L


aprire per comodo , e follievo de’ fuoi fudditi ili Pofilipo; (luogo che per ventilazione, e per falubrit'a dell’ aere è il più eccellente per limili circoilanze ) volle che quivi , più che in ogni altra parte fi adoperafle : non tan­ to per la folla degl’ Infermi , che vi concor­ revano; quanto per la efatta maniera del go­ verno , e dell’ alfiitenza , che li era inculcata. Quella Paterna confolatrice cura , bonifica­ taci dal Monarca delle Spagne, Figlia di quel­ la inalterabile Clemenza, che non fa Ilare mai oziofa, e per cui quell’ adorabile Sovrano foitiene fempre , e conferva il vero carattere di Padre , e di Confolatore ; ficcome addivenne, che deilafle ne’ noitri cuori fenfi di tenerezza, di rifpetto , e di gratitudine ; cosi la novità dello Specifico, e l’ intereife della propria confervazione , non mancò di eccitare negli ani­ mi d; ben m olti, forte il defiderio di faperne il valore, e gli effetti , per quindi provvederfene , e confervarlo al bifogno. T ra quello mentre, trovandomi io nell’ im­ pegno di foddisfare gli altrui giudi defiderj : tutto che la (lampa del Saggio , eh’ era flato a tal fine teffuto , fi trovafle botto la corre­ zione ; credei debito del mio iilituto differir­ ne la pubblicazione , ed attendere le dovute notizie, onde comporne un dettaglio, per no*1 defraudare il Pubblico di una materia, la qu^.' le per tutt’ i riguardi giudicai, che gli dovei* fe faper grado .


Quindi è addivenuto , che non pervenendomi prima di quelto tempo nelle mani le offervazioni fatte , tanto nello Spedale di Pofilipo , quanto in diverfi Infermi fparii per la Citta, sì tardi fi vedelfe comparire quella Operetta , colf aggiunta del prefente Trattato ; il quale mi è paruto di dividere ne’ tre Pa­ ragrafi feguenti per darne un rapporto più precifo , e più diiìinto . §.

I.

S i deferivano i fegni per conofcer il Balfamo Salazarmo. EI colore , quantunque fembri , che il Balfamo di Salazar , poco , o niente differifea dagli altri noti Balfami : pure nella confiitenza , e nel particolare odore differire beniifimo . Egli è liquido baflantemente , niente refinofo , e maneggiandoli , non fi at­ tacca alle dita : vi rellano foltanto alcuni du­ ri granellini . E ' gratiifimo all’ odorato : fente molto dello lpirito di vin o , ed ha la gra­ zia del madice . Sembra perciò , che la bafe del rimedio fia 1’ acquavite , e tra gli altri ingredienti vi fia certamente il madice , 1’ odore del quale , quantunque fui principio ia ofeurato dallo fpirito del vino , pure reda P^F. qualche tempo alle dita , e fi difeerne r ai kene > todo che la parte dello fpirito Ua confumata. Il N


q.

,

Il refto della compofizione è conghietturabile. Sotto l’ analifi, che ne ho voluto fare, non ap­ parile cofa di pofitivo , e di diftinto , fuori di quel , eh’ è detto , e che fenza di lei diftingue bene il folo odorato . Dal non ricavarfi niuna diftinzione daU’analifi, fi pruova che gl’ ingredienti fiano puri eilratti , o di legni, o di gomme. Più farei inclinato a creder le ultime , che i primi : e tra le altre gomme fembra, che vi fia la gomma gutta. Conghiettura , che nafee più dagli effetti del rimedio, che dall’ analifi . In termini dunque di pure effrazioni , meriterebbe la compofizione di Salazar piuttofto il titolo di tintura , che di balfamo . Ma fi chiami pure , come fi fia, e vi fiano quegli ingredienti , che fi voglia­ no ; a noi ciò non dee tanto intereffare, fempre che ci fono noti i fuoi effetti. Sarebbe e vero,affai meglio , che fe ne fapeffe il contaauto : ma non fapendofi , non dee farci dar indietro, e trafeurarne la pratica, non che fi ulteriori ricerche . La cognizione de rimedj finora conofciuti non è fiata fempre la confi' guenza degli effetti, che f azzardo , il cafo> o la neceflit'a ci ha fatto rilevare? Stimo perciò affai petniciofa la maflìma di coloro, i quali mettendo in non cale i mento' rabili effetti , provati , e comprovati di Medicina , ne pofpongono la pratica , perche non ne fanno il contenuto. Se tale fiata fe la maffima de’ vetufti Anteceffori , e de cefl'


centi , la Medicina farebbe ancor bambina, e gli geroglifici degli Egizj , che fervirono per occultare le proprie compofizioni , farebbero flati i mezzi da non far mai fpingere innan­ zi la pratica Medica. A penfarla diverfamente , farebbe lo fteifo, che lignificare agli altri , che ci fia entra­ ta nel capo una vana prefunzione , che la pratica Medica fìa giunta al termine ; e che non abbia uopo di ulteriore incremento . E quale è quella fcienza, o quell’ arte, che poffa prefumere limiti ? La Medicina più che ogni altra è nella patente neceflita di avanzarfi nella pratica , come in gran parte fi è eleva­ ta nella Teorica : e però quei mezzi , i qua­ li ci poflono illuminare , non debbono pren­ derli a v ile . Il Mercurio ancora farebbe fepellito tra la claffe de veleni, quale fi volle fino a’ tempi di Galeno , fe il cafo non lo manifeftava ri­ medio pe mali della'’ cute, e l’ azzardo non lo dichiarava Panacea degli attacchi venerei . Se i Profeifori continuando nell’antica opinione fi aveflero beffati della iftruzione dell’ azzardo ommettendone ' le pruove , vi farebbe ora in 5 guartfle onnipotentemente la pifillide ? Se lo Specifico di Giovanna Stefens, Donìm j - •Ì1", e^e 5 ^ Ptefo a gabbo da quei e ici di Londra , quale perdita non fi fare e proccurata ? Tante maravigliofe cure, F che


che quella Donzella operò per molti anni, di cui ne abbiamo il dettaglio del Dottor Hartley, farebbero ite a vuoto: nè ora fi avrebbe in medicina un rimedio, cotanto utile ne’ ma­ li della renella , e della pietra , fe il Parla­ mento di Londra non avefie prefa la favia ri* foluzione di contribuire alla Stefens 50C>0 re Perline , acciocché fvelaife il rimedio , e per beneficio univerfale lo faceife pubblico col­ le Pampe. Io io, che infinite impoPure poffono darfi, e che prodigiofo è il numero degl ImpoPori, eh’ efiPono fopra la terra j ma fu di ciò con­ viene eifere critico ; poiché talvolta , tra le fuppoPe impoPure fi può rinvenire qualche cofa di rilievo , che vaglia afiaiPìmo, e perdendofene la opportunità , fi perde molto » Supporre, che uno Specifico vaglia per tut­ te le. malattie è una ciurmeria manifePa ; non potendofi in Medicina conciliare la panacea univerfale ; ma eh’ egli non poifa eifere ta volta utile mezzo per più cafi , malgrado lo fcapito che la innocenza , 1 ignoranza , o h prevenzione gli abbia proccurato nel ventila^' lo per univerfale medicina ; non fo fe poi*3, foPenerfi . Quantunque per tale fi ventilaife lo Speci' fico di Salazar, pure la fperienza ha fatto ve' dere , che il più delle volte nelle noPre lattie è riufeito profittevoliPima medicina , J1' berando parecch’ Infermi da gravi pericoli, cui fi fono ritrovati.


Io non dico perciò , che il nomato balfamo , fi debba ridurre alla claffe di alcuni va­ lorosi rimedj, i quali maneggiati da mano favia, producono maravigliofiflìmi effetti : poi­ ché le indagini , che fi defiderano per appro­ vare , ed affiorare un rimedio , per lo noftro balfamo non fono giunte ancora ad un fegno, che ci faccia a tutt’ uomo ripofare fu i di lui effetti. Dico bensì, che niun rimedio per de­ bole che fia, fi deve difprezzare, e che a noi delle forze della natura in maggior parte ci è afcofo il miftero ; e non dobbiamo , che a con­ to della fperienza, quali a tentone illuminarci. Un rimedio, che capita in mano d’ un So­ vrano , che 1 amore , e la clemenza determi­ nano a farlo fperimentare per la falute de Sud­ diti del proprio Reai F ig lio ; bifogna, che la replicata fperienza antecedentemente lo accertatie , e che Profeffori di riguardo lo conteitaflero colle pruove . E perciò , quando an­ che quelle tante offervazioni, che qui fi fono fatte da più Medici , le quali c iftruifcono della utilità del lodato balfamo , e de’ buoni effetti finora riportati, non foffero a noftra notlzla i Pure ci avremmo dovuro determinare ad eltenderne la pratica affiorarci d’ uno fpecihco , che in molti fcontri difficili , e dub­ ito potrebbe rilevare gl’ Infermi da’ pericoli, m cui fi trovano. marav*§^a non dee recare , fe un 1 o ofo, fe pure io il fia, fi metta a commenF 2 dare


dare una medicina , di cui non ne abbia le proprie offervazioni in quel numero , e con quella femplicita , e fchiettezza efeguite , che fi conviene , e eh’ è proprio d’ uno , che profeffa filofofia. La mancanza delle mie offervazioni , che io ho deliberato di fare per quindi pubblicarne nuovo dettaglio , più fermo , e più circoftan* ziato per lo maggiore accerto della materia, che ho per le mani, può farmi circofpetto nel filofofare, e nel teffere gli argomenti; ma noti pregiudizievole della ftima, che fi dee a Conv pilatori delle dette offervazioni , le quali io regiftrerò in dettaglio con qualche mia nota, per rilevare , e far rilevare gli effetti , non che gli fpeciali modi , coi quali ha operato finora il balfamo di Salazar. §•

II.

Modo di praticarci il balfamo, e dettaglio delle ojfcrva-zioni. L balfamo Salazarino fi pratica per via à unzioni. La quantità, che contiene una caraffina fi vuole che di ordinario ferviffe per ot­ to unzioni ; e fecondo i bifogni può fervu^ per lei . Vale a dire , che il calibro vbalfamo contenuto nella caraffina non oltrep^' fafido un oncia : e 1’ ottava parte non effen“0 che una dramma, e quindeci grani : fiegue’

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che la vera , e certa quantità, che develi adoperare in ciafcuna unzione, ila una dramma e gì XV. Tra una unzione, e 1’ altra , qualora non li ottiene effetto alcuno, deve correre il tem­ po di tre ore : ed in cafo contrario , fi deve praticare da fei , o da otto in otto ore. Si unge il ventre ordinariamente fino al bel­ lico, e qualunque parte fia neceflaria con una punta di penna, e poi fi cuopre la parte unta­ ta con panno di lino : fervendo il lino per mantenere calda la parte, e per evitare la difi fìpazione del rimedio. Vorrebbe F Autore , che fole tre unzioni foifero fufficienti per guarire le malattie , alle quali compete . Con di lui pace però quefto limite non può affegnarfi con precifione . La conferenza , e la toleranza debbono decidere, fe conviene dilatare, o reftringerne la pitica. Le circoftanze, l’ età, ed i temperamenti pofi fono ammetterne ora più, ed ora meno; per lo che fpetta alla prudenza Medica regolarne la debita norma. Ecco il dettaglio delle oifervazioni, che fi fono fatte nello Spedale di Pofilipo, non meno che m diverfe cafe di Particolari , e che fono fiate prefentate a S. R. M. Sparfe qua , e la, fi leggeranno alcune mie rifleifioni,' che io ho voluto notare ne’ refpettivi luoghi per fa­ cilitare F intelligenza di quanto fi deve dire ln ordine all’efficacia del balfamo nel §. ultimo. F 3 i. In-

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1.

Infermo.

Guari quello Infermo dalla febbre corrente, dopo averla fofferta lo fpazio di due mefi, (a ) ac­ compagnata fpeifo da’ peflimi fintomi , e da pertinace ftitichezza di ventre , per lo mezzo di tre fole unzioni del balfamo Salazarino, praticate fu ’1 ventre . Egli nel tempo che fe ne fece la pratica era afflitto da gravezza di capo, lingua arida, e molto fozza ; turgidez­ za , e dolore di ventre, e le orine erano fcar* fe , ed accefe . La notte immediata dopo la prima unzione fi fcaricò il ventre ben cinque volte , e le orine comparvero più copiofe, e più chiare : dopo la feconda unzione fette fu­ rono le fedute : dietro le quali la lingua comparve pulita, e l’addomine depreflo al natu­ rale . Finalmente la febbre dopo la terza un­ zione« non comparve mai più. 2. Infermo. Un giovanetto attaccato dalla febbre cor­ rente da fei giorni, con delirio, e talvolta con forti convulfioni , che gli toglievano i fenfi : niente giovando i falafli , ed i lavativi ? niente prendendo per bocca per non potere in* g°(a)

S i noti, che dopo due mefi trovandofi ancoM quefla febbre come f i ha da fintomi , fi àeM1 avere per m a recidiva • non oltrepaffando mai le mal*1“ tie acute il termine di quaranta giorni alla più lunga ‘

nell'acuzie


II

gojare , e niente foli enendo fu ’1 ventre, per la ibmma agitazione , che avea nel letto : fi venne alla pratica delle unzioni , mediante le quali un’ ora dopo ricuperò i fenfi, e chiefe da bere : dopo due ore fi fcaricò il ventre di ma­ terie biliofe ; e quindi fegui plaqido il fonno, celiando il delirio . Si replicarono due altre unzioni, dopo delle quali il fonno fu collante, e non interrotto, che dal defiderio di bere : fi riapri il ventre , nè mai più fi vide deli­ rare , o convellere. 3. Infermo. In quello Febbricitante , nel quale non vi fu apparenza alcuna di dolori di vifcere, e di convulfioni, il balfamo non produfle effetto veruno ( ¿ ) . 4. Infermo. Correva il ventèlimo quarto giorno, che la nota febbre di collituzione malmenava quello Infermo con difenteria, fomma debolezza, lin­ gua arida, inane tolfe, e refpirazione poco più celere del naturale , quando fi pofe in ufo il coniaputo Specifico fu ’l ventre . Parve dopo due ore più follevato , e meno afflitto dalla difenteria : e praticatefi nel medefimo giorno F 4 due , (a) H Compilatore delle offerva^ioni in una relaK’°»e confimile f i dà carico , che il balfamo nulla prò. fitta , o opera, laddove non vi fono convulfioni, e do­ lori .


12

ciac altre unzioni , fegu'i la mattina appreflo un forte getto di marcia dal petto, tutta cor­ rotta , la quale fu creduta una rottura di vo­ mica; per lo che fi fece la terza unzione nel petto; ma comparendo il dimani i polii baffi, anelofo il refpiro , e colliquativi i fudori, la fera medefima terminò di vivere ( a ) .

5. Infermo. Un giovane di anni 25. avendo fofferto qua­ ranta giorni di febbre epidemica, finalmente fu afialito da forte diarrea , per cui fi fece ufo dell’ o lio , dell’ infufo di Ipecaquana, e de’ la­ vativi baliamici , dietro a’ quali rimedj fegui una fòrte ofeurazione di fenfi , tatto freddo . polii baffi, fete ftraordinaria, e ventre gonfio, e dolorofo ; diede fuori per la via del federe molta copia di materia faniofa , e fanguigna. Si praticarono le fapute unzioni fu ’1 ventre nelle ore del giorno : la notte feguirono copiofe evacuazioni per le vie del federe , e delle ori­ ne : la mattina le forze furono follevate, i polfi aperti , il ventre molle ; fi replicarono nel giorno due altre unzioni , otto ore una di­ ttante dall’ altra ; e nella fera la fete fi fu fpenta, e riacquiftato 1’ appetito : a qual effet­ to fa) L a marcia comparfa dal petto fi deve ri* petere piuttoflo da metaflafì , che da rottura di vomì• ca . La vomica fuppone antica origine .* e le metaftafit nel petto degli ammalati di quefi' anno fono fiate a f“ ' frequenti .


13

to fi diede la zuppa : e replicatali per la quar­ ta volta 1’ unzione , Tempre più continuando 1’ evacuazione , guari l’ Infermo ( a) .

6. In ferm o . Attaccato un giovane da febbre ardente con fonnolenza, lingua arida, tenzione dolorofa nel fegato, e generale itterizia: correva il fettimo giorno di fua malattia, quando fi fece ufo per due giorni confecutivi dell’ olio. Nel nono poi fi praticò l’ unzione del balfamo fopra il ven­ tre , e fi replicò dopo tre ore ; da che non folo non fi vide profitto alcuno , ma il capo li gravò di vantaggio. Entrò il Profeflòre nel dubbio, fe doveva, o no feguitarne la pratica; ma determinandofi alla perfine fi tentò la ter­ za, la quale riufcì miracolofa medicina ; im­ perocché feguendo la notte lo fcarico de’ fudori prodigiofo, delle orine, e dello fterco, la mat­ tina fvani l’ itterizia, e la fonnolenza; natura­ li divennero i polfi, e molle il ventre : fotto la quarta unzione cefsò intieramente la febbre (b) .

7. In(a) L e materie marciofe , e fanguigne colla prece­ denza de' detti fegnali fuppongono la rottura di uno 0 Plu afcejjì .* forfè confeguenz? della lunga febbre Jofferta • °nde è probabile che il rimedio procurando l'ulteriore eftto a e dette materie aveffe dato ¡ uopo alia natura , che ne Cicatrizzafife la piaga . n

(a)(b) S i noti , che il rimedio non eccita con coay>X.a l* ftefffa evacuazione • la qual cofa p ru ova, che .f natUr‘t è quella , che fceglìe le vie , ed il rimedio abilità per fcaricarjt dell' mutile , e del fuperfiuo.


H

y. Infermo.

Un nomo di anni 60. dopo dodici giorni di febbre con diarrea , ed Ottalmia fotto due unzioni facendone anco gocciolare un poco ne­ gli occhi infiammati ; migliorò fenfibilmente riguardo alla febbre, ed alla diarrea ; ma gli occhi reftarono erifipelati. Da li a non guari, quantunque non fi faceffe altra unzione per mancanza attuale del balfamo ; pure reftò del tutto guarito { a ) . 8. Infermo. Un giovane di anni 2 6. da due giorni infer­ mo di febbre dell’ epidemia , con aggravamen­ to folenne di capo ; dopo aver prefo olio , e purghe fenza efito alcuno fino al decimo ; lì venne finalmente all’ applicazione del balfamOi e la notte fi fcaricò talmente il ventre , che fi dovè far alto ad ogni altra medicina; e replicatafi nel di feguente l’ unzione cefsò la feb­ bre , rifanando a perfezione 1’ ammalato. <?. Infermo. Un infermo di anni 28. da quattro giorni attaccato dalla febbre , gravato molto col ca­ po. e colla lingua talmente fporca, che fi r ve ( a) L ' Erifipela fuccedanea all'infiammagione / ^ ‘ pone eftrinfecazjone della materia infiammabile , la cofa è da attnbuirfi

alla forza

del rimedio.


T5

vè far ufo dell’ emetico, ed indi di una forte purga ; fotto della quale gravofli a fegno il capo , che chiamato non piu rifpondeva. Si fece perciò falaffare, e quindi fi applicò il balfamo fu’l ventre. Dopo due ore fcaricò nota­ bilmente per le vie dei federe , ed il giorno feguente ebbe libera quafi la tetta . Sotto la replica di due altre unzioni retto totalmente diffipata la febbre (a). I o. Inferm o . Un marinaro foffrendo da un anno dolori acutiittmi nelle membra inferiori , e che pei la necefiìta del meftiere eifendofi tuffato nel mare l’ inverno pattato, fi efafperarono i dolo­ ri, e s’ inturgidirono di fiero le gambe , ed i piedi, debilitandofi talmente , che correva lo fpazio di due mefi, che giù erano rettati pri­ vi di fenfo , e di moto . Dopo aver fQÌferto alcuni giorni di febbre, accadde, che fvanifle T edema de’ piedi, e delle gambe , Tettando fer­ ma la paratifi. Si tentò l’ unzione del balfamo, e non fu poco il follievo , che fi vide fotto l’ ufo delle tre prime unzioni ; fotto la quarta s intefe 1’ infermo rifcaldare le gambe ; fotto la quinta acquiftò il moto della finiftra ; e fot­ to (a) S i noti, come fotto la forte purga f i gravò il capo fortemente , e fotto l'evacuazioni procurate dal rime• ^!° fi fg ravà fenfibilmente .* da che r ile v a fi, che lo fpec,fico di Salagar non opera come g li altri purgativi fii» Colando le budella • ma produce l'effetto fuo , togliendo °ft asoli alla natura , come meglio f i proverà a fuo luogo .

h


i6

to la féila incominciò ad acquiflare il fenfo della delira: finalmente fiotto due altre unzio ni fi abilitò a camminare (a). II.

In fe rm o .

Era quello ammalato con febbre acuta, reumatifimo gallico , ed avea nella parte delira del fronte una gomma, la quale parea che volelfie fiuppurare . Dopo qualche tempo di cura la febbre divenne picciola ; ma non ifcompagnata da’ frequenti ribrezzuoli di frefico . Ella creficeva nelle ore della digeilione apportando­ gli evacuazioni ventrali di fianguigne , e cor­ rotte materie. In tale flato di cole fi applicò il balfamo alle vifcere, l'opra la gomma , ed a varie parti, che più dolevano per lo fpazio di cinque giorni continui ; dopo di che cefiso la febbre, minorarono affai le purolenti v a c a ­ zioni , non che i dolori, e quel che più lòrprende la gomma rellò dilfipata a legno, che non vi era più fofpetto di iuppurazione . Fi* nalmente dopo altre unzioni rellò guarito to­ talmente (b) . 12. /«' (a) L a paralìfia effendi) fiata effetto di continua­ ti dolori, f i deve credere confeguenga di congefiioni nd‘e parti indoìentite , le quali fciolte dall’ efficacia del rime­ dio , f i tolje la pveffione de’ nervi , per cui è probabile i che foffero paralitícate le membra. (b) Quefio fatto evidentemente pruova la forila f i'0“ gìiente del balfamo . In quefl* ammalato pare , che a bia fatto le veci del Mercurio . Vi entraffe mai nella conip10 fi-ffone fi argento v iv o ? 0 altra compofiffone mercurial'


12.

Inferm o .

*7

Dopo eifere flato quefto infermo per cinque giorni moleftato dalla febbre di coitituzione , fi fvegliarono dolori atrociifimi nel ventre, Co­ pra del quale applicandofi il balfamo , la not­ te vacuò moltiflimo, e celiarono i dolori : la mattina fi fece la feconda unzione, ed il giorno la terza ; fiotto delle quali cefsò anche la febbre.

13.

Inferm o.

Un febbricitante di anni 23. tormentato da un forte dolor di capo, e di vifcere ; dopo 1* ufo dell’ olio, praticandofi le unzioni, al quar­ to giorno al numero di tre ’ precedenti le folite vacuazioni, reftò guarito .

14.

In ferm o .

Nel decimo quarto giorno di una febbre perniciofa di quell anno fi tentarono le unzio­ ni del balfamo fulladdomine dell’ammalato' il quale , dopo la terza unzione , prefe fonno , ] che in tutto il tempo del male non fi era mai addormentato : dormi tutta la notte : verfo il fine della quale fi vide fcappare copiofiifimo fudore con follievo tale dell’ infermo, che la mattina fi trovò la febbre interamente fvanita.

15.

Inferm o.

Dopo quindici giorni di febbre efiziale con perdita di forze, e con letargo, fi praticarono m quefto infermo le unzioni : il quale due ore d0P° 1 applicazione , fi fvegliò , e fi fedè fo-

¡

pra


iS pra il letto. G li alianti crederono , che folle ultimo sforzo di morte . Il fatto fu, che da giorno in giorno pafsò meglio , e guari per­ fettamente . 1 6. Infermo. Due febbri periodiche perniciofe con fonnolenza, convulfioni, e finghiozzo affliggevano il povero Dottor Ceralo, Medico di diliinzione ; quando nel decimo giorno di fua malattia fi praticarono replicate le unzioni del balfamo. In fèguela di che fi videro fcappare copiofi i fudori, e le ventrali efcrezioni, con ifgombramento del capo, fine delle convulfioni, e minoramento della febbre, a fegno, che in brieve tempo ne fu libero all’ intutto (a). 1 7. Infermo. Ne’ primi giorni di quella febbre pelfima 1’ infermo era llolidito, ed itterico: al quarto fi gonfiò l’ addomine. Si fecero due unzioni, dopo delle quali fi apri il ventre immediatamente) fi fgonfiò , e la telta fu libera . La mattino facendoli depofizione al petto , morì foffogO' to ( b ) . 18. l n' ( a ) Un tal beneficio fempre p ’tk pruova il valofl del rimedio , laddove efiflono le convulfioni, non meno $ g li attacchi di capo . (b) Quefia offervagione corrifponde a quella ^ quarto infermo . La [uccedata morte è fiata confeguengp , quelle materie, che cacciandoli fuori , avrebbero reJhtVli‘ to in fanità /’ infermo, e deponendofi al petto , ne f ° ‘ duffero la morte.


19 l8. Infermo. Dì febbre fitnile all’ antecedente fi ammalò un altro infermo, nel quale pure al quarto fi praticarono due unzioni : la notte feguirono copiofiflìme le orine, i fudori , e le vacuazioni del ventre , dal cui effetto fi vide migliorare, e quindi guarire [ a) . lp. Infermo. Si ammala una donna di anni 25. con feb­ bre, e con precipitofa caduta di forze* al ter­ zo comparifce il fonno, ed i polii fi sballano: al quinto fopravviene la ftupidezza, alla quale fuffieguono leggieri convellimenti . Si offerva 1 addomine de’ primi giorni affai più tirato, e '. uro , fpezialmente l’ ala del fegato, che cuopre d piloro (che il volgo impropriamente chiama bocca di ftomaco ) . La lingua , che fino al et timo fi vide umida , al nono comparifce alciutta , i polii voti, difficile il refpiro ed il coma paffa in letargo. Dopo efferfi tentati varj riniedj fi fa ufo del balfamo,e dopo due giorni di unzioni crebbero le convulfioni , la difficolta del refpiro, ed ogni altro peffirno fegnOjtalchèairundicefimoè terminata di vivere (b).

20. in( a ) Se alla natura non riufciva di feparare , dovuto gettare in qualche parte del corpo , e fuc* end° ’ come nel caf° ontecedente , e nel quarto wfer. f non viverebbe a queJV ora . Tanto in quefto caia quanto nell'altro non mancò io fpectfico di ahi( j

S i noti , che quefta febbre ejfendo fiata delle vere


20

2(5« Infermo. Si ammala con febbre un altra donna con celerità, e durezza di polfo,e con lieve dolor di capo. A l quinto fi fa fpafmodico il dolore nel capo, celeriifimi, e duri i polfi : le gote fi vedono arroifite a fegno , che inclinano al livido : il ventre diviene (litico : le forze mufcolari fi debilitano : e la lingua fi velie di una corteccia gialla. A l nono fi applica il bai* fam o, e fi è veduto che dopo la feconda un­ zione fi è aperto il ventre , e le orine fono fiate copiofiifime , e pefanti . A ll’ undecimo li è aificurata, ed al decimo quarto è guarita. 21. Infermo. Promoflero tre unzioni in un infermo di no­ ta febbre fudori copiofiifimi, orine, ed evacua­ zioni di ventre, con tanto frutto, che reftò i& poch,i giorni guarito. 22. Infermo. Una donna dopo una violente effrazione di un dente molare, precedente acutiifimo il d°' lore nella parte, fu aflalita da doglie veetne11' tiffime in tutta la mufcolatura del capo , e della gola, con gonfiore tale, che non poteva vere corruttorìe , ove i liquori fono fufi , il baifamo e r! fcito di nocumento • fegno evidente , che ne' caft di >U1 fazione non dee praticarli , non oflante che vi fia > * complicazione di convulfioni : giacche f i è ne' cafi di de > tà per lo pih fperimentato giovevole.


inghiottire. Riufcendo inefficace ogni altra me­ dicina, fi applicò il balfamo, e con maraviglia fi vide dormire dopo mezz’ ora, e la mattina trovarli fenza male. t 23. Infermo. Un bambino di anni otto da più anni {og­ getto a diarree , correva il fecondo mefe, ch’era irato affaldo da dolori ventrali, e convulfioni, e quindi da ferale finghiozzo continuato; fece ufo sii unzione lopra il ventre , e la notte vo­ lit o una portentofa quantità, di bile corrotta, e putente , facendone fcaricare di pari per le Vie inferiori. Dopo di che i polii fi quetarono „ vanaono le convulfioni, il finghiozzo , ed il signorino reftò rifanato. Tutti 1 rapporti di nove infermi di febbre cofhtuzionale , che fa D. Pafquale Cuzzolino, medico di Portici, ci afficurano, che il balfa, mo movendo verminofe , e putride efcrezioni per le vie del federe reftituì a tutti , a chi Piu predo , ed a chi più tardi la defiderata r i s u l t a t o

.

* \ Per lo più balfamo ba Sciolto il ven« 0 ^ “ 1 ec^ ba aperto le vie cnm'n ma F obt,tato collantemente ne’ cafi di moni, e di dolori, precilamente di ventre. G 3. Ha


3. Ha fciolto patentemente le parti infiaramate. 4. Nelle febbri corruttorie , o fiano di li­ quefazione, ha nociuto fenfibilmente. 5. All’ incontro nelle febbri nate da denfità, precife infiammatorie, collantemente ha giovato6. Negli attacchi profondi di petto non e giunta la di lui efficacia. 7. Negli attacchi di capo fpeflò è riufcito profittevole. 8. Nel cafo di parali!!, fuccedanea a dolori reumatici, ha confeguito l’ intero buon effetto9. E finalmente negli attacchi venerei, fetogliendo fino la gomma , fi è dimoftrato glfll vevole.


Efficacia del balfamo che rifulta dalle deferin e offiervazioni.

T

Utte le oflervazioni deferitte non folamente concorrono a farci credere , che il balfamo Salazarino fia rimedio per opporfi ad alcune malattie acute ; ma che vaglia ezian­ dio per vincere alcuni cronici attacchi. Il valore dello fpecifico, riguardo alla ce­ lerità «m cui opera, forprende . S’ infinita per h pori della pelle efficacemente , e produce in poco tempo i fuoi effetti. Dietro T applicazione del balfiimo tra gli a tn e fiu , che fi fono offendati, il più frequen­ te e fiato quello del ventre : e però pare a pnma villa che il di lui peculiare genio fia di muovere l e v e del federe . Ma aualorà fi & attenzione , e fi riflette, che alla pratica del rimedio non folamente fono fuccedute l’ evacuaziom del ventre, ma anche non di rado g abbondanti critici fudori, e le copiofefalutan orine ; fi viene in chiaro , cheP lo fpecifico non opera effenzialmente per una fne

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24 . . . circoftanze, in cui fe ne fono fatti gli fperinienti . Diffimile non farebbe Hata la forte del balfamo da quella che i purgativi d’ ogni genere hanno riportata nelle malattie della coilituzione . Ricordiamoci di quanto mi fon divifato fu di quello propofito nel Saggio) e ci ila di efemplo la ftoria del Infermo. Ho fatto colà nota­ re , che dopo il forte purgante fomminiilrato, 1’ infermo non folamente non rilevò vantag­ gio , ma egli cadde precipitofamente in una grave fonnolenza : laddove praticandofi nel di feguente l’ ufo del balfamo, quantunque fi aprilfe il ventre maravigliofamente, pure f illeffo ammalato fi vide follevato feniibilmente, e libero dalla fonnolenza. Chi non vede in quello cafo, che il nollro fpecifico non opera {limolando le libre degl interini, come la clalfe degli altri purgativiE che f evacuazioni, le quali alla di lui pi'a; tica fuccedono j non fono che confequenze di un principio affatto diverfo? Io fono perciò nella credenza, che quello tal principio confilla in follevare la natura opprefla? ajutandola alla concozione , e mettendola Jj} iltrada di feparare per quelle vie , le q_ual fono a lei note, e comode. Se 1 Cielo mi a juti, fecondo quello principio fi potrà intendere? e capire , come fotto la pratica del rimedio ora fi fiano offervate le crifi per una v ia , c ora per un altra con follecitudine , e fe^P^ con vantaggio.


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Ed acciocché ciafcuno , che non è medico, capifca quello , che fi vuole provare ora , ed appreffo per individuare la fpeciale efficacia , con cui il balfamo di Salazar ajuta la natura; e dibbene, che fi dica qualche colà intorno a quel che accade ne’ mali acuti , e come egli­ no vanno a fuperarfi. La febbre è uno sforzo della natura per abbattere ed efpellere il nimico , che F affale. Quello nimico è quel tal feme , che ci fa ammalare , e per cui fi eccitano tanti co­ nati, per mezzo de’ quali, la natura o vince, 0 reifa vittima . In due modi ella vince le cagioni morbifiche : o cacciandole fuori di fe , o riducendo­ le in natura, che non offenda. T a f è la ridu­ zione del cibo , e della bevanda in fangue. Nell uno , e nell’ altro cafo vi è uopo di apparecchio, e però la lutta è neceffaria. Ancre a mutazione del chilo in fangue non’ addi­ viene , che per un conflitto febbrile non avver­ tito . La durata del conflitto fi chiama con­ cuocere ; la riduzione delle materie nimiche a eparare , o a non offendere, fi appella vol°armente conco-zione , e pepafmo da ìppocrate ; e 1 effrazione delle medefime fi dice C rift. Or per concuocere vi vuol tempo , il quaie non può effere nè circofcritto, nè definito. i o acoli poffono effere maggiori , e minoj e le forze concottrici diverfe ; e perciò il G 3 tem-


2Ó tempo , che s’ impiegherà per la concozione, fcguirà la ragione del maggiore o minor potere ; o pure della maggiore , o minor reliftenza . Data la medelìma forza, e gli obbici disu­ guali, il tempo che s’ impiegherà per fuperarg li, far'a come le refiftenze : e date le reniten­ ze uguali , e le forze varie, i tempi faranno come le forze. Minorare dunque le refiftenze , o moltipli­ care le forze della natura, fi chiama abilitarla a vincere , e vincer preito . Le maggiori refiftenze , le quali a lei fi oppongono non debbono crederfi i più groffi materiali : anzi le cagioni de’ m ali, quanto più tenui, ed invifibili fono, più refi (tono, perchè meno foggette alle forze concottrici, e perchè producono maggior guaito. Quella unita generale azione della vita,che noi hiatura appelliamo, s’ impegna a diftruggere i guaiti , e le inverfioni che la cagione morbofa produffe , per ricomporre fe iteifa, e per efpiare dalla propria abitazione quell’ aura venefica, che la mette in difordine. Un fa lutare , e nuovo guaito di ottime fo* itanze, deve perciò a fuo fcapito produrre la operante Natura, il quale fervir poffa per con­ duttore del nimico gi'a domato . Quelle pi"0' digiofe ventrali efcrezioni, que’ fudori, e quel' le craife orine , che in decadenza di tua* le fuccedono, e che Grifi appelliamo , non 1°'


2 7

no la nimica morbofa Temenza , ma ella in loro è intrigata : iiffatte foftanze fono quei prodotto neceifario teftè indicato per ftrafcinare fuori il veleno morbifico. Dopo che la natura è diiiìmpegnata da ogni oftacolo, e eh’ è fignora di fe ftefla, raccoglie, diciam cosi, gli guaiti prodotti, ed unitamen­ te colle cagioni morbifìche gli getta fuori di fe per quelle vie , che le tornano più a grado. Scelta che non può faperiì da’ Medici , nè motivarfi fenza pericolo , ignorandofene 1’ in­ telletto di colei, che vede, o fenza eh’ ella fi truovi abbattuta a quel fegno, che per lo rincrefeimento chiegga foccorfo . Ella ha gli oc­ chi , e noi fumo ciechi : e farebbe ben ridico­ lo , che il cieco guidafle colui, che vede. Con tutto ciò ritrovandofi tal volta intra due la languente Natura, terminato il conflitto, e notl Spendo quale via intrapprendere pei* fpogharfi delle digerite foftanze a cagion dell’ av­ vilimento per la foflerta zuffa ; può l’ arte, e deve febben bieca , motivarla , e talora impe­ gnarla a quella via , alla quale , era folita di gettare le fuperflue giornaliere foftanze , o la penenza abbia dettata profittevole in fimili contri. Nelle tenebre guida meglio l’ orbo, che il veggente. In ciò fare però conviene faper diftinguere ene le indigenze , ed il tempo : imperocché 1 piefto offende , ed il tardi non giova. L ’ G 4 occa-


28 occafione è fugace al par del vento , e perde'ndofene la opportunità fi urta ficuramente nell’ errore . Circoftanza , che per capirli ha d’ uopo di molto fapere, di vigilanza non interrotta , di fcrupulofiifimo efame , memoria del paifato , fcienza del predente, e che so io. Multi funt nomine medici, re vero pauci gridava Ippocrate, l’ Antiftite della facolta medica. Non è come il volgo crede si facile la Medicina : oportet JìuduiJfe, & Jìudcre. Si ftudia il Proceifo l’ Avvocato, ha tempo di efaminare gli articoli : non mancano giova­ n i, che gli facciati la ftrada: i libri vi fono: la legge è fcritta , ed è inabile : l’ intelletto non manca , la facondia è naturale : tutto in iomma, e nel tempo, e per lo tempo è am­ manito, e difpofto per fcrivere, per perorare, e per difender la caufa. Non così addiviene al Profeflore vero di Medicina, il quale deve configliare flans pede in uno fulla vita d’ un difgraziato . Cola che fa tremare. Sopra il campo medefmio , diro così in frafe Francefe , deve leggere il Pro­ cedo , e Dìo fa come abbozzato , e decidere« E come ciò fard fenza 1’ antecedente immenfo fapere di Filofofia, Notomia, di Economia animale , di Pratica, di fatti , di fperienze, e di quanto importa di fapere per la fcienza generale , onde adattarla à cafi particolari • Agttur de corio birmano, non de leve Canini“ ' Epu*


25>

E pure la tracotanza, e la temerità, dì . . .. • . Torniamo al noftro propofitcr, e fi vegga dalla premeifa teoria ciocche rifulta di bene al noftro balfamo , che quello che rifulta di male dall’ imperizia , fi pruova giornalmente. Abbiamo dalle Storie notate , che le ma­ lattie dopo 1’ applicazione del balfamo un gior­ n o, o al più due, fono reftate domate e vin­ te per mezzo delle critiche evacuazioni per le vie notate : e poiché è addivenuto che fi fia il nomato balfamo praticato in ogni diverfo tempo de’ m ali, a principio, a mezzo , ed in decadenza, fiegue che la concezione fi è real­ mente accelerata : accelerandofi le Crifi e colle Crifi la guarigione. Che nelle circoftanze di queft’ anno a pa­ recchi fia accaduto di guarire al quinto , al fettimo , al nono &c. fenza 1’ applicazione del balfamo : niente dee detrarre dalla ftima, che ragionevolmente fe gli compete ; impe­ rocché gli ammalati , i quali hanno goduta sì buona forte, non erano nello fiato di coloro, che fi dinotano nelle deferitte relazioni. Per la qual cofa pare ragionevole di con­ chiudere che il balfamo di Salazar abbia la facoltà di coadiuvare gagliardemente 1’ opera della Natura per concuocere ed abilitarla a Sparare . ^Or perchè la natura , può efler fievole in pni modi, e perciò in più modi ajutata; è dibene 5 che fi vegga in che modo precifo addiven-


divenga che il balfamo l’ ajuti, per decidere full’ intrinfeco di lui valore di aggire , onde a cafi fimili fe ne polfa far ufo. Debile fi dice quella Natura , la quale o è aleutamente fpoflata delle fue forze , o è oppreflà, ed interrotta ne’ fuoi movimenti. In piu modi può elfere fpoflata di forze, o per eftrema fatiga , o per foverchia confumazione , o per liquefazione delle fluide foftanze, che la foftengono . Opprefla ne’ fuoi movimenti è allora quan­ do i vafi fono affogati da’ liquidi, o per eftre­ ma rarefazione , o per fomma denfitk. Interrotta, o diffordinata nel fuo movimen­ to fi dice , allorché alcuni oftacoli citeriori com­ primono le parti v ita li, o qualche materia acre interna, pungendo le fibre de’ vafi , gli convelle, e gli (trozza : nel qual cafo foglia­ mo noi con famigerato vocabolo chiamare Natura allacciata . Quando la Natura è debile effenzialmente, l’ aggiunzione conforta. Quando è fievole pe{ la fufione de’ liquidi, la medicina , che aduna t di loro elementi è quella che riftora. Nel cafo di affogamento per rarefazione e* (trema la medicina detrattiva e refrigerante vale per redimire la Natura in liberta. All’in' contro quello che nafce da addenfamento chje' de i rimedj, i quali hanno forza di fcioghe' r e , come anche le detrazioni, perchè fi re' ftituifca alla Natura il valore primiero.

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Per vincere la ¡(lizza de’ folidi, e per fuperare gli oilacoli, i diluenti, i fcoglienti, e que’ rimedj , che noi chiamiamo ipnotici, o fiano fedativi, ricompongono i difordini della Natura , e 1’ abilitano all’ opera. Secondo quella premefla dottrina, e fecon­ do i cafi, ne’ quali il balfamo di Salazar è riufcito profittevole , rifulta che la di lui intrinfeca efficacia fia di fcogliere , e di rallen­ tare . Se è vero , come ho fatto rilevare nelle note alle oflervazioni , che nelle febbri nate da denfit'a il balfamo di Salazar è riulcito pro­ fittevole rimedio, e nelle corruttorie, nocivo, e micidiale; fara veriffimo , che il genio par­ ticolare dello Specifico debba eifere di fciogliere quelle denfit'a, le quali facevano i mali. Tutte le altre oflervazioni concorrono a conteftare quella indicata forza di fciogliere : e 1 Autore medefimo commendan­ dolo con energia per gli tumori di qualunque genere , ed in qualunque fito interno , ed eilerno fi trovino , ce ne porge un argomento forfè più ficuro di ogni altro . Sempre è da prefumerfi che f Inventore d’ uno fpecifico ne fappia l’ intrinfeco valore , fia per la fcienza, che ha degl’ ingredienti : e fia per gli fperimenti maggiori, eh’ egli più di ciafcun altro deve ragionevolmente fapere . Ma quando altra ragione non vi fofle per convincere noi iteffi della feiogliente virtù del balia-


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balfamo Salazarino , batterebbe di fapere, che abbia diflìpata una gomma vicina a fuppurare; abbia fciolto i Gallici dolori, e richiamato alle membra paralitícate , dopo gli (offerti dolori reumatici , il fenfo , e ’1 movimento perduto. 10 non credo, che alcuno il quale fappia, che tanto nella lue afrodifìaca , quanto nel reumatifmo la denfith de’ liquori fia patente , abbia 11 talento di negare, che gl’ indicati buoni ef­ fetti fiano derivati per fi efficacia di un prin­ cipio fiolvente. Riguardo all’ altra forza anodina, o fia ral­ lentante , che ho indicata , e che mi fembra, che dovette efiftere nei nomato Specifico ; io la rilevo dal fonno , cui invita gl’ Infermi) che lo praticano , e dall’ immediata calma, che induce alle parti convulfie , non meno che alle indolentite . Senza un principio fedarivo narcotico io non fio vedere, come si to­ llo, feguir potettero fomiglievoli effetti. L ’op­ pio fidamente , il quale nelle fperienze degli animali vivi fi è conofciuto atto a far perde­ re la irritabilità , opera con pari follecitudine fedando i dolori e conciliando il fonno . Non dico con ciò , che il balfamo fia un oppio : dico bene però , che nelle folide fottanze opeta come l’ oppio; fé nelle fluide diverfamente da quello procede Pare dunque da quanto fi ¿dettato, e ieritto , che pofl'a, e debba conchiuderfi, che l ^' ficacia vera del balfamo di Salazar fia di fci°' glie-


gliere, e di rallentare : E che perciò può pra­ ticarli in tutt’ i cali di denfitk di umori , di folide intumefcenze , di attacchi vifcerali, e renali precife : come parimenti nelle affezioni convulsive , e fonnolenti ; qualora però non procedono da fufioni della mafie fluente . E che fi dee ben guardare ognuno di maneg­ giarlo nelle febbri maligne corruttorie , negli attacchi di tificia , etticia , tabe , e ne’ fudori colliquativi. Quell;’ è quanto per ora ho potuto , e mi è convenuto di dire fopra gli altrui fperimen­ ti , per foddisfare la curiofita de’ miei Cittadi­ ni . Spero in avvenire , come ho promeflò in principio, di unire una [ufficiente copia di pro­ prie olfervazioni, per darne al Pubblico medico un gìufto dettaglio, per mezzo del quale con più forza, e con maggiore energia potendo ra­ ziocinare ; forfè avverrà che riefca di far aumen­ tare la pratica medica d’ uno fpecifico, il quale mi fembra che debba elfere rimedio per opporli ad alcuni fcontri difficili , ne’ quali gl’ infermi fi polfono ritrovare . i I L

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M E T O D O Da feguirfi nella cura di varie infermità Epidemiche, che per lo più regnar fogliono nella generalità di P arigi. '"Del Signor Boyer , Cavaliere dell' Ordine del Re , uno de'puoi Medici ordinarj, Ispettore degli Spedali m ilitari del Ream e, ‘Decano anziano della facolta di Medicina di 'Pa­ rigi , Cenfore Regio , della Società, Reale di Londra , Sfociato-Onorario del R eai Collegio di Medicina di Nancy , Medico del ‘Parlamento, della generalità . e della Città di P a rig i. T r a d o t t o d a l F r a n z f .s e , e i l l u s t r a t o

DI ANNOTAZIONI .



A chi legge il Traduttore. E umane induflrie, le quali più conduco­ no al comune vantaggio, e fono le piùdeftderabili, e il reputano le più gloriofe. L ’intcreiìè , che maggiormente ci riguarda è quel­ lo di confervarci in falute , e di difenderci il più che fia poffibile la vita j Le mire perciò , le quali fieno dirette a quello fublime fin e, dovrebbero elfere gli oggetti principali degli uomini, che fono , e che vivono nelle focietà. Per lo che appartenendoli a’ Medici più che ad ogni altro quello grave interelfe, ogni Profeffore di Medicina fi dovrebbe a tutto sforzo lludiare per confeguirlo. Egli è quello un debi­ to , al quale non fidamente l’ umanità, e la ra­ gione lodale ci obbliga -, ma ancora è un at­ tributo individuo dalla Profefiìone. A rs faderìdi 'vitam indefinite longam, appellava Pittcarmo la Medicina j e meglio Galeno, A rs fa lu bruim, infalubrium, & neutrorum . Veramente la Medicina, che dicefi Trefervativa è fempre da anteporli alla Curativa : ma come per lo più non è nella potellà dell’ Uomo di prevenire i mali,è dibbene,che il Medico s’ingegni d’inda­ gare i mezzi, che più conducono ad efpugnarg'.i. Le malattie , che ci travagliano foprammodo , che fono inevitabili, e che anno per anno quafi periodicamente in determinate ftagioni p fig g o n o : lono quelle, che noi chiamiamo epidemiche, o Collituzionali, le quali non

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già fopravvengono in quello, o in quell’altr’ angolo della Terra -, ma fi può dire in ogni punto efiftente . La peililenza , quantunque Ila la defolatrice de’ Regni -,.pure, poiché non addiviene , che affai di rado, ed in certi dati luoghi, non torna a quel danno, che sì fatte malattie generalmente, e fenza interuzione ci apportano. Per debellar quelle adunque, effend’ offenfive a fegno,che fipoifono ben dire la ilrage del genere umano, induilriandofi 1’ opera, e la dottrina de’ M edici, s’ impegnereb­ bero all’atto il più eilènziale, ed il più utile. Si sà molto bene, che tali avvenimenti non offendono acerbamente, che nelle prime invalloni, e fino a quel punto, che la Medica in­ telligenza non giugne a rinvenire gli fpedienti per combatterne le malattie. Or quella cogni­ zione è quella , che dovrebbe facilitarli a tut­ to iludio, perchè da principio ne’cafi di Epide­ mia fi iappiano i veri modi di curarle, per fcanfare i danni , che in difetto di conofcenza iùcccdono : la qual cofa non può dirivare al­ tronde, che dalle annuali ollervazioni. Io sò bene , che ne’ Clim i, e negli anni diverfi le malattie di Coilituzione variano di talento, e chieggono perciò peculiari le provvidenze) ma le varietà non potendo effere nè infinite, nè collanti ; vi è luogo di credere, che col tempo gli efempli del paffato do ve fioro fervirci di norma e di regola nel prefente. E però fareb­ be ipediente, che anno per anno fi formafsero le tavole-delle genuine offervazioni, telia­ te


teda mano perita, e da perfone veridiche. Io fon perfuafo , che così praticandoli nelle Città de’ Regni, forfè fi verrebbe a irne d’indovina­ re il gran Periodo delle Coftituzioni -, nel tem­ po fteflò , che a non guari li diftinguerebbero dalla fomiglianzade’mali,edal rapporto, i mo­ di precifidi contraftargli. Le oifervazioni par­ ticolari d’ un Regno dovrebbero fervire per norme de’ Nazionali rifpettivi > e le ftraniere per fonte comune , nel difetto , e nella infufficienza delle proprie . Ogni Regno ha le fue leggi particolari j ed in ogni Regno ne’bifogni fi fa ufo delle generali. Le oilervazioni proprie ■ vagliono affai più delle ftraniere, perchè in quelle non fi oppongono, come in quelle la : diverfità del Clima , e degli Uomini il diverlò ' modo divivere : le quali cofe non ben meditate, ed operandofi ciecamente in un Clima quello, | che in un altro in cali fimiliifimi fi fia pratica{ to, ci fogliono far tralcorrere in errori di difpiai cevole confeguenza . Perlocchè ciafcuna Na! zione dovrebbe aver le topiche olfervazioni per 1 fervirfene con maggior ficurezza ne’bifogni : e non edere fprovveduta delle ftraniere , per ave1 re un Codice, diciam così, ne’ cafi di novità. Per venire a capo di quello intereflante giovevolifiìmo punto , fenza che vi concorra , la volontà de’ Sovrani, e s’interponga la Su; prema diloro autorità, ogni buon volere priJ vato diviene fterile . Capifco, come in una precida adunanza, nella quale non efiftendo, eae due , o tre Medici, le oilervazioni, quan­ do


do in loro vi fia abilità (ufficiente, poiTono farli, e con agio , e con pofattezza >ma in una numerofaCittà, attentamaffimamentcla quan­ tità degl’ imperiti e ’l poco difcernitnento in valerfi degl’ Intendenti , quella idea incontra difficoltà molte e grandi nella efecuzione. Dif­ ficoltà però, che a’ fuperiori lumi del Principe può riufeire con le fue Sovrane provvidenze dileguarle , e ordinare un fermo fiftema da darvifi compenfo e riparo . Con quello utiliffimo mezzo , fi può di­ re , che P avvedutili!ino Autore della prefente Operetta fia giunt’ a fidare alcune re­ gole pratiche ben circollanziate per la cura delle malattie Epidemiche, le quali non dira­ do regnar fogliono nella generalità di Parigi) e fuoi villagi-, imperocché, egli è ben ragio­ ne di credere, che quello di lui metodo iftruttivo , per mezzo del quale fi vede abilitata anche la gente non medica a ben regolarli fino nelle prime invafioni dell’ Epidemie, W una genuina confeguenza delle annuali oW vazioni , di cui fi dee fupporre fornito $ dottili!mo Decano della facoltà Medica , ^ Medico della Generalità, e Città di Parigi’ ed uno, a cui il Re d a x f. anni ha confid^ le particolarità di tutre le malattie di ffi1. Pubblico , e delle vicine Provincie . Noi1 e rimarcabile vantaggio , che il Sudoretto ;{ jP¿cardia , uno de’ mali Epidemici il PlU ferale, in oggi non fi vegga più far fcemp10' come pria , merce un si falutare metodi ’


che le annuali oflervazioni, e la dottrina del noftro fperimentatiilìmo Autore hanno fuggerito? E non è da deiiderariì, e da fupplicarfi la Clemenza de Sovrani , che fieno abilitate indufirie cotanto profittevoli alla falute comune? Lunga ftagione ho concepito, e meditato queno gran punto , parendomi Tempre degno di non lieve confiderazione j e non mai mi ho fa-* puto determinare a coerentemente palefarlo. Or capitandomi di Parigi quella utiliflima Ope­ retta, non prima del fine di Settembre profilino pallino , e leggendola con infinita ferictà, io la trovai confacente molto al cafoi e piena di pro­ fonde rifleffioni pratiche,atte alTai ad illumina\e u^C ne Pro^lt,:a^>e malgrado gl’imbarazzi nella itampa intorno al balfamo di Salazar, ne quali mi trovava , volli fare la traduzio­ ne , perchè ciafcuno avelie agio di leggere l’opeA m n t traT Cr T f l P-r? fitto>che la dottrina dell’ 5 e a u tmità della materia propongoj. ’ . . iP° lcl?c 'ìi — uanto « "c e rn e liil metodo metodo di curare , che fi propone e commenda , attenta la diverfità del Clima, non tuttofi può, e mdilhntamente fra di noi praticare* perciò con annotazioni ho voluto ancora dillinguere avvertire per i meno intendenti quello, che ^ Q. Puo j e li dee adottare. 1 avverta che le mie note fono indicate di mcn dell> abbaco Romano , e llampare A u t o ir ^ ^ C° rflV0: Ie rimanenti fono dell’ Avvertimento.


Avvertimento. \

E malattie , che tratta queft*opnfcolo , non fono folamente circofcritte nel ri cinto di T arigi -, ma fpeffo s* incontrano nel­ le \Trovinole circonvicine , ed in ogni altro Taefe , con qualche varietà puramente acci­ dentale , che non ne cambia punto la fpectt. I l metodo , che J t commenderà per combat­ terle , niente avrà di peculiare : ma egli fa­ rà Jlabilito su prìncipj , e combinato [opri la pratica de’ più fa v j Medici d ' ogni età( e di ogni N azione . Quindi e addivenuto> che [ebbene l'Operetta [offe fa tta fpecialmenU per la generalità di T a rig i s ciò non oftantt è piaciuto a l R e , fa rla di bel nuovo ftartpar e , e divulgare in tutte le fu e Trovinclu per utile comune, e follievo de fuoiTopolì-

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T>a feguirji nella cura dì varie malattie epidemiche , che per lo più regnar figliano nella generalità di \P a r ig i.

E differenti edizioni del meto­ do da me già indicato per la cura del Sudoretto , eilendoiì refe affai rare , e trovandomi obbligato di darne una nuova, no penfato che non farebbe iuor di propoilto di aggiunger re in quella, alcune ribellioni generali sulla natura delle differenti malattie epidemiche, cne pur troppo frequentemente regnar foch’° eiTe.!Ì1!a

cralltà di Parigi : tanto più

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toltane qualche piccola difFcrenza eh’ elio! vermi ei C‘ rCOftlnÌ e - H ° Creduto altresi i o ­ dato ¿ „ " a d Un andCre SU di dÒ Chc h l ouaff T g r d pratlca Permciofa , la che a L fr at° ; ,n Pregiudizio, gene

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vaglLe u f ' t ’ ^

r?gli0n° Per ,0 Più tra-

g ig fn n r jl abltant‘ della generalità di Pati> P lieto verfo la fine dell’ inverno , in ^ primavera,


primavera , c nell* autunno , il riducono ai Sudoretto , alle febbri continue , putride, mi­ liari , verminofe , maligne , accompagnate da differenti efantemi, e fovente complicate da pleurica , e da peripneumonia, Io mi diffonderò poco sulla teoria di que­ lle differenti malattie , unicamente per occu­ parmi sulla cura , che fi deve adoperare; imperocché il prefente M etodo, eh’ è deto­ nato folamente per la campagna, non può cadere che traile mani di pochi Medici, di quantità di Cerufici , e di alcune Religio; fe di carità , cui la neceflìtà obbliga di ricorrere su ’1 principio d’ una epidemia. Non pretendo mica di preferirei- regole a’ Medici ; ma foltamo comunico loro uri pratica, che la fperienza ha dimoftrato elfo' la fola che feguir fi debbe } e che ha feffl* pre avuto un ugual fucceffo , per lo fpazto di Venticinque anni , che *1 Re mi ha fatto f onore di confidarmi il dettaglio delle ma­ lattie popolari della generalità di Parigi, ( fovvente delle Provincie vicine, Gli ultimi che non fono dell’arte , han In­ fogno di precetti , e però a loro prò pr>n< cipalmemè io ferivo j onde a tal fine fi° j.1' dotto quello metodo , in rapporta rimedi) al femplice neceifario -, togliendo di mezz° tutto ciò che mal poteafi accordare col plC ciolo comodo , e poffibilità della magg’oi: parte degl’ infermi de’ Villaggi.


Il Sudoretto è flato verifimilmente così no­ minato , a cagion de’ continui fudori, che fin dal principio accompagnano quella ma­ lattia ( i ) . Ella comparve la prima volta in Piccardia nel 17 18 . (a) fi comunicò palio palio, ed infenfibilmente in quali tutta la Provincia, dove ella fece molta ilragge, lìccome ordi­ nariamente avviene in tutte le nuove malat­ tie , prima che trovati fiano i rim edj, che vi convengono , I Medici , che furono i primi teflimonj di quella calamità , ne formarono una faifa idea, e credettero , a cagion degli enormi fu­ rori , che fin dal principio accompagnavano quello morbo , eflervi qualche affinità col A 1 Sudore £ ì tr} ameS* Ì f y Dizionario medico vuole che il S u oretto acqutjlajfe il nome da queir Ifola, in cui fu p e futo J a pruna volta, quando nel 148 3. Errico V I I . ¡har­ to ad. Aere di Milford nel Principato di Galles . Colo­ bo dunque che raffmigliarono il nuovo male di Picardía f ¿udore Inglefe fino ad adottarne la curale ragionevole cr?dere , che prima ve adotta]]ero il nome. in i ,' , A £ U ? i£ nor B cllo t 1 D ottor Reggente della F a fo ta di M edicina di Parigi , fifia l’ epoca di quefta M a a11 anno 17 1 8 . E lla comparve , ei dice ,' la prima icOrf j ' n P ? ffe dì 7 imeu ’ e quindi in A bbeville , e nel ■ a • della Provincia di P ic c a rd ia . C o sì appunto fi fpieiuta nPf m r r ' Ì ax ÌU1 com Polla sul Sudoretto , e fofieuta nei mefe di N ovem bre 1733. fo n o la Prefìdenza di oltà rii ]7 Ì 7 ,r n dc Barfec,‘lc c k ’ n?lle Scu ole della F a ire i-, '< ■ ? ’ I- Signor B ellot aveva vedu ta, per così ardii ;,•! Clta Cr ^ueda malattia nella Provincia di P ic -

eUa definizione^,1 eh’ egizie fece!' ^

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P‘'Ù *****


Sudore Inglefe -, una delle più gravi, e piu micidiali malattie, da cui fu afflìtta ringhiò terra fotto il 1483. nel Principato di Gallesi da dove fi diffufe, e fi comunicò fino a Lon­ dra , in cui ripullulò fino a cinque volte tralc­ io fpazio di feiTantafei anni ( l i ) . Si confultarono gli Autori, che ne aveano fcritto , e fi adottarono , fenza molta riUditone , i rimedj da loro ufati del genere de’ più forti cordiali, e degli antidoti, i qua­ li , malgrado i funefti difetti, che produfi'ero, e che tuttavvia producono, han formato un pregiudizio, che a gran fatica fi può diftrup £ ere ' x , Ma poiché la falfa idea, che fi formò uJ principio della noftra malattia , confonden­ dola col Sudore In glefe, potrebbe ancora effere autorizzata dalla defcrjzione , che alcun1 Autori han fatta del Sudore Anglicano, chia­ mato da’ Franzefi Stttar Angloìfe , o 1 Suette ( m ) , di cui ne han fatto un nimo: per togliere da oggi avvanti ogni e^1' voco , io la chiamerò col fu Signor Bellot>

s udorf*

(n ) Sempre in tempo di State degli anni dell' E r a C ' fiiana 1485-, i f o 6. 15-18. 15"22. e l f $ i . Da che ciocché fcientemente fijfa il nofiro Autore in ordì»* ^ Epoca degli anni , ne' quali comparve ben cinque re° , nella Città di Londra. Si vide altresì ripullulare V " » nel 15-19. ; però in qucfio tempo fi difieje folamen^[ paefi baffi , e nella Lamagna . Frciitd. ¡Aiftor. fa g -

394-

( in )

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D a latini febns fudatoria, e da Greci v $w

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Sndoretto de E lee ardi ; ed acciocché ognuno ila pienamente convinto del picciolo rappor­ to , che havvi tra elfo , e il Sudore Inglefe , farò fommariamente il paragone di quelle due malattie. Il Sudore Inglefe era un morbo ignoto pri­ ma del 148^. Egli era cotanto micidiale che appena dava tempo d’ applicarvi i riraedj . Quegli che n’ erano attaccati, perivano in ventiquattro ore, e tal volta in fei ( iv ) . Donde addivenne, che R a y , e parecchi al­ tri fecolui, la definiiTero una febbre Efime pejlilenziale, e contagiofa (v) . I fintomi, che l’accompagnavano , eran que* medefimi, che li oflervano nelle febbri con­ tinue , putride, e maligne j ma in un grado affai più violente (v i) . A 3 II C ) Tanta fuit httjus febrts malignai truculentia , ttt entampremunì urbtm ahquam invaderei Jinguhs diebus, qutngentot , aut Jexcentos occuparet , e r ex aegris v ix centelir t u a l m é ,•> ^J ^ o „ . v • r */ musr qutjque evaderei. Sennert. cap. X.//. pag. 8 4 1. (-iv )■ Mei 1 7/1 8 . ebbe- ----tanta violenza --- m ui tche in tre ore traeva a morte i viventi. Con ugual furore f i accefel'uli ‘ ,na volta , da cui non andò illefa Shreuisbury foggiorno clfamofo Cajo , cui fiamo debitori della fioria di quefio male. In quefto cantone morivano gli ammalati di fudoretto vegliando , e dormendo, alcuni d'improvvifo , ed al­ tri una , due , tre , 0 quattro ore dopo di aver comincia­ to a Judare . Freind, nel luog. cit. e Jam, alla par. Sudor n n g licu s. r ( v ) Cajo l’ appella fimilmente , e la paragona alla Vefie Attua-, firetnd. nel luog. cit. Eccone la fioria : Foriere del fudore Inglefe era *, ? \a *** • C°^ ° ’ ne^ e fPa^ e y nelle gambe , a faci ca~ r • m alcuni m vece di dolore f i avvertiva ne' ietti lui-

&bii


6 Il Sudoretto di Piccardia ben differente nel fuo procedere , è una febbre eh’ è fiata eonofciuta dagli Antichi , fotto il nome di Febris helodes (v i i ) : vai quanto dire Febbre umida ghi , una fpecìe di vapore caldo fugace : dietro a che i* un tratto Jeguiva copiofijfimo il fudore . Il caldo nell'inter­ no era enorme ; come anche nell' ejlerno , dove f i propaga­ va fino all' efiremità del corpo . L a fete era ineftìnguìbile : l'inquietitudine del corpo ? la pajfione nel ventricolo, c nel cuore, la doglia nel capo , il delirio erano fintomi coftanti , e crudeli : il vomito per lo più non molefiava', quindi fuccedevano il languore , e la fomma propensione a dormire : il polfo celere, ed impetuofo : il refpiro difficileCejfando il Judore ad alcuno fi raffreddava il corpo, e ri­ tornando , Jpirava un ingrato lezzo : le orine poco più del / olito g r e v i, ma pallide. I meno foggetti ad attaccarfi fu­ rono %poveri , i fanciulli , i vecchi : gli Jlranieri , anche da lungo tempo domiciliami, non furono per ombra attac^ cuti dal male . Quindi è che Ray , tra gli altri punt‘ va efaminando su di queflo particolare , circa la cagioni perchè i foli Inglefi vi erano foggetti. L a fuga per h>r0 niente giovava ; / rifuggiati nelle ville , come quei che fuggirono in Olanda , in Francia , ed in Scozia , furono egualmente affatiti dal male , come fe fiati fojfero in mez­ zo al luogo. Freind- luog. cit. ( v ii) Bartolomeo Cafiello nel fuo L e x ico n M ed ia m i ‘f 1 voce H elod es, da dove è tratta per intiero la nota che fif gue dell' Autore, inclina a credere che la febbre fudatorj degli Inglefi fia fimile «//’ Helodes degli A n tich i. Infatti de finendo quella effer una febbre pe/hlenziale colliquativi > collìquattva effendo quefia degli Antichi ; pare che il rállelo di Caftello , al quale corrifponde quello che ne James , non fia fuori dì propofito. Se dunque la febbre Picardía con quella della Brettagna non ha alcun ra?f°l to , a fentenza del nofiro dottijfimo Scrittore ; fieguf * nemmeno dovrebbe averlo coll' H elodes degli Antichi. f i ­ la qual cofa, o f i dee dire che il fudore de' Brettant J fimile a quello de' Picardi ; o quella di Picardía noìt che fare coll' H elodes degli Antichi.


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umida ( c ) . T Tuoi accidenti fono gli fteffi del­ le febbri infiammatorie, dalle quali ella non fi diiKngue , fe non per gli copiofi fudori, che da principio del male apparirono. Bifogna che la medefima percorra il fuo tempo con altrettanta rapidità, poiché i gran­ di accidenti ; che poflòno far dubitare dell* evento di quella malattia, non fi manifellano che dal quarto al quinto , e che *1 fuo più ordinario corfo è di quattordici giorni; tempo, il quale fuole tal volta eilenderfi fino al terzo fettenario : o perchè ella è compli­ cata, o perchè da principio fe ne fono trafeurat’ i mezzi da prevenirla « Il Sudore Ingleie non dava quali tempo di adoperarli i rimedj , ellendo che uccideva in men che balena, e pochi infermi campavano la fua violenza : quando che nel Sudoretto i Piccardia trattandofi metodicamente gii ammalati , e fecondo le vere indicazioni’, fi fa conto , che de* tre terzi, la metà d’ un terzo 11 perde. Il Sudore Inglefe era riconofciuto per un morbo contagiofo , e peitilenziale : laddove A 4 il d;9ebrfs Ä / ?

COn?rcmta dagli Amichi rotto II nome

t'cbrh huì, f ? deS ’ * ' » . qUae & . Epitheton d a » ! r « ? Ì ae 1 CT a pr‘ ,na, l} atlìH die tiegrotavtes fu tur or <jue ipfo , aut ftfhtl , aut certe paruM levan~ ta rn a t J mtra J “ C f Cabf a. ’»'fa n r lingua , dracm e Squillar ‘ d 0r. ' Um f Mtl* \ plwitnufque adeft in corpore U r Ì ^ VCrf‘ LaU m » f * lE ffm a d de


« il noftro Sudoretto è femplicemente epidemi­ co . Non poilò però difpenfarmi di notar qui di paffaggio, che non vi ha cofa più pericolofa nelle malattie, che fi manifeftano in differenti luoghi, quanto il confondere anche leggiermente ne’ rapporti, come tutto giornc fi fa , il Contagio coll’Epidemia, di cui falli, fenza rifleflione , un Anonimo : sul folo fondamento fenza dubbio , che molte perfcne nella ftefla cafa, e della ftefia famiglia ( v m ) fono attaccate dalla medefima malat­ tia : come fe folle ftraordinaria cofa , che una generai cagione agir polla ugualmente su di perfone radunate fotto lo ftelìb tetto, le quali fi alimentano degli ftefiì cibi, e che fono agitate dalle ftefle.paflioni, per fare che fiano travagliate dalle fteffe malattie . Niuna cofa è più valevole ad allontanare i foccorfij quanto quella falfa idea di contagio. ¿ ’Emorragie , e Aerazioni alla pelle a c c a d o ­ no frequentilfipiamente nel Sudoretto di Piecardia : laddove in quello degl’ Inglefi , condo che rapportano gli Scrittori , non avvengono , che affai di rado . Le prime, 3 mifura della maggior loro abbondanza fon0 riufcite in molti ialutari. Se fon venuto a capo di vincere il pregiudizio del volgo sull orrore» ( v m ) Famigerato erroneo motivo , per cui il volg'1 * tre dui o contagiofa la nojlra febbre di coflituz.ione, la Ì *1 , le in realtà m a è fiata , come io ho fatto rilevare * mio Saggio ,


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orrore , che avea di tirar fangue, lo debbo appunto a quelle, confiderevoli evacuazioni di fangue cosi pel nafo , come per la boc­ c a , o per T Emorroidi (ix ) . Quella avverfione erafi fenza dubbio trafmeifa da luogo in luogo, dopo eilerii confufa quella nuova malattia col Sudore Inglefe , nella quale non li era parlato affatto di cavar fangue, tanto per la corta durata del morbo, che noi permet­ teva , quanto per la fomma confidenza, che fi avea a’ cordiali, a’ fudoriferi, e agli anti­ doti ; i quali fi praticavano nell’ idea in cui fi flava allora d’ un veleno nafcollo , che attaccalfe le parti nobili del corpo (d) , e che (tx) Certa cofa è , che le critiche vacuazioni Sanguigne hanno fempre iftruit' i Medici a cavar fangue : anzi alle medefimc fi deve /’ ufo del fa i affo . L a malattìa de' Picarai , nel modo, con cui la rapporta l'Autore , Propone di per je la miffione del fangue, P e r vincere però un pregiudi­ zio introdotto negli animi della gente idiota , f i dura mol­ ta fu n g a , c non fi perviene , fe non a forza di replicate palpabili pruove . 1 riguardi , e le prevenzioni fono un grande ofiacolo per lo debito efercizio della Pratica Medica. (d) Quella idea di veleno aveva cotanto prevaluto* che fi proibiva agl’ infermi di mettere le lo to mani sul petto , per tim ore che ’ 1 cuore non ricevefife , per m ezi o di quella im polìiione , una dofe di più di veleno . Hoc modo in leclo fe habere debet , nempe cum extcnfis cruribus ac pedibus , nee manum teneat fuper pcélus , ne venenum ex manibus ad cor tranfeat. Non agitet pedes, aut manus , alìoquin morietur : potejl tamen faciem & poramen fub collo deteólum tenere , ne fuffocetur . N o » ctiam fe obvolvet in le¿lo : fi vero fe volvere ex aliqua necc[)itate voluerit , fiat duo ab utroque latere , qui teÌ Z MM tUm cornf rimant 1 ne clevetur , {¿ c . C lan fi'. PhUof. S Medicar, de venenis , pag. 9 1.


IO che fi riguardava , come proffima cagione delle febbri maligne , e delle malattie epi­ demiche . Bifogna credere, per ifcufare coloro , che furono i primi a descrivere il male , e le medicine, che v’impiegavano, ch’eglino contaffero di rendere finalmente quefti fudori cri­ tici (x) ; poiché non folo avean configliato di mantenergli , ma ancora di eccitargli < Lad­ dove io nel Sudoretto di Piccardia gli ho iempre riguardati come un fintoma il più pericolofo, che ad altro non ferve che a diffeccare il fangue, ad aumentare la fua fari' fazione ( x i ) , l a fua acrimonia, e a renderlo

cori Freindio nel luogo citato ci fa fapere , che nell» febbre fudarìa d' Inghilterra , coloro che fidavano per I» fpazio di quindici ore continove guarivano certamente : all incontro q u e', a quali il fudore fi attraffava , che u f :ivli­ no da? letto, e che fudavano poco J o perivano , o perigli f vano. Se quefla Storia contefiata da ]ames , e da Cefi de Efem era Britannica è vera ; quel fudore nè fi dee prez­ zare un vero Sintoma f nè una vera drifi ma con Ga­ leno fi dee appellare Sintocritico ; perciò non fono condan­ nabili all' e[Iremo i Profcjfori , che regolavano quegli am­ malati , f e tal volta ufaffero delle precauzioni , perchè fudore non fofj'e attrafi'ato , o perchè f i promovejfe > L» fola critica potrebbe cadere sulla meccanica , eh' ejfi pra~ ticavano a tal riguardo. L ' eftrema rarefazione procura^ tu , o dalle fome de' panni , o da' fortijfimi cordiali , c fempre pregiudizievole. (x i) P e r rarefazione , credo , che il noflro fiutoy volita intendere quell' efpanfione de' vafi , che nafte dat nifo , e contranifo , il quale f i produce ne' vafi medefi>»’ per un principio dì addenfamento ‘ altrimenti non poteeb capirfi , come il fangue f i rarifica colla [eparazione ae fiero. Si unifeono le sfere fanguigne , e f i combaciano / '/


II

con ciò più infiammabile . Or sì fatti fudori aveano in quel tempo in tal guifa fiifata l’at­ tenzione de’ popoli travagliati da quella ma­ lattia , eh’ altro non cercavano , che accre­ scergli ( avvegnacchè fodero abbondanti filmi) con un mefcolamento di vino , di zucchero, di cannella Scc. il tutto replicato molte vol­ te al giorno , e in dofi ecceflive . Altri poi eh’ erano più in iftato di fpendere in medi­ camenti , prendevano delle pozioni cordiali con triaca , confezion di giacinto , polveri di vipere, ed altre droghe dello fteiTo gene­ r e , alle quali i poveri infermi non refi fteva­ no lungo tempo, o pure, fe per la forza del lor temperamento alcuni di loro fopra^vivevano a quella perniciofa pratica, durava­ no tempo aliai lungo a rilfabilirfi. Ne ho vec uto parecchi a capo di fei meli , e più an­ cora, in una fpecie di ftordimento, che avea­ no tal volta dell’ imbecillità , fenza potére , per cosi dire , mettere un piede avanti ali’ altro, e la di cui pelle di color cachettico, cadea ad ogni iilante in ifeaglie : a divertì di loro fopravvenivano varie forte di eruzio­ ni ferpiginofe , di apoileme , e di tum ori. i ale e Hata in generale la forte di coloro, a quali non fi fece tirar fangue ne’primi principj della malattia. ^ ,

L ’ eruzioni

de v i i ° 1 <l Uan‘l 0 le f l Separano', e la maggiore unione f a m e n i Ì T T ’ ‘f * * c° mf onZ'mo * » fluido, fi dice adden. il quale e l oppofeo della rarefazione.


la L*eruzioni della cute, ch’erano altresì, fe­ condo gli Autori , rarilììme nel Sudore Inglefe , fono ordinariilfime nel Sudoretto di Piccardia : eh’ è quanto può aver di comune quella malattia colla febbre miliare . Ma fa d’uopo di avvertire , che l’eruzioni, le qua­ li nel Sudoretto di Piccardia fono folamente l’effetto d’un’eflrema rarefazione del fangue, e della pienezza de’ vali } in un tempo in cui la Flogofi è univerfale -, fono Hate mol­ to ijieno confiderabili in coloro , a cui era flato più volte cavato fangue nelle prime ven­ tiquattro o re . Raccomandavafi nel Sudore Inglefe il tene­ re gli ammalati in caldo , fino a fegno di proibir loro non folamente di metter le ma­ ni fuori del letto, eziandio per lafciarfi toc­ care il polfo j ma ancora di muoverli in al­ cun modo, pèr qualunque bilogno fi folle (V} Da quello alrresl fenza dubbio fi è trafineifo quel perniciofo coftume di aggravare gl’infer­ mi d’un pelo enorme di coverte , fino a ca­ gionar loro delle foffogazioni, e di lafciargH durante il corfo del lor m ale, tra gli fteHi lini marciti di fitdore dentro di ftanze efat' tamente racchiufe ( f ) . Un (e) Itaque imprimis dabavi operara , ut ab omni àfl,s afflata aegrxra prohibèrent , & propterea non p erm it" hant urinae reddendae caufa e ledo fe movere , nec tiurn pulfus explorandi gratia exerere . Sennert. coà&a

cap. XV. fuperius memorato. * (/)

Veriiìmil cola railembra che queita PsrnJ ^ l


*3

Un trattamento così funello non avca al­ tro difegno, fe non quello di fpingere al di fuori la cagione del morbo , sulle falle idee che fe ne aveano * cioè a dire , fecondo il volgo , di forzare i fudori , e di rendergli viappiù copioll , e finalmente di promuovere ^eruzioni alla cute , che fono ancora oggi­ dì P unica loro fperanza , per eflfer liberati da quel veleno, da cui etedonfi infetti in sì fatta malattia. Si vede chiaramente che tutta quella pra* Cica fi trova appo gli Autori , che han trat^ tato del fudore Inglefe : io gli ho tutti feorfi, e tutti gli ho trovati colle fteiTe idee su de1 fudorifici , su de’ cordiali, e su gli antido­ ti (g) . Per corta che folle quella malattia, fon lìcuro che tirato fe nc avrebbe un miglior partito nel iecolo in cui viviamo , dove tut­ te quelle idee di yeleno appiattato ( x n ) , * che pratica (lata foiTe {labilità dagli Em pirici ; poiché fi leg­ ge in quello ileiì’o capitolo di Sen n erto, ciò che iieguc; Monuerunt tandem doéit Medici y ut in corfore tegendo y prò vimurn , naturarum diverfitate modus obfervaret u r . E indi appretto : Referunt Audores fide digni , nirf iu fadandi Jìudio magnarti hominum fartem fyfFocatam jutJJe. .(<?) Tota antera curationis ratio in venetqo debellando, C5- Judore fraintendo fita (rat , Sennert. cap. X V . de curatione fudoris A n g lic i. ( x ii) Ray Scrittore antico efaminando la cagione del Judorctpo fi ferma su la Situazione dì Inghilterra , e la qualità dell aere , che f i refpira . L e cagioni delle generalt mq.attip pojfono ejj'ere indefinite . Sydenharn non J'eppe mai indovinarne upa , L e fcuole ne adottane tante , oltre


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che riguardava!! come la cagione de’ morbi epidemici , e foprattutto di quello , fono sbandite dalle fcuole , e dalla pratica , per non oltre i v iz j deW aere , e de' cibi , che lungo farebbe il tracciarle. Ippocrate parlando delle malattie Epidemiche J'e n' efce pel rotto della cuffia con quel aliquid Divinimi, che credeva efijìere , o entrare nell'aere . P er veleno ap­ piattato tal volta gli Antichi non credettero una fola oc­ culta cagione , o una ignota qualità , ma un principio dt_ attività , che foffe in noi , lenza dar fegni della di lui ejijlenza : ma che f i [vegliaffé , e mettejje a guafio la noJlra Macchina , fenza cagion veduta. Con ragione Ippocrate chiamava beato colui , il quale intcndeffe la cagione de' mali ; cd è cofa nel vero diffciliffìma , L e cagioni materiali in apparenza non fono fempre quelle , che noi acctfiamo , ma il più delle volte fono , e faranno le predifponenti , o le fufeitanti . N e l vajuolo per efemplo noi fenza meno dobbiamo riconofcere , non nell'aria , e negli alimenti la cagione ; ma in un principio affai volatile, attivo , ed irritante , che portiamo con noi ; ed il quale è fufeitato or per una , ed ora per un' altra cagione ; < tutto che ad un di preffo coteflo principio Jia lo Jleffof le cagioni fufeitanti lo rendono or benigno , ed or mali­ gno . Io fenza oppormi alla dottrina del noflro Autore, di cui ho tutta la venerazione , dico , che non è da ne­ gar fi. etn g li Antichi, che poffano ì femi di moltiffime ma­ lattie entro di noi in una maniera ignota appiattarfi , 1 quindi fvilupparfi a mifura delle cagioni , e delle circoflanze , nelle quali noi ci troviamo , per l'a ria , per g» alimenti , e per ogni qualunque delle fei cofe , che dicon­ f i non n aturali. Quando altro non valeffe per comprovare quefla dottrina , abbiamo il fatto degl' Inglefi , i qua» tutto , che fuggtffero in Olanda , in Francia , ed in Sco­ zia , pure perivano col fudoretto . L'efferne efenti gf* ftra" nieri anche commoranti, ed i [oli nazionali foggetti , non è argomento ficuro , che i femi , o le predifpofizioni ] ° i' fero entro di loro ? L a Sifilide lungo tempo fogglor>u‘_ in noi fenza manifeflarfi : e quindi f i fviluppa , guaftan'^ do or quefla , ed ora quell' altra fojianza, L ' adipe del HO' ftro corpo n ' è il grande e ficuro Afillo ,


non ammettere altra generai cagione di sì fat­ te malattie , che ’1 vizio dell’aria , e degli alimenti che fono in fatti la vera cagione del­ la depravazione del fangue , e degli umori. Credo che quanto finora ho detto, debba eflere fuificiente per dimoilrare refifenzial dif­ ferenza che palla tra quelli due morbi . Or ritorno al mio principale oggetto , ch’è il Su ■ fioretto di Piccar dia , o fia la febbre helodts degli Antichi , Colmo i quali venivano attaccati da que­ lla febbre per lo più s’infermavano di notte* fi Svegliavano dopo alcune ore di forino , con una univerfale oppreifione , con abbon­ danti fufiorj , e con un calore il più v iv o . Era il Jor volto infiammato , e molto rubi­ condo , come parimente Vabitudine tutta del corpo . Vedevafi , per così dire , fuggire il fangue fotto la pelle alla menoma preflìone • del dito * erano i di loro occhi fcintillaiiti, la lingua bianca , e arida di molto , il polfo duro , tefo , ed al fommo turgido ; accoppiavafi aliai ordinariamente a quelli acciden­ ti un delirio frenetico verfo il terzo, e ad altri verfo il quarto giorno, con uno aumen­ to di febbre , eh’ era per lo più il furiere d un’ eruzione m igliare, più , o men confi«lerabile , fopra tutta la periferia del corpo. falvolta confifteva in macchie rolfe, le quaù eran si unite fra di loro , che detta fi avrebic una riilpola univerfale: e fìorefcenza più danncvole


16 dannevole ( x m ) , e più perìcolofa delle prime. Oltre a quelle eruzioni , ne fopravveniva bene fpeffo un'altra d’un’augurio affai più fu* nello -, ma in un termine molto più avvanzato della malattia , lotto la forma d’ una groffa morficatura di pulce , tinta d’ un rolfo affai vivo, e conolciuta fotto il nome di Mac* chia porporina : Quella differifce dall’ altre eruzioni , non folamente per lo roffo vivo, eòn cui da principio apparifce j ma ancora perchè punto non li eleva fopra la cute. Al­ tre finalmente fi moilrano lotto la forma di jFlittene (x iv ) trafparenti, e del volume del­ la Temenza di perle. Le Flittene fono altret­ tante vefcichette ripiene d’ un liquor condi­ vo. ( x m ) Ne'm orii inflammatorj il più delle volte le macchi1 rafie, e fpezialmente le unite, e le larghe, fono di fünf 1 prefagio. Dinotano il grado dell'infiammagione efi'ergiafi a fegno , che gli elementi roß f i gettano ne' faccbfi dell' adipe . Sydcnh. parlando del vajuolo nella diß. 'Efr' alla pag. 404, conferma quefia offerii azione ; R ei cardai die'egli, in hoc vertitur, ut in variolis falutis fpes ontf15 in exhantematum paucitate reponatur; diicrim en in e0' rundem multitudine. (x:v) Phliétaenae, che i Greci chiamano ancora , e , dite in pM'£«<», ( che naie nel lottfi^ b u llire, & fervere , j e gli Arabi fahafati , fono propr1* mente vcfcichettc, fintili a quelle , che fa il fuoco , * qua bollente, 0 l' ortica battuta su la cute . Quindi è-, c l le febbri le quali producono quefia fpecie di erutto f i f pratica f i chiamano O rticaie, che a me piacer ebbe meglio fi' pollarle Orticanti ; come con locuzione più proprio le V bri con petecchie f i dicono petecchizanti, che p e te c c h ia ' C hi produce non f i nomina prodotto , ma producente*

,


vo , che attaccano principalmente il collo , le afcelle , la parte anteriore del petto , e del\yaddottine : elleno fono le più pericolofe in quelle malattie, come in tutte quelle,che portano un cattivo carattere -, ond’è che mol­ ti Autori, vedendo il pericolo, che annuncia­ vano , han creduto doverle chiamare Porpo­ ra bianca . In tanto quegli, che hanno avuta la forte d elìer trattati metodicamente , lungi da cordiali , e fervendoli d’ uno , o più falafìi , fecondo il grado dell’ infiammagione chiedea , fono ilari fpelìb efenti dalle prime, e qua fi fempre dalle ultime . Non folamente nel Sudoretto fi ricorre a cotali rimedj incendiari nella campagna; ma nella menoma indifpolìzione ancora , e nel principio di tutte le malattie , prima di co­ no! cerne il carattere : bifogna che molti ne iiano le infelici vittime di un tal presiudiZ ìo , per determinarli a chiederne il foccorfo. . R lguardo^ poi agli altri morbi infiammato­ li , che ci e accaduto di ollervare i più fre­ quenti nel comune di Parigi , fecondo le differenti intemperie delle ilagioni , la quaìta degli alimenti , e delie bevande efli non meno , che la febbre migliare le febu verminofe , le maligne , le femplici, o le porporine, per elìer tutte del genere inflamfoccorh 9 Cfigg0n°

sul P^ncipio gli fteilì

Si tratta adunque di prevenire il pericolo B delle


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delle infiammazioni, in votare ì vafi a pro­ porzione degli accidenti : non v’ ha regola fifia per la quantità de5 falafiì, che far Info­ gna : la turgidezza del polfo , la vivacità degli accidenti , la flogojì univerfale di tutte le parti del corpo , debbono regolarne la mi» fu ra. L ’età dall’altra parte , il fe llo , il tem­ peramento di ciaicheduno infermo debbono tutto giorno efière la bullóla di coloro , che hanno da trattare quella malattia . Tutte que­ lle confiderazioni ben riflettute , e combina­ te fecondo le circoilanze , efier debbono il folo Alterna di un Medico veramente pra­ tico . Senza quelle precauzioni preliminari ne’ morbi infiammatorj , fi vedran perire gl’ infermi tra ’1 quarto , e ’1 quinto colla can­ grena delle parti interiori , o colla rottura de’ .vafi interni (xv} . La rottura non feffi' pre (xv ) V i fono delle malattie infiammatorie, nelle qur' la mijfione del fangue non filamente non giova, ma nttei{ fofitivamente . M i ricordo qualche coflituzione di P rifie , particolarmente dì alcuni anni addietro , in etti 1 cavar fangue riufciva di grave danno , Sono per P appfi’* $o cotali mali infiammatorj , quelli che portano precipd0' famente le fofianze alla cadaverica corruzione , e che ra­ gionevolmente appelliamo C orruttorj . M i ricordo chef1', mio Allievo della ’T erra di Gioja in Provincia di Bari ^ riferì quattro anni addietro , che nella fua Patria cor'^. vano punture , nelle quali la mijfione del fangue f ace\ e morire pià prefio del quinto gli ammalati. Gli rifpofii c^ ave fife ufato la Chin China con valore dal primo ingrej] ^ del male , e quattro Epifpafiici alle membra. Fui rif Irato t d e quejìo metodo era ri ufi ito opportuuijfimo •


ìp pre accade in quelle parti , da cui pofia il iangue efler cacciato al di fuori. Non poiTo B 2 replicare to che pruova a perfezione lo flato corruttori». Non fola-mente nelle Pleurìfie , e Palmo-aie conviene diptinguere le corruttorie dalle vere infiammazioni ; ma anche nelle miliari , morbiilari , vajolofe erifipelacee, nelle qua t ho ofiervato in piu fiate la cavata di fangue cffer J ata nimica . Sono tal volta le malattie infiammatorie atro cosi , prodotte da una materia tenue, che io a buon JenJo chiamerei fcorbutica : la quale , fe ignobili fono i -. ° f C^e tenda ) ben ifià che in quelli dimori , e che tnjenji i mente Ji vada dijfipando ; poicb'e facilmente per Mezzo delle detrazioni prefi,JJÌmamente rifoluta ; con igjore ferocia di prima , altre interne , e più nobili naie bine offendendo pone in rifico la vita de' languenti. Laddove fono affolutamente indicai' i fa i affi, e replicati, . rovo piu utile aprire la vena in diverfi luoghi del corj ’ e ta. reP*tc#te 'volte in foca dofe ; che tirarlo fempre da una v ia ,e d in dofe eccedente . E certo che il fuperfluo ¿.y. ’ C°m .5 ficuro che noi non fappiamo calcolarne il fervendoci C d i°b ir \ ^ rC1°tr £0nf erenza j e Ia toleranza trarne M a o i r ’ U- ^ ° a ’ P°JTlamo tiel cafo di più bifogno, defo che li f h >0r C0P !a ’ ma non fapr'emo introdurlo, nel catuziore, d c f l T i V ^ r ^ ’ C* / ’ l a vU Ho dni d jTeoloJ?>i c fempre preferibile. fono de' M °j - - C‘,° 1 Perchè «* Italia, ed anche fu o ri, vi lenica i-i t ' Y / f traKU f ang ue P 'à della maniera Ga­ sò tierrhè ***** e f ehbrì indifiintamente , credendole , non care il r J ir * “ * lnflan‘ rnatorie ; e fino al fegno di repli­ catene f Y l ° 2° ' * V0^te i e mn *n quantità difcreta, dell' animo PP° * cor 'nf i tdare il f^affo fino al deliquio te in or tri ’ ” uti f i legge t» Galeno quello, che f i J'cnN o - J f ] m,,rno alia tanta libertà di cavar fangue . f ‘ * o / a it a i* Z T ' Y ™ Cale\ per T Wa di generale c l a i T ■ ” ° T ’ -che nell° fttfo cafo di una Verfalmente ’¡ Zl0Ke d‘ Malattia , non f i dee ftabilire uniPerciò diflix{r2dCaVar *■ ^ noft ro tutore dottamente / conviene a £// * ' Y P f rf ,celfri , ove il tirar fangue fiuto il s'alafin * K°-^ra -Epidemìa generalmente è conve­ tte' quali uni, r Y t ì " ? * e ’■ Cpe nm v ’ fillio fiati de' cafi, Jo a flebotomia , com' io ho fatto nei Saggio rilevareì


replicare abbaftan/.a , quanto importi ufar ce­ lerità riguardo al cavar fangue in sì fatte malattie : foprattutto allora quando èvvi com­ plicazione di Tleitrifia, , e di £P e r ¡pneumonía-, farebbe infenfato chi attender voleife delle crifi favorevoli in morbi di cosi rapida atti­ vità ( x v i) . L ’ Emorragie che, come ho già detto , fo­ no (late falutifere a parecchi, non accadono quafi mai, che per la rottura de’ vafi fanguigni ( x v u ) . Ritrovandofi troppo pieni di fangue, r i l e v a r e , n o n c o n d u c e v a ch e a n u o c e r e . Gii E m p ir ic i , e colore c h e n o n f a n n o d ijìin g u e r é i c a ji , fo n o l a c a g io n e , ch e alcuni g r a n d i r im e d } t a l v o l t a v a d a n o in d i fu fo . V a b u f o , che f e t i q u e fta r a z z a d i g e n t e d e l m e r c u r io , p o lc h e f i d iv u l g ò rimediI p e ’ m a l i v e n e r e i , c o n d u ffe a f a r l o a b b o r r ir e f i n o d a l J u o nafcert: e fa r e b b e a n c o r i n o d io , J e la n e c e jfità , p e r n o n e jje r fi r i t r o v i e iltro fp e c ific o , il q u a le g u a r i f f e s ì b e n e i l m o rb o afrodiiiaco, n o n lo a v e ffe r ic h ia m a to i n p r a t i c a . E '* d a c r e d e r fi , che , J e b b e n e i l n o jlr o t u t o r e r a l e d e lla

m o r te ,

e d e lle d i

p a r la in ^ g e n t­

l u i f p e c i a l i c a g i o n i , che a p p o r la f

m o r b o in fia m m a to r io , a llo rc h é f i tr a fc u r a i l fa l a j f o ; v o g l i a in­ te n d e r e d e l f i l o S u d o r e tto d i P ic a r d ía , n e l q u a le n e f a r à f io 1 ì j l r u i t o d a lle f e z i o n i de’ C a d a v e r i . N e ll e m a l a t t i e in fia m m a to ';t

i l te m p o d e lla p e r d ita

è p r e fiffo

, n è le c a g io n i d i le i puffo'*

e ffe r e c ìr c o fc r itte d a lle d u e n o ta te , e f t a b ì l i t e d a ll' A u t o r e . ( x v i) C io è f e n z a le m ijfto n i d i f a n g u e : a l t r i m e n t i la p ro f1' f i z i o n e n o n p u b r e g g e r e . C r i f i è la f u p p u r a z i o n c d e lla P l e u r i c i d e l fle m m o n e ; e p e r C r i f i f a l u t a r e dee f u f t e d e r e a n c o r a U ier_ m i n e d e lla n u o v a m a l a t t i a d e ’ P ic a r d i , Piario t u t t i g l i m o r b i f l o g i / l i c i .

co m e fin ifc o n o d ’

( xvi i) C r e d e r e i, che il p iù fo v v e n t e fì e n f t o n e d e ’ v a f i p ic c io li , cb e i P r a t i c i

a d d iv e n tffe p e r la c h ia m a n o anaflotno 1

»

e n o n p e r r o t t u r a . S e la r o t t u r a d e ' v a f i f a c e f f e g e m e re ’■ f a n g u e f u o r i c o n p r o fitto -de' p a z i e n t i , n o n f a p r e i in d o v in a ^ t o m e n e l p e tto f i c b iu d e ffe r o i vafi la c era ti , giacch é, com e ti

ha a v v e r tito

il n o ftr o i l l u m i n a t i f f r n o

r a g i e f i g u r a n o p e r l a bocca .

A u t o r e , a n c h e l'

i n q u e lla m a c c h in a m o b ile dei


I

fangue ne diftendono le fibre fino a fegno di farle fcrepolare ; la qual cofa deve far tremare di paura ; che tali rotture non fuccedano neH’interiore del cervello , le qua­ li fono l’ unica cagione della morte, che ac­ cade ne’ primi giorni de’ morbi acuti , e verfo il quinco(xvi i i j . Ciocché parimente addi­ viene nell’eruzione del vajuolo, il qual morbo, avvegnacchè d’una fpecie Angolare, ha molta analogia però con tutte le malattie infiam­ matorie , nel fuo primo periodo , in que’ preciiì giorni, che precedono l’ eruzione $ c che , qualora gli accidenti il ricercano, fidile precauzioni. Scemata , eh’ è una volta la copia de’ li­ quidi , fi veggono diminuire fenfibilmente gli accidenti , il polfo fi rallenta , e fi dilata : i v iene ad efiere con quella condotta non piamente al di su del primo pericolo,’ che 1 deve temere , ma eziandio nello flato di evacuare con ficurezza , e con profitto que' taii umori putridi , che fono la cagione di B 3 sì n o n e è q ì i a s 'i m p o n i b i l e ,

;

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tin

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c a n n e lli) r o t t o :

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G a U n ’n ^ to ’™ tm e v a te c fd e ttl p a r tic o la r i

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h b e r a t 0 d a lia f o n a d i f t r a c n t e : Q u i n d i è cb d e l / a n g u e , c h e u f e i v a p e r te m e d e ll»

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n e lla m ia n o ta t g e n e r a le -c o g lia c a p ir e i c

Z e Z le d t ? T dÌa ■ l n f i n i t e > e ™ fo la , p q u in to ri ’ r r morti Prim* g i o r n i , e fin o In a m e n te e. f r a l m e n t e d e l v a ju o l o , i l q u a le aj c a m e n e è d el g e n e r e i n fia m m a to r io

,


T

1 2

sì fatte malattie . Quelli ileilì umori fon quelli che dati luogo alla generazione de’ vermini *, che offervanii in gran quantità nella maggior parte degl’ infermi . Or perchè il centro , diciam così, di que­ lli putridi fermenti riliede nello ilomaco , e nelle prime vie , nell’ amminiilrazione de’ purganti fi uferà la ilelfa celerità, che tan­ to ho raccomandata nella pratica de’ falaili ( x ix ) . Sicomincerà da que’ , che gli evacuano immediatamente : indi li continueranno i femplici purganti da due in due giorni : foilenendone l’ effetto con un ampia bevanda di­ luente , e dolcificante » Per lo mezzo di que­ lle continue evacuazioni, veggonfi con effet­ to tali morbi felicemente terminare , trailo fpazio di dodici , o al più di quattordici giorni ) • (x ix ) n o fir o

S i a v v e r t a c h e la f o l l a l i u d i n e

a v v e d u tis s im o

S c r itto r e

,

la

q u a le c o n te n d a

.. »

d e’ p u r g a t i v i i n g e n e r a le ', e lla vieti

l i m i t a t a a v o m i t a t o r j le g g ie r i n e ' p r i m i g i o r n i , q u in d i a b la n d i J e t v i z i a l i , e t a l o r a , fe c o n d o le c ir c o fla n z e c h ie g g o n o , a le n ie n ti ecc o p ro tic h e p u r g h e , co m e f i r i l e v a n e l f e g u i t o a llo r c h é n e f a la dr f t r i b u z i o n e , H o v o l u t o ciò p r e v e n i r e , p e r c h è d i u n a p r a t i c a •»< p r u d e n te n o n ne f a c c i a n o u n e q u iv o c o coloro c h e a d a b u fo , f e n e a v v o l ­ g o n o d e lle m e d ic in e p u r g a t i v e , f p e z ia l m é n te n e ' m a l i in fia m m a to r jt n e ’ q u a li e u n p r o b le m a a f f a i d iffic ile a r i f o l v e r f i f e c o n v e n g a n o . M c u n i in g a n n a ti f o r f è d a lle m o lte v a c u a z i o n i d i f o f i a n z e g u f ­ ile , c h e f i fe e m a n o d a l corpo p e r m e z z o d e ' p u r g a n ti , pre n d o » * a r g o m e n to d i p r e fe r iv e r e n u o v e , e r e p lic a te p u r g h e ; e n o n f i a v v e g g o n o c h e q u a n tu n q u e f i u f i u n p u r g a n t e

in

un

u o m o f a » 0’

a n c h e u m o r i c o r r o t t i , e m o lti , fe c o n d o la d i l u i f o r z a , f i e v a ' c u a n o . 1 d i f e r e ti p u r g a n t i , d o v e e v v i c a c o c h ilia c o ll’ in fia m m a ­ z io n e h a n n o lu o g o . S e m p r e p e rò fo n o d a p r e f e r i r fi, i p ic c io li e m e­ t i c i . di te n e r n e tta

la J la lla co’¡ e m p i i c i , e f r e q u e n t i f e r v i z i a h

f i a t a J e m p r t la u d e v o le c o f l u m a n z » .


*3

giorni $ c tal volta, come bene fpeflo 1* ho ofervato , a capo di otto giorni. Di rado , feguendo quello metodo, veggonli degenerare quelle febbri, femplicementc acute, m igliari, o verminofe , in febbri ma­ ligne, porporine, o non porporine ; ciò che non accade , che per la foverchia negligen­ za, o per 1* invincibile renitenza che incon* trafi nella gente di campagna, la quale ( co­ me non cederò mai di replicarlo ) allora di­ manda foccorfo, quando ha già pollo fondo al vino , e a* cordiali , e quando è ridotta quili all’ ultimo eiiremo . ' Vero è che incontranfi de* c ali, ne* quali i falaiìì non han Tempre luogo, eziandio ne* mali, che fon complicati di fluiiìone di pet­ to e di fputo di fangue. E' facile rilevarne la differenza , fe fi ponga mente a ciocché palla tra ’1 Flegmone Erefipelaceo , ed il Flegmone Edematoso ( x x ) . Trovanfi , nell* apertura dì coloro, che fon morti di quella feconda fpecie di morbo , che io chiamerò Umorale, B 4 i vad (xx) t n qtceflo lu o g o il d o tto A u t o r e , che io n o n so m a i a b a lia n z a lo d a re , p a r ìa d e lie i v f i a m m a g i o n i b i a n c h e , e l i n f a r i , f e r v e n d o l i delle

v o t i d e g li

A n tic h i,

» q u a li

n o n e ic o n o jb e v a n o l e

t

fio g a ft g e n e r a l i d e ’ f l u i d i ; m a le f o l e p a r tic o la r i d e lle p a r t i . M e d i c i , che f i /c o n t r a t t o i n J ì m i l i c i r c o j l a n z e , d e b b o n o e f e r e b e n

a v v e d u t i nel d i f t i n g u e 't e , f e f i a n o t a l i ìn fi a m m a g i o n l d i p e r lo ro , o per c o n fe g ite n a a d i a l t r o d ifiu r b o , che la m a c c h in a a b b ia r ic e ­ v u t o ; p o ic h é c io c c h é f i o jfe r v a , e f i n o t a n e llo s b a r o d e ' C a d a * V e ri , n o n d e e f u p p o r fi n e l n a f c t r e , e p r o g r e jfo d e ’ m a l i : a l t r i , m e n ti g l ’i n f e r m i , d o v r e b b e ro e f e r e f i n

d a lle p r im e a p o p le ttic i , o V -

V ero d a a ìtr ’ ìn fig n i fi n t o m i t r a v a g li a t i ,


24 i vali del cervello affogati di fangue , pii ancora di linfa, e bene fpeilò l’ uno, e l’al­ tra ellravafati . A quella lovrabbondanza di linfa, che ri­ lancia i nervi nella lor origine , io attribuifco la debolezza del polfo , 1’ abbattimento ge­ nerale delle forze, ( accidenti aliai più ro­ tati in quella fpecie, cjie nella prima ) co­ me altresì raffopimento letargico degl’ infer­ m i, gli occhi mezzo chiulì, la lingua nien­ te arida, ma feinpre eftremamente bianca. C olui, che in una fomigliante circoltanza comincialTe la cura col cavar fangue, non mancherebbe di aumentare la debolezza del polfo , e vedrebbe ben tollo foccombere il fuo infermo : egli caderebbe nello ileifo inconveniente di colui , il quale in una apoplelia fierola , con una eltrema debolezza di polfo , comincialle la cura dal falailò ; o che in un’ apopleilia fanguigna , dove tutto è pieno la imprendale da un Vomitatone . La principale indicazione di quelli morbi ume­ rali è quella di evacuar prontamente , per mezzo degli emetici, i putridi fermenti dello ilomaco , e delle prime vie . Quelli rimedj hanno nel tempo delio il doppio vantaggio di evacuare i detti putridi, c di contribuito al ricupero della perduta eladicità de’vafi » per mezzo di quel generale lcotimento, che occahonano su di tutto il genere nervofo. Io non pretendo però deludere del tutto


il falaifo, nè dire eh’ egli non ila tal volta neceiTario in sì fatti morbi umorali , prima di pallate a’ purganti, allorché vi è una vera pletoria , della fpecie di quelle , che gli anti­ chi appellano ad v a fa , e che minaccia i vali di rottura : il lafcia la norma su di ciò alla faviezza de5 M edici, che faranno confultati, o inviati ad affiflere in tali m orbi. Da quanto fi è detto in generale , fi può facilmente conchiudere, che i rimedj , i qua­ li debbono edere impiegati per la guarigione di quelli morbi, fiano infiammatorj , o fiano umorali , li riducono a falallì regolati dalla prudenza , e fempre per preferenza dal pie­ de , a cagion dello llato del cervello minac­ ciato fin dal primo giorno ; a’ replicati pur­ ganti , e alle bevande antìjlogìjlìche (h) . Quella pratica per femplice ch’ella fia , ha ^portato un fuccefio sì generale , ch’ èj riu­ scita fuori d’ ogni fperanza a’ men verfati nella pratica, non facendo altro , che feguir letteralmente ciò che io ne avea fcritto. Una delle maggiori difficoltà , che s’incon­ trano , come altrove ho detto , nella campa­ gna , nelle Parocchie attaccate da epidemie per la prima volta , ed eziandio in quelle, che Hate già lo fono , fi è l’invincibile ri­ pugnanza degl’infermi per qualfivoglia me­ dicina , e per 1’ abbandono del vino , e de» cordiali. (h) Cioè a dire,che convengono ne’ jnoitn infiammatorj.


%6 cordiali : la qual cola è tanto più faltidiofa, quanto che ellendo paflati i tempi di agire efficacemente , eglino non fi arrendono che alla finey quando non reltano quali più mezzi da falvargli . Il primo punto del metodo, che fi deve oilervare fi è , come l’ho più volte replicato di fopra , la follecitudine per gli lalaffi nel­ le prime ventiquattro ore, per potere agevo­ lare F efibizione , tolto che rallentati fieno i polli , di tre , o quattro grani di tarraro (tibiato , difciolto in una pinta d’acqua cal­ da , nella quale fi faranno altresì difciogliere due , o tre groffi di fiale vegetabile . Si farà prendere quella bevanda vomiche* vale in cinque , o lei bicchieri, ogni mez­ zo quarto di ora , finattanto , che ’1 vomi­ to lopravvenga : fi ajuterà , o fi modererà per allora l’azione col mezzo di più , o meno tazze di acqua calda . Quello modo di dare Vemetico( x x i) } ha di comodo, che fe ne può arrenare ( xx 0 £' d a lo d a r fi fo m m a m e n to la p r a t i c a , ch e p ro p o n e i l ito fir 4 A u to r e d e ’ p ic c io li, e r e p lic a ti v o m i t à t p r j ; c o m e è c o n d a n n a b ile la

cof i a m a n z a in

,

di ta lu n i c h e n o n c o n t e n t i d e l p o co n e p r e fe r iv o n o d o fa tro p p o a v a n z a t a , e r e i te r a t a m e n t e . Q t u l l a è u n ifo r m e

a lla r a g io n e , e d a lla fp e r ie n z a . , e q u e jìa f i oppone a ll’ u n a , ed a ll’ a l t r a . N o n h o m a i f a p u to c a p i r e , c o m e f i p o te jfe J'perare u t i l t à , n o n d ico n e ' e n f i p r e fifi d a l l ’ A u to r e ; m a in q u a lu n q u e a ltro f e o n t r o , d a lla f o r z a a c c r e fc tu ta . E g li n o

ecceffìva d e ’ m e d e f i m i , f o m m i n i j l r a t i i n

dofit

n o n d eb b o n o p r o d u r r e , c h e d o lc i , e m i t i m o­

v i m e n t i , p e r m e z z o d e ' q u a li f i

d e v e ’, p r o fitta r e , f e n i a

r ific o ai

danno . Q u e f i a p r a tic a d e’ p ic c io li, e r e i te r a t i E m e t i c i , fic c a r n e è d a com e n d a r fi n e l p r in c ip io d i m o l t i j f tm e m a l a t t i e

;

co sì f i

deve

,

e fi


*7 arredare la foverchia attività, allorché l’ efito fembra fufficiente -, v’ ha di perfone di un temperamento sì delicato , che la meta del­ la dofe fopraindicata è loro badante. Se per avventura il vomito fopravveniflè al fecondo, o al terzo bicchiere, e che l’in­ fermo ne folle troppo faticato , fi permet­ terà una maggior didanza , come d una mezz’ ora , e ancora d’ una, traile rimanenti dod , che ben fovvente, quando lo domaco è sbarazzato , operano per bado . N el dì feguente erriti

p u ò p e r m e tte r e n e lle g ì te p i ù a lte ; co m e S a v i a m e n t e p i ù i n ­ n a n z i p r e fe r ia te V ¿ l u t a r e : ed io p o ffo a ffic u r a r e c h i u n q u e , ebe i n a lc u n e c ir c o fi a n z e d i q u e f l ' a n n o m i è r i u f e i t o p r o f i t t e v o l i l f i m a u n a ta l p r e f e r i t o n e . R ig u a r d o a lla q u a l i t à d e l v m i t a t o r i o n o n d eb b o c o n d a n n a r e l ' • t u t o r e , n è p r e n d e r n e a m m i r a z i o n e , J e e g li n o n f i a v v a l e f f e d e l­ la f i c u r a , e f a m i g e r a t a radice ipecaguana. I l C l i m a , e la q u a ­ l i t à d e’/ o g g e t t i , p e r l i q u a l i e g li f c r i v e , f o r f è r ic e r c h e r a n n o q u e l­ la f p e c i e d i e m e tic o . C o n v ie n e p e r ò f a p e r f i , ch e le p r e p a r a z io n i d e 'm i n e r a l i f o n o a ffa i d e lic a te i n q u e fio g e n e r e , le q u a l i /e b b e n e f o m m in ifir a te in p ic c io la d o fe , f o g lio n o n o n d i m e n o a p p o rta r e t a l f i a t a d e lle v i o l e n z e , e 'indite . I l fo c c o r fo d e lla c o p ia d e ll' a c ­ q u a t i e p i d a , che f i c o m m e n d a co n f o m m a p r u d e n z a , i l p i ù d e lle V o lte n o n b a fta p e r r e fifte r e a g l' im p e ti di q u e ’ / c o n c e r t i , che i l m in e r a le m a l p r e p a r a to f u o l e p r o d u r r e . P e r e ffe r d u n q u e a c o ­ v e r to ,

e

b a tte r e u n a

v ia

p iù f i c u r a ,

io p r e f e r i r e i , Come f i r n »

p r e ho p r e f e r i t o , la f c h i e t t i j f im a radice ipecaguana, p i ù i n d e ­ c o z io n e , c h e in f o f i a n z a , a q u a lu n q u e a ltr o v o m i t a t o r i o m i ­ n e r a le . i n q u e fio m o d o p u ò u n M e d ic o pren d er f i cure z z a d i p r a tic a r e

il

v o m itiv o , e n e 'm a l i di

p e tto

in fia m m a tb r j

,

e

f i n a n c h e n e lla p u l m o m a , q u a n d o v i f i e n o e v i d e n t i r a g io n i d i f c u o ­ cere , e d i e r ig g e r e l a f o r z a d e lle f i b r e : U n n o fir o M e d ic o , ch e g i u g n e v a a d e lir a r e p e r V a f f e z i o n e , c b s a v e v a a lla r a d i c e , J e n t f e r v i v a b e n a n c h e n e llo f p u l o d i / a n g u e t a l v o l t a co n fo tn m o p r o ­ fi t t o , E ' f t e u r o ch e n o i n o n tr o v ia m o m i g l i o r e e fp e tto r a n te n e lle tn fig n i f u p p u r a z io n i d e l t o r a c e , e n e ' v ife o fi i n f a r t i , m o d e fio u fo d e ll' i p e c a g u a n a ,

q u a n to

il


28 feguente di quella prima operazione, fi pra­ ticheranno , fe fi pofiono , i lavativi fatti femplicemente colla decozione di erbe emol­ lienti, quali fono le foglie di malva, di fiena , di mercuriale , e di violetta , le quali faciliflìmamente fi ritrovano nelle campagne. Si raccomanderà agl’infermi una larga bi­ bita di tifana fatta colle radici di gramigna, di fraulo , e un poco di regolizza : indipen­ dentemente da quella tifana fi darà alterna­ tivamente un bicchiere di fiero , ben chiari­ ficato ne’ luoghi, dove fi pqflà preparare : al­ trimenti fi preicriverà loro un Apozema fat­ to colle foglie di cicoria felvaggia , di fcolopendria , e di borrana . E perchè è neceffario di trattenere il corfo della bile, perciò nc’ giorni liberi da purghe , fi metterà un grano , o vero un grano e mezzo fino a due( di emetico in ciafcheduna pinta di que­ lli apozemi . Nel terzo giorno fi purgheran­ no gl’infermi ( x x n ) , con una medicina cornpolla ( x x n ) M i c o n v ie n e , Come c o n v e r r à a c h ic c h e r a d i lo d a re lo p r a t i c a d e ' p ic c io li p u r g a n t i n e l corfo d e lle d e t t e m a l a t t i e , allorché V i J ia d ella p u t r e d in e n e g l ’ i n t e f l i n i . S o lta n to p e r m a g g i o r chia­ r e z z a m i J e m b r a n e c e ffa r io d i a v v e r t i r e c b e ’l M e d ic o d e e d i l i g i ' te m e n te o jfe r v a r e , f e l ’ i n f a r t o , e la p u t r è d in e f i a u n p ro d o tto » o u n p r o d u c e n te d el m a le . C o n cio fftn cch è f e f i a u n p ro d o tto , /* d ’ uopo d e l l a f c r u p o l o f a c a u te la p e r e fp lo ra r e il te m p o , n e l q u a li c o n v ie n e u f a t l i con p r o fitto , S e p o i f i a u n p r o d u c e n tt , a llo r i potrò, p r e n d e r li m a g g io r e l i b e r t à . S u d i e b e m i r i m e t to a q u a n to m i f o n d iv ìfa to n e l S a g g io , p a r la n d o delle p u r g h e ; o a lla f a v i a , e p r u d e n z i a l e c o n d o tta che p ropone i l n o firo in te llig e n tijp m o A u t o ­ r e : ta n to r i g u a r d o a lle p ic c io le c b ’ e g l i d o tta m e n te d i f i i n g u t .

d o ji,

)

q u a n to

ra p p o r to a ’ te m p i)


29

polla di un'oncia di lenitivo , due grofii di fenna, e un groflo di fale vegetabile , che ad un di predo fono le fole droghe, di cui mi fervo per la generalità di P arigi, e colle qua­ li formanfi i purganti di ogni grado,aumen­ tandone la di loro attività con un mezzo grano , o con un grano di tartaro ftibiato, fecondo il complefTò delle perfone. Ne’ c a fi, ne’ quali gl’infermi evacueranno vermini, fi porrà nella decozione di quelle medicine un buono pizzico di foglie , e di cime di aflenzio , di centauria minore , di camedrio ( in franzefe germandrèe o petite chène ) , o finalmente di artemifia, quale me­ glio fi polla avere ne’ villagi „ Io le ho foilituite per più ragioni al jemen-contra, alla corallina , ed agli altri vermifughi di quella fpecie . ConfelTo per altro di non conofcere aifatto migliore vermifugo dell’emetico ,ilquale evacua immediatamente i fermenti putri­ di , che fanno fchiudere i vermini. Intanto , poiché bene fpelfo accade , che i bachi eludono la forza degli emetici , e de’ purganti amari di tutte le fpecie ; e che gl* infermi ne caccian di fuori ancora nella lor convalefcerrza : io perciò ho finito di di» ftruggergli coll’ ufo d’un oppiato vermifugo, di fapore prefifo a poco della polvere de­ ferita nel Codice . L ’ufo dell’aglio , con cui fi itrofina un pezzetto di pane , il quale fi cuoprc di butirro , mi è perfettamente riufeito


ro in molte Parrocchie de’ contorni di Parigi; e foprattutto in una pretefa difenterìa (i) ’ che regnava in Brettagna , e per cui fui confultato in Fontanebìò nel mefe di Otto­ bre 17 5 6. dal Signor di Moras allora Controlor generale. Si replicheranno i purganti ogni due gior­ ni . Vi fon però de’ cafi , ne’ quali non dob­ biamo contentarci d’ aver fatto vomitare il primo giorno . 11 vomito vien fovvente in­ dicato nel corfo della malattia per mezzo delle naufee , dcll’ acetofità , e de’ vermini riftituiti per la bocca . Riguardo alle femmine incinte , fi caverà lor fangue , e fi purgheranno , come fe noi fodero , a ragione degli accidenti prefenti , e del termine della lor gravidanza 5 eflendo che la prima attenzione che deefi avere per laivare il feto , è quella di confervar la ma­ dre . Con quella precauzione intanto , vedu­ to il di loro fiato , e che i falafiì fian fatti al braccio , e non mai al piede , eccetto ne’ ca­ li di un’aiToluta neceilltà , quali fono i deliri frenetici : ci contenteremo di purgarle col le­ nitivo , con gli tamarindi, colla manna, e col lale vegetabile. Intorno m L a cagione di quefia difenteiìa provveniva da’ vercnni . Tutti gl infermi evacuavano molto fangue, ma le de­ iezioni non erano nè dolorofe, nè fanguinolenti. Quel fangue era chiaro, provvedente o da’ vafi emorroidali, o dall' erottone di quelli cije tfrifeiano lungo i ’ interaa fupeiticic

degl inceflim,

0

r


3*

Intorno a’ brodi , non debbono efièr da­ ti j fé non se ogni fei o re , ne’ primi gior­ ni della malattia ( x x m ) . Dopo che gl’ in­ fermi faranno itati purgati , fi anderanno fomminiftrando con minore intervallo . Se le orine fono ardenti , o che la di lo­ ro quantità fia mediocre , il porranno tren­ ta grani di nitro purificato in ciafcheduna pinta di tifana ; e fe il calore folle ardente ne’ replicati acceiìi febbrili, e la lingua fecca ed arida , fi aggiungeranno ancora a ciafche­ duna pinta tre o quattro cncchiari di oximele femplice , il quale tanto più fi convie­ ne , in quanto egli fi è un eccellente rime­ dio antiputrido ¡ e tanto meglio alla campa­ gna , quanto è più facile a preparare (k) , e di ( x x m ) Q u a n t u n q u e n e l n o firo e l i t r a n o n f i / o f f r a l ' u f o eie' fo n d i n e l corfo d e lle m a l a t t i e a c u te , ih a f o l o q u e llo d e ll' ìte q u a t e r lo p i ù g e l i d a : c o n tu tto c c iò M u f f i t a t a l v o l t a q u a lc h e a lim e n to ; ed in q u e f l i c a fi t r u o v o m o lto p iù c o m o d a la p r a tic a d e l f i e r a u n ito a l l ’ a c q u a p e r J'oJlenere le J or z e ;

o v e r o le a c q u e f a r i n a c e e ,

lo q u a li p e r lo p r in c ip io fu b a c id o ch e h a n n o , r e f i f l o n t a n c o r a a lla p u t r e d i n e . T a l v o l t a le p ic c io liffm e d o fi d e l l a t t e d tfp e rfo in m o l­ ta q u a n tità d i a c q u a ho t r o v a to p r o fitte v o li i n f i n t i l i a v v e n i m e n t i , f o t l o f t an ice d e g li a n i m a l i , com e f e g g e t t i f f i m e a lla p u t r e d i n e , la d ­ d o v e v i fo n o

p u tr id i f e m i , f i

tr u o v o q u e fla

m a n ie r a d i a lim e n ta r e u n i f o r m e a q u e l l a , che p r o ­

d eb b o n o J c h iv a r e .

P r e jfo a p o co

p o n e v a Ip p o c ra te n e ' m a li a c u t i .

(k) S i prepara l’oximele femplice , con farne bollire iil Un vafe di terra , due libbre di mele bianco in una libbra di aceto bianco, o roffo , ad un fuoco moderato , fino alla confidenza di fciloppo. 1 frutti a g r i, come l’ uva fpina , e ’1 crefpino , nella ftagipne propria, poiTono fupplire all’oxim ele, con ifchiaeciar* De alcuni granelli nelle tifane.


3*

e di picciolo coilo ; ragione principale , che mi ha impegnato a rendere quanto fi può femplice la pratica medicinale , e farmaceu­ tica (xxiv) . Quantunque femplice ella fia, è fiata contuttocciò finora ballante a termi­ nare felicemente il Sudoretto, e tutti gli altri morbi infiammatorj , talvolta, come l’ho già detto , nell’ottavo giorno , allora quando fi è avuta la forte d’incontrare infermi docili, e di cominciar la cura dal primo giorno . Ma al più tardi elfi fon finiti nel quattordicefimo, quali che fempre in vantaggio degl’infermi. A ’ Medici fi appartiene , o in mancanza lo­ ro , a coloro che verranno incaricati di aflifiere a quelle malattie , di regolare il tem­ po , in cui gl’infermi potran paflare a’ folidi nutrimenti j la qual cofa non dee eflere lor permeila, fe non dopo d’elfere fiati fufficientemente purgati , e dopo eflere del tutto li­ beri dalla febbre (x x v ). 11 vino non dee per; metterli , che in tale tempo , e ne’ cafi & debolezza ( x x iv ) T a n t o n e l l a c a m p a g n a , q u a n to n e lle grandi C ittà '] m e to d o p i ù f e m p l i c e è fla to , e f a r à i l p i ù f i c u r o , ed i l p iù l e . I r im e d j c o m p o fti n o n f o l a m e n t e t a l lith

;

m o lta , fo n o d i p o c a

m a fr e q u e n t e m e n t e r ie fc o n o n o t e v o l i . I l n c fir o t u t o r e i n o g n i p a r t e d i q u e fi’ opufcolo d i» 1' o f f ere g r a n M e d ic o di le tto ; e n e l p u n t o d i a lim e n ta r e £

(xxv)

fr a

i n f e r m i dopo d e lia c a d u ta d e l m a le co n cib i f o l i d i , m e r i t a g i o r l o d e , che in o g n i a ltr a p r e f e r i t o n e . M o ltiJ fim i a m m a la i1 c id iv a n o p e r p o c a n fie ffio n e s u d i q u e fìo p a r tic o la r e : e m o lti /o ffr o n o lu n g a e p e n o fa c o n v a l e f c e n z a , C iò f i dee f i r e t t a m e n ti te n d e r e n e ’ c a fi d e lle m a la ttie p u t r i d e ; p o ic h é v ’ b a d i q u e i , q u a l i m a lg r a d o f a t t i v i t à d e l m a l e , l 'a l i m e n t o è opportuno , ^ f h e n e c e ffa r ie .

i


33

debolezza , che poilono fopraggiungere nel corlo del male. Si avrà l’ attenzione di far fare i brodi in cafa di qualche perfona caritatevole , o appo i Signori Curati , dove i parenti degl’ infer­ mi , o quegli che ne han cura , gli anderanno a prendere ; e di far diilribuire a’ convalefcenti quella carne di cui iì è fatto ufo per gli b rod i. Pur troppo ho provato l’inconve­ niente di dar la carne così cruda , o in da­ naro , a perfone , che per la maggior parte non aveano , come accendere il fuoco . Eilì la vendono , e fi fervono di quel danaro , o di quello fleilo che lor fi è dato , per ccmperarfene vino , o qualche dolce. E perchè gli ammalati di Sudoretro, e di altri morbi infiammatorj , non fono tutti at­ taccati colla medefima vivacità * perciò la cura dovrà efiere proporzionata al grado del male , reftando però ferma la inculcata follecitudine , che fi deve avere pe’ fai affi , c per le purghe ; le quali cofe non debbono eiTere arreilate nè dall’ eruzioni , nè da’ lu­ cori (xxvi_), allorché fono fintomatici, cioè C a dire, ( x x v i) B i j o g n a d ifiin g u e r e b e n e ì’ e r u z i o n i , ed i J u d o r i f i n A m a t ic i d a ’ C r itic i p e r n o n e r r a r e i n q u e fio d ilic a tijfim o p u n t o . f o n p e r fu a fo ch e le n u jfio n i d i f a n g u e n e l l ’ a lto d e lle f e b b r i ,r ‘fla m m a to r ie , n e lle q u a l i a p p a rijc o n o l ’ e f flo r e fc e n z e a lla p e li» S o llie v o

d e g l ’ i n f e r m i , to r n a

c o n to d i r e p l ic a r l e , m a d ife r e -

fi¡ ’in a m e n te ; p o ic h é a llo r a f i h a q u e l tem p o c o m e u n a c c r e fc im e n ‘ 0 d e l m a le i n f i a m m a t o r i o , n e l q u a le g i o v a m o lto d i f a r p i a z z a f i c a n a l i , e p r o m u o v e r e la l i b e r tà n e l circolo . Q u a lo r a p e r ò è J ' n t o n i i n fia m m a to r j non fieno maggiori d i q a e k h c e ra n o p r im a


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a d ire, allorché non apportano alcun follicvo nelle febbri , nè dagli altri accidenti. Quanto fono più rifpettabili i fudori , fe­ condo Ippocrate, allorché fopravvengono nel corfo d e ll' e r u z i o n i , g l ’ i n f e r m i a b b ia n o m in o r e i n q u i e t u d i n e , la l in g u a le o rm e , i p o lfi , i n u n a p a ro la t i n t ’ i f e g n i n o n f i e n o a r g o m e n to d e llo ¡la to a cc re jc iu to d e l m a le , ¡/¡fognerebbe a fie n e r fi d a lle ca­ v a te d i j,a n g u e : c o n c io fia c b e t a l v o l t a f o m i g l i e v o l i e r u z i o n i f o ­ g lia n o e ffe r c r itic h e ; o d e l m e n o f i n t o c r i t i c h e , a n c h e n e lle m a la t­ ti e in fia m m a to r ie , e co lle c a v a te d i f a n g u e , o p e r c h è le f o r ­ z e v iv e d e lla m a c c h in a s ’ in d e b o lijc a n o , o p e r c h è f i tu r b a q u e l m e t o d o , che la n a t u r a ha in c o m in c ia to a f e g u i r e p e r d is ù r ig a r f i d i c iò

c h e l a i n q u ie ta : o f t a

p er q u a lu n q u e a ltr a

r a g io n e ,

che io n o n v'o c e r c a r e , s ’ im p e d i fe e u n b e n e fìc io , i l q u a le n o n fa p r e b b e l ' a r t e a ltr i m e n t i c o m p e n s a r e . A m io fe n fo h a je m p r e ben f a t t o i n t a l i e ir c o jìa n z e d i c o m m e tte r e c o n p r u d e n z a l’ o p e ra al­ la fte jfa n a t u r a , e f o c c o r r e r la c o ' f o l i , e J e m p lic iJ fim i u m e tta n tiN o n u n a , m a p i ù -vo lte ho o fje r v a to , e J 'p e z ia lm e n te n e lle m a l a t t i e d i q u e ji' a n n o , che lo J p a tim e n to d i q u e fìe t a l i e fe r e z io n i a lla p e l l e , b a p ro d o tto ir r e p a r a b ili d a n n i . S u l p u n t o d e lle p u r g h e n e lle c ìr c o fia n z e

d i f o p r a c e n n a te f i

r ic h ie d e

non

p i ù fc r u p o lo fo e fa m e .

1 p u r g a tiv i

c o n v e n g o n o ne'

t a f i d ' i n f i a m m a g i o n e , f e n o n q u a n d o la m a l a t t i a p r o v ie n e dalle p u t r e d in i a ffo lu te d e lle p r i m e f i r a d e ; e l ’ e r u z i o n i n o n f o n o , chi i p r o d o tti

di

s ’ im m e r g o n o

q u e lle p u tr e fe e n ti f e m e n z e , n e lla

c ir c o la z io n e

:

le q u a l i g io r n a lm e n te

la q u a l c o fa f a

m e ftie r i d i ben

d if i i n g u e r e , im p e r o c c h é la lin g u a { p o r c a , e la p r e v e n z i o n e d i leg­ g ie r i p o ffo n o f a r tr a fe o r r e r e g l i a n im i in n o c e n ti . N e ll e malattie d ella n o flr a c o jlitu z io n e p e r J i m i l i c ì r c o f ia n z e i tr a fe o r fi fin » f i a t i f a c i l i t i m i ; ed ho d o v u to d o le r m i p i ù f i a t e n e ' tr ifili a v v e n i­ m e n ti , i n c u i bo v e d u t o c a d e r e p a r e c c h i a m m a la ti , dopo l' u fi de' p u r g a n t i , ch e a l c u n i r e p lic a ta m e n te h a n n o p r a tic a ti • b-e l i n g u a b ia n c a , e v i f e o f a n o n è fe m p r e e f fe tto d e lla p r e fe n z a dic o r r o tte f o f i a n z e n e l v e n t r e in fe r io r e ; m a i l p i ù d e lle f i a t e 'e con‘ f e g u e n z a d i q u e l g l u t i n e e fifte n te n e lla c o m u n m u f f a : f e il d e 'm e d i c i n o n a v e f f e fe o n o fe iu ta q u e fta m a jftm a , n o n f i J a ftb 1 in g a n n a to n e g l ’ i n f e r m i d i q u e j i ’ a n n o , { a p p o n e n d o n e lle p r im e v ie i n d i f i i n t a m e n t e q u e llo c h e c o n e ffe tto f o g g i o r n a v a n e ’ v a f i '• H f u f g a r e p e r c iò , e r ip u r g a r e r e ite r a ta m e n te i d i lo ro i n f e r m i , n*** b a f e r v i t o ch e a d a c c r e fc e r e la te n a c ità n e ’ f l u i d i , /m u n g e n ti» g i o r n a l m e n te p e r le v i e d e l f e d e r e

la p a r te p i ù fio ttile -


corfo del morbo , in que’ giorni che fon fa­ vorevoli alle crifi , ( giorni chiamati da quel principe della Medicina , dìes judicatorii ) : tanto più fon da temerli, allora quando ac­ cadono sul principio . Ed in fatti cofa mai dinotano quelli ultimi ? fe non la pienezza de’ vali , eh’ e un oilacolo alla circolazione, per mezzo della quale il fangue foggiorna troppo ne’ fuoi rifpettivi cannelli, e fopratutto nell’eilremità de’ vafi capillari della pelle, motivo per cui la parte fierofa per tutti i punti fe ne fepara ? Mi reità ora a parlare di que’ morbi , i quali febbene lìano gli ileilì in apparenza , contuttòcciò non efiggono affatto falaflì, o al più più uno o due , fecondo la turgidezza del polfo . In quelli morbi , ch’ io ho chia­ mati umorali , dove il tutto i la , per così di­ re , neU’aiTiderazione , e dove le forze fono annientate dal pefo degli umori : trattali d’evacuar prontamente , e di riltituire nello dello tempo l’elallicità de’ vali , ch’è perduta . Quelle due indicazioni faran perfetta­ mente foddisfatte da principio coll’emetico, cne fi darà, fecondo poco avanti fi è detto, a meno , che i purganti , ogni due gio rn i; ! *ara prendere , ne’ giorni liberi da purp e , un bicchiere d'apozema ogni tre ore : panno erti comporti d’un pugno di foglie di ra icchio felvaggio , e di altrettanta borrala 5 qualora iene potrà avere , Avrai!! Pat­ ii % tenzione


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tenzione di ben tritare quelle piante , acciò diano maggior fugo : quindi fi getteranno nell’acqua bollente , dove fi lafceranno per un mezzo quarto d’ora . Indi fi ritirerà il pignattino dal fuoco , e allora quando il liquo­ re farà mezzo raffreddato , fi paflerà con una leggiera efpreifione , e vi fi difcioglieranno uno o due grani di emetico, il che man­ terrà 1’ evacuazioni negl’ intervalli de’ pur­ ganti. ■ N e’ cafi , in cui le forze fembran perdu­ te , ed in cui gl’ infermi fi ritrovano in un letargico aflbpimento , bifogna ricorrere a’ vefcicatorj, che fi applicheranno alle polpe del­ le gambe, o alla nuca : fe ne conferverà la fuppurazione coll’ unguento della madrice , o coll’ordinario fuppurante , fino all* intiera ceilazione degli accidenti. Si farà ufare a queft’infermi della bevanda accennata di fopra , refa agretta co\Yoxirnel? , e fi tornerà all’emetico tutte le volte che verrà indicato nel corfo del male. Sovvente fopravvengono delle parotidi verfo il quindicefimo, o ventefimo giorno di sì fatte malattie , quando per edere fiate ne­ glette , fon poi degenerate in febbri mali­ gne . Quelle depofizioni fon quafi fempf6 veramente critiche , a cagion che terminano il morbo , ma efiggono una particolare cura» la quale bene fpefio è più lunga della ilei' fa malattia . Se elleno apparifcono du­


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re (x x v i i ), bifognamollificarle coll'applicazio­ ne di un cataplafmo fatto di due parti di polpa di cipolla di giglio, cotta fotto la cenere, una parte di triaca, ed altrettanto lievito di fromento. Vi fi può fare altresì mifchiare una parte dell’ impiaftro diachylum , e facendo ben pollare il tutto alfieme in un mortajo , vi fi aggiungerà un poco di aceto per umet­ tare il tutto . Si rinoverà quello cataplafmo due volte il giorno, e fe a capo di tre o quat­ tro giorni il tumore non fembra difpollo alla fuppurazione , vi fi applicherà una pietra caultica, che farà contenuta col mezzo d’un impiallro nel mezzo pertugiato . Quindi fi fcarificherà i’efca , che ne rifulterà , e fi fer­ v ili d’un cataplafmo compollo d’uguali par­ ti d’unguento di A ltea , e di polpa di cipolC 3 la (x x v ii)

N on

e d a d is lo d a r fi lo J la b ilim e n to d e ll’A u t o r i in t o r ­

no a lla c u r a d e lle f e r o t i d i , ch e a v v e n g o n o a g l’ i n f e r m i v . r f o i l d e c lm o q u ìn to , o v e n te fim o g io r n o d i s i f a t t i m a l a t t i e ; le q u a li p o ro tid i t a r i f f i n e v o lte fo n o S in to m a tic h e , a n z i c h e fe m p r e c r i t i c h i , e la f p e r i e n z a c o tid ia n a , e l a te flim o n ia n z a d i t u t t i g l i o ffe r v a to r i M e d ic i c i a tte fla n o la m e d e fim a v e r i t à . S i e fa m in a f o l ta n to 1* e ffe n d o d u r e , f i d e b b a p r o c r a fiin a r e l ’ a p e r tu r a p e r la p r e c e d e n te p r a tic a d e ’ m o l lific a n ti . A n c o r c h é ¡¡u t’ d e p o fiti f i e n o p e r lo p iù c r i t i c i , la f l e f f a fp c r ie n z a c h ia r a m e n te c i h a d im o fir a to c h e f o n o f a c i l i a d iffip a rfi , • d iffip a ti a p r o d u r r e b e n f o v e n t e d e lle f u n e f i e c o n je g u m z e . L a v e r a J u p p u r a z io n e f e n o n è im p o n ìb ile , a lm e n o * d iffic ilifjim a n e lle p a r ti g la n d u la r i ; e p e r ù a tte n d e r la n e l l e p a r o tid i n o n f i p u ò j e n z a c o r re r e r i f i c o . P e r la q u a l c o fa io n o n m i fo n o m a i p e n t i t o d i f a r l e a p r ir e col f u o c o

a ttu a le ,

ta n to /ìo

che

fia n o c o m p a r fe ; e jfe n d o m i co n c iò a ffi t u r a t o d e lla d i loro c o fla n te p e r m a n e n z a , e d in b r i e v t te m p o f i è d a to p e r q u e ll’ a p e r tu r a , l a d ito a lla n a t u r a d i f p u t a r e m e n te d e p o flo , m a ben a n c h e c a n tt n e lla c ir c o la z io n e .

non m eno o g n i a ltr a

c iò

che a v e v a

m o r b o fa f o f l a n z a

c r itic a debac-


3* la di giglio . Qualora una volta la fuppurazione farà bene ftabilita , fi curerà col balfaxno di Arceo ; fi purgherà l’infermo da temp ° in tempo , ed allorché la fuppurazione iarà iufficiente , non fi penferà più a mon­ dare l’ulcere. Si deve avere una particolare attenzione a non lafciar punto (come fi è fatto , e come fi fa ancora ogni giorno) gl’ infermi ne’ loro fieifi lenzuoli fozzi di fudore , durante il corfo della loro malattia, e ad impedirgli di foftogarfi con tante coltri, ma fiano cover­ ti moderatamente . Alcune volte fi facciano aprire le lor fineftre nelle belle giornate,per fino vare laria della danza ( x x v m ) : fi fac­ ciano bruciare de’ grani di ginepro, o pure, il ch’è meglio ancora , dell’ aceto su di una padella roventata al fuoco, per togliere il cat­ tivo odore; foprattutto s’inculca quello nel­ le cale della maggior parte degl’infermi, che abitano con anguftia , e fpefio circondati da pantani d’acqua , dove fan marcire il loro letame . A riguardo di coloro che fono fiati attac­ cati (xxvm)

L a p u l i t e z z a d e g l’ i n f e r m i , t la v e n t i l a z i o n e dell e c .e re jp ir a n o , m i f e m b r a l ’ a ffa r e p iù f e r ia , che J i deve

a c c o m a n d a r e . S i p e r d o n o m o lti f i m i a m m a la ti p e r q u e fie t a l i traJ ^ r a g i m , e f i a r r e c a d e l d a n n o a lla g e n t e che a f f f i e , e che tra ig

in fe r m i . Q u a lo r a r ie jc a d i l e v a r e q u e fia f o r t e d i a m m a la ti u o g n r a c c b iu ji , b a f f i , u m i d i , e p a lu d o fi f a r à f e m p r e be'1

a °

^ 9 uf n , v » q u e a b b ia n o la f e l i c i t à d i J u j,o r a r e il m a l t i ‘f e l l e ch e quindi f i p e r d a n o fio tto i l p e fo d e lla penofia con­


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cari dal morbo , e che gli han refiftito col­ la forza del lor temperamento , è a propo­ sto di avvertirgli, che non debbono trafcurarfi , nè addormentarli su della lor convalefcenza (x xix) . Eilì medeiimi debbono Sen­ tirne la neceifità , per la pena che hanno a rimetterfi . Non Solo debbon temere le rica­ dute , ma ancora d’inciampare in malattie di languidezza, in affezioni Scorbutiche, o nell’ idropiSìa , ordinaria Sequela dello fpofTamento , e dell’ eSinanizione del Sangue , e della linfa, la di cui acrimonia viene altronde dimoftrata per la Somma aridezza della cuti­ cola , che in ciaScheduno giorno in pezzi fi diftacca. Eglino han bifogno d’umettarSi con del Siero ben chiarificato , di cui ogni matti­ na prenderanno una pinta , durante otto o dieci giorni, e faranno il lor poto ordinario di tifane dolcificanti, e leggiermente apritiC 4 '* v e , (xxix) Zìi I r a v e z z a d e lle c o n v a le fc e n z e t a l v o l t a è u n » g e . M i n a c o n fe g u e n z a d e l m a le , cb e p e r m a n c a n z a d i v a lo r e la n a ­ t u r a n o n f i d is b r ig a d i t u t t o ciò cbe im p o r t» c o n c u o c e re , ed e v a ­ c u a re : e m o ltijfm e fia te

a n c h e p ro c e d e d a l m e to d o cb e f i

tie n e :

perciò io fe m p r e p iù in c u lc o , cb e f a r à orn a i b e n f a t t o , q u a n d o f i poffa , r ifp a r m ia r e le c a v a te d i f i a n g u e , e le p u r g h e ; im p e r a te h i t r o v a n io f i la n a t u r a d i m o lta a ffie v o lita p e r le f u p e r fl u e d e t r a z i o . n i i io n o n so v e d e r e d a c h i d e b b a r ic e v e r e i m a t e r i a li p e r r e ffit u i r g l i d i b e l n u o v o n e ' lu o g h i ,

d a ' q u a li f i

M e d i c i d ' I t a l i a dico n o c b e d o p o

i j . lo . ,

» loro

p a r tir o n o

.

A lc u n i

e z y f a la f f i fi curano

a m m a la ti J e n z a l u n g a , t p e n o fa c o n v a l e f c e n z a .

M a io n o n

io in te n d e r e , e ca p ire la te o r ia d i q u e fia p r a tic a , e te m o f o r t e c h eglino n o n fie n o fo v e r e b ia m e n te p r e o c c u p a ti d a lla p a ffio n e d e l m e t e d a , a l q u a le f o r j e a n o n g u a r i p o tr e b b e a c c a d e r e q u e llo c b ’ è f u c c e d ito con a l t r e p r o v v i d e n z e i n d iv e r fi t e m p i , cb e i M e d ic i p i ù ‘i ttic i

,

p i ù o jfe r v a to r i h a n n o r ic e n o fc in te p e r n i c i o ft .


4o ve, fatte colle radici di piante di fraule, dì bardana , e di cardone felvaggio, alle quali fi aggiungeranno, verfo ladine del bolli­ mento , delle foglie di borrana , di bieta, di icolopendria , e di crefcione di fontana , fe­ condo lo flato attuale , in cui da’ Signori Medici^ faran trovati gl’ inferrai . In quella guifa fi difporranno a purgarli , non aven­ dolo fatto durante il corfo della loro infer­ mità. Io fono flato abballanza fortunato per vedere riufcire felicemente , durante la mia dimora ne differenti luoghi, dove fono flato , le precauzioni , che teflè ho indica­ te ( x x x j. Credo . ^xxx) f a c e n d o f e r ia a t t e n z i o n e f'o p ra le m a l a t t i e in fia m m a to r ie \ n g e n e r a le , ho v o lu to con q u e ll' a v v e d u t e z z a , che f e t t a i l m io in te n d im e n to , d ifiin g u e r e i d iv e r f i e n fi , c h e cadono lo tto q u e ¡t» g e n e r e - e m i fo n o a lla p u r fin e d e te r m in a to , e p e r fu a fo , che a r ije r b a d i p o ch e m a l a t t i e in fia m m a to n e , p u r e fie g m o n o fe , e di g

u t i n 4 .. le q u a li J o g lio n o a v v e n i r e l 'i n v e r n o n e ' g r a n d i c a n g i a ­ m e n t i d e ll' a r ia , e n e l bo ria , t u t t e le a l t r i a u n di p r e ffo fo n o

d el g e m o p e rio d ic o e g l ’ i n f i a m m a i e n t i n o n deb b o n o r e p u t a r j t che u n a c o n fe g u e n z a d e l p e r io d o . O tte ¡la o f f e r v a z i o n e è fr e q u e n tiffim a n e v a j u o l i c o fiitu z io n a li , e n e ’ m a l i d i p u n t a : e d efi'endofi f r a 2 n o i f i n d a l p rin c ip io d i F e b b ra io profilino fe o r fo c o m in c ia ti a v e ­ cce u n a f e b b r e in fia m m a to r ia r e u m a tic a , i l p e rio d o f u c o s ì c h ia ­ ro , che f i n o a l m e /e d i A p r i l e i M e d ic i i l l u m i n a t i n r n c fìta r o n o in to r n o a l m e d e fim o , ed a lla m a n ie r a d i d iifip a re q u e lla f e b b r e f e r m e z z o d e lla co rte c c ia . E d i n o ltr e a v e n d o b ila n c ia te le co fe n o t a t e n e lla m ia p r a tic a s u le m a la ttie i n f i a m m a t o n e ; e la q u a lità del S u d o re tto d i P ic a r ia co n t u t t o il tre n o d e ’ d i v e r f i f i n t o m i , ch e i l d o tto A u t o r e d a a e j.r o d ip in g e , ho d u b fta to , 1 d u b ito f o r t e c h e f e n o n in t u t ­ to , a lm e n o in q u a lc h e p a r te d e lle d e fe r in e m a la ttie e h , a tta c c a 7io a g e n e r a lità d ì P a r ig i , e d i v i l l a g g i c ir c o n v ic in i , d o v e j f i r e g n a r e u n p rin c ip io p erio d ic o , d e i m en o c o r r u tto r io , c o m ’ ì a c r n c u to d i e n e r v a r e t r a l , n o fir e p u t r i d e ,o f i i t u z m i a l > : • p e r e *>


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Credo avere baftantemente foddisfatto al mio fa

c o rte c c ia p e r u v i a n a t r a t a n t i a l t r i e c c e lle n ti p r e f i d i , c b e l t u ­ to re con fo m m o a c c o r g im e n to p ro p o n e , doveJJ'e a v e r lu o g o . b ¡ f o ­ g n a c r e d e r e , o ch e n o n i n c o n t r a l e q u e l r im e d io , co m e n o n h a in c o n tr a to n e ll'a lto d e lla n o jlr a C o j l i t u z i o n e : o ch e n o n v i f o f f t m odo f r a la p ic c io la g e n te d i p r a tic a r la , co m e c o n v i e n e . I l c e r to f i è che i n a lc u n e a n c h e n e lle noJlre f e b b r i , e d i n u n a E p id e m ia d i m a li in fla m m i t o r j , ch e f e t a n n i a d d ie tr o f r a d i noi p ra fs ò n e l m eje d i a p r i l e , e M a g g i o , la corteccia o p e r a v a a f o r m a d 'i n c a n t a m e n t o . S o b en e , che m a l g ra d o l' in n o c e n z a e valore d ' u n r im e d io , e d i u n a c h ia r a , e d a p p a re n te in d ic a z io n e , q u a ­ lo ra g li e f f e t t i n o n c o rrifp o n d o n o a l ta le n to ^ , n o n f i d e v e o fiin a ta m e n te q u e i t a l r im e d io t i f a r e . N o n t pero , c h e d ie tr o a q u a l­ che in fe lic e r i u f e i t a , ch e p u ò d e r iv a r e da a lc u n e a jc o fe a l t e r a , x i o n i , che re n d o n o la q u a lità d el p e rio d o n o n d tffìp a b ile co ll' a n . a f e b b r i l e , f i d eb b a u n illu m in a to Profeffore a l l ' i n t a t t o a r r e f t a r t d a ll' u fo d i q u efio , e d i o g n i a ltr o rim e d io d e lla m e d e fim a f o r ­ tu n a . S u c c e d e fr e q u e n te m e n te , a n c h e f u o r i d e' m o r b i c o f i i t u z i o n a l i , ch e u n r im e d io in d ic a tijfm o rie fe a in fe lic e to m p le ffo d e g l' i n f e r m i , o d ì a ltr e n o n p r e v e d u te ,

a

co n to deb c a p ite in­

te r n e c a g i o n i . I l p r t p o r f i u n a r e g o la p e r e to c c o fa pericolo}a ; ta n to p e r p a r te d i n o n u fa r e u n a m e d ic in a , dopo q u a lc h e in fe lic e r i u f e i t a ; q u a n to p e r p a r te d i u f a r l a i n d i f i i n t a m e n t e , q u a n d o f i f i a p iu v o lte f c e n t r a t a f a v o r e v o l e . N o n v i è co fa p n* p e r n ic io fa i n m e d ic in a , q u a n to i l f i / l e m a ; nè l 'e f t r e m a p r e v e n ­ z io n e p e r u n o , o pile r im e d j , * cofa d a u o m o f a v i o . P e r la m e d e fim a d iffic o ltà d e lla g e n te p o v e r a im m a g in o c h e l i d o n o A u t o r e n o n a b b ia f a t t o u fo n e l m a le d i P ic a r d ,a de la V o­ n g o la

V i r g i n i a n a , la q u a le o ltr e d i e jfe r e

u n g rande

d ife n d e n ­

te n e g li a tta c c h i in fia m m a to c i , e lla è u n a m e d ia n a e ffic a c e p e r r o n z a r e i J u d o r i , p ro m o v e n d o m a r a v i g l u fa m e n t e le o r m e : d im o ­ doché p e r la c u r a fiim o

a fid i p i u

d e ' / u d o r i S i n t o m a t i c i , a m io c o rto in te n d e r e ,

u t i l e il p o r ta r e p e r v i a d i o r m a , ch e l a p e r t u r a ,

e la m o ffa d e l v e n t r e . N e g li A t t i d e lla f m a f i a A c c a d e m ia d e lla S c ie n z e f i le g g e d i a v e r e q u e fia d r o g a c u r a te a n ch e le i n f i g n r id r o p ic ie , p ro m o v e n d o le o rin e p i a c h e o g n i a ltr o e ffic a c e c o n o fc in to r im e d io : I n c h i n e r e i a cred ere p erciò , c h e n u M g m e c u r a d i m a l i f l o g i f t i c i , le q u a li accadono p e r m e z z o d i q u e fio S p e c ific o , d e r i v i n o , perch e a t t e n u a n d o / la v i f c c f ì t à d e g li u m o r i , e d a n d o / u n a c e r ta v i v a c i t à m a g g io r e a lle f i b b r e d e ’ v a f i , f i d e t e r m i n a l e la c a g io n e m o r b o fa p e r le v i e d e ll o r in e . t i l f i l m a i o d e ll' A u t o r e i n co n to d e lla S e r p e n ta r i*

. . . V ir g i n i a n a tu lle


mio oggetto , per tutto ciò che riguarda la cura de’ morbi : ma poiché in un luogo do­ ve regna un morbo epidemico , deefi atten­ dere all’ aumento giornaliere degl’ infermi, fe non fi provvede alla foiliftenza di coloro, che per 1 eilrema loro indigenza fono i più fufcettibili dell’ impreifione della cagion ge­ nerale : per tanto mi reità a dire , che uno de5 principali mezzi di arreftare il progreflò del morbo , egli ii e quello di diftribuire a tali poveri un nutrimento che ila più confa­ cente di quello, a cui la neceilità gli fa ri­ correre ( x x x i) . I Signori n e lle m a la ttie in fia m m a to r ie è d ’ a ttr ib u ir e a lla m e d e fim a in fu ffia e n z a d e lla g e n te p e r c u i è d e tta to il M e to d o p re fe rite ; im p e ­ ro c ch é so lo m o lto ben e i n q u a n t a f i l m a f i h a q u e fia ra d ic e in P a r i g i , e n e g l i a l t r i l u o g h i d e lla F r a n c ia p e r le m a la ttie i n ­ f i a m m a t o n e . I l S ig n o r de S a v a g e s d o ttia m o M e d ic o F r a n z e fe per f i m i l i e t n o f i a n z e n e c o m m e n d a l ’ u fo . N e l S a g g io h o p a r la to di q u e f a r a d i c e , e d e lla J u a u t i l i t à , ch e f i é r i l e v a t a n e lle n o flre fe b b r i di C o ftitu z io n e ,

( xxx?) Aon v i e m e z z o p iu f i c u r o p e r tr o n c a r e i p a ffi alle m a l a t t i e g e n e r a l i , q u a n to i l b u o n g o v e r n o d e 1p o v e r i , a llo n ta n a id o g li d a lla m o l titu d in e , e l a f e p a r a z i o n e d e lla p le b e i n f e r m a , a d u n a n d o la lu n g i d a l l ’ a b ita z io n e

in

lu o g h i

v e n tila ti

.

A

queJU

d u e ¡ u b i m i p r o v v i d e n z e i n g r a n p a r te f i a m o n o i d e b i t o r i , f e la n o fir a E p id e m ia , i n v e c e d i f a r e fìr a g e , co m e f a t t e , n e lla (la ­ te e lla f i a i l l a n g u i d i t a , e q u i n d i a n o n g u a r i J e n f i b i l m e n t e d e­ c a d u ta L o d e r ò f e m p r e p e r c iò , e b e n e d ir ò fin o c h e a v r ò f ia to la m a g n a n im a d e lib e r a z io n e d e l n o firo b e n e fic e n tij/ìm o M o n a r c a à i a v e r f a t t o f t a b i l ir e p e r t a l r i g u a r d o a p a r tic o la r e i n t e r effe d ella J u a R e a i C o f f a , lo S p e d a le a P o fi h p o , e di e jfe r fi b e n ig n a to d i or­ d i n a r e la f e p u r a z io n e d e 'p o v e r i d a lla C i t t à , c e d e n d o p e r ta l e f ­ f e t t o l a m a g n ific a f a b b r i c a d e lla C a v a ll e r i a p r e lfo a l S e b e t e . § f u n i m i n e v e tem p o f u in g r a n p a r t e r a c c o l t a , n e tta ta à a * i n i J o z z u r a , e r i v e f i i t a d i n u o v i l i n i la numero!a f a m i g l i a de' m e n tlic i : q u i v i r e g o la iijfim a m e n te ,

d iv ifo

u n fe ffo

d a ll' a ltro é fia ta <


4*

I Signori Curati han date , su di quello eflenzial punto , molte pruove di zelo , e di carità , degni perciò della più grande ammirazione (x x x n ) -, come parimente diverfi f i n t i , t i è i n f l i t t i , t b en g o v e r n a ta ; t q u i v i o g g i f i v e g g o n o e fe r c ita r e le a r t i m e c c a n ic h e co n p e r f e z i o n e , ed a f e g n o , ch e n o n f i v e d e u n p o v e r o o z i o f o , o z io fa u n a p o v e r e lla . C iò i n d u f i r i a e p e r fp ic a c ia del S i g . D .F r a n c e fc o P ig n a t e l l i t e , e d e g li a l t r i in c a r ic a ti d a l P r in c ip e p e r lo d e b ito lu o g o ; i q u a li p r o fitta n d o d i a lc u n i a r t e f i c i , ch e p e r f i r itr o v a v a n o i v i f r a m f l e b i a t i , f a g g i a m e n t e i ftitu ir o n o

f i d e e a ll' fp e z ia lm e n g o v e r n o del la n e c e ffil A q u e lle a r t i ,

che la d i lo ro a b i l i t à c b ie d e a . O h f e q u e fta g r a n d ' opera f i p o te ffe t i r a r e a v a n t i , q u a le u t i l e , e q u a le f i c u r e z z a n o n rid o n d e re b b e a g li a b ita to r i d e lla M e tr o p o li ! L a c u l t u r a d e lle a r t i c h e q u i n o n f o n o , p ro p o n e g r a n d i f i m i v a n ta g g i c h e c ia fc u n e g l i in te n d e ; m a i l p iù g ra n d e a m ia f e n t e n z a è q u e llo d i e jtir p a r e l’ o z io d a l R e g n o , iftr u e n d o t u t t ' i m a l' a v v i a t i volente

nolente a l l a v o r o . L ' o zio è la m a d r e fe c o n d a d e’ v i z j , i q u a li in m ille m o d i p o ffo n o d iftu r b a r e la q u ie te , e la p u b b lic a t r a n ­ q u i l l i tà . D o v r e b b e c ia fc u n o in te r e fj'a r fi n e l c o m u n e b e n e fic io ; gia cch e I d d io i l lu m in a g l i a f f l i t t i i n m e z z o a ' g r a n d i t r a v a g l i , f o r f è p e r c o m p e n fa r g li d e lle f i f i e n n t e c a la m ità . L ’ a d a g io v u lg a r e che i m a li n o n v e n g o n o fe m p r e p e r n u o c e r e e d il J i f t e n y i , che ogni m a le q u a g g iù to r n a a b e n e , f i v e r ific h e r e b b e i n t u t t e le J u e p a r t i , f e q u e fi’ opera f i e fte n d e ffe , e f i p e r f e z i o n a j f e . Io f o n p e r f u a f o , che p e r r ifo lv e r e p r im a d i co m in cia rfe u n a g r a n m a t e r i a com e q u e fta

,

fia

d ifa g e v o le

l’ im p re fa

;

ma

in c o m in c ia ta

e h elico

è (xxxn)

fia , non

s ì a rd u o il p r o f e g u ir l a . I C u r a t i p e r le p r o v v i d e n z e g e n e r a li d i q u e fio g e ­ n e r e , fo n o i p i ù i d o n e i , n o n ta n to p e r lo z e lo P a fl c r a l e , q u a n ­ to p e r la f e t e n z a , ch e h a n n o de’ r i f p e t t i v ì fig lia r li . S ia m t e n u t i ancor n o i a lla J a v i i j f i m a f c c l t a , c b e l'E c c e lle n u J J im o S ig n o r M a r e b e -

f e T a n u c c i, f e c e c a d e r e s u

le p e r fin e d e' R a r o e h i , p e r la r e tta d i -

f i r i b u z i o n e d e l p a n e n e l te m p o

d e lla p e n u r ia ; f i f i v e n n e a c a ­

po , I' p u ò d ir e n e ll' i fia n te , di f a r v e n d e r e i l p a n e co n q u e lla c ie fid e ra ta u g u a g l i a n z a , e co n q u e ll’ o r d i n e , c u i p e r ta n to tem p o , m a lg ra d o i t a n t i m e z z i , e le la lo r io fe i n d u j ì r i e tifa te , n o n f i era m a i p o tu to p e r v e n ir e . N e l v e r o e c o fa a f f a i m a l a g e v o l e te n e r e n e ’ l i m i t i d e lla d ife r e z io n e u n v a flijfim o P opolo , che J i erede a f fa m a to , i o r f i 2’ in c o n t i n e n z a , e i tro p p o ecce f i v i t i m e r -,


44

veri! Signori 5 geloii della confervazione de* lor vailalli . Il Re ne dà loro ogni giorno fefempio , facendo fomminiftrare degli ali­ menti a’ poveri ; ma quanto maggiore dee edere la noftra riconofcenza alla di lui pa­ terna bontà , tanto più efler dee con econo­ mia maneggiata , ed evitare gli abufi, che pur ttoppo fogliono tramifchiarfi nelle diilribuzioni che fe ne fanno . Si conofceranno gli urgenti bifogni di ciafchedun particolare da’ Signori Curati , e con quello mezzo s’ introdurranno meno abulì nella diilribuzione, la quale , febbene ila picciola cofa in una loia Parrocchia, diventa un coniìderabile og­ getto per la moltiplicità. In fine di quella memoria fi troverà la maniera d’ impiegare utilmente il rifo, che’l R e ha la bontà di far fomminillrare a que’ poveri , che per tali fono itati riconofciuti da’ Signori Curati. Non fi faprebbe raccomandare abballanza a’ Signori C u rati, predò i quali faran depo­ rtati i rimedj, che ’1 R e fa difpenfare a’poveri , d’ impedire , per quanto è podibile, che non vadan fuor di via, e che non Pia­ no male a propofito impiegati . Sono eforta ti, come ancora i Sindaci delle Parrocchie, dove fi manifefterà qualche morbo epidemi­ co, « fece» fofrire più di quello , eht U realtà della difgrazit portava.


4T co , di avvertire immantinente i Suddelegati di lor’ elezione , acciocché quelli ne avvertifcano il Signor Intendente Preiide , di cui la Generalità fperimenta tutto giorno la bontà , e 1* attenzione , per gli foccorfi d’ ogni lpecie , eh’ ei procura a’ poveri infermi. Maniera colla quale f i pub preparare il rifo per venticinque perfine .

B

lfogna provveder^ di un calderone affai grande , della capacità di venti pinte di acqua , miiura di Parigi . Se folTe più grande , farebbe più comodo . Si metteranno in quello calderone quat­ tro pinte -, e mezza d’ acqua miiura di Pa­ rigi . Quando farà calda , vi fi porranno tre libbre di rifo , che fi avrà prima avuto il penfiero di ben lavare con acqua calda . Stando il rifo nel calderone sul fuoco , fi avrà 1* attenzione di farlo cuocere lenta­ mente , e di voltarlo di continuo , acciò non fi attacchi nel fondo. A miiura che il rifo aumenterà di volume, e che fi eficcherà , vi fi verferà fucceifivamente una pinta e mezza d’ acqua calda} la quale farà ben tolto alforbita , continuando il riio a gonfiarli. V i bifogna un’ ora in circa per quella pri­ ma operazione ; dopo di che lì umetterà il nfo } e gli fi farà ancora aflòrbire fucceilìvamente


46

vamente quattordici piote d* acqua, il che rara in tutto venti pince in circa , che fi \ erferanno a poco a poco , c per intervalli, accio non fi iommerga il rifo . Ciò fatto fi la cera il rifo sul fuoco per due altre ore, laiciandolo ivi cuocere lentamente , e con poco fuoco, voltandolo di continuo altra* mente fi attaccherebbe al fondo del calderone. Kilendo il rifo ben cotto, vi fi porrà una mezza libbra di butirro, o di graffo di por­ ro , o pure in mancanza loro due libbre di lardo tagliato in pezzi , con fei onde di ale , e due grofii di pepe nero in polvere, adando a muovere il tutto afflane per una mezza ora. In luogo di butirro fi può mettere del lat­ te . La quantità di tre pinte baila per tale calderone ; ma bifogna ilare attento che il latte non fia troppo vecchio, poiché nel cuocfcrfi diverrebbe acido. Indi fi toglierà il calderone dal fuoco , ^ 1 ^ ^ ^en to^:o s ma a poco a poco nòbre di pane bianco, o bruno , che fi ag tera in fette fottiliffime , e fi mifchierà 1 C°^ r*^° * ^ maniera che ’1 pane vada a ondo , acciò reiti imbevuto, e faccia cor­ po afflane. •

ferve de* latte in luogo di butirro, ; 1 ognano alcune pinte d’ acqua di meno, a Proparazione del rifo , altramente fare c rroPpo chiaro. Vi fi metterà altresì del


47

del pane bianco, giacché il pane bruno fa­ rebbe diventar acido il latte. La diftribuzione dev’ efier fatta immediata­ mente per trovare le venticinque porzioni. Ciafcheduna porzione farà di due cucchiajate, che conterrà ciafcheduna il valore di un mezzo feitiere, o fia quarto di pinta mifura di Parigi. Per gli fanciulli da nove anni in giù , una di quelle cucchiajate farà una porzione fufficiente. Nell’ atto che fi diftribuifce , fi baderà a voltare il rifo col cucchiarone , e di pren­ dere dal fondo del calderone , acciò la di­ ftribuzione fi faccia ugualmente , tanto in ri­ fo , quanto in pane . Si avvertifcono quegli che non mangeran fubito la lor porzione , di farla rifcaldare a fuoco lento, infondendovi un pò d’ acqua, o di latte , per farla rivenire e per render­ la più profittevole. Ho raccomandato di far fubito la diftri­ buzione , poiché niente v’ è che temere de* Vafi di rame , fe non quando il liquido vi dimora fuori del fuoco. Perciò meglio è fervirfi di una caldaja di ferro , per evitare ftuegl’ incovenienti , che rifultar potrebbero dalla menoma negligenza, che su tal riguar­ do fi aveffè. F I N E .

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